Elementi 44 - Agosto - Novembre 2018

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Catia Bastioli

Noi per il territorio Luca Valerio Camerano

Per A2A, economia circolare, Fer e tanto altro Davide Tabarelli

Clima, modificare le abitudini o non ci si salva piĂš Stefano Venier

La scommessa verde di Hera Carlo De Masi

Mercato libero sĂŹ, ma con garanzie per il consumatore Pietro Bartolo

Non chiamatemi eroe Piera degli Esposti

Piera, il sorriso che abbraccia il mondo

SPECIALE LA CINA VA "AL VERDE"

Periodico del GSE Agosto-Novembre 2018

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Ue, non rischiare con il clima

Elementi

Mauro Petriccione

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www.cobat.it

RIMETTILI IN FORMA

LA TUA AZIENDA HA BISOGNO DI AVVIARE AL RICICLO CIÒ CHE PRODUCE?

Per una nuova forma, scegli Cobat. Un consorzio storico, nato oltre 25 anni fa, attivo nella raccolta e nel riciclo di pile e accumulatori esausti, apparecchiature elettriche ed elettroniche, moduli fotovoltaici e pneumatici fuori uso. Con Cobat ciò che produci non diventa mai un rifiuto, ma un’importante fonte di nuove materie prime.

ALLA FINE CI PENSIAMO NOI


Virgolette di Romolo Paradiso

L’EUROPA, L’OCCIDENTE, LA CINA Lo speciale di questo numero di Elementi è dedicato alla Cina. Lo Stato che più di tutti al mondo sta da tempo incrementando il suo sviluppo economico-industriale, il suo riscatto in ambito energetico-ambientale, la sua presenza nei mercati. Forte di un sistema totalitario comunista che le garantisce un’indiscussa governabilità e una stabilità interna e dell’uso di una politica liberista fuori dai suoi confini geografici che la fa competere vantaggiosamente con gli Stati concorrenti, il paese del maocapitalismo sembra non aver rivali nell’essere lanciato verso la conquista indiscussa dei mercati, affatto ostacolata dall’Europa e con qualche timido rigurgito di protezionismo da parte degli Usa che però poco spaventa Xi Jinping e i suoi compagni. Insomma, la Cina si pone prepotentemente come antagonista dell’oggi, ma ancor più del domani, contro quell’Europa e quell’Occidente che sembrano sonnecchiare con le loro democrazie un po’ stanche, svilite, inespressive di valori e di creatività, fiaccate da un’inattività culturale per mancanza di pensiero e di fiducia nell’avvenire, figlie di politiche lontane sempre più dalle persone e dalle loro vere esigenze. Eppure la posta in gioco è di vitale importanza. Quanto sta facendo la Cina e con lei qualche altro Stato asiatico, deve suonare come un campanello d’allarme per il Vecchio Continente e per chi, di questo, ha l’onere di guidare le genti. Non c’è in gioco solo il predominio economico-

industriale, ma qualcosa di più. Qualcosa che ha a che fare con il senso e l’essenza della vita, da cui scaturiscono le fasi nelle quali le persone e le comunità si esprimono. L’Europa, l’Occidente, rispetto alla Cina hanno il vantaggio di conoscere la democrazia, la libertà. Hanno nel loro Dna il senso del bene comune, quello dell’appartenenza, il valore dell’uomo e della ricerca del suo benessere. Non qualcosa di poco conto, ma un bagaglio culturale enorme, infinito. Una luce che ha illuminato il cammino delle genti, le ha guidate verso il vero progresso, che non sta solo nella capacità e nel livello di consumo e di possesso, ma nel saper riconoscere i veri, importanti valori della vita sui quali costruire, o meglio, ricostruire la “cittadella” della civiltà. L’errore che l’Europa, l’Occidente non devono commettere è quello di cedere, di abbandonare questi principi, di depauperarli lentamente come sta avvenendo, immaginando in modo miope che il volto del benessere sia quello sirenico che ci offrono una tecnica, una scienza e una finanza esasperate, al cui passaggio non cresce che deserto. Se saranno in grado di modificare tutto ciò, di dargli un respiro sottomesso a quello che per l’uomo più conta, allora avranno ancora un’arma potente con cui confrontarsi con le altre ed emergenti realtà. In tutti i settori, da quello culturale, il principale, dal quale scaturiscono elementi di spinta in termini di innovazione e civiltà, a quelli sociale, economico e industriale. Anzi, potranno riprendersi quel ruolo di primi attori le cui espressioni torneranno a far da stimolo a chi vorrà guardare al domani con fiducia, responsabilità e senso d’umanità. Diversamente la partita potrebbe assumere altri e pericolosi risvolti.

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso In redazione Gabriella Busia Maurizio Godart Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Maurizio Godart Claudia Imposimato Piergiorgio Liberati Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Hanno collaborato a questo numero Andrea Amato Roberto Antonini Stefano Besseghini Edoardo Borriello Alessandro Buttà Libero Buttaro Fausto Carioti Stefania Concari Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Stefano Esposto Mariangela Giunti Jacopo Giliberto Giacomo Giuliani Maurizio Godart Roberto Laurenti Piergiorgio Liberati Fabrizio Mariotti

Si ringrazia per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Adn Kronos (Prometeo) Alperia - Bartucci S.p.A Anev Axpo Italia Banca Intesa San Paolo Centro Documentazione Progetto Grafico Giornalistica Imaginali Cobat Ef solare Italia Realizzazione grafica Electrade Imaginali Grastim Italia Energia Realizzazione impianti IVPC e stampa Pianeta Terra Palombi & Lanci s.r.l. Punto Com Via Lago di Albano, 20 00010 Villa Adriana (RM) QualEnergia Quotidiano Energia Rinnovabili.it Foto Staffetta Quotidiana Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato Adobe stock Claudio Ramoni Antonio Rizzi Sallie Sangallo Luca Speziale Gero Territo Maria Pia Terrosi Tommaso Tetro Elena Veronelli

Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE

Elementi è distribuito presso le principali rappresentanze diplomatiche italiane all’estero.

(la vignetta di Fama)

Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte.

Alessandro Pellini Ilaria Proietti

In copertina "Senza titolo", 1986, acrilico su tela di sacco , cm 15x23 di Carlo Riccardi Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione il 19 giugno 2018

GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 - 00197 Roma T +39 0680111 - F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet al sito www.gse.it

Elementi

Anno 2018 n. 44 Agosto - Novembre 2018

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CORSI DI FORMAZIONE I CORSI DI FORMAZIONE ANEV RILASCIANO CREDITI FORMATIVI PROFESSIONALI PER GLI INGEGNERI

ANEV 1/2018

ANEV 2/2018

ANEV 3/2018

ANEV 4/2018

ANEV 5/2018

15 - 16 marzo 2018 Roma, sede ANEV

14 - 17 maggio 2018 Roma, sede ANEV

24 settembre 2018 Roma, sede ANEV

6 - 7 novembre 2018 Rimini, Ecomondo Key Wind

8 - 9 novembre 2018 Rimini, Ecomondo Key Wind

24 CPF

15 CPF

8 CPF

10 CPF

10 CPF

Il Minieolico Il Minieolico Rinnovabili La Sicurezza nel Parco Eolico corso avanzato sull’eolico

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Per informazioni e iscrizioni : formazione@anev.org Lungotevere dei Mellini, 44 | 00193 Roma | tel. +390642014701 | fax +390642004838 | segreteria@anev.org

www.anev.org


rubriche

03 “

primo piano

Virgolette

10

Confronto con Mauro Petriccione

il Punto

14

Intervista a Catia Bastioli

76 Vi

18

A colloquio con Luca Valerio Camerano

22

Conversazione con Davide Tabarelli

25

Il parere di Stefano Venier

28

A tu per tu con Carlo De Masi

08 P°

Verifiche e ispezioni

86 En

Elementi Normativi

88 Be

Bizzarre Energie

104 Mp

Mondo Piccolo

104 Fn Filo di Nota

107 E+

Energia, letteratura, umanità

Ue, non rischiare con il clima Noi per il territorio

Economia circolare, FER e tanto altro

Clima, modificare le abitudini o non ci si salva più La scommessa verde di Hera Mercato libero? Sì, ma con garanzie per il consumatore

Speciale

30 La Cina va "al verde" energia rinnovabile

36

Incontro con Walter Righini

Biblioteca

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Parla Francesca Romana d'Ambrosio

109 Co

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Incontro con Livio De Santoli

44

Confronto con Vito Pignatelli

108 Bi

la Copertina

110 Cc

Controcopertina

Elementi

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La SEN? Qualcosa non va

Cogenerazione, un vantaggio per le PMI Smart Energy Systems, il futuro è qui Biocarburanti, alternativa alle fonti fossili


smart city

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Dialogo con Piero Gattoni

Gas da rinnovabili, determinante nella riduzione Co2

48 Pantelleria, il futuro nella geotermia 52 Rinnovabili, in Italia crescono per il quarto anno

72 Sviluppo sostenibile, sfida per le città di domani

GSE scuole

80 Sostenibilità e legalità per un futuro migliore

energia e ambiente

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Intervista ad Angelo Sticchi Damiani

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Il pensiero di Gianni Silvestrini

60

A colloquio con Edoardo Zanchini

L’auto del futuro sfreccia verso l’impatto zero Sugli investimenti l’Europa non stia dietro Cina e India Piano energia e clima, cruciale per l’Italia

energia

64 Resilienza... quando il gioco si fa duro 66 Il punto di vista di Edo Ronchi

Ecco cosa manca alla SEN

68

Incontro con Marco Primavera

70

Parla Giovanni Bartucci

energia per il sociale

90

Dialogo con Pietro Bartolo

Non chiamatemi eroe!

arte e architettura in luce

94 Il complesso archeologico di Massenzio energia del pensiero

98

Un caffè con Piera degli Esposti

Piera, il sorriso che abbraccia il mondo

Ocsit, un anno in crescita

Lavoriamo per un’energia migliore

Sommario

So


Nuovo governo, nuova energia? Comincio con una frase fatta. Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. In maggio c’è stato un ampio dibattito pubblico attorno all’accordo (Contratto) ”per un Governo del Cambiamento” stipulato tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega di Salvini, sul quale diverse decine di migliaia di elettori e militanti si sono espressi attraverso gazebo e clic con il mouse. Come tutti i programmi, però, c’è la parte applicativa, la realizzazione, che potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Sono promesse elettorali? Un altro luogo comune, quella delle solite e mai realizzate promesse elettorali, serve a esprimere i dubbi comprensibili di chi diffida che il contratto di Governo possa poi trasformarsi in gran parte in fatti compiuti. I due

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raggruppamenti che formano la maggioranza hanno molti piani condivisi, ma hanno anche visioni diverse. Su un punto però le personalità al vertice dei Movimento e della Lega sono vicinissime: la virtù formidabile di saper intuire con precisione e tempestività gli umori dei sostenitori. E questo potrebbe rivelarsi un fattore di incertezza per il mondo dell’energia, un settore che richiede capacità di programmazione sul futuro, costanza nella rotta tenuta, continuità nelle politiche. Il mondo dell’energia infatti è ancora ad alta intensità di capitale, e quindi i tempi di investimento e di rientro finanziario sono lunghi. Se i mercati energetici sono per natura ondivaghi, al contrario le politiche energetiche devono essere molto nitide, chiare e costanti nel tempo; ogni cambiamento produce sconquassi a cascata. Le imprese dell’energia quindi chiederanno al nuovo Governo italiano una rotta definita che limiti quanto più possibile la sensibilità agli umori incostanti e contraddittori dei cittadini, i quali vorrebbero un mondo perfetto in cui c’è energia ben infrastrutturata senza che ci costruiscano infrastrutture, senza alcuna emissione in atmosfera ma senza turbare il nostro bel paesaggio con pannelli solari e ventilatori eolici, di origine nazionale ma senza usare le risorse nazionali e così via. Purtroppo (un’altra frase fatta) molti vorrebbero la botte piena e la moglie ubriaca. L’altro aspetto, oltre alla costanza di indirizzo, è il mantenimento delle promesse elettorali o (come in questo caso) postelettorali. Abituati da decenni di politici facili alla promessa non mantenuta e generosi nell’impegno irrealizzato, allenati da un secolo al “parecchismo” di Giovanni Giolitti e alle locuzioni elusive (“provvederemo affinché si proceda” e “procederemo affinché si provveda”), edotti dal contratto con gli italiani che nel 2001 fu tratteggiato da un Silvio Berlusconi pimpantissimo e appena sessantacinquenne, gli italiani osservano con cauto cinismo i punti dell’accordo di governo di oggi. Il documento destina al comparto energetico pochi cenni, senza entrare in dettagli che possono mettere in contraddizione le due organizzazioni, più sensibile alle pulsioni ambientali l’una e più attenta al tema degli investimenti l’altra. A buon intenditore poche parole, e quindi è abbastanza sobrio il programma sull’energia e sui temi correlati con l’energia, cioè ambiente, mobilità e rifiuti. Alcuni argomenti centrali non sono stati accennati, come la fiscalità ambientale; altri temi sono sfiorati appena come la necessità di promuovere le fonti rinnovabili di energia e la mobilità elettrica; i processi di liberalizzazione dei mercati energetici non sono stati approfonditi. Il testo lascia un senso di indeterminatezza sulle prospettive delle politiche a sostengo delle rinnovabili, e sono poi i fatti e gli interventi operativi a far capire quell’indirizzo che il documento di maggio non aveva esplicitato. Le politiche climatiche, che coinvolgono il settore energetico in modo radicale, sono delineate in poche righe nella sezione che il programma di Governo dedica a “Ambiente, green economy e rifiuti zero”: “Sono necessari interventi per accelerare la transizione alla produzione energetica rinnovabile e spingere sul risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori” e di conseguenza viene definito fondamentale l’obiettivo di “potenziare le azioni

attualmente considerate a livello nazionale per il contrasto al cambiamento climatico e per la transizione”. Un tema contraddittorio è quello dell’efficienza energetica. Tema sul quale c’è intesa comune, condivisa in tutti gli schieramenti e non solamente nell’intesa a due per il Governo. Come sempre però è l’applicazione pratica quella che conta. La Lega di Salvini ha avuto spesso posizioni contrarie ai meccanismi delle detrazioni fiscali nelle ristrutturazioni edilizie e negli interventi di efficienza energetica, meccanismi che consentono anche di far emergere una parte del “nero” in cui opera gran parte del mondo dell’istallazione e della piccola edilizia. Il Governo intende comunque individuare “azioni mirate – così riporta il programma approvato - per aumentare l’efficienza energetica in tutti i settori e tornare a far salire la produzione da fonti rinnovabili prevedendo una pianificazione nazionale” mentre alla voce contro il consumo di suolo il testo parla di “rilanciare il patrimonio edilizio esistente, favorendo la rigenerazione urbana e il retrofit (riqualificazione energetica) degli edifici”. Inoltre “gli immobili capaci di autoprodurre energia rappresentano la sfida del futuro”, soprattutto per “l’edilizia residenziale pubblica”. In un altro capitolo del programma, quello dedicato al tema fiscale, insieme all’argomento della cosiddetta flat-tax, si propone una revisione del sistema impositivo “con particolare riferimento alle aliquote vigenti, al sistema delle deaduzioni e detrazioni e ai criteri di tassazione dei nuclei familiari”, e quindi con quell’intervento sul meccanismo di deduzioni e detrazioni che negli anni passati aveva spinto i lavori di efficientamento edilizio. A questo punto, solo il tempo dirà se il documento, da libro dei sogni, possa divenire una buona e responsabile realtà.

P° il Punto di Jacopo Giliberto

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primo piano

UE, non rischiare con il clima CONFRONTO CON MAURO PETRICCIONE Direttore generale della DG Azione per il clima della Commissione europea

Mauro Petriccione - Direttore generale della DG Azione per il clima della Commissione europea

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di Roberto Antonini


Non abbassare la guardia nella sfida climatica, grande impegno e grande opportunità per tutti, uno sforzo abbracciato da un grande numero di Paesi consci che la lotta per la riduzione delle emissioni di carbonio è già in corso. Un percorso che vedrà i prossimi passi nella Conferenza sul clima (COP24) a Katowice, in Polonia e nel ‘Dialogo Talanoa’. Di questa road map per la salvezza del clima e il rafforzamento di un nuovo modello economico decarbonizzato ‘Elementi’ ne parla con Mauro Petriccione il nuovo direttore generale della DG Azione per il clima della Commissione europea. E: Com'è il cielo sopra l'Accordo di Parigi? Com’è lo stato di salute di questo accordo chiave per il futuro mondiale? MP: Sappiamo già che gli impegni assunti finora dai paesi membri dell’Accordo non saranno sufficienti per raggiungere il nostro obiettivo comune. Dobbiamo continuare a innalzare il livello della nostra ambizione collettiva e accelerare l'attuazione delle misure necessarie. Tutto ciò implica uno sforzo molto importante nella ricerca e nell’innovazione e una sfida per gli investimenti, ma anche un'enorme opportunità per mettere la nostra economia e la nostra società su un cammino più sicuro e sostenibile per il futuro. Ciò richiede l'intervento di tutte le parti interessate e di tutti i settori, sostenuto da politiche efficaci. E: A parte i passi indietro di Trump, immagino che molti altri paesi si uniranno allo sforzo globale contro il cambiamento climatico. MP: La Commissione ha espresso il proprio rammarico per l'annuncio dell'amministrazione Trump di ritirare gli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi. Ciononostante, siamo fiduciosi che l'Accordo durerà, come quadro multilaterale che riunisce la comunità globale e che gode di un sostegno quasi universale. L'UE continuerà a guidare gli sforzi per garantire un'azione globale ambiziosa, rafforzare i partenariati esistenti, e costruire nuove alleanze con tutti i partners disponibili. E: Verso la riunione chiave di dicembre, cosa occorre per raggiungere la piena attuazione dell'Accordo di Parigi, una priorità assoluta per la Commissione Juncker? MP: Le parti mirano a finalizzare il programma di lavoro (il cosiddetto “manuale delle regole") per l’attuazione dell’Accordo di Parigi - e cioè la fissazione di norme dettagliate sulla trasparenza e la comparabilità dell’azione dei membri dell’Accordo - in occasione della Conferenza sul clima (COP24) a Katowice, in Polonia, a dicembre. Ricordo che a Parigi nel 2015, le parti avevano concordato di adottare un programma

di lavoro entro la fine del 2018. Alla recente conferenza ONU sul clima di Bonn, i negoziatori hanno compiuto alcuni importanti passi in questa direzione, ma è necessario un importante aumento del ritmo per garantire l'adozione di regole chiare e complete entro dicembre. Le parti devono accelerare il passo e mostrare determinazione collettiva e volontà politica se vogliamo fornire risultati a Katowice. E: Un momento importante per le negoziazioni climatiche. MP: L'adozione di un chiaro insieme di regole per l'attuazione dell’Accordo di Parigi è assolutamente vitale. In primo luogo, in modo da poter tracciare e dimostrare i progressi compiuti nel mondo. E anche per dare a tutte le parti - paesi sviluppati e in via di sviluppo allo stesso modo - un quadro condiviso, in modo da poter offrire una visione condivisa dell'accordo di Parigi. E: Ma verso la COP24 c’è anche il Dialogo Talanoa. MP: Quest'anno è anche l'anno del ‘Dialogo Talanoa’ - così battezzato dalla attuale Presidenza della Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, Fiji, con riferimento a una tradizione locale - che prevede un processo di facilitazione che si svolge nel 2018, per fare il punto sul progresso collettivo, condividere le esperienze dalle prospettive nazionali e considerare l'adeguatezza degli sforzi alla luce degli obiettivi di temperatura a lungo termine dell'Accordo di Parigi. L'UE considera il Dialogo Talanoa un'opportunità chiave per concentrarsi sulle soluzioni e sul potenziale associato alla trasformazione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, nonché per migliorare la cooperazione e la fiducia tra i paesi membri dell’Accordo di Parigi. Il 13 giugno, la Commissione europea ospiterà una conferenza ‘UE per Talanoa’ a Bruxelles per lanciare una discussione aperta tra rappresentanti delle istituzioni dell'UE, città e regioni d’Europa, società civile, imprese, sindacati e altre parti interessate. E: Un momento importante. MP: L'attuale fase preparatoria del Dialogo Talanoa apre la strada alla sua fase politica in COP24. La prossima relazione IPCC sugli impatti di un riscaldamento globale di 1,5°, prevista per il prossimo ottobre, avrà un’influenza chiave sulle discussioni sull'azione per il clima e l'adeguatezza del livello di ambizione sinora annunciato, sia a livello nazionale che globale. Gli attori non statali svolgono un ruolo importante in tutto questo processo. Non dobbiamo limitare l'azione alle politiche statali, ma aprire la porta a tutte le soluzioni e iniziative, anche da parte di attori non statali quali regioni, città, aziende, sindacati, società civile e organizzazioni basate sulla fede.

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Obiettivi di efficienza

≥30%

≥27% -20%

-20% 10%

2020

2030

2020

2030

-20% Emissioni di gas serra Energia rinnovabile

-40% Fonte: Commissione Europea

Efficienza energetica Interconnessione

E: Mancano ancora 20 mesi alla fine del mandato di questa Commissione europea, qual è il bilancio dell'azione per il clima sotto la presidenza di Juncker? MP: Costruire un'Unione dell'energia resiliente con una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici è una delle massime priorità della Commissione Juncker. Negli ultimi anni, abbiamo lavorato per mettere in atto un quadro legislativo chiaro, dettagliato e coerente su clima ed energia per il 2030, che copra tutti i settori dell'economia, per raggiungere i nostri obiettivi sulla riduzione delle emissioni, aumentando la quota delle energie rinnovabili e l'efficienza energetica. La maggior parte degli elementi di questo quadro sono ben avanzati. Le nostre priorità immediate sono il completamento dell'adozione del quadro 2030, la sua corretta attuazione e la realizzazione di un ambiente economico e regolamentare favorevole a mantenerci sulla traiettoria di una transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. Aldilà del breve termine, la Commissione è stata invitata dal Consiglio Europeo a presentare una strategia di lungo termine, a orizzonte 2050, per arrivare al pieno rispetto degli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Ovviamente una tale strategia sarà oggetto di un lungo dibattito in seno alle istituzioni dell’UE e alla società civile. La Commissione intende lanciare questo dibattito con una proposta ambiziosa, innovatrice, già a fine novembre di quest’anno. Si tratterà di un progetto di trasformazione dell’economia e della società in Europa, basato su un cambiamento in profondità del nostro approvvigionamento di energia, della nostra produzione industriale, del nostro uso della terra. Un progetto che manterrà e aumenterà la competitività dell’economia europea, l’impiego, la prosperità e la qualità della vita in Europa.

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2020

2030

2020

15%

2030



primo piano

Noi per il territorio INTERVISTA A CATIA BASTIOLI Presidente Terna

di Fausto Carioti

Catia Bastioli - Presidente Terna

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«Le opere e i progetti di Terna, in linea con l’Authority e con le strategie europea e nazionale, sono a servizio dei territori. Sempre di più la società si interfaccia con i diversi stakeholder quali le istituzioni locali, il mondo del lavoro, dell’agricoltura e dell’ambiente, quello accademico e della scuola e con le altre utilities, nell’intento di allineare le diverse esigenze con l’opportunità di partecipare alle progettualità condivise». È la filosofia del Piano strategico 2018-2022 di Terna, che la presidente Catia Bastioli approfondisce con Elementi. E: Presentando il piano, lei ha detto che gli investimenti sulla rete e sulle infrastrutture possono “essere un’opportunità di business sostenibile anche in collaborazione con gli altri protagonisti del settore energetico”. A che attori si riferisce? A quali sinergie pensa? CB: Gli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite e dalle linee guida Ue, e quindi quelli indicati nel nostro piano, hanno una visione globale ma richiedono azioni locali: bisogna partire da progetti territoriali confrontandosi con tutti i player del settore energetico. Dato il piano di investimenti varato da Terna, che tocca molti territori e in particolare il Sud Italia, qualora si riuscisse ad armonizzare le diverse strategie (energetica,

circular economy, bioeconomia, ecc.) con i progetti regionali e a orientare i fondi disponibili verso una rigenerazione di quei territori, con infrastrutture moderne e interconnesse per massimizzare l’efficienza dell’uso delle risorse, senza scarti, coinvolgendo scuola e accademia, imprese e agricoltura, creando lavoro di qualità, avremmo fatto un grande passo avanti. E: Lei ha annunciato che nel grande processo di decarbonizzazione Terna è pronta a svolgere un ruolo legato ai progetti territoriali. Può farci qualche esempio di progetti già avviati o pronti a partire? CB: I nostri progetti pongono le basi per l’integrazione nel sistema di oltre 20 GW di nuova capacità di generazione da fonte rinnovabile nei prossimi 5 anni. Per fare questo occorre lavorare con il mondo dell’innovazione e sviluppare progetti sperimentali che vadano a validare i modelli e a moltiplicarli. In questa logica va letta l' ampia e pionieristica sperimentazione sulle batterie energy e power intensive in atto da qualche anno in Sardegna, Sicilia e Campania, con la fruizione diffusa dei risultati. Oppure i progetti per rendere indipendenti dal punto di vista energetico le nostre isole, e non solo, con un ruolo di solution provider, sperimentando diverse integrazioni

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e connettendo realtà diverse: dalle istituzioni pubbliche alle università, ai gestori dell’energia locali. Vale qui la pena di ricordare le isole di Pantelleria, Giglio, Giannutri e Certosa. Attraverso modifiche non impattanti alle nostre reti potremo portare la fibra ottica in zone remote, dando un servizio utile ai territori. Metteremo in cantiere progetti sperimentali con il mondo agricolo, con l’obiettivo di studiare modelli di gestione smart della risorsa idrica tra agricoltura e rete elettrica, per massimizzare l’efficienza dell’uso di una risorsa così preziosa e sempre più scarsa. E: Che programmi avete riguardo alla razionalizzazione della rete? CB: Realizzeremo oltre 1.200 km di nuove linee, con minimizzazione dell’impatto visivo e demolendo le strutture ormai obsolete. Dal 2010 abbiamo rimosso oltre 1.000 km di vecchi elettrodotti, dei quali circa 100 solo nel 2017, restituendo 115 lotti di terreni ai rispettivi proprietari. A conferma della sempre maggiore attenzione nei confronti degli stakeholder e del territorio, Terna ha programmato la costruzione di diverse linee in cavo, terrestre o sottomarino. Consideri che il 70% dei nuovi investimenti sarà sostenibile, soprattutto perché risolverà le congestioni, migliorerà la qualità del servizio e anche l’impatto ambientale e visivo. Il contributo in termini di risparmio di CO2 nel superare il problema dei colli di bottiglia vale intorno agli 8-9 milioni di tonnellate. E: Quando sarà completa l’integrazione della rete di trasmissione italiana con quella europea? CB: L’obiettivo per raggiungere l’Energy Union è arrivare al 10% di interconnessione entro il 2020 (rapporto tra capacità di scambio e installata). Attualmente l’Italia ha raggiunto quasi il 9% del valore e può vantare una delle frontiere elettriche più robuste del continente, con 25 linee che ci collegano ai paesi vicini. Ma non basta, perché nel contesto di transizione energetica in atto le reti elettriche assumono un ruolo ancor più centrale rispetto al passato. Infatti, nel suo piano, Terna ha programmato 5,3 miliardi di euro di investimenti in Italia, di cui circa 2,8 miliardi relativi proprio allo sviluppo della rete elettrica nazionale e a interventi per incrementare ulteriormente le interconnessioni. Si tratta di progetti che mettono l’Italia al centro del sistema nord continentale, balcanico ed euro mediterraneo, per aumentare la capacità di scambio e facilitare l’integrazione dei mercati a livello continentale. E: Quali nuovi business sostenibili legati al settore elettrico possono vedere la luce nei prossimi anni?

