Giappone - Piccola storia dei giardini

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Aldo Gervasone

- Piccola Storia dei Giardini -

Autunno - Inverno





Aldo Gervasone

Piccola Storia dei Giardini Autunno --- Inverno Foto e Testi dell’ Autore


Valli strette, ruscelli, cascate, laghi e spiagge sabbiose. Questo è il paesaggio di Honshu, l’isola principale, che ha influenzato la creazione dei giardini giapponesi. Qui nacque lo « Shinto » la via degli dei. Lo Shintoismo deriva da una religione animista che adorava i « Kami » , dei e spiriti che albergavano in tutte le cose: rocce, alberi, fiumi e laghi. Nella tradizione orale, agli dei che avevano generato tutte le cose, si fa risalire la creazione delle 8 isole perfette e degli « Shinchi », i laghi degli dei. Col tempo le isole diventeranno una sola, il monte Horai, la montagna perfetta. Isole e laghi saranno replicati in moltissimi giardini. Negli « Annali del Giappone », - anno 720 -, sono riportate notizie di giardini realizzati a partire dal I e II secolo e oltre, ma è solo con l’arrivo del Buddismo in Giappone - anno 552 – e con il consolidamento della struttura imperiale che i giardini incominciarono a prendere una forma articolata secondo canoni prestabiliti.

Quest’arte, tramandata oralmente da maestro ad allievo, nel XI secolo trova la sua prima forma scritta nel Sakutei-ki.


Inizialmente esistevano i giardini dell’ Imperatore, dei nobili e dei templi. I giardini imperiali erano « giardini d’acqua ». Spesso costruiti secondo lo stile «passeggiata circolare attorno agli stagni », erano composti da bacini d’acqua e permettevano di navigare su barche ammirando il paesaggio, leggendo poesie e facendo musica. Nei pressi del Daikaku-ji ( Kyoto ) restano tracce di un bacino di 20.000 mq costruito dall’Imperatore Soga nell’anno 809. Questo stile di vita è descritto nel « Genji Monogatari » scritto da Murasaki Shikubo nell’anno 1000. A quell’epoca i giardini sono costruiti abitualmente lungo l’asse N/S con la residenza a Nord e il giardino a Sud. Verso la fine del periodo Heian ( 794 – 1185 ) cambia lo stile del giardino che assume caratteristiche più religiose e contemplative. Sotto la spinta dei seguaci del « Buddismo della Terra Pura » viene ricreato il Paradiso Occidentale del Buddha Amida. Il Byodo-in ( Uji ), nato come villa privata viene trasformato nel 1053, secondo un progetto per la meditazione, con la costruzione della Sala della Fenice, un’ immagine di edificio sacro presente nel Paradiso stesso



Byodo-in




Nell’ideazione dei giardini sono molto utilizzati i temi narrativi. Un tema importante e molto usato, è il viaggio dello spirito del defunto verso il Paradiso del Buddha Amida.

L’altro mondo è sempre nascosto e così lo è il giardino, sempre celato da un alto muro alla vista dei passanti. L’entrata al giardino è sempre attraverso un portale, così come si entra nell’aldilà da una porta custodita da demoni. La purezza interiore è condizione per accedere alla dimensione ultraterrena di perfetta felicità. Perciò il cammino porta sempre ad una piccola fonte per bere e purificarsi. Un ponte segna il passaggio tra i due regni. Un gruppo di rocce raffigura la montagna sacra. L’anima arriva sulla riva di un lago. In lontananza emerge un’eterea costruzione tutta d’oro al centro del lago .Con una barca si raggiunge l’isola dei beati e si entra nel palazzo del Paradiso. Questa visione è alla base della costruzione del Kinkaku-ji ( Kyoto ) eretto nell’anno 1395. I maestri Zen reinterpretarono questo tema come un viaggio tutto interiore, non per giungere in un altro mondo, ma per arrivare a comprendere e vivere in questo mondo.










Kinkaku-ji






Dopo 300 anni di interruzione riprendono le relazioni con la Cina. Lo scambio di monaci e di nuovi testi porta in Giappone il Buddismo Zen. A Kamakura nel 1251 viene allestito il primo giardino zen. In questo periodo nascono molti giardini zen, ma anche giardini che seguono altri influssi. Si ricostruiscono inoltre vecchi giardini secondo le nuove tendenze. Lo scopo al quale si tende è favorire la meditazione. Gli elementi religiosi sono estremamente rari. Si lascia a chi guarda la libertà di intuire altri mondi, altre immagini. I giardini nascondono con sapienza l’artificio. L’abilità di chi li ha creati e li fa vivere è quella di riprodurre la natura come se fosse selvatica e incontaminata. Le composizioni che appaiono naturali e spontanee sono in realtà finzione. I giardini sono realizzati con estrema cura in ogni dettaglio e nulla è casuale. Un giardino di stile zen puro è il Ryoan-ji ( Kyoto ) realizzato nel 1450. Questo tipo di giardino però è molto raro perché, più spesso, si preferisce mescolare gli stili. Non è insolito, visitando un giardino, trovare all’interno, nel cuore del giardino contemplativo, un altro spazio, il « Karesansui », una composizione totalmente astratta, fatta di sabbia, pietra e luce dove « si sentono crescere le rocce » , come scrisse Muso Soseki, maestro zen e creatore di giardini.







