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DIABETE I risultati della campagna di screening ed educazione sanitaria in farmacia
NUTRIZIONE Ripensare alla definizione di obesità considerando il ruolo dell’insulina
acufeni Molteplici le cause coinvolte nell’insorgenza del disturbo, ma non sempre facili da identificare
RICERCA Uno studio lo ha confermato: l’insonnia è scritta nei geni e dipende da fattori ereditari
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tiroide Svolge funzioni vitali e quando non lavora bene l’organismo ne risente
Corso accreditato ECM Modulo 2 Linee guida per la gestione della sensibilità al nichel
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editoriale Giuseppe Roccucci g.roccucci@griffineditore.it
Equilibrio e fiducia Se guardiamo quello che accade nel mondo tutti i giorni, non possiamo fare a meno di caricarci di grandi preoccupazioni. Dalle politiche estere “non distensioniste” di Trump, alle reazioni di Stati democratici e presunti tali, agli eventi avversi atmosferici sempre più devastanti, per finire al sempre più diffuso fenomeno di profonda divaricazione tra classi sociali con le tensioni che si porta dietro. In tutti i casi è l’opera dell’uomo che risulta determinante e ne scatena gli effetti. In Italia, e forse anche in Europa, stiamo assistendo e abbiamo assistito con le ultime elezioni alla manifestazione chiara di volontà di un popolo di cambiare rotta, per dirigersi verso uno stato più equilibrato dello stare insieme e del vivere quotidiano. È come una richiesta a gran voce di ritornare ai valori e all’esigenza di qualche certezza nella vita di tutti i giorni, senza tuttavia disdegnare i salti tecnologici benefici in ogni campo del lavoro. Si parla molto di eliminare privilegi della casta, di riequilibrare la previdenza, di garantire maggiore sicurezza nel Paese e di altri temi che sono rimasti indietro rispetto all’evoluzione dei tempi. Non si parla invece con tanto calore della “salute” e del suo sistema organizzativo. Sono certo che questo è un tema che deve rimanere al centro del buon governo, ma penso che tale sopito silenzio sia dovuto al fatto che forse in questi anni si è ben lavorato. Gli operatori della salute, dai medici agli ospedali, dalle strutture diagnostiche alle farmacie, hanno rappresentato nel nostro Paese un punto fermo, che ha saputo valorizzare le competenze e ha adeguato ai crescenti e nuovi bisogni della popolazione i propri servizi, garantendo stabilità al sistema
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Gli operatori della salute hanno
rappresentato nel nostro Paese un punto fermo,
che ha saputo valorizzare
le competenze e ha adeguato ai crescenti e nuovi bisogni della popolazione i propri servizi, garantendo stabilità
ed equilibrio nelle prestazioni, pur innovando e cercando di cogliere nuove opportunità. Un
al sistema ed equilibrio
esempio è la crescita del numero di farmacie e parafarmacie autorizzate alla vendita online
nelle prestazioni,
dei medicinali Sop e Otc, che testimonia il percorso dell’operatore per andare incontro alle
pur innovando e cercando
nuove esigenze dell’utilizzatore finale; come anche le nuove attività legate alla trasformazione della farmacia dei servizi. Ma nel mondo ci sono già alcuni moti rivoluzionari che portano a
di cogliere nuove
nuovi scenari. Si legge in questi giorni che in Francia più di 3.000 farmacie sono in difficoltà e
opportunità
potrebbero chiudere nel giro di una decina di anni, a causa delle nuove leggi che favoriscono le concentrazioni, imponendo investimenti non da tutte sostenibili per poter accedere alla possibilità di erogare nuovi servizi. Mentre negli Stati Uniti le voci di entrata di Amazon sul mercato del farmaco creano già le prime contromosse da parte dei grandi distributori, che si integrano a monte cercando di scalare direttamente la rete delle farmacie. Di fronte a ogni cambiamento c’è comunque l’opera dell’uomo che deve sempre considerare, qualsiasi scenario si decida di cavalcare, che non deve mai essere lesa la fiducia del paziente utilizzatore finale. aprile 2018
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sommario 3
Editoriale
6 Ne parliamo con le farmacie in campo contro il diabete Intervista a Marco Cossolo di Renato Torlaschi
8 Il brand in lancio
10 Apparato gastro-intestinale una corretta integrazione alimentare per la protezione dell’intestino
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Corso ECM a distanza Modulo 2 linee guida per la gestione della sensibilità al nichel A cura di Marco Guarene Francesca Sottotetti
25 Ricerca operatori sanitari: meno assenze se vaccinazione è obbligatoria di Renato Torlaschi
26 Intervista il gruppo admenta accelera sul progetto di affiliazione
Direttore responsabile Giuseppe Roccucci Board Scientifico Hellas Cena (Direttore) Donatella Ballardini Silvia Brazzo Mario Calzavara Mariano Casali Rachele De Giuseppe Massimo Labate Luca Marin Mara Oliveri Marco Rufolo
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di Carla Carnovale
36 Ricerca insonnia, scoperti i geni che la favoriscono di Renato Torlaschi
39 Endocrinologia Tiroide, piena funzionalità solo con adeguati livelli di iodio di Luca Vanni
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Nutrizione epidemia di obesità: per contrastarla occorre ripensare alle cause
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Grafica Grafic House, Milano Hanno collaborato in questo numero Ylenia Balice, Carla Carnovale, Ilaria Di Napoli, Lara Romanelli, Renato Torlaschi, Luca Vanni Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Giovanni Cerrina Feroni g.cerrinaferoni@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Ufficio Abbonamenti Maria Camillo customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Stampa Reggiani Arti Grafiche srl Via Alighieri, 50 - Brezzo di Bedero (VA)
Coordinamento editoriale Rachele Villa r.villa@griffineditore.it Redazione Andrea Peren a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli l.romanelli@griffineditore.it
Otorinolaringoiatria acufeni: in molti casi resta un disturbo senza causa ben precisa
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di Ilaria Di Napoli
Professione Salute Bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione
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SIDeMaST
Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse
Attualità
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Editore Griffin srl unipersonale Piazza Castello 5/E - 22060 Carimate (CO) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it Professione Salute. Periodico bimestrale Anno IX - n. 2 - aprile 2018 Registrazione del Tribunale di Como n. 4 del 14.04.2010 ISSN 2531-8748 Iscrizione Registro degli operatori di comunicazione n. 14370 del 31.07.2006 Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. Il contenuto del giornale non può essere riprodotto o traferito, neppure parzialmente, in alcuna forma e su qulalsiasi supporto, salvo espressa autorizzazione scritta dell’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.
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ne parliamo con
Le farmacie in campo contro il diabete Con un’adesione di oltre 7.600 farmacie, la campagna DiaDay ha monitorato oltre 160.000 persone, portando alla luce più di 4.000 casi di diabete non diagnosticato e quasi 19.000 casi di prediabete
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Intervista di Renato Torlaschi
l numero di pazienti con diabete di tipo 2 sta aumentando rapidamente in tutto il mondo, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Si tratta di una vera e propria pandemia, guidata dagli effetti combinati dell’invecchiamento della popolazione, dall’aumento dei livelli di obesità e inattività e da una maggiore longevità degli stessi pazienti, attribuibile a una migliore gestione della malattia. Si prevede che entro il 2025 ci saranno 380 milioni di persone con diabete di tipo 2 e 418 milioni di persone con ridotta tolleranza al glucosio. È una delle principali cause globali di mortalità prematura ed è ampiamente sottostimata, perché solo una minoranza di persone con diabete muore per una causa unicamente correlata alla condizione. Circa la metà dei pazienti con diabete di tipo 2 muore prematuramente di una causa cardiovascolare e circa il 10% per insufficienza renale. La mortalità globale attribuibile al diabete negli adulti è stata stimata in 3,8 milioni di decessi all’anno. Lo scenario è allarmante, ma combattere il diabete è possibile, a partire da una sensibilizzazione della popolazione, da una promozione di stili di vita che possa ridurre i rischi e da una diagnosi precoce. In Italia un’importante iniziativa ha coinvolto le farmacie: Professione Salute ne ha parlato con Marco Cossolo, presidente di Federfarma.
Marco Cossolo Presidente Federfarma 6
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Dottor Cossolo, ci può spiegare come è nata la campagna DiaDay? DiaDay è la prima campagna nazionale di screening gratuito e di educazione sanitaria sulla prevenzione del diabete e delle sue complicanze effettuata in farmacia, promossa da Federfarma nel novembre 2017. L’iniziativa è nata sulla base dell’esperienza pilota realizzata a livello regionale da Federfarma Umbria in collaborazione con Aild Onlus (Associazione italiana Lions per il diabete). A livello nazionale la campagna DiaDay è stata realizzata da Federfarma in collaborazione con Aild e Sid (Società italiana di diabetologia) e con il patrocinio della Federazione ordine farmacisti italiani (Fofi), dell’Intergruppo parlamentare Qualità di vita e diabete, di Fenagifar (Federazione nazionale associazioni giovani farmacisti) e Amd (Associazione medici diabetologi). Per affrontare una tematica così ampia e complessa, si sono mosse molte organizzazioni: come si è svolta l’iniziativa? La campagna si è svolta in occasione della Giornata mondiale del diabete - in calendario il 14 novembre - e si è protratta nei successivi dieci giorni. Lo screening è consistito in una autoanalisi della glicemia, effettuata dal cittadino su base volontaria, e nella compilazione on line, da parte del farmacista, di un questionario validato dalla comunità scientifica internazionale. Grazie a un algoritmo il cittadino ha potuto conoscere in tempo reale la probabilità di sviluppare diabete nei successivi dieci anni. In alcuni casi ha saputo di essere diabetico
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intervista a marco cossolo
o prediabetico. I risultati sono stati elaborati da un board scientifico e presentati alla stampa in dicembre. I dati sono anche stati resi disponibili alle istituzioni sanitarie per contribuire utilmente all’individuazione di azioni di contrasto alla diffusione della patologia diabetica. Quali sono stati i numeri della campagna? Alla campagna DiaDay hanno aderito oltre 7.600 farmacie, che hanno monitorato oltre 160.000 persone. Si sono sottoposti allo screening 96.150 donne (pari al 59,98% del campione) e 64.163 uomini (pari al 42,02%). Si è trattato soprattutto di ultra64enni (43,61%), seguiti da persone di età compresa tra 55 e 64 anni (22,42%). Sono percentuali che rispecchiano l’utenza tipo della farmacia, composta soprattutto da donne e persone anziane. Quali risultati avete ottenuto? Dal monitoraggio sono emersi oltre 4.000 casi di diabete non diagnosticato e quasi 19.000 casi di prediabete. Scoprire per tempo il diabete o accertarne la predisposizione permette di individuare tempestivamente, insieme al medico, le terapie e i comportamenti più opportuni da adottare. Significa anche ridurre i costi economici della malattia. Infatti i soggetti che hanno scoperto di trovarsi nella condizione di prediabete possono evitare che la patologia si sviluppi, semplicemente cambiando stile di vita e abitudini alimentari. I risultati del DiaDay non toccano solo la sfera della salute individuale, perché evitare che il soggetto prediabetico diventi diabetico o che chi è diabetico sviluppi complicanze, fa risparmiare il Servizio sanitario nazionale, riducendo il numero dei ricoveri, delle analisi, dei farmaci. Come continua il vostro impegno nell’attività di tutti i giorni? Federfarma ha lasciato a disposizione del-
le farmacie la piattaforma informatica con il questionario da compilare per calcolare automaticamente il rischio di sviluppare la patologia diabetica nell’arco dei prossimi dieci anni. I colleghi che lo desiderano possono quindi continuare ad offrire ai cittadini questo importante servizio di prevenzione e diagnosi precoce in aggiunta all’autoanalisi della glicemia. Diagnosticare tempestivamente il diabete vuol dire evitarne le numerose e gravi complicanze che pregiudicano la qualità della vita del paziente e dei suoi familiari, oltre ad incidere pesantemente sul bilancio del Ssn. Nell’esperienza del DiaDay si è espresso compiutamente lo spirito della “farmacia dei servizi”, che vuol dire promozione di stili di vita corretti, diagnosi precoce, aderenza terapeutica. E in questo contesto il farmacista è un professionista competente, affidabile e disponibile che si mette a disposizione delle esigenze della comunità in cui opera. Come si affrontano sul territorio le cronicità, di cui il diabete è un esempio tra i più significativi ma non il solo? La farmacia può avere un ruolo essenziale nella gestione della cronicità, principalmente in due modi. Innanzitutto può assicurare l’aderenza alla terapia da parte del paziente. Sappiamo che i malati, soprattutto gli anziani politrattati, hanno difficoltà a seguire le terapie prescritte. Questo comporta peggioramenti dello stato di salute, ricadute, ricoveri per complicanze. Tutti costi, sociali e economici, che potrebbero essere ridotti o talora anche evitati. In secondo luogo, la farmacia può efficacemente fare prevenzione primaria (diffondendo corretti stili di vita) e secondaria (favorendo la diagnosi precoce della patologia). Il DiaDay ha testimoniato questa capacità della farmacia e l’utilità dei risultati ottenuti.
[ Nell’esperienza del DiaDay si è espresso compiutamente lo spirito della “farmacia dei servizi”, che vuol dire promozione di stili di vita corretti, diagnosi precoce, aderenza terapeutica
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il brand in lancio
CeraVe: tecnologia innovativa di idratazione a rilascio continuo nel trattamento di dermatite atopica, acne e rosacea
La cute come barriera La cute è un involucro protettivo che contribuisce a difenderci dai microorganismi, ma anche a evitare l’ingresso o la fuoriuscita d’acqua (transepidermal water loss, TEWL) e di altre sostanze. Tale funzione di barriera non è tuttavia assoluta, in quanto esiste fisiologicamente un’eliminazione di liquidi e altre sostanze attraverso la pelle (sudore e sebo) ma anche la possibilità, in certe condizioni, di assorbimento. È ormai di-
DA APRILE IN FARMACIA Con 3 ceramidi essenziali per ripristinare la barriera protettiva della pelle e con tecnologia MVE a rilascio continuo per un’idratazione di 24 ore
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mostrato che il maggiore ostacolo alla penetrazione percutanea di qualsiasi sostanza sia rappresentato dallo strato corneo. Questa funzione di “argine” si deve soprattutto alla struttura “a muro di mattoni” dello strato corneo, ove i mattoni sono i corneociti, cementati da materiale lipidico, che li rende solidali, ma permette anche al “muro” di mantenersi flessibile e solo parzialmente penetrabile. I lipidi, tra cui i principali sono colesterolo, acidi grassi liberi e ceramidi, hanno un ruolo fondamentale nella regolazione della funzione di barriera. Le ceramidi sono composti da una lunga catena lipofila, di solito formata da un aminoalcol, la sfingosina, combinata con un acido grasso mediante un legame amidico. Sono state identificate più di dieci classi diverse per quantità e posizione degli ossidrili legati. Tra esse, la ceramide 1 svolge un ruolo essenziale nelle caratteristiche di flessibilità dello strato corneo e della sua desquamazione. Le alterazioni di questi lipidi comportano modificazioni
della funzione di barriera. Le ceramidi legate alla membrana dei corneociti, di cui rappresentano l’80%, permettono l’interazione dell’involucro del corneocita con le lamelle lipidiche della matrice, mantenendo un corretto orientamento del doppio strato lipidico intercellulare (1,2). Un difetto di barriera rappresenta quindi un fattore determinante per l’innescarsi di varie malattie dermatologiche (2). CeraVe: composizione e funzioni La scelta dei prodotti emollienti deve essere volta al supporto dell’integrità dello strato corneo. In questa ottica è stata formulata la linea CeraVe, che contiene sostanze in grado di favorire la riparazione della barriera cutanea in aggiunta ai tradizionali componenti idratanti. I più comuni ingredienti capaci di favorire il ripristino della barriera, inseriti nella linea CeraVe, sono tre ceramidi essenziali (CER 1, 3, 6-II) che vanno a ricaricare la quota di lipidi carenti. Un importante avanzamento svolto nella linea CeraVe è stato l’introduzione della tecnologia MVE (multivescicular emulsion): l’emulsione multivescicolare comprende strati concentrici di emulsione olio in acqua. Una volta che il prodotto è applicato sulla cute, si assiste a un’apertura sequenziale
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delle vescicole con un rilascio graduale di ceramidi e altri ingredienti (acidi grassi e altri lipidi) (2). CeraVe e la dermatite atopica (DA) Nella cute sana dell’atopico si osserva una quota inferiore di ceramidi, soprattutto di classe 1, rispetto ai soggetti sani. Alla microscopia elettronica dello strato corneo, esiste un’evidente differenza, tra il soggetto normale e l’atopico, nella struttura lipidica intercellulare: nel soggetto normale si presenta lineare, mentre nell’atopico la carenza di ceramidi rende irregolare il doppio strato lipidico e questo si ripercuote anche sul legame dell’acqua, inducendo a sua volta distribuzione irregolare dei corneodesmosomi. Questa situazione contribuirebbe a indurre la xerosi e la desquamazione tipiche della dermatite atopica. L’utilizzo di detergenti ed emollienti specifici ha mostrato il miglioramento dei sintomi della DA, come dimostrato in uno studio condotto su 60 pazienti, di età compresa tra 5 e 80 anni, seguiti per 4 settimane. In questo studio, in un gruppo di 20 pazienti, sono stati utilizzati l’emulsione e il detergente CeraVe in associazione con una crema a base di fluocinonide allo 0,05% (FLU). Nei due gruppi di confronto, 20 pazienti hanno utilizzato FLU e un comune detergente e gli altri 20 hanno utilizzato il detergente CeraVe e FLU. I risultati hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo nei pazienti che hanno utilizzato l’emulsione e il detergente CeraVe rispetto ai soggetti che hanno utilizzato un comune detergente e nei pazienti che hanno utilizzato il detergente CeraVe rispetto a colo-
ro che hanno utilizzato un comune detergente. Inoltre, i pazienti che hanno fatto uso della combinazione di detergente ed emulsione CeraVe associata a FLU hanno mostrato una riduzione dei sintomi nettamente superiore agli altri due gruppi (3). In un altro recente studio di coorte condotto su 151 pazienti con DA lieve-intermedia, si è utilizzato per 6 settimane unicamente il detergente e l’emulsione CeraVe. I pazienti sono stati divisi in due gruppi (adulti e bambini) e in entrambe le coorti si è ottenuto un miglioramento statisticamente significativo delle manifestazioni cutanee e del prurito (4). CeraVe nel trattamento di acne e rosacea Vari studi hanno dimostrato che la cute dei pazienti acneici presenta una carenza di ceramidi. Inoltre, molte terapie topiche possono causare irritazione cutanea, contribuendo a compromettere la funzione di barriera dello strato corneo. In uno studio open-label condotto su 20 pazienti con acne lieve-intermedia, la terapia farmacologica anti-acne è stata associata all’utilizzo di un detergente e di una crema CeraVe per 12 settimane. I pazienti utilizzavano mattino e sera il detergente e la crema CeraVe prima dell’applicazione della terapia (clindamicina fosfato all’1,2% e benzoil perossido al 2,5% in gel la mattina e tretinoina allo 0.05% in gel alla sera). Alla settimana 12, il 60% dei pazienti aveva ottenuto un successo terapeutico. Gli autori hanno pertanto concluso che il detergente e la crema CeraVe hanno contribuito alla tollerabilità della terapia topica (5). Anche pazienti con rosacea teleangectasica presentano un’aumenta-
ta TEWL, sia nella cute lesionale sia sana. Le creme emollienti riducono, oltre alla sensibilità, anche i flares e la xerosi della cute di questi pazienti. Questo concetto è stato dimostrato in uno studio open-label condotto su 102 pazienti con rosacea da lieve a intermedia. Questi pazienti applicavano acido azelaico allo 15% (AZA) in gel dopo aver deterso la cute e dopo aver applicato una crema idratante CeraVe solo sull’emivolto destro. Al termine dei sette giorni di studio è stato osservato un miglioramento sostanziale del bruciore sull’emivolto destro (6). Conclusioni Le alterazioni della barriera cutanea hanno un importante ruolo nella fisiopatologia di diversi quadri patologici della cute. Selezionare prodotti che riducono le alterazioni di barriera induce un miglioramento dell’outcome di queste patologie. I dati che possediamo sull’utilizzo di prodotti CeraVe specifici per acne, rosacea ed eczema ci permettono di considerarli come importanti adiuvanti della terapia farmacologica. Ylenia Balice Dermatologa Bibliografia 1. P. Castano, A. Miani, A. Busia. La pelle. L’apparato tegumentario. Morfologia, struttura e funzioni. Ed. Sepem. 2006. 2. Zeichner JA, Del Rosso JQ. Multivesicular Emulsion Ceramidecontaining Moisturizers: An Evaluation of Their Role in the Management of Common Skin Disorders. J Clin Aesthet Dermatol. 2016;9:26-32. 3. Draelos ZD. The effect of ceramide-containing skin care products on eczema resolution duration. Cutis. 2008;81:87-91. 4. Lynde CW, Andriessen A. A cohort study on a ceramide containing cleanser and moisturizer used for atopic dermatitis. Cutis. 2014;93:207-13. 5. Lynde CW, Andriessen A, Barankin B, Gannes GD, Gulliver W, Haber R, McCuaig C, Rajan P, Skotnicki SP, Thomas R, Toole J, Vender R. Moisturizers and Ceramide-containing Moisturizers May Offer Concomitant Therapy with Benefits. J Clin Aesthet Dermatol. 2014;7:18-26. 6. Levin J, Miller R. A Guide to the Ingredients and Potential Benefits of Over-the-Counter Cleansers and Moisturizers for Rosacea Patients. J Clin Aesthet Dermatol. 2011;4:31-49.
