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editoriale Giuseppe Roccucci
La risorsa umana è un costo o un capitale?
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rosegue senza sorprese il trend già prefigurato da alcuni anni sull’andamento delle vendite dei singoli comparti nelle farmacie. Il 2018 ha registrato un fatturato totale delle farmacie di poco più di 24 miliardi di euro, con una flessione di circa 1 punto percentuale sul 2017.
Si attesta poco sotto il 60% del totale la vendita di farmaci di fascia A e C, confermando il trend discendente con una riduzione del 3,5% rispetto al 2017 (fonte IMS). Molteplici i fattori che influiscono su questo aspetto, quali il sempre maggior utilizzo dei meno costosi farmaci equivalenti, il maggiore controllo della spesa farmaceutica da parte dei Governi, la maggiore consapevolezza del paziente che riduce la sua richiesta al medico per malattie lievi e non ultimo l’orientamento di attribuire direttamente in capo agli ospedali, saltando di fatto la distribuzione tramite le farmacie, la dispensazione dei più costosi farmaci innovativi. Il riequilibrio dei conti nella farmacia si è raggiunto con l’aumento (poco più del 2%) delle vendite del comparto commerciale, che nel 2018 raggiunge il 41% delle vendite. In par-
ticolare continua la corsa degli integratori (3,7 miliardi e + 4,5%), quella dei prodotti da banco (2,3 miliardi e + 2,6%), quella della cura personale, dell’igiene e della cosmesi (2 miliardi e + 0,7%) e infine quella dei parafarmaci (1,7 miliardi).
“
La forza lavoro non deve mai
costituire un costo,
ma tendere a diventare
e a rimanere un capitale per la farmacia
In questo scenario evolutivo assume grandissima importanza la capacità del farmacista di saper valorizzare la produttività del proprio capitale, soprattutto quello umano. L’analisi del comportamento della clientela e delle sue abitudini di acquisto consente al farmacista di capire meglio i diversi carichi di lavoro da attribuire ad ogni dipendente, anche in base alle corrette e più produttive fasce di orario. Sarà inoltre possibile per il farmacista valutarne meglio e più correttamente la produttività, intesa come capacità di vendita di ognuno
”
rapportata alla fascia di orario standard affidatagli. L’equilibrio economico di ogni impresa, e quindi anche la farmacia, si raggiunge sempre studiando con attenzione i modi per aumentare le vendite e migliorare le marginalità, ma anche ponendo altrettanta attenzione alla capacità di valorizzare al massimo le proprie risorse produttive. In sintesi, la forza lavoro non deve mai costituire un costo, ma tendere a diventare e a rimanere un capitale per la farmacia.
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un abbonamento a scelta tra
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Ne parliamo con federfarma Milano, lodi e monza brianza celebra i suoi 160 anni pensando al futuro
Infezioni urogenitali Infezioni delle vie urinarie: un dolore da curare
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Gravidanza diabete gestazionale: aspetti epidemiologici e fattori di rischio
Dermatologia Prodotto in copertina acne: patologia nuova linea zendium a ponte tra professional: dermatologia protezione naturale clinicamente dimostrata e medicina estetica
Ortopedia Disturbi muscoloscheletrici: linee guida poco seguite
Malattie croniche Malattie croniche, agire sull’infiammazione può aiutare a prevenire
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Igiene orale Clorexidina nella terapia di supporto della gengivite
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Dermatologia smagliature: prevenzione e terapia
Professione Salute Bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione Direttore responsabile Giuseppe Roccucci Coordinamento editoriale Rachele Villa r.villa@griffineditore.it Marcella Valverde marcella.valverde@tiscali.it Redazione Andrea Peren a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli l.romanelli@griffineditore.it
SIDeMaST
Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse
Grafica Grafic House, Milano Hanno collaborato in questo numero Carla Carnovale, Beatrice De Vecchi, Piercarlo Salari, Renato Torlaschi, Gabriele Tafel, Cosma Capobianco Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Ufficio Abbonamenti Maria Camillo customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Stampa Alpha Print srl Via Bellini, 24 - 21052 Busto Arsizio (VA)
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Attualità
Editore Griffin srl unipersonale Piazza Castello 5/E - 22060 Carimate (CO) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it Professione Salute Periodico bimestrale Anno IX - n. 2 - luglio 2019 Registrazione del Tribunale di Como n. 4 del 14.04.2010 ISSN 2531-8748 Iscrizione Registro degli operatori di comunicazione n. 14370 del 31.07.2006 Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. Il contenuto del giornale non può essere riprodotto o traferito, neppure parzialmente, in alcuna forma e su qulalsiasi supporto, salvo espressa autorizzazione scritta dell’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.
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ne parliamo con
federfarma Milano, Lodi e Monza Brianza celebra i suoi 160 anni pensando al futuro Prima associazione in Italia fra i titolari di farmacia, la sua presenza sul territorio è stata fondamentale nel corso del tempo. Infatti ha saputo costruire una grande storia e un servizio capillare rivolto sempre ai bisogni del cittadino. Il futuro, però, non sarà da meno
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nata nel 1859 per “sollevare l’Arte farmaceutica dall’avvilimento in cui giace...” e garantire “un’equa distribuzione topografica delle farmacie”. E, ancora, per organizzare “un grande magazzino di preparati chimici e droghe medicinali, dove ogni farmacista potesse versare il frutto de’ suoi studi peculiari e de’ suoi lavori; che si provvedesse d’origine per le materie prime e che, sorvegliato da una Commissione d’assaggio, i medicinali dispensati pel consumo delle Farmacie fossero garantiti per la loro purezza e qualità”. Come si può facilmente intuire, l’attenzione per la qualità delle terapie è scritta nel DNA di Federfarma Milano, Lodi e Monza Brianza, la prima associazione tra farmacisti titolari costituita in Italia e che celebra oggi i suoi “primi” 160 anni. Questa sua missione, oggi come ieri, è la stella polare di Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia.
Intervista di Marcella Valverde
Annarosa Racca Presidente di Federfarma Lombardia 6
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Dottoressa Racca, l’Associazione ha tagliato un traguardo importante per tutti, sia per i cittadini, sia per i farmacisti. Cosa può dirci in merito? L’Associazione lombarda è da 160 anni al servizio del cittadino. Anche per noi è stato motivo di orgoglio, e anche di un po’ di commozione, riscoprire nel racconto dei primi giorni tutta la tensione etica e l’impegno sociale che anima a tutt’oggi le nostre farmacie: ben comprendiamo lo sforzo della capillarità e della prossimità, che ispirò sin da subito l’idea di un’equa distribuzione “geografica”, la collaborazione costante con le istituzioni, in primis con quelle regionali. E poi l’idea, davvero visionaria, di fondare una sorta
di “ufficio brevetti” dei preparati galenici che sta a lì a testimoniare, nella storia, l’importanza di un altro dei nostri mantra: l’attenzione per la qualità delle terapie e per un consiglio qualificato al paziente. Senza la nostra Associazione, i suoi valori, il suo impegno e il suo spirito di collaborazione con il Sistema sanitario, ritengo che forse il servizio farmaceutico, come lo conosciamo oggi, non avrebbe mai visto la luce. Durante la serata di gala, organizzata nella splendida cornice del Conservatorio milanese, l’Associazione ha festeggiato il suo compleanno con la pubblicazione del libro “La nostra storia è il nostro futuro”: un messaggio importante, vero? Sì, in effetti è un titolo che rievoca il ruolo di guida assunto da Milano fin dalla nascita dell’Associazione, ma che sottintende anche a un compito impegnativo per il futuro. Il volume è stato scritto da Michele Riva, docente di storia della medicina, e da Angelo Beccarelli, presidente dell’Accademia di storia della farmacia. Abbiamo deciso di festeggiare così questo traguardo perché la Storia ha sempre qualcosa da insegnarci e la nostra Associazione di storie da raccontare ne ha molte: lotte per la difesa della categoria, accordi con le Istituzioni, riforme della sanità, scioglimento dell’Associazione e sua ricostituzione, elezione di tre titolari iscritti alla nostra Associazione alla Presidenza di Federfarma sono solo alcune delle numerose vicende occorse durante questi 160 anni. Tuttavia, è una ricorrenza che deve essere per noi uno stimolo per guardare al futuro della nostra professione e della farmacia come istituzione
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intervista ad annarosa racca
territoriale e primo presidio del Servizio sanitario. Come cambierà la farmacia nei prossimi anni? Sarà più digitale, aperta a nuovi servizi e più integrata con l’assistenza primaria, sarà fondamentale nella gestione delle terapie del paziente, nel favorire l’aderenza e nel promuovere la cultura della prevenzione. Dovrà essere sempre riconosciuto il contributo vitale che i farmacisti assicurano alla salute: la professione deve migliorare ulteriormente partecipando attivamente al rafforzamento delle farmacie all’interno dei sistemi sanitari regionali. Quindi l’obiettivo è sempre quello che ha animato l’Associazione 160 anni fa: qualità delle cure e sicurezza del paziente. Certamente: le farmacie lombarde sono un servizio di eccellenza nell’ambito sanitario. E non lo diciamo noi, ma anche i numerosi studi e le statistiche elaborate da enti indipendenti. La qualità della cura si assicura fornendo un numero sempre maggiore di servizi, aggiornandosi tecnologicamente e professionalmente: questo ruolo, per i nostri associati, è stato sempre svolto in modo eccellente dalla Fondazione Guido Muralti che, da più di trent’anni, si occupa dell’aggiornamento in chiave economico-scientifica dei farmacisti. Dovremo sempre contribuire a migliorare la salute pubblica declinando i nostri obiettivi su due impegni: la prevenzione e le malattie croniche. Quest’ultimo impegno è un principio molto vicino all’esperienza recente dei farmacisti lombardi che, con la nuova riforma della Sanità regionale, si sono messi fortemente in gioco nella gestione del paziente cronico. Infine, l’aumento dell’adesione agli screening di prevenzione grazie alla collaborazione delle farmacie è un dato di fatto dimostrato da molti anni, come accade per lo screening contro il tumore del colon-retto. Il cuore della farmacia è e sarà sempre l’accesso ai farmaci. Io come presidente, insieme a tutto il consiglio dell’Associazione, ci siamo sempre battuti affinché in farmacia debbano essere disponibili, subito per i cittadini, tutti i farmaci, a parte quelli che hanno bisogno di una somministrazione o di uno strettissimo controllo medico. Abbiamo sempre assicurato nelle nostre province un’uniformità di assistenza su tutto il territorio. In questo modo si tutela la salute pubblica e la tenuta del Sistema sanitario. Con orgoglio possiamo dire che tutto ciò che passa
dalla farmacia è controllato e controllabile in qualsiasi momento, spesso in tempo reale: una garanzia per il Sistema sanitario regionale che ha sempre creduto in noi. Non è solo il Sistema sanitario ad avere fiducia in voi: è emerso che anche per i cittadini siete un punto di riferimento. I residenti delle tre province di Milano, Lodi e Monza Brianza ci hanno assegnato valutazioni che hanno premiato il nostro costante impegno. Infatti, dalle indicazioni che emergono dalla ricerca condotta da Renato Mannheimer per Eumetra MR su commissione di Federfarma Milano, e che ha indagato immagine e ruolo della farmacia tra i cittadini, si dice che la farmacia continua a godere della piena fiducia di tutti gli italiani o quasi. Solo l’1% del campione selezionato per lo studio – 800 individui, statisticamente rappresentativi della popolazione che abita nelle tre province – ritiene che in dieci anni la qualità del servizio offerto dalle farmacie sia peggiorata, più un altro 1% che nello stesso periodo non ha visto mutamenti e valuta negativamente la propria esperienza. Dall’altra parte, invece, il 40% ritiene che negli ultimi 10 anni la qualità dell’assistenza offerta sia migliorata e il 57% giudica questa stessa qualità invariata e positiva. Le valutazioni positive, in particolare, si concentrano sui contenuti più professionali della farmacia: la capacità di consigliare e assistere ottiene voti da 8 a 10 dal 79% del campione, il 78% esprime lo stesso giudizio sull’accoglienza, il 75% sull’efficacia delle soluzioni offerte, il 69% sulla disponibilità dei prodotti. I voti, ha spiegato Mannheimer, mostrano oscillazioni molto contenute tra le tre province e tra capoluogo e singola provincia, il che testimonia un’uniformità di servizio difficile da trovare in altri settori. Che messaggio vuole dare ai suoi colleghi per il futuro? La passione e l’impegno che hanno animato questi 160 anni dovranno essere gli stessi, se non ancora maggiori: si delineano davanti a noi nuove sfide da affrontare e nuovi traguardi da raggiungere. Di certo desidero incoraggiare i farmacisti a proseguire sul cammino tracciato in questi lunghi anni dalla nostra Associazione, certa che avremo modo di essere orgogliosi, come lo siamo oggi, di quanto faremo.
