Elementi 19 - Marzo 2010

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Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Per una liberalizzazione compiuta: efficienza energetica, fonti rinnovabili e nucleare Hélène Pelosse

Irena, la parola d’ordine è cooperazione Youn Ho Lee

È il momento di investire in Corea Antonio D’Alì

Basta dispute tra atomo ed energia verde Alessandro Ortis

Prezzi Biorari, per un sistema equo ed efficiente Antonio Costato

Mercato elettrico: continuare il percorso di innovazione Nando Pasquali

Efficienza energetica contro la CO2

speciale

BIOENERGIE

Sergio Chiamparino

Il patto “verde” dei Comuni Pier Luigi Celli

I manager? Impauriti, smarriti e un po “grigi”

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Periodico del GSE marzo 2010

Elementi

Stefano Saglia



Dallo sviluppo delle energie rinnovabili

Il business delle nuove tecnologie Il crescente sviluppo delle fonti rinnovabili nel nostro Paese è sotto gli occhi di tutti. Ma il settore presenta opportunità di crescita ancora notevoli. Opportunità che vanno sfruttate se desideriamo al più presto raggiungere gli obiettivi fissati dal Governo, che vogliono l’utilizzo delle FER al 25% nel 2020. Molto dipenderà da come riusciremo a sviluppare ricerca e tecnologia in ambito energetico, tenendo conto soprattutto delle risorse e delle forti competenze che sono già acquisite in altri comparti industriali, come quello meccanico, elettrotecnico e dell’automazione. Si tratta di un know how interno che può rappresentare, se supportato da politiche adatte, un viatico importante per permettere al Paese di trasformarsi da importatore a esportatore di tecnologie nel settore energetico. I vantaggi che ne scaturirebbero non sarebbero cosa da poco. E potrebbero interessare un periodo medio-lungo, poiché la domanda di fonti alternative e di prodotti ad alta efficienza energetica riguarda vastissime arie commerciali, soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo, che di ciò hanno enormemente bisogno.

Proprio da studi di settore svolti negli ultimi tempi, nonché secondo le stime del Libro bianco dell’Unione Europea, è emerso che, con investimenti adeguati e con uno sfruttamento medio delle opportunità nel comparto delle fonti rinnovabili, l’Italia potrebbe essere un Paese leader dal punto di vista tecnologico, esportando alcuni dei sistemi di produzione del settore termoelettrico e idroelettrico. E non solo. Impiegando le nuove tecnologie anche in segmenti altri del manifatturiero, si riuscirebbe a soddisfare la domanda nazionale al 50%, toccando un fatturato di circa 50 miliardi e con un’occupazione che potrebbe sfiorare le 150.000 nuove unità lavorative impegnate nel settore. Meglio andrebbe con un alto sfruttamento delle opportunità, che permetterebbe di accrescere il valore di tutti i settori in cui le tecnologie per le fonti alternative sono prodotte, e di sfruttare le numerose opportunità che l’impennata della domanda globale può offrire. L’Italia assumerebbe così un ruolo di primo piano in un mercato importante e, soprattutto, in espansione notevole, con conseguenze rilevanti per il fatturato interno e l’occupazione. Non si tratta di un percorso impossibile. Tutt’altro. I presupposti per raggiungere un pur così ambizioso obiettivo ci sono, come ci sono le intelligenze tecniche e scientifiche che fanno al caso. Si tratta però di avere visione nelle analisi dei mercati, di impegnare le giuste risorse economiche, e di favorire il lavoro congiunto di pubblico e privato nella sperimentazione e nell’innovazione delle moderne tecnologie.

l’Editoriale di Emilio Cremona / Presidente GSE

l’E Elementi 19

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Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato

Direttore Responsabile Romolo Paradiso

Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma

Capo redattore segreteria di redazione e pubblicità Luca Speziale luca.speziale@ acquirenteunico.it Tel 06 80134794 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Livia Catena Natascia Falcucci Claudia Momicchioli Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico e impaginazione Imaginali

Editore GSE Direttore Editoriale Fabrizio Tomada Hanno collaborato a questo numero Roberto Antonini, Edoardo Borriello, Livia Catena, Mauro De Vincentiis, Vittorio Esposito, Natascia Falcucci, Jacopo Giliberto, Piergiorgio Liberati, Gabriele Masini, Giusi Miccoli, Fabrizio Mariotti (La vignetta di Fama), Claudia Momicchioli, Luca Speziale

Un particolare ringraziamento a Gabriella Busia, Andrea Marroni, Silvia Morelli, Sandro Renzi Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Anev Asja Banca Intesa San Paolo Bosch Egl Enel Enìa Eni Fri-El International Power MPS Ray Energy Vestas Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte

Realizzazione impianti e stampa Sar Offset srl via di Pietralata, 198 00158 Roma In copertina Voce delle onde - Mishima 1983, acrilico su tela cm 50x70 di Eduardo Palumbo

Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione nel mese di febbraio 2010

Elementi è visibile in internet al sito www.gse.it all’interno del link “Media”

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Elementi

Anno 2010 n. 19 marzo 2010

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Quella grande energia chiamata “uomo”

Pier Luigi Celli, nell’intervista a lui dedicata a pag. 52, definisce i manager d’oggi, “smarriti, impauriti, oltreché mediocri”, in linea con i caratteri delle nostra società, che sempre più - a suo avviso - “scivola verso l’abisso dell’ipocrisia”. Celli non ha torto. Chi guida i gruppi ha spesso queste caratteristiche, ma principalmente soffre di mancanza di senso di responsabilità verso i propri collaboratori. E per gruppi non vanno intesi solo quelli che fanno parte delle varie branche d’una azienda. È gruppo la famiglia, la scuola, la parrocchia, l’università, il partito politico, la società. In tutti questi organismi c’è smarrimento, c’è confusione, c’è precarietà di pensiero, mancanza di visione, e paura, paura dell’oggi e del domani. Perché chi ne è a capo è attratto solo dal proprio successo, dal tornaconto, dall’angoscia di fallire e di perdere potere e autorità. Così tralascia l’aspetto principale del suo mandato, quello di aiutare le persone a esprimere la loro parte migliore, quella umana prima, quella relativa al pensiero, alla creatività, alla fantasia, al coraggio e all’espressione lavorativa poi, che può avvenire soltanto se degli uomini se ne conoscono le storie, la forza, le debolezze, i bisogni, le aspirazioni, le idee. Se li si fa sentire rispettati, accettati, coinvolti. Se li si sa entusiasmare per guidarli con sicurezza e determinazione verso una meta, verso il raggiungimento di un obiettivo comune. Trasmettendo loro la voglia d’avventura, quella di tentare nuove strade, d’ideare, di creare, di rischiare, di mettersi in gioco, con lealtà, con il desiderio di arrecare vantaggio non solo a se stessi, ma anche a chi vive e opera accanto a essi. Di cosa ha bisogno una Nazione per essere migliore? Di energie nuove, sempre. Di persone in grado di impegnare la propria sensibilità, la propria umanità, il proprio sapere, la propria creatività, il proprio senso d’appartenenza e di responsabilità e il proprio tempo a favore della Comunità. Come farebbe un missionario, come farebbe, o dovrebbe fare, un genitore, un sacerdote, una maestra, un professore, un dirigente, un amministratore delegato, un ministro, un capo di stato. Non dimenticando mai che il più importante bene dell’uomo è nell’uomo, e il suo riverbero è la grande, infungibile energia dell’umanità.

Virgolette di Romolo Paradiso

Elementi 19

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rubriche

primo piano

03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette” 08 P° il Punto 58 Bi Biblioteca 60 Mp Mondo Piccolo 60 Fn Filo di Nota 61 E+ Energia, letteratura, umanità 62 Co la Copertina

10 Per una liberalizzazione Intervista a Stefano Saglia

compiuta, efficienza energetica, fonti rinnovabili e nucleare

14 IRENA la parola d’ordine

Conversazione con Hélène Pelosse

è cooperazione

16 È il momento di investire in Corea 18 Basta dispute tra rinnovabili Il parere di Youn Ho Lee

Incontro con Bruno D’Alì

e nucleare

20 I prezzi biorari per un sistema Intervista ad Alessandro Ortis

equo ed efficiente

23 Mercato elettrico, continuare A colloquio con Antonio Costato

il percorso di innovazione energia

26 Efficienza energetica Di Nando Pasquali

Elementi

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contro la CO2


faccia a faccia

ambiente

28 Dopo Copenaghen

50 La casa perfetta?

Gianni Silvestrini/Carlo Stagnaro

energia rinnovabile

32 Il patto verde dei Comuni 34 Il fotovoltaico? Sarà più

Dialogo con Sergio Chiamparino

Parla Salvatore Moncada

A colloquio con Marco Cucinella

Non è un sogno energia del pensiero

52 I manager? Impauriti, smarriti Intervista a Piero Celli

e un po’ “grigi”

conveniente dell’eolico

lavoro

36 Più trasparenza

56 Il cuore del capitalismo

per i clienti elettrici

Il pensiero di Enzo Rullani

dell’impresa diffusa

38 Bioenergie Speciale

mercato elettrico

45 Il consumatore chiama,

A tu per tu con Emilio Minghetti

lo Sportello risponde il caso

49 Un termovalorizzatore per amico

Sommario

So


PER ESSERE COMPETITIVI

La partita da Quella L’Italia ha un brutto vizio. Ha persone geniali (molte) e un sistema stupido (molto) che le frena. La storia italiana è segnata da questa lotta tra chi inventa e innova e chi si mette di traverso, con stupida arroganza. Un esempio? Enrico Fermi. Nel ’37 chiese circa mezzo milione di finanziamento per costruire un ciclotrone; gli fu concesso un finanziamento inutile da 150mila lire. Da Stoccolma l’annuncio, premio Nobel per la Fisica: sui giornali italiani, che si attenevano alle "veline" del Minculpop, apparve qualche gelida "breve" che sottolineava il fatto che Fermi aveva sposato la figlia dell’ammiraglio Cappon, ebrea. All’invito per una festa ufficiale per il conferimento del premio Nobel non si presentò nessuna delle autorità invitate. Il 6 dicembre 1938 Fermi partì con il treno per Stoccolma per ritirare il premio: non tornò più in Italia e gli Stati Uniti ebbero l’energia atomica. Un altro esempio? Il common rail per i motori diesel è nato in Puglia dall’idea di un gruppo di giovani. Sono impazziti per cercare chi potesse sviluppare un brevetto tanto rivoluzionario da modificare la tecnologia del diesel fino a far diventare questo motore vincente su quello a benzina. Alla fine il common rail è diventato tedesco, della Bosch. In questi mesi, in questi anni, il sistema industriale si trova

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Elementi 19

davanti a un nuovo passaggio fondamentale. Quella che oggi è chiamata "green economy", cioè economia verde oppure ecoeconomia, ha il sapore di qualcosa di velleitario ispirato da Barack Obama, presidente degli Stati Uniti. Invece no. Tra qualche anno la "green economy" perderà l’aggettivo "green" e sarà economy e basta. La componente ecologica nei processi di produzione e di consumo dei beni sarà indispensabile e quasi ovvia. Chi arriverà in ritardo perderà il mercato. In dicembre a Copenaghen è accaduta una cosa strana e inattesa. L’economia più conservatrice aveva cambiato faccia. Le più antiche e consolidate compagnie petrolifere cavalcavano il dopo petrolio. L’industria dell’auto presentava veicoli a bassissimo impatto ambientale e la straordinaria innovazione della Toyota Prius sembrava, vista da Copenaghen, una vecchia idea già matura. Ma la sorpresa più grande è stata la Cina. La "fabbrica sporca del mondo" ha deciso di non essere più il Paese che inquina il globo per conto nostro. La Cina è il terzo produttore mondiale di automobili e il primo paese esportatore del mondo. E da poche settimane è il terzo Paese eolico al mondo. Il governo di Pechino, quando decide fa. Mobilita milioni di persone, e se nel passato gli imperatori potevano costruire la Muraglia, oggi il comitato centrale del


giocare? ambientale partito comunista decide. Hanno deciso di costruire la centrale idroelettrica delle Tre Gole, e non si sono preoccupati quando per completare l’opera è stato necessario sgomberare circa 5 milioni di abitanti, come tutto il Veneto da Cortina d’Ampezzo ad Adria. I cinque milioni di abitanti sono stati spostati. Nessuno se l’aspettava, ma a Copenaghen è emerso con chiarezza che la Cina si è accorta del problema delle emissioni di anidride carbonica e ha deciso di cambiare il suo sistema energetico e produttivo. In una ventina d’anni la Cina sarà la fabbrica pulita del mondo. E ne governerà il cambiamento. Insieme con gli Stati Uniti. Il summit del clima nella capitale danese è stato un grande evento economico. Il negoziato verteva su questo: chi guiderà l’uscita dal cambiamento climatico. Si è visto il tentativo di Usa e Cina di spartirsi il mercato tagliando fuori l’Europa e il resto del mondo dal business dell’ecologia. Cioè, dall’economia. Nei prossimi cinque anni si decideranno gli standard dell’industria dei futuri quarant’anni. Finora, i grandi standard tecnologici e industriali sono stati delineati dagli europei. Qualunque produttore di automobili del mondo deve progettare le automobili secondo gli standard Euro4 o Euro5. Qualunque produttore di telefonini deve adeguarsi al sistema europeo Gsm. Le raffinerie di tutto il mondo devono produrre benzina verde. Oggi Stati Uniti e Cina non vogliono più restare indietro sul mercato, ben più grande, che si apre con le tecnologie contro il cambiamento climatico. La partita economica è enorme. Bisogna stabilire le tecnologie dell’efficienza energetica e per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Il sistema di cattura e sequestro del carbonio. Bisogna passare dalle centrali a carbone a quelle che usano turbine ultrasupercritiche, oppure a quelle alimentate a gas a ciclo combinato e, quindi, assicurarsi il controllo dei giacimenti dell’Asia centrale. Bisogna decidere quale sarà la tecnologia nucleare vincente, se quella europea dell’Epr francese, oppure quella russa del Vvr che viene ostacolata in Iran, o, ancora, le tecnologie dell’Ap1000 della statunitense Westinghouse, o quella della statunitense General Electric con la giapponese Hitachi, o la tecnologia che stanno sviluppando in casa i cinesi. Bisogna stabilire quali automobili, se quelle ibride dei giapponesi, oppure quelle a idrogeno dei tedeschi o quelle

elettriche della Renault e degli statunitensi. Ancora, bisogna stabilire lo standard dei motori elettrici più efficienti per l’industria, degli elettrodomestici oggi dominati dai tedeschi per le produzioni di qualità, dai giapponesi per le applicazioni più avanzate dal punto di vista tecnologico, oppure dai cinesi per quanto riguarda il costo. Questa è la partita da giocare. Chi vince questa partita ambientale si assicura il mercato per i prossimi quarant’anni. L’industria italiana non deve perdere l’occasione di essere in prima fila. Le idee ci sono. Le tecnologie nuove, anche. Ma purtroppo c’è anche il solito vizio italiano "degli altri". Quelli che fissano limiti. Quelli del "non si può". Quelli della "nuova tassa". Quelli del "sarebbe meglio". Industriali gelosi, politici arroganti, funzionari stupidi, consumatori accondiscendenti.

il Punto di Jacopo Giliberto

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primo piano PER UNA LIBERALIZZAZIONE COMPIUTA

efficienza energetica, fonti rinnovabili e nucleare INTERVISTA A STEFANO SAGLIA Sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia

Stefano Saglia

Un impulso alla liberalizzazione deve venire dal mercato all'ingrosso, ed estendersi beneficamente al “retail”, e non viceversa. L’avvio della Borsa Gas porterà nuovo impulso alla liberalizzazione di questo settore. L’incentivazione alle rinnovabili va finalizzata anche ad accompagnare le tecnologie verso una progressiva riduzione dei costi. Lo sviluppo della rete elettrica importante per la produzione da fonti rinnovabili, per facilitare i collegamenti tra i luoghi di grande produzione dell’energia e quelli di consumo. L’interconnessione con l’estero indispensabile per rendere concreto un mercato unico europeo dell’energia elettrica. Il ruolo del Gse? Sempre più rilevante, in considerazione dello sviluppo atteso delle fonti rinnovabili.

