Professione Salute 4/2016

Page 1

4

automedicazione Una pratica da incoraggiare anche nell’ottica di contribuire alla sostenibilità del Ssn

nutrizione Consumo di latticini e patologie cardiovascolari: cosa dice la letteratura

farmacologia Biosimilari: una risorsa per rendere più accessibile l’innovazione terapeutica

SALUTE E BENESSERE Modalità di impiego ed efficacia dei più diffusi trattamenti antipediculosi

ottobre 2016

STILI DI VITA Lo stress fisico e psichico costituisce terreno fertile per numerose patologie

Corso accreditato ECM Modulo 4 Alimentazione e attività fisica nel paziente oncologico



editoriale Giuseppe Roccucci g.roccucci@griffineditore.it

La responsabilità professionale Oggi più che mai la preparazione, e quindi la formazione, è per il professionista la base fondamentale per affrontare al meglio la vita di tutti i giorni. Le attività delle società scientifiche, delle associazioni e delle federazioni professionali sono dirette ad approfondire temi sempre più trasversali, tra i quali ormai di primaria importanza la conoscenza degli ambiti medico-legali nel quale il professionista si può muovere. In altre parole l’ambito della responsabilità professionale. Se le professioni, farmacista, chirurgo, medico di medicina generale, afferiscono agli effetti clinici delle lesività e ne predispongono gli interventi terapeutici, la Medicina Legale ne studia le ripercussioni giuridiche. Basti pensare al mondo della traumatologia, per capire che l’accertamento di una lesione, la ricerca delle complicanze, la valutazione della gravità, la previsione e quantificazione dell’estensione dei postumi sono gli obiettivi per la valutazione del quadro anatomo-clinico post-traumatico. Dal trauma alla perizia si ha una lunga catena di responsabilità e conseguenze, che possono coinvolgere molte figure sanitarie, dal radiologo al chirurgo, dal medico di medicina generale al farmacista. Il danno biologico è la lesione della integrità psicofisica dell’individuo che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del paziente danneggiato, quindi sulla sua qualità di vita. La collaborazione tra medico legale e professionista non è solo auspicabile, ma necessaria per dipanare le situazioni cliniche derivanti da traumatismi. Infatti il clinico necessita del medico legale per la valutazione delle ripercussioni di quadri patologici, sia in ambito penale che civile, assistenziale e previdenziale, mentre il medico legale deve poter attingere allo specialista sia riguardo la eziopatogenesi delle lesioni che sul versante del loro corretto trattamento. Il farmacista non è colui che compie un’azione esecutiva semplicemente dispensando il farmaco di una prescrizione medica, ma colui che fa attività di controllo e di informazione sull’uso appropriato del medicinale con le sue controindicazioni, rendendo con ciò discrezionale l’atto, in osservanza del principio dell’art. 6 del Codice Deontologico del Farmacista che “la dispensazione del medicinale è un atto sanitario a tutela della salute e dell’integrità psicofisica del paziente”. La Corte di Cassazione (sentenza 8073/2008) conferma che è vero che il farmacista non essendo abilitato alla prescrizione di farmaci, ruolo che compete solo ai medici, deve attenersi senza sindacare ai trattamenti previsti da quest’ultimo in ricetta, ma rimane il suo obbligo di chiedere al medico prescrittore di assumersi per iscritto la responsabilità della somministrazione qualora ravvisasse “la prescrizione di sostanze velenose a dosi non medicamentose o pericolose” (art. 40 del RD 1706/1938). Il tema è molto vasto. Senza dubbio ribadisco che solo la stretta collaborazione tra diverse figure sanitarie e il rispetto di elevati standard procedurali e operativi (linee guida) può elevare una rete di protezione per il paziente e per i professionisti stessi, che vedono ridursi i casi di contenzioso legale.

Il farmacista non è

colui che compie un’azione esecutiva semplicemente dispensando il farmaco di una prescrizione medica, ma colui che fa attività di controllo e di informazione sull’uso appropriato

del medicinale con le sue controindicazioni

ottobre 2016

Professione Salute

3



sommario 3 Editoriale

8 Ne parliamo con

automedicazione, una risorsa per la sostenibilità economica del sistema sanitario Intervista ad Annarosa Racca di Renato Torlaschi

13 Il prodotto del mese

bocca sana, con forhans gengi-for

27

32

Nutrizione

Integrazione alimentare

latticini, il paradosso francese e gli effetti sulla salute

ruolo della supplementazione di aminoacidi nell’adulto per contrastare la sarcopenia

di Martina Petrolo e Gianluca Tognon

di Marco Guarene, Emanuele Giorgini, Giovanna Turconi, Hellas Cena

39 Farmacologia

simili ma non uguali: le opportunità dei biosimilari di Renato Torlaschi

15 Corso ECM 2016

alimentazione e attività fisica nel paziente oncologico di Silvia Brazzo e Luca Marin

43 Salute e benessere

pediculosi del capo, dalla diagnosi al trattamento di Rachele Villa ottobre 2016

Professione Salute

5


sommario

47 Stili di vita

stress, quanto incide sulla salute fisica e psichica? di Carla Carnovale

51 Salute e benessere

depressione, dopo il cancro è la patologia più temuta di Vincenzo Marra

Professione Salute Bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione Direttore responsabile Giuseppe Roccucci Board Scientifico Hellas Cena (Direttore) Donatella Ballardini Silvia Brazzo Mario Calzavara Mariano Casali Rachele De Giuseppe Massimo Labate Luca Marin Mara Oliveri Marco Rufolo Redazione Andrea Peren a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli redazione@griffineditore.it Rachele Villa r.villa@griffineditore.it

59

64

Attualità

Le aziende informano

Grafica Grafic House, Milano Hanno collaborato in questo numero Silvia Brazzo, Carla Carnovale, Emanuele Giorgini, Marco Guarene, Luca Marin, Vincenzo Marra, Lucia Oggianu, Martina Petrolo, Gianluca Tognon, Renato Torlaschi, Giovanna Turconi Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Giovanni Cerrina Feroni g.cerrinaferoni@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Ufficio Abbonamenti Maria Camillo customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Stampa Reggiani spa - Divisione Arti Grafiche Via Alighieri, 50 - Brezzo di Bedero (VA) SIDeMaST

Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse

Editore Griffin srl unipersonale Piazza Castello 5/E - 22060 Carimate (CO) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it Professione Salute. Periodico bimestrale. Anno VII - n. 4 - ottobre 2016 Registrazione del Tribunale di Como n. 4 del 14.04.2010 Iscrizione Registro degli operatori di comunicazione n. 14370 del 31.07.2006 Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. Il contenuto del giornale non può essere riprodotto o traferito, neppure parzialmente, in alcuna forma e su qulalsiasi supporto, salvo espressa autorizzazione scritta dell’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.


ottobre 2016

Professione Salute

7


ne parliamo con

Automedicazione, una risorsa per la sostenibilità economica del sistema sanitario Utili per curare malanni o piccoli disturbi ed evitare che evolvano in patologie più gravi, se utilizzati in maniera responsabile

Intervista di Renato Torlaschi

i farmaci da banco contribuiscono al mantenimento della buona salute personale senza gravare sulla spesa farmaceutica nazionale

I

n Italia il mercato dei farmaci senza obbligo di prescrizione (Sop) vale 2,5 miliardi di euro, con 304 milioni di confezioni vendute, e rappresenta circa il 14% del mercato farmaceutico nazionale. Ogni italiano spende in media 41 euro all’anno (dati 2015) per questi farmaci. I più venduti sono quelli per l’apparato respiratorio, gli analgesici, i farmaci per la cura dei disturbi gastrointestinali, i dermatologici e le vitamine/integratori/minerali. All’interno di questo comparto, il valore del mercato dei farmaci Otc – cioè quelli senza obbligo di ricetta, non rimborsabili, per i quali è riconosciuta la possibilità di fare comunicazione al pubblico – vale circa 1,8 miliardi di euro con 229 milioni di confezioni, pari al 10% del mercato farmaceutico nazionale; per questi medicinali si è registrata nel 2015 una spesa pro capite di circa 30 euro. Abbiamo approfondito le problematiche dell’automedicazione con Annarosa Racca, presidente di Federfarma.

Annarosa Racca

Presidente Racca, quali sono i possibili rischi e i vantaggi dell’automedicazione? A

Presidente di Federfarma

8

Professione Salute

ottobre 2016

quali condizioni si possono ridurre i primi e aumentare i secondi? Il mercato risulta tendenzialmente stabile, anche in relazione all’attuale congiuntura economica. Il settore dei farmaci senza obbligo di prescrizione si caratterizza per dinamiche competitive stabili: la farmacia detiene oltre il 91% del mercato sia in termini di volumi che in termini di valori. Risultano quindi ormai consolidati gli effetti delle misure che, dal 2006, hanno modificato l’assetto del settore con i processi di liberalizzazione della distribuzione (nascita delle parafarmacie e dei corner della grande distribuzione organizzata) e di determinazione dei prezzi (che sono diventati liberi, decisi dal punto vendita). La diffusione dell’automedicazione rispecchia l’evoluzione di una società sempre più consapevole dell’importanza di curare la propria salute e di mantenere il proprio benessere. Le persone sono sempre più attente anche ai comportamenti e allo stile di vita, a cominciare dalla consapevolezza che bisognerebbe seguire un’equilibrata ali-


Intervista ad Annarosa Racca

l’e-commerce e il rischio CONTRAFFAZIONE

mentazione e fare regolarmente attività fisica. Ricorrono all’automedicazione per risolvere piccoli disturbi ed evitare che evolvano in malattie più gravi e questo vuol dire risparmio sia per il Servizio sanitario nazionale che per la società, pensiamo ai giorni di lavoro persi. In questo quadro la crescita dell’automedicazione potrebbe rappresentare anche un’opportunità di risparmio per il Servizio sanitario nazionale, che potrebbe utilmente impiegare le risorse liberate per curare patologie importanti. I dati evidenziano situazioni territoriali molto diverse legate ai differenti contesti economici e socio-culturali, soprattutto nel confronto tra Nord e Sud. La pratica di un’automedicazione troppo “spinta” rischia di avere risultati contrari a quelli sperati. Non bisogna mai dimenticare che si tratta pur sempre di farmaci e che un principio attivo può essere inadatto alla somministrazione in concomitanza con altre terapie. Possono infatti interagire sia con altri con altri farmaci sia con determinati cibi, ave-

Presidente Racca, qual è il ruolo dell’e-commerce in questo settore? La legge consente alle farmacie e agli altri esercizi abilitati alla vendita dei farmaci senza ricetta (parafarmacie e Gdo) di vendere online i farmaci senza obbligo di ricetta. La vendita a distanza dei farmaci con obbligo di ricetta resta invece vietata. Le nuove norme sono un passo avanti contro la contraffazione online in quanto permettono al cittadino di acquistare tramite internet farmaci sicuri perché provenienti da siti che fanno capo a farmacie realmente esistenti. Tali siti devono esporre un logo comune europeo, approvato dalla Commissione europea, e rimandare al portale del ministero della Salute dove, con l’elenco dei siti delle farmacie, sono fornite indicazioni e avvertenze sull’acquisto online. Per ordinare i farmaci al cittadino basterà collegarsi al sito della singola farmacia, riconoscibile dal logo comune europeo e presente nella lista del ministero. La farmacia è responsabile della vendita e non la demanda ad altro soggetto. Per favorire lo sviluppo corretto e trasparente del canale di vendita online, Federfarma ha realizzato un vademecum per le farmacie, nel quale si spiega nel dettaglio la normativa in materia. Anche quando avviene online, la dispensazione del farmaco è un atto che non può prescindere dai doveri professionali e morali del farmacista, che deve cercare sempre un contatto con l’utente, magari facendosi lasciare una mail o un numero telefonico dove raggiungerlo nel caso fosse necessario fornirgli, successivamente, ulteriori informazioni per la sua salute. L’acquisto online da siti illegali rimane una pra-

tica molto pericolosa per la salute: il 90% dei farmaci acquistati online da canali non autorizzati è contraffatto, cioè non contiene il principio attivo, lo contiene in dosaggio diverso da quello indicato, non è conservato alle giuste temperature, come prevede la legge. Nel tentativo di impedire questa pratica, l’Agenzia del farmaco coordina il progetto Fakeshare, al quale Federfarma collabora attivamente, con l’obiettivo di sviluppare iniziative coordinate a livello europeo (indagini, campagne di sensibilizzazione, attività di formazione) per il contrasto alla distribuzione illegale di farmaci attraverso internet. Nell’ambito del progetto è stata realizzata una piattaforma web, suddivisa in due aree. Quella riservata contiene documenti e database per supportare le attività delle autorità e forze di polizia coinvolte nella prevenzione e nel contrasto alla vendita illegale di farmaci sul web. L’area pubblica contiene documenti e approfondimenti volti a sensibilizzare i consumatori sui pericoli legati all’acquisto di farmaci attraverso canali non autorizzati. I risultati delle ricerche ad hoc realizzate nei Paesi che aderiscono a Fakeshare indicano infatti una scarsa percezione del rischio associato all’acquisto di medicinali sul web. In Italia la rete delle farmacie è talmente capillare che risulta sicuramente più rapido scendere sotto casa piuttosto che ordinare al computer e aspettare che il farmaco sia recapitato a casa. Inoltre, con l’acquisto online il consumatore rischia di spendere più che con l’acquisto diretto in farmacia visto che al costo del farmaco, per quanto scontato possa essere, vanno comunque aggiunte le spese di spedizione.

re effetti collaterali dei quali occorre sempre tenere conto (per esempio, la sonnolenza prima di mettersi alla guida). Per questa ragione, in farmacia è sempre importante chiedere consiglio al farmacista informandolo su eventuali altre terapie seguite o su altre situazioni particolari. Qual è il rischio che l’automedicazione si accompagni all’autodiagnosi e a una geottobre 2016

Professione Salute

9


ne parliamo con

Qual è il ruolo educativo e di orientamento del farmacista in questo ambito? Secondo gli ultimi dati di un’indagine condotta da GfK nel marzo 2016, oggi un italiano su due ricerca attivamente informazioni relative alla salute. Di questi quasi la metà, vale a dire circa 11 milioni e mezzo di persone, utilizza strumenti e canali digitali: siti web, blog, forum e social media, ma anche video pubblicati su Youtube o altre piattaforme. Anche l’uso di dispositivi e App per la salute risulta in crescita. In questo contesto, nonostante la crescente importanza dell’online, il farmacista resta un punto di riferimento fondamentale per informazioni relative alla salute. Spesso dopo aver cercato sul web il cittadino si rivolge al farmacista per avere conferma delle informazioni trovate.

stione in proprio della salute, magari esagerando nei dosaggi? Quanto è esposto il consumatore alle lusinghe della pubblicità e alla disinformazione, così facile da trovare in Internet? Il rischio del fai-da-te è elevato quando il consumatore non si attiene a quanto consigliato dal farmacista e riportato nel foglietto illustrativo e va alla ricerca di informazioni su Internet. Online si trovano miliardi di informazioni, la maggior parte provenienti da fonti non attendibili. Non è facile, specie in un settore nel quale non si ha particolare competenza, capire quali sono i siti dei quali ci si può fidare. L’informazione sui medicinali di automedicazione passa anche attraverso la pubblicità, che rappresenta un canale di comunicazione molto importante. Deve essere sempre rigorosa e completa. Giustamente i messaggi pubblicitari forniscono le avvertenze relative all’uso del medicinale in maniera comprensibile. 10

Professione Salute

ottobre 2016

Quali vantaggi si potrebbero avere per le casse dello stato e come i risparmi potrebbero essere reinvestiti in modo virtuoso nella promozione della salute? Al di là dei risparmi nel breve periodo, realizzati perché il cittadino paga di tasca propria, bisognerebbe considerare la questione in un’ottica di più ampio respiro, che tenga conto dei principali cambiamenti demografici e culturali in atto, invecchiamento della popolazione, cronicità, diffusione del web. Favorire e supportare la capacità individuale di affrontare e gestire le comuni patologie, attraverso una continua educazione all’automedicazione responsabile, contribuisce sicuramente al mantenimento della salute personale e della sostenibilità economica del Servizio sanitario nazionale. E permette una migliore allocazione delle scarse risorse disponibili. Promuovere l’automedicazione consapevole significa anche sensibilizzare il cittadino circa l’importanza delle scelte negli stili di vita, dando impulso a un circolo virtuoso che ha ricadute positive sulla salute collettiva. n




il prodotto del mese

punti di forza Forhans Gengi-For aiuta a curare e a prevenire i sintomi delle infiammazioni gengivali, come sanguinamenti e alitosi. Indicato per mantenere il normale stato di salute delle gengive, è adatto a tutta la famiglia. Disponibile in confezione da 30 compresse orosolubili.

bocca sana con forhans gengi-for L’integratore alimentare che riduce i sanguinamenti delle gengive e previene l’alito cattivo

F

orhans Gengi-For, in confezione da 30 compresse orosolubili, è un esclusivo integratore alimentare brevettato a base di lattoferrina e D-biotina. La lattoferrina è la più importante proteina della saliva ed è carente in tutti i casi di gengivite e parodontite. La Dbiotina è una vitamina idrosolubile appartenente al gruppo B che contribuisce a mantenere sane le mucose orali.

uragme s.r.l. Via della Bufalotta 374/376 - 00139 Roma - Tel. 06.87201580 www.uragme.it

Pertanto Forhans Gengi-For è un prodotto naturale indicato nella terapia di gengiviti, parodontiti e micosi del cavo orale, ed è ideale contro l’alitosi, segnale precoce di un’infiammazione gengivale. La lattoferrina, normalmente presente nella saliva dei soggetti sani, svolge l’importante funzione di proteggere le mucose del cavo orale dalle infezioni; la sua riduzione o assenza è in genere dovuta a variazioni ormonali che possono dipendere dall’età, dalla gravidanza, dalla menopausa-andropausa, come anche da altre patologie, incluse le anemie. Nelle gengiviti, parodontiti e micosi, questa proteina è ridotta se non assente. Presente invece nelle compres-

se Forhans Gengi-For, ripristina la protezione delle gengive dall’aggressione microbica, eliminando così le cause dell’insorgere delle gengiviti, parodontiti e infezioni micotiche delle mucose. Le compresse sono orosolubili, di facile assunzione senz’acqua: dopo un’accurata igiene orale, bisogna scioglierle lentamente in bocca senza masticarle fino al completo dissolvimento nella saliva. I prodotti generalmente utilizzati per la prevenzione e cura delle infezioni del cavo orale si basano sull’azione antimicrobica che, in vivo, non è sempre efficace se i batteri sono adesi, aggregati o in biofilm o addirittura intracellulari come nel caso delle parodontiti. Forhans Gengi-For impedisce non solo lo sviluppo microbico, ma anche l’adesione e la conseguente formazione del biofilm batterico resistente a ogni terapia antibiotica. n

ottobre 2016

Professione Salute

13



Corso ECM 2016 Modalità di Formazione a Distanza (FAD) riservato agli abbonati paganti*

Alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche Responsabile scientifico Prof.ssa Hellas Cena Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Università degli Studi di Pavia Programma del corso L’esercizio fisico e l’attività sportiva sono fondamentali per favorire il pieno sviluppo dell’organismo e per promuovere e mantenere uno stato di salute ottimale sia a breve che a lungo termine. Alla luce di tali considerazioni, nel corso Alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche verranno approfonditi diversi aspetti: z come una alimentazione corretta ed equilibrata rappresenti il sistema più adatto per soddisfare i particolari bisogni energetici e nutrizionali degli sportivi, sia amatoriali che professionisti; z come nell’anziano, in seguito a modificazioni fisiologiche quali il rallentamento del metabolismo basale, la diminuzione della muscolatura scheletrica e una ridotta attività fisica, sia necessario un intervento nutrizionale adeguato unitamente a un corretto programma di esercizio fisico al fine di mantenere un buono stato di benessere sia fisico che cognitivo e psichico; z come un’alimentazione equilibrata e corretta, affiancata a un valido e continuo programma motorio, sia un’efficace misura da adottare nella cura di patologie croniche (diabete mellito di tipo 1), nella riabilitazione del paziente affetto da patologia cardiovascolare e nel paziente oncologico. Struttura del corso z Alimentazione nell’adulto sportivo sano (Mara Oliveri, Anna Gerbaldo) z Alimentazione ed esercizio fisico: raccomandazioni per l’anziano (Matteo Vandoni, Silvia Maffoni) z Esercizio e nutrizione nella riabilitazione della patologia cardiovascolare (Pietro Mariano Casali, Francesca Bicocca) z Alimentazione e attività fisica nel paziente oncologico (Luca Marin, Silvia Brazzo) z Ruolo di alimentazione e sport nel diabete di tipo 1 (Francesca Bicocca) Obiettivi del corso Il presente corso si prefigge di raggiunfìgere i seguenti obiettivi: z l’obiettivo specifico di alimentare in modo continuo le conoscenze delle figure professionali che lavorano in ambito sanitario; i contenuti forniti potranno essere “trasferiti” all’utente finale, con ripercussioni in termini di “aumento di competenze” della comunità in cui si è chiamati ad agire; z l’obiettivo più generale di contribuire al mantenimento e rafforzamento del network comunicativo con le varie figure professionali in un percorso verso l’implementazione e lo sviluppo delle loro competenze individuali in ambito preventivo, che potrà avere importanti ripercussioni “a cascata” in termini di “guadagno di salute” di tutta la popolazione. Modalità di somministrazione del corso e accreditamento ECM In ogni numero di Professione Salute a partire dal n. 1/2016 e per tutto il 2016 (gennaio-dicembre) sarà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di valutazione. Tutti i moduli pubblicati sulla Rivista saranno disponibili online su sito www.fadmedica.it, dove sarà possibile, modulo per modulo, rispondere ai questionari di valutazione. L’erogazione dei crediti ECM avverrà al superamento di tutti i questionari. Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.

