Professione Salute 5/2017

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progetto “rete delle reti� Le farmacie indipendenti si organizzano per far fronte all’ingresso dei capitali

dermatologia Pelle ruvida, screpolata e desquamata: i segni clinici della xerosi cutanea

fitoterapia Gli italiani riscoprono le cure naturali, ma attenzione alle interazioni farmaco-erbe

ortopedia Le regole per prevenire il mal di schiena in ambito lavorativo

novembre 2017

igiene orale Efficacia del collutorio al fluoro per ridurre la carie nei bambini

Corso accreditato ECM Modulo 5 Anoressia nervosa nell’anziano



editoriale Giuseppe Roccucci g.roccucci@griffineditore.it

Di nuovo in marcia Il ddl concorrenza è ormai alle spalle, con le sue novità e gli inevitabili scenari sul futuro assetto della rete delle farmacie. È ormai chiaro quanto sia indispensabile per ogni farmacia mettersi al passo, per non trovarsi spiazzata davanti ai cambiamenti che rivoluzioneranno il rapporto con i clienti. La farmacia assume sempre più la forma di una vera e propria azienda e, come tale, deve essere gestita con competenza, non solo professionale, ma anche e soprattutto manageriale. Analizzare e capire dove sta andando il mercato e attrezzarsi nel modo corretto per cavalcare tale cambiamento sono azioni tipiche di un imprenditore avveduto, preparato e consapevole. La professionalità e le conoscenze che hanno fatto del farmacista la figura di riferimento nel mondo della salute restano le basi su cui si gioca la differenziazione tra gli esercizi, mentre la preparazione manageriale diventa la nuova e indispensabile frontiera a cui tutti i titolari di farmacia dovranno per forza tendere. Ho raccolto spunti interessanti in occasione del recente convegno organizzato da Federfarma Milano durante il quale è intervenuto il professor Luca Pellegrini, responsabile del corso di laurea in comunicazione di impresa allo IULM di Milano. Punto di partenza è stata l’analisi del cambiamento in atto e delle variabili che lo determinano: l’entrata in farmacia delle società di capitali, la diminuzione dei margini derivanti dall’area del farmaco etico e

Il farmacista di oggi

deve pianificare il proprio scenario per proiettarsi

nel futuro con la certezza di sfruttare la forte

connotazione professionale

della farmacia, necessaria e

l’aumento dell’esposizione delle farmacie a logiche commerciali. Può una farmacia “tra-

distintiva, insieme

dizionale”, che va incontro a logiche di largo consumo, difendersi dagli indubbi vantaggi

alle crescenti competenze

di economie di scala delle società di capitali a livello di acquisti centralizzati, logistica e marketing? Sicuramente può rientrare in logiche di cooperativismo, per gestire in modo

gestionali e di marketing

altrettanto efficiente gli acquisti e la logistica, ma soprattutto può e deve imparare a migliorare l’efficienza della gestione delle leve del marketing per creare un’insegna forte. Pricing, promozione, comunicazione, merchandising, marca commerciale e rapporto con i clienti sono punti cruciali su cui investire. Il farmacista di oggi deve pianificare il proprio scenario per proiettarsi nel futuro con la certezza di sfruttare la forte connotazione professionale della farmacia, necessaria e distintiva, insieme alle crescenti competenze gestionali e di marketing. Solo evitando gli errori del largo consumo, lavorando sull’efficienza (diminuzione dei costi) e sulla domanda (aumento dei ricavi), la farmacia potrà entrare da protagonista nel nuovo e complicato scenario.

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sommario 3

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Ginecologia dismenorrea: quando il dolore mestruale diventa patologico

Editoriale Ne parliamo con farmacie private: È il momento di agire in sinergia Intervista a Marco Cossolo di Renato Torlaschi

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Corso ECM a distanza Modulo 5 anoressia nervosa nell’anziano A cura di Lorenzo M. Donini

di Luca Vanni

34 19 Nutrizione dieta mediterranea e stile di vita nella sindrome metabolica al femminile di Hellas Cena e Rosella Bazzano

23 Dermatologia pelle disidratata, ruvida e screpolata: gli effetti della xerosi cutanea di Luca Vanni

27 Salute e benessere prevenzione dell’influenza: le raccomandazioni del ministero di Rachele Villa

Professione Salute Bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione Direttore responsabile Giuseppe Roccucci Board Scientifico Hellas Cena (Direttore) Donatella Ballardini Silvia Brazzo Mario Calzavara Mariano Casali Rachele De Giuseppe Massimo Labate Luca Marin Mara Oliveri Marco Rufolo

Grafica Grafic House, Milano Hanno collaborato in questo numero Rosella Bazzano, Carla Carnovale, Hellas Cena, Renato Torlaschi, Luca Vanni Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Giovanni Cerrina Feroni g.cerrinaferoni@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Ufficio Abbonamenti Maria Camillo customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Stampa Reggiani Arti Grafiche srl Via Alighieri, 50 - Brezzo di Bedero (VA)

Coordinamento editoriale Rachele Villa r.villa@griffineditore.it Redazione Andrea Peren a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli l.romanelli@griffineditore.it

SIDeMaST

Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse

Igiene orale 27% di carie in meno con i collutori al fluoro di Luca Vanni

36 Fitoterapia fitoterapici in pediatria: vantaggi e criticità di Carla Carnovale

42 Ortopedia mal di schiena acuto come malattia professionale di Renato Torlaschi

46 Attualità

48 Le aziende informano

Editore Griffin srl unipersonale Piazza Castello 5/E - 22060 Carimate (CO) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it Professione Salute. Periodico bimestrale Anno VIII - n. 5 - novembre 2017 Registrazione del Tribunale di Como n. 4 del 14.04.2010 ISSN 2531-8748 Iscrizione Registro degli operatori di comunicazione n. 14370 del 31.07.2006 Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. Il contenuto del giornale non può essere riprodotto o traferito, neppure parzialmente, in alcuna forma e su qulalsiasi supporto, salvo espressa autorizzazione scritta dell’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.



ne parliamo con

farmacie private: è il momento di agire in sinergia Le farmacie indipendenti potranno godere di una “rete nazionale di protezione” per competere con catene e capitale. Per avere un futuro in questo ambito occorre puntare su efficienza e valore, due variabili che si traducono in contenimento dei costi e una maggiore offerta di servizi

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Intervista di Renato Torlaschi

opo l’entrata in vigore del Ddl concorrenza, il mondo delle farmacie indipendenti attende con una certa apprensione l’arrivo delle società di capitale. Ma si sa che “l’unione fa la forza” e le farmacie italiane si avviano a un processo di collaborazione e aggregazione: il progetto è già pronto e ha il nome significativo di “Rete delle reti”. Federfarma, con Federfarma Servizi, è tra le ideatrici e promotrici del progetto. Professione Salute ne ha parlato con il presidente, Marco Cossolo. Presidente Cossolo, come è nato il progetto “Rete delle reti” e quali sono i suoi obiettivi? Si tratta di un progetto congiunto con cui Federfarma, che rappresenta le farmacie private, e Federfarma Servizi, che raggruppa le aziende di distribuzione intermedia di proprietà dei farmacisti, si preparano a offrire alle farmacie indipendenti una “Rete nazionale di protezione” per competere con catene e capitale. La rete deve garantire un rapporto conti-

Marco Cossolo Presidente Federfarma 6

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nuo tra i suoi componenti, tutti impegnati in una crescita costante del sistema farmacia nel suo complesso. In quest’ottica, abbiamo affidato a una importante società di consulenza internazionale il compito di analizzare la situazione attuale, confrontando le best practices esistenti, e mettere a sistema tutte le migliori esperienze delle forme aggregative di farmacie presenti oggi nel panorama italiano, costruendo sinergie che rafforzino il settore. Il progetto si basa su quattro direttrici: ridurre e spalmare nel tempo l’indebitamento delle farmacie grazie a un check-up finanziario e al nuovo ruolo di Credifarma, la finanziaria della categoria; impiegare le risorse della controllata Promofarma per realizzare un sistema omogeneo di gestione aziendale e di digitalizzazione di tutte le farmacie aderenti a Federfarma; coinvolgere tutti i soggetti della filiera, compresi gli operatori della distribuzione del farmaco; attivare nuovi servizi a standard omogenei che garantiscano la competitività e la sostenibilità economica delle farmacie. Pensiamo ad attività quali elettrocardiogrammi e holter cardiaci e pressori con referto in tempo reale da remoto, campagne di prevenzione e screening di massa (ottimi risultati sono stati ottenuti da quelli del cancro del colon retto, fatti in varie zone d’Italia), controllo dell’aderenza dei pazienti ai piani terapeutici: tutti fattori che aiutano a migliorare la salute collettiva e a limitare gli sprechi del Servizio sanitario nazionale.


intervista a marco cossolo

Qual è lo scenario in cui si inserisce questo progetto? Viviamo in un’era di liberalizzazione di tutti i mercati, in cui assistiamo alla globalizzazione del comparto distributivo (intermedio e finale) e a sconfinamenti intersettoriali (in cui tutti si mettono a fare di tutto, come nel caso dei supermercati che diventano anche banche, o delle poste che fanno le finanziarie). L’unica via da imboccare per avere un futuro in questo contesto è quella di intervenire contemporaneamente su due variabili: l’efficienza (ossia il contenimento dei costi) e il valore (ossia i servizi, cioè il valore aggiunto rispetto al mero prodotto, nel caso della farmacia capillarità della struttura e professionalità dell’operatore). È una strada obbligata perché aumentano i soggetti che giocano su entrambe le variabili, a partire da Amazon che coniuga prezzi bassi e prossimità, con il recapito a domicilio. Quali timori induce e quali opportunità apre il prossimo arrivo del grande capitale finanziario nel settore farmaceutico? La legge sulla concorrenza apre nuovi scenari economici e dà il via ad un cambiamento epocale per la farmacia italiana. Il provvedimento presenta alcune criticità: un primo pericolo è che, consegnando la proprietà a soggetti estranei alla professione, i farmacisti finiscano per essere subordinati a logiche di tipo prettamente commerciale. Altro rischio è che le catene assumano una posizione dominante sul mercato: il limite del 20% del numero di farmacie che a livello regionale possono essere di proprietà di un unico soggetto permetterebbe, infatti, a livello teorico a sole cinque grandi società di impossessarsi di tutto il servizio farmaceutico. È prevedibile che le grandi catene puntino ad acquisire le proprie farmacie in zone altamente remunerative e a promuovere politiche commerciali molto aggressive. Questo comporterebbe il rischio di provocare l’impoverimento dell’intera rete farmaceutica,

danneggiando le farmacie più fragili ma soprattutto i cittadini di quelle zone che, a quel punto, rischiano di essere meno servite. Per contrastare le concentrazioni di farmacie realizzate dal capitale, la farmacia che vuole restare indipendente ha l’opportunità di aderire alla Rete costruita da Federfarma e Federfarma Servizi. In questo modo potrà lavorare con tranquillità al banco e rafforzare il rapporto con il cliente, sapendo che, per quanto riguarda le questioni organizzative e burocratiche, è supportata da un sistema nazionale capace di affrontare tali questioni in modo efficace e in una logica manageriale. È vero che ci sono, in controtendenza, rischi di frammentazione? Assistiamo purtroppo ad alcuni fenomeni, pur marginali, di frammentazione dovuta alla nascita di nuove piccole aggregazioni che vanno in direzione opposta rispetto a quella delineata con l’accordo tra Federfarma e Federfarma Servizi. La parola d’ordine, invece, è concentrare le forze, non certo frammentarle. La farmacia non può giocare questa difficile partita con il grande capitale prescindendo dall’applicazione di una logica sistemica: solo un approccio organico consente di poter creare una rete davvero forte ed efficace. In che modo, le farmacie che intendono rimanere indipendenti potranno continuare a giocare un ruolo da protagoniste? Per gestire il cambiamento e affrontare l’ingresso dei capitali è prioritario consolidare le aggregazioni tra farmacie già esistenti e le sinergie con le società di distribuzione del farmaco di proprietà dei farmacisti. Il nostro obiettivo è continuare a dare ai cittadini un servizio farmaceutico di qualità e, anzi, cogliere l’occasione per migliorarlo ulteriormente. Solo facendo sistema è possibile ridurre i costi per recuperare efficienza e contemporaneamente generare più valore, il che vuol dire un maggior numero di servizi di elevata qualità.

[ Per contrastare le concentrazioni di farmacie realizzate dal capitale, la farmacia che vuole restare indipendente ha l’opportunità di aderire alla Rete costruita da Federfarma e Federfarma Servizi

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Corso ECM 2017 Modalità di Formazione a Distanza (FAD) riservato agli abbonati paganti

I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione nelle varie età Responsabile scientifico Prof.ssa Hellas Cena Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Università degli Studi di Pavia

Programma del corso I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione sono patologie psichiatriche disabilitanti in cui un persistente disturbo nelle abitudini alimentari o nel comportamento di controllo del peso danneggiano, anche gravemente, lo stato di salute psicofisico e sociale. Recentemente si è assistito a un aumento preoccupante dell’incidenza di tali disturbi nella popolazione generale. Alla luce di queste considerazioni, nel corso I disturbi dell’alimentazione e della nutrizione nelle varie età verranno approfonditi diversi aspetti: n diagnosi dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione (precedentemente identificati come disturbi del comportamento alimentare) nella varie età di insorgenza e nelle differenti forme di presentazione della patologia; n gestione clinica e diverse opzioni terapeutiche (farmacoterapia, terapia dietetico-nutrizionale, psicoterapia) secondo le più recenti evidenze scientifiche; n ruolo del singolo specialista e sua integrazione con le diverse figure professionali che si occupano della prevenzione, diagnosi e cura dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione.

Struttura del corso n MODULO 1. Anoressia nervosa in età evolutiva (Silvia Irene Maffoni) n MODULO 2. Bulimia nervosa in età evolutiva (Donatella Ballardini) n MODULO 3. Binge eating disorder nell’adulto (Matteo Manuelli, Francesca Bicocca) n MODULO 4. Ortoressia nervosa nell’adulto (Cristina Segura-Garcia) n MODULO 5. Anoressia nervosa nell’anziano (Lorenzo M. Donini) Obiettivi del corso Il presente corso si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi: n l’obiettivo specifico di alimentare in modo continuo le conoscenze delle figure professionali che lavorano in ambito sanitario; i contenuti forniti potranno essere trasferiti alla pratica clinica, con ripercussioni in termini di miglioramento della gestione clinica di singoli pazienti e di gruppi; n l’obiettivo più generale di contribuire al mantenimento e rafforzamento del network comunicativo con le varie figure professionali in un percorso verso l’implementazione e lo sviluppo delle loro competenze individuali in ambito preventivo e terapeutico, che potrà avere importanti ripercussioni a cascata sulla popolazione affetta da disturbi dell’alimentazione e della nutrizione.

Modalità di somministrazione del corso e accreditamento ECM In ogni numero di Professione Salute a partire dal n. 1/2017 e per tutto il 2017 (gennaio-dicembre) sarà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di valutazione. Tutti i moduli pubblicati sulla Rivista saranno disponibili online su sito www.fadmedica.it, dove sarà possibile, modulo per modulo, rispondere ai questionari di valutazione. L’erogazione dei crediti ECM avverrà al superamento di tutti i questionari. Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.

