Professione Salute 2/2015

Page 1

2

attualità Jobs Act, come funziona e che cosa cambia per le nuove assunzioni

INTERVISTA Mandelli (Fofi): «Le farmacie restino presidi sanitari rivolti alla tutela della salute»

integrazione alimentare Magnesio, un alleato per mantenere efficienza fisica e cuore in buona salute

SALUTE & BENESSERE Punture di api e vespe in soggetti sensibili possono dare reazioni locali e sistemiche

aprile 2015

pediatria e maternità Opzioni terapeutiche per contrastare il boom di allergie tra bambini e adolescenti

Corso accreditato ECM L’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita

Il microbiota intestinale un meta-organo indispensabile



editoriale

editoriale Andrea Peren a.peren@griffineditore.it

Sostenibilità: dai tagli lineari al principio di appropriatezza La sanità italiana è tanto eccellente quanto fragile dal punto di vista della sostenibilità economica, tanto che si parla spesso di tagli lineari, razionalizzazioni e quant’altro possa essere utile per garantire la sostenibilità di lungo periodo del servizio sanitario nazionale e la tutela della nostra salute. Il problema è che parlare di tagli, spending review e razionalizzazioni esclude automaticamente dalle scelte i veri protagonisti della sanità, sia pubblica che privata: i medici, dalle cui scelte in realtà dipende in larghissima parte la spesa sanitaria. È così che qualcuno, prima oltroceano, poi in casa nostra, ha pensato che la sfida di ridurre la spesa sanitaria garantendo al contempo un buon servizio possa passare, anziché dai tagli dei commissari e dei supermanager, dal coinvolgimento dei medici e dei professionisti della salute e da una loro precisa assunzione di responsabilità. La scommessa è quella di migliorare la qualità e la sicurezza dei servizi sanitari attraverso la riduzione di pratiche (esami diagnostici e trattamenti) che, secondo le conoscenze scientifiche disponibili, non apportano benefici significativi ai pazienti, ma possono, al contrario, esporli a rischi. Si possono così ridurre gli alti costi del servizio sanitario non attraverso tagli lineari, che rischiano di accentuare ulteriormente le disuguaglianze tra i cittadini, ma intervenendo sulle cause più eclatanti di spreco. La sfida è quella di passare dal concetto di «spending review» di matrice manageriale a quello di «appropriatezza» di natura medica, nella convinzione che fornire servizi o trattamenti non necessari non solo esponga i pazienti a rischi e costi evitabili ma riduca anche le risorse disponibili per gli altri. Va in questa direzione il progetto «Fare di più non significa fare meglio» lanciato dal movimento Slow Medicine (www.slowmedicine.it), molto simile a quello già attivo negli Stati Uniti con il nome di «Choosing wisely» (scegliere con saggezza), promosso da quasi sessanta società scientifiche che hanno passato al setaccio la loro pratica clinica e hanno già individuato 320 tra test e trattamenti sanitari inutili o superflui. Si tratta di esami e trattamenti non supportati da prove di efficacia, che continuano ad essere prescritti ed effettuati per molteplici ragioni: per abitudine, per soddisfare pressanti richieste dei pazienti, per timore di sequele medico-legali, perché spiegare al paziente che non sono necessari richiede più tempo, per interessi economici, perché nelle organizzazioni sanitarie viene premiata la quantità delle prestazioni. Per cambiare marcia è necessaria una nuova consapevolezza e un’assunzione di responsabilità da parte dei medici, sottoposti a forti pressioni da parte di aziende di prodotti farmaceutici e dispositivi medici e condizionati dalla concorrenza di colleghi così scrupolosi da prescrivere raffiche di esami. L’Oms stima che una percentuale della spesa sanitaria compresa tra il 20% e il 40% rappresenti uno spreco causato da un utilizzo inefficiente delle risorse. Nel nostro Paese i riflettori sono puntati ad esempio sugli esami radiologici (secondo gli stessi radiologi solo il 56% sarebbero appropriati), sui parti eseguiti con cesareo (in Italia sono il 40% di tutti i parti, una percentuale tra le più alte al mondo, con picchi nella sanità privata), sul ricorso agli antibiotici (anche qui siamo nelle prime posizioni della classifica per consumo pro capite di antibiotici tra i paesi industrializzati). Andrea Peren

Passare dal concetto

di «spending review», di matrice manageriale, a quello di «appropriatezza», di estrazione medica per ridurre i costi della sanità. È questa la filosofia che sta alla base di iniziative come «Choosing wisely» negli Usa e quella di Slow Medicine in Italia. Secondo l’Oms,

almeno il 20 per cento

dell’attuale spesa sanitaria è superflua

aprile 2015

Professione Salute

3


sommario 14

26

4

ECM a distanza 2015 IL MICROBIOTA INTESTINALE UN META-ORGANO INDISPENSABILE Fabio Pace Marina Pace

Nutrizione DIETE IPERPROTEICHE E SOSTENIBILITA’ METABOLICA Lucio Della Guardia, Hellas Cena

Professione Salute

aprile 2015

32

Salute & Benessere PUNTURE DI IMENOTTERI, MOLTEPLICI REAZIONI DA CONOSCERE Giampiero Pilat

38

Integrazione alimentare MAGNESIO DA SEMISCONOSCIUTO A PANACEA PER MOLTI MALI Vincenzo Marra


sommario

42

rubriche 3 Editoriale 6 46 50

10

Attualità

Pediatria e maternità PICCOLE ALLERGIE NEI BAMBINI Rachele Villa

NE PARLIAMO CON FARMACIE IN CRISI CAUSE E POSSIBILI RIMEDI intervista ad Andrea Mandelli

Eventi e corsi Le aziende informano

Direttore responsabile Giuseppe Roccucci Board scientifico Hellas Cena (Direttore) Donatella Ballardini Silvia Brazzo Mario Calzavara Mariano Casali Massimo Labate Luca Marin Fulvio Marzatico Mara Oliveri Marco Rufolo

Redazione Andrea Peren a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli redazione@griffineditore.it Rachele Villa r.villa@griffineditore.it

Stampa Reggiani spa - Divisione Arti Grafiche Via Alighieri, 50 Brezzo di Bedero (VA)

Grafica Grafic House, Milano

Professione Salute periodico bimestrale Anno VI - n. 2 - aprile 2015

Hanno collaborato Sergio Borriello, Hellas Cena, Lucio Della Guardia, Vincenzo Marra, Fabio Pace, Marina Pace, Giampiero Pilat, Renato Torlaschi

Registrazione del Tribunale di Como con il n. 4 del 14/04/2010

Vendite Stefania Bianchi, 340 1246792 Giovanni Cerrina Feroni, 346 2330694 Barbara Guglielmana, 335 5803827 Lucia Oggianu 338 9609937 Ufficio Abbonamenti Tel. 031.789085 - customerservice@griffineditore.it SIDeMaST

Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse

Abbonamento annuale Italia: euro 0,95 Singolo fascicolo: euro 0,19 Tiratura del presente numero: 15.000 copie

Editore Griffin srl unipersonale, piazza Castello 5/E 22060 Carimate (CO) Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. AI sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia ocn strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.


attualità

fofi: rinnovati i vertici federali

L

o scorso 20 aprile a Roma, durante la riunione del Comitato centrale, si è concluso il rinnovo delle cariche apicali della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani.

Alla presidenza è stato eletto Andrea Mandelli, presidente dell’Ordine di Milano, Lodi e Monza Brianza; alla vicepresidenza Luigi D’Ambrosio Lettieri, presidente dell’Ordine di Bari e Bat; alla segreteria Maurizio Pace, presidente dell’Ordine di Agrigento; Mario Giaccone, presidente dell’Ordine di

Torino, è stato designato come tesoriere. Si è così a conclusa la tornata elettorale per il rinnovo di Comitato centrale e del Collegio dei revisori dei conti per il triennio 2015-2017. Fanno quindi parte del Comitato centrale: Piero Maria Calcatelli, Franco Cantagalli, Andrea Carmagnini, Vitaliano Corapi, Luigi D’Ambrosio Lettieri, Ferdinando Foglia, Giovanni Gerosa, Mario Giaccone, Giacomo

Leopardi, Maximin Liebl, Andrea Mandelli, Maurizio Pace, Giovanni Zorgno. Il Collegio dei revisori dei conti comprende Antonino D’Alessandro, Lucio Pantano, Angela Pellacchi (presidente) e Andrea Giacomelli (membro supplente). Le elezioni del Comitato Centrale si sono svolte dal 11 a 12 aprile e hanno visto la conferma a stragrande maggioranza della lista della compagine uscente.

a cosmofarma, un premio per l’innovazione

I

n occasione di Cosmofarma 2015, Carepy, la mobile app ideata da una start up pugliese per visualizzare e organizzare le proprie terapie personali, si è aggiudicata il 1° Premio Innovazione ideato da Ims Health Italia, società ai vertici nell’offerta di servizi informativi e di soluzioni tecnologiche dedicate al mondo healthcare. Carepy, partendo dal farmacista che inserisce tramite scanner ottico i farmaci acquistati e le cure associate, consente a chiunque possegga uno smartphone di ricevere in automatico indicazioni specifiche su quando assume-

6

Professione Salute

aprile 2015

re i medicinali o farli assumere: si rivolge a tutti coloro che seguono terapie farmacologiche continue o a chi assume farmaci sporadicamente. La mobile app si è aggiudicata un assegno di 5.000 euro e la possibilità per la startup pugliese di lavorare un mese negli uffici di Ims Health Italia, occasione che permetterà al gruppo di lavoro di poter accedere alla banca dati della società. Alla base della scelta di premiare l’innovazione progettata da Carepy, l’obiettivo della app di creare un legame sempre più stretto tra farmacia e cliente. Carepy aiuta il farmacista a mante-

nere alto, e protratto nel tempo, il livello di fedeltà dei clienti grazie a un uso integrato di tecnologia “al banco” e tecnologia mobile. Sergio Liberatore, General Manager di Ims Health Italia ha spiegato che la tecnologia sta assumendo un ruolo sempre più importante nell’approccio del paziente alla salute: da qui è nata l’idea del Premio all’innovazione. Si è scelto di

premiare una start up che si è posta l’obiettivo di implementare il rapporto tra medico/paziente/farmacista attraverso la lettura strategica di dati.



attualità

jobs act

come assumere in farmacia Con forti sgravi contributivi e sanatorie la riforma del lavoro

Sergio Borriello

premia chi assume. Il «contratto a tutele crescenti» prevede, per i licenziamenti, un sistema di indennizzi. Così per il datore di lavoro è possibile prevedere con certezza i costi aziendali

N

on solo licenziamenti “facili”. Il Jobs Act approvato dal governo alla fine del 2014 fa ordine tra i contratti esistenti e sostituisce la cassa integrazione con un’indennità di disoccupazione. I contratti chiave scendono a due: tempo determinato e tempo indeterminato. La seconda categoria sana i collaboratori, consentendone l’assunzione «a tutele crescenti» nel tempo e garantendo ferie, malattia e accesso a indennità di disoccupazione. Niente più contratti atipici, a chiamata, a intermittenza, a progetto o collaborazione. Resta l’apprendistato. Tutto questo è appena partito grazie a decreti attuativi varati a febbraio, che scendono nel dettaglio delle forme contrattuali ma non di tutte: i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e a progetto attendono ancora un provvedimento, la cui bozza per il momento è al vaglio delle commissioni parlamentari. Le aziende che assumono “per sempre” disoccupati o inoccupati godranno di sgravi sul costo del lavoro. Gli sgravi, previsti dai decreti e da circolari Inps, riguardano anche i professionisti, come ci conferma il consulente del lavoro Paolo Barbaglia : «Arrivano esoneri contributivi trien-

8

Professione Salute

aprile 2015


attualità

nali e varranno per le assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori che nei sei mesi prima dell’assunzione non abbiano già svolto un lavoro a tempo indeterminato. Destinatari del beneficio sono i datori di lavoro “imprenditori” individuati dall’art. 2082 del codice civile e i datori di lavoro “non imprenditori” tra cui sono annoverati tutti gli studi professionali. L’esonero contributivo riguarda pure i rapporti a part-time, con l’eccezione dei contratti di apprendistato e di lavoro domestico. Non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento fruiti in base alla normativa vigente e dura tre anni dall’assunzione, che deve intercorrere tra l’1 gennaio 2015 e il 31 gennaio 2015. La soglia massima di esonero contributivo è pari a euro 8.060,00 annui riproporzionati al periodo di paga mensile, ovvero – in caso di rapporti di lavoro instaurati e/o risolti nel corso del mese – alla misura di euro 22,08 per ogni giorno di fruizione dell’esonero in questione». Sanatorie: le “false” partite Iva

Può essere assunto a tutele crescenti chi non ha un lavoro o chi ha un lavoro autonomo fittizio, ancorché organizzato e presta opera a titolo personale. Per sanare un contratto, quest’ultimo deve esserci, avere durata di oltre un anno, prevedere un compenso inferiore a 1.500 euro netti al mese e costituire almeno i tre quarti del reddito del lavoratore. «I datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato i propri co.co.co, co.co.pro e “false” partite Iva – riassume Barbaglia – beneficeranno dell’estinzione degli illeciti previsti in materia di obblighi contributivi assicurativi e fiscali derivanti da un’erronea qualificazione del rapporto pregresso se il lavoratore sottoscrive un atto di conciliazione, in sede sindacale o presso organi di certificazione, riferito a tutte le pretese riguardanti il pregresso. Per contro, il datore di lavoro potrà recedere dal rapporto instaurato da meno di un anno solo per giusta causa o giustificato motivo soggettivo. In alternativa al contratto a tempo indeterminato è possibile sottoscrivere contratti a termine “a causale”, di massimo 36 mesi, e su-

nuove regole sui licenziamenti: indennizzo fino a sei mensilità Sgravi sì, se si assume a tutele crescenti: ma vanno restituiti allo Stato se il licenziamento avviene prima dei tre anni da inizio rapporto. Con l’arrivo del Jobs Act restano dei meccanismi di tutela per il lavoratore, anche se sarà il tempo a dire quanto saranno efficaci. L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/70) che assicura il reintegro nei licenziamenti discriminatori resta per sei milioni di dipendenti di grandi aziende ma cesserà per tutti i neoassunti, in grandi e piccole aziende. Il neoassunto ha diritto al reintegro solo se licenziato per motivi di fede religiosa, razziale o politica. «Nelle imprese con meno di 15 dipendenti – spiega

Paolo Barbaglia – il Jobs Act prevede che nel contratto a tutele crescenti l’indennizzo per il licenziamento non superi il limite delle sei mensilità». In contemporanea il lavoratore licenziato avrà diritto dall’Inps a un’indennità di disoccupazione (Naspi), mentre la cassa integrazione resterà solo come ordinaria per temporanei cali di produzione o straordinaria per ristrutturazioni aziendali. La Naspi vale 24 mesi, che scendono a 18 dal 2017. L’ammontare non può eccedere i 1.300 euro ma dopo i primi quattro mesi di pagamento è ridotta del 3% al mese. L’erogazione è condizionata alla partecipazione a corsi di riqualificazione.

perare in presenza di specifici accordi aziendali la percentuale massima di utilizzo del 20% di questi contratti pagando una sanzione pecuniaria. Non è più prevista la conversione “forzata” del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato». E i contratti a progetto? «I contratti esistenti – dice Barbaglia – andranno trasformati in subordinati (termine o tutele crescenti). Si salvano le collaborazioni regolate da specifici accordi collettivi, quelle prestate da professionisti iscritti ad albi, i consiglieri e revisori delle società e i collaboratori di società dilettantistiche riconosciute dal Coni. In una certa misura c’è anche spazio per i contratti di apprendistato, ma chi li fa dovrà stabilizzare il 20% degli apprendisti già impiegati. L’apprendistato di primo livello coniuga la formazione effettuata in azienda con l’istruzione e la formazione professionale, il che permetterà di impiegare in qualsiasi settore ragazzi tra i 15 e i 25 anni, ma la parte formativa non potrà durare più di tre anni. La regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle Regioni. Si può quindi utilizzare il contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato a tutele crescenti che, come spiega Barbaglia «consente al datore di lavoro di contenere il costo del lavoro in virtù dell’esonero contributivo pluriennale e permette una più precisa e ponderata valutazione dei costi aziendali anche in caso di licenziamento». n aprile 2015