*Per informazioni: tel. 031.789085 e-mail: customerservice@griffineditore.it


CORSO ecm

Alimentazione e attività fisica nel paziente oncologico

A cura di Silvia Brazzo Dietista

Luca Marin

Laboratorio di attività Motoria Adattata (Lama) Università di Pavia

16

Professione Salute

ottobre 2016

N

elle ultime due decadi è aumentato l’interesse sui possibili benefici della pratica dell’attività fisica (AF) per il controllo del cancro (CA). In particolare sono state indagate le relazioni dell’attività fisica sia con l’eziologia (prevenzione primaria) che con la patologia conclamata (prevenzione terziaria). In prevenzione primaria ci sono buone

evidenze che dimostrano come l’attività fisica riduca del 20-25% il rischio di cancro al colon nei maschi e nelle femmine più attivi rispetto a quelli meno attivi (1-3). Esistono anche evidenze di un probabile effetto protettivo dell’attività fisica sul cancro al seno (1,2,4) e sul cancro all’endometrio (1-4), con una riduzione del rischio compresa tra il 20 e il 30%. Evidenze preliminari suggeriscono anche un possibile effetto protettivo associato all’attività fisica sul cancro della prostata (5), dei polmoni (1) e delle ovaie (6). Sebbene le evidenze per molti altri tipi di cancro siano limitate, potrebbero comunque esistere relazioni (7). È da notare che tali benefici si manifestano anche quando l’attività fisica viene intrapresa in età avanzata. In prevenzione terziaria numerosi studi osservazionali hanno dimostrato che la pratica dell’attività fisica è associata a una riduzione del rischio di recidiva e diminuisce la mortalità complessiva in molti gruppi di pazienti affetti da diversi tipi di cancro: seno, colorettale, prostata e ovaie (8-11). Tra le pazienti affette da cancro al seno, la pratica dell’attività fisica dopo la diagnosi è fortemente associata alla riduzione del rischio di recidiva e di morte per patologie cancro correlate (8). Considerando la popolazione affetta da cancro colonrettale, importanti studi di coorte hanno trovato un’associazione inversa tra l’essere attivi dopo la diagnosi e la recidiva, la morte per la patologia e/o per tutte le altre cause (9-11). Sempre più studi stanno dimostrando l’importanza di una sana ed equilibrata alimentazione nella prevenzione del cancro: l’American Institute for Cancer Research ha stimato che le


alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche

cattive abitudini alimentari sono responsabili di circa tre tumori su dieci. Per molti argomenti riguardanti la nutrizione e il cancro, l’evidenza non è definitiva perché i risultati pubblicati sono inconsistenti o perché i metodi per studiare la nutrizione e le patologie croniche nell’uomo evolvono continuamente. Una parte di questa incertezza è legata a studi su un singolo nutriente o un singolo cibo semplificando eccessivamente la complessità degli alimenti e delle abitudini dietetiche (12). Sicuramente le cattive abitudini alimentari possono favorire la comparsa della malattia, mentre una maggiore aderenza alla dieta mediterranea è associata a una riduzione dell’incidenza di malattia cardiovascolare e della mortalità cardiovascolare del 10% (RR aggregato 0.90, I.C. 95% 0.87-0.93), a una riduzione della mortalità per tutte le cause dell’8% (RR aggregato 0.92, I.C. 95% 0.90-0.94) e a una riduzione delle patologie neoplastiche del 4% (RR 0.96; 95 % I.C. 0.95-0.97) (13). La nutrizione gioca un ruolo importante non solo per la prevenzione ma anche dopo la diagnosi di cancro: la malnutrizione proteico-calorica è un problema frequente che peggiora la qualità della vita e influisce sull’aumento della mor-

bidità e della mortalità, così come un aumento di peso non voluto potrebbe essere legato a una riduzione del metabolismo basale in seguito alle terapie. Di conseguenza, è importante monitorare le abitudini alimentari delle persone che hanno avuto una diagnosi oncologica, personalizzando la terapia dietetica. Inoltre, poiché molti sopravvissuti al cancro sono a rischio di altre patologie croniche come quelle cardiache, la dieta raccomandata per ridurre il rischio cardiovascolare è adeguata anche in questi casi (7). Benefici dell’attività fisica e aspetti dietetici

L’American College of Sports Medicine (Acsm) raccomanda che tutti gli adulti sani svolgano, oltre alle attività quotidiane, almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica a moderata intensità o 75 minuti di attività vigorosa o una combinazione equivalente delle due. È stato dimostrato che questi livelli di attività fisica apportano notevoli benefici alla salute come la riduzione del rischio di morte prematura (14) e di incidenza di contrarre varie forme di cancro. Le evidenze suggeriscono che maggiori quantità di attività fisica potrebbero indurre una maggiore riduzione del rischio di svi-

luppare un cancro. Sebbene la dose ottimale di attività fisica necessaria a ridurre il rischio di cancro sia sconosciuta, si ritiene che 300 minuti a settimana di attività fisica svolta a moderata intensità o 150 minuti di attività vigorosa forniscano un’ulteriore protezione contro il cancro (7). Ci sono limitate evidenze riguardanti la modalità di esecuzione dell’attività fisica, ma è ragionevole presumere che i benefici si possano ottenere praticando sessioni separate della durata di 20-30 minuti ciascuna (7). Una dieta caratterizzata da un elevato intake di frutta, verdura, legumi e cereali integrali e povera di carne rossa e trasformata, con pochi zuccheri e poco sale è correlata a un basso rischio di sviluppare vari tipi di cancro. I dati recenti ricavati dallo studio Epic (34) hanno dimostrato che la compliance a una dieta “salutare” come raccomandato dal Wcrf/Aicr è associata a una riduzione di tutti i tipi di cancro, con una maggiore riduzione (12-16%) per il cancro a stomaco, endometrio, esofago, colon-retto, bocca, faringe e laringe. In due studi, la compliance alle raccomandazioni Wcrf/Aicr è risultata associata a una riduzione del cancro aggressivo alla prostata (13%) e alla mortalità per cancro (10%). ottobre 2016

Professione Salute

17


CORSO ecm

tabella 1 - le 10 raccomandazioni del world cancer research fund (1)

1

Grasso corporeo

Mantenersi snelli: cercare di mantenere il proprio peso entro i limiti della norma per la propria altezza. Per la maggior parte degli adulti è sufficiente togliere 50-100 kcal al giorno per prevenire il graduale aumento di peso, mentre una riduzione di 500 kcal o più al giorno è il primo obiettivo nei programmi di dimagrimento equilibrato (10)

2

Attività fisica

Mantenersi moderatamente fisicamente attivi tutti i giorni

3

Cibi e bevande che promuovono l’aumento di peso

Limitare il consumo di cibi ad alta densità calorica ed evitare le bevande zuccherate

4

Cibi di origine vegetale

Consumare soprattutto cibi di origine vegetale: almeno 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura; prediligere i cereali integrali e/o legumi a ogni pasto

5

Cibi di origine animale

Limitare il consumo di carne rossa a non più di 500 g alla settimana evitando le carni conservate. Preferire il consumo di pollame o il pesce; evitare, se possibile, le carni conservate (salumi, affettati, carni in scatola, salsicce e wurstel) per l’elevato contenuto in nitriti

6

Bevande alcoliche

Meglio evitare le bevande alcoliche o limitane il consumo a 2 unità al giorno per gli uomini e a 1 unità alcolica al giorno per le donne (1 unità alcolica equivale a 1 bicchiere di vino o a una lattina di birra da 33 cl o a un bicchierino di liquore)

7

Conservazione, preparazione, trasformazione

Limitare il consumo di sale (6 g/die = 2.4 g di sodio) ed evitare cereali o legumi contaminati dalle muffe

8

Integratori alimentari

Raggiungere i fabbisogni in nutrienti solo con la dieta

9

Allattamento

Si raccomanda l’allattamento esclusivo per almeno sei mesi

10

Per chi si è già ammalato di cancro

In assenza di particolari indicazioni da parte del personale di cura, si consiglia di seguire le precedenti raccomandazioni per quanto riguarda la dieta, il mantenimento del peso e l’attività fisica

Le raccomandazioni Wcrf/Aicr suggeriscono inoltre a chi si è già ammalato di cancro, in assenza di particolari indicazioni da parte del personale di cura, di seguire le raccomandazioni per la prevenzione (vedi tab. 1). Cancro del seno

Ci sono molte ricerche sugli effetti dell’attività fisica nelle pazienti affette da cancro al seno e numerose revisioni sistematiche sull’argomento (8). Una meta-analisi relativa a 717 pazienti, arruolate in 14 studi randomizzati controllati (RCT), ha evidenziato che l’attività fisica ha apportato un miglioramento statisticamente significativo della qualità della vita (QOL), delle funzioni fisiche, del picco di consumo di ossigeno e ha ridotto i sintomi di affaticamento. Un’altra meta-analisi di 6 studi prospettici di coorte che includevano oltre 12.000 pazienti ha dimo18

Professione Salute

ottobre 2016

strato che la pratica dell’attività fisica post-diagnosi è stata associata alla diminuzione del 24% di recidiva, del 34% di rischio di morte per cancro al seno e del 41% di morte per tutte le cause (8). Nonostante questi promettenti risultati, resta impellente la necessità di RCT che indaghino gli effetti dell’esercizio fisico sulla prevenzione delle recidive e sulla sopravvivenza (8). Il linfedema rimane un evento correlato importante per le pazienti; tuttavia l’attività aerobica e l’allenamento di resistenza parrebbero essere entrambi efficaci sia nel ridurne l’incidenza tra le donne ad alto rischio di svilupparlo che nel diminuirne i sintomi e la gravità in quelle che ne sono già affette (15). È consigliato un allenamento progressivo della forza, svolto indossando appropriati indumenti compressivi e sotto la supervisione di uno specialista dell’esercizio (15).

Un aumento di peso nell’età adulta è associato a un aumento del rischio di cancro tra le donne nel periodo post-menopausa (e non pre-menopausa): ciò potrebbe essere legato in parte agli elevati livelli di estrogeni prodotti dall’eccesso di tessuto adiposo dopo la menopausa. L’intake di alcol può aumentare i livelli di estrogeni circolanti che teoricamente potrebbero aumentare il rischio di recidive; attualmente, tuttavia, solo pochi studi hanno indagato il consumo di alcol tra le sopravvissute e metà hanno dimostrato effetti negativi e metà effetti benefici o nessun effetto (12). I pochi studi sulla dieta e sulla sopravvivenza dopo il cancro al seno ci dicono che: z le donne che consumano cibi ricchi di fibra (sia prima che dopo la diagnosi) potrebbero aver un rischio inferiore di morte; z le sopravvissute che mangiano più cibi ricchi


alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche

di soia dopo la diagnosi potrebbero avere un rischio inferiore di morte legata alla malattia; z le donne che consumano troppi grassi totali e grassi saturi prima dello sviluppo della patologia potrebbero avere un aumento del rischio di morte successivamente alla diagnosi di cancro al seno (Breast Cancer Survivors Report 2014) (6). Sono necessari ulteriori studi per confermare l’influenza di questi cibi sulla sopravvivenza. Dopo la diagnosi, il trattamento e il confronto con il medico di riferimento, si suggerisce di attenersi ai consigli per la prevenzione del cancro: seguire una dieta “salutare”, fare attività fisica regolarmente e mantenere un peso “salutare” (16). Cancro colorettale

Numerosi studi hanno dimostrato che l’attività fisica, la dieta e i depositi adiposi sono collegati in maniera significativa alla possibilità di sviluppare cancro colorettale (16,18). Alcuni studi osservazionali hanno evidenziato che i pazienti che praticano elevati livelli di attività fisica, o la svolgono seguendo le linee guida, riferiscono migliori livelli di qualità della vita, capacità fisiche e sintomi di affaticamento (19-21). Uno studio randomizzato ha dimostrato che i partecipanti che durante l’intervento hanno aumentato il loro livello di capacità aerobica, paragonati a quelli la cui forma fisica aerobica è diminuita, hanno riportato un incremento significativo di qualità della vita, capacità fisiche e di gestione del disagio psicosociale. Le ultime evidenze, ricavate da dati osservazionali, dimostrano che i pazienti fisicamente attivi diminuiscono il loro rischio di recidive e di mortalità specifiche per cancro colorettale e/o per tutte le cause (22-23). Sebbene la dieta sia stata ampiamente studiata come un fattore di rischio per lo sviluppo di questo tipo di cancro, i dati relativi ai sopravvissuti sono molto limitati. Ad oggi il più grande studio prospettico ha dimostrato come una dieta caratterizzata da un elevato intake di frutta e verdura, carne bianca e pesce,

non sia significativamente associata a una recidiva o alla mortalità. I sopravvissuti a questo tipo di cancro dovrebbero essere incoraggiati a mantenere un peso salutare e a seguire una dieta equilibrata seguendo le linee guida per la prevenzione del cancro e delle patologie cardiovascolari. In caso di problemi intestinali o interventi chirurgici che possano influire sull’assorbimento normale dei nutrienti, è importante far riferimento a un dietista per modificare e personalizzare l’alimentazione (12). I migliori consigli (relativi a nutrizione attività fisica) per ridurre il rischio (e validi quindi anche per i sopravvissuti) di sviluppare il cancro al colon/e o retto sono i seguenti (7): z aumentare l’intensità e la durata dell’attività fisica; z limitare il consumo di carne rossa e di insaccati; z introdurre il quantitativo consigliato di calcio e assicurare valori adeguati di vitamina D; z consumare più frutta e verdura; z evitare l’obesità e l’aumento del grasso soprattutto a livello addominale; z evitare il consumo eccessivo di alcolici.

ne affette da cancro endometriale di tipo 1, la forma più comune, il numero di quelle obese si attesta tra il 70 e il 90 per cento del totale (25). Nessuno studio ha riferito il ruolo dell’alimentazione e dell’attività fisica sulla prognosi del cancro endometriale. Sebbene l’influenza dell’obesità sulla prognosi di questo cancro non sia completamente chiarita, alcuni studi hanno dimostrato che un alto indice di massa corporea e uno stile di vita sedentario sono associati a una scarsa qualità della vita delle pazienti (24-26). Cancro delle ovaie

Le attuali evidenze sono limitate e insufficienti per valutare sia il ruolo della dieta, dell’attività fisica, della composizione corporea e dei cambiamenti di peso nella modulazione della malattia che quello dell’influenza dell’attività fisica sul miglioramento della qualità della vita dei pazienti. Prima di emanare delle linee guida destinate alla popolazione sono necessari ulteriori studi.

Cancro dell’endometrio

Forme ematologiche e forme trattate con trapianto di cellule staminali ematopoietiche (HSCT)

È la forma più comune di cancro ginecologico e la quarta in assoluto tra le donne (24). L’obesità è un forte fattore di rischio per lo sviluppo del cancro endometriale. Tra le don-

Studi osservazionali hanno evidenziato che i livelli di attività fisica dei pazienti affetti da queste forme di cancro sono bassi e generano conseguenze deleterie per la salute. Stuottobre 2016

Professione Salute

19


CORSO ecm

di multifattoriali hanno valutato i benefici dell’attività fisica in pazienti adulti e pediatrici (27,28). Revisioni sistematiche di studi effettuati sugli adulti riferiscono che l’attività fisica può agire positivamente su composizione corporea, livelli di forma cardiorespiratoria, forza muscolare, fatica, funzioni fisiche e qualità della vita (28). Il sovrappeso o l’obesità influiscono negativamente sulla prognosi dei pazienti che vengono sottoposti al trapianto di cellule staminali, anche se l’evidenza è limitata. Le terapie intensive a cui sono sottoposti i pazienti affetti da queste forme di cancro aumentano il rischio di malnutrizione per difetto legato ai frequenti disturbi quali nausea, vomito, mucositi, diarrea, malassorbimento. Per evitare eventuali infezioni è importante suggerire il consumo di cibi ben cotti e di evitare cibi freschi o crudi. Inoltre, per prevenire la malnutrizione è importante valutare l’intake calorico e di nutrienti (12). Cancro del polmone

Questa popolazione presenta numerosi sintomi che limitano la capacità fisica e generano situazioni di sofferenza come dispnea, fame d’aria, ansia, debolezza muscolare, fatica

20

Professione Salute

ottobre 2016

e limitazione della capacità cardiopolmonare. Nonostante questi problemi, ci sono stati diversi studi che hanno dimostrato la fattibilità di un intervento, basato sull’attività fisica, dedicato a questi pazienti. Una revisione sistematica di 16 studi ha dimostrato che i partecipanti a un programma basato sull’attività fisica pre-intervento chirurgico hanno riportato, immediatamente dopo l’intervento, miglioramenti della capacità fisica ma non della qualità della vita relativa alla salute (29). Altri studi basati sull’attività fisica successiva al trattamento standard dimostrano miglioramenti delle capacità fisiche ma presentano risultanti discordanti dell’impatto sulla qualità della vita. Sono dunque necessari ulteriori studi per questa popolazione. Spesso chi presenta questo tipo di cancro è sottopeso e malnutrito anche prima della diagnosi e potrebbe trarre beneficio introducendo cibi a elevata densità calorica e facili da deglutire. Vengono suggeriti pasti piccoli e frequenti piuttosto che i tre pasti principali solamente: in caso di calo ponderale o incapacità a raggiungere i fabbisogni giornalieri, si rende necessario integrare con integratori dietetici e/o nutrizione enterale. Qualora non venissero soddisfatti gli introiti di micronu-

trienti, si suggerisce una supplementazione multivitaminica e multiminerale. Pochi studi hanno esaminato la relazione tra gli aspetti dietetici e la prognosi del cancro al polmone e al momento attuale le raccomandazioni per la nutrizione dovrebbero essere personalizzate ai fabbisogni individuali con l’obiettivo di mantenere un peso salutare e un intake di nutrienti adeguato (12). Cancro della prostata

Molti pazienti trattati con terapia ormonale (ADT) presentano importanti cambiamenti della composizione corporea, quali osteopenia, sarcopenia e aumento del tessuto adiposo; tali modificazioni inducono debolezza muscolare, precoce affaticabilità e depressione. Numerosi studi hanno valutato l’effetto dell’attività fisica, in particolare dell’allenamento di resistenza, in differenti momenti del percorso di cura. Una revisione sistematica di 9 studi sugli effetti dell’attività fisica sui parametri riferiti alla salute ha evidenziato promettenti risultati sulla forma muscolare, le funzioni fisiche, l’affaticabilità e la qualità della vita (30). Uno studio randomizzato, effettuato su 121 pazienti all’inizio della radioterapia, abbinata o no ad ADT, ha inserito i partecipanti in due gruppi. Entrambi hanno effettuato le terapie tradizionali; in aggiunta, un gruppo ha svolto un allenamento di resistenza mentre l’altro uno di tipo aerobico. I risultati hanno evidenziato che l’allenamento di resistenza ha influito positivamente su: affaticabilità, sia nel breve che nel lungo periodo, qualità della vita, forma aerobica, forza degli arti e prevenzione dell’aumento di massa grassa. L’allenamento aerobico ha agito positivamente sull’affaticabilità nel breve periodo e sulla forma fisica. Uno studio prospettico osservazionale, effettuato su una coorte di oltre 2700 pazienti affetti da cancro prostatico senza metastasi, ha trovato che gli uomini fisicamente attivi, impegnati in almeno 3 ore settimanali di attività fisica vigorosa, hanno avuto una riduzione della mortalità di quasi il 50% per tutte le cause e del 60% per


alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche

tabella 2 - attività fisica: precauzioni e controindicazioni nelle varie tipologie di pazienti Tipologia di pazienti

Precauzioni/Controindicazioni

Ente/Anno

Funzioni immunitarie compromesse/diminuite

Evitare palestre e piscine sino a quando i livelli di globuli bianchi saranno tornati nella norma

Acs, 2012

Trapianto di midollo osseo

Evitare luoghi molto affollati per almeno 1 anno dopo il trapianto

Grande affaticabilità nel periodo del trattamento

Non iniziare un programma di allenamento. Praticare quotidianamente 10 minuti di esercizi molto leggeri

Radioterapia

Evitare le piscine per non esporre alla clorina la pelle della zona irradiata

Cateteri per terapia/alimentazione

Evitare contatto con specchi d’acqua e piscine così come esercizi di resistenza per i muscoli della zona di applicazione che potrebbero causare la dislocazione del catetere

Comorbidità multiple o non controllabili

Consultare il medico specialista per modificare e adattare il programma di allenamento

Neuropatie periferiche o atassia, obesità

Se sussistono difficoltà di utilizzo degli arti inferiori, per problemi di equilibrio o debolezza, è preferibile scegliere macchine come la bike orizzontale rispetto al cammino o al treadmill

Trattamento con terapia ormonale (CA seno), HSCT, osteoporosi, metastasi ossee

A causa della maggiore fragilità scheletrica porre attenzione alle attività che potrebbero causare fratture

Problemi dell’arto superiore secondari a intervento CA seno

Consultare il medico specialista per risolvere il problema prima di iniziare l’attività

Stomia

Consultare il medico specialista prima di iniziare sport di contatto o sollevamento pesi. Evitare eccessive pressioni intra-addominali; sono comunque necessari adattamenti per praticare sport di contatto o nuotare

HSCT

Evitare superallenamento che potrebbe essere causato dagli effetti di un allenamento vigoroso sul sistema immunitario

Edema o infiammazione di addome, inguine, arti inferiori (CA ginecologici)

Richiedere assistenza medica per risolvere il problema prima di iniziare ad allenare la parte inferiore del corpo

Radioterapia, chemioterapia, funzioni immunitarie compromesse

Porre attenzione a evitare il rischio di infezioni e contatti nei centri fitness

Patologie cardiache

Potrebbero richiedere particolari adattamenti e una maggiore supervisione durante la pratica

Acs, 2012

Acs, 2012 Acsm, 2010

Acsm, 2010

Fonte: American Cancer Society (Acs), 2012; American College of Sports Medicine (Acsm), 2010

cancro prostatico (10). Il peso corporeo e l’obesità sembrano correlati alla progressione del cancro e alle forme più aggressive di cancro alla prostata, così come l’intake di grassi saturi (ma non di grassi totali) sembra associato a una peggiore sopravvi-

venza mentre un intake di grassi monoinsaturi correla con una migliore sopravvivenza (31,32). Il Continuous Update Project (33) in un recente documento ha concluso che: z l’aumento del grasso corporeo (evidenziato con BMI, circonferenza vita, circonferenza vi-

ta/fianchi) è una causa probabile del cancro alla prostata avanzato; z il consumo di beta-carotene attraverso gli integratori o con i cibi è improbabile che abbia sostanziali effetti sul rischio di cancro alla prostata; ottobre 2016

Professione Salute

21


CORSO ecm

tabella 3 - indicazioni per tipologia di attività Attività

Indicazioni

Aerobica

150 minuti/settimana a intensità moderata o 75 minuti/settimana a intensità vigorosa o una combinazione equivalente. L’attività può essere svolta in sessioni della durata di almeno 10 minuti divise durante la settimana. Aumentare la durata potrebbe indurre maggiori benefici

Resistenza

Due sessioni alla settimana per tutti i maggiori gruppi muscolari

Flessibilità

Nei giorni di allenamento, allungare i maggiori gruppi muscolari e i tendini

Fonte: American College of Sports Medicine (Acsm), 2010

z l’evidenza che un elevato consumo di latticini aumenti il rischio di cancro alla prostata risulta limitata; z l’evidenza che le diete ricche di calcio aumentino il rischio di cancro alla prostata risulta limitata; z l’evidenza che i cibi contenenti licopene o gli integratori di selenio riducano il rischio, è limitata (nel “Second Expert Report” del 2007 era stata definita probabile). Gli uomini che hanno avuto una diagnosi di cancro alla prostata dovrebbero sforzarsi di raggiungere o mantenere un peso salutare, essere fisicamente attivi e seguire una dieta ricca di frutta e verdura e povera di grassi saturi (12).