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CB: Transizione energetica vuol dire sviluppo: bisogna saper cogliere le opportunità di valorizzazione e di rigenerazione dei nostri territori che l’innovazione e l’evoluzione tecnologica ci offrono. Penso soprattutto alla maggior diffusione e integrazione delle rinnovabili, all’efficienza energetica e ai veicoli elettrici, ma anche alla digitalizzazione e ai sistemi per accumulare l’elettricità. Un sistema elettrico centrato su rinnovabili e prosumer sarà la normalità: la decarbonizzazione è un traguardo fondamentale e il vettore elettrico è pulito, sostenibile, sicuro e competitivo. Sull’uso efficiente delle risorse, a mio parere, potranno giocare un ruolo importante i progetti di interconnessione tra infrastrutture quali rete elettrica, reti idriche, reti ICT e trasporti. E: A che punto è oggi l’Italia con il rispetto degli obiettivi climatici fissati dall’Agenda dell’Onu al 2030? Li ritiene raggiungibili? CB: Sono obiettivi sfidanti, ma alla portata. Nelle rinnovabili siamo già tra i paesi più virtuosi al mondo: dal 2014 abbiamo superato il target fissato dall’Ue come quota di energie pulite sui consumi finali. Nello specifico, il fotovoltaico nel 2017 ha registrato il record storico, coprendo quasi il 9% della produzione netta totale, con previsioni di ulteriore crescita che rendono le reti ancor più indispensabili per raggiungere gli obiettivi. Le attività e le strategie di Terna sono pienamente coerenti con gli obiettivi dell’Onu: la società ha destinato circa il 90% dei suoi investimenti in questa direzione. I goal 7 (“Energia pulita e sostenibile”), 9 (“Innovazione e infrastrutture”), 13 (“Agire per il clima”) e 17 (consolidare le partnership pubbliche e private per l’implementazione degli SDGs) sono i pilastri del nostro piano strategico e daranno un contributo al raggiungimento dei target di sviluppo sostenibile nazionali, europei e mondiali.



primo piano Il futuro di A2A

Economia circolare, Fer e tanto altro A COLLOQUIO CON LUCA VALERIO CAMERANO Ad di A2A

di Goffredo Galeazzi

Luca Valerio Camerano - Ad di A2A

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E: Con Luca Valerio Camerano, Ad di A2A, parliamo del nuovo piano industriale per affrontare il futuro delle multi utility. Al 2022 arriverà un A2A più “verde”, grazie a investimenti per 2,8 miliardi in 5 anni. Un piano che indica A2A quale operatore di riferimento per i servizi pubblici per il Nord Italia, visto che l’obiettivo è replicare il modello già sperimentato con successo con Linea Group e, in dirittura d’arrivo, con la Multiutility del Nord. È il futuro delle grandi utility che offriranno più servizi alla clientela e punteranno meno sulla vendita di elettricità e gas? LVC: Il riassunto dei numeri è molto accurato e rappresenta le macro dimensioni del nostro piano industriale che si svilupperà secondo le linee di crescita industriali organiche e non. Anche il modello della multiutility dei territori avrà il suo ruolo chiave, ovvero partnership con le altre realtà a cui noi pensiamo di poter aggiungere valore industriale. In termini più prospettici nel piano abbiamo coniato un nuovo framework strategico che ci accompagnerà nel prossimo futuro e ci permetterà di allineare i nostri business con i principali trend visibili su scala globale. T-E-C sono le tre linee guida strategiche: T Trasformazione: rafforzamento e cambiamento dei business di riferimento, con un focus nella costruzione di una posizione di vantaggio competitivo nelle energie rinnovabili, nell’economia

circolare, nelle reti smart, e nei servizi innovativi per i clienti finali; E - Eccellenza: agilità dell’organizzazione, eccellenza operativa ed efficienza dei processi; C - Community: attrazione e valorizzazione delle nostre persone e pieno coinvolgimento dell’ecosistema esterno, soprattutto sui temi dell’innovazione. Nel definire questo framework abbiamo osservato quali sono i trend di mercato che ci impatteranno e metteranno in discussione il modello di business attuale, in particolare: la transizione energetica verso fonti rinnovabili che diventano più competitive; lo sviluppo di servizi Smart che dipende dalla crescente disponibilità di dati e dalla capacità di analizzarli attraverso i sistemi di intelligenza artificiale e machine learning; la necessità di gestione delle risorse naturali che sono limitate per definizione. Noi riteniamo di avere tutte le carte in regola per poter cavalcare questi trend e abbiamo definito azioni ambiziose di trasformazione. Per fare qualche esempio concreto, nella generazione abbiamo intenzione di indirizzare il nostro portafoglio verso un mix più verde aumentando il numero di impianti da Fer, con operazioni di acquisizioni e nuove realizzazioni industriali e incrementando la potenza installata di circa 170 MW. Va detto che queste fonti hanno un grado di imprevedibilità dal punto di vista dei volumi produttivi, ma beneficiano di modelli di vendita più o meno

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regolati (es. feed in tariff, Power Purchase Agreement) e di una maggiore stabilità produttiva nel caso di un ampio portafoglio impianti ben diversificato sul territorio; questo, insieme ad altre azioni che stiamo portando avanti nella filiera ambientale e nelle reti permetterà di ridurre la volatilità complessiva del business. Nella nuova Business Unit Mercato ci siamo dati l’obiettivo di migliorare l'efficacia commerciale attraverso il perseguimento di logiche di customer centricity e di sviluppo di servizi per i clienti, con il principale scopo di ampliare l’offerta sui servizi innovativi legati alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica, alla mobilità elettrica e all’Internet of Things. Nella BU Ambiente intendiamo consolidare il cambiamento della percezione che i rifiuti siano una risorsa preziosa e non uno scarto (“da rifiuto a commodity”). Quindi gli sviluppi principali riguarderanno l’ampliamento della capacità di trattamento rifiuti con la realizzazione di nuovi impianti per il recupero di materia. Solo così si potranno rispettare i dettami della disciplina comunitaria che ha definito l’obiettivo di ridurre a meno del 10% gli smaltimenti in discarica e di raggiungere il 65% di raccolta differenziata. Oltre a lavorare sul Business stiamo facendo anche un significativo lavoro di trasformazione nell’ottica di rendere eccellenti i nostri processi rafforzando al contempo anche le competenze delle nostre persone, inoltre abbiamo attivato numerose collaborazioni con l’esterno nella logica di avere sempre maggiore accesso all’ecosistema delle start up lombarde soprattutto sui temi dell’innovazione.

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E: In occasione della presentazione del piano, lei ha indicato tre driver: una rilevante crescita “sia organica sia da M&A”; una forte attenzione al tema della transizione energetica, puntando all’economia circolare; uno sforzo importante sulle Fer. Alla fine che A2A sarà? LVC: L’obiettivo è quello di creare un’azienda capace di generare valore in modo sinergico tra i diversi business. Noi riteniamo che lo sviluppo passerà in primo luogo dall’espansione delle città, dal momento che la popolazione urbana crescerà al 2030 di più di 1 miliardo di persone. Questo genera una pressione significativa sugli asset cittadini evidenziando il fenomeno della scarsità di risorse (suolo, risorsa idrica, gestione dei rifiuti).


Bisogna essere in grado di creare una vera “Smart City”, per ottimizzare tutti i servizi e rendere più vivibili le nostre città. Venendo ai numeri, alla fine del piano A2A si troverà ad essere il primo player di economia circolare del nord Italia, raggiungendo una percentuale di raccolta differenziata maggiore del 65%, anticipando gli obiettivi del Circular Economy Pack Ue. Dal punto di vista energetico saremo tra i primi player nazionali per produzione di energia da fonti rinnovabili facendo leva sulla nostra già grande capacità idro e affiancandola al nuovo portafoglio fotovoltaico. Sul mercato avremo un portafoglio di servizi molto più ampio per offrire una customer experience nuova che vada oltre alla vendita di energia e gas.

E: Per quanto riguarda le rinnovabili, lei ha indicato un focus quasi tutto sul solare, non considerando però ancora il maxi pacchetto fv di RTR messo in vendita da Terra Firma a cui siete interessati. Inoltre A2A ha dato vita a A2A Rinnovabili acquisendo impianti fv. Quali sono le prospettive? LVC: Negli ultimi mesi abbiamo messo a segno una serie di acquisizioni di veicoli contenenti impianti fv per un totale di base installata pari a circa 50 MW. Questo colloca A2A già fra i primi 20 player italiani nel fv. Per il futuro, nel piano industriale abbiamo inserito altri 500 milioni di investimenti nelle Fer per affermarci tra i primi player italiani del settore ancora frammentato. Il raggiungimento dei nostri target di 230-250 MW installati ci posizionerebbe su una scala considerevole per sviluppare tutti i servizi connessi alla gestione degli impianti fv, diventando anche sviluppatori di nuovi impianti. Per concludere riaffermiamo che RTR è un dossier che stiamo studiando attentamente e in logica di accelerazione del nostro piano di sviluppo. E: Il nuovo piano industriale intende segnare la differenza rispetto a competitor e rappresentare un modello per tutto il settore dei pubblici servizi. Un modello originale, quello della Multiutility dei Territori, che delinea una strategia di consolidamento del settore. È questo il futuro di A2A? LVC: Il contesto delle utilities appare caratterizzato da elementi di significativa discontinuità nei prossimi anni: termine del regime tariffario regolato di vendita gas e di elettricità, sviluppo delle gare d’Ambito nella distribuzione gas, affidamento in gara dei servizi di igiene urbana, uscita dal servizio idrico integrato delle utilities tradizionali, crescente concentrazione degli operatori della vendita e aumento della dimensione minima per competere. Tutte queste sfide sono più facilmente gestibili da operatori con l’adeguata struttura industriale, caratterizzati da solidi processi operativi, competenza tecnica specifica e scala dimensionale per valorizzare gli investimenti in tecnologia e soluzioni digitali. Da tempo, rappresentiamo la nostra visione sulla necessità di un consolidamento del settore che riesca a coniugare l’efficienza e la competenza di un grande gruppo come A2A con il presidio e il riconoscimento dei valori di vicinanza tipici dei player storici presenti sul territorio. Abbiamo chiamato questo modello di aggregazione la “Multiutility dei Territori”. Questo modello in LGH ha permesso di raggiungere già significativi risultati: l’Ebitda è cresciuto di circa il 14%; sono state fatte significative efficienze, inoltre il debito è diminuito e sono cresciuti gli investimenti del 20%. La partnership ha mostrato la capacità di creare valore. Nei prossimi mesi si completerà il percorso di aggregazione della Multi Utility del Nord sotto ACSM-AGAM. In futuro siamo aperti a valutare altre opportunità di questo tipo perché riteniamo che sia il modo migliore per creare un gruppo solido che sappia affrontare le sfide dell’innovazione tecnologica.

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Clima, modificare le abitudini o non ci si salva piĂš CONVERSAZIONE CON DAVIDE TABARELLI Presidente Nomisma Energia

Davide Tabarelli - Presidente Nomisma Energia

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di Claudio Ramoni

Dalla lotta ai cambiamenti climatici alla crescente domanda di energia globale, dalla transizione energetica al 2050 alle rinnovabili, passando per la politica dell’Unione europea e i prezzi dell’energia. Sono alcuni dei temi affrontati da Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia. E: La lotta ai cambiamenti climatici è nelle agende dei governi, ma come soddisfare la crescente domanda globale di energia riducendo al contempo le emissioni di gas serra, seguendo quanto stabilito nella COP21? DT: Siamo in una trappola: o gli scienziati si sono sbagliati sul cambiamento climatico - il che non è nemmeno da pensare - oppure moriremo tutti a causa dell’effetto serra, perché la crescita delle emissioni di CO2 non si ferma. La domanda di

energia nel mondo continua a salire e questa si scarica sempre sui fossili, gas, petrolio e soprattutto carbone. Ci sono miliardi di persone che non hanno accesso all’energia come la conosciamo noi, quella moderna che noi ricchi oggi vogliamo abbandonare. Nel mondo, quello della maggioranza della popolazione, quella povera, ci sono emergenze più urgenti del cambiamento climatico. Faccio un esempio, uno dei tanti. In Africa il combustibile più impiegato è il carbone di legna, uguale a quello che noi utilizziamo la domenica per fare le grigliate; lo bruciano in ambienti senza areazione, in stufe improvvisate, e respirano il fumo, il particolato che ne esce, cosa che causa milioni di morti premature ogni anno. Per produrlo abbattono alberi, deforestano molte aree. Avessero del semplice gas in bombole, del Gpl, già sarebbe un miglioramento ambientale gigantesco. Sperare che gli scienziati si siano sbagliati, però, è illusorio. Il problema del cambiamento climatico esiste e sforzarci per ridurre le emissioni è un obbligo, per quanto difficile. Non ho una soluzione, ma molte azioni di cui si parla tanto sono troppo facili e non mi convincono.

Prezzi elettricità all'industria in Europa Primo semestre 2017 Consumi fra 2 e 20 GWh anno € cent/kWh Italy Cyprus Germany Malta UK Slovakia Latvia Ireland Portugal Euro area EU 27 Belgium Greece Spain Austria Denmark France Netherlands Estonia Poland Croatia Lithuania Romani Hungary Bulg Slovenia Luxembourg Finland Czech Republic Sweden 0

netto tasse

0,05

0,1

0,15

tasse e oneri non recuperabili

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E: Come gestire la transizione energetica al 2050? Quali le scelte possibili rapportate alla necessità di tutelare l’ambiente, ma anche la sicurezza energetica, il lavoro e l’industria?

E: Come sta evolvendo il sistema energetico italiano? Come giudica i risultati ottenuti nel 2017 e come si sta sviluppando il 2018 in tema di rinnovabili ed efficienza energetica?

DT: In Europa è in corso una rivoluzione - chiamata transizione, in maniera più elegante - fatta di grandi e ambiziosi obiettivi, tanto belli da annunciare, quanto difficilissimi da raggiungere e che richiedono modifiche radicali nelle abitudini della gente. Si ricorre ai grandi proclami che poi diventano obiettivi, spacciati come frutto di analisi approfondite sui costi, ma che in realtà sono irrealistici. Così è per la decarbonizzazione al 2050, certamente possibile, ma che sta portando gran parte dell’Europa a una progressiva deindustrializzazione, mentre aumenterà, con la chiusura del carbone in Germania e del nucleare in Francia, la dipendenza dal gas proveniente dalla Russia.

DT: Consumi piatti, da Paese dove la crescita economica è asfittica e in ritardo rispetto al resto d’Europa. È un sistema energetico statico, certo con un forte aumento delle rinnovabili fino al 2015 ma che ora si è stabilizzato. Rimangono inalterate oggi, come 30 o 50 anni fa, alcune debolezze strutturali: l’alta dipendenza dalle importazioni di gas e petrolio, i prezzi più alti dell’energia elettrica, il sistema elettrico dipendente dalle importazioni dalla Francia.

E: Quali i progressi ottenuti dal pacchetto Energia pulita dell’Unione Europea in materia di efficienza energetica, rinnovabili, politica UE e cooperazione tra gli Stati membri? DT: Sono stati ottenuti grandi risultati. L’Europa, continente profondamente diviso, deve trovare dei collanti per le sue politiche, e quelli delle politiche energetiche e ambientali sono tra i pochi ambiti che riescono ad unire. È infatti più facile essere d’accordo sull’energia verde, sulla liberalizzazione dell’energia, sulla realizzazione dell’Unione dell’Energia che sulle politiche delle immigrazioni, del lavoro o della fiscalità. E: Tra gli obiettivi della SEN 2017 relativi alle fonti rinnovabili, il raggiungimento del 28% di rinnovabili sui consumi complessivi al 2030, rinnovabili elettriche al 55%, rinnovabili termiche al 30% e rinnovabili trasporti al 21%. Si tratta di target raggiungibili? DT: Pensando alla facilità con cui abbiamo raggiunto il 17% al 2020, traguardato con 5 anni d’anticipo, verrebbe da dire che ‘ovviamente ce la faremo’ e che anzi hanno ragione gli ambientalisti che chiedono obiettivi ancora più ambiziosi. Credo che invece sarà difficile, come lo dimostrano gli ultimi anni. Senza incentivi, infatti, le rinnovabili fanno fatica, nonostante il crollo dei costi. Poi c’è il problema delle reti e degli investimenti necessari, anche per la probabile chiusura del carbone. Nel 2014, grazie all’idroelettrico, le rinnovabili hanno raggiunto la quota del 40%, ma l’idro è destinato a scendere sensibilmente per le nuove regole. Rinnovabili termiche al 30%? Si, ma allora dobbiamo affrontare prima il problema del particolato da pellet e legna. 21% nei trasporti? Molto difficile, quasi impossibile. Sono tutti obiettivi in termini percentuali: se il denominatore scende, come accaduto negli ultimi dieci anni, allora diventa più facile, ma se scende vuole dire che consumiamo meno e questo accade un po’ per efficienza, ben venga, ma soprattutto perché l’Italia si sta impoverendo drammaticamente rispetto al resto dei Paesi industrializzati.

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E: I prezzi dell’energia elettrica nella prima parte dell’anno sono calati grazie al crollo dei prezzi all’ingrosso, ma rimangono fra i più alti all’interno dell’UE. Come può l'Italia ridurre il gap con gli altri Paesi europei? DT: Impossibile ormai ridurli, ci abbiamo provato per 50 anni. Già sarà un buon risultato se il differenziale non aumenterà, cosa che trovo difficile. La speranza, come accaduto con la Germania, almeno sui piccoli consumatori, è che aumentino più all’estero. Se veramente la Germania abbandonerà il carbone, come ha recentemente annunciato, e chiuderà entro il 2022 le centrali nucleari, allora i prezzi tedeschi aumenteranno. Lo stesso accadrà in Francia con il nucleare. E: Quanto è importante incrementare le risorse pubbliche per ricerca e sviluppo tecnologico in ambito clean energy? DT: Incrementare le spese pubbliche in Italia è impossibile, per il debito gigantesco accumulato in passato. Meglio pensare a mettere ordine nel flusso di finanziamenti alle società pubbliche che abbiamo. Di cose positive se ne stanno facendo con RSE, con l’ENEA, con il CNR e con le Università. Poi ci sono tutti i poli tecnologici regionali, dove l’energia è tema trasversale dominante. La ricerca è uno specchio del Paese: tante eccellenze, ma disperse, frammentate, a volte dimenticate, e pochissimo sistema.


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La scommessa verde di Hera IL PARERE DI STEFANO VENIER Amministratore delegato Gruppo Hera

Stefano Venier - Amministratore delegato Gruppo Hera

di Tommaso Tetro

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E: L’economia circolare è già realtà per Hera? SV: Per noi è un discorso che parte da lontano: pensiamo di aver giocato un ruolo di battistrada su alcuni fronti. D’altra parte cambiamenti climatici, innovazione tecnologica ed evoluzione dei modelli di business stanno imponendo forti accelerazioni, e il nostro impegno per l’economia circolare va esattamente in questa direzione. L’entità di questo impegno ci ha portato a essere il primo gruppo industriale italiano a entrare nel CE100, il network della Fondazione Ellen MacArthur che riunisce le 100 realtà più attive a livello mondiale nella transizione verso l’economia circolare. Uno degli aspetti centrali è ovviamente quello della gestione dei rifiuti, con il superamento dell’economia lineare e l’estensione del ciclo di vita dei beni. Su questo fronte, un ruolo fondamentale è giocato dalle nostre infrastrutture - oltre 90 impianti – un ambito nel quale il Paese mostra gravi carenze che non giovano a una transizione di questa rilevanza. C'è grande attenzione al tema dell’organico e della plastica, dove grazie all’acquisizione di una primaria realtà come Aliplast abbiamo rimesso sul mercato – nel solo 2017 – oltre 100 mila tonnellate di plastica sotto forma di nuovi prodotti. Rispetto ai rifiuti organici possiamo citare i biodigestori ma anche l’impianto per la produzione di biometano che stiamo

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realizzando a Sant’Agata Bolognese. Si tratta di evoluzioni industriali importanti, che adesso ci permettono di essere attivi in entrambi i cicli – quello biologico e quello tecnico - previsti dal “modello a farfalla sulla circolarità” sviluppato dalla MacArthur. A questo si aggiungono i progetti di lotta agli sprechi, ad esempio per il riuso degli ingombranti e dei farmaci non scaduti, nonché il recupero delle eccedenze alimentari. Ma in questa transizione è anche importante puntare su una progettazione sostenibile, condotta secondo i criteri dell’ecodesign. Come dimostrano i nostri progetti per l’illuminazione pubblica presentati al Ministero dell’Ambiente. E: Tutela dell’ambiente, decarbonizzazione, rinnovabili. In che modo Hera punta su questi tre capisaldi? SV: Per noi vuol dire lavorare su 5 dei 17 obiettivi indicati dall’ONU, che abbiamo declinato nella nostra strategia come “utilizzo intelligente dell’energia” e “uso efficiente delle risorse”. Nel primo caso sviluppo delle rinnovabili ed efficientamento energetico sono direttrici imprescindibili, su cui vogliamo essere d'esempio. Per questo le attività del Gruppo sono alimentate da energia elettrica proveniente al 100% da fonti rinnovabili, e il 68% dell’energia che produciamo viene da


fonti rinnovabili o assimilate. Siamo inoltre impegnati nel Carbon Disclosure Project e stiamo riducendo l’impronta di carbonio delle nostre attività: -16% rispetto al 2015 lo scorso anno, riduzione che contiamo di portare al 22% entro il 2021. Attraverso numerosi interventi di efficienza energetica a fine 2017 siamo riusciti a contenere del 3,6% i nostri consumi rispetto al 2013, avvicinandoci al 5% fissato per il 2020. Forti di sette società già dotate della certificazione ISO 50001, lavoriamo anche per l’efficienza energetica di Pubblica amministrazione, condomini e aziende, con oltre 140 progetti già sviluppati. L’uso efficiente delle risorse interessa anche il ciclo idrico, dove gli sforzi si concentrano nella preservazione della risorsa e del mare Adriatico. I nostri fiori all’occhiello sono rappresentati dagli interventi di Trieste e Rimini: il nuovo depuratore di Servola e il piano per la salvaguardia della balneazione della costa riminese, che con 150 milioni di investimenti rappresenta la più grande opera di risanamento fognario in atto in Italia e forse in Europa. Le più importanti azioni sulla preservazione della risorsa idrica riguardano la ricerca delle perdite lungo la rete, anche attraverso l’integrazione di tecnologie innovative come il satellite, e l’attivazione di misure volte a prevenire i rischi dovuti ai periodi di siccità e a garantire la qualità dell’acqua, con i Water Safety Plan. E: A che punto è la filiera industriale dei rifiuti? SV: Abbiamo ancora ridotto il ricorso alla discarica, scendendo al 7%, e superando l’obiettivo europeo del 10% al 2035. Sul riciclo degli imballaggi siamo già al 68%, anche qui oltre l’obiettivo Ue del 65% al 2025. Un altro aspetto rilevante riguarda il trattamento dei rifiuti differenziati dai cittadini, portati a recupero al 94,6% . E: Il ‘vostro’ biometano. SV: Da anni produciamo biogas a partire dall’organico, ma finora ne ottenevamo solo energia elettrica rinnovabile. Con l’impianto di Sant’Agata Bolognese, invece, oltre a produrre 20.000 tonnellate di compost all’anno, presto potremo ricavare 7,5 milioni di metri cubi di biometano, utili per alimentare i consumi domestici e i veicoli a metano pubblici e privati. Questo ci permetterà di risparmiare ogni anno 6 mila tonnellate equivalenti di petrolio, evitando l’emissione di 14.600 tonnellate di CO2. L’impianto, che a regime tratterà 135.000 tonnellate di rifiuti, rappresenta solo un primo passo che cercheremo

di replicare in un territorio fortemente vocato al settore agroindustriale e alimentare. Il tutto anche nell’interesse della strategia energetica nazionale e regionale. E: Quando potrà definirsi una scommessa vinta quella che state portando avanti? SV: Investiamo da anni nella sostenibilità e di recente abbiamo cominciato a rendicontare il valore condiviso, cioè le attività che producono margini per l’azienda e al contempo rispondono a 10 degli obiettivi dell’Agenda ONU, oltre che ad altre 45 priorità per il cambiamento. Per il solo 2017 il margine operativo lordo a valore condiviso è stato di circa 330 milioni di euro, pari a 1/3 del Mol complessivo, in incremento del 10% rispetto all’anno precedente, con l’obiettivo di salire al 40% al 2021. La strada da fare è ancora lunga, ma le premesse ci sono tutte, a partire da idee chiare e obiettivi ambiziosi, che includono un crescente coinvolgimento del territorio e di tutti i suoi attori di riferimento, dai cittadini alle imprese passando per la Pubblica amministrazione. E: Il contributo di Hera alla lotta allo smog? SV: Del biometano già ho detto, ma nella lotta allo smog rientra anche l' impegno per l’efficienza energetica. Le emissioni dei nostri impianti, inoltre, sono molto contenute, in media inferiori dell'86% ai limiti di legge. Un ulteriore miglioramento sul fronte della qualità dell’aria è dato dai sistemi di teleriscaldamento, che si giovano anche della geotermia, e su cui continueremo a investire. Più in generale desideriamo porci al fianco delle pubbliche amministrazioni per sviluppare il concetto di Circular Smart City: sono proprio le città, infatti, a consumare il 75% delle risorse e dell’energia, e a emettere fino all’80% dei gas serra. Una città che vuole essere sostenibile, dunque, non può essere solo “smart”, ma deve abbracciare un modello circolare per riuscire a restituire una prospettiva di lungo periodo e condizioni di salute adeguate. Per noi il modello della Circular Smart City consiste proprio in questo: una stessa prospettiva rigenerativa che tiene assieme smart city, circular city e salute.

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Mercato libero? SĂŹ, ma con garanzie per il consumatore A TU PER TU CON CARLO DE MASI Presidente Adiconsum

di Ilaria Proietti

Carlo De Masi - Presidente Adiconsum

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E: Il prossimo anno si realizzerà il mercato libero dell’energia. Cosa ne pensa? CDM: Il mercato è già libero dal 2009, ma è significativo che 17 milioni di famiglie e 3 milioni di piccole e medie imprese utilizzino ancora contratti a maggior tutela. Evidentemente sussistono forti resistenze e abbiamo il dovere di interrogarci sul perché. Una transizione di tali proporzioni andava - e va governata, mentre questi dati dicono che non ci si è creduto o badato abbastanza. E del resto chi è passato al mercato libero non ha affatto risparmiato, anzi. E: Ma cosa spinge i consumatori a non assecondare questo processo? CDM: Principalmente la diffidenza: non si lascia un fornitore storico, che ha dimostrato affidabilità nel tempo, per un futuro incerto. Naturalmente pesa anche un altro tipo di incertezza, ossia quella legata alla conferma o meno della scadenza del 2019 da parte del nuovo governo. E: Pensate ad una nuova proroga? CDM: Questo percorso va monitorato con attenzione: francamente siamo ancora all’anno zero in termini di garanzie di sistema. Nel caso in cui non dovessero essere realizzate le condizioni di sicurezza richieste, non possiamo escludere la richiesta di un’ulteriore proroga. E: Cosa è mancato finora? CDM: Innanzitutto un’attività informativa e formativa istituzionale che veda coinvolte le aziende e le associazioni dei consumatori. Poi è mancata una selezione seria: ad oggi si sono qualificate circa 1.000 agenzie per la vendita di energia, a fronte di una decina appena di operatori, ad esempio, emersi dal processo di liberalizzazione che ha interessato il settore della telefonia. In questa giungla è facile che il consumatore incorra in situazioni incresciose, come peraltro già accaduto con il fallimento di alcuni di questi soggetti. Per questo chiediamo che vengano fornite dalle imprese di vendita, fideiussioni bancarie o polizze assicurative adeguate al volume di affari e alla fetta di mercato man mano acquisito. Insomma il primo step è quello di scongiurare che il consumatore sia penalizzato o peggio raggirato. Poi in un secondo momento si porrà la questione di come scegliere l’offerta migliore. Ma il 2019 è domani e siamo ancora indietro. E: Quali modifiche occorrono dal lato istituzionale? CDM: Riteniamo che vada riposizionato il ruolo dell’Acquirente Unico a cui deve rimanere affidata la tenuta del Sistema Informativo Integrato, oltre alla gestione di terzietà dell’eventuale contenzioso, nonché la garanzia di fornitura per le famiglie in povertà energetica. Sono circa 5,5 milioni le famiglie in povertà energetica, ossia non in grado di pagare le bollette. Finora è stata contrastata dallo Stato, attraverso bonus sociali, il cui accesso è troppo farraginoso e va semplificato per renderli più accessibili. Oltre a questo, come Adiconsum, abbiamo proposto un Fondo sociale finanziato con le giacenze di fine anno della bolletta elettrica (spesso utilizzate per altri settori), arrotondamenti dei centesimi in bolletta e una forma di energia sospesa (chi può paga qualcosa per chi è in difficoltà).

E: E poi cos’altro serve? CDM: I problemi vanno evitati a monte e dobbiamo lavorare in questa direzione: gli operatori devono essere più affidabili e trasparenti e il cittadino deve essere il primo stakeholder delle aziende. Ma l’Italia, sia per legislazione che per mentalità, non ha ancora raggiunto uno standard di livello europeo in termini di tutela dei consumatori. E in questo senso va pure rivisto il nostro mondo, con una riforma delle associazioni dei consumatori, perché non tutte puntano a prevenire i conflitti, ma a cavalcarlo. E tutto questo in uno scenario in cui accanto alle truffe, si moltiplicano le segnalazioni che sempre più spesso riguardano le difficoltà di avere rapporti di qualità con le aziende: mi riferisco ai disservizi dei call center, ai numeri a pagamento, più in generale a tutto quello che dovrebbe riguardare la cura del cliente. E: Ma secondo Adiconsum la fine del mercato tutelato porterà risparmi per le famiglie? CDM: Il principio generale delle liberalizzazioni e il loro fine ultimo dovrebbe essere il minor prezzo dei servizi. Ma se è vero che il mercato dell’energia è molto contendibile, i margini di diminuzione delle bollette sono assai esigui perché sulla struttura tariffaria pesano una serie di voci, come le accise, su cui gli operatori non possono incidere. Se le offerte diventeranno allettanti, è perché si tenterà nel contempo di propinare servizi aggiuntivi che però potrebbero risultare non utili per i consumatori: per questo chiediamo che le forniture siano svincolate da questi prodotti. E: Si tratta di una visione assai pessimistica… CDM: In questo settore è in corso una vera rivoluzione, dovuta alla nuova Strategia Energetica Nazionale, all’installazione dei contatori di nuova generazione (c.d.elettronici) al fatto che il consumatore è sempre più produttore e, quindi, venditore di energia. Tutto questo sta avvenendo in un quadro profondamente mutato, rispetto ai modelli di consumo precedenti: le aziende sono sempre più aggressive e i clienti tendenzialmente più spregiudicati rispetto al passato. Ebbene, nonostante questi cambiamenti epocali, non siamo ancora in grado di assicurare una tutela degna di questo nome rispetto al tema della custodia dei dati. Il Garante della Privacy deve assolutamente impedire alle aziende di cedere i dati dei consumatori che oggi vengono chiamati persino al cellulare: si tratta di pratiche commerciali scorrette e lesive della privacy degli utenti che confermano l’esistenza di un vero e proprio business dei dati profilati. Il mercato dell'energia Le famiglie in milioni

59%

MAGGIOR TUTELA

41%

MERCATO LIBERO

17,3 11,8

Fonte: Relazione annuale 2017 dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente

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Speciale

La Cina va "al verde" di Giacomo Giuliani e Maurizio Godart

La Cina ci ripensa. Dopo la potente crescita economica e industriale che ha mutato il volto del grande Stato orientale portando sì progresso ma anche un forte inquinamento ambientale, il paese “maocapitalista” fa dietrofront e vara uno dei più grandi “piani verdi” mai concepiti. Infatti sarà proprio la Cina a dominare il mercato delle tecnologie rinnovabili nei prossimi decenni, mentre gli USA, parzialmente frenati dall’abbandono voluto dal Presidente Trump degli Accordi sul clima di Parigi, sembrano arretrare. I massicci sforzi fatti in un mercato ritenuto strategico stanno portando i loro frutti: negli ultimi cinque anni l’investimento cinese è cresciuto da 39 miliardi di dollari a quasi 111 miliardi di dollari, arrivando ad una crescita di 168 volte dell’energia solare e al quadruplicamento di quella eolica. Dal 2014 Pechino genera la stessa quantità di energia idroelettrica, solare ed eolica di Francia e Germania messe insieme. Ad ogni modo non mancano le contraddizioni: i cinesi restano i maggiori emettitori di gas serra e continuano ad investire nella costruzione di impianti a carbone o di centrali elettriche alimentate da fonti fossili responsabili di circa il 50% dell’inquinamento e dei tre quarti di emissioni di CO2. Fino al 2030 tali emissioni non sembrano destinate a ridursi in termini assoluti, solo dopo questa data la crescita

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delle rinnovabili potrà fare concretamente da argine a questo sistema così dannoso per i cittadini e per l'ambiente dell’intero pianeta. Sempre a proposito di contraddizioni c’è un’altra particolarità da evidenziare: coloro che lodano la Cina per la svolta green, sono i primi ad aver imposto in Occidente una rigida politica anti-dumping legata all’economia verde, soprattutto sui prodotti fotovoltaici. Gli investimenti pubblici e gli incentivi cinesi al settore hanno portato a un aumento vertiginoso della produzione e alla messa sul mercato di prodotti a prezzi super-competitivi. Questo fenomeno ha costretto alla chiusura moltissime aziende di settore americane ed europee, creando l’esigenza di erigere barriere commerciali piuttosto rigide per non mandare completamente in tilt il mercato.