Per informazioni: tel. 031.789085 e-mail: customerservice@griffineditore.it


CORSO ecm A DISTANZA / MODULO 5

Anoressia nervosa nell’anziano

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olti studi hanno dimostrato che la prevalenza della malnutrizione è del 20-60% nei pazienti anziani all’ammissione in ospedale, del 30-50% nei pazienti al momento del ricovero nelle nursing-home e del 5-10% tra i soggetti free-living (1-3). È stato inoltre stabilito che molti casi di malnutrizione restano non diagnosticati, anche se si è visto che proprio lo stato di nutrizione influenza l’evoluzione del quadro clinico (4). La presenza di malnutrizione condiziona l’esito del trattamento, soprattutto per quella quota di popolazione sopra i 65 anni, quota stimata al 35%, che entrerà in una nursing-home o in altre strutture residenziali a lungo termine. In questi

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casi, anche in relazione alla presenza di malnutrizione, si stima che il 42% dei ricoveri esiti nel decesso del paziente (5). Negli anziani, lo stato di nutrizione influenza inoltre l’esito dei programmi di riabilitazione (6). In uno studio condotto in un reparto di riabilitazione geriatrica l’incidenza degli eventi clinici avversi nei soggetti malnutriti era più alta rispetto ai normonutriti (28,2 rispetto 13,1%). Allo stesso modo si è visto che la mortalità nei soggetti malnutriti era più alta che nei soggetti con uno stato di nutrizione nella norma (23,1 rispetto 9,8%) (7). Dall’indagine Euronut-Seneca (8) è emerso che un terzo delle persone anziane autonome che vive nel proprio domicilio presenta una carenza nell’apporto di alme-

A cura di Lorenzo M. Donini Dipartimento di Medicina Sperimentale Unità di Ricerca in Scienza dell’Alimentazione e Nutrizione Umana Università La Sapienza, Roma

no un micronutriente. Inoltre, più del 4% di essi presenta una malnutrizione proteicocalorica. Quest’ultimo dato aumenta man mano che ci si sposta verso quei gruppi di popolazione di anziani che sono ospedalizzati o istituzionalizzati (fino all’85%) (9). In età geriatrica il cambiamento più frequente nel comportamento alimentare è l’anoressia senile (AS), che rappresenta una delle principali cause di malnutrizione. Questo comportamento è presente in circa il 10% degli anziani tra i 70 e gli 80 anni che vivono autonomamente nelle proprie abitazioni. Il fenomeno si aggrava se si considerano quegli anziani ricoverati in strutture di lungodegenza o ricoveri assistenziali. In uno studio compiuto recentemente dal no-


i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione nelle varie età

stro gruppo, la prevalenza di anoressia è risultata essere pari al (31,3%) (10). Questa riduzione del consumo di cibo ha come conseguenza la non copertura del fabbisogno in energia e in nutrienti e, pertanto, la malnutrizione (11). Le scelte alimentari della popolazione anziana sono influenzate da (12): n determinanti biologici (segnali di fame e sazietà: produzione di neuromediatori, macronutrienti, densità energetica); n aspetti funzionali (minore efficienza masticatoria e deglutitoria, mancanza di autonomia); n palatabilità (gusto, olfatto, texture, vista e udito); n fattori economici; n elementi strutturali (accesso, livello di autonomia); n aspetti sociali (livello culturale, tessuto sociale, supporto familiare); n determinanti psicologici (stress, depressione). Classificazione e fisiopatologia dell’anoressia senile Al momento non esistono criteri universalmente accreditati per la diagnosi di anoressia senile che facciano riferimento a una fonte bibliografica ben riconosciuta (per esempio DSM-5) (13). Una delle motivazioni principali per la mancanza di questi criteri è che l’anoressia geriatrica non è un vero e proprio disturbo psichiatrico, ma rappresenta per lo più una manifestazione fisiologica/patologica e multifattoriale dell’invecchiamento. L’AS può essere classificata come: fisiologica, patologica, ambientale e psicologica, iatrogena (14). Anoressia fisiologica L’anoressia fisiologica può essere la conseguenza di cambiamenti età-correlati a carico dell’apparato gastroenterico (riduzione dell’efficienza della masticazione, ridotta

funzionalità delle ghiandole salivari, alterate motilità e secrezioni gastroesofagee, riduzione della superficie assorbente intestinale). La riduzione dell’efficienza della masticazione è conseguente il più delle volte a edentulia (solo parzialmente risolta dall’uso di protesi dentarie che sono spesso inefficaci e mal tollerate), ad artrosi temporo-mandibolare e a ridotta efficienza dei muscoli della masticazione (12). Secondo lo studio Seneca per i soggetti edentuli, l’assunzione di carboidrati e vitamina B6 in particolare, ma anche, in minor misura, per le vitamine B1 e C, fibra, calcio e ferro, risultano ridotti (15, 16). Di rilievo sono le modificazioni che avvengono a carico delle ghiandole salivari quali diminuzione del volume, atrofia degli acini e ridotta concentrazione dell’amilasi nella saliva. Nell’anziano sono frequenti, inoltre, reflussi spontanei gastroesofagei e contrazioni non coordinate con atonia della muscolatura liscia e striata. A livello dello stomaco si ha un modesto declino dell’attività secretoria di acido cloridrico, pepsina e fattore intrinseco dovuto sia a una ridotta capacità secernente di ogni singola cellula, sia a una diminuzione del numero delle cellule. La motilità gastrica è modicamente ridotta: le onde peristaltiche, infatti, appaiono di minore intensità e meno frequenti. La riduzione dei succhi gastrici e pancreatici (soprattutto pepsina e tripsina) limita la capacità di digerire le proteine; anche l’assorbimento intestinale degli aminoacidi risulta meno efficace che nell’adulto, soprattutto per lisina, triptofano e treonina (17). A carico dell’intestino tenue si può avere una riduzione della superficie assorbente (si assottiglia la parete, i villi appaiono irregolari e rarefatti, le placche di Peyer meno appariscenti). La riduzione dell’introito di cibo può dipendere inoltre da: riduzione del senso della fame (provocata da ridotta

efficienza sia del sistema oppioide sia del neuropeptide Y, NPY); precoce comparsa di un senso di sazietà (causata da ridotta capacità adattativa del fondo dello stomaco e da maggiore efficienza della colecistochinina, CCK); riduzione dei sensi del gusto e dell’olfatto (diminuzione della sensibilità per riduzione del numero delle gemme gustative, perdita della sensibilità delle terminazioni stesse e scarsa igiene orale) (13, 18, 19). La soglia di percezione dei sensi di gusto e olfatto è aumentata (quella per il dolce è aumentata di circa 3 volte, quella per il salato di circa 12 volte), mentre è diminuita la sensibilità alla variazione di concentrazioni percepibili oltre tale soglia (un giovane è in grado di percepire un aumento di concentrazione di dolce del 6%, per un anziano l’aumento di concentrazione deve essere pari almeno al 25% per essere percepito) (20). I cambiamenti nel gusto e nell’olfatto che avvengono con il passare degli anni sono conseguenti alla riduzione in particolare dei chemosensori che possono portare a un cattivo appetito, a scelte alimentari inappropriate e alla ridotta assunzione di nutrienti. La diminuzione della sensibilità gustativa e olfattiva condiziona negativamente l’assunzione di micronutrienti così come la ridotta acuità visiva e uditiva. Queste, unite alle patologie che influenzano negativamente i livelli di autonomia, limitano l’interesse e la capacità di curare la scelta degli alimenti e la preparazione dei piatti (21). Anoressia patologica L’anoressia “patologica” è conseguente a patologie concomitanti come infezioni acute e croniche, neoplasie (le citochine prodotte sono potenti agenti anoressanti), broncopatie croniche ostruttive (i pazienti hanno difficoltà a respirare durante il pasto mentre la malattia produce anoressia secondaria alla desaturazione di ossigeno e l’aumento del metabolismo a causa delnovembre 2017

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la maggiore attività dei muscoli respiratori), accidenti cerebro-vascolari (per problemi di deglutizione), disturbi gastrointestinali e carenze da malassorbimento, angina abdominis (con gravi dolori addominali dopo il pasto), stipsi cronica (che provoca un senso di ripienezza), sindromi caratterizzate da ipermetabolismo e ipercatabolismo (causando un aumento di richiesta di energia e di proteine e di producendo i loro effetti anoressanti e di perdita rilasciando citochine). Un’altra causa di anoressia in età geriatrica è la perdita della motivazione a mangiare, che può essere dovuta alla depressione (22) con un’anoressia che, in alcuni casi, è conseguente all’aumento del CRF - corticotropin releasing factor – ipotalamico. Anche la compromissione dello stato cognitivo può determinare l’insorgenza di problemi nutrizionali e una vera e propria indifferenza al mangiare. Gli anziani che presentano deficit cognitivi sono infatti a rischio di malnutrizione per motivi di ordine fisico e neuropsicologico; l’afasia e l’aprassia possono compromettere la possibilità per il soggetto di esprimere le proprie necessità, l’agnosia olfattiva può determinare una modificazione dell’appetito: di conseguenza i fabbisogni nutrizionali possono non essere soddisfatti. Sia dai nostri dati che dalla letteratura (23) si conferma il ruolo dell’autonomia funzionale nel preservare un adeguato stato di nutrizione. Le limitazioni nella attività della vita quotidiana sono considerate una delle cause principali della perdita di peso e, nel nostro campione, i soggetti anoressici sono risultati più dipendenti per l’acquisto dei cibi e la loro conseguente preparazione (11, 24). Anoressia ambientale e psicologica Una ridotta assunzione di cibo può essere determinata anche da problematiche sociali (indigenza, solitudine, isolamento sociale) e psicologiche (come la depressione, spesso associata alla perdita di un ruolo sociale 12

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dell’anziano) (25). Questo tipo di anoressia si riscontra maggiormente negli anziani istituzionalizzati dove l’assenza di stimoli legata all’ambiente alimentare, la scarsa attività fisica, la monotonia del menu vanno ulteriormente a incidere negativamente sulle scelte alimentari (26-28). Infine non vanno sottovalutati gli aspetti legati al livello di istruzione e allo stato civile quali elementi che possono favorire l’insorgenza di AS. Un basso livello socioculturale e la solitudine (conseguenza di una vedovanza ad esempio) può causare un ridotto introito alimentare. Anoressia iatrogena Infine non va dimenticata l’anoressia iatrogena legata alla scarsa attenzione che in particolare negli ospedali e nelle nursing home si presta al comportamento alimentare dei degenti. Quasi mai si fa una valutazione accurata dell’introito alimentare dei pazienti, soprattutto se anziani, si cerca di adattare la consistenza del cibo alle capacità funzionali del degente, si assiste il malato al momento del pasto. Un’altra forma di anoressia iatrogena è quella legata alle conseguenze misconosciute di farmaci sulle capacità sensoriali dei pazienti (gusto e olfatto in particolare). Nel rapporto costo/beneficio che andrebbe fatto quando si prescrive un farmaco, dovrebbero essere considerati anche gli effetti che questi farmaci hanno sul comportamento alimentare dei pazienti o nel condizionare negativamente la funzione digestiva (29). Anoressia senile e pattern alimentare Pochi studi analizzano i modelli alimentari dei pazienti affetti da anoressia senile. La rilevante diminuzione di cibo assunto è generalmente attribuita a una riduzione nell’assunzione di grassi, piuttosto che di carboidrati (30). In un nostro studio (31) abbiamo riscontrato che gli alimenti che rappresentano una fonte di proteine (car-

ne, pesce, uova e legumi) e di fibra (frutta e ortaggi) sono significativamente ridotti in soggetti anoressici, mentre il consumo di cereali e latte non lo è. La ridotta efficienza di masticazione, che porta in particolare a evitare il consumo di carne e la manipolazione dei cibi da parte di coloro che prestano cura, può spiegare la preferenza degli anziani anoressici per latte e cereali. Andando a valutare la varietà della dieta, si è riscontrata una tendenza da parte dell’intero campione a seguire una dieta poco variata, in accordo con altri studi che evidenziano nella popolazione di anziani la tendenza ad avere una dieta monotona. In questi studi, così come nel nostro, si è accertata un’associazione tra minore varietà della dieta, peggioramento dello stato di nutrizione e conseguentemente maggior rischio di malattia (21). Una dieta variata è una dieta che attinge a tutti i gruppi alimentari. Nel rispetto delle porzioni, secondo le linee guida per una sana e corretta alimentazione, consente di apportare il giusto quantitativo in macronutrienti (che forniscono anche energia) e in micronutrienti (essenziali). Una migliore qualità nutrizionale della dieta è, pertanto, un presupposto indispensabile per un corretto stato di nutrizione. In letteratura si rileva infatti che le malattie a componente alimentare sono responsabili per il 60% della mortalità generale e contribuiscono per il 43% al carico globale di malattie croniche nel mondo. In queste patologie l’alimentazione ha un ruolo importante sia come fattore di rischio sia come fattore protettivo. Infatti, se in passato gli studi erano finalizzati alla dimostrazione del rischio associato all’assunzione in eccesso di particolari alimenti e nutrienti, attualmente l’attenzione è incentrata sulla dimostrazione del ruolo protettivo di composti, spesso non nutrienti, assunti abitualmente attraverso la dieta (23). Potrebbe essere interessante, aumentando l’apporto di frutta


i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione nelle varie età

paradossalmente, diventa un marker di un ridotto introito alimentare sia in termini qualitativi che quantitativi.

e verdura (che nel nostro campione è risultato basso), riuscire a sfruttare gli effetti di composti naturalmente presenti negli alimenti, soprattutto di origine vegetale, nel modulare alcuni dei pacemaker dell’invecchiamento (inflammaging, stress ossidativo, microbiota, ecc.). Nel nostro studio è stato inoltre evidenziato, in relazione alla riduzione di alimenti derivanti da ciascun gruppo alimentare, un peggioramento dello stato di nutrizione conseguente alla penalizzazione di tutti gli alimenti, tranne che per il latte, dove il maggior consumo è risultato essere correlato a un peggiore stato di nutrizione. L’aumento nella frequenza di consumo del latte deriva, tuttavia, dalla ridotta assunzione degli altri gruppi alimentari. Il latte,

Anoressia senile e malnutrizione La conseguenza dell’AS è la compromissione dello stato di nutrizione. I soggetti anoressici risultano per lo più malnutriti o a rischio di malnutrizione con valori di MNA (Mini Nutritional Assessment) e di buona parte dei parametri nutrizionali (albumina, transferrina, circonferenza del polpaccio, emoglobina, in particolare) meno buoni. In letteratura è ampiamente dimostrato che le classi di soggetti di età superiore ai 65 anni presentano franche carenze nutrizionali, in particolare per alcuni micronutrienti (8-10). Un terzo delle persone anziane autonome che vivono nel proprio domicilio presenta una carenza nell’apporto di almeno un micronutriente; inoltre più del 4% di essi presenta una malnutrizione proteico-calorica. Questa percentuale aumenta man mano che ci si sposta verso quei gruppi di popolazione di anziani che sono ospedalizzati (inchiesta Euronut-Seneca) (8). L’anoressia conseguente all’invecchiamento rappresenta una causa di malnutrizione che è sempre associata a un aumento della mortalità e della disabilità funzionale. In particolare, la malnutrizione (sia calorica che proteico-calorica) può influenzare negativamente l’esito clinico di programmi di riabilitazione (30). Un’ulteriore dimostrazione dell’importanza di stato di nutrizione è data dall’osservazione che, dopo i sessanta anni, la perdita di peso è associata a un calo della massa

muscolare e, di conseguenza, della forza muscolare. La sarcopenia, di fatto, svolge un ruolo principale per l’inizio di fragilità, menomazioni funzionali e metaboliche, disabilità fisiche che espongono gli anziani a un aumentato rischio di cadute. Nei nostri studi si conferma come la forza muscolare (valutata con hand-grip test) e lo score alle attività strumentali della vita quotidiana (IADL) siano significativamente più bassi nei soggetti anoressici (11, 24). In conclusione si può affermare che le conseguenze dell’anoressia negli anziani sono gravi potendo influenzare la morbilità, la disabilità, la mortalità e la qualità della vita. È quindi indispensabile, nell’ambito della valutazione multidimensionale geriatrica, valutare il rischio di malnutrizione e il comportamento alimentare. È anche necessario mettere a punto procedure di intervento che tengano conto delle cause dell’anoressia, trattando le disabilità e la comorbilità di base, utilizzando alimenti funzionali e garantendo un adeguato livello di assistenza al momento dell’assunzione del cibo. Valutazione multidimensionale del paziente con anoressia senile È necessario un approccio multidimensionale per identificare l’influenza e il contributo dei singoli fattori nella patogenesi dell’anoressia senile al fine di ottimizzarne il trattamento. Uno dei criteri per definire la presenza di AS adottato in alcuni studi (32) è rappresentato dall’osservazione, per 3 o più giorni e in assenza di patologie del cavo orale che ostacolino la masticazione e l’alimentazione normale (per esempio, disfagia, dolore orale, ridotta vigilanza), una riduzione dell’introito alimentare uguale o superiore al 50% della razione standard servita. I soggetti in cui è stata posta diagnosi di AS è necessario effettuare una valutazione multidimensionale analizzando i seguenti aspetti. novembre 2017

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CORSO ecm A DISTANZA / MODULO 5

Stato di nutrizione. Può essere analizzato mediante: n Mini Nutritional Assessment; n parametri antropometrici: indice di massa corporea (BMI), plica tricipitale (TSF), circonferenza del braccio (CB), circonferenza dei muscoli del braccio (CMB) secondo procedure standardizzate; n parametri ematochimici (proteine da trasporto: prealbumina, albumina, transferrina; proteine da stress: proteina C reattiva, mucoproteine; conta dei linfociti); n caratteristiche dell’intake alimentare (composizione dei pasti, variabilità degli alimenti, pasti non cucinati, numero di pasti assunti, snack o spuntini, uso di integratori, alimenti sgraditi o rifiutati, ecc.); n forza dei muscoli flessori dell’avambraccio mediante dinamometria. Depressione. Per la valutazione della depressione possono essere utilizzate: n una scala soggettiva, la Geriatric Depression Scale; n una scala oggettiva, la Cornell Scale for Depression.

