Elementi 17 - Settembre 2009

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Andris Piebalgs

Cambiamenti climatici? Europa determinante Franco Frattini

Ue: mercato comune protegge il consumatore e sviluppa concorrenza Luca Zaia

Energia e agricoltura, il futuro nelle biomasse Tullio Regge/Massimo Scalia

Dibattito sul nucleare Francesco Starace

Con noi l’Italia tra i leader mondiali delle rinnovabili Federico Vecchioni

Agro energie, opportunità da “coltivare” Luigi Angeletti

Sconti alle imprese che non licenziano In allegato

DOPO G8 ENERGIA

Analisi e prospettive

speciale

FUTURISMO ELETTRICO

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Periodico del GSE settembre 2009

Elementi

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

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immaginiamo un futuro dove sia l’uomo a prendersi cura della terra Eni 30percento. 24 consigli per diminuire fino al 30% il costo dell’energia nella tua famiglia e risparmiare fino a 1600 euro all’anno. Cercali su eni.it Dal 2007 eni è presente nei più importanti indici di sostenibilità.

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Settore energetico e crisi economica

Investire è la parola d’ordine L’Energia può aiutarci a uscire dalla crisi economica? Io penso proprio di sì. Lo può fare se sapremo operare con grande senso di responsabilità prima e di competenza e visione poi, fuori da inutili settarismi ideologici e limando adeguatamente gli aspetti burocratici che frenano l’operatività e la conseguente crescita del settore. Lo può fare se riusciremo a portare a compimento lo sviluppo delle infrastrutture e, soprattutto, investendo in opere necessarie. Perché, come ha affermato il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola al G8, solo gli investimenti possono evitare i rischi di nuove tensioni sui mercati una volta ripartita la domanda dopo la crisi economica. Si investe per la crescita e la competitività del settore energetico, con ricadute a vantaggio dell’occupazione, della concorrenza, dello sviluppo tecnologico, del miglioramento ambientale, dell’efficienza, della sicurezza, e, non ultimo, dell’abbattimento dei costi dell’elettricità. Tra le opere di primaria importanza, la crescita dell’uso dell’energia rinnovabile chiede lo sviluppo delle così dette “reti intelligenti”, capaci di governare domanda e offerta in tempo reale, ottimizzando le produzioni e i prelievi. Più in generale la rete elettrica deve ammodernarsi semplificando gli iter propedeutici all’avvio dei lavori. Ricordiamoci che le congestioni incidono molto sui costi dell’elettricità, perché non permettono di trasportare l’energia disponibile.

Ancora al G8, il ministro Scajola, ha ribadito l’impegno per la realizzazione di gasdotti, rigassificatori, centrali, stoccaggi. Senza dimenticare l’attenzione costante che deve essere rivolta alla ricerca, motore di qualsivoglia evoluzione. Certo l’impresa non è facile. Ma è fondamentale per creare un terreno fertile per il futuro energetico del Paese. Penso che per l’Italia crescita e sicurezza saranno trainate dall’incremento dell’uso delle fonti rinnovabili, capaci anche di rappresentare un elemento di sviluppo economico, e dall’ingresso del nucleare nel mix energetico nazionale, anche con la collaborazione voluta dal Governo, delle intelligenze tecnologiche americane. Occorre aver chiaro l’obiettivo di lungo periodo del Governo: 50% di fonti “carbon free”, che vuol dire 25% di rinnovabili e 25% di nucleare. Ciò contribuirà a rafforzarci nella scacchiera economicomondiale. Rafforzarci però, va ribadito, significa, investire. Investendo nel settore energetico, oltre a offrire un’opportunità per l’economia italiana, potremo favorire l’incremento di attività industriali e finanziarie in grado di assicurare un’adeguata remunerazione agli investitori, assieme all’energia necessaria per la ripresa, il cui rapporto qualità-prezzo risulti maggiormente conveniente per i consumatori. In conclusione, ecco il perché del successo dell’intuizione del ministro Scajola, che ha riunito le imprese energetiche più importanti del mondo: il rilancio degli investimenti passa anche attraverso la creazione di regole comuni per il funzionamento del mercato dell’energia, il rafforzamento del dialogo fra Paesi produttori e Paesi consumatori e fra le imprese. Una forte trasparenza nelle regole, nella pratica di compravendita delle commodities, garantirà il rispetto del debole da parte del più forte, per salvaguardare i valori di un vivere sociale all’insegna della sicurezza e della pace mondiale.

l’Editoriale di Carlo Andrea Bollino / Presidente GSE

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Coordinamento redazionale, Segreteria di redazione e pubblicità Luca Speziale luca.speziale@ acquirenteunico.it Tel 06 80134794 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Livia Catena Natascia Falcucci Claudia Momicchioli Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi

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Realizzazione impianti e stampa D.G.P. srl Via Tiburtina, km 18.3 Setteville di Guidonia Roma Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE Direttore Editoriale Fabrizio Tomada Hanno collaborato a questo numero Roberto Antonini Edoardo Borriello Fausto Carioti Valter Cirillo Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Natascia Falcucci Jacopo Giliberto Piergiorgio Liberati Fabrizio Mariotti

Un particolare ringraziamento a Sabina Delle Rose, Claudia Momicchioli, Ramona Petrarca e Sandro Renzi Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Aper Asja Banca Intesa San Paolo Egl Enel Eni Ibm Mitsubishi Fiera di Rimini Terna Solon Vodafone

(La vignetta di Fama)

Progetto grafico e impaginazione Imaginali

Giusi Miccoli, Gabriele Masini Luca Speziale

Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato

In copertina Foglie 1971, acrilico su tela, cm 100x100 di Lina Passalacqua pittrice futurista Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione nel mese di giugno 2009

Elementi è visibile in internet al sito www.gse.it al link “Media”

GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

AU Guidubaldo Del Monte, 72 00197 Roma T +39 0680101 F +39 0680114391 info@acquirenteunico.it www.acquirenteunico.it

GME Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680121 F +39 0680114393 info@mercatoelettrico.org www.mercatoelettrico.org

Elementi

Anno 2009 n. 17 settembre 2009

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Arte, Energia, Progresso

La lezione del futurismo

“L’arte è energia. Sempre. Dall’energia della meraviglia, all’energia del meravigliare, che è stimolo a capire, a ricercare, e quindi, a produrre energia. In questo numero Elementi ha voluto offrire spazio a quell’arte che nel novecento ha stimolato pensiero, azione e sviluppo tecnologico: il Futurismo. Un’arte tutta italiana, che ha travalicato i nostri confini per irradiarsi in ogni parte dell’emisfero, favorendo una rivoluzionaria cultura dell’immaginare e, soprattutto, del volere un uomo, una comunità, un mondo nuovo. Gino Agnese, che del Futurismo è uno dei massimi esperti internazionali, nell’intervista a noi rilasciata, ha detto che il movimento marinettiano è stato un “Nascimento”, qualcosa cioè, che ha voluto rompere con il passato per proporsi come un’originale forza creativa, in grado di sviluppare una vigorosa penetrazione in ogni ambito societario. Il Futurismo individuò nella velocità, nella potenza della tecnica e soprattutto dell’energia, guidate da un pensiero brillante e innovatore, gli elementi capaci di facilitare il rinnovamento, il progresso, il benessere comune. Sono trascorsi cento anni da quel 20 febbraio 1909, quando Filippo Tommaso Marinetti fece nascere il Futurismo pubblicandone il Manifesto sulle pagine de Le Figaro, ma è ancora valida la lezione che esso ha voluto tramandarci. Quella di far sì che le forze positive, creative e culturalmente più dotate di una Nazione mantengano una tensione volta alla realizzazione dell’inedito. Insomma, a misurarsi con il nuovo senza timori. Una lezione, che in tempi in cui l’incapacità e la svogliatezza di elaborazione fanno soffrire il pensiero, deve poter servire da stimolo a smuovere le coscienze, a far emergere quelle energie che sole possono produrre il cambiamento. O meglio, il “Nascimento”, grazie al quale l’uomo torni a guidare le cose del mondo attraverso quel senso di responsabilità, quella passione, quella creatività, quella visione, quella voglia di meraviglia e quel pizzico di poesia che sono i principi guida d’ogni arte, e di ogni azione dell’uomo, che se “arte” non è, è cosa da poco”.

Virgolette di Romolo Paradiso

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rubriche

primo piano

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette” 08 P° il Punto 56 E+ Energia, letteratura, umanità 60 Bi Biblioteca 61 Mp Mondo Piccolo 61 Fn Filo di Nota 62 Co la Copertina

10 Cambiamenti climatici? Intervista a Andris Piebalgs

Europa determinante

14 Mercato comune UE:

Dialogo con Franco Frattini

protegge il consumatore e sviluppa concorrenza

16 Energia e agricoltura,

Il punto di vista di Luca Zaia

il futuro è nelle biomasse faccia a faccia

20 Dialogo sul nucleare

Tullio Regge/Massimo Scalia

energia rinnovabile

24 Con noi l’Italia tra i leader Incontro con Francesco Starace

mondiali delle rinnovabili

26 Le agro energie,

Il parere di Federico Vecchioni

un’opportunità da coltivare

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29 44 Incentivi alle biomasse, non sia Sfruttiamo la crisi A tu per tu con Giuseppe Politi

un’occasione persa

A colloquio con Enrico Cisnetto

finchè siamo in tempo

32 47 Il meccanismo dei Certificati Verdi Sviluppo rinnovabili possibile solo con nuove reti elettriche 34 energia del pensiero Energia dal mare, un’onda di elettricità 50 mercato elettrico Futurismo? Energetico. Elettrico. Rinnovabile. 38 Riforma dei mercati elettrici, 55 Il pensiero di Giuseppe Onufrio

Speciale Futurismo elettrico

Un Caffé con....Gino Agnese

Conversazione con Paolo Vigevano

Intervista a Mario Verdone

quali opportunità? energia

40 L’energia italiana?

Parla Giuseppe Zampini

Decolla solo con ricerca e sviluppo tecnologico

42 Se innovazione

Quattro chiacchiere con Gualtiero Seva

fa rima con ambiente

Le donne futuriste, femministe con la “D” maiuscola lavoro

58 Sconti alle imprese

Intervista a Luigi Angeletti

che non licenziano Sommario

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Sull’energia ci giochiamo il futuro Il più appariscente tra i temi energetici è il dibattito sull’energia atomica. Ma non il più centrale e nemmeno il più semplice. Già dalle prime fasi il dibattito ha preso il tono della contrapposizione frontale. Nel piano nucleare non si è ancora espressa una politica impegnativa di costruzione del consenso, e il dissenso potrà essere una delle mine più visibili per realizzare il programma in tempi utili. L’energia atomica è solo uno dei punti in agenda. La riforma della Borsa elettrica e la risistemazione delle fonti rinnovabili; la ristrutturazione dell’Autorità dell’energia; la spinta verso l’efficienza energetica e il risparmio; le lentezze di allacciamento alle reti; i negoziati internazionali; gli incentivi che distorcono e “finanziarizzano” gli investimenti nel fotovoltaico; il programma di contenimento di emissioni di anidride carbonica; i vincoli che disturbano il sistema energetico, ma l’elenco è incompleto.

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Alcuni indicatori però sono preziosi. Nei prossimi vent’anni il settore elettrico sarà in crescita vivace. Lo afferma uno studio dell’Energy Information Administration statunitense sulla base di una proiezione estratta dall’International Energy Outlook 2009 dell’Agenzia internazionale dell’energia. Il mercato mondiale del consumo di energia è previsto in crescita del 44% tra il 2006 e il 2030, trainato dalla crescita economica nei Paesi in sviluppo. Nel mondo un miliardo e ottocentomila persone ancora non dispongono di accesso all'energia elettrica. Non appena potranno allacciarsi alla rete elettrica che oggi per loro è remota – e con la rete elettrica è lontana anche la possibilità di uscire dalla miseria – i consumi voleranno. Un modo per dare a questi Paesi energia pulita e a basso costo è ricorrere alle moderne biomasse in piccole centrali di villaggio. Nando Pasquali, Amministratore delegato del Gse, lo ha ricordato più volte: “Abbiamo compiuto diverse missioni in Africa per esportare il nostro know-how in Paesi come Mozambico, Etiopia e Tanzania”.


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Prospettive interessanti, ma delineate sul lungo periodo. Diverso il caso delle previsioni a breve termine, per i prossimi mesi. Steven Chu, ministro statunitense all’Energia ammonisce: “Un'impennata del prezzo del greggio potrebbe compromettere o rallentare la ripresa economica”. Nobuo Tanaka, direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, la stessa agenzia sui cui dati si basano le previsioni al 2030, afferma: “Quest'anno si registrerà una riduzione della produzione di elettricità pari al 3,5%. Il livello più basso dalla Seconda Guerra Mondiale”. L'Agenzia internazionale per l'energia ha presentato a maggio uno studio in cui mette in rilievo un pesante calo degli investimenti dovuto alla crisi economica, tra cui un meno 21% per quelli sull'estrazione di petrolio e gas. La risposta ovvia: per ridurre gli scompensi creati dalla crisi economica di fine 2008, per rendere più solida la ripresa internazionale, servono investimenti nell’energia. Le aziende energetiche chiedono che gli investimenti siano più appetitosi. Con strumenti di incentivazione economica e finanziaria, per esempio, ma anche con strumenti che semplifichino l’adozione di scelte industriali. Un caso per tutti, quello di Fulvio Conti, Amministratore delegato Enel. Per rispondere alla crisi, ricorda Conti, occorre adottare misure che facilitino ed incoraggino gli investimenti nel settore; deve essere un imperativo garantire uno stabile, chiaro e omogeneo quadro di regole per il mercato dell'energia, e adottare una politica di incentivi per lo sviluppo di tecnologie decisive ma i cui costi rendono poco competitivi gli investimenti come – ricorda l’Enel – alcune fonti rinnovabili di energia, la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica o il nucleare. Già oggi l'Europa è prima nelle tecnologie per l'ambiente e le fonti di energia rinnovabili. Il 15% dell'elettricità è prodotta da rinnovabili, con l’eolico in testa. E dal 2000 al 2007 la capacità installata di fonti rinnovabili a livello globale è più che raddoppiata, con investimenti complessivi che nel 2007 hanno raggiunto i 160 miliardi di dollari. Nella sola Europa (Ue 27) tra il 1996 e il 2006 la produzione di energia elettrica segna un incremento del 44%, passando da 88 a 127 milioni di tep.

Ma tutti sanno che l’investimento migliore è quello in efficienza energetica e nel risparmio. L’Italia è il Paese industrializzato con i migliori rendimenti in termini di energia per unità di prodotto, tuttavia il primato è a rischio. L’industria internazionale si è avvicinata alle caratteristiche italiane, mentre l’Italia stenta a far partire i programmi di efficienza energetica nei settori diversi da quello industriale. In particolare, nell’edilizia. Mentre in maggio il ministro dello Sviluppo economico Scajola firmava con altri dodici Paesi la creazione dell’Ipeec (International partnership for energy efficiency), nello stesso momento il ministro dell’Economia Tremonti ritoccava il sistema di incentivi al risparmio energetico nell’edilizia, il cosiddetto “55 per cento”. A ogni ritocco, una complicazione o un taglio. Chi deve investire ha bisogno di regole certe, anche quando l’investimento è fatto non da un’industria ma da una famiglia che ristruttura la propria casa. Tra il 2006 e il 2007 l’incentivo del 55% aveva mosso capitali e mutui, aveva costretto a dichiarare i lavori migliaia di piccole imprese artigiane poco avvezze con la partita Iva, aveva fatto partire ordinativi per serramenti, caldaie e pavimentazioni. La crisi economica dei mesi scorsi suggerisce di cogliere l’occasione degli incentivi al settore edilizio, quello dei privati e delle famiglie: gli obiettivi del Protocollo di Kyoto non possono essere in carico al solo settore industriale, e in particolare ai cosiddetti settori Ets (cioè quelli che devono ridurre le emissioni). Se le famiglie e le imprese ordinano lavori in efficienza energetica, si ottiene il beneficio duplice di aiutare l’ambiente e di rimuovere gli effetti della crisi. Ne sa qualcosa Barack Obama, oppure la Cina e il Brasile. I loro piani di stimolo alla ripresa economica si basano proprio sull’economia verde e sull’energia pulita. L’Europa per una volta non può fare la prima della classe. La prima è la Cina, che al piano di rilancio economico ha destinato quasi il 40% degli investimenti nelle fonti rinnovabili, nell’economia dell’ambiente e nell’efficienza energetica. Secondo al mondo il Brasile, con il 18%. La via è questa. Chi resta indietro già oggi ha perso l’appuntamento con il futuro.

il Punto di Jacopo Giliberto

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Cambiamenti c Europa d

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Andris Piebalgs

INTERVISTA AD ANDRIS PIEBALGS Commissario europeo all’Energia

i climatici? a determinante Il pacchetto “20-20-20” dovrà essere implementato a dicembre, durante il summit di Copenhagen, altrimenti il costo per il mancato rispetto dei parametri sarà altissimo. Protocollo di Kyoto: dal 2013 gli impegni dovranno riguardare i Paesi membri dell’Ocse e quelli dell’Ue. Dobbiamo incrementare i meccanismi di flessibilità e sforzarci di raggiungere un mercato unico delle emissioni. Nucleare? Va ricompreso per evitare sbilanciamenti del mix energetico indotti dalle politiche dei Paesi fornitori di gas.

di Piergiorgio Liberati Andris Piebalgs, Commissario europeo all’Energia, taglia corto sulla polemica sorta attorno al protocollo Ue “20-20-20” e sottolinea che “l’Europa deve mantenere il ruolo di leader nella battaglia contro i cambiamenti climatici”. Diversamente “pagheremmo costi altissimi per il mancato rispetto sia del Protocollo di Kyoto che del pacchetto 20-20-20”. E sulla recente crisi del gas tra Russia e Ucraina, ammette: “Potrebbe ripresentarsi a breve e per tutelarci dobbiamo puntare sul bilanciamento del mix energetico, tra i quali deve essere ricompreso anche il nucleare”.

