Traumatologia forense 4/2017

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traumatologia aspetti clinici e medico legali in traumatologia

Direttore scientifico Prof. Fabio M. Donelli

CASI CLINICI

9 Lesioni nervose da interventi di artroprotesi d’anca 9 Politraumatismo della strada: aspetti medico-legali 9 Valutazione di macrodanno in esiti di politraumatizzato

MONOGRAFIE

9 Well being, benessere giuridicamente tutelabile 9 ResponsabilitĂ del medico in Europa CORSO FAD

9 Appropriatezza in ortopedia e traumatologia

maggio

2017

4

Griffin Editore / www.griffineditore.it



traumatologia forense / maggio 2017

n.4

SOMMARIO

Editoriale

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Fabio M. Donelli Caso clinico 1

Traumatologia Forense Periodico semestrale Anno III - numero 4 - maggio 2017 Direttore responsabile Giuseppe Roccucci g.roccucci@griffineditore.it Redazione Lara Romanelli - l.romanelli@griffineditore.it Rachele Villa - r.villa@griffineditore.it Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo - Tel. 031.789085 customerservice@griffineditore.it Consulenza grafica Marco Redaelli - info@creativastudio.eu Stampa: Alpha Print srl Via Bellini, 24 - 21052 Busto Arsizio (VA)

pag. 9

Lesioni nervose da interventi di artroprotesi d’anca Pasquale G. Macrì

Caso clinico 2 Politraumatismo della strada: aspetti medico-legali

pag. 17

Elena Azzalini, Francesco Consigliere, Andrea Verzeletti

Caso clinico 3 Valutazione di macrodanno

pag. 25

in esiti di politraumatizzato Tiziano Villa, Fabio M. Fontana,

Copyright© Griffin srl unipersonale

Gianluca Landi, Fabio M. Donelli

EDITORE Griffin srl unipersonale

Monografie Well being, benessere giuridicamente tutelabile

P.zza Castello 5/E 22060 Carimate (Co) Tel. 031.789085 Fax 031.6853110 info@griffineditore.it - www.griffineditore.it ISSN 2531-8918 Iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (Roc) n. 14370 del 31.07.2006

L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione. Tutti gli articoli pubblicati su Traumatologia Forense sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art.11 D.Lgs.196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin srl unipersonale intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin srl unipersonale, P.zza Castello 5/E, Carimate (Co), al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.

pag. 35

Stefano Fiorentino

Responsabilità del medico in Europa

pag. 45

Gaetano Giglio

ECM/Modulo 2 • Il planning pre-operatorio

pag. 53

Fabio M. Donelli, Giacomo Gualtieri, Gianluca Landi

• Indicazione al trattamento

pag. 56

Domenico Vasapollo, Marco Monti

• Terapia off-label: limite e prospettive

pag. 58

Fabio M. Donelli, Giacomo Gualtieri, Gianluca Landi • Le novità legislative

pag. 61

Luca Nocco

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REQUISITI PER LA PUBBLICAZIONE DI UN MANOSCRITTO

Gli articoli devono pervenire al Comitato di Redazione (redazione@griffineditore.it) e in forma elettronica nella loro stesura definitiva, completi di nome, cognome, qualifica professionale, indirizzo, telefono, email e firma dell’autore/i. Le illustrazioni devono essere numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. Devono essere ad alta risoluzione (almeno 300 DPI, in formato TIFF, EPS oppure JPEG). Grafici e tabelle dovranno essere forniti su supporto cartaceo e magnetico (possibilmente in formato Microsoft Excel), numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. È necessario includere l’autorizzazione per riprodurre materiale già pubblicato in precedenza o per utilizzare immagini ritraenti persone, qualora identificabili. L’articolo deve prevedere un titolo conciso e senza abbreviazioni. Il testo dell’articolo deve avere una lunghezza massima di 8.000/10.000 battute spazi inclusi (equivalenti a circa 1.480 parole), bibliografia esclusa e con un numero massimo di 8/10 foto. Struttura dell’articolo Per l’articolo presentato come caso clinico è sufficiente prevedere una divisione in paragrafi e sottoparagrafi, tale da rendere meglio identificabili le parti di cui è composto il lavoro e agevolare la fruizione del testo. La struttura dell’articolo può prevedere: - introduzione che riassume lo stato attuale delle conoscenze; - risultati, riportati in modo conciso e con riferimenti a tabelle e/o grafici; - discussione e conclusioni, enfatizzando gli aspetti importanti e innovativi dello studio; - bibliografia: le voci bibliografiche dovranno essere elencate in ordine di citazione nel testo, con una numerazione araba progressiva. Le voci bibliografiche dovranno essere redatte secondo lo stile dell’Index Medicus, pubblicato dalla National Library of Medicine di Bethesda, MD, Stati Uniti. Dovranno quindi recare cognome e iniziale del nome degli autori, il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista, l’anno di pubblicazione, eventualmente il mese, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. I rimandi bibliografici all’interno del testo, invece, dovranno essere posti tra parentesi recando il numero della voce/i cui fanno riferimento, in ordine di apparizione. L’approvazione alla pubblicazione è concessa dal Board scientifico. Le bozze inviate agli autori devono essere restituite corrette degli eventuali refusi di stampa entro il termine che verrà indicato. I lavori non possono essere stati offerti contemporaneamente ad altri editori, né pubblicati su altre riviste. L’Editore provvederà gratuitamente alla pubblicazione degli articoli, per la stesura dei quali è esclusa ogni sorta di compenso a favore dell’Autore/i. La proprietà letteraria dell’articolo pubblicato spetta all’Editore. Estratti Gli autori possono richiedere estratti a pagamento. Per ogni informazione riguardante gli estratti è possibile contattare la Redazione scrivendo a redazione@griffineditore.it

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n.4

BOARD SCIENTIFICO Direttore scientifico Prof. Fabio M. Donelli specialista in Ortopedia e Medicina Legale. Professore a contratto Università degli Studi di Milano e Brescia. Coordinatore di studio di traumatologia forense della Società Siot

Comitato scientifico Dott. Renzo Angeloni già direttore Sod Spalla e Arto Superiore, Aou Careggi Prof. Francesco M. Avato direttore Istituto di Medicina legale di Ferrara Avv. Roberto Baggio avvocato civilista Prof. Giuseppe Basile professore a contratto Istituto di medicina legale di Ferrara Prof. Claudio Buccelli ordinario di Medicina legale, Università di Napoli; presidente Simla Prof. Fabio Buzzi, ordinario di Medicina legale, Università di Pavia Prof. Giorgio Maria Calori direttore Uoc Chirurgia ortopedica riparativa e Risk Management Ist. Ortopedico Gaetano Pini di Milano, presidente Estrot

Dott.ssa Angela Goggiamani sovrintendente sanitario centrale Inail Prof. Giorgio Guidetti presidente Società italiana di vestibologia Avv. Lorenzo Isoppo avvocato del Foro di Parma Avv. Ernesto Macrì consulente avvocato Siot Dott. Roberto Marruzzo specialista in Ortopedia e Medicina legale Prof. Massimo Martelloni direttore Uo di Medicina legale Azienda USL2 di Lucca Prof. Giuseppe Martini ordinario di Fisiatria, Università di Siena Avv. Enrico Moscoloni vicepresidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano Prof. Luigi Pastorelli del BigDataLab dell’Università di Tor Vergata Prof. Roberto Pessina professore a contratto Bicocca Monza

Prof. Rodolfo Capanna ordinario di Ortopedia, Università di Pisa; past presidente Siot

Prof. Antonino Michele Previtera direttore della Scuola di specializzazione in Medicina fisica e riabilitativa dell’Università degli Studi di Milano

Prof.ssa Rossana De Cecchi associato di Medicina Legale, Università di Parma

Prof. Pietro Randelli ordinario in Ortopedia,Università degli Studi di Milano

Prof. Alberto Corradi già direttore Scuola di specializzazione in Ortopedia e Traumatologia di Milano

Prof. Pietrantonio Ricci ordinario di Medicina legale, Università di Catanzaro

Dott. Giovanni Cortese dirigente medico II livello - Sovrintendenza sanitaria centrale Inail Dott. Paolo Costigliola dirigente medico UO Malattie Infettive A.O. Univ. S. Orsola-Malpighi di Bologna Prof. Francesco De Ferrari ordinario di Medicina legale - Università degli Studi di Brescia Prof. Carlo De Rosa docente a contratto Scuola di specializzazione in medicina legale e delle assicurazioni - Università degli Studi di Catanzaro Prof. Francesco De Stefano ordinario di Medicina legale, Università di Genova Prof. Giuseppe Dell’Osso ordinario di Medicina legale Prof. Marco D’Imporzano Primario Emerito di Ortopedia e Traumatologia presso l’Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano Prof. Carlo A. Frigo associato presso Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria - Politecnico di Milano Prof. Mario Gabbrielli ordinario di Medicina legale, Università di Siena

On. Dott. Michele Saccomanno presidente Nuova Ascoti Prof. Giuseppe Sessa ordinario di Clinica ortopedica, Università di Catania; presidente Siot Dott. Luigi Solimeno Direttore Unità operativa complessa traumatologia d’urgenza Fondazione Irccs Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Prof. Mario Tavani ordinario di Medicina legale, Università degli Studi dell’Insubria Prof. Domenico Vasapollo già direttore Scuola di specializzazione di Medicina legale, Bologna Prof. Andrea Verzeletti direttore Istituto di Medicina legale di Brescia Prof. Pierluigi Viale ordinario di Malattie infettive, Università di Bologna Dott. Alberto Zerbi direttore Uo di Radiologia, Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano Prof. Gianfranco Zinghi già primario terza divisione Istituto ortopedico Rizzoli di Bologna Prof. Raffaele Zinno Segretario Sismla Prof Riccardo Zoia ordinario di Medicina legale e direttore della Scuola di specializzazione in Medicina legale, Università degli Studi di Milano

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traumatologia forense / maggio 2017

n.4

EDITORIALE

Prof. Fabio M. Donelli Direttore scientifico di Traumatologia forense

Al via la legge Gelli: le novità in materia di responsabilità sanitaria Dopo cinque anni dalla legge Balduzzi, il 28 febbraio 2017 è stato approvato dalla Camera dei deputati il ddl Gelli che modifica la normativa vigente in tema di responsabilità medica. La legge 8 marzo 2017, n. 24 recante il seguente titolo “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 64 del 17 marzo. Con la legge Balduzzi, l’intento principale del legislatore è stato quello di introdurre un’esenzione della responsabilità penale per colpa lieve in caso di comportamento conforme alle linee guida e alle buone pratiche cliniche, precisando che non si dovesse estendere alla responsabilità civile. Una problematica della legge Balduzzi è stata la difficoltà del giudice nel dover tener conto della maggiore o minore colposità della condotta medica ai fini del risarcimento. La legge Gelli ha modificato le regole precedenti in vigore, sia a livello civile sia a livello penale, riducendo di fatto la punibilità e mettendo in piedi un’articolata rete di prevenzione. Colloca inoltre in ogni regione, un centro per la gestione del rischio clinico per la sicurezza del paziente, per la raccolta degli eventi avversi e per le motivazioni che hanno portato al contenzioso. La riduzione della punibilità è esclusa quando, per imperizia, il medico ha rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida, validate da società scientifiche accreditate e pubblicate online dall’Istituto superiore di sanità. Le linee guida dovrebbero essere utilizzate con parametri di valutazione con i quali il magistrato possa giudicare se la condotta terapeutica discordi o meno da quanto riconosciuto nelle scelte cliniche. In ambito civilistico, la responsabilità della struttura è contrattuale, mentre è extra-contrattuale la responsabilità del medico chiamato in causa con onere della prova a carico del paziente e prescrizione a cinque anni. La legge Gelli ha reso la conciliazione obbligatoria in ambito civile. A un Ctu spetta il tentativo della conciliazione. Solo in caso di insuccesso, dopo sei mesi, si adirà in giudizio e il medico legale dovrà essere affiancato dal tecnico ausiliario o, se ritenuto necessario, da un collegio. L’eventuale rivalsa da parte della struttura è contemplata in caso di dolo o di colpa grave e l’azione di responsabilità amministrativa verso il medico spetta al Pubblico Ministero presso la Corte dei Conti. Per quanto riguarda le competenze assicurative, le strutture dovranno assicurarsi per responsabilità contrattuale ed extra-contrattuale nell’ipotesi di azione diretta del paziente. Anche il medico che svolge attività libera professionale (in intramoenia) dovrà assicurarsi, dal momento che potrà essere passibile di azione della Corte dei Conti o di danno erariale o di rivalsa in sede civile. Fabio M. Donelli 7


traumatologia CASO CLINICO


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n.4

CASO CLINICO

Lesioni nervose da interventi di artroprotesi d’anca Valutazione del danno conseguente a chirurgia protesica dell’anca, complicanza che può risultare molto invalidante

Pasquale G. Macrì Docente Medicina legale Università di Siena, Direttore Uoc Medicina legale Az. Usl Sud Est - Toscana Referente medico-giuridico Federsanità Anci

Le lesioni nervose associate a interventi di artroprotesi d’anca costituiscono una complicanza relativamente comune che può risultare molto invalidante. L’eziologia della lesione nervosa, nella maggior parte dei casi, rimane non identificata e la presenza di paralisi nervosa, di per sé, non è tale da avvalorare l’ipotesi di “malpractice”. L’accurata conoscenza dell’anatomia, della fisiologia e dei fattori di rischio risulta essenziale nell’evitare la ricorrenza della lesione nervosa. Illustriamo un caso che è stato oggetto di valutazione tecnica in sede di contenzioso giudiziario civilistico. Un soggetto di sesso maschile dell’età di 63 anni affetto da coxartrosi bilaterale di alto grado, più accentuata a sinistra, il 30 maggio 2011 si ricoverava presso il reparto di Ortopedia del locale ospedale dove, il

giorno successivo, veniva sottoposto a intervento chirurgico di sostituzione totale d’anca sinistra così descritto in cartella clinica: “in anestesia periferica, decubito del pz sul fianco dx, si allestisce campo sterile con idonea teleria. Profilassi ATE in reparto e profilassi antibiotica in SO con cefalosporina di prima generazione. Incisione e accesso posterolaterale all’anca; fasciotomia, sezione dei rotatori brevi e capsulotomia; lussazione dell’anca e resezione della testa femorale. Preparazione della cavità acetabolare con frese emisferiche di calibro crescente e impianto di cotile. Alesaggio del canale femorale con frese sagomate e inserimento di stelo; applicazione di testina in ceramica 40/-3 e di Liner in polietilene 40 mm. Riduzione nella giusta tensione. Lavaggio con 3 litri di soluzione fisiologica pulsata. Emostasi accurata. Drenaggio a suzione, sutura per piani, medicazione. Controllo rx”.