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Distribuzione degli impianti fotovoltaici al 31/12/2009

impianti fotovoltaici in Italia 64.910

5,0 4,7 0,1

di Fausto Carioti

15,2

9,4

suddivisione %

8,0 1,3

Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega all’Energia, riassume così la “filosofia” del Piano energetico del governo: “Nessuno, al ministero, vuole una riedizione dell’economia pianificata. La futura Strategia energetica nazionale dovrà individuare quelli che noi chiamiamo ‘strumenti’, ossia i meccanismi incentivanti che consentiranno agli operatori, nell'ambito della loro libertà imprenditoriale, di raggiungere obiettivi di interesse generale”. Per riuscirci, però, saranno necessari alcuni interventi in corsa. Ad esempio nel mercato del gas.

0,1 / 0,3 0,4 / 2,4 2,5 / 5,0 5,1 / 6,51 6,2 / 9,4 9,5 / 15,2

9,3

7,2

3,9 2,3 1,9 6,1 0,3 2,4 1,4

7,5

6,1

E: Che tempi prevedete per la definizione di questa strategia?

2,3

SS: Se il percorso sarà quello della consultazione pubblica in un libro verde, possiamo pensare all’estate come punto di arrivo. E: A tutt’oggi quella del mercato energetico italiano appare come una liberalizzazione incompiuta. Cosa manca? SS: Lo stadio di avanzamento della liberalizzazione dei mercati energetici è diverso da settore a settore e il mercato dell’energia elettrica è quello che ha conseguito una maggiore liberalizzazione. C’è stato lo sviluppo di un mercato all’ingrosso concorrenziale. C’è stata l’affermazione di nuovi operatori, anche stranieri, nelle diverse attività della filiera, che ha avuto effetti anche sul ruolo dell’ex monopolista, l’Enel, oltre che sui prezzi finali di vendita. Mentre, sul lato della domanda dei clienti industriali e delle famiglie, il nostro Paese è uno di quelli con i tassi di “switch”, ossia di cambio fornitore, più alti in Europa. Insomma, l’equazione si è rivelata valida: un impulso alla liberalizzazione deve cominciare a monte, dal mercato all'ingrosso, ed estendersi poi anche a valle, al “retail”, e non viceversa. E: Per il gas, però, la situazione è diversa. SS: Sì, una scarsa concorrenza nel mercato all'ingrosso si riflette anche in quello al dettaglio. Proprio per questo il governo, con la Legge Sviluppo, ha individuato alcune misure, tra cui l’avvio della Borsa Gas, la cui realizzazione porterà nuovo impulso alla liberalizzazione di questo settore. E: Quali saranno i prossimi interventi del governo in materia di liberalizzazione?

5,3

Fonte: GSE

sono interventi necessari per dare concretezza a una liberalizzazione ancora agli albori. È uno sforzo notevole, vista l’inevitabile dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento delle fonti fossili. E: Nel 2009 l’Italia ha ricavato dalle energie rinnovabili il 20% della propria produzione. Ma questo risultato è dovuto ancora al meccanismo degli incentivi. Quando queste fonti diventeranno economicamente convenienti anche senza incentivi? SS: L’incentivazione delle rinnovabili risponde pure a finalità come la sostenibilità ambientale e la sicurezza degli approvvigionamenti, grazie al mix diversificato delle fonti. È evidente che l’incentivazione deve essere finalizzata anche ad accompagnare le tecnologie verso una progressiva riduzione dei costi. In tal senso, l’attuazione dell’obiettivo di governo e il raggiungimento del target europeo al 2020 contribuiranno, attraverso l’aumento del numero di installazioni, a ottenere riduzioni significative di costo. I primi risultati già si vedono, ad esempio, nel fotovoltaico: oggi il costo dei moduli si è ridotto del 20% rispetto ai livelli del 2007.

SS: Il governo intende portare avanti la liberalizzazione del mercato energetico in tutti i settori. Promozione sell’efficienza energetica, sviluppo delle rinnovabili e ritorno al nucleare

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Bilancio dell’energia elettrica in dicembre milioni di kWh, valori assoluti e variazioni % rispetto allo stesso mese dell’anno precedente

dicembre 2008 24.581 3.902 19.952 445 552 998 23.853 4.106 429 3.677 585 26,945 3.373

Produzione lorda* Idroelettrica Termoelettrica Geotermoelettrica Eolica Consumi per servizi ausiliari Produzione netta importazione esportazione Saldo estero Consumo per pompaggi Energia richiesta sulla rete *di cui produzione Cip 6 stimata

E: Biomasse, eolico, solare e idroelettrico: per il raggiungimento e il consolidamento dell'obiettivo del 25%, su quale di queste fonti il governo punta di più? SS: Su tutte. Lo richiede l’ambizione degli obiettivi che abbiamo di fronte. Senza dimenticare lo sforzo necessario nella ricerca di nuove opzioni tecnologiche che consentano una significativa riduzione dei costi. Da questo punto di vista il solare offre il maggior potenziale. E: Intanto il vertice di Copenhagen si è concluso senza un accordo vincolante. Il governo italiano ritiene necessario un nuovo vertice internazionale? SS: Un po’ di delusione sugli esiti del vertice di Copenhagen è inevitabile. Le aspettative ora sono rivolte al vertice internazionale che si terrà nel prossimo inverno a Città del Messico, che potrebbe essere preceduto da un vertice preparatorio in Europa.

2009 24.671 3.340 19.888 465 978 932 23.739 3.5677 187 3.380 546 26.573 3.808

variazioni % 09-08 -0,7 -14,4 -0,3 +4,5 +77,2 -0,5 -13,1 -56,4 -8,1 -6,7 -1,4 + 12,9

Fonte: Terna

E: Quali obiettivi si pone il governo sullo sviluppo delle reti elettriche?

E: Quale sarà il ruolo per il Gestore dei Servizi Energetici nei prossimi anni?

SS: Da un lato è opportuno che le reti elettriche si sviluppino in modo da rendere fruibile l’energia prodotta da impianti con particolari esigenze di trasmissione, come le rinnovabili. Dall’altro le reti elettriche devono svilupparsi per facilitare i collegamenti tra i luoghi di grande produzione dell’energia e quelli di consumo, superando i problemi di congestione ancora presenti. Altro obiettivo è lo sviluppo di linee di interconnessione con l’estero, per rendere concreto un mercato unico europeo dell’energia elettrica. L’Italia, da questo punto di vista, è un precursore dell'unificazione dei mercati elettrici, attraverso un deciso incremento delle interconnessioni elettriche disposte con la Legge Sviluppo dello scorso agosto.

SS: Considerato lo sviluppo atteso delle fonti rinnovabili (con una produzione di energia elettrica che al 2020 dovrà sfiorare i 100 TWh) il ruolo del Gse sarà sempre più rilevante. Lo scorso autunno, poi, è stato emanato dal ministro dello Sviluppo Economico l’atto di indirizzo al Gse per la fornitura alla Pubblica Amministrazione di servizi specialistici in campo energetico, affidandogli il ruolo previsto dalla Legge Sviluppo. La stessa Legge individua ed estende anche il ruolo delle società del Gruppo Gse: il Gestore dei Mercati Energetici, cui è stata assegnata la gestione e organizzazione della Borsa Gas, e l’Acquirente Unico, come fornitore di ultima istanza per il mercato del gas. Sempre la Legge Sviluppo ha previsto che l’Autorità per l'energia si possa avvalere del Gestore dei Servizi Energetici e dell’Acquirente Unico per rafforzare l’attività di tutela dei consumatori.

E: Sono in arrivo novità sul fronte della de-burocratizzazione? SS: Anche su questo aspetto è intervenuta la Legge Sviluppo. Lo scopo principale è quello di innovare, semplificandoli, i procedimenti di autorizzazione già concepiti per facilitare la costruzione e l’esercizio delle reti nazionali di trasporto e gli impianti per la produzione di energia elettrica. A tale scopo risponde anche la recente nomina dei Commissari “sblocca-reti”.

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I dati relativi al mese di novembre sono stati pubblicati sulla Staffetta dell’11 dicembre.

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primo piano

IRENA, la è cooperazione di Livia Catena Aiuti agli Stati Membri per sviluppare le rinnovabili, incremento del numero dei Paesi aderenti, sovvenzioni equilibrate alle fonti sostenibili per evitare bolle speculative. Ma, soprattutto, collaborazione.

E: La nuova Agenzia multilaterale per le energie rinnovabili avrà sede ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti. Ma gli Emirati, membri dell’OPEC, ospiteranno anche il primo impianto nucleare del Medio Oriente. Come vede questa situazione? HP: Il fatto che gli Emirati abbiano accolto la sede dell’Agenzia lancia

E: Nel gennaio del 2009, sono stati molti i Paesi che hanno aderito a IRENA. A un anno di distanza, quale è la situazione e cosa prevedete di fare nel 2010, in attesa dell’entrata in vigore ufficiale dell’Agenzia? HP: Dopo la costituzione di IRENA, abbiamo dedicato i primi cinque mesi alla scelta della sede e del Direttore Generale pro tempore. A luglio, ho avviato l’organizzazione del Segretariato ad Abu Dhabi. Il 17 gennaio, i membri dell’IRENA hanno concordato il Programma di Attività ed il Budget per il 2010. Per l’entrata in vigore dello Statuto, è necessaria la ratifica di 25 Stati Membri. Siamo già ad otto, quindi siamo a buon punto.

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Elementi 19

un forte segnale alla comunità globale: non possiamo contare sulle fonti del passato per dare energia al nostro futuro. Non posso pronunciarmi sui programmi nucleari degli Emirati, in quanto l’atomo non rientra nel mandato dell’IRENA. Secondo le autorità, gli Emirati intendono diversificare il mix energetico introducendo rinnovabili e nucleare.

E: Come membro della delegazione francese durante la presidenza dell’UE nel 2009, lei ha trovato un compromesso durante i negoziati che si sono svolti intorno al pacchetto clima e energia (20-20-20). Come ci è riuscita? HP: Bisogna sempre tener presente ciò che si desidera ottenere dai negoziati. Meglio un risultato imperfetto che nessun risultato. Ho sempre prestato ascolto a tutti i delegati e questa esperienza mi ha insegnato che è di fondamentale importanza conoscere il delegato dell’altro paese, i suoi obiettivi e le sue motivazioni. Nei negoziati multilaterali, serve molta comprensione ed empatia, ma anche rimanere concentrati sul proprio obiettivo strategico.


Hélène Pelosse

CONVERSAZIONE CON HÉLÈNE PELOSSE Direttore generale di IRENA (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili)

parola d’ordine E: Trova deludenti i risultati di Copenhagen? Quale è la sua posizione in relazione alla proposta del Presidente Sarkozy sull’introduzione di una carbon tax? Pensa possa essere una risposta al problema delle emissioni di carbonio?

E: L’IRENA dovrebbe diventare un centro di eccellenza mondiale. Pensa che le istituzioni collaboreranno e daranno il loro contributo per raggiungere questo obiettivo? HP: Sì, ho avuto molti riscontri positivi. Sappiamo tutti che i problemi

HP: Dipende se si vuole vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. È vero, non siamo arrivati a un impegno globale sulle riduzioni di CO2. Ciò nonostante, abbiamo realizzato un accordo in materia di finanziamenti, i quali consentiranno a molti paesi di sviluppare le fonti rinnovabili e su questo sono ottimista. Quanto alla carbon tax di Sarkozy, l’idea alla base della proposta è che non ha senso ridurre le emissioni di CO2 in un paese e non fare assolutamente niente in quello confinante.

su scala planetaria devono trovare soluzioni su scala planetaria. Oggi, la cooperazione è imprescindibile per fronteggiare tali problemi.

E: Avete cominciato a collaborare con la IEA (International Energy Agency)? In quali aree l’IRENA collaborerà con l’Agenzia di Parigi? HP: Un settore chiave di cooperazione riguarda le statistiche e i dati

E: A suo avviso, quali interventi finanziari occorre mettere in atto per stimolare lo sviluppo delle fonti rinnovabili nei paesi in via di sviluppo? HP: Di natura legislativa, finanziaria. È però essenziale che tali iniziative siano tagliate su misura per le specifiche esigenze e condizioni di ciascun paese, non introducano eccessive sovvenzioni per le energie rinnovabili e non lascino spazio alle speculazioni. Non abbiamo bisogno di bolle di crescita che scoppiano dopo pochi mesi, ma di una crescita sana e solida del settore.

del settore energetico. Nel corso degli anni, la IEA non soltanto ha acquisito metodologie e conoscenze molto valide in questo settore, ma ha anche ottenuto risultati positivi nell’ambito delle “energy roadmaps”. Partiremo quindi da queste aree di cooperazione, incrementando al contempo il numero dei nostri membri.

E: Ritiene che l’economia “verde” sia già una realtà o che sia ancora predominante il modello tradizionale di sviluppo economico? HP: Attualmente ci troviamo in una fase di transizione economica.

E: Dopo la ratifica da parte dell’India e del Sudafrica, state cercando di coinvolgere nell’IRENA anche Brasile, Russia e Cina? Cosa farete per assicurarvi l’adesione di tutti i paesi aderenti al BRIC (Brasile, Russia, India e Cina)?

Ritengo che non possiamo alterare impunemente la natura. Se non vivremo in modo sostenibile, il prezzo da pagare sarà molto caro.

HP: La mia priorità riguarda l’operatività del Segretariato dell’IRENA qui ad Abu Dhabi, la seconda è l’allargamento del numero dei membri. Spero che i paesi aderiscano rapidamente a IRENA: nel lungo periodo, sarebbe troppo costoso e inopportuno rimanere fuori da un vasto gruppo di paesi che vogliono portare avanti le energie rinnovabili. Siamo partiti con 75 membri ed arrivati a 142 dopo un solo anno.

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primo piano

PER LE IMPRESE ITALIANE

È il momento d’investire in Corea IL PARERE DI YOUN HO LEE Ministro dell’Economia della Conoscenza, Corea del Sud Youn Ho Lee

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La Corea del Sud, 11° maggior consumatore di energia al mondo, ha messo a punto una politica di riduzione delle emissioni e di crescita “verde”. In un periodo di crisi globale come quello attuale, inoltre, sta mettendo in campo varie politiche di incentivazione alle esportazioni e agli investimenti. Oltre a puntare sulle rinnovabili e sul nucleare per tagliare le emissioni di gas serra.

di Licat E: Ministro, quali sono gli elementi fondamentali della vostra politica energetica? YHL: In uno scenario mondiale di minacce pressanti dovute al cambiamento climatico e alla penuria di energia, il nostro Paese ha adottato un approccio proattivo, cogliendo queste sfide come opportunità. Lo scorso agosto, abbiamo varato un piano energetico nazionale che punta sulla riduzione delle emissioni di carbonio e su un modello di crescita “verde”. Con questa iniziativa, contiamo di risparmiare energia e utilizzare fonti “pulite”. Il nostro è un obiettivo ambizioso: la Corea entro il 2030 prevede di incrementare l’efficienza energetica del 46%. Oggi, la nostra dipendenza dai combustibili fossili è dell’83%, ma intendiamo portarla al 61% entro il 2030. Per far questo puntiamo sulle fonti nuove e rinnovabili e sul nucleare. Inoltre, abbiamo individuato 15 tecnologie “verdi” di importanza chiave – ad es. eolico, fotovoltaico, cattura e stoccaggio della CO2 (CCS), reti intelligenti come nuovi motori di crescita – impegnandoci al massimo nel loro sviluppo.

