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Environmental protection is in fashion

L’ATTENZIONE ALL’AMBIENTE È DI MODA

by redazione La Spola

At a time when world economy has had to face the challenge of the pandemic, the world’s leading fashion brands have been involved in one of the events which was designed to protect the environment: the COP26 conference in Glasgow. In Scotland, among the many issues addressed by the representatives of the attending countries there was also the fashion industry’s impact on climate change and the effects that the production of yarns, fabrics and clothing have on the environment: the issue had been raised in 2018 too, when the major fashions brands signed the Charter of the Fashion Industry for Climate Action promoted by the United Nations, which aimed at reducing greenhouse gas emissions by 30% within 2030 and eliminate them completely within 2050. In three years’ time, however, the goal has been barely met, at least according to environmental organizations such as Stand.earth which, in August 2021, compared 47 luxury, fast fashion and sportswear companies. The research showed that not only so far there has been no progress at all, but that some companies, despite the lockdown, have used more fossil fuels than usual. So, on one side there is the socalled greenwashing strategy, and on the other companies have serious difficulty in improving things, probably because all the attention is on the downstream rather than upstream supply chain. Fashion businesses are, in fact, responsible only for 8% of global yearly emissions, while the side of the supply chain that sources the raw material is responsible for 90% of greenhouse gas emissions. So there is a problem of connecting brands and suppliers, who are either unknown or too geographically distant to have any control over them. Conversion of industrial facilities to the use of renewable energy, wastewater treatment and animal and environmental protection are some of the steps that need to be taken to start seriously down the path of sustainable fashion. Goals that clash, however, with the reality of a multitude of supIn un momento in cui l’economia mondiale ha dovuto fare i conti con la pandemia del Covid-19 i leader della moda sono stati coinvolti anche in uno degli eventi che dovrebbero, nelle intenzioni e nelle speranze, tutelare l’ambiente che ci circonda: il Cop26 di Glasgow. In Scozia, tra i tanti temi affrontati dai presidenti delle Nazioni e dai loro delegati, c’è stato anche l’impatto che ha la moda nel cambiamento climatico e gli effetti che la produzione di filato, tessuto e abbigliamento provoca sull’ambiente: un’attenzione alla questione che si era concretizzata già nel 2018 a Parigi, quando fu firmata dai maggiori brand del fashion system la Carta dell’industria della moda delle nazioni Unite per il clima, che si prefissava la riduzione delle emissioni di gas serra del 30% entro la fine del 2030

The side e di eliminarle definitivamente entro of the supply la fine del 2050. Ma in tre anni l’obiettivo temporale chain si è avvicinato più di quanto non abbia fatto quello materiale, almethat sources no secondo quanto rilevato dagli osthe raw material servatori, come ad esempio Stand. earth, che nello scorso agosto ha is responsible messo a confronto 47 aziende del lusso, del fast fashion e di quello for 90% sportivo. of greenhouse Dall’indagine è emerso che non solo non c’è stato nessun progresso gas emissions ma che anzi qualcuno, tra Stati e aziende, nonostante il lockdown, ha utilizzato ancora più combustibili fossili che in passato. Quindi da una parte c’è la strategia del cosiddetto greenwashing e dall’altra una seria difficoltà a migliorare effettivamente le cose, forse perché per ora è stato deciso di puntare l’attenzione a valle invece che a monte della filiera. Le aziende della moda da sole sono infatti responsabili dell′8% delle emissioni annue globali e dalla catena di approvvigionamento delle materie prime proviene il 90% delle loro emissioni di gas serra. E qui nasce il problema di connettere i brand con i fornitori, in parte sconosciuti o troppo lontani geograficamente per essere controllati. Conversione delle strutture all’uso di energie rinnovabili, miglioramento del trattamento delle acque re-