Professione Salute

9


ne parliamo con

Farmacie in crisi cause e possibili rimedi Dopo le difficoltà, anche occupazionali, che hanno investito il settore,

Intervista di Renato Torlaschi

l’equilibrio precario in cui si trovano le farmacie potrebbe essere messo ancor di più a dura prova dall’apertura alle società di capitali e dalla conseguente marginalizzazione della figura del farmacista

N

egli ultimi anni la professione del farmacista si è progressivamente trasformata, da un lato adeguandosi positivamente ai mutamenti sociali e culturali ma d’altra parte risentendo in modo forte e peculiare della crisi economica. Ad alcuni fattori comuni a tutto il mondo lavorativo e imprenditoriale italiano si aggiungono infatti alcune caratteristiche specifiche. Abbiamo chiesto ad Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), di tracciare un quadro del mercato farmaceutico attuale e delle trasformazioni che ci attendono. Presidente Mandelli, le farmacie stanno attraversando un periodo di difficoltà economica: quali sono le cause e quali i possibili rimedi? È evidente che tutti i fattori all’opera dall’inizio degli anni duemila stanno continuando a svolgere il loro effetto: i medicinali dell’assistenza territoriale, e non soltanto quelli, scendono per effetto della genericazione, tanto che i prezzi italiani sono a tal punto inferiori a quelli europei da incoraggiare l’esportazione parallela, con i risultati che vediamo in termini di carenze

Andrea Mandelli Presidente Fofi

10

Professione Salute

aprile 2015

nella rete italiana. Contemporaneamente vengono continuamente ridefiniti al ribasso i tetti di spesa farmaceutica. Dal 2009 questa è diminuita ogni anno, con un calo di oltre il 6% in termini reali nel 2012 e del 14% tra il 2008 e il 2012. Una discesa che è il frutto delle restrizioni operate dalle Regioni ma anche dai molti interventi normativi a livello nazionale sui margini dei distributori e delle farmacie. Eppure è evidente che un aumento a volumi è fisiologico, in particolare della territoriale, a causa dell’aumento dei malati cronici. Se non si tiene presente questo elemento, non si fa programmazione ma, inevitabilmente, un taglio lineare mascherato. Tutto questo ha determinato e determina una crescente difficoltà della rete delle farmacie di comunità che ha un effetto gravissimo quanto inedito per la professione, e cioè la crisi occupazionale. Anche se non abbiamo dati complessivi, quelli presentati dal Sose (Soluzioni per il sistema economico Spa, una Società per azioni costituita dal ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia) nel corso dell’ultimo convegno di FederfarmaCo, indicano in oltre quattromila le farmacie in equilibrio economico precario, e oltre quattrocento quelle prossime al


Intervista ad Andrea Mandelli

fallimento. Il principale rimedio sarebbe finalmente svincolare la remunerazione della dispensazione dal margine commerciale sul prezzo del medicinale, passando a quella remunerazione a prestazione che, stabilita per legge già dal governo Monti, è ancora disattesa. Poi si deve passare a introdurre concretamente il modello della farmacia dei servizi, le nuove prestazioni sanitarie del farmacista prevedendo ovviamente una loro remunerazione: è la strada imboccata ormai da tempo da paesi come la Gran Bretagna. Decreto liberalizzazioni: a che punto è e che cosa comporta per le farmacie? Intanto siamo passati da un decreto legge a un disegno di legge, quindi l’effettiva articolazione del provvedimento si consocerà al termine dell’iter parlamentare. Comunque, il dato di fondo è l’eliminazione del numero massimo di farmacie che possono essere detenute da un solo soggetto e l’apertura della titolarità alle società di capitali. Come abbiamo avuto modo di dire anche troppe volte, questa scelta conduce inevitabilmente a una serie di fenomeni negativi: aumentano le farmacie nelle aree economicamente ricche peggiorando il servizio nelle altre, si creano posizioni dominanti da parte dei soggetti economici più forti, e nemmeno si ottiene, se non nel brevissimo termine, la discesa del prezzo dei medicinali che il cittadino paga da sé. Per noi il servizio farmaceutico è innanzitutto un servizio al cittadino e non può essere considerato un “mercato” da aprire a soggetti economici forti che hanno visto inaridirsi, per effetto della crisi o per scelte imprenditoriali poco oculate, i loro settori tradizionali di attività. È poi surreale pensare che l’ingresso di un socio di capitali estraneo alla professione non abbia conseguenze sul rapporto tra il cittadino e il farmacista, un farmacista che si troverebbe a dover rispondere a chi vuole esclusivamente, e correttamente dal suo punto di vista, un ritorno sull’investimento.

Che cosa pensa della pronuncia sui farmaci di fascia C? Mi sembra la presa d’atto di una situazione che in pratica accomuna tutto l’Occidente industrializzato: i farmaci soggetti a prescrizione sono dispensati soltanto nelle farmacie che hanno un rapporto convenzionale con il Servizio sanitario. È vero che i farmacisti frenano le liberalizzazioni? Noi non freniamo le liberalizzazioni: molto più semplicemente vogliamo che le farmacie restino presidi sanitari, con una funzione rivolta alla tutela della salute e non diventi un “pezzo di mercato” retto esclusivamente dalle logiche di mercato. Soprattutto ora che sembra finalmente aprirsi la possibilità di una nuova farmacia in cui operano professionisti in grado di prendere in carico il paziente per gli aspetti di loro competenza – la pharmaceutical care - passare allo schema di un’attività meramente commerciale, come inevitabile, significa menomare l’assistenza sul territorio. Rivendichiamo la specificità del farmaco, che non è un bene di consumo come gli altri, e della farmacia che non è un esercizio commerciale. Dimenticare questi principi di fondo significa ridurre la persona che si rivolge al farmacista al ruolo di consumatore, che alla fine gode di diritti e benefici tutti riconducibili al prezzo. Non solo: un consumatore ha diritti soltanto nel momento in cui consuma – cioè acquista – qualcosa, mentre chi si rivolge a un farmacista libero di agire secondo scienza e coscienza, ha comunque il diritto a essere assistito, perché lo stabilisce la Costituzione e perché assistere è un dovere e un’aspirazione del professionista sanitario. n aprile 2015

Professione Salute

11



ECM

Corso ECM 2015 Modalità di Formazione a Distanza (FAD) riservato agli abbonati paganti*

L’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita Responsabile scientifico Prof.ssa Hellas Cena Medico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Università degli Studi di Pavia Programma del corso Il corso L’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita si prefigge di approfondire le patologie dell’apparato digerente ovvero i disturbi che possono interessare i vari organi che lo compongono, i quali hanno il compito di digerire e metabolizzare le sostanze nutritive introdotte attraverso l’alimentazione e di espellere, infine, ciò che ne rimane. Il corso è stato inoltre pensato e strutturato per evidenziare la stretta connessione esistente fra alimentazione, stile di vita e salute dell’apparato gastroenterico. Struttura del corso z Il reflusso gastroesofageo (Silvia Salvatore) z Il microbiota intestinale (Fabio Pace) z La malattia diverticolare del colon: miti ed evidenze (Giovanni Brandimarte) z Alimentazione e stile di vita nella celiachia (Mara Oliveri, Maria Luisa Fonte) z Malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Edoardo V. Savarino) Obiettivi del corso Il presente corso si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi: z l’obiettivo specifico di alimentare in modo continuo le conoscenze delle figure professionali che lavorano in ambito sanitario; i contenuti forniti potranno essere “trasferiti” all’utente finale, con ripercussioni in termini di “aumento di competenze” della comunità in cui si è chiamati ad agire; z l’obiettivo più generale di contribuire al mantenimento e rafforzamento del network comunicativo con le varie figure professionali in un percorso verso l’implementazione e lo sviluppo delle loro competenze individuali in ambito preventivo, che potrà avere importanti ripercussioni “a cascata” in termini di “guadagno di salute” di tutta la popolazione. Modalità di somministrazione del corso e accreditamente ECM

In ogni numero di Professione Salute a partire dal n. 1/2015 e per tutto il 2015 (gennaio-dicembre) sarà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di autovalutazione. A fine corso saranno disponibili online (www.fadmedica.it) tutti i moduli pubblicati sulla Rivista e sarà possibile, modulo per modulo, rispondere ai questionari di valutazione. L’erogazione dei crediti ECM, validi per l’anno 2015, avverrà al superamento di tutti i questionari. Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.

*Per informazioni: tel. 031.789085 e-mail: customerservice@griffineditore.it


ecm

Il

microbiota intestinale

un meta-organo indispensabile Introduzione

U

na delle più interessanti scoperte degli ultimi 15-20 anni di ricerca medica è quella dell’importanza che hanno le comunità di microbi presenti nel nostro organismo, sulla pelle e in varie cavità anatomiche (bocca, vagina, vie respiratorie, apparato digerente). In particolare, la flora (o microbiota) intestinale (MI) è stata definita come un meta-organo con cui l’ospite (homo sapiens) ha realizzato nel corso dell’evoluzione naturale un rapporto simbiotico sino al punto che alcune funzioni vitali sono demandate a esso e il nostro organismo si può definire come super-organismo, cioè un’integrazione dei due sistemi biologici, quello umano e quello microbiotico1. Il microbiota intestinale in effetti svolge una serie di

Fabio Pace

U.O.C. di Gastroenterologia, A. O. Bolognini, Seriate (Bg)

Marina Pace

Università degli studi di Milano

14

Professione Salute

aprile 2015

funzioni omeostatiche essenziali in almeno tre ambiti: la regolazione della funzione immunitaria, in particolare la sorveglianza verso i germi patogeni e la tolleranza verso gli altri; importanti funzioni metaboliche, nello specifico la produzione di vitamine e la regolazione dell’assorbimento e dell’immagazzinamento di energia2, e funzioni protettive dell’integrità della barriera intestinale. Inoltre, si cominciano a considerare importanti funzioni nella comunicazione tra intestino e cervello (brain-gut axis)3. Si può quindi facilmente comprendere come alterazioni nel MI, di tipo qualitativo o quantitativo, abbiano importanti ripercussioni sulla salute dell’uomo e possano rappresentare fattori scatenanti nell’insorgenza di varie patologie, non soltanto gastrointestinali ma anche e soprattutto sistemiche. Lo studio del MI e delle sue interazioni con l’ospite sta pertanto divenendo uno dei più importanti target per la ricerca biomedica.


l’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita

Figura 1 - Principali phyla del microbiota intestinale umano (da Chassard, 2013)5

Il binomio microbiota intestinale-uomo come super-organismo

Il microbiota intestinale (MI) costituisce una comunità complessa formata da circa 1.014 batteri, un numero circa 10 volte superiore e con un numero di geni all’incirca di 200 volte maggiore rispetto alle cellule del nostro corpo, e fortemente integrata con esso, tanto che si può effettivamente parlare di un super-organismo. In realtà, la comunità comprende anche altri micro-organismi, come i virus, i funghi, gli archea e altri organismi unicellulari eucariotici, il cui ruolo però è meno chiaro rispetto ai batteri. Come già ricordato, comunità microbiche sono presenti anche in altri distretti dell’organismo, anche se nel tratto gastrointestinale vi è la comunità maggiore, circa il 70% di tutti i batteri presenti nel nostro corpo. Il nostro intestino presenta una superficie molto ampia, di dimensione analoga a quella di un campo da tennis (circa 200 m2), adatta a una colonizzazione batterica massiva, a sua volta faci-

litata dalla presenza di molecole che possono essere utilizzate dai microbi ma non dal nostro metabolismo. Alla nascita il nostro intestino è sterile, ma rapidamente viene colonizzato da specie la cui composizione dipende dal tipo di parto (vaginale o cesareo), dal tipo di allattamento (materno o artificiale) e dal tipo di alimentazione introdotta con lo svezzamento4. La maggior parte di questi batteri, che oggi vengono stimati in circa 1.000 specie diverse, è costituita da anaerobi obbligati (che possono cioè svilupparsi solo in assenza di ossigeno), il che spiega perché solo in piccola parte i batteri intestinali siano identificabili mediante cultura del materiale fecale. I principali “esponenti” (o phyla) del nostro microbiota intestinale sono solo due: Bacteroidetes (Gram-negativi) e Firmicutes (Gram-positivi); i restanti phyla (Proteobatteri, Verrucomicrobi, Fusobatteri, Attinobatteri e Cianobatteri) costituiscono una minoranza (fig. 1)5. Il principale phylum è comunque rappresentato dai Firmicutes, che comprende 200 generi diversi, come i Lattobacili, i Mycoplasma, i Bacilli, e i Clostridi. Nell’adulto, circa il 6070% del microbiota intestinale è formato dai Firmicutes e il 20-30% dai Bacteroidetes. Esiste un gradiente di concentrazione tra il tratto prossimale (iniziale) del nostro apparato digerente e il tratto distale (terminale): mentre nel colon vi sono circa 1012 batteri, nel duodeno si scende a circa 103, e ancor meno nello stomaco (circa 101) che un tempo, prima della scoperta dell’Helicobacter pylori era addirittura ritenuto sterile. Inoltre, ogni persona adulaprile 2015

Professione Salute

15


ecm

ta presenta un particolare MI piuttosto stabile nel tempo, anche se l’uso di antibiotici, la variazione della dieta o esposizioni ambientali possono modificare transitoriamente la sua composizione. Con l’invecchiamento e/o con l’insorgere di malattie croniche, sembra che la biodiversità del MI si riduca. È probabile che l’individualità del nostro MI, paragonabile a quella delle impronte digitali, sia fortemente influenzata dalla genetica del soggetto, sia direttamente (tolleranza immune) che indirettamente (metabolismo). Le moderne interpretazioni circa il ruolo del MI sono in linea con le teorie evoluzionistiche: c’è stata cioè una selezione naturale di specie e di ceppi il cui effetto finale era di vantaggio per l’organismo ospite (cioè l’uomo) ma anche per quella particolare specie batterica (sinergia). Come si è ricordato nell’introduzione, le funzioni principali del MI sono: di intervenire nella immuno-modulazione, cioè nello sviluppo del sistema immune e in particolare di quello mucosale inte16

Professione Salute

aprile 2015

stinale, permettendo la tolleranza delle specie “amiche” e la sorveglianza verso quelle “nemiche”; di proteggere in vario modo la barriera intestinale dall’invasione di patogeni, sia per competizione verso i siti di penetrazione e le fonti nutrizionali, sia per produzione diretta di sostanze nocive verso i patogeni (batteriocine), veri antibiotici naturali; di intervenire nella produzione di sostanze indispensabili alla vita (alcune vitamine, in particolare la K) e in molteplici processi metabolici, che vanno dal metabolismo di farmaci, tossine e altre sostanze xenobiotiche, alla sintesi di sostanze nutritive come gli acidi grassi a catena corta. Infine, il metabolismo energetico è fortemente influenzato dal MI: si è visto infatti che animali privi di MI (cosiddetti animali germ-free) richiedono un introito calorico maggiore rispetto agli animali non germ-free per mantenere il proprio peso corporeo. I meccanismi con cui ciò si realizza sono essenzialmente due: estrazione di calorie addizionali da oligo o polisacca-

ridi altrimenti non digeribili per quell’animale o promozione dell’assorbimento e dell’utilizzazione di sostanze nutritive attraverso la modulazione della capacità di assorbimento dell’epitelio intestinale e del metabolismo finale di quelle sostanze. È chiaro pertanto che una modificazione patologica nell’equilibrio del MI (cosiddetta disbiosi) ha varie conseguenze, tra le quali ricordiamo, in ambito gastroenterologico, le malattie croniche infiammatorie intestinali, la sindrome dell’intestino irritabile, la steatosi epatica e, in ambito extra-gastroenterologico, il diabete di tipo 2, l’arteriosclerosi, varie forme di allergie, forse l’autismo e altre patologie psichiatriche, e inoltre l’incremento del peso corporeo fino all’obesità patologica. Le nostre conoscenze sulla fisiologia del MI e sulle conseguenze per la salute legate a sue modificazioni hanno subito un grande impulso con lo sviluppo di tecniche di analisi microbiologiche non più dipendenti dalla coltura.


l’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita

Infatti, la maggior parte delle specie microbiche è di tipo anaerobio obbligato e non sopravvive a contatto con l’ossigeno. Le nuove tecniche si sono basate sulla ricerca dei differenti geni prodotti dal MI, cioè tecniche di metagenomica. Se alla fine del secondo millennio è stato possibile decifrare il genoma umano, che consta di circa 2.500 geni, in pochi anni è stato possibile arrivare alla descrizione del nostro altro genoma (o metagenoma), che conta di oltre 3.000.000 di geni6. Oltre alla metagenomica (che ci dice chi c’è nel nostro intestino) si sono rivelati essenziali gli studi di metabolomica (che ci dice cosa producono i batteri nel nostro intestino), di meta-proteomica (descrizione delle proteine prodotte) e infine di meta-trascriptomica, che analizza la tipologia di RNA batterica prodotta e quindi permette di correlare meglio struttura, funzione e tipologia di una comunità batterica. Una dettagliata descrizione dei metodi usati nell’analisi meta-genomica trascende gli scopi di questo articolo; tuttavia va ricordato che sia negli Stati Uniti (Human Microbiome Project) che in Europa (Meta-HIT) sono stati creati grandi consorzi di ricerca per coordinare gli ingenti sforzi umani ed economici necessari a esplorare la composizione del MI umano, anche dal punto di vista dinamico. Ciò ha permesso per esempio di esaminare le modificazioni legate alle varie fasi della vita, in particolare nei primissimi giorni. Il MI del neo-

nato, ad esempio, è costituito prevalentemente da batteri aerobi e come si è detto è fortemente influenzato dal tipo di parto e dal tipo di allattamento, nonché dall’eventuale uso di antibiotici, per modificarsi rapidamente verso una prevalente composizione anaerobica entro poche settimane7. Nell’adulto, come si è ricordato, esiste un core microbiotico piuttosto stabile8, riconducibile sostanzialmente a tre diversi e robusti cluster, definiti enterotipi, verosimilmente determinati dalla tipologia nutrizionale dominante: i tre enterotipi sono quello dominato dai Bacteroides, quello dominato dalla Prevotella e infine quello dominato dal Ruminococcus (fig. 2)9. L’aspetto interessante è che, nonostante il profilo microbiotico individuale sia unico, tutti gli esseri umani condividono un pattern comune di MI in cui il particolare enterotipo di ciascuno probabilmente è in grado di influenzare la risposta alla dieta o a terapie farmacologiche. Con l’avanzare dell’età e il declino della funzione immune si assiste a un incremento di anaerobi facoltativi, incremento dei Firmicutes a danno dei Bacteroidetes e un’importante riduzione dei Bifidobatteri; nell’età avanzata sembra che la diversità microbica si riduca e la composizione microbica sia fortemente influenzata soprattutto da fattori dietetici e a sua volta assuma un importante ruolo pro-infiammatorio (cosiddetto processo di inflamm-ageing).