E: Qual è il peso delle energie rinnovabili nel vostro mix di combustibili? YHL: La Corea prevede di portare entro il 2030 la quota di energie nuove e rinnovabili nel proprio mix energetico dal 2,4% all’11%. A tal fine elaboreremo un programma di sviluppo tecnologico a lungo termine, con un budget di 5,5 miliardi di dollari per attività di ricerca e sviluppo. Per favorire la nascita e la crescita del mercato delle rinnovabili intendiamo introdurre il “Renewable Energy Portfolio Standard” (RPS), che - a partire dal 2012 obbligherà i fornitori di energia elettrica a ottenere una determinata quota di tale energia da fonti rinnovabili. Inoltre, lo Stato metterà a disposizione un milione di case “verdi”, dotate di sistemi di isolamento e impianti di climatizzazione alimentati con energia solare. E: Quale contributo sta dando il Meccanismo di Sviluppo Pulito (“Clean Development Mechanism – CDM) allo sviluppo delle energie rinnovabili in Corea del Sud? Ritiene che i crediti di carbonio possano avere un ruolo? YHL: Nel nostro paese abbiamo 25 progetti CDM accettati dall’ONU per un totale di ben 15 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. Progetti che ci collocano quasi al 4° posto nel mondo. In questi progetti, le fonti nuove e rinnovabili rappresentano il 67,9%, il che darà un contributo sostanziale alla politica nazionale per la promozione delle energie rinnovabili.

E: Nel 2007, la vostra dipendenza energetica dall’estero era del 96,5%. In che modo state cercando di diversificare gli approvvigionamenti energetici? YHL: Prevediamo di incrementare notevolmente la quota di fonti nuove e rinnovabili e di energia nucleare al fine di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. In particolare, il nucleare ha dimostrato di essere una fonte affidabile, sicura e pulita ed una delle migliori alternative che abbiamo per tagliare le emissioni di gas-serra. Intendiamo aumentare la quota di energia nucleare nel nostro mix energetico dal 15% al 28% al 2030. E: Esistono, nel vostro paese, opportunità di investimento per le imprese italiane operanti nel settore energetico? YHL: In un periodo di crisi, la Corea sta mettendo in campo varie politiche di incentivazione alle esportazioni e agli investimenti. In particolare, stiamo facendo del nostro meglio per fronteggiare le difficoltà cercando di attrarre gli investimenti esteri. Per sostenere le attività imprenditoriali, modificheremo normative, eliminando quelle non necessarie e diminuendo gradualmente l’imposta sulle società. Prevediamo, altresì, di ampliare la gamma di incentivi previsti per le società di scala internazionale che dispongono di tecnologie avanzate per la riduzione delle emissioni di carbonio e la crescita “verde”. Quindi, per le imprese italiane, questo è il momento opportuno per fare investimenti in Corea. E: La crisi finanziaria internazionale sta avendo un impatto sul settore energetico del vostro paese? YHL: In un contesto di incertezza economica ancora dominante, la crisi ha ritardato e/o annullato gli investimenti nello sviluppo del petrolio e del gas naturale. Ciò potrà portare a un’impennata dei prezzi del petrolio una volta che ci sarà l’effetto rebound in economia. Pertanto, per garantire la sicurezza energetica, occorre che le maggiori imprese del settore energetico facciano coerentemente investimenti a lungo termine. È il caso di rilevare, inoltre, che la crisi economica ha tagliato gli investimenti in efficienza energetica e in fonti di energia eco-compatibili come quelle nuove e rinnovabili. Un periodo di confusione e di incertezza, tuttavia, può costituire un’ottima opportunità per realizzare un investimento intelligente. Sotto questo aspetto, ora è il momento giusto per investire nella crescita “verde”. Con iniziative ambiziose, la Corea sta attirando gli investimenti privati. Attraverso questo processo, daremo impulso alla ripresa economica e alla creazione di posti di lavoro.

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primo piano

Basta dispute tra rinnovabili e nucleare INCONTRO CON ANTONIO D’ALÌ Presidente della commissione Ambiente al Senato di Piergiorgio Liberati E: Il vertice di Copenaghen ha tradito le aspettative di quanti lo avevano definito un summit storico. Perché? Antonio D’Alì

“La green economy può costituire un ottimo traino per la ripartenza economica dell’Italia, ma basta con la contrapposizione tra nucleare e rinnovabili”. Ha le idee chiare Bruno D’Alì, presidente della commissione Ambiente al Senato. Si dice convinto che “gli inutili catastrofismi” abbiano contribuito al “naufragio del summit di Copenaghen, nel quale non riponevo molta fiducia”, visto che “si deve partire da dati certi per trovare risposte concrete ai cambiamenti climatici”. E sull’efficienza energetica ammette: “L’Italia ha ancora molto da fare, e come governo oggi puntiamo a far entrare l’educazione ambientale nelle scuole”.

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AD: Personalmente non facevo parte degli entusiasti. Per mia esperienza, anche seguito per la partecipazione a numerosi incontri internazionali, avevo previsto che il summit non avrebbe portato a risultati eclatanti. Si parte da una premessa sbagliata in merito ai cambiamenti climatici: quella di basarsi esclusivamente sulla riduzione di CO2, una materia spesso “drogata” da statistiche troppo catastrofiste. Tra l’altro, proprio a ridosso del summit di Copenaghen, le notizie riguardanti la commissione Ipcc sono state imbarazzanti: penso al caso delle mail rubate e rese pubbliche, dalle quali si evinceva che alcuni scienziati si accordavano per alterare i risultati delle ricerche in tema di clima. Questa scarsa attendibilità dei calcoli non può che rafforzare la necessità di cambiare direzione.


E: Se non proprio sulla riduzione di CO2, su quali tesi bisogna ragionare? AD: Dobbiamo focalizzarci sul rapporto costi-benefici relativo agli interventi di riduzione dei gas climalteranti. Prendiamo ad esempio il settore della forestazione. Su questo tema ci sono dati certi, dai quale bisogna partire per costruire un consenso unanime di azione. Invece, continuiamo sul discorso delle emissioni, dei ghiacci che si sciolgono, e alla fine si varano provvedimenti che rischiano, tra l’altro, di bloccare le speranze di sviluppo di alcuni Paesi. E: Però, è indubbio che lo sviluppo delle fonti rinnovabili dovrà giocare una partita importante nel futuro energetico del paese. Come si dovrà procedere in futuro per incentivare la diffusione di queste tecnologie? AD: La riduzione degli incentivi, prevista dal Conto energia, corrisponde a una naturale evoluzione del settore e del mercato che vi ruota attorno. Si deve puntare ad un miglior rendimento delle fonti rinnovabili, in particolare del fotovoltaico. La partita va giocata sul fronte della ricerca. Si deve insistere, perché i risultati possono essere incoraggianti, non solo nei campi conosciuti, ma anche in altri ancora da sviluppare. E: Il ritorno dell’Italia al nucleare appare vicino. Gli incentivi messi sul piatto dal Governo saranno sufficienti ad abbattere le resistenze locali? AD: Gli incentivi sono consistenti, anche perché poi si deve aggiungere la presenza sul territorio della centrale, con quanto comporta dal punto di vista occupazionale e dell’indotto. È chiaro che ci saranno le resistenze. Certo, se questo atteggiamento portasse ad un effetto domino, il risultato sarebbe dirompente.

Il nucleare in Europa

E: Efficienza energetica e raccolta differenziata: ci sono iniziative volte a sviluppare l’educazione ambientale nelle scuole? AD: Con il decreto ambientale dello scorso anno abbiamo previsto una massiccia campagna di sensibilizzazione su questi temi. È stata approvata una norma volta a rafforzare l’educazione ambientale nelle scuole medie e superiori. Ma questo non basta. Credo che sul campo dell’efficienza energetica il nostro Paese abbia ancora molto da fare, in particolare nei settori dell’edilizia e dei trasporti. E: Da questo punto di vista la legge sulla detraibilità ha sortito buoni effetti? AD: Al 55% è stata una buona legge, ma per funzionare al meglio deve essere accompagnata ad una normativa più ampia come il Piano casa, che solo poche Regioni hanno concretamente adottato. E: L’Italia sta faticosamente uscendo, con il resto dell’Europa, dalla crisi economica. Crede che la cosiddetta green economy possa costituire un traino per la ripresa? AD: Dal punto di vista economico certamente la green economy costituisce un ottimo trampolino di lancio. Già abbiamo assistito a diversi casi positivi. Penso, ad esempio, alle nuove società nate attorno al fotovoltaico, proprio per la produzione nazionale di pannelli solari o altra componentistica. Le fiere di questo settore, come quelle di Rimini, segnano grandi momenti di espansione, di incremento di volumi di affari e anche di innovazione, per cui la gamma dei prodotti che ruota attorno alle rinnovabili è sempre in espansione. E: Resta da abbattere un ultimo tabù. Si continua a contrapporre nucleare e fotovoltaico. Cosa ne pensa? AD: Direi che questo già lo abbiamo affermato con la nuova legge approvata in Parlamento. Per noi è chiaro: il nucleare dovrebbe soddisfare il 25% del nostro fabbisogno energetico, un altro 25% dovrà essere coperto dalle rinnovabili e il restante 50 dalle fonti fossili. Nucleare e rinnovabili non solo possono, ma devono convivere e svilupparsi in modo armonico. Tutto per ridurre la dipendenza dalle fonti tradizionali, che per noi significa dipendenza dall’estero.

Paesi

Spagna Francia Belgio G.Bretagna Olanda Germania Svezia Svizzera Slovenia

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Reattori operativi in costruz. 8 59 7 19 1 17 10 5 2

1 -

Paesi

Finlandia Russia Rep. Ceca Lituania Slovacchia Ungheria Ucraina Bulgaria Romania

Reattori operativi in costruz. 4 31 6 1 4 4 15 2 2

1 9 2 2 2 -

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primo piano

I prezzi biorari per un sistema equo ed efficiente Alessandro Ortis

di Gabrilele Masini

INTERVISTA AD ALESSANDRO ORTIS Presidente Autorità per l’energia elettrica e il gas

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Dal primo luglio entreranno in vigore i prezzi biorari. L’elettricità costerà meno la sera, la notte, la mattina presto e i fine settimana, mentre il prezzo sarà più alto nelle ore centrali dei giorni feriali. Il nuovo sistema sarà applicato ai consumatori dotati di contatori elettronici riprogrammati e che vogliano restare nel servizio di maggior tutela (che, cioè, non abbiano aderito a offerte del mercato libero). Ne parliamo con il presidente dell’Autorità per l’energia, Alessandro Ortis.

E: A che esigenza rispondono i prezzi biorari? AO: A garantire un sistema più equo per i consumatori – ciascun cliente pagherà l’energia elettrica consumata a un prezzo il più possibile aderente al costo necessario per produrla – e a promuovere un sistema più efficiente, in quanto si offre a ciascun consumatore una possibilità di risparmio che si riflette in un beneficio per tutto il sistema nazionale.


E: La migliore distribuzione del carico eviterà di far “scattare” il contatore quando si utilizzano più elettrodomestici contemporaneamente? AO: Per facilitare i clienti a spostare i consumi nelle fasce meno costose, abbiamo proposto di estendere la tolleranza fino a 4 kW per due ore a tutti i clienti domestici con un contratto non superiore a 3 kW. Inoltre, in un paio d’anni si prevede che per i clienti domestici i vincoli di potenza siano agganciati all’orario di utilizzo e saranno meno rigidi dopo le 21. Questo è un vantaggio possibile grazie al contatore elettronico: l’Italia è il primo Paese al mondo per diffusione di questa tecnologia. E: Chi non potrà spostare i consumi nelle ore più convenienti avrà costi più elevati. Come evitare questa sperequazione? AO: In realtà il meccanismo dei prezzi biorari permette di evitare disparità fra i consumatori. Oggi chi consuma nelle ore di maggior carico, quando sono in servizio gli impianti di generazione più costosi, non risente sulla propria bolletta dell’aggravio di costo, impropriamente distribuito tra tutti i clienti della stessa categoria. Con i nuovi prezzi biorari verranno eliminati i sussidi a favore di chi consuma nelle ore a maggior costo. Inoltre, in un anno, le ore convenienti (fasce F2 e F3) sono circa il doppio di quelle più costose (fascia F1). Comunque, nel caso non si preferisse la soluzione prezzi bioraria prevista dall’Autorità per i clienti in maggior tutela si potrà scegliere, ora e in qualunque momento, di aderire ad altre soluzioni pur presenti sul mercato liberalizzato. E: Alcuni operatori, come Enel, hanno espresso dubbi sul successo dei biorari per la vischiosità delle abitudini. D’altronde, le biorarie entrano in concorrenza con le offerte delle aziende elettriche. Cosa ne pensa? AO: Tutti gli operatori, non solo Enel, hanno la possibilità di esprimersi durante i processi di consultazione che precedono le deliberazioni e che l’Autorità valuta sempre attentamente. In primo luogo bisogna tenere conto che già i consumi

Impatto prezzo biorario, a parità di comportamenti di consumo, rispetto al prezzo monorario

complessivi sono distribuiti per il 66% nelle fasce F2 e F3 e per il 34% nella fascia F1 e che quello che più conterà saranno comunque le opportunità di risparmio offerte ai consumatori. Ci sono diversi tipi di consumatori a cui i prezzi biorari offrono una opportunità di risparmio: se una famiglia in cui lavorano entrambi i coniugi è di fatto quasi “obbligata” a consumare nelle fasce a minor prezzo, per una in cui ci sono persone che stanno abitualmente in casa, i nuovi prezzi biorari saranno un’opportunità per spostare i carichi verso le fasce orarie a minor prezzo. In più, i costruttori di elettrodomestici possono ora sviluppare prodotti che massimizzano il vantaggio dei prezzi biorari. Quanto alla concorrenza, l’introduzione dei prezzi biorari non solo non la pregiudica, ma aumenta la possibilità per i venditori del mercato libero di formulare offerte più convenienti rispetto al servizio di maggior tutela. In ultima analisi, il nuovo sistema è pro-concorrenziale. E: In passato le Associazioni dei consumatori hanno puntato il dito contro la presunta ingannevolezza delle pubblicità delle aziende in merito ai biorari. È prevista una campagna di comunicazione? AO: È previsto l'invio di tre specifiche comunicazioni bimestrali in bolletta prima dell'applicazione dei prezzi biorari. Inoltre, nelle due bollette precedenti all’applicazione dei nuovi prezzi biorari, il consumatore troverà le informazioni sui propri consumi già divisi per fasce, che permetteranno di conoscere l’esatta ripartizione dei consumi e come i nuovi prezzi biorari potranno influenzare la spesa per l’energia elettrica. Per ulteriori informazioni, il consumatore potrà chiamare il proprio fornitore, consultare i siti dell’Autorità e dell’Acquirente Unico, oppure contattare lo Sportello per il consumatore di energia e il numero verde 800.166.654. Prima del 1° luglio è inoltre prevista una campagna di comunicazione attraverso i media tradizionali. Infine, ci sarà una fase transitoria, in cui la differenza fra i costi delle varie fasce sarà modesta ma sufficiente a offrire un segnale concreto ai consumatori. Nella situazione a regime, invece, la differenza rispecchierà realmente il diverso prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso nelle diverse ore.

Gruppo famiglie

variaz. spesa

famiglie (%)

variaz. spesa (€/anno)

basso consumo

variaz. spesa (%)

inferiore o uguale superiore totale

49% 51% 100%

-4,9 3,1 -0,8

-2,7% 1,6% -0,5%

medio-basso consumo

inferiore o uguale superiore totale

47% 53% 100%

-7,8 4,8 -1,1

-2,6% 1,6% -0,4%

medio-alto consumo

inferiore o uguale superiore totale

47% 53% 100%

-8,1 8,2 0,5

-1,9% 1,9% 0,1%

alto consumo

inferiore o uguale superiore totale

45% 55% 100%

-11,0 13,3 2,5

-1,4% 1,7% 0,3%

totale

inferiore o uguale superiore totale

47% 53% 100%

-7,4 6,6 0,0

-2,0% 1,7% 0,0%

Fonte: Elaborazione dell’Autorità sui dati forniti dalla società Between

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primo piano Mercato elettrico, continuare

il percorso di innovazione A COLLOQUIO CON ANTONIO COSTATO Vice presidente Confindustria con delega all’energia e al mercato

Per considerarlo definito c’è bisogno di nuove reti e dello sviluppo compiuto delle infrastrutture energetiche. Clima: serve un’assunzione di responsabilità di tutti i paesi di vecchia e nuova industrializzazione. Il nucleare contribuirà al recupero e allo sviluppo di competenze specifiche. Sarà un’occasione per ricostruire un’intera filiera tecnica, di ricerca e di innovazione. L’efficienza energetica è un’opportunità strategica per diminuire i costi delle imprese e del sistema Paese. Antonio Costato

di Roberto Antonini Le politiche energetiche, climatiche e ambientali italiane passano necessariamente da viale dell’Astronomia, a Roma. Confindustria è interlocutore obbligato, rappresentando sia la platea dei maggiori consumatori di energia, che quella di chi l’energia la produce. Antonio Costato, leader degli industriali di Rovigo, vicepresidente con delega all’Energia e al Mercato, ha affrontato con piglio deciso la questione del costo dell’energia e del Mercato elettrico non appena si è insediato. A quasi due anni dalla nomina, fa il punto con ‘Elementi’ sulla situazione energetico-ambientale italiana.