I MOTIVI DI UNA DOMANDA CRESCENTE La lotta al cambiamento climatico è uno dei motivi che spinge la Cina a correre verso le rinnovabili, ma non certamente l’unico. Il potere centrale cinese sta seguendo una sua idea originale di sviluppo del paese, perché si è convinto che se avesse continuato sulla strada dei combustibili fossili, imboccata circa 200 anni fa dalle potenze occidentali, sarebbe avvenuto un disastro. La loro ricerca di petrolio, carbone e gas sul mercato mondiale nel tempo avrebbe - infatti - fatto schizzare i prezzi di queste risorse alle stelle e prodotto tali tensioni geopolitiche da destabilizzare la pace mondiale, già messa per mille motivi a durissima prova. Quei commerci internazionali, fondamentali per dare al gigante asiatico una vita decente ai suoi numerosissimi abitanti, sarebbero stati distrutti dalle tensioni tra super potenze. Senza pensare poi, all’enorme indotto occupazionale del settore verde, la cui manodopera impiegata è numerosissima, seppur in condizioni contrattuali ancora molto svantaggiate rispetto a quelle dei lavoratori occidentali con le medesime competenze. La scelta della green economy non è stata un azzardo, ma un calcolo economico e geopolitico ponderato e razionale, e nel tempo darà sempre più risultati strabilianti, fino al superamento e all’archiviazione dell’era del carbone.

IL CONTESTO La rivoluzione delle rinnovabili che sta avvenendo in Cina è sicuramente dovuta a uno Stato forte, tendente all’autoritarismo, in grado di programmare l’economia sul lungo termine con coerenza e sistematicità. Con l’ultimo Piano quinquennale per l’energia Pechino ha stanziato circa 340 miliardi di dollari per progetti di ottimizzazione energetica, fissando come primo obiettivo una produzione del 30% dell’elettricità da fonti non fossili e una riduzione delle emissioni di CO2 del 17%. Da una recente analisi delle polveri sottili, in oltre 22 tra metropoli e megalopoli sono state riscontrate percentuali allarmanti, e si stanno dunque affinando mezzi tecnologici di cattura di queste sostanze, ricerche in cui la Cina diverrà capofila mondiale. Lo Stato, forte della sua auctoritas indiscussa, impone per legge alle industrie che la produzione avvenga grazie al contributo di una quota consistente di energie non inquinanti. Nonostante le criticità presenti nelle grandi città, bisogna comunque sottolineare come il fenomeno dell’urbanizzazione di massa della popolazione cinese sia da un punto di vista ambientale estremamente positivo. Dando per buone le proiezioni governative, entro il 2030 il 70% della popolazione cinese vivrà nelle aree urbane e, di conseguenza, potrà far uso di tecniche di approvvigionamento energetico più pulite di quelle che si usano nelle popolosissime campagne, dove spadroneggia il carbone. È infatti indiscutibile che la grande ricerca attivata sulle rinnovabili concentri i suoi sforzi sui grandi, popolosi e più ricchi agglomerati urbani.

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PARADOSSI E FATTORI DI RISCHIO DELLA RIVOLUZIONE SOSTENIBILE La Cina oggi è il principale attore della transizione globale verso un futuro low - carbon. Un appeal che non è stato nemmeno scalfito dalla decisione di Pechino di ridurre i sussidi alle FER a fine 2016, che hanno decurtato del 19% le tariffe per gli impianti fotovoltaici e, a partire da quest’anno, del 15% per l’eolico. Detto questo, è comunque un paradosso che il sub continente rappresenti il capofila della lotta alle emissioni climalteranti in atmosfera poichè

il Paese della Grande Muraglia continua a dipendere in gran parte dalle fonti fossili. È recente la pubblicazione del Rapporto “Global Energy & CO2 Status” dell’IEA che ha confrontato i dati sull’evoluzione della domanda globale di energia con le emissioni di anidride carbonica e particolato nell’aria. Nel 2017 questa è raddoppiata rispetto al 2016, mentre le emissioni di CO2 sono salite dell’1,4% toccando una punta record di 32,5 gigatonnellate. Sullo scenario globale, l’aumento della domanda è appunto dovuta in gran parte alla Cina. Facciamo un passo indietro cercando di ripercorrere il cammino che ha portato la Cina alla situazione attuale. In realtà già dal 2009, grazie al programma “Sole d’oro”, Pechino aveva mosso i primi passi verso una rivoluzione green del proprio modello di sviluppo economico promuovendo finanziamenti del governo centrale per realizzare impianti fotovoltaici e non solo.

Gli obiettivi green

2020 2016

78 GW

110 GW

Solare

2020 2016

149 GW

Eolico

Fonte: World Energy - Eni

32

210 GW

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2020 2016

333 GW

380 GW

Idroelettrico


Capacità idroelettrica nel mondo 31,5 GW di capacità totale aggiunta nel 2016 per regione (compresi 6,4 GW relativi a stazioni di pompaggio) GW

11,7 (3,7)

9,7

3,4 (1,3)

2,4

1,8 (1,2)

1,3

1,1

CINA

SUD AMERICA

AFRICA

ASIA ORIENTALE E PACIFICO (CINA ESCLUSA)

EUROPA

ASIA MERIDIONALE E CENTRALE

NORD AMERICA

12 10 8 6 4 2 0

IL QUADRO NORMATIVO E LE NUOVE ESIGENZE Da allora molto è stato fatto a livello normativo, e quei primi timidi passi sono divenuti oggi grandi falcate all’insegna della sostenibilità energetica. Dalla Legge sulle energie rinnovabili della Repubblica Popolare Cinese, al Piano a medio - lungo termine per le FER, fino ad arrivare alle recenti Disposizioni per le politiche di sgravio fiscale sui veicoli a fonti pulite per il periodo 2016 - 2020. Un’analisi più attenta evidenzia però alcuni problemi alla base del sistema. I forti stimoli ad uno sviluppo economico più in linea con le esigenze ambientali, non sempre sono stati accompagnati da politiche in grado di stabilizzare il sistema produttivo ed energetico. Se l’export infatti è rallentato, riequilibrando la bilancia commerciale, e le disparità di reddito interno sono decisamente diminuite, non si è registrato un incremento sufficiente a spostare la crescita economica verso il miglioramento degli indicatori ambientali. Uno sviluppo impetuoso certamente, che non è però immune da fattori di rischio. Analisi di merito hanno evidenziato alcuni elementi in grado di limitare la “corsa verde” della Cina. Il più importante fra questi è rappresentato da una disomogeneità nello sviluppo dell’economia green; quella stabilita dal 13° Piano quinquennale. In molte regioni del sub continente, ad esempio, dotate di un’ampia capacità di produzione di

energia verde, è stato necessario costruire nuove centrali a gas e/o carbone come back-up per mantenere inalterati i livelli di generazione elettrica anche nei periodi di siccità. Inoltre la rete nazionale ha difficoltà a collegare le nuove fonti di energia, dovendo combattere congestioni di rete al fine di bilanciare il sistema. Questi fattori hanno causato il mancato utilizzo del 15% dell’energia prodotta dei parchi eolici e di addirittura il 31% di quella solare. Numeri impressionanti se paragonati alla situazione, di forte dipendenza energetica dall’estero, dell’ Italia. Il Global Wind Energy Council ha recentemente evidenziato uno spreco di energia eolica pari a 34 miliardi di kilowattora nel 2015, equivalente a quella necessaria ad alimentare più di 8 milioni di abitazioni in Gran Bretagna. Questo a causa del fatto che, rispetto alla potenza installata, almeno un terzo degli impianti non viene valorizzato a pieno, considerata la mancanza di reti di trasmissione in grado di fare arrivare l’energia elettrica generata in molte zone, più lontane dalle aree urbane del Paese. In tal senso va evidenziato che i produttori di energia hanno poco interesse a fare investimenti sulla rete infrastrutturale in quanto l’energia da fonti rinnovabili è ancora considerata troppo cara e non viene incentivata adeguatamente. Ma le ragioni di queste disomogeneità però sono molteplici e si possono riscontrare nell’assenza di un quadro normativo e finanziario omogeneo e finalizzato a coinvolgere anche il settore privato, oggi più che mai chiamato a contribuire allo sviluppo complessivo dell’economia cinese, a divenire attore del cambiamento.

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La rivoluzione verde che impressiona il mondo

La Cina installerà il:

36% 40% 36% di tutta l'energia idroelettrica globale

di tutta l'energia eolica globale

IL SISTEMA FINANZIARIO E GLI INVESTIMENTI NEL SETTORE Questo ha portato al risultato poco edificante che vede, rispetto al biennio 2006 - 2008, il numero di brevetti e il valore innovativo delle imprese del settore in forte contrazione. La solidità e disponibilità del sistema finanziario mostra inoltre, come preannunciato, dei fattori di rischio capaci di frenare la corsa del gigante asiatico: fra questi un difficile accesso al credito, una complessa riscossione delle tariffe e lunghissimi periodi di ratificazione da parte del governo centrale. I canali più importanti per questa tipologia di investimento restano, ad oggi, le banche commerciali le quali però concentrano i propri investimenti nelle aziende statali, non prestando la dovuta attenzione ai finanziamenti/

di tutta l'energia solare globale

prestiti alle imprese private, accusate spesso di non poter raggiungere i requisiti richiesti dagli istituti di credito. C’è inoltre poca fiducia e propensione a investire in venture capital a causa della scarsa comprensione dell’efficacia e delle potenzialità di ritorno economico, dei progetti green. Riassumendo, gli ostacoli principali allo sviluppo delle rinnovabili cinesi sono, in primis, un basso tasso di utilizzo causato da carenze infrastrutturali della complessa e smisurata rete del Paese. Con la crescita della capacità relativa degli impianti sono stati registrati diversi disavanzi, tra cui uno scarso sfruttamento degli sviluppi tecnologici, causato dalla mancanza di coordinazione tra le varie forme energetiche, dato che alcuni tipi di energia si escludono a vicenda. In secondo luogo, la gestione finanziaria deve essere ottimizzata: gli investimenti in energie rinnovabili stanno paradossalmente calando. Il governo pertanto dovrà intervenire pianificando politiche per la transizione del settore energetico, in grado di stimolare le imprese a intraprendere una nuova rivoluzione economica. Questa volta… al verde.

Classifica mondiale delle dighe per capacità energetica installata INGA III - REP.DEM. DEL CONGO

40.000

SANXIA - CINA

22.500

ITAIPU - BRASILE

14.000

ITAIPU - PARAGUAY

14.000

BAIHHETAN - CINA

14.000

XILUODU - CINA

13.860

BELO MONTE - BRASILE

11.234

GURI - VENEZUELA

10.000

TUCURUI - BRASILE

8.370

TA SANG - MYANMAR

7.100

84.900

90.000 51.500 57.120

52.000

35.446

Fonte: International hydropower association - International Commission on large dams

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Capacità installata (Mw)

Energia (GWh/anno)


LA “RETE ENERGETICA GLOBALE”, VOLANO DELLA TRANSIZIONE ENERGETICA E DELLA COOPERAZIONE La Cina si candida alla guida del sistema energetico internazionale annunciando la costruzione dell’ “Internet dell’Energia”. Una rete elettrica globale, resa possibile dall’innovativo sistema UHV (Ultra High Voltage) che connetterà i continenti e consentirà lo scambio di energia. Già nel 2014, il Capo di Stato Xi Jinping, davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si era pronunciato a favore del megaprogetto destinato a promuovere una crescita energetica sostenibile globale. La realizzazione di una “Via della Seta elettrica” in grado di esportare l’energia rinnovabile del colosso asiatico fino in Europa, sta diventando una realtà. Un’interconnessione a livello internazionale che, superando i limiti delle rinnovabili, per loro natura instabili ed intermittenti, renderebbe disponibile l’energia prodotta in luoghi lontanissimi là dove necessaria. L’imponente infrastruttura, rilanciata a Pechino nell’ambito della Global Energy Interconnection Conference, prevede investimenti tra i 15-16 e i 23-28 miliardi di euro, secondo gli esperti del settore e rientra in un piano ancora più vasto e ambizioso: il “Belt and Road Initiative”, finalizzato a promuovere gli scambi tecnologici e commerciali nell’Eurasia del futuro.

L'idroelettrico tra primati e criticità Ancora prima dell’esplosione di eolico e solare, l'acqua ha rappresentato il grande traino della Cina verso la green economy. La Cina conta infatti oltre 1500 fiumi, con bacini di oltre mille kmq: tra questi più del 64% sfocia in mare, il restante confluisce in laghi continentali o si disperde in deserti o spiagge saline. C’è stato un massiccio dispiegamento di fondi per la costruzione di imponenti dighe, che in alcuni casi hanno coinvolto anche nazioni vicine alla Cina: al di là delle finalità lodevoli di voler produrre massicciamente energie pulite, questi sistemi idroelettrici di enorme portata hanno provocato danni ingenti ai trasporti fluviali e anche all’ambiente. Il corso dei fiumi spesso viene deviato e gli affluenti finiscono col prosciugarsi; molti insediamenti urbani devono essere spostati per far posto ai nuovi impianti e la flora e la fauna risentono della distruzione del loro habitat naturale, con conseguenze nefaste per l’agricoltura e la pesca, attività vitali per le popolazioni limitrofe agli argini. Non si può tacere neanche il fenomeno degli espropri che hanno colpito una moltitudine di cittadini, al fine di costruire impianti idroelettrici sempre più giganteschi ed evoluti. Solo chi aveva una documentazione accurata sulla sua proprietà dei terreni coinvolti, ha avuto un ristoro in termini economici. Naturalmente queste criticità fanno da contraltare a tanti fattori positivi: dall’occupazione massiccia che comportano queste opere, alla loro importanza per l’approvvigionamento energetico presente e futuro. Soffermiamoci sulla Diga delle Tre Gole, l’impianto con la più alta capacità idroelettrica al mondo. Costruita sul Fiume Azzurro, nella Provincia di Hubei, ha un’altezza di 185 metri ed una lunghezza complessiva di 2.309 metri. Il bacino è lungo più di 600 km e si estende per più di 1000 km quadrati. La centrale è dotata di 32 turbine Francis, ciascuna di 700 MW di potenza nominale per un totale di 22,5 GW. Come sempre quando si toccano grandi temi in Cina, questo gigante dell’acqua comporta aspetti positivi e negativi. Tra i primi occorre sottolineare come saranno risparmiate la produzione di carburante e polveri inquinanti che sarebbero derivate dalla combustione di energie fossili. Inoltre grazie alla diga le piene del fiume saranno controllate e la navigazione sarà molto più sicura. Tra gli aspetti oscuri, la sommersione di 1300 siti archeologici, oltre a 13 città, 140 paesi e 1.352 villaggi, con il complicato ricollocamento delle popolazioni interessate.

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energia rinnovabile

La Sen? Qualcosa non va INCONTRO CON WALTER RIGHINI Presidente Fiper

di Fausto Carioti

Walter Righini - Presidente Fiper

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Giudizio in chiaroscuro quello che Walter Righini, presidente della Fiper, Federazione italiana produttori di energia da fonti rinnovabili, dà degli ultimi provvedimenti in materia di politica energetica. A partire proprio dalla Sen. E: Presidente, lei ha detto che il settore agricolo «esce sconfitto, se non umiliato» dalla nuova Strategia energetica nazionale. Perché? WR: Innanzitutto riteniamo estremamente grave il mancato coinvolgimento del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali. Questo riflette un indirizzo politico che assegna un ruolo di secondo piano alle bioenergie. Una strategia energetica resiliente rispetto ai cambiamenti geopolitici deve contemplare, invece, la valorizzazione delle risorse rinnovabili presenti sul territorio, inclusi l’immenso patrimonio boschivo e i residui derivanti dall’attività zootecnica e agroalimentare. L’Ue ci invita a operare in termini sistemici; per le fonti programmabili, in particolare biogas e biomasse, la produzione di energia rappresenta un’importante opportunità per incrementare la competitività delle aziende agricole e forestali e fornire un servizio ambientale al territorio. Lo sforzo dovrebbe essere quindi quello di ragionare in termini di sviluppo territoriale,

di economia circolare, e non esclusivamente in un’ottica di produzione del kilowattora. E: Eppure le centrali a biomasse sono spesso paragonate agli inceneritori e continuano a trovare ostacoli a livello politico nazionale e locale. Pure voi, insomma, siete vittime della sindrome Nimby. WR: Ne siamo consci. Gli ostacoli si rifanno all’onda di “populismo dirompente”, cavalcata purtroppo anche da alcuni politici poco informati che disconoscono il ruolo giocato da biomasse e biogas nella riduzione dei gas serra e nel presidio del territorio. E: Come pensate di uscirne? WR: Si tratta di una “sfida” culturale da vincere soprattutto con le giovani generazioni. Da un lato devono essere prioritari l’approfondimento e la verifica delle fonti d’informazione provenienti dal Web, per evitare che “perfetti sconosciuti”, ignoranti del settore, divengano improvvisamente autorevoli conoscitori della materia, a tutto vantaggio delle fonti fossili; dall’altro lato bisogna favorire la conoscenza diretta

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E: Il 20 marzo è entrato in vigore il decreto ministeriale che incentiva l’uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti. Quale è il vostro giudizio? degli impianti e delle filiere a essi collegate. Dal 2014 Fiper, in collaborazione con il Politecnico di Milano, redige studi finalizzati a illustrare le caratteristiche della filiera biomassa/ biogas, spiegando l’impatto ambientale, economico, occupazionale ed energetico che questi impianti hanno sul territorio, anche in termini di indotto. E: Negli ultimi anni il settore del teleriscaldamento a biomassa ha sofferto per la mancanza di politiche adeguate. Sono emerse novità? WR: Finalmente è stato emanato il decreto sul fondo di garanzia per lo sviluppo del teleriscaldamento e sulle modalità di funzionamento del fondo nazionale di efficienza energetica, atteso dal lontano 2011. Riguardo alla partita sui titoli di efficienza energetica, auspichiamo che il nuovo decreto correttivo contempli il riconoscimento dei TEE sui risparmi maturati di energia non rinnovabile dati dall’estensione delle reti esistenti o dall’avvio di nuove reti. E: Il governo Gentiloni ha varato la riforma del codice forestale, prevedendo «la gestione attiva e razionale del patrimonio forestale nazionale al fine di garantire le funzioni ambientali, economiche e socio-culturali». Cosa vi attendete dal prossimo esecutivo? WR: Ci attendiamo che metta in atto i decreti attuativi per favorire il rilancio dell’economia forestale e incrementare l’impiego, a fini produttivi ed energetici, di legname proveniente dalla filiera locale. A tal fine è prioritaria una forte concertazione tra il MIPAAF e le Regioni, per ottimizzare l’uso delle risorse e facilitare la semplificazione. Vogliamo ricordare che il bosco non serve ad alimentare le centrali di teleriscaldamento a biomassa, ma che queste sono necessarie per garantire una gestione dei boschi opportuna, corretta ed economica. E: Il Pacchetto di misure sull’economia circolare e le altre iniziative adottate in sede Ue rispondono alle vostre aspettative? WR: L’economia circolare ed un concreto federalismo locale vanno nella giusta direzione. Noi da tempo stiamo lavorando all’integrazione di filiera e all’impiego incrociato dei sottoprodotti: ne è un esempio il fertilizzante Fiperfert, derivante dall’utilizzo delle ceneri pesanti di combustione delle biomasse unito al digestato solido proveniente dal biogas. Quanto al pacchetto sull’economia circolare, è molto ambizioso e condivisibile; l’efficacia delle misure dipenderà dalla modalità e dai tempi di recepimento da parte del nostro governo.

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WR: Il provvedimento favorisce sicuramente la produzione di biometano da FORSU (frazione organica da raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani); non incentiva invece la riconversione degli impianti a biogas agricoli esistenti. Questo è il maggior elemento di criticità, perché rappresenta una mancata occasione per valorizzare e ottimizzare il parco impianti. E: Quali sono le esperienze virtuose degli altri Paesi europei che vorreste vedere replicate in Italia? WR: Diverse. Dal Nord Europa prendiamo a modello le reti di teleriscaldamento a bassa temperatura; dalla Germania le aste pubbliche per la produzione di energia elettrica immessa in rete nel 2021 per gli impianti a biogas a fine incentivo; ancora da Germania e Austria, le comunità dell’energia e la generazione distribuita; dalla Francia il rilancio della “gestione attiva delle foreste”. Faccio presente, tuttavia, che di recente diverse delegazioni straniere hanno visitato impianti di teleriscaldamento a biomassa associati a Fiper, soprattutto per investigare sulla creazione di indotto economico e ambientale a essi correlati. Anche l’Italia, quindi, può vantarsi di condividere le proprie esperienze virtuose con i partner europei. E: Quale crescita vi attendete dal vostro settore nei prossimi anni? WR: In quanto rappresentanti di gestori di impianti, la crescita nel comparto teleriscaldamento è legata all’incremento della domanda; l’obiettivo sarà quindi quello di provvedere a estendere le reti esistenti, allacciare nuove utenze e diversificare l’offerta dei servizi, tra cui la climatizzazione estiva e la gestione dell’energia. Per quanto riguarda invece l’avvio di nuove reti abbinate all’impiego di biomassa, secondo l’ultimo studio Fiper il potenziale di realizzazione corrisponde a 1.480 MW di potenza di centrale per una produzione di calore di circa 2500 GWh annui, che soddisferebbe la richiesta di riscaldamento/ raffrescamento di 660 comuni non metanizzati in area montana. Rispetto al comparto del biogas, ci sono margini di sviluppo soprattutto per le taglie sino a 200-300 kW, funzionali anche per l’autoconsumo del calore in azienda e per l’impiego dei reflui a fini energetici.


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energia rinnovabile

Cogenerazione, un vantaggio per le PMI PARLA FRANCESCA ROMANA D'AMBROSIO Presidente AiCARR

di Roberto Antonini

Francesca Romana d'Ambrosio - Presidente AiCARR

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Prospettive incoraggianti per la cogenerazione, in particolare per le PMI, come quelle dei comparti agroalimentare e tessile, senza trascurare edilizia pubblica, residenziale e la sanità. Un settore che può avvantaggiarsi, inoltre, della digitalizzazione che permette un efficiente controllo delle reti. Ma per la cogenerazione c’è anche un ruolo particolarmente importante alla luce di quanto previsto dalla Strategia energetica nazionale. ‘Elementi’ ne parla con Francesca Romana d'Ambrosio, presidente AiCARR (Associazione Italiana Condizionamento dell'Aria, Riscaldamento, Refrigerazione). E: Quali sono le possibilità della cogenerazione in Italia? FRDA: Non sono certo originale nell’affermare che la cogenerazione rappresenta una delle più efficienti modalità di produzione di vettori energetici per usi finali, che ottimizza lo sfruttamento dell’energia primaria contenuta nel combustibile. Indubbiamente i costi iniziali di accesso sono elevati, ma il potenziale di riduzione dei costi energetici raggiunge circa il 25%, per cui è una opportunità che va assolutamente colta. La previsione delle vendite secondo il Cogeneration Observatory and Dissemination Europe è incoraggiante, soprattutto per le piccole taglie, il che fa ben sperare per lo sviluppo della cogenerazione anche in Italia, dove attualmente l’energia termica prodotta da AiCARR è destinata per il 76% al settore industriale e per il 24% al residenziale e al terziario, veicolato per lo più da infrastrutture di teleriscaldamento. Il potenziale tecnico CAR risulta pari a 118 TWh ed è riconducibile al settore residenziale per il 49% e al settore industriale per il 25%, con un incremento di circa 86 TWh rispetto all’attuale. Secondo i dati MiSE, il potenziale economico CAR, pari a 49 TWh, qualora si realizzasse comporterebbe un incremento di 17,8 TWh di energia termica cogenerata rispetto a quanto realizzato a oggi, con un contributo prevalente del settore industriale. Non va poi dimenticato che ai risparmi generati da CAR è abbinato il meccanismo di promozione dei Certificati Bianchi CAR. E: Quali i settori più promettenti? FRDA: Ovviamente tutti quelli in cui è richiesta concomitanza dei carichi. Mi riferisco quindi sicuramente al settore delle PMI, ad esempio quelle dei comparti agroalimentare e tessile; ma anche a quello dell’edilizia pubblica, residenziale e al settore della sanità, senza trascurare il terziario, dalle strutture turistiche alle SPA, dai centri commerciali a quelli per lo sport, agli edifici per uffici. È comunque evidente che le situazioni vanno valutate caso per caso, effettuando una accurata analisi tecnico-economica, evitando di procedere per mode, come spesso purtroppo accade. La cosa certa è che la cogenerazione è stata una delle soluzioni di efficienza energetica maggiormente adottate nel comparto industriale nel 2016, facendo registrare investimenti per un controvalore di 543 milioni di euro, come risulta dall’Energy Efficiency Report pubblicato nel 2017. Questa soluzione ha contribuito per oltre il 27% degli investimenti complessivi del settore - circa 2 miliardi di euro di investimenti nel 2016 - attestandosi come prima tecnologia

scelta. Va anche ricordato che la cogenerazione è la soluzione tecnologica che sembra trainare lo sviluppo delle ESCo, per le quali costituisce la scelta vincente, per dirla in gergo la “killer application”: quasi il 30% degli investimenti delle ESCo proviene dall’implementazione di soluzioni di questo tipo. E: E quale il ruolo della tecnologia digitale? FRDA: Ritengo che la tecnologia digitale interessi soprattutto la microcogenerazione, che è in grande sintonia sia con le smart grid, perché l’insieme dei microcogeneratori è un impianto virtuale utilizzabile dal Gestore ai fini del controllo della qualità della rete localmente, sia con gli accumuli elettrici e termici, perché i micro cogeneratori sono sistemi programmabili dai proprietari per il controllo della produzione elettrica e termica da fonti aleatorie, sia con la mobilità elettrica. E: Che contributo fornisce la cogenerazione alla decarbonizzazione del Paese? FRDA: Questo è un punto molto significativo, anche alla luce di quanto previsto dalla SEN. Il contributo è importante, se non cruciale, poiché la cogenerazione è una tecnologia efficiente, visto che consente la produzione di due vettori energetici, e che rispetto a quelle tradizionali rispetta l’ambiente e la salute delle persone, in quanto le emissioni in atmosfera, compresa quella di particolato, sono ridotte, a vantaggio della qualità dell’aria esterna e quindi di quella interna, tema molto caro a AiCARR. Ma la cogenerazione può anche diventare una fonte energetica rinnovabile programmabile, se alimentata da combustibili rinnovabili quale il biometano, e in questo modo contribuisce anche a una migliore gestione della rete a livello locale. E: Qual è la considerazione che ha la cogenerazione nella Strategia energetica nazionale? È adeguata? Può essere migliorata? FRDA: La SEN inserisce la cogenerazione tra gli strumenti disponibili per il raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico al 2030, che richiedono un notevole sforzo nel settore residenziale e dei servizi. Da questo punto di vista è stato fatto un passo avanti, ma si potrebbe fare di più. Una grande sfida risiede nel miglioramento dell’efficienza energetica della produzione di energia termica, per cui va assolutamente sfruttato il margine di sviluppo del teleriscaldamento, valorizzando le sinergie tra impiego di fonti energetiche rinnovabili e cogenerazione ad alto rendimento, ovviamente previa analisi delle condizioni climatiche e tecnico-economiche.

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energia rinnovabile

Smart Energy Systems, il futuro è qui INTERVISTA A LIVIO DE SANTOLI Membro del Comitato Direttivo del Coordinamento FREE* * Fonti Rinnovabili e Efficienza Energetica

Livio De Santoli - Membro del Comitato Direttivo del Coordinamento FREE Ordinario di Energy Management presso la facoltà di Ingegneria di Sapienza Università di Roma 42

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di Maria Pia Terrosi


E: Gli edifici sono veri colabrodo energetici: consumano molto e sono responsabili di una quota significativa di emissioni. Nelle città storiche come si coniugano gli interventi di efficientamento energetico con la tutela di un patrimonio edilizio datato ma di grande valore architettonico? LDS: La sfida dell'efficienza energetica nel nostro Paese assume particolare importanza proprio per questo. Gran parte del nostro patrimonio edilizio risulta poco efficiente dal punto di vista energetico, poiché costruito in gran parte in assenza di regolamentazione per quanto riguarda l'efficienza energetica. A questo si aggiunge che in Italia abbiamo un patrimonio architettonico importantissimo da rispettare e tutelare. Così, in tema di impianti tecnici in edifici storici, gli interventi di efficienza energetica devono essere interpretati come strumento di tutela dell'edificio stesso, perché rivolti alla salvaguardia del bene e alla sua valorizzazione. Al riguardo abbiamo lavorato con il Ministero dei BBCC alle Linee di Indirizzo per il Miglioramento dell’Efficienza Energetica nel Patrimonio Culturale, ed esistono già concreti esempi di edifici importanti che ne dimostrano l’applicabilità: un esempio, la progettazione impiantistica della Galleria Borghese di Roma. Certo, a patto di avere la giusta sensibilità tecnologica e storica per intervenire su questi edifici. Ma in questi anni si sta formando una generazione di ingegneri e architetti che sanno coniugare efficienza energetica con tutela e valorizzazione del patrimonio edilizio storico.