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CASO CLINICO / Danno da chirurgia protesica

Nel diario clinico, in data 1 giugno, veniva annotato: “lieve stupor dello sciatico popliteo esterno a sinistra, FKT”; in data 2 giugno: “visitato, medicato, rimosso drenaggio. Da domani inizia FKT”; in data 6 giugno: “va bene. Continuare FKT”; in data 7 giugno: “medicato. Decorso regolare. FKT come da programma”; in data 9 giugno: “in attesa EMG. Medicazione”. Il paziente era trasferito presso il reparto di Riabilitazione funzionale ortopedica dove, in data 11 maggio, veniva sottoposto a esame elettromiografico che rilevava: “marcatamente ridotto il cMAP derivato dai muscoli tibiale anteriore sinistro e pedidio sinistro del nervo peroneo sinistro. Reperti indicativi di sofferenza della componente peroneale del nervo

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sciatico sinistro da ricontrollare tra un mese circa”. Seguiva dimissione, il 20 giugno, con diagnosi di: “trattamento riabilitativo in paziente operato di artroprotesi di anca sinistra per coxartrosi; sofferenza nervo sciatico popliteo omolaterale con deficit funzionale del piede sinistro” e trasferimento presso altro ospedale per continuare la riabilitazione. Il 29 giugno il paziente veniva dimesso per proseguire il programma riabilitativo in regime ambulatoriale. Il 16 settembre 2011 un esame elettromiografico di controllo evidenziava: “segni di sofferenza mielino-assonale di grado grave della componente peroneale del nervo scia-


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tico sinistro, pressoché invariati rispetto al precedente esame EMG del 6/2011”. Un ulteriore esame elettromiografico effettuato il 7 giugno 2012 non mostrava significative modificazioni (“non eseguito esame ad ago per assunzione di anticoagulanti. Non è registrabile il cMAP derivato dal muscolo pedidio sinistro, di bassissima ampiezza quello derivato dal muscolo tibiale anteriore sinistro. Ridotta l’ampiezza dello SNAP del nervo surale sinistro in presenza di edema della caviglia. Reperti indicativi di grave sofferenza della componente peroneale del nervo sciatico sinistro, non sostanziali modificazioni dal precedente controllo del 16 settembre 2011”). L’esame obiettivo esperito nel corso delle operazioni di consulenza tecnica (gennaio 2014) ha permesso di rilevare la presenza sulla faccia laterale dell’anca sinistra, di una cicatrice lineare a decorso longitudinale, ben consolidata, della lunghezza di 14 cm; riduzione nei gradi estremi dei movimenti attivi e passivi dell’anca sinistra; ipotrofia della loggia anteriore della gamba sinistra; flessione dorsale del piede sinistro pressoché abolita al pari della pronazione e supinazione dello stesso; estensione delle dita del piede sinistro pressoché assente; deambulazione con steppage a sinistra e lieve extrarotazione dell’arto inferiore destro; sollevamento sulle punte possibile; deambulazione sui talloni notevolmente diffi-

sinistra; al termotatto cute fredda sul dorso e dita del piede sinistro. All’esito della visita i consulenti concordavano di sottoporre il paziente a esame elettromiografico che, effettuato nel febbraio 2014, rilevava: “reperti neurografici indicativi di sofferenza della componente peroneale del nervo sciatico sinistro”.

coltosa; lieve ipoestesia sulla regione esterna della gamba sinistra, sul dorso del piede e delle dita; riflessi osteotendinei patellari nella norma, achilleo e cutaneo plantare ridotti bilateralmente in misura maggiore a

determinare una lesione del nervo femorale, del nervo gluteo superiore e del nervo sciatico; la via di accesso postero-laterale di Moore espone il nervo sciatico alla sua emergenza al di sotto del muscolo pirifor-

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Considerazioni medico-legali Per un corretto inquadramento medico-legale del caso, segnatamente in ambito civilistico dopo aver ripercorso l’iter clinico-strumentale, occorre effettuare una premessa di natura generale. Le lesioni nervose periferiche in corso di hanno una ricorrenza che, nelle varie casistiche, oscilla dallo 0,6% al 3,7%, aumenta al 5,2% negli impianti effettuati su lussazione congenita o displasia dell’anca e si attesta intorno al 3,2% negli interventi di revisione (1). Le lesioni nervose interessano con maggiore frequenza il nervo sciatico (2) ma possono ricorrere anche a carico del nervo femorale (3) e del nervo otturatorio in sede intrapelvica (4). In particolare, in caso di accesso chirurgico anteriore con tecnica di Smith Petersen si potrà verificare una lesione del nervo femoro-cutaneo e del nervo femorale; con una via di accesso antero-laterale di Watson e con una via laterale di Hardinge si potrà

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CASO CLINICO / Danno da chirurgia protesica

me; in caso di esposizione del tetto dell’acetabolo, invece, si potrà lesionare il nervo otturatorio (1). L’eziologia della lesione nervosa non solo rimane spesso non identificata (5) ma riconosce varie modalità di produzione. La lesione può avere genesi intraoperatoria o postoperatoria. Le lesioni prodotte nella fase intraoperatoria, pur potendo conseguire a cause non riconducibili all’équipe operatoria, come ad esempio alterazioni anatomiche osteo-articolari, anomalo decorso del nervo o sua incarcerazione in tessuti patologici, sono generalmente ascrivibili a incongrue manovre chirurgiche tra cui errori di posizionamento sul tavolo operatorio, eccessiva trazione, compressione o sezione diretta del nervo, uso improprio dei divaricatori (errato posizionamento o eccessiva trazione con gli stessi), estrusione intrapelvica del cemento, intrappolamento accidentale di fibre nervose nel corso di posizionamento di viti e cerchiaggi, esposizione delle strutture nervose durante l’accesso chirurgico. Le lesioni postoperatorie si manifestano nei giorni successivi all’intervento per ischemia o irritazioni nervose provocate da fenomeni di trazione; ulteriori cause sono rappresentate da lussazioni delle protesi, ematomi, nonché traumi di importante entità. L’esperienza ortopedica fornisce indicazioni atte a ridurre almeno del 50% l’incidenza delle lesioni nervose in corso di interventi per protesi d’anca attraverso una serie di accorgimenti tecnici quali l’isolamento del nervo nei casi a rischio, l’adeguato posizionamento dei divaricatori e l’attento con-

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trollo dei loro spostamenti nonché l’astensione da allungamenti dell’arto, superiori ai 2 cm (6). Orbene, dopo aver brevemente ripercorso gli elementi tecnici di maggiore rilievo, si dovrà passare ad analizzare il caso specifico. Per un corretto inquadramento medico-legale, il Ctu, in questi casi, esaminate le cartelle cliniche e la documentazione prodotta, dovrebbe ricostruire analiticamente le fasi dell’intervento subìto dal paziente in questione. Fasi dell’intervento chirurgico L’intervento chirurgico in esame, al pari di ogni intervento chirurgico, prevede le tre “classiche” fasi, individuate nella pratica nosocomiale al fine d’impedire o di ridurre le conseguenze di eventuali complicazioni: º fase preoperatoria º fase intraoperatoria º fase postoperatoria La fase preoperatoria si articola, a sua volta in ulteriori tre livelli: diagnosi, valutazione del rischio operatorio e preparazione operatoria. Nel caso che ci occupa i primi tre livelli furono giudicati dal Ctu come ben condotti, quindi l’indicazione all’impianto protesico risultava corretta; la paziente era in condizioni tali da richiedere l’intervento e non presentava controindicazioni o elementi di particolare rischio. Il primo livello da valutare era la preparazione operatoria che costituisce un momento assai delicato e consta di regole profilattiche di patologie trombotiche, polmonari,


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metaboliche, cardiologiche e infettive, attuate sia con il monitoraggio dei parametri vitali (esami cardiologici, polmonari, ematochimici), sia con metodiche interventistiche, quale la somministrazione di farmaci anticoagulanti e antiaggreganti oltre che con una corretta preparazione e sterilizzazione del campo operatorio, nonché il posizionamento del paziente sul tavolo operatorio. A questo punto si doveva passare alla valutazione della fase intraoperatoria, nel nostro caso, quella più critica. Questa fase inizia quando il paziente entra in sala operatoria e termina con il ricovero nella zona di risveglio; il paziente è assistito da un’équipe costituita dal chirurgo con gli aiutanti, dall’anestesista e dagli infermieri che svolgono diverse mansioni a seconda che siano infermieri di sala o strumentisti; prevede la presenza e l’intersecarsi delle condotte di multiple figure professionali, quindi è importante sapere “chi fa cosa”, al fine di individuare le possibili criticità. L’unico modo per evidenziare profili di condotta censurabile dei sanitari è analizzare con attenzione il verbale di sala operatoria, dove i vari professionisti annotano quanto hanno svolto nel corso dell’intervento. Nel nostro caso la descrizione dell’intervento chirurgico che, ovviamente, non segnalava l’avvenuta lesione del nervo, non

talmente per mano del chirurgo per eccessiva trazione dei divaricatori, oppure per azione diretta per non aver identificato il decorso del nervo, oppure si era realizzata per una condotta errata nelle manovre di manipolazione del paziente, prima, durante e dopo l’intervento.

riportava neanche elementi tali da ipotizzare una diversa causa di lesione, non riconducibile all’équipe chirurgica. Le ipotesi sostenibili erano, quindi, solo due: la lesione si era realizzata acciden-

to di per sé sufficiente a provocare l’evento lesivo. Quanto alla lesione nervosa, questa, per essere imputabile ai sanitari, deve essere ben dimostrata, anche perché è onere del

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Conclusioni In base alla documentazione resa disponibile, non risultavano condizioni preesistenti che potessero aver causato o concausato la lesione del nervo sciatico che, pertanto, risultava soltanto da porre in rapporto di dipendenza causale con l’intervento di artroprotesi d’anca. Altro elemento di indubbia rilevanza è che, da quanto si legge dalla descrizione dell’intervento chirurgico, nulla veniva riportato da parte del chirurgo, circa la posizione e lo stato del nervo sciatico; tale annotazione, in ottica difensiva, avrebbe assunto notevole importanza poiché avrebbe potuto porre in evidenza un’anomalia anatomica, oppure una patologica condizione locale tale da costituire una possibile causa alternativa di lesione nervosa. In altre parole, la documentazione resa disponibile al Ctu non ha permesso di individuare situazioni biologiche tali da configurare la lesione nervosa come evento imprevedibile e inevitabile o comunque tali da dimostrare il verificarsi di un even-

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CASO CLINICO / Danno da chirurgia protesica

paziente dimostrare la realtà del danno; quindi, nel caso in esame, tale lesione era localizzata prossimalmente al ginocchio e interessava prevalentemente la componente peroneale del nervo sciatico. Dimostrata quindi la realtà e la natura della lesione, si doveva passare alla valutazione del danno. Nel nostro caso il Ctu ha ritenuto che alla lesione del nervo sciatico non sia derivato un prolungamento del periodo di danno biologico temporaneo poiché quello trascorso, poteva ritenersi analogo a quanto consegue a un normale intervento di artroprotesi d’anca. Per quanto attiene ai postumi, il Ctu aveva rilevato la presenza di una sofferenza assonale e demielinizzante moderata della componente peroneale del nervo sciatico, dimostrata elettromiograficamente, con conseguente grave deficit della flessione dorsale del piede e delle dita di sinistra, discreta ipotrofia della loggia anteriore della gamba e deambulazione con steppage per cui il paziente risultava costretto a utilizzare una molla di Codivilla. Le menomazioni descritte, ascrivibili a maladempimento da parte dei sanitari, venivano valutate dal Ctu in misura del 13% (8, 9, 10, 11).

Update on nerve palsy associated with total hip replacement Clin Orthop Relat Res. 1997 Nov; (344):188-206. 3. Stöhr M, Schumm F, Bauer HL, Eck TH. Nerve lesions following total hip replacement and other hip-joint operations. Deutsch Med. Wochenschr. 1975 Jun 20;100(25):1368-75. 4. Bowman AJ, Siliski JM, Scott RD. Obturator-nerve palsy resulting from intrapelvic extrusion of cement during total hip replacement. Report of four cases. J Bone Joint Surg Am. 1985 Oct;67(8):1225-8. 5. Hurd JL, Potter HG, Dua V, Ranawat CS. Sciatic nerve palsy after primary total hip arthroplasty: a new perspective. J Arthroplasty. 2006 Sep;21(6):796-802. 6. Cortucci C, Fedeli P, Sirignano A. Riflessioni medico-legali su di una casistica di lesioni iatrogene in corso di intervento di protesi d’anca. Rivista Italiana di Medicina legale 2007 (3):829851. 7. Giusti G, Trattato di Medicina Legale e Scienze Affini, vol. V, Cedam, Padova 1999. 8. Ronchi E, Mastroroberto L, Genovese U. Guida alla valutazione medico-legale dell’invalidità permanente Giuffrè Editore, 2009, 201. 9. Palmieri L, Umani Ronchi G, Bolino G, Fedeli P. La valutazione medico-legale del danno biologico in responsabilità civile. Giuffrè Editore, 2006, 97-100.

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Bibliografia

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1. Meo A, Varese C, Tramontozzi R. Lesioni ner-

mieri L, Umani Ronchi G. Guida orientativa per

vose periferiche in corso di chirurgia protesica

la valutazione del danno biologico. Giuffrè Edi-

dell’anca: revisione della casistica internazio-

tore, 2001, 46-48.

nale e riflessioni in tema di responsabilità pro-

11. Luvoni R, Mangili F, Bernardi L. Guida alla

fessionale. Rivista Italiana di Medicina Legale

valutazione medico-legale del danno biologico

2011, 2, 447-468.

e dell’invalidità permanente. Giuffrè Editore,

2. Schmalzried TP, Noordin S, Amstutz HC.

2002, 194-195.



traumatologia CASO CLINICO


traumatologia forense / maggio 2017

n.4

CASO CLINICO

Politraumatismo della strada: aspetti medico-legali Severo quadro menomativo che ha interessato una bambina di 15 mesi con danno biologico permanente, quantificato nella misura del 70%

Elena Azzalini, Francesco Consigliere, Andrea Verzeletti Cattedra di Medicina Legale - Dip. di Specialità medico-chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Univ. degli Studi di Brescia

Portiamo all’attenzione il caso di una bambina dell’età di 15 mesi che, in seguito a un violento scontro frontale tra l’auto sulla quale viaggiava (assicurata sull’apposito seggiolino fissato al sedile posteriore) e un furgone, riportava severe lesioni. L’analisi medico-legale ha tenuto conto sia dei postumi funzionali ed estetici derivati dal trauma, sia di quelli psicologici. L’età della bambina ha posto la delicata questione della difficoltà di eseguire una valutazione medico-legale meritevole di essere considerata adeguata ed esaustiva, mentre la dinamica di causazione delle lesioni ha portato alla luce la necessità di valutare l’effettiva sicurezza e affidabilità dei sistemi di ritenuta per bambini. Una bambina dell’età di 15 mesi, trasportata su un’automobile, era assicurata all’apposito seggiolino fissato al sedile

posteriore sinistro. L’automobile aveva subito una violenta collisione frontale con un furgone che, procedendo nel senso opposto di marcia, invadeva la corsia su cui viaggiava. In seguito al sinistro stradale, veniva trasportata a mezzo elisoccorso presso il più vicino Pronto Soccorso, con codice rosso di accesso al triage. All’ingresso in Pronto Soccorso la bambina versava in condizioni critiche: anisocoria, sanguinamento dal cavo orale, frattura esposta del gomito sinistro ed ecchimosi in corrispondenza della radice delle cosce. La tomografia computerizzata total body con mezzo di contrasto evidenziava a livello encefalico una falda di emorragia subaracnoidea nella valle silviana sinistra e in regione parietale sinistra, nonché un probabile sottile ematoma subdurale

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CASO CLINICO / Politraumatismo della strada

lungo il tentorio; al torace, estese aree di addensamento parenchimale polmonare riferibili a inalazione e disventilazione. Una radiografia degli arti inferiori rilevava la presenza di una frattura del femore destro. La bambina veniva ricoverata presso il reparto di Rianimazione pediatrica dove, il giorno successivo, erano posizionati trazione transcheletrica e apparecchio gessato pelvi-pedidio destro. Si eseguiva dunque un’elettromiografia a carico della muscolatura dell’arto superiore sinistro che documentava l’assenza di attività muscolare volontaria, con scarsa attività spontanea, presente unicamente al muscolo bicipite brachiale e all’interosseo dorsale; risultava invece conservata la conduzione dei tronchi nervosi sensitivi. Due giorni dopo l’incidente era sottoposta a consulenza neuropsichiatrica e in corso di esame obiettivo si evidenziava che il capo risultava ruotato verso destra. Nove giorni dopo l’incidente veniva sottoposta a nuova visita neuropsichiatrica, dalla quale emergeva: pupille anisocoriche con destra maggiore della sinistra, strabismo alternante, modesta ptosi dell’occhio sinistro, ipotonotrofismo dell’arto superiore sinistro in assenza di movimenti spontanei dello stesso che restava abbandonato lungo il tronco e marcatissima instabilità della spalla. Non era inoltre presente movimento intenzionale di raggiungimento dell’arto superiore sinistro, che risultava dunque plegico. Veniva pertanto eseguita una mielo-RMN che documentava l’avulsio-

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ne di pressoché tutte le radici spinali di sinistra (risultavano ancora riconoscibili unicamente le radici di C3 e T1) e pseudomeningoceli coinvolgenti i forami di coniugazione di sinistra dal passaggio C4-C5 fino a T6-T7, nonché un voluminoso pseudomeningocele laterale sinistro che nel tratto T4-T8 si estendeva anche in sede posteriore mediana-paramediana bilaterale. La piccola veniva dimessa dopo 18 giorni con diagnosi di trauma cranico con ESA focale (emorragia subaracnoidea), frattura diafisaria del femore destro, trauma toracico con addensamento parenchimale sinistro da inalazione di materiale gastrico, avulsione delle radici spinali di sinistra del tratto C1-C8 e sindrome di Claude Bernard-Horner. All’elettromiografia dell’arto superiore sinistro di controllo, eseguita a distanza di un mese dalla precedente, l’attività spontanea e l’attività volontaria del muscolo deltoide e del muscolo tricipite brachiale risultavano ancora assenti. I muscoli bicipite brachiale e l’interosseo dorsale presentavano attività di fibrillazione e attività volontaria assente; era conservata la conduzione dei tronchi nervosi sensitivi. Il quadro risultava compatibile con un danno pregangliare. All’incirca dopo tre mesi e mezzo dal sinistro stradale, veniva eseguito un intervento chirurgico per la paralisi del plesso brachiale sinistro, con innesti nervosi e neurotizzazioni (in particolare, delle radici di C8 e T1 e del nervo muscolocutaneo).