E: Dopo il Cop 15 di Copenhagen, qual è la sua valutazione sullo stato delle politiche per la tutela del clima? AC: La lotta al cambiamento climatico è la principale sfida ambientale dei nostri giorni. Un problema globale a cui è necessario rispondere tempestivamente. Le posizioni, però, non sono univoche: ci sono differenze in termini di impegni di riduzione e di strumenti da utilizzare. L’Europa ha assunto la leadership globale nella lotta al cambiamento climatico, con obiettivi molto ambiziosi. Impegni che per raggiungere un risultato significativo e non esaurirsi in uno sforzo unilaterale e inefficace rispetto all’obiettivo, devono essere accompagnati da una assunzione di responsabilità da parte di tutti i Paesi di vecchia e nuova industrializzazione.

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E: Quale posizione dovrà tenere l’Italia in vista dell’appuntamento del 2010? AC: La lotta al cambiamento climatico porterebbe risultati marginali senza il coinvolgimento dei Paesi che oggi inquinano di più: Cina, India e Usa in primis. Centrale è che il prossimo accordo sul clima coinvolga tutti i Paesi che più contribuiscono in termini di emissioni. In assenza di provvedimenti dal 2006 al 2030 le emissioni di CO2 in Europa crescerebbero del 6%, contro il 136% di Cina, il 200% dell’India, il 19% degli Usa. Se l’Europa, e con essa l’Italia, decidesse di continuare da sola, non solo non si risolverà il problema dal punto di vista ambientale, ma ci avviteremmo in una sorta di spirale dell’impoverimento con perdita di competitività delle nostre imprese e migrazione di alcuni settori fondamentali verso Paesi con vincoli ambientali meno severi se non inesistenti. E: La ‘novità’ nel contesto energetico italiano è la ‘revanche atomica’ decisa dal governo: quali le opportunità e le criticità? AC: La rinascita del nucleare rappresenta un’altra grande sfida che il nostro Paese è chiamato ad affrontare e a trasformare in opportunità di crescita industriale e occupazionale. La ‘revanche’ atomica può contribuire al recupero e allo sviluppo di competenze specifiche in un Paese come il nostro, la cui unica riserva in materia di energia è quella dell’ingegno. E deve essere un’occasione per ricostruire un’intera filiera tecnica, di ricerca e di innovazione. Certo, non è la panacea, visto che arriverà nella migliore delle ipotesi solo nel 2020, ma è necessario puntare anche sull’atomo. Al Paese, all’opinione pubblica e al governo sarà richiesto un grande sforzo in termini di visione e ricerca di nuovi equilibri, giustificato solo se i benefici saranno di sistema.

AC: Con la riforma del Mercato Elettrico portata avanti dall’attuale governo sono stati fatti passi avanti decisivi per la creazione di un mercato dell’energia efficiente e per la sicurezza del sistema. Al governo chiediamo conferme circa la volontà di proseguire nel percorso di ammodernamento avviato, che per considerarsi definito deve portare anche uno sviluppo compiuto delle infrastrutture energetiche. Le attuali carenze costano ogni anno miliardi di euro all’utenza civile e industriale. E stupisce che i problemi siano soprattutto autorizzativi. Istituire la figura di un commissario ad hoc per rimuovere i veti che per anni hanno bloccato i lavori già finanziati di Terna, permetterà alle autorità di svolgere il loro ruolo e far sì che l’energia in Italia possa essere scambiata come, da e per dove si vuole. E: Il nuovo Conto energia: come vede le proposte per la nuova incentivazione del fotovoltaico? AC: Da tempo Confindustria auspica che la politica di incentivi e di sostegno allo sviluppo del fotovoltaico e delle fonti rinnovabili in generale sia più mirata. Questo per evitare il crearsi di “bolle” nutrite da aspettative di guadagni sproporzionati rispetto al contenuto di innovazione e di rischio afferente a certi progetti, e perché il sistema degli incentivi, necessari nella fase di avvio del settore, rivesta i crismi dell’efficacia e della sostenibilità. E: È necessaria un’educazione all’efficienza energetica e al risparmio. Come valuta questa esigenza? AC: Promuovere l’efficienza è una priorità della nostra politica energetica. Siamo uno dei grandi Paesi occidentali dove si consuma meno energia e si emette meno anidride carbonica per unità di prodotto. Ma molto ancora può essere fatto, nell’industria, nella gestione del patrimonio edilizio, nella generazione integrata di elettricità e calore. L’efficienza energetica non va considerata un vincolo aggiuntivo, ma un’opportunità strategica per ridurre i costi delle imprese e del sistema Paese.

La Vignetta di Fama 24

E: Il taglio dei costi dell’energia: il sistema Italia riuscirà a raffreddare le bollette delle aziende? Quali i passi più urgenti e utili?

E: Quali interventi sono indispensabili per costruire una maggiore ‘coscienza energetica’? AC: Sono diversi i settori dai quali è ragionevole attendersi risultati dall’adozione delle tecnologie efficienti. Dai trasporti, che incidono per il 27% sui consumi primari, dagli azionamenti elettrici-motori (18%), dall’illuminazione (6%), dal riscaldamento/raffreddamento nel settore civile (20%), dagli usi elettrici e termici domestici (9%), dagli usi termici industriali (18%) e dagli altri usi elettrici nelle aziende e nelle infrastrutture energetiche (2%). La crisi deve essere uno sprone a puntare sull’efficienza. Il governo deve promuoverla con decisione nelle sedi istituzionali e presso l’Ue. È un impegno duro perché gli interessi economici nel settore sono rilevanti e non sempre allineati sull’asse dell’interesse nazionale. Ma promuovere vera efficienza è un dovere morale, oltre che economico. Soprattutto oggi che le risorse sono poche ed il tempo ancora meno.

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energia

Efficienza energetica contro la CO2 di Nando Pasquali AD Gestore dei Servizi Energetici Nando Pasquali

Dopo il vertice di Copenaghen sul clima, è tornato alla ribalta il tema dell’efficienza energetica. Appare ormai evidente che raggiungere gli obiettivi di riduzione di CO2 fissati dall’Unione europea, soltanto con l’ausilio delle rinnovabili, costituirebbe un’impresa ardua. Un ruolo importantissimo lo giocheranno, invece, il contenimento dei consumi e la diffusione di una valida cultura di risparmio energetico.

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Elementi 19


Stabilizzando i consumi lordi di energia, infatti, per l’Italia sarebbe molto più semplice raggiungere la quota del 17% di copertura del consumo finale lordo con le fonti rinnovabili (obiettivo fissato per l’Italia al 2020 dalla nuova direttiva CE 28 del 2009). In quest’ottica la Pubblica Amministrazione non può esimersi dal costituire una guida per quanti intendano imboccare la strada dell’efficienza. Riduzione dei consumi e quindi della bolletta energetica pubblica, ottimizzare la gestione dei sistemi di climatizzazione e illuminazione, coibentazione degli edifici, introduzione della domotica, cogenerazione e impiego di fonti rinnovabili, dovranno essere il pane quotidiano per i soggetti responsabili del management energetico degli edifici pubblici. E il Gse intende porsi come locomotiva di questo processo d'innovazione. Grazie anche all’atto di indirizzo varato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola che ci conferisce l’incarico di offrire la nostra consulenza alle Amministrazioni Pubbliche che ne facciano richiesta. Questo provvedimento, che rientra nella più ampia legge 99 del 2009, oltre alla promozione, alla diffusione e allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, della cogenerazione e dell’efficienza energetica, prevede che il Gse possa anche supportare le Regioni e le Province Autonome nella redazione dei piani energetici e ambientali. Insomma, la partita dell’utilizzo ottimale delle risorse energetiche e della riduzione sostenibile dei consumi è quanto mai impegnativa e noi intendiamo affrontarla mettendo in campo tutta la nostra esperienza, con un unico obiettivo: quello di aiutare la Pubblica Amministrazione a offrire uno stimolo all’intera collettività. Del resto già in passato il Gse ha ottemperato a questa sua funzione di “consulente” energetico, con la stesura del Piano Energetico

regionale della Basilicata e finalizzando due importanti convenzioni, risalenti a novembre del 2008, con il Senato e con la Corte Costituzionale. In questi ultimi casi si sta svolgendo una capillare attività, che consentirà alle due alte Istituzioni di risparmiare sulla bolletta e razionalizzare i consumi interni. L’Italia, in ogni caso, sta giocando bene la sua partita nei confronti dell’innovazione. Proprio lo scorso febbraio Nobuo Tanaka, direttore dell’Agenzia internazionale dell’energia, ha presentato il rapporto sulla politica energetica italiana presso il ministero dello Sviluppo economico. Ebbene, in tema di efficienza, l’Aie ha sottolineato come l’Italia, “se confrontata con altri Paesi membri dell’Aie, ha sempre registrato un basso valore di intensità energetica (pari al rapporto tra domanda energetica totale e PIL) e anche un basso livello di emissioni di CO2 per PIL pro capite”. Nell’indicare quali siano i settori più “energivori”, il rapporto dell’Aie ha messo in evidenza come “il 37% del consumo totale di energia in Italia sia dato dal comparto domestico”. Proprio per arginare gli sprechi in questo settore e rendere più efficienti gli immobili, il Governo ha messo in campo la misura della detraibilità al 55% delle spese sostenute per interventi domestici mirati all’efficienza energetica. Molto è stato fatto, dunque, e molto altro resta da fare. Fuggendo le sirene allarmistiche e catastrofiste portatrici di cattivi consigli, si può con certezza affermare che l’Italia si sta muovendo nella giusta direzione. Come Gse abbiamo superato gli 900 MW di potenza fotovoltaica incentivata con il Conto energia. Gli impianti in esercizio hanno superato la soglia dei 60mila. Un trend che lascia immaginare che il tetto di potenza fotovoltaica dei 1.200 MW incentivabili dal decreto del 19 febbraio 2007, possa essere raggiunto nel prossimo mese di luglio.

Elementi 19

Italia 474.148

Corea del Sud 475.248

Canada 544.680

Regno Unito 568.520

Germania 805.090

Giappone 1.293.409

India 1.510.351

Russia 1.564.669

USA 5.720.289

Cina 6.103.493

Chi inquina di più (emissioni di CO2 in migliaia di tonnellate annue)

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faccia a faccia L’ITALIA PUNTI SULLA GREEN ECONOMY DIBATTITO SU ENERGIA, AMBIENTE E CLIMA

GIANNI SILVESTRINI Direttore scientifico del Kyoto club di Fausto Carioti

Divisi su tutto, con un’unica eccezione. Lo scienziato Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto club, e l’economista Carlo Stagnaro, direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, danno giudizi opposti sull’esito del vertice di Copenhagen, conclusosi senza un accordo vincolante di riduzione delle emissioni: “occasione mancata” per il primo; “risultato da accogliere con soddisfazione per il secondo”. Agli antipodi anche sull’opportunità di fronteggiare le emissioni di CO2 e di incentivare le energie rinnovabili, Silvestrini e Stagnaro convergono comunque sulla necessità di trasferire in tempi rapidi le tecnologie “pulite” dai Paesi avanzati a quelli emergenti.

E: Che giudizio dà dell’accordo politico raggiunto a Copenhagen? Un fallimento totale, un mezzo flop o comunque un risultato utile? GS: Sicuramente un’occasione mancata, a causa di un’errata valutazione di Obama sui tempi di approvazione della legge sul clima e dal timore della Cina per i possibili vincoli per la propria economia, malgrado i vantaggi che un accordo internazionale avrebbe comportato alle industrie verdi della potenza asiatica. Il fatto che i principali Paesi emettitori abbiano condiviso la necessità di non superare l’incremento di 2 °C si può considerare comunque un passaggio verso una seconda fase in cui verranno indicati obiettivi di riduzione.

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Elementi 19

/

Dopo

CS: Copenhagen non ha prodotto alcun passo avanti verso la stesura di un nuovo accordo globale sul clima. Anzi, ha acuito le incomprensioni tra Stati Uniti e Cina e ha marginalizzato le richieste europee. Per chi sperava di varare una sorta di “Kyoto 2” è sicuramente una delusione. Per chi, invece, ritiene inadeguato il tipo di approccio sotteso al protocollo (“targets & timetables”) non abbiamo nulla da perdere se non le catene di Kyoto. Si apre così la speranza di una convergenza verso strategie più razionali, meno costose per l’economia e più incisive per l’ambiente.


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USCIAMO DA KYOTO, PIÙ INNOVAZIONE, TECNOLOGIA E LIBERO SCAMBIO CON LE ECONOMIE EMERGENTI CARLO STAGNARO Direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni

Copenhagen

E: Che fare a questo punto con l’accordo di Kyoto, che scadrà nel 2012 ed è ancora privo di un seguito? C’è tutto un sistema di vincoli, controlli e commercio di quote di emissione che rischia di morire con la scadenza del trattato.

CS: La scelta più appropriata sarebbe abbandonare Kyoto e concentrarsi su obiettivi diversi. Ad esempio, la promozione dell’innovazione e del trasferimento tecnologico e la definizione di una piattaforma di libero scambio per legare le economie più industrializzate (con emissioni pro capite alte, ma stabili o decrescenti) e quelle in via di sviluppo, che si trovano nella situazione opposta. Altrimenti attraverseremo una fase negoziale turbolenta, dalla quale realisticamente si uscirà seguendo l’esempio europeo: con un target formalmente rigoroso, temperato però da una miriade di eccezioni ed esenzioni. Se questo sia più utile all’ambiente o alle burocrazie preposte all’amministrazione dei sistemi e alle imprese beneficiarie, è una domanda di non difficile risposta.

GS: La strumentazione che si è data l’Europa, come lo schema dell’Emissions trading per le industrie energivore o gli impegni sulle rinnovabili, resteranno legalmente vincolanti. In generale, penso che, dopo l’approvazione da parte del Congresso Usa della legge sul clima, verrà convocata una nuova assise internazionale per fare avanzare la negoziazione.

E: Esiste una possibile cooperazione tra Paesi avanzati e Paesi che stanno uscendo dalla povertà, che non freni la crescita di nessuno e produca effetti economici e ambientali virtuosi? GS: Una strategia di riduzione delle emissioni, se condotta in maniera intelligente, porterà risultati positivi anche dal punto di vista economico. Lo dimostrano analisi come quelle condotte da McKinsey in diversi contesti, inclusa l’Italia. L’impegno sul clima comporterà un trasferimento di tecnologie verso i Paesi in via di sviluppo, come si è deciso anche a Copenhagen. È infatti di importanza strategica favorire il loro processo di “decarbonizzazione” e fornire energia agli 1,6 miliardi di individui che non hanno accesso alla rete elettrica. CS: Occorre trovare una convergenza tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo, e questo deve avvenire accelerando il turnover tecnologico in questi ultimi. Nei Paesi in via di sviluppo l’intensità carbonica (il rapporto tra emissioni e prodotto interno lordo) è molto più alta che nel mondo industrializzato. Ciò significa che, grazie al progresso e alla maggior diffusione di tecnologie esistenti, si potranno risparmiare molte più emissioni che non imbarcandosi in un complesso “gosplan” come ha fatto l’Ue.