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APPARATO gastro-intestinalE
Una corretta integrazione alimentare per la protezione dell’intestino Uno studio ha confermato gli effetti positivi dell’utilizzo del colostro bovino in associazione con il Noni nella prevenzione e nel trattamento di diversi stati di natura infiammatoria a carico del tratto gastro-intestinale
Alimentazione e stili di vita scorretti, stress psichici, stati patologici e terapie farmacologiche possono ripercuotersi direttamente o indirettamente sul tratto gastro-intestinale, alterandone l’omeostasi. Due sono i ruoli fondamentali del tratto gastro-intestinale: una funzione di “filtro specializzato” in grado di garantire l’assorbimento ottimale delle sostanze nutritizie e una funzione di “barriera selettiva” nei confronti di patogeni di ogni natura. Layer
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mucoso, microbiota intestinale, giunzioni intercellulari e sistema immunitario dell’intestino (gut associated lymphoid tissue, GALT) rappresentano i quattro livelli fondamentali della barriera intestinale. Il tratto gastro-intestinale si configura inoltre come un sistema PNEI (psico-neuro-endocrino-immunitario) in grado di secernere neuropeptidi, neurormoni, ormoni e citochine, contribuendo in maniera decisiva al controllo dell’omeostasi fisiologica sia locale sia sistemica.
Agire a livello del tratto gastro-intestinale preservando o ristabilendo la sua integrità istologica, la sua funzione PNEI e la sua capacità di controller omeostatico equivale dunque a prevenire o a curare alterazioni locali e sistemiche. Il mantenimento dell’omeostasi della barriera, in particolar modo il rapporto tra microbiota e sistema PNEI, è fondamentale per una corretta funzionalità dell’apparato gastroenterico. Un ruolo fondamentale nel controllo dell’omeostasi e della fisiologia intestinale è esercitato dall’asse cerebro-intestinale (gut-brain axis, GBA): condizioni di stress psichico possono configurarsi come agenti infiammatori della mucosa intestinale. L’alterazione dell’asse cerebro-intestinale è infatti alla base dell’inizio di disfunzioni con spiccata componente psicosomatica quali la sindrome del colon irritabile, il morbo di Crohn e di altre situazioni infiammatorie sia acute sia croniche. Tra i fattori fisiologici coinvolti nella regolazione dei sistemi giunzionali, l’alimentazione è senza dubbio il più importante in quanto rappresenta un substrato fondamentale per stati infiammatori cronici. L’alimentazione tipica dei paesi sviluppati, la cosiddetta Western Diet, non equilibrata e ricca di grassi, sale, zuccheri e alimenti geneticamente modificati (Ogm) favorisce lo sviluppo di patologie come diabete, obesità e tumore del colon-retto, caratterizzate da un’infiammazione latente e persistente che si ripercuote anche
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APPARATO gastro-intestinalE
sull’integrità dell’epitelio intestinale e sulla composizione della flora batterica commensale. Benefici del colostro bovino e del Noni per l’apparato gastro-intestinale Varie strategie terapeutiche sono disponibili per gestire alterazioni della barriera intestinale. Una delle opzioni più importanti è il recupero della fisiologica composizione del microbiota attraverso un’attività selettiva nei confronti dei ceppi batterici commensali presenti, integrando in maniera opportuna l’alimentazione. L’utilizzo di un integratore alimentare a base di colostro bovino liofilizzato e di Morinda citrifolia (Noni) – come Colostro Noni (Guna Spa, Milano) –, in grado di ristabilire l’omeostasi intestinale con un’attività diretta sul microbiota e sull’integrità dell’epitelio intestinale, si è dimostrato vantaggioso nella prevenzione e nel trattamento di episodi di alterazione della funzionalità gastro-intestinale sia diretta (gastroenteriti con alterazione della struttura e dell’integrità della mucosa, disturbi infiammatori intestinali, diarrea e forme dissenteriche), sia indiretta (stati influenzali e parainfluenzali), in casi di disbiosi da terapie antibiotiche e in condizioni di stress psicofisico secondarie all’alterata funzionalità intestinale. In base ai dati presentati in un recente studio (1) e all’abbondante letteratura si può affermare che l’utilizzo di Colostro Noni, in presenza di stati patologici di natura infiam-
matoria a carico del tratto gastro-intestinale permette di riequilibrare e conservare il delicato rapporto tra flora batterica e corretta permeabilità intestinale, ristabilendo la giusta omeostasi infiammatoria della mucosa e la fisiologica armonia dell’asse cerebrointestinale, punto cardine di un’ottimale funzionalità del tratto digerente. In base ai dati emersi dallo studio si può quindi suggerire l’utilizzo di Colostro Noni nelle disfunzioni gastro-intestinali caratterizzate da una aumentata permeabilità della mucosa per alterata funzione dei sistemi giunzionali (Lea-ky Gut Syndrome), nelle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), nelle forme dissenteriche, nelle gastriti da erosione e si può ipotizzare il suo utilizzo anche in forme di alterazione del layer mucoso come celiachia e gluten sensitivity. I componenti del Colostro Noni sono: > colostro bovino, importante fonte di nutrimento in quanto apporta tutti gli aminoacidi essenziali e non-essenziali, ormoni e fattori di crescita, vitamine A,C,D ed E, tutte le vitamine del gruppo B, acido folico, enzimi, metalli e sali minerali, svolgendo una funzione di “prima vaccinazione” in quanto ricco di immunoglobuline, proteine e peptidi ad azione antibatterica; > succo del frutto di Morinda citrifolia (più nota con il nome di Noni), pianta utilizzata nei secoli dalle popolazioni del Sud Pacifico e altamente valorizzata per le sue proprietà fitoterapiche e per le sue importanti proprietà antinfiammatorie e stimolanti le difese immunitarie dell’organismo. Effetti del Colostro Noni sul turn-over delle cellule epiteliali Secondo lo studio presentato, l’attività di Colostro Noni a livello cellulare è stata testata in un modello in vitro di epitelio intestinale basato sull’utilizzo della linea cellulare Caco-2. È stata valutata la capacità di Colostro Noni di stimolare il turn-over cellulare mediante saggio del
rate di crescita cellulare WST-1. Tramite il metodo Real-Time-PCR, si è invece testata la sua capacità di incrementare l’espressione genica di Interleuchina-8 (IL-8), importante fattore chemotattico coinvolto nei fenomeni infiammatori e nel controllo dell’omeostasi tissutale. L’utilizzo di Colostro Noni in un modello in vitro di epitelio intestinale evidenzia le sue proprietà di fisiologico regolatore del turn-over cellulare e della chemiotassi, meccanismi coinvolti nei fenomeni di protezione e riepitelizzazione del tessuto danneggiato. Come ulteriore confronto, per valutare il ruolo sinergico del succo di Noni, è stato inserito nei test anche un gruppo in cui le cellule sono state trattate con solo colostro bovino. In questo lavoro si è valutata la possibilità di utilizzo dell’integratore alimentare Colostro Noni a scopo preventivo e di trattamento in diversi stati caratterizzati da alterazione dell’omeostasi intestinale con modificazione della composizione del microbiota, alterazione della morfologia e funzionalità dell’epitelio e infiammazione dello stesso. I risultati dello studio evidenziano come Colostro Noni sia in grado di stimolare fisiologicamente il turn-over cellulare nel modello in vitro proposto e si dimostra attivo nell’incrementare, sempre a livello fisiologico, l’espressione genica di IL-8. Entrambi gli aspetti osservati sono fondamentali per l’instaurazione di meccanismi di riparazione dei danni tissutali. Lara Romanelli
Bibliografia 1. Cardani D. Effetti di Colostro Noni sul turn-
over delle cellule epiteliali, sugli stati infiammatori e sull’integrità dei sistemi giunzionali della mucosa intestinale. Minerva Gastroenterologica e Dietologica 2014 march;60(1):71-8, Edizioni Minerva Medica. Le informazioni riportate in queste pagine sono riservate al personale specializzato.
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Corso ECM 2018 Modalità di Formazione a Distanza (FAD) riservato agli abbonati paganti
Allergie e intolleranze alimentari Responsabile scientifico Prof.ssa Hellas Cena Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Università degli Studi di Pavia
Descrizione del corso Negli ultimi decenni si è assistito a un incremento della prevalenza di malattie allergiche, in contrasto con la riduzione delle malattie infettive. Professione Salute, in collaborazione con il Laboratorio di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Università degli Studi di Pavia, tratta il tema “Allergie e intolleranze alimentari” proponendo aggiornamenti scientifici e indicazioni pratiche in merito a un fenomeno di grande attualità.
Struttura n MODULO 1. Intolleranza al lattosio: dalla definizione clinica all’intervento nutrizionale (Mara Oliveri, Valentina Leccioli) L’intolleranza al lattosio è una condizione causata dal deficit dell’enzima lattasi. Nei soggetti deficitari è essenziale un’alimentazione priva di lattosio per evitare la sintomatologia derivante dall’incompleta digestione. n
MODULO 2. Linee guida per la gestione della sensibilità al nichel (Marco Guarene, Francesca Sottotetti)
Il nichel rappresenta una delle cause della dermatite da contatto ed essendo presente in molti alimenti, nonché in diversi utensili da cucina, una modalità di esposizione è quella alimentare. Evidenze scientifiche dimostrano il beneficio derivato da un intervento dietoterapico, pianificando un adeguato livello di assunzione. n
MODULO 3. Celiachia e gluten sensitivity: diagnosi e gestione (Carmen Facchinetti)
La varietà dei disturbi legati all’ingestione di glutine è molto ampia e complessa: la gluten sensitivity è una condizione in cui l’ingestione di glutine provoca una sintomatologia sovrapponibile a quella relativa alla celiachia, differenziandosi da essa in quanto non vengono riscontrate alterazioni anatomiche intestinali e risposta autoimmune da parte dell’organismo. n
MODULO 4. Diagnosi di allergie alimentari: quali novità? (Daniele Giovanni Ghiglioni)
Ogni manifestazione indesiderata e imprevista conseguente all’assunzione di un alimento si traduce in quadri clinici estremamente diversi: l’iter diagnostico deve seguire percorsi scientificamente validati e definiti, riducendo al minimo il rischio per il paziente. n
MODULO 5. I probiotici nella prevenzione delle allergie (Debora Porri)
Negli ultimi anni sempre più studi hanno associato l’alterazione, meglio definita come “disbiosi”, del microbiota intestinale con la sensibilizzazione alle patologie allergiche, ipotizzando l’uso dei probiotici come azione preventiva ed efficace.
Obiettivi Il presente corso si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi: n alimentare in modo continuo le conoscenze delle figure professionali che lavorano in ambito sanitario; i contenuti forniti potranno essere trasferiti alla pratica clinica, con ripercussioni in termini di miglioramento della gestione clinica di singoli pazienti e di gruppi; n contribuire al mantenimento e rafforzamento del network comunicativo con le varie figure professionali in un percorso verso l’implementazione e lo sviluppo delle loro competenze individuali in ambito preventivo e terapeutico, che potrà avere importanti ripercussioni a cascata sulla popolazione affetta da allergie e intolleranze alimentari.
Modalità di somministrazione del corso e accreditamento ECM In ogni numero di Professione Salute a partire dal n. 1/2018 e per tutto il 2018 (gennaio-dicembre) sarà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di valutazione. Tutti i moduli pubblicati sulla Rivista saranno disponibili online su sito www.fadmedica.it, dove sarà possibile, modulo per modulo, rispondere ai questionari di valutazione. L’erogazione dei crediti ECM avverrà al superamento di tutti i questionari. Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.