E: Commissario Piebalgs, l’Italia ha condotto una forte battaglia politica contro il pacchetto clima energia della Ue. Cosa accadrà a dicembre del 2009 durante il summit di Copenhagen? AP: Il pacchetto “20-20-20” costituisce una sfida per l’Italia e per tutti i Paesi membri, è uno sforzo necessario che dobbiamo compiere se non vogliamo pagare un prezzo più alto a causa dei cambiamenti climatici. Inoltre, il “pacchetto” è un’opportunità di sviluppo, ad esempio nelle rinnovabili, e tiene conto dei possibili rischi legati all’industria, come il cosiddetto carbon leakage cioè la delocalizzazione dei processi produttivi. La buona riuscita delle negoziazioni in campo climatico durante il vertice di Copenhagen è una priorità per l’Unione Europea. Aspettiamo adesioni da altri Paesi industrializzati, ma anche quelli in via di sviluppo

dovranno fare la loro parte per limitare le emissioni legate alla crescita. Determinanti al riguardo saranno i finanziamenti per supportare tale azione. Il Consiglio europeo della scorsa primavera ha ribadito l’impegno a combattere i cambiamenti climatici e a far mantenere all’Europa il ruolo di leader nel mondo in questa battaglia. Segnali incoraggianti a tal proposito giungono dall’amministrazione Usa. E: Quali punti del Protocollo di Kyoto si dovrebbero rivedere e quali rimanere invariati? AP: Vanno preservati gli obiettivi sulla riduzione delle emissioni e i meccanismi di flessibilità necessari a raggiungerli in modo economicamente sostenibile. Dal 2013 in poi dobbiamo essere pronti a fissare obiettivi più ambiziosi. Gli impegni non dovrebbero riguardare solo quei Paesi che già oggi hanno fissato degli obiettivi, ma comprendere tutti i Paesi Ocse e i futuri Paesi membri Ue. Inoltre, dobbiamo incrementare i meccanismi di flessibilità e sforzarci di raggiungere un mercato unico delle emissioni. Il Pacchetto clima e energia, così come concordato a dicembre 2008, ha strumenti eccellenti per raggiungere gli obiettivi fissati. Per il momento il “20-20-20” non va modificato, semmai implementato. Una volta raggiunto un accordo internazionale, magari a Copenhagen, l’Europa potrebbe riaffrontare quegli aspetti del pacchetto clima-energia da rivedere. Ma è troppo presto per parlare delle modifiche, dipenderanno dal contenuto dell’accordo internazionale che sarà raggiunto.

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E: Le tensioni sul gas tra Russia e Ucraina hanno riportato alla ribalta il problema della dipendenza europea dalla Russia. L’energia nucleare potrebbe essere una buona via da imboccare per l’indipendenza energetica europea? AP: La principale lezione da trarre dalla crisi del gas è che l’Europa deve lavorare per un mix bilanciato e diversificato di fonti energetiche. Spetta a ciascun Paese stabilire come migliorare il proprio mix energetico e se farvi rientrare o meno il nucleare. Scelte che devono essere in linea con gli obiettivi energetici europei, rispettarne la legislazione nel campo della sicurezza degli approvvigionamenti, nella competitività e nello sviluppo sostenibile. Oggi diversi Paesi membri stanno riprendendo in considerazione il nucleare: tra questi l’Italia, la Polonia, la Svezia e l’Inghilterra. È comunque importante che siano assicurati i più alti livelli di sicurezza. Per questo, a novembre del 2008, la Commissione europea ha manifestato l’intenzione di creare una comunità che ridiscuta le linee guida sulla sicurezza nucleare. A marzo di quest’anno, inoltre, la Commissione ha adottato una “Comunicazione sulla non proliferazione del nucleare”. E: Cosa ne pensa della liberalizzazione del mercato del gas? È d’accordo con la necessità di separare la proprietà societaria per le attività di produzione e distribuzione? AP: Quando la Commissione europea ha iniziato a lavorare al processo di liberalizzazione del mercato del gas era chiaro che si trattava di una grande operazione e che lo sarebbe diventata ancor di più nel tempo. Se andrà a compimento, rendendo così il mercato più efficiente, competitivo e trasparente, sarà raggiunto un importante obiettivo per tutti i Paesi che esportano gas naturale e migliorerà anche la sicurezza degli approvvigionamenti. In quest’ottica è importante non è tanto la separazione tra upstream e downstream, ma tra il trasporto e l’approvvigionamento da una parte e la produzione e la distribuzione dall’altra. Infatti i primi sono due monopoli naturali e hanno bisogno di essere regolati, mentre nella produzione e nella distribuzione esiste già competitività e non occorrono interventi altrettanto drastici.

Potenza fotovoltaica ed eolica installata nel 2008

fonte Gse

COSA È IL PACCHETTO “20-20-20 Ridurre, entro il 2020, del 20% le emissioni di gas serra, aumentare al 20% il risparmio energetico e portare al 20% il consumo da fonti rinnovabili. Il pacchetto clima energia è stato approvato il 17 dicembre del 2008 e sarà ridiscusso nel 2010.

Obblighi per l’Italia Il Parlamento ha approvato una direttiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori in materia di rinnovabili. Per l’Italia l’obiettivo è del 17% della produzione nazionale di energia, per garantire che, nel 2020, una media del 20% dei consumi energetici della UE provenga da fonti rinnovabili. Nel calcolo, a certe condizioni, potrà essere inclusa l'energia prodotta nei paesi terzi. La direttiva fissa poi al 10% la quota di energia verde nei trasporti e i criteri di sostenibilità ambientale per i biocarburanti.

Scambio di emissioni Dal 2013 è previsto un sistema di aste per l'acquisto di quote di emissione. Gli introiti finanzieranno misure di riduzione delle emissioni e di adattamento al cambiamento climatico. Le industrie manifatturiere, a rischio delocalizzazione a causa dei maggiori costi indotti dal sistema, potranno beneficiare di quote gratuite fino al 2027.

Copenhagen 2009 Qui, nel dicembre prossimo, si terrà la conferenza delle Nazioni Unite sul clima in seguito alla quale l’Europa ridiscuterà il pacchetto clima-energia.

MW 2.750 2.500

2.511

2.250

E: Ciascuno dei 27 Paesi membri ha regole differenti per quanto riguarda le rinnovabili. Crede sarà possibile creare un sistema normativo omogeneo?

2.000 1.750

1.656 1.500 1.596

1.500 1.250

950

1.010

1.000 750 500

338

250 46

0 Spagna

Germania

Potenza FTV nel 2008

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Italia Potenza Eolica nel 2008

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Francia

AP: La Ue è riuscita a rendere più omogenee le norme che nei 27 Paesi membri regolano il settore delle rinnovabili. La nuova Direttiva sull’energia rinnovabile e le Linee guida per la salvaguardia dell’ambiente rappresentano un grosso passo avanti verso la creazione di regole comuni. Ma per quanto i principi siano gli stessi tra i 27 Stati membri, va tenuto presente che ciascun Paese ha norme nazionali, regionali e locali differenti tra loro. Questo non significa che debbano essere uniformate: è importante è che le regole base siano le stesse e vengano rispettate.


INTERNO OTTO ROMA

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LAVORIAMO PER UNA RETE PIÙ LEGGERA PER L’AMBIENTE

LAVORARE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE VUOL DIRE ANCHE TRASMETTERE ENERGIA RESPONSABILMENTE. QUESTO È L’IMPEGNO DI TERNA.

Con più del 98% delle infrastrutture, Terna è il principale proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica ad alta tensione in Italia, ed è responsabile della gestione in sicurezza, in ogni momento dell’anno, dell’equilibrio tra domanda e offerta. Oltre 61.000 km di linee rendono Terna uno dei più grandi Transmission System Operator del mondo. Per Terna responsabilità verso gli stakeholder significa soprattutto considerazione dell’ambiente e del territorio, obiettivo perseguito di concerto con le regioni e gli enti locali. In quest’ottica Terna ha firmato nel 2009 un accordo di collaborazione con WWF, la più grande organizzazione mondiale per la conservazione della Natura. Tra gli obiettivi: accrescere l’integrazione dei criteri ambientali nello sviluppo della rete, armonizzandolo con la strategia di conservazione Ecoregionale del WWF, e definire in maniera condivisa un piano per la sostenibilità della rete nelle oasi WWF. Inoltre, anche se non produce energia e non è soggetta alla normativa che impone programmi di riduzione delle emissioni, Terna sostiene le azioni volte a contrastare i cambiamenti climatici: un problema che richiede l’attenzione e l’impegno di tutti.

Terna S.p.A. • Rete Elettrica Nazionale • Via Arno, 64 • 00198 Roma • info@terna.it • www.terna.it


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Protegge il consumatore e sviluppa concorrenza

URGE MERCATO COMUNE EUROPEO DELL’ENERGIA

Franco Frattini

Ma servono infrastrutture per la circolazione dell’energia tra tutti i Paesi membri e armonizzare le normative nazionali che regolano i mercati energetici. Il nucleare si rafforzerà nei prossimi anni, per ridurre la dipendenza dalle fonti fossili, e per motivi ambientali ed economici legati alla migliore efficienza degli impianti. Realizzare i progetti d’interconnessione attualmente in fase di studio e sviluppo: il Nabucco, l’ITGI, il progetto “South Stream”, nonché il Galsi sul fronte Mediterraneo. Il 20-20-20? Un traguardo impegnativo. Ma con gli strumenti di flessibilità da noi introdotti è alla portata e può essere uno stimolo alle nostre aziende per superare la crisi economica con una riconversione “verde”.

di Fausto Carioti

DIALOGO CON FRANCO FRATTINI Ministro degli Esteri Franco Frattini è alla guida del Ministero degli Esteri nel momento in cui la politica energetica italiana sta cambiando rotta tornando al nucleare, e le relazioni geopolitiche appaiono sempre più legate alle complesse vicende del mercato dell’energia. Il ministro ne è consapevole. “L’energia” – dice – è ormai una questione strategica nelle relazioni fra Paesi produttori, di transito e consumatori”.

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E: Signor Ministro, il governo italiano ha promosso l’accordo tra Enel ed Electricité de France per la costruzione di quattro centrali nucleari. Quali sono le implicazioni politiche di tale accordo? FF: I mass media internazionali l’hanno ribattezzata “the nuclear renaissance”. E questo ruolo del nucleare si rafforzerà nei prossimi anni: sia per motivi geopolitici (vale a dire ridurre la dipendenza dalle fonti fossili), sia per motivi ambientali (zero emissioni di gas-serra) ed economici, poiché gli impianti più moderni hanno livelli di efficienza del 90%, contro il 50% delle centrali degli anni settanta. Il «Memorandum of Understanding» tra Enel ed Edf prevede un'ampia collaborazione in tutti settori della filiera e una politica nucleare condivisa, paritetica e di lungo periodo. Tale intesa permette di acquistare competenze nel settore e pone Enel all'avanguardia tecnologica a livello mondiale.


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Produzione di energia elettrica da fonte nucleare nei principali Paesi europei nel 2007

fonte Gse Eurostat 935,277

1.000.000

800.000

600.000 439,730 400.000 140,534

200.000 23,423

26,172

48,227

55,103

63,028

66,969

Finlandia

Rep. Ceca

Belgio

Spagna

Regno unito

Svezia

0 Germania

Francia

Europa 27

GWh

E: Per raggiungere gli obiettivi fissati dal governo serviranno almeno altre quattro centrali. Potrà essere l’occasione per avviare nuove partnership con Paesi amici dotati di un forte know-how nucleare? Quali? FF: Stiamo studiando anche altre partnership, per contare su un portfolio di differenti reattori comprendenti le varie tecnologie attualmente disponibili. Sono in corso contatti con la Germania, il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Russia. E: Una delle infrastrutture strategiche ritenute prioritarie dall’Unione europea è il gasdotto Nabucco, che dovrebbe liberare le forniture dal monopolio della russa Gazprom. Il progetto sta incontrando molte difficoltà di ordine politico. Diventerà mai operativo? FF: L’Italia reputa che un approccio efficace per la sicurezza energetica debba fondarsi sul rafforzamento della cooperazione multilaterale e sul perseguimento di un vero partenariato tra Paesi. In quest’ottica, alla luce della prevista forte crescita della domanda europea di gas nei prossimi anni, ritengo si debbano concretizzare tutti i progetti d’interconnessione ora in fase di studio e sviluppo: il Nabucco, ma anche l’ITGI (Interconnessione Turchia, Grecia, Italia), il progetto “South Stream”, nonché il Galsi. Progetti che vanno sostenuti senza discriminazioni, in quanto non devono essere considerati concorrenti dal lato della domanda, bensì dal lato dell’offerta. E: Tra le tante cose che mancano all’Unione europea c’è il mercato comune dell’energia. Quali iniziative ha in agenda il governo italiano? FF: La creazione di un mercato comune dell’energia è un obiettivo che l’Italia e i nostri partner europei perseguono da tempo. Si tratta di realizzare infrastrutture che permettano la circolazione dell’energia tra tutti i Paesi membri. Occorre armonizzare le normative nazionali che regolano i mercati energetici, avendo come criteri guida la protezione del consumatore e lo sviluppo della libera concorrenza. Va superata la mentalità che spinge i Paesi grandi e piccoli a proteggere i “campioni” nazionali anche quando questa difesa si traduce in

inefficienze e costi aggiuntivi. L’Unione Europea si sta avvicinando a questo obiettivo e la recente adozione del terzo Pacchetto di liberalizzazioni nel mercato energetico rappresenta un passo importante. Anche l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona produrrà effetti positivi, perché darà una base giuridica alla competenza dell’Unione in materia di energia. E: Le autorità europee insistono affinché l’Italia rispetti l’impegno fissato dal Protocollo “20-20-20”. Ritiene che per noi si tratti di un obiettivo raggiungibile? FF: L’adozione del Pacchetto “20-20-20” rappresenta uno dei successi più importanti per l’Unione Europea in questi anni, al quale l’Italia ha contribuito battendosi per l’introduzione di misure di flessibilità capaci di conciliare il raggiungimento degli obiettivi ambientali con la salvaguardia delle industrie europee. Certo, per l’Italia il rispetto delle percentuali fissate dal Pacchetto (17% di energie rinnovabili e 13% di riduzione delle emissioni di gas serra) rimane un traguardo estremamente impegnativo. Ma grazie agli strumenti di flessibilità da noi introdotti è alla portata e può essere uno stimolo alle nostre aziende per superare la crisi economica con una riconversione “verde”. E: A dicembre il governo italiano parteciperà alla Conferenza di Copenhagen, che dovrà definire gli assetti del “dopo Kyoto”. Con quali obiettivi vi presenterete? FF: L’Italia auspica un accordo globale sui cambiamenti climatici e sulla riduzione delle emissioni di gas serra che preveda la partecipazione di tutti i Paesi industrializzati, ma anche di quelli emergenti e di quelli in via di sviluppo. Come Presidente del G8, l’Italia intende favorire il successo del negoziato di Copenhagen. Al G8 italiano dell’Aquila abbiamo anche ospitato il Major Economies Forum, che comprende tutti i maggiori emettitori di gas serra, co-presieduto dall’Italia e dagli Stati Uniti, allo scopo di favorire un accordo anche con le economie emergenti.

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Il futuro è nelle biomasse ENERGIA E AGRICOLTURA

IL PUNTO DI VISTA DI LUCA ZAIA Ministro delle Politiche agricole Stiamo censendo le realtà agricole che diversificano l’attività attraverso la produzione di energia elettrica. Una volta disponibili gli incentivi previsti, si apriranno interessanti opportunità di sviluppo nel settore, con ricadute su tutte le tecnologie e in particolare su quella del biogas. I biocarburanti di seconda generazione presentano grosse potenzialità, per la loro migliore sostenibilità economica. Per questo il Ministero ha finanziato alcuni progetti di ricerca.

Luca Zaia

di Gabriele Masini

Biomasse, biogas, fotovoltaico, biocarburanti di prima e seconda generazione. Sono molte le aree di contatto tra mondo agricolo e produzione di energia. E molti i nodi da risolvere. Dagli incentivi alla produzione elettrica, alle questioni di sostenibilità ambientale, alla presunta concorrenza tra colture food e no-food. Ne abbiamo parlato con il ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia. E: Il suo collega dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha annunciato che entro l’estate vedrà la luce il decreto attuativo che deve stabilire entità e modalità degli incentivi alla produzione elettrica da biomasse e per la definizione della filiera corta. Crede che sia un termine realistico? LZ: Ritengo di sì. Insieme al ministero dello Sviluppo Economico abbiamo predisposto una bozza di Decreto, che risponde agli orientamenti comunitari in materia di libero mercato. E credo che gli incentivi previsti consentiranno di porre le basi per lo sviluppo delle filiere agroenergetiche.

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E: Come immagina un’integrazione efficace tra produzione elettrica e agricoltura? C’è spazio per i grandi impianti? LZ: La struttura delle nostre aziende agricole premia la mini e la microgenerazione distribuita, con una taglia massima per gli impianti di circa 1 MW. Certo c’è spazio per alcuni grandi impianti nel settore agroindustriale, ad esempio quelli progettati nell’ambito della riconversione del settore bieticolo-saccarifero. Per questo credo che la soglia attuale per l’erogazione della tariffa onnicomprensiva risponda alle esigenze del settore. E: Sono state censite le realtà agricole che producono anche energia elettrica? LZ: Stiamo procedendo a censirle. Una volta disponibili gli incentivi, si apriranno interessanti opportunità di sviluppo nel settore, con ricadute su tutte le tecnologie e in particolare su quella del biogas, anche nell’ottica del superamento del problema nitrati.