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Giustificazione del paziente. Tale giustificazione del paziente è relativa al proprio comportamento alimentare che in linea di massima potrà essere classificata come: n negazione del problema: “ho sempre mangiato come in questo momento”; n indisposizione: il paziente mangia poco e poi rifiuta di continuare a mangiare in quanto si sente “pieno” o ha “mal di stomaco” o “nausea”; n rifiuto: comportamento oppositivo, allontana le persone che vorrebbero aiutarlo. Stato sociale. Per valutare lo stato sociale vanno raccolte informazioni riguardanti gli ultimi 6 mesi. La raccolta delle informazioni deve essere focalizzata su: stato civile, conviventi, lutti, presenza di persone che aiutino a fare la spesa e/o a cucinare, sensazione di abbandono (tristezza, sensazione di inutilità, ecc.). Stato di salute. La gravità dello stato clinico, il livello di comorbilità e di severità possono essere valutati utilizzando la Cumulative Illness Rating Scale (CIRS). Questa scala classifica la comorbilità prendendo in

considerazione, per 13 apparati funzionali, il livello di gravità della condizione clinica da 0 (nessun problema) a 4 (condizione severamente invalidante o a elevato rischio di morte). Il Comorbidity Index è dato dal numero delle condizioni con score => 3. Il Severity Index è il valore medio del livello di gravità per i 13 apparati funzionali. Terapia prescritta. Il numero e la tipologia di farmaci assunti dal paziente debbono essere registrati e valutati rispetto al loro impatto sull’anoressia e sulla malnutrizione. Sintomi gastrointestinali. Deve essere registrata la presenza di sintomi potenzialmente in grado di influenzare l’introito alimentare, quali stipsi (frequenza settimanale dell’alvo), diarrea (sì/no) e dolori epigastrici. Dolore. La presenza di una sintomatologia dolorosa può comportare una riduzione dell’introito alimentare; tale sintomatologia può essere valutata e graduata secondo il seguente schema di stadiazione: a) posso sopportare il dolore senza prendere farmaci. Le mie attività quotidiane non sono aggravate dal dolore e non ne risentono; b) provo dolore, ma sono ancora in grado di condurre una vita normale senza farmaci; c) i farmaci mi danno sollievo dal dolore e utilizzandoli posso compiere la mie attività quotidiane; d) i farmaci mi danno un moderato sollievo dal dolore. Ho bisogno di aiuto, ma posso compiere la maggior parte delle mie attività giornaliere da solo; e) i farmaci mi danno poco sollievo, ho bisogno di aiuto per compiere tutte le più semplici attività della vita quotidiana; f) i farmaci non mi aiutano. Non posso compiere nessuna delle attività della vita quotidiana. Deterioramento funzionale e cognitivo. Si valutano: a) livelli di autonomia: Activities of Daily Living (ADL) e Instrumental Activities of Daily Living (IADL);


i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione nelle varie età

b) stato cognitivo: Mini Mental State Examination (MMSE). Qualità di vita. Questa variabile rappresenta sia una causa di anoressia che una conseguenza del peggioramento dello stato di nutrizione. La qualità di vita (funzione sociale, sintomi fisici, stato cognitivo, depressione, autonomia) può essere valutata mediante il questionario sullo stato di salute SF-36. Funzione masticatoria. Andranno contati i denti naturali residui e il numero di coppie di denti (superiore/inferiore) in grado di assicurare un’adeguata efficienza della masticazione. Va inoltre valutata la presenza, la funzionalità e l’effettivo utilizzo della eventuale protesi odontoiatrica. La funzione masticatoria può essere valutata impiegando una gomma da masticare bicolore e misurando, in condizioni standard, il grado di mescolamento dei due colori (11, 24). Funzione deglutitoria. Può rappresentare un fattore causale di anoressia e malnutrizione. Può essere valutata mediante lo SWAL-QOL, uno strumento validato di autovalutazione che fornisce informazioni sulla capacità deglutitoria di alimenti e liquidi. Funzionalità del gusto e dell’olfatto. La soglia dell’olfatto può essere valutata utilizzando una metodologia scalare ascendente. Gli stimoli presentati durante i test sono il mentolo disciolto in un olio e alcol feniletilico disciolto in acqua deionizzata. La soglia del gusto viene valutata per i gusti di base, utilizzando il saccarosio (dolce), il cloruro di sodio (salato), l’acido citrico (acido) e il cloridrato di chinina (amaro). Neurotrasmettitori implicati nel controllo dell’appetito e concentrazione dei fattori gastrointestinali. La scelta degli alimenti, come ogni altro comportamento complesso, coinvolge un gran numero di neurotrasmettitori e sistemi neuronali. Possono essere misurati i livelli ematici di grelina e leptina che, insieme ad altri neurotrasmettitori, sono implicati nell’anoressia dell’anziano (19).

Produzione e concentrazione plasmatica delle citochine. Va misurata le concentrazione plasmatica di IL-6. L’interazione delle citochine pro-infiammatorie con i neurotrasmettitori come la leptina, la CCK e il NPY è un fattore importante nell’anoressia che spesso accompagna le infezioni croniche, le patologie neoplastiche e autoimmuni (13). Varietà della dieta. Può essere stabilita mediante il confronto tra i consumi alimentari del soggetto in esame e le frequenze di consumo indicate nelle linee guida dell’Inran. Trattamento dell’anoressia senile Al momento il trattamento del paziente con AS è aspecifico e si basa su alimenti a bassa consistenza, facilmente digeribili e di agevole deglutizione. Gli alimenti (purea, omogeneizzati, semolino, ecc.) sono spesso di scarsa appetibilità. Tale approccio non tiene conto delle molteplici cause dell’AS e spesso non è in grado di contrastare l’AS e tanto meno di prevenire la comparsa di una malnutrizione (33). Al contrario, grazie alla valutazione multidimensionale precedentemente descritta, è possibile ipotizzare protocolli di trattamento che considerino la causa dell’anoressia e che pertanto utilizzino: n alimenti a più elevata densità energetica per quei soggetti che hanno un’anoressia legata a precoce sensazione di ripienezza (probabilmente legata a un’alterata concentrazione di grelina e/o leptina e/o a una ridotta distensibilità del fondo gastrico). È possibile assicurare un apporto adeguato di calorie e nutrienti riducendo di un 20% il volume degli alimenti; n alimenti caratterizzati da una fortificazione del flavour, dall’esaltazione di determinati stimoli di natura trigeminale (cambiamenti della texture, controllo della temperatura) e visiva (cambiamenti di colore) per quei soggetti che dimostrino una

ridotta percezione gustativa o olfattiva; n acidi grassi omega-3 per meglio modulare la risposta immunitaria in soggetti in cui l’anoressia è causata da un’eccessiva produzione di citochine anoressanti. Bibliografia 1. Covinsky KE et al. The relationship between clinical assessments of nutritional status and adverse outcomes in older hospitalized medical patients. J Am Geriatr Soc. 1999 May;47(5):532-8. 2. Lipschitz DA. Malnutrition in the elderly. Semin Dermatol. 1991 Dec;10(4):273-81. Review. 3. Guigoz Y, Vellas BJ. Malnutrition in the elderly: the Mini Nutritional Assessment (MNA). Ther Umsch. 1997 Jun;54(6):345-50. Review. 4. Mowé M, Bøhmer T. The prevalence of undiagnosed protein-calorie undernutrition in a population of hospitalized elderly patients. J Am Geriatr Soc. 1991 Nov;39(11):1089-92. 5. Dick A et al. Forecasting nursing home utilization of elderly Americans. In D.A. Wise (Ed.), Studies in the Economics of Aging (pp. 365-394). Chicago: The University of Chicago Press, 1994. 6. Vellas BJ et al. Changes in nutritional status and patterns of morbidity among free-living elderly persons: a 10-year longitudinal study. Nutrition. 1997 Jun;13(6):515-9. 7. Donini LM et al. Effect of nutritional status on clinical outcome in a population of geriatric rehabilitation patients. Aging Clin Exp Res. 2004 Apr;16(2):132-8. 8. Euronut-SENECA, De Groot CGPM, Van Staveren WA, Hautvast JGAJ eds, 1991. A concerted action on nutrition and health in Europe. Eur J Clin Nutr, 45 suppl, 3, S1-196. 9. Harris CL, Fraser C. Malnutrition in the institutionalized elderly: the effects on wound healing. Ostomy Wound Manage. 2004 Oct;50(10):54-63. 10. Donini LM et al. Senile anorexia in acuteward and rehabilitation settings. J Nutr Health Aging 2008; 12(8): 511-7. 11. Lesourd B, Raynaud-Simon A, Mathey MF. Comment favoriser la prise alimentaire des sujects âgés. Nutr Clin Métabol 2001; 15: 177-88. 12. Donini LM, Savina C, Cannella C. Eating habits and appetite control in the elderly: the anorexia of aging. Int Psychogeriatr. 2003 Mar;15(1):73-87. Review. 13. American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, DSM5. 5th ed. 2013, American Psychiatric Publishing, Arlington, VA. 14. Donini LM. Control of food intake. In: Food for the Ageing Population. Raats MM, de Groot

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CORSO ecm A DISTANZA / MODULO 5

LCPGM, van Asselt D, eds; 2nd Edition 2017 Elsevier Ltd. 15. Berstein MA et al. Higher dietary is associated with better nutritional status in frail elderly people. J Am Diet Assoc 2002; 102 (8): 1096-104. 16. de Groot CP et al. Determinants of macronutrient intake in elderly people. Eur J Clin Nutr. 2000 Jun;54 Suppl 3:S70-6. 17. Chapman IM. Endocrinology of anorexia of ageing. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab. 2004 Sep;18(3):437-52. Review. 18. MacIntosh CG, Horowitz M, Verhajen MAMT, Smout AJPM, Wishart J, Morris H, Goble E, Morley JE, Chapman IM. Effect of small intestinal nutrient infusions on appetite, gastrointestinal hormone release and gastric myoelectrical activity in young and older men. Am J Gastr, 2001 96, 4, 997-1006. 19. MacIntosh CG et al. Effect of exogenous cholecystokinin (CCK)-8 on food intake and plasma CCK, leptin, and insulin concentrations in older and young adults: evidence for increased CCK activity as a cause of the anorexia of aging. J Clin Endocrinol Metab. 2001 Dec;86(12):5830-7.

20. Mulligan C et al. Alterations of sensory perceptions in healthy elderly subjects during fasting and refeeding. A pilot study. Gerontology. 2002 Jan-Feb;48(1):39-43. 21. Haller J et al. Changes in the vitamin status of elderly Europeans: plasma vitamins A, E, B-6, B-12, folic acid and carotenoids. SENECA Investigators. Eur J Clin Nutr. 1996 Jul;50 Suppl 2:S32-46. 22. Schiffman SS. Perception of taste and smell in elderly persons. Crit Rev Food Sci Nutr. 1993;33(1):17-26. Review. 23. Bartali B et al. Age and disability affect dietary intake. J Nutr. 2003 Sep;133(9):2868-73. 24. Donini LM et al. Senile anorexia in different geriatric settings in Italy. J Nutr Health Aging. 2011 Nov;15(9):775-81. 25. Pulska T et al. Depressive symptoms predicting six-year mortality in depressed elderly finns. Int J Geriatr Psychiatry. 2000 Oct;15(10):940-6. 26. Bernstein M et al. Higher dietary diversity is associated with better nutritional status in frail elders. FASEB J, 1999, A695. 27. Marcus EL, Berry EM. Refusal to eat in the

elderly. Nutr Rev. 1998 Jun;56(6):163-71. Review. 28. World Health Organization. Diet, nutrition and the prevention of chronic diseases: report of the joint WHO/FAO Expert Consultation. Geneva; 2003. 29. Food Safety and Consumer Protection. Food and nutritional care in hospitals: how to prevent undernutrition. Report and recommendations of the Committee of Experts on Nutrition, Council of Europe Publishing, Strasbourg (France) 2002. 30. Wurtman JJ et al. Calorie and nutrient intakes of elderly and young subjects measured under identical conditions. J Gerontol. 1988 Nov;43(6):B174-80. 31. Donini LM et al. Anorexia and eating patterns in the elderly. PLoS One. 2013 May 2;8(5):e63539. 32. Donini LM, Poggiogalle E, del Balzo V. Food Preferences in the Elderly: Molecular Basis. In Molecular Basis of Nutrition and Aging. Malavolta M ed. Pages 117-122. 2016 Elsevier Inc. 33. Donini LM et al. Nutritional interventions in the anorexia of aging. J Nutr Health Aging. 2010 Jun;14(6):494-6.

questionario di valutazione 1. La malnutrizione nel soggetto anziano: a) non è un problema di frequente riscontro nella società occidentale b) ha una prevalenza di circa il 5-10% al momento dell’ammissione in ospedale c) ha una prevalenza di circa il 5-10% al momento dell’ammissione in ospedale d) interessa circa la totalità dei pazienti al momento dell’ammissione in ospedale 2. Nell’anziano, l’anoressia ambientale e psicologica: a) è dovuta a indigenza, solitudine e isolamento sociale b) è dovuta a patologie come la depressione maggiore c) si riscontra solo a latitudini estreme d) è dovuta ad alterazioni del tratto gastroenterico che si verificano fisiologicamente con l’età 3. Tutte le seguenti possono causare anoressia fisiologica nell’anziano, tranne:

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a) edentulia b) alterata salivazione c) disfunzione erettile d) riduzione della superficie assorbente intestinale 4. Rispetto ai soggetti giovani, nei soggetti edentuli: a) si ha un diminuito consumo di carboidrati e di alcune vitamine e minerali b) si ha un aumentato consumo di carboidrati c) si ha un diminuito consumo di carboidrati ma non di vitamine e minerali d) non c’è una differenza nell’intake alimentare 5. Rispetto all’anziano sano, il soggetto con anoressia senile: a) presenta gli stessi consumi alimentari ma un grado di attività fisica aumentato b) consuma meno cereali e latte c) consuma più lipidi d) consuma meno proteine e fibra alimentare


i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione nelle varie età

6. Soggetti con anoressia senile generalmente non presentano: a) punteggi MNA indicativi di malnutrizione b) febbre e leucocitosi c) ridotta circonferenza del polpaccio d) ridotti livelli plasmatici di albumina 7. La sarcopenia: a) non si associa frequentemente all’anoressia senile b) è la riduzione del tessuto muscolare e osseo c) è la riduzione del tessuto muscolare d) è la riduzione del tessuto osseo 8. La sarcopenia a) si può valutare tramite hand-grip o DEXA b) si valuta tramite dosaggio plasmatico della CK-MM c) si valuta tramite dosaggio plasmatico della CK-BB d) si valuta tramite dosaggio plasmatico della CK-MB 9. L’anoressia nervosa: a) è una patologia frequente ma dalla scarsa rilevanza clinica b) si osserva solo nei soggetti con età superiore agli 85 anni c) interessa solo il sesso femminile d) può influenzare morbilità, mortalità e qualità della vita 10. La valutazione nutrizionale in soggetti con anoressia senile non comprende: a) assessment psicologico b) MNA (mini nutritional assessment) c) parametri antropometrici d) anamnesi alimentare 11. Il paziente con anoressia senile generalmente non giustifica il proprio comportamento tramite:

a) negazione del problema b) abitudini culturali c) indisposizione fisica (ripienezza, discomfort) d) rifiuto (comportamento oppositivo) 12. Il deterioramento funzionale o cognitivo non viene valutato tramite: a) Hamilton Depression Scale b) Activities of Daily Living c) Instrumental Activities of Daily Living d) Mini Mental State Evaluation 13. Le patologie croniche si associano a un’aumentata produzione di IL-6 che può sostenere l’anoressia senile. In questo senso, non è coinvolta l’interazione tra IL-6 e: a) leptina b) CCK c) NPY d) PRL 14. Nell’instaurarsi di anoressia senile può avere un ruolo: a) l’assunzione di acido acetilsalicilico b) la presenza di cicli binge/purge c) l’aumento della percezione sensoriale d) la riduzione della percezione sensoriale 15. L’anoressia senile: a) deve essere considerata e valutata in tutti i soggetti anziani all’ingresso in ospedale b) è presente in tutti i soggetti anziani all’ingresso in ospedale c) è presente in tutti i soggetti femmine all’ingresso in ospedale d) è presente in tutti i soggetti maschi all’ingresso in ospedale

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nutrizione / SINDROME METABOLICA

Dieta mediterranea e stile di vita nella SINDROME METABOLICA al femminile Esiste una relazione tra aderenza alla dieta mediterranea e prevalenza della sindrome metabolica? Secondo i ricercatori la risposta è affermativa: la dieta mediterranea, anche tra le donne in età perimenopausale, sarebbe inversamente associata a ipertensione arteriosa, patologie cardiovascolari e rischio di obesità

L

a sindrome metabolica (SM) viene riconosciuta se il soggetto presenta almeno 3 dei seguenti criteri: circonferenza addominale elevata, ipertensione, ipetrigliceridemia, livelli ridotti di colesterolo HDL e glicemia >100 mg/dl (includendo anche il diabete). Lo US Study of Women’s Health across the Nation (SWAN) ha evidenziato un aumento dell’incidenza di sindrome metabolica 6 anni prima e dopo l’ultimo ciclo mestruale, indipendentemente da altri fattori di rischio come l’aumento di peso e il fumo. Essa è presente nel 20-30% delle donne di mezza età, aumenta il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e diabete. Le malattie cardiovascolari (MCV) si collocano infatti fra le patologie correlate alla caduta dei livelli plasmatici degli estrogeni. La sindrome metabolica determina un rischio cardiovascolare superiore a quello imputabile ai singoli fattori di rischio in forma isolata.