Per informazioni: tel. 031.789085 e-mail: customerservice@griffineditore.it
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Linee guida per la gestione della sensibilità al nichel A cura di Marco Guarene Biologo Nutrizionista Specialista in Patologia Clinica Francesca Sottotetti Laboratorio di Dietetica e Nutrizione Clinica Università degli Studi di Pavia
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l nichel è un metallo argenteo appartenente al gruppo del ferro; è duro, malleabile e duttile. Tale elemento chimico risulta essere largamente diffuso nell’ambiente e negli oggetti di uso quotidiano (gioielli, borchie di metallo, orologi, pentole e utensili da cucina). Un’altra via che può esporre al contatto con il nichel è quella alimentare: questo metallo è infatti naturalmente contenuto in molti alimenti e potrebbe essere introdotto anche durante la preparazione delle pietanze attraverso la contaminazio-
ne. Il contenuto di nichel negli alimenti dipende da diversi fattori: > dalla varietà della specie vegetale; > dal contenuto presente nel suolo in cui cresce la pianta; > dall’ambiente acquatico (nel caso del pesce) (1). Epidemiologia Quella al nichel risulta essere una delle reazioni avverse più diffuse nella popolazione a livello internazionale. A tal proposito,
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i dati epidemiologici più recenti relativi alla popolazione europea sono raccolti in una metanalisi che prende in considerazione gli studi pubblicati in letteratura fra il 2005 e il 2016 (2). Il materiale normativo di partenza a cui fa riferimento questo lavoro è la EU Nickel Directive, una serie di linee guida introdotte nel 1994 con l’obiettivo di ridurre la prevalenza della sensibilità al nichel e della dermatite nella popolazione europea. Prima di ciò, furono introdotti dei regolamenti nazionali in Danimarca (1990), in Svezia (1991) e in Germania (1991). Per esempio, la Danish Nickel Regulation vietava tutti quei prodotti di uso quotidiano a contatto con la pelle che avessero un contenuto di nichel superiore a 0.5 µg/cm2. In Svezia furono proibiti invece orecchini contenenti più del 5% di nichel e, in Germania, gli oggetti contenenti nichel dovevano essere etichettati e quindi segnalati. Dei 46 studi selezionati alla fine della ricerca, 10 riguardavano la popolazione generale e includevano 19.396 individui di cui 2.080 (10,7%) con sensibilità al nichel provenienti da 8 Paesi diversi. Gli altri 36 studi, invece, erano stati effettuati su pazienti affetti da dermatite diagnosticata mediante patch test e includevano 519.951 soggetti di cui 92.373 (17,8%) con sensibilità al nichel provenienti da 17 Paesi in totale. La maggior parte dei pazienti era stata sottoposta a patch test in quanto presentava una sintomatologia in linea con una dermatite allergica da contatto (Allergic contact dermatitis, ACD). La sensibilità al nichel si è rivelata essere la principale causa della dermatite da contatto sia nella popolazione generale sia nel gruppo dei pazienti, con una prevalenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini. L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di valutare se la EU Nickel Directive fosse stata in grado di proteggere i cittadini europei dallo sviluppo di reazioni avverse al nichel. Analizzando i dati epidemiologici
> Figura 1 Classificazione delle reazioni avverse agli alimenti in base al meccanismo patogenetico coinvolto
nel corso del tempo, gli autori hanno notato una riduzione della prevalenza in alcuni Paesi europei e l’incidenza si è dimostrata maggiormente ridotta nelle donne (18-35 anni) e nei pazienti (18-30 anni), sia uomini che donne, che presentavano dermatite. In ogni caso, la sensibilità al nichel si è rivelata una problematica non trascurabile nella popolazione generale con dati di prevalenza sul territorio continentale significativi (8-18%) soprattutto nei Paesi del Sud Europa. Dati epidemiologici in Italia Anche in Italia quella al nichel risulta essere una delle reazioni avverse più diffuse fra la popolazione. A tal proposito, in Sicilia, è stato condotto uno studio su quattro centri allergologici proprio per valutare l’incidenza della SNAS (Sindrome da allergia sistemica al nichel) nel nostro Paese (3). L’analisi comprendeva 1.696 pazienti che presentavano sintomi specifici e attendibili per una valutazione allergologica: in particolare, rinocongiuntivite e asma, ma anche allergie alimentari, dermatite da contatto, reazioni avverse ai farmaci e orticaria idiopatica cronica. La diagnosi è stata confermata in 98 pazienti dei 1.696 iniziali (5,78%) attraverso
un responso positivo all’oral provocation test (OPT) con nichel solfato; di questi 98 pazienti, 88 (89,8%) erano donne mentre 10 (10,2%) erano uomini. Gli autori hanno poi elaborato un elenco degli alimenti scatenanti le reazioni avverse considerando solo i 98 soggetti affetti; lo studio ha confermato infatti che i legumi (sia freschi che secchi) rappresentano l’alimento più comunemente coinvolto nella Sindrome da allergia sistemica al nichel, seguiti dai pomodori, dal cacao e dalle arachidi. Da ultimo, i sintomi che si manifestavano con maggior prevalenza erano di origine gastrointestinale e cutanea. Allergia o intolleranza? Uno dei maggiori interrogativi riguardanti il nichel e le reazioni avverse che i soggetti possono sviluppare nei confronti di tale elemento riguarda l’inquadramento diagnostico nel gruppo delle allergie o in quello delle intolleranze. Come ben noto, viene definita “intolleranza” una reazione avversa a un alimento o a una sua componente che non va a coinvolgere il sistema immunologico e per la quale non esiste una dose massima di ingestione. Il termine “allergia”, invece, identifica una reazione di tipo immunologico che può manifestaraprile 2018
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si subito dopo o molto tempo successivo rispetto al contatto con l’allergene. Le reazioni avverse agli alimenti vengono comunemente distinte in immunomediate e in non immunomediate (causate da difetti enzimatici come nell’intolleranza al lattosio e nel favismo o da proprietà farmacologiche specifiche degli alimenti come quelle mediate dalla tiramina o istamina in pesci, crostacei o formaggi stagionati). Il primo gruppo a sua volta distingue le reazioni “Ig-E mediate” (allergie) e quelle “non mediate dalle Ig-E” (4). Si parla di reazione da ipersensibilità quando il sistema immunitario di un individuo reagisce verso un antigene in modo eccessivo e/o incontrollato e causa danno, colpendo direttamente il tessuto dell’ospite o provocando patologie specifiche da ipersensibilità. Le reazioni di ipersensibilità di tipo IV sono conosciute anche col nome di ipersensibi-
lità ritardata, in quanto sono reazioni che si manifestano solo due o tre giorni dopo l’introduzione dell’antigene che scatena la reazione. Questo ritardo le differenzia nettamente dalle reazioni di ipersensibilità immediata o di tipo I, che si manifestano pochi minuti dal contatto con l’antigene. Il ritardo nasce dal fatto che le reazioni di ipersensibilità ritardata sono mediate dai linfociti T, e non dagli anticorpi, come invece quelle di tipo I. Nel caso della sensibilità al nichel, il metallo agisce da aptene, una molecola di piccole dimensioni che penetrando attraverso la pelle e le mucose si lega alle proteine self, trasformandole in antigeni non self. La reazione è dovuta a un forte infiltrato linfocitario e a edema nella zona in cui è presente l’antigene scatenante, oltre a vescicole e ascessi epidermici. Le reazioni di ipersensibilità ritardata si manifestano verso antigeni capaci di at-
tivare i linfociti T CD4 + o CD8+ oppure contemporaneamente entrambi i sottotipi cellulari. I meccanismi che portano al danno tissutale sono gli stessi utilizzati dai linfociti T per eliminare i microbi che si localizzano dentro le cellule. Da una parte la proliferazione e maturazione dei linfociti CD4+ che, una volta riconosciuti gli antigeni presentati dalle cellule dendritiche, si attivano e secernono IL-2 che ne stimola ulteriormente la proliferazione. I linfociti T attivati maturano in due sottopopolazioni di linfociti T helper: TH1 e TH17 in base al tipo di citochine prodotte dalla APC. I linfociti TH1 secernono principalmente IFN-γ e TNF tramite cui attivano i macrofagi, mentre i linfociti TH17 producono IL-17 e IL-22 e attivano i neutrofili. Il continuo rilascio di citochine attiva un’infiammazione locale su base immune che richiama altri leucociti nel sito infiammatorio, causando il danno del tessuto. Sempre nel contesto di un’ipersensibilità ritardata, nel caso in cui si attivino anche i linfociti CD8+, il danno tissutale diventa più marcato perché all’azione dei linfociti CD4+ si associa l’attività litica dei linfociti CD8+, contenenti granuli preformati che possono rilasciare perforine e granzimi (proteasi). Sintomatologia Diversi sono i tipi di reazione che possono manifestarsi in seguito al contatto con il nichel da parte di un soggetto sensibile. Innanzitutto bisogna sottolineare che la risposta dipende sia dalla dose assunta, sia dal grado di sensibilità del soggetto a questo elemento. Attualmente il nichel risulta essere una delle cause principali della dermatite allergica da contatto (ACD); è infatti in grado di indurre una reazione nel momento in cui si trova a stretto contatto con la pelle di soggetti sensibili. La reazione che viene a manifestarsi risulta piuttosto semplice da individuare e diagnosticare; appare infatti
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> Figura 2 Dermatite eczematosa correlabile a un elevato consumo di nichel alimentare. Fonte: Zirwas MJ, Molenda MA. Dietary nickel as a cause of systemic contact dermatitis. J Clin Aesthet Dermatol. 2009 Jun; 2(6):39-43.
> Figura 3 La manifestazione più comune dell’intolleranza al nichel: la dermatite da contatto (eczema)
come un eczema limitato alle sedi cutanee venute a contatto diretto con oggetti contenti nichel (lobi delle orecchie, polsi, collo, volto ecc.). Inoltre i soggetti con dermatite allergica da contatto, in aggiunta al rush cutaneo, possono presentare sintomi gastrointestinali, respiratori o neurologici. La presenza di tali sintomi, in seguito all’ingestione di alimenti ricchi di nichel, va a caratterizzare la cosiddetta SNAS (sindrome da allergia sistemica al nichel), ovvero una reazione generalizzata che si manifesta in prevalenza con orticaria e prurito, dolori addominali e diarrea, costipazione, flatulenza, meteorismo e altri sintomi quali cefalea, astenia e aftosi ricorrenti. Diverse sono le manifestazioni patologiche che vengono attribuite alla presenza di nichel nella dieta o al contatto con oggetti contenenti questo metallo. Già a partire dagli anni ‘70 numerosi studi dimostrarono come un elevato numero di soggetti sensibilizzati al nichel presentasse dermatite in sedi differenti rispetto a quelle in cui venivano a diretto contatto con il metallo in questione. Si iniziò quindi a parlare di eruzioni secondarie per indicare quelle manifestazioni cutanee che si localizzavano in particolare a livello delle pieghe dei gomiti,
del collo, dell’interno delle cosce e del palmo delle mani. Per giustificare la comparsa di queste lesioni secondarie fu ipotizzata la responsabilità dell’assunzione sistemica del nichel, attraverso gli alimenti, per via respiratoria, sottocutanea, intramuscolare, intravenosa o transcutanea. In conclusione, si sono rivelati emblematici i lavori del dottor Pizzuttelli, allergologo dell’Ospedale Pediatrico di Frosinone, per una revisione dei sintomi evocati dalla sensibilità al nichel e dei diversi distretti in cui questi possono manifestarsi. Sintomi cutanei. Possono a loro volta essere suddivisi in sintomi che coinvolgono aree precedentemente esposte al metallo con flare-up (ovvero riaccensione delle lesioni eczematose e dei pregressi patch test) e sintomi che implicano un coinvolgimento delle aree precedentemente non esposte (pompholyx, eczema flessurale, orticaria, prurito, lesioni vasculite-like). Sintomi extracutanei. Tali sintomi possono riguardare l’apparato gastrointestinale (nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, meteorismo, pirosi, stipsi, ecc.), l’apparato respiratorio (rinite e asma) oppure essere generalizzati (febbre, fibriomialgie, artralgie, sindrome tensione, stanchezza) (5).
Diagnosi I metodi utilizzati per diagnosticare una reazione avversa al nichel sono i seguenti e dipendono dal quadro sintomatologico presentato dal paziente che si rivolge a uno specialista nel settore. Patch test. L’allergia da contatto, conseguente appunto al contatto diretto con il nichel, viene diagnosticata mediante un patch test. L’allergene del nichel contenuto in una benda viene posto sulla cute e lasciato per 72 ore: l’area viene solitamente osservata dopo 48 ore. In caso di reazione positiva, tale area di pelle al di sotto della benda presenterà rossore, prurito e lesioni dermatologiche ascrivibili alla dermatite da contatto. Dieta ad esclusione. Nei casi in cui persiste la dermatite cronica senza che vi sia un evidente contatto con oggetti contenenti il metallo in questione, la diagnosi avviene attraverso una dieta ad esclusione: viene seguita una dieta a basso contenuto di nichel per un periodo pari a 4 settimane. Se l’eruzione cutanea si placa, la reintroduzione di alimenti ad alto contenuto di nichel identificherà il metallo come causa scatenante la reazione (6). aprile 2018
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Terapia nutrizionale Studi clinici hanno dimostrato che diverse persone sensibili al nichel traggono benefici dall’esclusione di cibi ad alto contenuto dalla propria alimentazione. Tuttavia, essendo il nichel un elemento ubiquitario, sebbene con concentrazioni variabili, seguire una dieta nichel free risulta essere pressoché impossibile. Si consideri inoltre che il livello di nichel negli alimenti dipende e varia in relazione a diversi fattori (terra di coltivazione, acqua utilizzata, metodi e utensili per la cottura), pertanto risulta difficile determinarne la vera quantità assunta. Nonostante ciò, alcuni alimenti presentano un contenuto di nichel maggiore rispetto ad altri; nella maggior parte degli studi si evidenziano elevate quantità di nichel nei seguenti alimenti: noci, piselli secchi, fagioli, cereali integrali e cioccolato. Attualmente non è stato ancora stabilito in letteratura un livello di assunzione raccomandato. In uno studio clinico citato da The Health Professionals Guide to Food Allergies and Intolerances si sottolinea come una dose orale di nichel (solfato) pari a 0,6 mg sia sufficiente a produrre una reazione in soggetti sensibili. Altri autori segnalano invece che la dose in grado di indurre una reazione acuta sia pari a 2,5 mg. Dal momento che i livelli di nichel considerati in grado di indurre una reazione variano ampiamente nei diversi studi, risulta essere difficile stabilirne un “livello sicuro” presente nella dieta in soggetti sensibili al nichel stesso (6). Consigli per una dieta a ridotto contenuto di nichel: la dieta a punti Diversi sono gli schemi dietetici proposti in letteratura che forniscono indicazioni su come seguire effettivamente una dieta a basso contenuto di nichel. Recentemente sulla rivista Dermatitis è stato proposto un approccio semplice e facile 18
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da applicare finalizzato alla riduzione dell’intake di nichel con la dieta. Nello specifico, gli autori hanno consultato i dati inseriti nel Food and Drug Administration riguardanti il contenuto di nichel negli alimenti, a cui hanno combinato le informazioni sulle porzioni, al fine di calcolare il limite maggiore di nichel per porzione. Basandosi su questi calcoli, gli autori hanno proposto un sistema a punti che permette ai pazienti di ridurre l’assunzione di nichel al di sotto della soglia considerata in grado di determinare il manifestarsi della sintomatologia (7). Considerando che in America vengono consumate porzioni più abbondanti rispetto a quelle considerate come “standard”, gli autori hanno raddoppiato il contenuto di nichel. Quindi, per ogni alimento, è stato assegnato un punteggio da 0 a 10 e sono stati creati diversi “gruppi” alimentari. Per tutti gli alimenti che presentano un contenuto di nichel maggiore di 100 µg/porzione è prevista la dicitura “evitare” (tab. 1). Partendo dal presupposto che l’intake di
nichel giornaliero stimato in una dieta normale è pari a 220-350 µg/die, gli autori indicano come dose massima giornaliera per i pazienti che presentano o hanno presentato una reazione cutanea, un intake che sia inferiore a 150 µg/die. Tale dose, espressa nella scala del punteggio elaborata dagli autori, corrisponde a un punteggio totale di 5 punti. Insieme all’elenco degli alimenti, gli autori hanno anche elaborato una serie di indicazioni a cui prestare attenzione per ridurre al minimo l’assunzione di nichel: > per gli adulti si consiglia di non consumare più di 15 punti/die e per i bambini di età inferiore ai 12 anni non più di 10 punti/die; > in generale evitare tutto ciò che contiene nichel come fagioli, cioccolato, arachidi, soia, farina d’avena; > utilizzare solo acqua distillata (in bottiglia), sia per bere che per cucinare; > evitare di cuocere gli alimenti acidi in pentole in acciaio inox. I cibi acidi in-
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Tabella 1 dieta a punti: suddivisione degli alimenti in base al contenuto di nichel PUNTEGGIO (mg/porzione)
0 (meno di 1)
1 (tra 1 e 10)
2 (tra 11 e 20)
3 (tra 21 e 30)
4 (tra 31 e 40)
FRUTTA e ORTAGGI
CEREALI e DERIVATI
Funghi Mela Melanzane
Arancia Banana Barbabietole Broccoli Carote Cavolfiore Cavolini di Bruxelles Cavolo Cetrioli Cipolla Pomodori Rape Sedano Uva
LATTE e DERIVATI
ALIMENTI PROTEICI
Burro Formaggio svizzero Formaggio cheddar Latte Panna acida
Bistecca Petto di pollo (senza pelle) Tonno in scatola Uova
Cornflakes Cracker Pane bianco Pane di mais Pasta Riso
Bacon Gamberetti Maiale arrosto Mortadella Petto di tacchino Prosciutto cotto/crudo Salsiccia
Albicocche Avocado Fragole - Pera Lattuga Peperoni verdi Spinaci - Zucca
Biscotti Pane di frumento/segale Patate Mais - Pop corn Torta di mele
Fagioli verdi Hamburger Pesce (bastoncini/ polpette) Pesce gatto
Ananas Anguria Asparagi Melone Pesca
Cereali con frutta
Yogurt
Fagioli bianchi
7 (tra 61 e 70)
Caramelle dure Ghiaccioli Maionese Miele Olio di oliva Olio vegetale Zucchero
Caffè Caffè decaffeinato Limonata Succo d’arancia Succo d’uva Succo di mela Vino bianco/rosso
Patatine Salsa agrodolce Salsa di pomodoro (in bottiglia) Sottaceti
Tè
Burro d’arachidi Pizza
Piselli surgelati Zuppa molluschi
5 (tra 41 e 50) 6 (tra 51 e 60)
ALTRO
Birra Soda/cola
Crocchette di pollo (fast food) Latte al cioccolato
Succo di pomodoro
BEVANDE
Succo d’ananas
Barrette di cereali con uvetta
Succo di prugna
Brownie Cioccolato
Milkshake al cioccolato
Lasagne al ragù
8 (tra 71 e 80) 9 (tra 81 e 90)
Farina d’avena
10 (tra 91 e 100)
Zuppa con: fagioli, bacon e maiale Semi di girasole sgusciati Torta glassata al cioccolato
AVOID (più di 101)
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cludono pomodori, aceto e agrumi. Tra le pentole, sono da preferire quelle antiaderenti rivestite di qualsiasi materiale (alluminio, rame, ghisa); > non assumere alcuna vitamina o integratori, ad eccezione della vitamina C; > assumere una compressa (da masticare) di 500 mg o 1000 mg di vitamina C a tutti i pasti, questo aiuta a prevenire l’assorbimento del nichel. L’assunzione non deve avvenire lontano dai pasti, ma all’inizio, a metà o alla fine di ogni pasto (la vitamina C si deve trovare nello stomaco in contemporanea con il cibo). Dieta a ridotto contenuto di nichel e sindrome del colon irritabile Attualmente in Italia le indicazioni più recenti riguardo la dieta a ridotto contenuto di nichel fanno riferimento allo studio di Rizzi et al., in cui il principale obiettivo è stato quello di verificare il ruolo di questo tipo di terapia dietetica in soggetti affetti da IBS (Irritable Bowel Syndrome o sindro-