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E: Con il nuovo Conto energia per il fotovoltaico tra le possibili destinazioni dei terreni agricoli si è aggiunta la possibilità di ospitare i mega impianti solari. Avete un censimento di queste realtà? LZ: Il fotovoltaico rappresenta una delle possibilità che si aprono al mondo agricolo nel settore delle rinnovabili, ma principalmente nell’ottica della mini e della microgenerazione. Infatti la produzione di energia elettrica è considerata come un’attività connessa a quella agricola e non la principale fonte di reddito per l’azienda. E: Dopo un lungo braccio di ferro che ha attraversato le ultime due legislature il mondo agricolo sembra essere uscito un po’ deluso dalla questione dei biocarburanti. Pensa che la produzione della materia prima sia un capitolo chiuso per l’agricoltura italiana? LZ: Durante la scorsa campagna agricola, sono stati destinati alla produzione di semi oleosi 50.000 ettari, che quest’anno si prevede che aumentino a 70.000 ettari. Le colture energetiche giocano un ruolo strategico, alla luce del fatto che le possibilità di sviluppo che da esse si originano rappresentano una possibile alternativa alle produzioni agricole alimentari, per le quali si può andare incontro a situazioni complesse sul piano della competitività economica, soprattutto a causa dell’allargamento dei mercati. E: Il vostro ministero sta studiando le potenzialità dei biocarburanti di seconda generazione? LZ: I biocarburanti di seconda generazione presentano grosse potenzialità, soprattutto alla luce della loro migliore sostenibilità economica. Al riguardo il ministero ha finanziato alcuni progetti di ricerca selezionati.

E: Sul tema delle bioenergie ci sono molte polemiche. Cosa pensa della possibile concorrenza delle colture energetiche con quelle alimentari? LZ: Buona parte delle polemiche sono immotivate. Le colture energetiche in genere insistono su terreni marginali o destinati al set-aside, cioè su superfici diverse da quelle adibite ad uso alimentare. La principale causa dell’incremento dei prezzi delle materie prime alimentari non è stata la concorrenza delle colture energetiche, quanto piuttosto la diminuita offerta, la maggiore domanda da parte di Paesi che hanno conosciuto un forte ed esponenziale sviluppo economico e le speculazioni. E: Secondo alcuni le biomasse rappresentano il futuro dell’energia. È d’accordo? LZ: Non si può cogliere interamente il potenziale delle biomasse se ci si sofferma solo sugli aspetti puramente energetici. Le biomasse possono contribuire a risolvere problemi dell’agricoltura moderna, come la progressiva diminuzione del numero delle colture adottate nei sistemi produttivi, la semplificazione degli avvicendamenti o la riduzione della biodiversità vegetale. Non solo. Le biomasse possono rappresentare un mezzo efficace per ridurre i rischi di erosione delle aree in pendio. Sia perché la vegetazione è una valida protezione del terreno contro l’azione della pioggia; sia per la stabilizzazione del suolo operata dagli apparati radicali, sia per l’effetto di ricircolo naturale degli elementi minerali delle parti vegetali che cadono sul terreno, e in ultimo per l’incremento di sostanza organica negli strati più superficiali del suolo. E: Quali possano essere ulteriori possibili “connubi” tra mondo agricolo e mondo energetico? LZ: Un settore interessante sul quale lavorare è quello dell’utilizzo dei sottoprodotti agricoli ed agroindustriali ad uso energetico. Lo smaltimento di questi sottoprodotti è un costo per le aziende agricole, perché incide sulla loro redditività. Può rappresentare, invece, una opportunità. Costituirebbero materia prima utile a costi quasi pari a zero.

Produzione di energia elettrica da biomasse e rifiuti nei principali Paesi europei nel 2007

fonte Gse-Eurostat 98.521

1.000.000

800.000

600.000

400.000 27.161 200.000 3.860

5.441

5.534

Danimarca

Paesi Bassi

Francia

6.954

10.000

10.059

10.411

Italia

Regno unito

Finlandia

Svezia

0 Germania

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Enel partner ufficiale campionati mondiali di nuoto 09.

QUEL CHE SAREMO DOMANI NASCE D 22 PAESI IN 4 CONTINENTI. PIÙ DI 49 MILIONI DI CLIENTI.

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Come un seme, la nostra

qu

energia cresce ogni giorno. Cresce oltre i nostri confini, dove oggi realizziamo un terzo del nostro fatturato

as

e dove continuiamo a consolidare la nostra diversificazione geografica e tecnologica, grazie a un insieme

pr

bilanciato di fonti energetiche. Cresce anche a beneficio dell’ambiente, tanto che nel 2008 abbiamo

res

aumentato la produzione di energia verde, equivalente ai consumi di 22 milioni di famiglie. Tutto

inn

Dati riferiti al Bilancio consolidato 2008 e al Rapporto Ambientale 2008. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri.


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CE DALL’ENERGIA DI OGGI.

I. + 35% DI UTILE NETTO RISPETTO AL 2007. 32 MILIARDI DI INVESTIMENTI AL 2013.

DO.

tra

questo ha portato i nostri ricavi fino a 61.184 milioni di euro nel 2008 e il nostro utile

ato

a salire del 35%, superando i 5.200 milioni di euro. Ed è così che oggi siamo uno dei

me

protagonisti mondiali dell’energia, scelti da più di 60 fondi etici per la nostra

mo

responsabilità. Ma continuiamo a guardare lontano, investendo in tecnologia e

tto

innovazione. Perché un'energia pulita e disponibile a tutti illumini il nostro futuro.

turi.

www.enel.it


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faccia a faccia

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NUCLEARE SÌ, MA VIGILI CON LA SICUREZZA

Confronto TULLIO REGGE Fisico e matematico

di Roberto Antonini

Quando si parla di ritorno al nucleare gli animi si eccitano più dei nuclei colpiti dai neutroni. Alla fine ne parlano tutti: politici, editorialisti, industriali, movimentisti. Spesso, però, il risultato è un’entropia, misura del disordine delle opinioni. Quelli meno ascoltati sono gli scienziati. È utile, quindi, conoscere le posizioni di due esperti: Tullio Regge, già docente al Politecnico di Torino, noto fisico e matematico, e Massimo Scalia, docente di Fisica matematica alla Sapienza di Roma, tra i padri dell’ambientalismo scientifico italiano e già alla guida del movimento antinucleare. E: La sicurezza delle centrali nucleari è aumentata rispetto a 20 anni fa? TR: È enormemente aumentata rispetto ai tempi di Cernobyl. Allora gli impianti di allarme erano primitivi rispetto ad oggi, basti pensare ai miglioramenti intercorsi nell’elettronica. Va poi detto che ci sono tante cose che uccidono più dei reattori nucleari e che temo di più: ad esempio le morti da fumo, un orrore nascosto dai media. Insomma, si discute di sicurezza più che altro per motivazioni politiche.

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MS: Negli ultimi 30 anni il nucleare non è cambiato molto. Gli attuali reattori sono migliorati, ma il problema della sicurezza e delle scorie è legato alla fisica. E la fisica non si interessa più di nucleare da 40 anni. Quindi, o intervengono modifiche profonde nel funzionamento del reattore o ci saranno sempre gli stessi problemi di sicurezza E: La terza generazione è un passo avanti o sono solo ‘vecchi scaldabagni riverniciati’, come sostiene qualcuno? Investire su questa tecnologia è giusto o conviene aspettare la quarta? TR: È giusto investire nella tecnologia attuale, ma con assoluta dedizione alla sicurezza. Su questo non transigo. MS: La tecnologia dei reattori ha avuto migliorie ingegneristiche, ma i problemi legati alla sicurezza sono


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IL NUCLEARE NON È SICURO E NON RISOLVE I PROBLEMI ENERGETICI

MASSIMO SCALIA Docente di Fisica e matematica

sul nucleare

migliorati di poco. Poi, se dovessi fare il nuclearista, direi “ma quale IV generazione”. I suoi destini sono sempre più confusi in un futuro non ben definito e neanch’essa risolve i problemi del nucleare.

E: Quali sono i punti dirimenti per dire ‘si’ o ‘no’ al ritorno al nucleare in Italia? Parlando di clima e sicurezza degli approvvigionamenti energetici, quali i punti di forza e quali quelli di debolezza di questa tecnologia?

Il problema delle scorie è gestibile o rimane il ‘buco nero’ di questa tecnologia?

TR: Di certo le centrali nucleari non contribuiscono all’effetto serra poiché non emettono CO2. Inoltre, le riserve di uranio dureranno ancora parecchio. Insomma, una centrale atomica ha un impatto ambientale minimo, a meno che uno non vada lì con una bomba per dimostrare che è pericolosa.

TR: Il problema delle scorie non è insormontabile. Con le giuste tecnologie si deve continuare a fare ricerca per tenerle sotto controllo. Le scorie vengono vetrificate in vetro al piombo insolubile che non rilascia radiazioni, racchiuse in contenitori antiradiazione poi seppelliti a grande profondità. Dopo 30 anni la radioattività è fortemente diminuita. Tutto può capitare, ma dobbiamo scegliere il male minore. MS: Il problema delle scorie va trattato con chiarezza. Esistono delle scorie, definite di seconda categoria, che sono prodotte a fine lavorazione e decadono in 30 anni. Significa che in capo a dieci vite medie, in dieci tempi di dimezzamento, la radioattività di questi manufatti si riduce di un fattore mille, divenendo una radioattività confrontabile con i livelli della crosta terrestre. Per questo tipo di scorie ha senso parlare di un deposito definitivo, perché l’ingegneria e le capacità di controllo riescono a gestire un periodo di 300 anni. Ben diverso il caso delle scorie di terza categoria che hanno tempi di dimezzamento lunghissimi, centinaia di migliaia o milioni di anni. Per queste scorie ad oggi non c’è una soluzione disponibile.

Centrali nucleari nel mondo - previsioni al 2030

fonte Iaea

700 600 500 400 300 200 100 0 1960

1970

1980

1990

2000

2010

2020

2030

Europa occidentale Estremo oriente Europa orientale Nord America Altri continenti

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MS: Il contributo che può dare alla vicenda energetica è irrilevante, relativamente ai mutamenti climatici. Abbiamo pochi anni di fronte, mentre il nucleare richiede tempi lunghi per la sua entrata in esercizio. Poi, al di là dei costi molto elevati e a carico dei cittadini - l’atomo a livello di apporto energetico rappresenta molto poco. In Italia, nel programma del governo, l’atomo coprirebbe solo il 2% dei consumi di energia previsti al 2020, con un costo intorno ai 30 miliardi di euro. E: Ma la politica ha le idee chiare sul nucleare? TR: Tranne eccezioni i politici sanno ben poco di nucleare. Si preoccupano soprattutto dell’impatto politico che può avere sul grande pubblico la costruzione del nucleare e non vogliono perdere voti. Ho notato un’inerzia assoluta da parte dei politici. MS: Mi sembra che procedano a tentoni, puntando sull’ideologia e sull’applauso. Penso, ad esempio al consenso sul nucleare ricevuto da Confindustria, che mi è sembrata non consapevole che l’Italia sta perdendo la sfida sul terreno dell’innovazione tecnologica legata al risparmio e alle rinnovabili. Questo è l’aspetto più riprovevole delle politiche di governo, che rischiano di farci perdere una grande scommessa: la rivoluzione energetica. E: Il consenso popolare può essere la chiave per il ritorno dell’Italia al nucleare. Come spiegherebbe alla popolazione i pro ed i contro di questa tecnologia? TR: Diffondere tra i cittadini un’opinione attendibile sul nucleare è un compito difficile. La costruzione di una centrale

non va presa sottogamba. Si deve ricordare alla popolazione che oggi gli impianti sono sicuri e si devono fare sicuri, senza scendere a compromessi. Vivo in Piemonte, una regione molto vicina a tre centrali in Francia. Se dovessi costruire una centrale in Italia, chiamerei tecnici francesi. MS: La cosa più importante è dare consapevolezza e orgoglio di essere europei. Obama è arrivato con la sua proposta ‘verdÈ dopo l’Europa. I Paesi europei si stanno già muovendo sulla strada della rivoluzione energetica, che riguarda non solo l’innovazione tecnologica e l’industria, quindi l’economia, ma anche la società e tutti i cittadini. Se non c’è la loro partecipazione, sarà molto difficile cogliere i risultati e gli obiettivi che questa ‘rivoluzionÈ si propone. E: Il nucleare è costoso. Crede sia giusto puntare su un grande impegno finanziario o scegliere tecnologie meno costose, magari sul fronte delle rinnovabili? TR: La scelta della fonte non è una religione: occorre un confronto. Prima di tutto vorrei sapere da fonti insospettabili e con chiarezza, quali sono i costi e quale l’ordine di grandezza. Così come si deve sapere quali sarebbero i costi per i cittadini se cessassero i rifornimenti di combustibili fossili. Credo si debbano diversificare al massimo le sorgenti energetiche, in modo che se anche una viene a cessare, qualcosa rimane. Sono favorevole al nucleare, ma non sono contrario ad altre fonti. MS: Le rinnovabili stanno decollando e l’Italia recupera posizioni. Però se leggiamo le targhette sui dispositivi, pannelli o pale eoliche, sono tutte straniere. Stiamo perdendo una sfida che impegna i nostri competitori diretti.

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Nel 2008 l’Unione Europea ha preso a cuore l’ambiente

20%

-20%

di energia rinnovabile

di consumi energetici

-20%

di emissioni di CO2

ASJA lo cura dal 1995

www.asja.biz

ASJA dal 1995 progetta, costruisce e gestisce impianti, tecnologicamente avanzati, per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: biogas, eolico, fotovoltaico. In accordo con il Protocollo di Kyoto, ASJA riduce le emissioni dei gas ad effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici.

clean energy for a clean planet


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Con noi l’Italia tra i leader mondiali nelle rinnovabili

energia rinnovabile

INCONTRO CON FRANCESCO STARACE Presidente di Enel Green Power Francesco Starace

Siamo primi nel settore per energia prodotta, con 17 miliardi di chilowattora in grado di soddisfare i consumi di circa 6,5 milioni di famiglie e di evitare ogni anno l’emissione di 13 milioni di tonnellate di CO2. Realizzeremo nel sud d’Italia il più grande stabilimento in Europa per la produzione di pannelli fotovoltaici a film sottile a tripla giunzione, con capacità produttiva di 480 MW all’anno. L’Italia può essere il primo paese al mondo a raggiungere la “grid parity” nel fotovoltaico.

di Fausto Carioti

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Enel Green Power è interamente dedicata allo sviluppo e alla gestione delle attività di generazione di energia da fonti rinnovabili, in Italia e all’estero. Il suo obiettivo è crescere mettendo a disposizione della forte richiesta del mercato un ampio mix tecnologia/paese in un’ottica di creazione di valore, facendo leva sulle competenze che Enel, da sempre, ha in questo settore”. Francesco Starace, presidente di Enel Green Power, guida l’ultima sfida internazionale dell’ex monopolista italiano: cavalcare l’onda delle rinnovabili e far crescere l’Italia in uno dei settori che, anche grazie agli incentivi, appare uno dei più promettenti. E: Presidente Starace, quali sono gli asset di cui è stata dotata Enel Green Power? FS: La capacità installata in campo eolico, solare, geotermico, idroelettrico ad acqua fluente e biomasse è pari a circa 4500 MW, con 500 impianti operativi e in costruzione in tutto il mondo. Grazie soprattutto all’idroelettrico e al geotermico, che lavorano tutto il giorno, 365 giorni all’anno, siamo leader mondiali di settore per energia prodotta, con 17 miliardi di chilowattora in grado di soddisfare i consumi di circa 6,5 milioni di famiglie e di evitare ogni anno l’emissione di 13 milioni di tonnellate di CO2. E: Resta il fatto che le energie rinnovabili sono ancora troppo costose rispetto ai combustibili fossili e dipendono in parte dagli aiuti pubblici. FS: Gli incentivi servono per avviare l'industria e portarla verso la “grid parity”, ovvero il punto di equilibrio economico con le fonti tradizionali. In alcune tecnologie è già così, in altre lo sarà nel breve o medio periodo. Il nostro Paese, ad esempio, può essere il primo al mondo a raggiungere la “grid parity” nel fotovoltaico, grazie ad una risorsa naturale abbondante e al costante miglioramento tecnologico. Da un punto di vista industriale penso sia importante perseguire tutte le opportunità che ridurranno i costi di produzione, rendendo le diverse tecnologie più mature ed economicamente sostenibili. E: È per questo volete lanciarvi nella produzione dell’hardware, costruendo pannelli fotovoltaici?

E: A proposito di USA, la presidenza di Barack Obama sarà decisiva per garantire economie di scala alla filiera delle rinnovabili? Cosa vi attendete dalla nuova amministrazione americana? FS: Gli Usa hanno puntato ad incentivi di carattere fiscale con la possibilità di materializzare il beneficio all’inizio e nell’arco della vita utile dell’impianto. Attendiamo inoltre i target sulla vendita di energia elettrica proveniente da fonte rinnovabile (RPS) – si parla del 25% entro il 2025 – che costituirebbero uno stimolo efficace per l’energia verde. Così come una normativa sulla C02 che potrebbe creare ulteriori benefici indiretti per le rinnovabili. E: Idroelettrico, geotermico, solare, eolico: da quale di queste fonti dobbiamo attenderci i maggiori sviluppi a livello mondiale? FS: Le stime più prudenti dell’IEA prevedono impianti installati per 700.000 nuovi MW da qui al 2020. Altre stime parlano di più di 1.900.000 nuovi MW, ossia di un raddoppio della capacità attualmente installata. Al momento, la pipeline di progetti per 16.700 MW di Enel Green Power supporta una maggiore crescita in campo eolico, ma esistono interessanti opportunità anche nelle altre tecnologie. E: quale di queste fonti si rivelerà più importante per l’Italia? FS: Le rinnovabili sono già parte importante del mix energetico nazionale (circa 24.000 MW installati, di cui 17.500 MW idroelettrici). L’idroelettrico è ormai una tecnologia matura con limitate possibilità di sviluppo, mentre eolico e solare potrebbero passare dagli attuali 4.100 MW fino ai 30.000 MW del 2020. Quanto al geotermico, tecnologia sulla quale Enel e l’Italia possono vantare competenze primarie a livello mondiale, vedrà lo sfruttamento nel prossimo futuro di alcune risorse ancora disponibili nel nostro Paese utilizzando tecnologie innovative, come ad esempio gli impianti a ciclo binario. L’attuale base installata è di circa 700 MW, ma potrebbe superare i 1.000 MW nei prossimi anni.