Figura 2 - Il microbiota intestinale umano presenta tre diversi enterotopi (da Arumugam, 2011)9

Alterazioni del microbiota e disturbi gastrointestinali

Si è già visto nel paragrafo introduttivo che le tre principali funzioni del microbiota sono sostanzialmente protettive, metaboliche e trofiche. L’equilibrio tra il MI e il suo ospite è frutto di una lentissima evoluzione e può essere vista in termini di reciproco vantaggio (simbiosi) atto a mantenere nell’ospite una situazione di omeostasi immunologica e metabolica10. Un’alterazione di tale omeostasi (disbiosi), ad esempio a causa di trattamenti antibiotici, può portare a varie conseguenze: la più estrema è la colonizzazione da parte di enteropatogeni opportunistici, come il Clostridium difficile, un’infezione che può portare anche alla morte. Più banalmente ma frequentemente si osservano patologie gastrointestinali quali la diarrea acuta, la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), probabilmente condizioni di crescita batterica nel piccolo intestino (SIBO). Altre patologie per cui sembra accertato un ruolo della disbiosi, almeno come cofattore, sono le patologie infiammatorie croniche intestinali (IBD), la steatosi epatica, l’obesità e forse anche il cancro colo-rettale. La ricerca di un ruolo patogenetico di perturbazioni del microbiota in queste patologie è ancora allo stato iniziale, ma è assai promettente immaginare che manipolazioni del microbiota, ad esempio mediante l’uso di probiotici o prebiotici (o entrambi) possa portare a importanti progressi nella terapia. Qui di seguito si illustrano più in dettaglio ii dati riguardanti l’IBS e le IBD. La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) Si tratta di una sindrome caratterizzata da dolore o fastidio addominale associato a modificazioni dell’alvo, in assenza di alterazioni organiche11. Verosimilmente i meccanismi patogenetici sono molteplici: una modificazione del microbiota è ipotizzabile sulla base di varie osservazioni. Anzitutto il dato di una aprile 2015

Professione Salute

17


ecm

dimostrata riduzione relativa di lattobacilli e bifidobatteri con un aumento di enterobatteri, coliformi e bacteroides12 in un gruppo di pazienti con IBS vs controlli sani; poi, il fatto che in almeno un terzo dei pazienti con IBS vi è un episodio anamnestico di gastroenterite infettiva, dopo il quale è esordita la sintomatologia (cosiddetto IBS post-infettivo); e infine, il fatto che un notevole numero di pazienti con IBS presenti uno stato di SIBO (small intestinal bacterial overgrowth)13. Altre ipotesi propendono per un’alterazione della permeabilità intestinale, sia nell’ileo che nel colon14,15, che può portare a un’infiammazione di basso grado della parete, con produzione di citochine infiammatorie, a sua volta in grado di interferire con la funzione motoria, secretiva e sulla percezione viscerale (fig. 3)16. Ulteriori dati a favore di un importante ruolo svolto dall’interazione MI-ospite nei pazienti con IBS proviene dai molti studi controllati che hanno evidenziato un’azione terapeutica favorevole (almeno rispetto al placebo) da parte dei probiotici/prebiotici in questa patologia17. Le patologie infiammatorie croniche intestinali (IBD) Le IBD (Inflammatory Bowel Diseases) comprendono la malattia di Crohn (MC), la colite ulcerosa (CU) e la pouchite (cioè l’infiammazione della pouch nei pazienti sottoposti a proctoclectomia totale continente) e sono ritenute legate a un’alterazione genetica della sorveglianza immunologica (in particolare innata) o ad alterazioni della permeabilità della barriera intestinale, con un’eccessiva stimolazione da parte di antigeni microbici18. La suscettibilità alle IBD è infatti associata a un polimorfismo nei geni coinvolti al riconoscimento dei batteri (cosiddetti NOD2 e TLR4)19,20. Inoltre, l’esposizione precoce ad antibiotici che come è noto determina una riduzione della diversità batterica, costituisce un fattore di rischio per la malattia di Crohn21. 18

Professione Salute

aprile 2015

Figura 3 - Batteri intestinali e IBS. In soggetti geneticamente predisposti può innescarsi una cascata infiammatoria come conseguenza di una noxa ambientale, ad esempio una gastroenterite acuta infettiva, che danneggia la permeabilità intestinale, con una risposta Th2 indotta dalla penetrazione di antigeni batterici nell’epitelio. I recettori Toll-like (TLR) sui mastociti possono interagire direttamente con microbi patogeni. Ciò comporta un accumulo di mastociti nella lamina propria, con rilascio di istamina (che interagisce con i recettori H1- H4), di proteasi (recettori PAR 1) e forse anche di serotonina (recettori 5HT3 e 5HT4). Attraverso l’attivazione di tali recettori si ha un’eccitazione neuronale e contrazione del muscolo liscio, con produzione di dolore addominale, risposte riflesse anomale addomino-intestinali, attivazione della peristalsi con diarrea (o stipsi) e meteorismo, quest’ultimo potenziato dalla fermentazione batterica e produzione di gas intestinali. Vi è infine un rilascio di citochine infiammatorie nella circolazione sistemica con produzione di sintomi extra-intestinali (da Walker, 2011)16


l’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita

Alcuni autori hanno ipotizzato che almeno in un sottogruppo di pazienti con CU e MC presentino alterazioni specifiche del MI22. Nel caso della MC si è visto che è significativamente presente un deficit del batterio antiinfiammatorio Faecalibacterium Prausnitzii23 e un’abbondanza relativa di Enterococcus faecium e protobacteri. Nella Uc l’emergenza della famiglia batterica delle Enterobacteriaceae può interagire con un microbiota alterato, aumentando il rischio di malattia23. Ci sono relativamente pochi studi condotti in vivo che documentino un’azione favorevole dei probiotici nelle IBD, dai risultati peraltro contrastanti. I meccanismi ipotizzati alla base di un effetto favorevole dei probiotici sono la produzione di batteriocine (antibiotici naturali prodotti dai batteri) potenzialmente in grado di antagonizzare i ceppi pro-infiammatori permettendo un aumento consensuale degli antiinfiammatori (in particolare il Faecalibacterium prausnitzii), il miglioramento della funzione di barriera attraverso un’aumentata produzione di SCFA (short chain fatty acids, acidi grassi a catena corta,) in particolare il butirrato, che ha una notevole funzione trofica verso i colonociti, l’attivazione di linfociti T regolatori, in grado di avere un effetto di down-regulation infiammatoria. Le due aree terapeutiche dove si sono avuti i migliori successi sono la terapia di mantenimento della colite ulcerosa, in cui la terapia con E. coli Nissle 1917 consente risultati analoghi all’uso di mesalazina24 e la terapia della pouchite, dove la terapia con una miscela di otto probiotici consente una guarigione in una percentuale anche dell’80% dei casi25. Influenze nutrizionali del microbiota intestinale e possibili patologie

Importanti studi recenti, che provengono per lo più dal gruppo di ricerca del dottor Jeffrey I. Gordon della Washington University, hanno studiato a fondo le relazioni tra MI e obesità. Tali studi hanno dimostrato che in soggetti obesi si verifica una sostanziale modificazione della composizione e delle funzioni metaboli-

che del MI che comportano non soltanto una maggiore estrazione di energia dalla dieta da parte del microbiota “obeso”, ma anche un’interazione con i meccanismi di spesa energetica e di immagazzinamento delle calorie da parte dell’organismo ospite. L’esperimento che ha dato il via a moltissime ricerche successive è stato compiuto su topi germ-free, sottoposti a trapianto di flora batterica proveniente da topi normali (cosiddetta convenzionalizzazione): tali animali, pur consumando una identica quantità di cibo rispetto ai non convenzionalizzati diventavano rapidamente obesi, con uno sviluppo di grasso corporeo del 42% superiore ai topi rimasti germ-free. Il nuovo MI determinava in particolare l’aumento dell’assorbimento di monosaccaridi dall’intestino e “istruiva” il metabolismo dell’animale ad aumentare la produzione epatica di trigliceridi, con un contemporaneo aumento della resistenza all’insulina, meccanismi che portano alla steatosi epatica e alla sindrome metabolica. Queste modificazioni metaboliche principalmente erano determinate dall’effetto sul FIAF, sulla AMPK e sui polisaccaridi vegetali complessi (vedi oltre). Si è osservato infatti che la convenzionalizzazione determina la soppressione dell’espressione intestinale di FIAF (Fasting-induced adipose factor), un inibitore circolante della lipoprotein-lipasi (LPL) prodotta non soltanto dall’intestino ma anche dal fegato e dal tessuto adiposo. A sua volta, l’incremento dell’attività della LPL adipocitaria determina un aumento della captazione cellulare di acidi grassi e di accumulo di trigliceridi negli adipociti. Un secondo meccanismo metabolico che associa il microbiota all’obesità riguarda l’azione su un enzima, la AMPK (protein-chinasi attivata dall’adenosin-monofosfato), che serve a monitorizzare lo status energetico cellulare. Nei topi germ-free, che come si è detto rimangono sempre magri, il livello di AMPK nel muscolo e nel fegato è sempre elevato e ciò stimola l’ossidazione degli acidi grassi nei tessuti periferici, determinando un basso livello di glico-

geno epatico e un incremento della sensibilità insulinica. Nei topi convenzionalizzati, l’arrivo del MI determina la soppressione dell’ossidazione degli acidi grassi nei tessuti periferici attraverso una via metabolica che riguarda la fosforilazione dell’AMPK. Il terzo meccanismo riguarda la capacità del MI di produrre in abbondanza quegli enzimi, le idrolasi glicosidiche (praticamente assenti nell’uomo e in molti animali), che consentono di metabolizzare i complessi polisaccaridi vegetali o glicani. Il MI presenta un ampissimo arsenale di tali enzimi che permettono di trasformare tali polisaccaridi complessi in monosaccaridi e acidi grassi a catena corta (SCFA), e in particolare acetato, propinato e butirrato, che costituiscono un’importante fonte energetica per il nostro organismo e in particolare per le cellule epiteliali intestinali. I vari meccanismi (FIAF, AMPK, SCFA e aumento della permeabilità intestinale) sopra descritti sono rappresentati graficamente in figura 4; l’insieme di questi meccanismi consente di capire come il MI e i suoi prodotti metabolici abbiano un notevole impatto sulla spesa energetica o l’immagazzinamento tessutale di energia dell’ospite. Tipologia di microbiota intestinale associata all’obesità

Già nel 2005 Ley e colleghi26 dimostrarono che una modificazione nell’ecologia microbica intestinale rappresenta un importante fattore nell’omeostasi energetica; questi autori hanno analizzato la flora batterica intestinale presente in tre gruppi di topi: a) topi geneticamente obesi perché privi dell’ormone leptina, l’ormone che regola il senso di sazietà, cosiddetti topi ob/ob; b) topi magri ob/+ e; c) topi normali (wild type) alimentati tutti allo stesso modo. L’analisi genetica della flora batterica permise di dimostrare che i primi topi (obesi ob/ob) presentavano una riduzione di circa il 50% di Bacteroidetes e un incremento proporzionale dei Firmicutes rispetto agli altri due gruppi di animali. Dati simili sono stati inizialmente riscontrati anche in stuaprile 2015

Professione Salute

19


ecm

Figura 4 - La disbiosi del microbiota intestinale può portare all’obesità attraverso svariati meccanismi (da Sanchez, 2014)47

di condotti sull’uomo, sempre dallo stesso gruppo. Sia i topi ob/ob che i soggetti obesi presentavano un aumento del rapporto Firmicutes/Bacteroidetes, che determina un MI capace di una maggiore estrazione di calorie dalla dieta rendendo gli ospiti obesi pur in presenza di un introito alimentare non diverso dai magri. Osservazione ulteriore, particolarmente interessante, è che, almeno negli animali, tale fenotipo può essere trasmesso colonizzando mediante trapianto fecale i topi normopeso con un microbiota “obeso”27. In coerenza con tali osservazioni è poi l’evidenza documentata anche nell’uomo che l’adozione di una dieta obesogena per elevato tenore di grassi e carenza di fibre (tipica dieta occidentale) determina un incremento dei Firmicutes (in particolare del tipo Mollicutes) e che quando si ricorre a diete dimagranti efficaci si riesce a ridurre la percentuale di Firmicutes28. Esiste quindi non soltanto una tipologia di MI che predispone all’obesità, ma anche un importante “interplay” tra dieta e MI. L’interazione tra dieta, microbiota intestinale e obesità è esaminata più in dettaglio in un paragrafo successivo. 20