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All’intervento faceva seguito il confezionamento di una tasca reggi-braccio, nonché l’impostazione di un programma riabilitativo comprendente elettrostimolazione muscolare, fisiochinesiterapia in acqua e fuori, somministrazione di vitamine del gruppo B. Oltre alle problematiche artuali, a causa della paralisi post-traumatica del nervo frenico sinistro, si sviluppavano relaxatio e ipotonia dell’emidiaframma omolaterale, con conseguenti quadri broncopneumonici recidivanti e risalita di stomaco, milza e colon fino al III spazio intercostale. La bambina necessitava dunque di un secondo intervento chirurgico di plicatura diaframmatica sinistra per via laparoto-

lergiche. All’incirca dopo un anno dall’intervento chirurgico di neurotizzazione del plesso brachiale, l’elettromiografia della muscolatura dell’arto superiore sinistro documentava un iniziale recupero del regime innervatorio, benché permanessero rilevanti segni di sofferenza neurogena con attività di denervazione; a una successiva e conclusiva visita di chirurgia plastica si osservava unicamente un’iniziale contrazione della muscolatura flessoria del polso.

mica e conseguente fisioterapia respiratoria riabilitativa che tuttavia non risolvevano gli episodi broncopneumonici che si presentarono anche successivamente, aggravati dal sopravvenire di reazioni al-

evoluzione”: in primis per gli aspetti organo-funzionali dell’arto superiore sinistro, la cui plegia completa non evidenziava sostanziali progressi nella reinnervazione; in secondo luogo, per la persistente

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Visita medico-legale La bambina giungeva all’osservazione medico-legale all’età di circa 30 mesi. La sua situazione clinica era definibile “in

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criticità del quadro respiratorio-polmonare sinistro, a causa di reiterate broncopolmoniti, crisi respiratorie e reazioni allergiche sopravvenute. Alla bambina, infatti, veniva diagnosticato un broncospasmo in paziente con allergia ad acari ed epitelio di gatto. Per il quadro psicologico si deve considerare che la bimba aveva due anni e mezzo, che nell’età evolutiva rappresentano la prima importante fase di distacco dal caregiver, caratterizzata da lotte di potere con capricci e crisi di pianto, tanto da meritare il nome di “terrible twos”. Dal punto di vista estetico, all’addome, in regione sottocostale sinistra, si apprezzava una cicatrice chirurgica lineare di colore rossastro, di aspetto simil-cheloideo, della lunghezza di circa 7,5 cm; alla gamba destra, in regione poplitea, una cicatrice chirurgica lineare di colore brunastro, di aspetto cheloideo, della lunghezza di circa 12 cm; alla gamba sinistra, in regione poplitea, una cicatrice chirurgica lineare, di colore rosato, piana, della lunghezza di circa 15 cm; alla base del collo in regione antero-laterale sinistra, estesa alla regione pettorale sinistra, al cavo ascellare e al braccio sinistro, una cicatrice chirurgica di forma irregolare, di colore biancastro. Gli importanti esiti estetici, considerando sesso ed età, devono necessariamente rientrare in una valutazione olistica del danno. Considerazioni medico-legali In corso di sinistro stradale, a causa del violento impatto frontale tra i due veicoli

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e la conseguente brusca decelerazione degli stessi, interveniva una violenta azione di trazione cagionata dalle cinture del seggiolino di sicurezza a cui la bimba era assicurata, alla radice dell’arto superiore sinistro, con lacerazione da strappo di tutte le radici nervose del plesso brachiale. Tale lacerazione provocava la paralisi completa dell’arto superiore sinistro e la lesione del nervo frenico omolaterale, con relaxatio dell’emidiaframma sinistro. A tale lesività, si aggiungevano la distorsione del rachide cervicale da contraccolpo, con conseguente lesione del parasimpatico cervicale, emorragia subaracnoidea nella valle silviana sinistra e in regione parietale sinistra, nonché la frattura diafisaria del femore destro, riconducibile all’impatto della coscia contro il seggiolino. L’evoluzione clinica era caratterizzata da numerosi ricoveri e da due interventi chirurgici da cui residuavano, peraltro, significativi esiti cicatriziali. La lesione del plesso brachiale riconosce, nel caso proposto, una causa indiretta, ovvero uno stiramento brusco responsabile dell’aumento della distanza acromion-mastoidea e dunque una lesione da trazione del plesso omolaterale. L’avulsione nervosa conseguente a un trauma presenta una prevalenza dello 0,1% ed è un avvenimento ben conosciuto (1). La lesione configuratasi ai danni della bambina è una lesione sopraclaveare, pregangliare, cioè, secondo la classificazione di Sunderland, una lesione da strappo a ca-


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rico delle radici nervose del midollo, con morte neuronale (2). Dal punto di vista anatomopatologico, Seddon nel 1942 divise le lesioni nervose in tre gruppi: neuroaprassie, assonotmesi e neurotmesi (3). Le lesioni nervose riportate dalla bambina in seguito al sinistro rientrano nell’ultimo gruppo, ovvero sono lesioni assonali accompagnate da diastasi dei due monconi e interposizione di tessuto cicatriziale, senza possibilità di reinnervazione spontanea. Tali tipologie di lesioni, non potendo riparare spontaneamente, rendono necessario un approccio chirurgico. Le lesioni pregangliari, nello specifico, obbligano a ricorrere alla neurotizzazione, ma quante più radici risultano avulse tanto più limitate sono le possibilità riparative e si dovranno operare scelte di priorità, nell’impossibilità di ricostruire il plesso nella sua totalità. Secondo la più recente letteratura, i pazienti sottoposti a trattamento chirurgico continuano a guadagnare articolarità (ROM) e forza anche dopo 2-3 anni dall’intervento. Tali acquisizioni sono però strettamente correlate con una costante e assidua pratica riabilitativa (4,5) che è più difficilmente realizzabile quando si parla di bambini al di sotto dei 5 anni. È in tal senso facilmente desumibile la difficoltà medico-legale della valutazione dell’outcome del trattamento, non potendo lo stesso prescindere dal successivo iter riabilitativo.

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Un altro aspetto da tenere ben presente nella valutazione medico-legale dei postumi permanenti in termini di danno biologico è l’età del soggetto. Quando ci si trova di fronte a un bambino, infatti, è indispensabile considerare i processi di accrescimento che lo interesseranno fino alla fine dello sviluppo. L’accrescimento del bambino è, infatti, una condizione in fieri che pone non pochi interrogativi e difficoltà valutative. In aggiunta a questi aspetti, è necessario tenere conto dei risvolti psicologici che la plegia dell’arto superiore sinistro può causare al soggetto, sia direttamente sia in maniera indiretta (avendo inevitabili ripercussioni sui genitori e dunque sul rapporto genitori/figlio). La bambina all’epoca del sinistro stradale aveva all’incirca 15 mesi. I primi sei anni di vita sono fondamentali per lo sviluppo di un bambino; durante questi anni vi sono diverse tappe di sviluppo psicofisico che, seppur strettamente individuali, devono seguire uno schema generale relativo ai cambiamenti attesi riguardo a capacità relazionale, capacità motoria, cognizione e linguaggio e capacità manuale. È evidente come l’impossibilità di utilizzare un arto superiore possa andare a interferire, in maniera più o meno marcata, con ciascuno di tali clusters. Nel caso analizzato, la necessità di continue cure, le ospedalizzazioni, l’implicazione emotiva genitoriale e la stretta dipendenza della bambina dagli stessi sono elementi che non solo ritardano l’acquisizione delle normali tappe di sviluppo, ma

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rendono anche difficile una valutazione medico-legale dal punto di vista dell’adattamento della bambina alla situazione o degli eventuali esiti psichici che saranno valutabili solo nell’arco di anni. La valutazione del danno si prospetta dunque complessa, dovendosi arrivare a una percentuale di danno biologico complessiva che non può essere il risultato della somma algebrica delle singole menomazioni (compreso il versante psichico) e che non può non tener conto dell’età del soggetto e della criticità del periodo evolutivo. Il danno dovrà dunque essere quanto più possibile personalizzato, non escludendo di dover procedere a una rivalutazione dello stesso negli anni a venire. È altresì bene ricordare che, nel caso di lesioni nervose, la valutazione non deve essere effettuata prima che sia trascorso un arco di tempo sufficiente (almeno un anno) a far ritenere stabilizzato l’esito della lesione, in funzione della stazionarietà del reperto clinico ed elettromiografico/elettroneurografico. I trattamenti ricostruttivi, anche a mezzo di innesti, allungano il tempo di attesa necessario per la valutazione (indicativamente è necessario attendere almeno due anni).

quantificare il danno biologico permanente nella misura del 70%. Tale valutazione ha tenuto conto del complesso quadro menomativo e in particolare dell’avulsione delle radici spinali del plesso brachiale sinistro nel tratto C1-T8 con associata sindrome di Claude-Bernard Horner (pressoché assimilabile alla perdita anatomica dell’arto), della relaxatio diaframmatica da lesione del nervo frenico, degli esiti del traumatismo cranico, della frattura diafisaria del femore destro, nonché delle implicazioni psichiche e del danno estetico. Tale valutazione si ritiene inoltre passibile di modifiche future, alla luce della fisiologica crescita psicosomatica e delle spiccate capacità di adattamento messe in atto dai bambini nei primi anni di vita. Bibliografia 1. Newman WC, Tempel ZJ, Tyler-Kabara EC. Posttraumatic cervical nerve root avulsion with epidural hematoma. World Neurosurg. 84(4):1177.e, 2015. 2. Sunderland S. Nerves and nerve injuries. Churchill Livingstone, 1978. 3. Seddon HJ. A classification of nerve injuries. Br Med J. 2(4260):237-9, 1942. 4. Wang JP, Rancy SK, Lee SK, Feinberg JH, Wolfe SW. Shoulder and elbow recovery at 2 and 11 years following brachial plexus recon-

Conclusioni Nel caso in esame, sulla scorta di quanto fin qui esposto, con particolare attenzione alla situazione clinica in evoluzione ed essendo trascorsi all’incirca 15 mesi dall’incidente, si è ritenuto congruo

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struction. J Hand Surg Am. 41(2):173-9, 2016. 5. Dickson JK, Biant LC. A good outcome following complete injury of the brachial plexus: long-term analysis of the management of two patients. J Bone Joint Surg Br. 92(4):540-4, 2010.



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CASO CLINICO

Valutazione di macrodanno in esiti di politraumatizzato Gravi lesioni da politrauma fratturativo possono evolvere con un danno biologico temporaneo e permanente in ambito RC

Tiziano Villa*, Fabio M. Fontana**, Gianluca Landi***, Fabio M. Donelli*** * Specialista in Ortopedia e Traumatologia, G.B. Mangioni, Lecco GVM ** Specialista in Psichiatria ***Uoc Medicina Legale, Università degli Studi di Siena, Policlinico Santa Maria alle Scotte ****Specialista in Ortopedia e Traumatologia e Medicina Legale, Università degli studi di Milano. Coordinatore del gruppo di studio di traumatologia forense della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot)

Le gravi lesioni da politrauma fratturativo possono evolvere in un danno biologico temporaneo e permanente con significativa compromissione della qualità di vita, sia per le ordinarie occupazioni sia per i patemi derivanti dalle costanti rinunce, con conseguente danno dinamico-relazionale aumentato dall’efficacia psicolesiva del trauma stesso. In questi casi sarà pertanto necessaria un’accurata valutazione del pregiudizio psichico e della capacità lavorativa generica e specifica anche in relazione alle perdite di chance professionali, specie in un soggetto giovane. Prendiamo in esame il caso clinico di un uomo di 31 anni, non coniugato e senza figli, laureato in economia aziendale che attualmente svolge la professione di consu-

lente amministrativo in libera professione (all’epoca dell’evento lesivo era in attesa di occupazione), parte lesa nel sinistro stradale in oggetto. Il presente caso, analizzato come consulenza medico-legale di parte, mira a valorizzare il danno biologico inteso come “lesione temporanea e/o permanente dell’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”, così come espresso nel d.lgs n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private) e successivamente dalla Suprema Corte di Cassazione che ribadendo quanto già espresso nel codice, specifica come gli artt. 138 e 139 dello stesso, ne diano una definizione “su-

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scettiva di generale applicazione, in quanto recepisce i risultati ormai definitivamente acquisiti di una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale” (n. 26972 dell’11 novembre 2008, punto 2.13). Ricostruzione anamnestico-documentale Dalla disamina della documentazione clinico-sanitaria prodotta e dalle dichiarazioni rese dal periziando risulta comprovato che il traumatizzato si trovava trasportato sul sedile anteriore destro di un’autovettura, con la cintura di sicurezza regolarmente allacciata, quando veniva coinvolto in un violento politraumatismo da collisione contro ostacolo fisso a elevata velocità, a causa della perdita del controllo dell’autoveicolo da parte del conducente. Il periziando veniva trasportato in condizioni critiche all’ospedale di zona ove era sottoposto ad accertamenti clinico-strumentali per trauma maggiore, a seguito dei quali veniva ricoverato in regime di urgenza nell’Unità Operativa di terapia intensiva cardiochirurgica, con la diagnosi di: rottura dell’aorta toracica all’istmo, dissecazione tripode celiaco, fratture composte di bacino (ala iliaca sinistra, ala sacrale, branca ileopubica sinistra con coinvolgimento della colonna anteriore dell’acetabolo), fratture scomposte delle ossa nasali, plurime ferite lacero-contuse e da taglio al capo e al volto, frattura alla teca cranica e maxillo-facciale (frattura bifocale lievemente infossata dell’osso frontale con emoseno), plurimi focolai

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lacero-contusivi polmonari con fratture costali multiple (arco anteriore I-II-III e IV costa a sinistra), infrazione del corpo sternale con versamento pleurico, pneumotorace e pneumomediastino. In regime di emergenza, il periziando veniva sottoposto a intervento chirurgico di endoprotesi vascolare dell’aorta toracica per rottura dell’istmo aortico con pseudoaneurisma post-traumatico. La lesione al tripode celiaco, caratterizzata da dissezione intimale con apposizione trombotica, non veniva trattata vista la parziale ricanalizzazione per sindrome del legamento arcuato. Veniva contestualmente condotto intervento chirurgico di ricostruzione dell’arteria femorale comune destra con patch in vena con residuante stenosi del 30-40%. L’immediato decorso post-operatorio era caratterizzato da progressiva anemizzazione, inizialmente trattata con emotrasfusioni, quando al controllo tomografico si documentava il rifornimento del noto pseudoaneurisma istmico (19x17x31 mm versus 30x21x35 mm); nello stesso giorno veniva condotto ulteriore intervento chirurgico di bypass carotido-succlavio sinistro, oltre al posizionamento di estensione prossimale della componente endoprotesica vascolare. A tre giorni dall’accesso, l’infortunato veniva estubato. Al controllo TC, di due giorni dopo, si riscontrava ulteriore rifornimento dall’arteria succlavia del noto aneurisma, per cui si eseguiva embolizzazione dell’arteria succlavia sinistra con spirali a rilascio controllato e la procedura si complicava, da dislocamento di una


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piccola porzione delle spirali non determinante vizi emodinamici e vascolari. Dopo due giorni ulteriori, il paziente venne sottoposto a intervento chirurgico a cielo aperto, di riduzione cruenta e osteosintesi delle note fratture nasali. Seguiva trasferimento nell’Unità Operativa di Chirurgia vascolare del nosocomio, con riscontro di sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH) di natura post traumatica, per cui veniva impostata terapia medica (allo studio RM dell’encefalo, non lesioni ipofisiarie). Alla rivalutazione ortopedica veniva esclusa indicazione a trattamento cruento ma carico parziale sull’arto inferiore sinistro. Ventinove giorni dopo il sinistro stradale, il periziando veniva dimesso in modalità di cura domiciliare-ambulatoriale con raccomandazione alla prosecuzione degli esami angiografici e visite mediche di follow-up e monitoraggio degli elettroliti. Seguivano plurime valutazioni cliniche ambulatoriali con riscontro di normale decorso post-chirurgico ed evidenziata necessità alla prosecuzione delle terapie farmacologiche impostate, specie antiaggreganti, cure fisiche e riabilitative per il recupero della stenia e dell’autonomia nelle ordinarie attività quotidiane. A distanza di circa 4 mesi dal sinistro, il paziente veniva sottoposto a visita psichiatrica con il seguente riscontro: “sindrome da disadattamento con sintomatologia ansioso-depressiva [...], stato di sofferenza psichica conseguente alla modificazione dello stile di vita in seguito all’incidente. Si rileva perdita di fiducia nelle

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proprie capacità, insicurezza, disagio nelle relazioni sociali, insofferenza, ansia somatizzata e abulia. A tutto ciò si aggiunge un funzionamento psichico caratterizzato da tendenze ossessive” per cui veniva suggerito supporto psicologico finalizzato alla rielaborazione degli eventi. Dopo circa 11 mesi dal sinistro, il periziando veniva giudicato invalido civile con riduzione permanente della capacità lavorativa pari al 70% (prevista revisione-verifica a settembre 2016). Dopo ulteriori 7 mesi, a seguito di visita specialistica di chirurgia vascolare fu riscontrata la stabilità del quadro clinico (totali 21 mesi, pari a 668 giorni). Diagnostica per immagini ed esami strumentali Lo studio tomografico computerizzato dell’encefalo, torace e addome completo, con e senza mezzo di contrasto, evidenziava frattura bifocale dell’osso frontale con emoseno bilaterale, rottura dell’istmo aortico con pseudo aneurisma (3 cm), latero-deviazione della trachea; mal opacizzazione dell’origine del tripode celiaco di aspetto irregolare come da piccolo aneurisma post-traumatico con parziale dissezione trombizzata; falda di pneumotorace apicale e basale destra e sinistra con aspetto a vetro smerigliato del parenchima polmonare su base contusiva e disventilativa; fratture dell’arco anteriore della I-II-III-IV costa a sinistra del corpo sternale. Fratture composte dell’ala iliaca sinistra e ala sacrale sinistra, della branca ileopubica sinistra con pregiudizio della

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 Fig. 1: studio TC del bacino. Frattura branca ileo-ischio-pubica sinistra con pregiudizio della colonna anteriore acetabolare

 Fig. 2: studio TC del capo. Fratture scomposte delle ossa nasali, frattura della teca cranica e frattura bifocale lievemente infossata dell’osso frontale; immagine amplioscopica intraoperatoria con endoprotesi vascolare aortica, spirali apposte a embolizzazione controllata dell’arteria succlavia sinistra e piccolo contingente dislocato (non determinante vizi emodinamici vascolari)

colonna anteriore acebolare (figg. 1 e 2). Lo studio arteriografico dell’aorta addominale e toracica riscontrava irregolarità dei profili del tronco comune del tripode celiaco da lesione traumatica, in sindrome del legamento arcuato (fig 2). Lo studio tomografico computerizzato di controllo del

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torace e dell’addome, con e senza mezzo di contrasto, evidenziava esiti di posizionamento di protesi aortica e di embolizzazione spirale dell’arteria succlavia sinistra con regolare canalizzazione del bypass carotido-succlavio e i restanti reperti apparivano sostanzialmente invariati.