Cancro del tratto gastrointestinale superiore

Pochi studi hanno indagato gli effetti dell’attività fisica su queste forme di malattia e i risultati non sono completamente concordi. Evidenze suggeriscono che l’attività fisica riduce il rischio di sviluppare neoplasie gastriche e pancreatiche (31,32). In particolare uno studio prospettico, della durata di 9 anni, che ha coinvolto 420.449 partecipanti ha trovato un’associazione inversa tra neoplasia gastrica e tempo di pratica del ciclismo e dello sport 22

Professione Salute

ottobre 2016

(31). Una revisione sistematica di 28 studi ha individuato una relazione diretta tra riduzione di rischio di cancro del pancreas e alti livelli di attività fisica, sia strutturata che relativa alle attività quotidiane (32). Tuttavia il ridotto numero di studi e i pareri discordanti portano alla necessità di ulteriori ricerche che consentano di chiarire con certezza il ruolo dell’attività fisica. I pazienti con cancro allo stomaco o all’esofago presentano spesso sintomi quali sazietà precoce, dumping syndrome, malassorbimento, reflusso e disfagia e sono a rischio di malnutrizione per difetto. Si rende spesso necessaria una dieta frazionata con alimenti di consistenza modificata (semisolida, semiliquida, tritata) al fine di prevenire il calo ponderale e migliorare la qualità della vita (12). La gestione del paziente con cancro allo stomaco dipende dalla porzione di stomaco interessata dalla malattia o dalle condizioni postresezione chirurgica. In caso di coinvolgimento sia dello sfintere esofageo che pilorico è importante suggerire pasti piccoli, frequenti, con pochi zuccheri semplici e liquidi lontano dai pasti visto il senso di sazietà precoce. In questa tipologia di pazienti c’è il rischio di carenze di micronutrienti legata alle alterazioni dei processi digestivi e all’assorbimento di minera-

li quali ferro, calcio e vitamina B12. Se possibile, lo stato nutrizionale del paziente dovrebbe essere valutato prima del trattamento, durante e nei mesi successivi. In caso di cancro al pancreas, la supplementazione con acidi grassi omega-3, produce effetti favorevoli a breve termine sul peso corporeo. In assenza di informazioni definitive, i sopravvissuti dovrebbero seguire le seguenti indicazioni, se in grado, contenute nelle linee guida per la prevenzione (7): z mangiare differenti tipi di verdura e frutta ogni giorno (almeno 5 porzioni); z ridurre il consumo di salumi, insaccati, sale e cibi conservati sotto sale; z fare attività fisica regolarmente; z mantenere un peso sano. Cancro della testa e del collo

Numerosi piccoli studi hanno dimostrato che l’attività fisica può migliorare la funzionalità, ridurre dolore e disabilità ed essere correlata a una migliore qualità della vita nei pazienti affetti da cancro della testa e del collo (35). Uno studio svolto su 52 pazienti affetti da cancro della testa e del collo, che ha comparato un programma di esercizi di resistenza, svolti in maniera progressiva, al trattamento fisioterapico tradizionale, ha dimostrato che l’allenamento di resistenza ha modificato in maniera significativamente positiva i livelli auto-riportati di dolore e disabilità della spalla, la forza e la resistenza degli arti superiori (35). Non si sono invece evidenziati miglioramenti significativi sulle menomazioni causate dall’intervento chirurgico, sull’affaticabilità e sulla qualità della vita.Questo tipo di cancro compromette spesso l’intake di cibo e una elevata percentuale di pazienti perdono peso o sono malnutriti al momento della diagnosi. Lo scarso intake di nutrienti è legato alle difficoltà nella masticazione e deglutizione e alla frequente presenza di xerostomia, mucosite e alterazione del gusto causate dalle terapie: si rende necessaria una dieta a consistenza modificata e spesso viene posi-


alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche

zionata la PEG (gastrostomia endoscopica percutanea) per raggiungere gli intake calorici e di nutrienti durante il trattamento e nel periodo che segue (12). Attività fisica: indicazioni, precauzioni e controindicazioni

Forti evidenze dimostrano che l’attività fisica migliora le funzioni fisiche e vari aspetti della qualità della vita ma che non tutte le tipologie di esercizio sono sicure e praticabili durante la terapia. La tabella 2 (vedi pagg. precedenti) declina, categorizzandole per patologia, le precauzioni da adottare e le principali controindicazioni redatte dall’American College of Sports Medicine (Acsm) (36) e dall’American Cancer Society (Acs) (12). Compatibilmente al quadro clinico, l’obiettivo principale è mantenersi attivi il più possibile e incrementare i livelli di esercizio al termine del trattamento (12,37). Le tabelle 3 e 4 evidenziano le indicazioni pubblicate nel 2010 dall’American College of Sports Medicine, divise per tipologia di attività e per patologia. n

tabella 4 - ATTIVITà fisica: indicazioni specifiche per patologia Attività aerobica Tipologia di cancro

Indicazioni specifiche

Seno, prostata, colon, ematologici (non HSCT), ginecologici

Nessuna variazione rispetto alle indicazioni di base.

HSCT

È incoraggiata la pratica quotidiana di attività a bassa intensità, si raccomanda una progressione lenta. Occorre prestare attenzione per evitare il superallenamento

Ginecologici con obesità

Le donne obese potrebbero richiedere maggiore supervisione e modifiche dei programmi; se è presente neuropatia periferica, una bicicletta stazionaria potrebbe essere preferita Attività di resistenza

Prostata, colon, ematologici

Nessuna variazione rispetto alle indicazioni di base

Prostectomia radicale

Inserire esercizi per il pavimento pelvico

Colon con stomia

Iniziare con carichi bassi e progredire molto lentamente per evitare l’erniazione dello stoma

Seno

Iniziare con un programma supervisionato di almeno 16 sedute con carichi molto bassi; aumentare il carico con piccoli incrementi

Trapianto di midollo osseo

L’attività di resistenza potrebbe essere più vantaggiosa di quella aerobica

Fonte: American College of Sports Medicine (Acsm), 2010

Bibliografia 1. World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research (2007). The second expert report: food, nutrition, physical activity and the prevention of cancer: a global perspective. American Institute for Cancer Research, Washington, DC. 2. Friedenreich CM, Neilson HK, Lynch BM (2010) State of the epidemiological evidence on physical activity and cancer prevention. Eur J Cancer 46:2593–2604. 3. Wolin KY, Yan Y, Colditz GA, Lee IM (2009) Physical activity and colon cancer prevention: a meta-analysis. Br J Cancer 100:611–616. 4. Monninkhof E, Elias S, Vlems F, van der Tweel I, Schuit A, Voskuil D et al (2007) Physical activity and breast cancer: a systematic review. Epidemiology 18:137–157. 5. Moore SC, Peters TM, Ahn J, Park Y, Schatzkin A, Albanes D et al (2008) Physical activity in relation to total, advanced, and fatal prostate cancer.

Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 17:2458–2466. 6. Olsen CM, Bain CJ, Jordan SJ, Nagle CM, AlC

Green, Whiteman DC et al (2007) Recreational

physical activity and epithelial ovarian cancer: a case–control study, systematic review, and meta--analysis. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 16:2321–2330. 7. Lawrence HK et al. Guidelines on Nutrition and Physical Activity for Cancer Prevention. CA Cancer J Clin 2012; 62:30-67. 8. Ibrahim EM, Al-Homaidh A. Physical activity and survival after breast cancer diagnosis: meta-analysis of published studies. Med Oncol. 2011;28:753-765. 9. Moorman PG, Jones LW, Akushevich L, Schildkraut JM. Recreational physical activity and ovarian cancer risk and survival. Ann Epidemiol. 2011;21:178-187. 10. Kenfield SA, Stampfer MJ, Giovannucci E, Chan JM. Physical activity and survival after prostate cancer diagnosis in the health professionals follow-up study. J Clin Oncol. 2011;29:726-732. 11. Haydon AM, Macinnis RJ, English DR,

Giles GG. Effect of physical activity and body size on survival after diagnosis with colorectal cancer. Gut. 2006;55:62-67. 12. Rock CL et al., Nutrition and Physical Activity Guidelines for Cancer Survival. Ca Cancer J Clin 2012;62:242-274. 13. Sofi F. et al. Mediterranean diet and helath status: an updated meta-analysis and a proposal for a literature-based adherence score- Public Health Nutrition 2013. 14. World Health Organization. 2008-2013 Global Action Plan for Non-Communicable Diseases. Geneva: World Health Organization; 2008. 15. Schmitz KH, Ahmed RL, Troxel AB, et al. Weight lifting for women at risk for breast cancerrelated lymphedema: a randomized trial. JAMA. 2010;304:2699-2705. 16. World cancer research fund international. Breast Cancer Survivors report 2014. www.wcrf.org/ int/research-we-fund/continuous-update-projectfindings-reports/breast-cancer-survivors.

ottobre 2016

Professione Salute

23


CORSO ecm

17. Giovannucci E. Diet, body weight, and colorectal cancer: a summary of the epidemiologic evidence. J Womens Health (Larchmt). 2003;12:173-182. 18. Ryan-Harshman M, Aldoori W. Diet and colorectal cancer: review of the evidence. Can Fam Physician. 2007;53:1913-1920. 19. Blanchard CM, Courneya KS, Stein K; American Cancer Society’s SCS II. Cancer survivors’ adherence to lifestyle behaviour recommendations and associations with health-related quality of life: results from the American Cancer Society’s SCS-II. J Clin Oncol. 2008;26:2198-2204. 20. Johnson BL, Trentham-Dietz A, Koltyn KF, Colbert LH. Physical activity and function in older, long-term colorectal cancer survivors. Cancer Causes Control. 2009;20:775-784. 21. Peddle CJ, Au HJ, Courneya KS. Association between exercise, quality of life, and fatigue in colorectal cancer survivors. Dis Colon Rectum. 2008;51:1242-1248. 22. Haydon AM, Macinnis RJ, English DR, Giles GG. Effect of physical activity and body size on survival after diagnosis with colorectal cancer. Gut. 2006;55:62-67. 23. Haydon AM, Macinnis RJ, English DR, Morris H, Giles GG. Physical activity, insulin-like growth factor 1, insulin-like growth factor binding protein 3, and survival from colorectal cancer. Gut. 2006;55:689-694.

24. Siegel R, Naishadham D, Jemal A. Cancer statistics. CA Cancer J Clin. 2012;62:10-29. 25. Fader AN, Arriba LN, Frasure HE, von Gruenigen VE. Endometrial cancer and obesity: epidemiology, biomarkers, prevention and survivorship. Gynecol Oncol. 2009;114:121-127. 26. Basen-Engquist K, Scruggs S, Jhingran A,et al. Physical activity and obesity in endometrial cancer survivors: associations with pain, fatigue, and physical functioning. Am J Obstet Gynecol. 2009;200:288.e1-288.e8. 27. Courneya KS, Sellar CM, Stevinson C, et al. Randomized controlled trial of the effects of aerobic exercise on physical functioning and quality of life in lymphoma patients. J Clin Oncol. 2009;27:4605-4612. 28. Liu RD, Chinapaw MJ, Huijgens PC, van Mechelen W. Physical exercise interventions in haematological cancer patients, feasible to conduct but effectiveness to be established: a systematic literature review. Cancer Treat Rev. 2009;35:185-192. 29. Granger CL, McDonald CF, Berney S, Chao C, Denehy L. Exercise intervention to improve exercise capacity and health related quality of life for patients with non-small cell lung cancer: a systematic review. Lung Cancer. 2011;72:139-153. 30. Thorsen L, Courneya KS, Stevinson C, Fossa SD. A systematic review of physical activity in prostate cancer survivors: outcomes, prevalence, and

determinants. Support Care Cancer. 2008;16:987-997. 31. Mayer F, Bairati I, Shadmani R, Fradet Y, Moore L. Dietary fat and prostate cancer survival. Cancer Causes Control 1999; 10:245-251. 32. Kim DJ, Gallagher RP, Hislop TG, et al. Premorbid diet in relation to survival from prostate cancer (Canada). Cancer Causes Control 2000;11:65-7. 33. World cancer research fund international. Diet, nutrition, physical activity and prostate cancer 2014. http://wcrf.org/sites/default/files/Prostate-CancerSLR-2014.pdf 34. Huerta JM, Navarro C, Chirlaque MD, et al. Prospective study of physical activity and risk of primary adenocarcinomas of the oesophagus and stomach in the EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and nutrition) cohort. Cancer Causes Control 2010;21:657-669. 35. McNeely ML, Parliament MB, Seikaly H, et al. Effect of exercise on upper extremity pain and dysfunction in head and neck cancer survivors: a randomized controlled trial. Cancer. 2008;113:214-222. 36. Schmitz KH, Courneya KS, Matthews C, et al. American College of Sports Medicine roundtable on exercise guidelines for cancer survivors. Med Sci Sports Exerc. 2010; 42(7):1409–1426. 37. Garcia DO, Thomson CA, Physical Activity and Cancer Survivorship. Nutr Clin Pract. 2014 December; 29(6): 768–779.

questionario di valutazione 1. Tra le pazienti affette da cancro al seno, la pratica dell’attività fisica dopo la diagnosi è fortemente associata a: a) peggioramento della sfera psicosociale b) riduzione del rischio di contrarre altre tipologie di cancro c) riduzione del rischio di recidiva e di morte per patologie cancro correlate d) riduzione della qualità della vita 2. I pazienti affetti da cancro prostatico parrebbero trarre maggior beneficio dall’attività: a) di flessibilità b) di meditazione c) di resistenza d) di tipo aerobico 3. Secondo l’American Cancer Society (Acs) i pazienti sottoposti a radioterapia dovrebbero evitare di: a) praticare sport

24

Professione Salute

ottobre 2016

b) svolgere attività fisica c) frequentare palestre d) frequentare piscine 4. Secondo le recenti evidenze, i pazienti affetti da cancro colorettale che sono fisicamente attivi: a) diminuiscono il loro rischio di mortalità, specifica per cancro colorettale e/o per tutte le cause b) diminuiscono il loro rischio di recidive e di mortalità, specifica per cancro colorettale e/o per tutte le cause c) diminuiscono il loro rischio di recidive e di mortalità, specifica per cancro colorettale d) diminuiscono il loro rischio di recidive e di mortalità, per tutte le cause 5. Nelle forme ematologiche e in quelle trattate con cellule staminali la pratica dell’attività fisica produce effetti su: a) composizione corporea, livelli di forma cardiorespiratoria, forza muscolare, fatica e funzioni fisiche


alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche

b) composizione corporea, livelli di forma cardiorespiratoria, forza muscolare, fatica, funzioni fisiche e qualità della vita c) funzioni fisiche e qualità della vita d) livelli di forma cardiorespiratoria, forza muscolare, fatica, funzioni fisiche e qualità della vita

11. I sintomi frequenti in seguito al cancro allo stomaco sono: a) dumping syndrome, malassorbimento, sazietà precoce b) aumento dell’appetito in seguito al rapido svuotamento gastrico c) aumento del senso di sete d) stipsi

6. I pazienti affetti da cancro al polmone presentano numerosi sintomi che: a) generano situazioni di sofferenza come dispnea, fame d’aria, ansia, debolezza muscolare, fatica e limitazione della capacità cardiopolmonare b) limitano la capacità fisica e generano situazioni di sofferenza come dispnea, fame d’aria, ansia, debolezza muscolare, fatica e limitazione della capacità cardiopolmonare c) limitano la capacità fisica e generano situazioni di sofferenza come dispnea, fame d’aria, fatica e limitazione della capacità cardiopolmonare d) limitano la capacità fisica e generano situazioni di sofferenza come ansia, debolezza muscolare, fatica e limitazione della capacità cardiopolmonare

12. I dati ricavati dallo studio Epic hanno dimostrato che la compliance a una dieta “salutare” come raccomandato dal Wcrf/ Aicr è associata a una riduzione del rischio di cancro (stomaco, endometrio, esofago, colon-retto, bocca, faringe e laringe) pari al: a) 12-16% b) 20-25% c) 5-10% d) 30-35%

7. Secondo l’American College of Sports Medicine i pazienti stomizzati devono: a) consultare il medico specialista prima di iniziare sport di contatto o sollevamento pesi b) consultare il medico specialista prima di iniziare sport di contatto c) evitare di praticare attività fisica d) evitare di praticare sport 8. Secondo l’American College of Sports Medicine i pazienti affetti da cancro devono: a) evitare l’inattività e riprendere l’esercizio il prima possibile dopo la diagnosi e/o il trattamento b) evitare l’inattività e riprendere l’esercizio un anno dopo la fine del trattamento c) riprendere l’esercizio il prima possibile dopo la diagnosi e/o il trattamento d) riprendere l’esercizio un anno dopo la fine del trattamento 9. Dopo la diagnosi e il trattamento del cancro al seno si consiglia: a) di consumare solo carne bianca e limitare i salumi a 1-2 volte alla settimana b) di seguire una dieta ipocalorica, ipolipidica ed iposodica c) di consumare latte e latticini solo in caso di osteoporosi d) di consumare regolarmente cibi ricchi di fibra 10. Le linee guida suggeriscono di: a) eliminare la carne rossa b) limitare il consumo di carne rossa a max 500 g alla settimana c) mangiare solo carne bianca d) mangiare solo pesce

13. Il recente documento “Breast Cancer Survivors report 2014” pubblicato dal World Cancer Research Fund International dice che: a) le donne che consumano troppi grassi totali e grassi insaturi prima dello sviluppo della patologia potrebbero avere un aumento del rischio di morte successivamente alla diagnosi di cancro al seno b) le donne che consumano troppi grassi totali e colesterolo prima dello sviluppo della patologia potrebbero avere un aumento del rischio di morte successivamente alla diagnosi di cancro al seno c) le donne che consumano troppi grassi totali e grassi saturi prima dello sviluppo della patologia potrebbero avere un aumento del rischio di morte successivamente alla diagnosi di cancro al seno. d) le donne che non consumano grassi prima dello sviluppo della patologia potrebbero avere una riduzione del rischio di morte successivamente alla diagnosi di cancro al seno 14. Il Continuous Update Project in un recente documento su dieta, attività fisica e cancro alla prostata ha concluso che: a) il consumo di beta-carotene attraverso gli integratori o con i cibi è probabile che abbia sostanziali effetti sul rischio di cancro alla prostata b) il consumo di beta-carotene attraverso gli integratori o con i cibi è improbabile che abbia sostanziali effetti sul rischio di cancro alla prostata. c) il consumo di beta-carotene attraverso gli integratori o con i cibi è certo che abbia sostanziali effetti sul rischio di cancro alla prostata d) il consumo di beta-carotene attraverso gli integratori e non con i cibi è probabile che abbia sostanziali effetti sul rischio di cancro alla prostata 15. La prima raccomandazione del World Cancer Research Fund per prevenire il cancro è quella di mantenersi snelli. In caso di sovrappeso o obesità, per favorire il calo ponderale è sufficiente ogni giorno: a) seguire una dieta equilibrata togliendo 50-100 kcal b) seguire una dieta equilibrata togliendo 500-600 kcal c) seguire una dieta equilibrata togliendo 500-600 kcal, riducendo i carboidrati d) seguire una dieta equilibrata togliendo 500-600 kcal, eliminando i grassi

ottobre 2016

Professione Salute

25



nutrizione_latticini

Latticini, il paradosso francese e gli effetti sulla salute Componenti fondamentali di una dieta sana, alimenti come latte, formaggio e yogurt sono una ricca fonte di proteine, calcio, magnesio e fosforo e giocano un ruolo importante nella prevenzione cardiovascolare

I

minori tassi di mortalità cardiovascolare osservati in Francia per decenni, in contraddizione con l’elevato consumo di grassi saturi, hanno dato voce al “paradosso francese”, così definito per la prima volta dal professor Serge Renaud (1). Questo fenomeno è stato originariamente attribuito al consumo di vino rosso e in modo particolare al suo principale costituente, il resveratrolo. Tuttavia, studi recenti hanno messo in luce i limiti di tale condizione (2), in quanto il vino rosso non può spiegare di per sé il paradosso, mentre altri fattori che contraddistinguono lo stile di vita e l’alimentazione tipica francese potrebbero più verosimilmente giustificare la ridotta mortalità cardiovascolare in questa popolazione. Da un punto di vista geografico, la Francia si posiziona in parte nella fascia dell’Europa centrale, caratterizzata da un più elevato introito di alimenti di origine animale e grassi saturi, e in parte nella fascia meridionale, contraddistinta da abitudini più simili alla dieta mediterranea (3,4). Un tipico pasto francese include una quantità notevole di grassi saturi provenienti da

burro, formaggio, latte intero, prodotti caseari, salumi e dolci, un buon apporto di frutta e verdura e moderate quantità di vino (5). Gli studi alimentari effettuati in Francia mostrano che i grassi saturi possono costituire fino al 40% dell’apporto calorico totale (6). L’apporto moderato di formaggi (una delle caratteristiche della dieta mediterranea) rappresenta l’anello di congiunzione fra le abitudini alimentari delle diverse aree del paese. Pertanto, dal momento che la Francia è il secondo paese del mondo