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Crescita delle esportazioni tedesche nel comparto del fotovoltaico

Emissioni pro-capite in tre Paesi (1990=100) 200

5.059

150 100 50 0 1980

1985

Fatturazione

Contatti

1990

1995

2000

2005

Cina

2.053 1.520

Fonte: elaborazione IBL su dati EIA/DOE

531 91 2003

E: Si dice sempre che la lotta ai gas serra può diventare un business per i Paesi e le imprese impegnati. Ritiene che questo sia possibile per l’Italia, dopo un anno – il 2009 – che ha visto il Pil scendere del 5%? CS: Gli obblighi “verdi” fanno certo bene a chi ne beneficia direttamente, ma è difficile sostenere che il loro impatto macroeconomico netto sia positivo. Si può dire che servono a salvare il mondo – anche se pure questo è discutibile – ma il loro effetto è quello di alzare il costo dell’energia, e dunque quello di tutti i prodotti e processi energivori. Per il resto, saranno soprattutto i ceti sociali più deboli a farne le spese e, in una prospettiva globale, i paesi più poveri. GS: L’Italia non ha compreso le opportunità legate a una strategia di riduzione delle emissioni, anche come intervento anticiclico in una fase di debolezza economica. Il risultato è un forte ritardo nelle nostre industrie delle rinnovabili, dell’efficienza energetica e della mobilità sostenibile, che hanno consentito invece una rapida crescita di occupazione e fatturato negli Stati che hanno puntato sulla “green economy”. Pensiamo ai 280.000 occupati nelle rinnovabili in Germania o ai 5,7 miliardi di euro delle esportazioni eoliche danesi. I segnali positivi degli ultimi anni delle installazioni nel nostro Paese in settori di punta come l’eolico e il fotovoltaico fanno però ben sperare.

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Elementi 19

232 2004

2005

2006

2007

2010

E: Quale quota del Pil è giusto che sia destinata dall’Italia alla lotta alle emissioni di gas serra nei prossimi anni? GS: Io invertirei il discorso e mi chiederei quale incremento del Pil ci si può aspettare da una strategia coraggiosa di riduzione delle emissioni climalteranti. Gli interventi proposti da Obama, ad esempio, dovrebbero generare investimenti pubblici e privati per 150 miliardi di dollari l’anno, pari all’1% del Pil degli Usa. Occorre dunque che il nostro Paese accetti la sfida e definisca una strategia che coinvolga tutti i ministeri. CS: Verso le future generazioni abbiamo l’obbligo di lasciare un mondo più sviluppato e migliore. Nessuna quota di Pil dovrebbe essere spesa per impoverire chi verrà dopo di noi.



energia rinnovabile

Il patto verde dei Comuni DIALOGO CON SERGIO CHIAMPARINO Presidente ANCI Sergio Chiamparino

di Luca Speziale

E: In Italia il problema dell’abbattimento delle emissioni di CO2 inizia a essere pressante, quali i progetti dei Comuni per fronteggiare tale situazione? SC: Le azioni poste in essere a livello locale possono avviare processi virtuosi attraverso scelte capaci di indirizzare il futuro della comunità sin dalle prime fasi degli interventi, come progettare una strada prevedendo piste ciclabili, costruire scuole o altri edifici pubblici tenendo conto del risparmio energetico, delle regole per favorire pratiche di sostenibilità. Il vertice mondiale sul clima di Copenaghen si è concluso senza che i Governi abbiano assunto impegni formali vincolanti. I dati presentati dall’International Energy Agency (IEA) confermano che due terzi dei consumi primari di energia a livello mondiale si concentrano nelle città, responsabili del 70% delle emissioni ed è lì che - come indica il rapporto

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Elementi 19

dell’economista Stern - si possono realizzare gli interventi più efficaci, a partire dall’efficienza nell’edilizia e nei trasporti. I Comuni sono consapevoli della sfida che attende il Paese. Prova ne è il Patto dei Sindaci lanciato a Bruxelles nel 2008 che l’ANCI sta coordinando e diffondendo in Italia. Per realizzare gli interventi è però necessario permettere ai Comuni di liberare risorse, e per questo l’ANCI da tempo sta chiedendo al Governo, ad esempio, l’esclusione dal patto di stabilità degli investimenti fino a tre anni finalizzati a tutte le politiche di contenimento dei consumi energetici e di sviluppo delle energie rinnovabili. È fondamentale per gli Enti Locali superare i tradizionali “interventi dall’alto” come le procedure per l’ingresso nel mercato delle emissioni e della certificazione energetica o dei titoli energetici dedicati alla pubblica amministrazione.


E: Si può stilare una classifica dei Comuni più virtuosi in questa attività? SC: Sono numerose le amministrazioni che si stanno impegnando, seppur con i limiti di bilancio e i lacci del patto di stabilità, per avviare pratiche coerenti, introducendo il principio della sostenibilità nelle loro azioni di governo. I Comuni che hanno installato almeno un impianto per le energie rinnovabili sul loro territorio sono circa 6000. Tra il 2008 e il 2009 il numero di pratiche è quasi raddoppiato e interessa tutto il Paese: si va da Monrupino in provincia di Trieste a Minervino nelle Murgie, passando per Pinerolo fino a Florinas in Sardegna. Legambiente e CRESME nel 2009 hanno poi censito 577 Comuni che hanno già adottato linee guida e regolamenti per risparmiare energia, diminuire le emissioni inquinanti, recuperare acqua piovana e riciclare materiali da costruzione. Così è anche per i rifiuti. In base ai dati dei Comuni Ricicloni 2009 risulta che 1.280 Comuni sono sopra al 45% di raccolta differenziata e così hanno evitato l'emissione in atmosfera di 2,8 milioni di tonnellate di CO2, pari al 6% dell'obiettivo del protocollo di Kyoto per l'Italia. pianeta si dibatte. E: Quali sviluppi prevede nel nostro Paese per le fonti rinnovabili? E che peso possono avere la ricerca e le nuove tecnologie? SC: Il nostro Paese, pur con le sue difficoltà, ha una grossa potenzialità nei confronti dell’utilizzo e all’approvvigionamento attraverso fonti rinnovabili. Pensiamo alla sua varietà climatica o geografica che rende spesso favorevole l’utilizzo di più di una tecnologia. Molti Comuni stanno investendo sul proprio territorio in una logica di questo tipo. Ma le difficoltà sono tante e pesano ostacoli di tipo economico-finanziario, quali la drastica riduzione dell’accesso al credito e la scarsa

possibilità per i Comuni di assumere figure professionali specializzate. Sicuramente occorrono linee di indirizzo chiare da parte del Governo, a partire dalla Linee guida per la realizzazione degli impianti. Altro tema, quello degli incentivi, sul quale l’ANCI sta avviando un confronto con le strutture competenti del Ministero dello Sviluppo Economico, dato che a breve dovrà essere licenziato il nuovo Decreto per l’incentivazione degli impianti fotovoltaici, che ci auguriamo mantenga previsioni utili a favorire gli impianti realizzati su edifici pubblici e per sostenere le attività dei Comuni, specie dei piccoli. Lo schema di decreto interviene, per altro, anche sulle nuove tecnologie; in questo ambito è indispensabile stimolare la progettualità locale e qualificare l’offerta, coinvolgendo specializzazioni, imprese, soggetti legati all’università e comunità professionali, interessati a operare sulla filiera energetica. E: Quali azioni di comunicazione vanno attuate affinché sia diffusa la cultura dell’energia, del risparmio, della difesa dell’ambiente e del territorio? SC: L’ANCI ha in essere un protocollo di collaborazione con il GSE per avviare una serie di attività necessarie a coinvolgere e sostenere i Comuni impegnati nelle iniziative di produzione di energia rinnovabile nei rispettivi territori. Un recente atto di indirizzo del Ministero dello Sviluppo Economico ha fissato le modalità secondo cui le Pubbliche Amministrazioni potranno rivolgersi al GSE per ottenere servizi specialistici in campo energetico che ai Comuni, attraverso un affiancamento all’ANCI, fornirà i servizi di supporto. L’ANCI sta poi avviando una serie di interventi strutturati e complessi: prima di tutto fare emergere i fabbisogni delle comunità locali, quali sono i consumi/disfunzioni energetici di un territorio, affinare la conoscenza di opportunità, valorizzare la diffusione di buone pratiche già attivate nei contesti locali, evidenziando e veicolando l'attività dei Comuni.

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energia rinnovabile

Il fotovoltaico? Sarà più conveniente dell’eolico PARLA SALVATORE MONCADA AD Gruppo Moncada Energy Salvatore Moncada

L’obiettivo è di installare 100 MW all’anno così potremmo produrre energie alternative con utili anche senza incentivi. Il sistema normativo e incentivante italiano è fra i migliori al mondo. Spesso vanificato da un lungo e complesso iter burocratico. Il nucleare? È giusto utilizzarlo nell’ambito di un uso strategico delle fonti energetiche. Ma non dimentichiamo l’importanza del risparmio energetico.

di Edoardo Borriello


Rendere nel tempo il fotovoltaico più conveniente dell'eolico è la sfida lanciata da Salvatore Moncada, amministratore delegato del gruppo Moncada Energy di Agrigento (180 dipendenti, 60 milioni di euro di fatturato) che nel dicembre scorso ha inaugurato a Campofranco (provincia di Agrigento) la più grande fabbrica italiana di pannelli fotovoltaici in "thin film" di silicio, realizzata senza contributi pubblici. Una tecnologia che promette grandi sviluppi in quanto, utilizzando gas silano, evita le speculazioni sulle materie prime e abbatte notevolmente i costi di produzione, rispetto ai pannelli tradizionali. E: Ingegner Moncada, quello da lei raggiunto è certo un buon risultato. Ma forse non basta... SM: Infatti andremo avanti. La ricerca che stiamo sviluppando entro il 2010 puntiamo a raddoppiare l'efficienza dei pannelli e la loro produzione a regime con l'obiettivo di installare 100 MW all'anno - ci consentirà di raggiungere il traguardo di produrre energie alternative ricavando utili anche senza gli incentivi. E: Quanto è costata la fabbrica di Campofranco? Chi ha tirato fuori i soldi?

E: Il risparmio energetico può svolgere un ruolo importante. Ritiene che il governo faccia abbastanza per incentivarlo? SM: Le ultime Leggi Finanziarie hanno creato degli sgravi fiscali che ritengo utili a chi costruisce con tecnologie che mirano al risparmio energetico. Bisogna proseguire su questa strada.

Distribuzione Regionale della potenza al 31/12/2009

impianti fotovoltaici in Italia 854,5 mw suddivisione per classe percentuale della potenza installata

6,2 2,6 0,1

11,9

7,1

0,1 / 0,9 1,0 / 2,9 3,0 / 3,7 3,8 / 6,2 6,3 / 9,1 9,2 / 13,0

7,7 0,7

SM: Il costo complessivo dell'impianto, che si estende su 25 mila metri quadri, è stato pari a 85 milioni di euro. La mia azienda ne ha investiti 24, il gruppo Mps, socio di minoranza, ne ha messi 5, il resto lo ha investito il gruppo bancario Intesa Sanpaolo assistito dalla Sace. L'impianto di Campofranco impiega il meglio della tecnologia mondiale disponibile e può contare su un avanzato centro di ricerca, destinato a divenire un punto di riferimento per il settore.

9,1

5,6

5,4 3,6 1,7 8,4 0,9 2,7

E: Il suo gruppo, che possiede già cinque impianti eolici in Sicilia, punta tutto sull'energia rinnovabile, che nella battaglia per il clima e lo sviluppo sostenibile assume un ruolo di primo piano. A suo avviso, l'Italia fa abbastanza in questo campo?

2,9

13,0

3,7 3,1

SM: Il sistema normativo e incentivante italiano è fra i migliori al mondo. Purtroppo, spesso, il lungo e complesso iter burocratico vanifica i buoni propositi della norma. 3,7

E: Quali margini di crescita possono avere nel nostro paese le fonti energetiche solari, eoliche e da biomasse? SM: Enormi. Gli esperti stimano un potenziale di circa 30 mila MW.

Fonte: GSE

E: Visto il continuo incremento dei consumi di energia, le fonti rinnovabili non possono essere l'unica soluzione ai bisogni energetici italiani. Il ricorso al nucleare appare quindi inevitabile. Qual è il suo parere in proposito? SM: Dal punto di vista strategico condivido il fatto che ogni nazione debba avere un mix di energie, compreso anche il nucleare. Ma le complesse attività industriali richieste per lo sviluppo di queste energie non devono essere totalmente delegate ad altre nazioni: ne devono trarre vantaggio anche i settori industriali nazionali.

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energia rinnovabile

A partire dal 2011

Pi첫 trasparenza per i clienti elettrici

di Natascia Falcucci

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Elementi 19


È sempre più concreta la risposta del mercato alle esigenze di maggior trasparenza delle comunicazioni destinate ai clienti elettrici, che dal 1° luglio 2004 possono scegliere il proprio fornitore. Questo il senso delle misure introdotte in passato con la direttiva 2003/54 relativa al mercato interno dell’energia e riaffermate dalla direttiva 2009/72. L’Unione Europea, nel sollecitare i Paesi membri a introdurre misure più efficaci a tutela dei consumatori, ha ricompreso la “trasparenza” tra gli obiettivi da perseguire chiedendo al fornitore di informare sulla composizione del mix di fonti energetiche primarie utilizzate per la generazione elettrica. Tale richiesta risponde all’esigenza di consentire al cliente di effettuare scelte consapevoli, che rispondano anche ad una logica di sicurezza e sostenibilità del sistema elettrico. In Italia un primo provvedimento di attuazione della direttiva europea è rappresentato dalla legge 125 del 2007. Essa ha stabilito l’obbligo per le imprese di vendita di indicare nelle fatture le informazioni sul mix energetico utilizzato per la produzione elettrica dei due anni precedenti, secondo le modalità definite con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico. Il decreto in questione ha definito le modalità concrete e i relativi adempimenti che gli operatori dovranno soddisfare per comunicare ai clienti il mix energetico utilizzato. Inoltre esso attribuisce un ruolo chiave al GSE nella definizione delle modalità di qualificazione delle fonti rinnovabili cui saranno attribuite le Certificazioni di Origine (CO) di taglia di 1 MWh e che potranno essere trasferite dagli operatori disgiuntamente dall’energia sottostante. Le CO saranno, quindi, usate per coprire con Fonti Rinnovabili (FER) una percentuale dell’elettricità venduta. A tale azione corrisponderà sul sistema l’annullamento del titolo.

L’energia dalla società x nell’anno N-1 è stata prodotta dalle fonti rinnovabili

A ciò va aggiunto che una quota parte delle FER non sarà attestata con CO. Ad esempio: • in caso di impresa di vendita risultata assegnataria di una banda CIP 6. In questa ipotesi la quota rinnovabile assegnata corrisponde alla percentuale FER calcolata dal GSE per tutta la produzione ricompresa in questa voce; • in caso il venditore voglia utilizzare il mix nazionale e di conseguenza la quota rinnovabile a esso assegnata. Per mix nazionale si intende il dato residuale che deriva dalla composizione del mix complessivo italiano da cui sono state scomputate le quote degli operatori che hanno utilizzato un sistema personalizzato; • in presenza di energia elettrica importata, se la medesima non è accompagnata da Garanzia di Origine. In questo caso al MWh estero sarà applicata la parte FER del mix energetico del paese di produzione. L’operatività di questo sistema di tracciamento renderà più trasparente la formulazione di proposte commerciali verdi che l’AEEG sembra voler regolamentare, come anticipato nel Documento di Consultazione 26/09 relativo ad un “Meccanismo di controllo della vendita ai clienti finali di energia elettrica da fonti rinnovabili”. Il sistema di calcolo del mix energetico, noto come disclosure, per essere operativo dal 2011 richiede un ulteriore sforzo. E questo è in capo al GSE che sta lavorando per realizzare uno strumento snello e trasparente. Per mettere a disposizione dei clienti finali tale strumento, è importante pubblicizzare il formato della comunicazione che si troveranno a leggere. Il prospetto italiano individuato e contenuto nel DM del 31.07.09 è basato sullo schema di comunicazione presentato dalla Commissione Europea nelle Note Interpretative della direttiva 2003/54.