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profuso dalla categoria è stato confermato anche dal gradimento da parte dei cittadini che hanno premiato la professionalità e l’efficacia dell’assitenza da parte delle farmacie del territorio. Anzi, hanno manifestato una fidelizzazione verso la “propria” farmacia perché lì trovano non solo le cure di cui hanno bisogno, ma anche un rapporto umano importantissimo che va a incidere altresì sull’aderenza alle cure
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Il costante impegno
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nuova linea zendium professional: protezione naturale clinicamente dimostrata La nostra bocca può ospitare fino a 100 miliardi di batteri: alcuni sono patogeni mentre altri svolgono un ruolo vitale di protezione del cavo orale. L’insieme di questi batteri è chiamato microbioma orale. La capacità della bocca di autodifendersi è straordinaria: il suo naturale sistema di difesa tiene sotto controllo i batteri, facendo così da barriera per denti e gengive. Questo scudo orale naturale è costituito da enzimi e proteine che mantengono in costante equilibrio la flora batterica della bocca. Mantenere questo microbioma sano ed equilibrato può contribuire a tenere sotto controllo diversi problemi specifici, tra cui le gengiviti. Diversi fattori pos8
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sono influire sull’equilibrio del microbioma, per esempio l’invecchiamento, il fumo o le cure farmacologiche. Zendium nasce da un concetto innovativo: rafforzare le difese naturali della bocca per prendersi cura della propria igiene orale grazie alle proteine e agli enzimi. Ispirata alla bioscienza, infatti, la sua formula all’avanguardia agisce in armonia con la bocca. La storia di Zendium inizia in Scandinavia nel 1969. Il microbiologo Henk Hoogendoorn si prefisse di sviluppare un dentifricio in grado di proteggere la mucosa orale secondo i meccanismi naturali. Il Dr. Hoogendoorn studiò il modo in cui la nostra bocca tiene naturalmen-
te sotto controllo i batteri scoprendo un sistema di enzimi e proteine che vanno a costituire le sue difese naturali. Sulla base di quel sistema, sviluppò un dentifricio che agisce in armonia con la bocca e ne rafforza le difese: Zendium. Oltre a questa straordinaria combinazione di elementi, Zendium non contiene SLS (laurilsolfato di sodio), ma si avvale di un agente schiumogeno delicato (Steareth-30) e un aroma gradevole. Questi ingredienti sono delicati sui tessuti molli della bocca ed è per questo che Zendium è delicato ma efficace. L’efficacia di Zendium è clinicamente dimostrata: promuove un microbioma orale equilibrato, aumenta i batteri
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buoni della bocca riducendo allo stesso tempo altri batteri cattivi1. Zendium è il dentifricio al fluoro per uso quotidiano contenente una combinazione di enzimi e proteine, alcuni dei quali naturalmente presenti nella saliva, dove svolgono una funzione a supporto del benessere e dell’equilibrio del microbioma orale2. Dalla ricerca Zendium nasce la linea Zendium Professional: dentifrici e collutori ideati per bisogni specifici del cavo orale. La formula avanzata di Zendium con enzimi e proteine naturali permette un’azione efficace ma delicata sui tessuti della bocca. Partendo da questa combinazione unica di ingredienti, ogni dentifricio della nuova linea è sviluppato per esigenze specifiche. Le varianti, facilmente riconoscibili grazie ai diversi colori, si suddividono in: > Variante rossa - con lactoferrina, aiuta a combattere le cause di sanguinamento e infiammazione delle gengive: è clinicamente dimostrato che 8 persone su 10 hanno riscontrato gengive più sane dopo l’utilizzo3. > Variante verde - formula delicata per bocche soggette alla secchezza e alle afte, per una detersione che rispetti i tessuti della bocca, nonché per chi è affetto da stomatiti o ulcere frequenti. > Variante azzurra - per smalto forte. Aiuta a rafforzare i denti e a proteggerli dagli effetti dell’erosione dello smalto e dagli attacchi degli acidi che quotidianamente possono andare a colpire l’arcata dentale. > Variante rosa - per denti sensibili, con nitrato di potassio. Sviluppato per persone che soffrono di sensibilità dentinale. Zendium è ispirato alla capacità della bocca di autoproteggersi.
Infatti, mentre i batteri cattivi possono causare problemi orali, quelli buoni proteggono la bocca naturalmente. L’azione di Zendium, clinicamente dimostrata, è una combinazione unica di ingredienti volti a rafforzare le difese naturali della bocca. Le quattro nuove varianti per gengive, bocca secca, smalto e denti sensibili sono adatte per l’uso quotidiano anche in combinazione con i collutori della stessa linea: un collutorio specifico per gengive e uno adatto a chi ha bocca soggetta a secchezza e afte. I collutori Zendium Professional sono privi di alcol e di SLS e vantano gli stessi enzimi e proteine dei dentifrici. I dentifrici Zendium Professional possono essere consigliati a persone che stanno utilizzando collutori con clorexidina, un potente disinfettante antibatterico comunemente prescritto dal dentista come sussidio medico nel trattamento post intervento chirurgico. Tutti i dentifrici Zendium contengono fluoro e hanno un basso indice di abrasività. Zendium, quindi, può essere consigliato ai pazienti che vogliono mantenere un microbioma equilibrato, spiegando loro quali sono i fattori che possono determinare degli squilibri nel microbioma e suggerendo le corrette regole di igiene orale. è importante anche utilizzare lo spazzolino più adatto alla propria bocca: infatti è bene raccomandare di lavarsi i denti almeno due volte al giorno con un dentifricio al fluoro e uno spazzolino con setole morbide, per un’azione delicata sui bordi gengivali. è utile consiglaire anche di cambiare lo spazzolino ogni tre mesi e di farsi visitare regolarmente da un dentista. La nuova linea Zendium Professional è già disponibile nelle migliori farmacie e parafarmacie.
Bibliografia 1. Riferito al microbioma orale della placca e all’abbondanza relativa di specie batteriche notoriamente associate alla salute e ai problemi alle gengive dopo 14 settimane di spazzolamento per 2 volte al giorno con Zendium, rispetto alla situazione iniziale. 2. van ‘t Hof W, Veerman EC, Nieuw Amerongen AV, Ligtenberg AJ. Antimicrobial defense systems in saliva. Monogr Oral Sci 2014; 24:40–51. 3. Basato su 113 persone che hanno usato Zendium, in uno studio clinico sulla salute delle gengive, UK 2017.
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ortopedia / problemi muscoloscheletrici
Disturbi muscoloscheletrici: linee guida poco seguite A dispetto dell’esistenza di linee guida dedicate, la corretta gestione dei disturbi muscoloscheletrici cronici che, in prima battuta, approdano alla medicina generale, come la lombalgia aspecifica o l’osteoartrosi, non è affatto scontata
di Monica Oldani Giornalista Tabloid di Ortopedia
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è
un fatto risaputo che, in generale, l’implementazione di protocolli diagnostico-terapeutici standardizzati nell’ambito delle cure primarie sia spesso lacunosa e di scarsa efficacia. La questione, considerati l’incidenza di alcuni di questi disturbi nella routine non specialistica e i costi economici e sociali conseguenti a prescrizioni inappropriate, è da tempo ritenuta una delle più rilevanti tra le criticità
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sanitarie e per questo si lavora per identificare gli ostacoli che sono all’origine della mancata o parziale aderenza alle linee guida da parte delle figure professionali coinvolte. A tale proposito, è recente la pubblicazione di due revisioni sistematiche di studi qualitativi sulla percezione dei principali operatori delle cure primarie (prevalentemente medici di medicina generale) relativamente all’utilità e applicabilità delle linee guida e alle motivazioni dei propri comportamenti prescrittivi nella gestione rispettivamente della lombalgia aspecifica e dell’osteoartrosi. Nonché di un’indagine sulla propensione di quasi 600 professionisti del Department of Veterans Affairs statunitense a seguire la raccomandazione, caldeggiata dalla American Academy of Family Physicians all’interno del programma Choosing Wisely, di evitare il ricorso alla diagnostica per immagini (tomografia computerizzata o risonanza magnetica) nei casi di dolore lombare di recente insorgenza non accompagnato da indicatori di rischio (febbre, deficit neurologici progressivi, dolorabilità vertebrale, traumi, malattie sistemiche).