1 Enel Group renewable energy production

by company

FS: Noi vogliamo essere presenti in tutta la filiera. E lo abbiamo fatto puntando anche su un leader mondiale di settore, come Sharp. Con quest’ultima e un terzo partner industriale abbiamo un progetto per realizzare nel sud d’Italia il più grande stabilimento in Europa per la produzione di pannelli fotovoltaici a film sottile a tripla giunzione – una tecnologia esclusiva del nostro partner giapponese – con capacità produttiva di 480 MW all’anno. E: Quali sono le vostre strategie di internazionalizzazione? FS: Gli impianti operativi e i progetti in stato di sviluppo di Enel Green Power sono in sedici Paesi in Europa e nel continente americano. Siamo presenti in Spagna, in Francia e in Grecia e abbiamo progetti in Romania e Bulgaria. In America intendiamo crescere ancora. Questa diversificazione consente di massimizzare le opzioni strategiche di crescita e di minimizzare i rischi regolatori e di Paese.

fonte Enel Green Power by technologiy

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19.6 1 TWh

0.6 TWh 3.4 TWh

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2 17.2 TWh

5.2 TWh

70 4 TWh 42.4 3 TWh

Total Enel group production 79.2 TWh4 Enel Enel Green Power Endesa

Geothermal

Wind Other

Hydro

1. It includes Slovenske Elektrarne large hydro / 2. Pro-forma 2008 3. Endesa data consolidated at 100% and net of the agreed transfers to Acciona 4. Net of pumped storage production

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energia rinnovabile

Le agro-energie,

Federico Vecchioni

IL PARERE DI FEDERICO VECCHIONI Presidente Confagricoltura Fonti rinnovabili? Serve un forte impegno per la definizione di un piano nazionale energetico. Lo sviluppo delle agro-energie sono una concreta chance per il futuro delle aziende agricole e il proseguo del binomio indissolubile agricoltura-ambiente.

di Luca Speziale Informare, formare e sensibilizzare gli imprenditori agricoli, rivedere il quadro normativo italiano, sviluppare sempre di più le fonti rinnovabili. Questi, secondo Federico Vecchioni, alcuni nodi da sciogliere per dare al settore agricolo un ventaglio di opportunità utili alla nostra economia e alla risoluzione dei problemi legati all’ambiente.

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E: In Italia cresce l’interesse verso ciò che è “energia rinnovabile”. Qual è il suo punto di vista? FV: Negli ultimi anni è aumentato l’interesse per la produzione di energia da fonte rinnovabile, scaturito dalla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento e da una coscienza ambientale più matura. Il settore agricolo ha indirizzato la sua attenzione in particolare verso le agroenergie con un duplice obiettivo. Da una parte contribuire alla soluzione dei problemi ambientali e alla diminuzione del fabbisogno energetico nazionale. Dall’altra diversificare la produzione agricola al fine di integrare i redditi in una congiuntura economica certo non favorevole per le imprese. Così, molte sono le aziende agricole, nostre associate, che hanno investito nel settore delle rinnovabili soprattutto dopo l’introduzione del Conto energia per il fotovoltaico, a cui ha fatto seguito la legge 222/07 diretta a favorire lo sviluppo della produzione di energia da biomassa.


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, un’opportunità da “coltivare” E: Biomasse: è una strada da seguire, o si tratta di un percorso accidentato nel quale muoversi con cautela? FV: È sicuramente una strada da seguire, perché coinvolge vari soggetti economici. Permette all’azienda agricola di proseguire l’attività con coltivazioni dedicate, dà la possibilità di riutilizzare i sottoprodotti derivanti dalle diverse filiere produttive con effetti ambientali positivi. Per questo le fonti agro-energetiche, rispetto alle altre rinnovabili, garantiscono buoni risultati economici.

E: Analizzando l’attuale sistema delle incentivazioni, quali interventi migliorativi si possono apportare per potenziare le fonti alternative, con particolare riferimento alle agroenergie? FV: Le fonti di energia alternative, e soprattutto le agroenergie, per divenire effettivamente una reale opportunità, necessitano di un quadro normativo, tecnico ed economico chiaro, puntuale e stabile, di una strategia condivisa e coordinata a livello nazionale e regionale. In tale direzione abbiamo valutato positivamente l’approvazione da parte del Senato, nell’ambito della discussione del ddl 1195, della tariffa omnicomprensiva di 0,28 euro/kwh per tutte le biomasse, che sebbene inferiore rispetto a quanto stabilito dalla finanziaria del 2008 (0,30 €/kwh), consentirà un’applicazione in tempi rapidi degli incentivi. Tale impostazione congiuntamente alla conferma della cumulabilità con altri incentivi pubblici rappresenta una grande opportunità per gli imprenditori agricoli per confermare il loro ruolo di protagonisti nello sviluppo economico del Paese, con particolare riferimento alla green economy. Occorre inoltre accelerare nella definizione del piano nazionale energetico, nella ripartizione degli obiettivi regionali, nell’emanazione delle linee guida che semplifichino le procedure autorizzative, nell’adeguamento della rete elettrica al fine di facilitare l’accesso e il collegamento della generazione distribuita, con particolare riferimento agli impianti di piccola taglia.

E: Quanto è importante la formazione e l’informazione degli imprenditori del settore agricolo in tema di fonti rinnovabili. Cosa si sta facendo e cosa si può ancora fare in questo senso? FV: Le azioni di informazione, sensibilizzazione e formazione assumeranno nei prossimi anni un’importanza fondamentale per gli operatori dei vari settori economici. Per tale motivo in occasione del Forum di Confagricoltura “Futuro fertile 2009”, con il Presidente del GSE, Prof. Carlo Andrea Bollino, abbiamo siglato un protocollo d’intesa finalizzato a promuovere l’informazione e la formazione degli imprenditori agricoli in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ed in particolare da biomasse e biogas, in un contesto normativo in forte evoluzione. Confagricoltura, inoltre, attraverso il consorzio Co.agr.Energy, nell’ambito del Contratto di filiera sullo sviluppo delle agro energie, sostenuto dal Mipaaf, ha previsto una serie di azioni trasversali dirette al settore per sostenere la ricerca, l’innovazione tecnologia, la sperimentazione, l’informazione, la formazione e l’assistenza tecnica. E: Vista l’attuale crisi economica, come immagina il futuro per le aziende agricole italiane? FV: L’agricoltura può contribuire molto alla ripresa economica, come dimostrano i dati del 2008. Lo sviluppo delle agro-energie è una concreta chance per garantire un futuro alle aziende agricole ed assicurarne la presenza sul territorio, garantendo ancora il binomio indissolubile agricoltura-ambiente, con la centralità dell’agricoltura nella tutela dell’ambiente e nella difesa del paesaggio. Il futuro del sistema agricolo nazionale, può essere caratterizzato da un ventaglio di opportunità economiche che integrano la sua funzione primaria e ne confermano l’importanza e la centralità nell’economia del Paese.

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Incentivi alle biomasse, non sia un’occasione persa

A TU PER TU CON GIUSEPPE POLITI Presidente Confederazione Italiana Agricoltori

di Gabriele Masini

Giuseppe Politi

La definizione degli incentivi alla produzione elettrica da biomasse è attesa da oltre un anno e mezzo. I tre ministeri coinvolti (Sviluppo economico, Politiche agricole e Ambiente) sono al lavoro da mesi, dopo che gli incentivi per tutte le altre fonti sono stati definiti lo scorso dicembre. Ora, con l’inserimento sembra essere in dirittura d’arrivo un emendamento governativo all’interno del ddl sviluppo. Ma già subito dopo l’approvazione del ddl da parte del Senato, le associazioni degli agricoltori si sono divise sulla bontà o meno dell’intervento per il mondo agricolo. Giuseppe Politi, presidente della Cia, ha parlato di una “occasione persa”.

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E: Dopo oltre sedici mesi pare che si veda la luce per gli incentivi alle biomasse. Eppure la Cia ha definito questo provvedimento “un’occasione persa”. Perché? GP: Perché viene abbandonato il privilegio per l’utilizzo di materia di base italiana. Il problema non è il “chilometro zero”, l’utilizzo di biomasse prodotte in loco. Però se dobbiamo dare questi incentivi anche all’utilizzo di materia prima che non si sa da dove viene, è chiaro che non solo le risorse non sono sufficienti, ma rischiamo anche di non incentivarle al livello nazionale, coinvolgendo tutti i soggetti interessati e rendendo conveniente l’investimento anche agli agricoltori. E: Con l’eliminazione della distinzione tra filiera lunga e corta la tariffa onnicomprensiva è stata abbassata da 30 a 28 centesimi. È un livello sufficiente per garantire gli investimenti? GP: Non solo la tariffa è stata abbassata, ma rischierà anche di non avere alcuna ricaduta sulla parte agricola. E: Il livello della tariffa rischia di scoraggiare gli investimenti? GP: La situazione è critica per la materia prima. Per le biomasse provenienti dall’estero il prezzo non si fa a livello nazionale ma internazionale. C’è una questione di convenienza o meno a seconda dell’andamento dei prezzi sulle piazze internazionali. È chiaro che chi deve programmare l’investimento deve farlo sulla base di contratti poliennali per la fornitura della materia prima, visto che i contratti sono su cinque/sei anni. E in questo caso l’incentivo è decisivo per decidere di investire. La riduzione rende meno conveniente per l’agricoltore impegnarsi. E dall’altra parte c’è una convenienza dell’utilizzatore ad importare materiale proveniente dall’estero.

GP: Non saprei. Ma è certo che, ancora una volta, a prevalere è stato l’interesse industriale rispetto a quello complessivo di filiera, che comprende anche la produzione agricola. E: Ciò nonostante, la produzione elettrica da biomasse si sta diffondendo nel mondo agricolo. GP: Soprattutto per ciò che riguarda i piccoli impianti che sono quelli che noi privilegiamo. In particolare la crescita riguarda quegli impianti presso le singole aziende che utilizzano i reflui della zootecnia. Sicuramente c’è un interesse da parte di alcuni imprenditori a dedicarsi a questo settore, non in maniera esclusiva ma di supporto all’attività agricola, che rimane primaria. Parliamo comunque di impianti sotto il megawatt di potenza. E: Per gli impianti più grandi, invece, si aspetta ancora l’emanazione del decreto sulla filiera corta e la definizione del coefficiente di assegnazione dei Certificati verdi. I ministeri sono ancora al lavoro: si temono problemi di compatibilità con le norme del mercato unico europeo. Crede che siano timori fondati? GP: Ma no. Io dico una cosa: il nostro Governo dovrebbe avere più coraggio su queste cose. Il Governo ha legiferato per ciò che riguarda le distanze e credo che abbia tenuto conto dei problemi che potevano sollevarsi a livello comunitario. C’è stato un errore a non trattare il problema della filiera corta prima, in modo da essere sicuri della compatibilità con l’ordinamento comunitario. Noi diciamo: andiamo avanti e se ci sarà l’impugnazione da parte di Bruxelles, l’affronteremo. E: Non solo biomasse. Il mondo agricolo si sta interessando anche ad altre fonti, ad esempio il fotovoltaico. GP: Il fotovoltaico sta avendo una diffusione importante, non necessariamente con i grandi impianti. C’è un forte interesse anche per quelli di piccola taglia, soprattutto in alcune aree del sud. Ma non va trascurato l’eolico: anche qui riscontriamo un forte interesse, maggiormente per i piccoli impianti al servizio dell’impresa. Non stiamo certo parlando di “pale” che presentano anche problemi di impatto paesaggistico. Siamo sempre nell’ordine dei chilowatt.

La Vignetta di Fama 30

E: Perché allora questa scelta di ridurre il contributo?

E: Per finire: un consiglio al Governo. GP: Soprattutto al ministero delle Politiche agricole: che dialogasse con maggiore autorevolezza all’interno del Governo, specie nei confronti del ministero dello Sviluppo economico. È lì che si sta bloccando tutto. Sembra che ci sia una sorta di corto circuito tra gli interessi rappresentati dal ministero dello Sviluppo economico e quelli del ministero delle Politiche agricole. Un corto circuito che sta impedendo di completare gli adempimenti di carattere normativo e le scelte previste dalla legislazione che regola il settore. Il rischio è che si perda ulteriore tempo.

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PRENOTA LA TUA COPIA A partire dal 2004 APER ha avviato uno studio sulle Linee guida regionali per la realizzazione degli impianti eolici ed il loro inserimento nel paesaggio, con lo scopo di fornire degli spunti di riflessione e delle indicazioni che mostrino come lo sviluppo dell’eolico possa essere condotto con responsabilità. Prenotate la vostra copia presso la segreteria APER allo 02/76319199

Fondata nel 1987, APER è l’associazione che riunisce a rappresenta i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili, tutelandone gli interessi a livello nazionale e internazionale. Un’attività che si traduce da una parte con l’assistenza e il supporto tecnico e normativo necessario alla realizzazione e gestione degli impianti e alla commercializzazione dell’energia elettrica prodotta, e dall’altra in azioni di promozione mirate a favorire la formazione e la diffusione di una cultura della sostenibilità ambientale e delle Fonti Rinnovabili, attraverso l’organizzazione di un fitto calendario di corsi, convegni e fiere. Attualmente APER conta più di 430 associati, oltre 450 impianti per un totale di circa 2000 MW di potenza elettrica installata che utilizza il soffio del vento, la forza dell’acqua, i raggi del sole e la vitalità della natura per produrre 6 miliardi di KWh all’anno a cui corrisponde una riduzione di emissioni di CO2 di oltre 5 milioni di tonnellate annue.

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Il meccanismo dei certificati verdi: ulteriore banco di prova di Natascia Falcucci

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Le ultime misure, quelle della Finanziaria 2008 (L.244/08), adottate dal Governo italiano per favorire la produzione di energia elettrica da FER (fonti di energia rinnovabili) sembrano - almeno per ora - non rappresentare un punto di arrivo delle modalità di incentivazione. Sicuramente il contesto internazionale attuale, di grande impegno sul fronte del cambiamento climatico, rappresenta uno scenario che richiede - soprattutto ai Paesi Ue – l’adozione di politiche energetiche sempre più efficaci nel perseguimento di tali obiettivi. Si ventilano così ulteriori varianti allo strumento dei Certificati verdi, modificato con la Legge 244 la quale, con riferimento a questi, ha introdotto i coefficienti moltiplicati da applicare all’energia elettrica prodotta per attribuire i CV in misura differenziata per fonte, rispecchiandone maggiormente la maturità tecnologica e il relativo andamento dei costi di produzione. Ciò che si discute oggi, in sede parlamentare, è il trasferimento sul fronte del consumo dell’obbligo introdotto dal cd. decreto Bersani. Il disegno di legge 1195 prevede, infatti, che a dover dimostrare di avere una quota di energia rinnovabile debbano essere, a partire dal 2010, gli utenti del dispacciamento in prelievo (Delibera dell’AEEG n.111/06). Ad oggi la struttura del meccanismo dei CV obbliga produttori ed importatori da fonti non rinnovabili ad immettere in rete una percentuale di elettricità prodotta da impianti qualificati dal GSE IAFR (impianto alimentato a fonti rinnovabili) e, pertanto, idonei a ricevere Certificati verdi. Gli operatori, possono soddisfare questa richiesta acquistando e annullando CV sulla piattaforma gestita dal GME o attraverso accordi bilaterali. Il sistema prevede una franchigia di 100 GWh (che nelle nuove modalità dovrebbe venire meno), al di sotto della quale non viene applicato l’obbligo. L’esenzione è invece totale per gli impianti cogenerativi ad alto rendimento. Sono naturalmente esonerate le produzioni rinnovabili (anche da impianti non IAFR) e le importazioni certificate con garanzia di origine (GO), attestazione introdotta nell’Unione Europea dalla Direttiva 2001/77 per la promozione dell’energia elettrica da FER. Questa proposta dal disegno di legge in esame rappresenta una modalità alternativa di utilizzo dello strumento dei CV. È, infatti, possibile prevedere l’obbligo di utilizzare una percentuale di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, alternativamente su fornitori o consumatori.