me del colon irritabile) e contemporanea sensibilità al nichel (8). Come riportano gli autori, nello studio è stato chiesto a pazienti affetti da IBS con concomitante positività a patch test, di seguire una dieta a ridotto contenuto di nichel per 3 mesi. Lo schema dietetico, bilanciato nell’intake dei nutrienti, prevedeva l’esclusione di alimenti di uso comune, classificati in funzione del loro crescente contenuto di metallo, seguendo per dodici settimane le indicazioni contenute nella BraMa-Ni diet. Tale sigla si riferisce a una dieta elaborata dai due autori (Braga e Maccarinelli) che, oltre a minimizzare il contenuto di additivi e a ridurre le ammine vasoattive presenti negli alimenti, si poneva come obiettivo un’assunzione di nichel estremamente contenuta (< 50 µg/die) (9). Nello specifico la dieta prevedeva: > a colazione, una tazza di latte parzialmente scremato a ridotto contenuto di lattosio (250 ml) con un bocconcino di pane bianco (60 g per gli uomini e 40 g per le donne);
> come spuntino, un vasetto di yogurt
bianco (solo per gli uomini); > a pranzo, un piatto di riso (80 g) con zucchine (50 g) e una porzione di pollo (130 g) accompagnato da lattuga (60 g) e un bocconcino di pane bianco (60 g); una mela (150 g) a fine pasto. Condimento: 2 cucchiai di olio d’oliva; > a cena, pastina o riso (30 g) in brodo vegetale e una porzione di ricotta (80 g) con contorno di peperoni (150 g) accompagnato da un bocconcino di pane bianco (60 g); una mela (150 g) a fine pasto. Condimento: 1,5 cucchiai di olio d’oliva. Trascorse le 12 settimane si è riscontrato un marcato miglioramento dei sintomi gastrointestinali, dimostrando un ruolo primario della terapia dietetica nella gestione dei pazienti con IBS. In particolare, soprattutto nei soggetti sensibili, la drastica riduzione di nichel nella dieta potrebbe spiegare verosimilmente il miglioramento della sintomatologia a causa della riduzione dello stato pro-infiammatorio mediato dal nichel stesso, evidenziando un possibile ruolo del metallo nella genesi della patologia. Sensibilità al nichel e probiotici I probiotici sono definiti “microrganismi vivi e vitali che, se somministrati in quantità adeguate, si dimostrano in grado di esercitare funzioni benefiche per l’organismo” (gruppo di lavoro Fao e Who, 2001). Integratori con probiotici devono contenere, in numero sufficientemente elevato, microrganismi probiotici vivi e attivi, in grado di raggiungere l’intestino, moltiplicarsi ed esercitare un’azione di equilibrio sulla microflora intestinale mediante colonizzazione diretta: pertanto sono in grado di promuovere e migliorare le funzioni di equilibrio fisiologico dell’organismo attraverso un insieme di effetti aggiuntivi rispetto alle normali attività nutrizionali. È noto che, all’interno del genere Lactobacilli, ceppi batterici di Lactobacilli reute-
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ri sono in grado di colonizzare la mucosa del tratto gastroenterico, modulandone il sistema immunitario e, in caso di episodi di diarrea e di gastroenteriti, ridurne l’incidenza e i sintomi. Infatti, oltre a produrre una serie di sostanze antimicrobiche contro patogeni del tratto gastroenterico, di cui l’Helicobacter pylori è il più noto, i Lactobacilli reuterii possono apportare numerosi effetti benefici soprattutto in termini di decremento della permeabilità intestinale e stimolo delle cellule immunocompetenti presenti nella mucosa. Molti soggetti sensibili al nichel manifestano disturbi gastrointestinali come reflusso e sintomi attribuiti a un colon irritabile. In uno studio a doppio cieco condotto su pazienti affetti da SNAS (10), si è visto che una dieta a basso contenuto di nichel associata a una supplementazione di probiotici è in grado di diminuire la frequenza e la severità dei sintomi gastrointestinali, oltre a migliorare la consistenza delle feci. Indagini di biologia molecolare hanno permesso di rilevare nei campioni fecali dei pazienti trattati un ripristino della flora batterica e un aumento della biodiversità di ceppi batterici specifici. Pertanto nei soggetti sensibili al nichel, una supplementazione mirata di probiotici specifici rappresenta verosimilmente una terapia complementare alla dieta utile, semplice e di comprovata efficacia. Assorbimento del nichel: il ruolo delle vitamine e dei minerali L’assorbimento del nichel dagli alimenti dipende principalmente dalla composizione della dieta. È stato dimostrato che questo metallo è assorbito in modo ridotto in presenza di chelanti, inibitori competitivi a livello recettoriale o molecole redox, mentre il suo assorbimento è favorito da tutte quelle sostanze che aumentano il pH, la solubilità e lo stato ossidativo del lume intestinale. Per esempio l’assorbimento del nichel aumenta in caso di carenza di ferro. Si è
visto infatti che soggetti anemici tendono a trattenere maggiormente il nichel dagli alimenti; alla base di questo fenomeno è stata evidenziata in questi pazienti una sovraregolazione della proteina DMT, un trasportatore di membrana presente sulla mucosa intestinale che veicola all’interno degli enterociti il ferro alimentare sotto forma di Fe2+. Se il ferro proveniente dalla dieta è carente, o eventualmente assente, il traportatore DMT tende a legare e internalizzare maggiormente altri cationi divalenti presenti negli alimenti, di cui il nichel è la molecola più diffusa. Viceversa, un adeguato consumo di ferro satura il legame con il recettore transmembrana DMT, limitando di fatto l’assorbimento del nichel alimentare. Se da una parte la carenza di ferro aumenta la quota di nichel assorbita, analogamente la quota di vitamina C ne diminuisce la sua assimilazione. Pertanto, a soggetti intolleranti, per prevenire l’assorbimento massivo di nichel, può essere ragionevolmente consigliata una supplementazione di vitamina C di supporto a una dieta ricca di ferro, in modo da rendere più efficace la terapia dietetica. A conferma di questi dati, studi su animali hanno evidenziato come gli effetti derivati da una elevata sensibilità al nichel possano essere ridotti, e in alcuni casi, eliminati da una supplementazione con cationi divalenti. Alcuni autori hanno riportato casi di miglioramenti dei sintomi tipici di dermatite da contatto da nichel in seguito ad assunzione di solfato di zinco; nello studio si è dimostrato che la supplementazione con zinco risulta sicura ed efficace e non causa effetti collaterali (11). Conclusioni Il nichel è un metallo ubiquitario che può essere ritrovato naturalmente, soprattutto in alimenti vegetali e come contaminante, soprattutto negli alimenti inscatolati. Nei sog-
getti sensibili, è responsabile di dermatiti allergiche da contatto, ma in alcuni pazienti può essere responsabile di sintomi sistemici (gastrointestinali e/o cutanei) quando ingerito con gli alimenti, determinando quel quadro clinico identificato con il termine SNAS (Systemic Nickel Allergy Syndrome). Gli studi pubblicati in letteratura forniscono risultati interessanti sull’utilità delle diete a basso contenuto di nichel nel migliorare i sintomi legati all’allergia sistemica al nichel. Nonostante ciò, sono necessari ulteriori indagini più accurate e approfondite per stabilire il reale valore terapeutico di una dieta nichel free. Infatti, considerando i lavori scientifici su pazienti affetti da SNAS (Systemic Nickel Allergy Syndrome), permangono aspetti complessi di cui necessariamente tenere conto: innanzitutto la difficoltà di selezionare soggetti la cui sensibilità al nichel sia stata diagnosticata secondo criteri precisi oltre a quella di individuare un test di provocazione standardizzato. Per di più, oltre alla concreta difficoltà di formulare una dieta realmente priva di nichel, risulta problematico indicare uno schema alimentare il cui contenuto del metallo sia non generico, ma opportunamente calcolato e fissato al di sotto di una soglia minima nota, in grado di scatenare una risposta nel soggetto sensibile. Specialmente per gli alimenti di origine vegetale, il contenuto di nichel è infatti estremamente variabile, in funzione del metallo presente nel terreno di coltivazione, della stagione di raccolta e della parte della pianta che viene consumata. Pertanto, potrebbe risultare difficile stabilire con certezza una tabella di alimenti da escludere dalla dieta dal momento che il paziente potrebbe incorrere in eliminazioni arbitrarie, non necessarie, potenzialmente problematiche e che possano alla lunga portare a deficit nutrizionali. In conclusione, non vi è dubbio che è molto difficoltoso seguire una dieta a basso teno-
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re di nichel, ma un paziente sensibile a questo metallo può ragionevolmente prestare attenzione ai seguenti consigli: > consultando le tabelle alimentari, ridurre al minimo il consumo degli alimenti ad elevato contenuto di nichel come noci e mandorle, cacao e cioccolato, legumi, cereali integrali (in particolar modo avena); > tra i pesci, limitare il consumo di tonno, aringa, sgombro, salmone, bivalvi e alcuni crostacei come l’aragosta; > latte e latticini presentano bassi valori di nichel, pertanto possono essere consumati liberamente; > il consumo di frutta e verdura deve essere controllato. Si consideri che banane, mele e agrumi tendenzialmente hanno un ridotto contenuto di nichel. Inoltre, tra le verdure a foglia verde, utilizzare preferibilmente foglie giovani, evitando le più vecchie che presentano un maggior contenuto del metallo; > consumare il meno possibile prodotti in scatola o alimenti conservati in contenitori metallici; > consumare con moderazione tè e caffè; > utilizzare integratori nichel free; > lasciar scorrere il primo getto d’acqua del rubinetto, potenzialmente ricco di nichel, per almeno una decina di secondi,
evitando di utilizzarla per bere o cucinare; > in cucina utilizzare utensili, posate, pentole, padelle e tegami senza nichel; se presente, tali oggetti potrebbero rilasciare ioni del metallo nel cibo, soprattutto in presenza di alimenti acidi e se la cottura risulta più prolungata. Valide alternative: pentole smaltate, in vetro, alluminio, vetroceramica; > indossare indumenti o gioielli che non contengano nichel; verificare il contatto della pelle soprattutto con le parti metalliche degli indumenti (cerniere e bottoni). Prestare attenzione alle tinture per capelli e agli smalti, spesso contenenti nichel; > evitare il fumo di sigaretta. A seguito della combustione del tabacco, il nichel viene a contatto con la bocca, oltre all’apparato respiratorio, e in breve tempo, raggiunge il circolo sanguigno.
Bibliografia 1. Cunningham E. What Role Does Diet Play in the Management of Nickel Allergy? J Acad Nutr Diet. 2017 Mar; 117(3):500. 2. Ahlström MG, Thyssen JP, Menné T, et al. Prevalence of nickel allergy in Europe following the EU Nickel Directive - a review, Contact Dermatitis. 2017 Oct; 77(4):193-200.
3. Ricciardi L, Arena A, Arena E et al. Systemic nickel allergy syndrome: epidemiological data from four Italian allergy units. Int J Immunopathol Pharmacol. 2014 Jan-Mar;27(1):131-6. 4. Federazione Nazionale Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) in collaborazione con Società di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC), Associazione Allergologi Immunologi Territoriali e Ospedalieri (AAITO), Società Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica (SIAIP). Allergie e Intolleranze Alimentari Documento Condiviso. 5. Pizzutelli S. Systemic nickel hypersensitivity and diet: myth or reality? Eur Ann Allergy Clin Immunol 2011 Feb; 43(1):5-18. 6. Janice M Vickerstaff Joneja. The Health Professional’s Guide to Food Allergies and Intolerances. Amer Dietetic Assn. 2017 Jan; 477. 7. Mislankar M, Zirwas MJ. Low-nickel diet scoring system for systemic nickel allergy. Dermatitis. 2013 Jul-Aug;24(4):190-5. 8. Rizzi A, Nucera E, Laterza L et al. Irritable Bowel Syndrome and Nickel Allergy: What Is the Role of the Low Nickel Diet? J Neurogastroenterol Motil. 2017 Jan 30; 23(1):101-108. 9. Braga M, Quecchia C, Perotta C et al. Systemic nickel allergy syndrome: nosologic framework and usefulness of diet regimen for diagnosis, Int J Immunopathol Pharmacol. 2013 Jul-Sep; 26(3):707-16. 10. Randazzo CL, Pino A, Ricciardi L et al. Probiotic supplementation in systemic nickel allergy syndrome patients: study of its effects on lactic acid bacteria population and on clinical symptoms. J Appl Microbiol. 2015 Jan;118(1):202-11. 11. Tammaro A, Narcisi A, Persechino S et al. Topical and systemic therapies for nickel allergy, Dermatitis. 2011 Sep-Oct; 22(5):251-5.
questionario di valutazione 1. Che cosa non incide nel contenuto di nichel negli alimenti? a) La varietà della specie vegetale b) Il contenuto di nichel presente nel suolo in cui cresce la pianta c) Il tipo di pesticidi utilizzati d) L’ambiente acquatico (nel caso del pesce) 2. Secondo lo studio europeo sulla sensibilità al nichel (EU Nickel Directive, 2017), quale dei seguenti Paesi presenta i dati di prevalenza maggiori? a) Danimarca
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b) Norvegia c) Germania d) Spagna 3. Qual è la prevalenza della SNAS (Sindrome sistemica da nichel) in Italia? a) 2-3 % b) 5-6% c) 8-9% d)11-12%
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allergie e intolleranze alimentari
>> 4. Tra le reazioni avverse agli alimenti, dove si colloca la SNAS (Sindrome sistemica da nichel)? a) Reazioni immunomediate senza coinvolgimento di Ig-E b) Reazioni immunomediate con coinvolgimento di Ig-E c) Reazioni tossiche d) Reazioni non immunomediate
10. Quale delle seguenti caratteristiche è rappresentativa della BraMa-Ni Diet? a) L’esclusione di qualsiasi grasso da condimento b) Un’assunzione giornaliera di nichel <100 µg c) Una riduzione delle ammine vasoattive presenti negli alimenti d) Un contenuto di acido folico >600 µg/die
5. Nella sensibilità al nichel (ipersensibilità di tipo IV), quale meccanismo patogenetico si sviluppa? a) Opsonizzazione b) Cascata del complemento c) Risposta infiammatoria mediata da linfociti T CD4+ d) Risposta mediata dagli anticorpi IgG
11. Di seguito sono elencati alcuni gruppi alimentari. Quale di questi presenta la minor concentrazione di nichel? a) Latte e derivati b) Bevande (tè e caffè) c) Legumi d) Ortaggi
6. Per poter fare diagnosi di sensibilità al nichel, per quanto tempo un paziente deve seguire una dieta ad esclusione? a) 2 settimane b) 4 settimane c) 6 settimane d) 8 settimane
12. Secondo i dati della letteratura, quale tra i seguenti ceppi batterici della famiglia dei Lactobacilli è in grado di colonizzare maggiormente la mucosa gastrointestinale? a) Lactobacilli reuteri b) Lactobacilli casei c) Lactobacilli gastricus d) Lactobacilli acidophilus
7. Riguardo l’inquadramento diagnostico dell’intolleranza al nichel mediante patch test, per quanto tempo l’allergene viene lasciato a contatto con la pelle? a) 24 h b) 36 h c) 48 h d) 72 h 8. Quale tra i seguenti sintomi extracutanei non si manifesta nei soggetti affetti da SNAS (Sindrome sistemica da nichel)? a) Diarrea b) Rinite c) Dolore toracico d) Stanchezza 9. Quale tra i seguenti alimenti ha un maggior contenuto di nichel? a) Farina d’avena b) Patate c) Broccoli d) Yogurt
13. Quale tra i seguenti trasportatori di membrana risulta aumentare l’assorbimento di nichel nei pazienti affetti da anemia? a) DCT1 b) IREG c) DMT d) IRP1 14. Quale tipo di supplementazione vitaminica si è dimostrata più efficace per i pazienti affetti da sensibilità al nichel? a) Multivitaminico b) Vitamina C c) Vitamina E d) Vitamina K 15. In caso di sensibilità al nichel, quale tra le seguenti abitudini è consigliato acquisire in cucina? a) Utilizzare prodotti conservati in scatola b) Cuocere gli alimenti acidi in pentole in acciaio inox d) Cucinare con padelle in alluminio e) Per la bollitura degli alimenti, utilizzare l’acqua del rubinetto
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ricerca / vaccinazioni
Operatori sanitari: meno assenze se VACCINAZIONE è obbligatoria Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, gli operatori sanitari che si sono sottoposti alla vaccinazione antinfluenzale obbligatoria registrano una riduzione del 30% nell’assenteismo rispetto ai colleghi non vaccinati
di Renato Torlaschi
L
a vaccinazione antinfluenzale obbligatoria per gli operatori sanitari riduce le assenze dal lavoro ed è particolarmente utile per affrontare i periodi critici, tipicamente quelli in cui si registrano picchi nella diffusione dell’influenza, durante i quali ambulatori e strutture di pronto soccorso sono particolarmente affollati. Sono i risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti (1) in cui, tra gli operatori vaccinati, si è calcolato una riduzione dell’assenteismo di circa il 30%. La dottoressa Trish Perl, responsabile del reparto di malattie infettive presso il Centro medico della University of Texas Southwestern di Dallas, è uno degli autori e riferisce che, «in determinati contesti, tassi di vaccinazione più elevati tra gli operatori sanitari portano anche a una riduzione della mortalità tra i pazienti». Durante tre diverse stagioni influenzali, i ricercatori hanno raccolto una serie di dati in tre ospedali in cui era richiesta obbligatoriamente la vaccinazione a tutti gli operatori e li hanno confrontati con quelli registrati in altre quattro strutture in cui la vaccinazione, pur offerta, era discrezionale. Nel primo caso, le percentuali di vaccinazioni effettive sono state ovviamente altissime, 97%, 96% e 92% nei tre anni considerati, rispetto al 67%, 63% e 60% riscontrato laddove non c’era un obbligo. In questo modo, come si è detto, le assenze dal lavoro sono state inferiori e di minore durata; in particolare,
stratificando il personale sanitario analizzato in categorie, si è visto che l’assenteismo maggiore ha riguardato i lavoratori di sesso maschile, di età più elevata e che operavano in strutture senza obbligo vaccinale. I programmi vaccinali Tra i punti di forza dello studio, Trish Perl cita il fatto che «è stato condotto su grandi numeri e su strutture di diverso tipo, che comprendevano sia ospedali pediatrici che centri di cura per adulti». I risultati offrono materia di riflessione a tutti coloro che sono impegnati in Healthy People, un programma di prevenzione su scala nazionale avviato dal Dipartimento della Salute degli Stati Uniti che, tra gli altri obiettivi, si propone di raggiungere una tasso di vaccinazione del 90% tra gli operatori sanitari entro il 2020. Come ha commentato Perl, lo studio suggerisce che il traguardo sarà difficile da raggiungere solo con politiche volontarie. Anche in Gran Bretagna, gli operatori sanitari sono la categoria individuata come prioritaria per la vaccinazione antinfluenzale e il Piano nazionale di prevenzione raccomanda alle aziende sanitarie di promuovere iniziative affinché l’adesione ai programmi vaccinali di medici e infermieri sia più estesa di quella attuale. E in Italia? Nonostante gli appelli delle autorità sanitarie, la copertura della vaccinazione antinfluenzale tra gli operatori sanitari è tra le più basse in Europa e non raggiunge neppure il 20%.