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Diagnosi e visita medico-legale Il periziando si sottoponeva alle cure fisiche e riabilitative, nonché farmaco-terapiche, come da indicazioni. Proseguiva pertanto nel suo iter terapeutico-riabilitativo fino a 21 mesi dopo il sinistro stradale, quando lo specialista ortopedico curante dichiarava la guarigione clinica con postumi permanenti invalidanti condizionanti pregiudizio biologico e suscettibili di valutazione medico-legale. Dalla documentazione medica esaminata e descritta in sintesi, da dati storico-clinici e della visita medico-legale risulta comprovato che l’infortunato, per i traumi subiti nel sinistro stradale in atti, riportò le seguenti lesioni: “severo politrauma fratturativo con rottura/dissecazione dell’aorta toracica all’istmo (che ha richiesto trattamento in urgenza di endoprotesi vascolare, embolizzazione selettiva dell’arteria succlavia e bypass carotido-succlavio), dissecazione del tripode celiaco con pseudoaneurisma e apposizione trombotica parziale all’origine (in sindrome del legamento arcuato), fratture plurime composte di bacino (ala iliaca sinistra, ala sacrale, branca ileopubica sinistra con coinvolgimento della colonna anteriore dell’acetabolo), fratture scomposte delle ossa nasali, frattura bifocale lievemente infossata dell’osso frontale con emoseno bilaterale (che ha richiesto trattamento cruento di riduzione e osteosintesi), plurime ferite lacero-contuse e da taglio al capo e al volto, plurimi focolai lacero-contusivi polmonari con fratture costali multiple (arco anteriore I-II-III e IV costa a sinistra), infrazione

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del corpo sternale con versamento pleurico, pneumotorace e pneumomediastino (che hanno richiesto drenaggio toracico), trauma distorsivo assiale e policontusioni, oltre a trauma psichico”. Dal lato comportamentale si osserva una grave e polimorfa sintomatologia comprendente una marcata deflessione del tono dell’umore, uno stato ossessivo, uno stato di cronica stanchezza complicato da turbe della volizione con inerzia, apatia e tendenza al ritiro sociale. Completano il quadro psicopatologico i disturbi del sonno con difficoltà nell’addormentamento e risvegli notturni frequenti. Il quadro sintomatologico attuale, lamentato dal periziando al momento della visita medico-legale, era caratterizzato da cefalea cronico-ricorrente fronto-bitemporale a cadenza settimanale, turbe del sonno per difficoltà all’addormentamento e risvegli frequenti, deflessione del tono dell’umore per soggettiva disabilità, difficoltà all’adempimento delle ordinarie attività quotidiane e professionali, facile affaticabilità, impossibilità alla pratica di attività ginnico-sportive, stanchezza cronica e parziale ritiro sociale. Venivano altresì riferiti ipostenia spiccata dell’emisoma sinistro (non dominante), soggettivo pregiudizio estetico per evidenti esiti cicatriziali specie in aree fotoesposte, visibili ictu oculi, poliartralgie assili e all’anello pelvico con coxalgia sinistra e difficoltà deambulatorie, zoppia, cedimenti articolari recidivanti nonché difficoltà all’esecuzione delle normali attività, come il salire e scendere dalle scale per facile affatica-

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bilità ed esacerbazione del quadro algico lamentato oltre a spiccata meteoropatia. Esame obiettivo in sintesi: º soggetto normotipo, di giovane età, in buone condizioni generali, destrimane; º capo e collo, si apprezzano ictu oculi plurimi esiti cicatriziali dismorfici, distrofici, discromici, riferiti come parestesiche al tatto. Evidente deviazione destro-convessa della piramide nasale; miocontrattura antalgica dei muscoli spinali e dei fasci sovrascapolari dei muscoli trapezi; movimenti attivi e passivi dolorosi e limitati di 1/5 circa all’auscultazione, soffio carotideo sinistro; º arto superiore sinistro, ipomiotrofia circonferenziale brachiale di 2 cm e sub-centimetrica antibrachiale con evidente iposfigmia del polso radiale; ipomiostenia dei cingoli deltoideo e pettorale (F4/5) e dell’arto superiore sinistro con evidente facile esauribilità; º torace normoconformato, minimi rumori da sfregamento pleurico ai campi medio-inferiore a destra e a sinistra, crepitii bibasali fini; la digitopressione dell’arcata costale destra e sinistra medio-superiore suscita sintomatologia algica, così come delle rispettive sincondrosi costosternali. Movimenti di rotazione e flessione del busto dolorosi e limitati di 1/5; soggettiva sfumata dispnea teleinspiratoria ed espiratoria per algia all’emitorace destro e sinistro; º bacino-arto inferiore sinistro normoconformato, stabile. Si apprezzano

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esiti cicatriziali cheloidei da accesso iatrogeno all’asse ileo-femorale; minus circonferenziale di coscia di 2 cm; dolente la digitopressione della sinfisi pubica, il decorso del legamento inguinale e l’articolazione sacro-iliaca sinistra; articolarità attiva e passiva dell’anca dolorosa e limitata ai massimi gradi; trendelenburg accennato a sinistra; º Esame obiettivo neurologico (Eon) negativo, si segnalano oscillazioni pluridirezionali compensate alla prova di Romberg. Non sono evidenti dati oggettivi patologici a carico degli altri organi e degli apparati rilevanti ai fini del presente accertamento. Discussione e conclusioni Nel noto evento lesivo, il periziando riportò un severo politrauma identificabile quale macrodanno, cioè un danno complesso che coinvolge una pluralità di fattispecie, dal danno biologico al danno esistenziale, oggetto di molteplici pronunce della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite (sentenza 11 novembre 2008, n. 26972). L’obiettivo risarcitorio è quello di riconoscere un danno nel suo complesso, con una collaborazione sinergica della psichiatria forense e della medicina legale, al fine di vedere riconosciuto il grado di limitazione della manifestazione esistenziale delle personalità e delle attività umane relazionali ordinarie comuni e non comuni. Questa valutazione deve essere formulata in modo da consentire al lettore, e al giudice nel caso di contenzioso, di individuare le tecniche atte a tradurre in denaro le


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conseguenze pregiudizievoli del danno, per un’effettiva tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione. A tal fine, sarà necessario scegliere un’interpretazione di tipo evolutivo che tenga conto dello sviluppo sociale dell’essere umano, anche per merito della clausola generale ex art. 2 Cost., che si riferisce a diritti inviolabili dell’uomo senza ulteriori elencazioni, sia come singolo sia come soggetto inserito in formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Riguardo al caso de quo, il nesso di causalità tra l’evento lesivo e le lesività accertate è facilmente dimostrabile applicando i classici criteri medico-legali di riferimento eziologico (cronologico, topografico, adeguatezza qualitativa e quantitativa della causa lesiva presunta, esclusione di altre possibili eziologie). Gli interventi chirurgici eseguiti in urgenza, le cure intensive e la lunga ospedalizzazione hanno consentito il salvataggio della vita del periziando e un rientro alla vita quotidiana. Purtroppo, la capacità ad adempiere alle ordinarie mansioni appare notevolmente compromessa. Il complesso menomativo ha cagionato inoltre l’instaurarsi di un disturbo distimico e di ridotta interazione sociale. Quindi il corretto trattamento chirurgico, medico-rianimatorio e fisiatrico ha certamente impedito complicanze ancor più gravi con possibile morte, consentendo all’infortunato di non rimanere allettato, oltre a una discreta ripresa funzionale motoria. Al fine della valutazione del danno biologico, il quadro clinico, le alterazioni ana-

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tomo-funzionali viscerali e gli esiti fratturativi sono da considerare ormai stabilizzati nella loro evoluzione per il tempo trascorso dal momento delle lesioni traumatiche (sono trascorsi oltre 21 mesi) che rende imprevedibile un’ulteriore ripresa migliorativa. Ad oggi non sono proponibili ulteriori trattamenti medico-chirurgici che possano migliorare le condizioni cliniche e anatomo-funzionali dell’infortunato, anzi non si possono escludere complicanze future quali migrazione/mobilizzazione dell’impianto protesico endovascolare, apposizioni trombotiche o colonizzazioni settiche. Devono inoltre essere annoverate le possibilità di insorgenza di sindromi aderenziali oltre al manifestarsi di una carenza di organo-funzione dell’apparato renale come conseguenza sicura delle plurime infusioni di mezzo di contrasto, necessarie e comunque indispensabili per il corretto iter e diagnostico-terapeutico sia in regime di urgenza sia di follow-up. Il periziando inoltre dovrà sottoporsi a terapia antiaggregante cronica e non è da escludere, in un futuro prossimo non preventivabile, la possibilità all’introduzione di terapia anticoagulante. Il periziando ha subito inoltre una grave compromissione dell’integrità psicorganica. Il suo assetto psichico appare, comprensibilmente, profondamente trasformato in senso peggiorativo rispetto al periodo precedente all’evento traumatico. Dal punto di vista psichico, occorre quindi tener conto della gravità complessiva delle lesioni patite

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CASO CLINICO / Politrauma fratturativo

dal periziando che hanno condizionato direttamente sia il danno biologico proprio, quindi la patologia psichica reattiva al trauma, sia di conseguenza, il danno morale ed esistenziale. In particolare, risultano menomate le capacità di modulazione degli stati emotivi e compromessa la percezione dell’integrità della propria immagine psichica e corporea. Si evidenziano modificazioni della personalità, così come un peggioramento dell’assetto psicologico con scadimento delle capacità globali di funzionamento, di adattamento e di relazione. Si rileva inoltre una grave compromissione dell’efficienza globale, dell’autonomia e dell’autostima. La gravità delle lesioni patite dal periziando configurano un danno esistenziale con un marcato scadimento della qualità della vita nelle aree della realizzazione lavorativa con perdita di chance, delle relazioni umane e familiari oltre che nelle aree di realizzazione sociale e sportiva. Tale quadro clinico configura una diagnosi di un grave “disturbo dell’adattamento con ansia e umore deflesso”. Venendo adesso alla questione del danno morale soggettivo nel caso in esame, oltre alla considerazione del lavoro in usura, non va trascurato il problema della sofferenza morale. La gravità delle lesioni patite, la prolungata ospedalizzazione e la compromissione motoria (completa inizialmente, con un discreto recupero poi con le cure fatte) furono tali che dobbiamo valutare la sofferenza morale nella fase dell’invalidità temporanea come massima per circa tre mesi e poi per i rima-

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nenti nove mesi come moderata. La necessità di assistenza per alcune mansioni della vita ordinaria, l’evidente percezione da parte di terzi delle residuate e i patemi per le rinunce nella vita sono indicatori che ci consentono di ritenere che la sofferenza morale nell’invalidità permanente sia moderata nel caso in esame. In merito, infine, all’entità delle sofferenze patite dal paziente a seguito delle lesioni riportate, interpretando la recente tabella valutativa inserita nella “Guida alla valutazione medico-legale dell’invalidità permanente” (E. Ronchi, L. Mastroroberto, U. Genovese – Giuffré Editore 2009) si estrapola, riguardo la durata di malattia meta-traumatica, un punteggio di 3,8 in una scala da 1 a 5 considerando le seguenti 5 voci: º durata dell’iter clinico (fino a 12 mesi), punti 0,8; º terapia medica (analgesici maggiori, politerapia farmacologica), punti 0,6; º presidi vari (tutori, gesso, scarico), punti 0,6; º interventi chirurgici (plurimi), punti 1; º rinunce quotidiane (medio-alte) punti 0,8. La stessa tabella individua le sofferenze relative al danno biologico permanente con punteggio di 2,5 in una scala da 1 a 5 considerando le seguenti voci: º supporto di terzi nella quotidianità, punti 0,1 (occasionalmente nella settimana); º terapia farmacologica, punti 0,8 (polifarmaci); º presidi sanitari, punti 0,2 (protesi interne);


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º evidenza della menomazione, punti 0,6 (costantemente percepita da terzi); º rinunce nella vita quotidiana, punti 0,8 (medio-alte). Infine, per quanto concerne il danno emergente, l’infortunato fu costretto a esborsi di denaro per visite mediche, esami strumentali, cure fisiche e acquisto di farmaci. Tali spese, essendosi rese necessarie per la diagnosi e cura della lesione accertata sono da qualificarsi come spese mediche, da giudicarsi congrue e quindi da risarcirsi secondo documentazione. Vista la natura ed entità delle menomazioni accertate, si ritengono indicate ulteriori spese future per cure aggiuntive e di mantenimento riabilitativo. Tali postumi incidono in modo importante sull’integrità psicofisica del soggetto determinando un danno della capacità lavorativa specifica - di laureato in economia aziendale che svolge la professione di consulente amministrativo in libera professione - quantizzabile nella misura di 1/4.

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in considerazione della graduale attenuazione e stabilizzazione del quadro clinico acuto iniziale e della progressiva ripresa funzionale, in: inabilità biologica temporanea al 100% per 38 giorni, inabilità biologica temporanea al 75% per 100 giorni, inabilità biologica temporanea al 50% per 227 giorni. Non potendo procedere alla sommatoria matematica delle singole percentuali di invalidità relative alle singole menomazioni, stimando l’effettiva incidenza del complesso delle menomazioni stesse sull’integrità psicofisica della persona dell’infortunato comprensiva delle limitazioni dinamico-relazionali, procedendo con questi criteri valutativi, visti i più accreditati barèmes desumibili dalla letteratura medico-legale, l’invalidità permanente nel caso in esame risulta essere quantificabile nella misura del 55% (danno biologico permanente in ambito di RC).