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Un consolidato rapporto
con il paziente può indurre il medico a non seguire le linee guida per assecondarne le opinioni e propensioni
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I motivi addotti per giustificare la scarsa adesione alle linee guida Sintetizzando i risultati dei vari studi, i motivi addotti dai partecipanti a giustificazione della complessivamente scarsa propensione a conformarsi alle indicazioni delle linee guida si possono ricondurre a tre aree tematiche fondamentali: la tendenza a prediligere un approccio intuitivo, basato sulla propria esperienza e sulla personale capacità di contestualizzare i problemi clinici attraverso la relazione consolidata con il singolo paziente; la limitata informazione sulle procedure di sviluppo delle linee
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venti non appropriati, molti sono poi quelli che cedono alla richiesta. Dichiarano infatti di temere una reazione negativa da parte del paziente nel caso decidano di astenersi dal prescrivergli l’esame o demandandone l’eventuale disposizione allo specialista, di non avere il tempo per argomentare una decisione diversa da quella che il paziente si aspetta, di non voler rischiare di incorrere in un’accusa di malpractice.
guida e quindi sulla natura e l’origine dei rispettivi contenuti; la necessità di mantenere integro il rapporto con il paziente anche tenendo conto delle sue opinioni e andando incontro alle sue aspettative. Quest’ultimo argomento, che ha strettamente a che fare con la fiducia riposta dal paziente nel curante, è quello che gioca maggiormente a sfavore dell’applicazione delle raccomandazioni evidence-based dei documenti ufficiali, anche tra i professionisti che in linea di principio le condividono. Ed è emerso come il movente principale, tra l’altro, della prescrizione di indagini diagnostiche non necessarie e soprattutto irrilevanti ai fini del trattamento. Nello studio statunitense, centrato esclusivamente su questo aspetto, sebbene solo il 3,3% dei medici affermi di ritenere opportuna l’esecuzione di una tomografia computerizzata o di una risonanza magnetica per una teorica paziente di 45 anni affetta da una lombalgia aspecifica che ne richieda la prescrizione, e ben il 77,1% esprima invece la preoccupazione che soddisfare tale richiesta possa aprire la strada ad altri inter-
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L’approccio biopsicosociale promosso nelle linee guida Di diversa natura, ma altrettanto importante nell’indurre il medico ad adottare i principi delle linee guida, o, viceversa, ad attenersi alla propria prassi abituale è la sua personale visione della malattia: nel caso della lombalgia, per esempio, l’adesione a un modello interpretativo strettamente biomedico mal si accorda con l’approccio integrato biopsicosociale promosso dalle linee guida; nel caso dell’osteoartrosi, invece, la sua frequente equiparazione all’ineluttabile processo di invecchiamento lascia ben poco margine agli interventi multidisciplinari raccomandati a livello internazionale. Le future strategie di implementazione di linee guida per la gestione dei disturbi muscoloscheletrici, come di altre comuni condizioni patologiche nel contesto delle cure primarie dovranno pertanto superare lo scoglio della percezione dell’approccio evidence-based come rigido e restrittivo, limitante l’autonomia del professionista e poco adattabile alla variabilità dei pazienti, rendere più immediata la comprensione e più agevole l’applicazione e, non ultimo, affiancare allo sviluppo delle indicazioni cliniche tecniche di comunicazione che siano efficaci nel merito e al contempo attente alla peculiarità della relazione, spesso di lunga data, tra il paziente e curante.
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dermatologia / trattamento dell’acne
acne: patologia a ponte tra dermatologia e medicina estetica Scelta del trattamento domiciliare più adatto in rapporto alla tipologia delle lesioni cliniche
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di Giuseppe Maria Izzo Specialista in Dermatologia e Venereologia, vice presidente Scuola Medicina estetica Icamp, Milano
acne, sia attiva che cicatriziale, rappresenta una delle problematiche che di più frequente si presentano al medico estetico. è una patologia di cui è necessario conoscere sia l’eziologia che la patogenesi e per la quale spesso il medico estetico non riesce a ottenere risultati brillanti nella correzione delle lesioni cliniche e nella guarigione della dermatosi. Eziologia dell’acne L’acne è una condizione che riconosce nella sua eziologia (fig. 1) alcuni punti fermi: si manifesta in genere nella pubertà sia nei maschi sia nelle femmine per la cascata ormonale connessa all’età, amplificata nei soggetti di sesso femminile per l’insorgere del ciclo mestruale, con le sue periodiche variazioni ormonali.
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All’insorgere della patologia concorrono anche una familiarità della malattia e le frequenti forme tardive che possono determinarsi per un clima caldo umido, sia dell’ambiente esterno sia nei luoghi delle pratiche sportive (principalmente il nuoto praticato in piscine chiuse), oppure per l’assunzione di farmaci sia per via generale sia topica, specialmente i cortisonici. Frequente è anche l’acne cosmetica, causata sia da errori nella detergenza, sia dall’utilizzo di creme non adatte alla cute seborroica. Spesso la patologia insorge o peggiora in autunno, per l’effetto negativo che i raggi solari hanno sul follicolo pilo-sebaceo: il quadro clinico migliora esponendosi al sole, ma l’ostio follicolare va chiudendosi per l’ipercheratinizzazione indotta da-
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dermatologia / trattamento dell’acne
gli stessi e di conseguenza l’acne insorge dopo il cessare dello stimolo luminoso. Patogenesi dell’acne Il primum movens è l’ipercheratosi del dotto della ghiandola che impedisce la fuoriuscita del sebo, che dal suo canto è prodotto in maggior quantità per la stimolazione ormonale. Questo determina la flogosi della ghiandola e della cute circostante con il comparire delle papule e delle pustole; progressivamente si rompe la parete della ghiandola, il sebo invade il derma e aumenta la reazione flogistica della cute perilesionale con la comparsa dei noduli che, approfondendosi e confluendo tra di loro, danno luogo alla comparsa delle lesioni cistiche, con possibili e probabili esiti cicatriziali estremamente antiestetici. Terapia generale e topica Il medico deve essere in grado di stabilire il modus operandi del trattamento domiciliare dell’acne seguendo un criterio logico di progressività dell’intervento terapeutico in rapporto alla tipologia delle lesioni presenti. A nostro avviso per un’acne comedonica vanno prescritti soltanto un giusto detergente, un efficace scrub e topici che possano essere moderatamente cheratolitici e sgrassanti la superficie cutanea. I problemi insorgono quando sono presenti lesioni papulo-pustolose e nodulari perché, a nostro giudizio, vanno prescritti come topici benzoilperossido e retinoidi in varie formulazioni d’uso (gli antibiotici non li amiamo per la loro relativa efficacia in seguito al formarsi intorno alle colonie batteriche del microbioma, che ne limita o ne impedisce l’azione terapeutica). In queste forme cliniche può essere indispensabile la prescrizione di terapie generali con inositolo e derivati specie nelle donne per la sua azione positiva sull’ovaio, mentre i retinoidi vanno riservati per le forme complicate e per l’acne volgare resistente alle tera-
pie sopracitate. Nelle donne in età fertile e con alterazioni ormonali e/o del ciclo è molto efficace la prescrizione di anticoncezionali che riteniamo da assumere in pulse terapy, ovviamente in accordo con il ginecologo. Trattamenti ambulatoriali Il punto di unione tra dermatologia e medicina estetica è costituito dai trattamenti ambulatoriali dell’acne. Molte le tecniche proposte, molte le apparecchiature durate sul mercato lo spazio di un mattino. Il nostro modus operandi, con un approccio step by step, è il seguente: nelle forme comedoniche peeling chimici soft con acido salicilico combinato con acido piruvico e acido azelaico; nelle forme papulo-pustolose gli stessi peeling seguiti dalla terapia biofotonica con un gel attivatore e un led a luce blu con azione specifica sulla ghiandola sebacea, oppure peeling con TCA low dose da solo o in combinazione con acido salicilico e retinolo (fig. 2).
Fig. 1: eziologia dell’acne.
Fig. 2: trattamento ambulatoriale con utilizzo di peeling chimici.
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dermatologia / trattamento dell’acne
Nelle forme più complesse utilizziamo di solito la terapia fotodinamica con acido delta amino-levulinico o metil amino-levulinato, la cui applicazione è preceduta da un soft peeling di apertura all’azione dei fotosensibilizzanti. Ovviamente utilizziamo, non solo questo trattamento molto efficace e al contempo molto invasivo, ma in alternanza i peeling sopracitati e/o la terapia biofotonica (fig. 3 a-b-c).
Fig. 3 a-b-c: terapia biofotonica nel trattamento dell’acne.
Il problema dell’acne cicatriziale In questo caso l’approccio è diverso: inizialmente un peeling all’acido piruvico per purificare e sgrassare la cute sfruttandone la lipofilia, poi una scelta in rapporto al caso tra una serie di peeling al TCA a varia concentrazione e una serie di sedute di laser frazionato CO2; oppure varie sessioni con una radiofrequenza frazionata, utilizzando in sequenza micro aghi nel derma per una bioristrutturazione della zona, e
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successivamente un terminale ablativo per un’omogenizzazione della superficie cutanea. Conclusioni Ci sembra giusto ribadire che l’acne rappresenta una patologia dermatologica che va ben inquadrata e curata, anche con l’aiuto di un dermatologo e di un ginecologo. Le lesioni antiestetiche che sono presenti devono essere trattate in rapporto alla tipologia prevalente delle stesse e in cicli di trattamenti ambulatoriali anche combinati o alternati tra di loro. La parola fine alla patologia attiva potrà essere pronunciata solo quando nuove lesioni non ricompariranno dopo la fine dei trattamenti. Per quanto riguarda le forme cicatriziali, le attuali tecniche di trattamento ci consentono un notevole miglioramento degli esiti ma è difficile farli scomparire del tutto. Da poco tempo stiamo provando un’innovativa apparecchiatura che ci consente di diffondere in modo omogeneo sostanze attive nel derma, come acido ialuronico o cortisone, per aiutarci a migliorare queste antiestetiche lesioni. Come vedete, work in progress!