Ryoan-ji





Contemporaneamente alla nascita dei giardini zen nasce un’altra esperienza di meditazione. Nel « Chaniwa », giardino per il thè, sorge una costruzione classica, di legno , umile, di una meravigliosa semplicità, la « Sukiya », detta anche la dimora del vuoto. Costruzione rustica, appartata in un giardino segreto, immersa in un silenzio profondo rotto solo dal gorgogliare di un ruscello. Sovente la si raggiunge attraverso un ponticello di pietre, che predispone l’animo al viaggio interiore. Qui dopo l’uso iniziale, solitario del thè, la cerimonia si trasformò in pratica religiosa comunitaria. In seguito si arricchì di elementi rituali con forti valenze estetiche, trasformandosi in un’arte raffinata ed elitaria. Alcuni maestri zen, come Noami Moriyama, intuirono che questa pratica potesse esprimere il pensiero zen e trasformarsi in una rarefatta esperienza di meditazione e liberazione. «….sperimentare con intensità, in un tempo come sospeso, in uno spazio di silenzio raccolto, la tensione del paradosso del nostro stesso esistere….»

Questi particolari ambienti, che possiamo trovare nei grandi giardini, sono edificati preferibilmente nei giardini privati o in piccoli spazi raccolti all’interno delle case.









I caratteri costruttivi utilizzati per realizzare il giardino di un tempio, spesso sono replicati nei giardini dei privati e dei nobili, che attingono a canoni estetici ed architettonici simili. Ne è un esempio il giardino del Koko-en, dipendenza del castello di Himeji – anno 1333 – più volte rimaneggiato. Questi ambienti costruiti per il « Daimyo » e per i samurai presentano caratteri simili a quelli dei templi. Una serie di spazi, separati da un muro, collegati fra di loro, pur mostrando caratteristiche sempre diverse, mantengono grande unità di pensiero. Abbiamo il lago delle carpe, con una piccola cascata, padiglioni immersi nel verde con un ruscelletto che unisce i vari ambienti, minuscoli giardini secchi, piccoli sentieri tra i fiori e una grande varietà di piante e siepi. Gli otto giardini, più uno separato per la « Sukiya », favorivano attività diverse. Ancora oggi attraverso passaggi coperti si ammira la fioritura dei ciliegi, le foglie rosseggianti dell’autunno oppure la vista della luna invernale. Spettacolari sono gli eventi stagionali come: « l’evento dei ciliegi notturni » oppure « l’evento delle foglie rosse» quando il giardino, la sera, viene illuminato rivelando un paesaggio completamente diverso da quello diurno.













I giardini sono soggetti ad elaborazione continua. Si costruiscono nuovi giardini e quelli più datati vengono riallestiti. La realizzazione della Villa Imperiale di Katsura, introduce un cambiamento significativo nella ideazione dei giardini. Gli edifici sono costruiti in maniera più semplice. Il giardino è aperto per essere parte dell’edificio. Gli interni e gli esterni devono dare la sensazione di essere sempre al centro del giardino. A volte gli edifici sono costruiti in diagonale «…come il volo delle anitre in autunno…». Gallerie coperte uniscono i padiglioni affinché siano utilizzabili in ogni stagione. Si crea spazio, sia per il giardino zen, sia per quello contemplativo. Si costruisce sul fianco delle colline a vari livelli per avere una vista dall’alto. Si riproduce la visuale dei paesaggi in lontananza ( shakkei ) ed anche viste celebri di altre regioni.











Nel periodo Edo si accentua la funzione contemplativa. Si imita la natura evitando la simmetria. Piccole rocce. Se previsto, un sentiero di pietre irregolari. Le regole per la disposizione di lanterne di pietra, di steccati di bambù, di ponticelli, in legno o pietra sono rigorose e vanno rispettate. Pur apprezzando centinaia di varietà di fiori, quasi tutti sono riservati per le composizioni di « Ikebana «, altri come crisantemi e campanule si usano per le ricorrenze stagionali. Il giardino tradizionale esclude tutte le varietà salvo alcune specie : iris, fiori di loto, e piante a cespuglio come camelie, azalee, ortensie e peonie. Sono apprezzati gli alberi da fiore come ciliegi e susini, ma ancor di più le piante che possono creare contrasti cromatici come pini, aceri, bambù ed altre ancora. La presenza di animali di specie diverse è molto apprezzata, soprattutto nei giardini più grandi.




















L’amore per la natura non si esprime solo creando grandi giardini. Molta diffusa è l’abitudine di indossare abiti che possano richiamare la stagione in corso. Ma anche nella costruzione dei « giardini del cortile di casa « ( tsuboniwa ) viene evidenziata tutta la straordinaria capacità giapponese di esprimere con sapienza quella che viene chiamata « composizione astratta naturale di oggetti nello spazio ». Anche se questo tipo di giardini è presente nei piccoli cortili dei templi e dei grandi giardini tradizionali, esso trova la sua massima espressione nelle case private. Qui è sufficiente uno spazio minimo per creare una piccola opera d’arte. Gli elementi necessari sono sempre ricorrenti e costanti a prescindere dal poco spazio a disposizione. Elementi semplici: una lanterna, una vasca o fontana per la purificazione, se possibile un sentiero di pietre ( roji ) , rocce, sabbia e piante. A volte questo piccolo cortile porta ad una « sukiya », a volte è completamente espresso nel suo piccolo spazio chiuso.

















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