Valutazione medico-legale La documentazione medica, i dati storico-clinici, i rilievi semeiologici fatti nel corso dell’attuale visita medico-legale e le considerazioni epicritiche di cui sopra comprovano che le gravi lesioni iniziali sono evolute con un danno biologico temporaneo e permanente in ambito di RC. L’inabilità biologica temporanea documentata perdurò per circa 21 mesi, tuttavia, a mero fine risarcitorio, quantificabile nella misura di 365 giorni da articolarsi

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traumatologia MONOGRAFIA


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MONOGRAFIA

Well being, benessere giuridicamente tutelabile Tra wellness e terapia nasce una nuova declinazione giuridica del diritto alla salute

Avv. Stefano Fiorentino Studio Legale Fiorentino, Verona

Il concetto di salute, così come recepito nell’ordinamento del nostro Paese, ha radici lontane e trova la sua genesi nella definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) del 19461, a mente della quale “Health is a state of complete physical, mental and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity”2. La definizione nasce storicamente in un periodo in cui le atrocità naziste, ormai note a tutte, spingevano inevitabilmente le autorità internazionali a perseguire un’idea della salute intesa in modo 1 Recepita in Italia con d.lgs. Capo provvisorio Stato 4 marzo 1947, n. 1068, “Approvazione del Protocollo concernente la costituzione dell’Organizzazione mondiale della sanità” stipulato a New York il 22 luglio 1946 (in suppl. a Gazzetta Ufficiale 14 ottobre 1947, n. 236). 2 “La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non una semplice assenza di malattia”.

molto ampio e innovativo, per quei tempi, ovvero riconoscendo nella stessa, non solo una dimensione fisica ma anche una situazione di benessere psichico e connotando il tutto con un’evidente colorazione sociologica. La definizione fu subito criticata in quanto talmente ampia da rasentare l’utopia (1). La paura dei primi commentatori era più che altro legata all’idea che la connotazione di “benessere sociale” connessa alla definizione di salute, potesse in qualche modo confondere la salute dell’individuo con la sua felicità sociale, con la conseguenza di far rientrare tra le patologie curabili medicalmente ogni problema concernente la vita umana, compresa la sua naturale tendenza al benessere assoluto. Da un punto di vista positivistico, la critica si risolveva dunque nel ritenere la

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MONOGRAFIA / Tutela del bene salute

definizione non operativa, in quanto talmente estesa da non poter ispirare una realistica produzione normativa a tutela del bene salute, come praticamente inteso. Evoluzione del concetto di diritto alla salute nel nostro ordinamento Nella Costituzione italiana il concetto di salute è espresso dall’art. 32, il quale recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Per quanto coeva alla definizione dell’Oms, nel tratto normativo costituzionale notiamo due aspetti estremamente interessanti:

º la salute è bene dell’individuo ma pure interesse della collettività. Il diritto non viene dunque inteso e riconosciuto in senso assoluto ma deve comunque armonizzarsi con altri diritti tutelati dall’ordinamento; º il fatto che possano venir garantite cure gratuite agli indigenti introduce, a contra-

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riis, il principio di sostenibilità del diritto alla salute nella misura in cui lo stesso, per essere concretamente attuato, necessita di parametri anche di spesa, estremamente rigorosi. La definizione costituzionale contenuta nell’art. 32 mostra come nel nostro ordinamento, almeno nella sua fase iniziale, il concetto di salute trascenda quello soggettivo del singolo individuo, esprimendo più che altro un contenuto programmatico, mirante cioè a porsi come base ispiratrice della politica sanitaria nazionale. Verso la fine degli anni ‘60 inizia nel nostro Paese una lenta ma inarrestabile evoluzione del diritto alla salute, il quale da una prima fase di connotazione sostanzialmente pubblicistica acquisisce sempre più tratti inequivocabilmente legati alla tutela dell’individuo: si passa dall’interesse alla salute dell’individuo come facente parte di una collettività, all’interesse per la salute dell’individuo intesa come espressione fisica, psichica e sociale dello stesso. Questa


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rivoluzione copernicana del diritto alla salute passa attraverso alcune significative leggi che hanno profondamente segnato la storia democratica del nostro Paese: º legge 18 marzo 1968, n. 431 sull’assistenza psichiatrica, laddove viene effettuata una parificazione tra il malato di mente e gli altri malati in merito all’accesso alle cure. Chiarissima nella legge, la dimensione psichica della malattia che viene considerata sullo stesso piano di quella fisica; º legge 22 maggio 1978, n. 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, ammessa (entro i 90 giorni) anche nell’ipotesi in cui “il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari [...]”. La soggettivizzazione del diritto alla salute passa inoltre attraverso una serie di sentenze della Suprema Corte che definiscono il diritto alla salute nei termini che oggi conosciamo: tra le molteplici ricordiamo, in particolare, la fondamentale Cass. 25 luglio 1967, n. 1950, che collega al diritto alla salute il diritto di poter esprimere un consenso informato alle cure sanitarie, pur trovandone la genesi non nell’art. 32, bensì nell’art. 13, quale espressione di quel principio di autodeterminazione alla base della libertà personale dell’individuo. Questa panoramica breve e necessariamente incompleta di come si sia evoluto in quasi sessant’anni di attuazione pratica il concetto di salute mutuato nel nostro ordinamento, dall’ormai lontana definizione dell’Oms (2),

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ci consente di trarre una conclusione all’apparenza scontata ma di profonda rilevanza: definire cosa sia la salute è certamente cosa differente dall’individuare se e in che misura questa sia tutelabile dal diritto in tutte le sue declinazioni. La banalità apparente dell’affermazione nasconde una grande verità: l’ampiezza della definizione della salute contenuta nel nostro ordinamento e la natura sostanzialmente programmatica dell’articolo 32 della Costituzione sono rimaste pressoché immutate; ciò che si è evoluta è certamente la tutela che l’ordinamento ha concesso, ovvero il diritto alla salute, in base sia allo sviluppo del tessuto sociale del nostro Paese sia all’evoluzione scientifica che ha dimostrato quali siano i claim salutistici effettivamente tutelabili dal diritto. Dal danno alla salute al danno biologico La tutela della salute passa attraverso tre tipi di provvedimenti: º atti positivi, ovvero norme giuridiche e amministrative che istituiscono e assicurano al cittadino cure e prestazioni mediche (quella branca del diritto amministrativo meglio nota come diritto sanitario); º atti a contenuto negativo o limitativo, ovvero norme che regolano e/o limitano determinate attività in quanto nocive per la salute; tra questi provvedimenti annoveriamo le norme che regolano le immissioni inquinanti3 e l’uso di determinati pro3 L’immissione di sostanze nocive (ivi compresi i rumori) nell’ambiente di vita quotidiana (compreso l’ambiente di lavoro ex legge 626/94 poi riformata dal d.lgs. 81/2008) è fatto civilmente illecito e fonte di responsabilità che può sostanziare un’ipotesi di danno alla persona. Esiste inoltre, per il proprietario di un fondo, la possibilità di richiedere espressa-

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MONOGRAFIA / Tutela del bene salute

dotti (pesticidi, fitofarmaci, ecc.);

º giurisprudenza, negli ultimi trent’anni numerose sentenze di merito e di legittimità, pur non occupandosi direttamente di salute, hanno costruito interessanti percorsi tematici sul cosiddetto “danno biologico”, questione delicata (3) e certamente vera chiave di volta interpretativa nell’ampliamento e applicazione pratica del diritto alla salute giuridicamente tutelabile. Nella storica sentenza della Corte Costituzionale del 30 giugno 19864 troviamo la prima compiuta definizione di danno biologico inteso come “[...] l’evento del fatto lesivo della salute [...] e si sostanzia nella menomazione dell’integrità psicofisica dell’offeso che trasforma in patologia la stessa fisiologica integrità [...]”. Tutte le successive sentenze di questo filone sono unite da un vero e proprio fil rouge, ovvero dal progressivo ampliamento di operatività del danno alla salute, ampliamento che riconduce le ripercussioni di carattere non patrimoniale5 nell’ambito del danno biologico. Tanto che i concetti di danno biologico e danno alla salute, le cui genesi hanno radici ben diverse6, vengono progressivamente a mente la limitazione delle immissioni che superano la normale tollerabilità sulla base dell’art. 844 Codice Civile. 4 In Foro It., 1986, I, 2053. 5 Diverse dal dolore. 6 Il danno biologico nasce in ambito medico-legale per indicare la lesione psicofisica subita da un soggetto. Esso è inteso come “qualsiasi menomazione (permanente e/o temporanea) dell’integrità psicofisica della persona, comprensiva degli aspetti personali, dinamico-relazionali, passibili di accertamento e valutazione medico-legale e indipendente da ogni riferimento alla capacità di produrre reddito” (testo approvato dal Consiglio direttivo della società italiana di medicina legale, Simla, nel 2001). Il danno alla salute trova origine in ambito strettamente giu-

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sovrapporsi (4) e a costituire un’ampia categoria di individuazione giurisprudenziale che oltre alla lesione fisio-psichica, include il danno alla vita da relazione, il danno estetico, il danno alla sfera sessuale, il danno esistenziale7 e il danno biologico da morte. L’evoluzione giurisprudenziale sopra delineata, per quanto anche soggetta ad autorevoli critiche8, è stata certamente la chiave di volta nel rendere operative, nei vari ambiti applicativi, la definizione normativa contenuta nell’art. 32 della Costituzione, a evidente contenuto generale e programmatico. Il benessere giuridicamente tutelabile Il Dizionario Treccani definisce il benessere (o bèn èssere) come uno “Stato felice di salute, di forze fisiche e morali”. Dunque, da un punto di vista lessicologico, il “benessere” è una particolare e “fortunata” o “felice” condizione di salute. Abbiamo visto, sotto un profilo giuridico, come il concetto di benessere trovi un fondamento normativo nella definiridico come lesione del diritto alla salute, costituzionalmente garantito dall’art. 32 Cost. 7 Per comprendere la particolare declinazione del danno biologico in danno esistenziale riportiamo la seguente sentenza: “È risarcibile il danno esistenziale subito dal soggetto che, per l’ingiusta carcerazione dovuta a un errore giudiziario non ha potuto esercitare i diritti fondamentali della persona umana, la cui privazione, trattandosi di posizioni soggettive costituzionalmente protette, fa sorgere ‘ipso iure’ il diritto al risarcimento” (Corte appello Genova, 7 febbraio 2003. La nuova giurisprudenza civile commentata 2003, I, 500 nota Navarretta). 8 Castronovo C, op. cit. 152, critica apertamente la tendenza dei giudici a “ricondurre all’ormai grande alveo del danno alla salute il diritto di cui veniva conclamata la lesione o, quando l’identificazione appariva eccessiva, di procedere a un’assimilazione, reputata lo stesso in grado di rendere ragione del risarcimento del danno, usando la semplice vicinanza o accostabilità all’espressione ‘danno biologico’ come una sorta di parola magica, sufficiente per semplice evocazione a dare giustificazione di una rilevanza altrimenti problematica quando non improbabile”.


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zione di salute elaborata dall’Organizzazione mondiale della sanità del 1946 e di fatto recepita nel nostro ordinamento tramite l’art. 32 della Costituzione: acclarato pertanto il fondamento positivistico del benessere come particolare forma di salute, occorre definire se effettivamente il benessere trovi concreta tutela nel nostro ordinamento e soprattutto quali siano i limiti e le estensioni di questa tutela, al fine di inquadrare compiutamente la problematica in termini strettamente giuridici. Proprio in omaggio a quanto previsto nel documento dell’Oms, definiremo d’ora innanzi il benessere giuridicamente tutelabile come Well Being. Limiti giuridici del well being: cosa non è Dove inizia il well being e dove finisce? Per rispondere a questa domanda dobbiamo innanzitutto capire cosa non può intendersi come benessere nei termini sopra indicati, ovvero quel benessere tutelato (well being) dall’ordinamento come espressione della salute dell’individuo: certamente dobbiamo ritenere escluse dall’eventuale tutela tutte quelle forme di benessere che mirino esclusivamente a migliorare la qualità di vita ma che pur avendo potenziali effetti diretti sulla salute sono lasciati alla soggettività dell’individuo. Ci riferiamo in particolare alle forme di wellness e fitness, ovvero ad attività che non hanno funzione terapeutica in senso lato e che il singolo può discrezionalmente praticare o meno. Laddove finisce il wellness/fitness (benessere non giuridicamente tutelato), inizia il benessere giuridicamente tutelato/well being, come lo intendiamo in questo articolo. E dove finisce? Certamente

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dove inizia la terapia, intesa come somministrazione di cure mediche, chirurgiche o farmaceutiche, in quanto, a quel punto l’individuo si considera malato e viene sottoposto a cure perfettamente inquadrabili nelle tutele di cui all’art. 42 della Costituzione. Limiti giuridici del benessere: l’ambito della tutela In buona sostanza, l’ambito tutelabile del well being ricomprende tutte quelle pratiche che hanno diretta incidenza sulla salute dell’individuo ma che non costituiscono terapia, quanto meno in senso tradizionale: trattasi pertanto di quell’ampia area grigia in cui sono collocabili tecniche e tecnologie che pur impattando direttamente sulla salute dell’individuo, non possono essere giuridicamente inquadrate, allo stato dell’arte, come una terapia. Tale definizione consente di individuare alcune caratteristiche di questa categoria di salute: º mangiar bene, tenere uno stile di vita sano ed equilibrato, fare ginnastica e tenersi in forma possono incidere in maniera diretta sulla salute dell’individuo ma costituiscono pratiche lasciate alla consapevole (e discrezionale) scelta del singolo, pertanto non possono trovare tutela nell’ordinamento, sotto il profilo della salute, in quanto troppo soggettivizzate per trovare un minimo comune denominatore di tutela giuridica (benessere non tutelabile, welness/fitness); º tecnologie e pratiche identificabili nell’area well being possono essere dirette a persone sane (per rafforzare la loro salu-

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MONOGRAFIA / Tutela del bene salute

te), a persone malate (per migliorare la loro guarigione) o a persone che devono subire una terapia (per migliorare il buon esito della terapia stessa);

º la medicina rigenerativa, intesa come atto terapeutico volto alla rigenerazione di tessuti organi o cellule, costituisce una categoria medica a cavallo fra terapia e well being, in quanto molte pratiche e tecnologie dell’area well being possono avere funzione rigenerativa senza rientrare nelle tradizionali categorie dei prodotti della medicina rigenerativa (farmaci, dispositivi medici, tessuti umani e Atmp). Nuove frontiere della medicina di well being Per dare un senso di concretezza a quanto sopra esposto e per evitare che i concetti espressi rimangano nell’ambito di una mera (quanto inutile) e astratta (per quanto nuova) teoria giuridica, indichiamo di seguito i campi di ricerca orientati verso la pratica traslazionale di tecniche e pratiche innovative immediatamente qualificabili nell’“area well being”. Vediamo quali sono le principali aree in cui si sta sviluppando tale innovativa ricerca traslazionale, (5) riprendendo le parole di uno dei principali esponenti, sotto un profilo scientifico, di questo mondo nuovo che avanza, il prof. Carlo Ventura9. 9 Il prof. Carlo Ventura, laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Bologna, ha conseguito sia il titolo di Specialista in Cardiologia che di dottore di Ricerca in Biochimica presso la medesima università. Ha trascorso ripetuti periodi di ricerca negli Stati Uniti presso il Laboratory of Cardiovascular Science (Lcs) del National Institute on Aging (Nia) - National Institutes of Health (Nih) di Baltimora. Attualmente è professore ordinario di Biologia molecolare presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Bologna. Ha fonda-

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La ridifferenziazione cellulare usando campi magnetici «La regressione (riprogrammazione) di cellule staminali umane adulte o addirittura somatiche a cellule embrionali è sicuramente una tappa epocale nella storia della biologia (questa scoperta è valsa il Nobel in medicina a Shinya Yamanaka e John B. Gurdon nel 2012). Questo processo consente di ottenere le proprie cellule staminali simil-embrionali partendo da cellule somatiche o da staminali adulte. Uno scenario futuro, ancora da verificare, è quindi quello per cui ognuno potrebbe disporre delle proprie cellule embrionali o simil-embrionali in età adulta e senza problemi etici, dal momento che non si parte da un embrione umano. Finora la riprogrammazione cellulare è stata realizzata essenzialmente mediante trasferimento di alcuni geni per mezzo di vettori virali. Questo metodo non è privo di rischi, dal momento che tali vettori possono essere pericolosi e la popolazione riprogrammata è piuttosto instabile, con possibilità di deriva tumorale. Al momento la riprogrammazione cellulare viene utilizzata come metodica per lo studio dei segnali molecolari che guidano le dinamiche delle cellule staminali embrionali, per ottenere staminali paziente-specifiche consentendo lo studio di processi patologici e di to e dirige lo Stem Wave Institute for Tissue Healing (Swith) del Gruppo Villa Maria (Gvm) Care & Research – Fondazione Ettore Sansavini per la Ricerca scientifica – Onlus. È direttore del Laboratorio di Cardiologia sperimentale presso l’Istituto di Cardiologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria S. Orsola-Malpighi di Bologna. Dirige la “Divisione di Bologna” dell’Istituto Nazionale di Biostrutture e Biosistemi (Inbb), comprendente le Unità di Ricerca di Firenze, Pisa e Siena dell’Inbb. È autore di oltre centocinquanta pubblicazioni sulle più importanti riviste internazionali di biologia cellulare e molecolare.


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farmaci che potrebbero curare patologie in modo personalizzato. Come dicevo, siamo riusciti a riprogrammare cellule staminali umane adulte o somatiche non-staminali mediante campi elettromagnetici opportunamente convogliati, senza dover ricorrere al trasferimento genico mediante vettori virali. Si tratta di una riprogrammazione diretta, in quanto per effetto dello stimolo fisico, queste cellule sono passate solo transitoriamente attraverso una fase embrionale, per poi differenziarsi spontaneamente verso fenotipi maturi dell’adulto. Questo risultato apre prospettive concrete di applicazione clinica, ma si tratta di uno scenario futuro, perché anche nel nostro caso bisognerà verificare la capacità delle cellule così ottenute di riparare tessuti danneggiati in modelli animali in vivo, e si dovrà escludere qualsiasi rischio di trasformazione tumorale, anche se non sono stati utilizzati vettori virali»10. Suoni, luci e vibrazioni: la nuova frontiera della “manipolazione cellulare” «Noi siamo parte delle vibrazioni elettromagnetiche e sonore dell’Universo in cui siamo immersi. Diviene sempre più evidente che le nostre cellule producono vibrazioni meccaniche. Che queste possano cadere in un range acustico o subsonico è forse irrilevante. Quello che conta è che le cellule e le strutture subcellulari oscillano di continuo. In questo senso ci dobbiamo chiedere quale sia il significato di tali oscillazioni. È ora chiaro che ogni caratteristica fondamentale della 10 “La Musica delle cellule”, intervista a Carlo Ventura a cura di Valerio Pignatta.