Professione Salute

aprile 2015

Meccanismi pro-infiammatori che stimolano l’obesità

Negli ultimi 10 anni si sono accumulati molti dati che indicano come l’infiammazione sistemica, epatica o nel tessuto adiposo, costituisca un meccanismo cruciale di insulino-resistenza, una situazione patologica associata all’obesità e al diabete di tipo 229; queste ultime due patologie, insieme alla sindrome metabolica, sono in effetti caratterizzate da uno stato infiammatorio di basso-grado (cosiddetta infiammazione metabolica) e dalla insulino-resistenza periferica30. È assai probabile che il MI svolga un ruolo importante anche nell’indurre/mantenere questo stato di infiammazione sistemica di bassa intensità; ad esempio, è stato dimostrato che alterazioni geneticamente indotte dell’immunità innata possano creare un’alterazione microbica intestinale che a sua volta comporta obesità. Si tratta in particolare di alterazioni a livello del recettore Toll-like 5 (TLR5), una proteina espressa a livello dell’epitelio intestinale e che riconosce le flagelline batteriche (uno dei meccanismi della sorveglianza del nostro intestino verso

i batteri patogeni). Topi geneticamente privi di TLR5 presentano un’alterazione del MI che porta a uno stato di infiammazione sistemica “low grade”31, associato a un aumento del peso di circa il 20% rispetto ai corrispettivi topi normali, oltre che insulino-resistenza e sindrome metabolica. Tale fenotipo alterato di MI inoltre si modifica ulteriormente in senso peggiorativo sottoponendo i topi a una dieta a elevato tenore di grassi, mentre una terapia antibiotica protratta per tre mesi è in grado di abolire la sindrome metabolica. Anche in questo caso, la convenzionalizzazione di topi germ-free col MI di topi knockout per (geneticamente privi di) TLR5 induce nei riceventi la comparsa di sindrome metabolica. Altri studi che mettono in relazione obesità e infiammazione sono stati condotti sul Tolllike receptor 4 e sul suo ligando, il lipopolisaccaride batterico (Lps), una molecola molto importante nell’indurre infiammazione. Cani32 ha dimostrato che l’Lps batterico (una componente della parete dei batteri Gram negativi), detto anche endotossina, agisce come un importante fattore di stimolo infiam-


l’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita

matorio, in particolare dopo pasti ricchi di grassi, portando allo stato di infiammazione sistemica low-grade e alla sindrome metabolica. Iniettando direttamente l’Lps in topi si determinava un incremento di peso e di insulino-resistenza senza modificare l’introito energetico; pertanto, alterazioni del TLR4 che comportino un aumento del Lps plasmatico, di derivazione intestinale, possono determinare obesità. D’altra parte, come si ricordava in precedenza, diete ad alto tenore di grassi modificano la composizione del MI, in particolare per un effetto di riduzione dei Bifidobatteri, un gruppo di batteri che riducono la produzione intestinale di Lps e migliorano la funzione intestinale di barriera33; infine diete “occidentali” hanno dimostrato di essere in grado di indurre un’aumentata espressione di TLR4, di aumentare l’infiammazione intestinale (ileale), di alterare le giunzioni strette intercellulari e, come si è già detto, di aumentare i livelli di Lps34. Va detto che tutti questi meccanismi pro-infiammatori in gra-

do di determinare obesità/sindrome metabolica, ben descritti nell’animale da esperimento, sono solo in una fase di verifica ancora preliminare circa il loro ruolo anche nell’uomo. I dati disponibili tuttavia35 hanno dimostrato che, confrontando la ricchezza genica del MI in due gruppi di soggetti (obesi vs non obesi), gli obesi presentano in media una riduzione di tale ricchezza genica (cioè una riduzione della diversità di specie microbiche intestinali), e questo si associa a una maggiore frequenza di insulino-resistenza, dislipidemia e in generale a una maggiore tendenza al fenotipo infiammatorio. Lo stesso gruppo di ricercatori ha peraltro messo in evidenza che quando si sottopongono a dieta dimagrante per sei settimane gli obesi, si ottiene un effetto positivo sulla riduzione del peso corporeo e sul recupero della ricchezza genica (diversità microbica) solo nei soggetti che presentavano in partenza una bassa ricchezza genica36. La dieta di per sé influenza enormemente la tipologia di microbiota intestinale, come dimo-

strano due recenti studi. Nel primo, Wu e colleghi37 hanno correlato in 98 soggetti adulti il tipo di dieta abitualmente consumata con l’enterotipo e hanno dimostrato che una alimentazione ricca di proteine animali e di grassi saturi (tipica dieta occidentale) favorisce lo sviluppo di un enterotipo stabile, ricco di Bacteroides. Di contro, una dieta più ricca di fibre, e quindi di carboidrati e povera di grassi saturi (tipica dieta mediterranea) favorisce lo sviluppo di un enterotipo ricco di Prevotella. Queste osservazioni sono in completo accordo con un secondo studio, seminale, condotto da De Filippo e colleghi38 su bambini europei (Firenze) o bambini di un piccolo villaggio rurale nel Burkina Fasu, abituati rispettivamente a una dieta ricca di proteine animali e grassi saturi o ricca in carboidrati complessi e povera di proteine animali; anche in questo studio la dieta occidentale favorisce lo sviluppo di un microbiota ricco di Bacteroides e quella rurale di un enterotipo dominato dalla Prevotella (fig. 5). Prospettive future

Ai tempi dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori la capacità di estrarre energia da ogni tipo di alimento e di immagazzinarla nel tessuto adiposo rappresentava certamente una caratteristica evolutiva favorevole, data la relativa scarsità di nutrimento. Nel mondo contemporaneo, la grande disponibilità di cibo, relativamente poco costoso e ricco di calorie, che caratterizza quanto meno il mondo occidentale, diviene uno svantaggio e lo stato di obesità/ sovrappeso costituisce un importante fattore di rischio per una moltitudine di disturbi metabolici, dalla dislipidemia alla steatosi, ipertensione, diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari. Al tempo stesso, molti pazienti obesi incontrano grande difficoltà nel modificare stabilmente la propria dieta o i propri comportamenti alimentari per tenere sotto controllo il peso. Da più di un decennio vari dati sugli animali e alcune ricerche cliniche sull’uomo hanno iniziato a indicare che l’eccessivo accumulo di grasso può essere causato non soltanto, baaprile 2015

Professione Salute

21


ecm

nalmente, da uno squilibrio nel bilancio energetico (maggiore introito calorico o riduzione dell’attività fisica) ma anche da fattori microbiologici che riguardano la composizione e l’attività metabolica del microbiota intestinale. Sembra ormai assodato, o quanto meno plausibile biologicamente, che un microbiota alterato nel senso pro-obesità può svolgere un ruolo fisiopatologico rilevante nel metabolismo energetico umano, ad esempio attraverso un incremento dell’estrazione di calorie da alimenti sostanzialmente neutri per homo sapiens, grazie al proprio ricchissimo patrimonio enzimatico riferibile al metabolismo di carboidrati complessi39 o attraverso molti altri meccanismi che sono stati descritti nel paragrafo relativo. È ancora incerto, e anche i nostri studi non hanno permesso di creare un identikit del microbiota “obeso”, se questo implichi una variazione a livello di phylum, di genere o di specie, ma in ogni caso sappiamo con sicurezza che l’obesità è sinonimo di un microbiota meno ricco, meno diverso, e probabilmente più pro-infiammatorio. Sappiamo inoltre che diete ricche di grassi e di proteine animali modificano stabilmente il nostro microbiota e lo rendono funzionale all’aumento di peso. Tutto ciò apre le porte a sforzi della ricerca biomedica rivolti a ipotizzare nuove strategie di trattamento dell’obesità che consentano riduzioni di introito energetico, di assorbimento calorico e di immagazzinamento dell’energia basate sulla manipolazione del microbiota, per riportarlo a una tipologia normale, sana. Si tratta, come è evidente, di target di enorme importanza socio-economica, di cui non è facile prevedere i prossimi sviluppi. È intuitivo che il primo step potrebbe essere quello di utilizzare diete o integratori in grado di manipolare specifiche specie batteriche intestinali40. Da questo punto di vista, i pre/probiotici rappresentano gli strumenti più interessanti anche se fino ad ora le evidenze favorevoli sono limitate. Tuttavia, è noto da moltissimo tempo che in agricoltura già da molti anni sono 22

Professione Salute

aprile 2015

utilizzati, e con successo, trattamenti antibiotici o probiotici con lo scopo contrario, ossia quello di fare aumentare il peso corporeo agli animali da allevamento41, attraverso proprio una modificazione del microbiota in senso pro-obesità. I dati sull’uomo al momento disponibili sono solo pochi trial clinici che indicano come alcuni probiotici possono effettivamente contribuire al trattamento dell’obesità o della steatosi epatica42,43,44. Tuttavia, dati italiani molto recenti, relativi a uno studio controllato condotto su una popolazione pediatrica, hanno dimostrato una consistente sinergia tra l’uso di una miscela di probiotici e un programma di attività fisico/ dietetico nel ridurre addirittura la fibrosi epatica biopticamente documentata, in bambini obesi con steatoepatite non alcolica45. Inoltre, l’enorme successo del trapianto fecale46 nel trattamento della colite pseudomembranosa, una condizione assai grave e potenzialmente mortale legata all’uso di antibiotici, e che rappresenta il paradigma della disbiosi con l’emergenza di ceppi resistenti di Clostridium difficile, apre di fatto una nuova era in medicina, in cui sarà forse possibile trattare malattie metaboliche (obesità, diabete) con il trapianto di un microbiota intestinale sano. n Bibliografia

Backhed F, Ley ER, Sonnenburg JL, Peterson DA, Gordon JL (2005). Host-Bacterial Mutualism in the Human Intestine. Science 307;191520. 2. Backhed F, Ding H, Wang T, et al (2004). The gut microbiota as an environmental factor that regulates fat storage. Proc Natl Acad Sci USA 101:15718–15723. 1.

Figura 5 - Utilizzando l’analisi mediante sequenziazione genica del frammento 16S dell’RNA ribosomiale è possibile osservare come le due popolazioni di bambini studiati: in alto (A) bambini del Burkina Fasu (BF) e in basso (B) di Firenze (EU) presentino un microbiota totalmente diverso. Nel primo gruppo predomina un enterotipo ricco di Bacteroides, nel secondo gruppo di Firmicutes (da De Filippo, 2010)38


l’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita

Sekirov I, Russell SL, Antunes LCM, Finlay BB (2010). Gut Microbiota in Health and Disease. Physiol Rev 90: 859–904. 4. Zoetendal EG, Vaughan EE, de Vos WM (2006). A microbial world within us. Mol. Microbiol. 59, 1639–1650. 5. Chassard C, Lacroix C. (2013) Carbohydrates and the human gut microbiota. Curr Opin Clin Nutr Metab Care 16:453-60. 6. Zhao L (2010). Genomics: the tale of our other genome. Nature 465;879-80. 7. Nicholson JK, Holmes E, Kinross J et al (2012). Host-gut microbiota metabolic interactions. Science 336: 1262–7. 8. Tap J, Mondot S, Levenez F et al (2009). Towards the human intestinal microbiota phylogenetic core. Environ Microbiol 11: 2574–84. 9. Arumugam M, Raes J, Pelletier E et al (2011). Enterotypes of the human gut microbiome. Nature 473: 174–80. 10. Ley R E, Peterson D A, Gordon J I (2006). Ecological and evolutionary forces shaping microbial diversity in the human intestine. Cell 124; 837–848. 11. Mertz HR (2003). Irritable bowel syndrome. N Engl J Med. 349:2136-46. 12. Rajilic-Stojanovic M, Biagi E, Heilig HG et al (2011). Global and deep molecular analysis of microbiota signatures in fecal samples from patients with irritable bowel syndrome. Gastroenterology 141: 1792–801. 13. Spiegel BM (2011). Questioning the bacterial overgrowth hypothesis of irritable bowel syndrome: an epidemiologic and evolutionary perspective. Clin Gastroenterol Hepatol 9:461. 14. Dunlop SP, Hebden J, Campbell E, et al (2006). Abnormal intestinal permeability in subgroups of diarrhea-predominant irritable bowel syndromes. Am J Gastroenterol 101:1295–4. 15. Piche T, Barbara G, Aubert P, et al (2009). Impaired intestinal barrier integrity in the colon of patients with irritable bowel syndrome: involvement of soluble mediators. Gut 58:196–201. 3.

Walker MM, Warwick A, Ung C, Talley NJ (2011). The role of eosinophils and mast cells in intestinal functional disease. Curr Gastroenterol Rep 13:323–330. 17. Ford AC, Moayyedi P, Lacy BE et al (2014). Efficacy of prebiotics, probiotics, and synbiotics in irritable bowel syndrome and chronic idiopathic constipation: systematic review and metaanalysis. Am J Gastroenterol 109:1547–1561. 18. Sartor RB (2008). Microbial influences in inflammatory bowel diseases. Gastroenterology 134: 577–94. 19. Ogura Y, Bonen DK, Inohara N et al (2001). A frameshift mutation in NOD2 associated with susceptibility to Crohn’s disease. Nature 411:603–6. 20. Franchimont D, Vermeire S, El Housni H et al (2004). Deficient host-bacteria interactions in inflammatory bowel disease? The toll-like receptor (TLR)-4 Asp299gly polymorphism is associated with Crohn’s disease and ulcerative colitis. Gut 53: 987– 92. 21. Hviid A, Svanstrom H, Frisch M (2011). Antibiotic use and inflammatory bowel diseases in childhood. Gut 60: 49–54. 22. Frank DN, St Amand AL, Feldman RA, et al (2007). Molecular-phylogenetic characterization of microbial community imbalances in human inflammatory bowel diseases. Proc Natl Acad Sc U S A 104: 13780–5. 23. Sokol H, Pigneur B, Watterlot L et al (2008). Faecalibacterium prausnitzii is an anti-inflammatory commensal bacterium identified by gut microbiota analysis of Crohn disease patients. Proc Natl Acad Sci USA 105: 16731–6. 24. Kruis W, Friec P, Pokrotnieks J et al (2004). Maintaining remission of ulcerative colitis with the probiotic Escherichia coli Nissle 1917 is as effective as with standard mesalazine. Gut 53:1617–1623. 25. Gionchetti P, Rizzello F, Helwig U et al (2003). Prophylaxis of pouchitis onset with probiotic therapy: a double-blind, placebo controlled trial. Gastroenterology 124:1202– 1209. 26. Ley RE, Turnbaugh PJ, Klein S, Gordon JI 16.

(2006). Human gut microbes associated with obesity. Nature 444;1022-3. 27. Turnbaugh PJ, Ley RE, Mahowald MA, et al (2006). An obesity-associated gut microbiome with increased capacity for energy harvest. Nature 444:1027–1031. 28. Jumpertz R, Le DS, Turnbaugh PJ, et al (2011). Energy-balance studies reveal associations between gut microbes, caloric load, and nutrient absorption in humans. Am J Clin Nutr 94:58–65. 29. Hotamisligil GS (2006). Inflammation and metabolic disorders. Nature 444:860–867. 30. Odegaard JI, Chawla A (2013) Pleiotropic actions of insulin resistance and inflammation in metabolic homeostasis. Science 339, 172. 31. Vijay-Kumar M, Aitken JD, Carvalho FA, et al (2010). Metabolic syndrome and altered gut microbiota in mice lacking Toll-like receptor 5. Science 328:228–231. 32. Cani PD, Amar J, Iglesias MA, et al (2007). Metabolic endotoxemia initiates obesity and insulin resistance. Diabetes. 56:1761–1772. 33. Cani PD, Bibiloni R, Knauf C, et al (2008). Changes in gut microbiota control metabolic endotoxemia induced inflammation in highfat diet-induced obesity and diabetes in mice. Diabetes 57:1470–1481. 34. de La Serre CB, Ellis CL, Lee J, Hartman AL, et al (2010). Rutledge JC, Raybould HE. Propensity to high-fat diet-induced obesity in rats is associated with changes in the gut microbiota and gut inflammation. Am J Physiol Gastrointest Liver Physiol. 299:G440–448. 35. Le Chatelier, E. Nielsen T, Qin J, Prifti E, et al (2013). Nature 500, 541–546. 36. Cotillard A, Kennedy SP, Kong LC, Prifti E, et al (2013). Nature 500, 585–588. 37. Wu GD, Chen J, Hoffmann C, Bittinger K, et al (2011). Linking long-term dietary patterns with gut microbial enterotypes. Science 334:105e8. 38. De Filippo C, Cavalieria D, Di Paola M, Ramazzotti M, et al (2010). Impact of diet in shaping gut microbiota revealed by a comparative study in children from Europe and rural Africa. aprile 2015

Professione Salute

23


ecm

Proc Natl Acad Sci USA 107:14691e6. 39. El Kaoutari A, Armougom F, Gordon JI, Raoult D, Henrissat B (2013). The abundance and variety of carbohydrate-active enzymes in the human gut microbiota. Nat Rev Microbiol 11:497-504. 40. Kotzampassi K, Giamarellos-Bourboulis EJ, Stavrou G (2014). Obesity as a consequence of gut bacteria and diet interactions. ISRN Obesity, Article ID 651895. 41. Angelakis E, Armougom F, Million M, Raoult D (2012). The relationship between gut micro-

biota and weight gain in humans. Future Microbiol 7:91-109. 42. Arora T, Singh S, Sharma RK (2013). Probiotics: interaction with gut microbiome and antiobesity potential. Nutrition 29:591–596. 43. Robles Alonso V, Guarner F (2013). Linking the gut microbiota to human health. British Journal of Nutrition 109:S21–S26. 44. Delzenne NM, Cani PD (2010). Nutritional modulation of gut microbiota in the context of obesity and insulin resistance: potential interest of prebiotics. Int Dairy Journal 20:277–280.