> Trish Perl
Bibliografia 1. Frederick J et al. Protecting Healthcare
Personnel in Outpatient Settings: The Influence of Mandatory Versus Nonmandatory Influenza Vaccination Policies on Workplace Absenteeism During Multiple Respiratory Virus Seasons. Infect Control Hosp Epidemiol. 2018 Mar 8:1-10.
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INTERVISTA / LLoydsFARMACIA
Il GRUPPO ADMENTA accelera sul progetto di affiliazione Il gruppo punta ad affiliare sessanta nuove farmacie a insegna LloydsFarmacia nei prossimi due anni. La solidità e i vantaggi di una catena internazionale per rispondere alle esigenze di un cliente sempre più informato ed esigente
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ltre 200 punti vendita a marchio LloydsFarmacia, 1.200 dipendenti, 550 milioni di fatturato consolidato, 37.000 referenze gestite con due piattaforme logistiche e un milione di clienti serviti ogni mese in farmacia. Sono i numeri che raccontano il successo del Gruppo Admenta, controllato dalla società McKesson Europe, pronto oggi a una nuova sfida: far crescere la rete in franchising, che già conta circa quaranta farmacie. L’azienda ha infatti avviato una campagna che punta ad affiliare sessanta nuove farmacie nei prossimi due anni raggiungendo quota 100, rivolgendosi ai titolari che non desiderano cessare l’attività, ma vogliono equipaggiarsi per fronteggiare le sfide future ed entrare in un grande Gruppo che possa fornire loro uno scudo per competere al meglio in un mercato che diventa sempre più competitivo. Il modello LloydsFarmacia punta infatti all’efficienza e all’ottimizzazione dei costi, per offrire al cliente finale un servizio top. Il contratto di affiliazione dura sette anni e prevede il restyling della farmacia nell’insegna e nel look&feel con possibilità di finanziamento a tasso zero fino a centomila euro, ma soprattutto consente al farmacista di accedere a condizioni di acquisto estremamente competitive. LloydsFarmacia mette inoltre a disposizione degli affiliati la propria esperienza e consulenza nella gestione della farmacia dal punto di vista commerciale, marketing, promozionale, gestione prezzi e formazione con programmi mirati a valoriz-
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zare competenze e specializzazioni dei singoli, che accrescano – nel cliente finale – la percezione del farmacista come consulente socio-sanitario e della farmacia come punto di riferimento olistico per la salute. Da sempre in prima linea su temi come il controllo del dolore, la salute della pelle, la nutrizione e le intolleranze alimentari, LloydsFarmacia propone agli affiliati un modello di sviluppo capace di rispondere alle esigenze di un cliente che oggi è sempre più informato ed esigente, che si aspetta quindi di più dal farmacista e sceglie chi è in grado di soddisfare al meglio le sue richieste, anche in un’ottica di prevenzione. LloydsFarmacia è stata tra i primi a intraprendere questa strada. Ne è de-
> Domenico Laporta, amministratore delegato del Gruppo Admenta
rivato un modello di farmacia vincente e per nulla snaturato, dove permane un’attenzione a 360° sulla salute del cliente. Del progetto franchising e del ruolo della farmacia oggi abbiamo parlato con Domenico Laporta, amministratore delegato del Gruppo Admenta, in un’intervista che anticipa anche i progetti che l’azienda presenterà a Cosmofarma. Dottor Laporta, partiamo dai numeri. Quali vantaggi registrano i vostri affiliati? I nostri affiliati registrano in media un incremento del fatturato tra il 5 e il 15% nel primo anno, con una crescita costante negli anni a seguire. Qual è il segreto di questo incremento? Ritengo che il valore aggiunto stia nel “guidare” chi sceglie di associarsi e accompagnarlo sulla strada del cambiamento, verso una farmacia più moderna da tutti i punti di vista. La nostra è una vera e propria catena, non una semplice rete: questo implica intervenire sulla scelta dell’assortimento, sulle politiche commerciali e di marketing. Ma anche avere una ampia consulenza sugli aspetti di comunicazione e gestione della farmacia e – soprattutto – poter beneficiare delle sinergie d’acquisto del Gruppo, estremamente competitive. L’insieme di tutto ciò fa sì che i nostri affiliati vedano tornare il fatturato a crescere, in tempi mediamente brevi e in controtendenza rispetto a un mercato in flessione.
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Il modello che proponete è quello di una farmacia sempre più commerciale? No, direi piuttosto che il modello a cui puntiamo e al quale tutti dovrebbero aspirare è quello di una farmacia sempre più moderna e innovativa, che cresce offrendo sempre più servizi. Giusto per citarne alcuni oltre a quelli classici come autotest diagnostici che forniscono informazioni utili sui più comuni parametri fisiologici del sangue, autocontrollo pressione, controllo del peso e autotest urine, nelle nostre farmacie offriamo anche servizi più specifici quali analisi intolleranze alimentari, analisi della pelle e del capello, mineralometria ossea computerizzata (MOC) ed elettrocardiogramma in telemedicina. È un dato di fatto che per mantenere determinati livelli di redditività, la farmacia oggi deve porre maggiore enfasi sui prodotti di natura più commerciale, ma questo – se ben gestito – non è un limite bensì un plus che offriamo ai nostri clienti. Il farmaco è e sarà sempre il prodotto al centro della farmacia, ma oggi abbiamo l’obbligo di parlare non più solo di cura, ma di salute a tutto tondo. Chi saprà rispondere a queste richieste resterà sul mercato e crescerà.
cosmofarma 2018: APPUNTAMENTO A BOLOGNA Opportunità nell’evoluzione delle politiche sanitarie: prevenzione, cronicità e sanità integrativa. Le soluzioni concrete del modello LloydsFarmacia Aula Magna - padiglione 32 venerdì 20 aprile 2018, ore 16.30
Un cliente anche più “digital”. Che ruolo ha la tecnologia nel vostro business? L’innovazione tecnologica è un aspetto sul quale puntiamo molto, perché apre grandi opportunità sia sul fronte del cliente, che gestionale. Da un lato penso all’e-commerce e alle app per gestire servizi o prenotare prodotti, dall’altro alla gestione del magazzino con macchine automatiche e agli scaffali virtuali, che presto introdurremo in alcune delle nostre farmacie: un modo nuovo per allargare l’assortimento, con una visione in 3D dei prodotti che non sono immediatamente disponibili, ma che possono essere ordinati online. È questo il futuro della farmacia? La farmacia del futuro è anche questo. Noi
crediamo in una farmacia che mantenga fede alla propria missione: essere un presidio socio-sanitario, in cui il cittadino possa trovare soluzioni, assistenza e consigli. È indubbio che il servizio sanitario come lo abbiamo sempre inteso non è sostenibile. Le risorse sono e saranno sempre più scarse, il numero di medici di base è destinato a diminuire mentre l’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche fanno aumentare la domanda di salute. In questo contesto la farmacia può ricavarsi un ruolo fondamentale, facendo sistema con gli operatori della filiera. Ma per stare al passo con i tempi è necessario guardare al cliente a tutto tondo, andando oltre la mera dispensazione di farmaci o di prodotti parafarmaceutici. Dobbiamo alzare l’asticella, puntare a prenderci cura della salute e del benessere delle persone, gestire i pazienti cronici monitorando l’aderenza alla terapia, rispondendo ai bisogni di una società sempre più complessa. È una grande sfida… Si, lo è. Ma è anche una grande opportunità. Se sapremo farlo, potremo ritagliarci un ruolo sempre più importante nella vita delle persone e sul mercato. Ai tanti farmacisti che ci chiedono come “sopravvivere”, rispondiamo che per crescere la farmacia deve distinguersi e far percepire il valore aggiunto del servizio. Sarete a Cosmofarma, con quali novità? In fiera presenteremo il nostro modello ma anche nuove progettualità come quelle legate al mondo delle assicurazioni. Tra le altre cose annunceremo, per primi, la partnership con un grande gruppo assicurativo, che consentirà ai clienti di usufruire presso le nostre farmacie di servizi in esclusiva. Un ulteriore tassello della nostra corsa verso la vera farmacia dei servizi. P. S. aprile 2018
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nutrizione / obesità
Epidemia di obesità: per contrastarla occorre ripensare alle cause insieme all’attuale epidemia di obesità, però, mettono in discussione la correttezza e la completezza di tali concetti. Per questa ragione, un recente studio (1) condotto da alcuni ricercatori dell’università di Heidelberg, in Germania, propone un punto di vista alternativo che riconsideri le cause dell’obesità e la sua definizione tenendo conto del collegamento esistente tra l’obesità e la regolazione esercitata dall’insulina sulla lipogenesi, così come dei diversi pathway metabolici necessari per degradare i macronutrienti.
Uno studio riconsidera le cause dell’obesità e la sua definizione al fine di guidare in maniera più efficiente gli interventi di salute pubblica volti a limitare i casi di obesità, prevenire l’aumento del peso o promuoverne la perdita
di Ilaria Di Napoli Biologa specializzanda in Scienze dell’Alimentazione Università degli studi di Milano 28
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L’
Organizzazione mondiale della sanità (Oms) definisce l’obesità come una condizione di eccessivo accumulo di grasso corporeo in grado di determinare gravi danni alla salute e afferma che lo sbilanciamento energetico tra calorie assunte e quelle consumate è la principale causa di obesità e sovrappeso. Ad oggi, questo concetto profondamente radicato nell’opinione pubblica ha fatto sì che la maggior parte delle strategie di salute pubblica per contrastare l’obesità siano basate sulla riduzione calorica e/o l’aumento del consumo energetico. L’insuccesso di tale approccio
I limiti del concetto di bilancio energetico Secondo il concetto di bilancio energetico, quando questo è positivo dà origine alla produzione di massa grassa e per prevenire l’aumento di peso o perderlo bisognerebbe evitare che questo sia positivo o fare in modo che diventi negativo. Un approccio di questo tipo ha lo svantaggio di portare alla percezione che il totale delle calorie assunte nella giornata sia più importante della loro fonte e del bilancio dei nutrienti. Inoltre, presenta dei limiti nella sua applicazione: le fonti disponibili per misurare l’intake calorico producono mediamente un errore costante di 175 kcal/die; le etichette poste sugli alimenti allo scopo di informare i consumatori hanno mostrato differenze tra il contenuto energetico dichiarato e i risultati ottenuti quando sono stati eseguiti dei controlli; individuare il tipo di attività più indicata per la perdita
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nutrizione / obesità
di peso è difficile, per via della mancanza di una definizione precisa dei livelli di intensità; misurare l’energia spesa per tutte le attività diverse dall’esercizio, il metabolismo basale e i processi digestivi (energia per lavorare, stare seduti, parlare ecc.) non è semplice. Il concetto del “mangia meno e muoviti di più” porta delle conseguenze di diverso tipo. Eticamente, infatti, scarica tutta la responsabilità del successo sulle singole persone che devono affrontare il problema. Permette all’industria alimentare, che domina il mercato di produzione globale, di trascurare l’impatto delle proprie strategie sulla salute e sul peso delle persone focalizzandosi solo sull’incontro di specifici target in crescita, in quanto le calorie possono essere bilanciate in ogni caso. L’effetto dei cibi raffinati sulla salute può essere trascurato perché trasferendo tutta la responsabilità sui singoli individui, che dovrebbero autoregolare il proprio bilancio energetico, l’industria alimentare non riconosce la propria responsabilità nell’epidemia di obesità. Infine, le strategie di salute pubblica vengono influenzate e il risultato è che, nonostante la maggiore prevalenza di persone a dieta e/o attente a fare esercizio, nelle popolazioni a BMI medio più alto l’epidemia di obesità è in crescita. Il ruolo dell’insulina Queste considerazioni suggeriscono che il concetto di bilancio energetico potrebbe non essere sufficiente nella gestione dell’odierna epidemia di obesità e che potrebbe essere utile un aggiornamento del concetto che tenga conto della composizione dietetica e della sua influenza sul processo digestivo, sull’accumulo e sulla produzione della massa grassa. Il bilancio energetico è influenzato dall’energia necessaria per il catabolismo dei diversi macronutrienti e varia a seconda della loro tipologia. Considerando i pathway coinvolti nella produzione e nell’accumulo di grasso, generalmente l’accumulo diretto di lipidi e la lipogenesi a
partire da carboidrati sono i processi considerati più importanti. L’insulina a seconda della sua concentrazione svolge un ruolo chiave nella regolazione favorendo l’accumulo del grasso o la sua degradazione per produrre energia. I carboidrati ad alto indice glicemico innalzando più velocemente la glicemia generano una secrezione di insulina maggiore e più duratura che si collega alla produzione di grasso e al suo accumulo. La produzione di insulina, però, può essere influenzata anche da fattori genetici, per cui alcune popolazioni potrebbero essere più vulnerabili a sovrappeso e obesità. L’insulina, quindi, gioca un ruolo importante nella lipogenesi e nel seguente accumulo di grasso, ma in seguito a una scorretta composizione dietetica, e non necessariamente a un eccessivo apporto calorico, questa capacità di autoregolazione può essere persa per via di una costante stimolazione e presenza di insulina nel corpo. Alla luce di queste considerazioni, gli autori propongono l’ipotesi che una scorretta composizione dietetica e degli alimenti possa spingere verso un loop negativo in cui la presenza alta e constante di insulina aumenta la capacità di produrre e accumulare grasso, causando un eccessivo accrescimento del corpo e una costante percezione di fame, che spingerebbe a mangiare sempre più generando uno sbilanciamento energetico e un ulteriore aumento dell’accumulo di grasso. Inoltre, questa situazione potrebbe essere aggravata nella popolazione con una predisposizione genetica alla lipogenesi e all’accumulo di massa grassa (alta risposta all’insulina). Con questa ipotesi pigrizia e voracità sarebbero dei sintomi dell’obesità e del sovrappeso, mentre le cause includerebbero una scorretta composizione dietetica e un seguente sbilanciamento ormonale.
[ Il concetto di bilancio energetico potrebbe non essere sufficiente nella gestione dell’odierna epidemia di obesità
Un nuovo principio guida In seguito a queste considerazioni, gli autori propongono anche una revisione delle aprile 2018
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nutrizione / obesità
Bibliografia 1. Camacho S, Ruppel A. Is the calorie concept a
real solution to the obesity epidemic? Glob Health Action. 2017;10(1):1289650.
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cause di obesità che tenga conto dell’effetto del cibo sul metabolismo, delle recenti evidenze riguardo i pathway biochimici e ormonali, che sia coerente con le evidenze epidemiologiche e comportamentali e possa favorire idee e azioni di salute pubblica più adeguate ed efficienti per contrastare l’epidemia di obesità. Infatti, poiché il costo dell’obesità, includendo le azioni svolte a contrastarla, è stimato pesare sul PIL per circa 2 trilioni di dollari l’anno, persino un piccolo miglioramento nell’efficienza delle azioni potrebbe generare un grande impatto sul risparmio. Secondo questa revisione il principio guida dovrebbe essere che “sovrappeso e obesità sono determinati da uno sbilanciamento ormonale caratterizzato da una secrezione costante e prolungata di insulina, che deriva da particolari composizioni dietetiche strettamente collegate alle moderne abitudini alimentari”. Basandosi su questa definizione, le strategie di salute pubblica dovrebbero porre maggiore attenzione verso obiettivi come la riduzione di cibi inducenti un’overproduzione di insulina e lo stimolo a evidenze più omogenee per contrastare obesità e sovrappeso. Rispetto al concetto di sbilancio calorico, da un punto di vista etico, questa revisione non scarica
tutte le responsabilità sulla forza di volontà del singolo individuo ma le distribuisce tra le varie parti chiamate in causa. La composizione della dieta, infatti, dipende fortemente dalla disponibilità e dall’accessibilità al cibo che a loro volta sono influenzati dagli incentivi economici che sono fuori dal controllo individuale. In assenza di tale revisione la minima responsabilità del governo è di garantire disponibilità e accessibilità al cibo indipendentemente dalla sua composizione e fornire conoscenze sul bilancio calorico. Allo stesso tempo, le industrie alimentari hanno la responsabilità minima di supportare tale disponibilità, e accessibilità, così come la conoscenza dei valori energetici. Con la revisione, invece, le responsabilità cambiano perché il governo dovrebbe garantire la disponibilità e l’accessibilità a quei cibi che non rompono la regolazione ormonale e la conoscenza di come una composizione dietetica può influenzare la salute individuale. Allo stesso tempo l’industria alimentare dovrebbe supportare la disponibilità e l’accessibilità al cibo non nocivo e favorire le conoscenze circa la composizione dietetica. Guidata da questo cambiamento di prospettiva, l’industria potrebbe avere un approccio più partecipativo e iniziare a sviluppare prodotti migliori ponendo attenzione su specifiche caratteristiche, per esempio gli ingredienti coinvolti negli equilibri ormonali. In questo modo, sarebbe difficile per le industrie alimentari e i governi fornire cibi riconosciuti come nocivi dalle stesse conoscenze che sono incentivate. I consumatori, quindi, condividerebbero la responsabilità delle loro scelte alimentari. Infine, nonostante la revisione proposta potrebbe avere degli svantaggi per via delle maggiori difficoltà di comprensione da parte delle persone interessate, gli autori invitano a riflettere sul fatto che se vogliamo veramente riuscire a contrastare l’epidemia di obesità, dobbiamo smettere di trattare i sintomi e iniziare a occuparci delle sue cause.