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vita cellulare è regolata in maniera ritmica. Si pensi alle oscillazioni citoplasmatiche del calcio, al fatto che i livelli di mRNA espressi dai vari geni oscillino di continuo come un orologio circadiano e che i ritmi e le pause dell’espressione genica rappresentano processi e informazioni essenziali per la biologia cellulare. All’interno delle cellule, particolari strutture, i microtubuli, formano un network in continua oscillazione e movimento. Su questa rete altamente dinamica si spostano di continuo ‘motori molecolari’ capaci di trasportare molecole segnali. L’oscillazione di questa rete elastica e delle molecole che su di essa compongono un traffico incessante rappresentano un processo informazionale, in cui diversi ritmi oscillatori tendono a sincronizzarsi per generare i messaggi che regolano le dinamiche cellulari. È come se le cellule avessero una sorta di firma vibrazionale del loro stato di salute o di sofferenza o della loro capacità di differenziarsi se parliamo di cellule staminali. Nel nostro laboratorio la vibrazione meccanica, anche di natura acustica, sta risultando essere un’informazione estremamente efficace per dirigere i destini delle cellule staminali»10. Inquadramento giuridico delle nuove tecnologie Come abbiamo avuto modo di evidenziare usando le parole degli esperti sta sempre più sostanziandosi, da un punto di vista scientifico, l’uso di energie fisiche, campi elettromagnetici e onde sonore di bassissima intensità che a una prima analisi sembrerebbero svincolarsi da tutta una serie di problemi regolatori, ricadendo nell’ambito delle

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MONOGRAFIA / Tutela del bene salute

energie impiegate nelle telecomunicazioni o nell’ascolto di musica. Per altro, la capacità manipolativa di queste tecnologie nei confronti delle cellule staminali (6) non rientra in nessuno tra i parametri che le normative vigenti inseriscono nelle regole del settore; per non parlare del fatto che per loro stessa natura, i dispositivi che vengono impiegati in queste tecnologie possono qualificarsi come dispositivi medici (7) ma svolgono spesso attività non necessariamente e/o esclusivamente terapeutica. Infine, ed è il dato più rilevante, la diffusione di queste tecnologie andrebbe a impattare non solo nel mondo dei “pazienti” ma anche dei sani, fornendo loro un miglioramento della salute non necessariamente terapeutico. La conclusione è che ben difficilmente questi fenomeni di sviluppo tecnico-scientifico potranno essere inquadrati nelle norme attualmente conosciute ed emanate dalle Autorità regolatorie, se non a pena di evidenti forzature che finirebbero per imbrigliare la stessa natura innovativa di queste tecnologie.

anche attività dirette alla persona sana e non solo al malato; in questo ambito potranno trovare specifica regolamentazione protocolli, dispositivi, tecniche medicali o tecnologie che ad oggi sembrano non rientrare in nessuna specifica categoria giuridica, in quanto il loro evidente grado di innovazione li rende inidonei a una classificazione secondo le attuali norme giuridiche. Bibliografia 1. Callahan D. The WHO Definition of Health, Stud Hastings Cent. 1973; 1(3):77-88. 2. Durante V. Dimensioni della salute: dalla definizione dell’Oms al diritto attuale, La nuova giurisprudenza civile commentata, n. 2, 2001, 132-148. 3. Alpa G. Il danno biologico. Percorso di un’idea, Cedam, 2003. Castronovo C. Danno biologico: un itinerario di diritto giurisprudenziale, Giuffrè, 1998. Macchiarelli

L.

Valutazione

alla

in

responsabilità

persona

dicina

Legale,

Minerva,

2005,

del

danno

civile, 631

Mee

ss.

4. Castronovo C. Danno biologico. Un itinerario di diritto giurisprudenziale, Giuffrè, 1998, 151.

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Conclusioni In applicazione all’originaria definizione di salute dell’Oms che la nostra Costituzione ha mutuato all’art. 32, possiamo ritenere che il benessere sia suscettibile di tutela giuridica, come espressione del diritto alla salute. Il benessere giuridicamente tutelabile o well being ha caratteristiche oggettive proprie:

5. Ventura C. Encouraging submission of studies

ricomprende attività che incidono direttamente nella salute dell’individuo ma che non possono considerarsi attività terapeutiche in senso stretto; in quanto facente parte della salute dell’individuo, il well being ricomprende

nerative medicine, Eur J Heart Fail. 2016.

seeing stem cell biology in the light of physical energies and nanoscale approaches: towards a regenerative medicine without the needs for stem cell transplantation, NanoWorld Journal, volume 2, issue 2, 2016. 6. Ventura C. Tavazzi L. Biophysical signalling from and to the (stem) cells: a novel path to rege7. Maioli et al. Radio electric conveyed fields directly reprogram human dermal skin fibroblasts toward cardiac, neuronal, and skeletal muscle-like lineages. Cell Transplant. 2013;22(7) : 1227–35.



traumatologia MONOGRAFIA


traumatologia forense / maggio 2017

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MONOGRAFIA

Responsabilità del medico in Europa La malpractice in Europa è oggetto di una legislazione disomogenea con leggi “d’emergenza” e mutevoli elaborazioni giurisprudenziali

Avv. Gaetano Giglio Consigliere dell’Ordine degli avvocati di Foggia Responsabile nazionale area legale dell’Associazione Federmedici d’Europa

Il tema della malpractice o malasanità in Europa continua ad essere oggetto di una legislazione “d’emergenza” e di mutevoli e, talvolta contrastanti, elaborazioni giurisprudenziali che denotano tutta la loro disomogeneità. Il fenomeno dei contenziosi giudiziari ed extragiudiziari, infatti, ha registrato nell’ultimo decennio una crescita esponenziale fino al 500% in Italia, Spagna, Germania nei Paesi dell’area mediterranea, mentre ha subito una crescita più contenuta, fino al 50%, in Gran Bretagna, Scandinavia, nei Paesi baltici e dell’Est Europa. Legislazione disomogenea dei Paesi membri dell’Unione Europea Una prima considerazione attiene all’inerzia, fin qui riservata dall’Unione Europea che, nel quadro di una necessaria e indefettibile armonizzazione dei molteplici e variegati assetti normativi e dei sistemi operativi

degli stati membri, dovrebbe intervenire sia sul piano legislativo sia su quello operativo, al fine di monitorare il predetto fenomeno e di favorire una più proficua coesistenza tra i sistemi che si ispirano a modelli giuridici di common law e civil law, anche attraverso linee guida e raccomandazioni. Nei sistemi di common law la violazione del contratto non dipende dalla colpa ma esclusivamente dalla mancata esecuzione della prestazione e non è richiesto un giudizio sulla presenza di cause di giustificazione. Nel common law manca un concetto generale di obbligazione e ogni forma di responsabilità diversa dai torts è assorbita nella violazione del contratto, nozione ultra generale che comprende ogni ipotesi di non esecuzione o di difettosa esecuzione di obblighi riconducibili a contratti. In Europa vige il principio di sussidiarietà: ogni stato membro è libero di organizzare

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MONOGRAFIA / Responsabilità medica

il proprio sistema sanitario. Tuttavia l’Europa è ancora lontana dall’obiettivo di uniformare le legislazioni nel rispetto delle direttive comunitarie. È utile appuntare l’attenzione sulle ragioni che fondano una maggiore crescita esponenziale del fenomeno in alcuni Paesi dell’Unione. Responsabilità medica in Spagna Il sistema esistente è basato sul modello della colpa e la responsabilità diretta è dell’amministrazione a cui il professionista è assegnato. In caso di responsabilità diretta del servizio sanitario nazionale, la possibilità di stabilire un risarcimento deriva dalla normale attività amministrativa e conseguentemente dalle attività di professionisti che vi lavorano e l’amministrazione può rivalersi sul professionista responsabile del danno. Il sistema spagnolo manca di una cornice legale specifica e stabile che consenta ai giudici di pronunciare decisioni omogenee in merito alla responsabilità civile o penale, né sono previsti tribunali specializzati per risolvere i reclami per responsabilità medica. Come anticipato, nel diritto spagnolo è pacifico che la responsabilità del personale medico sanitario, di qualsiasi tipo (contrattuale o extracontrattuale), debba basarsi su di un rimprovero di colpevolezza, posto soprattutto che, nella pratica medica confluiscono troppi elementi aleatori perché si possano continuare a configurare forme di responsabilità oggettiva che porterebbe i medici e il resto del personale sanitario a esercitare un tipo di medicina difensiva

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che pregiudicherebbe solo i pazienti. Sotto altro profilo va rilevato come sia pacifico che tra medico e paziente intercorra un contratto di servizio, in forma espressa o tacita, in modo tale che i possibili danni derivanti dal trattamento o dall’intervento chirurgico in questione, derivino dal non assolvimento o dall’assolvimento parziale di tale accordo negoziale. Tuttavia, dinanzi alla varietà dei casi che si presentano nella pratica, i danni subiti dai pazienti vengono frequentemente considerati di tipo extracontrattuale, con evidenti implicazioni sull’applicazione dei differenti regimi dei termini di prescrizione, dell’onere della prova e del nesso causale. Solo per i professionisti in campo privato è obbligatoria l’assicurazione. Responsabilità medica in Francia La responsabilità medica è basata sulla responsabilità colposa e si snoda su due macroaree: º la responsabilità valutabile secondo il diritto privato applicabile a studi privati, cliniche private e cure private in ospedali sorge in virtù di un rapporto di diritto privato tra il medico-libero professionista e il paziente, inteso come cliente del professionista medico e rientra nella giurisdizione del giudice civile, vertendosi in tema di responsabilità civile; º la responsabilità valutabile sotto il profilo del diritto pubblico applicabile in caso di prestazioni sanitarie rese da sanitari che operano in ospedali e altre strutture pubbliche, sorge in virtù di un rapporto tra servizio pubblico e paziente


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e rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, vertendosi in tela di responsabilità amministrativa. Il legislatore francese ha affiancato al sistema di responsabilità civile un sistema no fault a carico dello Stato per determinate tipologie di danni medici (infezioni nosocomiali, contaminazioni da virus dell’epatite C nelle trasfusioni sanguigne, danni causati da terapie mediche d’urgenza, vaccinazioni obbligatorie). Con tale sistema, direttamente incidente sull’onere della prova, l’assicuratore indennizza i danni al proprio assicurato prescindendo dall’accertamento della responsabilità, con evidenti vantaggi legati a risarcimenti più rapidi e certi e a un minore ricorso alla medicina difensiva. Tale forma di indennizzo è erogato da un sistema collettivo finanziato con l’assicurazione sulle malattie ed è gestito attraverso: l’Ufficio nazionale d’indennizzo degli

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incidenti medici (Oniam) che ha il ruolo di pagare l’indennizzo alle vittime dell’alea terapeutica nei casi in cui l’ufficio dovrà sostituirsi all’assicurazione; le Commissioni regionali di conciliazione dell’indennizzo (Crci) che hanno il compito di ricevere le domande d’indennizzo, di esaminare la ricevibilità della pratica, di predisporre la perizia per stabilire se vi è stato errore o alea terapeutica e la gravità della malattia e di formulare un’offerta d’indennizzo; la Commissione nazionale d’indennizzo degli incidenti medici (Cniam) che ha il ruolo di fare una lista di esperti nazionali, controllarne la formazione, controllare le commissioni regionali vegliando sull’omogeneità delle procedure e, soprattutto di accertare, tramite una consulenza gratuita, se il danno sia derivato da errore oppure da alea terapeutica. In caso di responsabilità medica, l’onere

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MONOGRAFIA / Responsabilità medica

della prova ricade sulla vittima. Non sono previsti tribunali specializzati.

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Responsabilità medica nel Regno Unito Il sistema è basato sul modello della colpa e non sono previsti schemi no fault. La responsabilità legale va a carico del datore di lavoro che copre il risarcimento, anche se in pratica la parte attrice potrebbe presentare la richiesta direttamente contro il professionista. Generalmente le parti attrici agiscono contro il datore di lavoro sulla base della responsabilità vicaria. Nel privato il medico risponde con la propria assicurazione personale. Per la responsabilità civile o penale bisogna dimostrare che ci sia stata negligenza nell’azione od omissione, che vi sia stato il danno e che il danno sia stato causato da negligenza ed era ragionevolmente prevedibile. È possibile la definizione di accordi amichevoli e sono possibili arbitrati, ma se questi meccanismi non risolvono il problema si fa ricorso al contenzioso giudiziario. La giustizia civile incoraggia le parti alla ricerca di soluzioni alternative al processo in tutte le dispute civili, inclusa la responsabilità medica. Nel 2001 è stata istituita la National Patient Safety Agency (Npsa) il cui compito è il coordinamento a livello nazionale degli sforzi per imparare dagli errori connessi alla sicurezza del paziente riducendo il rischio e mi-

tuazione delle misure con un sistema di diffusione di report nazionali al fine di garantire che l’esperienza appresa dagli incidenti venga diffusa a tutto il servizio sanitario, favorendo la diffusione di una cultura non punitiva. Esiste inoltre una Commission for Healthy Care Audit and Inspection, organo indipendente istituito per promuovere il miglioramento qualitativo del servizio sanitario e della salute pubblica che si occupa anche della valutazione delle domande di risarcimento nei confronti delle organizzazioni del Servizio sanitario nazionale non risolte e la National Health Service Litigation Authority che ha la principale funzione di amministrare il fondo istituito dal Ssn per aiutare le organizzazioni e gli organismi dello stesso servizio sanitario nella condivisione dei costi derivanti da negligenza, nel settore sanitario e da responsabilità professionale in genere. Questo fondo costituisce un meccanismo di condivisione del rischio, la cui adesione da parte delle aziende è volontaria e si sostanzia nella ripartizione dei rischi tra gli associati per finanziare le richieste di risarcimento dei danni a essi rivolti. Oltre a fungere da istituto assicurativo collettivo, l’ente ha lo scopo di diminuire il numero e l’entità delle richieste di risarcimento attraverso un settore specifico di gestione del rischio, cui si deve l’elaborazione di standard per la gestione dei rischi. Esistono anche le Medical Defence Organi-

gliorando la qualità delle cure. È utile rilevare che i rapporti tra la Npsa e il Dipartimento della salute si concretizzino nella definizione ultima delle politiche di gestione del rischio clinico, nel fornire rapporti sullo stato di at-

zations che hanno lo scopo di promuovere la buona pratica e di elevare la consapevolezza, di ridurre il rischio, di aumentare la qualità del servizio e di prevenire la ripetizione degli eventi.


traumatologia forense / maggio 2017

Responsabilità medica in Olanda L’approccio dei Paesi Bassi alla responsabilità medica, all’interno del panorama europeo, si è distinto per aver abbandonato i tradizionali sistemi di attribuzione di responsabilità per malpractice e per essere approdati a sistemi di tipo no-fault per specifiche tipologie di danni, affiancandoli a un sistema generale basato sulla responsabilità civile. I processi in materia di responsabilità medica sono processi in ambito civile (con eventuale rimborso) oppure processi disciplinari che vanno dall’ammonimento fino alla radiazione dall’albo. I medici sono assicurati dall’ospedale e integrano con un’assicurazione privata. Il governo olandese ha inoltre istituito un Centro nazionale di aiuto per i pazienti in caso di evento avverso connesso a responsabilità medica. La buona pratica clinica per i medici olandesi è contenuta nelle “linee guida nazionali”, frutto dell’interazione tra società scientifiche, organizzazioni ospedaliere, organizzazioni dei pazienti, Kims (Istituto conoscenza della federazione olandese dei medici specialisti) e Lnp (Ente nazionale di medicina generale). Qualora il medico si discosti dalle linee guida deve motivare la sua decisione. Va segnalata l’adozione del “Gedragscode Openheid Medische incidenten (Goma)”: un codice di “condotta trasparente” nato dalla collaborazione tra organizzazioni mediche nazionali e la Royal Dutch Medical Association (Knmg). Il codice riporta tutte le indicazioni su come affrontare un evento