Alisi A, Bedogni G, Baviera G, Giorgio V, et al (2014). The beneficial effect of VSL#3 in obese children with non-alcoholic steatohepatitis. Aliment Pharmacol Ther 39:1276-85. 46. van Nood E, Vrieze A, Nieuwdorp M, Fuentes S et al (2013). Duodenal infusion of donor feces for recurrent clostridium difficile. N Engl J Med 368:407–415. 47. Sanchez M, Panahi S, Tremblay A (2014). Childhood obesity: a role for gut microbiota ? Int J Environ Res Public Health. 23:162-175. 45.

DOMANDE ECM A. Quale di queste patologie è stata messa in relazione ad alterazione del microbiota intestinale? 1 Diabete di tipo 2 q 2 Diabete di tipo 1 q 3 Sindrome dell’ovaio policistico q 4 Reflusso gastroesofageo q

E. Quale di queste -omiche è indicativa della funzione biologica del microbiota intestinale? 1 Proteomica q 2 Metatrasrittomica q 3 Metabolomica q 4 Metagenomica q

B. Il rapporto tra ospite e microbiota intestinale si può definire come: 1 sinergico q 2 mutualistico q 3 antagonistico q 4 competitivo q

F. Quando si raggiunge una relativa stabilità nella composizione e biodiversità del microbiota intestinale? 1 Alla nascita q 2 A circa 1-2 anni q 3 A circa 10 anni q 4 Nell’età adulta q

C. In quali distretti non si trova un microbiota? 1 Cute q 2 Vagina q 3 Pancreas q 4 Intestino q

G. Quale tra queste non è una funzione del microbiota intestinale? 1 Attività anti-rigetto post trapianto di organo q 2 Attività di sorveglianza immune q 3 Attività anabolica energetica q 4 Attività di rinforzo della barriera intestinale q

D. Qual è il più rappresentato philum del microbiota intestinale? 1 Actinobacteria q 2 Bacteroides q 3 Firmicutes q 4 Fusobacteria q

H. La dieta occidentale: 1 favorisce la proliferazione dei Firmicutes a sfavore dei Bacteroidetes q 2 favorisce la proliferazione dei Bacteroidetes a sfavore dei Firmicutes q 3 favorisce l’aumento di entrambi, Bacteroidetes e Firmicutes q 4 determina il decremento di entrambi, Bacteroidetes e Firmicutes q

24

Professione Salute

aprile 2015



nutrizione_diete dimagranti

Se il calo ponderale assicurato dal regime iperproteico è rapido e consistente, anche in fase di mantenimento, gli effetti negativi che queste diete possono avere sull’organismo sono ancora tutti da chiarire

Diete iperproteiche e sostenibilità metabolica Lucio Della Guardia Hellas Cena Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense Unità di Scienza dell’Alimentazione Università degli Studi di Pavia

N

egli ultimi decenni si è assistito, in particolare nei Paesi industrializzati, a un considerevole aumento nell’incidenza di sovrappeso e obesità, fenomeno che ha colpito tutte le fasce sociali e le differenti classi di età. La tendenza osservata si pone come diretta conseguenza del cambiamento nello stile di vita della popolazione, che oggi prevede un dispendio energetico nettamente ridotto e una maggiore disponibilità di alimenti per lo

più raffinati e a elevata densità energetica. Dati statistici dimostrano che in Italia circa il 36% della popolazione è in sovrappeso, mentre il 10% è affetta da obesità1. Strettamente connesse a queste due condizioni ritroviamo patologie quali il diabete, le dislipidemie e l’ipertensione che, seguendo lo stesso trend di crescita, hanno provocato un deciso aumento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari. In questo contesto, al fine di arginare il fenomeno e in parte anche a scopo di business, dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi è stata formulata una notevole quantità di trattamenti dietetici differenti per tempistica, modalità di esecuzione e scelta degli alimenti che vertono al raggiungimento del medesimo obiettivo: la perdita di peso. Le diete iperproteiche (high protein diets)

Le diete più note nel campo della dietologia indirizzata al dimagramento sono quelle a elevato contenuto proteico. Queste prevedono la sostituzione dei substrati energetici lipidi26

Professione Salute

aprile 2015


nutrizione_diete dimagranti

ci e glucidici con fonti proteiche. Le proteine hanno due caratteristiche biochimiche importanti per la perdita di peso: determinano, rispetto a grassi e carboidrati, una maggiore termogenesi indotta dalla dieta (indice che può essere anche raddoppiato nel caso di un pasto ricco di proteine) e possiedono la capacità di conferire al pasto un maggior effetto saziante1,2. Alcune osservazioni empiriche suffragano la tesi secondo la quale la scelta di un regime iperproteico sembri determinare un calo ponderale più consistente rispetto all’utilizzo di altre fonti energetiche. Secondo queste analisi, infatti, non solo il calo ponderale dei soggetti sottoposti a regime iperproteico sarebbe più consistente ma, anche nel periodo di mantenimento, le proteine determinerebbero un controllo del peso migliore rispetto ai soggetti che consumano principalmente carboidrati3,4. Il limite delle diete di questo tipo risiede nel fatto che l’utilizzo del substrato proteico come fonte energetica provoca l’accumulo di metaboliti intermedi in grado di interferire con l’omeostasi metabolica globale. I dati presenti in letteratura relativamente agli effetti collaterali che un eccesso di proteine alimentari è in grado di determinare sull’organismo sono contrastanti e rimangono ampiamente da definire. Considerando le anche poco probanti evidenze scientifiche, rimane quantomeno opinabile l’idea di sottoporre soggetti sani che non richiedano supplementi proteici a terapie dietetiche di questo tipo. Una parte degli effetti collaterali è ipotizzabile in base alle alterazioni biochimiche indotte dall’eccesso di proteine. Questo tipo di diete, infatti, determina l’accumulo di chetoni come metaboliti di utilizzo per le attività energetiche insieme al glucosio di provenienza gluconeogenetica. I chetoni, in questi casi, diventano una fonte importante di energia per il sistema nervoso, inibiscono l’ossidazione del glucosio6 e determinerebbero anche un effetto anoressizzante7,8. Altro effetto correlato all’eccesso di proteine

sembrerebbe essere quello di mobilizzare il calcio osseo accelerando il processo osteoporotico probabilmente per lo stato di lieve acidosi che si viene a creare a seguito dell’ingestione di un’eccessiva quantità di aminoacidi solforati; tuttavia, la possibilità di un’osteoporosi o di osteopenia di origine iatrogena rimane ampiamente da confermare9. Anche l’azione negativa che un tale regime dietetico provocherebbe a livello renale è una questione non del tutto chiarita. L’ipotesi che una dieta iperproteica possa provocare un danno da sovraccarico non è sufficientemente suffragata da evidenze scientifiche che, invece, si limitano a sottolineare come, a livello renale, si assista soltanto a un aumento della filtrazione glomerulare in funzione dell’aumento del contenuto proteico. In uno studio di Knight et al. infatti viene evidenziato come l’eccesso di proteine, pur non provocando complessivamente un deterioramento della funzione glomerulare, può accelerare o peggiorare il danno renale in pazienti affetti da insufficienza renale10,11,12. A dispetto di queste evidenze, sul piano lipidico le diete iperproteiche sembrano non destare importanti effetti collaterali. Alcuni studi dimostrano come in realtà diete di questo tipo possano addirittura apportare un effetto positivo

approfondimenti In uno studio di Wycherley et al. del 2010 viene messo in evidenza come pazienti obesi, sottoposti a esercizio fisico e a una dieta iperproteica (43% carboidrati, 33% proteine), rispondevano meglio, in termini di perdita di peso e di setting metabolico, rispetto a pazienti con caratteristiche simili sottoposti a una dieta lievemente ipocalorica e a esercizio fisico5.

aprile 2015

Professione Salute

27


nutrizione_diete dimagranti

Bibliografia 1. Istituto nazionale di statistica. La vita quotidiana nel 2009. Aspetti della vita quotidiana. Indagine multiscopo annuale sulle famiglie, 2010; 5: 82-84. 2. Eisenstein J et al. High-protein weightloss diets: are they safe and do they work? A review of the experimental and epidemiologic data. Nutr Rev, 2002; 60 (Part 1): 189-200. 3. Mikkelsen PB et al. Effect of fat-reduced diets on 24-h energy expenditure: comparisons between animal protein, vegetable protein, and carbohydrate. Am J Clin Nutr, 2000; 72: 1135-1141. 4. Skov AR et al. Randomized trial on protein vs carbohydrate in ad libitum fat reduced diet for the treatment of obesity. Int J Obes Relat Metab Disord, 1999 May; 23 (5): 528-536. 5. Claessens M et al. The effect of a lowfat, high-protein or high-carbohydrate ad libitum diet on weight loss maintenance and metabolic risk factors. Int J Obes (Lond), 2009 Mar; 33 (3): 296-304. 6. Werley TP et al. A high-protein diet with resistance exercise training improves weight loss and body composition in overweight and obese patients with type 2 diabetes. Diabetes Care, 2010 May; 33 (5): 969-976. 7. Finn PF, Dice F. Proteolytic and lipolytic responses to starvation. Nutrition, 2006; 22: 830-844. 8. Laeger T et al. Role of betahydroxybutyric acid in the central regulation of energy balance. Appetite. 2010 Jun; 54 (3): 450-455. 9. Elia M. Fules of the tissues. In: Garrow JS, James WP, Ralph A: (eds) Human nutrition and dietetics. Edinburgh: Churchill Livingstone, 2000: 37-60. 10. Dawson-Hughes B. Calcium and protein in bone health. Proc Nutr Soc, 2003; 62: 505-509. 11. Eric L Knight et al. The impact of pro-

28

Professione Salute

aprile 2015

al profilo lipidico svolgendo un’azione soprattutto su trigliceridi e acidi grassi liberi4. Un noto regime alimentare appartenente a questa categoria è la Zone Diet13. Lo schema è congegnato in modo tale da mantenere un basso rapporto insulina/glucagone durante i pasti, al fine di prevenire l’accumulo di massa grassa. Questo target metabolico viene raggiunto aumentando l’apporto proteico (intorno agli 1,8-2,2 g/kg di peso corporeo) e moderando l’intake di carboidrati, secondo la proporzione “Cho: grassi : proteine = 40 : 30 : 30” con un rapporto proteine/carboidrati di 0,75 che deve essere rispettato in ogni pasto; rimangono comunque serie perplessità circa il criterio dell’utilizzo di un tale rapporto tra i nutrienti per tenere bassi i livelli di insulina14. Anche considerando una possibile imperfezione nella forma in cui è strutturata, la Zone Diet resta un presidio nutrizionale che, secondo alcune evidenze empiriche, determina dei risultati non marginali in termini di perdita di peso15,16 anche se meno efficiente rispetto ad altri schemi dietetici molto in uso16. Meno attendibili sarebbero i risultati sull’efficacia di questa dieta nel miglioramento delle performance atletiche; la Zone Diet, infatti, è stata formulata come schema nutrizionale in grado di incidere positivamente sulle performance atletiche grazie, in particolare, alla presenza di una quantità di proteine più alta e a un presunto effetto di controllo nella modulazione degli eicosanoidi a livello del letto vascolare muscolare, effetti che rimangono supposizioni teoriche17 e che non sempre sembrano avere riscontro nella pratica sportiva. A tal proposito Jarveis et al.18 hanno osservato che in un gruppo di atleti sottoposti a una dieta a zona per una settimana, il tempo di esaurimento del V(O)2 max


nutrizione_diete dimagranti

per poi arrivare lentamente verso un’alimentazione meno selettiva che prevede anche verdure e quantitativi di proteine decisamente minori rispetto alla prima fase. Il tempo richiesto dalle fasi successive dipende dalla quantità di peso perso all’inizio (in cui avverrebbe la gran parte del calo ponderale). La dieta prevede un utilizzo massiccio delle fonti proteiche: sui 100 alimenti strettamente indicati, 72 sono ad alto contenuto di proteine. Lo schema proposto da Dukan è un prototipo di dieta iperproteica, per cui solleva le stesse perplessità dal punto di vista metabolico già menzionate. Conclusioni

(parametro che dimostra il grado di resistenza aerobica) si riduceva di circa 3 minuti. C’è anche da ricordare come la Zone Diet sia una dieta tendenzialmente ipoglucidica e, come tale, determina un settaggio metabolico tendenzialmente poco produttivo dal punto di vista della funzione muscolare19,20. Fra le diete iperproteiche si annovera anche la dieta Dukan21, dal nome dell’omonimo medico francese. Tale regime dietetico, anche se di larga diffusione, non gode di alcuna validazione scientifica. Dal punto di vista pratico, lo schema si compone di un percorso diviso in quattro fasi: si inizia da una fase piuttosto breve a impronta decisamente ipocalorica, nella quale è previsto l’utilizzo di alimenti a elevato contenuto proteico,

Gli schemi dietetici passati in rassegna, a eccezione dei casi estremi o privi di fondamenti scientifici, risultano spesso avere un discreto valore nel raggiungimento dell’obiettivo della perdita di peso in soggetti in sovrappeso od obesi. Il calo ponderale, nella maggior parte dei casi, è riferibile al contenuto calorico piuttosto basso dei regimi piuttosto che alla scelta di differenti fonti energetiche. Va altresì considerato il fatto che, a prescindere dagli aspetti strettamente nutrizionali dei vari regimi, per ottenere validi risultati è fondamentale l’educazione del paziente e la metodica di controllo. Inoltre è stato spesso e volentieri sottolineato come i dati estrapolati dagli studi in merito all’efficacia clinica e alla sicurezza dei trattamenti dietetici considerati appaiano, non di rado, contrastanti e incompleti e come finiscano per non definirne in toto l’affidabilità. È stato anche più volte evidenziato come gli studi abbiano dei limiti temporali piuttosto consistenti che rendono difficoltosa la comprensione dell’impatto metabolico di un sistema dietetico sull’organismo. In ogni caso esiste un margine di rischio che, anche se teorico, come nel caso delle diete iperproteiche, è bene considerare. A questo poi va aggiunta la difficoltà reale nel creare un regime dietetico paradigmatico che non tenga conto della variabilità individuale e che rischi di ridurre l’aderenza del soggetto. n

tein intake on renal function decline in women with normal renal function or mild renal insuficiency. 18 March 2003, Annals of Internal Medicine Volume 138, Number 460-468. 12. Lean ME, Ha TK. Nutrition and dietary advice for diabetes. In: Garrow JS, James WP, Ralph A: (eds) Human nutrition and dietetics. Edinburgh: Churchill Livingstone, 2000; 605- 20-39. 13. Skov AR et al. Changes in renal function during weight loss induced by high vs low-protein low-fat diets in overweight subjects. Int J Obes Relat Metab Disord, 1999; 23: 1170-1177. 14. Sears B, Lawren B. Enter the Zone. New York: Harper Collins, 1995. 15. Dansinger ML et al. Comparison of the Atkins, Ornish, Weight Watchers and Zone diets for weight loss and heartdisease risk reduction: a randomized trial. JAMA, 2005 Jan 5; 293 (1): 4353. 16. Gardner CD et al. Comparison of the Atkins, Zone, Ornish, and LEARN diets for change in weight and related risk factors among overweight premenopausal women. The A to Z Weight Loss Study: a randomized trial. JAMA, 2007 Jul 11; 298 (2): 178. 17. Cheuvront SN. Zone diet and atletic performance Sports Medicine. Adis publisher, 1999; 213-228. 18. Jarvis Mark et al. The Acute 1-Week Effects of the Zone Diet on Body Composition, Blood Lipid Levels, and Performance in Recreational Endurance Athletes. J Strength Cond Res, 2002 Feb; 16 (1): 50-57. 19. Maughan RJ et al. Diet composition and the performance of high-intensity exercise. J Sports Sci, 1997 Jun; 15 (3): 265-275. 20. Balsom PD et al. Carbohydrate Intake and Multiple Sprint Sports: With Special Reference to Football (Soccer). Int J Sports Med, 1999; 20 (1): 48-52. 21. Dukan P. The Dukan life diet plan. London: Hodder & Stoughton, 2011.

aprile 2015

Professione Salute

29




SALUTE & BENESSERE_PUNTURE DI INSETTO

punture

di imenotteri, molteplici reazioni da conoscere

In primavera e durante la stagione estiva, quando si trascorre più tempo all’aria aperta, il rischio di incorrere in punture di api o vespe diventa più alto e spesso le reazioni possono essere pericolose

U

n geroglifico ritrovato nella tomba del faraone Menes descrive la sua morte avvenuta nel 2621 a.C. quasi immediatamente dopo la puntura di un calabrone. L’episodio è riportato dal “Manuale per la prevenzione, diagnosi e terapia delle reazioni allergiche al veleno di imenotteri” recentemente emesso dall’apposito gruppo di studio costituito presso la Sezione regionale della Campania di Aaito, l’Associazione allergologi e immunologi territoriali e ospedalieri.