Nella tabella in basso sono individuate le diverse modalità di funzionamento dei Certicati verdi all’interno dell’UE, dando rilievo al soggetto su cui è imposto l’obbligo. Inoltre, è indicata la percentuale applicata e il contributo offerto dalle fonti rinnovabili rispetto al complessivo fabbisogno elettrico lordo. È messo in evidenza, inoltre, il target al 2010 fissato dalla direttiva 2001/77. Per l’Italia l’obbligo del 2009, relativo alla produzione/importazione non rinnovabile 2008 è del 4,05% a fronte di un rapporto FER/CIL di circa il 17% e di un target del 22%. L’allineamento del mercato italiano al comportamento estero risponde anche ad un’indicazione dell’Unione Europea di “armonizzare dal basso” gli strumenti nazionali di incentivazione, ovvero attraverso azioni coordinate tra Stati membri. Per il nostro Paese, però, principale motivazione del cambiamento è la necessità di maggiore trasparenza per i clienti finali sui costi sostenuti. Per tornare al contesto internazionale dei CV può essere utile segnalare le fondamenta comuni adottate dai diversi Paesi. Ovvero, la presenza di un processo di accreditamento degli impianti (in cui la data di entrata in esercizio costituisce la linea di spartiacque), di coefficienti moltiplicatori differenziati per fonte, di prezzi di riferimento che in alcuni casi (come quello belga) diventano prezzi minimi cui il produttore può vedersi ritirato il CV che possiede. Un diverso approccio, invece, caratterizza il trattamento delle importazioni. In alcuni casi queste sono assimilate a fonti convenzionali e, pertanto, si vedono applicata la quota d’obbligo a fonti rinnovabili se accompagnate da Garanzia di Origine (GO) ma solo per darne indicazione nella composizione del mix di combustibili ai clienti finali. Questa logica di utilizzo della GO è in qualche misura analoga a quanto previsto dalla nuova direttiva comunitaria in cui si esplicita la differenza tra GO, incentivo e modalità di conteggio del target nazionale. Con riferimento specifico alla situazione italiana una modifica del soggetto obbligato potrebbe rappresentare l’occasione per semplificare quel complesso tracciamento delle importazioni che oggi il GSE è chiamato a mappare. Per adesso non rimane che aspettare a vedere quale sarà la prossima norma a spiccare per prima il volo. fonte GSE

PAESE

Soggetti obbligati

Quota d’obbligo 2009

Produzione da FER/CIL

Target 2010

Belgio (Fiandre)

Fornitori

5,25%

4% (dato complessivo nazionale)

6% (dato complessivo nazionale)

Polonia

Fornitori / grandi clienti finali

8,7%

3%

7,5%

Regno Unito

Fornitori

9,7% Inghilterra, Galles e Scozia

5,8%

10%

3,5% Irlanda del Nord Romania

Fornitori

6,78%

30,7%

33%

Svezia

Fornitori / grandi clienti finali

17%

48,4%

60%

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Un’onda di elettricità L’ENERGIA CHE VIENE DAL MARE Mari e oceani ricoprono più del 70% della superficie del pianeta e costituiscono una risorsa energetica potenzialmente inesauribile. Il cui sfruttamento, però, presenta rilevanti problemi tecnologici ed economici

di Valter Cirillo

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una potenza elettrica di 800 MW da installare in Italia al 2020 da «impianti innovativi in grado di sfruttare l'energia proveniente dai moti marini » con un potenziale elettrico aggiuntivo stimato in un miliardo di kWh. Tra le principali iniziative internazionali per sviluppare la ricerca sulle tecnologie in grado di sfruttare il potenziale energetico dei mari va segnalato l’Ocean Energy Systems Implementing Agreement (OES). All’accordo, promosso nel 2001 da Danimarca, Portogallo e Gran Bretagna, aderiscono ora 16 Paesi, tra cui anche la UE e l’Italia rappresentata dal GSE.

Le tecnologie Le diverse tecnologie hanno gradi di sviluppo molto differenziati. Allo stato attuale, la ricerca è rivolta principalmente all’impiego dell’energia potenziale di maree, moto ondoso, correnti marine e gradiente termico.

Maree È l’unica tecnologia che finora ha avuto uno sviluppo industriale, anche se con il solo impianto della Rance (240 MW, in servizio dal 1966), nel nord della Francia. Centrali simili sono ipotizzabili solo dove vi sia un adeguato dislivello di marea, (sulla Rance è di quasi 13 metri). In pratica i siti disponibili non sono più di 30 nel mondo, nessuno nel Mediterraneo, dove il dislivello di marea non supera i 50 cm. Progetti significativi sono ipotizzati nel nord della Gran Bretagna. Secondo una ricerca della Northwest Regional Development Agency basterebbero quattro sbarramenti nel mare d’Irlanda per coprire il 5% dei consumi elettrici del Regno Unito.

Moto ondoso Mari e oceani costituiscono una risorsa immensa, finora non sfruttata dal punto di vista energetico. Per unità di superficie hanno, infatti, una intensità energetica relativamente bassa e, inoltre, presentano rilevanti problemi di tipo tecnologico ed economico da superare. Tuttavia l’evoluzione dei costi delle fonti fossili e l’esigenza di sviluppare fonti a zero emissioni di gas serra sta modificando lo scenario. Anche perché, se è vero che l’intensità energetica di mari e oceani è ridotta, ha il vantaggio di essere estremamente diffusa e di poter essere utilizzata in molteplici modi. Le tecnologie di sfruttamento energetico del mare sono in fase di sviluppo in tutto il mondo. Nel Position Paper sulla ripartizione delle fonti rinnovabili al 2020, presentato nel 2007 dal nostro Governo alla Commissione UE, compare per la prima volta l’energia dal mare. Il documento ipotizza

Il potenziale energetico delle onde marine in teoria potrebbe soddisfare l’intera domanda elettrica dei Paesi che si affacciano sul mare. Le sperimentazioni prevalenti per lo sfruttamento del moto ondoso si basano sulla trasformazione dell'energia cinetica in energia di compressione dell’aria o in energia meccanica. I principali sistemi prevedono: boe oscillanti con ancoraggio, compressione in campane galleggianti, compressione d'aria tramite sistemi deformabili immersi, boe con eliche operanti in risonanza. L’utilizzazione delle onde non è tuttavia semplice. Non solo a causa della loro irregolarità, ma anche perché le sollecitazioni indotte dalle tempeste costringono a progettare impianti sovradimensionati rispetto alle condizioni normali. Inoltre visto che la frequenza media è molto bassa (circa 0,1 Hz) rispetto a quella della corrente elettrica (50 Hz) occorrono complessi dispositivi meccanici esposti a gravosi condizioni ambientali. Pertanto oggi, il costo del kWh prodotto dalle onde marine è molto superiore a quello ottenuto da fonti convenzionali, anche se in rapida diminuzione.

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Progetti di questo tipo sono in corso in USA, Canada, Australia, Giappone, Gran Bretagna, Irlanda, Norvegia e altri Paesi. I dispositivi allo studio prevedono l’impiego di varie tipologie di turbine (ad asse sia orizzontale che verticale) contenute in sistemi modulari, che possono essere collocati direttamente nel flusso di corrente, fissati ai fondali marini, sommersi o galleggianti. In Italia il sito più promettente è lo stretto di Messina. Qui la potenzialità energetica è stimata da 2.000 a 15.000 MW, a seconda delle tecnologie ipotizzate. Proprio al largo di Messina è in corso il progetto Enermar, che dal 2006 ha allacciato alla rete di Enel una turbina Kobold assicurata ad una piattaforma galleggiante con potenza di circa 40 kW. Il progetto, in fase di sviluppo per incrementarne la potenza unitaria, è stato riconosciuto dall’UNIDO (United Nations Industrial Development Organization) come uno dei più efficienti per l’elettrificazione di piccoli arcipelaghi in Paesi in via di sviluppo.

In Scozia, ad esempio, una centralina prototipo della Wavegen da 500 kW (due turbine da 250 kW su un fronte marino di 18 metri) è in servizio dal 2000 e collegata alla rete nazionale, con una produzione annua di circa 2.300 MWh ad un costo/kWh valutato a circa il doppio di quello eolico. Che può sembrare alto, ma è invece tutt’altro che male per un prototipo assoluto. Tra i molti progetti proposti va segnalato il “serpentone” proposto dalla portoghese Pelamis Wave Power, di cui è in servizio un impianto da 2,2 MW. Recenti progetti stanno inoltre estendendo la possibilità di utilizzare anche l’energia delle onde medio-piccole tipiche di bacini chiusi come il Mediterraneo.

Correnti marine Anche nel caso delle correnti marine il potenziale energetico è immenso. Si è calcolato che la corrente della Florida (30 km al largo di Miami), con una velocità di quasi 2,5 m/secondo, potrebbe rendere disponibile una potenza teorica di oltre 20.000 MW in una singola sezione trasversale. Per quanto concerne l’Europa, uno studio promosso dalla UE nel 2005 ha identificato circa 100 siti suscettibili di essere utilizzati per la produzione di energia elettrica da correnti marine, per una potenza complessiva stimata in 75.000 MW.

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Altro interessante progetto è il Fri-El Sea Power (sviluppato da Friel e dall’Università Federico II di Napoli) di cui un prototipo da 500 kW sarà testato nei prossimi mesi nello Stretto di Messina.

Gradiente termico Le acque oceaniche dei tropici hanno una temperatura in superficie di circa 25-30 °C, che in profondità (600 metri e oltre) si riduce a circa 5°C. In questi 600 metri, dunque, si riscontra un gradiente termico di oltre 20°C, sufficiente ad alimentare macchine basate sul ciclo termodinamico di Carnot. In pratica il calore di superficie consente di far evaporare fluidi di lavoro costituiti da sostanze volatili, i cui vapori ad alta pressione mettono in moto una turbina prima di passare ad un condensatore e tornare allo stato liquido grazie alle acque fredde del fondo. Anche in questo caso, però, i problemi che si pongono (legati alla corrosione dei materiali e alle bio-incrostazioni) sono enormi e si è ancora lontani da uno sfruttamento economico. Un prototipo da 50 kW della statunitense Sea Solar Power Inc è in servizio dal 1996 al largo delle isole Hawaii, ma gli alti costi hanno finora fatto sempre rinviare il progetto di aumentarne la potenza a 2 MW. Progetti di potenza confrontabile procedono invece in India e Giappone, con prototipi di potenza fino a 1 MW che dovrebbero entrare in servizio nei prossimi anni.


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mercato elettrico

Riforma dei mercati elettrici, quali opportunitĂ ? CONVERSAZIONE CON PAOLO VIGEVANO AD di Acquirente Unico di Salvatore Lanza

Paolo Vigevano


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E: La riforma dei mercati elettrici italiani, avviata con legge 2/09 e operativa con il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 29 aprile 2009, prevede vari interventi mirati ad aumentare l’efficienza generale del sistema di scambi per ridurre il prezzo al cliente finale. Qual è l’impatto di tale riforma per Acquirente Unico che ha il compito di tutelare i piccoli consumatori di energia elettrica? PV: Alcuni di questi interventi riguardano mercati sui quali Acquirente Unico (AU) oggi non opera e, anche in futuro, non si troverà a farlo. Mi riferisco al Mercato di Aggiustamento ed al Mercato dei Servizi di Dispacciamento. Altri provvedimenti, quali la modifica del meccanismo di formazione del prezzo sul MGP (Mercato del Giorno Prima) e lo sviluppo dei mercati a termine appaiono, invece, per noi di immediato interesse. L’architettura dei mercati elettrici disegnata con il decreto legislativo n.79/99 sembra incentrata sulle transazioni di brevissimo termine, quelle che si svolgono nel MGP, mentre le transazioni di medio e lungo temine sono relegate alla negoziazione bilaterale. Il processo di riforma in corso sembra voler colmare una lacuna del disegno precedente, spostando il baricentro del sistema verso i mercati regolati a termine. Ciò implicherà un ridimensionamento dei volumi transati su MGP a favore di MTE (Mercato Elettrico a Termine). Di conseguenza gli effetti del passaggio ad un nuovo meccanismo di formazione dei prezzi (dal Sistem Marginal Price al Pay as Bid) saranno contenuti. Perciò occorre dare un forte impulso alle negoziazioni sui mercati a termine regolati, obiettivo, quest’ultimo, di cruciale interesse per l’AU. AU ha come obiettivo l’economicità e la stabilità del costo di approvvigionamento dell’energia elettrica. A tal fine diversifica il proprio portafoglio di approvvigionamento con azioni di acquisto e copertura dal rischio di prezzo, condotte confrontando il maggior numero di operatori possibile e su diverse scadenze temporali. Per questo AU guarda con interesse allo sviluppo dei mercati a termine sia fisici che finanziari, previsti dalla riforma. L’obiettivo è l’aumento dei prodotti negoziabili, l’allungamento delle scadenze contrattuali, una maggiore liquidità, una forte integrazione tra mercati a termine e mercati a pronti sottostanti. E: Dalla riforma è atteso uno sviluppo dei mercati a termine. Fino ad oggi come ha operato AU per coprirsi dal rischio di prezzo?

PV: Operare in questi mercati regolati favorisce una migliore distribuzione nel tempo delle azioni di approvvigionamento e copertura, facilitando, tra l’altro, azioni di aggiustamento di portafoglio dovute a mutamenti nei trend di prezzo o nel fabbisogno di energia elettrica da approvvigionare. Tuttavia gli scambi sono stati finora relativamente esigui. AU, che non ha ancora preso parte alle negoziazioni, ne sta valutando costi e benefici. Naturalmente, per noi, il termine di confronto per comprenderne la convenienza è il sistema negoziale basato sulle aste, utilizzato fino ad oggi. In entrambi i tipi di mercato è importante considerare quanto incidono i costi di transazione. In un mercato a termine regolato le garanzie che la Controparte Centrale richiede per far fronte al rischio di inadempienza di una delle parti, sono costose e tali costi vanno ad incrementare la spesa che sosterrà il cliente finale. Al di fuori di un sistema regolato AU può gestire in proprio il rischio di inadempienza (o al limite, decidere di rinunciare a gestirlo non richiedendo né prestando garanzie) e fissare, inoltre, i tempi di regolazione delle partite economiche, tenendo conto delle tempistiche previste per gli incassi, minimizzando così eventuali squilibri di cassa. E: In conclusione come giudica questa riforma e quali sono, a suo parere, i vantaggi per AU? PV: Le modifiche previste vadano nella direzione di una maggiore disponibilità e flessibilità degli strumenti a disposizione degli operatori presenti nel mercato elettrico. La convenienza per AU ad operare nei nuovi mercati dipenderà dalla possibilità che avrà di agire a beneficio dei clienti tutelati, sui quali vengono ribaltati i costi sostenuti da AU. A tal fine AU auspica che, nella fase di implementazione della riforma, siano create le condizioni per trasferire ai clienti tutelati tutti i benefici derivanti dal nuovo assetto dei mercati elettrici.

ERRATA CORRIGE La tabella pubblicata a pag. 21 nel n. 16 di Elementi è errata e va sostituita con quella di seguito riportata. Energia primaria per fonte nel 2007

PV: Dal 2004 ad oggi AU ha fissato in proprio le regole di negoziazione dei contratti a termine utilizzati per le coperture. Ancora adesso AU si avvale di aste per selezionare le controparti con cui stipulare contratti a varie scadenze, sia fisici che finanziari, al fine gestire il rischio di prezzo. Lo specifico ruolo svolto, e soprattutto l’entità dei volumi transati, hanno consentito ad AU di stabilire, di volta in volta, i principali parametri commerciali. Fra questi, le regole di negoziazione, le tipologie contrattuali, le clausole contrattuali e le modalità di pagamento e garanzia. I risultati conseguiti confermano che in questi anni AU si è dotato di contratti a termine, sostenendo bassi costi di transazione e operando con ampia flessibilità. E: Recentemente, nel settore elettrico italiano, sono stati messi a disposizione degli operatori strumenti in mercati regolati, sia fisici (MTE) da parte del GME, che finanziari (IDEX) da parte di Borsa Italiana. Ritiene che tali mercati possano rappresentare un’opportunità per AU?

100% 9,0%

4,9% 13,4%

90%

17,5%

14,3%

17,7%

18,1%

38,7%

36,3%

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80% 70%

fonte Enerdata

33,3%

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36,0%

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50% 40% 24,8%

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5,5%

Italia

Francia

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Spagna

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EU-25

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Nucleare

Gas naturale

Altro (biomasse e altro) Elettricità primaria

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Petrolio

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energia L’energia italiana? Decolla solo con

ricerca e sviluppo tecnologico Giuseppe Zampini

PARLA GIUSEPPE ZAMPINI AD DI ANSALDO ENERGIA di Piergiorgio Liberati

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Puntare su innovazione e ricerca, partendo dal presupposto che “le fonti fossili convenzionali non riusciranno a far fronte alla domanda futura di energia”. Giuseppe Zampini, Amministratore delegato di Ansaldo Energia, ha già disposto lo stanziamento “di 160 milioni di euro nei prossimi anni per ricerca e sviluppo”. Uno sviluppo che non potrà prescindere dal “nucleare, da rilanciare in consorzi prendendo come esempio il modello finlandese”, ma anche dall’aggiornamento del parco termoelettrico italiano”.