Sindrome metabolica e menopausa Il principale fattore che influenza la progressione della sindrome metabolica nel periodo perimenopausale è l’aumento di peso e, ancor di più, la modificazione della composizione corporea con aumento del grasso addominale che avviene quando le ovaie smettono di funzionare, con conseguente aumento del rischio di diabete, ipertriglice-

di Hellas Cena e Rosella Bazzano Laboratorio di Dietetica e Nutrizione Clinica Dipartimento di Sanità Pubblica Medicina Sperimentale e Forense Università degli Studi di Pavia

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nutrizione / SINDROME METABOLICA

[ L’olio d’oliva ha dimostrato di migliorare la sensibilità insulinica, mentre gli acidi grassi omega-3, contenuti nel pesce, riducono

ridemia, aumento delle LDL, ipertensione arteriosa e quindi malattie cardiovascolari, a cui concorre anche l’iperattività simpatica e l’aumento dell’infiammazione. Nella fascia di età che coincide con la perie post-menopausa, circa il 50% delle donne presenta un aumento di peso corporeo, che riduce la sensibilità insulinica e incrementa la pressione sistolica. Per ridurre il rischio di cardiopatia ischemica è importante intervenire tempestivamente sui fattori di rischio, prestando attenzione all’attività fisica e all’alimentazione.

i trigliceridi e hanno un’azione antinfiammatoria

]

Sindrome metabolica e dieta mediterranea È stata osservata una relazione inversa tra l’aderenza alla dieta mediterranea e la prevalenza della sindrome metabolica. La dieta mediterranea è significativamente e

inversamente associata sia all’ipertensione arteriosa sistolica e diastolica, che agli eventi cardiovascolari, oltre a ridurre il rischio di mortalità post infarto miocardico e la malattia arteriosa periferica. Anche il rischio di obesità diminuisce con l’aumentare dell’aderenza alla dieta mediterranea tradizionale. Ciò potrebbe essere spiegato dalla composizione tipica di questa dieta. Il componente principale che caratterizza la dieta mediterranea, l’olio d’oliva, ha dimostrato di migliorare la sensibilità insulinica, mentre gli acidi grassi omega-3, contenuti nel pesce, riducono i trigliceridi e hanno un’azione antinfiammatoria. Inoltre ortaggi e frutta sono ricchi di antiossidanti che aiutano a contenere il danno da radicali liberi che sta alla base di tale patologia. Questi ed altri ancora sono i composti

> Piramide alimentare mediterranea. Linee guida per la popolazione adulta. Fonte: Fundación Dieta Mediterránea, edizione 2010.

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nutrizione / SINDROME METABOLICA

Principali caratteristiche della dieta mediterranea

attraverso cui si esplica anche l’effetto preventivo sul cancro, attraverso l’azione antiproliferativa e pro-apoptotica, principalmente dovuto ai componenti dell’olio extravergine di oliva e delle verdure, che hanno mostrato una serie di vantaggi anche in relazione al metabolismo osseo, artrite reumatoide e malattie neurodegenerative età-correlate (deficit cognitivi, morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson). I diversi componenti della dieta mediterranea sono stati studiati in relazione alla sindrome metabolica in individui senza malattie cardiovascolari iscritti allo studio di ATTICA, che comprendeva una popolazione dalla regione dell’Attica in Grecia (3). Maggior consumo di cereali, pesce, legumi, verdure e frutta è stato associato a livelli ridotti di marcatori della sindrome metabolica, mentre il maggiore consumo di carne e di alcol è stato associato a un aumento. Per ridurre l’incidenza di sindrome metabolica sono state proposte diverse strategie dietetiche, tra cui l’assunzione adeguata di omega-3, la riduzione di grassi saturi e trans, il consumo di frutta e verdura, noci, cereali integrali e grani non raffinati. Tutte queste raccomandazioni mirano a ridurre l’infiammazione vascolare connessa con la sindrome metabolica. I livelli di glucosio oscillanti hanno effetti più deleteri sulla funzione endoteliale e stress ossidativo in pazienti diabetici di una glicemia

Alimenti di origine vegetale

Frutta e verdura, patate, cereali non raffinati, legumi, frutta secca, semi

Grassi di origine vegetale

Olio di oliva

Prodotti di origine animale

Pesce azzurro, latte e yogurt in modeste quotidiane quantità, carne bianca, uova

Aromi e spezie

Origano, salvia, aglio, peperoncino, timo, rosmarino, basilico, prezzemolo

Stile di vita

Attività fisica regolare, ridotto utilizzo di auto e veicoli a motore

Esposizione al sole

Correlata ai livelli di produzione di serotonina e vitamina D nonché alla salute cardiovascolare

Ambiente sociale

Strette relazioni familiari, ridotto stress con conseguente benessere e ottimismo con ricadute positive sullo stile di vita e sull’umore

costantemente elevata, con conseguenti complicanze cardiovascolari. L’aderenza alla dieta mediterranea è stata dimostrata essere associata con una riduzione del rischio di diabete. Questo effetto protettivo è fondamentalmente dovuto all’elevato apporto di grassi vegetali, e basso di acidi grassi trans, all’olio extravergine di oliva e a un consumo moderato di alcol. Questa combinazione produce un alto rapporto di acidi grassi monoinsatori (MUFAs) vs acidi grassi saturi (SAFs). Tuttavia la dieta mediterranea manifesta il suo ruolo protettivo non solo attraverso l’alimentazione sana, ricca di prodotti della terra (vegetali, olio di oliva, cereali non raffinati) e pesce, seguita nel tempo in maniera rigorosa, ma anche attraverso l’attività fisica e l’esposizione all’aria aperta che sono connotati troppo spesso dimenticati da chi propone un regime dietetico mediterraneo, che deve tener conto dello stile di vita attivo, importante per contrastare la sindrome metabolica in un’età di transizione della vita della donna come quella della perimenopausa.

Bibliografia 1. Pérez-López FR, Chedraui P, Haya J, Cuadros

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Stefanadis C. The association between food patterns and the metabolic syndrome using principal components analysis: the ATTICA study. J Am Diet Assoc 2007;107:979–87. 3. Fitó M et al. PREDIMED Study Investigators.

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Arrillaga C, Nunez-Cordoba JM, et al. Adherence to Mediterranean diet and risk of developing diabetes: prospective cohort study. BMJ 2008;336(14):1348–51.

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dermatologia / xerosi

Pelle disidratata, ruvida e screpolata: gli effetti della xerosi cutanea

L

e condizioni climatiche dei freddi mesi invernali, quando l’aria è molto secca e rigida, mettono a dura prova l’equilibrio della pelle, accentuando il disturbo della pelle secca, particolarmente diffuso soprattutto tra gli anziani. Xerosi cutanea (dal greco “xero”, che significa secco) è il termine medico con cui si indica la patologia causata da una ridotta idratazione della pelle, per cui questa si presenta ruvida, tesa, screpolata e perfino desquamata, con tutto il corollario di fastidiose conseguenze secondarie che ne derivano. Cause scatenanti della disidratazione Nel meccanismo della disidratazione rivestono un ruolo decisivo tre fattori principali: la perdita di acqua dallo strato corneo, un’accelerazione del turnover cellulare epidermico e un danno di barriera. Lo strato corneo disidratato fa sì che la superficie cutanea si presenti ruvida al tatto e pruriginosa; una percentuale del 10% di disidratazione è sufficiente per scatenare una sensibile alterazione dell’elasticità cutanea. Un turnover cellulare epidermico accelerato è invece causato da stimoli irritativi come l’esposizione ai raggi UV, il contatto prolungato con sostanze allergizzanti o irritanti. Tali stimoli inibiscono infatti la corretta differenziazione dei cheratinociti con conseguente alterazione della produzione della componente lipidica. Il danno di barriera, dovuto a stimoli esoge-

Il disturbo si accentua con il freddo e il clima secco tipici dell’inverno. L’utilizzo di detergenti aggressivi, l’assunzione di corticosteroidi e la presenza di diabete sono tra i principali fattori scatenanti

ni, causa la perdita dei lipidi intercellulari per cui l’acqua non viene più trattenuta dagli strati più esterni del corneo, portando all’insorgenza di xerosi cutanea. Come già accennato, la secchezza cutanea può essere addebitabile a patologie determinate da fattori genetici o familiari (cute

di Luca Vanni

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dermatologia / xerosi

(diabete, ipotiroidismo, neoplasie, insufficienza renale, connettiviti, deficit alimentari specifici).

fragile, senile, atopica, ittiosica, psoriasica, ecc.), a cause ambientali (esposizione a clima ventoso e secco, raggi ultravioletti, ecc.), a sostanze chimiche aggressive, a partire da saponi e detergenti utilizzati per l’igiene quotidiana, all’assunzione di corticosteroidi e diuretici, a malattie sistemiche

Sintomatologia I principali sintomi con i quali si manifesta la xerosi nelle sue diverse condizioni cliniche sono la sensazione di tensione della pelle, il prurito e il bruciore diffusi o localizzati a seconda dei diversi quadri clinici. La cute xerotica è caratterizzata clinicamente da segni tipici, quali desquamazione, aspetto opaco, riduzione dell’elasticità, accompagnati o meno da eritema e lacerazioni in misura particolare nella parte inferiore delle gambe, su avambracci e mani. Nella stagione invernale i sintomi si acuiscono per via della bassa umidità sia negli ambienti chiusi (a causa degli impianti di riscaldamento) che all’aperto (per l’esposizione al freddo e al vento). Gli effetti secondari che possono sopraggiungere a seguito dell’insistenza del disturbo sono una maggiore predisposizione a sviluppare eczemi di origine irritativa o allergica, infezioni microbiche e, nell’anziano, ulcerazioni. L’eczema asteatosico,

Alterazioni dell’equilibrio della cute negli anziani e nei diabetici È noto quanto l’avanzare dell’età sia in grado di indurre cambiamenti rilevanti anche a livello epidermico, come per esempio una riduzione nella produzione di sebo e di glicerolo, sostanza, quest’ultima, indispensabile per il trasporto di acqua tra i vari strati della pelle. A tutto ciò si aggiunge un fisiologico assottigliamento del derma, riserva della maggior parte dell’acqua presente nella cute. Gli effetti del fotoaging, il clima, gli stili di vita, la presenza di eventuali patologie

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Professione Salute

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o l’assunzione di alcuni farmaci per malattie croniche contribuiscono a rendere la pelle sempre più sottile e screpolata. Così la cute risulta più esposta agli effetti dannosi degli agenti esterni e incline alle irritazioni e alle infiammazioni. Anche il paziente diabetico manifesta nella grande maggioranza dei casi disturbi e malattie cutanee collegate proprio all’alterato metabolismo del glucosio. Alcune di queste possono sopraggiungere diverso tempo prima che si pre-

senti il diabete, rivestendo così rilevanza nell’ottica di una diagnosi precoce della patologia diabetica. Le dermatosi si manifestano nel 30-79% dei diabetici; oltre l’80% dei diabetici ha la xerosi cutanea localizzata agli arti inferiori. La pelle secca è la seconda dermopatia più comune, dopo le infezioni, nei soggetti diabetici, spesso localizzata nella parte frontale degli arti inferiori, in particolare nella parte tibiale della gamba.


dermatologia / xerosi

complicanza della xerosi, si manifesta quando lo strato corneo presenta fissurazioni o escoriazioni che consentono agli agenti ambientali irritanti di poter penetrare nella cute e quindi causare infiammazione o infezioni. Come curarla Ebbene, ai pazienti che soffrono del disturbo bisogna consigliare di effettuare una sola doccia al giorno (l’acqua calda accentua il disturbo), evitando l’impiego di saponi aggressivi e detergenti in grado di provocare secchezza. Bisogna altresì avere l’attenzione di non porre a contatto della cute materiali potenzialmente irritanti, quale per esempio la lana. Un umidificatore può risultare benefico poiché capace di aumentare l’umidità degli ambienti chiusi durante l’inverno. In farmacia, grazie alla disponibilità di numerosi principi attivi in formulazione topica, sono facilmente individuabili le soluzioni più appropriate per ristabilire la giusta idratazione della cute e della funzione barriera dell’epidermide. A proposito di emollienti, questi risultano essere utili se applicati con frequenza specie dopo il bagno, quando cioè la cute si presenta umida e più morbida. Gli emollienti da banco sono svariati e disponibili in molte soluzioni, tra questi la vaselina alba è economica ed efficace. Si consiglia di non impiegare emollienti profumati, in quanto potrebbero irritare maggiormente la cute secca, determinando una sensibilizzazione da contatto. Le creme che richiedono una prescrizione medica e le lozioni aiutano a rimuovere le squame, a mantenere la cute idratata e a prevenire il sopraggiungere della fastidiosa

tipica sintomatologia. Un unguento corticosteroideo topico a bassa potenza (ad esempio l’idrocortisone all’1 o al 2,5%) è efficace nella cura della cute secca infiammata. Tale prodotto va applicato sulle aree colpite dal disturbo dopo avere effettuato la doccia e prima di andare a dormire, evitando però l’uso prolungato a causa dell’inevitabile assorbimento sistemico del principio attivo. Inoltre, i prodotti a base di urea e lattato sono quelli ideali nei casi di secchezza molto acuta. Infatti queste due sostanze sono in grado di rispettare l’equilibrio idrolipidico della pelle e lo ricostruiscono qualora fosse necessario. Nel caso di forme di secchezza lieve si possono impiegare creme e oli a base di lipidi omega o di sostanze calmanti come il polidocanolo.