A cura di Martina Petrolo

Dietista Studentessa del Master in Nutrition, Karolinska Institute, Stoccolma

Gianluca Tognon

Professore associato Dipartimento di salute pubblica, Università di Göteborg (Svezia)

ottobre 2016

Professione Salute

27


nutrizione_latticini

Bibliografia 1. Renaud S, et al. Wine, alcohol, platelets, and the French paradox for coronary heart disease. Lancet. 1992 Jun 20;339(8808):1523-6. 2. Wu JM, et al. Resveratrol: a cardioprotective substance. Ann N Y Acad Sci. 2011 Jan;1215:16-21. 3. Opie L, et al. Wine and heart health: learning from the French paradox. SAHeart 2011; 8:172-177. 4. Berry EM, et al. The Middle Eastern and biblical origins of the Mediterranean diet. Public Health Nutr. 2011 Dec;14(12A):2288-95. 5. Tamers SL, et al. US and France adult fruit and vegetable consumption patterns: an international comparison. Eur J Clin Nutr. 2009 Jan;63(1):11-7. 6. Razanamahefa L, et al. Dietary fat consumption of the French population and quality of the data on the composition of the major food groups. Bull Cancer. 2005 Jul;92(7):647-57. 7. Welland D. Make room for cheese - if incorporated wisely, it can be part of a healthful diet. Today’s Dietitian. 2011;13:16–18. 8. Petyaev IM, et al. Could cheese be the missing piece in the French paradox puzzle? Med Hypotheses. 2012 Dec;79(6):746-9. 9. Zheng H, et al. Metabolomics investigation to shed light on cheese as a possible piece in the French paradox puzzle. J Agric Food Chem. 2015 Mar 18;63(10):2830-9. 10. Soedamah-Muthu SS, et al. Milk and dairy consumption and incidence of cardiovascular diseases and all-cause mortality: dose-response metaanalysis of prospective cohort studies. Am J Clin Nutr. 2011 Jan;93(1):158-71. 11. Chowdhury R, et al. Association of dietary, circulating, and supplement fatty acids with coronary risk: a systematic review and meta-analysis. Ann Intern Med. 2014 Mar 18;160(6):398-406. 12. Da Silva MS, et al. Dairy products on metabolic health: current research and clinical implications. Maturitas. 2014 Mar;77(3):221-8. 13. National Heart, Lung, and Blood Institute (NHLBI). Managing Overweight and Obesity in Adults: Systematic Evidence Review from the Obesity Expert Panel. 2013. http://www.nhlbi.nih.gov/ sites/www.nhlbi.nih.gov/files/obesity-evidencereview.pdf (Last accessed July 2016). 14. Bhaskaran K, et al. Body-mass index and risk of 22 specific cancers: a population-based cohort study of 5·24 million UK adults. Lancet. 2014 Aug 30;384(9945):755-65. 15. Louie JC, et al. Dairy consumption and overweight and obesity: a systematic review of prospective cohort studies. Obes Rev. 2011 Jul;12(7):e582-92. 16. Josse AR, et al. Increased consumption of dairy foods and protein during diet- and exercise-induced weight loss promotes fat mass loss and lean mass gain in overweight and obese premenopausal women. J Nutr. 2011 Sep;141(9):1626-34. 17. Rosado JL, et al. Intake of milk with added micronutrients increases the effectiveness of an energy-restricted diet to reduce body weight: a rando-

28

Professione Salute

ottobre 2016

con il più alto consumo di formaggio (7), è stato ipotizzato che quest’ultimo possa spiegare il paradosso francese ed essere meritiero dei benefici sulla salute finora attribuiti esclusivamente al vino rosso (8,9). A supporto di questa ipotesi, due meta-analisi pubblicate negli ultimi anni suggeriscono che i prodotti lattierocaseari possiedano proprietà uniche in relazione alle patologie cardiovascolari, rispetto ad altri alimenti ricchi di acidi grassi saturi (10,11). Latticini e salute umana: facciamo il punto della situazione

I latticini sono una ricca fonte di proteine, calcio, magnesio e fosforo (12) e vengono pertanto considerati una scelta alimentare sana, non solo in relazione alla crescita e mantenimento delle ossa, ma anche in considerazione del fatto che sembrano avere un ruolo nella prevenzione cardiovascolare. L’assunzione di prodotti come latte, formaggio e yogurt migliora quindi la qualità della dieta e sembra associarsi alla riduzione del rischio di malattie cardiovascolari (10,11), principale causa di morte a livello mondiale. Per capire meglio come il consumo di latticini possa giocare un ruolo nella prevenzione cardiovascolare, è opportuno analizzare gli studi presenti in letteratura dal punto di vista dei diversi fattori di rischio cardiovascolare, come effettuato nei paragrafi che seguono. Prevenzione di sovrappeso e obesità L’eccesso di peso corporeo è associato con il rischio di patologie croniche, come le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, le malattie del fegato e alcuni tipi di tumori (13,14). Studi di coorte prospettici hanno evidenziato infatti un effetto protettivo del consumo di latticini sullo sviluppo di sovrappeso e obesità (15). La maggior parte degli studi clinici che hanno applicato una dieta moderatamente ipocalorica indicano che le diete ricche

di latticini favoriscono sia la perdita di peso che la riduzione della massa grassa (16,17,18). Il consumo di latticini, in particolare di quelli fermentati come lo yogurt e il formaggio, potrebbe dunque contribuire alla prevenzione delle patologie cardiovascolari attraverso il mantenimento di un sano peso corporeo (19). Interazione con i livelli di infiammazione Sembra ormai evidente che l’infiammazione costituisca un meccanismo importante per lo sviluppo e la progressione dell’aterosclerosi e che i livelli infiammatori rappresentino la chiave di volta fra nutrizione, eccesso di peso ed elevato rischio cardiovascolare (20). Alcuni autori hanno riscontrato un effetto positivo del consumo di latticini sui profili infiammatorio e ossidativo (21,22) e hanno rilevato che il consumo di yogurt in particolare sia in grado di ridurre i livelli di infiammazione cronica legata all’obesità (23). I probiotici dello yogurt avrebbero un effetto benefico sui marker infiammatori (in primis la proteina C reattiva), oltre a contribuire, come noto, al mantenimento di una salutare composizione della flora intestinale (19,23,24). Prevenzione della sindrome metabolica e riduzione dei lipidi plasmatici I peptidi bioattivi derivati dal latte (come neuropeptidi, lattoferrina, casochinine) giocano un ruolo nella prevenzione della sindrome me-


nutrizione_latticini

tabolica migliorando insulinemia, ipertensione, dislipidemia e prevenendo l’accumulo di grasso centrale (25). Babio et al. (26) hanno suggerito che il consumo di prodotti lattiero-caseari a basso contenuto di grassi, yogurt (tutti i tipi), e latte magro sia associato a una minore incidenza di sindrome metabolica nei soggetti più anziani ad alto rischio cardiovascolare. Al contrario, il consumo di formaggio è stato associato a un aumentato rischio di sindrome metabolica, il quale trova in parte spiegazione nel suo alto contenuto energetico, in sodio e potassio rispetto agli altri prodotti lattiero-caseari (26). Tuttavia, è da notare che uno studio precedente aveva evidenziato che l’assunzione di acidi grassi saturi provenienti dai latticini fosse inversamente associata al rischio cardiovascolare, e viceversa per gli acidi grassi saturi provenienti dalla carne (27). Per quanto riguarda i fattori plasmatici di rischio cardiovascolare, va ricordato che il consumo di latticini è negativamente correlato ai livelli di colesterolo nel sangue (28). Lorenzen et al. (29) hanno dimostrato che il calcio derivato da latte e yogurt, a differenza di quello assunto con gli integratori, si associa a una riduzione di chilomicroni contenenti trigliceridi (29) e favorisce livelli pressori piú bassi (30,31,32). L’assunzione di calcio proveniente dai latticini potrebbe aumentare l’escrezione di grasso nelle feci (33), con il risultato di un effetto meno pronunciato sui livelli di colesterolo nel sangue (34). A conferma di ciò, è dimostrato che il formaggio tende ad aumentare i livelli plasmati-

ci di colesterolo LDL in maniera meno marcata del burro, a indicare dei possibili vantaggi conseguenti alla fermentazione (35). Infine, studi recenti hanno attribuito una correlazione inversa tra patologie cardiovascolari e consumo di latticini prendendo in considerazione il loro contenuto di acido palmitoleico, un grasso insaturo noto per essere associato positivamente con colesterolo HDL e negativamente con proteina C-reattiva, trigliceridi, insulino-resistenza e T2DM tra gli adulti (36). La prevenzione del diabete di tipo 2 Recentemente lo studio EPIC-Norfolk non ha riscontrato associazione tra il consumo di formaggi e latticini e l’incidenza di diabete di tipo 2 (37). A tal proposito è da ricordare che studi precedenti avevano invece evidenziato una minore concentrazione di insulina plasmatica nei soggetti che consumano elevate quantità di latte e derivati (38,39). Gli autori di questi studi suggerivano che il calcio o altre sostanze nutritive contenute nei latticini potessero avere effetti benefici sul metabolismo del glucosio (26,40,41). Latticini e longevità: qualcosa non quadra Nonostante alcune contraddizioni fra i risultati degli studi citati nei paragrafi precedenti, appare evidente che i latticini posseggano alcune proprietà benefiche per la salute. Pertanto, parrebbe lecito pensare che il loro consumo dovrebbe incidere in maniera significativa

mized controlled clinical trial in Mexican women. J Am Diet Assoc. 2011 Oct;111(10):1507-16. 18. Abargouei AS, et al. Effect of dairy consumption on weight and body composition in adults: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled clinical trials. Int J Obes (Lond). 2012 Dec;36(12):1485-93. 19. Martinez-Gonzalez MA, et al. Yogurt consumption, weight change and risk of overweight/ obesity: the SUN cohort study. Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2014 Nov;24(11):1189-96. 20. Minihane AM, et al. Low-grade inflammation, diet composition and health: current research evidence and its translation. Br J Nutr. 2015 Oct 14;114(7):999-1012. 21. Panagiotakos DB, et al. Dairy products consumption is associated with decreased levels of inflammatory markers related to cardiovascular disease in apparently healthy adults: the ATTICA study. J Am Coll Nutr. 2010 Aug;29(4):357-64. 22. Zemel MB, et al. Dietary calcium and dairy products modulate oxidative and inflammatory stress in mice and humans. J Nutr. 2008 Jun;138(6):1047-52. 23. Tapsell LC. Fermented dairy food and CVD risk. Br J Nutr. 2015 Apr;113 Suppl 2:S131-5. 24. Verdam FJ, et al. Human intestinal microbiota composition is associated with local and systemic inflammation in obesity. Obesity (Silver Spring). 2013 Dec;21(12):E607-15. 25. Zemel MB, et al. Dairy-Rich Diets Augment Fat Loss on an Energy-Restricted Diet: A Multicenter Trial. Nutrients. 2009;1(1):83-100. 26. Babio N, et al. Consumption of Yogurt, LowFat Milk, and Other Low-Fat Dairy Products Is Associated with Lower Risk of Metabolic Syndrome Incidence in an Elderly Mediterranean Population. J Nutr. 2015 Oct;145(10):2308-16. 27. De Oliveira Otto MC, et al. Dietary intake of saturated fat by food source and incident cardiovascular disease: the Multi-Ethnic Study of Atherosclerosis. Am J Clin Nutr. 2012 Aug;96(2):397-404. 28. St-Onge MP, et al. Consumption of fermented and nonfermented dairy products: effects on cholesterol concentrations and metabolism. Am J Clin Nutr. 2000 Mar;71(3):674-81. 29. Lorenzen JK, et al. Effect of dairy calcium or supplementary calcium intake on postprandial fat metabolism, appetite, and subsequent energy intake. Am J Clin Nutr. 2007 Mar;85(3):678-87. 30. van Mierlo LA, et al. Blood pressure response to calcium supplementation: a meta-analysis of randomized controlled trials. J Hum Hypertens. 2006 Aug;20(8):571-80. 31. Engberink MF, et al. Inverse association between dairy intake and hypertension: the Rotterdam Study. Am J Clin Nutr. 2009 Jun;89(6):1877-83. 32. Ricci-Cabello I, et al. Possible role of milkderived bioactive peptides in the treatment and prevention of metabolic syndrome. Nutr Rev. 2012 Apr;70(4):241-55. 33. Soerensen KV, et al. Effect of dairy calcium from cheese and milk on fecal fat excretion, blood

ottobre 2016

Professione Salute

29


nutrizione_latticini

lipids, and appetite in young men. Am J Clin Nutr. 2014 May;99(5):984-91. 34. Chypre M, et al. ATP-citrate lyase: a mini-review. Biochem Biophys Res Commun. 2012 May 25;422(1):1-4. 35. Nestel PJ. Effects of dairy fats within different foods on plasma lipids. J Am Coll Nutr. 2008 Dec;27(6):735S-40S. 36. Mozaffarian D, et al. Changes in diet and lifestyle and long-term weight gain in women and men. N Engl J Med. 2011 Jun 23;364(25):2392-404. 37. O’Connor LM, et al. Dietary dairy product intake and incident type 2 diabetes: a prospective study using dietary data from a 7-day food diary. Diabetologia. 2014 May;57(5):909-17. 38. Zemel MB, et al. Dairy augmentation of total and central fat loss in obese subjects. Int J Obes (Lond). 2005 Apr;29(4):391-7. 39. Zemel MB, et al. Effects of calcium and dairy on body composition and weight loss in AfricanAmerican adults. Obes Res. 2005 Jul;13(7):1218-25. 40. Huth PJ, et al. Influence of dairy product and milk fat consumption on cardiovascular disease risk: a review of the evidence. Adv Nutr. 2012 May 1;3(3):266-85. 41. Nestel PJ, et al. Effects of low-fat or full-fat fermented and non-fermented dairy foods on selected cardiovascular biomarkers in overweight adults. Br J Nutr. 2013 Dec;110(12):2242-9. 42. Michaëlsson K, et al. Milk intake and risk of mortality and fractures in women and men: cohort studies. BMJ. 2014 Oct 28;349:g6015. 43. Hao L, et al. The influence of gender, age and treatment time on brain oxidative stress and memory impairment induced by D-galactose in mice. Neurosci Lett. 2014 Jun 13; 571:45-9. 44. Lallès JP. Dairy products and the French paradox: Could alkaline phosphatases play a role? Med Hypotheses. 2016 Jul;92:7-11. 45. Larsson SC, et al. Milk Consumption and Mortality from All Causes, Cardiovascular Disease, and Cancer: A Systematic Review and Meta-Analysis. Nutrients. 2015 Sep 11;7(9):7749-63. 46. American Heart Association Nutrition Committee, Lichtenstein AH, et al. Diet and lifestyle recommendations revision 2006: a scientific statement from the American Heart Association Nutrition Committee. Circulation. 2006 Jul 4;114(1):82-96. 47. Graham I, et al. European guidelines on cardiovascular disease prevention in clinical practice: full text: Fourth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and other societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice (constituted by representatives of nine societies and by invited experts). Eur J Cardiovasc Prev Rehabil. 2007 Sep;14 Suppl 2:S1-113. 48. Sofi F, et al. Accruing evidence on benefits of adherence to the Mediterranean diet on health: an updated systematic review and meta-analysis. Am J Clin Nutr. 2010 Nov;92(5):1189-96.

30

Professione Salute

ottobre 2016

sull’aumento della longevità. Tuttavia, proprio gli studi sull’associazione fra consumo di latticini e longevità hanno aperto recentemente la strada all’ipotesi che non tutti i latticini siano davvero salutari. Questo potrebbe almeno in parte spiegare i risultati contraddittori evidenziati in precedenza. In particolare, un recente studio effettuato in Svezia sugli effetti dell’assunzione di latte su uomini e donne ha osservato come un elevato consumo di latte (più di tre bicchieri di latte al giorno) fosse associato a un maggiore rischio di mortalità (oltre al rischio di maggiori fratture ossee). Al contrario, il consumo di formaggio mostrava invece un effetto protettivo (42). Il latte non fermentato è la principale fonte di D-galattosio nella dieta. Questo nutriente, assunto in elevate concentrazioni, è in grado di causare un incremento dello stress ossidativo e dei livelli di infiammazione (effetti dimostrati sugli animali) (43). Al contrario, i latticini di tipo fermentato potrebbero invece contribuire a proteggere l’organismo stimolando la fosfatasi alcalina nell’intestino, riducendo l’infiammazione e promuovendo un metabolismo più sano (44). Sarà interessante verificare se altri grandi studi prospettici andranno o meno a confermare o rifiutare questo interessante risultato. Per il momento, la review sistematica più recente (45) ha riportato una forte eterogeneità fra gli studi che hanno valutato il rapporto tra consumi di latte non fermentato e mortalità generale. Questo suggerisce che una maggiore comprensione dei potenziali fattori confondenti, quali ad esempio la diversa composizione del latte nei diversi paesi, potrebbero aiutare a comprendere meglio questa relazione. Possiamo continuare a raccomandare il consumo di latticini?

Le raccomandazioni nutrizionali ufficiali variano da paese a paese, ma in media si raccomanda l’assunzione di 2-3 porzioni di lattici-

ni al giorno per gli adulti sani (12,46,47). Ciò risulta essere in linea con la dieta mediterranea, i cui effetti protettivi sulle malattie cardiovascolari sono stati confermati da numerosi studi (48). L’ipotesi di una differenza tra latticini fermentati e non è molto interessante, anche se sarà importante verificare se il consumo di yogurt e formaggio sia semplicemente un marker di uno stile di vita più sano o se invece i meccanismi biologici ipotizzati da alcuni studi (D-galattosio e sostanze benefiche prodotte dai ceppi probiotici) diano ragione (del tutto o in parte) all’ipotesi che la fermentazione del latte porti a dei reali effetti benefici sulla salute umana. Secondo Petyaev et al. (8) i latticini in generale, ma in particolare i formaggi, potrebbero costituire il pezzo mancante del puzzle del paradosso francese. In conclusione, riteniamo quindi che al momento non esiste una ragione valida per scoraggiare il consumo di latticini, mentre possiamo affermare che il consumo di yogurt e formaggi (questi ultimi spesso eccessivamente demonizzati a causa del contenuto di acidi grassi saturi) sia raccomandabile e che questi alimenti possono ancora essere considerati una componente importante di una dieta sana. n



integrazione alimentare_aminoacidi

Ruolo della supplementazione di aminoacidi nell’adulto per contrastare la sarcopenia L’integrazione di aminoacidi essenziali rappresenta un valido supporto per limitare la perdita di massa muscolare che si manifesta con l’avanzare

A cura di Marco Guarene Emanuele Giorgini Giovanna Turconi Hellas Cena

dell’età o in particolari condizioni patologiche e di malnutrizione

Laboratorio di Dietetica e Nutrizione Clinica Unità di Scienza dell’Alimentazione Dip. di Sanità Pubblica Medicina Sperimentale e Forense Università degli Studi di Pavia

Fabbisogno e metabolismo delle proteine

L’uomo, così come tutti gli organismi animali, è in grado di adattarsi alle variazioni del livello di assunzione (intake) di proteine in quanto possiede dei meccanismi che gli consentono di regolare l’equilibrio tra entrate e uscite di azoto, influenzando, nei due sensi, il flusso degli aminoacidi (fig. 1). La base biologica che sottende al permanente bisogno di proteine risiede proprio in questo turnover. Tuttavia questi meccanismi dinamici consentono di ripristinare il li-

Figura 1: schema del bilancio dell’azoto o bilancio proteico. Tale fattore dipende dalla somma delle velocità di entrata e uscita dal pool di aminoacidi liberi. Modificata da: Fondamenti di nutrizione umana (Costantini AM, Cannella C, Tomassi G. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 1999)

32

Professione Salute

ottobre 2016

vello ottimale entro un range stabilito di intake di proteine, sotto il quale si arriva a un punto critico in cui l’equilibrio non è più raggiungibile e il bilancio diventa negativo. L’azoto che viene eliminato principalmente come urea attraverso l’emuntorio renale, ma anche sotto forma di altri prodotti con le feci e attraverso la pelle, proviene da proteine corporee tutte con funzioni biologiche, dal momento che non esistono proteine di riserva secondo il significato classico del termine. Questo evento spiega il motivo per cui è necessaria un’introduzione continua di proteine, non solo nella fase di accrescimento per la sintesi di nuovi tessuti, ma anche nell’età adulta, per il mantenimento e il ripristino di cellule e tessuti. Poiché esistono vari livelli di intake di proteine in grado di ripristinare l’equilibrio di azoto dopo un periodo di assestamento delle perdite o di guadagno, non esiste alcun livello ottimale di assunzione delle proteine, ma una fascia entro la quale ogni livello può essere considerato ottimale. Definire il fabbisogno proteico in termini numerici è molto difficile, non solo per l’importanza determinata dall’apporto di energia globale, ma soprattutto per diversi fattori che influenza-


integrazione alimentare_aminoacidi

no l’utilizzo delle proteine (digeribilità, composizione in aminoacidi, quota di azoto proteico globale, vitamine e sali minerali presenti nella dieta). Secondo i Larn (Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia), i fabbisogni proteici minimi sono stati ricavati dalle stime delle quantità di proteine di elevata qualità biologica necessarie al mantenimento della massa proteica dell’organismo (cioè utili per raggiungere un bilancio dell’azoto in equilibrio), in presenza di un adeguato apporto di energia, di una normale composizione corporea e di un appropriato livello di attività fisica. In tali condizioni le necessità proteiche dell’organismo sono ridotte al minimo, grazie all’azione delle componenti omeostatiche adattative sopra riportate. Il valore di fabbisogno proteico medio (AR) minimo per il soggetto adulto (1), uniformemente all’indicazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (2), è stato indicato come 0,66 g/ kg di peso corporeo/die; tale valore è identico sia per l’uomo che per la donna. Considerando una variabilità interindividuale non trascurabile, il fabbisogno è stato aumentato a 0,83 g/kg di peso corporeo/die per soddisfare il 98% dei bisogni della popolazione e infine, tenendo conto della dieta mista consumata, a un valore di 0,90 g/kg di peso corporeo/die (PRI = assunzione raccomandata per la popolazione). Fabbisogno degli aminoacidi essenziali

Sebbene in natura esistano centinaia di aminoacidi, solamente 20 sono coinvolti nella sintesi proteica dell’organismo umano. Alcuni, definiti aminoacidi essenziali (EAA) devono essere introdotti necessariamente con l’alimentazione, in quanto l’organismo non è in grado di sintetizzarli. Gli 8 aminoacidi essenziali nell’adulto sono valina, isoleucina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano, fenilalanina (9 sono quelli essenziali per il lattante, che richiede anche l’introduzione di istidina). Sono poi considerati semi-essenziali o conditionally essential, gli aminoacidi la cui sintesi può essere limitata in particolari condizioni fisiopatologiche come la prematurità neonatale o in condizioni di severo

tabella 1 - fabbisogno di aminoacidi essenziali in bambini e adulti Pattern di riferimento