E: Parliamo di SEN: voi come Free avete pubblicato al riguardo tre position paper. Qual è il suo giudizio complessivo sulla Strategia? LDS: La Strategia energetica nazionale rappresenta un buon risultato, un buon punto di partenza, soprattutto per il lungo periodo trascorso senza avere strategie energetiche. È vero che i target indicati - seppur significativi - sono un po' al ribasso rispetto a quanto indicato dalla UE, ma non è questo il problema considerato che probabilmente verranno modificati in termini di rinnovabili ed efficienza energetica. Il limite della SEN è che pone importanti obiettivi senza dare indicazioni sui metodi per raggiungerli. Purtroppo siamo già in ritardo e gli strumenti a nostra disposizione non ci aiutano. E: Si parla molto di economia circolare. Qual è il suo giudizio? LDS: Ottimo, ovviamente. Un caso esemplare di economia circolare è quello del biometano prodotto dalle intercolture, dagli scarti agricoli o dai rifiuti organici. Il decreto sul biometano uscito a marzo parla di utilizzare tutti i materiali di scarto per produrre energia: su questo bisogna fare ancora un grosso sforzo di comunicazione perché c’è tanta confusione, soprattutto sul tema dei rifiuti. Il materiale organico può essere utilizzato per produrre biogas o biometano e questo rappresenta un esempio virtuoso di economia circolare, in cui lo scarto diventa risorsa cancellando, non solo simbolicamente, il termine “rifiuto”.

E: Parliamo di energia: quali i settori di punta nell'innovazione tecnologica? LDS: Il futuro è negli smart energy systems, sistemi energetici per la generazione distribuita inclusi in smart grid non solo elettriche, ma anche termiche e dei sistemi di accumulo. Sicuramente tra le potenzialità degli storages, già possiamo individuare un futuro importante per il vettore idrogeno, utilizzato sia su sistemi stazionari di cogenerazione che per la mobilità sostenibile, che per sistemi di accumulo power-to-gas da fonte rinnovabile elettrica. E: L'idrogeno può essere usato anche nella mobilità... LDS: Certo, ma non solo. Nel recente decreto sui combustibili alternativi del Ministero dello Sviluppo Economico c'è un capitolo importantissimo dove si parla di idrogeno che propone obiettivi molto sfidanti. In pratica si tratta di fare un certo numero di installazioni entro il 2030 con annesse infrastrutture. Il lavoro da fare è tanto, ma molto promettente; chi, come alla Sapienza, ha acquisito negli ultimi anni il know-how sul tema, finalmente vedrà l’applicazione pratica dei suoi studi e delle sue idee. Certo, per funzionare il decreto citato ha bisogno di decreti attuativi e di incentivazioni, ma anche di un patrimonio di conoscenze che ci permetta di non assegnare al nostro Paese il solito ruolo di sudditanza sulle tecnologie innovative.

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energia rinnovabile Settore trasporti

Biocarburanti, alternativa alle fonti fossili CONFRONTO CON VITO PIGNATELLI Responsabile del coordinamento “Tecnologie, biomasse e bioenergie” Unità Tecnica Fonti Rinnovabili dell’ENEA Vito Pignatelli - Responsabile del coordinamento “Tecnologie, biomasse e bioenergie” Unità Tecnica Fonti Rinnovabili dell’ENEA

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di Ilaria Proietti


E: È possibile fornire un dato aggiornato sulla produzione di colza? VP: Nel 2017 sono stati coltivati in Italia circa 15.580 ettari, con una produzione pari a poco più di 41.400 tonnellate di semi, corrispondenti a circa 16.500 tonnelllate di olio, utilizzato per la maggior parte per la produzione di biodiesel. Che per poter essere immesso al consumo, deve rispettare particolari standard di qualità (in Europa lo standard EN14214). Le caratteristiche finali del prodotto dipendono in gran parte da quelle degli oli utilizzati come materie prime: l’unico olio che consente di fabbricare un biodiesel perfettamente rispondente allo standard è quello di colza. Anche se teoricamente sono possibili altre utilizzazioni, le particolari caratteristiche chimico-fisiche di quest’olio ne fanno la migliore materia prima per la produzione di questo biocarburante. E: Quanti impianti di trasformazione esistono in Italia? VP: Attualmente in Italia sono in funzione 17 impianti industriali di taglia significativa, con una capacità produttiva installata di 1,5 milioni di t/anno. Dal momento che la maggior parte del biodiesel immesso al consumo in Italia è importato, la capacità produttiva di questi impianti è largamente sottoutilizzata. E: Quali sono i vantaggi dell’impiego della colza in termini economici, energetici e ambientali? VP: I biocarburanti rappresentano ancor oggi l’unica forma di energia rinnovabile in grado di fornire un contributo significativo alla sostituzione dei combustibili fossili nei trasporti. Però, a seconda delle materie prime impiegate per la loro produzione, possono presentare alcune criticità in termini di sostenibilità ambientale, sia per quel che riguarda il bilancio complessivo delle emissioni di gas climalteranti, sia per i possibili effetti sul cambio di destinazione nell’uso dei terreni agricoli. In questo senso, mentre alcune filiere produttive, come ad esempio il biodiesel da olio di colza coltivata in Europa, saranno in grado di rispettare i limiti e i vincoli imposti dalla prossima Direttiva Europea sulla promozione delle fonti rinnovabili (RED II), altre, come i biocarburanti prodotti dall’olio di palma, non riusciranno a soddisfare queste condizioni. Di conseguenza, un sempre maggiore impegno a realizzare filiere sostenibili di produzione di colza (e altre colture oleaginose) in Europa è il presupposto indispensabile per garantire la loro redditività e competitività, con ricadute positive per l’agricoltura e per l’industria di trasformazione.

E: Quali sono le maggiori resistenze alla crescita di queste produzioni? VP: Le maggiori difficoltà sono legate a fattori di carattere economico - essenzialmente il costo elevato delle produzioni agricole - che hanno favorito e favoriscono il ricorso alle importazioni rispetto all’uso di materie prime di produzione nazionale. C’è stata una diffusa opposizione nei confronti delle colture energetiche per il possibile conflitto con le produzioni alimentari. In realtà, questo possibile conflitto è stato ampiamente sopravvalutato: in Italia, ad esempio, meno del 5% dell’intera superficie agricola utilizzata è destinato a colture con finalità energetiche o comunque non alimentari. Non a caso numerose attività di ricerca sono state condotte, in particolare nell’ambito di specifici progetti del MiPAAF, sulle colture energetiche non alimentari per incrementarne le rese produttive e migliorarne le tecniche di coltivazione e raccolta, ma anche, ad esempio, sul possibile sviluppo di colture di microalghe da destinare alla produzione di biodiesel. In questo quadro, l’Enea ha lavorato nel campo delle tecnologie e dei processi, sia di tipo biologico che termochimico, per la trasformazione di biomasse di diversa natura in biocarburanti avanzati. E: Ma allora quali sono le prospettive di queste produzioni? Quali regioni si sono più distinte in questo settore? VP: Per il futuro è prevedibile una complessiva e progressiva riduzione del contributo delle colture energetiche alla produzione diretta di energia, mediante conversione in biogas o combustione, perché la legislazione in vigore dal 2012 disincentiva l’uso di prodotti agricoli utilizzabili anche a fini alimentari, puntando decisamente sull’impiego di sottoprodotti e rifiuti. Dove, invece, allo stato attuale della tecnologia, le biomasse da colture dedicate rappresentano praticamente l’unica materia prima utilizzabile a livello industriale è nella produzione di biocarburanti. Anche in questo caso, ovviamente, esistono dei limiti teorici imposti dalla legislazione europea e nazionale, ma il potenziale di crescita del settore è ancora notevole. Nel 2016, infatti, sono state immesse al consumo in Italia circa 1.140.000 tonnellate di biodiesel. La maggior parte (circa 875.00 t) prodotta da derivati dalla lavorazione di oli vegetali o oli di cottura esausti e, in misura minore, grassi animali; il resto (265.000 t) da oli vegetali puri : l’attuale produzione di olio di colza copre al massimo il 6% dei consumi di biodiesel. Per quel che riguarda infine la distribuzione delle produzioni, l’eventuale crescita sarà concentrata in quelle regioni che già presentano le caratteristiche più favorevoli allo sviluppo della coltura. Nell’ordine Lombardia (3.756 ettari nel 2017), Veneto, Piemonte ed Emila-Romagna, seguite da Toscana e Lazio.

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energia rinnovabile Gas da rinnovabili

Determinante nella riduzione di CO2 DIALOGO CON PIERO GATTONI Presidente Consorzio Italiano Biogas

di Claudio Ramoni

Piero Gattoni - Presidente Consorzio Italiano Biogas

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E: A livello europeo qual è il potenziale di sviluppo del gas da fonti rinnovabili? E in termini di risparmi? PG: C’è un enorme potenziale di sviluppo per quanto riguarda il settore del gas da rinnovabili in Europa: il consorzio Gas for Climate, analizzando lo scenario in chiave conservativa ed eco-sostenibile, ha recentemente calcolato che la filiera europea potrebbe produrre oltre 120 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2050, considerando l’idrogeno rinnovabile e il biometano. L’utilizzo del biometano nelle infrastrutture del gas per riscaldare gli edifici, produrre elettricità e alimentare i trasporti pesanti sia a terra sia in mare, può generare risparmi annui intorno ai 140 miliardi di euro entro il 2050, rispetto a un sistema energetico futuro a emissioni zero che non tenga conto del contributo del gas. Il gas rinnovabile può essere trasportato, stoccato e distribuito attraverso le infrastrutture del gas e integrato con l’elettricità rinnovabile per ridurre i costi della decarbonizzazione. Si tratta di un obiettivo alla nostra portata, il cui conseguimento garantirebbe risparmi sensibili, una maggiore sicurezza energetica e un abbattimento delle emissioni. E: Quanto peserà l'impatto del gas da rinnovabili nell'abbattimento delle emissioni in Europa entro il 2050? PG: Il gas da rinnovabili utilizzato nelle infrastrutture esistenti può avere un ruolo chiave nel contenimento delle emissioni e per raggiungere l’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C. Tanto più se affiancato da tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (BECCS) e di cattura e utilizzo del carbonio (CCU). A livello nazionale, secondo uno studio di Althesys (società di consulenza ambientale) il potenziamento della produzione di biometano potrebbe evitare emissioni di CO2 per 197 milioni di tonnellate entro il 2050. E: Qual è la situazione italiana rispetto agli altri Paesi europei? PG: L’Italia è il secondo produttore di biogas in Europa e il quarto al mondo. Nel nostro Paese sono operativi oltre 1.500 impianti a biogas da matrici agricole, equivalenti a oltre 1.200 MW di potenza e a circa 7 TWh di energia. Potenzialmente l'Italia potrebbe produrre entro il 2030 fino a 10 miliardi di metri cubi di biometano, di cui almeno 8 da matrici agricole, pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale. Un piano realistico di sviluppo entro il 2020 dovrebbe prevedere il raddoppio delle stazioni di servizio (CNG e/o biometano) da 1.000 a 2.000; il raddoppio del consumo di gas naturale nel settore trasporti fino a 2 miliardi di Nm3 (compreso LNG); l’aumento del consumo totale di biometano fino a raggiungere il 25% del consumo totale, ovvero circa 0,5 miliardi di Nm3/ anno. A marzo è stato emanato il Decreto biometano che , ponendo le basi per nuovi impianti e per la riconversione di quelli esistenti, secondo le nostre previsioni porterà a una crescita notevole della filiera del biometano italiano, che grazie alla crescente efficienza ha un trend di riduzione dei costi di produzione. Entro il 2030 l’espansione del comparto potrebbe portare a oltre 85 miliardi di euro quali ricadute

economiche positive. È poi utile tener conto che, se prodotto con i principi del Biogasfattobene®,permette l’integrazione tra produzione alimentare ed energetica con incremento della produttività e della sicurezza. E: Quanto vale il comparto del biogas in termini occupazionali e di filiera? PG: Tra le rinnovabili la filiera del biogas-biometano è il settore a maggiore intensità occupazionale con 6,7 addetti per MW installato e ha già prodotto oltre 12 mila posti di lavoro stabili e specializzati. A fronte dell’attesa crescita del settore si calcolano in oltre 21 mila le nuove posizioni lavorative che saranno aperte entro il 2030. E: Quali sono i punti di forza del biogas in termini di produzione, utilizzo e approvvigionamento? PG: La programmabilità è uno dei maggiori punti di forza. Inoltre, gli impianti di biogas e biometano sono altamente complementari con le altre rinnovabili, poiché consentono di assorbire i picchi produttivi delle FER intermittenti e di trasformare l’energia elettrica in eccesso, non stoccabile, in gas naturale rinnovabile, attraverso il processo di power-togas. Il biometano può essere immesso in rete, riutilizzato per la generazione elettrica o termica, usato in processi industriali o come biocarburante avanzato nei trasporti, soprattutto in quelli di difficile elettrificazione. Sotto forma di biocarburante avanzato, il biometano può favorire la decarbonizzazione del parco circolante degli autoveicoli con alimentazione a metano stimata in 1 milione di mezzi in Italia.

Il biogas fatto bene • Valorizzazione di effluenti zootecnici, residui agricoli e sottoprodotti agroindustriali • Produzione di «carbonio addizionale» grazie alle doppie colture e a nuove rotazioni ottimizzate (Ecofys, 2016) • Incremento del Carbonio stoccato nel suolo (ritorno del digestato e maggiore produzione di radici), ottimizzazione del riciclo dei nutrienti e dell’uso dell’acqua

• Riduzione dei costi di produzione dei prodotti alimentari • Diversificazione dei mercati, maggiore capacità di investimento, più innovazione nel settore primario • Riduzione delle emissioni di CO2 dell‘attività agricola, dei trasporti

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energia rinnovabile

Pantelleria, il futuro nella geotermia

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di Fulvio Fonseca* *Esperto nella Gestione dell'Energia

Geologia dell'isola di Pantelleria L'isola di Pantelleria è la sommità emersa di un edificio vulcanico sottomarino che si origina dal fondo del mare per circa 2000 metri. La formazione di questo vulcano è legata a una vasta area in distensione presente nel Canale di Sicilia ed attiva fin dall'inizio del Pliocene(Figura 1). Il vulcano Pantelleria è considerabile attivo, pertanto continuamente monitorato dall'INGV - Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia L'ultima eruzione considerevole avvenne il 17 ottobre 1981: il cono sottomarino che eruttò allora è sito a circa 5 miglia a NW rispetto al porto di Pantelleria (Conte et al., 2014).

La geotermia La geotermia è la scienza che studia l'origine del calore terrestre, il suo modo di propagarsi e le caratteristiche termiche delle rocce. È considerata una fonte di energia rinnovabile, perché il calore della terra si genera continuamente per effetto del decadimento di elementi radioattivi presenti all'interno della terra ed è generalmente ecocompatibile (Toro &Ruspandini, 2009). In oltre la geotermia, fatta con tecniche moderne, non presenta emissioni di anidride carbonica, dunque può essere un utile strumento per attuare gli accordi sanciti con i protocolli di Kyoto e di Parigi.

La classificazione dei sistemi geotermici Le situazioni geologiche in cui è presente calore potenzialmente sfruttabile sono classificabili in quattro tipologie: sistemi geotermici idrotermali, sistemi di rocce calde secche (Hot Dry Rock), sistemi geopressurizzati e sistemi magmatici. I sistemi geotermici idrotermali sono costituiti da una fonte di calore, una roccia serbatoio capace di contenere un fluido, una roccia di copertura impermeabile nella quale si instaura una circolazione idrica a regime convettivo e un'area di ricarica che alimenta la falda acquifera. Sono suddivisibili in base al contenuto termico della massa fluida: bassa entalpia (<100°C), media entalpia (compresa tra i 100°C e i 150°) e alta entalpia (>150°C). Le rocce calde secche sono zone della crosta terreste con alta termalità (con temperature tra i 200°C e i 350°C), introducendo un fluido ad alte pressioni si aumenta la permeabilità della roccia creando così un serbatoio geotermico nel quale si inietta acqua che riscaldandosi risale come vapore. Il calore di quest'ultimo viene incanalato in un circuito fino ad alimentare un turbogeneratore per produrre elettricità. Il vapore, raffreddato, viene reiniettato nel serbatoio geotermico, senza entrare in contatto con l'atmosfera. I sistemi geopressurizzati contengono acque a temperature elevate e con pressioni maggiori di quella idrostatica. I sistemi magmatici sono rocce fuse di origine magmatica, con temperature che variano dai 600° ai 1400°C. La tecnologia per lo sfruttamento di questo tipo di sistema è in fase di sperimentazione, per esempio in Islanda.

Figura 1: Carta tettonica del Canale di Sicilia. La freccia nera indica la compressione SE vergente, mentre le frecce rosse indicano l'estensione NE-SO presente nel Canale di Sicilia (Corti et al., 2006).

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I piani di valorizzazione delle risorse geotermiche a Pantelleria Nel settembre 1990 ebbe inizio la ricerca sulla presenza e la potenzialità dei fluidi geotermici nel sottosuolo dell'isola di Pantelleria, finanziata dal programma comunitario VALOREN. Tali ricerche - condotte dalla società CESEN per conto dell'Ente Minerario Siciliano - vennero suddivise in due fasi: "Studi ed Indagini" e "Prospezione Geomineraria". Nella prima fase vennero effettuati studi petrografici, geochimici, idrogeologici e geofisici, atti a definire la vulcanologia di Pantelleria. Nella seconda fase vennero effettuati due pozzi esplorativi denominati "PPT1" (Figura 2) e "PPT2". Nel maggio del 1995 nel corso del "Congresso Internazionale di Geotermia" la CESEN presentò i risultati delle indagini condotte, proponendo un nuovo progetto di ricerca. In questa seconda fase si sarebbero dovuti attuare progetti esecutivi per migliorare lo sfruttamento delle risorse geotermiche, riuscendo a produrre energia geotermoelettrica. L'intento era la costruzione di una centrale di piccola taglia (2,5 MW) posta in Località Serraglia. Ma questo non accade: per vari motivi il programma di sfruttamento non fu messo in atto. Nel gennaio del 2003 la NUOVA CESEN presentò alla Commissione europea il progetto ISLEBAR, in cui fu proposto non solo per lo sfruttamento della geotermia per generare energia, ma anche applicazioni medico terapeutiche. Anche questo progetto di sfruttamento non venne attuato.

Figura 2: Apertura del pozzo esplorativo PPT1 effettuata in località Serraglia Pantelleria, nel novembre 1993 (Foto dell'archivio CESEN). Il log termico ed il relativo schema stratigrafico del pozzo PPT1 evidenziano una "zona di produzione" a circa 650 metri di profondità con una temperatura di circa 240°.

Figura 3: L'area della "Favara Grande"a Pantelleria, in cui sono presenti fuoriuscite naturali di vapore acqueo, accompagnate da gas di origine endogena.

Verso la valorizzazione geotermica del vulcano Pantelleria Il progresso tecnologico del settore geotermico sta avanzando molto rapidamente, grazie ai fondi forniti alla ricerca per rispettare i protocolli di Kyoto e di Parigi. Una particolare attenzione è stata dedicata anche allo studio dell'immissione di alcuni gas di origine endogena nell'atmosfera e dall'esposizione delle persone al gas radon. Su questi due ultimi aspetti va ricordato che il progetto che venne presentato nel 1995 prevedeva già che l'acqua ed il vapore estratti fossero reimmessi nel terreno dopo lo scambio geotermico. Dunque è possibile costruire una moderna centrale di sfruttamento geotermico che abbia due pozzi di estrazione e due pozzi di immissione creando un circuito chiuso, senza la produzione di nessun materiale di risulta. Inoltre, la fuoriuscita di gas endogeni è naturalmente presente in alcune zone dell'isola, come ad esempio a Favara Grande (Figura 3). Inoltre va ricordato, che ciò che si intende fare inizialmente è la costruzione di una centrale geotermoelettrica sperimentale da 2,5 MW la cui energia sarebbe principalmente sfruttata per il funzionamento di un dissalatore, in grado di fornire alla popolazione acqua utile sia per usi civili che agricoli.

Letture consigliate -Conte, Martorelli, Calarco, Sposato, Perinelli, Coltelli, and Chiocci: The 1891 submarine eruption offshore Pantelleria Island. American Geophysical Union Publications. 2014. -Corti, Cuffaro, Doglioni, Innocent and Manetti: Coexisting geodynamic processes in the Sicily Channel. Geo Science World.2006. -Toro e Ruspandini: Geotermia. Dario Flaccovio Editore. 2009.

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energia rinnovabile

Rinnovabili, in Italia crescono per il quarto anno Ma per gli obiettivi 2030 occorre investire 60 miliardi, cioè triplicare lo sforzo

a cura di prometeo ADNK

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In Italia le rinnovabili tornano a crescere in maniera decisa, con oltre 900 MW di installazioni (+15% sul 2016) soprattutto grazie a fotovoltaico (410 MW) ed eolico (360 MW). È il quarto anno consecutivo di crescita, più vicina la soglia di 1 GW che potrebbe riportare l'Italia in testa nelle classifiche di nuove installazioni da rinnovabili. Tuttavia, da qui al 2030, per centrare gli obiettivi fissati si dovrà quasi triplicare la potenza installata di fotovoltaico (aggiungendo 36 GW) e più che raddoppiare quella eolica (10 GW di potenza aggiuntiva), con investimenti complessivi di circa 60 miliardi di euro. È quanto emerge dal "Renewable Energy Report 2018 dell'Energy & Strategy Group della School of Management" del Politecnico di Milano. Il rapporto rileva un divario non piccolo tra gli obiettivi di produzione da rinnovabili che l'Italia si è posta al 2030 e quello che concretamente ci si può attendere in base alle previsioni di crescita. Il mercato atteso nel triennio 20182020 infatti viene stimato tra gli 8 e i 10 GW complessivi, di cui circa il 25% da interventi di revamping/repowering, con una differenza di quasi 2 GW rispetto allo scenario della SEN di 12-13 GW. E questo nonostante ci si aspetti un salto nelle installazioni annuali di 3.000 MW contro i quasi 900 del 2017, cioè + 330%. Senza la volontà politica e degli operatori del settore di adeguare gli strumenti di supporto - sottolinea lo studio - non sarà dunque possibile colmare il gap, anche perché l'incertezza legislativa non aiuta. Al 2020, il fotovoltaico rappresenterà oltre il 55% del totale del nuovo installato, seguito dall'eolico con il 35%, con un ulteriore sbilanciamento a favore della fonte solare frutto, probabilmente, anche della competizione diretta prevista dal nuovo Decreto Rinnovabili. Nel complesso per il fotovoltaico pare ragionevole attendersi installazioni nell'ordine dei 4,5 - 5 GW nel triennio, la gran parte in impianti di taglia sopra 1 MW. Nell'eolico invece ci si aspettano installazioni nell'ordine di 1,5 - 2,2 GW: largamente minoritario il ruolo del mini-eolico, mentre saranno i parchi di medie e grandi dimensioni a catturare l'interesse degli investitori. Infine, idroelettrico, geotermico e impianti alimentati da gas provenienti da discariche esaurite giocheranno un ruolo da gregario (non più di 400 MW). Sul fronte investimenti, nel 2017 sono stati impiegati nel mondo circa 290 miliardi di euro per la realizzazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili, in crescita dell'11,5% rispetto al 2016 ma in calo del 7,6% sul 2015, che aveva segnato investimenti record di oltre 300 miliardi. Gli investimenti nell'area Emea sono calati del 21,5% nel 2017, poco più di 60 miliardi prevalentemente concentrati in Europa, mentre quelli nell'area americana (Usa, America Centrale, America meridionale) sono rimasti stabili a 68 miliardi, con Messico e Cile a guidare la classifica. La Cina ha stanziato da sola il 70% della spesa asiatica (metà nel fotovoltaico). Non sembra quindi invertirsi la tendenza, già osservata nel recente passato, che sposta decisamente verso est il baricentro degli investimenti e relega l'Europa a un ruolo da comprimario. Nel complesso infatti le rinnovabili pesano solo per il 30% a livello europeo, con l'eolico a fare la parte del leone, seguito dall'idroelettrico e, con un certo distacco, dal fotovoltaico. Il quadro d'insieme ci vede dunque ancora in testa in Europa.

ENEA METTE IL 'CAPPOTTO VERDE' ALLE CASE In estate -15% in bolletta

Risparmi fino al 15% in bolletta con abbattimento del 40% del flusso termico e riduzione della temperatura interna fino a 3°, grazie a piante ed essenze vegetali coltivate su tetti, terrazzi e pareti esterne. Sono alcuni dei risultati del progetto pilota che l'Enea sta portando avanti nel Centro Ricerche Casaccia. "Abbiamo realizzato una parete vegetale basata su un sistema estensivo di tetto-giardino e su una struttura autoportante posizionata a 50 cm dalla parete dell'edificio della Scuola delle Energie, dove svolgiamo corsi di formazione", afferma Carlo Alberto Campiotti del Dipartimento Unità per l'efficienza energetica. "Successivamente - spiega - abbiamo iniziato lo studio delle interazioni tra le coperture verdi, i flussi energetici, il microclima e il comfort interno, diversificando le specie vegetali". L'Enea sottolinea che il "sistema di piante" è risultato in grado di creare "un vero e proprio cuscinetto isolante intorno a case e condomìni". In questo modo la vegetazione riesce a mitigare i picchi di temperatura durante l'estate, 'catturando' gran parte dell'energia solare che così non colpisce più direttamente la superficie dell'edificio. Inoltre il "cappotto verde"dissipa attraverso l'evapotraspirazione delle piante (fino a 1 litro di acqua al giorno per metro quadrato) una grande quantità di energia termica che altrimenti verrebbe assorbita dall'edificio e rilasciata sotto forma di calore all'interno dell'abitazione". D'estate questo sistema di vegetazione "permette di ridurre fino al 15% di energia per il raffrescamento mentre d'inverno il risparmio per il riscaldamento arriva al 10% grazie all'effetto camino tra la parete e la coltre vegetale. In pratica - sottolinea Campiotti - una ventilazione naturale che toglie umidità alle pareti esterne e riduce la dispersione termica dell'edificio".

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Mettiamo l’Energia in Rete Gruppo Italia Energia è un gruppo editoriale specializzato nel settore dell’energia. Dalla fondazione, ha come obiettivo la diffusione di un’informazione indipendente in grado di migliorare la conoscenza e l’operatività all’interno di mercati sempre più complessi. Il mix sinergico di canali e l’integrazione con i social network, favorisce il networking tra le aziende e offre un lavoro continuo di monitoraggio e analisi degli ambiti industriali creando valore per gli stakeholder.

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energia e ambiente

L’auto del futuro sfreccia verso l’impatto zero INTERVISTA AD ANGELO STICCHI DAMIANI Presidente ACI

di Maurizio Godart

Angelo Sticchi Damiani - Presidente ACI

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Emissioni di CO2 dell'UE e obiettivi di taglio Mil.Ton.

6000 5000

-20%

OBIETTIVO AL 2020

4000

-40%

OBIETTIVO AL 2020

3000 2000

ANDAMENTO FINO AL 2016 TREND TENDENZIALE CON LE ATTUALI MISURE

-80 / -95%

OBIETTIVI FISSATI

1000

OBIETTIVO AL 2050

2050

0 2040

ASD: Negli ultimi vent’anni i progressi sono stati impressionanti e - me lo faccia dire - soprattutto per i motori diesel, ingiustamente colpevolizzati. Basti pensare che ormai un Euro 6 diesel emette meno particolato di un Euro 6 a benzina! Ciò premesso, più che di motori parlerei di unità di potenza. L’interazione raggiunta tra elettronica, sistemi di trazione, cambi di velocità, sensori, permette gradi di efficienza inimmaginabili fino a pochi anni fa. A questa grande capacità nello sfruttare ogni centilitro di carburante, si aggiungono i sistemi ibridi elettrici che consentono di viaggiare per alcuni tratti con la

ASD: Su questo sono più scettico, almeno per i prossimi anni, anche se alcuni costruttori ci stanno lavorando. Le supercars sono un concentrato di prestazioni, di sensazioni, di tecnologie, di anima: credo che la trazione elettrica – pur velocissima – sia ancora lontana dal poter suscitare eguale passione.

2030

E: Ci accenni qualcosa sui motori di nuova generazione meno inquinanti…

E: La nascita della Formula E sarà il preludio ad un mercato di supercars elettriche diffuso?