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ars galenica Con questo volume, Irene Ruffino, responsabile del Laboratorio di Galenica interno della Farmacia Ospedaliera di Santa Maria Nuova, ci accompagna nella storia della produzione farmaceutica dalle origini della spezieria fino alle più recenti produzioni.
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otorinolaringoiatria / acufene
Acufeni: in molti casi resta un disturbo senza causa ben precisa È un disturbo dell’udito che si manifesta come un fischio o un rumore percepito in assenza di una stimolazione sonora e che può avere conseguenze notevoli sul piano psico-fisico e sociale
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irca il 10-17% della popolazione mondiale soffre di acufene o “tinnitus”, sensazione uditiva riferita come ronzio, fischio, fruscio a varia tonalità e intensità, che non corrisponde ad alcun suono nel senso fisico del termine. L’acufene non ha difatti riscontro in una sorgente sonora nell’ambiente esterno, ma vie-
di Carla Carnovale Farmacista 32
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ne avvertito solo dal soggetto tramite un segnale “bio-elettrico” generato a livello dell’apparato uditivo o del sistema nervoso centrale (“percezione uditiva fantasma” avvertita generalmente in entrambe le orecchie o al centro della testa) con devastanti conseguenze sul piano fisico, psichico e sociale (1). In Italia circa il 15% della popolazione soffre di acufeni (più di 2 milioni di persone), con una maggiore incidenza, di circa il 30%, negli over 65 anni e una certa prevalenza nel sesso maschile (2). Se per alcuni pazienti la sensazione è abbastanza tollerabile e intermittente, per più di 600mila individui colpiti da forme di grado severo il disturbo rappresenta una condizione estremamente debilitante; nonostante l’elevato impatto socio-economico, è un sintomo tuttavia poco conosciuto e purtroppo poco trattato (2). Cause e fattori di rischio La percezione da parte del cervello di stimoli acustici endogeni può essere ascrivibile a molteplici cause. Sicuramente i deficit uditivi provocati da irritazioni, traumi, fattori genetici, processi degenerativi legati all’età o all’utilizzo di farmaci ototossici rappresentano le principali ragioni dell’insorgenza del tinnito. Anche svariate cause non direttamente legate all’udito possono essere coinvolte nell’insorgenza del disturbo; in questi casi l’origine di tipo somatico dell’acufene è dovuto ad alterazioni a carico di strutture che consentono all’orecchio di percepire rumori prodotti all’interno di un vaso sanguigno o di una struttura muscolare.
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Esiste inoltre la possibilità che fattori psicologici siano in grado di incidere sulla comparsa della dispercezione uditiva; in questo caso l’origine e l’evoluzione nel tempo degli acufeni “psicogeni” sono influenzati da disturbi psicopatologici di vario tipo ed entità, che oltre a dare origine all’alterazione uditiva, sono responsabili di un circolo vizioso che concorre a influenzare negativamente lo stato psico-fisico del paziente. In circa il 57% dei casi, il disturbo si manifesta invece senza una causa ben precisa, colpendo anche i soggetti che non hanno mai sperimentato problemi di udito. Tali forme idiopatiche sono quelle che destano maggiormente preoccupazione e rappresentano le varianti più ostili da gestire. Molteplici anche i fattori di rischio che possono aumentare la probabilità di sviluppare l’acufene; tra questi, sono stati identificati l’abbassamento uditivo, una storia di esposizione al rumore sia acuta che cronica, il fumo di sigaretta, patologie sistemiche quali ipertensione, cardiopatie e problemi circolatori, l’ansia, la depressione, lo stress e patologie muscolo-scheletriche a carico della testa e del collo (vedi approfondimento in questa pagina) (3). L’acufene cronico Di recente sono inoltre emerse nuove evidenze circa le possibili cause coinvolte nell’insorgenza dell’acufene cronico che colpisce il 10-30 per cento della popolazione. La causa, in accordo a un recente studio clinico, è attribuibile alle modificazioni a livello di una regione cerebrale coinvolta nella memoria episodica, nell’immaginazione visuale-spaziale, nella capacità di riflettere su se stessi e negli aspetti della coscienza, detta precuneo (4). Questa area del cervello nascosta nel solco longitudinale mediale tra i due emisferi cerebrali è connessa a due reti neurali, una delle quali è legata all’attenzione e si atti-
acufene pediatrico e fattori di rischio In ambito pediatrico l’approccio farmacologico per il trattamento dell’acufene è estremamente limitato a causa della mancanza di informazioni basate su evidenze scientifiche concrete relative al profilo di sicurezza ed efficacia dei farmaci. Soprattutto in questi contesti, risulta quindi necessario agire preventivamente sui fattori di rischio implicati nell’insorgenza del disturbo uditivo. Un recentissimo studio ha messo in luce importanti informazioni in merito, attraverso la conduzione di una revisione sistematica e metanalisi della letteratura scientifica disponibile fino al 2016, in ambito pediatrico (5). Lo screening dei database MedLine, PubMed e Embase ha previsto la ricerca e successiva inclusione di studi clinici o epidemiologici condotti con almeno 50 pazienti e almeno un fattore di rischio considerato, inclusi età, sesso, perdita dell’udito, esposizione al rumore o al fumo. Sono stati identificati 11 studi per un totale di 28.358 pazienti arruolati. Dall’analisi
dei dati è emerso che, in linea generale, l’aumento dell’età non ha rappresentato un fattore di rischio significativo; tuttavia, è stata individuata una correlazione significativa tra l’aumento dell’età e l’insorgenza di acufene tra gli adolescenti. Tra i fattori di rischio considerati, il rapporto di probabilità (OR) è stato di 1,37 per il sesso femminile (IC 95%: 1,17-1,60), 2,39 per la perdita dell’udito (IC 95%: 1,48-3,87) e 11,35 per l’esposizione al rumore (IC 95%: 1,87-68,77). Due studi condotti in setting adolescenziali, hanno rilevato una correlazione statisticamente significativa con il fumo (OR: 6,05, IC 95%: 1,81-20,21). In conclusione, lo studio ha rilevato che gli adolescenti di età avanzata, soggetti di sesso femminile e affetti da perdita uditiva manifestano un rischio più elevato di acufene. L’esposizione al rumore nella popolazione pediatrica generale e il fumo negli adolescenti possono rappresentare infine fattori di rischio particolarmente importanti nello sviluppo di tinnito pediatrico.
va quando la persona presta attenzione a qualcosa, mentre l’altra, detta di “default”, si attiva quando la persona è a riposo. Quando una delle due reti è accesa, l’altra è spenta. Pazienti affetti dall’acufene possiedono un precuneo che rimane più connesso alla rete dell’attenzione e meno a quella del riposo; il cervello di questi soggetti è dunque costantemente attivo, con visibili conseguenze anche sulla loro performance in termini di concentrazione e resistenza fisica. Chi è affetto da questo disturbo avverte generalmente una sensazione di stanchezza e problemi di concentrazione per via dell’incessante fischio percepito (4). Approcci terapeutici Una volta individuata la causa scatenante del disturbo mediante un’appropriata inaprile 2018
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Bibliografia 1. Beebe Palumbo D, Joos K, De Ridder D,
Vanneste S. The Management and Outcomes of Pharmacological Treatments for Tinnitus. Curr Neuropharmacol. 2015;13(5):692-700. 2. Daniela Cespuglio, Maria Maggio, Oreste Maggio, Francesco Martines, Enrico Martines. Tinnitus: epidemiology. Acta Medica Mediterranea. 2005, 21: 49. 3. Shargorodsky J, Curhan GC, Farwell WR. Prevalence and characteristics of tinnitus among US adults. Am J Med. 2010;123(8):711-8. 4. Schmidt SA, Carpenter-Thompson J, Husain FT. Connectivity of precuneus to the default mode and dorsal attention networks: A possibleinvariant marker of long-term tinnitus. Neuroimage Clin. 2017 Jul 22;16:196-204. 5. Lee DY, Kim YH. Risk factors of pediatric tinnitus: Systematic review and meta-analysis. Laryngoscope. 2017 Nov 2.
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dagine uditiva effettuata dallo specialista audiologo o otorinolaringoiatra (che provvederà a sottoporre il paziente a vari test audiometrici ed eventuali esami diagnostici, tra cui risonanza magnetica nucleare, angiorisonanza) è possibile individuare l’opzione terapeutica più adeguata, personalizzandola per singolo paziente. Per via delle molteplici cause coinvolte nella comparsa della dispercezione uditiva, non esiste una cura disponibile ben definita ed efficace per il trattamento dell’acufene. Qualora lo specialista ritenesse opportuno affidarsi a un supporto farmacologico, generalmente le opzioni ricadono sui farmaci antiossidanti e citoprotettivi (che agendo sulle cellule acustiche hanno manifestato una buona efficacia nell’alleviare il disturbo) e sui farmaci che agiscono sulla grande e piccola circolazione. Nella maggioranza dei casi tuttavia i pazienti vengono esposti al trattamento farmacologico per la cura delle principali comorbidità associati al tinnito, quali depressione, ansia e insonnia; tutte condizioni cliniche che concorrono a influire negativamente sulla qualità della vita dei pazienti (1). In generale infatti
gli approcci farmacologici utilizzati non costituiscono una soluzione definitiva perché si limitano sostanzialmente a limitare i sintomi del disturbo senza però agire sulle cause; i loro effetti sono dunque temporanei. Nei casi in cui l’acufene abbia una natura psicogena è spesso consigliato anche il supporto di uno specialista psicologo o psichiatra, soprattutto nelle fasi iniziali. Tra gli approcci terapeutici che non prevedono l’utilizzo di farmaci, la Tinnitus Retraining Therapy (TRT) rappresenta una delle terapie maggiormente diffuse per via della sua efficacia. La TRT rappresenta una terapia di riprogrammazione dell’acufene basata sull’allenamento dell’apparato uditivo e del cervello con lo scopo di abituarli a sentire i rumori prodotti dalla patologia. Il paziente viene infatti sottoposto a stimolazioni acustiche attraverso generatori sonori che producono suoni di bassissima intensità che si mischiano all’acufene. Questo approccio, dalla durata variabile dai 6 e i 18 mesi, fa sì che il rumore prodotto dall’acufene si diluisca nel sottofondo acustico con conseguente ridotto contrasto percettivo; in questo modo i suoni verranno percepiti molto meno intensamente rispetto a prima e quindi meglio tollerati. Con lo scopo di creare un network di ricerca multidisciplinare internazionale in grado di esplorare a fondo tutti gli aspetti connessi alla comparsa e gestione dell’acufene, l’Unione Europea ha sviluppato e promosso il Progetto Cost Tinnet Action che coinvolge i massimi esperti del settore. Tra i principali obiettivi, il network si propone di realizzare entro la primavera del 2018 le linee guida europee per la diagnosi e il trattamento degli acufeni.
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cosmetologia senza frontiere Una guida pratica e immediata che offre una panoramica sui cosmetici e cosmeceutici, riclassificati in base alle piĂš importanti terapie in uso, che permette al medico estetico, dermatologo e chirurgo plastico di fornire un protocollo mirato per ciascun paziente.
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RICERCA / INSONNIA
insonnia, scoperti i geni che la favoriscono
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hi non riesce a dormire può dare la colpa ai propri genitori: un grande studio pubblicato su Molecular Psychiatry (1) conferma che l’insonnia ha una componente ereditaria. Il problema interessa un numero enorme di persone. Stime riferite agli Stati Uniti riferiscono che dal 10% al 20% degli adulti ne soffre e non c’è ragione di pensare che in Italia le cose vadano meglio. Quando è cronica, l’insonnia si associa a diversi effetti avversi a lungo termine, dai disturbi cardiovascolari e metabolici (come il diabete di tipo 2) a una quantità di problemi psichici, dal disturbo da stress post-traumatico (Dpts) al suicidio.
di Renato Torlaschi
Un recente studio condotto analizzando il Dna di oltre 33mila militari americani ha confermato che la propensione all’insonnia dipende da fattori ereditari e risulta collegata a specifiche variazioni genetiche
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Studiare il Dna per arrivare alle cause dell’insonnia A eccezione di quella episodica, determinata da eventi specifici e facilmente riconoscibili, la spiegazione dell’insonnia non è quasi mai banale e da tempo i ricercatori ne hanno cercato le tracce nel Dna. Già diversi studi sui gemelli avevano suggerito l’esistenza di una base ereditaria per l’insonnia. Tuttavia, data la grande variabilità delle cause e l’eterogeneità nel suo modo di presentarsi, è importante che i ricercatori prendano in esame i diversi fenotipi di questo disturbo: per esempio, le cause di insonnia nei giovani rispetto alla popolazione più anziana, perché i fattori di rischio genetici potrebbero non essere gli stessi. Molte persone ritengono l’insonnia significhi semplicemente non riuscire ad addormentarsi, ma in realtà ci sono molti sintomi
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RICERCA / INSONNIA
diversi, come: > svegliarsi durante la notte > non essere in grado di riaddormentarsi dopo essersi svegliati presto > svegliarsi la mattina e non sentirsi abbastanza riposati. Lo studio sui veterani dell’esercito I ricercatori americani, coordinati da Murray Stein della University of California San Diego, hanno ingaggiato per il loro studio un gruppo particolare di persone in cui l’insonnia è molto diffusa, i veterani dell’esercito: circa metà di loro ne soffre. L’analisi del Dna di oltre 33mila militari ha prima di tutto confermato le indicazioni degli studi precedenti, non altrettanto ampi, secondo cui la propensione all’insonnia dipende da fattori ereditari; inoltre ha evidenziato che risulta collegata a specifiche variazioni genetiche sul cromosoma 7 e sul cromosoma 9, almeno nelle persone di discendenza europea. È interessante notare che la variante del cromosoma 7 si trova vicino a un gene coinvolto nel consumo di alcol chiamato AUTS2, così come ad altri connessi allo sviluppo del cervello e alla segnalazione elettrica legata al sonno. Naturalmente è importante sottolineare che la genetica non è l’unica radice dell’insonnia, che può essere dovuta a diversi elementi che caratterizzano lo stile di vita, come: > il consumo eccessivo di caffeina > orari irregolari di lavoro > assunzione di alcuni farmaci > dolore cronico
> varie condizioni patologiche, tra cui
l’asma. Trattamenti e accorgimenti utili per contrastare l’insonnia Gli attuali trattamenti dell’insonnia comprendono diversi tipi di farmaci, dagli ansiolitici sedativi, ai farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans), fino agli estrogeni o contraccettivi orali nel caso di donne in cui il disturbo rientra nella sindrome premestruale. Esiste poi tutta una serie di accorgimenti che possono risultare utili: > coricarsi sempre alla stessa ora ma non subito dopo la cena > evitare la pennichella pomeridiana > imparare a rilassarsi, magari avvalendosi dell’aiuto della terapia cognitivocomportamentale. Scoprire di più sulla genetica dell’insonnia potrà fornire nuove armi a disposizione per migliorare i trattamenti attuali e contribuire a trovarne di nuovi, oltre a identificare le persone che sono maggiormente a rischio.
[ La genetica non è l’unica radice dell’insonnia, che può essere dovuta a diversi elementi che caratterizzano lo stile di vita
Bibliografia 1. Stein MB, McCarthy MJ, Chen CY, Jain S,
Gelernter J, He F, Heeringa SG, Kessler RC, Nock MK, Ripke S, Sun X, Wynn GH, Smoller JW, Ursano RJ. Genome-wide analysis of insomnia disorder. Mol Psychiatry. 2018 Mar 8.