E: Ansaldo Energia è uno dei principali produttori al mondo di centrali elettriche e ha anche una società dedicata alle Fuel Cells. La ricerca nel vostro settore e in quello delle energie alternative risente della crisi internazionale? GZ: A fronte della forte crescita di domanda energetica su scala mondiale è opportuno parlare di “fonte integrativa” per quelle soluzioni (in particolare le rinnovabili) che per motivi tecnici non sono un’alternativa, bensì possono e devono fornire il loro contributo all’offerta di energia richiesta. Senza considerare le conseguenze a livello ambientale, è evidente ormai che le fonti fossili convenzionali non riusciranno a far fronte alla domanda futura. La nostra azienda oggi è impegnata nell’innovazione e nello sviluppo tecnologico, in particolare nei prodotti che rappresentano il core business della società, avvalendosi della collaborazione di Università e centri di eccellenza in Italia e nel mondo. Nei prossimi anni investiremo circa 160 milioni di euro in ricerca e sviluppo. Ansaldo Fuel Cells, che fa parte del gruppo Ansaldo Energia, è uno dei pochi attori a livello mondiale nello sviluppo di celle a combustibile ad alta temperatura per la produzione di energia elettrica. E: Nell’ottica del bilanciamento del mix energetico il pacchetto europeo clima-energia costituisce un’opportunità di sviluppo o al contrario un onere economico penalizzante per l’Italia? GZ: Gli obiettivi esposti dal Governo sono tre: avere energia garantita e a prezzo stabile, avere fonti diverse per non dipendere dal gas e petrolio e ridurre le emissioni di anidride carbonica. La maggiore parte della produzione energetica sul pianeta rimarrà comunque basata sui combustibili fossili fino almeno al 2030, come prospettato anche dall’International Energy Agency. Il Ministero dello Sviluppo Economico, sensibile alla valutazione dei costi per il raggiungimento di tali obiettivi per i cittadini e alle ripercussioni sulla competitività delle imprese europee, ha sottolineato che il traguardo italiano per la quota di rinnovabili è troppo elevato. Noi riteniamo, però, che il pacchetto clima-energia possa costituire un’opportunità per il mercato Italia. E: Come suggerirebbe di intervenire? GZ: Ansaldo Energia ha analizzato la situazione, applicando un modello analitico al parco termoelettrico installato in Italia. Due le conclusioni raggiunte. La prima è che adeguati interventi di aggiornamento sul parco termoelettrico italiano potrebbero ridurre le emissioni di CO2 di almeno 17 milioni di tonnellate. Inoltre la conversione di centrali elettriche in centrali a ciclo combinato, alimentate a gas naturale e ad alta efficienza, può portare a tagliare ulteriori 19 milioni

L’offerta energetica - Italia

38,4%

9,2%

45%

Petrolio Gas Carbone Rinnovabili

7,4%

di tonnellate. Anche ipotizzando che gli interventi vengano attuati in maniera massiccia, le emissioni di CO2 scenderebbero significativamente, ma si manterrebbero comunque superiori all’obiettivo fissato. Ciò lascia ovviamente campo aperto ad altre tecnologie quali il solare e soprattutto il nucleare, che nei prossimi anni potrebbe giocare un ruolo fondamentale nello scenario energetico italiano. E: Lei quindi è favorevole al ritorno del nucleare in Italia. GZ: Al di là delle discussioni sui costi di impianto, del Kwh prodotto e del combustibile, la scelta della tecnologia nucleare deve essere basata su considerazioni strategiche per il Paese. Gli sviluppi tecnologici degli ultimi venti anni, d’altra parte, hanno consentito di mettere a punto impianti con un elevato grado di sicurezza ed affidabilità. Il nucleare ha il vantaggio di non generare gas ad effetto serra, tanto che anche gli ambientalisti meno dogmatici sono oggi pronti a considerare strategie miste basate su fonti rinnovabili e nucleari per debellare l’effetto del surriscaldamento globale. E: Crede che il nostro Paese riuscirà a superare le resistenze ideologico-culturali che sono alla base dell’effetto Nimby? GZ: Proprio da uno dei Paesi europei più attenti all’ambiente e più disciplinato nella riduzione dei gas a effetto serra arriva un interessante esempio. In Finlandia la realizzazione della centrale nucleare di Olkiluoto è stata resa possibile proprio dalla costituzione di un consorzio di grandi consumatori (non solo aziende fornitrici di energia elettrica, ma anche aziende energivore), che riceveranno energia a prezzo di costo per tutta la vita dell’impianto. Questo modello consente quindi di ridistribuire agli investitori i vantaggi attesi dalla produzione di energia nucleare (prezzi competitivi e non soggetti alle oscillazioni dei mercati delle fonti primarie). Come tale, sembra essere uno dei più adeguati per convogliare investimenti dal settore privato verso nuovi progetti nucleari. In Italia, esso permetterebbe di concentrare in un’unica struttura gli sforzi richiesti per ripristinare una cultura della gestione, del tutto scomparsa in questi anni. È un’opinione personale. La scelta deve essere fatta dalle utilities interessate.

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Se innovazione fa rima con ambiente QUATTRO CHIACCHIERE CON GUALTIERO SEVA Division Manager Fotovoltaico Mitsubishi Electric Gualtiero Seva

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Il mercato del fotovoltaico è un segno di cambiamento. Il consumatore italiano ha capito che non si può continuare a sprecare energia anzi, grazie anche agli incentivi del Conto Energia, si possono generare micro-redditi. Ora occorre arrivare presto e in maniera equilibrata al momento in cui i costi della generazione da fotovoltaico potranno competere con quelli di altre fonti, sempre con totale assenza di emissioni. Un mercato sano e professionale potrà affrontare scenari più ampi.

di Luca Speziale La ricerca e gli investimenti, in un settore importante come quello tecnologico, sono di vitale importanza per far fronte alle esigenze economiche e ambientali. Gualtiero Seva ce ne spiega i motivi.

E: Innovazione, uso efficiente dell’energia e salvaguardia dall’ambiente. Quanto sono importanti per una azienda? GS: Uno dei principi guida di Mitsubishi Electric dice: “Esplorare nuovi mercati promuovendo la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione tecnologica”. Ed è proprio quest’ultima che guida i temi di salvaguardia ambientale della nostra azienda. Abbiamo appena annunciato il terzo step della “Environmental Vision 2021”, un piano strategico che ci porterà nel 2021 ad una riduzione del 30% di emissioni di CO2. La particolarità sta nel metodo utilizzato che si basa su tre leve: la CO2 emessa da Mitsubishi Electric, quella emessa dai fornitori e quella emessa dai nostri clienti, nell’utilizzo dei nostri prodotti. Proprio in questa terza leva si innesta il processo di innovazione che porta alla progettazione ed alla produzione di prodotti sempre più efficienti o addirittura a prodotti fotovoltaici per la generazione in totale assenza di CO2.

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E: Mercato elettrico e sviluppo delle fonti rinnovabili, cosa c’è da fare per migliorare e rendere ancora più efficiente un settore che ha ampie prospettive di miglioramento? GS: L’effervescenza del mercato fotovoltaico è un segno di cambiamento. Il consumatore italiano ha realizzato che non è più possibile continuare a sprecare energia ed anzi si possono generare micro-redditi, grazie anche agli incentivi del Conto Energia. Compito nostro è continuare a sviluppare questo mercato emergente, per arrivare presto e in maniera equilibrata al momento della parità, quando i costi della generazione da fotovoltaico saranno tali da competere con quelli di altre fonti, ma sempre con la unica caratteristica della totale assenza di emissioni. È importante che al momento della grid parity, arrivi un mercato sano e professionale, che possa anche competere in scenari più ampi. E: Voi avete un’esperienza su differenti mercati commerciali. Dove il nostro pecca maggiormente, quindi è meno competitivo, rispetto ad altri? GS: Il mercato in Italia è appena partito e come tutti i nuovi mercati è effervescente, ma poco trasparente. L’interesse economico porta molti attori ad investire su questo settore con approssimazione, senza professionalità, solo per generare profitti di breve periodo. Ciò danneggia il mercato stesso. Ecco quindi l’importanza della scelta di partner di provata e stabile esperienza, che possano dare una garanzia di presenza e di assistenza sul lungo periodo, quando si scoprono fatti e dati che non era possibile valutare a sufficienza nel momento dell’investimento. E: La ricerca e lo sviluppo tecnologico sono colonne portanti della politica produttiva di società che intendono stare al passo con i tempi e migliorare la qualità dei propri prodotti. Quali saranno le innovazioni che metterete in campo nei prossimi anni ?

Così si vanno a ritoccare particolari caratteristiche senza stravolgerlo. In questa ottica, ogni anno negli ultimi 3 anni, abbiamo battuto il record mondiale di efficienza per celle FV policristalline commerciali, migliorando il nostro stesso record precedente. All’inizio di quest’anno abbiamo raggiunto il 18,9%, che verrà introdotto nelle nostre linee di produzione a partire dal primo quadrimestre del 2010. Il secondo livello riguarda lo sviluppo di nuove tecnologie. Attualmente stiamo sviluppando una tecnologia di moduli in silicio amorfo testando la loro affidabilità nel tempo. Nel campo degli inverter FV, abbiamo presentato all’ultimo Solarexpo la nuova serie, che adotta la nostra tecnologia “multilivello” che ottimizza sia l’efficienza di conversione che l’inseguimento del punto di massima tensione, aumentando la quantità di energia in uscita rispetto ai sistemi attuali e quindi il ritorno economico dell’impianto. E: L’informazione e la comunicazione sono importanti strumenti per sensibilizzare i consumatori. Quali le vostre strategie in questo ambito? GS: La corretta informazione è fondamentale in un mercato in fase di partenza, quando gli utenti si avvicinano per la prima volta a queste tecnologie. Noi investiamo ogni anno una cifra consistente in convegni, corsi su temi tecnici e su argomenti strettamente culturali. Lo scorso marzo abbiamo sponsorizzato una conferenza internazionale in partnership con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, dal titolo “A mente fredda nel Riscaldamento Globale”, alla quale sono intervenuti conferenzieri internazionali, compresi membri della parte negazionista, per una visione completa del problema.

GS: Mitsubishi Electric lavora su due differenti livelli. Il primo è il “miglioramento incrementale”, ossia il miglioramento continuo del processo/prodotto esistente.

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Sfruttiamo la crisi finché siamo in tempo A COLLOQUIO CON ENRICO CISNETTO DOCENTE DI FINANZA, ECONOMISTA, GIORNALISTA

Enrico Cisnetto

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Ridefinire gli accordi con i Paesi produttori di gas e petrolio, ora più “docili” per il forte calo delle quotazioni, potrebbe avere effetti positivi sul domani. Sì al nucleare per incrementare la produzione di energia e rispettare il protocollo di Kyoto. Armonizzare le politiche interne europee per fronteggiare il futuro e realizzare quella libertà di circolazione e di intrapresa che costituiscono i pilastri della stessa Unione.

di Edoardo Borriello Editorialista economico e opinion leader, Enrico Cisnetto da anni studia e descrive i cambiamenti dell'economia italiana e internazionale sulle colonne del Messaggero, del Mattino, del Gazzettino di Venezia, della Sicilia e altri giornali. Protagonista di accesi dibattiti alla radio e alla televisione, Cisnetto è docente di Finanza alla Scuola di giornalismo della Luiss di Roma e autore del best-seller "Il gioco dell'Opa". Attraverso il movimento d'opinione Società Aperta, ha avviato una profonda riflessione sulla crisi strutturale del Sistema Italia, di cui l'energia e le sue fonti sono parte essenziale. Infatti il peso sempre maggiore che il comparto elettrico va assumendo nello sviluppo economico obbliga l'Italia a incrementare la produzione di energia e allo stesso tempo a tener conto del fattore ambiente.

E: dell’apertura al nucleare che cosa ne pensa? EC: Sono sempre stato nuclearista e sono convinto che in Italia ci sia bisogno di un’operazione di lobby per vincere la sindrome “nimby” che qui ha attecchito più che altrove. Del resto, che il ritorno all’atomo sia necessario – per ridurre la dipendenza energetica dall’estero (90%) e il costo dell’energia elettrica (doppio di quello francese), perché è l’unica fonte veramente “pulita” e perché il mondo va in quella direzione (i 433 impianti attivi in 30 Paesi sono destinati a raddoppiare in pochi anni) – ormai l’hanno capito tutti. Compresi i molti ambientalisti “pentiti” alla Patrick Moore, fondatore di Greenpeace. E: Quale peso potrà avere in Europa e in Italia la politica del Presidente USA? EC: Le decisioni di Obama segnalano la tendenza ad un nuovo trend di cooperazione internazionale. A mio avviso la cosa più interessante è il grande “esperimento” che la nuova Amministrazione Usa sta tentando per superare il dualismo tra stato e mercato, con operazioni nuove come quella FiatChrysler, con incursioni in modelli del tutto europei come quello della “cogestione” tedesca. L’interventismo di Obama in economia non è però privo di rischi. In particolare, preoccupa la situazione del debito pubblico americano, che rischia di esplodere comportando un’ondata di super-inflazione di cui anche noi europei faremo le spese.

E: Quali sono a suo avviso, le fonti di energia più utilizzabili in Italia?

E: Il risparmio energetico è d’obbligo. Come pensa che il governo possa intervenire per incentivarlo?

EC: La situazione italiana è sotto gli occhi i tutti. Abbiamo un mix energetico fortemente squilibrato, in particolare verso idrocarburi e gas, il nucleare è completamente assente e le fonti alternative possono contribuire poco a fronte degli incrementi futuri dei consumi. L’unica fonte energetica pulita praticabile per ottenere un incremento di produzione è il nucleare. Non per nulla la Commissione europea ha invitato gli Stati membri dotati di impianti nucleari a non abbandonare tale fonte, pena un aggravio insostenibile in termini di sicurezza e di difesa ambientale. Delle due l’una: o sosteniamo che il rispetto del Protocollo di Kyoto è realmente importante e allora il ricorso al nucleare è prioritario, oppure lo dovremo accantonare in quanto non vi sono al momento fonti energetiche alternative in grado di renderlo sostenibile. Quale margine di crescita possono avere le fonti rinnovabili? Solare, eolico, biomasse sono sicuramente importanti, così come gli investimenti che ne favoriscono lo sviluppo, a patto che facciano parte di un programma organico. Le fonti rinnovabili, però, non possono essere “la” soluzione dei bisogni energetici italiani, ma una delle soluzioni. In base alle previsioni dell’Autorità internazionale dell’Energia, tra il 2006 e il 2030 la domanda globale di energia aumenterà del 45% e le emissioni di gas serra del 46%. Per le fonti rinnovabili, le stime dell’IEA prevedono 700.000 nuovi MW entro il 2020: una quota comunque bassa rispetto al fabbisogno reale.

EC: A fronte di una produzione energetica che non copre il fabbisogno e che punta assai poco su “fonti pulite”, la vera fonte alternativa resta il risparmio energetico. Tuttavia “risparmio energetico” è un’espressione che non deve essere declinata solo nel consumatore “retail”. Dobbiamo essere capaci, invece, di sfruttare la crisi per le opportunità che ci offre. Penso a una ridefinizione degli accordi con i Paesi produttori di gas e petrolio, che sono ultimamente molto più “docili” a causa del forte calo delle quotazioni. Una rinegoziazione in tal senso potrebbe avere effetti positivi sul futuro. E: Sono molte le imprese elettriche straniere che guardano al mercato italiano. È favorevole al loro ingresso? EC: È inconcepibile parlare ancora di mercato italiano in un contesto, quello dell’energia, che è forse insieme a quello della finanza il più globalizzato. Certo in questa globalizzazione spicca l’assordante silenzio della Ue, che sul tema non ha ancora realizzato una sua politica unitaria. Così, da una parte all’esterno l’Europa si frammenta e perde la sua massa critica di “big spender” che potrebbe permetterle un peso specifico notevole sugli approvvigionamenti nello scacchiere mondiale. Dall’altra, abbiamo ancora un’Europa a macchia di leopardo per quanto riguarda le diversità interne degli apparati produttivi dei vari Paesi e delle non meno profonde asimmetrie procurate dalla disomogeneità delle politiche di liberalizzazione e privatizzazione. Occorre armonizzare le politiche interne, se si vuole fronteggiare il futuro e realizzare quella libertà di circolazione che costituisce uno dei pilastri della stessa Unione.

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energia rinnovabile

Sviluppo delle rinnovabili possibile solo con nuove reti elettriche Giuseppe Onufrio

IL PENSIERO DI GIUSEPPE ONUFRIO Direttore esecutivo di Greenpeace Italia Gli obiettivi europei al 2020 per le fonti rinnovabili e per l’efficienza nel settore elettrico valgono circa 150 miliardi di kWh, pari a 75 milioni di tonnellate l’anno di CO2, 200-250 mila posti di lavoro. Stabilizzare i consumi elettrici è possibile (come in California o in Danimarca) con forti politiche di efficienza e con la crescita delle nuove rinnovabili a partire dall’eolico.

di Roberto Antonini

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Il carbone, a seconda di chi si interpelli, ha due facce: o ‘buon affarÈ o ‘bestia nera’. Tra quelli che dicono no, c’è chi per farlo ricorre ad ogni pacifico, assolutamente pacifico, mezzo necessario. È il caso di Greenpeace, associazione nota per le azioni spettacolari dei suoi attivisti che affrontano ogni rischio per dire che il carbone no, non va. Ecco cosa dice Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, fisico e ricercatore che a diciannove anni organizzava manifestazioni contro il nucleare. Oggi ne ha cinquanta ed è al vertice dell’associazione ambientalista da vero veterano. E: L’Italia punta al nucleare e va avanti sul carbone. Cosa ne pensa? GO: Il carbone pone diversi problemi ambientali. Dalla miniera allo smaltimento di grandi quantità di ceneri e gessi provenienti dagli impianti, alla movimentazione del minerale e alla gestione in stoccaggi non sempre sicuri, come nel caso del Sulcis, dove ci sono stati diversi incendi. Prendiamo il caso di Porto Tolle: in quale altro delta di un grande fiume si localizzerebbe un impianto come quello che richiede il trasporto di 3.000 chiatte di carbone all’anno e necessita la movimentazione e lo smaltimento di centinaia di migliaia di tonnellate di ceneri e gessi? Peraltro la pianura padana ha già livelli record di polveri fini, in buona parte generati dalle emissioni di composti acidificanti. Proprio nella stessa zona, è stato localizzato un rigassificatore. E: Per voi, comunque, il carbone è il ‘killer numero uno’ del clima. Come sarà, per le emissioni, la situazione dell’Italia con le nuove centrali pronte ad entrare in funzione? GO: L’Italia deve recuperare ancora molto sulle emissioni di CO2 e gli impegni europei già assunti e quelli che verranno presi per il post-Kyoto richiederanno ulteriori sforzi. Il Paese non ha bisogno di promuovere il carbone. Se tutti gli investimenti avviati sulle infrastrutture del gas andassero a buon fine – tra ampliamento delle condotte e rigassificatori – avremo al 2020 circa il doppio del gas che ci serve. Promuovere il carbone e il nucleare significa mettere in secondo piano fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Quest’ultima ha un potenziale pari a 100 miliardi di kWh al 2020, (rapporto del Politecnico di Milano del 2008): si tratta in buona parte di tecnologie che noi produciamo già. E: I sostenitori del carbone dicono che non è vero che l’Europa lo sta abbandonando, anzi. Cosa ribattete? GO: La Danimarca ha una sostanziale moratoria; il Regno Unito vuole imporre la condizione di adottare le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2 (CCS) – che non saranno mature nel breve periodo – in Grecia il progetto principale è stato bloccato. Ma torniamo al punto di prima. L’Italia rischia di avere un eccesso di gas: per promuovere nucleare e carbone qualcuno pensa si voglia ridurre il metano? Le vittime saranno rinnovabili ed efficienza, che sono le vere alternative climaticamente favorevoli.