2020

ASD: Per modificare le nostre abitudini occorre lavorare per un cambiamento culturale negli italiani, che in parte sta già avvenendo anche grazie al lavoro di ACI. Solo così le soluzioni alternative già esistenti (ad esempio il car sharing, il car pooling, il taxi condiviso) potranno sviluppare le loro potenzialità e cambiare radicalmente il nostro modo di muoverci, guadagnando tempo, denaro, migliorando la qualità dell’aria, ottenendo maggiori spazi e diminuendo il traffico. Al contempo come ACI siamo in prima linea per supportare i Comuni nello sviluppo di nuovi mix per la mobilità, più aderenti ai bisogni dei cittadini, basati non solo sul trasporto pubblico ma sull’integrazione con le nuove soluzioni collettive. Pertanto ACI per accelerare tutti questi processi agisce su tre grandi direttrici: lo sviluppo di modelli sostenibili per la pianificazione e gestione della mobilità di una città dove la sostenibilità va declinata in termini di sicurezza, sotto il profilo economico e del rispetto dell’ambiente; il supporto per lo sviluppo messo in campo dalle nuove tecnologie che favoriscano le soluzioni sostenibili; il dialogo con gli automobilisti per far comprendere i vantaggi delle nuove forme di mobilità ed indurre comportamenti responsabili in tutti gli attori della mobilità, compresi i decisori, i progettisti, i tecnici e gli operatori. Insomma, solo lavorando insieme riusciremo a ottimizzare e ridurre il nostro parco auto, che supera i 37 milioni di veicoli, condizione essenziale per migliorare l’efficienza dei nostri spostamenti.

ASD: Credo che gli italiani siano pronti a sposare la trazione elettrica, soprattutto in particolari contesti come i centri storici, ma restano alcuni pregiudizi e anche difficoltà che non possiamo negare. Per superarli ACI, in partnership con Enel, ha attivato un centro di sperimentazione presso il circuito di Vallelunga, proprio per verificare e migliorare l’uso dei veicoli elettrici, anche con una guida appropriata. Possiamo affermare che l’auto elettrica è arrivata a un punto di sviluppo che la rende già compatibile con la mobilità metropolitana, sia per prestazioni assolute che per autonomia. Resta però molto da potenziare la disponibilità di punti di ricarica nelle città, pubblici e privati. I pregiudizi sono prevalentemente di natura psicologica, ossia legati alla sensazione di restare “a secco” di energia. Una rapida diffusione delle colonnine di ricarica (che in pochi minuti ricaricano fino all’80% gli accumulatori) faranno superare questo pregiudizio. Ci vorrà viceversa ancora tempo, per avere auto elettriche davvero alternative per praticità, autonomia e costo a quelle a motore endotermico, per le medie e lunghe distanze.

2010

E: Quali le situazioni e gli attori da coinvolgere perché si assista ad un cambiamento di abitudini sostanziali?

E: Le auto elettriche iniziano ad attrarre il consumatore o c’è diffidenza?

2000

ASD: È un rapporto con tante luci e qualche ombra, ma in continuo progresso. Il nostro parco automobilistico è a due facce: per circa il 40% è composto da omologazioni da Euro 0, 1, 2, 3 oggettivamente inquinanti (il 10% sono addirittura Euro 0); mentre il 60% sono Euro 4, 5, 6 ossia veicoli dal basso al bassissimo impatto, sia per le polveri sottili che per le emissioni nocive e gas serra. Proprio grazie all’evoluzione dei motori e dei carburanti di questi anni, le ricerche indicano come il traffico privato abbia ridotto significativamente il suo apporto all’inquinamento delle città, che ora incide indicativamente per un 8-15% del totale, mentre il restante 85-90% proviene da altre fonti (riscaldamento, industria, trasporto pubblico, produzioni di energia). Basterebbe che la metà di quel 40% di auto vecchie, con 10 e più anni di vita, fosse sostituito con veicoli, anche usati, Euro 5 o Euro 6 per abbattere di un ulteriore 50% il già ridotto contributo all'inquinamento riconducibile alle auto.

sola trazione elettrica diminuendo ulteriormente, specie in città, consumi e impatto ambientale. Le auto sono sempre più confortevoli e più sicure, ma conseguentemente molto più pesanti: eppure consumano fino al 30-40% in meno del passato e soprattutto inquinano fino a 28 volte di meno (rapporto emissioni tra Euro 1 e Euro 6).

1990

E: Presidente, qual è l’attuale rapporto tra la sostenibilità ambientale e il parco auto italiano?

Fonte: NE Nomisma Energia su dati UNFCCC e European Environmental Agency

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energia e ambiente Energia rinnovabile

Sugli investimenti l’Europa non stia dietro Cina e India IL PENSIERO DI GIANNI SILVESTRINI Direttore scientifico Kyoto Club

di Ilaria Proietti

Gianni Silvestrini - Direttore scientifico Kyoto Club

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E: Silvestrini, quali sono le priorità che il prossimo governo dovrà affrontare in tema di energia e ambiente? Quali sono stati i risultati più significativi raggiunti negli ultimi anni e quali sfide non sono state pienamente colte? GS: Sul fronte delle fonti rinnovabili veniamo da un quinquennio di forte rallentamento delle installazioni, mentre gli obiettivi della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) obbligano ad un deciso rilancio degli interventi. A questo fine servono certamente alcuni adeguamenti normativi che consentano di eliminare i vincoli che impediscono di cogliere una serie di opportunità. Alcune situazioni meriterebbero un’attenzione immediata, come la rimozione dell’amianto sostituito da fotovoltaico o l’introduzione di sistemi di accumulo. L’elaborazione del programma ‘Clima Energia’ dovrebbe rappresentare un’opportunità per valutare gli interventi radicali necessari per accelerare la transizione energetica. E: L’economia circolare può creare un modello di sviluppo completamente nuovo e anche apportare notevoli benefici economici. Quale segnale deve dare la politica agli investitori? GS: Vanno create condizioni favorevoli per il riutilizzo di materiale riciclato; va combattuta la tendenza all’obsolescenza programmata come qualche governo (la Francia, per esempio) sta già facendo; va usata la fiscalità per favorire il riuso e le riparazioni (si veda la Svezia) e, infine, va sollecitata la diffusione del “remanufacturing”. E: Si ragiona degli obiettivi del pacchetto Clima-Energia al 2030. Ritiene realistico che questa Europa possa essere più ambiziosa? In che termini e a quali condizioni? GS: Certo, condivido le posizioni del Parlamento europeo favorevole ad un innalzamento degli obiettivi delle rinnovabili e dell’efficienza al 2030 al 35%. Anche i Paesi membri e la Commissione si stanno indirizzando verso traguardi più ambiziosi. Penso che in questo processo di conciliazione si arriverà almeno al 30-31% per entrambi i settori. E immagino che nei prossimi anni anche il target di riduzione del 40% delle emissioni verrà rivisto verso l’alto. E: Quali investimenti addizionali sarebbero necessari? GS: Vista la riduzione dei prezzi delle tecnologie, sarà possibile incrementare la produzione verde con incentivi molto limitati. Quello che in realtà serve è un intervento sulla regolazione che consenta di effettuare interventi al momento non permessi (pensiamo banalmente al fotovoltaico sulle coperture dei condomini). La SEN ipotizza investimenti per 145 miliardi al 2030, ma probabilmente se si alzeranno gli obiettivi serviranno più risorse con maggiori benefici per il Paese. E: Quali risparmi sono attesi in termini di bollette energetiche attraverso interventi di efficienza energetica coerenti con i target europei? GS: Interventi di riqualificazione energetica degli edifici possono contribuire a ridurre drasticamente le bollette

degli inquilini. Se si avvia un circuito virtuoso sia sul fronte finanziario che su quello dell’industrializzazione degli interventi, sarà possibile migliorare decisamente le prestazioni energetiche degli immobili senza investimenti diretti da parte delle famiglie (si veda l’Olanda). E: Quali sarebbero gli effetti sull’economia e l’occupazione? GS: Siamo all’inizio di una profonda trasformazione ecologica dell’economia, che al momento ha toccato solo la generazione elettrica, ma che nei prossimi anni coinvolgerà in maniera radicale i trasporti, l’edilizia, l’industria e la stessa agricoltura. Naturalmente questa transizione andrà governata con intelligenza per riuscire a catturare straordinarie opportunità sia sul fronte economico che su quello occupazionale. E: Secondo il nuovo rapporto realizzato dal programma Ambiente dell'Onu nel 2017 le risorse per la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici sono aumentate del 18%, ma mentre gli investimenti in Cina sono aumentati, allo stesso tempo sono diminuiti in Europa. Cosa raccontano questi dati? GS: Cina e India sono il nuovo baricentro “green”, ma mi aspetto un rilancio degli investimenti anche nella vecchia Europa grazie al crollo dei prezzi. E: Quali sono le prospettive delle rinnovabili in Italia? GS: Alla luce degli obbiettivi della SEN, dopo quattro anni di crescita molto limitata dovrebbe aprirsi una "fase 2" di forte dinamismo, questa volta non alimentata dagli incentivi e quindi più solida. Resta comunque decisivo l’adeguamento delle norme. Si dovrà prestare maggiore attenzione al ruolo dei consumatori-produttori, i prosumers (anche con soluzioni innovative come le tecnologie blockchain) e ai sistemi di accumulo. E: Dagli ultimi dati della Commissione Ue emerge che le emissioni di anidride carbonica nei settori regolati dal sistema Ets sono tornate a crescere per la prima volta negli ultimi sette anni. È finita la crisi? GS: In effetti nel 2017 le emissioni del comparto energivoro europeo sono aumentate dello 0,5% grazie soprattutto alle dinamiche delle industrie dell’acciaio, del cemento e del comparto dell’aviazione. È vero che il prezzo della CO2 è cresciuto a 12 €/t, ma per incidere sull’uso del carbone nella generazione elettrica, il suo valore dovrà vedere un deciso incremento. E: A che punto siamo nella partita della mobilità elettrica in Italia? GS: L’attuale situazione, sia sul fronte delle infrastrutture di ricarica che del numero dei veicoli in circolazione, dimostra lo scandaloso ritardo in cui ci troviamo a seguito della miopia di FCA e dei governi. Il forte calo dei prezzi, lo slancio dato dall’Enel e una nuova attenzione da parte del nuovo esecutivo potrebbero però avviare un rapido decollo del settore.

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energia e ambiente

Piano energia e clima, cruciale per l’Italia A COLLOQUIO CON EDOARDO ZANCHINI Vicepresidente di Legambiente

di Goffredo Galeazzi

Edoardo Zanchini - Vicepresidente di Legambiente

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Il punto di snodo di questo 2018 è la definizione del piano energia e clima che l’Italia dovrà presentare a Bruxelles entro l’anno. Ne è convinto il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini. “Il passaggio dalla Sen al piano energia e clima sarà il tema di dibattito politico in questo 2018. La novità è che si tratta di un piano nazionale in cui non solo andranno definiti i tempi della sicurezza energetica e degli approvvigionamenti, ma come questi rispondono all’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 e di penetrazione delle fonti rinnovabili”. Zanchini sostiene che “noi in Italia non abbiamo mai avuto uno strumento di questo tipo, nemmeno con la Sen. La Sen si pone obiettivi assolutamente condivisibili, per esempio sull’eliminazione del carbone al 2025 o di penetrazione del solare al 2030 e al 2050, ma in realtà non definisce i risultati in termine di riduzione della CO2, come se le due cose fossero slegate. Ma soprattutto non dice come ci si arriva perché non ci sono ancora gli strumenti per passare da circa 350 MW all’anno di solare installato a 4GW. Come si riesce a operare un miglioramento dell’efficienza energetica, in particolare nell’edilizia e nell’industria, quando gli strumenti a disposizione, dai certificati di efficienza energetica all’ecobonus, sono slegati dai risultati quantitativi”.

“Nella gestione di questo piano – è convinto - assisteremo a un passaggio culturale: non coinvolgerà solo il Mise e l’Ambiente, riguarderà la politica industriale del governo nei prossimi anni. Questa è la vera sfida in questa legislatura un po’ complicata”. E: Ma per questo passaggio culturale non serve un coinvolgimento ampio, come è previsto dalla procedura di dibattito pubblico per le grandi opere? EZ: Sul dibattito pubblico abbiamo tanto insistito, e riteniamo che sia una delle scelte più importanti della passata legislatura, di cui bisogna dar merito al ministro dei trasporti Graziano Del Rio, perché se prima le infrastrutture, i grandi impianti rappresentavano un desiderio di sviluppo, oggi non è più così. Oggi l’unica strada praticabile è informare i cittadini e farli partecipare. Speriamo che questa scelta sia portata fino in fondo. E: C’è un però da parte di Legambiente… EZ: È un errore, e lo dico da ambientalista, che le rinnovabili non rientrino tra le opere da assoggettare al dibattito

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pubblico al contrario dei grandi impianti energetici, le centrali e gasdotti. È paradossale che mentre in Puglia la costruzione del Tap trova una forte opposizione, in Abruzzo l’intera comunità è contraria al gasdotto Snam in un’area a rischio sismico, la loro realizzazione avvenga nel silenzio più totale. In futuro dovrà essere diverso. Andranno spiegate le motivazione di un’opera. Se l’impresa è convinta della sua bontà, non deve avere paura del cittadino. E: In questo scenario di dibattito, secondo Legambiente, è quindi particolarmente importante inserire anche i grandi progetti rinnovabili. EZ: Se l’eolico offshore fosse gestito con una procedura pubblica attraverso cui si individuano le poche aree in cui si può sviluppare e si attiva una gara per capire quali sono le imprese private disponibili a investire, in Puglia non si avrebbe quella ribellione che c’è periodicamente quando si propone un impianto eolico. Se non è chiaro se si tratta dell’unico progetto o se ce ne sono altri, da chi viene gestito, chi c’è dietro quella società, allora la risposta di sindaci e cittadini è no. Gestire queste procedure nascondendo i progetti non è più possibile. La qualità dei progetti e la trasparenza delle procedure sono l’unica garanzia che nei prossimi anni si sviluppino 40 GW di solare nelle diverse forme, che aumentino gli impianti eolici, anche attraverso un rewamping, che siano fatti gli impianti a biometano e a biomasse. Tenendo presente che è molto più complicato gestire migliaia di richieste per le rinnovabili rispetto a quando veniva proposta la costruzione di 4 o 5 grandi centrali elettriche. E: Da anni Legambiente collabora con il Gse... EZ: Con l’iniziativa Comuni Rinnovabili, insieme al Gse, abbiamo raccontato lo scenario energetico da un punto di vista particolare che è quello dal basso, ovvero di quanti e dove sono gli impianti Fe. All’inizio sembrava un discorso un po’ astruso perché l’energia è fatta da grandi player che devono garantire la sicurezza del sistema. Invece nel 2018 le direttive europee apriranno le porte a due grandi innovazioni, quella dei diritti dei prosumer e quella dei sistemi di distribuzione chiusi. Questo rappresenterà un enorme cambiamento perché nel nostro paese i prosumer sono ostacolati, fare aggregazioni in cui ci si scambia l’energia da rinnovabili è vietato. Questo raccontiamo: comunità, distretti e imprenditori che sono diventati rinnovabili al 100% con risorse proprie, creando valore e sviluppo a livello locale.

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E: A questo si lega il discorso della vivibilità delle città... EZ: Occorre affrontare la grande emergenza legata all’inquinamento delle città, di cui sono causa principale la mobilità e il riscaldamento urbano. Per cambiare questo degrado anche in Italia si è investito su metropolitane e tram. Questa è la direzione per il trasporto pubblico. Poi c’è l’altra grande rivoluzione della mobilità elettrica. Ci sono città europee, quali Oslo, Parigi, Londra, che stanno andando verso una mobilità pubblica tutta elettrica, permettendo la circolazione solo con vetture elettriche o ibride. Poi, per Legambiente,l’altra sfida è trasformare l’aspetto sociale delle città, che non è solo un problema di tecnologie, per rendere gli spazi urbani accoglienti. Bisogna offrire una organizzazione diversa della città, in cui sia possibile non usare la macchina e di avere orari di lavoro e di vita diversi. E: Il gas rappresenta il combustibile fossile della transizione. Come si gestisce questo passaggio in maniera conveniente per l’Italia, per le imprese, per il cittadino? EZ: Ci vuole un’idea di come si costruisce la transizione che non crei danni economici al paese e garantisca la sicurezza energetica. Legambiente ha prefigurato uno scenario al 2030 e al 2050 coerente con gli accordi europei e l’accordo di Parigi, in cui il gas avrà ancora un ruolo importante fino al 2030. Dopo calerà negli usi civili, nel riscaldamento perché si andrà verso una elettrificazione spinta e una maggiore efficienza energetica, e nella produzione di energia elettrica, mentre crescerà il biometano soprattutto nei trasporti navali e nell’autotrasporto.



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Resilienza... quando il gioco si fa duro

Stefano Besseghini - Presidente e AD RSE

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di Stefano Besseghini

Resilienza. Un nome che dalla scienza dei materiali si è via via esteso ad altri campi ad indicare la capacità di un sistema di garantire una funzionalità in condizioni lontane dalla normalità. È un concetto affascinante perché è un po’ fuzzy. In qualche modo intermedio tra la ingegneristica certezza della resistenza e la adattabilità della elasticità, la resilienza contiene in sé l’idea stessa di emergenza. La resilienza entra in campo quando le condizioni operative del sistema sono lontane dalla ordinarietà e chiama a raccolta tutte le risorse possibili cui il sistema può attingere per garantire l’adempimento delle proprie funzioni. E allora, il concetto di resilienza si allarga a servizi e funzionalità che possono integrare gli aspetti di progettazione propri del sistema. Un ulteriore fascino legato al tema della resilienza è che offre una terza via alla semplicistica visione che per rendere un sistema più sicuro sia necessario farlo più robusto e più ridondante. La resilienza porta con sé anche un concetto di efficienza e di uso consapevole delle risorse che si hanno a disposizione. Uso consapevole nel senso di un utilizzo che si poggia su una profonda conoscenza dei sistemi, sulla disponibilità di misure in grado di descrivere con precisione il sistema stesso e la sua evoluzione in ogni momento. Garantire la resilienza di un sistema vuol dire anche saperlo gestire nella sua evoluzione in maniera dinamica, ponendo in essere quelle azioni correttive minime in grado di ripristinarne la funzionalità, intervenendo quindi anche sulla natura e quantità dei costi connessi resi anch’essi proporzionali all'intensità del danno. Le infrastrutture critiche su cui il nostro sistema di vita si poggia in maniera sempre più inconsapevole stanno conoscendo crescenti “attacchi” derivanti da mutate condizioni ambientali e climatiche, da rischi antropici legati a tensioni geopolitiche, dalla inclusione nel perimetro del sistema dell’utente finale in un quadro di profonda trasformazione guidato da due parole chiave: decarbonizzazione e digitalizzazione. Le stesse parole chiave hanno investito ormai da tempo il settore energetico, quello elettrico in particolare, che di molti altri sistemi rappresenta la principale tecnologia abilitante. RSE nell’ambito della ricerca di sistema ha sviluppato alcuni strumenti specifici a supporto della resilienza del sistema elettrico, che già oggi rappresentano un risultato dello sforzo di ricerca profuso in tempi non sospetti. Sbaglia chi ritiene che il tema della resilienza è unicamente legato alle sollecitazioni ambientali. La progressiva digitalizzazione di ogni aspetto della nostra società non

può lasciare immune il sistema elettrico e per questa via sta guadagnando crescente attenzione una ulteriore minaccia: il cyber crime. Si tratta certamente di un caso particolare di “causa esogena di origine antropica” ma - se particolarmente pericoloso per la sua capacità di minare la sicurezza del sistema in maniera molto imprevedibile e con il potenziale di infliggere danni in maniera simultanea su più fronti - è forse lo scenario peggiore anche per un sistema resiliente. Un'ultima considerazione merita di esser dedicata alla relazione che esiste tra resilienza e popolazione. Come detto, migliorare la resilienza dipende in primis dall’uomo, per quanto attiene sia alle soluzioni tecniche sia agli aspetti organizzativi; e non si può dimenticare che questi aspetti sono condizionati dalle scelte strategiche, i driver di politica energetica, economica e ambientale, il quadro regolatorio e le strutture di mercato. Eppure proprio perché la resilienza è un concetto più ampio della sola tecnica un aspetto da non trascurare è che la resilienza coinvolge appieno anche la popolazione. Per questo motivo RSE ha avviato un lavoro di collaborazione e di contatto con la protezione civile. Gli interventi di resilienza spettano senza dubbio alla responsabilità degli operatori, ma la protezione civile gioca un ruolo importantissimo nel recepire tra le proprie priorità gli interventi di ripristino delle infrastrutture critiche attivando anche quei canali di comunicazione e di formazione delle popolazioni che possono aiutare a diminuire gli aspetti critici nell'emergenza. Azioni consapevoli da parte della popolazione, infatti, possono alleviare il carico sulla infrastruttura o facilitare l’intervento di rispristino. In questa direzione c'è ancora molto lavoro da fare anche, e forse soprattutto, alla luce della diffusione dei sistemi di generazione distribuita che, con un approccio non ancora sufficientemente indagato, potrebbero rappresentare delle importanti risorse cui affidare l’operatività del sistema in condizioni di emergenza.

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Ecco cosa manca alla SEN IL PUNTO DI VISTA DI EDO RONCHI Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile

Edo Ronchi - Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile

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di Elena Veronelli


Gli obiettivi della Strategia energetica nazionale (SEN) sono ora molto ambizioni. Ma come ci arriviamo, con quali misure e politiche? È questa la domanda cruciale che pone Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. E: Cosa ne pensa della Strategia energetica nazionale varata dal governo? Gli obiettivi sono adeguati? ER: Guardando all’accordo di Parigi, l’Italia non è ancora in traiettoria. Tuttavia rispetto al testo andato in consultazione ci sono stati notevoli passi avanti. Gli obiettivi sono stati rimodulati, in particolare per le rinnovabili termiche, elettriche e nei trasporti sono parecchio impegnativi e performanti. Al 2030, infatti, la nuova SEN indica un target per le rinnovabili pari al 28% del consumo finale lordo che, tenendo conto dell’obiettivo sull’efficienza energetica pari a 10 Mtep di risparmio aggiuntivo, significherebbe arrivare a circa 30 Mtep di consumo energetico da fonti rinnovabili. Secondo la nuova SEN al 2030 dovremmo quindi consumare circa 10 Mtep in più di rinnovabili rispetto al 2015, con un tasso di crescita medio annuo di circa 0,67 Mtep: non ancora in linea con la traiettoria dell’accordo di Parigi, ma comunque circa 5 volte maggiore di quello dell’ultimo triennio. Un altro buon segnale è rappresentato dalla decisione di chiudere entro il 2025 le centrali a carbone ancora funzionanti. E: Quali sono i punti di debolezza che permangono? ER: Il punto debole riguarda la mancanza di misure. La nuova SEN non ci dice come dovremo fare - quali strumenti, quali nuove politiche e misure dovremo adottare - per correggere il rallentamento in atto negli ultimi anni della produzione di energia da fonti rinnovabili e per raggiungere gli obiettivi al 2030. Ad esempio i target della nuova SEN richiederebbero che la crescita annua di eolico e fotovoltaico fosse più che triplicata rispetto a quella degli ultimi tre anni. Anche per i trasporti viene indicato un obiettivo impegnativo: il 21% di rinnovabili sul consumo, il triplo del dato attuale. E per le fonti rinnovabili termiche l’obiettivo è del 30% al 2030, che vorrebbe dire farle cresce di oltre un terzo rispetto al dato attuale, fermo da alcuni anni. E come ci riusciamo, con quali strumenti? Questo è un tema che è rimasto aperto ed è certo che non basterà qualche aggiustamento. Perché con l’attuale sistema non si raggiungono gli obiettivi indicati, servono nuove misure integrative. E: Proposte? ER: Per raggiungere i nuovi obiettivi ci devono essere novità importanti. La gamma delle misure da adottare è ampia: dal rinnovo degli impianti esistenti alle semplificazioni, dalle misure fiscali agli incentivi in tariffa. In particolare possono essere vincenti le agevolazioni fiscali sugli investimenti, i tassi agevolati per gli investimenti, le agevolazioni con aumento della potenza istallata per il rinnovo degli impianti esistenti e anche un po’ più di ritocco agli incentivi che vanno in tariffa. Inoltre è essenziale qualche forma di carbon tax.

E: Tuttavia la transizione energetica non significa solo abbandono delle fonti fossili, ma anche un futuro in cui le fonti rinnovabili siano in grado di reggersi senza incentivi… ER: Bisogna stare molto attenti alla maturità di queste tecnologie perché negli ultimi tre anni abbiamo rallentato parecchio. Il costo che dobbiamo pagare senza un’adeguata diffusione di energie rinnovabili è la crisi climatica. E questo vantaggio va riconosciuto, anche con strumenti fiscali. E: La transizione energetica porta benefici anche economici, oltre che ambientali? In che modo? ER: Porta benefici, ad esempio, per la diminuzione del costo dell’importazione. Un conto è fare degli investimenti nazionali che hanno benefici ambientali, un conto è pagare l’approvvigionamento energetico delle fonti fossili. E: Però uno dei problemi del settore è che in realtà l’Italia non ha sviluppato una filiera delle rinnovabili, quindi anche qui dobbiamo importare… ER: Ci sono anche alcune componenti delle rinnovabili che importiamo però l’incidenza percentuale è molto minore. Poi dipende dalla fonte. Per l’eolico la quota nazionale è piuttosto importante e potrebbe crescere ancora se avessimo un mercato interno più sicuro. Nel solare siamo i leader mondiali per quel che riguarda gli inverter. Poi c’è tutta l’infrastruttura che regge il wafer fotovoltaico. Anche nell’idroelettrico siamo tra i leader. Direi che per alcuni aspetti siamo ben messi, per altri meno. E: Secondo i dati dell’Enea nel 2017 è arretrata la transizione energetica… ER: C’è stato un calo troppo brusco degli incentivi. E non ci sono state altre misure in agevolazione. Anche se non direttamente in tariffa si potevano pensare misure che potessero avere riflessi significativi sul settore. E: I nuovi incentivi al settore per il triennio 2018-2020, che dovevano quindi partire quasi tre mesi fa, non vedono luce. Il governo sta ancora lavorando sullo schema di decreto… ER: Non è sufficiente: se incrociamo gli obiettivi del decreto con quelli della SEN i conti non tornano. Sono troppo bassi e le quote troppo limitate. Poi bisognerebbe fare qualcosa sulla carbon tax e sulle agevolazioni fiscali per gli investimenti. Non dobbiamo limitarci solo alla parte che va in tariffa. Se rimane questo schema non siamo assolutamente in traiettoria con gli obiettivi fissati. E: Però si valorizza molto il fotovoltaico… ER: Noi abbiamo provato a fare i calcoli su quanto viene in Terawattora, li abbiamo incrociati con gli obiettivi della SEN: siamo molto al di sotto.

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Ocsit, un anno in crescita INCONTRO CON MARCO PRIMAVERA Responsabile dell’Organismo centrale di stoccaggio italiano Autorizzazione per emettere un’emissione obbligazionaria, raggiungimento di circa 1.200.000 tonnellate di scorte nel 2018 ed un ulteriore efficientamento del sistema. Dopo quasi cinque anni di attività, Marco Primavera, responsabile dell’Organismo centrale di stoccaggio italiano, fa il punto della situazione.

Marco Primavera - Responsabile dell’Organismo centrale di stoccaggio italiano

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di Luca Speziale


E: Nel panorama “dei prodotti petroliferi”, l'Organismo centrale di stoccaggio italiano è ormai una consolidata realtà. Quali sono i principali risultati raggiunti negli ultimi dodici mesi e le evoluzioni future?

Infatti, i dati di bilancio consuntivi evidenziano nel 2017 una minore spesa del 18%, nel 2016 una riduzione del 19% e nel 2015 del 34%, nonostante l’aumento delle scorte detenute per ognuno degli anni di attività.

MP: Lo sviluppo dell’attività è stato costante, sempre con l’obiettivo primario di un maggiore efficientamento del sistema. Ad esempio, ultimamente, si sono perfezionate le procedure di acquisto tramite un processo d’informatizzazione. Ciò ha permesso un’accelerazione dei processi di gara e una più facile gestione delle eventuali consegne fisiche dei prodotti. Invece, relativamente agli aspetti finanziari, per diversificare la modalità di approvvigionamento del capitale necessario per procedere agli acquisti, AU nelle funzioni di OCSIT ha ricevuto un’autorizzazione da parte del MISE, sentito il MEF, per emettere un’emissione obbligazionaria per un importo compreso tra i 300 e i 600 milioni di euro e una durata compresa fra i 5 e i 10 anni. Si tratta di un salto di qualità del nostro modello di gestione su cui siamo fortemente impegnati.

E: La creazione di OCSIT ha generato delle economie per il sistema? MP: Sì, e queste “economie” sono state ottenute sia dal lato dei costi relativi allo stoccaggio che degli oneri finanziari. Per quanto riguarda i costi relativi allo stoccaggio, grazie all’impianto contrattuale definito che crea condizioni standard per l’intero settore petrolifero, il meccanismo competitivo e trasparente di gara utilizzato fa sì che si possano individuare i fornitori del servizio meno costosi. In riferimento agli oneri finanziari, l’OCSIT ha ottenuto per i suoi finanziamenti un tasso inferiore a quello praticato alla media dei player del settore e sicuramente più competitivo rispetto a quello dei migliori operatori. Ad esempio, nel 2017, cogliendo l’opportunità di condizioni favorevoli del mercato bancario, ha siglato un nuovo finanziamento quinquennale a tassi ancora più competitivi (0,73 %).

E: In merito alle scorte, ad oggi, a che punto siamo? E: Concludendo, chi trae vantaggio dell’attività di OCSIT? MP: L’OCSIT, attualmente, detiene circa 1.200.000 tonnellate di scorte di prodotti petroliferi, pari a 12 giorni (2 in più rispetto ai 10 giorni previsti dal piano originale) di copertura dell’intero consumo nazionale. E: Parlando di budget, quanto è previsto nel 2018/2019? Come sono andati i consuntivi rispetto a quanto previsto? MP: Il budget previsto è pari a 28.325 milioni di euro. Nel budget OCSIT rileva esclusivamente la previsione dei costi (di stoccaggio, di struttura e degli oneri finanziari derivanti dal finanziamento acceso per l’acquisto delle scorte), mentre la spesa per l’acquisto dei prodotti non è a carico degli operatori petroliferi, ma è attualmente finanziata dalle banche e, a breve, anche tramite prestiti obbligazionari. Inoltre, tra le priorità, c’è sempre stata quella di contenere i costi, risultato costantemente raggiunto in tutti questi anni.