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malattie croniche / infiammazioni
malattie croniche, agire sull’infiammazione può aiutare a prevenire di Renato Torlaschi
La maggior parte delle malattie croniche degenerative sono associate a una rottura dell’equilibrio infiammatorio: è così per molti tumori e patologie cardiovascolari, le cronicità dell’apparato respiratorio, le malattie connesse all’immunità e all’autoimmunità 18
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È
un amplissimo spettro di condizioni patologiche che si manifestano specialmente dopo i sessant’anni e rappresentano uno dei carichi principali di malattia per una fascia di cittadini sempre più ampia nei Paesi economicamente più sviluppati: il loro effetto sul costo della sanità, sulla qualità e sulla durata della vita stanno diventando imponenti. Come spiega Ugo Pastorino, direttore del programma di diagnosi precoce e prevenzione del tumore polmonare della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, «il riscontro di una relazione tra
infiammazione cronica e malattie degenerative non è nuovo, ma quello che oggi è di grande interesse è il fatto che una parte di queste malattie legate all’infiammazione possono essere controllate o ridotte attraverso la prevenzione. Non si tratta solo di identificare un’infiammazione e poi curarla con medicine, perché questo si fa già adesso: l’uso di farmaci che hanno un impatto sull’infiammazione, acuta o cronica, è ormai ubiquitario, ma non ricorriamo altrettanto spesso a interventi sull’infiammazione precedenti alla comparsa di malattie gravemente invalidanti. Oggi invece, l’in-
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malattie croniche / infiammazioni
teresse dei ricercatori è volto a identificare uno stato infiammatorio preclinico o subclinico quando non si è ancora manifestato con sintomi o malattie: pensiamo che ci sia uno spazio per intervenire precocemente e ridurre in tal modo la frequenza, la gravità o la precocità di comparsa di malattie vere e proprie; vogliamo intercettare in anticipo lo stato infiammatorio e tentare di modificarlo», spiega. I metodi di indagine «Identificare l’infiammazione cronica è semplice: un test del sangue è sufficiente per rilevare anche uno stato infiammatorio iniziale e modesto, basta misurare parametri come la VES, la velocità di sedimentazione degli eritrociti, o la PCR, la proteina-C reattiva. Abbiamo anche l’esperienza positiva dell’efficacia dell’utilizzo di alcuni antinfiammatori “basic”, come l’acido acetilsalicilico nella prevenzione dell’insorgenza o della complicazione di eventi cardiovascolari in soggetti che ne hanno già sofferto uno, oppure si trovano in condizioni di rischio elevato. Ormai da due o tre decenni – continua Pastorino – si sono condotti trial che dimostrano come l’assunzione quotidiana di cardioaspirina sia efficace a questo scopo e oggi sappiamo anche che può prevenire alcuni tumori, soprattutto del colon ma anche del polmone. Cos’abbiamo fatto in più rispetto a questo? In uno studio concluso recentemente, abbiamo dimostrato che anche livelli di PCR compresi tra 2 e 5, quindi collocati in un ambito che è ritenuto perfettamente normale, conferiscono un elevato aumento del rischio di cancro e una più alta mortalità per tutte le altre cause». Ora però il gruppo di ricerca di Ugo Pastorino, che è anche direttore della Struttura complessa di Chirurgia toracica dell’Istituto nazionale dei tumori, è pronto a un ulteriore salto di qualità: non vuole limitarsi a fotografare il rischio, ma provare a modificarlo, abbassando il livello di infiammazione.
infiammazione e fumo Quello pubblicato recentemente su Scientific Reports1, è uno studio che è stato condotto su oltre 3.000 fumatori: si tratta del più grande di tipo prospettico disponibile fino a oggi e ha evidenziato che smettere di fumare ha un effetto favorevole nel ridurre i valori della proteina-C reattiva (PCR), un importante marcatore di infiammazione. Il vantaggio non è però evidente a breve termine, ma solo dopo diversi anni dalla cessazione dell’uso delle sigarette. Il lavoro è stato condotto da alcuni speciali-
sti di due centri di ricerca milanesi, la Fondazione dell’Istituto nazionale dei tumori e l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. Si è osservato che la prevalenza di un alto livello infiammatorio è ridotta del 20% negli ex-tabagisti rispetto ai fumatori attuali. Dopo quattro anni dall’ultima sigaretta, i livelli di PCR diminuiscono significativamente con l’aumentare degli anni di astinenza, con una riduzione di circa il 50% dopo otto anni dalla cessazione rispetto a chi continuava a fumare.
«Lo possiamo fare in vari modi: aiutando il paziente a smettere di fumare, prescrivendo cardioaspirina da assumere tutti i giorni e modificando la dieta, mantenendone la qualità e varietà, ma riducendo il rapporto tra cibi pro-infiammatori e cibi anti-infiammatori. In questo modo è anche possibile ridurre quell’eccesso di peso che purtroppo è molto più comune di quanto si pensi, anche aiutandosi con l’esercizio fisico: siamo convinti che trenta minuti di attività intensa al giorno siano in grado non solo di ridurre il peso, ma di agire anche sulla componente infiammatoria. È quanto ci proponiamo di dimostrare con il programma SMILE». Si tratta di un trial clinico randomizzato, partito all’inizio del 2019: i ricercatori hanno diviso i partecipanti, fumatori senza patologie particolari di età compresa tra i 55 e i 75 anni, in diversi gruppi in modo da poter valutare nel tempo il beneficio di ogni singolo intervento, confrontandolo con i gruppi di controllo composti da soggetti di pari età e condizioni, ma non trattati in alcun modo. In realtà, linee guida europee con consigli su come fare per migliorare lo stile di vita sono in circolazione da vent’anni, ma quello che producono in termini concreti è ab-
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vuole dimostrare che, smettendo di
fumare e agendo sul sistema immunitario e sulla componente infiammatoria attraverso la dieta, il movimento fisico, alcuni antinfiamamtori e altri interventi mirati, si abbassa anche il rischio di sviluppare un tumore
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polmonare
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Il programma SMILE
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malattie croniche / infiammazioni
Bibliografia 1. Gallus S, Lugo A, Suatoni P, Taverna F, Bertocchi E, Boffi R, Marchiano A, Morelli D, Pastorino U. Effect of Tobacco Smoking Cessation on C-Reactive Protein Levels in A Cohort of Low-Dose Computed Tomography Screening Participants. Sci Rep. 2018 Aug 27;8(1):12908.
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bastanza poco. «Noi vogliamo invece avviare un programma di modificazione attiva – dice Pastorino – andando a profilare il livello di dieta di ogni singolo individuo; per ciascuno, sulla base dello specifico stato infiammatorio, dell’indice di massa corporea, delle sue condizioni di salute generale e delle abitudini quotidiane, intendiamo proporre un intervento personalizzato, di tipo prevalentemente dietetico. Nel nostro Istituto è già attivo un programma sul cancro della mammella che sta fornendo risultati molto interessanti e che, già da molti anni, viene associato alla sindrome metabolica. Invece, relativamente al tumore del polmone, nessuno ha mai fatto nulla del genere, né in Italia né all’estero. Per la profilazione degli individui inseriti in questo programma, siamo ricorsi anche al test di microRna per andare oltre all’infiammazione e rilevare un altro livello di danno microambientale, quello del sistema immunitario». Riguardo alla relazione tra infiammazione cronica e immunità, le evidenze scientifiche disponibili sono già moltissime e stanno rapidamente crescendo. La possibilità di modificare l’immunità è però un
concetto relativamente recente, almeno per quanto riguarda l’oncologia: gli interventi di modulazione dell’immunità sono stati sperimentati solo negli ultimi dieci anni, ma è ormai chiaro che esiste una correlazione tra infiammazione e immunità. «La relazione – spiega l’esperto – avviene in entrambi i sensi: se da un alto l’infiammazione ha un ruolo nel modificare l’immunità, l’immunità a sua volta agisce sull’infiammazione. Tipicamente, tutte le malattie autoimmuni hanno un profilo infiammatorio totalmente alterato. I ricercatori hanno dimostrato che un livello di infiammazione elevato favorisce la crescita dei tumori secondo due meccanismi diversi: prima di tutto aumenta la crescita delle masse tumorali, in secondo luogo agisce deprimendo le capacità del sistema immunitario di distruggere le cellule neoplastiche». Altri studi, promettenti ma in fase ancora molto iniziale, mettono in relazione l’immunità e il microbioma. «Ciò che sappiamo riguarda prevalentemente i tumori del grosso intestino, mentre si conosce molto meno degli altri tumori; c’è qualche evidenza che anche quelli che colpiscono l’apparato respiratorio, e in particolare quello del polmone, risentano di una certa influenza del microbioma: i dati sono scarsi, ma siamo convinti che l’equilibrio microambientale sia connesso anche al microbioma. Occorre però fare una distinzione tra il microbioma intestinale, che è fondamentale per la vita essendo un sistema attivo che fa parte del meccanismo di assorbimento dei nutrienti, e quello polmonare che, per quanto ne sappiamo oggi, è sostanzialmente patogeno: non possiamo però escludere che esista un microbioma polmonare con effetti protettivi e attendiamo l’evolversi degli studi».
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cosmetologia senza frontiere Una guida pratica e immediata che offre una panoramica sui cosmetici e cosmeceutici, riclassificati in base alle piĂš importanti terapie in uso, che permette al farmacista di fornire un protocollo mirato per ciascun paziente.
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igiene orale / clorexidina
di Elena Varoni Ricercatrice post-doc UniversitĂ di Milano.
clorexidina nella terapia di supporto della gengivite Il collutorio è una soluzione di supporto alle normali procedure di igiene orale, quali lo spazzolino, il dentifricio e il filo interdentale
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I
collutori si distinguono in medicati (venduti solo in farmacia) e cosmetici. I primi veicolano sostanze chimiche con una potente azione antibatterica, soprattutto clorexidina, mentre i secondi contengono fluoro, che aiuta la riparazione delle lesioni dello smalto e ricopre il ruolo
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igiene orale / clorexidina
di agente contro la carie. I collutori alla clorexidina nascono per il controllo chimico della patina batterica, agendo come antisettico ad effetto prolungato contro la proliferazione dei batteri del cavo orale. È stata da poco pubblicata la revisione Cochrane sull’efficacia di collutori a base di clorexidina, in aggiunta alle procedure meccaniche di igiene orale domiciliare (spazzolamento con o senza il filo interdentale), per il controllo dei quadri di gengivite e della formazione di placca, cercando anche di identificare se l’effetto della clorexidina potesse essere influenzato dalla sua concentrazione (0,2% versus 0,12%) e descrivendone eventuali effetti avversi. L’azione della clorexidina nella riduzione dell’infiamamzione gengivale Ad oggi, la clorexidina è ritenuta da un’ampia parte della letteratura scientifica l’antisettico gold standard per la cavità orale. Quale agente antibatterico, essa è stata infatti nel tempo proposta e studiata come adiuvante per favorire il controllo domiciliare della placca (biofilm batterico), con lo scopo ultimo di ridurre i quadri di gengivite placca-correlata. I risultati della revisione Cochrane cercano risposta proprio relativamente alla sua efficacia nel controllo della gengivite. Essi mostrano come, dopo un ciclo di almeno quattro settimane, i collutori a base di clorexidina siano effettivamente in grado di ridurre l’indice di infiammazione gengivale, valutato tramite Gingival Index, rispetto al placebo o al non uso di collutori, in quei pazienti con quadri lievi di gengivite. La qualità dell’evidenza risultava elevata, basata su dieci studi clinici randomizzati e controllati per un totale di 805 partecipanti.