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Gli emollienti risultano essere utili se applicati con frequenza specie

dopo il bagno, quando cioè la cute si presenta umida e più morbida

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Professione Salute

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SALUTE E BENESSERE / INFLUENZA

Prevenzione dell’influenza: le raccomandazioni del ministero Il ministero della Salute, in una circolare, ha fornito una serie di indicazioni dettagliate per la prevenzione dell’influenza attraverso la vaccinazione e le misure di igiene e protezione individuale

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e epidemie di influenza stagionale sono associate a elevata morbosità e mortalità. Secondo il Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC) sono circa 40.000 le persone muoiono prematuramente ogni anno a causa dell’influenza nell’Unione Europea. Il 90% dei decessi si verifica in soggetti di età superiore ai 65 anni, specialmente tra quelli con condizioni cliniche croniche di base. Per la sanità pubblica l’influenza rappresenta una rilevante fonte di costi diretti e indiretti per l’attuazione delle misure di controllo e la gestione dei casi e delle complicanze della malattia. Il ministero della Salute in una circolare, della quale ripercorriamo di seguito alcuni punti salienti, ha ribadito quali sono le misure di prevenzione e controllo raccomandate per contenere l’epidemia stagionale. Misure di prevenzione dell’influenza «La trasmissione interumana del virus dell’influenza si può verificare per via aerea attraverso le gocce di saliva di chi tossisce o starnutisce, ma anche attraverso il contatto con mani contaminate dalle secrezioni respiratorie. Per questo, una buona igiene

delle mani e delle secrezioni respiratorie può giocare un ruolo importante nel limitare la diffusione dell’influenza» ribadiscono dal ministero. Recentemente il Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC) ha valutato le evidenze sulle misure di protezione personali utili per ridurre la trasmissione del virus dell’influenza, e ha raccomandato le seguenti azioni: 1. Lavaggio delle mani. 2. Buona igiene respiratoria.

di Rachele Villa

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SALUTE E BENESSERE / INFLUENZA

3. Isolamento volontario a casa delle persone con malattie respiratorie febbrili specie in fase iniziale. 4. Uso di mascherine da parte delle persone con sintomatologia influenzale quando si trovano in ambienti sanitari (ospedali). Tali misure si aggiungono a quelle basate sui presidi farmaceutici (vaccinazioni e uso di antivirali).

[ Si raccomanda fortemente la vaccinazione antinfluenzale di tutti gli operatori sanitari, direttamente e indirettamente coinvolti nella cura e gestione del paziente, in quanto sono a maggior rischio di acquisire l’infezione rispetto alla popolazione generale

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La vaccinazione Al momento in Italia sono disponibili i vaccini antinfluenzali trivalenti (TIV), che contengono 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e un virus di tipo B, e un vaccino quadrivalente che contiene 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e 2 virus di tipo B. L’efficacia del vaccino dipende soprattutto dal match esistente fra i virus in esso contenuti e quelli circolanti. Per la stagione 2017-2018 la composizione vaccinale è la seguente: n antigene analogo al ceppo A/Michigan/45/2015 (H1N1), nuova variante n antigene analogo al ceppo A/Hong Kong/4801/2014 (H3N2), presente anche nel vaccino 2016/2017 n antigene analogo al ceppo B/Brisbane/60/2008 (lineaggio B/Victoria), presente anche nel vaccino 2016/2017. Raccomandazioni sull’impiego dei vaccini «Il vaccino antinfluenzale – spiegano dal ministero – è indicato per tutti i soggetti che desiderano evitare la malattia influenzale e che non abbiano specifiche controindicazioni. Tuttavia, in accordo con gli obiettivi della pianificazione sanitaria nazionale e con il perseguimento degli obiettivi specifici del programma di immunizzazione contro l’influenza, tale vaccinazione viene offerta attivamente e gratuitamente ai soggetti che per le loro condizioni personali corrano un maggior rischio di andare incontro a complicanze nel caso contraggano l’influenza».

La campagna di vaccinazione stagionale, promossa e sostenuta dal Ssn, è rivolta principalmente ai soggetti classificati e individuati a rischio di complicanze severe e a volte letali, in caso contraggano l’influenza. L’offerta gratuita attiva è rivolta anche alle persone non a rischio che svolgono attività di particolare valenza sociale. Come incrementare la copertura vaccinale Gli obiettivi di copertura, per tutti i gruppi target, sono i seguenti: il 75% come obiettivo minimo perseguibile e il 95% come obiettivo ottimale. Per gli esperti è necessario incrementare la copertura vaccinale nei gruppi a rischio, predisponendo specifiche misure per l’offerta attiva della vaccinazione antinfluenzale e il raggiungimento degli obiettivi di copertura in tali soggetti. Tra le modalità raccomandate, il ministero suggerisce di rafforzare il coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta e di sensibilizzare anche i medici specialisti ospedalieri, le associazioni dei malati e le associazioni per gli anziani sull’importanza della vaccinazione antinfluenzale nei pazienti a rischio, anche per incrementare la compliance vaccinale. Gli operatori sanitari, direttamente e indirettamente coinvolti nella cura e gestione del paziente, sono a maggior rischio di acquisire l’infezione rispetto alla popolazione generale; inoltre, il fatto di essere costantemente a contatto con un gran numero di persone (pazienti, familiari e altri operatori sanitari), li rende anche potenziali vettori dell’infezione. Il ministero raccomanda, pertanto, di promuovere fortemente la vaccinazione antinfluenzale di tutti gli operatori sanitari. Si ricorda infine che per l’Oms le gravide sono il più importante dei gruppi a rischio per loro stesse e per il feto. La vaccinazione antinfluenzale nelle donne nel secondo e terzo trimestre di gravidanza è quindi offerta gratuitamente.


università degli Studi di Pavia Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense Unità di Scienza dell’Alimentazione

MASTER UNIVERSITARIO DI II LIVELLO IN DIETETICA E NUTRIZIONE CLINICA Anno Accademico 2017-2018

Il corso intende sviluppare competenze specifiche per conseguire i seguenti obiettivi: n identificare e prevenire i fattori di rischio correlati a comportamenti alimentari e stili di vita scorretti n acquisire le competenze specifiche per l’accertamento dello stato di nutrizione sui diversi gruppi di popolazione n sviluppare capacità di partecipazione a protocolli di nutrizione pubblica e di epidemiologia nutrizionale n programmare e promuovere interventi di educazione alimentare target specifici n fornire strumenti per migliorare gli aspetti comunicativi e relazionali con l’utente, i familiari, il team sanitario n acquisire competenze specifiche nella dietetica applicata allo sport n acquisire competenze specifiche nella dietetica applicata a condizioni patologiche o di rischio n identificare la terapia nutrizionale più adeguata alle differenti patologie, nonché le linee guida specifiche n comunicare con chiarezza su problematiche nutrizionali e sanitarie con il paziente, i collaboratori e colleghi di altri servizi nell’ottica di un trattamento multidisciplinare n acquisire competenze di base di psicologia del comportamento alimentare n ottenere nozioni di base sulla farmacologia applicata alle varie situazioni nutrizionali, non trascurando le interazioni farmaco-nutrienti n saper proporre soluzioni a problematiche nutrizionali di ordine pratico partendo dalla conoscenza e analisi della produzione scientifica internazionale in lingua inglese TIROCINIO Sono previsti tirocini formativi presso strutture sanitarie, di ricerca e ospedaliere in cui applicare, approfondendo nelle specifiche realtà, la teoria appresa nei corsi di insegnamento DESTINATARI Il corso è rivolto ai laureati in Medicina e Chirurgia, Biologia (laurea magistrale), Farmacia, Scienze e tecnologie alimentari. Classe delle lauree magistrali: LM-47, LM-67 e LM-68. Classe delle lauree magistrali in Scienze della Nutrizione Umana LM-61. Classe delle lauree specialistiche in Professioni Scienze Sanitarie Tecniche Assistenziali SNT/ 03/S. Classe delle lauree specialistiche in Professioni Sanitarie Infermieristiche e Professioni Sanitarie Ostetriche SNT/01/S MODALITÁ DI SVOLGIMENTO Il Master Universitario ha una durata annuale e prevede un monte ore di 1.500 ore articolate nel seguente modo:

didattica frontale per un totale di 210 ore tirocinio di circa 125 ore organizzato e svolto presso il Dipartimento, sede del Master, nei seguenti ambiti: Laboratorio di Dietetica e Nutrizione clinica, Laboratorio Metabolico ed Endocrino-Nutrizionale n attività interattive, esercitazioni pratiche, seminari, attività di studio e preparazione individuale per circa 570 ore n n

All’insieme delle attività formative previste, con frequenza obbligatoria per almeno il 75% del monte ore complessivo, corrisponde l’acquisizione da parte degli iscritti di 60 crediti formativi universitari (CFU) Il Master è strutturato in moduli settimanali con cadenza mensile. Il conseguimento del titolo di Master Universitario è subordinato al superamento di una prova finale relativa al progetto, da svolgersi durante il periodo di tirocinio e di un esame finale consistente nella discussione di un elaborato inerente gli obiettivi formativi del master al fine di accertare le competenze complessivamente acquisite

BANDO E ISCRIZIONI È prevista l’iscrizione di massimo 40 partecipanti. Per informazioni relative al bando: http://spmsf.unipv.eu/site/home.html COSTO La tassa di iscrizione ammonta a € 3.000 SEDE DEI CORSI Le lezioni si terranno presso le strutture didattiche site nella Cascina Cravino, Via Bassi, 21 - Pavia SEGRETERIA ORGANIZZATIVA La Segreteria ha sede presso il Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Unità Scienza Alimentazione Per ulteriori informazioni rivolgersi a: Prof.ssa Hellas Cena - hellas.cena@unipv.it; Dr.ssa Rossella Bazzano - rosella.bazzano@unipv.it Telefono: +39 0382 987551 oppure +39 0382 987542 - Fax: + 39 0382 987991

Con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione


GINECOLOGIA / DOLORI MESTRUALI

dismenorrea: quando il dolore mestruale diventa patologico Tanto diffuso quanto trascurato, il dolore legato al ciclo mestruale può addirittura rendere complesso lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Fans e anticoncezionali sono le terapie farmacologiche maggiormente impiegate nel trattamento di questo disturbo femminile

mente curato, finendo per essere accettato da chi ne soffre come una normale e inevitabile conseguenza delle mestruazioni. Attraverso l’assunzione dei più comuni antidolorifici, in molti casi, i sintomi vengono tenuti a bada e controllati, tuttavia per alcune donne il disturbo costituisce una pesante interferenza nello svolgimento delle normali attività quotidiane.

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di Luca Vanni

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Professione Salute

omune a moltissime donne, il dolore associato al ciclo mestruale (dismenorrea) si stima colpisca tra il 40 e il 70% di queste. Sono le contrazioni dell’utero a causare il dolore, in quanto inducono il restringimento temporaneo dei vasi sanguigni che irrorano le pareti uterine, privandole di ossigeno per un breve periodo di tempo e quindi determinando la comparsa dei fastidiosi fenomeni dolorosi. Nonostante si registri una tale incidenza elevata, il disturbo è spesso non adeguata-

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Dismenorrea primaria e secondaria Le ragazze sotto i 20 anni, quelle che hanno registrato la comparsa del primo ciclo prima degli 11 anni, le donne con mestruazioni abbondanti o che hanno un flusso irregolare e quelle che non hanno mai avuto figli tendono a soffrire in misura particolare del problema. Fumo e alcol, poi, contribuiscono ad aumentare il dolore mestruale. Spesso la causa della dismenorrea non è associabile a un fattore specifico e in tal caso questa viene definita primaria; quando, invece, la sintomatologia è legata alla


GINECOLOGIA / DOLORI MESTRUALI

Il ruolo del magnesio nelLa dismenorrea Oltre ad essere coinvolto in quasi tutte le reazioni biochimiche dell’organismo, al magnesio vengono attribuite numerose proprietà benefiche per la salute: regola i livelli di glucosio nel sangue, il battito cardiaco e la pressione sanguigna; è parte integrante del ciclo metabolico di produzione dell’energia e della sintesi proteica, lipidica e glucidica; è indispensabile per la salute delle ossa e del sistema immunitario; rientra nella categoria di sostanze che aiutano a mantenere la normale funzionalità nervosa e muscolare. A proposito di quest’ultima peculiarità, va sottolineato quanto il magnesio venga consumato in misura sempre maggiore da par-

presenza di patologie dell’apparato riproduttivo (endometriosi, adenomiosi, fibromi uterini, infezioni o stenosi della cervice uterina) si parla di dismenorrea secondaria. Disturbi correlati e prevenzione della dismenorrea La dismenorrea si manifesta sotto forma di crampi o di coliche e dunque con picchi di dolore seguiti da momenti di attenuazione che colpiscono la parte inferiore dell’addome. Il disturbo può anche manifestarsi con un’estensione dei sintomi dolorosi verso la schiena o gli arti inferiori e nei casi più seri è spesso collegato all’insorgere di vertigini, mal di testa, vomito e diarrea. La dismenorrea primaria è caratterizzata da dolori che perseverano per un periodo di tempo compreso tra le 12 e le 72 ore con un inizio dei sintomi dolorosi a partire da uno/due giorni prima delle mestruazioni; con l’avanzare dell’età i dolori vanno riducendosi. Una graduale scomparsa della sintomatologia si registra successivamente alla prima gravidanza. La dismenorrea secondaria è caratterizzata invece da un maggiore perdurare del do-

te delle donne per prevenire e attenuare i dolori causati dal ciclo mestruale, per via di una comprovata azione antispastica e rilassante sull’utero. Il magnesio infatti favorisce il rilassamento muscolare, scongiurando la comparsa di quei crampi tipici della dismenorrea che colpiscono il basso ventre. A proposito della scelta dell’integratore a base di sali del magnesio più adatto al singolo caso (magnesio citrato o supremo, magnesio carbonato, magnesio solfato, magnesio aspartato o cloruro di magnesio), è utile chiedere consiglio al farmacista, il quale può esercitare un ruolo rilevante di supporto e consiglio verso l’opzione più giusta.

[ La dismenorrea non conosce prevenzione, se non quella legata alla conduzione di stili di vita sani

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lore, senza che vi sia associazione con altri sintomi. La dismenorrea non conosce prevenzione, se non quella legata alla conduzione di stili di vita sani che includano una corretta alimentazione e un’adeguata attività fisica. Diagnosi e cura La diagnosi della patologia può avvenire solo dopo attenta valutazione dei sintomi avvertiti dalla paziente e a seguito di ecografia transvaginale per inquadrare le condizioni degli organi riproduttivi da parte dello specialista. Il sospetto della presenza di una forma di dismenorrea secondaria deve condurre il medico specialista alla prescrizione di specifici esami diagnostici, quali risonanza magnetica, laparoscopia o isteroscopia. In questi casi il relativo trattamento è innovembre 2017

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GINECOLOGIA / DOLORI MESTRUALI

[ Le terapie di cura per la dismenorrea primaria si basano sulla prescrizione di farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) e di contraccettivi ormonali

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vece strettamente connesso alla patologia da cui scaturiscono i fenomeni dolorosi: si va, dunque, a trattare la malattia per avere una riduzione o eliminazione dei dolori dismenorreici. Le terapie di cura per la dismenorrea primaria si basano sulla prescrizione di farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) e di contraccettivi ormonali. È stata approfondita la modalità di azione di numerosi Fans per il trattamento del dolore derivante da dismenorrea primaria, ma non esistono in letteratura scientifica dati certi che indicano un’efficacia maggiore di una molecola rispetto ad un’altra. Va detto che i Fans derivati dell’acido propionico (ibuprofene, naprossene, ketoprofene) sono quelli più utilizzati per il trattamento della dismenorrea primaria, in quanto riescono a bloccare il rilascio delle prostaglandine. Questa categoria di farmaci è controindi-

cata a tutte quelle donne che soffrono di ulcera peptica. Alle pazienti bisogna consigliare di iniziare la terapia farmacologica appena prima che cominci il ciclo mestruale e di continuare per 2 o 3 giorni dopo l’inizio delle mestruazioni. Sarà importante, inoltre, ricordare di assumere tali farmaci contestualmente o dopo i pasti, al fine di limitare al minimo la possibile insorgenza di disturbi gastrici. L’uso della pillola anticoncezionale è consigliato in quanto induce la regolarizzazione del ciclo mestruale, con una conseguente diminuzione del flusso, oltre ad avere un ruolo inibitore sul rilascio delle prostaglandine. L’utilizzo della pillola anticoncezionale non esclude comunque l’uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei, pertanto, in base alle soggettive esigenze e sempre su indicazione medica, i due metodi di cura possono essere adottati anche insieme. Inoltre, in alcuni casi di particolare gravità può essere necessario ricorrere a una terapia ormonale che ha lo scopo di interrompere temporaneamente il ciclo mestruale; tale terapia è basata sugli analoghi del GnRH (Gonadotropin Releasing Hormone, ormone di rilascio delle gonadotropine), ormoni che inibiscono in modo temporaneo le attività dell’ipotalamo, l’organo che coordina la regolarità del ciclo. Un’altra soluzione terapeutica percorribile prevede l’assunzione di magnesio supplementare nella fase che precede l’insorgere delle mestruazioni, perché capace di ridurre gli spasmi muscolari. Nella dismenorrea secondaria invece, essendo determinata da un’altra patologia, bisogna andare a trattare farmacologicamente quest’ultima; la terapia iniziale comunque è generalmente sempre farmacologica, nel tentativo di ridurre le sensazioni dolorose, dopodiché, a seconda della malattia diagnosticata, si procederà in modo più mirato.