MP: Nei suoi primi cinque anni di vita, di cui quattro a pieno regime, OCSIT ha attuato, come precedentemente spiegato, una politica di efficienza connessa anche ad una riduzione dei costi che è a vantaggio, nello specifico, di tutti gli operatori del settore petrolifero e più in generale del sistema nella sua totalità. In quest’ottica di efficientamento, l’OCSIT sta anche rafforzando la sua partecipazione attiva in ambito internazionale.

Box Come membro dell'Unione Europea e dell'Agenzia Internazionale dell'Energia (AIE), l'Italia ha l'obbligo di mantenere scorte petrolifere per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti in caso di crisi nazionale o internazionale, ai sensi della Direttiva UE 2009/119/CE. Il Decreto Legislativo N. 249 del 31 dicembre 2012 ha stabilito le nuove modalità di gestione delle scorte petrolifere di sicurezza e ha previsto l'istituzione dell'Organismo Centrale di Stoccaggio Italiano (OCSIT), le cui attività e funzioni sono state affidate ad Acquirente Unico Spa sotto la vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico. www.ocsit.it

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Lavoriamo per un’energia migliore PARLA GIOVANNI BARTUCCI Amministratore Delegato Bartucci SpA e Vicepresidente Esecutivo di Alperia Bartucci SpA

Giovanni Bartucci - Amministratore Delegato Bartucci SpA e Vicepresidente Esecutivo di Alperia Bartucci SpA

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di Gabriella Busia


L’azienda Bartucci nasce a Soave 17 anni fa e opera nella progettazione e realizzazione di interventi di efficienza energetica a livello industriale. Subito dopo si accredita tra le più importanti ESCO del nostro paese e diventa SpA nel 2014. Alla fine del 2017 il 60% dell’azienda viene acquisito da Alperia, importante utility altoatesina. Giovanni Bartucci, amministratore delegato Bartucci SpA e vicepresidente esecutivo di Alperia Bartucci SpA spiega ad Elementi il senso e la finalità l’unione tra le due società italiane. E: Ingegner Bartucci quali motivi vi hanno spinto alla fusione con Alperia? GB: Negli ultimi anni il mercato dei servizi per l’efficienza energetica si è caratterizzato da repentini movimenti di aggregazione tra soggetti detentori di knowhow di taglia tendenzialmente piccola e con limitate capacità finanziarie, e soggetti storicamente esposti nel settore energetico con bassa specializzazione ma elevata penetrazione commerciale e capacità finanziaria. Aggregazioni che hanno portato alla nascita di diverse utilities e società energetiche in genere. Questa dinamica porterà ad una offerta di servizi nuova, con maggior capacità di penetrazione commerciale e più elevata sostenibilità finanziaria. La nostra scelta di sposare una utility energetica ci permetterà di andare nella stessa direzione con in più la libertà, garantita dai patti condivisi grazie alla lungimiranza dimostrata del management di Alperia, di sviluppare l’offerta di quelli che noi chiamiamo Advanced Energy Services. Servizi focalizzati alla gestione e al miglioramento dell’utilizzo dell’energia nelle attività produttive e commerciali come anche nel settore residenziale. E: In che modo sta cambiando la realtà lavorativa della sua azienda? GB: In verità non è cambiata se non nella diffusa consapevolezza di far parte di un gruppo solido e serio, e di poter affermare le nostre capacità di offrire servizi avanzati con maggiore serenità e incisività. Anche questo grazie al clima entusiastico di collaborazione che si è respirato fin dai primi approcci con Alperia. E: Può parlarci dell’Energy Performance Contract (EPC)? GB: Si tratta di un accordo tra noi e un’azienda cliente che vuole migliorare le proprie prestazioni energetiche. In primis individuiamo gli investimenti utili al raggiungimento dell’efficienza energetica, dopodiché ci assumiamo l’onere finanziario per l'acquisto e installazione delle tecnologie. Il diritto d’utilizzo delle tecnologie viene poi concesso al cliente per 5-7 anni, nei quali monitoriamo e certifichiamo costantemente i risparmi energetici ed economici raggiunti. Tali risparmi vengono quindi condivisi col cliente, nostro partner, con l’obiettivo comune di massimizzarli. Questa formula contrattuale (EPC shared savings) garantisce quindi implicitamente i risparmi. Il vantaggio economico per la realtà industriale che si affida a noi è l’implementazione di un sistema di Energy Management senza un esborso economico iniziale. Il nostro (condiviso col cliente) consiste nel successo dell’intervento: “più energia facciamo risparmiare all’azienda, più guadagniamo tutti”. Attualmente abbiamo 21 progetti EPC in essere.

E: In che modo vi occupate di efficientamento degli edifici? GB: La nostra Business Unit Building Efficiency Solutions nasce con l’obiettivo di diffondere l'efficienza energetica anche nel settore degli edifici: privati, residenziali e non, nonché la Pubblica Amministrazione. Il nostro ventennale know-how come ESCO leader nel settore industriale italiano ci consente di avere un approccio innovativo in cui finanziamo gli interventi in modalità ESCO nel settore degli edifici, promuovendone la riqualificazione energetica e di conseguenza la rivalutazione economica. Il portafoglio commerciale è completo e integrato così da soddisfare qualunque necessità del cliente: dal cappotto termico ai serramenti, dagli impianti agli ausiliari, dalla building automation al monitoraggio, oltre alle tradizionali consulenze energetiche quali audit, richiesta di incentivi, progettazione, certificazioni energetiche, efficienza comportamentale. E: Progetti per il futuro? GB: I progetti per il futuro sono più che altro sfide: la prima è dimostrare che questa operazione è in grado di sfruttare al meglio le sinergie di partnership tra realtà così diverse per vocazione e dimensioni, ma unite dallo stesso mercato. La seconda è creare valore sempre di più attraverso investimenti in ricerca e sviluppo, ambito nel quale siamo tra le ESCO più avanzate nel panorama nazionale.

Gli obiettivi per il risparmio energetico In Mtep (milioni di tonnellate equivalenti petrolio)

6,75

7

5,6

6

5

4,45

4

3,5 2,85

3

1,8

2

1

0,85

0 ‘14

‘15

Conto termico

‘16

‘17

Detrazioni fiscali

‘18

‘19

‘20

Certificati bianchi

Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico

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Sviluppo sostenibile, sfida per le cittĂ di domani Azioni e buone pratiche per progettare cittĂ intelligenti e resilienti di Alessandro Pellini e Antonio Rizzi

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L’obiettivo numero 11 dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile sottolinea che è necessario rendere le città inclusive, sicure, resilienti e sostenibili, essendo questi i luoghi che concentrano idee, commercio, cultura, scienza e sviluppo sociale. Con il passare del tempo, l’evoluzione degli spazi urbani non ha portato solo opportunità, ma anche possibili minacce dettate essenzialmente dalla pressione antropica e dalla conseguente crescita delle città. Pertanto, si sono determinate vere e proprie sfide per mantenere gli agglomerati urbani in una situazione in cui si continuino ad assicurare le condizioni socio-economiche senza che siano compromessi i pilastri essenziali della vivibilità. I centri urbani possono avere un ruolo da protagonisti per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile; questo per il fatto che nelle grandi città si concentra l'80% delle attività economiche globali e, di conseguenza, la maggior parte delle emissioni climalteranti. Le città consumano più di due terzi di tutta l’energia prodotta e sono i luoghi ove si genera circa il 70% delle emissioni globali di CO2, contribuendo in modo preponderante al cambiamento climatico. Allo stesso tempo le città sono vittime delle azioni inquinanti, essendo spesso interessate da disastrose calamità naturali, quali frane, inondazioni e altri avvenimenti climatici estremi.

Ma come si possono conciliare gli impetuosi scatti demografici ed economici con le tante criticità che affliggono le conurbazioni metropolitane delle grandi città occidentali - e ancor di più - di quelle dei Paesi in via di sviluppo? Le esperienze in merito sono tante ed è opportuno monitorare su scala globale la miriade di politiche messe in atto per rendere più sostenibili questi ambienti troppo spesso vessati dal fattore antropico. Un recente studio condotto dalle Università di Newcastle nel Regno Unito e Twente in Olanda, "How are cities planning to respond to climate change?" con la collaborazione di 30 ricercatori europei tra cui l’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale del Consiglio nazionale delle Ricerche, riporta quello che è lo stato della pianificazione locale in risposta ai cambiamenti climatici, dopo aver raccolto e analizzato informazioni di 885 città dei 28 stati membri dell'UE sulle azioni di mitigazione del clima e sui piani di adattamento intrapresi a livello locale. I risultati evidenziano che il 66% delle città monitorate ha in atto un piano di mitigazione o adattamento, il 26% dispone di un piano di adattamento e il 17% di un piano integrato che copre entrambi gli aspetti. Fra le forme di pianificazione ambientale locale, il Patto dei Sindaci è probabilmente quella più emblematica, visto che coinvolge direttamente città grandi e piccole, attraverso un

Status delle politiche climatiche locali e piani di tipo A1 e A2 in 885 città dell'unione europea

City with migration LCP only City with adaptation LCP only City with separate migration and adaptation plans City with joint migration and adaptation LCP City without LCP Capital

Fonte: Università di Twente e Newcastle

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network internazionale in cui si confrontano e monitorano politiche di promozione della sostenibilità a tutto tondo. Sono più di 7.700 i comuni europei firmatari, per un bacino di oltre 250 milioni di abitanti coinvolti, tutti accomunati dalla medesima visione per il futuro: accelerare la decarbonizzazione dei territori, rafforzandone la capacità di adattarsi agli impatti dovuti al cambiamento climatico e consentendo ai cittadini di accedere a un'energia più accessibile, sicura e sostenibile. Questa visione che mette le città al centro del governo della transizione energetica si coniuga simbioticamente con l'attuazione dell'obiettivo comunitario di riduzione del 40% dei gas a effetto serra entro il 2030, legittimando l’utilità di un approccio comune, da parte degli enti locali, nell’affrontare l'adattamento ai cambiamenti climatici in atto. D’altronde la portata del climate change è senz’altro globale, ma le soluzioni da implementare vanno calate localmente ed è per questo che le grandi città sono in prima linea nella lotta contro il cambiamento climatico. Durante la COP 21, tenutasi a Parigi nel 2015, si è svolto il più grande incontro internazionale di amministratori locali mai organizzato prima sulle problematiche del clima: circa 1.000 sindaci presenti per un vertice parallelo alla COP21. Un evento bissato un anno dopo a Città del Messico in occasione del C40, rete che in questi anni ha creato un network di oltre 80 metropoli che condividono problemi e soluzioni riguardanti il riscaldamento globale. È fondamentale, sulla base di quanto hanno condiviso i rappresentanti di queste città, che contano oltre 600 milioni di abitanti e un quarto del

PIL mondiale, lavorare prioritariamente su settori chiave quali architettura, consumo di suolo, energia, rifiuti e trasporti. Proprio l’energia rappresenta uno dei settori che maggiormente catalizzano cospicui investimenti e obiettivi ambiziosi: gli energy citizens (coloro che producono energia e ne fanno un uso consapevole e razionale), come riporta l’Energie Atlas pubblicato ad aprile 2018 dalla Fondazione Heinrich Böll in collaborazione con la European Renewable Energies Federation, avranno un ruolo sempre più indispensabile all’interno della transizione energetica europea. Non siamo troppo lontani da uno scenario in cui la combinazione di comunità energetiche, prosumer (il cittadino che produce e consuma energia rinnovabile) e buone pratiche delle amministrazioni comunali, riveda profondamente il panorama di riferimento cui siamo abituati. Come? Certamente con l’implementazione di tecnologie a basse emissioni di carbonio soprattutto nell’ambito della mobilità, standard ambientali più elevati, incentivi fiscali dedicati e investimenti a favore di sistemi di trasporto pubblici e privati, tramite i quali conseguire risultati più efficaci in termini di sostenibilità sia ambientale che economica. Questo comporta che i cittadini europei, specialmente quelli residenti nelle grandi città, accettino di pagare qualcosa in più per avere una mobilità pulita e totalmente nuova, rispetto a quella tradizionale fortemente legata alle fonti fossili, con indubbi benefici per l’intero sistema sotto il punto di vista ambientale. Lo scorso marzo il GSE ha pubblicato l’analisi “Città sostenibili: buone pratiche nel mondo”, una ricognizione di esperienze virtuose sperimentate

Obiettivo 70%: composizione del mix di elettricità urbana in 69 città europee (dati riferiti al periodo 2015-2017) Elettricità da fonti rinnovabili Mix con almeno il 70% Mix energetico con meno del 70%

Rinnovabili Fossili Nucleare Non noto

Fonte: Energie Atlas 2018 - Heinrich Boll Stiftung

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La ricognizione GSE città sostenibili: buone pratiche nel mondo, marzo 2018 Città

Abitanti

Ambito

Azione

(mln) Amburgo

1,8

Mobilità sostenibile

Cintura verde percorribile a piedi

Anversa

0,5

Mobilità sostenibile. Marketplace for mobility

Mix di soluzioni di trasporto e intermodalità

Bristol

0,4

Soluzioni integrate. The Bristol Method

Azioni plurime: cibo e natura, conservazione risorse, economia, energia, trasporti

Budapest

1,7

Mobilità sostenibile

Efficientamento del parco autobus circolanti

Copenaghen

0,6

Mobilità sostenibile

Piste ciclabili e parcheggi intermodali

Francoforte

0,7

Rinnovabili, autonomia energetica, efficienza

Bonus per riduzione consumi elettrici

Ginevra

0,2

Mobilità sostenibile

Rete urbanistica per la mobilità pedonale

Helsinki

0,6

Mobilità sostenibile

Infomobilità all'avanguardia per orari, pagamenti e tragitti

Honk Kong

7,3

Piano d'azione per il clima al 2030

Green Procurement ed Ecobusiness Model

Londra

8,8

Sustainabler city awards 2017

Premi "Green Business" e Programma Healty Street

Lubiana

0,3

Mobilità sostenibile

Riduzione del numero di spostamenti in auto

Malmö

0,3

Green building, rifiuti, mobilità

Low emission zone e flotta municipale a basse emissioni

Manchester

0,5

Cultura sul cambiamento climatico

Arts Sustainability Team Cultura per il cambiamento climatico

Milano

1,4

Mobilità sostenibile

Istituzione area C, bike sharing, Pass Mobility

Oslo

0,7

Mobilità sostenibile

Sgravi fiscali per chi acquista un'auto elettrica

Parigi

2,3

Mobilità sostenibile, promozione dell'innovazione

"Granite Paris Finance Plus" e bando auto inquinanti

Praga

1,3

Mobilità sostenibile: Praga city lab

Piano metropolitano Compact City

Madrid

3,1

Mobilità sostenibile

Riduzione e contrasto all'uso provato dell'automobile

Seoul

10,1

Produzione energia da FER e risparmio energetico

Risparmio energetico e famiglie premiate con punti per acquisti green

Singapore

5,5

Urban green planning

Guida automatizzata

Stoccolma

0,9

Produzione e consumo di energia, performnance edifici, trasporti

Primato del trasporto pubblico, veicoli elettrici e logistica merci ottimizzate

Vienna

1,8

Progamma integrato di contrasto ai cambiamenti climatici

Ecoprocurement ed Ecobuisness Plan

Zurigo

0,4

Efficienza energetica, produzione da FER, mobilità sostenibile

Standard energetico a basso consumo nell'edilizia e coperto da FER

in città di differenti dimensioni e localizzazioni, potenzialmente replicabili anche in altri centri urbani. Il monitoraggio delle buone pratiche relative allo sviluppo sostenibile in ambito urbano spazia in maniera trasversale in ambiti di intervento ambientale, energetico ed infrastrutturale molto diversi fra loro, così sintetizzabili: • riduzione delle emissioni mediante l’impiego di fonti rinnovabili • efficientamento energetico degli edifici e degli spazi pubblici • mobilità, infrastrutture e trasporti • vivibilità urbana e benessere del cittadino La maggior parte dei casi citati dal GSE afferiscono proprio all’ambito mobilità: Milano, ad esempio, si è particolarmente distinta aggiudicandosi l'Eurocities Award nel 2015, grazie a progetti come l'Area C, una nuova linea della metropolitana e il Pass Mobility, che hanno consentito di ridurre l'uso dell'auto privata del 30%. Sempre in tema di mobilità, si può citare il caso di due capitali europee, Oslo e Parigi, che hanno promosso sgravi fiscali a chi acquista un’auto elettrica. Un buon mix di intermodalità tra soluzioni di trasporto, infomobilità e riduzione degli spostamenti in auto è alla base delle esperienze registrate ad Anversa, Copenaghen, Helsinki, Lubiana, Madrid e Stoccolma. Premialità e bonus ad hoc per incentivare comportamenti virtuosi sono alla base delle iniziative portate avanti a Francoforte, Londra e Seoul. Com’è facile intuire, il tema della mobilità è fra

i più presenti all’interno dei ranking di sostenibilità stilati da istituti di ricerca e università di tutto il mondo: lo spostamento di persone e merci è di cruciale importanza per rendere le metropoli meno caotiche e farne i luoghi simbolo della transizione energetica in atto. I networks internazionali che mettono in risalto l’operato di quelle città virtuose, che negli anni scorsi hanno investito molto nelle politiche di promozione e sviluppo della sostenibilità, rappresentano un barometro della percezione consapevole della questione ambientale in questo inizio di terzo millennio. Le principali criticità che affliggono le grandi città si riscontrano generalmente sulla mobilità, sulla mancanza di fondi per garantire servizi di base (è il caso della povertà energetica) e sulla carenza di politiche abitative e infrastrutturali efficaci. Per questo è necessario prestare la massima attenzione alle sfide che le città dovranno affrontare nei prossimi anni, nel concorrere al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile prefissati, ottimizzando l'uso delle risorse e riducendo inquinamento e povertà. Le città devono garantire servizi irrinunciabili connessi ad ambiente, edilizia, energia e trasporti e per farlo sono necessarie agende serrate, obiettivi sfidanti e scelte consapevoli, che solo governanti coraggiosi e comunità partecipi potranno adottare nell’esclusivo bene delle future generazioni.

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verifiche e ispezioni

Le verifiche sugli impianti termoelettrici alimentati a biogas di Stefano Esposto e Gero Territo

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Che cos’è il biogas? Il biogas è un gas costituito prevalentemente da metano e anidride carbonica che si origina in seguito a un processo batterico di fermentazione di materiale organico di origine vegetale e animale. È possibile produrre il biogas da varie matrici organiche: residui colturali, deiezioni animali, scarti organici agro-industriali, colture energetiche, rifiuti conferiti in discarica, frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, scarti di macellazione, per esempio. Il biogas presenta un buon potere calorifico dovuto al contenuto di metano e, pertanto, ben si presta ad una valorizzazione energetica, effettuata di solito mediante l’alimentazione di motori endotermici accoppiati a generatori per la produzione di energia elettrica e calore.

Come è costituito un impianto a biogas? Nel caso di impianti alimentati da biogas prodotto dalle discariche, le principali parti dell’impianto sono:

Schema semplificato impianto a biogas da discarica

discarica controllata pozzi di captazione del gas

• sezione di estrazione del biogas, tramite pozzi di captazione • sezione di aspirazione e condizionamento del biogas • sistema di produzione dell’energia elettrica e connessione alla rete

trasformatore rete

gruppo elettrogeno

collettori del gas

aspirazione e trattamento gas

Negli altri casi, l’impianto generalmente prevede: • • • • •

torcia

una sezione di stoccaggio e trattamento della matrice organica una sezione di fermentazione atta a produrre e a raccogliere il biogas una sezione di aspirazione e condizionamento del biogas il sistema di produzione dell’energia elettrica e connessione alla rete la sezione di trattamento del digestato riutilizzato a scopi agricoli

Schema semplificato impianto a biogas da digestione

COLTURE DEDICATE DEIEZIONI ANIMALI FORSU SOTTOPRODOTTI AGRICOLI E FORESTALI

CALORE

COGENERATORE

BIOGAS

ENERGIA ELETTRICA

DIGESTATO

PRODUTTORE BIOGAS PRODUTTORE BIOGAS

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Evoluzione normativa Nel corso degli anni sono stati previsti vari meccanismi incentivanti dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e, quindi, anche dell’energia prodotta dagli impianti a biogas. L’impulso maggiore alla costruzione di nuovi impianti a fonte rinnovabile si è avuto con l’emanazione del Decreto legislativo n.79/1999 (c.d. Decreto Bersani) che, fra l’altro, ha introdotto il sistema di incentivazione mediante i Certificati verdi. Successivamente al Decreto Bersani, altri Decreti si sono nel tempo succeduti, fino al D.M. 18 dicembre 2008 che ha introdotto un nuovo meccanismo incentivante denominato Tariffa Fissa Onnicomprensiva per l’energia immessa in rete da impianti di generazione di potenza inferiore ad 1 MW. Per ultimi, il D.M. 6 luglio 2012 e il D.M. 23 giugno 2016 hanno rivisto il meccanismo di incentivazione dell’energia elettrica prevedendo tre diverse modalità di accesso agli incentivi in funzione della potenza (accesso diretto, registri, aste al ribasso).

Gli impianti a biogas incentivati dal GSE Gli impianti a biogas incentivati dal GSE, alla data del 28 febbraio 2018, sono 1.761 per una potenza installata di circa 1.200 MW e incidono per 1.533,1 M€/anno su un costo indicativo annuo complessivo di 5.398,8M€/anno, pari al 28,4 % degli incentivi totali riconosciuti alle FER non fotovoltaiche. Si precisa che oltre il 90% degli impianti a biogas è incentivato mediante il meccanismo della Tariffa Fissa Onnicomprensiva.

Le verifiche sugli impianti incentivati Il GSE, ai sensi del D.M. del 31 gennaio 2014 (c.d. Decreto Controlli), effettua controlli mediante sopralluoghi e verifiche documentali sugli impianti per i quali è presentata istanza di accesso o richiesta d’incentivo, ovvero che percepiscono incentivi la cui erogazione è di competenza del GSE, al fine di verificare la sussistenza e/o la permanenza dei requisiti soggettivi e oggettivi e dei presupposti per il riconoscimento o il mantenimento degli incentivi riconosciuti. Ogni attività di verifica svolta sugli impianti a biogas, in analogia con le altre tipologie di verifica, è svolta all’interno del normale flusso di processo dedicato, che prevede in sintesi: • la definizione di un programma annuale delle verifiche e dei relativi sottoprogrammi bimestrali o mensili; • l’avvio del procedimento ai sensi della Legge 241/1990 e del D.M. Controlli; • per le verifiche con sopralluogo, l’incontro con il Soggetto Responsabile presso l’impianto, durante il quale: – sono rilevate tutte le sezioni di impianto, come di seguito descritto:

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o area biologia: partendo dallo stoccaggio della matrice organica in sito si procede rilevando gli eventuali sistemi di trattamento della stessa, i digestori, il sistema di adduzione e trattamento del biogas e la linea del digestato. Nel caso delle discariche si procede dai pozzi di captazione proseguendo per la sezione di regolazione, aspirazione e trattamento del biogas; o area produzione di energia elettrica: si rilevano i dati di targa dei gruppi di generazione, dei sistemi di comando e controllo dell’impianto, dei trasformatori elevatori e dei sistemi di misura dell’energia elettrica presenti, fino alla cabina di consegna dell’energia elettrica prodotta alla rete di distribuzione; – viene redatto il verbale di sopralluogo. • l’analisi delle principali evidenze rilevate in sede di sopralluogo presso l’impianto, o mediante il controllo documentale. Se non emergono difformità rispetto a quanto dichiarato dal soggetto responsabile e/o rilievi in ordine alla sussistenza/ permanenza dei requisiti previsti, il GSE conclude il procedimento con esito positivo. In caso contrario, il GSE avvia la dovuta interlocuzione al fine di consentire al Soggetto Responsabile di fornire le proprie osservazioni. Al termine di questa fase, laddove i rilievi permangano, il GSE conclude il procedimento con difformità, richiedendola restituzione (in parte o in toto) degli incentivi percepiti. In caso contrario il GSE comunica la conclusione del procedimento con esito positivo.

Verifiche effettuate ed esiti conseguenti Nel periodo 2014 – 2017 sono state effettuate 308 verifiche sugli impianti a biogas, pari al 24% delle verifiche complessive effettuate sugli impianti FER, di cui 87 mediante sopralluogo e 221 mediante verifiche documentali. Il 32 % delle verifiche effettuate in tale periodo sono state concluse con difformità. Le difformità più frequenti riscontrate, riconducibili a violazioni rilevanti (articolo 11, comma 1 del D.M. Controlli), che hanno determinato il recupero totale degli incentivi rilasciati o il diniego all’accesso agli stessi, sono state: • la presentazione di dati non veritieri dichiarati ai fini dell'iscrizione ad un Registro; • il mancato completamento dei lavori alla data dichiarata; • l’inefficacia del titolo autorizzativo; • la realizzazione di interventi difformi dalle norme di riferimento ovvero da quanto dichiarato; • l’utilizzo di combustibili rinnovabili in difformità dal titolo autorizzativo. Le criticità identificate come violazioni o inadempimenti (articolo 11, comma 3, del D.M. Controlli) che hanno determinato la rideterminazione degli incentivi riconosciuti, hanno riguardato principalmente il ricalcolo dell’energia netta a seguito della revisione dell’energia assorbita dai servizi ausiliari di impianto.


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GSE scuole

SostenibilitĂ e legalitĂ per un futuro migliore di Mariangela Giunti

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Per promuovere la cultura della legalità e del rispetto dell’ambiente, il GSE nel 2017 ha avviato una collaborazione con Agrorinasce, la Società consortile pubblica costituita da sei comuni della provincia di Caserta, impegnata nella lotta al crimine organizzato anche attraverso il recupero e la gestione a uso sociale di beni confiscati alla camorra. Presso il Centro di Educazione e Documentazione Ambientale di S. Maria La Fossa (CE) il GSE, attraverso il progetto didattico “GSE incontra le scuole” ha formato più di mille ragazzi di 9 istituti scolastici del casertano su tematiche di grande attualità come gli obiettivi dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile, le energie rinnovabili, l’efficienza energetica e il cambiamento climatico, affrontando soprattutto il tema dell’economia circolare. L’intento è quello di offrire alle nuove generazioni un’occasione di riflessione sulle emergenze globali e sulle loro possibili soluzioni. Contestualmente, diffondere conoscenze, consapevolezza e nuovi comportamenti sostenibili ispirati ad un’etica della responsabilità ambientale e sociale. A 26 anni dalle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, GSE e Agrorinasce hanno voluto ribadire quanto sia fondamentale trattare sostenibilità e legalità come un unico tema di importanza universale. Lo hanno fatto ospitando nella sede del Gestore 100 studenti delle classi medie e superiori del casertano vincitori del concorso fotografico “Riciclick” organizzato da Agrorinasce e volto a premiare le migliori idee sul recupero dei materiali nelle zone maggiormente colpite dalle ecomafie dedite al traffico e allo smaltimento illegale dei rifiuti. A sostegno di tale iniziativa hanno partecipato Giovanni Allucci, AD di Agrorinasce, Ennio Mario Sodano, già Prefetto della Repubblica Italiana e oggi

"Per me sostenibilità significa giustizia" Rosario, 12 anni, scuola media Mon Signore Ernesto Mirra di Santa Maria la Fossa (CE)

"Durante l'ondata di freddo che ha colpito l’Italia, a fine febbraio, ho sperato che il surriscaldamento globale fosse rientrato" Gabriele 17 anni, Liceo Scientifico e Linguistico Spallanzani di Tivoli.

direttore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e Antonio Ardituro, magistrato del Consiglio Superiore della Magistratura. Al termine dell’incontro, i ragazzi hanno assistito allo spettacolo messo in scena da Michele Dotti, che si definisce “EducAttore”, proponendo sketch e testi orientati ai valori della giustizia, della solidarietà, della pace e dell’intercultura. “Accogliere i ragazzi qui - ha dichiarato il Presidente del GSE,

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"Mia nonna mi racconta che quando era giovane il latte e l'acqua erano distribuiti in contenitori che si potevano riutilizzare. Perché questa cosa non si è più fatta? "Cosa si dovrebbe fare per portare l'Italia su un sentiero di sostenibilità?" Ci ha chiesto oggi Vincenzo, 18 anni frequentante l'ITIS Enrico Medi di S. Giorgio a Cremano (NA)

Francesco Sperandini - è come fare entrare i padroni di casa. Loro sono i nostri principali azionisti e il loro impegno di oggi è per noi di grande ispirazione”. Ha poi aggiunto rivolgendosi ai ragazzi: “Sappiate che potete fare tanto, tantissimo, non credete a chi vi dice il contrario. Credete invece in voi stessi. Noi del GSE crediamo in voi”. Un momento di grande emozione ma anche un’opportunità di crescita e confronto per tutti, in termini di consapevolezza non solo dell’importanza di preservare l’ambiente anche con piccole azioni quotidiane, ma soprattutto sul grande potere che ognuno di noi ha di innescare il cambiamento che la Terra ci chiede.