Raoul Croes ph. Discussions were held to adapt the 2018 Charter and guidelines for the challenges of decarbonization Si è lavorato per adattare la Carta del 2018 e le linee guida su decarbonizzazione

pliers across the five continents which make traceability still very difficult and onerous. The COP26 conference has highlighted all these needs, with fashion designers and brands coming face to face with the world’s decision-makers, taking on a role laden with responsibility and difficult decisions, but also confident of their fame and influence. Among them was Stella McCartney, who was invited to the COP26 conference because of her role as a deeply committed environmentalist and as the latest brand to partner with the world’s largest luxury group, LVMH, providing further evidence that the top fashion brands are paying great attention lately to the environmental issue. The fashion designer introduced the conference attendees to the low- environmental impact and innovative materials that the brand is experimenting with and using such as Econyl nylon made out of recycled ocean plastic and viscose from sustainable wood that Lenzing also introduced at the latest Filo show. In Glasgow, discussions were held to adapt the 2018 Charter and its guidelines to address the challenges of decarbonization and of the fashion industry’s reduction of CO2 emissions, but also of deforestation (an agreement between Brazil and Russia was finally reached for a total value of over $ 19 billion), considering that over 150 million trees are estimated to be cut and processed into fabric flue, tutela dell’ambiente e degli animali sono alcuni dei passi da compiere per svoltare decisamente verso una moda sostenibile. Obiettivi che si scontrano con la miriade di fornitori nei cinque continenti rendendo ancora assai difficile ed onerosa la tracciabilità. Per questo la COP26 ha fatto da collettore di queste necessità, con stilisti e marche che si sono presentate al cospetto dei decisori mondiali con un grande carico di responsabilità ed esperienza ma anche di notorietà ed influenza. Tra questi Stella McCartney, unica invitata alla Cop26 in quanto ambientalista assai battagliera e recente partner del primo gruppo del lusso al mondo, LVMH, a dimostrazione che la questione ambientale è entrata nelle attenzioni dei top brand. La stilista, figlia d'arte ma ormaimcon una propria carriera di designer ben più che luminosa, si è presentata con una esposizione sul tema dei materiali innovativi a minimo impatto ambientale che il brand sta testando e utilizzando come il nylon ricavato dalle plastiche oceaniche Econyl e la viscosa da legno sostenibile che Lenzing ha presentato anche all’ultima edizione di Filo. A Glasgow si è lavorato per adattare la Carta del 2018 e le sue linee guida su decarbonizzazione e riduzione delle emissioni Co2 dell'industria della moda, ma si è parlato anche di deforestazione (anche grazie ad un accordo stipulato finalmente anche dal Brasile e dalla Russia dal valore di oltre 19 miliardi

Stella MCCartney

every year. The world leaders promised to stop deforestation within 2030, which implies investments in fibers and skins that respect biodiversity, focus on low-environmental impact materials and safeguard the supplying sources. Many companies, at the Glasgow conference, have pledged to cut down the production of goods that cause deforestation and support the indigenous populations and local communities. But this is not enough: in less than ten years, the fashion industry will have to invest in recycling systems and prevent the transfer of pollutants, such as chemicals and pesticides, into the soil used to produce textiles. And we must not forget that, in addition to the luxury industry and the best-known brands, there is also fast fashion, a highly profitable business based on planned fashion obsolescence which causes increased pollution, and e-commerce which, though in other ways, causes pollution and consumption of environmental resources too. Let’s hope Greta Thunberg won’t have to reprimand world leaders again for their empty words and unfulfilled promises. di dollari), visto che si stima in oltre 150 milioni la quantità di alberi tagliati e trasformati in tessuto ogni anno. L’impegno è di bloccare la deforestazione entro il 2030, il che comporterà investire su filiere delle fibre e del pellame che rispettino la biodiversità, puntare su materiali a basso impatto ambientale e tutelare le fonti di approvvigionamento.

The world Molte aziende, proprio a Glasgow, si sono pubblicamente impegnate a lileaders mitare i prodotti che sono a rischio di promised to stop deforestazione ed a sostenere le popolazioni indigene e le comunità locali dal deforestation punto di vista sociale. Ma non può bastare: in meno di dieci within 2030 with anni la moda dovrà anche investire su an agreement for sistemi rigenerativi ed evitare di inquinare con sostanze chimiche e pesticidi a total value of i terreni destinati alla produzione di tessili. over $ 19 billion Il tutto senza dimenticare che oltre al lusso e ai brand più famosi esistono sia il fast fashion, che è fonte di numeri altissimi per vendite e conseguente (e spesso rapida) dismissione di abiti, che l’online, che per altri versi è causa di inquinamento e consumo di risorse dell’ambiente. Anche per evitare che il “bla bla bla” ormai noto di Greta Thunberg torni in futuro ad ammonire i decisori mondiali per decisioni non prese.

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