università degli Studi di Pavia Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense Unità di Scienza dell’Alimentazione

MASTER INTERNAZIONALE DI I LIVELLO A DISTANZA IN TRATTAMENTO INTEGRATO MULTIDISCIPLINARE DEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE E DELLA NUTRIZIONE Anno Accademico 2017-2018

Il Master Internazionale intende sviluppare competenze specifiche attraverso una formazione a carattere interdisciplinare nella gestione della prevenzione e nel trattamento psiconutrizionale dei Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione attraverso i seguenti step: n conoscere i criteri di riconoscimento e prevenzione nelle varie fasce d’età per i Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione (DAN) n acquisire le competenze teorico-pratiche per l’integrazione multidisciplinare del lavoro terapeutico nei DAN n applicare metodologie e procedure (terapie cognitive di terza ondata, utilizzo delle nuove tecnologie) di intervento nelle varie fasce d’età nelle diverse fasi del disturbo n conoscere tecniche di psicodiagnosi e assessment n prendere in carico il singolo e la famiglia in un’ottica integrata del contesto dove il disagio si dipana n acquisire capacità di formulare piani terapeutici in un progetto integrato n identificare e prevenire i fattori di rischio correlati a scorretti comportamenti alimentari e stile di vita n conoscere i servizi territoriali di diagnosi e cura dei DAN e gestione del paziente nella relazione con essi in base alla gravità della patologia (invio/refertazione e dimissione) n organizzare e gestire le risorse umane nell’ambito dell’approccio multidisciplinare integrato n fornire strumenti per migliorare gli aspetti comunicativi e relazionali con l’utente, i familiari, il team sanitario n conoscere e applicare le linee guida specifiche di riferimento nazionali e internazionali n diagnosticare e trattare il disturbo dell’immagine corporea nei soggetti con disturbo alimentare n ottenere nozioni di base sulla farmacologia applicata alle varie condizioni psicopatologiche DESTINATARI Il corso è rivolto ai laureati in: Medicina e Chirurgia LM41-LS46, Scienze Biologiche LM6-6S, Scienze della Nutrizione Umana LM61-69S, Scienze cognitive LM55-63S, Psicologia LM51-58S, Scienze e tecniche psicologiche L24-34, Farmacia e Farmacia industriale LM13-14/S. Classe delle lauree specialistiche in Professioni Sanitarie Infermieristiche e Professioni Sanitarie Ostetriche SNT/01/S-SNT1, Classe delle lauree specialistiche delle Professioni Sanitarie Riabilitative SNT/02/S-SNT2, Classe delle lauree specialistiche in Professioni Scienze Sanitarie Tecniche Assistenziali SNT/03/S-SNT3. MODALITÁ DI SVOLGIMENTO Il Master Internazionale Universitario ha una durata annuale

e prevede un monte ore di 1.500 ore articolate in: n didattica online, su 12 moduli per un totale di 45 CFU n attività interattive, esercitazioni pratiche, seminari, attività di studio/tutoring e preparazione individuale I moduli, nonostante siano relativamente indipendenti tra loro, sono strutturati secondo un ordine pedagogico in modo che lo studente segua un identificato ordine cronologico. Il Direttore del corso, a conclusione delle attività formative, rilascerà il Diploma di Master Universitario di I livello in: “Master Internazionale in Trattamento Integrato multidisciplinare dei Disturbi dell’Alimentazione e della Nutrizione”. Gli iscritti sono esonerati dall’obbligo ECM a seguito della Circolare Ministero Salute n. 448 del 5 marzo 2002 (G.U. n. 101 del 13 maggio 2002).

BANDO E ISCRIZIONI È prevista l’iscrizione di massimo 100 partecipanti. Per informazioni relative al bando: www.unipv.eu/site/home/didattica/post-laurea/master oppure Fundacion Universitaria Iberoamericana: www.funiber.it COSTO La tassa di iscrizione ammonta a € 2.800 SEGRETERIA ORGANIZZATIVA La Segreteria ha sede presso il Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Unità Scienza Alimentazione Per ulteriori informazioni rivolgersi a: Prof.ssa Hellas Cena - hellas.cena@unipv.it; Dr.ssa Rossella Bazzano - rosella.bazzano@unipv.it Telefono: +39 0382 987551 oppure +39 0382 987542 - Fax: + 39 0382 987991

Con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione


igiene orale / prevenzionE della carie

Secondo un recente studio del Cochrane Oral Health i collutori al fluoro sarebbero in grado di ridurre l’incidenza della carie nei bambini del 27%. E lo xilitolo? Servono più ricerche per avere conferme definitive

27% di carie in meno con i collutori al fluoro

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om’è ampiamente noto, la carie rappresenta un problema globale di salute che colpisce la stragrande maggioranza di adulti e bambini, con ricadute economiche considerevoli in termini assistenziali. Prevenirla è considerata pertanto una priorità su cui si stanno concentrando gli sforzi della ricerca clinica in ambito odontoiatrico. A tal proposito l’utilizzo del fluoro, minerale capace di contrastarne l’insorgenza, si sta diffondendo sempre più: viene impiegato nella maggior parte di dentifrici, collutori, pastiglie, gel. L’efficacia di tali prodotti, usati come misure preventive supplementari, però, è strettamente correlata alla regolarità nell’utilizzo. Nel caso del collutorio a base di fluoro, ad esempio, la procedura

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consigliata prevede il risciacquo del cavo orale uno o due minuti al giorno con una soluzione contenente fluoro meno concentrata, oppure una volta alla settimana o ogni due settimane con una soluzione a concentrazione maggiore. A causa del rischio di ingestione, questo tipo di collutorio non è raccomandato per i bambini di età inferiore ai sei anni. Evidenze dell’indagine Un team di autori ha lavorato in collaborazione con Cochrane Oral Health per approfondire gli aspetti connessi all’efficacia e alla sicurezza del collutorio al fluoro in termini di prevenzione dalle carie nei bambini e negli adolescenti, rispetto all’impiego di un placebo (un collutorio


igiene orale / prevenzionE della carie

senza il fluoro) o a nessun trattamento. Lo studio (1) ha considerato 37 studi randomizzati e controllati che includevano un totale di 15.813 bambini dai sei ai 14 anni. Tutti gli studi esaminati erano relativi a un uso controllato di collutorio al fluoro nelle scuole, con sole due indagini che invece comprendevano anche l’uso domestico. La maggior parte dei bambini hanno ricevuto una soluzione di fluoruro di sodio (NaF) a 230 parti per milione di fluoro (ppm F) al giorno oppure una con una concentrazione di 900 (ppm F) settimanale o bisettimanale. Gli studi sono durati da due a tre anni. Ebbene, la revisione ha rilevato che l’uso regolare, in questo caso sotto supervisione, di collutorio al fluoro da parte di bambini e adolescenti è associato a una forte riduzione di insorgenza della carie. Nel dettaglio, i risultati combinati di 35 studi hanno dimostrato che, in media, vi è una riduzione del 27% in termini di denti cariati tra coloro i quali hanno effettuato sciacqui regolari con collutorio al fluoro rispetto a chi ha usato un collutorio senza tale sostanza o non ne ha impiegato nessuno. Prove decisamente limitate sono state individuate per quanto riguarda i possibili effetti avversi: tre studi hanno riportato in modo incompleto dati sulla perdita di colorazione del dente, e uno studio, anch’esso incompleto, ha riferito di casi relativi a irritazione delle mucose orali per reazione allergica. Nessuno degli studi ha messo in luce sintomi avversi acuti durante il trattamento con tale tipologia di collutorio. In cerca di conferme per il ruolo dello xilitolo Nella prevenzione della carie lo xilitolo, largamente impiegato come sostituto del normale zucchero (saccarosio) nell’indu-

stria alimentare, presenterebbe proprietà in grado di aiutare a prevenire la carie, come la capacità di far aumentare la produzione di saliva e di ridurre al tempo stesso la proliferazione di batteri nella bocca con conseguente minor grado di acidità all’interno del cavo orale. Verrebbe da domandarsi, dunque, se lo xilitolo, utilizzato in prodotti come dolci, caramelle, gomme da masticare o come additivo al normale dentifricio possa contribuire alla prevenzione della carie sia nei bambini che negli adulti. In tale direzione, gli studiosi del Cochrane Oral Health Group hanno eseguito una revisione (2) di 10 studi pubblicati nel periodo 1991-2014 in cui sono stati presi in considerazione 7.969 partecipanti (5.903 dei quali sono stati inclusi nelle analisi) che hanno assunto o meno prodotti (non solo per l’igiene orale) contenenti xilitolo. Alcune prove suggeriscono che l’uso di un dentifricio al fluoro contenente anche xilitolo può ridurre la carie nei denti permanenti dei bambini del 13% rispetto a un dentifricio a base di solo fluoro, senza alcun effetto collaterale. Non ci sono evidenze simili che comprovino l’efficacia in tale direzione per quanto riguarda gli altri prodotti a base di xilitolo. Le prove presentate, però, così come confermato dagli stessi autori, sono di bassa qualità a causa del ridotto numero di studi disponibili, l’incertezza dei risultati e problemi legati alle modalità di esecuzione.

Bibliografia 1. Marinho VC, Chong LY, Worthington HV, Walsh

T. Fluoride mouthrinses for preventing dental caries in children and adolescents. Cochrane Database Syst Rev. 2016 Jul 29;7:CD002284. 2. Riley P, Moore D, Ahmed F, Sharif MO, Worthington HV. Xylitol-containing products for preventing dental caries in children and adults. Cochrane Database Syst Rev. 2015 Mar 26;(3):CD010743.

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fitoterapia / indicazioni d’uso

fitoterapici in pediatria vantaggi e criticità

di Carla Carnovale Farmacista

Il ricorso alla medicina a base di piante per la prevenzione e cura di lievi disturbi è ampiamente diffusa, ma in alcuni casi un utilizzo scorretto può essere rischioso

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uso di prodotti fitoterapici è sempre più diffuso in Italia e nel resto del mondo. Secondo recenti dati Istat, il ricorso medio alla fitoterapia sul territorio nazionale italiano si attesta intorno al 1,9 % (Indagine “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” anno 2013), con alcune regioni che spiccano particolarmente, su tutti la Toscana. Negli ultimi anni richiesta e offerta si sono rincorse grazie a un riscoperto interesse verso il prodotto vegetale da parte di un’ampia fascia della popolazione,

con un mercato italiano che annualmente vale oltre i 2 miliardi di euro. Sono tantissime difatti le nuove aziende nate e cresciute con lo scopo di sviluppare nuovi botanicals con caratteristiche sempre più vicine alle molteplici esigenze della popolazione. Gli innumerevoli benefici apportati dai prodotti naturali per il trattamento di affezioni di lieve o moderata entità sono universalmente riconosciuti. Tantissimi anche i vantaggi in ambito pediatrico grazie alla migliore biodisponibilità e ridotta tossicità rispetto al farmaco di sintesi, alle molteplici attività e alla lunga tradizione d’uso. La possibilità inoltre di integrarne l’utilizzo con medicinali convenzionali per la cura di patologie clinicamente più rilevanti rappresenta un’opzione terapeutica sicuramente molto vantaggiosa. Basti pensare all’uso della propoli che, associata ad antibiotici quali le cefixime, esplica un’azione sinergica nell’eradicazione di infezioni sostenute da batteri Gram positivi. Sebbene l’età dalla quale è opportuno avvalersi della fitoterapia generalmente va dai tre anni in su (non ci sono ancora studi sufficienti che ne supportano un utilizzo veramente sicuro nella primissima infanzia), molti sintomi frequenti nei bambini possono essere trattati con integratori fitoterapici. Tali prodotti possono rappresentare un rimedio di prima linea per disturbi non troppo intensi che non hanno nessun farmaco veramente efficace di riferimento, come ad esempio le infezioni respiratorie acute e ricorrenti che si presentano comunemente anche con ostruzione nasale e tosse, disturbi del sonno, coliche gassose, colon irritabile, stipsi e diarrea.


fitoterapia / indicazioni d’uso

il sistema di fitovigilanza

Criticità connesse all’utilizzo dei fitoterapici: la collocazione normativa Nonostante i numerosi vantaggi legati all’utilizzo di prodotti a base di piante, il dibattito legato al loro largo impiego è tanto attuale quanto disorientante, a causa di un continuo fraintendimento in campo normativo che genera spesso caos e incertezza, rischiando di condizionare il consumatore e il pediatra e/o farmacista coinvolto nella tutela della salute pubblica. In base alla finalità d’uso, modalità di registrazione e immissione in commercio, i fitoterapici possiedono infatti molteplici collocazioni e possono seguire la normativa del farmaco, dei fitoterapici controllati (medicinali estratti di piante che contengono più sostanze e che hanno acquisito lo status di farmaco grazie alla lunga tradizione di utilizzo), dei preparati galenici, degli integratori alimentari o dei dispositivi medici. La quasi totalità dei prodotti a base di piante disponibili in Italia e utilizzati in pediatria ricade sotto la categoria degli integratori alimentari, ovvero prodotti non medicinali a base di erbe, utili solo per integrare un’alimentazione carente in alcuni elementi macro o micronutrienti o per sostenere fisiologicamente una o più funzioni del nostro organismo. Peculiarità del fitoterapico e interazioni farmaco-erbe Soprattutto in ambito pediatrico, setting ad alto rischio di insorgenza di possibili reazioni avverse sia da medicinali convenzionali che da prodotti naturali, le peculiarità del fitoterapico sono responsabili delle potenziali criticità correlate al loro utilizzo

In Italia, a partire dal 2002 è stato attivato un programma di sorveglianza delle reazioni avverse da prodotti di origine vegetale coordinato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), con l’obiettivo di migliorarne la conoscenza sul profilo di sicurezza e sensibilizzare gli operatori sanitari e gli utilizzatori a un corretto uso. Sul sito dell’Istituto superiore di sanità (www.epicentro.iss.it) è disponibile l’apposita scheda prevista per la segnalazione dell’evento avverso, che una volta compilata va inviata tramite fax al centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Iss, al quale spetterà il compito di analizzarla e validarla. Sono più di 120 le segnalazioni raccolte annualmente, numerosi i ricoveri per epatopatie (tra le più frequenti reazioni

avverse segnalate attraverso il sistema di fitovigilanza), crisi asmatiche, reazioni allergiche e problemi gastrointestinali correlate all’utilizzo di prodotti naturali. Tra i prodotti maggiormente imputati, quelli a base di propoli sono stati associati a reazioni di ipersensibilità (nell’80% dei casi totali di eventi segnalati), con comparsa di edema al viso, alle palpebre, alla lingua, all’ugola, alle labbra, e parestesia della lingua. Contestualmente, il Centro Antiveleni di Milano riceve annualmente circa 300 segnalazioni di intossicazioni da prodotti fitoterapici con conseguente insorgenza di reazioni allergiche anche clinicamente rilevanti. I prodotti a base di echinacea, propoli e camomilla costituiscono quelli maggiormente coinvolti.

(vedi approfondimento in questa pagina). I fitoterapici sono infatti prevalentemente costituiti da una complessa miscela di composti chimici difficilmente caratterizzabili da un punto di vista analitico e in cui non è sempre noto il componente attivo del fitocomplesso. La presenza di più sostanze contenute all’interno espone l’utilizzatore a maggiori rischi di allergia e di interazioni farmacologiche con conseguente aumentata tossicità e fallimenti terapeutici. In particolar modo, l’insorgenza di possibili interazioni tra i prodotti a base di erbe e i farmaci convenzionali rappresenta un aspetto talvolta sottovalutato perché l’uso del fai-da-te spesso sfugge al controllo del medico o del farmacista; il paziente non è generalmente abituato a riferirne l’utilizzo a causa soprattutto di una mancata percezione del rischio reale legato alle possibili interazioni farmacologiche. Spetta (anche) agli operatori sanitari coinvolti sensibilizzare i consumatori di prodotti a base di erbe a una condivisione di informazioni circa il loro novembre 2017

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fitoterapia / indicazioni d’uso

[ L’insorgenza di possibili interazioni tra i prodotti a base di erbe e i farmaci convenzionali rappresenta un aspetto talvolta sottovalutato perché l’uso del fai-da-te spesso sfugge al controllo del medico o del farmacista

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Bibliografia 1. Marquardt P, Kaft K, Nieber K. Clinical trials

with herbal medicinal products in children: a literature analysis. Wien Med Wochenschr. 2015 Jun;165(11-12):236-42.