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"Oggi ho capito che tutto quello che facciamo ogni giorno condiziona profondamente la vita di altri esseri umani, altre culture e il nostro pianeta. Siamo tutti interconnessi" Maddalena, Liceo Scientifico Segrè, San Cipriano D'aversa (CE)


AGENDA DEL GIORNALISTA

L’Agenda del Giornalista giunge alla 51esima edizione confermandosi come il più completo strumento professionale per chi lavora nel campo dell'informazione, della comunicazione e del marketing. Tutti i contatti diretti (telefoni, indirizzi, fax, e-mail) di giornalisti di quotidiani, agenzie di informazione, periodici, radio, televisioni e i riferimenti di uffici stampa e marketing, influenti, stakeholder, fonti di informazione nazionale ed internazionale, fiere e saloni, agenzie di RP e freelance. ◆ tutti i quotidiani italiani con i numeri delle redazioni ◆ oltre 1.500 periodici divisi per categoria ◆ oltre 5.300 uffici stampa e marketing di aziende, enti e P.A. ◆ le emittenti televisive e radiofoniche nazionali e locali ◆ le fonti di informazione nazionali ed internazionali

◆ l’Unione Europea ed i suoi organismi ◆ le tv satellitari e il digitale terrestre ◆ la stampa estera in Italia ◆ i media su Internet ◆ le istituzioni di categoria ◆ la formazione al giornalismo e alla comunicazione ◆ l’albo online con gli oltre 100.000 giornalisti professionisti e pubblicisti

tel. 06.67.91.496 • Fax 06.67.97.492 www.cdgweb.it • www.agendadelgiornalista.it e-mail: info@agendadelgiornalista.it




Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

Oneri di sistema, aggiornamento dell’Autorità per l’energia Nel secondo trimestre 2018 prezzi in riduzione dell’8% per l’energia elettrica e del 5,7% per il gas. Lo ha stabilito l’Autorità per l’energia il 29 marzo con la delibera 172, aggiornando le componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema. Con riferimento al settore elettrico, con l’attuale riduzione, la spesa media annuale per il cliente tipo (3 kW di potenza impegnata e 2.700 kWh all’anno di consumo) passa a 534 euro. Per le forniture di gas naturale la spesa per la famiglia tipo diventa di 1.042 Euro. Confrontando la spesa rispetto ai 12 mesi corrispondenti dell’anno precedente, la crescita percentuale ammonta a +1,3%, pari ad un aumento di circa 13 euro/anno.

Dm Biometano, un’opportunità per lo sviluppo sostenibile Sulla Gazzetta Ufficiale 65 del 19 marzo scorso è stato pubblicato il Decreto Interministeriale a firma MiSE, MATTM e MiPAAF sulla promozione del biometano. Il decreto punta al raggiungimento al 2020 dell’obiettivo del 10% nel consumo di energie rinnovabili nei trasporti, fissando contestualmente il sotto-target nazionale per il biometano avanzato e gli altri biocarburanti avanzati, pari allo 0,9% al 2020, 1,5% nel 2021 e 1,85% dal 2022. Il meccanismo incentivante previsto si basa su un sistema di obblighi di immissione in consumo di biocarburanti da parte degli operatori petroliferi. Tale meccanismo non incide sulle bollette del gas e dell’elettricità, essendo finanziato solo dai “soggetti obbligati”. Lo sviluppo del biometano in ambito agricolo può costituire un importante volano per lo sviluppo sostenibile e per la crescita dell’occupazione.

Nuove regole ETS per il riequilibrio del mercato della CO2 L’8 aprile è entrata in vigore la direttiva 2018/410/UE che modifica e integra la direttiva 2003/87/CE e la decisione EU 2015/1814 istitutiva della Riserva di Stabilità. Le misure mirano al riequilibrio del mercato e al rafforzamento del prezzo della CO2, confermando la centralità delle aste quale metodo principale di allocazione delle EUA per adempiere agli obblighi dell’EU ETS. I Paesi membri avranno 18 mesi per il recepimento nazionale delle regole. I produttori di energia elettrica e gli impianti di cattura, trasporto e stoccaggio di CO2 (CCS) continueranno ad approvvigionarsi sul mercato delle quote necessarie a coprire il proprio fabbisogno emissivo. Manifattura e aviazione continueranno a ricevere parte delle quote a titolo gratuito, sia pur in un’ottica di maggiore razionalizzazione delle stesse, e a ricorrere alle aste per la parte rimanente. I soggetti finanziari parteciperanno alle aste tenendo conto delle nuove regole sui mercati degli strumenti finanziari (direttiva MiFID II).

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Ministero dello Sviluppo Economico: nasce la Banca Dati Incentivi Sulla GU del 14 maggio 2018 è stato pubblicato il Decreto MISE che istituisce presso il GSE una banca dati nazionale sugli incentivi e i sostegni finanziari destinati ai settori dell’efficienza energetica e della produzione di energia da fonti rinnovabili. Nella banca affluiranno i dati relativi agli incentivi erogati dai vari soggetti nazionali, incluse le Pubbliche Amministrazioni. La finalità è monitorare i costi complessivi dell’attività di sostegno, nonché di prevenire eventuali fenomeni fraudolenti nell’erogazione ai soggetti beneficiari degli aiuti previsti dalle singole normative di settore. L’archivio incentivi sarà collegato alla banca dati degli aiuti di Stato.

Approvata la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, con la delibera 198 del 2017, ha approvato la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile. La quantificazione degli obiettivi numerici al 2030 e le ulteriori definizioni delle iniziative volte all’attuazione della Strategia, saranno individuate in un successivo documento proposto dal Ministero dell’Ambiente. Sempre il MATTM costituirà un tavolo interistituzionale ai fini dell’affinamento dei contenuti della Strategia e per l’identificazione delle necessarie azioni di coordinamento. Nell’ambito dell’attuazione della Strategia, è stato inoltre avviato un bando da 400 mila euro, per sostenere attività ed iniziative finalizzate alla divulgazione e alla sensibilizzazione sui temi dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare.

Commissione UE: presentato il Terzo Pacchetto sulla mobilità sostenibile Il 17 maggio la Commissione UE ha presentato il Pacchetto di misure “Europe on the Move III” volto a favorire lo sviluppo della mobilità sostenibile in Europa. Il Pacchetto include una comunicazione sul quadro 2020-2030 per la sicurezza stradale, accompagnata da due provvedimenti per la sicurezza di veicoli e pedoni e delle infrastrutture. Presente una comunicazione dedicata alla Connected and Automated Mobility, con intento di rendere l’Europa leader mondiale dei sistemi di guida autonomi. Inoltre, iniziative legislative sui mezzi pesanti (standard per le emissioni di CO2, aerodinamica, etichettatura pneumatici e metodologia comune per la comparazione dei prezzi dei carburanti) accompagnate da un Piano di azione strategico per le batterie. In ultimo due provvedimenti che creano un ambiente digitale per gli scambi di informazioni nei trasporti e un’iniziativa legislativa per semplificare le procedure autorizzative dei progetti Trans-European Transport Network.

Approvato il Piano d’azione nazionale per l’efficienza energetica 2017 Con il Decreto MiSE 11 dicembre 2017 è stato approvato il Piano d’Azione Nazionale per l’Efficienza Energetica 2017. Il Piano illustra i risultati conseguiti al 2016, nonché le principali misure attivate e in cantiere per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza fissati al 2020 dalla UE, pari ad una riduzione di 20 Mtep/anno di energia primaria. Il documento riporta inoltre gli obiettivi nazionali di riduzione dei consumi di energia primaria e finale per singolo settore economico e per principale strumento di promozione dell’efficienza energetica.

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Bizzarre energie Una casa riciclabile

A cura di Sallie Sangallo

In Sardegna l’asilo è green

A Dübendorf, cittadina a pochi km da Zurigo, è sorto un edificio composto da moduli riutilizzabili. Le facciate di legno non trattato potranno essere smontate e riutilizzate per un altro edificio, così come quelle costituite da rame fuso riciclato e recuperato da un tetto di un hotel. La moquette, posata senza colla, potrà essere riutilizzata più volte.

Le mille virtù del grafene Dopo aver avuto un importante ruolo nel settore delle innovazioni energetiche, il grafene ha trovato un utile impiego anche nella cosmesi. I ricercatori della Northwestern University hanno realizzato una tintura per capelli priva di sostanze chimiche, nocive per la salute, sostituendole con il grafene. Quest’ultimo, materiale composto da uno strato monoatomico di atomi di carbonio, dalla struttura “a fogli” molto flessibili e resistenti, si adatta perfettamente a strutture irregolari come i capelli riuscendo a colorarli. Inoltre a differenza delle altre tinture in commercio il colore non viene assorbito dal capello.

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A vincere il primo premio del concorso “Scuole innovative”, indetto dal MIUR, è il progetto As.In.O ( Asilo Innovativo con Orto) realizzato dalla studio di architettura “Aut-aut”. L’asilo con orto sarà costruito a Selargius, comune di Cagliari, e si ispirerà alle strutture tipiche del sud della Sardegna caratterizzate da una doppia corte e da un alto muro che delimita l’intero perimetro della struttura. Vetrate, frangisole, pannelli solari, materiali innovativi ma anche tradizionali, come la terra cruda tipica dell’antica edilizia sarda, che grazie all’inerzia termica assicura una temperatura omogenea all’interno degli spazi, a rendere questa scuola innovativa ed ecosostenibile. Altro elemento importante è l’orto botanico, sul quale affacciano le vetrate dei laboratori didattici, e al cui centro sorgerà un laghetto artificiale utile al recupero delle acque piovane. La scuola ospiterà 140 bambini di età compresa tra i tre e i sei anni.


Giappone, ecco le batterie inesauribili

La nota azienda automobilistica nipponica ha lanciato il progetto “Reborn light” che ha portato all’installazione di lampioni indipendenti dalla rete elettrica pubblica, nelle zone del Giappone colpite dal terremoto del 2011. I lampioni si autoalimentano con pannelli solari e immagazzinano l’energia all’interno di vecchie batterie al litio di automobili elettriche. Le batterie ormai vecchie per poter fornire elettricità al motore di un’automobile hanno però ancora la capacità di illuminare un lampione. In questo modo, oltre a compiere un’opera di riciclo il progetto assicura un’illuminazione notturna in caso di blackout o di catastrofi ambientali.

Correre con la scarpa ecologica

Dalla collaborazione tra una nota azienda tedesca di prodotti d’abbigliamento sportivo e la società ambientalista Parley è nato un progetto che ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’inquinamento degli oceani. È stato prodotto un numero limitato di scarpe utilizzando per la composizione delle tomaie l’85% di plastica recuperata dai mari. Inoltre la scarpa destra è dotata di microchip integrato che connesso allo smartphone dà informazioni sull’inquinamento del pianeta. Il costo delle scarpe è di circa € 200,00.

Scarti del carciofo VS inquinamento della plastica Nel dipartimento di Smart Materials dell’istituto Italiano di Tecnologia di Genova, è stata brevettata una bioplastica ottenuta dallo scomponimento e ricomponimento delle particelle degli scarti dei carciofi. Un sistema, paragonabile a quello dei famosi mattoncini Lego, in cui le macromolecole una volta riaggregate danno vita a un materiale che ha le stesse proprietà della plastica e il vantaggio di essere molto economico e non inquinante. La materia prima per questo tipo di bioplastica è fornita da grossisti del mercato di Genova, i quali utilizzano i prototipi per avvolgere cassette di frutta. Se la bioplastisca riuscisse a mandare definitivamente in pensione la plastica, gli oceani, la Terra e di conseguenza l’umanità, ne trarrebbero importanti benefici. Infatti ogni anno si stima che 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano nei mari, inquinando fauna marina e di conseguenza l’uomo che si nutre di questa.

I guardiani smart salveranno la foresta

Telefoni cellulari modificati e ricaricabili con energia solare: sono questi i “guardiani” creati dal Rainforest Connection, società no profit di San Francisco, che ha lo scopo di ostacolare il disboscamento della foresta Amazzonica in Brasile. Gli “speciali” telefonini applicati sulle cime degli alberi di varie zone della foresta sono in grado di captare gli eventuali suoni prodotti dal processo di deforestazione, ed inviarli alla sede centrale di Rainforest. In questo modo gli operatori della società no profit riescono ad intervenire tempestivamente anche grazie alle informazioni del GPS inviate dal cellulare. Inoltre i “guardiani” sono sempre attivi grazie ai pannelli fotovoltaici che provvedono a mantenere la batteria sempre carica.

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energia per il sociale

Non chiamatemi eroe! DIALOGO CON PIETRO BARTOLO Medico dei migranti a Lampedusa

di Romolo Paradiso

Pietro Bartolo - Medico dei migranti a Lampedusa

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“Non chiamatemi eroe!”. A dirlo è Pietro Bartolo, il medico dei migranti di Lampedusa, passato agli onori della cronaca per essere da anni in prima linea nel salvataggio dei disperati che arrivano dall’Africa. Pietro Bartolo, invece, un po’ eroe lo è, malgrado lui si schernisca a sentirsi chiamare così, perché sfido chiunque a sacrificare famiglia, carriera, la vita, per una causa umanitaria che ti impegna ogni giorno fisicamente e psicologicamente. Che ti mette di fronte a realtà devastanti, a situazioni che non vorresti mai vedere, al dolore infinito delle persone, al loro lacerante rapporto con l’esistenza. “Quando la sofferenza la vedi negli occhi senza più lacrime di un bambino, nel suo sguardo spento, nella sua voce assente per mancanza di forze, allora ti accorgi di quanto piccini siamo noi che abbiamo tutto quello che ci serve per vivere con serenità e, più ancora, di quanto male c’è negli uomini”, mi dice Bartolo. Lui che ha ben descritto il suo duro impegno con i migranti e le sue sensazioni nel libro pubblicato nel 2016 da Mondadori: “Lacrime di sale. La mia storia quotidiana di medico di Lampedusa, tra dolore e speranza”, che nel 2017 vince il premio letterario Vitaliano Brancati. E ancora nel film “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi che vinse l’Orso d’Oro al festival di Berlino del 2016 e una nomination agli Oscar del 2017 come miglior

documentario. Quello che colpisce in Pietro Bartolo, questo siciliano di 62 anni, è il forte senso dell’uomo che è in lui, insieme a una semplicità, un nitore e una gioiosa forza, tipiche d’un fanciullo.

Umanità E: Lei dott. Bartolo, prima di essere medico è un uomo. Allora le chiedo: quanto è importante un atteggiamento d’umanità al primo impatto con un immigrante? PB: È la base di qualsiasi rapporto tra le persone. Nessuna relazione può essere fruttuosa se non si è capaci di vedere nell’altro se stesso. E quindi di avere con lui un rapporto aperto, di disponibilità, di comprensione, d’affetto. Ogni volta che una persona arriva a Lampedusa, dopo aver vissuto sofferenze inimmaginabili, il primo approccio è proprio quello umano. Un approccio che fa bene a loro e anche a noi. A volte basta un sorriso, una pacca sulla spalla, offrirgli un tè per vederli aprirsi a noi, avere fiducia di noi.

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Immagino la sensazione che l’attraversa nel momento in cui una mano si protende verso la sua in cerca d’aiuto. A volte il battito del mio cuore va veloce come un treno. L’emozione è tanta, ma mi aiuta la professione, l’essere medico. Il poter alleviare il dolore di questi disperati, rimetterli in sesto, dar loro la speranza di guarigione. Di queste sensazioni parlo spesso con i giovani. Sono i più recettivi. Hanno più cuore rispetto a noi grandi che non siamo stati capaci di creare una comunità attenta all’uomo, ai suoi problemi, rispettosa dei valori base, quelli che danno senso e forza alla vita. La nostra è una società malata, dove prevale l’egoismo, la voglia di predominare, l’incapacità di ascoltare l’altro, di capirlo, di essergli d’aiuto. Ho fiducia nei giovani. Nella loro voglia di riscattare questo occidente falso e decadente. E: E cosa pensa quando la stessa mano, tempo dopo, le viene allungata in segno di commiato? PB: Ci si affeziona a queste persone. Hai condiviso con loro momenti di grande intimità, dove al lavoro di medico si affianca quello di psicologo e di confessore. Vieni a conoscenza di cose terribili che sono chiuse nel loro animo. Di fatti accaduti che hanno stravolto le loro vite, le hanno mutilate e condizionate. Cerchi in tutti i modi di aiutarli a liberarsi di quei fantasmi. A volte ci riesci, a volte è più dura. È inevitabile che nasca qualcosa tra noi e loro. Un sentimento d’affetto, un’amicizia. Quando se ne vanno siamo invasi da sentimenti contrastanti. Il dispiacere di perderli, forse per sempre, e la gioia di averli consegnati a una vita che si spera sia migliore di quella fino a quel momento vissuta.

Il grande cuore dei siciliani E: C’è, nell’animo dei siciliani, la disposizione all’accoglienza. Ad accettare chi arriva nella loro terra, nelle loro case, unita alla gioia del condividere un momento, una storia, una speranza con l’altro. È un bagaglio d’umanità che fa parte della loro storia, e che tale è rimasto nel tempo, caratterizzando positivamente queste genti. Si tratta di sentimenti oggi distanti dall’uomo d’occidente. Lei cosa ne pensa? PB: Noi siciliani siamo abituati all’accoglienza. La storia di questa terra è storia di popoli che in essa si sono avvicendati, aggiungendo sempre civiltà alla civiltà. Noi siamo la culla della cultura e della civiltà e per questo siamo aperti all’altro, che accettiamo anche se differente per abitudini, religione, storia. Non abbiamo paura. Siamo consapevoli che la diversità è una ricchezza, se gestita con umanità, sensibilità, intelligenza, responsabilità e coraggio. E poi, noi siamo un popolo di mare. E il mare è apertura, libertà. Il mare non divide, il mare unisce. È sinonimo d’incontro, di scambio, di fermento. E il mare deve essere un elemento di vita, non un cimitero. Insomma, noi siciliani siamo un esempio da imitare. Ma non sempre è così. Purtroppo.

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E: Lo scrittore triestino Claudio Magris ha scritto tempo fa sul Corriere della Sera un lungo articolo di plauso alla Germania e al suo popolo, quando la Merkel aprì ai profughi siriani, aggettivando la nazione teutonica come grande esempio di civiltà. Senza spender mai una parola su quanto fatto da decenni dai lampedusani, che hanno salvato, accolto, assistito, nutrito e offerto speranza ai disperati giunti dall’Africa. È una faziosa miopia che fa il paio con quella europea. Ancora più grave se accusata da persone della cultura. Oltretutto italiana! Non le pare? PB: La Merkel fece bene allora ad accogliere queste genti. Certo si trattava di persone che avevano un buon livello d’istruzione e questo permetteva loro di inserirsi meglio e prima nel tessuto sociale tedesco. Però va apprezzato il gesto d’accoglienza. Quello che non dobbiamo fare è aver paura di ospitare e di integrare chi viene da fuori i nostri confini. Il grande errore che stiamo commettendo è credere che si tratti di potenziali delinquenti, di terroristi, come se questi siano talmente idioti da rischiare la vita attraversando il Mediterraneo tra mille e mille difficoltà con la possibilità di morire. I terroristi sono persone che risiedono in Europa da decenni e decenni. Spesso sono i nipoti di chi veniva da paesi colonizzati. Io penso che invece questo flusso di persone provenienti dall’Africa possa essere per noi una risorsa importante. Per i lavori che non vogliamo più fare, per aumentare il bassissimo tasso di natalità, per la voglia di conoscenza e di crescita che hanno. Quanto a Claudio Magris, bé… ci dispiace non abbia avuto parole di encomio per noi siciliani, ma alla fine poco ci interessa. Noi siamo più duri, più forti anche della disconoscenza e dell’oblio in cui ci vogliono confinare certi intellettuali. Poi, nella realtà, le riconoscenze per aver fatto onore all’umanità le abbiamo avute, e significative, da tutte le parti del mondo. Quindi…

L’Europa irresponsabile e assente E: Ma l’Europa non appare in grado di offrire soluzioni a un problema così grande. E ancor più, non riesce a frenare la piaga degli scafisti. So che lei una soluzione per questo problema l’avrebbe… PB: La soluzione migliore sarebbe poterli aiutare nel loro posto d’origine. Portare lì istruzione e lavoro. Certo, non è facile. E: Servirebbe un’Europa unita. Un’Europa nazione, federale e mutuale. Non un’Europa di mercati e mercanti quale siamo. PB: Sì, un paese in grado di saper agire per favorire la crescita di queste popolazioni piagate da povertà e delinquenza. E anche capace d’indicare quante persone possono arrivare nei suoi territori per svolgere lavori utili che gli europei non fanno più, offrendo loro un reddito, la possibilità di usufruire dello stato sociale, di pagare le tasse


e di avere una casa, dando così dignità alle persone, e non lasciarle sfruttare da delinquenti e imprenditori avventurieri. Risolveremmo tanti problemi. Quello della malavita, che chiede loro denaro ingente per portarli in Europa. Soldi che spesso non sono in grado di pagare subito, ma lo devono fare nel tempo, per tutta la vita a volte, e in più, verrebbero risparmiati tutti quei fiumi di denaro che la Comunità Europea mette a disposizione dei suoi Stati per l’accoglienza dei migranti. Potremmo così integrare loro e aiutare i nostri disoccupati. Ma dovremmo iniziare subito. E non mi pare che si vada in questa direzione, purtroppo.

Speranza e futuro

La cultura dell’accoglienza

E: Di questi fatti dovremmo avere tutti memoria per comprendere e non dimenticare.

E: Forse serve anche favorire una cultura dell’accoglienza che parta dal basso: dalle famiglie, dalla scuola, dal mondo del lavoro, dalla politica, che gli occidentali, giustamente impauriti, sbandati e diffidenti, non hanno. È d’accordo?

PB: Quando per puro caso ho intuito che in un sacco per cadaveri era stata messa una ragazza che invece aveva ancora un minimo di vitalità. Abbiamo squarciato il sacco, l’abbiamo messa in una macchina e da lì è iniziata la corsa contro la morte. L’abbiamo intubata, massaggiata per un quarto d’ora, fino a quando abbiamo sentito un flebile battito apparire. La vita lentamente tornava.

PB: Purtroppo l’uomo d’oggi, così preso nella sua freneticità, ha “dimenticato la memoria”. E un uomo, un popolo senza memoria è un uomo, un popolo finito. E: Che significa per lei la parola “speranza”? PB: Come si può vivere, credere, lottare senza speranza? La speranza è la forza dell’umanità. Ma bisogna avere un bagaglio di valori veri dentro di noi per alimentare la speranza e con essa il sentimento d’umanità, l’amore. Senza questi valori il senso di tutto si perde nel nulla. E: Quale significato attribuisce alla parola “futuro”? PB: Voglio essere positivo. Ho fiducia in un futuro migliore, più giusto. Se non pensassi questo non potrei continuare a fare quello che faccio. Io, ho speranza.

La Vignetta di Fama

PB: Questa è la strada. Io cerco di fare il possibile, rubando anche tempo alla mia famiglia, andando il sabato e la domenica a parlare nelle scuole e nelle città italiane e non solo, dei migranti, dei loro problemi, di come possiamo risolvere questa piaga. C’è bisogno di una cultura che insegni e faccia fermentare il sentimento d’accoglienza. Lo ripeto, io mi fido dei giovani. Loro devono prendere coscienza dei mali del mondo d’oggi e invertire la rotta. Tornare ai valori dell’uomo, tornare a piantare il seme della civiltà.

E: C’è una storia tra le tante da lei vissute che le è rimasta più nel cuore?

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arte e architettura in luce

Il complesso archeologico di Massenzio INTERVISTA A SEBASTIANO LA MANNA Architetto e Responsabile dell'ufficio interventi nei Monumenti Antichi e sedi Museali del Comune di Roma di Maria Pia Terrosi

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A breve distanza dal Mausoleo di Cecilia Metella e dalla Basilica di San Sebastiano, al terzo miglio della Via Appia Antica si intravedono i resti di un grande complesso residenziale, il complesso di Massenzio. Un'area archeologica di grande valore dove si trovano il Mausoleo noto col nome di Tomba di Romolo, gli ambienti del Palazzo imperiale e il Circo dove si svolgevano le corse dei cavalli. Un complesso che la Sovraintendenza capitolina ai Beni Culturali a partire dal 2008 ha restaurato. Ne parliamo con l'architetto Sebastiano La Manna, che ha diretto i complessi interventi di restauro. E: Architetto La Manna, può raccontarci in breve la storia di questo complesso archeologico?

limita a ricevere pochi funzionari della burocrazia imperiale, mentre nel circo “riceve” grandi masse di sudditi. Il mausoleo dinastico, infine, accoglie le spoglie dell’imperatore, vivo e acclamato nel circo, morto e divinizzato nel mausoleo. Esempio dell’ideologia politica e architettonica, il complesso di Massenzio apre la strada a questa tipologia residenziale che si ritrova negli esempi di Antiochia, Milano, Tessalonica, Treviri e Costantinopoli. Ancora utilizzato durante la prima metà del IV secolo, il complesso cadde nell’oblio, probabilmente anche per la presunta damnatio memoriae dell’imperatore. Il circo subì un rapido interramento e le antiche rovine entrarono presto a far parte del suggestivo paesaggio della campagna romana. E: Quando è stato eseguito il restauro?

SLM: Il complesso archeologico di Massenzio è situato lungo la via Appia antica, qui l’imperatore agli inizi del IV secolo d.C. decise di stabilire la sua residenza. È articolato in tre importanti nuclei architettonici: la villa con il palazzo, il circo e il mausoleo. La villa sorge sulle preesistenze di una villa rustica più antica di epoca tardo-repubblicana intorno al I secolo a.C. e anche con elementi risalenti all'età giulioclaudia, I secolo d.C.. Successivamente, alla metà del II secolo d.C., la villa entrò a far parte del Triopio di Erode Attico, un ricco personaggio ateniese, precettore degli imperatori Marco Aurelio e Lucio Vero. L'ultima fase della villa fu quella realizzata da Massenzio, il quale negli anni intorno al 310 d.C., la trasformò in residenza imperiale e aggiunse il circo e il mausoleo dinastico creando per la prima volta una relazione architettonica e simbolica tra questi elementi: l’imperatore, nella concezione autocratica di epoca tardoantica dominus ac deus, si isola nel suo palazzo dove si

SLM: Il restauro è stato eseguito in due fasi distinte: la prima (2008/2010) ha riguardato il Mausoleo detto di Romolo, dedicato al figlio di Massenzio - Valerio Romolo - morto nel 309 d.C. a soli dodici anni annegato nel Tevere. Nella seconda fase (2012/2014) il restauro ha riguardato l’esedra e il criptoportico. Si tratta di ambienti pregevoli, decorati da mirabili affreschi risalenti all’epoca di Erode Attico (II secolo d.C.), tradizionalmente definiti “stanze del Piranesi” dalla firma lasciata dall’artista che li aveva visitati. L'intervento di restauro ha previsto anche il recupero del cosiddetto “percorso dell’imperatore”, i 200 metri che separavano il palazzo imperiale dal pulvinar, il palco a lui riservato dal quale l’imperatore assisteva con una visione privilegiata alle gare del circo.

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E: Quali sono state le principali linee di intervento? SLM: Il Mausoleo di Romolo è stato oggetto di un restauro che ha avuto come obiettivi fondamentali la conservazione del monumento e la sua fruibilità da parte del pubblico. A tale scopo è stato effettuato il restauro conservativo del mausoleo in tutte le sue parti e con particolare attenzione al consolidamento e all’impermeabilizzazione della copertura, preliminarmente liberata dalla vegetazione spontanea infestante che comprometteva la solidità della volta. Rimosso il pavimento in scaglie di selce messo in opera dai Torlonia, proprietari dell’area dal 1797, è venuto alla luce il pavimento sottostante in mattoni bipedali, originale della copertura; dopo un attento lavaggio, il pavimento in mattoni

è stato reso impermeabile con un silicato di etile, previo riempimento sottostante con iniezioni di PLM calce idraulica, micro quarzi e pozzolana. Successivamente, dopo aver isolato l’opera antica attraverso un tessuto non tessuto si è proceduto all’impermeabilizzazione su massetto alleggerito e infine è stato rimontato il pavimento in scaglie di selce. L’installazione di un leggero parapetto in ferro permette ora di accedere in sicurezza alla copertura per godere del magnifico panorama come da un belvedere. Nella cripta, oltre il restauro totale degli intonaci, è stata ripristinata l’entrata antica verso la villa, attraverso un consolidamento statico con iniezione a base di malta di calce all’interno delle fessurazioni e l’inserimento di barre filettate di acciaio iniettate di resina epossidica. Sono state inoltre restaurate le finestre a bocca di lupo da dove, al tramonto, penetra una luce particolare creando in questi ambienti effetti davvero suggestivi. In considerazione dell’apertura al pubblico del monumento, si è provveduto a facilitare gli accessi abbattendo le barriere architettoniche presenti: a tal fine sono state realizzate piccole rampe e sono stati installati due micro ascensori che permettono a tutti di raggiungere i diversi livelli. E: E la seconda fase del restauro? SLM: Il secondo intervento ha avuto come obiettivo prioritario quello di rendere fruibile e visitabile l’area del Palazzo Imperiale e il cosiddetto Percorso dell’Imperatore dal palazzo al circo, fino al Pulvinar. Per prima cosa abbiamo provveduto a liberare dalla vegetazione le aree del Palazzo dell’Imperatore e quelle intorno al Pulvinar. Successivamente è stata messa in sicurezza l’abside dell’Aula Palatina, attraverso un consolidamento leggero. La sommità è stata restaurata utilizzando scaglie di tufo, in frammenti di adeguate dimensioni legati con malta di calce idraulica previa rimozione del terreno esistente sulla cresta. Il restauro delle superfici laterizie degradate, è consistito nella ripresa delle stuccature, ove mancanti o polverizzate, con malta di calce idraulica di adeguata granulometria e colore, previa accurata spazzolatura. Tali operazioni, sono state effettuate da squadre di restauratori specializzati ed eseguite con l’obbiettivo di ridurre al minimo le alterazioni dell’aspetto generale del monumento, limitando ai casi indispensabili la sostituzione dei mattoni e la risarcitura di lacune del paramento. La base dell’esedra è stata integrata nelle parti mancanti con blocchetti di tufo e ricorsi di laterizio, secondo la

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tecnica dell’opera listata, utilizzata all’epoca di Massenzio. Si è potuto così rinforzare la struttura scongiurandone il crollo. Gli archi sono stati consolidati con iniezioni di malta idraulica. Al termine dell’intervento, per le porzioni che sono maggiormente esposte alle intemperie e al degrado, sono stati utilizzati prodotti consolidanti e impermeabilizzanti, adeguatamente testati. Per il recupero del percorso che conduce dal Palazzo al Pulvinar, la tribuna dalla quale l’imperatore assisteva ai giochi del circo, sono state eseguite livellazioni del terreno e messa in opera di uno strato di trito di tufo con rete anti-radice sottostante. Al di sotto del percorso appena citato, si trovano gli ambienti del Criptoportico; qui le volte presentavano importanti lesioni provocate dalle radici degli alberi soprastanti e dalle consistenti infiltrazioni di acqua. Il consolidamento è consistito in una messa in opera di travature ad arco per sostenere la volta e una impermeabilizzazione eseguita con un massetto di cocciopesto, ottenuto con frantumi di laterizi mescolati a malta di calce idraulica, realizzato sull’estradosso. Infine, per la messa in sicurezza del Pulvinar è stata progettata e realizzata una struttura complessa di puntoni e tiranti con tubi in acciaio, volti a evitare ulteriori crolli delle murature. È stato inoltre redatto un progetto preliminare per un futuro e più completo intervento di restauro e consolidamento.