Fonti primarie impiegate

Rinnovabili 1%

8%

25%

Carbone Rinnovabili Altro

Comp. mix energetico elettricità venduta (della società x)

Mix energetico nazionale (elettricità immessa in rete)

8,00%

13,00%

Carbone

41,00%

29,00%

Gas naturale

20,00%

16,00%

Prodotti petroliferi Nucleare Altro

5,00%

15,00%

25,00%

22,00%

1,00%

5,00%

Nucleare

5% 41%

Petrolio Gas

Fonte: GSE

20%

Fonte: GSE

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speciale bioenergie

Il cammino frenato dei biocarburanti 38

Elementi 19


A meno di due anni dalla scadenza della direttiva europea per lo sviluppo dei biocarburanti (2003/30/CE), i consumi nella UE non registrano progressi eclatanti. Secondo EurObserver gli usi complessivi sono ammontati a circa 10,1 milioni di tonnellate nel 2008, con un incremento del +28,5% rispetto al 2007 (7,83 Mtep). Tale media incorpora un incremento di biodiesel del 33,9% e di bioetanolo del 47,1%, contro un crollo degli altri biocarburanti (-45,9%, prevalentemente oli vegetali). Può sembrare un successo, ma è un valore lontano dalla crescita del 2007 e del 2006 (rispettivamente + 45,7% e +71% rispetto all’anno precedente). Il dato rilevante è quello energetico, cioè il tasso di penetrazione dei biofuels nel totale dei carburanti per autotrazione immessi al consumo. E questo dato, pur in presenza di una domanda di benzina e gasolio stazionaria, è passato dal 3,23% del 2007 al 3,3% del 2008. Il che vuol dire che l’aumento del 28,5% dei biocarburanti ha portato a una loro maggiore penetrazione di solo lo 0,7% all’interno dei carburanti complessivamente bruciati. Il 2008 può quindi essere considerato un anno di stasi rispetto agli obiettivi comunitari definiti dalla direttiva del 2003, che prevede una penetrazione dei biocarburanti del 5,75% nel mercato dell’autotrazione per fine 2010 (obiettivo prorogato al giugno 2012 dalla nuova direttiva 2009/28/CE). Ciò si spiega in gran parte con la contrazione del mercato che ha registrato la maggiore crescita, cioè quello tedesco. Contrazione dovuta al fatto che Berlino ha ridotto le esenzioni fiscali per i biocarburanti e introdotto un sistema di quote obbligatorie che sono state progressivamente ridotte. Parallelamente sono aumentate le tasse sul biodiesel, passate dai 9 eurocent/litro del 2007 ai 15 del 2008 (attualmente sono a 24,5 eurocent/litro e saliranno fino a 45 eurocent nel 2013).

Con 10 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio consumati nel 2008, gli obiettivi comunitari sulla penetrazione dei biocarburanti segnano il passo, in presenza di vigorose polemiche sulla loro sostenibilità. Quali prospettive per il futuro?

di Valter Cirillo

Nel complesso, la Germania mantiene il primo posto nei consumi di biocombustibili, con 3,26 milioni di tonnellate nel 2008 (-16,5% rispetto al 2007). La Francia è al secondo posto con 2,42 milioni di tonnellate (+63%), seguita a distanza dalla Gran Bretagna che, con 797 mila tonnellate (+128%) sorpassa la Spagna. Quest’ultima scende al quarto posto con 644 mila tonnellate (+65%), precedendo l’Italia, la quale, con 557 mila tonnellate (+310%), sale al 5° posto della graduatoria, dall’8° del 2007, sorpassando Austria, Svezia e Paesi Bassi. Da sottolineare che i consumi italiani sono rappresentati solo da biodiesel, caso unico tra i maggiori Paesi europei, che invece hanno tutti notevoli consumi di bieotanolo e, per la sola Germania, anche di oli vegetali.

> Elementi 19

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speciale bioenergie LO SCENARIO POST 2010 Per il futuro la situazione è di difficile valutazione. Il varo della direttiva 2003 ha portato l’industria europea a investire massicciamente in capacità produttiva di biodiesel e bioetanolo. Tuttavia la decisione di alcuni Stati di limitare i propri obiettivi e il calo di redditività, dovuto al forte aumento di prezzo delle materie prime nel primo semestre 2008, ha portato alcuni produttori a dilazionare gli investimenti per i prossimi anni. Tendenza rafforzata dall’aumento delle importazioni, che pure ha contribuito a rallentare l’espansione del settore europeo. Con tutto ciò quest’ultimo registra ancora una notevole sovraccapacità produttiva. Nel caso del biodiesel, ad esempio, secondo EBB (European Biodiesel Board) nel 2009 era disponibile in Europa una capacità produttiva di circa 21 milioni di tonnellate (+31% rispetto al 2007), di cui oltre la metà è però rimasta inutilizzata. Si noti che 21 Mt di biodiesel sono il doppio di tutti i consumi di biocarburanti del 2008 e il triplo di quelli di solo biodiesel (7,9 Mt nel 2008). In questa situazione, è comunque un dato di fatto che tutti i Paesi europei stanno aumentando i consumi di biocarburanti. Il problema è che ciò non sta avvenendo con la progressione indicata dalle direttive UE, che proprio a tale settore assegnano un ruolo prioritario per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni climalteranti previsti al 2020. L’obiettivo di penetrazione dei biofuels per il 2010 (5,75%) quasi certamente non sarà centrato, ma ci si andrà vicino (5,3% a fine 2010 secondo EurObserver), anche perché la Francia e la Germania hanno già raggiunto i propri obiettivi, mentre gli altri Paesi si accingono a uno sprint nei prossimi mesi, facilitato dalla crisi economica che, in generale, ha frenato i consumi di carburanti. Per il futuro, tuttavia, non mancano le incognite. A cominciare dall’evoluzione del mercato petrolifero, che continuerà a rappresentare il convitato di pietra per le prospettive di sviluppo dei biocarburanti per autotrazione. Sullo sviluppo del settore pesano, inoltre, le incertezze causate dall’assenza di standard internazionali sulle caratteristiche qualitative dei biofuels. Cosa che ha finora frenato, ad esempio, il settore degli investimenti delle case automobilistiche. Proprio in queste settimane l’ISO ha finalmente annunciato l’avvio del processo per la definizione di un nuovo standard internazionale per le bioenergie (ISO 13065). E soprattutto ci sono le polemiche sulla sostenibilità dei biocarburanti, nonché le aspettative legate alla ricerca e sviluppo dei biocarburanti di seconda generazione, cui è affidato il compito di azzerare gran parte delle obiezioni ambientali, e in parte economiche, che sono state finora sollevate intorno allo sviluppo del settore. Su questi aspetti le critiche sono state molto autorevoli. Come quella dell’OCSE, che in un documento del 2007 (Biocombustibili: un rimedio peggiore del male?), realizzato con la FAO, ha bocciato le politiche di sostegno ai biocarburanti. Che darebbero vita a pratiche molto costose, con scarsi

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benefici sulla riduzione dei gas serra ma con potenziali pericoli per la conservazione degli habitat naturali, messi sotto pressione dalla ricerca di nuovi suoli per la produzione dei carburanti vegetali. Argomentazioni analoghe sono state avanzate nell’aprile 2008 dalla stessa Agenzia Europea dell’Ambiente, che ha chiesto di ridurre gli obiettivi di penetrazione dei biocarburanti nei consumi al 2020. In effetti sono proprio queste argomentazioni che hanno portato da un lato alcuni Paesi, in particolare Gran Bretagna e Germania, a limitare i propri obiettivi di settore, e dall’altro la Commissione europea a fissare precisi criteri di sostenibilità nella direttiva del 2009. A seguito di ciò, la nuova direttiva ha introdotto una sostanziale modifica semantica, sostituendo il termine “biocarburanti” con “energie rinnovabili”. Entro il 2020, cioè, il 10% dei consumi energetici nei trasporti terrestri dovrà essere coperto non più dai “biocarburanti”, ma genericamente da “fonti rinnovabili”. Questo nuovo obiettivo è il risultato di un compromesso tra coloro che auspicano una maggiore penetrazione dei biocarburanti e quanti ritengono che ciò sia dannoso per l’ambiente e per le produzioni agricole. Aprendo la porta alle altre fonti rinnovabili (eolico, solare, idroelettrico), il legislatore ha infatti messo in gioco l’energia elettrica da esse prodotta e utilizzata in veicoli elettrici (treni, metro, tram, filobus, auto elettriche) nel conteggio dei risparmi di combustibile.

Consumo di biocarburanti nei trasporti nei Paesi UE (valori espressi in tep)

Paese

Consumi totali (2007)

Consumi totali (2008)

Germania

3.899.434

3.257.186

Francia

1.486.295

2.424.200

Spagna

389.000

644.000

Regno Unito

348.520

796.524

Olanda

311.000

335.000

Svezia

309.082

343.856

Austria

217.491

253.304

Italia

135.880

557.280

Portogallo

134.959

132.849

97.000

459.354

7.834.131

10.064.149

Polonia Totale UE 27

fonte: EurObserver luglio 2009


Agroenergie, il difficile connubio tra industria e agricoltura PARLANO GIUSEPPINA SERVODIO E LUCA BELLOTTI Membri della commissione Agricoltura della Camera Giuseppina Servodio

Luca Bellotti

di Gabriele Masini

Sei disegni di legge depositati in Parlamento, una serie di interventi legislativi e regolamentari che hanno creato un quadro incerto e mutevole, sotto le spinte contrastanti dei diversi interessi coinvolti. E una miriade di piccoli operatori con investimenti pronti a partire, in attesa di regole certe. Il settore delle bioenergie (produzione elettrica e di calore da biomasse e oli vegetali, produzione di biocarburanti) stenta a decollare in Italia, stretto tra un mondo agricolo in cerca di valorizzazione e un mondo industriale (i produttori elettrici e i consumatori di energia) alle prese con le pressioni del profitto e il bisogno di energia a basso costo. Ne abbiamo parlato con Giuseppina Servodio e Luca Bellotti, membri della commissione Agricoltura della Camera, appartenenti rispettivamente al gruppo del Partito democratico e del

Popolo delle libertà, autori di due delle proposte di legge depositate in Parlamento. Proposte che, dopo una serie di stralci, languono in commissione. "Sostanzialmente, dice Bellotti, è tutto fermo, si va avanti più per ordinamenti governativi che non per via parlamentare”. Il problema, aggiunge Servodio, è "probabilmente il ministero dello Sviluppo economico, perché il testo è tutto orientato al mondo agricolo". Ora, aggiunge, è all'esame delle Camere il ddl 2260 sulla competitività agroalimentare dove "abbiamo inserito delle parti del testo sulle agroenergie, in particolare quelle sulla tracciabilità, sui distretti agroenergetici e la generazione di calore". Potrebbero entrare nel testo anche le linee guida per la definizione di un piano agroenergetico nazionale.

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speciale bioenergie

Il problema, infatti, dice Bellotti, è "una legislazione frammentaria" che mette in pericolo "un diritto che invece deve essere garantito: gli impianti hanno costi importanti, e l’imprenditore deve essere garantito, sebbene in alcune aree assistiamo a una sorta di corsa all’oro". A maggior ragione i due parlamentari sono d'accordo sulla necessità di arrivare a una legislazione unificata, che consenta una vera programmazione. "Bisogna arrivare – dice Bellotti – a un piano strategico nazionale e regionale per definire quanta parte di territorio italiano deve essere dedicata alle bioenergie". Anche per evitare quanto è accaduto con i biocarburanti. Gli obblighi di immissione in consumo e la mancanza di criteri di approvvigionamento hanno fatto sì, ricorda Bellotti, che "molti trasformatori e produttori di carburanti andavano a prendere all’estero l’olio di palma per produrre biodiesel, con il risultato che abbiamo arricchito i produttori della Malesia e non abbiamo contribuito a migliorare l’aria italiana né a creare reddito per gli agricoltori". Una situazione, sottolinea Servodio, "da evitare. Per questo è importante fare il piano agroenergetico, che dia regole certe" e punti su "realtà piccole ma integrate, che mettano insieme mondo agricolo e mondo industriale, creando reddito per gli agricoltori". Certo è che "non possiamo pensare in Italia a grandi impianti che utilizzano biomasse importate. Questo non avrebbe alcun senso". Meglio "i distretti agroenergetici in cui si utilizza l'energia per le imprese in loco, in un processo di autogestione virtuoso". Il primo passo per sviluppare una filiera nazionale è quello di dare maggiori certezze rispetto al quadro normativo. E se è vero che il mercato unico limita l'applicazione del principio della filiera corta è anche vero - dice Bellotti - che si possono "introdurre semplici norme con cui si conteggino le emissioni

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prodotte con il trasporto delle materie prime e si obblighi a rispettare dei limiti nel bilancio di carbonio". "Il nostro Paese – aggiunge la parlamentare del Pd – ha caratteristiche di geografia agricola molto peculiari. Si possono utilizzare le zone marginali e non risanate. Ci sono zone non più vocate all'agricoltura, "desertificate" sul piano del reddito agricolo. Oltre naturalmente agli scarti di lavorazione dell'agricoltura". Insomma, "un piccolo tassello, ma importante". Il rischio da evitare, fatale nel caso dei biocarburanti, è di provocare il disinteresse del mondo agricolo. Come convincere gli agricoltori a investire nelle agroenergie? Innanzitutto, dice Bellotti, il fatto di "avere due filiere, quella agroalimentare e quella agroenergetica, può far sì che i profitti possano alzarsi rispetto ai valori assolutamente bassi pagati oggi agli agricoltori. Le peggiori produzioni agroalimentari potrebbero essere impiegate per la produzione di energia". In conclusione, quale futuro per le bioenergie in Italia? "Fino a qualche anno fa – risponde Bellotti –si lavorava in una fase di crescita, mentre oggi la recessione rende tutto più difficile, e le energie rinnovabili costano. Il punto è che le bioenergie devono comunque servire più agli agricoltori che non ai produttori di energia perché altrimenti si corre il rischio, come nell’agroalimentare, di avere prezzi bassissimi alla produzione e margini elevati su tutta la filiera del valore aggiunto a valle. L’agricoltore deve essere protagonista, anche nella valorizzazione dell’energia prodotta dalla terra". Per Servodio, invece, “c'è la possibilità di decollare, ma senza farne un business”.




mercato elettrico

Il consumatore chiama

lo Sportello risponde A TU PER TU CON EMILIO MINGHETTI Direttore dello Sportello per il Consumatore di Energia di Claudia Momicchioli

E: Con l’assegnazione della gestione dello Sportello del Consumatore di Energia si ampliano per AU le funzioni nell’ambito della tutela del consumatore, dal mercato tutelato al mercato liberalizzato. EM: Come noto, Acquirente Unico S.p.A. (AU) è la Società del gruppo GSE garante della fornitura di energia elettrica a prezzi competitivi ai piccoli consumatori che non acquistano sul mercato libero. In particolare, dal 1 luglio ‘07, con l’apertura del mercato elettrico, AU acquista energia alle condizioni più favorevoli sul mercato e la cede ai distributori o alle imprese di vendita per la successiva fornitura ai 28 milioni di clienti

domestici e di piccole imprese del mercato di “maggior tutela”. Ma i compiti di AU non si fermano qui. Ci occupiamo, infatti, anche di selezionare, attraverso procedure concorsuali, i fornitori di ultima istanza di energia elettrica per tutti quei clienti che non rientrano nella categoria dei tutelati e sono sprovvisti di fornitore. Dal 2009 AU ha assunto questo ruolo, anche se in via transitoria, nel settore del gas naturale, in questo caso per i clienti con bassi consumi (inferiori a 200.000 m3/anno). Lo Sportello del Consumatore di Energia, quindi, si aggiunge ad una serie di funzioni che Au ricopre nel settore della tutela del consumatore di energia dall’avvio dei processi di liberalizzazione dell’energia elettrica e del gas.

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mercato elettrico

E: In cosa consiste lo Sportello del Consumatore di energia? Quali sono i servizi erogati?

E: Quali sono i risultati raggiunti e cosa ci si aspetta dal futuro?