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uso, soprattutto se in presenza di particolari patologie o se sottoposti a concomitanti trattamenti farmacologici. La maggior parte delle interazioni note sono di tipo farmacocinetico ovvero comportano cambiamenti nell’assorbimento, nel metabolismo o nell’escrezione dei farmaci convenzionali; tra tutti, il metabolismo rappresenta il processo maggiormente colpito. Una delle pochissime review pediatriche (1) disponibili in merito alle possibili interazioni farmaco-erbe mette in luce l’esigenza di considerare la capacità di molte piante, su tutte il finocchio e la camomilla, di inibire diverse isoforme del CYP 450 implicate nel metabolismo di numerosi farmaci. In caso soprattutto di farmaci con un ristretto indice terapeutico, come ad esempio gli antitumorali (per i quali sono disponibili le evidenze più corpose), l’interazione farmaco-erbe determina un’aumentata esposizione al medicinale con conseguente potenziata tossicità. Casi di aumentato rischio di depressione respiratoria sono stati rilevati inoltre in pazienti pediatrici in cura con benzodiazepine ed esposti a prodotti a base di passiflora, che media un effetto additivo sui recettori di questa classe farmacologica.

Sebbene la gestione corretta e appropriata di tali prodotti è correlata alla disponibilità di studi clinici ben controllati e di revisioni della letteratura in grado di fornire concrete prove di efficacia e di sicurezza, attualmente sono rari gli studi effettuati nei bambini. La review pediatrica sopracitata (1) ha identificato 133 studi clinici attualmente condotti in pediatria, di questi 90 sono randomizzati e il 32,2% sono randomizzati e in doppio cieco. Tuttavia la maggior parte sono stati condotti solo in Cina, che vanta una lunga tradizione d’uso, seguita dalla Germania, Russa, Usa e Gran Bretagna. I pochi dati disponibili provenienti da altri Paesi europei sono sporadici, limitati e in parte inconcludenti a causa dell’ampia variabilità metodologica degli studi e per via del numero elevato di piante diverse disponibili in commercio (che differiscono in termini di conservazione della pianta, titolazione dei principi attivi e indicazione d’uso) e non consentono pertanto un’analisi globale attendibile. Conclusioni La riscoperta delle cure naturali a base di piante medicinali avvenuta negli ultimi decenni è più che giustificata, ma non priva di rischi. Le reazioni avverse associate al loro uso sono prevalentemente legate a un utilizzo scorretto, alla mancanza di sorveglianza (da parte del medico o del farmacista) o all’assunzione in situazioni di rischio (bambini, anziani, gravidanza). Il largo impiego in ambito pediatrico sottolinea la necessità di un costante e accurato aggiornamento delle evidenze scientifiche da parte degli operatori sanitari coinvolti, che dovranno indirizzare il paziente verso un uso razionale. È inoltre auspicabile un incremento degli studi clinici (i pochi disponibili sono limitati e in parte inconcludenti) e un potenziamento di tutte le attività connesse a un buon sistema di fitovigilanza.



ORTOPEDIA / MAL DI SCHIENA

mal di schiena acuto come malattia professionale In Europa un lavoratore su quattro soffre di mal di schiena, ad oggi non inquadrato come malattia professionale. Alcuni lavori però presentano fattori di rischio molto alti per la lombalgia. Ecco i consigli per i pazienti a rischio

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di Renato Torlaschi

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n Europa, un lavoratore su quattro soffre di mal di schiena: lo affermano i dati dello European statistics on accident at work e l’Italia non fa eccezione. Per il nostro Paese, alcuni dati epidemiologici significativi sono forniti da Amnil (Associazione nazionale fra mutilati e invalidi del lavoro) e Inail (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro). La prima ha emesso un rapporto nel 2013 da cui si apprende che i disturbi muscolo-scheletrici sono causa del 49,9% delle assenze sul lavoro e del 60%

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delle incapacità permanenti al lavoro; a soffrire maggiormente di mal di schiena sono i lavoratori dei settori agricolo, forestale e pesca, manifatturiero e minerario, dei trasporti, dell’edilizia, dell’artigianato, della vendita al dettaglio e all’ingrosso, del settore alberghiero-ristorazione e sanitario. Il rapporto Inail 2012 ha invece contato le denunce per disturbi muscolo-scheletrici, il cui numero è più che raddoppiato dal 2005 al 2009, passando da 7.926 a 16.593: le cifre sono decisamente importanti, anche se


ORTOPEDIA / MAL DI SCHIENA

l’aumento è probabilmente dovuto in larga misura al Decreto legislativo 81/08 che nel 2008 ha introdotto un nuovo riferimento normativo in Italia sulla sicurezza in ambito lavorativo e ha accelerato il processo delle denunce, promuovendo l’emersione del fenomeno. Tuttavia, la relazione tra ambiente di lavoro e dolori a carico della colonna vertebrale non è sempre chiara e, come spiega Francesca Di Felice, fisiatra specialista dell’Isico (Istituto scientifico italiano colonna vertebrale) «è per questo che il mal di schiena non viene definito malattia professionale, condizione in cui, invece, il rapporto causa-effetto tra lavoro e patologia risulta essere netto. Il mal di schiena può avere origini diverse e non strettamente legate all’attività lavorativa. È fondamentale, dunque, capire quando la comparsa di dolore alla colonna vertebrale in un lavoratore trova correlazione con fattori di rischio lavorativi. A difesa della schiena dei lavoratori la legge stabilisce l’utilizzo di ausili meccanici, una corretta organizzazione del lavoro con relative pause e turni e l’applicazione dei principi ergonomici alle postazioni di lavoro. Da non dimenticare poi che la tutela più grande per la salute della schiena rimane sempre e comunque il movimento». L’Agenzia europea per la salute e sicurezza sul lavoro considera sia fattori di rischio fisico, che ambientale e organizzativo. Tra i primi figurano il sollevamento carichi, posizioni ergonomiche incongrue, movimenti altamente ripetitivi, lavorazioni manuali con carichi pesanti; i secondi comprendono ritmi di lavoro, attività ripetitive, orari di lavoro, retribuzione, attività monotona, fatica, microclima ambientale, percezione dell’organizzazione di lavoro, fattori psicosociali presenti sul lavoro.

> Francesca Di Felice

La terapia del mal di schiena Come trattare nell’immediato il paziente che riferisce dolore muscolo-scheletrico e in particolare mal di schiena? «Primo compito del medico è discriminare», risponde Di Felice. «Attraverso l’anamnesi e la valutazione clinica, vanno escluse tutte quelle condizioni

che riporterebbero a una lombalgia secondaria, cioè a un mal di schiena non aspecifico, che invece è la forma più frequente e che colpisce la maggior parte della popolazione. Se si arriva a diagnosticare una lombalgia aspecifica acuta, l’approccio farmacologico più corretto vede l’utilizzo di Fans come farmaci di primo livello, mentre studi recenti ridimensionano l’utilità del paracetamolo – spiega la fisiatra –. Se il controllo del dolore non è sufficiente, è possibile aggiungere un altro farmaco analgesico di secondo livello attingennovembre 2017

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ORTOPEDIA / MAL DI SCHIENA

i consigli di isico per i pazienti Isico (Istituto scientifico italiano colonna vertebrale) ha elencato una serie di regole per prevenire il mal di schiena in ambito lavorativo, consigli che è possibile riportare ai pazienti. Regole per spostare gli oggetti n Avvicinare l’oggetto al corpo. Tenere il carico lontano dal corpo costringe la muscolatura della schiena ad uno sforzo maggiore, aumenta la pressione generata a livello intervertebrale esponendo i tessuti ad una sollecitazione facilmente riducibile gestendo la nostra posizione rispetto al carico sollevato. n Non sollevare pesi dal pavimento. n Spostare oggetti nella zona compresa tra l’altezza delle spalle e l’altezza delle nocche (mani a pugno lungo i fianchi). n Nei movimenti di torsione, evitare di ruotare solo il tronco, ma girare tutto il corpo, spostandosi con gli arti inferiori. La postazione di lavoro in tal caso deve essere progettata in modo che il piano di presa e quello di rilascio dell’oggetto siano il più possibile vicini e a un’altezza simile.

> Alcuni specialisti del team di Isico. Da sinistra Fabio Zaina, Stefano Negrini, Francesca Di Felice e Salvatore Minnella

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Regole per il lavoro statico Un piano di lavoro di altezza adeguata e profondità non superiore a 50-55 cm deve consentire di lavorare mantenendo il gomito ad angolo retto. n L’appoggio di un piede su un rialzo, alternando durante la pratica le due gambe, è un utile stratagemma per variare il carico che agisce sulla colonna. n Bisogna evitare di stare seduti con la schiena ingobbita: non lasciarsi vincere dalla forza di gravità, ma cercare di sostenersi come se ci si volesse allungare verso l’alto. L’appoggio dei piedi ben saldi a terra e della colonna sullo schienale sono validi aiuti. n La profondità e la larghezza del piano di lavoro devono consentire di disporre i materiali e le attrezzature (schermo, tastiera, mouse, strumenti di lavoro) in funzione dell’attività da svolgere nonché consentire un appoggio per gli avambracci dell’operatore in modo da garantire uno scarico del cingolo scapolo-omerale e conseguentemente della muscolatura del rachide. n

do alla categoria degli oppiacei deboli. Possono poi essere associati altri farmaci considerati degli adiuvanti, dal cortisone al miorilassante agli anticonvulsivanti, ovviamente scelti sulla base del singolo paziente e di necessità particolari». Classicamente, per trattare il mal di schiena, alla terapia farmacologica, che è puramente sintomatica e non eziologica, si abbinano esercizi, ma nella fase acuta sono meno importanti: «in caso di episodi ricorrenti ci può essere una gestione fisioterapica, nella singola fase prettamente acuta, lo stretching può essere efficace. L’unica cosa certa è che va evitato il totale riposo a letto, che tende a ritardare la guarigione, a meno di casi particolari come traumatismi o altro».

Completamente diversa è la gestione del mal di schiena cronico. La forma acuta colpisce la quasi totalità della popolazione: l’85% delle persone, in qualche momento della vita, ha qualche esperienza di mal di schiena acuto; però solo una piccola percentuale di questi ha poi un’evoluzione nella forma cronica, circa il 5%. «La distinzione tra la forma acuta e la forma cronica è fondamentale – osserva Francesca Di Felice – perché si tratta di due tipi di malattia completamente diversi. La forma acuta viene definita così se i dolori durano da pochi giorni fino a un mese e generalmente è espressione di un danno tissutale, muscolare o articolare. Invece la forma cronica, quando il mal di schiena dura più di tre-sei mesi, assume un altro aspetto e diventa una vera e propria sindrome, detta biopsicosociale, perché la componente organica iniziale di danno tissutale passa quasi in secondo piano e si instaurano una serie di circuiti che comprendono anche dei fattori sociali e psicologici, che portano il dolore ad autosostenersi e a ridurre la qualità di vita». Il mal di schiena acuto può talvolta essere gestito in relativa autonomia anche dal paziente stesso, che magari ne ha già avuto esperienza e non nota particolari cambiamenti dei sintomi; questo perché, anche se non trattato in maniera attenta e particolare, tende all’autorisoluzione; invece il mal di schiena cronico richiede un trattamento specialistico. Di Felice sottolinea anzi l’importanza di un coinvolgimento di più specialisti di discipline diverse. «Sul versante fisico, dopo una corretta diagnosi da parte del medico, la prima cosa che viene effettivamente consigliata sono degli esercizi fisioterapici specifici, scelti sulla base delle caratteristiche del paziente: possono essere prettamente antalgici, di rinforzo o di stabilizzazione. Però questo aspetto fisico va affiancato a una terapia cognitivo-comportamentale. Il fisioterapi-


ORTOPEDIA / MAL DI SCHIENA

sta, nelle forme croniche, deve lavorare molto sull’aspetto sociale invitando il paziente a cambiare sia le modalità di comportamento che l’approccio nei confronti del dolore. Talvolta questi aspetti richiedo l’intervento congiunto di uno psicologo. La lombalgia cronica non è di facile gestione e solo una percentuale minima di chi ne è affetto raggiunge la piena guarigione; la maggior parte dei pazienti, con l’aiuto degli specialisti, impara a gestire il dolore senza risolverlo completamente ma migliorando la qualità della propria vita». Diagnosi differenziale Tra i pazienti con mal di schiena ce n’è qualcuno che richiede un approfondimento diagnostico, con un’indagine strumentale. Sono quelli che riferiscono sintomi che vengono definiti semafori rossi e che sono in realtà manifestazioni che fanno sospettare una causa differente; si configura quindi una forma di mal di schiena secondaria. «Sono di diverso tipo – riferisce Di Felice – e si tratta per lo più di sintomi e segni atipici rispetto al mal di schiena acuto primario associato ad alterazione meccanica. Può trattarsi ad esempio di dolore notturno ingravescente: sebbene possa caratterizzare anche forme di lombalgia aspecifica, è caratteristico delle forme infiammatorie e quindi artritiche, che vanno gestite in tutt’altro modo. Oppure può esserci una storia di patologia tumorale, con perdita di peso e dolore subdolo, che deve portare il medico a fare una serie di indagini di esclusione; in particolare i tumori prostatici, mammari o polmonari possono dare delle metastasi a livello osseo: i dati e i sintomi forniti dal racconto del paziente o verificati clinicamente portano a indagare in quel senso. Altre volte possono presentarsi sintomi neurologici come deficit motori o irradiazione del dolore alle gambe. Un’alterazione degli sfinteri,

sia a livello anale che a carico del sistema urinario, può far pensare alla sindrome della cauda equina. Infine, se visitando un paziente con una storia di aterosclerosi si sente una massa pulsante all’addome, si potrebbe trattare di un aneurisma dell’aorta. Insomma, ci sono diverse possibilità e, a seconda della problematica primaria identificata o sospettata, il medico dispone gli opportuni approfondimenti diagnostici. Il problema addominale porterà probabilmente a prescrivere un ecoaddome; se si sospetta un problema al tessuto osseo o se il paziente riferisce l’assunzione di cortisone per lunghi periodi, può essere utile approfondire con una radiografia per escludere la presenza di fatture; oppure, tutto quello che si potrebbe ricondurre al coinvolgimento del tessuto nervoso, può essere indagato con la risonanza magnetica. Ma se la visita non porta a rilevare sintomi e segni atipici, la lombalgia viene classificata come aspecifica, che nella forma acuta non necessita di alcun approfondimento radiologico».

[ Per trattare il mal di schiena, alla terapia farmacologica, che è puramente sintomatica e non eziologica, si abbinano degli esercizi

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attualità

Acqua: un po’ di chiarezza sulle regole per bene sano L’acqua è il principale costituente del corpo umano, rappresentando il 50-60% del peso corporeo. L’organismo dell’uomo è dotato di meccanismi fisiologici volti a mantenere l’equilibrio idro-salino, non solo per conservare l’acqua, ma anche per eliminare quella in eccesso. «Da qualche tempo, diversi messaggi pubblicitari ci inducono a bere grandi quantità d’acqua per “tonificarci”, “pulirci dentro” e “idratarci”, ed è molto importante fare chiarezza – spiega Marco Faustini Fustini, neuroendocrinologo presso l’Irccs Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna –. La pubblicità sottolinea con grande rilievo l’importanza delle “acque senza” questo o quell’elemento, ma dal punto di vista medico questo non ha alcun senso, salvo poche e

rare eccezioni. In realtà, l’acqua deve essere fonte anche di sali, che concorrono al benessere complessivo dell’organismo. Un’acqua molto povera di sodio, pur essendo spesso propagandata come elisir di lunga vita e di bell’aspetto, trova assai poche indicazioni in ambito medico. Si può fare un discorso analogo per le acque povere di calcio: se si escludono alcune malattie molto particolari, non c’è motivo di consumare acque povere di questo elemento». L’acqua è la bevanda per eccellenza per dissetarsi, ma quanta acqua dobbiamo bere ogni giorno? «Ci sono alcune condizioni che richiedono modificazioni significative dell’introito giornaliero di acqua – continua l’esperto –: ad esempio, nel caso di alcune condizioni morbose che compromettono,

> Marco Faustini Fustini

direttamente o indirettamente, la capacita del rene ad eliminare un carico di acqua si può arrivare a consigliare di non superare gli 800 ml al giorno. Al contrario, in caso di diarrea profusa o dopo un periodo di ridotto accesso libero all’acqua, è consigliato aumentare l’apporto idrico giornaliero anche fino a 3-4 litri. In ogni caso si tratta di condizioni patologiche che richiedono il consiglio del medico e il “fai da te” è sempre da evitare». Di questo e molto altro si parla in occasione congresso nazionale dell’Associazione Medici Endocrinologi (Ame), in programma a Roma dal 9 al 12 novembre. R.V.