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avverso e tutte le questioni in ambito di responsabilità medica. Mentre le strategie di gestione del rischio clinico avvengono attraverso il “Value management strategies (Vms)”, sistema con cui le organizzazioni ospedaliere analizzano i rischi e apportano modifiche di miglioramento per una sanità di qualità. Le conseguenze della malpractice dei medici sono sopportate nei Paesi Bassi dalla comunità sociale piuttosto che individualmente, così che i medici sono effettivamente sollevati dal peso della responsabilità per malpractice, con tutte le considerazioni che derivano in merito a una maggiore serenità di azione per gli stessi. Dal punto di vista dei pazienti, il vantaggio consiste nell’avere risarcimenti più veloci e più frequenti, con i medici che aiutano i loro pazienti nel dare la prova della validità del loro diritto (di cui chiedono il riconoscimento). L’unico svantaggio a cui può andare incontro il paziente è quello di risarcimenti standardizzati, non formulati dunque sul singolo caso specifico. Dal punto di vista del medico, i vantaggi consistono come visto, nella mancanza di un’effettiva necessità di assicurarsi per la responsabilità professionale, così come in un basso pericolo di compromissione della reputazione dovuto alle citazioni in giudizio. Le ragioni alla base dell’introduzione dell’assicurazione obbligatoria dei pazienti nei Paesi Scandinavi sono essenzialmente da ricercare nelle grosse difficoltà di ottenere risarcimenti congrui da parte dei pazienti danneggiati, nei lunghi tempi di legge per le azioni contro i casi di malpractice medi-

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MONOGRAFIA / Responsabilità medica

ca e nei problemi legati alla determinazione del soggetto cui spetta l’onere della prova. Gli obiettivi di questo tipo di assicurazione sono di ottenere risarcimenti congrui tramite l’esatta valutazione delle ripercussioni delle azioni dannose dei medici, di rendere la chiusura delle richieste di risarcimento più semplice, più veloce e meno costosa in generale, di alleviare il carico di lavoro dei tribunali evitando inutili contenziosi. Responsabilità medica in Germania La responsabilità civile è essenzialmente extracontrattuale ma del danno risponde la struttura cui operano i sanitari, mentre i medici rispondono solo se svolgono attività privata. È prevista l’applicazione rigorosa del principio di soccombenza e occorre che il paziente offra documenti dettagliati atti a dimostrare che non si sarebbe sottoposto all’intervento se fosse stato informato delle conseguenze. Molte regioni e molte “Camere dei medici” hanno introdotto l’Ufficio di conciliazione, in cui vengono esaminati i casi di malpractice e si tenta la conciliazione tramite una figura di conciliatore (Ombudsman) simile a un difensore civico che valuta le richieste dei pazienti (o dei suoi parenti) e li assiste fino alla conciliazione, adoperandosi affinché si raggiunga detta conciliazione. La responsabilità penale viene accertata solo su denuncia dei parenti o dell’anatomo patologo dell’ospedale e i processi non si instaurano mai d’ufficio. Le lesioni che non portano alla morte non sono punibili se non derivano da grossa negligenza e se non comportano una malattia superiore a

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un certo numero di giorni. Il sistema sanitario tedesco prevede un’assicurazione sanitaria obbligatoria (Shi). L’assicurazione sanitaria deve essere stipulata da tutti gli individui idonei per cui ha una copertura quasi universale (più del 93% della popolazione). Non c’è ad oggi un disegno di legge che regolamenti il sistema assicurativo sanitario ma la sicurezza del paziente è una priorità per il sistema sanitario tedesco. Le politiche di risk management si basano sull’implementazione di linee guida nazionali che non sono mandatorie ma fortemente raccomandate, sulla formazione continua del personale sanitario, sulla creazione di percorsi clinici che migliorano e standardizzano le cure. Conclusioni Il richiamo, ovviamente non esaustivo, dei profili della responsabilità medica in alcuni stati europei consente di auspicare: una più omogenea disciplina della responsabilità sanitaria negli stati membri; la previsione dell’assicurazione obbligatoria delle strutture sanitarie per il risarcimento dei danni ai pazienti derivanti da condotte colpose dei sanitari o da carenze strutturali e organizzative; l’obbligatorietà di sistemi di monitoraggio, riduzione, gestione dei rischi e degli eventi avversi con la creazione di un’agenzia europea e agenzie nazionali; la creazione di un network europeo dei medici per specializzazioni per la costante consultazione con le istituzioni comunitarie, Parlamento europeo e Consiglio d’Europa.



CORSO ECM A DISTANZA 2017

Appropriatezza in ortopedia e traumatologia CORSO FAD RISERVATO AGLI ABBONATI PAGANTI DESCRIZIONE DEL CORSO Nell’esercizio della professione, al medico è ormai costantemente richiesto di uniformare la propria condotta a principi di adeguatezza, sia rispetto alle esigenze del paziente sia al contesto sanitario, al fine di ottimizzare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento diagnostico-terapeutico. L’obiettivo è quello di trovare un equilibrio tra l’insopprimibile richiesta di salute della popolazione e le sempre più limitate risorse a disposizione del Sistema sanitario nazionale. Per queste ragioni, attraverso la valorizzazione delle linee guida e delle specifiche norme di legge, si cerca di favorire un comune razionale di condotta (a tal proposito si ricorda il recente D.M., 9 dicembre 2015 che individua le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza per numerose prestazioni erogate a carico del Ssn). In questo contesto, uno speciale focus è dedicato ai trattamenti off-label, “situazione in cui un farmaco è utilizzato volutamente per un fine medico non in linea con le informazioni autorizzate sul prodotto”, apparentemente in contrasto con i principi di appropriatezza. Il corso ripercorrerà, inoltre, i possibili profili di responsabilità e le relative sanzioni cui il medico può andare incontro nei diversi ambiti di giudizio. DIRETTORE SCIENTIFICO Fabio M. Donelli, specialista in Ortopedia e Medicina legale, professore a contratto Università degli Studi di Milano e Brescia, coordinatore del gruppo di studio di Traumatologia forense della Società italiana di ortopedia e traumatologia (Siot) STRUTTURA DEL CORSO Modulo 1 I doveri del medico. Autori: F. M. Donelli (specialista ortopedico e Medico legale, professore a contratto Università di Milano), G. Gualtieri e G. Landi (medico in formazione in Medicina legale, Uo Medicina legale, Università degli studi di Siena) Appropriatezza prescrittiva. Autori: D. Vasapollo (già direttore Scuola di specializzazione di Medicina legale, Bologna), M. Monti (Medico chirurgo, Bologna) Le sanzioni. Autore: M. Benvenuti, M. Gabbrielli, G. Nucci (Medicina legale, Università di Siena) La responsabilità penale. Autore: L. Isoppo (avvocato del Foro di Parma) Modulo 2 Il planning pre-operatorio. Autori: F. M. Donelli (specialista ortopedico e Medico legale, professore a contratto Università di Milano), G. Gualtieri e G. Landi (medico in Formazione in Medicina legale, Uo Medicina legale, Università degli studi di Siena) Indicazione al trattamento. Autori: D. Vasapollo (già direttore Scuola di specializzazione di Medicina legale, Bologna), M. Monti (Medico chirurgo, Bologna) Terapia off-label: limiti e prospettive. Autori: F. M. Donelli (specialista ortopedico e Medico legale, professore a contratto Università di Milano), G. Gualtieri e G. Landi (medico in formazione in Medicina legale, Uo Medicina Legale, Università degli studi di Siena) Le novità legislative. Autore: L. Nocco (dottore di Ricerca in diritto comparato della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, professore associato abilitato in diritto privato, avvocato del Foro di Pisa) MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE DEL CORSO E ACCREDITAMENTO ECM In ogni numero di Traumatologia forense verrà pubblicato un modulo composto da alcuni articoli e da un questionario di autovalutazione. A fine corso saranno disponibili online (www.fadmedica.it) tutti i moduli pubblicati sulla rivista e sarà possibile rispondere online a un questionario di valutazione finale che si compone delle domande contenute nel “questionario di autovalutazione” che viene pubblicato al termine dei moduli. L’erogazione dei crediti ECM, avverrà al superamento della prova finale, per la quale è necessario rispondere correttamente al 75% delle domande. Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari. Per informazioni generali contatta l’Editore Griffin srl – Maria Camillo (ufficio abbonamenti); Tel. 031.789085; customerservice@griffineditore.it

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Per informazioni tecniche sullo svolgimento del corso contatta il provider ECM Fad Medica srl – Andrea Mecci (responsabile formazione) - Tel. 06.90407234 – info@fadmedica.it


CORSO ECM/MODULO 2

Il planning pre-operatorio Fabio M. Donelli*, Giacomo Gualtieri**, Gianluca Landi** *Specialista ortopedico e Medico legale, professore a contratto Università di Milano, coordinatore del gruppo di studio di

Traumatologia forense della società Siot **Uoc di Medicina legale, Università degli Studi di Siena

Le prospettive di innovative soluzioni diagnostico-terapeutiche, oltre alle più recenti interpretazioni giurisprudenziali, hanno portato a un aumento delle denunce di risarcimento in ambito ortopedico. Si rende pertanto indispensabile che lo specialista ortopedico operi un’accurata valutazione pre-operatoria per la valutazione del grado di rischio chirurgico e delle possibili complicanze, note e prevedibili e spesso prevenibili. Analisi del grado del rischio chirurgico La valutazione di un’eventuale malpractice in ambito chirurgico passa attraverso l’analisi di tre momenti fondamentali: il planning pre-operatorio, la scelta della tecnica chirurgica e il decorso post-operatorio. Il planning pre-operatorio è il momento nel quale deve essere raccolta una corretta, completa ed esauriente anamnesi e deve essere eseguito un rigoroso esame obiettivo, per poter giungere anche con l’ausilio di accertamenti strumentali e

iconografici a una corretta diagnosi, fondamentale per la scelta del corretto trattamento terapeutico. Relativamente all’indicazione del trattamento, l’ortopedico dovrà scegliere in considerazione del rapporto rischio-beneficio più favorevole al paziente e delle direttive delle più aggiornate linee guida, inoltre è opportuno che motivi le proprie scelte per iscritto, all’interno della cartella clinica e che ne informi il paziente. Per la chirurgia protesica sarà utile la pianificazione con software per una maggiore precisione nella ricostruzione della biomeccanica del distretto anatomico interessato. Per quanto attiene lo stato anteriore del paziente, lo specialista dovrà riconoscere la presenza di eventuali condizioni clinico-patologiche che potrebbero rappresentare controindicazioni assolute o relative all’intervento prospettato. Questo, non solo per individuare stati patologici che metterebbero a rischio il malato, ma anche per poter impostare un adeguato profilo pre-operatorio e peri-operatorio.

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ECM-MODULO 2 / Il planning pre-operatorio

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Importanza del consenso informato La programmazione del planning pre-operatorio deve prevedere la stesura, la compilazione e l’acquisizione di un consenso informato specifico che è sempre obbligatorio, tranne ovviamente nei casi in cui il paziente sia incapace di intendere e di volere; oppure nei casi in cui ricorrano i presupposti dello stato di necessità, ovvero il paziente non sia in condizione di dare il proprio consenso a un intervento urgente e indispensabile per salvargli la vita o per evitare gravi danni alla persona. La fondamentale importanza del consenso alle cure è oramai ben nota: si tratta non solo di rendere lecito (o meglio, non pu-

mentale diritto all’autodeterminazione. Gli elementi costitutivi del consenso informato sono l’informazione, la comprensione, la libertà e la capacità di intendere e volere, ma affinché sia valido è necessario che sia manifestato in modo esplicito e inequivocabile: il medico deve fornire al paziente la più completa e attuale informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, oltre a prospettare le conseguenze prevedibili delle scelte operate; il medico, nell’informare il paziente, dovrà inoltre tenere conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne il massimo intendimento e informazione dello stesso.

nibile), attraverso l’articolo 50 del codice penale, il comportamento dei sanitari in assoluto lesivo dei diritti e spesso anche dell’integrità fisica dei pazienti, ma bensì di riconoscere agli stessi pazienti il fonda-

Nel caso di intervento chirurgico l’informazione dovrà riguardare le fasi (pre-operatorie, operatorie, intraoperatorie e post-operatorie del trattamento prescelto). Un valido consenso prevede anche la de-


scrizione dei rischi oggettivi, tecnici e prevedibili di ogni trattamento effettuato, del tipo di intervento (complesso o routinario) con le relative diverse modalità tecniche di esecuzione. L’informazione deve essere estesa alla descrizione delle possibili complicanze, generiche e specifiche, dell’intervento prescelto e del giudizio prognostico circa i tempi e le modalità di recupero. La validità del consenso è dunque connessa a una preventiva e completa informazione: l’operatore sanitario ha l’obbligo di offrire gli elementi indispensabili perché la persona che dovrà sottoporsi a un trattamento sanitario sia sufficientemente informata in ordine al tipo di trattamento, alle alternative terapeutiche, alle finalità, alla possibilità di successo, ai rischi e agli effetti collate-

rali. Il consenso informato non va tuttavia inteso come un ulteriore adempimento burocratico al quale si ricorre solo per garantirsi da conseguenze giudiziarie, ma come un momento fondamentale dell’alleanza terapeutica e del processo informativo che deve essere preceduto da una completa e chiara informazione, ricordando che il consenso è sempre revocabile. Il planning operatorio è un momento fondamentale dell’iter terapeutico e per questo può presentare possibili profili di responsabilità in merito alla corretta valutazione dello stato del paziente, alla corretta valutazione di eventuali comorbidità, alla somministrazione di una corretta informazione e alla programmazione di un diligente controllo post-operatorio.

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CORSO ECM/MODULO 2

Indicazione al trattamento Domenico Vasapollo*, Marco Monti** *Già Direttore Scuola di specializzazione di Medicina Legale, Bologna **Medico chirurgo, Bologna

Ai più attenti, non sarà sfuggita la novità apportata in ambito sanitario dal recente D.M. 9 dicembre 2015, che individua le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva per 203 prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Ssn, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 15, 20 gennaio 2016. In un precedente articolo, al riguardo, ho evidenziato alcune tematiche riguardanti l’appropriatezza prescrittiva in ortopedia e mi sono dilungato sulle prescrizioni di antibiotici, giacchè, nonostante le linee guida finora pubblicate e i decenni di sforzi per cambiare i modelli prescrittivi, l’uso eccessivo di antibiotici persiste, mentre le alternative suggerite non hanno avuto effetto. Mi sono anche dilungato sul concetto di “prescrizione appropriata” e sulla definizione del termine “appropriatezza” in relazione alle prestazioni ortopediche. Giudizio sulla responsabilità professionale Un tema attuale e sicuramente scottante, quando ci trasferiamo nelle aule giudiziarie, è quello relativo all’indicazione al trattamento. Quando il medico legale, infatti, su incarico

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dell’autorità giudiziaria deve esaminare un caso peritale, il giudice pone all’esperto una serie di quesiti, oggi molto numerosi, che mirano in sintesi a individuare se la condotta sanitaria è stata (o meno) aderente alla lege artis e ad accertare, in caso negativo, le conseguenze derivanti che, di solito, si concretizzano nella valutazione dell’incapacità temporanea e dei postumi permanenti, con riferimento al danno biologico e alla capacità lavorativa specifica. La verifica del rapporto di causalità tra azione od omissione del medico e il danno verificatosi è condizione indispensabile per il giudizio sulla responsabilità professionale. L’errore tecnico o professionale deriva dalla trasgressione di quelle norme tecniche universalmente riconosciute valide dalla scienza. Può derivare da omissioni o da azioni improprie e può dipendere da imperizia, imprudenza o negligenza che improntano la colpa professionale generica (o contro l’intenzione)1,2. 1 Secondo il codice penale (art. 43) il delitto è colposo o contro l’intenzione quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. 2 La colpa specifica è dovuta all’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline e deriva dalla


ECM-MODULO 2 / Indicazione al trattamento

Tanto l’errore diagnostico quanto l’errore terapeutico possono entrambi, singolarmente o congiuntamente, influire sul risultato sfavorevole della prestazione tecnica e costituire fonte di responsabilità professionale. Indicazione al trattamento Nel procedimento che mira ad accertare la colpa per imperizia, imprudenza o negligenza e a stabilire il nesso causale tra l’evento dannoso e la condotta del medico, un aspetto di solito propedeutico a ulteriori importanti problematiche, è quello dell’indicazione al trattamento. Infatti, una volta accertata la correttezza della diagnosi, un primo importante quesito che l’esperto si pone è quello relativo a tale tema. Da questo punto di vista, una prima questione concerne la scelta appropriata della terapia farmacologica che potrebbe avere riguardato, invece, la somministrazione di un medicamento non adatto o inefficace per quella patologia, ma potrebbe riguardare anche la modalità e le dosi del farmaco somministrato. Potrebbe emergere poi la scelta tra l’indicazione a un trattamento conservativo o chirurgico. Ad esempio, una frattura vertebrale amielica tipo A3 secondo la classificazione di Magerl (Aospine) può essere trattata con successo mediante un trattamento conservativo con busto gessato, oppure con un intervento chirurgico di artrodesi strumentata. I due trattamenti differiscono, per quanto riguarda la valutazione del rischio/beneficio nei tempi di guarigione, molto più lunghi nel trattamento conservativo, che si contrappon-

gono tuttavia, a una convalescenza più breve nella seconda opzione, con l’aggiunta però dei rischi legati all’intervento chirurgico sulla colonna vertebrale. Quando, tuttavia, si decide per l’intervento chirurgico, tra le varie questioni che l’esperto si deve porre vi è quella del giudizio di operabilità, l’indicazione e la scelta del tipo di trattamento operatorio più indicato e il momento più favorevole per intervenire. Nel campo ortopedico, l’indicazione e la scelta del tipo di trattamento rappresentano un momento cruciale di valutazione sia clinica sia medico-legale. In quest’ultimo ambito, peraltro, la problematica si associa a quella del consenso informato giacché il paziente deve essere edotto della scelta (informazione) e deve esprimere un assenso consapevole (consenso) alle procedure che il chirurgo intende applicare. Va da sé che l’errore commesso dal medico non può essere confuso con l’errore della medicina (error scientiae). Le sue lacune rendono in questo caso inevitabile l’errore scientifico dovuto alla conoscenza imperfetta di settori ancora non sufficientemente esplorati dalla medicina. Ciò è motivo di non colpevolezza per il sanitario che possedeva una preparazione conforme alle nozioni tecniche del momento e vi si è adeguato coscienziosamente nella pratica professionale. Bibliografia 1. Magerl F e coll. A comprehensive classification of thoracic and lumbar injuries. Eur Spine J. 1994;3(4):184-201. 2. Puccini C, Istituzioni di Medicina Legale, Casa Editrice Ambrosiana, 2003.

violazione di precise norme stabilite dalla legge o dall’autorità.