EM: Lo Sportello è attivo ufficialmente dal 1° dicembre 2009 ed è realizzato in avvalimento da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), secondo quanto stabilito dalla Delibera AEEG 35/09. Da una parte lo Sportello deve facilitare l’accesso alle informazioni sui mercati liberalizzati, dall’altra garantire la tempestiva risposta a reclami, istanze e segnalazioni inviati dai consumatori di energia elettrica e gas. Nel primo caso AU, grazie alla circolazione di informazioni attraverso il proprio call center, diviene uno strumento nella promozione del processo di liberalizzazione dei mercati dell’energia. Nel secondo caso attraverso una “Unità Reclami” dedicata, AU consente una velocizzazione nella lavorazione di reclami non risolti dagli esercenti e nella loro relativa valutazione, fase propedeutica agli eventuali necessari interventi dell’Autorità. È importante sottolineare come dall’attività dello Sportello derivino segnalazioni rilevanti ai fini sanzionatori e della modifica e/o integrazione della regolazione da parte di AEEG.

EM: È una Direzione di Acquirente Unico SpA e ad oggi comprende circa 45 persone fra Responsabili e addetti alle diverse funzioni. Come accennato operano due unità distinte: un call center composto da operatori competenti e continuamente aggiornati, e un Nucleo Reclami con personale dedicato e specializzato per settore di intervento, a sua volta distinto fra esperti e operatori. Il call center fornisce i propri servizi tramite un accesso multicanale (un Numero Verde, un Fax Verde e una casella di posta elettronica). Per la dotazione tecnologica, lo Sportello utilizza un sistema di “CRM” che consente di snellire e agevolare la lavorazione dei reclami e la necessaria reportistica.

EM: Va ricordato che l’avvio vero e proprio dell’operatività del call center ha preceduto di circa un anno e mezzo (luglio 2007) il varo ufficiale dello Sportello. Complessivamente le telefonate pervenute al Call Center sono cresciute da circa 50.000 nel 2008 a circa 290.000 nel 2009, con una media in questo ultimo anno di 1.200 chiamate al giorno. Sempre nel 2009, l’Unità Reclami ha registrato 12.000 istanze, con una ricezione media di 3.000 lettere al mese. È opportuno ricordare che da dicembre 2009 il Contact Center ha aderito al protocollo “Mettiamoci la faccia” del Ministero per l’Innovazione Pubblica per la rilevazione della customer satisfaction nei servizi della P.A. Nel periodo di test il tasso di soddisfazione degli utenti è stato del 95% circa. Lo Sportello ha collaborato anche ad una importante campagna sociale, promossa dall’AEEG e dal Ministero dello Sviluppo Economico tramite la Presidenza del Consiglio, per l’erogazione del Bonus energia elettrica alle famiglie che si trovano in condizioni di disagio economico. Il Numero Verde è stato messo a disposizione per rispondere alle domande sui requisiti e sulle modalità di accesso ed erogazione dello sconto in bolletta, e ai quesiti sullo stato di lavorazione delle domande inoltrate al proprio Comune. In tale occasione il Numero Verde è riuscito a gestire picchi elevati e ripetuti di chiamate nella stessa giornata: sino a 400 nei primi minuti successivi agli spot televisivi della Presidenza del Consiglio e a 1.875 nell’intera ora successiva. Dato il successo dell’iniziativa, ad AU è stata affidata anche la gestione del servizio informativo per il Bonus gas. Per il prossimo futuro ci aspettiamo una crescita delle attività a cui dovrà corrispondere un ampliamento della struttura: l’ingresso di nuove risorse per l’unità reclami che consenta di rispondere sempre più tempestivamente alle istanze degli esercenti e dotazioni sofisticate di mezzi informativi/informatici.

Reclami

Richieste di informazione

E: Qual è la struttura dello Sportello del Consumatore?

Periodo: dic.’09 - gen. ‘10 Num. reclami nuovi 2.000

8%

13%

Fatturazione Contatti 25%

40%

Non competenza Mercati Qualità

6%

16%

Fonte: Elaborazione AU su dati Sportello per il consumatore di Energia

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Periodo: dic.’09 - gen. ‘10 Num. telefonate: 25.000 Num. richieste scritte: 100

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11%

Bonus Elettrico Mercato Elettricità

4% 9%

Mercato Gas 68%

Reclami Bonus Gas




il caso

Un termo valorizzatore per amico Qual è la chiave di volta per far comprendere a tutti che alcune soluzioni sono necessarie per il bene comune? Perché, ciò che qui è visto come un problema, in altri Paesi diviene un vanto? Abbiamo cercato di scoprirlo prendendo come spunto un caso francese.

di Luca Speziale “Issy”, per molti una semplice sequenza di lettere, per altri una parola francese, ma dietro il nome di questo comune della periferia di Parigi si cela un modello da seguire. Quanto è accaduto a Issy-les Moulineaux, è stato portato all’onore delle cronache da un blog suscitando un grande interesse. Protagonista della vicenda è un inceneritore che, grazie ad un progetto mirato, è stato trasformato in un termovalorizzatore, ideato e strutturato in maniera da integrarsi con il contesto cittadino. Infatti, nonostante sorga proprio al centro del popoloso sobborgo parigino, risulta essere praticamente invisibile, sicuro e silenzioso. Costruito con un’architettura tanto sostenibile quanto all’avanguardia, fornisce energia e riscaldamento a tutti gli “issesi”, bruciando un’importante quantità dei rifiuti ogni giorno. Insomma, il mostro dal quale tenersi alla larga è diventato magicamente un gigante buono, all’ombra del quale la vita si svolge tranquillamente. Ma come può essere che in Italia basti pronunciare la sola parola “termovalorizzatore” per scatenare dibattiti, scontri e manifestazioni, e invece in Francia “la pietra dello scandalo” diventa un vanto, un fatto di cui andare fieri? La risposta sta nel significato

semantico della parola “comunicazione” e cioè “far conoscere”. A Issy hanno fatto in modo che istituzioni, associazioni ambientaliste e cittadini venissero coinvolti allo stesso modo nel progetto, così che tutti potessero avere gli strumenti per comprendere quanto stava accadendo. Evitando che l’insicurezza, scaturita dalla mancata conoscenza diventasse prima diffidenza e dopo conflitto. A conti fatti è un bell’esempio da imitare, nel quale trasparenza, condivisione, senso delle cose e degli interessi comuni stanno alla base di tutto. Questo al di là del fatto che un termovalorizzatore possa essere sempre la soluzione migliore per i problemi legati allo smaltimento dei rifiuti e alla loro trasformazione in energia. Quello che salta agli occhi, e che noi di Elementi vogliamo rimarcare, è il ruolo basilare della comunicazione, che è osmosi e condivisione di idee, di progetti di futuro. Viatico alla conoscenza e alla consapevolezza delle cose. Quindi gestione cosciente del presente e del domani. Certo, tutto ciò esige uno sforzo da parte di Stato, enti, associazioni e comunità, a favore non dell’intereresse individuale, ma comune. Uno sforzo di obiettività, di sincerità, di lealtà. Un passo oltre la faziosità, per essere vera Comunità.

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ambiente

La casa perfetta? Non è un sogno A COLLOQUIO CON MARIO CUCINELLA Fondatore della MCA Mario Cucinella

di Luspe

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E: E’ suo un famoso progetto “la casa di 100 mq con 100.000 euro a emissioni zero”. Risparmiare senza spendere un patrimonio è realmente possibile? MC: Con il nostro progetto abbiamo voluto far capire che è possibile risparmiare senza rinunciare alla qualità, perché non è vero che le case devono necessariamente costare molto. Il vero risparmio nasce dalla qualità del progetto stesso. In Italia la sensibilità e la cultura verso un’edilizia ecosostenibile è un tema che sta suscitando molto interesse. Bisogna lavorare affinché si passi dalle parole ai fatti. L’idea di partenza è quella di costruire una casa semplice, che non vuol dire povera, ma con tutte le tecnologie per limitare i costi di costruzione senza compromettere la qualità, utilizzando ogni strategia passiva e attiva per rendere l’edificio una struttura bioclimatica. Una casa a basso costo che sarà capace di autofinanziarsi. Infatti grazie anche a soluzioni come il “conto energia”, addirittura genererà un micro reddito. E: Ci può spiegare nel dettaglio in cosa consiste il progetto MC: Analizzando la storia dal dopoguerra, fino a qualche tempo fa, l’idea era quella di abitare una “tipologia” di casa. Ci si adattava. Oggi si vive secondo il proprio stile. I tempi cambiano e con loro è mutato anche l’approccio alle abitazioni. E’ nata l’esigenza di costruire case a misura “di desiderio”, che lasciano spazio alle differenti identità e modalità di vita, coniugando accessibilità, qualità e rispetto dell’ambiente. Il segreto della nostra proposta è quello di offrire una soluzione che si allontani dal concetto di “casa speculativa”, e sposi l’idea di residenza che riesce a rispecchiare la personalità di chi la abita. E: Lei dice che si costruisce con sistemi superati e quindi si arriverà a “rottamare” gli edifici. E’ sperabile ipotizzare che le nuove costruzioni siano strutturalmente adeguate al risparmio energetico e all’uso di energia rinnovabile? MC: La maggior parte del mercato immobiliare non è al passo con i tempi e, purtroppo, non sempre è possibile riqualificare gli edifici. Sarebbe interessante poter attuare una politica che preveda una riconversione degli immobili, prevedendo un bonus per chi demolisce un edificio poco efficiente sotto il profilo energetico, sostituendolo con uno di ultima generazione. Inoltre è auspicabile creare delle nuove nicchie di mercato che, con il tempo, possano diventare trainanti e siano da esempio, perché una singola azione può generare beneficio per tutti. La crisi economica e la necessità di rispettare l’ambiente hanno portato alla creazione di progetti grazie ai quali si costruiranno abitazioni di qualità, accessibili ed ecocompatibili. L’architetto Mario Cucinella ci ha aperto la porta della “sua casa” facendoci scoprire che, forse, la casa perfetta esiste. Una realizzazione capace di restituire il piacere di abitare e ripagare il costo dell'investimento con l'energia che è in grado di auto-produrre.

E: Visti gli ultimi importanti eco-riconoscimenti, quali altri progetti state mettendo in cantiere? MC: Stiamo studiando ad alcuni importanti progetti in Italia e all’estero. A breve a Milano verrà realizzato il primo edificio di classe A. Una struttura che rispetta le direttive regionali. Un importante esempio, a basso impatto, che dimostra che i mercati hanno ampi margini di miglioramento su cui poter lavorare e che si possono generare serie opportunità per cambiare. Basta volerlo.

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energia del pensiero

I manager? Impauriti, smarriti e un po’ “grigi”

INTERVISTA A PIER LUIGI CELLI Direttore Generale Luiss Guido Carli

Mancano spesso di sensibilità, cultura, e di etica professionale. La mediocrità è diffusa, latita la capacità di guidare i gruppi e di far emergere i migliori per merito. Il successo nella maggior parte dei casi non è veritiero, mentre i risultati ottenuti lo sono molto di più.

di Romolo Paradiso Pier Luigi Celli

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“L’unica inquisizione che c’è oggi è la stupidità” (Fernando Pessoa)

Conobbi Pier Luigi Celli nel 1997, all’Enel. Lui era Direttore del personale e io lavoravo all’ufficio stampa. Era da poco nata l’era di Kaiser Franz, al secolo Franco Tatò, che aveva il compito di traghettare la società dal monopolio al mercato. Tatò svolse la sua missione con determinazione e rigore, coadiuvato nell’opera, non facile, da Celli, che agiva con tatto e sensibilità. Di lui mi colpirono la serenità con cui operava, il valore che dava alle persone, la voglia di aiutare a far emergere chi era in possesso di qualità umane, culturali e di conoscenze tecniche. “Solo così - mi disse un giorno mentre lo accompagnavo a un convegno sul lavoro e comunicazione - si possono avere classi manageriali in grado di creare valori all’interno delle società. Capaci di fare crescere le persone attraverso la maieutica socratica, l’osmosi di pensiero, lo sviluppo della creatività, la condivisione degli obiettivi e delle strategie operative. Considerando ricchezza la diversità di pensiero e di visione. Solo così i manager non sarebbero più “ombre grigie”. Da allora di tempo ne è trascorso, ma la situazione di chi ha la responsabilità delle persone all’interno di un’azienda e in società non è mutata in meglio, anzi…

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E: Dr. Celli, se Socrate potesse esprimere un giudizio sugli attuali manager d'azienda, su coloro che hanno la responsabilità della crescita umana e lavorativa di altre persone, cosa pensa direbbe? E cosa direbbero di lui i manager d'oggi? PLC: La classe dirigente italiana allo stato puro non esiste più. La realtà che viviamo oggi è così banale e le figure che le animano così grigie che è persino inevitabile confondere le facce, i nomi, le imprese. L’uno alla fine vale l’altro. Come scrivo nel mio ultimo libro: Coraggio don Abbondio, non c’è proprio bisogno – “non fa mestieri” come avrebbe detto il parroco di manzoniana memoria- di tanto coraggio per registrare il lento scivolamento di una comunità, di un senso morale, di un Paese intero verso abisso dell’ipocrisia: e i manager non sono da meno. Sono smarriti, impauriti, circondati da una pletora di onnipresenti, strapagati consulenti. La crisi del management che vedo è, dunque, crisi di una società, di un Paese. E: Quanto sono importanti la cultura e la sensibilità nel guidare i gruppi? Spesso siamo circondati da manager incapaci di favorire e stimolare cultura, ma anche osmosi di pensiero, coinvolgimento umano ed emozioni. PLC: Questa è la conseguenza di avere una classe dirigente mediocre non preoccupata di una particolare situazione aziendale, delle risorse da gestire o del bene del Paese, ma unicamente di preservare se stessa. Un mediocre in posizione di responsabilità non solo non produce risultati soddisfacenti, ma passa la maggior parte del tempo a difendersi dai più bravi che cercano di superarlo. Il mediocre poi che ha raggiunto posizioni di rilievo in tempi rapidi, sarà anche convinto di essere adatto a una posizione superiore. Tutto ciò produce costi del non merito molto elevati. E: Non le sembra che più di tutto manchi la capacità di comprendere la responsabilità che c'è nello stare alla testa di un gruppo, come di una comunità, piccola o grande che sia. La responsabilità che risiede dentro una parola, in un sì o in un no, in una decisione. Quella responsabilità che corrisponde al bene dell'altro e non al proprio egoismo? PLC: È vero, ma più di tutti manca un’etica professionale che privilegi il bene comune, l’interesse collettivo. È abbastanza noto a tutti che se non si seleziona una classe dirigente migliore, formata da persone che hanno interessi globali, complessivi, civili, se noi continuiamo a proporre un modello per cui il confronto non è più tale ma uno scontro per cui ognuno pensa che l’altro debba soccombere, è chiaro che è difficile ragionare in termini di merito. In tal caso prevale l’affiliazione; per cui se sei contro di me o la pensi diversamente, prima ti faccio fuori e meglio è.