Gli autori, però, sottolineano come tale riduzione, pur statisticamente significativa, possa non essere clinicamente rilevante (si riporta un miglioramento di Gingival Index dello 0.21, su una scala da 0 a 3). I dati risultavano, poi, insufficienti per determinare se vi fosse una riduzione simile
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igiene orale / clorexidina
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I collutori a base
di clorexidina sono efficaci in particolari condizioni cliniche, ma il loro utilizzo deve essere limitato nel tempo per evitare gli effetti collaterali associati a un impiego prolungato
]
in presenza di quadri di gengivite moderata o severa. Come agente anti-placca, la clorexidina si conferma efficace in aggiunta alle normali attività di igiene orale domiciliare, in linea con la letteratura precedente. La revisione riporta studi di elevata qualità (12 per un totale di 950 partecipanti) a suo sostegno. Cicli di quattro-sei settimane fino a sei mesi portavano a un’importante riduzione nella formazione della placca, con indici di placca, pur misurati attraverso diversi metodi, ridotti nel gruppo trattato con l’antibatterico. La concentrazione di clorexidina nei collutori e la durata delle cure Non vi è evidenza tale da supportare una concentrazione di clorexidina piuttosto che un’altra: a quattro-sei settimane, non veniva riscontrata alcuna differenza tra gli studi che utilizzavano clorexidina 0,2% rispetto quelli che impiegavano la concentrazione allo 0,1%/0,12%. Non si rag-
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giungeva, invece, un numero sufficiente di studi per stimare l’eventuale differenza tra le concentrazioni dopo l’utilizzo a sei mesi. Oltre all’efficacia, è importante riportare gli effetti avversi associabili all’uso, in modo da permettere al clinico e al paziente una decisione pienamente informata sul suo impiego. Sciacqui con collutori a base di clorexidina possono, infatti, associarsi a un certo numero di effetti avversi, dei quali il più comune sono le pigmentazioni estrinseche dei tessuti dentali e delle mucose orali. Premesso che in molti degli studi inclusi nella revisione gli effetti avversi non sono stati riportati adeguatamente o non sono stati riportati del tutto, i dati confermano come l’uso della clorexidina per più di quattro settimane causi soprattutto pigmentazione dentale. Un aumento dei depositi di tartaro è probabile con l’utilizzo prolungato (trattamenti della durata di sei mesi). Altri effetti avversi comprendono bruciore orale (soprattutto della lingua), disturbi del gusto e alterazioni della mucosa orale, quali irritazione, lieve desquamazione ed erosioni/ulcere orali. In conclusione, l’impiego di collutori a base di clorexidina è raccomandabile in particolari condizioni cliniche valutate attentamente dal medico e, possibilmente, per un periodo di tempo breve (quattrosei settimane), senza dimenticare che gli effetti collaterali associati, sebbene transitori, possono rappresentare un deterrente non marginale per la corretta compliance del paziente.
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dermatologia / smagliature
Soprattutto la donna, dall’adolescenza in poi, è a rischio di sviluppare smagliature. Oggi possiamo intervenire efficacemente con terapie topiche preventive, d’urto e di mantenimento e terapie fisiche
smagliature: prevenzione e terapia
L
e smagliature sono cicatrici lineari con atrofia dermo-epidermica che colpiscono entrambi i sessi, le donne nel 70%, e si localizzano per lo più su addome, seno, glutei, cosce e fianchi. Nel 99% dei casi sono permanenti. L’eziologia non è del tutto nota ma è dimostrato che vi sia una diminuita espressione di geni per collagene e fibronectina. Ne parliamo con la dottoressa Nicoletta Banzola, specialista in dermatologia e venereologia, laser e medicina estetica, che ha approfondito l’argomento all’ultima edizione del Congresso Aideco (Associazione italiana Dermatologia e Cosmetologia) di Roma.
Dottoressa Banzola, cosa occorre fare per prevenire la comparsa delle smagliature e quale approccio è opportuno intraprendere per un corretto inquadramento del problema? Le smagliature hanno una patogenesi iniziale caratterizzata come alterazione delle fibre elastiche seguita da alterazione dermica delle fibre collagene. Vi sono anche alcuni fattori predisponenti come etnia, uso cronico di steroidi, sindrome di Cushing, gravidanza, storia famigliare, adolescenza, aumento rapido di peso, obesità. Iniziano come strie rubrae (rosse) e con il tempo diventano strie albae (bianche)
Intervista di Lucia Oggianu
Nicoletta Banzola Specilaista in dermatologia e venereologia, laser e medicina estetica. luglio 2019
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dermatologia / smagliature
frutta e verdura, che apportano vitamine e fibre, proteine vegetali e (in minor parte) animali, che forniscono gli aminoacidi alla base della sintesi proteica per la costruzione di nuova matrice cellulare, poi, in minore quantità, carboidrati e pochi grassi.
e sono vere e proprie lesioni cicatriziali, anche all’istologia. È importante evitare bruschi aumenti di peso, idratare molto la pelle e il corpo bevendo molto e usando creme e oli specifici, fare attività fisica regolarmente e seguire una dieta corretta. Quale alimentazione è opportuno indicare al paziente, oltre ad attività fisica e adeguata idratazione? Gli alimenti che vengono prediletti sono
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Tra le terapie topiche distinguiamo quelle preventive, d’urto e di mantenimento. Ci può spiegare quali sono nello specifico e quando è opportuno applicarle? Soprattutto la donna, dall’adolescenza in poi, è a rischio di sviluppare smagliature. Questo sta ad indicare come i principi attivi considerati preventivi siano da applicare sempre e con costanza soprattutto in quelle situazioni in cui esista un fattore di rischio conosciuto (come gravidanza, sviluppo puberale, aumento di peso oppure anche solo la familiarità allo sviluppo di queste). Le creme, infatti, contengono per lo più sostanze emollienti che sono alla base della prevenzione dello sviluppo delle smagliature, in particolare: isoaminoacidi (indispensabili per l’attività cellulare e per l’aumento dell’elasticità della pelle), complessi vitaminici ad azione trofica ed elasticizzante, allantoina che favorisce i
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dermatologia / smagliature
processi riparativi dell’epidermide e agisce migliorando elasticità, olio di crusca e germe di grano ad azione lenitiva ed emolliente, vitamina E, olio di borraggine. Come azione d’urto, quando le smagliature sono presenti, troveremo creme e oli con una percentuale di principi attivi più alta o più biodisponibile, associati a principi attivi con efficacia provata a livello scientifico come tretinoina e acido glicolico e muco di lumaca che aumentano il turnover cellulare riducendo a livello clinico la smagliatura, prevenendo la profondità della lesione cicatriziale, spesso in formulazione con gel siliconici che migliora la biodisponibilità dei principi attivi mantenendoli intatti sulla pelle e rendendoli più penetranti; questi gel siliconici inoltre migliorano visivamente la stria agendo come normalizzanti della cicatrizzazione (principi alla base dei gel siliconici che si applicano anche post rimozione punti in chirurgia estetica). Molto utile in vitro risulta anche l’olio di melograno e la pianta del drago che migliorano in toto le caratteristiche della pelle e la loro risposta agli stimoli stressogeni. Come mantenimento useremo le sostanze considerate “preventive”, magari solo alcuni giorni della settimana, associate a sostanze “urto”. Si può poi considerare la terapia fisica con microabrasione, radiofrequenza, laser ablativi e non. Quali sono i casi in cui è opportuno assumere un approccio più deciso come questi equali risultati si possono ottenere? Possiamo considerare le terapia fisiche di secondo livello in caso di mancata e non completa risposta alle terapie topiche oppure come primo approccio in caso di situazioni gravi. La smagliatura, infatti, è una condizione clinica non solo una lesio-
ne dermatologica, le terapie non vanno a modificare l’attitudine allo sviluppo e non ne evitano la comparsa ma migliorano clinicamente la lesione che è a tutti gli effetti una cicatrice. Le terapie fisiche sono tanto più efficaci quanto più la stria è rossa (cioè giovane) in quanto non sono ancora presenti le alterazioni cicatriziali e di conseguenza si ottiene una miglior risposta alle terapie. Queste terapie, infatti, agiscono mediando la produzione di nuova epidermide e nuova matrice cellulare, con recupero del trofismo, aumento della produzione di elastina e collagene. Chiaramente il miglioramento avverrà in più sedute (a volte anche due sono sufficienti se la smagliatura è giovane) e si potrà mantenere e migliorare nel tempo con creme specifiche. Sicuramente l’approccio fisico è il più innovativo ma anche il più efficace in termini di risultati. In base alla tipologia di smagliatura (zona colpita, tempo di comparsa, clinica della lesione) e caratteristiche della paziente, sceglieremo l’approccio fisico migliore, dal dye-laser ai laser ablativi, dalla carbossiterapia alla microdermoabrasione.
Nella foto in alto, il Congresso Aideco (Associazione italiana Dermatologiae Cosmetologia) di Roma.
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infezioni urogenitali / cistiti
Infezioni delle vie urinarie: un dolore da curare Il periodo estivo predispone alle cistiti: fastidiose e dolorose, a qualsiasi età sono una brutta compagnia che va affrontata per evitare recidive. Ecco cosa consiglia l’esperto
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inalmente arriva la bella stagione e, con essa, anche le tanto desiderate vacanze. Spesso, però, quello che dovrebbe essere un momento di benefico relax si può trasformare in un fattore di rischio per la vescica. Il motivo? Le temperature più elevate e le condizioni ambientali possono favorire le infezioni delle vie urinarie. Infatti, la cistite può durare da poche ore a lunghi periodi. In genere è più frequente nelle donne che negli uomini e colpisce prevalentemente la popolazione adulta e senior. Stando alle statistiche, infatti, oltre il 30% delle donne, contro il 12% degli uomini, è stato affetto, nel corso della propria vita, da almeno un episodio di infezione delle vie urinarie. Come ci si sente Chi si trova a fare i conti con un’infezione delle vie urinarie spesso lamenta sintomi che possono variare da persona a persona in base, tra l’altro, alla tipologia e alla causa della cistite. In genere, comunque, quelli classici sono: > bruciore > dolore sovrapubico > sensazione di peso al basso ventre > fastidio intimo
> difficoltà a urinare e dolore alla minzione (disuria e stranguria) > sensazione di dover continuamente andare in bagno come se la vescica fosse sempre piena (tenesmo vescicale) > urine torbide e spesso anche dall’odore sgradevole > presenza di sangue (ematuria) che, in caso di forti cistiti batteriche, può portare a una vera e propria cistite emorragica. > I sintomi si possono associare anche a febbre, nausea e malessere generale.
di Marcella Valverde Con la consulenza del dottor Filippo Murina, responsabile del Servizio di Patologia del Tratto genitale Inferiore presso l’Ospedale V. Buzzi - Università degli Studi di Milano
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infezioni urogenitali / cistiti
I principali fattori scatenanti «Non c’è una sola causa a provocare la cistite - spiega il dottor Murina. - Infatti, osservando la nostra casistica, possiamo elencare le più frequenti, ossia: a) cistite acuta batterica; b) cistite cronica abatterica, detta anche cistite a urine sterili, legata a processi infiammatori cronici a livello vescicale; c) false cistiti in cui patologie come, per esempio, la vulvodinia, ossia il dolore cronico che colpisce i genitali esterni, la contrattura del pavimento pelvico, patologie neurologiche vengono scambiate e trattate come cistiti; d) cistite post coitale, di natura post traumatica, su cui si instaura una sovrainfezione batterica, specialmente da Escherichia Coli. e) fattore uretro-vescicale: severe e persistenti infezioni da Escherichia Coli che inducono una marcata risposta infiammatoria con danno della barriera uroteliale».