A novembre la prima campagna nazionale per la prevenzione del diabete Tutto è pronto per il DiaDay, la campagna di screening sul diabete che Federfarma sta per lanciare a livello nazionale in occasione delle celebrazioni della Giornata mondiale del diabete. In Italia 3 milioni 200 mila persone sanno di essere malate di diabete. Un milione di italiani è malato di diabete ma non lo sa. Molti altri sono a rischio di sviluppare questa patologia grave che comporta pesanti disagi ai malati, costringendoli a cure complicate e costose, per tenere sotto controllo la malattia. Sco46

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prire per tempo se si è malati di diabete o se si rischia di diventarlo è fondamentale per ridurre i disagi alle persone e i costi a carico del Servizio sanitario nazionale e dei malati. Per questo motivo le farmacie italiane aderenti a Federfarma hanno promosso una campagna di prevenzione del diabete, che si svolge dal 14 al 20 novembre 2017. Nelle farmacie che aderiscono all’iniziativa sarà possibile effettuare la misurazione gratuita della glicemia e compilare, con l’aiuto del farmacista, un semplice questionario che

indicherà al paziente il rischio di sviluppare il diabete nei prossimi anni. «Le farmacie spesso sono impegnate in iniziative di prevenzione ed educazione sanitaria sul territorio. La novità è che questa è la prima campagna di screening organizzata a livello nazionale – ha sottolineato il presidente di Federfarma Marco Cossolo –. Questo vuol dire che i risultati saranno messi utilmente a disposizione delle istituzioni per individuare le politiche sanitarie migliori». R.V.


attualità

Al via il master “Il farmacista e i prodotti omeopatici: strategie di marketing” C’è tempo fino al 31 gennaio 2018 per iscriversi alla IV edizione del master universitario di II livello “Il farmacista e i prodotti omeopatici: strategie di marketing”. Rivolto ai laureati in Farmacia e Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, il corso è organizzato dall’Università degli Studi di Bergamo con il patrocinio di Fe.N.A.Gi. Far (Federazione Nazionale Associazioni Giovani Farmacisti). La nuova edizione si svolgerà dal prossimo marzo a settembre 2019. «Sono sempre di più i medici che consigliano i medicinali omeopatici per alcune patologie, ed è fondamentale, per il farmacista, conosce-

re ciò che si sta dispensando al proprio clientepaziente – ha commentato Davide Petrosillo, presidente di Fe.N.A.Gi.Far. – Oltretutto, nello scenario attuale, credo sia fondamentale per ogni farmacia andare verso una specializzazione. In questo senso, l’omeopatia può essere una leva strategica per differenziarsi: se una farmacia riesce a proporre con competenza medicinali omeopatici, ha l’opportunità di diventare un punto di riferimento sul territorio». «Questo master rappresenta una bella opportunità per conoscere i medicinali omeopatici e saperli consigliare efficacemente al banco – ha

aggiunto Silvia Nencioni, AD e presidente di Boiron Italia, filiale dell’azienda leader mondiale nella produzione e commercializzazione dei medicinali omeopatici –. Tra l’altro, abbiamo concluso da poco la fase di deposito dei dossier registrativi e aspettiamo l’assegnazione delle AIC, che consentiranno ai medicinali omeopatici di entrare a tutti gli effetti in prontuario farmaceutico. Un motivo in più per essere preparati al consiglio di questi farmaci». R.V. Per info: http://sdm.unibg.it/corso/il-farmacista-e-i-prodotti-omeopatici-strategie-di-marketing/ oppure masteromeopatia@unibg.it.

Vaccini: «la seconda grande scoperta dopo l’acqua potabile» Il 38° congresso nazionale della Società italiana di farmacologia (Sif), che si è recentemente svolto a Rimini, è stato l’occasione per mettere in luce gli aspetti più importanti correlati ai progressi raggiunti dal mondo del farmaco che negli ultimi decenni, dotandosi di una moderna e intensa attività di ricerca, ha determinato una vera rivoluzione in termini di innovazione terapeutica. Tra i molti temi affrontati, si è parlato anche dell’importanza dei vaccini. «Contestare questo atto medico di rilevanza assoluta, di grande importanza per la società, mi sembra molto scellerato» ha dichiarato Giorgio Cantelli Forti, presidente uscente della Società italiana di farmacologia. L’esperto ha ribadito che i vaccini «come mezzo di prevenzione e protezione dalle malattie infettive sono stati la seconda

grande scoperta dopo l’acqua potabile per la salute dell’uomo». E ha bacchettato il personale sanitario, che spesso non ha dato il buon esempio. Cantelli Forti ha lanciato anche un allarme sulla resistenza batterica. Nel 2000 l’Oms chiese di «convertire la ricerca farmacologica in altre aree perché c’erano troppo antibiotici. E così oggi abbiamo il dramma della resistenza batterica che nel 2050 diventerà la prima causa di morte». «Per fare un farmaco – prosegue – servono 15 anni e abbiamo ricominciato da poco a studiare nuovi antibiotici per cui avremo un buco di 10 anni». Dunque «se non usiamo i vaccini come prevenzione come facciamo? Per una banale influenza la gente scioccamente prende antibiotici che non servono e possono concor-

rere ad aumentare la resistenza». Insomma, ribadisce «il vaccino da’ una vita di qualità e permette un risparmio sanitario enorme – circa due miliardi di euro all’anno – che può essere convertito in spesa per farmaci innovativi». «Ecco perché si devono contrastare – conclude – ideologie condizionanti e condizionate, perché se tornano le grandi epidemie il problema è avere vaccini e farmaci». R.V.

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le aziende informano

Da Klorane lo shampoo secco per essere #prontaindueminuti

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Laboratoires Klorane hanno studiato una linea di prodotti per detergere i capelli senza bagnarli. Pratici e veloci da usare in ogni circostanza, sono l’ideale per avere capelli sempre puliti quando si ha fretta e non si ha la possibilità di lavarli. In pochi minuti i capelli ritrovano volume e leggerezza. Klorane propone lo shampoo secco in formato spray in tre versioni per rispondere ai bisogni di tutte le chiome. Lo shampoo secco al latte d’avena, extradelicato, è adatto a tutti i tipi di capelli. Deterge con delicatezza grazie alle proprietà addolcenti, idratanti e protettive del latte di avena. Deve le sue proprietà detergenti a un’unica associazione di assorbenti, che agisono come vere spugne sullo sporco

e sul sebo prodotto dal cuoio capelluto. I capelli ritrovano corpo e volume in pochi minuti. Lo shampoo secco al latte d’avena, colore naturale, è studiato appositamente per i capelli castani e bruni. Fedele alla formula originale del latte di avena, ma con una caratteristica in più: la colorazione beige naturale chi si fonde alla capigliatura esaltandone in riflessi naturali. E infine lo shampoo secco all’ortica, pensato per i capelli grassi. Grazie all’estratto di ortica dalle proprietà seboregolatrici permette di ridurre la frequenza dei lavaggi. Per applicare correttamente lo shampoo, agitarlo bene prima dell’uso, poi vaporizzare uniformemente una piccola quantità

di prodotto a 30 cm di distanza, riga per riga, sulle radici. Lasciare agire 2 minuti, poi spazzolare accuratamente oppure utilizzare un asciugacapelli per eliminare i residui. Ufficio Stampa Pierre Fabre Italia presse.italia@pierre-fabre.com www.klorane.it

Actipatch, terapia senza farmaci per il dolore acuto e cronico

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el trattamento del dolore, acuto e cronico, una soluzione alternativa ai farmaci è Actipatch, un micro-dispositivo medico che impiega la terapia a campi elettromagnetici pulsati per ridurre il dolore e l’infiammazione e accelerare il processo di guarigione. Si tratta di una terapia a onde elettromagnetiche pulsate – tecnologia PEMF – che è efficace e sicura per la cura di varie patologie osteoarticolari. A differenza di altri elettromedicali (come la Tens), il dipositivo Actipach emette segnali pulsati (1.000/sec) per prevenire sia un riscaldamento del tessuto, sia un adattamento del sistema nervoso permettendo, di conseguenza, un uso prolungato (24 ore su 48

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24) della terapia al paziente. Infatti Actipach agisce con una doppia azione: a livello locale del trauma e a livello centrale del sistema nervoso. A livello locale l’afflusso sanguigno è regolato da segnali elettrici propagati attraverso il sistema nervoso. Il micro-dipositivo medico modifica questi segnali, fornendo sollievo dal dolore tramite un aumento del flusso sanguigno che riduce l’infiammazione e l’edema e ristabilisce la salute del tessuto danneggiato. A livello centrale i segnali elettromagnetici del micro-dispositivo stimolano anche la neuromodulazione dei nervi afferenti, che attenuano la percezione del dolore dal cervello. È consigliato indossare il mico-disposotivo

Actipatch in maniera continuativa per la prima settimana di utilizzo e poi da 6-8 ore al giorno, secondo le necessità. Bioelectronics Italia Distribuito da Pharmatech, Div. Medicale Tel. 075.9729017 - N. Verde 800.131791 info@bioelectronicsitalia.com www.bioelectronicsitalia.com


le aziende informano

Gunabasic, L’INTEGRATORE CHE REGOLA IL PH

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unabasic è un integratore alimentare completo per regolare il pH. Perfettamente solubile, a base di sali minerali, beta carotene e zinco, con estratti vegetali e con stevia, è in grado di apportare in modo naturale il giusto fabbisogno di minerali ed oligoelementi. Un equilibrio acido-base bilanciato e con un pH fisiologico è infatti indispensabile per l’armonia dell’intero organismo. Per il mantenimento della condizione di benessere nel tempo, Gunabasic garantisce il riequilibrio del pH senza scompensare verso l’alcalinizzazione. Può essere d’aiuto a coloro che soffrono di acidità legata a una cattiva alimentazione e per controbilanciare gli effetti negativi di una dieta iperproteica, per chi ha ritmi di vita stressanti o abitudini poco salutari (fumo, al-

cool, mancanza di attività fisica) o sta affrontando una dieta dimagrante restrittiva, per gli atleti o per chi abusa di integratori proteici non bilanciati. È un ottimo coadiuvante dopo i 50 anni di età ed è utile anche nella prevenzione dell’osteoporosi. Gunabasic è una miscela sinergica e complementare di estratti minerali e vegetali. Tra i suoi componenti spiccano lo zinco, che contribuisce al fisiologico metabolismo acido-base, e il magnesio, utile per il mantenimento dell’equilibrio elettrolitico. Gli estratti vegetali di carota e finocchio sono efficaci per il drenaggio dei liquidi corporei, mentre l’estratto vegetale di tarassaco contribuisce alle funzioni depurative dell’organismo. Assunto alla sera prima di coricarsi, Gunabasic svolge un’azione antistress, conci-

liante il riposo e il sonno, condizione che unitamente al ristabilimento delle funzioni organiche di base è indispensabile per ritrovare la sensazione di benessere. Gunabasic è privo di glutine e da oggi è disponibile con edulcorante naturale da glicosidi steviolici (stevia). Guna Tel. 02.280181 info@guna.it - www.guna.it

curaRE LA PELLE dall’interno con Skin Care Collagen FilleR

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kin Care Collagen Filler è un integratore alimentare a base di collagene, simile a quello presente nei tessuti connettivi elastici della pelle. La sua formula in compresse contiene una combinazione di estratti standardizzati di melagrana, estratti di alga e pomodoro, oltre alla vitamina C, che contribuisce alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo e alla normale formazione del collagene per la naturale funzione della pelle. Skin Care Collagen Filler è indicato per stimolare la rigenerazione del collagene all’interno della pelle, ridurre le rughe e aumentare l’elasticità della pelle. È di aiuto per prevenire e riparare i danni dovuti all’esposizione ai raggi UV, come le macchie cutanee.

Tra i suoi ingredienti si trova il collagene che fornisce aminoacidi, glicina, prolina, essenziali per sintetizzare il collagene nella pelle. L’estratto di melagrana (Punica granatum L.), dalle proprietà antiossidanti, accelera la guarigione delle ferite e attenua i danni alla pelle, nonché le infiammazioni dovute all’esposizione ai raggi UV, riducendo la rottura del collagene e l’iperpigmentazione. L’estratto di frutto di pomodoro (Lycopersicum esculentum L.) inibisce l’attività della tirosinasi (causata dai raggi UV) e quindi contrasta la pigmentazione. Ha proprietà antiossidanti e inibisce la collagenase (enzima che provoca la rottura del collagene). Skin Care Collagen Filler contiene inoltre

vitamina C, che agisce come antiossidante e riduce la pigmentazione da esposizione ai raggi UV, ed estratto di pepe nero (Piper nigrum L.), dalle proprietà antiossidanti. New Nordic Tel. 02.89070845 info@newnordic.it - www.newnordic.it novembre 2017

Professione Salute

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le aziende informano

Micro H MONODOSI E SALVIETTE, soluzione EFFICACE per la cura delle Emorroidi

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Laboratories Diepharmex, già noti a livello europeo per la gamma Audispray per l’igiene delle orecchie, hanno lanciato sul mercato italiano la linea di prodotti Micro H, per la cura della patologia emorroidaria. Micro H è declinato in due versioni: monodosi e salviette. Micro H monodosi contiene un gel i cui ingredienti sono noti per la loro efficacia nella cura delle emorroidi. Micro H monodosi risulta facile da utilizzare grazie alla sua formulazione

usa e getta e rappresenta una rapida quanto efficace soluzione a un problema spesso sottovalutato. Il fatto di essere presente in 10 monodosi costituisce una garanzia dal punto di vista igienico. Essendo l’igiene fondamentale in tema di

crisi emorroidarie, i Laboratori Diepharmex hanno lanciato sul mercato italiano anche Micro H salviette, in confezione da 20 bustine singole, utilizzabili più volte al giorno, dopo essere andati in bagno. L’utilizzo della carta igienica potrebbe infatti irritare ancora di più la zona anale resa sensibile dalla presenza di emorroidi. Si tratta di un trattamento pratico e non invasivo sia nel packaging che nella somministrazione. Micro H monodosi e Micro H salviette possono essere usati in gravidanza. Laboratoires Diepharmex Tel. +41 (0)22 718 64 36 italia@diepharmex.com www.microh.com

Prostenil Advanced, per il benessere di prostata e vie urinarie

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I disturbi della prostata e delle vie urinarie sono fisiologici con l’avanzare dell’età. Con il passare degli anni la prostata va incontro ad alterazioni funzionali e strutturali come l’iperplasia prostatica benigna (prostata ingrossata) o la prostatite con o senza infezioni batteriche, che possono essere accompagnati dai sintomi del basso tratto urinario. In particolare, i sintomi del basso tratto urinario diventano uno dei principali disturbi degli anziani. Si stima che tali fastidi colpiscano più del 30% degli uomini di età superiore a 65 anni. L’integratore alimentare Prostenil Advanced, nato dalla ricerca più avanzata di Aboca, è studiato appositamente per la funzionalità della prostata e delle vie urinarie.

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Professione Salute

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Prostenil Advanced si caratterizza per la presenza dell’innovativo complesso molecolare naturale Xanurin, costituito da varie sostanze naturali quali lipidosteroli (acidi grassi e fitosteroli), polifenoli, procianidine e flavonoidi, che derivano da serenoa, cranberry, semi d’uva e tè verde. In particolare, per la serenoa la ricerca Aboca ha sviluppato un esclusivo estratto utile per la funzionalità della prostata, che si caratterizza non solo per il contenuto di lipidosteroli ma anche di polifenoli. Questo estratto, insieme al tè verde, svolge anche una pronta azione sulla funzionalità delle vie urinarie. In Xanurin sono inoltre presenti l’estratto di semi d’uva, che coadiuva il microcircolo e la protezione dai

radicali liberi e quello di cranberry. Completano la formulazione gli oli essenziali di cajeput e ginepro ad azione antiossidante. Si consiglia l’assunzione di 3 capsule al giorno prima dei pasti o al mattino o alla sera. Aboca Tel. 0575.7461 www.aboca.com


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