Giampiero Pilat

32

Professione Salute

aprile 2015

Ma quali sono gli imenotteri? È un ordine di insetti che comprende vespe, api, calabroni, formiche, per un totale di circa 100.000 specie diverse, ma non le zanzare, gli animali big killer per eccellenza, che ogni anno sono responsabili della morte di oltre 600.000 persone. A differenza di queste ultime, che pungono per nutrirsi, gli imenotteri lo fanno per difendersi, tuttavia anch’essi possono essere molto pericolosi: non uccidono inoculando germi patogeni ma attraverso il loro veleno, in grado di provo-


SALUTE & BENESSERE_PUNTURE DI INSETTO

care una sintomatologia estremamente variabile, da una lieve reazione locale a una sistemica, fino allo shock anafilattico. Anche nella nostra società, sempre più urbanizzata, la puntura di imenottero è un evento familiare a molti, anzi a quasi tutti. «Dai lavori sulla prevalenza nella popolazione generale di soggetti punti da imenotteri – riferiscono gli esperti dell’Aaito – emerge che, soprattutto nell’area mediterranea, la quasi totalità della popolazione è venuta a contatto con un pungiglione almeno una volta nella propria vita. Uno studio condotto in Italia su giovani reclute ha evidenziato che il 56,6% ricordava di essere stato punto nei primi venti anni della propria vita. I dati confermano che la percentuale sale notevolmente con l’aumento dell’età degli intervistati e delle ore trascorse all’aria aperta per ragioni lavorative o sociali». Reazioni locali e reazioni sistemiche

Sia le reazioni locali che sistemiche al veleno di questi insetti sono solitamente mediate dalle immunoglobuline IgE. Come spiegano gli allergologi della Cleveland Clinic, «è necessaria almeno una prima puntura per sensibilizzare le persone al veleno ed è più probabile che la sensibilizzazione si verifichi dopo punture multiple simultanee o punture successive che si verificano nel corso di un periodo di tempo relativamente breve». A sensibilizzazione avvenuta, una singola puntura può causare la degranulazione, ossia lo svuotamento dei granuli citoplasmatici presenti in determinate cellule (mastociti e basofili) con fuoruscita dal corpo cellulare di istamina e altri media-

approfondimenti Per la diagnosi di allergia a veleno di imenotteri l’anamnesi è molto importante e alcune domande sono indispensabili. La prima è quale tipo di reazione (locale o sistemica) si è verificata. La seconda domanda è se è stato riconosciuto l’insetto pungitore e a questo scopo è fondamentale far vedere gli insetti imenotteri nelle loro dimensioni reali.

tori chimici responsabili dei segni e dei sintomi dell’anafilassi. Piccole reazioni locali senza implicazioni mediche significative sono la conseguenza più comune di una puntura di imenottero. Le reazioni tipiche sono caratterizzate da dolore, prurito, arrossamento e gonfiore localizzato, che si risolvono entro poche ore e sono dovute alle proprietà farmacologiche del veleno. A un livello superiore di gravità si collocano le reazioni locali estese, dovute a una reazione IgE mediata inizialmente lieve che però progredisce tra le 12 e le 24 ore successive alla puntura fino a raggiungere un diametro superiore ai cinque centimetri e arrivare al picco di intensità dalle 48 alle 72 ore. Queste reazioni sono contigue al sito colpito dal pungiglione, ma occasionalmente coinvolgono un intero arto e si risolvono gradualmente entro cinque o dieci giorni. Praticamente tutti i soggetti che sperimentano questo tipo di reazioni continueranno ad averle in caso di punture successive e un’immunoterapia non modifica la situazione. Le reazioni sistemiche sono quasi sempre IgEmediate e causano un ampio spettro di manifestazioni, che vanno da segni cutanei (prurito, rossore, orticaria, angioedema) a coinvolgimenaprile 2015

Professione Salute

33


SALUTE & BENESSERE_PUNTURE DI INSETTO

approfondimenti La quantità di veleno contenuta nel sacco velenifero varia da specie a specie e anche nell’ambito della stessa specie. Il sacco velenifero delle api contiene una quantità che varia tra 32 e 160 μg di proteine del veleno. Pertanto, è importante fare attenzione nell’estrarre il pungiglione, al fine di evitare di iniettarlo tutto.

to respiratorio (tosse, senso di oppressione al torace, dispnea, respiro affannoso) e compromissione cardiovascolare (vertigini, ipotensione, perdita di coscienza). Occasionalmente si possono verificare crampi uterini o disturbi gastrointestinali come nausea, vomito o diarrea. Anafilassi cardiaca con vasospasmo coronarico, aritmie o bradicardia possono colpire anche senza alcuna patologia cardiaca preesistente. In generale, prima si verificano i sintomi e più grave è la reazione. Data la varietà delle reazioni possibili alle punture di imenotteri e della loro gravità, il trattamento farmacologico della fase acuta è differenziato. In caso di reazioni locali estese può essere sufficiente l’applicazione di ghiaccio, eventualmente associato ad antistaminici e corticosteroidi, topici o a somministrazione orale. Quando le reazioni locali sono particolarmente estese oppure se si osservano reazioni sistemiche di lieve entità, il trattamento rimane lo stesso ma è necessario sorvegliare il paziente per intervenire tempestivamente in caso di peggioramento. L’iniezione intramuscolare di adrenalina è indicata per forme estese di orticaria e, il più ra-

pidamente possibile, in tutte le forme di anafilassi con interessamento cardiorespiratorio, per prevenire complicanze che potrebbero anche essere fatali. Ovviamente i soggetti allergici sono quelli a maggior rischio e dovrebbero addestrarsi in modo da riconoscere prontamente i sintomi dell’anafilassi e intervenire con adrenalina autoiniettabile, da portare con sé negli appositi kit di emergenza ogni volta che si trovano in aperta campagna o luoghi a rischio. Alcuni ricercatori britannici hanno approfondito i casi di 32 persone decedute dopo essere state punte da imenotteri, scoprendo che in 29 di loro l’adrenalina non era stata impiegata, mentre negli altri tre era stata utilizzata troppo tardi, dopo l’arresto cardiaco. Una volta effettuata l’iniezione, chi è stato punto deve comunque recarsi immediatamente al più vicino presidio di emergenza o di pronto soccorso perché l’adrenalina ha un’azione rapida, ma di breve durata e potrebbe richiedere successive somministrazioni. I medici completeranno la terapia con farmaci ad azione di durata maggiore e, nei casi più gravi, con una terapia antishock. Immunoterapia per soggetti allergici e più esposti

Per affrontare in anticipo il problema della puntura di imenotteri, la soluzione è un’immunoterapia specifica, efficace nel 95-98% dei pazienti trattati e in grado di modificare la risposta immunitaria che nei soggetti allergici è alterata. Gli esperti dell’Aaito la raccomandano «in caso di documentata sensibilizzazione allergica IgE mediata, a quanti hanno presentato una reazione sistemica con interessamento cardiovascolare e respiratorio, con potenziale pericolo di vita. È inoltre indicata in apicoltori, agricoltori e adulti cardiopatici che hanno presentato anche soltanto una sola reazione cutanea sistemica. Può essere consigliata anche a bambini con manifestazioni sistemiche meno impegnative, se fortemente esposti, come i figli di apicoltori o contadini, oppure a quanti possono subire ripercussioni psicologiche da una riduzione dell’atti34

Professione Salute

aprile 2015


SALUTE & BENESSERE_PUNTURE DI INSETTO

approfondimenti Sulla gravità della manifestazione influiscono anche il numero delle punture e la loro sede (quelle al capo e al collo provocano le reazioni più gravi), il tipo di insetto, la quantità di veleno inoculata, l’età e le condizioni cliniche generali. Sono più a rischio i soggetti affetti da rinite e asma su base allergica e i pazienti affetti da patologie cardiovascolari.

vità all’aria aperta per paura di essere ripunti. In ogni caso la valutazione deve essere effettuata da un allergologo esperto». Cosa fare in caso di puntura di imenottero

Quali comportamenti adottare in caso di puntura da parte degli imenotteri? Riportiamo i consigli dell’Associazione allergologi e immunologi territoriali e ospedalieri. z I pazienti allergici al veleno degli imenotteri dovrebbero evitare l’uso di farmaci che possono aggravare un’eventuale reazione allergica, quali betabloccanti e Ace-inibitori. z Tutti i soggetti sensibilizzati dovrebbero portare una piastrina o un cartoncino nei documenti, che segnali la propria condizione di allergico e, adeguatamente istruiti, una fiala di adrenalina autoiniettabile. z In caso di puntura cercare di allontanarsi il più velocemente possibile ma con la dovuta cautela dal luogo dell’incidente. z In caso di puntura di ape, se il pungiglione è rimasto conficcato nella cute rimuoverlo immediatamente raschiandolo con le unghie o con una lama, evitando di schiacciare il sacco velenifero tra le dita. z È bene controllare immediatamente l’orario, può essere utile per valutare il tempo di

comparsa della sintomatologia. si è soli cercare di raggiungere al più presto un luogo abitato o un posto di pronto soccorso, ai primi sintomi segnalare al 118 la propria condizione e posizione. z Se si è in compagnia informare immediatamente chi c’è vicino e insieme avviare le procedure precedenti. z In caso di comparsa di uno o più dei seguenti sintomi, come senso di costrizione alla base della lingua con difficoltà a deglutire, cambio del tono della voce o difficoltà a respirare, disturbi della vista, vertigini, calo della pressione arteriosa, tosse, difficoltà a respirare, forti dolori addominali, vomito o diarrea, praticare una dose di adrenalina autoiniettabile secondo le modalità indicate dall’allergologo. z Dopo l’autosomministrazione di adrenalina, raggiungere rapidamente un presidio medico di emergenza o un posto di pronto soccorso per completare la terapia antiallergica, perché l’adrenalina ha un’azione rapida ma di breve durata e va associata ad altri farmaci. z Nei giorni immediatamente seguenti rivolgersi a un centro allergologico specializzato, che potrà sia prescrivere la terapia necessaria per affrontare l’emergenza, sia praticare gli esami diagnostici e attuare una eventuale immunoterapia. n z Se

aprile 2015

Professione Salute

35




integrazione alimentare_MAGNESIO

magnesio da semisconosciuto a panacea per molti mali

R

Vincenzo Marra

Oltre ad essere coinvolto in quasi tutte le reazioni biochimiche dell’organismo, al magnesio vengono attribuite numerose proprietà benefiche per la salute, ecco perché è importante assumerlo con regolarità, attraverso la dieta e, se necessario, con specifici integratori alimentari

38

Professione Salute

aprile 2015

egola i livelli di glucosio nel sangue, il battito cardiaco e la pressione sanguigna. È parte integrante del ciclo metabolico di produzione dell’energia e della sintesi proteica, lipidica e glucidica ed è indispensabile per la salute delle ossa e del sistema immunitario. Rientra nella categoria di sostanze che aiutano a mantenere la normale funzionalità nervosa e muscolare. Potremmo proseguire a lungo nell’elencare le oltre 300 reazioni biochimiche ed enzimatiche in cui è coinvolto il magnesio (Mg), sulla cui rilevanza, nell’ottica di un mantenimento ottimale dello stato di salute e dell’efficienza fisica, non sussistono dubbi, così come la scienza ha conclamato incontrovertibilmente. Ecco perché non può in alcun modo essere trascurata, come invece spesso capita, la raccomandazione che giunge dai nutrizionisti sulla necessità di un adeguato apporto quotidiano di tale elemento (calcolato in 350 mg per l’uomo e 300 mg per la donna, la


integrazione alimentare_MAGNESIO

cui dose sale a 450 mg durante la gravidanza e l’allattamento), se non si vuole incorrere in tutta una serie di fastidiosi disturbi che possono sfociare in una severa degradazione delle funzioni vitali. L’utilizzo durante la prima guerra mondiale

Fu il medico francese Pierre Debelt, nel 1915, a riconoscere per primo le proprietà benefiche del magnesio - cloruro di magnesio nello specifico - utili all’organismo, quando nel corso della prima guerra mondiale intuì che poteva essere impiegato per pulire le ferite, essendo innocuo per i tessuti, a differenza delle altre sostanze antisettiche adoperate per la disinfezione di lacerazioni, escoriazioni e tagli. Da allora le conoscenze evidence-based a proposito di questo minerale si sono massicciamente consolidate, designando il magnesio come una delle “sostanze nobili” per il nostro organismo. La ricerca clinica volta ad approfondire gli effetti del magnesio sulle funzioni del corpo umano, e sulle interazioni nei più disparati processi biochimici, è costantemente impegnata a individuare nuovi effetti positivi di cui tale minerale è portatore. Corretta assunzione e proprietà benefiche

Il magnesio, elemento chimico facente parte della famiglia dei metalli, presente in misura considerevole in natura ma raramente allo stato puro, è contenuto in una serie di alimenti - oltre all’acqua che beviamo, ovviamente - di facile reperibilità: noci, mandorle, banane, avocado, cereali, grano saraceno, cacao, lenticchie, verdure a foglia verde e, anche se in misura molto minore, nelle carni e nei prodotti lattiero-caseari (vedi tabella a lato).

A tal proposito va ricordato quanto la cottura riduca sensibilmente il contenuto di magnesio nei cibi e che solo il 30-40% del magnesio assimilato con gli alimenti viene effettivamente assorbito a livello dell’intestino tenue. L’organismo umano contiene complessivamente circa 25 grammi di magnesio (è il quarto minerale per presenza), localizzati per oltre il 60% nel tessuto osseo, e poi a livello di muscoli, cervello e in altri organi quali fegato, reni e testicoli. Solo l’1% si trova nel circolo sanguigno. A proposito delle influenze sulla salute, il magnesio non solo regola il battito cardiaco, ma favorisce altresì il mantenimento di un ph sanguigno equilibrato, mostrando anche un’azione vasodilatatrice. Sono diverse poi le ricerche che hanno evidenziato la stretta correlazione tra i livelli di magnesio nel sangue e il rischio di insorgenza di patologie cardiache e di ipertensione: un’alta presenza di magnesio, infatti, è in grado di ridurre il rischio di infarto, cardiopatie, aritmie.

alimenti E CONTENUTo dI magnesio ALIMENTI Magnesio (mg/100g p.e.) Crusca di frumento 550 Mandorle dolci, secche 264 Anacardi 260 Germe di frumento (composizione media fra germe di frumento duro e tenero) 255 Arachidi, tostate 175 Fagioli crudi 170 Fagioli - Cannellini secchi crudi 170 Fagioli - Borlotti secchi crudi 163 Nocciole, secche 160 Frumento duro 160 Miglio decorticato 160 Pistacchi 158 Noci, secche 131 Ceci secchi crudi 130 Noci pecan 121 Mais 120 Farina di frumento duro 120 Macadamia 118 Sardine fritte 102 Lenticchie secche crude 83 Fonte: Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran)

aprile 2015

Professione Salute

39


integrazione alimentare_MAGNESIO

Per ciò che attiene alla pressione sanguigna, poi, gli studi scientifici ed epidemiologici indicano in modo univoco quanto una dieta ricca di magnesio, potassio e calcio (e povera di sodio e grassi) sia capace di mantenerla nei limiti, scongiurando tutta quella serie di rischi associati all’ipertensione arteriosa. E in tema di diabete - che com’è noto determina una produzione non adeguata di insulina, ormone rilasciato a livello pancreatico e coinvolto nella conversione degli zuccheri e degli amidi in energia imprescindibile per la funzionalità cellulare - il magnesio, è stato ampia-

gli italiani amano gli integratori alimentari: i dati di mercato (2014) Il mercato degli integratori alimentari non conosce crisi: ad attestarlo è la recente indagine condotta da Gfk Eurisko, e realizzata per FederSalus (Associazione nazionale aziende prodotti salutistici). L’80% degli intervistati, infatti, ha confermato di aver utilizzato almeno un integratore alimentare nell’ultimo anno, con un più 15% rispetto al 2012. A trainare il comparto sono: fermenti lattici, integratori salini (tra cui quelli contenenti magnesio), prodotti ginecologici, integratori di ferro, antireumatici, antidolorifici e gli integratori per il controllo del colesterolo. Il dato di vendita nelle sole farmacie durante l’ultimo anno è arrivato a 2.164,4 milioni di euro, per un totale di 144,1 milioni di confezioni vendute. Medico e farmacista, inoltre, si confermano gli interlocutori di riferimento per il consumatore: in due casi su tre ci si rivolge a loro per un consiglio su scelta e modalità d’impiego degli integratori. La ricerca ha rilevato poi che il 52% dei medici di medicina generale e il 33% dei medici specialisti consiglia abitualmente integratori alimentari in base alle esigenze manifestate dal paziente. Anche Federfarma conferma il trend positivo, con il canale di vendita delle farmacie che fa la parte del leone in termini di vendite totali di integratori (quasi l’80%). Il farmacista, dunque, riafferma con forza il proprio ruolo di counseling e di orientamento, essendo sempre più coinvolto dal paziente nella scelta del prodotto più adatto da impiegare. E proprio al fine di incrementare il livello di competenza dei professionisti in tale settore, Federfarma ha deciso di avviare insieme ad Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari) un progetto di formazione a distanza di due anni denominato Farmintegra, che prevede l’acquisizione di crediti Ecm, per titolari di farmacie e collaboratori dedicato al mondo degli integratori, e basato su nozioni legislative, scientifiche, di marketing e di conoscenza del consumatore. Per maggiori informazioni: www.federfarma.it