sta. - Le cause sono diverse e spesso si sommano tra loro. Le più frequenti sono: > Disidratazione e sudore: il caldo fa perdere molti liquidi per via extra urinaria. La produzione di urina è quindi ridotta e, di conseguenza, anche l’effetto lavaggio svolto dall’urina stessa durante la minzione per ridurre la carica batterica locale diventa insufficiente. Inoltre le urine sono maggiormente concentrate e acide e, quindi, irritano di più durante il loro passaggio. Anche il sudore nelle zone intime provoca un’irritazione locale. > Caldo e proliferazione batterica: le temperature più alte favoriscono la proliferazione di batteri e funghi (come la Candida) e accrescono quindi la potenziale carica batterica locale sia di germi saprofiti che patogeni. > Perdita di minerali: con la sudorazione calano i minerali preziosi per l’omeostasi generale e per il sistema immunitario. Accanto alla tipica sensazione di stanchezza e di spossatezza, si può avere anche una riduzione delle capacità immunitarie, con il conseguente sviluppo di germi patogenici. > Stitichezza: il cambio di alimentazione e i trasferimenti in luoghi di villeggiatura possono alterare la normale funzione intestinale, favorendo la proliferazione di tossine e di batteri patogeni a livello vescicale. > Sale, sole, sabbia e costumi sintetici
Perché la stagione calda acuisce il rischio? «L’estate rappresenta un elevato fattore che predispone alle cistiti - prosegue lo speciali32
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infezioni urogenitali / cistiti
perchè le donne sono più colpite
(spesso bagnati) di certo contribuiscono a peggiorare l’irritazione della zona genitale. Nel periodo estivo, se si è soggetti a cistiti, è pertanto importante essere ben idratati (2-3 litri di acqua al giorno) e utilizzare integratori alimentari ricchi di minerali. Inoltre, è fondamentale regolarizzare l’intestino, così come è meglio evitare di tenere addosso costumi bagnati», raccomanda Murina. Come si affronta la cistite? «Per curare correttamente questo problema occorre prima individuarne le cause specifiche per poter impostare poi un corretto iter diagnostico-terapeutico che riduca le recidive - osserva lo specialista. - Spesso il “fai da te” porta a una cronicizzazione della situazione e a una maggior difficoltà successiva nel risolvere il quadro clinico. Urinocoltura con antibiogramma, esame delle urine e visita specialistica sono le prime azioni da eseguire. Sarà poi il medico a impostare gli approfondimenti diagnostici cui seguirà il corretto iter terapeutico. Nelle forme batteriche l’antibiotico è necessario per debellare il germe specifico. Invece, per ridurre le recidive, soprattutto in caso di cistiti non batteriche, è importante prima di tutto regolarizzare la funzione intestinale, seguire terapie con integratori alimentari specifici, assumere miorilassanti e fare esercizi studiati appositamente per il pavimento pelvico. In caso di cistiti post coitali, l’uso di appositi prodotti lubrificanti durante il rapporto riduce il rischio di microlesioni e traumatismi vaginali», consiglia Murina. Quando la cistite si definisce “ricorrente”? «Spesso le donne lamentano cistiti frequenti che arrivano a manifestarsi an-
Nella donna la contaminazione batterica della vescica è piuttosto frequente in quanto il canale dell’uretra è più corto rispetto a quello dell’uomo. Quando l’infiammazione coinvolge anche l’uretra, ossia l’ultimo tratto delle vie urinarie, si parla di uretrite. Questo disturbo è favorito dalla conta-
minazione batterica e, a sua volta, dalla maggiore brevità dell’uretra stessa nel sesso femminile. Si manifesta sempre con bruciore, fastidio alla minzione e, soprattutto, con la sensazione di dover urinare frequentemente pur producendo una quantità di urina piuttosto scarsa (pollachiuria).
che una volta al mese. Si tratta delle cistiti cosiddette “ricorrenti”, cioè che si manifestano poco dopo un trattamento farmacologico con i sintomi classici del disturbo, spesso vicino al ciclo mestruale o in condizioni di abbassamento delle difese immunitarie. È fondamentale che, al primo episodio, lo specialista individui i fattori predisponenti per evitare recidive o, addirittura, la resistenza agli antibiotici. Inoltre il medico deve stabilire se i sintomi non nascondano altre patologie che hanno le stesse manifestazioni cliniche come, per esempio, l’endometriosi dell’apparato urinario, i tumori vescicali o la sindrome della vescica iperattiva. Poi, se alla recidiva gli esami non evidenziano una contaminazione batterica, si può supporre che l’infezione sia risolta, ma che permanga uno stato di infiammazione responsabile del bruciore e del dolore vescicale. Quindi la cistite va affrontata su più fronti, soprattutto con azioni che aiutino a ricostruire le difese vescicali anche con trattamenti alternativi tra cui, per esempio, quelli a base di acido ialuronico (in particolare, instillazioni endovescicali di acido ialuronico) e di antinfiammatori come la curcumina e la quercitina. Il medico specialista, ma anche i professionisti della salute in genere, devono altresì consigliare le semplici regole per prevenire il più possibile le cistiti recidivanti. Tra queste: > Prestare attenzione all’igiene personale.
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In particolare, le donne dovrebbero lavarsi con movimenti dalla vulva verso l’ano e mai il contrario. > Regolarizzare l’intestino. > Eseguire una volta all’anno una visita ginecologica, anche dopo la menopausa. > Anche gli uomini dovrebbero eseguire almeno ogni anno una visita urologica sia in età giovanile, sia in quella più avanzata», raccomanda Murina. Anche l’età costituisce un rischio Tra le conseguenze della menopausa c’è
il diabete triplica il rischio Il meccanismo fisiopatologico che predispone alle cistiti in caso di diabete può essere sostenuto da cause molteplici: da un lato la perdita di glucosio nelle urine (“glicosuria”) può costituire un terreno ottimale per la replicazione batterica, specialmente dell’Escherichia coli; dall’altro la disregolazione glicemica sistemica potrebbe ridurre l’efficacia di barriera dello strato di glicosaminoglicani, sostanze che,
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in condizioni ottimali, proteggono l’urotelio (cioè il tessuto epiteliale che costituisce il rivestimento interno della vescica e delle vie urinarie) dall’acidità dell’urina e, entro certi limiti, dalle aggressioni batteriche. Non ultimo, l’aumento delle molecole infiammatorie tipico del diabete potrebbe concorrere a una sregolazione complessa dei meccanismi di difesa che aumenta la vulnerabilità alle aggressioni batteriche.
anche una maggiore predisposizione alle cistiti ricorrenti. «La caduta dei livelli degli estrogeni, problemi di stipsi, tensioni muscolari e un’igiene inappropriata sono fattori che possono compromettere la salute urogenitale e sessuale della donna, esponendola a un rischio più elevato di infezioni e infiammazioni», prosegue lo specialista. «Per fortuna oggi ci sono terapie efficaci sul fronte della prevenzione e della cura che contrastano la prosecuzione o l’aggravarsi di una situazione di dolore e di disagio. La menopausa non viene sempre accettata come una stagione naturale della vita che può donare ancora gioia e serenità, ma, al contrario, viene spesso vissuta con ansia e tristezza. In più, la carenza di estrogeni modifica l’equilibrio dell’ecosistema vaginale che, in condizioni normali, è costituito da batteri “amici” che proteggono la vagina, l’uretra e il trigono vescicale (la regione triangolare situata nella parte inferiore della vescica) da infezioni recidivanti e infiammazioni. In più, sempre la carenza di estrogeni compromette la capacità dei tessuti vaginali e perivaginali di congestionarsi durante il desiderio sessuale e di creare una sorta di “manicotto” vascolare che protegge l’uretra dal trauma meccanico del rapporto. A lungo andare si può instaurare una contrazione difensiva dei muscoli perivaginali e un blocco della lubrificazione che espone a ulteriori traumi meccanici a carico dell’uretra con il rischio che si instauri un circolo vizioso. Gli ormoni, anche in loco, se prescritti sotto controllo medico e sempre personalizzando la terapia, possono essere un prezioso alleato per la salute della donna
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in questa nuova fase della sua vita: l’importante è vivere con serenità e senza dolore», raccomanda Murina. Consigli per non soffrire «Come accennato, la regolarità intestinale è un fattore cruciale da cui dipende il benessere anche del comparto urogenitale - osserva ancora. - La sindrome dell’intestino irritabile, per esempio, aumenta la probabilità di sviluppare cistiti sostenute da batteri normalmente residenti nell’intestino, come l’Escherichia Coli, attraverso un fenomeno noto come “traslocazione batterica”, ossia il passaggio dei germi attraverso la barriera intestinale resa meno impermeabile dall’infiammazione. In altri casi, i batteri risalgono le vie urinarie a partire da residui, anche microscopici, di materiale fecale: in questo caso, dunque, il fattore scatenante è un’igiene non appropriata. Bisogna contrastare la stipsi e la diarrea, che si alternano nella sindrome dell’intestino irritabile, ma anche verificare l’eventuale presenza di intolleranze alimentari, specialmente al glutine o al lattosio che, infiammando la parete intestinale, peggiorano la vulnerabilità alle cistiti. Insistere con gli antibiotici non serve a nulla e, anzi, predispone alle ricadute perché questi farmaci sono molto aggressivi verso la flora intestinale. Quindi, è innanzitutto fondamentale regolarizzare le funzioni dell’apparato gastrointestinale eliminando gli alimenti verso cui si è intolleranti, combattendo la stipsi, bevendo molta acqua, adottando una dieta ricca di fibre vegetali, assumendo fermenti lattici vivi (che bonificano l’habitat intestinale) e facendo movimento fisico regolare. In particolare, sono assolutamente da evi-
tare gli zuccheri semplici perché rappresentano un “terreno” che facilita la crescita batterica. In secondo luogo può essere utile un programma di riabilitazione muscolare, a base di autostretching e automassaggi, da attuare con la supervisione di una fisioterapista esperto - precisa il dottore. - Il biofeedback elettromiografico, tecnica che fa parte della riabilitazione fisioterapica, può ottimizzare il risultato aiutando a rilassare in modo adeguato i muscoli perivaginali. Infine, possono essere di grande aiuto i composti fitoterapici che proteggono la vescica, tra cui il destro-mannosio, che intercetta i batteri e ne riduce l’aggressività nei confronti della parete vescicale, i probiotici e l’estratto di mirtillo rosso. Con un po’ di pazienza e adottando tutte le misure necessarie sotto stretto controllo medico, anche la cistite potrà essere infine debellata» - aggiunge Murina. - Ma non è tutto: la salute della vescica e la lotta alle cistiti passa anche attraverso piccoli accorgimenti quotidiani che riguardano l’igiene e l’abbigliamento. Infatti, a volte basta poco per evitare un’infezione così insidiosa e fare a meno di lunghe terapie», conclude.