3. Aavv, Il danno in ortopedia e traumatologia, Griffin Editore, 2013.

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CORSO ECM/MODULO 2

Terapia off-label: limiti e prospettive Fabio M. Donelli*, Giacomo Gualtieri**, Gianluca Landi** * Specialista ortopedico e Medico legale, professore a contratto Università di Milano, coordinatore del gruppo di studio di

Traumatologia forense della società Siot **Uoc di Medicina Legale, Università degli Studi di Siena

Secondo le linee guida delle Good Pharmacovigilance Practices (Gvp) dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema), il fenomeno dell’utilizzo off-label di una specialità farmaceutica è definito come “situazione in cui un farmaco è utilizzato volutamente per un fine medico non in linea con le informazioni autorizzate sul prodotto”. L’impiego off-label di farmaci già registrati – ovvero una prescrizione differente nelle indicazioni, nelle modalità di somministrazione e nei dosaggi, così come previsti nella scheda tecnica autorizzata dal Ministero della Salute, ma per le quali nuove evidenze scientifiche suggeriscono un loro razionale uso anche in situazioni cliniche non previste – è largamente diffuso tra i medici, senza che tuttavia, siano sempre chiari i riferimenti normativi cui deve essere subordinata la prescrizione. La differenza tra uso on-label e off-label di un farmaco ha importanti implicazioni per il medico prescrittore.

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Terapia off-label: il quadro normativo La direttiva europea n. 2001/83 e il successivo d.lgs. n. 219/2006 (art. 6.1) sanciscono il divieto di immissione in commercio di medicinali in mancanza di rilascio della così detta Aic (autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco). Sono state però previste alcune eccezioni, per indicazioni differenti da quelle ricomprese nell’Aic sulla base dell’esistenza di una valida alternativa terapeutica e sulla possibilità di prescrizione a carico del Sistema sanitario nazionale: - qualora non esista una valida alternativa terapeutica, l’erogabilità di un farmaco a carico del Ssn è normata dall’art. 1.4 del D.L. n. 536/1996 (convertito in legge n. 648/1996) che prevede la prescrizione di medicinali innovativi in commercio in altri Stati, di medicinali ancora non autorizzati (ma che hanno già passato la fase di sperimentazione clinica) e di medicinali da impiegare per indicazione


ECM-MODULO 2 / Terapia off-label: limiti e prospettive

terapeutica diversa da quella autorizzata. Per questi ultimi dovranno essere disponibili: risultati favorevoli di studi di Fase II, parere favorevole da parte della Commissione tecnico scientifica (Cts) dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) e corretto inserimento nell’elenco dei farmaci erogabili da parte del Ssn. La mancanza di alternativa terapeutica costituisce quindi una condizione essenziale ai fini dell’inserimento di un farmaco nelle liste della legge n. 648/1996; la Finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) vieta infatti espressamente l’utilizzo off-label, in regime di erogabilità a carico del Ssn quando tale utilizzo assuma la norma di routine; - la prescrizione di farmaci off-label, pur in presenza di un farmaco autorizzato e in commercio per le medesime indicazioni terapeutiche, è invece normata dalla

legge Di Bella (D.L. n. 23/1998 convertito in legge n. 94/1998) che all’art. 2 permette al medico, previo consenso del paziente, di impiegare un medicinale per indicazione o via/modalità di somministrazione diversa da quella autorizzata (cioè riconosciuta ai sensi della legge 648/1996), qualora egli ritenga, sulla base di dati documentabili e di lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali regolarmente autorizzati per quella indicazione e modalità di somministrazione. Al fine di restringere ulteriormente il ricorso a medicinali per indicazioni diverse da quelle autorizzate, nella Finanziaria 2008 (legge n. 244/2007) si ribadisce, quale ulteriore condizione, che siano disponibili dati favorevoli almeno degli studi di fase II.

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ECM-MODULO 2 / Terapia off-label: limiti e prospettive

Infine, il legislatore ha attribuito alla Cts la competenza di valutare “la presumibile efficacia del medicinale”. La recente legge 79/2014, infine, introduce la possibilità dell’off-label anche quando sussista una valida alternativa terapeutica, previa valutazione da parte dell’Aifa. Il quadro normativo è ispirato alla tutela della salute pubblica e a garantire la massima appropriatezza prescrittiva, contenendo allo stesso tempo la spesa a carico del Ssn: le disposizioni nazionali, come affermato nella sentenza della Corte Costituzionale n. 8/2011, “circoscrivono il ricorso a farmaci off-label a condizioni eccezionali e ad ipotesi specificamente individuate”, non lasciando spazio per decisioni regionali che possano discostarsi dai principi sanciti a livello statale. Nel caso si verifichi un evento avverso e sia riscontrata una violazione della normativa vigente, il sanitario risponderà per colpa specifica e nella maggioranza dei casi, essendo la prescrizione off-label non contemplata all’interno delle linee guida o della consuetudine delle buone pratiche. Il sanitario perderebbe la “tutela” dall’ambito penale prevista dalla cosiddetta legge Balduzzi (189/2012).

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Il consenso informato In questo contesto assume quindi un ruolo fondamentale il consenso informato e cioè l’atto con il quale il paziente esprime il proprio assenso all’esecuzione di un trattamento terapeutico, e la cui incompletezza può compromettere il legittimo operato del medico. Il sanitario dovrà pertanto fornire al paziente, la più completa e attuale informazione sulle eventuali alternative terapeutiche, spiegando il razionale della terapia, il rischio di possibili eventi avversi, fornendo i dati relativi all’effettiva efficacia della terapia off-label che si intende somministrare, esponendo i potenziali rischi, specificando il fatto che efficacia e sicurezza sono state valutate in popolazioni dissimili da quelle oggetto della prescrizione stessa. In definitiva, la prescrizione di farmaci off-label rappresenta un’importante opportunità terapeutica, tuttavia, è fondamentale che la prescrizione di tali terapie avvenga nel pieno rispetto della normativa vigente per garantire la sicurezza del paziente e mettere il medico prescrittore, che non dispone ancora di linee-guida specifiche, al riparo dai possibili profili di responsabilità.


CORSO ECM/MODULO 2

Le novità legislative Luca Nocco Dottore di Ricerca in diritto comparato della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa Professore associato abilitato in diritto privato Avvocato del Foro di Pisa

Il disegno di legge “Gelli-Bianco”, che prevede numerose modifiche al consolidato assetto della responsabilità sanitaria, è da poco diventato la legge 8 marzo 2017, n. 24 recante il seguente titolo “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Vediamone in breve le novità. Le novità sulla responsabilità sanitaria della nuova legge Gelli Linee guida e responsabilità penale Viene anzitutto ribadita, in linea con quanto già previsto dalla Legge Balduzzi (L. 189/2012), la rilevanza delle linee guida ovvero, in mancanza di queste, delle buone pratiche clinico-assistenziali ai fini della valutazione della colpa civile e penale, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quan-

do sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida. Le linee guida da osservare saranno, a regime, solo quelle elaborate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco. Responsabilità civile Per quanto riguarda la responsabilità civile, si ribadisce la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria, pubblica o privata, e si qualifica come extracontrattuale quella degli esercenti la professione sanitaria purché svolgano la propria attività presso una struttura sanitaria, anche in regime di libera professione intramuraria o convenzionato. Tentativo obbligatorio di conciliazione Alla mediazione, come condizione di procedibilità per le cause aventi ad oggetto casi di responsabilità medica e sanitaria si può sostituire, a scelta dell’attore, la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite disciplinata dall’art. 696 bis c.p.c.

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ECM-MODULO 2 / Le novità legislative

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Azione di rivalsa Particolarmente controversa la disciplina dell’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria, esercitabile solo in caso di dolo o colpa grave. La condanna non può superare una somma pari al triplo della retribuzione lorda annua. L’azione di rivalsa può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento ed entro un anno dall’avvenuto pagamento. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria o contro l’impresa di assicurazione non fa stato nel giudizio di rivalsa, se l’esercente

difficoltà, anche di natura organizzativa, della struttura sanitaria.

la professione sanitaria non è stato parte del giudizio. Ai fini della quantificazione del danno dinanzi alla Corte dei Conti si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare

strutture in alternativa alla stipulazione di polizze. La garanzia assicurativa è estesa per legge agli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto, purché denunciati all’impresa

Obbligo di assicurazione Tutte le strutture sanitarie dovranno essere provviste di copertura assicurativa o di altre analoghe misure per la responsabilità civile. Ad analogo obbligo, con onere a proprie spese, soggiacciono i professionisti per le somme che fossero condannati a pagare a titolo di rivalsa. Si rinvia ad appositi decreti per la definizione delle condizioni generali delle polizze e delle caratteristiche dei meccanismi auto-assicurativi eventualmente adottati dalle


di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. In caso di cessazione definitiva dell’attività professionale deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate entro i dieci anni successivi e riferite a fatti verificatisi nel periodo di operatività della copertura. L’ultrattività è estesa agli eredi e non è assoggettabile alla disdetta. Azione diretta Sulla scia dell’analoga previsione prevista per la RC auto si prevede che il danneggiato possa agire direttamente nei confronti dell’impresa di assicurazione. Fondo di garanzia Si prevede l’istituzione di un Fondo di garanzia per i soggetti danneggiati da responsabilità sanitaria che entra in gioco per i danni eccedenti il massimale, in caso di insolvenza dell’impresa di assicurazione o in caso di insussistenza di copertura assicurativa.

sicurazione, a pena di decadenza dall’azione di rivalsa, devono comunicare al professionista l’instaurazione del giudizio entro dieci giorni dalla notifica dell’atto introduttivo nonché, entro lo stesso termine, l’avvio di trattative stragiudiziali, con invito a prenderne parte. Nei procedimenti civili e penali la consulenza tecnica deve essere affidata a un collegio composto da un medico legale e da uno o più specialisti della materia. I verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico, compresi gli audit clinici, non possono essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari.

Bibliografia 1. AA.VV., La responsabilità medica dopo il “Decreto Balduzzi”: una questione multidisciplinare», Riv. It. Med. Leg., 2013, 735 ss. 2. Nocco L, La responsabilità sanitaria e le responsabilità “emergenti”: responsabilità amministrativa e disciplinare, Altalex, 2015. 3. Lovo M, Nocco L (a cura di), La nuova re-

Altre disposizioni processuali Le strutture sanitarie e le imprese di as-

sponsabilità sanitaria. Le novità introdotte dalla Legge Gelli, Il Sole 24 Ore, 2017.

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ECM-MODULO 1-2 / Questionario di autovalutazione

Ecm modulo 1/2 QUESTIONARIO DI AUTOVALUTAZIONE

I doveri del medico 1. I doveri generali del medico:  sono la tutela della vita, della salute psicofisica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona, senza discriminazione alcuna quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera  fanno esclusivo riferimento alle norme giuridiche dello Stato  fanno esclusivo riferimento a quanto sancito dalla carta dell’Oms  sono valori ideali che non vincolano il medico nella sua pratica clinica quotidiana 2. Il medico deve fondare l’esercizio della propria professione:  esclusivamente sull’applicazione delle linee guida  esclusivamente sulle indicazioni ricevute dalla struttura sanitaria, pubblica o privata, d’appartenenza  sui principi di efficacia e di appropriatezza, aggiornandoli alle conoscenze scientifiche disponibili e mediante una costante verifica e revisione dei propri atti  su principi aziendalistici ed economicistici

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Appropriatezza prescrittiva 3. Il Decreto ministeriale che individua le condizioni di erogabilità e le indicazioni di appropriatezza prescrittiva, “decreto appropriatezza prescrittiva”, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’anno:    

2013 2014 2015 2016

Le sanzioni 4. La responsabilità penale:  è punita solo con la reclusione  è punita solo con un avvertimento  comporta sanzioni anche agli eredi  è punita con pene principali detentive e pecuniarie e pene accessorie 5. Il riconoscimento della responsabilità civile comporta:  il risarcimento del danno  il pagamento di una multa  non comporta sanzioni  il risarcimento del danno ma solo se il paziente muore


La responsabilità penale 6. In ambito di responsabilità contrattuale il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria è di:  dieci anni  cinque anni  sette anni  dipende dalla rilevanza del danno arrecato 7. La diligenza cui è tenuto il medico ortopedico nell’adempimento delle obbligazioni inerenti alla propria attività professionale:  è regolata dall’articolo 2470 c.c.  afferisce a quella cosiddetta del buon padre di famiglia, di cui all’art. 1176 comma 1 c.c.  risulta riconducibile a quella qualificata, richiesta dalla natura dell’attività esercitata, ai sensi dell’art. 1776 cc., secondo comma  risulta regolata dalla legis artis e dalle linee guida

Il planning pre-operatorio 8. Gli elementi costitutivi del consenso informato sono:  l’informazione, la comprensione, la libertà e la capacità di intendere e volere  l’informazione e il consenso  la forma scritta del consenso  l’irrevocabilità del consenso 9. Le eccezioni all’obbligo del consenso informato sono:  il medico può decidere,

discrezionalmente, la necessità di raccogliere il consenso del paziente  quando il paziente è straniero e non può comprendere l’informazione contenuta nel consenso scritto  non esistono  quando sussista uno stato di necessità come previsto dall’art. 54 del codice penale

Indicazione al trattamento 10. La colpa generica:  è dovuta a negligenza, imprudenza o imperizia  è dovuta all’inosservanza di leggi  è dovuta alla violazione di precise norme stabilite dall’autorità  prevede che il delitto sia secondo l’intenzione 11. L’errore tecnico colposo deriva da: violazione dei doveri di umanità  coscienza e volontà dell’azione  errore scientifico  trasgressione di norme tecniche universalmente riconosciute valide dalla scienza 

Terapia off-label: limiti e prospettive 12. La definizione di off-label corrisponde a:  una situazione in cui un farmaco è utilizzato volutamente per un fine medico non in linea con le informazioni autorizzate sul prodotto  impiego off-label di farmaci non ancora registrati

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ECM-MODULO 1-2 / Questionario di autovalutazione

una prescrizione conforme nelle indicazioni, nelle modalità di somministrazione e nei dosaggi, a quanto previsto nella scheda tecnica  farmaci scaduti che devono essere obbligatoriamente ritirati dal commercio 

13. La recente legge 79/2014:  rende possibile l’impiego di offlabel anche quando sussista una valida alternativa terapeutica  consente di non richiedere una preventiva valutazione da parte dell’Aifa  rimanda l’autorizzazione all’impiego di farmaci off-label alle regioni  libera i medici da eventuali responsabilità correlate alla prescrizione di farmaci off-label

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Le novità legislative 14. Nella legge è previsto:  l’obbligo di assicurazione per le aziende e per i professionisti  l’obbligo per le aziende di prevedere copertura assicurativa o altre analoghe misure per la responsabilità civile e per i professionisti l’obbligo di assicurarsi per la rivalsa  l’obbligo per le aziende di assicurare i propri dipendenti per la rivalsa  l’obbligo per le assicurazioni di non esercitare la clausola di disdetta 15. La legge:  esclude la responsabilità civile in caso di colpa lieve  esclude la responsabilità penale in caso di colpa grave  esclude la responsabilità penale in caso di imperizia quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida  limita la responsabilità penale alla colpa grave in caso di osservanza delle linee guida



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