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Le emissioni di gas serra nel mondo (per settori) fonte: WWF-dit Group

16,1% 32,6% 10,0% 3,8% 4,6% 4,9%

14,2%

Elettricità e calore Trasporti Ind. manifatturiera e costruzioni Processi industriali Emissioni fuggitive Rifiuti Altri combustibili Agricoltura

13,7%

E: Si dice che il carbone serve perché costa poco: è vero? E i cittadini ne saranno avvantaggiati? GO: Se si guarda alle sole emissioni di CO2 – che avranno sempre più un ‘costo’ – i nuovi impianti a carbone emettono il doppio delle centrali a gas a ciclo combinato. Se si aggiungono anche le altre emissioni e si dà a queste il valore minimo dei ‘costi esterni’ – monetizzando i danni ambientali e sanitari – si vede che un kWh a carbone, anche con le nuove tecnologie, presenta, costi esterni almeno tripli rispetto al gas (considerando le sole emissioni in atmosfera). Gli obiettivi europei al 2020 per le fonti rinnovabili e per l’efficienza nel solo settore elettrico valgono energeticamente circa 150 miliardi di kWh, che corrispondono a 75 milioni di tonnellate l’anno di CO2 e a 200-250 mila posti di lavoro. Stabilizzare i consumi elettrici è possibile (come in California e Danimarca) con forti politiche di efficienza e lo sviluppo delle nuove rinnovabili. E: Grandi centrali contro generazione diffusa, carbone contro rinnovabili. La rivoluzione energetica è praticabile o è una chimera? GO: La fattibilità tecnico-economica di una rivoluzione energetica – basata su rinnovabili e efficienza, senza ricorrere al nucleare – è stata presentata dal rapporto elaborato dal DLR tedesco per Greenpeace e uno degli scenari ipotizzati di recente dall’IEA assume stime che vanno nella stessa direzione. La rivoluzione energetica si può fare se l’efficienza negli usi finali viene trattata come una risorsa energetica. Alcuni segnali ci sono e la stessa operazione della Fiat negli USA ha anche questo significato: ridurre consumi ed emissioni con motorizzazioni più piccole e efficienti. Se si guarda agli esempi di interventi in grandi edifici non solo in Germania o Svezia, ma anche in Grecia e Portogallo, si vede che sia i consumi elettrici che quelli termici si possono abbattere notevolmente. Nelle fonti rinnovabili altre tecnologie stanno emergendo, dal solare a concentrazione, alle tecnologie che sfruttano l’energia del mare. Un intervento è però necessario per favorire il massimo sviluppo delle rinnovabili: le reti elettriche devono essere riprogettate e adattate – le ‘smart grids’. Un investimento che va fatto per aprire la strada a un futuro più sostenibile.


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Semplici alternative.

28 | 31 ottobre 2009 Rimini Fiera www.keyenergy.it

3a Fiera Internazionale per l’Energia e la Mobilità Sostenibile, il Clima e le Risorse per un Nuovo Sviluppo

organizzata da:

in contemporanea con: 13a Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile www.ecomondo.com

1a Fiera Internazionale Sistemi e Soluzioni per un Uso Efficiente dell’Energia www.energyes.it

in collaborazione con: · AGROENERGIA · Anci - Associazione Nazionale Comuni Italiani · ANEV - Associazione Nazionale Energia del Vento · A.P.E.R. - Associazione Produttori Energia da Fonti Rinnovabili · ASSOLTERM - Associazione Italiana Solare Termico · ASSOSOLARE Associazione nazionale dell’industria solare fotovoltaica · CNA - Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa · COLDIRETTI · Comune di Rimini · CONFAGRICOLTURA · CONFAPI · CONFARTIGIANATO · CONFCOMMERCIO · CONFINDUSTRIA · E-Gazette · ENEA - Ente per le Nuove tecnologie Energia Ambiente · EUROMOBILITY · F.I.P.E.R. - Federazione Italiana Produttori Fonti Rinnovabili · FIRE Federazione Italiana uso razionale dell’Energia · FISE ASSOAMBIENTE · GIFI · GSE · H2IT Associazione Italiana Idrogeno e Celle combustibile · ISES Italia · ISPRA · KYOTO CLUB · LEGAMBIENTE · Ministero dell’ Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare · Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali · Ministero dello Sviluppo Economico · Presidenza del Consiglio dei Ministri · Provincia di Rimini · Quale Energia · Regione Emilia Romagna · SAFE – Sostenibilità Ambientale e Fonti Energetiche · Università di Bologna


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energia del pensiero

FUTURISMO

ELETTRICO SPECIALE

FUTURISMO? ENERGETICO. ELETTRICO. RINNOVABILE. Un caffè con…Gino Agnese, PRESIDENTE DELLA QUADRIENNALE DI ROMA di Romolo Paradiso E: Perché a Parigi? GA: Perché in Italia non avrebbe avuto l’eco straordinaria che ebbe in Europa e fuori dall’Europa. E poi perché Filippo Tommaso Marinetti aveva la Francia nel cuore. Aveva studiato il francese dai gesuiti e le sue prime opere erano state scritte in lingua francese. E poi, aveva grande dimestichezza con ambienti importanti di Parigi.

Gino Agnese

Il Futurismo fu un vero Rinascimento? “Direi che fu un vero e proprio “Nascimento”. La nascita della modernità nella letteratura e nell’arte italiana. Una nuova estetica espressa nelle attività artistiche e creative”. Così Gino Agnese, Presidente della Quadriennale di Roma, giornalista, scrittore, biografo di Marinetti e di Boccioni, definisce il Futurismo, movimento artistico e non solo di cui quest’anno si celebrano i cento anni dalla nascita, avvenuta a Parigi il 20 febbraio 1909 con la pubblicazione sulla prima pagina de Le Figaro del famoso Manifesto.

E: Da quel momento il Futurismo e la sua concezione dell’arte e della vita hanno invaso il mondo, condizionato culture e popoli, impegnando illuminate e brillanti menti della letteratura, della pittura, del mosaico, della scultura, del teatro, della moda, del cinema, del giornalismo, della poesia, dell’architettura, della gastronomia. Un vero e proprio terremoto culturale e ideale. Inarrestabile. Dirompente. Vincente. La sua influenza dura ancora. In Italia, però, registrò un periodo lungo di oscuramento, un ostracismo che tendeva a cancellarlo dalla memoria storica del Paese. Perché? GA: Il rallentamento della conoscenza del Futurismo in Italia è dovuto al fatto che esso, nella sua seconda stagione, si sviluppò in maniera consistente nell’epoca fascista. Molti esponenti futuristi

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PASSATO DEL FUTURO. ECCO UN CONTROSENSO. L’ALTRO CONTROSENSO FU QUESTO: CHE IO, NON UFFICIALMENTE FUTURISTA, MI PRESI UNA LAMPADINA ELETTRICA PASSATISTA SULLA PUNTA DEL NASO, IN UN FAMOSO COMBATTIMENTO AD ARMI VARIE…

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‘I lampi’, particolare Luigi Russolo 1909, olio su tela


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FUTURISMO

ELETTRICO SPECIALE

di quel periodo, a partire dallo stesso Marinetti, ebbero un atteggiamento di collaborazione con il regime fascista. Benedetto Croce e altri studiosi ammisero che il fascismo era in debito con il futurismo per averne accolto molti aspetti. Possiamo tranquillamente ammettere che il movimento marinettiano fu una delle fonti del fascismo. Una, non la sola. Perché, bisogna sottolinearlo, il fascismo si nutrì anche di altri apporti, e quanto all’arte, Mussolini non volle mai un’arte di Stato.Dopo la seconda guerra mondiale però molti studiosi di sinistra, tra cui Carlo Giulio Argan ed Enrico Crispolti, cominciarono a studiare il Futurismo con interesse. E nonostante le linee culturali-artistiche indicate dal partito comunista italiano tendessero a sostenere il realismo socialista d’importazione sovietica, un’arte di figurazione impostata sui temi del lavoro e sociali. E: Nella sostanza, quanto è stato importante per l’Italia il Futurismo? GA: È stato senz’altro il capitolo più originale che l’Italia abbia scritto nella cultura del novecento. Nel mondo siamo riconosciuti per l’arte dei futuristi e per quel grande artista che fu De Chirico, maestro della pittura metafisica. E: Il Futurismo vedeva nella velocità un elemento di rottura con il “passatismo” diffuso nella politica, nella Chiesa, nel sistema burocratico, nella borghesia, nella Monarchia, nell’istruzione, nella cultura accademica. Ma aveva anche, mi sembra, una forte visione poetica. GA: La velocità è intesa da Marinetti come l’elemento principale della modernità. Certo, l’immagine della velocità espressa dai futuristi si veste di poesia. Loro sono letterati e come tali sentono vibrare il pensiero poetico. Il manifesto del 1909 è rivolto soprattutto ai letterati. Marinetti in quel periodo dirigeva “Poesia”, una rivista che si interessava di letteratura. Poi nel 1910 ci sarà il manifesto dei pittori futuristi: Boccioni, Balla, Russolo, Carrà e Severini. Quindi è chiaro che la lettura che loro davano alla modernità era essenzialmente poetica”.

o n n o s il d e i s a t s e l' ardita, il movimento aggressivo, l'in il salto mort 52


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E: C’era, nella spinta a rompere gli argini della stagnazione sociale, il desiderio di un “uomo nuovo” e di un “mondo nuovo”, in grado di coinvolgere ognuno in un disegno moderno di Comunità, più partecipativa, dinamica e snella? GA: Direi di sì. In fondo il Futurismo non fa che ribellarsi a quanto c’era di vecchio, di codificato, di eccessivamente morale, o meglio, di moralistico, di farraginoso, di non dinamico, per rimuovere l’improduttivo, per rivoluzionare quanto è incapace di portare novità in termini di progresso non solo culturale, ma umano e sociale. E: Come si troverebbe un futurista di allora con la velocità di oggi? GA: Malissimo. Perché la velocità ha perso molto del suo fascino. Manca il senso dell’avventura, della scoperta continua di emozioni. Tutto ciò che fa poesia. E: Tra gli elementi in grado di aiutare i futuristi nel loro disegno di cambiamento, l’elettricità gioca un ruolo di primo piano. In che modo i futuristi riuscirono a far percepire e diffondere questo concetto? GA: L’elettricità è fondamentale nella nascita del Futurismo, perché incarna la più grande novità della fine dell’800 e dei primi del ‘900. È il periodo in cui la meccanica è mossa dall’energia elettrica. Ciò rappresentò un cambiamento epocale. Si passa dal tram a cavalli a quello elettrico. Lo stesso per l’automobile: l’energia del motore muove la vettura.

L’etimologia della parola “auto-mobile” sta proprio a indicare la caratteristica innovativa del mezzo. Ma su tutto c’è l’illuminazione pubblica, che allunga il giorno, ruba le ore alla notte, permette la nascita degli spettacoli notturni, di studiare, di scrivere, di dipingere di notte. Tanto era importante l’elettricità per i futuristi che Marinetti, già nel 1909, pubblica a Parigi l’opera: “Les poupées électriques”, Le bambole elettriche, dramma in tre atti. E ancora, nel 1911, scrive l’opera:” Uccidiamo il chiaro di luna”, in polemica con il romanticismo che aveva eletto il chiaro di luna a paradigma di tutte le storie letterarie. È la fruizione della luce elettrica nei modi fino allora sconosciuti che esalta i futuristi. Si può dire che il Futurismo è l’estetica che nasce con la diffusione dell’energia elettrica e della luce artificiale. E: Comincia così una stagione densa di opere rivolta all’elettricità. GA: Nascono addirittura riviste che portano nomi riconducibili a elementi elettrici. “Dinamo” è una di queste. La parola, di origine greca, significa energia, forza, ma l’accezione che ne danno i futuristi è quella a loro contemporanea. Intendono l’energia che scaturisce dalla macchina che converte l’energia meccanica in elettricità. Di riviste così denominate ce ne saranno diverse. Nel 1919 una sarà pubblicata a Roma, diretta da Emilio Settimelli, Mario Carli e Remo Chiti. Un’altra, pubblicata nel 1933, sotto la direzione di Fortunato Depero, prende il nome di “Dinamo futurista”, nella cui copertina Depero disegna l’anello di Pacinotti. Nel 1928 a Napoli esce la rivista “il Calckson”, e sempre a Napoli nel 1933 Manuel Caracciolo e Luigi Gallina creano la pubblicazione “Elettroni”. Quanto alle opere pittoriche c’è la meravigliosa “Lampada ad arco”, che Balla disegnò nel 1909. E poi quadri di artisti del primo futurismo nei quali non è raro vedere i pali della rete elettrica. Uno dei più famosi è “Quelli che vanno”, del 1911, appartenente alla trilogia di Boccioni, denominata “Stati d’animo”. Boccioni che già nel 1910 nella “Città sale”, raffigura, sullo sfondo, un tram che passa. Mentre, nello stesso anno, Carrà dipinge “Quel che mi ha detto il tram.

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e r a lt a s e o m a li g o v i o N . o n n 'insonniebbrile, il passo di ortale, lo schiaffo ‘Quelli che vanno’ particolare, Umberto Boccioni 1911, olio su tela


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E: Se non sbaglio, Boccioni nel 1912 creò “Officine di Porta romana”, una tela dove si vedono le ciminiere di una delle prime e più grandi centrali elettriche italiane, costruita a Milano. GA: Certo.

radio, redatto nel 1933, chiamato: “La radia”, al femminile. Poi, alla fine degli anni ’30, l’attenzione dei futuristi va alla televisione. A dimostrazione dell’importanza che ebbe per loro la luce elettrica, bisogna dire che Marinetti e Balla, diedero il nome “Luce” alle rispettive figlie. In conclusione, la scena del teatro della poesia e dell’arte futurista è costituita dalla città che conosce il miracolo delle molte ore strappate alla notte dalla luce elettrica, dalla pubblica illuminazione, dall’energia elettrica. L’elettricità dunque diventa motrice d’innovazioni epocali.

E: Un altro futurista, l’architetto Sant’Elia, disegnò centrali elettriche, così come Giuseppe Preziosi ideò il marchio della Terni per l’elettricità, raffigurando la Cascata delle Marmore (fonte di energia) che precipita da un’incudine per l’acciaio.

E: Insomma, le opere dei futuristi, ideate in ogni campo compreso quello elettrico, rimangono segni tangibili di un’idealità d’avanguardia, la cui essenza, fondata sulla continua tensione alla ricerca del nuovo in funzione artistica, ma soprattutto sociale, dovrebbe essere d’esempio e di stimolo per i movimenti culturali in genere. Cosa ne pensa?

GA: In ogni testo futurista c’è sempre un accenno all’elettricità. Nel tempo l’importanza dell’elettricità per i futuristi s’invera nella radio. Nel 1913 Marinetti pubblica il manifesto: “Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Parole in libertà.”. Il titolo, “Immaginazione senza fili”, mutua il miracolo della radio, che fa comunicazione senza fili. Marinetti e Pino Masnata creano addirittura il manifesto della

GA: In fondo il messaggio che ci giunge dal Futurismo e dalla sua esperienza è di far sì che le forze più positive, creative e culturalmente più dotate di una nazione mantengano una tensione volta al rinnovamento, alla realizzazione dell’inedito, se è giusto farlo, se è il momento, se rappresenta un vero passo verso il benessere comune e il progresso. In sintesi, misurarsi con il nuovo senza timori.

‘Ciò che mi ha detto il tram’, particolare, Carlo Carrà - 1911, olio su tela

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LE DONNE FUTURISTE, FEMMINISTE CON LA “D” MAIUSCOLA Intervista al Prof. Mario Verdone* CRITICO CINEMATOGRAFICO, SCRITTORE E GIORNALISTA di Vittorio Esposito Mario Verdone

La pubblicazione del Manifesto futurista suscitò non poche perplessità anche per la parte nella quale affermava “il disprezzo della donna”. Era una provocazione o un obiettivo da raggiungere? Ne abbiamo parlato con il Prof. Mario Verdone, autore, tra l’altro, dei saggi “Diario parafuturista” e “Il movimento Futurista”.

E: Come si manifestò l’antifemminismo dei futuristi? MV: In forma prevalentemente di tipo artistico. I futuristi non erano contro l’arte della donna ma – come disse Francesco Flora in “Dal romanticismo al futurismo” – “contro l’arte che è femmina”. È il senso stesso del Manifesto della Poesia Aeroica femminile del Futurismo di Maria Goretti. E: Allora cosa significa “disprezzo della donna”? MV: L’affermazione era provocata dalla donna-diva e vamp, dal lusso femminile e anche dalla “donna di casa” e “angelo”, oppure autocommiseratrice e rinunciataria. E diventava uno stimolo a fare acquisire esperienze più audaci che permettessero il progresso della personalità femminile parificando idealmente la donna all’uomo.