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importante che sia lo specialista a impostare il programma terapeutico per evitare episodi di ricadute e risolvere gli stati infiammatori che possono permanere anche dopo la cura antibiotica e che troppo spesso vengono confusi, per la sintomatologia, con nuove infezioni
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diabete gestazionale: aspetti epidemiologici e fattori di rischio Controllare il diabete gestazionale in modo corretto è fondamentale non solo per la mamma, ma anche per il bambino che correrà minori rischi di sviluppare obesità o diabete di tipo 2 durante l’infanzia o l’adolescenza
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osì come recentemente ribadito dalla Commissione Nazionale Diabete nell’ambito della costituzione del Piano sulla malattia diabetica, il diabete mellito gestazionale (GDM) rappresenta una condizione clinica di primario rilievo nazionale, che richiede una razionalizzazione dell’intervento assistenziale e una chiara e condivisa definizione di adeguati percorsi diagnostico-terapeutici (1). In accordo ai dati di prevalenza nazionali ed europei, il GDM colpisce circa il 6-7% delle donne in gravidanza (ogni anno in Italia >40.000 gravidanze); tuttavia, la sua incidenza negli ultimi decenni è in costante crescita per ragioni ascrivibili principalmente all’aumento dell’età materna al momento della gravidanza e all’elevata prevalenza di condizioni predisponenti, tra le quali sovrappeso e obesità (2) IL GDM è caratterizzato da una intolleranza al glucosio di entità variabile, causata da difetti funzionali analoghi a quelli del diabete tipo 2, che viene diagnosticata per la
prima volta durante la gravidanza e, nella maggior parte dei casi, si risolve non molto tempo dopo il parto; può tuttavia ripresentarsi a distanza di anni con le caratteristiche del diabete tipo 2 (1). In linea generale, si sviluppa durante il secondo trimestre, fase in cui la placenta inizia a secernere elevate quantità di ormoni responsabili di insulinoresistenza, ovvero una minor efficacia dell’insulina coinvolta nella regolazione dei livelli di glucosio nel sangue.
di Carla Carnovale Farmacista
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Sebbene tutte le donne possano sviluppare il GDM, sono a rischio più elevato le donne con pregresso GDM, precedente neonato macrosoma (peso >4500 grammi), donne in sovrappeso oppure obese, di età superiore ai 35 anni, con familiarità di primo o secondo grado per diabete di tipo 2, attuale condizione di fumatrice [2,3]. Altri fattori di rischio implicati includono l’ipertensione arteriosa, l’appartenenza ad alcune minoranze etniche (ispaniche, asiatiche e africane) e l’inattività fisica responsabile di un ridotto metabolismo, minor consumo calorico, aumento ponderale e alterazione dei meccanismi ormonali di insulina e glucagone deputati al controllo dell’uso degli zuccheri e dei loro livelli ematici (3).
indicazioni per lo screening del diabete gestazionale in accordo ai fattori di rischio I fattori di rischio per il GDM validi per lo screening da effettuare alla 2428ma settimana includono: > familiarità positiva per il diabete in familiari di primo grado; > pregresso GDM: > macrosomia fetale in gravidanze precedenti; > sovrappeso o obesità; età ≥35 anni; > etnie ad elevato rischio. Costituiscono invece fattori ad alto rischio, e determinano quindi la necessità di un screening a 16-18 settimane, le seguenti condizioni: > obesità (BMI≥ 30 kg/m2); > pregresso GDM; > glicemia a digiuno 100-125 mg/dl, all’inizio della gravidanza o in passato. Le donne con pregresso GDM devono sottoporsi a un OGTT-75 per lo screening di alterazioni della tolleranza glucidica, dopo almeno 6 settimane dal parto ed entro 6 mesi. L’allattamento al seno non costituisce una controindicazione all’esecuzione de carico orale di glucosio post-partum. In caso di alterata tolleranza glucidica, il testo deve essere ripetuto ogni anno. Inoltre, così come previsto dagli standard italiani per la cura del diabete mellito, le donne affette da Sindrome dell’ovaio policistico, a causa di un elevato rischio di insorgenza di GDM, dovrebbero essere sensibilizzate già prima del concepimento sull’importanza dello screening del diabete, dell’ipertensione e della perdita di peso (4).
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Come riconoscerlo Le donne colpite da GDM non lamentano una sintomatologia caratteristica di entità particolarmente rilevante in termini di frequenza o intensità (talvolta i sintomi sembrano addirittura assenti); tuttavia, alcuni aspetti peculiari includono l’aumento generale della sete, aumento della quantità di urina, perdita di peso a dispetto di un’aumentata sensazione di appetito, possibile comparsa di cistite, candidosi e disturbi della vista. Lo screening per il GDM si basa sulla valutazione dei fattori di rischio specifici. In accordo alle line guida riportate dalla Associazione Medici Diabetologici e dalla Società italiana di diabetologia, le donne con almeno un fattore di rischio per il GDM devono eseguire un OGTT con 75 g di glucosio alla 24-28ma settimana di gestazione. Per donne ad elevato rischio è invece necessario uno screening precoce con un OGTT con 75 g di glucosio alla 1618ma settimana, da ripetere, se negativo, alla 24-28ma settimana (vedi box). Alcune linee guida internazionali raccomandano invece lo screening del diabete gestazionale a 24-28 settimane gestazionali a tutte le donne in gravidanza, indipendentemente dalla presenza di fattori di rischio. Per porre diagnosi di diabete gestazionale (è necessario identificarlo precocemente così da rallentare la progressione verso le complicanze) è sufficiente la presenza di uno dei seguenti parametri glicemici alterati (uguale o superiore ai valori soglia): 92 mg/dl a digiuno; 180 mg/dl a 60 minuti; 153 mg/dl a 120 minuti. Se la glicemia a digiuno è > 126 mg/dl si parla di diabete manifesto in gravidanza, ossia un diabete già presente prima della gravidanza (4).
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Cura e prevenzione L’eziopatogenesi del GDM è dunque fondamentalmente ascrivibile a fattori non modificabili (predisposizione genetica, l’avanzare dell’età e la familiarità, pregresso GDM) e fattori potenzialmente modificabili, tra cui eccesso ponderale, sedentarietà e alimentazione non corretta, aspetti su cui puntare per un’efficacia prevenzione. Tra gli interventi efficaci nella prevenzione del GDM i più importanti includono difatti l’adozione di una dieta equilibrata e di un corretto stile di vita. Praticare una regolare attività fisica riduce sensibilmente il rischio GDM, contribuendo a contrastare un eccessivo aumento ponderale. L’aumento di peso ottimale è di circa 1 kg al mese nel primo trimestre, 1,5 kg al mese nel secondo, 1,7 kg al mese nel terzo, in modo da avere un incremento complessivo di 10-12 kg al massimo. Sul piano alimentare, è necessario un corretto piano dietetico in termini di qualità e quantità dei cibi e una diversa distribuzione dei pasti per garantire al piccolo il giusto livello di glicemia e controllare il peso corporeo. È indispensabile calibrare adeguatamente il giusto apporto di verdure e legumi, che forniscono le fibre vegetali necessarie, carboidrati integrali (pane e pasta), riso integrale, frutta, yogurt e tanta acqua. Da evitare, invece, le bevande alcoliche e gli alimenti contenenti troppi zuccheri. L’approccio preventivo è valido anche per le donne con GDM, che dovrebbero prediligere una dieta bilanciata e ricevere la raccomandazione di impegnarsi in esercizi fisici prevalentemente aerobici (almeno 10.000 passi al giorno) della durata di 20-30 minuti e il più frequentemente possibile (4). Solo in una minoranza di donne GDM è necessario ricorrere alla terapia insulinica per controllare l’iperglicemia durante la gravidanza.
Rischi e complicanze del diabete gestazionale In accordo a una metanalisi della letteratura pubblicata sull’illustre rivista Lancet, le donne con precedente GDM hanno un rischio aumentato di sviluppare diabete di tipo 2 rispetto alle donne che durante la gravidanza erano normoglicemiche (RR: 7.43; IC 95% versus 4.79, 11.51) (5). Per le donne le cui gravidanze sono complicate dalla presenza di GDM, è fondamentale tenere a bada i livelli glicemici, poiché, se elevati, stimolano il pancreas del bambino a produrre insulina, esponendolo dunque a iperinsulinemia con una conseguente comparsa di: > peso alla nascita aumentato, oltre 4 kg > aumentato rischio di ipoglicemia nel periodo neonatale in quanto, dopo il taglio del cordone ombelicale, il bambino avrà livelli alti di insulina senza un adeguato supporto di zuccheri dato che non avrà ancora iniziato ad alimentarsi. È stato inoltre riportato un aumentato rischio di obesità nell’infanzia o nell’adolescenza e un maggiore rischio di diabete di tipo 2 rispetto ai bambini nati da mamme non affette da GDM o con un diabete gestazionale ben controllato (6).
Bibliografia 1. Commissione Nazionale Diabete. Ministero della Salute. Piano sulla malattia diabetica. Disponibile al link: http://www.salute.gov.it/ imgs/C_17_pubblicazioni_1885_ allegato.pdf 2. Portale del Ministero della salute. Il Diabete. Disponibile al link: http:// www.salute.gov.it/portale/donna/ dettaglioContenutiDonna.jsp?ling ua=italiano&id=4493&area=Salu te%20donna&menu=patologie 3. National Collaborating Centre for Women’s and Children’s Health (NCC-WCH). Diabetes in pregnancy. Management of diabetes and its complications from preconception to the postnatal period. London: RCOG Press; 2008. https://www. nice.org.uk/guidance/ng3 4. Associazione Medici Diabetologi (ADM)- Società Italiana di Diabetologia (SID). Standard Italiani per la cura del diabete mellito 2018. 27 Aprile 2018. http://aemmedi.it/ wp-content/uploads/2009/06/AMDStandard-unico1.pdf). 5. Bellamy L, et al. Type 2 diabetes mellitus after gestational diabetes: a systematic review and metaanalysis. Lancet 2009;373:1773-9. 6. HAPO Study Cooperative Research Group, Metzger BE, Lowe LP, et al. N Engl J Med. Hyperglycemia and adverse pregnancy outcomes. 2008 May 8;358(19):1991-2002.