Composizione di proteine alimentari

BAMBINI LATTE ADULTI UOVO CARNE FRUMENTO PRE-SCOLARI VACCINO Valina

42 39 66 23 47 47

Isoleucina

31 30 53 55 43 36

Leucina

63

Lisina

52 45 71 78 89 29

Metionina + Cistina

26

22

61

34

38

34

Fenilalanina + Tirosina

46

38

94

91

73

81

59 84 101 83 69

Treonina

27 23 50 47 41 31

Triptofano

7.4 6 16 14 10 11

Istidina

18 15 24 27 37 23

Confronto dei pattern di riferimento in aminoacidi dei bambini pre-scolari (1-2 anni) e degli adulti e composizione in aminoacidi di alcune proteine alimentari (dati espressi in mg di aminoacidi/g di proteina). Modificata da: Livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana (2014). Pattern di riferimento ricavati da: Protein and aminoacid requirements in human nutrition (Who, 2002). Composizione in aminoacidi degli alimenti tratto da: Tabelle di Composizione degli Alimenti (Carnovale e Marletta, 2000)

stress catabolico. Fra questi, degni di nota, cisteina e tirosina che, se introdotti come tali con la dieta, sono in grado di far risparmiare rispettivamente metionina e fenilalanina da cui derivano. Tutti gli altri aminoacidi possono prendere origine da una fonte anche molto semplice di azoto. Nel caso delle proteine, la quantità e il tipo di aminoacidi essenziali presenti definisce la qualità proteica: z le proteine di origine animale contengono tutti gli aminoacidi essenziali (proteine a elevato valore biologico); z le proteine di origine vegetale contengono quantità insufficienti o nulle di uno o più aminoacidi essenziali (proteine a basso valore biologico); z le proteine dei legumi contengono tutti gli aminoacidi essenziali ma sono carenti di aminoacidi solforati (proteine a medio valore biologico). Nel Rapporto Fao/Who del 1985 (3) sono riportati i diversi fabbisogni di riferimento degli aminoacidi essenziali in funzione dei gruppi di età. I diversi pattern sono stati ottenuti con il metodo del bilancio dell’azoto e sono stati revisionati nel 2002 (2). Come indicato in tabella 1, il fabbisogno degli EAA diminuisce con l’eottobre 2016

Professione Salute

33


integrazione alimentare_aminoacidi

Figura 2: ciclo dell’urea. Modificata da: I principi di biochimica di Lehninger (Nelson DL, Cox MM. Zanichelli, 2014)

tà; i bambini necessitano di maggiore quantità di aminoacidi essenziali, considerata la loro importanza nella fase di accrescimento. Integrazione di aminoacidi essenziali nella malnutrizione

La malnutrizione è uno stato di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo dell’organismo conseguente alla discrepanza fra fabbi34

Professione Salute

ottobre 2016

sogni, introiti e utilizzazione di nutrienti, tale da comportare un eccesso di morbilità e di mortalità o un’alterazione della qualità di vita (5). In presenza di malnutrizione per difetto, laddove l’alimentazione ordinaria non supplisce adeguatamente alle necessità individuali di macro e micronutrienti, le strategie di intervento nutrizionale prevedono verosimilmente l’utilizzo di integratori alimentari. Gli integratori proteici, in particolare, sono prodotti in cui l’energia fornita dalla componente proteica è nettamente prevalente rispetto all’apporto energetico totale e in cui l’indice chimico delle fonti proteiche impiegate deve essere pari a circa l’80% di quello delle proteine di riferimento (Fao/Who) e riportato dal Ministero della salute (6). L’integrazione di EAA con particolare riguardo alla leucina (7) permette all’organismo di promuovere la sintesi proteica muscolare, invertendo la direzione metabolica dell’organismo da una fase di catabolismo che invece predispone alla perdita di massa muscolare. Quando la perdita di massa muscolare e la conseguente perdita di forza è accompagnata da una compromissione della funzionalità muscolare e funzioni fisiche si parla di sarcopenia. La sarcopenia è un fenomeno fisiologico che si sviluppa con l’avanzare dell’età; un’alimentazione inadeguata, povera in proteine, la diminuzione dell’attività fisica, la scarsità di movimento e soprattutto l’assenza di carichi di forza sul muscolo rappresentano i fattori aggravanti di una perdita progressiva della massa muscolare e della forza (8). La supplementazione orale è chiaramente raccomandata (livello di evidenza A) per garantire l’assunzione di energia, proteine e micronutrienti, mantenere o migliorare lo stato nutrizionale e migliorare la sopravvivenza nei pazienti malnutriti o a rischio di malnutrizione (9). L’uso di integratori specifici, che hanno come obiettivo il raggiungimento di un bilancio azotato positivo, è stato ampiamente indagato in soggetti anziani valutando gli esiti sull’aumento della massa


integrazione alimentare_aminoacidi

muscolare e della forza, soprattutto in seguito all’esercizio fisico. L’utilizzo di proteine piuttosto che di prodotti a base di aminoacidi essenziali ha mostrato delle notevoli differenze. Si è riscontrata una maggior efficacia nell’incremento della sintesi proteica proprio a favore degli EAA, anche in assenza di attività fisica. In particolare è emerso il ruolo della leucina quale fattore positivo del recupero muscolare: diversamente dai giovani, infatti, nei soggetti anziani la presenza di una maggiore concentrazione di leucina sembra essere fondamentale per avere significative risposte di stimolo sulla sintesi proteica muscolare (8,10). Inoltre non bisogna tralasciare l’importante impegno metabolico in primis del fegato e, a seguire, del rene nel processo di smaltimento dell’urea derivante dai gruppi amminici in eccesso, situazione questa di rilievo per una proteina e decisamente meno evidente per un formulato di EAA con rapporti stechiometrici ricercati appositamente a indirizzare l’organismo verso la sintesi proteica. In sinergia a ciò l’ornitina gioca un ruolo chiave nello smaltimento dell’urea facilitando appunto il ciclo dell’urea stessa (fig. 2) (11). Negli ultimi tempi l’ornitina sta assumendo sempre più importanza, grazie a indagini che mostrano un suo coinvolgimento in varie vie metaboliche, fisiologiche e ormonali. In particolare l’ornitina è in grado di svolgere un importante ruolo anticatabolico nel trattamento di gravi patologie, come ustioni, forti traumi e cachessia, dove contribuisce a ottimizzare i processi di sintesi proteica. Considerando che, da un punto di vista biochimico e metabolico, il muscolo rappresenta un’importante riserva di proteine, è inevitabile che queste, in condizioni di stress metabolico da evento acuto, vengano metabolizzate in aminoacidi, substrati determinanti per conservare attività essenziali per la sopravvivenza come l’immunocompetenza, la funzione di sintesi del fegato, l’integrità intestinale, il rimodellamento del miocardio e del polmone (12) e l’in-

Figura 3: escrezione dell’azoto proteico in relazione allo stress metabolico subito. Modificata da: Nutrition and metabolism in patient care (Kinney JM et al, 1988)

tensa attività di sintesi proteica del cervello. Ci sono poi altre condizioni che possono condurre a una perdita di massa magra, anche se non necessariamente con stati ipercatabolici così gravi da causare sarcopenia. Sarebbe auspicabile, in questi casi, un’integrazione mirata di EAA per incentivare il ripristino della massa muscolare persa o, prima ancora, per evitare che si riduca (prevenzione). Per esempio è stato descritto che, nella broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), condizione in cui la malnutrizione è soprattutto caratterizzata da perdita di massa magra e associata a peggioramento della funzionalità respiratoria, la supplementazione orale di specifiche miscele di EAA in pazienti anziani è in grado di evitare la diminuzione ponderale tipica dei soggetti affetti da patologie polmonari croniche e di incidere positivamente sulla tolleranza allo sforzo, sul consumo di ossigeno e sulla produzione di energia (13). Inoltre, la supplementazione con aminoacidi essenziali si è dimostrata un valido supporto per soggetti anziani con fratture dell’apparato scheletrico sottoposti a un decorso posttraumatico e post-chirurgico, considerando l’elevata perdita di azoto proteico in condizioni di stress metabolico (fig. 3) (14). Le fratture inducono uno stato flogistico-catabolico generale che riduce la prognosi funzionale ottobre 2016

Professione Salute

35


integrazione alimentare_aminoacidi

Bibliografia 1. SINU Società Italiana di Nutrizione Umana. LARN, Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana, IV revisione. Milano: SICS Editore, 2014. 2. World Health Organisation. Protein and aminoacid requirements in human nutrition. Report of a Joint FAO/WHO/UNU Meeting, Technical Report Series n. 935, WHO, Geneva, 2002. 3. World Health Organisation “Energy and Protein Requirements” Report of a Joint FAO/WHO/UNU Meeting, Technical Report Series n. 724, WHO, Geneva, 1985. 4. Carnovale E, Marletta L. Tabelle di Composizione degli Alimenti - Aggiornamento 2000 INRAN - ed. EDRA. 5. ASPEN. Board of Directors: Definition of terms used in ASPEN Guidelines and Standards. JPEN 19, 1-2, 1995. 6. Ministero della salute. Circolare 30 novembre 2005, n. 3. Linee guida sulla composizione, etichettatura e pubblicità dei prodotti dietetici per sportivi. Gazzetta Ufficiale N. 287 del 10 Dicembre 2005). 7. Schiaffino S, Reggiani C. Fiber types in mammalian skeletal muscles. Physiol Rev. 2011 Oct;91(4):1447-531. 8. Santilli V, Bernetti A, Mangone M, Paoloni M. Clinical definition of sarcopenia. Clin Cases Miner Bone Metab. 2014 Sep;11(3):177-80. 9. ESPEN (European Society for Parenteral and Enteral Nutrition). ESPEN Guidelines on Enteral Nutrition: Geriatrics. Clin Nutr. 2006 Apr;25(2):330-60. 10. Burd NA, Gorissen SH, van Loon LJ. Anabolic resistance of muscle protein synthesis with aging. Exerc Sport Sci Rev. 2013 Jul;41(3):169-73. 11. Nelson DL, Cox MM. I principi di biochimica di Lehninger. Sesta edizione (ristampa 5), p. 721. Zanichelli, 2014. 12. Aquilani R, La Rovere MT, Febo O, Baiardi P, Boschi F, Iadarola P, Viglio S, et al. Lung anabolic activity in patients with chronic heart failure: potential implications for clinical practice. Nutrition. 2012 Oct; 28(10): 1002-1007. 13. Venturelli E, Lorenzi C, Ghidoni M, Kidonias N, Bortolotti L, Iattoni R, Lugli D, Lucic S, Prato F, Ara N, Clini E. Effetti di un intervento di supplementazione nutrizionale nella riabilitazione di pazienti BPCO con sarcopenia: studio ongoing. Rivista Italiana

36

Professione Salute

ottobre 2016

e determina un’aumentata richiesta di apporto aminoacidico, sia per la riduzione della sintesi proteica sia per un aumentato fabbisogno. L’utilità della supplementazione è stata evidenziata soprattutto sulla concentrazione sierica della proteina C reattiva, come indicatore di infiammazione, che sulla conta linfocitaria, come indicatore di risposta antiflogistica e immunologica (15). Una perdita di massa muscolare può anche avvenire durante l’adozione di regimi ipocalorici, in particolare durante diete vegane o vegetariane squilibrate durante le quali può risultare insufficiente l’apporto di aminoacidi essenziali. Sebbene in una dieta vegana sia possibile ottenere un adeguato intake di proteine e di tutti gli aminoacidi essenziali attraverso il consumo giornaliero di legumi, tofu, seitan, amaranto, quinoa, semi di zucca e semi di lino, si tratta comunque di un obiettivo piuttosto difficile da raggiungere. In una recente pubblicazione è stato evidenziato che i soggetti che adottano un regime vegano hanno un intake significativamente più basso di lisina, metionina e triptofano rispetto a regimi onnivori e vegetariani (16), con una possibile compromissione dello stato di nutrizione di quelle frange della popolazione più fragili per età o condizioni fisiopatologiche. Analoghe situazioni di malnutrizione proteica si possono riscontrare in soggetti con cattive abitudini alimentari, con diete fortemente sbilanciate o in maggior misura in pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia). Pertanto un’integrazione specifica potrebbe verosimilmente rappresentare un valido supporto per compensare quelle condizioni carenziali croniche e spesso subcliniche che comportano a lungo termine una compromissione dello stato nutrizionale del soggetto. Caratteristiche peculiari di un preparato stechiometrico di EAA

I nutrienti maggiormente implicati nella prevenzione della sarcopenia sono le proteine.

Il muscolo necessita di un rapporto appropriato di equilibrio tra sintesi e degradazione di proteine nelle cellule, che viene soddisfatto da un adeguato intake giornaliero. In numerosi casi la sola alimentazione non è sufficiente e le evidenze suggeriscono un possibile effetto positivo dell’integrazione con aminoacidi essenziali. L’utilizzo di un nutraceutico ad alto razionale scientifico finalizzato al raggiungimento del fabbisogno di azoto è opportuno in tutte quelle condizioni di perdita di massa muscolare, fisiologica o patologica. In presenza di sarcopenia ancora di più si evidenzia l’azione di contrasto effettuata da un’adeguata posologia di EAA. Una formulazione aminoacidica deve necessariamente tenere conto del rispetto delle note ministeriali vigenti (17), così come di un’etichettatura chiara e ben leggibile che indichi anche la quota di azoto derivante dagli aminoacidi, mediante il calcolo del fattore di conversione 6,25. Il dosaggio consigliato di un integratore di EAA è quello in grado di fornire il livello di 5 g di aminoacidi a catena ramificata (BCAA) come somma dell’aggiunta di leucina, isoleucina e valina (rapporto 2:1:1), riproducendo un valido riferimento per l’apporto massimo giornaliero di un soggetto adulto. Nelle proteine alimentari solo il 15% circa degli aminoacidi è rappresentato da aminoacidi ramificati; quindi, per ottenere un apporto adeguato di BCAA con gli alimenti tradizionali sarebbero necessarie quantità molto elevate di alimenti proteici, con conseguente affaticamento digestivo e metabolico. Tali aminoacidi vengono usati come fonte di energia alternativa durante sforzi prolungati e intensi, quindi sono comunemente indicati negli individui ad alto anabolismo proteico (atleti) ma sono anche una fonte ottimale per costruire nuove strutture all’interno delle cellule e per sostenere il metabolismo aminoacidico eventualmente compromesso nei periodi di digiuno o di aumentato fabbisogno (anziano, stati ipercatabolici). Va infatti sottolineato che il cataboli-


integrazione alimentare_aminoacidi

smo degli aminoacidi avviene maggiormente nel fegato, mentre i BCAA vengono metabolizzati direttamente nel muscolo, nel tessuto adiposo, nel rene e nel cervello, grazie a un’aminotrasferasi, capace di produrre i corrispondenti chetoacidi. Per quanto riguarda gli aminoacidi ramificati, la leucina risulta l’aminoacido più importante ed il più indagato in quanto in grado di fornire l’input del metabolismo muscolare nel contesto delle fibrocellule muscolari scheletriche. Oltre a ciò, all’interno del citosol, una percentuale seppur minima di leucina viene metabolizzata in beta-idrossi-metil-butirrato (HMB) che procura un effetto anticatabolico insulino-indipendente, a cui si attribuisce un effetto anticatabolico per lo stimolo diretto sull’insulina (18). La dose raccomandata di leucina è pari a quella in grado di ridurre significativamente le perdite di proteine a livello muscolare e favorirne in maniera pronunciata la neo-sintesi. Nella formulazione di un composto a base di EAA, la cistina, pur non appartenendo agli EAA, è necessaria per la biosintesi del glutatione, della cui attività biologica è responsabile il gruppo tiolico (-SH) della cisteina stessa. Il glutatione, un tripeptide formato oltre che da cisteina anche da glutammato e glicina, partecipa direttamente alla neutralizzazione cellulare dei radicali liberi, dei composti reattivi dell’ossigeno e contribuisce alla riduzione delle vitamine C ed E, mantenendole in uno stato attivo (19). Studi sperimentali sull’uomo hanno evidenziato come una supplementazione orale di cistina sia in grado di migliorare la produzione di anticorpi in soggetti anziani, sottoposti a vaccino anti-influenzale (20). Degna di nota è anche la possibile azione sinergica di fonti vitaminiche, specialmente del complesso B, che svolgono il ruolo di coenzima in numerose reazioni metaboliche. In particolare le vitamine B1 (tiamina) e B6 (piridossina), cofattori essenziali nel metabolismo degli aminoacidi, dovrebbero tener conto dei

livelli di riferimento riportati dai Larn 2014 per un soggetto adulto: 1200 mg/die (1100 mg/die per la donna) per la B1 e 1300 mg/ die (1500 e 1700 mg/die rispettivamente per la donna e l’uomo sopra ai 60 anni) per la B6. La vitamina B1 è cofattore delle deidrogenasi degli α-chetoacidi a catena ramificata, che in questo modo vengono ossidati e trasformati in derivati legati al coenzima A, quindi condotti nel ciclo di Krebs. La vitamina B6 invece ha un ruolo nella sintesi e nel catabolismo degli aminoacidi, dal momento che non solo accompagna il trasferimento del gruppo amminico dagli α-aminoacidi agli α-chetoacidi da parte delle aminotransferasi, ma è anche cofattore degli enzimi decarbossilasi che eliminano una molecola di CO2 dagli aminoacidi con formazione di ammine. In questo modo si formano importanti neurotrasmettitori nel sistema nervoso come serotonina, istamina e dopamina a partire da triptofano, istidina e DOPA. Conclusioni

In merito a quanto finora descritto, è riconosciuto che l’assunzione di aminoacidi essenziali in forma libera rispetto alle proteine alimentari risulta più efficiente sulla sintesi proteica in quanto gli EAA sono meglio utilizzati dal tessuto muscolare, specie nel soggetto anziano (21). Essi, oltre ad avere una clearance plasmatica più veloce, non hanno bisogno di digestione gastroenterica e quindi raggiungono il tessuto muscolare simultaneamente e nel più breve tempo possibile, innescando un’attività anabolica immediata. Inoltre in condizioni particolari come nelle patologie renali, insufficienza renale acuta (IRA) o insufficienza renale cronica (IRC), è di fondamentale importanza l’utilizzazione del giusto dosaggio proteico, ma non va dimenticato che il 60-80% di queste proteine deve essere ad alto valore biologico. Questo può essere ovviato da un apporto adeguato di EAA che contrasti la degradazione proteica, prevenendo lo stato catabolico di tali patologie (22). n

di Fisioterapia e Riabilitazione Respiratoria. 2015 Jan-Apr; I: 14-22. 14. Kinney JM, Jeejeebhoy KN, Hill GL, Owen OE. Nutrition and metabolism in patient care. Philadelphia: WB Saunders, 1988: 35-59. 15. Frustaglia A, Zuccarelli GC, Amato G, Comi E, Catani M, Meani P, Ferrari P, Del Vecchio C, Sacco S, Rutili C, Pisano P. Gli aminoacidi nella riabilitazione del trauma scheletrico premessa per un recupero più rapido. Eur Med Phys 2008; 44 (Suppl. 1 to No. 3). 16. Schmidt JA, Rinaldi S, Scalbert A, Ferrari P, Achaintre D, Gunter MJ, Appleby PN, Key TJ, Travis RC. Plasma concentrations and intakes of amino acids in male meat-eaters, fish-eaters, vegetarians and vegans: a crosssectional analysis in the EPIC-Oxford cohort. Eur J Clin Nutr. 2016 Mar; 70(3): 306-312. 17. Ministero della Salute, Circolare 7 giugno 1999, n. 8. Linee guida sugli alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.135 del 11 Giugno 1999. 18. Wilkinson DJ, Hossain T, Hill DS, Phillips BE, Crossland H, Williams J, Loughna P, Churchward-Venne TA, Breen L, Phillips SM, Etheridge T, Rathmacher JA, Smith K, Szewczyk NJ, Atherton PJ. Effects of leucine and its metabolite β-hydroxy-βmethylbutyrate on human skeletal muscle protein metabolism. J Physiol. 2013 Jun; 591(11): 2911-2923. 19. Rimaniol AC, Mialocq P, Clayette P, Dormont D, Gras G. Role of glutamate transporters in the regulation of glutathione levels in human macrophages. Am J Physiol Cell Physiol. 2001 Dec; 281(6): C1964-1970. 20. Miyagawa K, Hayashi Y, Kurihara S, Maeda A. Co-administration of l-cystine and l-theanine enhances efficacy of influenza vaccination in elderly persons: nutritional status-dependent immunogenicity. Geriatr Gerontol Int. 2008 Dec; 8(4): 243-250. 21. Paddon-Jones D, Sheffield-Moore M, Zhang XJ, Volpi E, Wolf SE, Aarsland A, Ferrando AA, Wolfe RR. Amino acid ingestion improves muscle protein synthesis in the young and elderly. Am J Physiol Endocrinol Metab. 2004 Mar; 286(3): E321-328. 22. Dietologia. Il Manuale della Mayo Clinic. Alimentazione normale e terapia dietetica per gli adulti. Edizione italiana a cura di Bruna Santini e Franco Balzola. Centro Scientifico Editore. Settima Edizione, 1999.

ottobre 2016

Professione Salute

37



farmacologia_FARMACI BIOSIMILARI

Simili ma non uguali: le opportunità dei biosimilari Oltre a rappresentare un’occasione per il sistema sanitario in termini di sostenibilità economica, lo sviluppo e l’utilizzo dei farmaci biosimilari favorirebbero l’accesso di tutti i pazienti alle nuove opzioni terapeutiche

M

edicinali simili per qualità, efficacia e sicurezza ai prodotti biologici originatori di riferimento e non più soggetti a copertura brevettuale: è la definizione dei farmaci biosimilari data nel Concept Paper che l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha dedicato a questo tema. Giunto alla seconda edizione, dopo quella del maggio 2013, il documento rappresenta la posizione preliminare dell’agenzia regolatoria, rivista alla luce delle evidenze emerse dall’utilizzo dei biosimilari e dall’evoluzione del mercato. Sul tema sussistono controversie tra gli esperti e incomprensioni da parte della gente comune, a partire dal fatto che non è generalmente noto che cosa siano davvero i biosimilari. Il primo equivoco è quello che tende ad assimilarli ai generici: in realtà il biosimilare e il suo farmaco di riferimento (chiamato spesso “originatore”) sono ottenuti attraverso processi produttivi diversi, anche se ne condividono le indicazioni terapeutiche e dovrebbero garantire la stessa ef-

ficacia, qualità e sicurezza. Tuttavia, come ben spiega l’Aimac, l’Associazione italiana dei malati di cancro, a cui alcuni dei biosimilari sono destinati, «a differenza dei farmaci tradizionali, i cui generici sono considerati identici ai loro farmaci di riferimento e quindi autorizzati alla vendita con procedure semplificate, la complessità della struttura dei farmaci biologici e le metodiche di produzione diverse possono determinare alcune differenze tra un biosimilare e il suo farmaco di riferimento: differenze lievi, che possono tuttavia causare potenziali variazioni in termini di efficacia, immunogenicità, sicurezza, indicazioni d’uso». Per queste ragioni, sia in Europa che negli Stati Uniti, i test preliminari e le procedure di autorizzazione previste per i biosimilari sono diversi, più lunghi e molto più approfonditi rispetto a quelli relativi ai farmaci generici. Risulta così particolarmente significativo l’impegno dell’Aifa nell’emissione del secondo Position paper, peraltro sottoposto prima della ratifi-

di Renato Torlaschi

ottobre 2016

Professione Salute

39


farmacologia_FARMACI BIOSIMILARI

ca ai cittadini, agli operatori, alle aziende e alle associazioni interessati, che sono stati invitati a mandare le proprie opinioni, commenti e suggerimenti. La nostra agenzia regolatoria ha assunto un atteggiamento di grande apertura: pur considerando che la scelta di trattare un paziente con un farmaco biologico di riferimento o con un biosimilare rimane una decisione clinica affidata al medico prescrittore, l’Aifa «considera che i biosimilari costituiscono un’opzione terapeutica il cui rapporto rischio-beneficio è il medesimo di quello dei corrispondenti originatori di riferimento, come dimostrato dal processo regolatorio di autorizzazione. Tale considerazione vale anche per i pazienti già in cura, nei quali l’opportunità di sostituzione resta affidata al giudizio clinico». E, nelle conclusioni del secondo Concept paper, ribadisce che «lo sviluppo e l’utilizzo dei farmaci biosimilari rappresentano un’opportunità essenziale per l’ottimizzazione dell’efficienza dei sistemi sanitari e assistenziali, avendo la potenzialità di soddisfare una crescente domanda di salute, in termini sia di efficacia e di personalizzazione delle terapie sia di sicurezza d’impiego».