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elementi di farmacovigilanza Le basi della farmacovigilanza 4 Meccanismi delle reazioni avverse 4 Il risk management 4
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endocrinologia / patologie tiroidee
tiroide, piena funzionalità solo con adeguati livelli di iodio La piccola ghiandola endocrina regola una serie di funzioni vitali come il metabolismo, il ritmo cardiaco, il sistema nervoso, l’accrescimento corporeo e la forza muscolare. E quando non funziona correttamente a risentirne è tutto l’organismo
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a tiroide è la ghiandola preposta alla produzione e alla secrezione degli ormoni tiroidei necessari per la crescita e lo sviluppo dell’organismo. Si trova alla base della porzione anteriore del collo, tra laringe e trachea; in condizioni fisiologiche la ghiandola si presenta di piccole dimensioni, con un peso che generalmente si attesta tra i 10 e i 50 grammi. L’ispezione attraverso semplice palpazione è agevolata dalla sua collocazione piuttosto superficiale. Affinché vi sia una piena funzionalità della ghiandola tiroidea è necessario un adeguato apporto nutritivo di iodio, il quale, sotto forma di ioduro, viene assorbito dalla tiroide e combinato chimicamente con l’aminoacido tirosina per la sintetizzazione dell’ormone tiroideo. Fabbisogno iodico Nel corpo umano, lo iodio è presente in quantità di 15-20 mg, e l’apporto giornaliero necessario è stimato in 150 ug/giorno (per i bambini fino a 6 anni questo fabbisogno scende a 90 μg al giorno e a 120 μg per i bambini in età scolare 7-12 anni). Durante la gravidanza il fabbisogno di iodio aumenta fino a 250-300 µg al giorno, per via di un’accresciuta perdita renale di iodio indotta dagli estrogeni, ma altresì per l’esigenza di aumentare la sintesi ormonale da parte della tiroide materna, indispensabile per il corretto sviluppo sia della placenta che del feto. Inoltre una quota di iodio
assunta dalla madre viene utilizzata dal feto per la propria produzione di ormoni tiroidei. La gestante dovrà quindi far fronte all’aumentato fabbisogno di iodio ricorrendo a fonti alternative e in particolare agli integratori minerali, nei quali è generalmente presente la sostanza nella quantità di 150 μg per compressa.
di Luca Vanni
Carenza di iodio La carenza di iodio determina patologie più o meno gravi, a seconda dell’età e del sesso, come l’iper o l’ipoproduzione di ormone tiroideo da parte della ghiandola. aprile 2018
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C’è da sottolineare quanto una carenza dell’ormone tiroideo nel corso della vita fetale e neo natale possa avere conseguenze estremamente gravi sullo sviluppo intellettivo, portando a diverse forme di ritardo mentale, sordomutismo e paralisi spastica. Ad oggi si stima che un neonato ogni 3mila nasca con una forma di malattia tiroidea. In età adulta, invece, le donne sono molto più soggette alle malattie tiroidee rispetto agli uomini: una donna ha il 20% di possibilità di sviluppare problemi alla tiroide nel corso della sua vita. Ormoni tiroidei La ghiandola tiroide produce l’ormone tiroideo sotto forma di tirosina (T4) e triiodiotironina (T3). La T3 è la forma attiva dell’ormone e rappresenta il 20% del prodotto totale della tiroide. L’80% viene mantenuto nella forma T4, pronto a essere convertito in T3 in base alle specifiche necessità dell’organismo.
settimana mondiale della tiroide 2018 «La tiroide è una ghiandola molto piccola che produce però un ormone importantissimo per tutto il nostro corpo, la tiroxina – spiega Paolo Vitti, presidente della Società italiana di endocrinologia, coordinatore e responsabile scientifico della Settimana mondiale della tiroide –. Possiamo dire che la tiroide è la ‘centralina’ che regola l’energia di tutto il nostro organismo, infatti svolge una serie di funzioni vitali come la regolazione del metabolismo, la produzione di calore, il controllo del ritmo cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso, l’accrescimento corporeo, la forza muscolare e molto altro.
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Per questo il tema scelto per l’evento 2018 è ‘Tiroide è energia’, infatti, quando questa ghiandola non funziona correttamente, tutto il corpo ne risente e per tale motivo occorre non trascurare alcuni campanelli d’allarme rivolgendosi al proprio medico in caso di dubbio». L’iniziativa, che si svolgerà dal 21 al 27 maggio prossimi, è promossa dalle maggiori società endocrinologiche cliniche e chirurgiche italiane e prevede iniziative di screening e incontri informativi sulle patologie tiroidee in tutta Italia. Per maggiori informazioni: www.settimanamondialedellatiroide.it
Numerose funzioni del metabolismo, a partire dallo sviluppo del sistema nervoso centrale e dall’accrescimento corporeo, vengono regolate dall’ormone tiroideo. La produzione di un’adeguata quantità di ormoni tiroidei è quindi indispensabile al normale accrescimento corporeo e allo sviluppo e alla maturazione dei vari apparati. La tiroide è soggetta a uno stretto controllo ormonale da parte dell’ipofisi mediante l’ormone tireotropo (TSH): quando si abbassano i livelli di ormone tiroideo, il TSH induce la tiroide a metterne in circolo quantità maggiori. Al contrario, quando invece l’ormone tiroideo in circolazione è troppo, l’ipofisi agisce sulla ghiandola tiroidea affinché rallenti la propria attività. Ipertiroidismo È una condizione che si presenta nel momento in cui la ghiandola tiroidea funziona in eccesso, rilasciando dunque troppo ormone nell’organismo. Si tratta della patologia endocrina più frequente dopo il diabete mellito. Sono varie le cause che determinano il sopraggiungere dell’ipertiroidismo: un gozzo o un nodulo tiroidei, il morbo di Basedow, un’inappropriata secrezione di TSH o una secrezione tumorale di fattori TSH simili, forme tumorali, metastasi o un’assunzione eccessiva di ormone tiroideo. L’ipertiroidismo porta a una sostanziale accelerazione di tutti i processi metabolici inducendo dimagrimento, cardiopalmo, irrequietezza, tremori e irritabilità. Ipotiroidismo La situazione opposta, l’ipotiroidismo, si sviluppa invece quando gli ormoni tiroidei sono insufficienti, e questo generalmente avviene quando si è sottoposti a radiazioni (radio-iodio), in seguito a malattie metaboliche da accumulo o a lesioni dell’ipotalamo, in presenza di carenza o eccesso di iodio. Il paziente che ne soffre lamenta un marcato senso di stanchezza, rallentamento psico-
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motorio e talvolta anche difficoltà di concentrazione, secchezza e pallore della pelle, voce rauca, mentre nelle forme più serie si può arrivare a quadri di depressione. Sono sufficienti semplici esami del sangue con misurazione dei livelli di TSH e degli ormoni tiroidei per diagnosticare facilmente l’ipotiroidismo anche nelle forme iniziali. Il trattamento standard per questa patologia consiste nella somministrazione per via orale dell’ormone tiroideo L-tiroxina per compensare lo squilibrio. In genere si inizia con basse dosi dell’ormone, da aumentare poi progressivamente. Poiché nella gran parte dei casi è necessario proseguire la terapia per tutta la vita, sono indispensabili controlli periodici per verificare l’adeguatezza della terapia. Alcuni alimenti e farmaci sono in grado di inibire l’assorbimento della L-tiroxina: tra questi ricordiamo soia, crusca, calcio, ferro, succo di pompelmo e farmaci gastroprotettori. Oggi è disponibile un’ampia gamma di formulazioni della levotiroxina, dalle classiche compresse (da assumere almeno mezz’ora prima della colazione), alle capsule molli e alle fiale liquide per uso orale, in base alle specifiche esigenze del paziente. Noduli e tumori tiroidei I noduli tiroidei sono solitamente manifestazioni di natura benigna. Trattasi di tumefazioni delimitate che si formano all’interno della tiroide in forma liquida, solida o mista, molto frequenti soprattutto nelle donne e con l’avanzare dell’età. La causa principale è rappresentata dalla carenza moderata-lieve di iodio che comporta una maggiore frequenza di gozzo che può essere diffuso, uni o multi nodulare. Molto di sovente i noduli alla tiroide sono asintomatici, mentre in altri casi può capitare che il nodulo comprima le strutture circostanti la tiroide generando difficoltà nella respirazione o nella deglutizione e senso di costrizione.
osservatorio nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi Presso l’Istituto superiore di sanità nel 2009 è stato istituito l’Osservatorio nazionale per il monitoraggio della iodoprofilassi (Osnami). L’Osnami rappresenta la struttura epidemiologica mediante la quale viene effettuata la sorveglianza su scala nazionale del programma di iodoprofilassi e che ha il compito di coordinare attività finalizzate a: > verificare l’efficienza della iodoprofilassi attraverso la valutazione di indicatori che consentano di verificare l’adeguato apporto nutrizionale di iodio della popolazione (dati di vendita di sale iodato,
Solo lo 0,3% dei noduli è una neoplasia maligna, e in tal caso gli adenocarcinomi papillari o papillari-follicolari (misti) sono i più comuni e rappresentano circa il 60% dei tumori maligni della tiroide (la cui probabilità di guarigione arriva al 90%). Il cancro tiroideo è più diffuso tra le donne rispetto agli uomini, con un rapporto di 3,2:1 e la sua incidenza aumenta con l’età. Lo iodio negli alimenti Lo iodio è presente in dosi estremamente variabili nei diversi alimenti. Le concentrazioni maggiori si riscontrano nei crostacei con oltre 300 μg per 100 g, nel pesce di mare con una media di 80 μg per 100 g. Concentrazioni molto più basse si hanno in altri alimenti: 8 per le uova, 5 per la carne e latte, 3 per il pesce d’acqua dolce, 6 per i cereali, 3 per i legumi, 3 per i vegetali, 2 per la frutta. Lo iodio introdotto con gli alimenti non è sufficiente a raggiungere il fabbisogno giornaliero, per questo viene consigliato il ricorso al sale iodato nella dieta quotidiana. In specifiche circostanze e sotto stretta indicazione medica bisogna ricorrere all’impiego di integratori, disponibili sul mercato in svariate formule.
contenuto di iodio nelle confezioni di sale immesse in commercio, iodurie in campioni rappresentativi della popolazione generale); > valutare l’efficacia della iodoprofilassi attraverso l’analisi dell’andamento nel tempo dei valori di TSH neonatale, dell’incidenza dell’ipotiroidismo congenito a livello nazionale e della prevalenza di gozzo in campioni della popolazione in età scolare reclutati in specifiche “aree sentinella” opportunamente individuate; > effettuare eventuali azioni correttive, qualora queste si rendessero necessarie.
[ La tiroide è la centralina che regola l’energia di tutto l’organismo
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PharmEvolution 2018: appuntamento a Taormina L’ottava edizione di PharmEvolution si svolgerà a Taormina, da venerdì 5 a domenica 7 ottobre. L’ideatore della manifestazione, Gioacchino Nicolosi, ci ha dato qualche anticipazione sulle novità di quest’anno. Dottor Nicolosi, quali saranno le principali novità di PharmEvolution 2018? L’ottava edizione di PharmEvolution avrà un respiro internazionale anche grazie alla presenza di sponsor stranieri, che da tempo guardano con interesse alla nostra convention-evento e quest’anno hanno deciso di investire sul mercato italiano, partendo proprio dalla partecipazione alla kermesse. La Sicilia non è più fanalino di coda del Paese ma, grazie ad eventi come PharmEvolution, si impone nel panorama nazionale come punto di incontro tra domanda e offerta di beni e servizi per la farmacia, crocevia di idee e momento di approfondimento con ospiti di rilievo internazionale, occasione di confronto tra i principali attori della filiera del farmaco. Date queste premesse, la scelta della location per PharmEvolution 2018 non poteva che cadere su Taormina, ambasciatrice delle bellezze siciliane nel mondo e scrigno di quei tesori
d’arte, storia e cultura di cui la Sicilia è depositaria. Dal 5 al 7 ottobre i riflettori del mondo della farmacia si accenderanno al PalaLumbi, un’area espositiva esclusiva e ricercata, capace di coniugare il fascino senza tempo di Taormina con la funzionalità di una struttura espositiva moderna, ben collegata, dotata di ampio parcheggio ed estremamente versatile. Nella vasta area fieristica saranno presenti i maggiori brand leader in farmacia con le novità e i prodotti di ultima generazione. Quali sono i focus previsti? Proseguendo un percorso avviato con successo e che ha riscontrato il gradimento dei partecipanti, come dimostrano i numeri della passata edizione - oltre 8.300 presenze qualificate nei tre giorni di eventi -, sarà riservato ampio spazio alle tematiche della corretta alimentazione e della dermocosmesi, con la partecipazione di alcune delle più autorevoli voci del panorama internazionale. La richiesta di benessere dei cittadini passa anche dalla salute a tavola e dalla ricerca di una bussola per orientarsi nel mare magnum di nuove diete e regimi alimentari non sempre equilibrati. Quella bussola può essere il
> Gioacchino Nicolosi
farmacista, che conosce bene i suoi clienti e può diventare un interlocutore qualificato e competente per fornire consigli anche nel settore della corretta e sana alimentazione, come già avviene per la cura della persona. Quali spunti per l’aggiornamento professionale saranno offerti in questa edizione? In tre giorni di eventi saranno inanellati decine di convegni e dibattiti sui temi che più stanno a cuore alla categoria, dal confronto politico-istituzionale sul futuro della farmacia, con autorevoli esperti e politici attenti ai temi della salute, fino alle sfide che attendono i titolari di farmacia, ma anche i rurali e i nuovi colleghi che si affacciano alla professione in un momento particolarmente complesso e ricco di insidie. Grande attenzione sarà riservata alle tematiche della dermocosmesi, declinate dal professor Ivano Luppino, direttore dell’area dermatologica di PharmEvolution, attraverso un simposio dermatologico e una conferenza dibattito con ospiti di caratura internazionale. Ampio spazio sarà riservato infine all’aggiornamento professionale, con corsi Ecm e Fad, così da offrire ai farmacisti l’opportunità di un giro d’orizzonte completo sull’Evolution della farmacia. Rachele Villa aprile 2018
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Patologie respiratorie dei bambini e prevenzione delle allergie primaverili Nei bambini a preoccupare di più è la bronchiolite, che rappresenta la prima causa di ospedalizzazione sotto l’anno di vita. Mentre le allergie primaverili possono essere tenute sotto controllo con una prevenzione farmacologica
Dalla bronchiolite che colpisce i neonati alle principali patologie respiratorie che insorgono nei bambini con l’arrivo della primavera, fino alla sindrome delle apnee ostruttive del sonno. I disturbi respiratori che possono colpire i bambini sono numerosi, come spiega Renato Cutrera, presidente della Federazione Italiana delle Associazioni e Società Scientifiche dell’Area Pediatrica (Fiarped) e direttore dell’Unità operativa di Broncopneumologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Partendo dai più piccoli – spiega Cutrera – la patologia che più preoccupa i genitori è la bronchiolite, che colpisce i bambini sotto l’anno di vita ed è causata dal virus respiratorio sinciziale. In realtà praticamente tutti i bambini ne sono affetti, ma solo alcuni, quelli più piccoli e che hanno una patologia sottostante, vanno incontro ad ospedalizzazione. Si può dire, anzi, che la bronchiolite sia la prima causa di ospedalizzazione sotto l’anno di vita. C’è poi la bronchite asmatica, caratterizzata da quel rumore sibilante del torace, a volte continuo nel periodo invernale, di cui ne soffre un bambino su quattro. E ancora l’asma bronchiale, che colpisce invece un bimbo ogni dieci e che ha rapporti con le allergie più note e conosciute». Le terapie per la bronchiolite «possono essere somministrate a domicilio da parte del pediatra di famiglia nelle forme più lievi – prosegue Cutrera –, mentre quando comincia ad esserci una difficoltà nell’ossigenazione devono essere date in ospedale. Tra le 44
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terapie ci sono tendenzialmente l’ossigenoterapia, l’idratazione e la nutrizione, perché questi bambini cosi piccoli non ce la fanno a crescere e bisogna controllare sempre il loro peso, per vedere se la crescita sia effettivamente presente tutti i giorni». Disturbi respiratori e sonno Anche i bambini russano e questo sintomo può segnalare un riposo disturbato che può avere effetti negativi, da non sottovalutare, anche sul rendimento scolastico e sul comportamento diurno. «I disturbi respiratori del sonno sono molto frequenti: abbiamo circa il 5-10% dei bambini sani che presentano un russamento abituale, ossia non solamente quando sono raffreddati, e questi vanno segnalati – puntualizza il dottor Cutrera – dal genitore al pediatra di famiglia, perché tra di loro potrebbe esserci chi soffre di Osas, cioè della Sindrome delle apnee ostruttive del sonno. Questi bambini fanno delle pause respiratorie perché non riescono a emet-
> Renato Cutrera
tere bene l’aria durante il sonno, o per cause ostruttive delle vie aeree superiori, tipo delle tonsille o adenoidi molte grosse, oppure perché sono obesi. E il bambino che ha delle apnee durante il sonno avrà dei disturbi comportamentali perché, non dormendo bene durante il giorno, sarà spesso iperattivo, molto agitato, e avrà un cattivo rendimento scolastico; oppure il bambino obeso sarà letargico e si addormenterà sul banco». Prevenzione delle allergie primaverili Occhi arrossati, naso che cola e starnuti: l’arrivo della primavera e la comparsa dei primi pollini iniziano ora a scatenare le innumerevoli allergie di stagione. «I bambini allergici ovviamente avranno dei disturbi se sono allergici alle graminacee o ad alcuni pollini di determinati alberi che fioriscono in questo periodo, tra cui, per esempio, il fiore dell’ulivo, l’olea, ma anche alcuni allergeni che sono più nuovi per i nostri climi, come il cipresso. Tutti questi bambini possono avere problemi di rinite allergica, di una congiuntivite allergica, quindi con fastidi agli occhi e al naso, ma un sottogruppo di questi può avere anche problemi di asma allergico. Bene, in tutti e tre i casi – conclude Cutrera – i bambini devono fare una prevenzione farmacologica che può essere a base di antistaminici per la rinocongiuntivite, di spray nasali o di spray specifici per l’asma nei casi in cui il bambino soffra di asma allergica». Rachele Villa
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attualità
Farmaci biosimilari: Aifa presenta il secondo Position Paper L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha recentemente presentato il Secondo Position Paper sui farmaci biosimilari, che fornisce la posizione ufficiale dell’agenzia sul tema dell’utilizzo di questi farmaci non equivalenti ma “simili” ai medicinali biologici di riferimento non più soggetti alla tutela del brevetto. «I medicinali biosimilari sono una risorsa terapeutica importante e un’opportunità per contribuire a garantire sempre più la risposta al bisogno di salute emergente. In sinergia con i farmaci biologici possono fornire risposte al problema del sottotrattamento per numerose patologie, garan-
tendo l’accesso alle terapie a un numero sempre maggiore di pazienti» ha dichiarato il direttore generale dell’Aifa, Mario Melazzini. «Proprio nel momento in cui si avvicinano alla scadenza brevettuale numerosi farmaci biologici – ha aggiunto Melazzini – Aifa ha voluto rilasciare questo Position Paper per chiarire gli aspetti scientifici, regolatori e normativi che riguardano i farmaci biosimilari. Questa categoria di medicinali è infatti simile ai prodotti originatori biologici di riferimento per efficacia, qualità e sicurezza e rispetto ai quali possiedono il medesimo rapporto beneficio-rischio». «Il
Position Paper Aifa – ha concluso il direttore generale – rappresenta anche uno strumento di sensibilizzazione e stimolo culturale e mette in condizione gli operatori sanitari di fornire la corretta informazione al paziente sulle caratteristiche di questi farmaci e di contribuire alla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale». Per l’Agenzia Italiana del Farmaco i biosimilari costituiscono uno strumento indispensabile per garantire l’accesso tempestivo alle terapie innovative in aree come l’oncologia, la reumatologia, la gastroenterologia e la dermatologia, rispondendo alla sempre crescente domanda di salute.