Il Circo Il Circo di Massenzio è l'unico dei circhi romani ancora ben conservato in tutte le sue componenti architettoniche. Misura circa 520 metri, mentre nel punto più ampio è largo 92 metri e poteva ospitare oltre 10.000 spettatori. Sul lato corto occidentale, delimitato da due torri a tre piani, alte 16 metri e tonde verso l'esterno, si trovavano i carceres, 12 ambienti chiusi da sbarre da cui partivano i carri per le corse. Al centro di questo stesso lato si apriva la maggiore delle porte d'ingresso all'edificio in forma di grande arco. Sul lato opposto si trovava la “porta trionfale" riservata agli spettatori e preceduta da alcuni scalini. Qui fu rinvenuta nel 1825 dall'archeologo Antonio Nibby la lapide dedicatoria a Romolo che permise l'identificazione del complesso. Recita: "Divino Romolo, uomo di nobile memoria, due volte console ordinario, figlio del nostro signore Massenzio invitto e perpetue Augusto, nipote del divino Massimiano".

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energia del pensiero

Piera, il sorriso che abbraccia il mondo UN CAFFÈ CON PIERA DEGLI ESPOSTI Attrice

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di Romolo Paradiso

Eduardo De Filippo di lei disse: “issa è l’u verbo nuovo” e per Piera degli Esposti fu finalmente la rivincita dopo anni e anni, circa dieci, di dinieghi, di porte in faccia, di no che avrebbero potuto abbattere un elefante, ma non lei, determinata a non mollare a credere in se stessa e nella sua passione, il teatro, per il quale metteva tutta la sua dedizione, la sua sensibilità e al quale dedicava i suoi giorni, studiando a fondo le tecniche della recitazione, le interpretazioni dei grandi attori, i personaggi che più amava con tutte le sfumature palesi e non, che in loro c’erano. Poi sono arrivate le chiamate di Pasolini, dei fratelli Taviani, di Gigi Proietti, di Fellini, di Zampa, di Lina Wertmüller, di Scaparro, di Giuseppe Tornatore, e lei, Piera s’è consacrata attrice di grande spessore, capace di alternare con efficacia e classe ruoli drammatici a quelli comici, non esimendosi a volte di confrontarsi con il canto e il ballo. Insomma un’attrice completa, che fa della sua espressività un’arma dirompente di commozione e d’incanto. La incontriamo a Roma, tra i vicoli che circondano piazza Navona. Passeggiando lentamente, tra uno sguardo alle bellezze minute della città, cominciamo il nostro dialogo, che inevitabilmente cade sui ricordi, sulla memoria.

La memoria, la famiglia, la forza d’animo e la gioia “La memoria, i ricordi - mi dice Piera - per me rappresentano una grande forza. Mi tengono compagnia specie quando, da buddista, prego. Li considero una ricchezza. Sono molto legata alle mie radici, al mio passato. Soprattutto ai fatti allegri, divertenti, che mi sono capitati. Perché ritengo che ripensare ai momenti di gioia sia uno stimolo a guardare la vita con positività. Certo, in essa ci sono anche momenti difficili, bui, ma avere dentro di sé il ricordo di quelli spensierati e allegri, aiuta a non abbattersi e a pensare che quei momenti si possono ripresentare”. La memoria, le dico, è un po’ l’eco del nostro essere, e se siamo capaci di guardare alla vita con un sorriso, forse le offriamo la dimensione che più l’avvicina al suo senso. “Il sorriso è un’arma importante per la vita”, mi dice lei. “Io da tempo, prima di dormire, leggo pagine di autori umoristi, proprio per dispormi al sonno e al sogno con un sorriso”. Piera si ferma un attimo. Il suo sguardo si perde dentro un negozio di abitini per bimba e allora mi dice: “Vedere questi vestitini mi fa pensare alla mia famiglia, alla quale sono stata e sono molto legata. Tanto che non ho pensato di volerne avere un’altra, solo mia, sposandomi e facendo dei figli. Per me mio padre e mia madre erano e rimangono le figure fondamentali della mia vita. Ho avuto sì, molti fidanzati, ma non ho mai

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Quello che manca oggi alle famiglie è il dialogo.

pensato al matrimonio”. Le domando se in questo non ci sia un po’ di egoismo. “Ho sempre voluto troppo bene a me stessa – dice - per pensare di mettere al mondo un figlio e dedicargli del tempo. Un figlio non è un giocattolo. È una grande responsabilità che io non mi sono sentita di avere. In fondo non mi sono mai considerata adatta a fare la mamma”. Certo, le dico, essere genitore è una cosa magnifica, un’emozione che non si esaurisce mai, ma per farlo bene occorre disporre di attenzione, di tempo, di partecipazione, di capacità di condivisione, di ascolto… “Di dialogo”, aggiunge Piera. “Quello che manca oggi alle famiglie è il dialogo. Non si parla più, non ci si guarda negli occhi, non c’è attenzione né disposizione alla comprensione. I genitori sono distratti da tante cose, il lavoro, la carriera, il traffico cittadino, dai media che invadono, condizionano e ledono la tranquillità familiare: non si interessano ai figli, ai loro problemi, alle loro gioie, ai loro pensieri se non di striscio e così i ragazzi sono abbandonati a se stessi. Sono soli con i loro telefonini, la tv, i social. Tutte cose nelle quali non c’è la possibilità di confronto autentico, di contatto, di conoscenza, perché prive proprio di ascolto e, appunto, di dialogo”. Mentre Piera parla, si avvicina un signore, distinto nell’aspetto, la riconosce e le fa i complimenti per il suo lavoro. Piera risponde con gentilezza e signorilità. Nei suoi occhi un lampo di gioia traspare evidente. Approfitto del momento e le chiedo quanto è stato duro per lei emergere come attrice. La sua risposta è immediata, a dimostrazione del segno che quella esperienza le ha lasciato. “È stato durissimo! Sono stata sempre bocciata, rifiutata, perché forse non rappresentavo la figura di donna e di attrice tipica di quel momento. Io ero diversa. Ero per tutti una novità troppo imbarazzante, per quella mia vivacità scenica, per quello andare sopra le righe. Mi chiusero le porte l’accademia d’arte drammatica, i teatri stabili, quelli di provincia. Questo per dieci anni. Ma non mi sono rassegnata, ho lottato con tutte le mie forze, superando anche una lieve depressione. Ho creduto in me, ho continuato a mettermi in gioco, finché è arrivata l’occasione e con essa il riconoscimento”. Le faccio notare che questo resistere all’indifferenza degli altri verso una sua propensione è una lezione per tutti, ma soprattutto per i giovani. Lottare, non abbattersi di fronte alle negatività, ai dinieghi degli altri, credere in se stessi è una forza e un valore che arricchiscono la vita. “La rendono più avventurosa, più eccitante, più vera”, aggiunge Piera, che continua, “quello che mi ha aiutato è l’essermi sempre voluta bene. Credo che la forte identità che sta in noi è il propellente capace di scardinare

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qualsiasi barriera, anche la più solida e impenetrabile”. In fondo, le dico, le più esaltanti vittorie sono spesso figlie di sonore sconfitte, quando a queste fa seguito una reazione intelligente e coraggiosa. Piera annuisce, ma è distratta da un bimbo che gioca con un pupazzo e con questo parla, forse vivendo con lui un’avventura fantastica. “I bambini hanno una fantasia meravigliosa”, mi dice lei un po’ estasiata. E tu, le chiedo, che rapporto hai con la fantasia? “Io vivo con la fantasia. Ho allenato la fantasia sin da piccina. Questo mi ha salvata, mi ha trascinata in mondi in cui l’indagine è protagonista. Indago sulle persone, sul loro inconscio. Cerco di scrutare dentro le apparenze, in uno sguardo, in un sorriso o in un abbraccio. Dentro un amore…Non esisterebbe la mia personalità senza la fantasia. È lei il seme che la feconda”.

Il teatro, che emozione! Passeggiando arriviamo vicino al teatro dove questa sera Piera si esibirà. Mi fa vedere la locandina. Mi parla della sua parte. Dei suoi colleghi. Dell’importanza del pubblico. Mi confida le sue preoccupazioni. Mi racconta aneddoti legati alla sua carriera. La guardo negli occhi. Sono pieni di entusiasmo. Ma nascondono anche una lieve commozione. L’arte, in fondo, è il mezzo in cui meglio si esprime un’emozione. E io voglio conoscere le sue emozioni d’artista. “Fare teatro è un’emozione levitante. Ti fa viaggiare sopra le cose e il mondo in una dimensione quasi irreale. È una gioia, malgrado la difficoltà fisica e psicologica che c’è nel recitare. Io ho sempre dato tutta me stessa nella recitazione. Il teatro per me è anche un piccolo miracolo nel momento in cui si crea quell’empatia, quell’intesa, quella comunione con il pubblico che percepisce e fa sua la tua sensibilità, il tuo rappresentare una situazione, che condivide la tua emozione. Quel momento è un brivido che dà una scossa d’elettricità alla vita. Io mi sento grata al teatro che mi ha permessa di esprimere quanto ho dentro e sento”. Le dico che ho letto da qualche parte che si è definita “una grande costruttrice d’immagini” e le chiedo il perché. “Perché cerco di costruire il personaggio che devo interpretare attraverso la fantasia e la sensibilità. Una sorta di disegno di un abito immaginario che poi diventa il mio. Non di rado nel fare questo prendo spunto dal carattere delle persone che hanno lasciato un segno nella mia vita. A volte un atteggiamento, una disposizione d’animo, un modo di sorridere, di camminare o di esprimersi di una di loro ritorna nella mia mente e la vedo adatta, perfetta per una parte o per esprimere un momento del personaggio”. A questo proposito le domando se non crede che l’attore, oltre a “denunciare e consolare” come lei dice, non sia anche il riflesso di chi lo vede e ascolta. “Certo!”, risponde Piera, “il teatro è tutto nel coinvolgimento del pubblico, nella capacità di far ritrovare nello spettatore, attraverso l’interpretazione d’un personaggio, segmenti dei propri pensieri, dei propri comportamenti, del proprio carattere. Quindi, di emozionarlo”.


L’angelo custode che è in noi E allora le faccio una confessione: lo sai Piera, mi sono “innamorato” del tuo sguardo, della tua leggera profondità interpretativa, vedendoti recitare nel film per la tv di Lina Wertmüller, “Il decimo clandestino”, tratto da una favola del grande Giovannino Guareschi, che penso se fosse stato in vita, t’avrebbe abbracciata per questo. Giovannino è stato uno dei più importanti scrittori italiani di sempre, ma purtroppo ingiustamente bistratto da un intellighenzia bastarda e con la puzza sotto il naso. Piera mi guarda stupita e contenta. “Quello che dici mi fa enormemente piacere. Sì credo anch’io che Giovannino Guareschi sia stato un grandissimo scrittore. Un uomo di un’umanità infinita. I suoi libri dovrebbero essere letti nelle scuole per questo suo tratto umano e per il suo modo di scrivere cose profonde con levità. Poi recitare in un suo racconto così intenso e delicato è stata per me un’esperienza che mi ha molto arricchita”. A proposito del “Decimo clandestino”, nella cui storia una sorta di “angelo” cambia la vita di una donna divenuta dura e insensibile con il mondo per la perdita del suo piccolo figlio, non pensi che ciascuno di noi sia un po' “l’angelo custode” dell’altro? “Il problema è che oggi nessuno è più attento all’altro. Non si pensa che a se stessi, a coltivare esclusivamente il proprio orticello. Manca lo sguardo che cerca, che scruta, che comprende, e nel fare questo si domanda su quel che si è diventati e su dove si sta andando. Farlo, invece, ci porterebbe ad individuare i nostri errori, a come possiamo migliorare, quale atteggiamento avere per rendere più fecondo e ricco il nostro giorno”.

Non si pensa che a se stessi, a coltivare esclusivamente il proprio orticello.

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L'applauso è un abbraccio, una forma di condivisione, di ammirazone, di affetto

Il mistero, la commozione Ci fermiamo un attimo. C’è un antico bar davanti a noi che ci invita a entrare e a prendere un buon caffè. L’atmosfera è coinvolgente. C’è chi legge il giornale, chi sta fissando un pensiero in un quaderno, e chi, con eleganza e signorilità porge una rosa a una persona. Un dono inaspettato, si vede dallo sguardo di chi l’ha ricevuto. Piera scruta la scena con interesse e si lascia andare a uno dei suoi ampi e coinvolgenti sorrisi. Ne approfitto per chiederle qual è il dono più importante che ha ricevuto dal suo lavoro. “L’applauso d’ogni sera. Soprattutto quanto senti che questo è qualcosa di più di un semplice gesto d’assenso. È quasi un abbraccio, una forma intensa di condivisione, di ammirazione, direi d’affetto. Ecco, quello è l’attimo che ti riempie di gioia, ti infonde una forza immensa, dà una carica che rimane viva in te per molto. Noi attori viviamo di questo, è il nostro pane quotidiano, sfama l’orgoglio, la passione, la fatica, il sentimento per questa arte”. La commessa del bar ci porta il caffè. Piera ci mette dentro un pizzico di zucchero e gira il tutto con il cucchiaino, lentamente, mentre il suo sguardo sembra perdersi nel vuoto. Poi sorseggia la bevanda, gustando sorso per sorso. “Il caffè - dice - nasconde sempre un mistero…”. Già, aggiungo, il mistero… tu credi nel mistero? “Mi affascina molto. Ne sono attratta. Cerco sempre di comprendere i motivi che spingono l’uomo al pensiero e all’azione. Indago sul perché d’un comportamento, di un gesto di rabbia, di uno d’amore, di generosità, di odio, di ripicca, di gelosia, di passione, di generosità. Insomma scruto con interesse quasi morboso ciò che fa la gente, chi mi sta accanto. E non mi esimo di indagare il mistero che è in me, in ogni mia espressione”. Non credi in un mistero metafisico? “Non tanto. Cerco di stare più sulle cose terrene, su ciò che è più umano, sulle dinamiche che spingono ai rapporti di relazione. Non indago su interrogativi più alti”. C’è qualcosa che ti commuove di più? “La gente. Il loro adattarsi alla vita. Questa cosa così affascinante, così intrigante, ma così ambigua, a volte matrigna, altre un po’ bastarda, ma comunque pregna d’incanto, di seduzione. La disposizione di noi persone alla vita, malgrado tutto, mi crea un’emozione”. Le dico che avverto un’inconscia religiosità nelle sue parole. Lei mi guarda di sbieco, non so se per ammonirmi o perché incuriosita da questa mia affermazione. Poi ferma il suo

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sguardo nel mio. Avverto quasi una sensazione d’imbarazzo, ma aspetto da lei una risposta, qualcosa che mi spieghi il suo stato d’animo. E lei non si fa attendere e mi lancia un sorriso. Quel suo sorriso ampio, coinvolgente, pieno di gioia e di nitore. Quell’espressione che più di tutte la rappresenta, la individua, la magnifica. Grazie Piera!

Asterisco La bella notizia come l’inafferrabile movimento delle onde di Stefania Concàri “La vita è un immenso oceano che ci contiene e ci scuote con il continuo movimento delle sue onde, sempre inafferrabile, impossibile da fissare” (Vito Mancuso) La lettura dà senso alle nostre esistenze perché ci aiuta ad entrare in comunione con altri esseri umani. Tutti i mezzi di comunicazione moderni ci bombardano di notizie, belle e brutte. Spesso quelle brutte sono dominanti. Leggere buone notizie ci aiuta a farci un’idea più equilibrata del mondo e a sentirci meno insoddisfatti. Perché insegnare la bellezza alle persone? Per fornire loro un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. Il bello è proporzione, è un accordo di pensieri che si unificano in un fenomeno sensibile. Quali sono le notizie di oggi? E soprattutto, qual è la più bella notizia che ciascuno di noi vorrebbe sentire? La più bella notizia dovrebbe derivare dalla nostra interiorità, perché a prescindere da ciò che vogliono trasmetterci i mass media, è in noi la capacità di non omologarci e soprattutto quella di vedere il mondo e la società in cui viviamo sotto un’altra prospettiva. Una prospettiva aperta alla meraviglia, alla gioia e al sorriso.


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Solo i bambini guardano fisso negli occhi Solo i bambini guardano fisso negli occhi. Il loro sguardo accarezza l’animo e va diritto al cuore. Così capiscono se in noi c’è ancora un barlume di nitore, di fantasia, di poesia. Se lo scovano, ci diventano amici. Si affidano a noi, e sperano in noi, che, indirettamente, diventiamo responsabili del loro sorriso, della loro inventiva, del loro comprendere. Ogni gesto dei piccoli, ogni loro atto, ogni loro pensiero ha in sé il nostro assenso, quel: “allora posso” che li spinge ad esprimersi con tutta la vitalità, con tutta l’istintività, con tutta la gioia che hanno in animo, e a sentirsi compresi e sicuri. Convinti che quel momento è il momento giusto da vivere e ricordare con entusiasmo e allegria. E con la speranza che presto possa ripetersi.

lo Smilzo

Olivetti: uno stile ultracentenario “Olivetti ha scritto pagine importanti della storia industriale, con la sua capacità visionaria di anticipare il futuro, cambiando la vita di intere generazioni e il concetto d’impresa, attraverso scelte etiche coraggiose e una profonda coscienza della morale sociale”, ha evidenziato Riccardo Delleani, amministratore delegato Olivetti, intervenuto alla presentazione della mostra “Looking forward. Olivetti 110 anni di immagine”, tenutasi alla Galleria nazionale d’Arte moderna e contemporanea di Roma. Lo stile Olivetti è stato un mix di cultura, sensibilità manageriale e valorizzazione della “comunità” aziendale. Letteratura, pubblicità e management trovarono nell’impresa di Adriano Olivetti sbocchi inaspettati. A sostegno dello stile, i contatti fra scrittori e vita di fabbrica resero possibile una osmosi, forse unica, fra mondi in apparenza diversi. Quella dell’azienda di Ivrea è stata una vera saga, cominciata nei primi anni del Novecento, con Camillo che, andato in America, riuscì a realizzare i suoi sogni, inventando l’immagine pubblicitaria storica di Dante Alighieri che indica una sua macchina per scrivere, locandina disegnata nel 1912 dall’artista Teodoro Wolf Ferrari. Poi venne Adriano, il manager “romantico” del Ventesimo secolo.

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PIANETA TERRA

il

PERIODICO FONDATO DA CIRO VIGORITO

Mensile di informazione scientifica e cultura dell’ambiente, dell’energia e delle fonti rinnovabili Il PIANETA

TERRA ospita

• la Newsletter dell’ • carta, penna e diritto rubrica dedicata ai temi giuridici e legislativi in cui si alternano avvocati esperti di settore

• i membri del

raccontano

si alternano le opinioni dei membri di questo importante istituto di rappresentanza del comparto energetico

Dà voce ogni mese ad autorevoli personalità del settore energetico Redazione - Pubblicità segreteria.redazione@ilpianetaterra.it www.ilpianetaterra.it


’E LLAMPADINE

- Sti core nuoste, pareno doje lampadine ellettriche: s’appicciano…se stutano… se tornano appiccià… E ammore, ca pe’ spasso, ll’elettricista fa: stuta a te… appiccia a me… pe me fa cchiù cunsumà… E lluce, luce, luce, luce ellettrica! (…)

Giuseppe Capaldo* da “Le più belle canzoni di Napoli" 1994

*Napoli, 1874-Napoli, 1919. È Autore dei versi e della musica di questa canzone. Scrisse anche i testi di: “Comme facette mammeta”, “Zingarella”, “’A tazza ’e cafè”.

Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

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TRAMONTI

NOI E L’ALBERO

ABITARE L’ACQUA

ENERGIA: DAL FUOCO ALL’ELIO

(Un mondo finisce e un altro non inizia)

(Natura urbana, salute umana)

di James Taylor-Foster

(Viaggio nella storia delle fonti fossili

di Marcello Veneziani

di Valentina Ivancich

Phaidon (2018), pag.271

e rinnovabili)

Giubilei Regnani (2017), pag.304

Corbaccio (2018), pag.252

Euro 39,95

di Andrea Vico

Euro 18,00

Euro 16,90

Editoriale Scienza (2018),pag.96 Euro 15,90

Oggi tutto sembra sgretolarsi e naufragare, perdere senso e consenso, ma nulla – per l’Autore – sorge al posto del mondo in cui abbiamo vissuto e creduto fino a ieri: il pensiero, la storia e il suo racconto, la politica e i grandi movimenti, i popoli e le famiglie, la cultura e la natura. Quello che ora emerge è un mondo senza confini, spaesato, un pulviscolo di “egoismi cosmici”, dove manca l’accenno al nuovo, l’emancipazione dal passato.

L’autrice, neuropsichiatra e appassionata di giardini, dimostra che il rapporto tra uomo e natura è fondamentale e va ripensato per la nostra salute, il nostro equilibrio e la nostra felicità. La questione ambientale, infatti, è un’urgenza che non riguarda solo i temi del clima e dell’inquinamento; ma parte dai piccoli giardini (quelli sotto casa), dagli alberi in città, dal verde urbano.

Bi

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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Sono qui presentati alcuni esempi di architettura residenziale che hanno uno speciale rapporto con l’acqua. Ognuna delle abitazioni illustrate è stata realizzata sull’acqua o per riflettersi in essa. Come la casa galleggiante, ormeggiata nel Beaulieu River nello Hampshire inglese, costruita in legno di cedro: dall’esterno sembra un grande uovo, all’interno è un piccolo mondo autosufficiente. O come quella di Fairhaven (Australia), in cima a un pilastro di tredici metri, davanti al mare. Un ponte la collega alla strada.

Un libro per ragazzi (ma anche per grandi). Attraverso la storia dell’energia, dalla scoperta del fuoco all’utilizzo del petrolio e dell’energia nucleare, passando per le più importanti conquiste scientifiche di tutti i tempi, l’Autore affronta il tema della ricerca e del sostegno alle energie rinnovabili. Quali sono? Che vantaggi offrono? Si riuscirà ad abbandonare i carburanti fossili, che danneggiano l’ambiente e contribuiscono ai cambiamenti climatici, in favore di una energia pulita? Il testo si avvale di semplici esperimenti, relativi alle fonti energetiche (per esempio, riscaldare l’acqua con l’energia solare o realizzare un rudimentale generatore eolico), per seguire la storia non solo da lettori, ma anche partecipandovi.


Carlo Riccardi definisce il dipinto espressione artistica della “percezione pluritemporale e plurimodale dell’immagine a livello della consapevolezza e, al tempo stesso, di quello subliminale”. In altre parole, l’opera d’arte è espressione non solo dell’idea iniziale ma soprattutto degli stimoli che inconsciamente portano l’artista a sviluppare la “narrazione” in forme non sempre programmate. Numerosi i riconoscimenti ottenuti in occasione delle personali allestite anche all'estero, per esempio in Francia, Giappone, Argentina, Germania, Cina, Svizzera, Canada, Polonia, Messico, Australia, Russia.

“Senza titolo”, 1986 acrilico su tela di sacco cm 15x23

Reporter, fotografo o pittore? Definire Carlo Riccardi in una di queste “professioni” è particolarmente difficile. Carlo Riccardi (Olevano Romano 1926) è riuscito in oltre 75 anni a svolgere con uguale successo le tre attività: è stato corrispondente di prestigiose testate giornalistiche quotidiane e periodiche italiane e straniere, fotografo di costume (nel 1965 è stato definito da Edilio Rusconi il “re dei paparazzi”) e pittore noto alle cronache, oltre che per le doti artistiche, per la realizzazione di dipinti lunghi decine di metri con i quali ha “incravattato” celebri monumenti in varie località italiane (a Roma l’obelisco di Piazza del Popolo). L’attività di pittore di Carlo Riccardi è, probabilmente, un “effetto collaterale” dell’essere stato il fotografo preferito - tra gli altri - di Pericle Fazzini, di Saro Mirabella, di Luigi Montanarini, di Giorgio de Chirico, di Corrado Cagli, dai quali ha approfondito le proprie conoscenze della pittura (praticata fin dall’adolescenza), che lo hanno convinto, già dagli anni ’60, ad “esporre” le sue opere. Fin dalle prime esposizioni, Carlo Riccardi ottiene significativi apprezzamenti di pubblico e di critica per la capacità di sintetizzare nello spazio pittorico esperienze figurative ed astratte per definire un proprio linguaggio nel quale la forma è espressione del rapporto che intercorre tra percezione immediata e valutazione meditata di una realtà. Le sue composizioni astratte - personale interpretazione dell’astrattismo di Burri e di Afro mediato dalle suggestioni dell’opera dell’argentino Basurco ai quali è stato legato da profonda amicizia - sono il risultato di un continuo ricercare d’effetti e di soluzioni che permettano all’osservatore di vedere le cose rappresentate non sotto forma di “figure” note, ma come l’emozione da lui provata nel distinguere le singole cromaticità che compongono e definiscono l’insieme della raffigurazione. Questa “visione” dell’arte è stata da lui sintetizzata nel “Manifesto della Quinta Dimensione”, pubblicato nel 1971 - sottoscritto da numerosi artisti, critici e scrittori e che ha animato dibattiti in Italia e all’estero - che

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito

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controcopertina Senso di responsabilitá, merito e bene comune. Ripartiamo da qui di Romolo Paradiso

Sono sempre stato un convinto sostenitore della cultura espressa da Adriano Olivetti, applicata alle aziende sì, ma anche alla società. Oggi più che mai credo fermamente che se l’Italia vuole cambiare registro, rimettersi in carreggiata, tornare competitiva, ritrovare quel senso d’unità di intenti e di passioni che sono alla base di una sana e prolifera Comunità, deve assumere la “medicina Olivetti” come la cura capace di ridarle vitalità e fermento. Ma occorre partire dai principi. Da quello più elementare, che dovrebbe caratterizzare l’atteggiamento di ogni persona: il senso di responsabilità, svanito da ormai troppo tempo, perduto tra gli anfratti del liberismo sfrenato e del materialismo che hanno favorito atteggiamenti d’opportunismo, d’individualismo egoista e d’affarismo vergognoso. Senso di responsabilità che nasce dalla famiglia, quando questa ha basi solide di sentimento e passione. Quando i suoi fondatori le danno vita convinti della delicatezza del ruolo e, per essa, sono disposti al sacrificio, alla rinuncia, alla comprensione, a dedicarle tempo, coraggio, passione e sogno. Coadiuvati da uno Stato consapevole di aiutare la cellula più importante del suo organismo, dai cui frutti si costituiscono le fondamenta di una Comunità di spessore. Quel senso di responsabilità, la cui importanza deve riverberarsi nella scuola e nel lavoro, favorendo la nascita del merito e del bene comune. Merito, nel senso di riconoscimento a chi alla comunità - piccola o grande che sia - sappia offrire il meglio di sé attraverso la conoscenza, l’impegno umanitario, la creatività, l’attività lavorativa, così da favorire la condivisione di sviluppo e ricchezza. Bene comune, cioè la convinzione in ognuno che ogni pensiero e atto che si compie lo si fa nel rispetto di se stessi e di chi con noi vive e opera. E che quanto ci è dato dall’ingegno dell’uomo o dalla natura sia da conservare, proteggere e difendere.

Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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Nella Comunità ideale di Adriano Olivetti il senso di responsabilità, quello del merito e del bene comune erano i valori base. Poi c’era la politica, che di quei valori doveva essere pregna, per far da bussola alla società cui si riferiva. Politica feconda, quindi, di propositi e di comportamenti finalizzati al bene della persona, alla quale ogni segmento di idealità doveva rapportarsi. Anche l’economia e la finanza dovevano esprimersi rispettando i veri bisogni dell’uomo, senza travalicarli attraverso logiche che ne potessero compromettere il cammino e la dignità, come invece ora accade. Olivetti aveva creato così una “cittadella” feconda di passione, di pensiero, di creatività, di visione. Dove la mutualità, l’ascolto, la comprensione, il rispetto, l’attesa, la condivisione delle idee e dei sentimenti, dei successi e degli insuccessi, dei progetti e delle speranze, ne avevano favorito la crescita, lo sviluppo e l’ammirazione anche fuori dai confini nazionali. Una “cittadella” guidata da persone scelte perché quei principi e quelle caratteristiche avevano nel loro dna. Persone capaci di far evolvere prima umanamente e poi professionalmente i collaboratori, mettendo a disposizione i frutti della loro storia umana e culturale e i percorsi attraverso i quali erano cresciuti e si erano evoluti. Perché, diceva Adriano Olivetti: “non ci può essere benessere di alcun gruppo, azienda o nazione, se al vertice di queste non ci sono donne e uomini dotati prima di tutto di senso d’umanità e di cultura. Semi adatti a fertilizzare civiltà e progresso”. Basterebbe ripartire da qui, da quei tre pilastri etici indicati da Adriano Olivetti per riprendere un cammino di crescita umana e sociale. E da una politica fatta da persone che non siano professionisti della stessa, ma ad essa prestate per passione autentica, per il desiderio, disinteressato, d’offrire, con dignità e visione, un servizio ideale a quanti a loro si sono rivolti con fiducia e speranza di benessere e progresso.




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