Classificazione dei biosimilari

Data la specificità di ogni farmaco biosimilare, azzardarne una classificazione non è un compito semplice e una possibilità è quella di riferirsi alle tipologie dei farmaci biologici di riferimento. Sul mercato, da un paio di decenni, tra i farmaci biologici più importanti figurano prodotti ormonali, immunomodulanti, fattori della coagulazione del sangue, enzimi destinati a trattare diverse malattie, vaccini per prevenirne altre e anticorpi monoclonali, talmente rilevanti questi ultimi che c’è chi semplifica la classificazione considerando solo due categorie: i biosimilari di anticorpi monoclonali e tutti gli altri. Questi anticorpi, dotati di un’elevata specificità verso un determinato antigene e realizzati con tecniche di ingegneria genetica, hanno un alto peso molecolare e una struttura chimica complessa. Si tratta di particolarità che si riflettono direttamente su un processo produttivo a sua volta più impegnativo, su una valutazione di efficacia clinica e infine un utilizzo molto delicati. Eppure le loro potenzialità terapeutiche sono tali da essere ormai entrati negli standard terapeutici per la cura di molti tumori, tra cui i big killer del colon e della mammella. Farmaci biosimilari: la normativa vigente in Europa

farmaci biOLOgici e farmaci biotecnologici: di cosa parliamo Farmaci biologici I farmaci di riferimento dei biosimilari sono quelli biologici. L’Agenzia europea per i medicinali definisce medicinale biologico «quello che contiene una o più sostanze attive derivate da una fonte biologica; alcune di queste sostanze attive possono essere già presenti nell’organismo umano, ad esempio proteine come l’insulina, l’ormone della crescita e l’eritropoietina. I medicinali biologici sono molecole più grandi e più complesse rispetto ai medicinali non biologici. Soltanto gli organismi viventi sono in grado di riprodurre tale complessità». Insomma, i farmaci biologici funzionano come le proteine prodotte dall’organismo; il processo produttivo è particolarmente complesso e ne determina l’unicità e le caratteristiche. Per questo

40

Professione Salute

ottobre 2016

motivo le agenzie regolatorie devono controllare con molta precisione tutta la filiera di produzione e distribuzione prima di autorizzare la commercializzazione di ogni farmaco biologico. Farmaci biotecnologici Riportiamo in questo caso la definizione dell’Istituto superiore di sanità: «I farmaci biologici sono spesso prodotti mediante complessi processi di purificazione a partire da estratti crudi, ma sempre in maggior misura vengono anche prodotti mediante l’impiego della tecnologia del Dna ricombinante, che consente di disporre di grandi quantità di materiale a grado di purezza costante ed elevato: si parla in questo caso di farmaci biotecnologici».

A valutare la biosimilarità nei Paesi dell’Unione europea è chiamata l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, attraverso una procedura centralizzata, e la sua autorizzazione alla commercializzazione vale per tutti gli Stati membri. L’Agenzia ha già emesso numerose linee guida e già diversi aggiornamenti sui biosimilari, quattro di carattere generale e undici su farmaci specifici: gli anticorpi monoclonali, le eparine a basso peso molecolare, le eritropoetine, i fattori di crescita, l’insulina, l’interferone alfa e beta, l’ormone follicolo-stimolante e la somatropina; altre sette hanno invece approfondito alcuni aspetti particolari dei farmaci biotecnologici. In una di queste linee guida si afferma che un nuovo biosimilare, per essere approvato, deve dimostrare di avere una similar nature del bio-


farmacologia_FARMACI BIOSIMILARI

logico di riferimento e si parla spesso in questo contesto di comparabilità. Ciò implica, ad esempio che l’azienda che produce il biosimilare dovrà fornire all’agenzia regolatoria europea le medesime informazioni che a suo tempo erano state prodotte per gli altri farmaci a cui appartiene l’originatore, giustificando ogni differenza con studi e comunque previo accordo con l’Ema stessa. La comparabilità è accertata a partire dagli studi di qualità che analizzano gli aspetti fisico-chimici e biologici, proseguendo con gli studi comparativi non clinici e infine da quelli clinici che hanno il compito di accertare sui pazienti l’efficacia e la sicurezza. Dopo che il biosimilare è stato approvato centralmente, sono le autorità nazionali dei Paesi membri dell’Unione a governarne l’utilizzo clinico e definirne le regole di prescrizione. Una delle scelte può distinguere le modalità di applicazione a seconda che si tratti di pazienti già in cura con il biologico di riferimento oppure dei cosiddetti naïve, mai trattati in precedenza con medicinali biologici. Per questi ultimi è generalmente accettata l’opportunità di utilizzare i biosimilari, in quanto non esistono ragioni scientifiche per privilegiare l’originatore. Per i pazienti già in trattamento con un dato farmaco, l’originatore o un altro biosimilare, non si possono stabilire automatismi e ogni caso va valutato a sé, ma il passaggio al biosimilare non deve essere escluso a priori e le considerazioni economiche hanno un loro peso. Per esempio, nel documento di indirizzo emesso dalla Regione Emilia Romagna, si stabilisce che «nell’ambito di un migliore utilizzo delle risorse deve essere valutata la possibilità di passare dal medicinale di riferimento al biosimilare anche nei pazienti già in trattamento, auspicabilmente attraverso una condivisione col paziente stesso». Anche l’Aifa apre a questa possibilità: nel Position paper del 2013, si affermava che i farmaci biosimilari sono da preferire, qualora costituiscano un vantaggio economico, «in particolare per il trattamento dei soggetti naïve (che non abbiano avuto precedenti esposizioni terapeutiche o per i quali le precedenti esposizioni in base al giudizio del clinico siano sufficientemente distan-

ti nel tempo)», mentre nel documento emesso quest’anno è scomparso ogni riferimento che differenzia questi pazienti dagli altri. Una risorsa per il Sistema sanitario nazionale

Anche se concettualmente sono diversi dai farmaci generici, ai biosimilari si applicano spesso considerazioni analoghe dal punto di vista economico. Il riferimento in questo caso sono i farmaci biologici, che affiancano un’efficacia terapeutica talvolta eccellente a costi di produzione particolarmente elevati. Dopo una spending review che non si è mai davvero conclusa e in uno scenario in cui le risorse per la sanità appaiono sempre minori rispetto ai problemi che richiedono di essere affrontati, i biosimilari potrebbero aiutare la sostenibilità del sistema sanitario, oltre a rendere possibile l’accesso ai farmaci di tipo biologico a molti – si spera tutti – i pazienti che ne hanno bisogno. Come spiega l’Aifa, «la commercializzazione dei farmaci biosimilari può contribuire a migliorare l’accesso ai farmaci in due modi: in primo luogo i biosimilari possono rendere farmaci biologici poco accessibili, perché ad alto costo, più sostenibili e fruibili, innescando meccanismi di competitività dei mercati che determinano riduzione dei prezzi; in secondo luogo, i risparmi generati dall’utilizzo dei biosimilari possono contribuire al finanziamento di nuovi farmaci, anche biotecnologici, rendendo sempre più accessibile l’innovazione terapeutica». n ottobre 2016

Professione Salute

41



salute e benessere_pidocchi

Pediculosi del capo, dalla diagnosi al trattamento In autunno con la ripresa delle normali attività scolastiche e ludiche ritornano anche le infestazioni da pidocchi, favorite dall’inevitabile scambio di oggetti tra i più piccoli. Vediamo quali sono i metodi più efficaci per allontanare i minuscoli parassiti e ridurre il rischio di contagio

P

er i genitori dei bambini che frequentano asili e scuole, i pidocchi sono un problema reale sempre in agguato. In molti ci sono già passati e sanno quanto sia difficile debellare i pidocchi dalla teste dei propri figli o prevenire le reinfestazioni. Ma nonostante l’estrema diffusione, spesso regna ancora un grande confusione sull’argomento e molti sono i luoghi comuni che il farmacista può contribuire a sfatare. Bisogna chiarire come prima cosa che i pidocchi non sono sinonimo di scarsa igiene o trascuratezza e possono colpire persone di tutti i ceti sociali. Eliminare questi pregiudizi è il primo passo verso il riconoscimento del problema, punto cardine che consente a genitori e organi scolastici di mettere in pratica tutta una serie di misure preventive atte a limitarne la diffusione.

Riconoscere i pidocchi

di Rachele Villa

L’infestazione da pidocchi (pediculosi) è causata dalla presenza di piccoli parassiti che si nutrono pungendo la parte del corpo colpita, succhiando il sangue e generando una sensazione di forte prurito che dà ottobre 2016

Professione Salute

43


salute e benessere_pidocchi

so comune di effetti personali come pettini, spazzole, cappelli o cuscini.

come limitare il rischio di contagio Ecco una serie di precauzioni da consigliare al paziente per ridurre il rischio di trasmissione dei pidocchi. z Evitare lo scambio tra i bambini di effetti personali come cappelli, spazzole e pettini, asciugamani, fermagli per capelli. Nel caso il bambino frequenti una palestra, sarebbe opportuno l’utilizzo

approfondimenti I pidocchi possono annidarsi anche tra le ciglia e sopracciglia. In questo caso per la rimozione di parassiti e uova si possono utilizzare le pinzette, avendo l’accortezza di applicare della vaselina prima di intervenire e trattare la zona con pomata all’ossido giallo di mercurio all’1%.

44

Professione Salute

ottobre 2016

di un armadietto personale.

z Ispezionare di frequente la testa del bambino, soffermandosi in particolare nelle zone della nuca e dietro le orecchie. z In caso di infestazione scolastica, è buona norma procedere a un accurato controllo sistematico di tutti i membri della famiglia.

luogo a grattamento. Ne esistono di vari tipi, ma quelli che interessano l’uomo sono in sostanza tre: il pidocchio del capo (Pediculus humanus capitis), senza dubbio il più diffuso, quello del corpo (Pediculus humanus corporis) e quello del pube (Phthirus pubis). I pidocchi del capo sono riconoscibili per il colore grigiastro, che spesso li aiuta a mimetizzarsi tra i capelli, hanno un corpo appiattito di piccole dimensioni (1-2 mm), senza ali, e presentano zampe dotate di uncini che permettono loro di attaccarsi saldamente al cuoio capelluto dell’ospite. Si riproducono deponendo grandi quantità di uova (lendini): basti pensare che la femmina del pidocchio nelle sue 3 settimane di vita può deporre fino a 300 uova, che si schiudono nel giro di un 7-10 giorni. Le lendini si concentrano soprattutto nelle zone dietro le orecchie e dietro la nuca e assomigliano a minuscoli puntini bianchi o marrone chiaro, di forma allungata, traslucidi; anche se a prima vista potrebbero essere scambiate per semplice forfora, non bisogna farsi trarre in inganno da questa somiglianza: a differenza di quest’ultima, infatti, le uova sono fortemente attaccate ai capelli da una sostanza collosa. I pidocchi sono parassiti e come tali non possono vivere a lungo lontani dal loro ospite, se allontanati dal cuoio capelluto non sopravvivono più di 2-3 giorni. Il passaggio da una testa all’altra avviene sostanzialmente in due modi, con contatto diretto (testa a testa) oppure in modo indiretto attraverso l’u-

Come intervenire

In caso di infestazione bisogna intervenire tempestivamente. Prima di tutto va eseguita un’attenta ispezione di tutta la testa, da effettuare in un ambiente ben illuminato aiutandosi con un pettinino a denti fitti e una lente di ingrandimento. Può essere utile eseguire il controllo su una superficie bianca (un asciugamento o un fazzoletto bianco possono andare bene) in modo da individuare più facilmente uova e pidocchi vivi. Il pettine poi va ripulito a ogni passata. Se questa operazione conferma la presenza di pidocchi, è opportuno avvisare subito la scuola o l’asilo, così come amici e parenti, per consentire l’applicazione di norme preventive o trattamenti adeguati. Successivamente va effettuato il trattamento con uno prodotto specifico su indicazione del medico pediatra. Dopo il trattamento deve essere ripetuta un’accurata ispezione del capo, ripassando ciocca dopo ciocca tutta la testa con l’ausilio di uno speciale pettinino a denti stretti, partendo dalla radice verso punte per rimuovere il maggior numero di uova e parassiti morti. Tale operazione può richiedere molto tempo e pazienza ma è fondamentale che venga ese-


salute e benessere_pidocchi

guita in modo scrupoloso per ottenere buoni risultati. Il trattamento deve essere ripetuto dopo 8 giorni, trascorso questo arco di tempo si consiglia l’uso frequente di un pettine a denti fitti per rimuovere eventuali lendini rimaste. Il drastico taglio dei capelli è inutile, a differenza di quanto si pensava in passato, e rischia solo di creare disagio nel bambino. Dopo un adeguato trattamento eseguito in modo scrupoloso, è possibile la riammissione a scuola del bambino. Per disinfettare gli effetti personali si procederà a un lavaggio ad alte temperature di lenzuola e abiti e di tutti quegli oggetti venuti a contatto con il bambino infestato da pidocchi (come giochi, pettini, cuscini, elastici o fermagli per capelli ad esempio), in alternativa se si tratta di oggetti non lavabili è possibile lasciarli all’aria aperta per almeno 48 ore, in questo modo i pidocchi lontani dal cuoio capelluto non sopravviveranno. Trattamenti contro la pediculosi di prima e di seconda scelta

La terapia della pediculosi deve essere effettuata su indicazione del medico o del pediatra solo dopo accertamento dell’effettiva infestazione da parte del parassita. Il trattamento si compone di farmaci abbinati a una terapia fisica con pettinino a denti stretti dopo ogni applicazione, per asportare uova e pidocchi morti. È opportuno ricordare al paziente che i rimedi contro la pediculosi disponibili in commercio non hanno alcun effetto preventivo, per cui non è garantita nessuna protezione da eventuali reinfestazioni. La permetrina è uno dei prodotti più efficaci: si tratta di una combinazione di isomeri delle piretrine (sostanze contenute nel piretro, un estratto di fiori di Crisantemum Cinerariaefolium) che in genere elimina sia uova che pidocchi dalla prima applicazione. L’emulsione all’1% si applica sui capelli puliti, rimuovendola dopo 10 minuti risciacquando abbondantemente. Nella maggior parte dei casi

la permetrina è ben tollerata, anche se possono verificarsi delle reazioni cutanee locali. Se ne sconsiglia l’uso nei bambini di età inferiore ai sei mesi. Tra i trattamenti di prima scelta rientrano anche le piretrine naturali sinergizzate associate al piperonil butossido. Si tratta di prodotti ben tollerati, considerati tra i più sicuri, in genere venduti sotto forma di shampoo o mousse termosensibile, che tuttavia hanno un’efficacia limitata e non garantiscono l’eradicazione del problema. Il malathion è un antiparassitario organofosforico efficace contro pidocchi e lendini, utilizzabile nei bambini di età superiore ai sei anni. L’impiego di questo antiparassitario è da ritenersi di seconda scelta, quindi riservato ai casi di sospetta resistenza alla permetrina o alle piretrine. Si utilizza il gel allo 0,5% da applicare in modo uniforme sui capelli asciutti e puliti, lasciando agire per una decina di muniti prima di rimuovere il prodotto con un accurato lavaggio. Anche in questo caso si ottengono ottimi risultati con una sola applicazione. n ottobre 2016

Professione Salute

45



stili di vita_stress

Stress, quanto incide sulla salute fisica e psichica?

Q

uotidianamente ci si trova a dover fronteggiare molteplici situazioni potenzialmente stressanti, da un sovraccarico di impegni lavorativi e sociali, a un grande dolore; tutte condizioni che, se protratte o non adeguatamente gestite, possono influire negativamente sullo stato di salute psicofisico, con conseguente aumento del rischio di insorgenza di diversi disordini patologici. Fu il fisiologo viennese Hans Seyle che per primo, nel 1936, teorizzò l’ipotesi di correlazione tra stress e malattie, descrivendo i meccanismi fisiologici coinvolti nella genesi di alcune condizioni patologiche. Seyle introdusse la definizione di stress inteso come «risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta di cambiamento» e il concetto di sindrome generale di adattamento, intesa come la risposta biologica di un individuo a uno stimolo stressante che costituisce la base per spiegare numerose condizioni patologiche diffuse nell’era moderna. Se le richieste a cui ci sottopone l’ambiente circostante si mantengono a livelli accettabili e per periodi di tempo limitati, tale capacità funzionale allenerà e temprerà le nostre capacità psicofisiche di adattamento consentendoci di fronteggiare l’ambiente che ci circonda senza compromettere il nostro stato di salute. Tuttavia, in circostanze energicamente dispendiose, sia fisicamente che emotivamente, da gestire per lunghi periodi, la fisiologica risposta di adattamento allo stress (di qualsiasi natura e origine), costituirà un’attivazione disfunzionale, con progressiva perdita di risorse fisiche e psicologiche; condizione che costituisce terreno fertile per l’innesto di diverse patologie.

Complice il sempre più diffuso stile di vita frenetico e caotico, lo stress oggi rappresenta uno dei fattori di rischio maggiormente coinvolto (e studiato) nella genesi di numerose condizioni patologiche di tipo acuto e cronico

In questi casi possono insorgere numerosi disturbi psicosomatici quali tachicardia, palpitazioni, crisi anginose, gastralgie, attacchi d’asma, cefalea, dolori articolari e muscolari, perdita di capelli, tremori, astenia; disturbi psicopatologici, tra cui alterazioni dell’umo-

di Carla Carnovale

ottobre 2016

Professione Salute

47


stili di vita_stress

approfondimenti Tra le cause della psoriasi, oltre alla predisposizione genetica, si annoverano anche disordini psichici e stress. In particolare, il legame fra stress e psoriasi è collegato al rilascio da parte delle terminazioni nervose di alcune molecole che, interagendo con le mast cells, portano a un diretto aumento dell’infiammazione neurogenica.