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DOLORI MUSCOLO-SCHELETRICI: ora c’è FIT THERAPY PATCH
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al di schiena? Dolore cervicale o sciatica? Sovraccarico muscolare? Oggi la ricerca italianaha messo a punto un cerotto che allevia i dolori e le infiammazioni senza l’utilizzo di farmaci e di shock termici. L’azienda vicentina D.Fenstec propone FIT Therapy Patch, un particolare cerotto in grado di dare sollievo in caso di malessere a livello muscolo-scheletrico grazie al principio biofisico della riflettenza dell’infrarosso corporeo. Gli speciali materiali riflettenti contenuti nel cerotto, infatti, agiscono come “specchio” degli infrarossi che il corpo emette in modo del tutto naturale, rimandandoli in profondità. Questo processo favorisce l’attivazione cellula-
re che produce, come conseguenza, un aumento del microcircolo, un’accelerazione dei processi riparativi e un effetto antalgico. È sufficiente posizionare il cerotto FIT sul punto dolente e il calore corporeo attiverà la massa adesiva acrilica: si percepiranno i primi benefici dopo pochi minuti e perdureranno per tutto il tempo di applicazione (fino a 5 giorni). FIT Therapy Patch si presenta in sette diverse forme, ciascuna con un design ergonomico studiato appositamente: Cervicale e Lombare, per cervicalgia e lombalgia; Caviglia, Ginocchio, Gomito e Spalla, utili per algie e contratture di queste articolazioni; Universale per il malessere muscolo-scheletrico di varia
natura. FIT Therapy Patch è un Dispositivo Medico di Classe I completamente Made in Italy, realizzato con materiali di qualità, che può essere usato da chiunque dato che non rilascia alcun tipo di sostanza farmacologica e non provoca shock termici. D.Fenstec s.r.l. Tel. 0444 1750103 info@fit-italy.com - www.fit-italy.com
GSK Consumer Healthcare presenta POLIDENT SUPER SIGILLANTE
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SK Consumer Healthcare, leader nei settori dell’automedicazione e della salute orale, presenta Polident Super Sigillante, il nuovo adesivo per protesi messo a punto per limitare le infiltrazioni di cibo. In Italia sono circa 9,4 milioni i portatori di protesi e per molti i pasti possono rappresentare una vera sfida: dalle noci ai semi, fino alla frutta fresca, sono numerosi gli alimenti e le bevande che possono rivelarsi problematici per chi indossa la protesi. Anche se sono ben adese, piccole particelle di cibo possono rimanere intrappolate sotto la dentiera. In ita-
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lia un portatore di protesi su tre si lamenta del cibo che resta sotto la protesi e che può creare infiammazioni gengivali. Per loro GSK Consumer Healthcare ha ideato Polident Super Sigillante che, grazie al nuovo beccuccio di precisione, rende più facile disegnare una linea continua di adesivo lungo il bordo della protesi, garantendo una maggiore precisione e un aumento del 36% della copertura della superficie di contatto.
Polident Super Sigillante permette così di formare un sigillo lungo il bordo della protesi tale da bloccare le infiltrazioni di cibo e fornire una forte tenuta per tutto il giorno. Il marchio Polident, dedicato alla cura delle protesi dentali, offre una gamma di fissativi e pulitori specifici per proteggerle e convivere con esse. Oltre al nuovo Polident Super Sigillante, ci sono le varianti Gusto neutro, Lunga tenuta e durata e Protezione gengive, disponibili nei due formati da 40 e da 70 gr. GSK Consumer Healthcare Tel. 800 931556 it.servizio-consumatori@gsk.com www.polident.com
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Ristoceutica: mangiare per star bene
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alimentazione è fondamentale nella prevenzione primaria di alcune malattie. Ciò che mangiamo può porre le basi per evitare patologie cardiocircolatorie e dismetaboliche quali, per esempio, il diabete. Un modello corretta alimentazione, universalmente riconosciuto, è quello della dieta mediterranea che si fonda anche sul consumo di cereali sotto forma di pasta e pane. La pasta, in particolare, per la maggior parte degli italiani è irrinunciabile, ma va consumata con moderazione, soprattutto da soggetti diabetici e sovrappeso. Ma è possibile coniugare il gusto di un buon piatto di pasta con le proprietà salutistiche di un nutraceu-
tico? A dare una risposta positiva ci pensa la emergente Ristoceutica, una disciplina il cui obiettivo è quello di portare in tavola cibi in grado di associare al consueto sapore, una prevenzione primaria di elevato profilo. Un recentissimo progetto dei ricercatori del Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II prevede di “formulare” una pasta addizionata con un particolare estratto di vinacce di Aglianico, denominato Taurisolo®, ricco in polifenoli e resveratrolo, che la rende, non solo gustosa, ma anche salubre. La particolare tecnica di produ-
zione della pasta e le caratteristiche dell’estratto addizionato fanno sì che oltre il 90% dei polifenoli riesca a superare indenne sia la cottura, sia la digestione gastrica. I preziosi polifenoli, di cui la vinaccia è ricca, arrivano così inalterati nell’intestino dove vengono quasi completamente assorbiti, andando a ottimizzare e preservare le funzioni cardiovascolari dell’organismo. Ora si potrà mangiare e fare prevenzione nello stesso momento: il cibo si è fatto medicina! nutrapharmalabs@unina.it Tel.: 081 678403
“BACK TO REALITY”: GLI INTEGRATORI PER IL RIENTRO ALLA QUOTIDIANITÀ
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ettembre è il mese del ritorno alla dura realtà dopo le vacanze. Gli esperti parlano di “stress da rientro”, caratterizzato da ansia, insonnia, nervosismo, spossatezza, difficoltà di concentrazione. Per affrontare un nuovo e lungo anno, è fondamentale seguire corretti stili di vita e cercare di riposare adeguatamente. Ma non è tutto: bisogna anche supportare l’organismo con integratori alimentari che favoriscano il benessere psicofisico e aiutino il corpo a combattere il “back to reality”. Guna, azienda leader in Italia nel settore dei medicinali omeopatici e degli integratori alimentari, può essere una preziosa alleata grazie a prodotti realizzati con il
metodo della Nutraceutica Fisiologica, espressione nata dall’incontro tra Fisiologia, Biologia Molecolare e Nutraceutica. In caso di stanchezza mentale, Guna ha messo a punto Gunabrain, un integratore senza glutine a base di selenio, manganese, Camellia sinensis, Withania somnifera, coenzima Q10, Nacetilcisteina. Infatti, selenio e manganese proteggono le cellule dallo stress ossidativo, mentre la Camellia sinensis (tè verde) e la Withania somnifera sono utili in caso di stanchezza fisica e mentale. Per lo stress, invece, c’è Tonicoguna, integratore senza glutine a base di noni ed estratti vegetali: noni e ginseng hanno un effetto tonico, l’eleuterococco ha
proprietà tonico-adattogene, l’iperico e la melissa sostengono il tono dell’umore, mentre il ginkgo biloba è utile per la memoria e le funzioni cognitive. Tonicoguna è dolcificato con glicosidi steviolici (stevia) ed è senza fruttosio. Guna Tel. 02 280181 info@guna.it - www.guna.it
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La manifestazione di BolognaFiere dedicata al mondo della farmacia si conferma l’evento di riferimento per il settore
A Cosmofarma Exhibition 2019 visitatori in crescita del 7% Il 14 aprile si è chiuso Cosmofarma Exhibition, l’evento che riunisce a Bologna gli operatori del mondo della farmacia. I numeri parlano di una manifestazione in costante crescita: +7% di visitatori presenti, oltre 400 espositori e un aumento dell’area espositiva del 15%. «Cosmofarma Exhibition è l’evento di riferimento per gli operatori del benessere e della salute – dichiara Gianpiero Calzolari, presidente di BolognaFiere. – I dati di questa edizione dimostrano come il settore stia interpretando al meglio i cambiamenti dovuti alle recenti regolamentazioni. Ancora una volta Bologna si è confermata la capitale della salute e, con il supporto di quasi 90 farmacie del territorio che hanno preso parte alla Bologna Health Week, anche i cittadini sono stati coinvolti in attività di prevenzione e screening. Il nostro ringraziamento va al Comune di Bologna e a Federfarma Bologna per aver patrocinato questa iniziativa». «La farmacia sta vivendo un periodo di profonda trasformazione e di grandi sfide e continua a evolversi per soddisfare le sempre più le complesse esigenze di salute della popolazione mantenendo, al contempo, il necessario equilibrio economico – dichiara Marco Cossolo, presidente di Federfarma. - Anche quest’anno Cosmofarma è stata una preziosa occasione di confronto sui grandi temi di interesse del settore, di scambio di informazioni su prodotti e servizi per aumentarne l’efficienza e la professionalità, integrando sempre più la farmacia nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, nella territorializzazione
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delle prestazioni sanitarie e nei progetti per la cronicità». Grande affluenza agli oltre 80 convegni in programma durante i tre giorni di manifestazione. Il tema chiave di Cosmofarma 2019, le relazioni umane e l’importanza del rapporto interpersonale, ha risvegliato l’interesse dei visitatori. In particolare, ha riscosso molto successo la Cosmofarma Business Conference, con la presenza dello psichiatra e scrittore Paolo Crepet, che ha portato consigli e spunti agli oltre 300 farmacisti e operatori presenti per interpretare al meglio il momento di cambiamento del settore e il nuovo ruolo del farmacista imposto dalla società attuale. Tra i convegni più seguiti, l’appuntamento istituzionale di Federfarma, che quest’anno ha voluto celebrare il suo 50° anniversario proprio a Bologna; il convegno di apertura sulla trasformazione della farmacia da canale distributivo a farmacia di relazione, condotto da Gadi Schönheit di Doxapharma, ha visto anche la partecipazione dell’on. Andrea Mandelli, presidente della Federazione Ordini Farmacisti Italiani, e del presidente di Federfarma, Marco Cossolo. Molti i farmacisti che sono intervenuti durante la due-giorni di Nutraceuticals Conference, con le sessioni dedicate allo sviluppo del comparto dei nutraceutici e degli integratori che continua a registrare percentuali di crescita importanti. Hanno riscosso notevole interesse le sessioni del Cosmetic Summit sullo sviluppo della dermocosmesi. Sono intervenuti tra gli altri Mintel, con un focus sull’attenzione
del consumatore per la cosmesi naturale e il packaging sostenibile, Else Corp e Viewtoo, con suggerimenti per sfruttare al meglio le potenzialità del settore all’interno del punto vendita, e Myriam Mazza, proclamata “Farmacista dell’anno 2019”, che ha presentato il progetto sulla cosmetica oncologica. All’edizione di Cosmofarma 2019 ha partecipato anche la presidente di ANPIF, Fiorella Palombo Ferretti, che ha presentato le potenzialità del servizio di supporto psicologico in farmacia. Domenica 14 è stata protagonista, tra gli altri relatori, la Scuola Holden di Torino con un workshop dedicato all’importanza dello storytelling nella relazione del farmacista con il cliente. All’interno del programma di convegni dedicati alle relazioni umane hanno avuto un grande successo le sessioni presiedute da Alessandra de Carlo sui nuovi modelli di leadership, e dall’attore Luca Chieregato sull’importanza dell’ascolto. La manifestazione è stata l’occasione per annunciare la nascita di un nuovo soggetto fieristico per l’organizzazione congiunta sia di Cosmofarma che di Exposanità. BOS Srl, società nata dalla collaborazione al 51% di BolognaFiere Cosmoprof e al 49% di Senaf, permetterà di unire il know how di due eventi imprescindibili per gli operatori del settore della salute e della sanità, per affrontare al meglio le nuove sfide del mercato. L’appuntamento è per Cosmofarma Exhibition 2020, dal 17 al 19 aprile, con la città di Bologna ancora una volta “Capitale della Salute”. Per informazioni: www.cosmofarma.com
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