40

Professione Salute

aprile 2015

mente palesato, influenza in positivo il rilascio e l’attività dell’insulina. Anche a livello nervoso ha mostrato di avere effetti benefici, con un’azione distensiva e calmante capace di attenuare l’eccitabilità di nervi, riducendo al contempo la secrezione di adrenalina. Ed ancora, favorisce il sonno, intervenendo nella produzione della melatonina, il rilassamento muscolare, scongiurando la comparsa di crampi e lesioni, mentre, al contrario, un non sufficiente apporto di tale minerale determina un maggiore accumulo di acido lattico che si traduce nella comparsa di contratture muscolari e rigidità. A livello gastrico il magnesio è in grado di agire sugli acidi dello stomaco, facilitare una corretta digestione e controllare la proliferazione della flora intestinale; interviene, inoltre, nel mantenimento di un giusto equilibrio ormonale, rivelandosi utile perfino nella prevenzione e attenuazione dei dolori mestruali. Gioca un ruolo decisivo anche nel preservare la salute renale, e nella fissazione di calcio e fosforo a livello osseo e dentale, contrastando pertanto osteoporosi e carie. Ipomagnesemia: sintomi e conseguenze

I sintomi maggiormente evidenti che fungono da campanello d’allarme di una carenza di magnesio (ipomagnesemia) nell’organismo sono: nausea e vomito, diarrea, spasmi muscolari, debolezza, tremori, confusio-


integrazione alimentare_MAGNESIO

ne e disorientamento, cambiamenti d’umore, ipertensione, stati d’ansia, ipereccitabilità muscolare, cefalea, vertigini, insonnia, asma, alterazioni del ritmo cardiaco, fiacchezza persistente. L’alcolismo rientra tra le condizioni che si associano a un deficit da magnesio, a causa dell’eccessiva escrezione renale legata all’etanolo. La penuria può essere indotta anche da un cattivo o ridotto assorbimento a livello intestinale, come quando ci si trova in presenza di morbo di Crohn, celiachia, pancreatite, colite ulcerosa, oltre che di patologie riguardanti la tiroide. Digiuno prolungato, intensa attività sportiva, stress psicofisico e insufficienza renale cronica possono contribuire ad abbassare sensibilmente i livelli di magnesio all’interno dell’organismo. Per di più, non è affatto raro che l’insufficienza di magnesio sia addebitabile alla scarsa qualità degli alimenti che ingeriamo, i quali a livello industriale subiscono raffinazioni massive che ne alterano ineso-

letteratura scientifica: il magnesio e le patologie cardiovascolari Nella vastità di studi scientifici disponibili a supporto dell’efficacia del magnesio in termini di prevenzione da patologie, risulta interessante menzionare una revisione sistematica della letteratura pubblicata nel 2013 sulla prestigiosa rivista The American Journal of Clinical Nutrition. Tale meta-analisi, volta a rafforzare l’ipotesi secondo cui la mancata assunzione di una corretta dose di magnesio nella dieta, e quindi una minore presenza in circolo della sostanza, sia correlata all’insorgenza di patologie cardiovascolari, ha preso in considerazione 16 ricerche cliniche per un totale di oltre 300.000 individui coinvolti. Ebbene, l’indagine ha evidenziato l’esi-

rabilmente proprietà nutritive e valore biologico. Oggigiorno, difatti, la nostra dieta è sempre più condizionata dal cosiddetto cibo-spazzatura e questo la rende poco ricca dei nutrienti nobili indispensabili al corretto funzionamento dell’intero organismo. Per questo può capitare che il fisico, a causa di tali specifiche condizioni, necessiti di un apporto aggiuntivo di magnesio rispetto a quello assunto con la normale alimentazione e quindi risulti necessario ricorrere alla gamma di integratori a base di magnesio presenti sul mercato. Tali integratori, somministrati per via orale o endovenosa a seconda delle singole esigenze, contengono uno o più dei suoi sali, come il magnesio citrato o supremo, il magnesio carbonato, il magnesio solfato, il magnesio aspartato o il cloruro di magnesio, e consentono di evitare il deterioramento psicofisico dovuto alla carenza dell’elemento Mg. Non appaia pleonastica, infine, la raccomandazione di non eccedere nelle dosi consigliate, poiché anche l’ipermagnesemia (valori eccessivi di magnesio) comporta conseguenze gravi, molto simili a quelle connesse a una condizione deficitaria di tale elemento. n

stenza concreta di un rapporto di proporzionalità inversa tra concentrazione di magnesio nel sangue e incidenza di cardiopatie. I ricercatori hanno riconosciuto, al tempo stesso, la necessità di ulteriori approfondimenti scientifici per fornire maggiori evidenze sul ruolo che ricopre il magnesio nella prevenzione dalle malattie cardiovascolari. Del Gobbo LC, Imamura F, Wu JH, de Oliveira Otto MC, Chiuve SE, Mozaffarian D. Circulating and dietary magnesium and risk of cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis of prospective studies. Am J Clin Nutr. 2013 Jul;98(1):160-73.

approfondimenti Irritabilità, apatia o stato ansioso, sonno disturbato da continui risvegli o problemi di palpitazioni e aritmie possono essere i segnali più evidenti di un basso livello di magnesio.

aprile 2015

Professione Salute

41


pediatria e maternità_allergie

Piccole allergie nei bambini

La percentuale di bambini che accusano i classici sintomi allergici è in continua crescita, soprattutto in primavera, quando la diffusione dei pollini nell’aria è al suo massimo

S

i tratta di una questione di grande impatto sanitario e sociale: le patologie allergiche in Italia sono in costante aumento e colpiscono oltre 15 milioni di persone, prevalentemente bambini e adolescenti. Nella classifica Istat delle malattie croniche più diffuse si posizionano al terzo posto, dopo ipertensione e artrosi/artrite, tanto da essere considerate una delle epidemie del XXI secolo. Le malattie allergiche interessano soprattut-

Rachele Villa

42

Professione Salute

aprile 2015

to le prime vie respiratorie (rinite allergica), gli occhi (congiuntivite), le vie bronchiali (asma) e la pelle (dermatite). Erroneamente si crede che le allergie tendano a risolversi spontaneamente con il passare degli anni e il raggiungimento dell’età adulta, per questo motivo spesso sono sottovalutate tanto da non essere nemmeno riferite al medico curante. Al contrario, è probabile che le malattie allergiche peggiorino con il passare del


pediatria e maternità_allergie

via libera ai probiotici per prevenire le allergie Le patologie allergiche sono considerate “malattie del mondo sviluppato” in quanto sono sempre più diffuse nei paesi occidentali. Secondo gli esperti dell’Organizzazione mondiale delle allergie (World Allergology Organization, Wao) le cause principali di questa diffusione sono da ricercarsi nel mutamento delle condizioni igieniche e ambientali che tendono a modificare il sistema immunologico predisponendo l’organismo a sviluppare la sintomatologia allergica, come minore contatto con elementi naturali, gli animali ad esempio, la qualità dell’aria che si respira, i nuclei famigliari ridotti (i primogeniti o i figli unici sono a maggior rischio di malattia allergica) e la minore esposizione al sole. Secondo gli ultimi studi in materia, un aiuto concreto nella lotta alle allergie potrebbe veni-

tempo e che un soggetto allergico a una sola sostanza diventi sensibile a più sostanze. Bambini allergici: numeri in preoccupante aumento

Negli ultimi 20 anni la percentuale di bambini allergici nel nostro paese è triplicata, passando dal 7% al 25%. La forma infiammatoria più diffusa è la rinite allergica, che interessa il 35% dei tredicenni italiani, mentre la percentuale in età pediatrica sale addirittura al 40% colpendo di più i maschi rispetto alle femmine, anche se il rapporto tra i due sessi è quasi di 1:1 negli adulti. Si tratta di una forma allergica in costante aumento in tutto il mondo: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sarebbero oltre 400 milioni le persone nel mondo affette da rinite allergica e la patologia si svilupperebbe prima dei 20 anni di età nell’80% dei casi. La seconda patologia allergica più comune è l’asma, che interessa il 9,5% dei bambini italiani e almeno 300 milioni di persone in tutto il mondo.

re dall’azione benefica svolta dai probiotici, microrganismi vivi presenti negli alimenti di tutti i giorni (ad esempio, yogurt o latte fermentato). Ad affermarlo per la prima volta sono le linee guida internazionali per la prevenzione delle allergie, frutto di 15 anni di evoluzione scientifica e presentate in occasione del congresso internazionale promosso dalla World Allergology Organization in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Secondo gli esperti, che hanno pubblicato il documento sul Wao Journal, la somministrazione preventiva di probiotici durante la gravidanza, nella fase dell’allattamento e al bambino stesso dopo la nascita, abbatterebbe in modo significativo il rischio di sviluppare allergie, specialmente la dermatite atopica, in bambini a rischio.

Seguono le allergie alimentari, più frequenti nei primi anni di vita dei bambini (in Italia interessano il 3% della popolazione pediatrica entro i 2 anni d’età). Nel mondo si stima una popolazione potenzialmente allergica agli alimenti pari a oltre 250 milioni di persone.

approfondimenti Le giornate più a rischio per i soggetti allergici sono quelle di sole, calde e ventose, quando circolano nell’aria molti pollini. Al contrario, la pioggia dona sollievo perchè abbatte i pollini a terra.

aprile 2015

Professione Salute

43


pediatria e maternità_allergie

i funghi della salute, un rimedio naturale contro l’allergia da polline Numerosi studi hanno dimostrato l’enorme potenziale di funghi come il Reishi, Cordyceps, Hericium e Shiitake per combattere l’allergia da polline e per respirare senza problemi per tutta la stagione primaverile. I boccioli iniziano a svegliarsi a inizio febbraio, seguono le betulle che inaugurano la stagione primaverile e i pollini delle artemisie che fino a settembre si addensano nell’aria. Occhi gonfi, lacrimazione, senso di malessere, debolezza e ansia, sono alcuni dei sintomi con i quali le allergie si manifestano. La causa è una reazione del sistema immunitario a so-

Allergie respiratorie: di cosa si tratta

L’allergia può essere definita come una condizione in cui l’organismo del soggetto allergico reagisce in maniera anomala al contatto con una o più sostanze, definite allergeni, solitamente di origine proteica. Questa reazione infiammatoria è da ricondursi a un difetto dei meccanismi di regolazione della risposta immunitaria, per cui l’allergene provoca la produzione di una particolare classe di anticorpi specifici, le immunoglobuline E (IgE). A seconda del tipo di allergene, il disturbo colpisce i vari organi: nel caso degli allergeni presenti nell’aria (pollini, acari, proteine di origine 44

Professione Salute

aprile 2015

stanze abitualmente innocue. Il dottor Archimede Tentindo, medico chirurgo esperto in agopuntura e omeopatia, ci illustra i benefici e il potenziale dei funghi della salute, adatti anche ai bambini, come rimedio naturale contro l’allergia da polline. Dottor Tentindo, quali benefici danno i funghi della salute nel trattamento delle allergie da polline? I benefici sono rappresentati da un effetto antistaminico e antinfiammatorio, correlato alla capacità di bloccare gradualmente la produzione degli anti-

animale, ecc.) i disturbi saranno a carico degli occhi e delle vie aeree superiori (rinite allergica) e/o delle vie aeree inferiori (asma allergico). Gli allergeni stagionali classici sono rappresentati dai pollini trasportati dal vento, in particolare la parietaria e le graminacee, le betulacee e l’ulivo presenti nel nostro paese. Gli allergeni perenni classici, invece, sono presenti negli ambienti domestici e sono rappresentati dagli acari della polvere, che proliferano in ambienti caldi e umidi, alimentati dalla forfora prodotta dal normale ricambio della pelle, e dalle proteine degli animali domestici, soprattutto cani e gatti. Questo tipo di allergeni, a differenza di quello degli acari che è pesante e viene veicolato da correnti d’aria (per esempio, dal riscaldamento domestico), è leggero e resta sospeso nell’aria a lungo, anche dopo l’allontanamento dell’animale. Le allergie respiratorie sono la rinite allergica e l’asma bronchiale. La rinite allergica è una patologia infiammatoria della mucosa nasale causata dall’esposizione a una sostanza cui il soggetto è allergico. Spesso è accompagnata da congiuntivite allergica, soprattutto in caso di allergia ai pollini. Prurito generalizzato, starnuti frequenti, scolo nasale e sensazione di naso chiuso sono i sintomi più comuni che connotano la rinite allergica; inoltre spesso le mucose del naso già infiammate diventano facilmente irritabili, per


pediatria e maternità_allergie

corpi responsabili dell’allergia, le immunoglobuline E (IgE). Un secondo effetto positivo è quello ansiolitico, molto utile poiché l’asmatico spesso vive uno stato di ansietà conseguente alla imprevedibilità delle crisi allergiche. Quali sono i funghi raccomandati nel trattamento delle allergie da polline? È importante analizzare a fondo le necessità fisiologiche del paziente allergico nella sua globalità per capire quale fungo della salute sia maggiormente indicato.

cui il soggetto starnutisce anche quando respira aria fredda, odori intensi, fumo, polveri. L’asma bronchiale è una malattia infiammatoria cronica delle vie aeree caratterizzata da sintomi quali dispnea, senso di oppressione, costrizione al torace, percezione di fischi durante la respirazione e fame d’aria, provocati dall’ostruzione dei bronchi dovuta all’inalazione dell’allergene. Questi disturbi si associano inoltre a un aumento della responsività bronchiale e presenza di tosse stizzosa. L’asma in età pediatrica può pregiudicare la crescita dei polmoni dei bambini, incide significativamente sulla qualità della vita e ha un elevato costo sanitario. Tre modi per curare l’allergia

Il trattamento delle allergie respiratorie può avvenire con tre approcci diversi. Il primo consiste nell’allontanamento dell’allergene che provoca la reazione allergica, ma per ovvie ragioni è piuttosto complicata da mettere in atto, basti pensare per esempio ai pollini presenti nell’aria. In questi casi, tuttavia, può essere utile seguire alcune raccomandazioni diffuse dai medici del reparto di allergologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma (vedi box a lato). Il secondo approccio prevede l’utilizzo di farmaci per tenere sotto controllo la sintomatologia allergica. Si ricorre dunque ad antistaminici e cortisonici locali intranasali per la cura

Il Reishi merita, in nome delle sue proprietà intrinseche, di essere nominato per primo: la sua azione curativa nei casi anche più gravi di reazioni allergiche è un dato ormai accertato e dimostrato da numerosi studi. Ricco di acidi ganoderici, proteine e polisaccaridi, limita la produzione di istamina, ottimizzando la respirazione cellulare e favorendo la funzionalità epatica. Il Cordyceps, l’Hericium, e il Shiitake allo stesso tempo, possono supportare l’azione del Reishi, riossigenando i polmoni, ripristinando la flora batterica intestinale e agendo sull’intero equilibrio psico-fisico del paziente. Efficace risulta essere anche l’azione dell’estratto di

della rinite allergica, mentre per il trattamento dell’asma si impiegano nella fase acuta i broncodilatatori e per il controllo dell’infiammazione bronchiale si ricorre ai cortisonici inalatori e agli antileucotrienici. L’effetto benefico tuttavia è legato all’azione dei farmaci e appena la loro assunzione viene meno, i sintomi si ripresentano. Infine, esiste un terzo approccio, la cui efficacia è stata ampiamente dimostrata e riconosciuta tanto da essere considerato dall’Oms come l’unico trattamento definitivo nella prevenzione ed eliminazione delle malattie allergiche. Si tratta dell’immunoterapia con allergeni (AIT) e consiste nella somministrazione di alte dosi dell’allergene che causa l’allergia. Secondo la World Allergy Organization: «L’immunoterapia con allergeni può modificare la storia naturale dell’allergia respiratoria prevenendo nuove sensibilizzazioni e/o riducendo il rischio di sviluppare asma». Questo “vaccino” è in grado di compensare un difetto del sistema immunitario del soggetto allergico e permette la riduzione dei sintomi e la prevenzione di complicanze e, in secondo luogo, dei vantaggi economici non indifferenti quali la riduzione significativa del consumo di farmaci e della spesa sanitaria. Nonostante l’efficacia, la diffusione dell’immunoterapia con allergeni continua a incontrare difficoltà in Italia a causa della sua parziale rimborsabilità, che varia da regione a regione. n

Agaricus blazei Murrill: contro allergie a pollini e graminacee, asma bronchiale ed eruzioni cutanee allergiche agisce il suo alto contenuto di vitamine e fibre, attivando il ciclo respiratorio interno della cellula. La cosa più importante nei funghi della salute sono le certificazioni concernenti gli esami microbiologici, le analisi nutrizionali e quelle riguardanti l’assenza di pesticidi, metalli pesanti o sostanze inquinanti. Se tutti questi parametri sono importanti per un alimento qualsiasi o per un integratore, per i funghi della salute lo sono ancora di più, in quanto questi organismi hanno un potere fortemente assorbente.