48

Professione Salute

ottobre 2016

re e neurocognitive come difficoltà di concentrazione, perdita della memoria, scarsa concentrazione, reazioni fobiche, disfunzioni sessuali; disturbi comportamentali, tra cui un aumento del consumo alcolico e di farmaci, aumento del fumo, abuso di sostanze, disturbi dell’alimentazione, isolamento sociale. Disordini patologici indirettamente e direttamente influenzati dallo stress

Lo stress cronico, dunque derivante dal persistere nel tempo di più elementi stressogeni (eventi traumatici, condizioni ambientali, cognitivi, stili di vita) mette a dura prova l’organismo che, privato dalla naturale capacità di adattarsi, si indebolisce e diventa più vulnerabile alle infezioni, alle malattie e allo sviluppo di patologie autoimmuni. Ogni individuo reagisce in base alle caratteristiche e predisposizioni costituzionali, tuttavia gli apparati maggiormente colpiti comprendono il sistema cardiovascolare, nervoso, endocrino, gastrointestinale e immunitario. Lo stress della vita quotidiana rappresenta sicuramente uno dei fattori eziologici maggiormente coinvolti nell’insorgenza delle malattie cardiovascolari, dove influisce sia direttamente, attraverso meccanismi neuroendocrini, che in maniera indiretta, cioè favorendo la promozione di comportamenti non salutari. Difatti, lo stress oltre a essere direttamente implicato in un aumentato rischio di sviluppo di patologie cardiovascolari (angi-

na, coronaropatia, ipertensione), è in grado di favorire comportamenti e abitudini scorretti (aumentato consumo di alcol e fumo, riduzione dell’esercizio fisico), che rappresentano a loro volta importanti fattori di rischio per lo sviluppo di cardiopatie. Lo stress incide sul sistema neuro-endocrino, influenzando i livelli ormonali (soprattutto femminili) e modificando così la suscettibilità di alcune patologie neurologiche ed endocrine. Un esempio noto è l’emicrania, che ha una base psico-endocrina correlata alle modificazioni ormonali in corso del ciclo mestruale. Molti studi in merito indicano che gli eventi stressanti sono associati con l’insorgenza o l’esacerbazione di alcuni disturbi dell’apparato digerente, quali disturbi funzionali gastrointestinali, malattie infiammatorie, malattia da reflusso gastroesofageo, ulcera peptica e sindrome del colon irritabile. I meccanismi ipotizzati per spiegare questo fenomeno comprendono un’iperattività del sistema vegetativo e un’iperstimolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con conseguente produzione di cortisolo. Sebbene non sia possibile quantificare e correlare il grado di stress con i parametri immunologici noti, lo stress è coinvolto anche in un aumento dell’incidenza di difetti immunitari. Lo stress determina infatti modificazione di alcune citochine pro e antinfiammatorie coinvolte nella regolazione e produzione di anticorpi e di cellule preposte alle difese dell’organismo,


stili di vita_stress

QUATTRO tipi di stress

promuovendo indirettamente un’aumentata suscettibilità delle infezioni e il decorso di alcune malattie autoimmuni e allergiche. Lo stress può indirettamente rendersi responsabile inoltre di una maggiore suscettibilità ad alcune infezioni virali ti tipo endogeno, o alle loro recidive, come ad esempio le recidive di herpes simplex o zoster (Fuoco di Sant’Antonio) che sono spesso correlate allo stress psicofisico. Un altro esempio tipico di malattia immuno-mediata provocata dallo stress è l’alopecia aerata e alcune malattie autoimmuni che insorgono dopo periodi di forte stress psichico. Esempi di patologie strettamente e direttamente correlate allo stress, documentate sia dal punto di vista clinico che diagnostico, sono le malattie allergiche come l’asma bronchiale allergica e l’orticaria. In pazienti che hanno una base genetica allergica, le crisi asmatiche possono infatti essere scatenate direttamente dallo stress. Più della metà delle forme di orticaria idiopatica cronica sono causate da alterazioni psichiche che portano a importanti modificazioni dell’umore. Spesso nei periodi precedenti l’insorgenza di orticaria grave, il paziente documenta infatti problemi di forte stress psichico (lutto, separazioni, stress lavorativo, depressione o ansia). Ancora da chiarire è invece la correlazione tra lo stress lavoro-correlato e i disordini muscoloscheletrici che determinano uno stato persistente di tensione muscolare (dimostrato scientificamente tramite misurazioni elettro-

Gli elementi stressogeni sono molteplici, talvolta sottovalutati o mal interpretati. I più comuni sono rappresentati dagli stress metabolici, fisici, emotivi e ambientali. z Stress metabolici: comprendono uno scorretto stile di vita alimentare, come l’assunzione eccessiva di carboidrati serale o di cibi poco salutari o l’assunzione cronica e l’abuso di farmaci che richiedono un grosso impegno da parte per l’organismo per garantire i processi di eliminazione. z Stress fisici: tra tutti, l’eccesso o la scorretta attività fisica che, se non accompagnata a un adeguato tempo di recupero, rischia di provocare un eccessivo e pericoloso consumo di

risorse dell’organismo, soprattutto muscolari.

z Stress emotivi: circostanze lavorative, familiari o personali particolarmente difficili possono compromettere il corretto equilibrio ormonale e rendersi responsabili di un’alterazione del ciclo sonno-veglia, con conseguente insonnia, risvegli notturni e scarsa qualità del sonno. Inoltre anche traumi passati non completamente rielaborati, possono inconsciamente costituire importanti elementi altamente stressogeni. z Stress ambientali: inquinanti domestici, inquinamento acustico ed elettromagnetico, possono rendersi responsabili di malattie a essi correlate.

miografiche) che a sua volta provocherebbe un ridotto afflusso di sangue verso le estremità. Dati epidemiologici e dimensione del problema

Recenti dati indicano che il 70% dei decessi in Italia è legato a malattie causate da stress cronico, soprattutto malattie cronico-degenerative (patologie cardiovascolari, tumori, broncopneumopatie croniche ostruttive, cirrosi epatica, malattie intestinali). Tra i disturbi causati dallo stress, l’ipertensione, costituisce il fattore di rischio maggiormente preoccupante in quanto oltre alle patologie cardiovascolari, può essere causa di diabete e infarto. Dati in merito hanno rilevato che l’importo investito per la gestione delle terapie farmacologiche relative alle malattie causate da stress ha rappresentato in un solo anno più della metà della spesa sanitaria nazionale. In tutti i casi sopra discussi, il rimedio adottato nel momento in cui il disturbo si è manifestato, è comunque meno determinante rispetto alla prevenzione primaria; è dunque necessario identificare in tempo tutte le possibili cause di stress personale, lavorativo, ambientale e relazionale, così da gestire precocemente alterazioni psichiche che rappresentano la causa. n ottobre 2016

Professione Salute

49



salute e benessere_depressione

Depressione, dopo il cancro è la patologia più temuta Sottovalutata da un paziente su quattro, la depressione è uno dei disturbi dell’umore a più elevata comorbilità e rappresenta una delle principali cause di invalidità temporanea e permanente

L

a depressione ancora oggi continua a essere un tabù solo perché rientra nella categoria dei malesseri psichici: molto spesso, per vergogna, chi ne è affetto fatica a prenderne coscienza e con altrettanta difficoltà decide di rivolgersi a uno specialista. Invece, senza inutili imbarazzi di sorta, la depressione andrebbe curata con tempestività, alla stregua di tutte le altre patologie. L’insorgenza e lo sviluppo della malattia sono determinati da molteplici cause: ambientali, biologiche, di predisposizione genetica o legate a stress, malattie organiche e a farmaci assunti. Essendo più fattori concomitanti a portare alla comparsa del disturbo, in molti casi l’identificazione e la corretta diagnosi risultano complesse anche per uno specialista.

Per le donne l’incidenza è doppia

di Vincenzo Marra

Una recente indagine ha rilevato che la patologia depressiva in Europa interesserebbe il 13% della popolazione generale (4,5 milioni solo in Italia), con un rischio doppio di sviluppare il disturbo nelle donne rispetto al sesso maschile. L’intero ciclo di vita della donna sembra essere costellato dalla patologia: esiste infatti una depressione collegata al menarca o più semplicemente all’adolescenza, una relativa alla gravidanza e al post partum e una forma depressiva dovuta alla menopausa. Avendo riflessi sia sulla sfera dell’umore che su quella cognitiva, la depressione influenza pesantemente la qualità di vita dei pazienti, portando a una condizione clinica decisamente debilitante. ottobre 2016

Professione Salute

51


salute e benessere_depressione

Dal punto di vista economico tale disturbo rappresenta una delle patologie a più elevato impatto, anche a causa degli effetti che genera in termini di perdita di produttività. La depressione maggiore, la cui incidenza è in continua crescita, ha un costo totale pari a 800 miliardi di dollari e circa il 56% dei pazienti affetti non ricevono un trattamento adeguato. Uno studio clinico ha evidenziato, inoltre, che trascorrono circa 23 mesi tra la comparsa dei primi sintomi specifici della patologia e la decisione del paziente di rivolgersi a un medico; 25,5 mesi, invece, è il lasso di tempo necessario per ricevere una corretta diagnosi. Durante il suo decorso naturale, la depressione porta sovente a episodi di ricaduta sintomatologica, il cui numero è strettamente connesso alla gravità del quadro clinico, in quanto tali episodi peggiorano l’esito prognostico a lungo termine della malattia. La prevenzione della depressione richiede, quindi, il ricorso a strategie che puntino a ridurre il grado

52

Professione Salute

ottobre 2016

di deflessione del tono dell’umore. Le tecniche di prevenzione vanno acquisite durante le fasi di benessere, al fine di applicarle nei momenti di comparsa dei segni prodromici della malattia. Il trattamento dei disturbi depressivi si basa su interventi di varia natura che possono essere impiegati singolarmente o in modo associato e che si distinguono in biologici e non biologici: i primi includono la terapia farmacologica, mentre i secondi sono riferibili agli interventi di tipo psicoterapeutico. Ogni programma di trattamento deve sempre fondarsi su un’accurata valutazione clinica del paziente, in funzione delle caratteristiche di ciascun caso specifico e delle indicazioni e controindicazioni previste per ogni modalità di soluzione terapeutica. Nel 2030 diventerà la malattia cronica più diffusa

Nell’ottica di una maggiore consapevolezza della patologia, Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) ha recentemente presentato due iniziative: il “Libro Bianco sulla depressione”, una fotografia dettagliata che affronta gli aspetti sociali, epidemiologi, clinico-diagnostici, terapeutici, assistenziali ed economici della malattia, e l’indagine “Gli italiani e la depressione”, effettuata su un campione di 1.004 soggetti (503 donne e 501 uomini), per comprendere meglio com’è percepita la patologia tra la popolazione. L’osservatorio intende contribuire, altresì, alla definizione di un Piano nazionale di lotta alla depressione, ritenuto da più parti non più derogabile. «La depressione entro il 2030 costituirà, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la malattia cronica più diffusa – afferma Francesca Merzagora, presidente Onda –. Sono quasi 4.500.000 le persone depresse in Italia e le donne, rispetto agli uomini, ne sono coinvolte in una proporzione di 2:1 sia come pazienti sia come caregiver. A ciò si aggiunge il profondo cambiamento del ruolo multi-


salute e benessere_depressione

tasking femminile (aumento della quantità di lavoro, maggiori carichi di responsabilità associati a ruoli professionali apicali, conciliazione, acquisizione di abitudini di vita scorrette) che accentua ancor più lo stress fisico e psico-emotivo, considerato dalla maggioranza delle donne (57% secondo la nostra indagine) una delle principali cause della depressione. L’obiettivo di Onda nella lotta contro la depressione – continua Merzagora – è di aumentare la conoscenza e la consapevolezza di questa malattia, nonché ridurre lo stigma nella popolazione, avvicinando i pazienti a una diagnosi precoce e a cure tempestive e contribuendo a migliorare la qualità e l’accessibilità dei servizi ospedalieri e territoriali dedicati». La percezione della depressione

Dall’indagine Onda emerge che i tumori sono la patologia che più spaventa gli italiani nei suoi diversi aspetti. La depressione si colloca al secondo posto, insieme alle malattie neurologiche degenerative, per impatto percepito sulla vita di chi ne soffre. Al terzo, invece, per percezione personale di rischio e di difficoltà della cura e per paura generata. Chi soffre o ha sofferto di depressione riconosce un impatto maggiore di tale patologia rispetto ad altre sulla qualità di vita (32%). Il modo di vedere la depressione è trasversale per genere e per tipo di esperienza: è ritenuta da tutti infatti una vera malattia, alla stregua di quelle fisiche, quindi da diagnosticare e trattare. Una persona su quattro ritiene che la depressione sia una problematica mentale che non si può capire fino in fondo e con cui si può solo convivere. Principali cause

Molte le cause della depressione riconosciute dai soggetti intervistati in occasione del sondaggio: non viene quindi considerata conseguenza diretta di un fattore univoco, ma viene percepita come conseguenza complessa di una costellazione di fattori diversi ad azione

farmaci antidepressivi e aderenza al trattamento Secondo il Rapporto nazionale sull’uso dei farmaci in Italia (OsMed 2015), il numero di soggetti di età uguale o maggiore di 18 anni in trattamento con farmaci antidepressivi in studio nell’anno di riferimento 2015 è risultato pari a 1.341.542. La percentuale di pazienti aderenti è risultata del 39,6%, percentuale di poco superiore rispetto all’anno precedente (+0,7% ). Il livello di aderenza è risultato inferiore al Centro (37,4%) rispetto al Nord (41,0%) e al Sud (38,0%) e tra i soggetti di genere maschile (38,8% rispetto al

40,0% dei soggetti di genere femminile). L’aderenza migliora all’aumentare dell’età (34,2% nella fascia di età inferiore o uguale a 45 anni; 38,5% tra 46 e 65 anni; 42,0% tra 66 e 75 anni; 43,3% nella fascia di età superiore a 75 anni) ed è superiore nei pazienti già in trattamento rispetto ai nuovi trattati (50,6% vs 17,2%). Esclusi i soggetti occasionali al trattamento, la percentuale di pazienti aderenti alle terapie con farmaci antidepressivi nell’anno 2015 è risultata del 51,6%.

sinergica, in primis fragilità caratteriale, traumi subiti o periodi di stress, situazioni familiari complesse o solitudine. Chi soffre o ha sofferto di depressione individua invece nei traumi e nello stress la causa principale. Chi non ne ha avuto esperienza diretta ritiene che la depressione sia frutto di una personalità emotivamente fragile. Sintomi, impatto sulla qualità della vita e terapie

I principali sintomi associati alla depressione sono pensieri negativi, isolamento/solitudine, la tristezza, perdita di piacere e interesse nel fare le cose e perdita di fiducia in se stessi. Per un intervistato su tre anche i disturbi di natura cognitiva, come la difficoltà nel prendere decisioni e nel mantenere la concentrazione, hanno un forte impatto sulla qualità di vita. Chi ha sofferto o soffre di depressione riconosce maggiormente alcuni sintomi, quali la scarsa attenzione e concentrazione, i disturbi alimentari e l’agitazione e vi attribuisce un impatto maggiore sulla qualità di vita. La popolazione italiana ritiene che più che con terapie specifiche (psicologica/psichiatrica e farmacologica), la depressione si possa curare ricevendo affetto, supporto e comprensione. Chi ha avuto diagnosi di depressione ritiene al contrario che la terapia farmacologica (insieme a relazioni che diano supporto e affetto) sia la cura più efficace. n ottobre 2016

Professione Salute

53







attualità

Integratori alimentari: la verità scientifica su qualità e sicurezza Da anni la ricerca si è data l’obiettivo di validare il ruolo delle sostanze presenti negli integratori alimentari nel coadiuvare le funzioni fisiologiche in soggetti sani. Una review ora fa chiarezza tra la miriade di informazioni disponibili Il documento “Review scientifica sull’integrazione alimentare”, realizzato per Integratori Italia – Aiipa da un pool tra i maggiori esperti italiani sui temi della nutrizione e della salute, rappresenta una panoramica delle evidenze scientifiche più significative della ricerca su diverse sostanze presenti negli integratori alimentari, con l’obiettivo di fare chiarezza sulla reale efficacia dei principi attivi che compongono i prodotti di integrazione in base alle esigenze nelle varie fasi della vita. All’interno dell’Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari), Integratori Italia rappresenta il settore degli integratori alimentari e vuole «contribuire alla crescita della conoscenza, del corretto utilizzo e della qualità dell’integratore alimentare, per favorire scelte sempre più consapevoli del consumatore e lo sviluppo di questo settore in Italia». «Siamo orgogliosi - ha affermato Alessandro Colombo, presidente di Integratori Italia - di aver contribuito a realizzare quest’opera, che certamente non esaurisce un tema così ampio ma che costituisce un passo avanti per fare il punto e contribuire alla conoscenza scientifica sul ruolo degli integratori alimentari nei moderni stili di vita. Per rispondere sempre più e sempre meglio ai bisogni informativi - continua Colombo - abbiamo realizzato questo progetto, che ci auguriamo possa costituire un utile complemento a supporto dell’attività di counselling dei professionisti della salute e un ulteriore stimolo alle accresciute esigenze d’informazione da parte di consumatori e media». Com’è noto, attraverso stili di vita sani, basati su una dieta varia e bilanciata, un costante

esercizio fisico, evitando un eccessivo consumo di alcool e il fumo, si costruiscono le basi per il mantenimento di un buono stato di salute in tutte la fasi della vita. Eppure, nonostante ciò, possono presentarsi periodi caratterizzati da specifiche carenze di nutrienti, magari indotte da stress o affaticamento, in cui risulta utile integrare la dieta con elementi concentrati di sostanze capaci di fornire un sostegno per affrontare al meglio tali situazioni e superarle. Nel nostro Paese, e non solo, l’impiego di integratori alimentari presenta una diffusione in costante crescita, a conferma di quanto un uso attento e ragionato, soprattutto su consiglio di medici e farmacisti, abbia benefici funzionali evidenti sullo stato di benessere dell’individuo. L’importanza di vitamine e minerali «Sebbene l’adozione di uno stile alimentare vario ed equilibrato sia ritenuta sufficiente per garantire i nutrienti necessari, sempre più osservazioni epidemiologiche supportano la necessità di una maggiore attenzione alla copertura del fabbisogno nutrizionale e al sostegno delle funzioni fisiologiche – ha spiegato Franca Marangoni, responsabile ricer-

ca Nutrition Foundation of Italy, componente del team che ha realizzato lo studio in questione –. Gli integratori possono rappresentare una valida e sicura opportunità per favorire l’assunzione ottimale di una o più sostanze e il sostegno di funzioni fisiologiche, contribuendo anche alla prevenzione di fattori di rischio di malattia. Ad esempio nel Physicians’ Health Study, uno tra i maggiori studi d’intervento condotti recentemente su una popolazione di oltre 14.000 medici americani di 50 anni o più seguiti per 11 anni, l’assunzione di un multivitaminico è risultata associata a una riduzione, modesta ma significativa, del rischio di tumori, soprattutto tra i soggetti in età più avanzata». Vitamine e minerali sono gli elementi che presentano un numero maggiore di benefici nutrizionali e funzionali, per cui risulta fondamentale assumerne le dosi raccomandate. Per quanto attiene alle vitamine, idro e liposolubili, presenti in specifici alimenti sussiste un alto rischio di apporto inadeguato conseguente ad abitudini alimentari non perfettamente equilibrate. È il caso, come sottolineato dalla dottoressa Marangoni, di alcune vitamine del gruppo B (B12, ma anche tiamina, niacina e B6), le ottobre 2016

Professione Salute

59


attualità

LE ABITUDINI DEI CONSUMATORI ITALIANI Una recente ricerca di GfK Eurisko per Integratori Italia sul tema “Il mondo degli integratori alimentari” ha evidenziato non solo che sette italiani su dieci hanno usato un integratore alimentare, ma altresì l’esigenza da parte dei consumatori di avere informazioni sugli stessi: oltre quattro persone su dieci desiderano ricevere consigli e notizie, in particolar modo sui benefici per l’organismo, su rischi e controindicazioni, sul corretto utilizzo e sui diversi principi attivi.

cui fonti d’elezione sono cibi di origine animale e cereali integrali, sovente presenti in quantità insufficienti in particolari diete di esclusione. Molto delicato è il ruolo ricoperto dalla vitamina D, contenuta in pochissimi alimenti, che in alcune fasce di popolazione (specie nelle zone geografiche e nei periodi dell’anno meno soleggiati) è presente in concentrazioni non adeguate nel sangue, a causa di ridotti meccanismi di sintesi endogena, con conseguenze importanti in termini di rischio di rachitismo e osteoporosi. Numerose ricerche confermano altresì il sussistere di una relazione anche con l’aumento del rischio di patologie cronicodegenerative (soprattutto cardiovascolari) per cui è necessario provvedere a un’adeguata integrazione. Effetti protettivi rilevanti e ben noti sono svolti anche dalle altre vitamine liposolubili A, E, K e dalla vitamina C. Stesso rischio di carenza riguarda i minerali, ancora una volta a causa di sbilanciate diete di esclusione. Basti pensare a calcio e ferro, presenti in concentrazioni elevate in latte e carne rispettivamente, oppure all’assunzione con frutta e verdura anche di fitocomposti come gli ossalati, i fitati, i tannini e le fibre che interferiscono con il relativo assorbimento a livello intestinale. Gli stessi calcio e ferro, come ricordato da Marangoni, se assunti dai vegetali sono assorbiti in modo incompleto. In definitiva, è opportuno ribadire quanto il corretto apporto di vitamine e minerali con60

Professione Salute

ottobre 2016

E su tale specifico aspetto, inevitabilmente, giocano un ruolo fondamentale il medico di medicina generale (primaria fonte di informazione a cui si rivolge il 53% degli intervistati interessati a ricevere informazioni sugli integratori), seguito dai medici specialisti e dal farmacista (a cui fa riferimento il 49% della popolazione) e dal web, attraverso cui il 40% del campione preso in esame cerca risposte e suggerimenti a proposito di integratori e loro effetti.

correrebbe, tra gli altri benefici, a rallentare il decadimento dell’attività sia dell’enzima nitrossido sintetasi (eNOS) che mitocondriale, comune alla patogenesi di obesità e diabete oltre che dei processi fisiologici legati all’età, come la sarcopenia dell’anziano. Preservare cervello e cuore A proposito del declino cognitivo correlato all’età, Giovanni Scapagnini, associato di biochimica clinica al Dipartimento scienze per la salute dell’Università degli studi del Molise, ha precisato: «Il cervello è estremamente esposto allo stress ossidativo e di conseguenza invecchia più precocemente; la dieta rappresenta uno tra i fattori più in grado di influenzare il nostro stato di salute e la qualità dell’invecchiamento. Oltre al glucosio, da cui dipendono le funzioni cerebrali, risultano fondamentali per una corretta fisiologia neuronale le vitamine, in particolare del gruppo B, gli omega-3 per la trasmissione dell’impulso nervoso, la memoria e l’apprendimento; i fosfolipidi, alla base della struttura delle membrane cellulari; L-acetil carnitina (LAC), assimilabile anche attraverso il cibo e la supplementazione, per la sua azione neuroprotettiva. Ulteriori sostanze “non nutrienti” - conclude - che hanno evidenziato capacità di ridurre il danno ossidativo, sostenere il normale tono dell’umore e migliorare le capacità mnemoniche sono le antocianine e le procianidine del mirtillo, le ca-

techine del tè, i flavanoli del cacao, il resveratrolo e la curcumina, le epicatechine del cacao e l’omotaurina, presente in alcune alghe marine». E sul fronte della prevenzione nell’ambito delle patologie cardiovascolari e del contributo fornito in tal senso dagli integratori, Andrea Poli, presidente Nutrition Foundation of Italy spiega: «Le osservazioni epidemiologiche e i grandi studi di intervento hanno documentato l’importanza della gestione del profilo lipidico, principale fattore di rischio per le malattie coronariche. Numerosi integratori alimentari sono dotati di una documentata efficacia su tale parametro: tra questi, particolarmente promettenti sono i fitosteroli, gli integratori a base di riso rosso fermentato, il beta-glucano, la berberina, i grassi polinsaturi della famiglia degli omega-3». Gli integratori sono sicuri? Ai dubbi di alcuni sulla sicurezza degli elementi che compongono gli integratori ha risposto Giancarlo Cravotto, direttore del Dipartimento di scienza e tecnologia del farmaco, dell’Università degli studi di Torino: «La forza del sistema di sicurezza italiano per alimenti e integratori è diventato un riferimento per molti Paesi: la nostra organizzazione è basata su un modello “one health” dove la visione è unitaria, quindi una sola salute che include tutta la catena alimentare, dal ciclo di vita di vegetali e animali arrivando all’uomo. È un processo pianificato e controllato dai campi alla tavola, attuato sulla base delle direttive e regolamenti Ue: l’impegno scientifico e di verifica di Efsa, l’istituzione di riferimento per la valutazione del rischio per la sicurezza di alimenti nell’Ue, la legislazione alimentare italiana ed europea, hanno costruito un’architettura di protezione e di garanzie per il consumatore italiano unica. I produttori d’integratori alimentari in Italia vantano un elevato standard produttivo e un efficiente sistema di assicurazione della qualità, che li colloca ai primi posti in Europa». Vincenzo Marra


attualità

Influenza 2016/17: sarà più aggressiva, vaccinazione è raccomandata a tutti L’abbassamento delle temperature e l’imminente stagione invernale annunciano come ogni anno l’arrivo dell’influenza stagionale. I virus che circoleranno quest’anno saranno: l’H1N1 A chiamato California e responsabile dell’influenza del 2009, l’H3N2 A con il nome Hong Kong e il virus B/Brisbane. Più aggressivi dei precedenti, si prevede che colpiranno tra i sei e i sette milioni di italiani, contro i 5 milioni che sono finiti a letto la scorsa stagione. Ecco perché è bene far attenzione e ricorrere alla vaccinazione già a partire dal mese di ottobre, vaccinazione che va raccomandata a

tutti, non solo alle categorie più a rischio, in modo da migliorare la copertura. Gli esperti suggeriscono di estendere la vaccinazione contro l’influenza anche alle donne in gravidanza durante il secondo o terzo trimestre, viste le possibili serie complicanze in caso di influenza sia per la madre, sia per il nascituro. Alcuni studi hanno inoltre dimostrato che la vaccinazione antinfluenzale, fatta dalla mamma in gravidanza, protegga anche il bambino, soprattutto nei primi quattro mesi di vita, dal rischio di contrarre la malattia. «È noto inoltre – afferma Fabrizio Pregliasco virologo presso il Dipartimento Scienze

biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano e Responsabile scientifico di www.osservatorioinfluenza.it – il ruolo di untore del bambino nella società. I bambini, non avendo la storia delle precedenti influenze, sono più suscettibili alla malattia che poi trasmettono ai propri familiari. Inoltre per i più piccoli l’influenza può determinare complicanze e nei primi anni di vita molte ospedalizzazioni». È per questo che gli esperti consigliano l’immunizzazione anche dei bambini sani dell’età prescolare, come da anni viene già fatto in altri Paesi, come il Regno Unito.