Uso di contraccettivi ormonali e tumore al seno: studio italiano esclude associazione L’effetto dei contraccettivi ormonali combinati durante la vita riproduttiva di una donna e il conseguente rischio di tumore al seno è sempre stato un argomento di grande interesse e una questione importante di discussione. Attualmente, i contraccettivi ormonali combinati (CHC), cioè quelli che contengono sia un estrogeno sia un progestinico, sono i metodi di contraccezione più utilizzati nel mondo, con una percentuale media di utilizzo del 18% nelle donne sposate tra i 15 e i 49 anni. E le donne di questa fascia di età sono anche quelle più esposte alla diagnosi di tumore al seno. I medici dell’Azienda Ospedaliero-Uni-
versitaria Policlinico di Modena, una delle più grandi cliniche oncologiche italiane istituita per la gestione della prevenzione primaria e secondaria nelle donne ad alto rischio, hanno eseguito una revisione delle cartelle cliniche di 2.527 donne che avevano partecipato allo screening di valutazione oncologica (4,5% portatrici di mutazione BRCA, 72,2% ad alto rischio e 23,3% a rischio intermedio di sviluppo di tumore al seno). Il 10,1% di queste pazienti aveva già presentato un tumore al seno prima dei 50 anni. In tutta questa popolazione si è osservato che il menarca tardivo, dopo i 12 anni, risul-
tava un fattore protettivo, mentre la tarda età della prima gravidanza (oltre 30 anni) erano un fattore di rischio indipendente per tumore al seno. Dall’incrocio di tutte le informazioni e di tutti i dati raccolti, valutando anche gli anni con esposizione diretta ai CHC, l’uso dei CHC non è stato associato ad un aumento del rischio di tumore al seno, anche in presenza di predisposizione genetica o familiare, e indipendentemente dalla durata d’uso del CHC e dalle dosi di estrogeni utilizzati. Anzi, alcuni contraccettivi comunemente usati erano associati a una tendenza, a volte significativa, verso un rischio diminuito di tumore al seno. aprile 2018
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Integratori: da FederSalus un position paper per informare i medici Un documento rivolto ai medici di medicina generale cerca di rispondere a un bisogno informativo e di fornire un pratico supporto per la gestione del paziente in fase di prevenzione primaria, a beneficio del Ssn
Le patologie croniche sono strettamente collegate all’avanzare dell’età e incidono notevolmente sui costi del Servizio sanitario nazionale. Promuovere la prevenzione primaria, attraverso alimentazione, attività fisica e stili di vita sani e, laddove questi non fossero sufficienti, valutare la possibilità di intervenire con una integrazione alimentare sicura ed efficace: tutto questo può favorire l’active aging e ridurre in futuro il numero di persone che si ammalano e necessitano di cure, contribuendo in questo modo al contenimento dei costi sanitari. Da un’indagine GfK emerge come i medici di medicina generale rappresentino la prima figura di riferimento per il 38% dei consumatori di integratori alimentari, che in Italia sono in totale 32 milioni. A loro volta, i medici di medicina generale, secondo i dati dell’indagine, consigliano abitualmente integratori ai loro pazienti. Sulla base di queste considerazioni, FederSalus ha prodotto un Position Paper, patrocinato da SINut (Società Italiana di Nutraceutica), rivolto a tali professionisti con l’obiettivo di supportarli nella pratica clinica, rispondendo a un bisogno informativo rilevato anche da una survey svolta nell’ambito del progetto IntegrInforma. Il documento contiene informazioni che vanno dalla definizione di integratore alimentare e del contesto regolatorio, alle evidenze scientifiche circa i benefici. Le principali aree principali di intervento individuate nel Position Paper sono cinque. 46
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Area cardio-metabolica In prevenzione primaria è possibile ridurre il rischio cardiovascolare o mantenerlo a livello favorevole intervenendo sui fattori modificabili attraverso un sano stile di vita. Tra gli ingredienti attivi che sono dotati di un claim specifico ammesso per l’area del benessere cardiometabolico vi sono il Riso Rosso Fermentato, la Berberina, i Fitosteroli, gli Acidi Grassi Polinsaturi, i Beta-Glucani e il Carciofo. Un effetto positivo nell’area del benessere cardio-metabolico è associato, in base alla letteratura scientifica, anche con riferimento ai Probiotici e all’estratto di Bergamotto. Area muscolo-scheletrica Si stima che in Italia ci siano oggi circa 3,5 milioni di donne e 1 milione di uomini affetti da osteoporosi. In questa area, una corretta alimentazione è uno dei metodi di prevenzione più importanti per l’osteopenia; oltre al calcio e alla vitamina D, un’adeguata assunzione di altri elementi minerali (fosforo, magnesio, potassio, rame, zinco) e vitamine (vitamina C, vitamina K) è stata associata a un miglioramento della salute delle ossa. Area benessere mentale e invecchiamento È assodato come un’adeguata quantità di idonei nutrienti sia in grado di promuovere le attività cerebrali. I modelli dietetici mediterranei (MDP) e i composti antiossidanti
contenuti in alcuni di essi (polifenoli, vitamine C, E, B12, folati e carotenoidi), possono contrastare gli effetti dannosi dello stress ossidativo nell’invecchiamento del cervello e, di conseguenza, ridurre il rischio di patologie neurodegenerative. Area uro-ginecologica In quest’area, oltre a diverse sostanze presenti nella lista delle “Sostanze e preparati vegetali ammessi” del ministero della Salute a cui è associato un effetto fisiologico riconducibile al benessere genito-urinario, è importante fare riferimento ai probiotici, efficaci sui biofilm patogeni vescicali e vaginali e allo zinco che contribuisce alla normale fertilità e alla normale riproduzione. Area gastro-intestinale In tutti i casi di disbiosi la supplementazione con integratori contenenti probiotici contribuisce a ristabilire l’equilibrio della microflora intestinale. La vitamina E, come potente antiossidante, ha ricevuto parere positivo dell’EFSA sul claim “contribuisce a proteggere le cellule dallo stress ossidativo”. I fitoterapici Frangula e Senna sono inseriti dal ministero della Salute come sostanze naturali con funzione di regolarizzazione del transito intestinale. Il lattulosio infine è uno zucchero tradizionalmente impiegato per risolvere i problemi di stipsi e ha ottenuto parere positivo dall’EFSA in quanto “contribuisce ad accelerare il transito intestinale”.
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LIPOSCUDIL PLUS, L’INTEGRATORE CHE CONTRIBUISCE AL CONTROLLO DEL COLESTEROLO NEL SANGUE
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iposcudil Plus è un integratore alimentare caratterizzato dalla presenza di quantità di riso rosso fermentato (di cui 10 mg di monacolina K) che contribuiscono al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue. Inoltre nella formula di Liposcudil Plus è stato inserito il Coenzima Q10 (30 mg) al fine di integrarne l’eventuale de-
plezione dovuta all’inibizione della sua sintesi. L’integrazione del Coenzima Q10 può essere utile nella mioprotezione e favorisce la bioenergetica cellulare. I componenti di Liposcudil Plus, il riso rosso fermentato da Monascus Purpureus e il Coenzima Q10, per mezzo di un’innovativa tecnica farmaceutica, sono stati adsorbiti in un sistema autoemulsionante che ne favorisce l’emulsionamento con i sali biliari. Pertanto tali principi presentano il vantaggio di essere più solubili e quindi maggiormente biodisponibili. Con l’impiego di questa tecnica si assicura un’ottimale efficacia del riso rosso fermentato nonché una migliore biodisponi-
bilità del Coenzima Q10. Liposcudil Plus è utile per favorire il controllo dei livelli ematici di colesterolo nell’ambito di una dieta globalmente adeguata. L’effetto benefico si ottiene con l’assunzione di una capsula al giorno da deglutire con un po’ d’acqua, preferibilmente dopo il pasto serale. La confezione contiene 30 capsule per un mese di trattamento. Per l’uso del prodotto si consiglia di sentire il parere del medico. Piam Farmaceutici Tel. 010 518621 info@piamfarmaceutici.com www.piamfarmaceutici.com
redux Patch Perfect Body, trattamento urto rimodellante per pancia e fianchi
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lanet Pharma lancia Redux Patch Perfect Body Rimodellante Pancia e Fianchi, un innovativo trattamento in confortevoli patches transdermici con tecnologia CTS per rimodellare e tonificare efficacemente pancia e fianchi. La tecnologia CTS (Controlled Technology System) permette il rilascio localizzato in 8 ore degli estratti naturali contenuti nei patches direttamente sulla zona da trattare, svolgendo così un’azione mirata e prolungata. L’intensa azione snellente e rassodante è garantita da uno speciale mix composto da 8 attivi di origine vegetale. Il rodisterolo è un attivo innovativo dalla spiccata azione lipolitica su accumuli adiposi di vecchia data 48
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e cellulite; la caffeina contrasta l’accumulo di grasso nelle cellule, la garcinia cambogia esplica un’azione drenante e lipolitica. Il guaranà svolge un’azione lipolitica, drenante ed energizzante, la centella asiatica ha forti proprietà rassodanti ed elasticizzanti, mentre l’edera, grazie all’azione drenante, favorisce il microcircolo. Infine la cola svolge un’azione antiossidante, lipolitica e stimola il micro-
circolo e l’ananas svolge un’azione antinfiammatoria. Redux Patch Perfect Body è confortevole, facile e veloce da applicare, aderisce perfettamente al corpo con un effetto “seconda pelle”, che lo rende invisibile anche sotto gli abiti più aderenti, consentendo di indossarlo sia di giorno che di notte. È clinicamente e dermatologicamente testato. Planet Pharma Tel. 02 66013178 info@planetpharma.it www.planetpharma.it
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le aziende informano
Salviette Blefadine, per l’igiene oculare di adulti e bambini
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oc Ofta, la nuova realtà specializzata in oftalmologia derivante dalla ventennale esperienza di Doc Generici, presenta Blefadine le salviette utili in pazienti che soffrono di patologie oculari di tipo allergico, infiammatorio o infettivo, ma anche di rosacea o acne. «Questi sono disturbi molto diffusi – afferma Claudio Lucchini, oculista esperto di chirurgia plastica palpebrale, sia estetica che funzionale – di cui soffrono oltre 100 milioni di persone al mondo e che sono in grado di peggiorare alcune semplici attività giornaliere come leggere, usare il computer o guidare l’auto. Una delle cause possono essere due specie di acari, che normalmente vivono sul nostro viso, il Demodex folliculorum e il Demodex bre-
vis che in alcuni casi possono raggiungere concentrazioni eccessive e causare prurito del bordo palpebrale e bruciore dell’area intorno all’occhio». Blefadine è una salvietta monouso di cotone naturale imbibita di una soluzione a base di Hy-Ter, acido ialuronico con estratti naturali di Melaleuca e Aloe in grado di svolgere un’attività detergente emolliente, lenitiva e decongestionante. Il Tea Tree Oil è un olio naturale distillato dalle foglie della Melaleuca Alternifolia che ha riconosciute proprietà antibatteriche, antifungine e antivirali; è coadiuvante nelle infezioni da batteri farmaco resistenti e delle blefariti indotte da Demodex; è utile infine per l’igiene perioculare nei pazienti con rosacea e acne.
L’Aloe è invece utile in caso di dolore, gonfiore e irritazione oculare. Blefadine è quindi utile per blefariti, congiuntiviti batteriche e blefarocongiuntiviti, nelle congiuntiviti allergiche, nel pre e post intervento chirurgico oppure come prevenzione in caso di altre patologie di origine dermatologica sia negli adulti sia nei bambini. Doc Ofta Tel. 02 655341 segreteria@genericidoc.it www.docofta.it
Lactoflorene CIST, con Lactobacillus Paracasei LC11, per IL BENESSERE DELLE VIE URINARIE
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a salute delle vie urinarie passa attraverso un perfetto equilibrio dei batteri, l’eubiosi, condizione che ci permette di tenere lontane le infezioni che causano la cistite. Per favorire questa situazione ideale è necessario riequilibrare la flora batterica intestinale con un valido supporto a base di probiotici. Per rispondere alle esigenze di molte donne che soffrono di infezioni delle vie urinarie è nato Lactoflorene CIST, nuovo nutraceutico di Montefarmaco a base di Lactobacillus Paracasei LC11, probiotico abbinato a mirtillo rosso e Dmannosio.
«Ogni probiotico ha la sua ceppo-specificità – ha spiegato il professor Franco Vicariotto, specialista in Ostetricia e Ginecologia, cofondatore della Sifiog (Società Italiana Integratori e Fitofarmaci in Ostetricia e Ginecologia) –. In merito alla cistite, infiammazione della vescica su base infettiva che colpisce una donna su due, è stata provata l’efficacia del Lactobacillus Paracasei LC11, che ha un’azione antimicrobica contro microorganismi patogeni ed è stato studiato, isolato e caratterizzato per l’antibiotico resistenza secondo i criteri dell’EFSA, orga-
nismo che elabora pareri scientifici e consulenza in materia di catena alimentare sulla base delle politiche europee». Sulla base di queste considerazioni, è nato Lactoflorene CIST a base di fermenti lattici vivi che con la loro azione probiotica del Lactobacillus Paracasei LC11 favoriscono l’equilibrio della flora intestinale, insieme al mirtillo rosso (cranberry), che contribuisce alla funzionalità delle vie urinarie, e al D-mannosio.
Montefarmaco OTC Tel. 02 333091 info@lactoflorene.it www.lactoflorene.it aprile 2018
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Heliocare 360° Cushion, fotoprotettore formato cushion con SPF 50+
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antabria Labs Difa Cooper, realtà italiana leader in dermatologia da oltre 50 anni, presenta Heliocare 360° Cushion, il primo fotoprotettore in formato cushion dalla texture fondente e disponibile in due diverse tonalità. Dotato di filtri solari 50+ e dal pratico formato prêt-à-porter, questo make-up garantisce non solo una protezione ad ampio spettro dai raggi UVA, UVB, visibili, infrarossi, ma anche un’applicazione facile e una copertura modulabile grazie alla spugnetta in dotazione, idratando e proteggendo viso e collo in ogni momento della giornata. Grazie alle sue esclusive tecnologie brevettate, Heliocare 360° Cushion permette una protezione solare quotidiana facile e uniforme, garantendo un make-up perfetto
e un incarnato omogeneo. Esercita un effetto fotoprotettore a 360° che assicura la massima copertura dello spettro, grazie alla combinazione più avanzata di filtri fisici e chimici e a Bioshield System, lo scudo fotoprotettore specifico nei confronti delle radiazioni visibili e infrarosse. Garantisce inoltre un’intensa azione antiossidante, grazie alla presenza di Fernblock FC (un estratto brevettato, a base di Polypodium leucotomos, che aumenta la capacità della pelle di resistere alle scottature prevenendole e riducendo gli effetti dell’invecchiamento sulla pelle), e contribuisce alla riparazione del danno solare mediante i Roxisomi (estratti della
pianta Arabidopsis Thaliana). Heliocare 360° Cushion è resistente all’acqua e non comedogenico. Cantabria Labs Difa Cooper Tel. 02 9659031 info@difacooper.com www.cantabrialabsdifacooper.it
Isomar Spray Allergie, previene e combatte i sintomi di raffreddore e allergie
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ongestione nasale, starnuti continui, attacchi asmatici e difficoltà respiratorie, sono solo alcuni dei sintomi di raffreddori e allergie stagionali, inoltre, lo smog e l’inquinamento di ogni giorno si confermano come fattori scatenanti di allergie e asma. Dall’esperienza Euritalia Pharma nasce Isomar Spray Allergie, uno spray dalla duplice azione che aiuta a contrastare i disturbi respiratori scatenati dalle riniti allergiche e la congestione nasale causata dal raffreddore. Possiede proprietà lenitive e idratanti, agisce grazie all’azione sinergica dei suoi componenti: l’acqua di mare purificata del Parco Marino delle Cinque Terre, 50
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resa isotonica (0,9% in sodio cloruro), idrata e deterge le fosse nasali; il succo di Aloe Vera e le mucillaggini di Malva prevengono il contatto di allergeni e batteri con la mucosa creando un sottile film protettivo; il Betaglucano, una sostanza emolliente, contrasta la secchezza e l’arrossamento caratteristici degli stati allergici; infine, l’olio essenziale di Eucalipto dona una sensazione di freschezza alle vie respiratorie superiori. Isomar Spray Allergie aiuta a combattere i sintomi di raffreddore e allergie, con un’azione benefica sulle mucose, liberando il naso, e svolgendo un’attività lenitiva che dona sollievo rapido.
Euritalia Pharma - Division of Coswell Spa Tel. 051 6649115 www.isomar.com www.euritaliapharma.it
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