Allergie di primavera: il vademecum anti-polline

1. Evitare in primavera i prati, i campi coltivati e i terreni incolti. 2. Evitare, se possibile, nel periodo critico di andare o vivere in campagna. Evitare le gite nelle ore mattutine, soprattutto nei giorni di sole con vento e tempo secco. 3. Scegliere le ferie preferibilmente nel periodo in cui sono più forti i disturbi, per recarsi al mare o in alta montagna. Ricordare che nelle medie altitudini (600-1000 metri) le stesse piante liberano i pollini circa un mese più tardi rispetto alla pianura. 4. Evitare per le vacanze le zone di aperta campagna. Preferire per le passeggiate il sotto bosco dove, più difficilmente giunge il polline. 5. In auto, se possibile, tenere i finestrini chiusi e accendere, dopo aver verificato la pulizia dei filtri, i sistemi di condizionamento. 6. Nel periodo critico praticare sport preferibilmente in luoghi chiusi. 7. Non tagliare l’erba del prato nel periodo di malessere e non sostare nelle vicinanze quando altri tagliano o hanno tagliato l’erba. 8. Nel periodo critico evitare la bicicletta o il motorino. Possono essere utili mascherine a copertura di bocca e naso. Indossare occhiali da sole. Cappelli con visiera. 9. Durante la stagione pollinica, cambiarsi i vestiti rientrando in casa, fare lavaggi endonasali, doccia e sciacquare il viso e i capelli. 10. Evitare il contatto, con il fumo di tabacco e in quel periodo, anche con polveri o peli di animali domestici.

aprile 2015

Professione Salute

45


eventi e corsi

cosmofarma 2015: nuovi scenari del settore farmaceutico

C

osmofarma Exhibition, fiera di riferimento nel settore farmaceutico tenutosi a Bologna dal 17 al 19 aprile scorso, ha registrato 29.771 presenze (+8% rispetto all’edizione 2014), con forte incremento dall’estero (+21%). La manifestazione, giunta alla sua 19a edizione è stata organizzata con il patrocinio di Federfarma e di Cosmetica Italia (Gruppo Cosmetici in Farmacia). Grande affluenza di pubblico e una significativa presenza di espositori hanno caratterizzato questa edizione: si contano 910 brand di cui 320 del settore farmaceutico, 290 del settore cosmetico e 300 in quello dei servizi per le farmacie. Duccio Campagnoli, presidente di BolognaFiere ha dichiarato che si è trattato del Cosmofarma dell’innovazione del modello di una nuova farmacia, con le solu-

46

Professione Salute

aprile 2015

zioni digitali proposte da 21 nuovi giovani imprenditori, presentate nel primo “Startup Village”, dedicate a rendere più facile e più fruibile il servizio. È stato inoltre il Cosmofarma delle farmacie rurali, con il loro ruolo di grande rilevanza sociale, particolarmente attente ai cambiamenti che la tecnologia consente, facilitando il lavoro di chi opera anche in contesti non metropolitani. Un’attenzione particolare è stata posta sul valore crescente dei prodotti italiani per l’integrazione alimentare, per la salute e il benessere, nelle nuove direzioni della nutraceutica e cosmeceutica. Parallelamente a Cosmofarma, si sono tenuti due importanti eventi, fortemente specializzati, Nuce, salone delle materie prime per l’industria nutraceutica, e Food-Ing, esposizione e conferenza dedicata agli ingredienti fo-

od & beverage per i settori dell’industria alimentare e delle bevande. I due eventi hanno aumentato del 50% i visitatori rispetto all’anno scorso, con la presenza dei più importanti marchi. Cosmofarma 2015 si è contraddistinta anche per l’internazionalità, registrando un +21% di visitatori provenienti dall’estero. L’edizione 2015 ha dato una spinta all’internazionalità puntando sui mercati in forte sviluppo: Russia, Scandinavia, Area Balcanica, Spagna, Regno Unito, Polonia, Bulgaria ed Egitto, risultato ottenuto, grazie alla collaborazione delle Camere di Commercio Italiane e a un programma di Road Show durante i quali è stata presentata la manifestazione, con l’obiettivo di diffondere l’immagine di Cosmofarma e imporsi sempre più a livello internazionale. Diversi gli eventi organizzati durante la fiera: 80 tra convegni, workshop, incontri che hanno sottolineato il ruolo importante che la fiera ricopre nell’aggiornamento professionale e scientifico, offrendo soluzioni per affrontare industria, servizi, nuove

normative negli attuali scenari in cambiamento. Di questo si è parlato durante i convegni a cura di Federfarma, Farmindustria, Utifar, Fenagifar, Asis, Aiipa, FederSalus, Sunifar, con il supporto di numerose organizzazioni. Tra gli eventi più significativi di questa edizione, l’iniziativa “In Farmacia con i Bambini”, realizzata in collaborazione con la Fondazione Francesca Rava con l’obiettivo di affiancare al business, l’attenzione verso le istituzioni di volontariato e di sostegno nei confronti delle categorie più svantaggiate. Diversi sono stati i nuovi progetti e le nuove soluzioni presentati durante Cosmofarma per affrontare un mercato sempre più globalizzato e sempre più competitivo.



eventi e corsi

al via la VI edizione di pianeta nutrizione & integrazione di Lara Romanelli

D

a giovedì 25 giugno sono in programma tre giornate del Congresso “Pianeta Nutrizione & Integrazione” giunto alla VI edizione, che si terrà presso il Centro Congressi di Rho “Stella Polare” in concomitanza con Expo Milano 2015. L’evento si rivolge a un vasto pubblico di medici, farmacisti, nutrizionisti e operatori del settore ed è uno tra i principali momenti di aggiornamento e formazione nel campo degli integratori e della corretta nutrizione. Professione Salute ha intervistato il professor Gian Vincenzo Zuccotti - direttore della Clinica pediatrica e del Dipartimento pediatrico presso l’Ospedale

dei Bambini Milano, nonché membro del comitato scientifico di Pianeta Nutrizione & Integrazione - che ci ha illustrato le novità della kermesse ricca di convegni, aggiornamenti scientifici, dibattiti e ospiti internazionali. Professore, quali sono le novità della prossima edizione di Pianeta Nutrizione & Integrazione? La novità più importante è che quest’anno si svolgerà a Milano, in concomitanza con Expo 2015, e non nella consueta sede di Parma. La seconda novità è che il

congresso Pianeta Nutrizione Kids, relativo alla parte pediatrica, è stato inserito tra gli eventi sostenuti dalla Commissione europea, con l’obiettivo di farlo circolare in tutta Europa. Si parlerà di corretti stili di vita, del ruolo dell’alimentazione nei primi anni di vita e di come si può intervenire per modificare lo sviluppo di sovrappeso e di obesità nella nostra popolazione infantile. A proposito della nutrizione infantile, il 25 giugno si terrà la conferenza dal titolo “International pediatric conference on food, physical activity and well-being: tackling childhood obesity through prevention”, che affronterà l’importante e attuale tema della prevenzione dell’obesità infantile. Quali sono i fattori che determinano l’obesità dei bambini e quali i comportamenti alimentari e gli stili di vita corretti da adottare per prevenirla? Purtroppo il sovrappeso, come l’obesità, rappresenta un problema che interessa ormai tutto il mondo: i Paesi industrializzati in primis ma purtroppo anche

48

Professione Salute

aprile 2015


eventi e corsi

i Paesi in via di sviluppo. I grandi temi di Expo 2015 riguarderanno soluzioni per contrastare i problemi nutrizionali che vanno dalla malnutrizione alla eccessiva nutrizione, dalla magrezza patologica al sovrappeso e all’obesità. Un terzo della popolazione infantile si trova infatti oggi, in condizioni di sovrappeso e di obesità. Quello che sembra emergere maggiormente è l’importanza dell’alimentazione soprattutto nei primi tre anni di vita. È fondamentale consigliare le migliori e le più corrette abitudini alimentari per contrastare il fenomeno del sovrappeso e dell’obesità, in particolare occorre una maggiore attenzione alla modalità di alimentare i nostri bambini nei primi tre anni di vita e un’attenzione a incoraggiare il movimento e l’attività fisica. Durante il congresso, un’intera sessione sarà dedicata a questo ultimo aspetto: il problema della sedentarietà è molto sentito nelle nostre città, dove ci sono meno spazi sicuri, rispetto a una volta, dove poter far muovere i nostri bambini e cresce la tendenza da parte dei genitori, a parcheggiarli davanti al computer e alla televisione. In passato, il movimento riusciva a contrastare quelle che erano le cattive abitudini alimentari; oggi, non avendo questa ampia possibilità di movimento, dobbiamo cercare delle soluzioni alternative e sia-

mo costretti a porre più attenzione alla qualità e alla quantità di cibi che i nostri bimbi assumono. Quali saranno gli altri temi trattati, in linea con le tematiche di Expo 2015? Verrà posta un’attenzione particolare anche al ruolo dei probiotici oggi che agiscono sulla flora batterica. Ancora una volta, tutto si gioca soprattutto nei primi tre anni di vita, come attenzione a una corretta alimentazione - inclusa l’assunzione di alimenti che possano favorire una certa flora intestinale - sia come attenzione all’attività fisica. Quindi è importante il ruolo del microbiota intestinale che una corretta alimentazione può favorire o meno, contrastando di conseguenza lo sviluppo di sovrappeso e obesità. Durante il congresso ci sarà anche una parte dedicata alla crescita e agli aspetti endocrinologici; saranno presentate le carte dei percentili di crescita di tutti i Paesi del mondo, per far capire che la genetica è importante e che i bambini europei non crescono esattamente come i bambini dell’Asia, piuttosto che dell’Africa e che ogni Paese ha dei percentili di riferimento che bisogna conoscere e ai quali bisogna riferirsi, per evitare di considerare impropriamente in sovrappeso e sottopeso delle popolazioni che invece in realtà non lo sono.

Qual è l’obiettivo di Pianeta Nutrizione per questa edizione? L’obiettivo è quello di sensibilizzare il pubblico sull’importanza di una corretta alimentazione, di corretti stili di vita e in modo particolare nei primi anni di vita. Abbiamo anche realizzato un decalogo che presenteremo in occasione di questo evento dove abbiamo cercato di riassumere l’importanza di una corretta alimentazione a partire dalla gravidanza fino alla nascita, sottolineando l’importanza dell’assunzione del latte materno, fino all’alimentazione nel secondo e terzo anno di vita. A quale target si rivolge il vostro congresso? L’evento si rivolge ai pediatri italiani, europei e di tutto il mondo che desiderino partecipare. Vorremmo comunque cercare di utilizzare un linguaggio chiaro anche per i visitatori di Expo che saranno presenti durante i tre giorni del congresso, affinché riescano a comprendere al meglio gli argomenti che discuteremo.

aprile 2015

Professione Salute

49


le aziende informano

Una linea phyto garda per depurare l’organismo

C

on l’arrivo della primavera si ha l’esigenza di depurare e purificare l’organismo sia dall’interno sia all’esterno. In primavera infatti, ma anche in altre particolari condizioni (post-gravidanza, sovrappeso, eccessi alimentari, pelle impura) è indispensabile ripulire l’organismo dalle tossine endogene, prodotti del catabolismo e radicali liberi, ed esogene come inquinamento, batteri e virus, che si accumulano nei nostri organi con importanti conseguenze negative per la salute: pancia e gambe gonfie, pelle opaca, stanchezza. È im-

portante agire a livello dei principali organi emuntori - fegato, intestino, reni e pelle - che trasformano le tossine nella forma più adatta alla loro espulsione. L’organismo si

autodepura fisiologicamente, ma spesso occorre stimolare o accelerare questo processo. Phyto Garda presenta una linea di prodotti per depurare l’organismo: per 3D e 3D Gold ha selezionato piante come il carciofo e il tarassaco che agiscono a livello del fegato, la betulla e l’equiseto che agiscono a livello renale, la bardana e il sambuco depurativi per la pelle, il finocchio utile per la funzione intestinale e il tè verde, un efficace antiossidante che protegge l’intero organismo dall’invec-

chiamento cellulare. Per un’azione più strettamente drenante sono state scelte piante come l’ortica e i peduncoli di ciliegio. Phyto Garda propone inoltre Aloe vera PG a base di puro succo di aloe gel, Caffè verde PG per favorire il sostegno metabolico e Fermentix Pancia Piatta Intensivo, a base di finocchio per l’eliminazione dei gas e tè verde per il controllo del peso corporeo. Phyto Garda Tel. 045 6770222 info@phytogarda.it www.phytogarda.it

per l’estate in arrivo: ecamannan, un aiuto per perdere peso

P

er chi ha problemi di sovrappeso inizia la corsa alla dieta più efficace che permetta di perdere i chili di troppo, in vista dell’estate. Un aiuto può essere rappresentato da Ecamannan di Cadigroup, un integratore costituito esclusivamente da Glucomannano ad alta viscosità (E425): fibra alimentare pura al 100% senza additivi. Questa fibra di alta qualità è in grado di catturare molta acqua e di rigonfiarsi nello stomaco, formando un gel viscoso, compatto, ma morbido. Tale gel, aumentando la massa gastrica, distende la mucosa e inibisce la secrezione di grelina (ormo-

50

Professione Salute

aprile 2015

ne oressizzante) anticipando la sazietà (satiation). Rallenta inoltre lo svuotamento gastrico inducendo un prolungato senso di sazietà tra un pasto e l’altro (satiety). Lo speciale Glucomannano di Ecamannan, grazie alle sue caratteristiche è in grado di catturare parte del colesterolo e degli acidi biliari, riducendo le LDL e il TC; rallenta inoltre l’assorbimento del glucosio, abbassando il picco glicemico post-pran-

diale e riducendo fino al 50% la risposta insulinemica. L’integratore agisce anche a livello intestinale, stimolando la proliferazione della flora intestinale benefica e portando a un aumento della produzione degli ormoni della sazietà (GLP1, CCK, PYY). Nell’intestino, inoltre, la massa compatta, morbida e ricca di acqua che si forma contribuisce ad aumentare e idra-

tare la massa fecale, andando a risolvere eventuali problemi di stipsi. Ecamannan è disponibile in capsule o in barattolo e si consiglia l’uso di due-tre capsule o un misurino di polvere prima di ogni pasto principale. L’integratore è privo di glutine e di lattosio e privo di effetti collaterali, adatto quindi anche in gravidanza e allattamento, in età pediatrica, e anche per periodi molto prolungati. Cadigroup Tel. 06 50930353 info@cadigroup.it www.cadigroup.eu




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.