Pharmexpo, appuntamento a Napoli dal 25 al 27 novembre È in programma a Napoli dal 25 al 27 novembre, presso la Mostra d’Oltremare, la nona edizione del salone professionale per farmacisti e medici del Centro Sud, manifestazione che mette in contatto tra loro farmacisti, medici e operatori con le aziende del settore. Un’occasione di confronto per dialogare con colleghi e fornitori e aggiornarsi professionalmente. Pharmexpo è tra gli eventi di maggiore attrazione in Italia nel settore B2B farmaceutico, ed è realizzata in stretta collaborazione con Fofi e Federfarma, con An-

di, con l’Associazione CTF, con l’Associazione Italiana Omeopatia e con le Facoltà di Farmacia italiane per una interdisciplinarità ideale. Molto ampia l’area espositiva: forte la presenza dell’industria farmaceutica, ancora più vasti gli spazi della distribuzione intermedia. Grandi debutti anche nella cosmesi. Poi elettromedicali, robot, servizi, arredi e alimentazione completano l’esposizione a misura di farmacista. Ricco il programma dei convegni, che sarà completato da numerosi eventi collatera-

li. Venerdì 27 novembre è prevista la consegna del Premio Marketing Farmaffari per la miglior pubblicità nel settore farmaceutico. Sempre nella giornata di apertura, in collaborazione con il Consorzio Netcomm, il convegno sull’e-commerce farmaceutico informerà il settore sullo stato dell’arte e sulle prossime tendenze. Tanti gli incontri previsti con approfondimenti scientifici e tecnici, sul management e sul marketing, con argomenti che stanno più a cuore al farmacista. Per maggiori informazioni e accrediti visitare il sito web www.pharmexpo.it, dove è possibile consultare il programma dei convegni ed effettuare le preiscrizioni ai corsi di interesse. ottobre 2016

Professione Salute

61


attualità

Diabete: internet e social network sono le principali fonti di informazione I diabetici italiani, secondo l’indagine Diabetes Monitor, fanno ampio uso delle nuove tecnologie per saperne di più riguardo alla propria malattia, relegando in secondo piano il ruolo fondamentale del medico Cresce l’impatto di internet e dei social network nella gestione del paziente diabetico e aumenta la quota dei soggetti disattenti, quei pazienti meno inclini ad avere cura della propria condizione di salute in questa patologia. È quanto emerge dalla sesta edizione dell’indagine Diabetes Monitor, progetto che si propone l’analisi sistematica dell’impatto del diabete e dell’obesità in Italia, realizzato da MediPragma e Università degli studi di Roma Tor Vergata in collaborazione con Italian Barometer Diabetes Observatory (Ibdo) Foundation. Netto svantaggio dunque dei circuiti solitamente considerati più consueti come il medico, i media tradizionali, familiari e amici. I dati sono stati presentati durante la conferenza stampa che si è tenuta in giugno

a Roma e che si inserisce in più ampio discorso dedicato alla “Terza missione” dell’Università di Tor Vergata: un ponte tra ricerca, alta formazione, impresa e società civile. «L’università oggi rappresenta il trait d’union tra l’industria e l’accademia» ha dichiarato il rettore Giuseppe Novelli. Una missione importante che crea progetti per produrre effetti concreti e valore. Diabetes Monitor: risultati della ricerca In questo ambito vive annualmente la ricerca Diabetes Monitor, mirata ad analizzare le modalità di gestione della malattia e del trattamento farmacologico specifico. «Quelli che abbiamo rilevato come maggiori cambiamenti in questi anni – ha commenta-

gestione del diabete: per risultati migliori È necessario agire su più fronti Abbiamo chiesto alla dottoressa Ketty Vaccaro della Fondazione Censis quali sono le occasioni di crescita nell’ambito della gestione della malattia che, a suo avviso, sarebbe opportuno cercare di aumentare. «Bisogna precisare – ha risposto Ketty Vaccaro – che Internet ha comunque avuto un ruolo importante di alfabetizzazione e generazione di consapevolezza sulla patologia. Ma molto spesso, soprattutto per chi non ha un bagaglio culturale adeguato, l’accesso diretto all’informazione tramite il web può diventare fonte di confusione. Per questo è importante agire anche sul fronte della relazione medico-paziente. È importante compiere un’azione rivolta sia al paziente sia al caregiver poiché entrambi rivestono un’importanza strategica nella gestione della malattia cronica, e il medico, da parte sua, deve sviluppa-

62

Professione Salute

ottobre 2016

re la consapevolezza del suo ruolo di co-protagonista insieme al paziente e a coloro che ne hanno cura. Dovrebbe perciò aiutarli attraverso momenti di formazione e informazione che possono anche andare aldilà della visita medica in sé. In questo modo diventa possibile agire su più fronti e ottenere risultati più soddisfacenti». Il messaggio da portare con sé dunque è quello di aumentare le occasioni di crescita della consapevolezza tenendo bene a mente i trend emergenti della ricerca: necessità di una maggiore appropriatezza della comunicazione medico-paziente relativamente alla gestione delle patologie concomitanti, il bisogno di chiarezza nell’uso di device per l’automonitoraggio della glicemia e presa di coscienza dell’incremento del livello di disattenzione rispetto alla propria patologia.

to Lucio Corsaro, direttore generale di MediPragma – stanno proprio nella sfera sociale». Rispetto ai dati dello scorso anno, seppure si registri una certa continuità, emergono con evidenza due nuovi fenomeni che riguardano le fonti di informazione e il livello di consapevolezza della patologia. Gli effetti del maggiore ricorso all’utilizzo di internet, e in particolare ai social media (vedi tabella), generano un modello di acquisizione passiva e indifferenziata delle informazioni, che diventa ancora più critico per quelle fasce della popolazione considerate più deboli, come ad esempio gli anziani soli, per i quali occorrerebbero una serie di interventi ad hoc al fine di aumentarne il grado di consapevolezza della malattia e dei suoi fattori di rischio. Tali fonti non mediche, inoltre, rischiano di essere facilmente fraintese e di produrre generalizzazione circa le modalità di gestione della patologia, con il pericolo di fruire informazioni imprecise e non autorevoli. Per accrescere il livello di consapevolezza invece è necessaria una chiara operazione di


attualità

fonti di informazione sul diabete (da indagine diabetes monitor)

sensibilizzazione dei soggetti colpiti iniziando dalla ricerca delle cause del problema. L’incremento dei disattenti, ad esempio, sembra essere riconducibile a un aumento consistente della scarsa collaborazione tra paziente e medico. In questo caso, l’operatore sanitario dovrebbe tenersi quanto più aggiornato sulle connotazioni specifiche dei soggetti che ha in cura, in particolare sulla loro capacità più o meno elevata di aderenza ai percorsi di terapia. Questo può rivelarsi molto utile in sede di impostazione delle strategie terapeutiche al fine di ottenere la massima collaborazione da parte del paziente.

Anno 2015 Anno 2016

Internet

71%

74%

Social Media

0%

46%

Associazioni Pazienti 70%

46%

Quotidiani/Riviste

55%

48%

TV/Radio

12%

7%

Amici/Parenti

9%

3%

Altro

9%

4%

«Il punto di vista del paziente e la sua percezione sono molto importanti perché condizione fondamentale dell’efficacia stessa dell’intervento terapeutico – ha spiegato Ketty Vaccaro della Fondazione Censis – credo che l’operazione di oggi sia un intervento importante di terza missione perché

ha avuto come scopo quello di aumentare la consapevolezza sociale sui temi della ricerca. Da una parte, infatti, c’è la ricerca e dall’altra è necessario dare piedi, gambe e sostanza ad essa. L’informazione e la consapevolezza della persona con diabete è importante perché condizione di una buona gestione della malattia, per questo l’azione per migliorare questi aspetti dovrebbe diventare pratica quotidiana degli operatori sanitari e dei decisori politici. Del resto, che importanza avrebbe l’appropriatezza di una cura senza aderenza?». Lucia Oggianu

Nota dell’editore Griffin investe nella divisione libri con Timeo Editore Da inizio luglio Timeo Editore, Casa editrice medico scientifica fon-

ne libri, che porterà il gruppo Griffin a pubblicare una decina di nuovi

data nel 1996, entra a far parte del gruppo Griffin, l’editore di Pro-

titoli nel 2017» ha spiegato Giuseppe Roccucci, presidente di Grif-

fessione Salute, Tabloid di Ortopedia, Traumatologia Forense, Ita-

fin, che ha scelto di dare piena continuità all’attività svolta in vent’an-

lian Dental Journal, hi.tech dermo e dei portali OrthoAcademy.it e

ni da Timeo Editore: in giro per i congressi di tutta Italia e a stretto

DentalAcademy.it.

contatto con medici e autori saranno ancora Franco Bombonati e

Timeo Editore vanta libri di successo in particolare in area ortopedi-

David Manco. «Con questa operazione Griffin amplia la sua offerta

ca e radiologica. «Questa operazione rafforza la nostra Casa editri-

editoriale: accanto all’informazione giornalistica si sviluppa un’inte-

ce e fa parte di un progetto di investimento importante nella divisio-

ressante offerta culturale, con un catalogo di libri per la formazione e l’aggiornamento dei medici» ha detto Andrea Peren, giornalista e coordinatore editoriale della Casa editrice. «Con Timeo Editore, Griffin si dota di una solida divisione libri, già ricca di storia e con un marchio affermato, che si affianca al periodico di informazione scientifica Tabloid di Ortopedia, alla rivista Traumatologia Forense e al portale OrthoAcademy.it - commenta con soddisfazione l’Editore Giuseppe Roccucci -. Da oggi siamo un interlocutore ancor più qualificato per tutti i nostri lettori e per le aziende che operano nel settore dell’ortopedia».

ottobre 2016

Professione Salute

63


le aziende informano

nuova linea my bio nobile di marsiglia di incarose con estratti 100% bio

I

ncarose, con la sua esperienza nella cura e nel benessere del corpo, lancia la linea MY BIO Nobile di Marsiglia, saponi liquidi, bagnidoccia e creme corpo, formulati utilizzando estratti vegetali 100% biologici certificati. Formulato creando una mixture di ingredienti naturali e arricchito con estratti vegetali 100% Bio, il Sapone Nobile di Marsiglia garantisce stabilità, purezza, tollerabilità cutanea e alta eco-compatibilità. È pensata per chi segue uno stile di vita green ed eco-friendly. La linea è composta dalla crema per il corpo MYBIO, delicata e

dalle proprietà emollienti e idratanti, grazie alla presenza di olio di mandorle dolci e burro di karitè. Arricchita con estratti 100% biologici di edera e ippocastano

che migliorano la microcircolazione. Disponibile nelle fragranze vaniglia e ananas, mirtillo, cedro e frutti rossi. Il bagnodoccia MYBIO è a base di tensioattivi naturali, derivati dall’olio di cocco, adatto alla detersione di tutti i tipi di pelle. Grazie alla presenza degli estratti 100% biologici di equiseto, svolge un’azione utile al benessere generale della pelle. Disponibile nelle fragranze vaniglia e ananas, mirtillo, cedro e frutti rossi.

Completa la linea il sapone liquido MYBIO, vero sapone vegetale prodotto a caldo come l’autentico sapone di Marsiglia. L’olio di oliva, il suo principale ingrediente, attraverso una complessa lavorazione, garantisce un alto contenuto di preziosi insaponificabili, stabilità, purezza e straordinaria tollerabilità cutanea. Disponibile nelle fragranze classico, vaniglia e ananas, mirtillo, cedro e frutti rossi. Incarose – DI-VA srl Tel. 02 66014743 www.incarose.it info@di-va.it

rekord b12 plus, la carica bi-energetica per ritrovare energia fisica e mentale

S

tanchezza psicologica e malesseri fisici minacciano spesso la salute al momento del cambio di stagione. La scelta migliore per combatterli è abbinare una dieta varia ed equilibrata a un corretto stile di vita associato ad attività sportive, preferendo alimenti altamente nutritivi ed energetici che forniscono all’organismo vitamine e minerali di cui ha bisogno. Fra questi i più utili sono le vitamine del gruppo B, il ferro, il potassio e il magnesio. E se la dieta e lo stile di vita non sono sufficienti, ci pensa rekord b12 plus, l’integratore alimentare arricchito con vitamina 64

Professione Salute

B12 e L-Carnitina. rekord b12 plus grazie all’azione sinergica dei suoi componenti specifici e naturali, aiuta a combattere gli stati di spossatezza, aiutando a ritrovare vitalità ed energia. La vitamina B12, oltre a intervenire nel normale metabolismo energetico come le altre vitamine del gruppo B, partecipa alla formazione dei globuli rossi e contribuisce al normale funzionamento dei sistemi nervoso e immunitario. La L-Carnitina e gli aminoacidi sono un’importante riserva energetica, utile per trovare una carica in più e combattere la fatica.

ottobre 2016

Inoltre, la sua formulazione contiene L-Treonina e L-Serina, due aminoacidi dall’elevato potere energetico, utili per mantenere la massa muscolare e migliorare il rendimento mentale, e L-Glutamina e L-Arginina che contribuiscono ad aumentare il contenuto energetico dell’organismo e favo-

riscono l’eliminazione delle scorie (ammoniaca). Disponibile in confezione da 10 flaconcini per uso orale da 10 ml. Sigma-Tau Industrie Farmaceutiche Riunite Tel. 06 911391 http://avantgardesigma-tau.it/


le aziende informano

be filler drink, l’integratore che nutre e idrata la pelle dall’interno

B

e Filler Drink è un integratore alimentare a base di peptidi da collagene, acido ialuronico, vitamina C, luteina e the bianco. Una formulazione che agisce dall’interno, per fornire elasticità, idratazione e compattezza all’epidermide. Dall’esperienza Be Filler nasce Be Filler Drink Skin Nutrition. L’azione del prodotto è dovuta alla presenza di un complesso multivitaminico denominato ANC (Active Nutrition Complex), un brevetto svizzero depositato, di proprietà di Miromed Group SA e dato in licenza per il mercato italiano. Nel dettaglio vengono interessate cellule molto specifiche, i fi-

broblasti che vengono attivati e stimolati nella produzione di collagene. Il collagene (peptidi da collagene - Verisol) contenuto in Be Filler Drink è tra i più stabili dal punto di vista biochimico e dell’attività fra quelli sul mercato. I fibroblasti hanno la capacità di produrre acido ialuronico, molecola di zucchero complesso indispensabile per l’idratazione della pelle e per conferire ad essa una vera impalcatura di sostegno. Il collagene viene stimolato nella sua produzione grazie alla vitamina C. Importantissimo anche il valore del-

la luteina, utile per la protezione della parete dei piccoli vasi e per favorire l’elasticità della pelle; il the bianco agisce da agente antiossidante per la ricca dotazione di polifenoli ed è capace di contrastare l’invecchiamento cellulare. Disponibile in confezioni da 10 o 30 bustine da 5 g di compo-

sto in polvere. Be Filler Drink è in vendita in farmacia e presso i centri medici. Miromed Tel. 02 93572150 numero verde: 800 68 55 82 www.befiller.com

LIPOSCUDIL PLUS, L’INTEGRATORE CHE CONTRIBUISCE AL CONTROLLO DEL COLESTEROLO NEL SANGUE

L

iposcudil Plus è un integratore alimentare caratterizzato dalla presenza di quantità di riso rosso fermentato (di cui 10 mg di monacolina K) che contribuiscono al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue. Inoltre nella formula di Liposcudil Plus è stato inserito il Coenzima Q10 (30 mg) al fine di integrarne l’eventuale deplezione dovuta all’inibizione della sua sintesi. L’integrazione del Coenzima Q10 può essere utile nella mioprotezione e favorisce la bioenergetica cellulare.

I componenti di Liposcudil Plus, il riso rosso fermentato da Monascus Purpureus e il Coenzima Q10, per mezzo di un’innovativa tecnica farmaceutica, sono stati adsorbiti in un sistema autoemulsionante che ne favorisce l’emulsionamento con i sali biliari. Pertanto tali prin-

cipi presentano il vantaggio di essere più solubili e quindi maggiormente biodisponibili. Con l’impiego di questa tecnica si assicura un’ottimale efficacia del riso rosso fermentato nonché una migliore biodisponibilità del Coenzima Q10. Liposcudil Plus è utile per favori-

re il controllo dei livelli ematici di colesterolo nell’ambito di una dieta globalmente adeguata. L’effetto benefico si ottiene con l’assunzione di una capsula al giorno da deglutire con un po’ d’acqua, preferibilmente dopo il pasto serale. La confezione contiene 30 capsule per un mese di trattamento. Per l’uso del prodotto si consiglia di sentire il parere del medico. Piam Farmaceutici Tel. 010 518621 info@piamfarmaceutici.com www.piamfarmaceutici.com

ottobre 2016

Professione Salute

65


le aziende informano

symbiolact plus, il probiotico per l’equilibrio della flora intestinale

S

ymbioLact Plus è un integratore alimentare utile per favorire l’equilibrio della flora intestinale e il mantenimento delle fisiologiche funzioni della mucosa. La sua formulazione contiene sei tipi di fermenti lattici (composti da Bifidobatteri e Lattobacilli) specifici per i diversi segmenti intestinali, vivi e vitali ad elevata resistenza gastrica, con attività colonizzante probiotica documentata. L’azione combinata dei diversi ceppi probiotici attivi, in quantità superiore a 2 miliardi per bustina, è utile per sostenere la rapida colonizzazione probiotica di tutti i seg-

menti dell’intestino. SymbioLact Plus è inoltre arricchito con biotina, vitamina essenziale del gruppo B che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare da solo. La biotina è coinvolta in numerose reazioni fondamentali ed è riconosciuta per numerosi effetti benefici: favo-

risce la fisiologica funzionalità della mucosa intestinale, fondamentale per l’assorbimento dei nutrienti e per la funzionalità dell’intestino, favorisce il metabolismo energetico, la salute della pelle e dei capelli e le funzioni del sistema nervoso. Parte della sua sintesi avviene proprio ad opera di una microflora sana del colon. L’assunzione di SymbioLact Plus è utile per sostenere la microflora intestinale, contribuendo a normalizzare episodi di diarrea, legati a cambi di abitudini (come la diarrea del viaggia-

tore), o di origine infettiva, o conseguente all’uso protratto di antibiotici. Utile anche per normalizzare le condizioni dell’ambiente dei diversi tratti intestinali e favorire il recupero della fisiologica funzionalità di assorbimento dei nutrienti della mucosa intestinale. SymbioLact Plus è adatto anche a bambini, donne in gravidanza e in corso di allattamento, anziani, persone con celiachia e sensibilità al glutine o al lattosio. Guna Tel. 02 280181 info@guna.it www.guna.it

sanstime, l’UNICO SIERO AL MONDO CHE RICOSTRUISCE L’ACIDO Jaluronico nel derma per via transdermica

I

l siero SansTime (brevetto n. 2072032), a differenza di diversi prodotti anti-age in commercio, non contiene acido jaluronico, bensì i suoi precursori: acido glucuronico e N-acetyl glucosa-

66

Professione Salute

mina. Sono queste le due molecole che introdotte nel derma con un liposoma diventeranno, attraverso l’azione della jaluron sintetasi, acido jaluronico. Si tratta di acido jaluronico vero, quello naturale, poiché prodotto fisiologicamente attraverso un processo biochimico. L’acido jaluronico che si viene a formare dopo 20-25 giorni avrà raggiunto un peso molecolare di circa 500.000/600.000 dalton, sufficiente per produrre quell’idratazione profonda essenziale per la distensione delle rughe di superficie e già

ottobre 2016

dalla prima settimana di utilizzo si noteranno importanti benefici sulle zone trattate. SansTime non è formulato come un cosmetico tradizionale, poiché è essenzialmente un veicolo transdermico che serve a introdurre nei fibroblasti del derma le due sostanze che formeranno l’acido jaluronico. Queto siero viene assorbito velocemente senza lasciare tracce di unto o grasso in superficie, lascia la pelle liscia e compatta. Si presenta senza conservanti, coloranti e profumo; non contiene sostanze di natura animale e non è sta-

to testato su animali. SansTime si applica, secondo le necessità, sulle zone interessate del viso e del collo; si consiglia di massaggiare delicatamente fino ad assorbimento completo. Per le sue particolari caratteristiche formulative, si raccomanda di usare il siero da solo e prevalentemente di notte, poiché durante il riposo si ha una risposta più efficace. Medichem Tel. 02 92590281 www.medcos.it commerciale@medcos.it




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.