E: Quali donne si sono affermate nel Futurismo? MV: Molte le donne futuriste di riconosciuto valore: Benedetta Cappa Marinetti, Giannina Cenzi, danzatrice, Enif Robert (autrice con Marinetti del romanzo “Ventre di donna”), Valentine de Saint Point (capofila del femminismo futurista), Regina e Barbara, Rosa Rosà pittrice e scrittrice, Dina Cucini e Maria Goretti autrici di poesie, Leandra Angelucci Cominazzini aeropittrice, Rosetta Depero (coautrice con Depero di tarsie di stoffa). E: Quali gli obiettivi e i campi d’azione privilegiati dalle donne futuriste? MV: Il rinnovamento, il dinamismo, la sintesi, l’arte totale mediante la compenetrazione, suggeriti dai manifesti e proclami di Marinetti e dei suoi sodali, nello spettacolo, nelle arti figurative, plastiche e applicate, nella pratica letteraria, nella poesia visiva. E: Il futurismo al femminile trovò adesione anche oltre i confini nazionali? MV: Ci furono donne futuriste autentiche in Russia e in altri Paesi. Natalia Goncharova, legata a Larionov, Sonia Delaunay, Eva Kuhn (Magamal), Vera Idelson (allieva di Mejerchold) autrice della locandina pubblicitaria “Art et Action” per “L’angoscia delle macchine” di Ruggero Vasari. Suoi erano anche i costumi e i bozzetti scenografici, Rougena Zatkova, cecoslovacca, ritrattista di Marinetti. E la viennese Edith von Haynau (che prese il nome di Rosa Rosà) che entrò a far parte del gruppo futurista fiorentino - Settimelli, Ginna, Corra, Carli, Chiti - e illustrò le pubblicazioni dello Studio Editoriale Lombardo di Milano (“Madrigali e grotteschi” e “Sam Dunn è morto” di Bruno Corra, “Le locomotive con le calze” di Arnaldo Ginna, “Notti filtrate” di Mario Carli). Illustrò i testi del periodico “L’Italia futurista” di Facchi, nel quale i promotori furono anche precursori del surrealismo, in una linea occultista e fantastica. I disegni della Rosà erano accensioni surreali, le case si muovevano alla luce dei lampioni in una danza notturna. Su “L’Italia futurista” scrisse: “La guerra ci ha scosse come gli uomini … Non vi è più margine per ripiombare nella sterilità dell’ozio giocondo” (“Le donne del posdomani”, 17 giugno 1917).

* Il professor Verdone è scomparso il 26 giugno scorso. L’intervista è stata rilasciata a Elementi nel mese di maggio.

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Notte sotto i portici deserti geometria di una lampadina elettrica spazi chiari scuri grigi correnti liquide di luce in un canale di ombra sagomata sensazione pesante di divisioni malessere di complicazione matematica passare nel cerchio vivo è fare parte di una vita artificiale meccanizzarsi suddividere il cervello in diverse forme di elettricità

Fillia* (in “Poeti del secondo futurismo“, All’insegna del pesce d’oro, 1973)

*Pseudonimo di Luigi Enrico Colombo

Storia di una lampadina elettrica “passatista” Passato del futuro. Ecco un controsenso. L’altro controsenso fu questo: che io, non ufficialmente futurista, mi presi una lampadina elettrica passatista sulla punta del naso, in un famoso combattimento ad armi varie… Elargii la mia incondizionata simpatia al Futurismo, la sera del 15 febbraio 1910, al Teatro Lirico di Milano e quella simpatia gli mantenni, anche attraverso la lampadina elettrica.* Nel 1910 non si tiravano ancora proiettili, i passatisti si limitavano esclusivamente all’uso delle armi vocali: male parole, fischi, risate ironiche, urli zoologici, ecc., ecc. I proiettili si inaugurarono più tardi, in Roma, al Teatro Costanzi. Nel 1913 al Teatro Verdi, in Firenze, si ebbe la grande giornata campale… Corbezzole!... Anzi, patate! … E quante patate!... qualche cosa mi colpisce in pieno volto, pungendomi il naso. Un’enorme vespa? No, il proiettile mi cade ai piedi, senza scoppiare. Si tratta di una lampadina elettrica, che mi ha scalfito il naso col suo ago inferiore. Qualche goccia rossa mi macchia il fazzoletto. – Il battesimo del sangue – dico, volgendomi al palco di proscenio. – Souvenir de la fête! – risponde molto elegantemente un giornalista francese e, teso un braccio dal palco, raccoglie la lampadina, per portarla, promette lui, a Parigi… per aggiungere alle altre della Ville lumiére, la lampadina elettrica della mia gloria!

(Revello, 1904 – Torino, 1936), pittore, poeta, scrittore. Nel 1923 fondò, con Tullio Alpinolo Bracci e Ugo Pozzo, il Movimento futurista torinese.

Filiberto Scarpelli** (in “Giornalismo allegro”, Sonzogno, 1932)

*Le serate futuriste erano “comizi poetici e politici” talvolta aperti da una sinfonia o da interventi di Luigi Russolo, con i suoi “intonarumori”, strumenti “musicali” con differenti denominazioni, secondo il suono: ululatori, rombatori,

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gorgogliatori, crepitatori. Le serate erano oggetto, quasi sempre, di contestazioni che finivano, per lo più, con lanci di oggetti e di… ortaggi vari, soprattutto da parte del pubblico “passatista”. **Ideò ed eseguì la testata del “Travaso” che diresse fino al 1928.

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Sconti alle imprese che non licenziano Luigi Angeletti

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Bonus previdenziale a vantaggio di coloro che rinnovano i contratti dei dipendenti con contratto a termine. Quando la crisi finirà, se avremo chiuso imprese e licenziato lavoratori, non avremo più il patrimonio necessario a cogliere le opportunità della ripresa. Sciopero? Servono regole nuove soprattutto nei servizi pubblici essenziali dove rischia di essere colpito solo il cittadino. Occorre distinguere tra il diritto allo sciopero del singolo lavoratore, intangibile e costituzionalmente garantito, e le prerogative dei sindacati a proclamare gli scioperi che, invece, possono essere regolamentate. Energia: lanciare una nuova politica che sostenga la domanda di beni e servizi per un vero risparmio energetico, mettendo l’offerta in grado di sostenere la domanda.

di Giusi Miccoli E: Quali sono le proposte della Uil per supportare le imprese e il mercato del lavoro nella difesa dell’occupazione e per il mantenimento delle attività produttive? LA: In questa fase occorre adottare soluzioni che tengano “legati” i lavoratori alla propria azienda: ecco perché abbiamo proposto una moratoria dei licenziamenti. Una moratoria da incentivare prevedendo sconti contributivi a favore delle imprese che non licenziano. Si tratterebbe di istituire un bonus previdenziale da modulare soprattutto a vantaggio di coloro che rinnovano i contratti dei dipendenti con contratto a termine. Quando la crisi finirà, se nel frattempo avremo chiuso imprese e licenziato lavoratori, non avremo più il patrimonio necessario a cogliere le opportunità della ripresa. Per questo bisogna finanziare il mantenimento dei posti di lavoro piuttosto che la disoccupazione. E: Come cambia il sistema di relazioni industriali in un contesto economico che persegua condizioni di competitività e di produttività? LA: È necessario un sistema che punti sulla valorizzazione del lavoro avendo come obiettivo la crescita. La recente riforma del sistema contrattuale ha proprio questa finalità. Nel merito, l’intesa punta ad un incremento dei salari reali che, in questi ultimi anni, hanno subito le conseguenze di una pessima ed inefficace distribuzione dei redditi. Eliminando l’inflazione programmata e introducendo l’indice Ipca, la dinamica salariale non sarà più legata ad una decisione “politica” ma sarà il frutto di una valutazione economica oggettiva. Questo consentirà, con il contratto nazionale, una crescita dei salari superiore a quella ottenuta finora. Inoltre, il meccanismo di incentivazione fiscale determinerà una capillarizzazione della contrattazione di secondo livello. Si dovrebbe così iniziare a spezzare quella spirale “bassi salaribassa produttività” che ha nociuto ai lavoratori, alle imprese e al sistema economico nel suo insieme.

E: Si parla da tempo di Disegno di legge sulla revisione dell’esercizio del diritto di sciopero. Qual è il punto di vista della Uil? LA: La Uil ha sempre sostenuto che bisogna cercare regole nuove per ridurre le patologie nel conflitto, soprattutto nei servizi pubblici essenziali. Da anni, per alcuni specifici settori, abbiamo proposto lo sciopero virtuale. Occorre distinguere tra il diritto allo sciopero del singolo lavoratore, intangibile e costituzionalmente garantito, e le prerogative dei sindacati a proclamare gli scioperi che, invece, possono essere regolamentate. E: È possibile coniugare il federalismo con uno sviluppo economico omogeneo a livello nazionale che garantisca coesione e solidarietà sociale? LA: Occorre che al federalismo si accompagni una responsabilità territoriale nella gestione della spesa. Questa è una “precondizione” per l’affermazione di un federalismo che punti allo sviluppo non solo del territorio ma dello stesso livello nazionale. In un contesto in cui c’è questo elemento di chiarezza, il valore della coesione e della solidarietà sociale diviene una conseguenza. E: Elementi analizza in ogni intervista anche il merito nel lavoro. Con lei vorremmo focalizzarci sul ruolo delle donne. È possibile valorizzare l’ottica di genere in relazione alla qualità dei processi aziendali? LA: Per la Uil il merito nel lavoro è un valore, da un punto di vista personale, per la crescita e l’emancipazione del lavoratore, ma anche da un punto di vista sociale ed economico. D’altronde, se nei luoghi di lavoro il parametro di riferimento non fosse il merito, le uniche forme di valutazione resterebbero quelle afferenti a cattive pratiche quali la raccomandazione, la parentela, il censo. Questo ragionamento vale, tanto più, per le donne proprio perché la loro particolare condizione, che spesso è quella di mamme lavoratrici, comporta ulteriori difficoltà. La Uil è convinta che il valore specifico della donna possa essere prezioso anche per la qualità dei processi aziendali. Quelle aziende che lo comprendono e che, in questi casi, riescono a coniugare meriti e bisogni, non potranno che trarne vantaggi. E: Quale è il suo punto di vista su sviluppo sostenibile e impatto ambientale? Come si può sensibilizzare l’opinione pubblica per far nascere una cultura sul risparmio energetico e sulla tutela dell’ambiente? LA: La logica dello sviluppo sostenibile può rappresentare un valore aggiunto da un punto di vista economico ed occupazionale. La qualità dello sviluppo può generare maggior benessere e renderlo più duraturo. Poi servono campagne di sensibilizzazione che creino una cultura in questo ambito. Per il nostro Paese, privo di fonti energetiche proprie, il risparmio energetico è strategico. Realizzare un sistema in termini di incentivi, di ricerca e di trasferimento della conoscenza è l’unica strada che abbiamo da percorrere. Bisogna, inoltre, lanciare una nuova politica che sostenga la domanda di beni e servizi che consentano un vero risparmio dell’energia, mettendo così l’offerta in grado di sostenere la domanda.

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Risparmiare energia di Riccardo Varvelli Etas, 2009, pag. 186 euro 16,50

Dopo aver dedicato la sua attenzione in precedenti saggi alla durata delle riserve di petrolio e alle fonti energetiche rinnovabili, in questo libro, l’Autore spiega come risparmiare energia nella vita di tutti i giorni: riducendo la quantità di rifiuti prodotti e aumentando la raccolta differenziata; scegliendo il carburante giusto per le auto; spegnendo il led di “standby” del televisore e adottando molti altri comportamenti nella vita quotidiana. Per Varvelli, docente di Sistemi e Fabbisogni energetici presso il Dottorato del Politecnico di Torino, il miglior modo per non distruggere il nostro pianeta è quello di non sprecare l’energia, confutando così le tesi “catastrofiche” sul futuro del nostro mondo.

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Le fonti energetiche rinnovabili di Fabio Noferi Alinea, 2009, pag. 176 euro 16,00

La guida è il frutto di una attività di ricerca, cominciata alla fine del 2004 e terminata a febbraio 2005. È poi stata aggiornata sulla base dei nuovi provvedimenti normativi e agevolativi, in materia di fonti rinnovabili, approvati a livello comunitario, nazionale e regionale.

l’ABC dell’economia

L’ecologia siamo noi

di Ezra Pound Bollati Boringhieri, 2009, pag.165 euro 13,00

di Marco Paci Dedalo, 2009, pag.112 euro 10,00

Con prefazione di Mary de Rachewiltz e introduzione di Giorgio Lunghini, sono qui raccolti gli scritti di “economia”, di colui che è considerato il più grande poeta del ‘900. Si tratta di un corpus articolato di una riflessione condotta negli anni Trenta. Lunghini, nel suo intervento, evidenzia la premessa etica di Pound, la sua “filosofia sociale”, in sintonia con il pensiero di Keynes. Ezra Pound, statunitense di nascita (1885-1972), lasciò gli USA nel 1908 e si stabilì in Europa (Londra, Parigi, Rapallo), sua seconda Patria.

Cos’è un’ecosistema? Fino a che punto l’uomo può alterarne l’equilibrio? Come avviene l’organizzazione degli esseri viventi? A queste e a tante altre domande di due “vivaci” ragazzi risponde un anziano professore, con l’aiuto di divertenti illustrazioni, di riferimenti storici e di esempi. L’Autore, ecologo e selvicoltore, insegna all’università di Firenze.

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

“L’uomo è un dubbio irrisolto. Un enigma, oltre il quale può esserci il nulla. Ma lui, per essere, il nulla non può inseguire”. (Laslo R. Sypad)

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Il cuore di questi tempi Come batte forte il cuore di questi tempi. Che ritmo! Accelerato, quasi sempre, furioso, spesso. Ma il più delle volte è un cuore disperato. Perché? Perché sa d’essere utilizzato scioccamente. Non per l’emozione di un sentimento. Non per meraviglia. Non per un dolore vero. Non per una gioia autentica. Non per un’avventura ludica, genuina, spensierata. Lui si domanda: “Ma io chi sono?” Gli viene da rispondere: “Un muscolo!” Ma non ci sta e allora lancia segnali. Ogni tanto decelera, si ingolfa, sbuffa, pensando che qualcuno lo capisca. Spera, il cuore di questi tempi, spera di non battere invano e di riprendere a “segnare” il tempo, quello che vale la pena chiamare così.

Mondo Piccolo

Mp

lo Smilzo

Filo di Nota di Mauro De Vincentiis

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L’energia prodotta dai passeggeri dei treni La notizia è recente. Ma è stata pressoché trascurata, sommersa nel mare magnum di fatti e persone che ogni giorno riempiono le pagine dei media. Nella stazione ferroviaria più importante di Tokio è stato installato un sistema di elementi piezoelettrici, sotto un’area di 25 metri quadrati di pavimento, per ricavare energia elettrica dall’andirivieni dei viaggiatori. Produzione giornaliera: circa 1.400 kilowatt al secondo. Anche nella stazione ferroviaria di Drienberg (Olanda) è stato adottato un sistema per sfruttare il via vai dei clienti di uno dei bar. A generare elettricità, in questo caso, è una porta girevole: tramite un generatore montato sul suo perno centrale, dovrebbe fornire la quantità sufficiente a illuminare la caffetteria per tutto l’orario di apertura giornaliera. Una batteria integrata immagazzina l’energia generata, mentre un display mostra in tempo reale la quantità di elettricità prodotta. È il caso di dire: “Elettricità, gente che va, gente che viene”.

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Lina Passalacqua, futurista dei nostri tempi Lina Passalacqua è un’artista che sarebbe piaciuta a Marinetti per la sua volontà di cimentarsi con tutti i linguaggi dell’Arte. Nata a Sant’Eufemia D’Aspromonte (Reggio Calabria), Lina Passalacqua studia a Genova ed entra giovanissima nel mondo dell’arte, nel 1957, come attrice scritturata dal Piccolo Teatro di Bolzano diretto da Fantasio Piccoli. Nelle pause delle recite, studia e coltiva la sua passione per il disegno e la pittura realizzando ritratti di attori e personaggi con i quali viene a contatto e frequentando lo studio del pittore e incisore Carlo Alberto Petrucci, Accademico di San Luca. Nel 1962 lascia definitivamente il teatro e si trasferisce a Roma. Inizia l’attività didattica che svolgerà ad Anagni, Jesi e al 1° Liceo Artistico di Via Ripetta a Roma. Nel frattempo collabora con la rivista teatrale “Maschere” dove pubblica tra l’altro i ritratti degli scrittori John Dos Passos, Gabriel Marcel e Marino Gentile. Alla prima personale, del 1967 a Frosinone, seguono altre 30 personali e 70 partecipazioni a prestigiose rassegne in Italia e all’estero (Palermo, Napoli, Macerata, San Marino, Egitto, Turchia, Arzebaijan, Francia, Rodi) facendosi notare dalla critica per la sua ottica avanguardistica e per la solida tecnica pittorica ricca di spunti e suggestioni. Tra le Rassegne si ricordano il XXIII Premio Sulmona, la mostra “Palme d’Artista” all’Istituto Italiano di Cultura de il Cairo, “Generazioni anni ‘30” al Museo D’Arte G. Bargellini di Pieve di Cento (BO), “Ricerca e elogio della forma” al Museo Venanzo Crocetti di Roma e “La continuità futurista nel primo centenario della fondazione” al Complesso de “I Dioscuri” al Quirinale di Roma. Oltre a dipinti e incisioni realizza scenografie e costumi per il cinema e la televisione, arazzi, sculture in legno. Il suo spirito di rinnovamento e la ricerca del nuovo si è concretizzato, attraverso intuizioni anticipatrici e non imitatrici di “correnti”, nella raffigurazione dell’effimero quotidiano del mondo moderno come energia rappresentata dal flash, il lampo che improvviso appare e scompare rendendo tutto frammentario come schegge di un momento di vita. È il suo modo di scomporre e risolvere le figure in fasci di luce, in linee di forza, in movimento, in vibrazioni cromatiche che coinvolgono lo spettatore in un simbolismo immediatamente persuasivo.

Lina Passalacqua

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Foglie 1971, acrilico su tela cm 100x100

la Copertina a cura di Vittorio Esposito

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