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E: C'è da rimpiangere il vecchio manager paternalista, capace di guidare i gruppi con la mentalità e la visione del buon padre di famiglia, con quella sensibilità che valorizza le capacità, favorisce la crescita di ogni componente della sua comunità e che è in grado di condividere un progetto e, più ancora, un sogno con questi? PLC: I manager più anziani possono trasferire le loro competenze alle nuove leve, non vanno rimpianti ma valorizzati e integrati nelle aziende attuali, per far crescere i junior. Rifondare la classe dirigente è possibile solo a condizione di partire dalle fondamenta, quindi dall’istruzione, dalla formazione, dall’educazione. In una parola dai giovani stessi. E: Quali dovrebbero essere i criteri di selezione per la scelta dei manager? PLC: Si valuta mettendo le persone alla prova e vedendone i risultati. Non il successo, perché questo ha componenti diverse, legate alle relazioni sociali per cui una persona si accredita indipendentemente dalla sostanza delle cose. Il successo nella maggior parte dei casi non è veritiero, mentre i risultati ottenuti lo sono molto di più. E: C'è un'altra qualità che ritengo debba appartenere a un manager: la capacità di essere autentico e di stimolare autenticità. Cioè la capacità di saper esprimere sempre quello che si pensa, la situazione che si vive o che si prospetta, con onestà. Ne conviene? PLC: Sì ma oggi è una dote molto rara. Don Abbondio aveva paura ma in fondo non sembrava soffrire di depressione... forse perché le facce dei bravi erano feroci, incutevano rispetto ma non lasciavano supporre altro di più di quello che esprimevano. A noi tocca invece un concentrato di ipocrisia, senza limiti, così che non ci resta neanche lo spazio per argomentare pacatamente un eventuale dissenso. E: Parliamo del merito. Ne abbiamo urgente bisogno a tutti i livelli. Da cosa occorre partire per creare una cultura diffusa che lo favorisca, lo incrementi e lo tuteli? PLC: È necessario partire dal sistema scolastico in modo che sia serio e selettivo. Un sistema non discriminatorio sulla base della famiglia o delle chances economiche, ma che offra un’opportunità a tutti. Anche se non è detto, e non è vero, che tutti debbano per forza arrivare in cima. Al top ci devono arrivare solo coloro che sono bravi, ma bisogna dare a tutti la possibilità di dimostrare il proprio valore. Alcuni ancora oggi hanno la possibilità di farsi valere più di altri perché possono contare magari su amicizie e parentele utili allo scopo. Ma questo non va bene. Occorre quindi partire dal basso e premiare, incentivare i migliori dalla scuola all’università e oltre. Non lasciandoli scappar via. Magari all’estero.



lavoro

Il cuore del capi dell’impresa dif IL PENSIERO DI ENZO RULLANI Docente di Economia della conoscenza presso la Venice International University di Giusi Miccoli

Enzo Rullani

E: Nel 2009 l’assegnazione dei premi Nobel per l’economia a Elinor Ostrom e a Oliver E. Williamson ha evidenziato l’importanza della governance, come ipotesi alternativa all’organizzazione classica dell’economia. Quali sono per lei i punti distintivi? ER: Un tempo le forme classiche di organizzazione erano due: il mercato e la gerarchia. La prima aveva avuto i suoi fasti nel capitalismo mercantile dell’800; la seconda era subentrata nel novecento quando il fordismo ha cominciato a colonizzare

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il mondo, sostituendo la selezione un po’ anarchica del mercato con il calcolo razionale degli esperti e con il programma di produzione della grande impresa. Sono però passati ormai quaranta anni da quando il fordismo è entrato in crisi, per eccesso di rigidità, di fronte a un mondo sempre più turbolento e rischioso. Da allora è cresciuta la “terra di mezzo” tra mercato e gerarchia, popolata da piccole imprese che lavorano in rete, dove nessuno fa tutto, ma ciascuno dipende da altri. Pensiamo ad esempio a come funziona un distretto industriale: nella filiera (del mobile, della moda, degli


“Sono poche le persone che pensano. Però tutte vogliono giudicare” (Federico il Grande)

talismo fusa elettrodomestici ecc.) la produzione avviene sommando contributi di aziende diverse, ciascuna delle quali apporta una frazione di sapere, di capitale e di lavoro, sopportando una quota di rischio. La rete non è né mercato (indipendenza) né gerarchia (dipendenza), ma è un rapporto più complesso. La capacità di gestire situazioni di interdipendenza consente alle imprese di attingere a un patrimonio di conoscenze e di relazioni che costituisce un “bene comune” (commons) accessibile a tutti coloro che vivono e lavorano nel distretto, ma non disponibile per altri che si trovano all’esterno. Nella terra di mezzo tra gerarchia e mercato, insomma, si trovano reti e beni comuni, che la teoria ha trascurato a lungo. Il Nobel a Ostrom (gestione dei commons) e a Williamson (governance delle reti) rimedia a tale mancanza di attenzione e indica una svolta nella consapevolezza dell’economia teorica. Che dovrebbe cominciare a preoccuparsi vedendo che ormai anche il Papa associa maghi ed economisti nella venditadi illusioni sul futuro. E: Il valore del lavoro è sempre una questione di produttività? ER: Non sempre: la produttività è il valore che la filiera complessiva genera a favore del consumatore, e che questi è disposto a pagare. La produttività nasce dalla somma di tanti contributi diversi: le imprese della filiera, i professionisti dei servizi esterni, i creatori di significati e di simboli

apprezzati dal consumatore. Per arrivare al prezzo di un paio di jeans di marca (diciamo 150 euro), 15 euro di valore li genera la produzione materiale (la fabbrica), e 135 l’insieme dei professionisti dell’immateriale. Ma alla fine a chi andranno i 150 euro pagati dal consumatore finale per i jeans? Un po’ a tutti coloro che hanno contribuito a produrre questo valore, ma non in modo uguale: ciascuno riceverà una parte corrispondente al suo potere contrattuale. Il lavoratore che fornisce un apporto facilmente sostituibile prenderà la parte minima, mentre chi apporta conoscenze e abilità difficilmente sostituibili prenderà il surplus che rimane. È un sistema fortemente diseguale, ma che consente a chi ha idee di farsi avanti. E: In un suo articolo ha parlato della politica industriale italiana come sospesa tra un passato che non passa e un futuro che non viene. Siamo veramente in mezzo al guado? ER: Quando si parla di politica industriale, ci troviamo spesso in una condizione di stallo tra due spinte contrapposte: il conservatorismo a oltranza, per cui quello che c’è va bene, si tratta al massimo di fare della buona manutenzione; e un utopismo altrettanto demotivante, che considera privo di valore tutto quello che c’è e assegna all’azione pubblica obiettivi irraggiungibili. Invece c’è un altro modo per occuparsi del cambiamento nel nostro sistema. Per prima cosa bisogna sapere dove andare. Diceva Seneca che “non c’è mai vento a favore per il marinaio che non sa dov’è il suo porto”. Dall’analisi delle nuove tendenze competitive dobbiamo sapere in che direzione andare per realizzare un riposizionamento sostenibile, non meramente conservatore, né utopistico. In secondo luogo, una volta individuato il porto verso cui andare, bisogna guardare alle imprese che hanno fatto innovazioni che vanno in quella direzione e che hanno imparato a sfruttare i venti a favore. Ci sono imprese che sono andate avanti, sfuggendo alla morsa della concorrenza di costo con l’aumento della qualità del prodotto offerto al cliente. E lo hanno fatto arricchendo il prodotto di significati, di soluzioni personalizzate o di servizi. Poi hanno fatto rendere queste innovazioni allargando il loro bacino di domanda, costruendo reti estese. Sono queste imprese i “campioni” che indicano la strada: la politica industriale deve aiutare la loro esplorazione e diffondere il modello anche alle altre, modificando non la posizione competitiva della singola impresa, ma delle filiere che comprendono molte imprese e diversi ruoli complementari. Il futuro che non viene può allora arrivare, da un momento all’altro.

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L’eccezione e la regola a cura di Alberto Biancardi Il Mulino, 2009, pag.560 euro 37,00

Il curatore, prendendo spunto dall’esperienza acquisita nel campo dell’energia e delle telecomunicazioni, indica le regole e gli strumenti applicabili per nuove “autorità” di settore, mutuandoli da quelli già collaudati. Il libro si snoda su due livelli. iIl primo esamina le variabili fondamentali, i vincoli e i parametri di cui si deve tenere conto quando si regolamentano settori infrastrutturali. Il secondo per ciascuno dei comparti regolamentabili, realizza un’analisi specifica, corredata da suggerimenti per migliorare tariffe e assetti. Biancardi, Direttore generale di Cassa conguaglio, è stato coordinatore del NARS (Nucleo di consulenza per l’Attuazione e Regolamentazione dei Servizi di pubblica utilità), in staff al CIPE, che fornisce pareri sulle tariffe e sulle altre regole economiche dei principali settori a rete infrastrutturali, nei quali non è presente una specifica autorità di regolamentazione.

Ecoeuropa (Le nuove politiche per l’energia e il clima)

di Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani Zanichelli, 2008, pag.240 euro 11,50

di Carlo Corazza EGEA, 2009, pag.251 euro 22,00

Lo sviluppo delle nuove tecnologie, indispensabili per realizzare gli obiettivi della nuova politica, è considerato uno degli strumenti principali per rilanciare la competitività e creare nuove opportunità di crescita. Tra i temi affrontati: l’incrociarsi di interessi nazionali e sovranazionali; il peso dell’Europa rispetto al resto del mondo; i nuovi equilibri internazionali, alla luce della “rivoluzione verde” di Obama (l’effettivo impatto socio-economico delle tecnologie ecologiche, il realismo degli obiettivi).

Gli Autori forniscono le coordinate per orientarsi nel labirinto delle fonti di energia – dal petrolio ai biocombustibili, dal solare al nucleare, dagli aspetti economici a quelli sociali – e cercano di delineare uno scenario energetico possibile per la nostra complessa civiltà. Il libro è completato da due parti che evidenziano i temichiave per coloro che volessero affrontare responsabilmente il problema energetico.

WINSTON. La battaglia di un orso polare contro il riscaldamento di Jean D. Okimoto e Jeremiah Trammel Terre di mezzo, 2009, pag.32, euro 7,50

Gli abitanti di un villaggio, con abitazioni interamente ]di ghiaccio, nel Manitoba (Canada), sono orsi bianchi che vivono di turismo. Ma un giorno le case cominciano a sciogliersi. Un vero problema. L’orso Winston, il più deciso e intraprendente, organizza manifestazioni di protesta contro coloro che stanno creando il disastro. A sua volta, la signora Winston comincia una sua battaglia nei confronti del marito, sostenendo che farebbe meno caldo se smettesse di fumare il sigaro. Una favola per piccini? Certamente. Ma anche una “parabola” per adulti.

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

“L’umanità faziosa è più spregevole della barbarie” (Ernst Jünger)

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Energia per l’astronave terra

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Bi



La bellezza È bello guardare i bambini quando rimangono affascinati da qualcosa che cattura la loro attenzione e gli strappa un sorriso, una voce di meraviglia e accende nei loro occhi una luce intensa di gaiezza e gioia. È a volte la reazione alla scoperta, a qualcosa d’inatteso che li attrae, ma è spesso la risposta più spontanea alla bellezza, al fascino racchiuso nelle persone e nelle cose, che l’occhio attento e puro dei bimbi riesce a percepire. Lo stesso capita ai poeti e ai folli. Capita ai puri d’animo, a chi non ama la superficie ma la sostanza di ciò che gli vive attorno. Dovremmo soffermarci a cercare di comprendere se siamo ancora capaci di carpire la bellezza e meravigliarci. O se tutto è ormai scontato, definito, senza misteri, né palpiti. Così reso da una ragione che non vuol sentire di dubitare della sua potenza di verità. Perché la vita

Mondo Piccolo acquista un valore diverso quando si è capaci di intuire e accogliere la bellezza. Quando i sensi sono sollecitati e appagati da qualcosa che li ammalia, li stupisce, li fa vibrare d’emozione e di gioia. Quando il pensiero s’illumina e s’accendono riflessioni e considerazioni sulla forza di questa sensazione, sul perché della sua esistenza e percezione. Essere scossi dalla bellezza è la suggestione più toccante per l’essere. Lo è perché ci si accorge improvvisamente che c’è qualcosa in noi, o intorno a noi, che per noi è stato pensato e creato. Per donarci un motivo, un appiglio a credere alla vita, al suo senso, al fascino del mistero che le appartiene. Diceva lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton che “il mondo perirà non per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia”. Succederà, se ci lasceremo catturare solo

Mp

Filo di Nota di Mauro De Vincentiis

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dalla materialità, dall’egoismo, dal desiderio di sottomettere tutto al tornaconto, e di affidare alla voglia di possesso la guida dei nostri pensieri, delle nostre azioni, delle nostre sensazioni. Inutili saranno allora le grida della natura, quelle degli uomini semplici e puri. Come inutili saranno le emozioni

dei bambini, le frasi dei poeti e gli sguardi attonici dei folli e degli ingenui. Tutto sarà vano. E forte il rischio di perdere l’alito e la luce di Dio. lo Smilzo

I miti e le idee Il mito è l’animazione dei fenomeni della natura e della vita, dovuta a una forma primordiale e intuitiva della conoscenza umana, in virtù della quale l’uomo proietta se stesso nelle cose, personificandole con figure e atteggiamenti suggeriti dalla propria immaginazione. Il mito proviene dal mondo antico che amiamo leggere, interpretare e sognare. Ma oggi esercita solo un potere di suggestione e di intrattenimento, con influenza spesso negativa e “deresponsabilizzante” che produce solo icone e simulacri. Le ragioni ce le spiega Umberto Galimberti in “I miti del nostro tempo” (Ed.Feltrinelli). “A differenza delle idee che pensiamo – scrive – i miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi non logici, ma psicologici, radicati nell’anima, dove il raggio della ragione fatica a giungere”. Quanto pesa sui nostri comportamenti il mito della giovinezza, della felicità, dell’intelligenza, del potere, della moda? Siamo in grado di sottrarci alle sirene della tecnica, del mercato, della globalizzazione? Per Galimberti, l’uomo oggi è preda delle sue passioni, condizionate da qualcosa o da qualcuno che è fuori dal campo delle nostre decisioni. In filosofia si è passati dal “puro agire al semplice fare”, dominio della tecnica, la cui efficacia è solo illusoria.


Questo fiume che vado sorvolando è il Dniepr. Nasce lontanissimo, da un giogo lento e silvestre della Russia Centrale… Oggi è stato inciso da un taglio gigante, trecento chilometri a fondo terra; il suo muscolo liquido irritato da una sbarra di cemento agita le turbine e galvanizza gli acciai. Metamorfosi dell’acqua e del fuoco.… Vittorio Beonio-Brocchieri* (in “Il mio volo traverso la Russia Sovietica”, 1939)

*1902-1979. Collaboratore del “Corriere della Sera”, a partire dal 1930, per oltre trent’anni, sulla “terza pagina” pubblicò i resoconti di numerosi viaggi, pilotando aerei o al seguito di spedizioni scientifiche e militari.

Energia, letteratura, umanità

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Eduardo Palumbo Nato nel 1932 a Napoli, dove si è formato alla scuola di Emilio Notte nell’Accademia di Belle Arti, Eduardo Palumbo si è imposto fin da giovane all’attenzione della critica per la capacità di sintetizzare la tradizione dell’espressionismo e del futurismo. Partendo dal post-impressionismo e dalla lezione fauve, la sua pittura si evolve in una sistematica indagine sullo spazio e sul colore, sempre più identificato con la luce, fino a creare un linguaggio astratto personale. La “forma” perde lentamente valore a vantaggio della materia pittorica che - con il ciclo dei “bianchi tattili” alla fine degli anni ’70 – diventa monocromatica, escludendo ogni legame con l’immagine pittorica degli “oggetti”. Il lessico di Palumbo tende a esprimere la sua profonda interiorità nella convinzione che solo il colore neutro (nel suo caso il bianco in varie tonalità) potesse essere impiegato per stimolare la percezione dei sensi della vista e, per come veniva steso sulla tela, del tatto. Il contenuto non oggettivo assume poi, grazie a un rinnovato interesse per il colore, quello di “tessitura cromatica” rappresentativa dei “suoni” della parola, come nei dipinti ispirati dall’opera dello scrittore e drammaturgo giapponese Yukio Mishima, e della musica di Debussy, di Stravinskij o di Ravel. Le “tessiture” sono poi sostituite da forme pure geometriche o geometrizzanti, sì da affermare una supremazia intellettuale dell’uomo sulla natura. La sua ricerca su nuove possibilità di uso del colore prosegue fino a focalizzarsi sull’effetto dinamico dei piani, scandito dal rigore delle cromie organizzate in una successione di linee e semicerchi. Numerose le partecipazioni a Rassegne nazionali e internazionali: la XIV Quadriennale, le mostre e le antologiche allestite in Italia e all’estero (da ultimo, quella nella Reggia di Caserta) e le opere acquisite nelle collezioni di Istituzioni e Musei, tra le quali quelle della Camera dei Deputati, del Ministero degli Esteri, della Fondazione della Quadriennale e delle Pinacoteche comunali di Vienna e di Roma.

Voce delle onde - Mishima, 1983, acrilico su tela cm 50x70x..

la Copertina a cura di Vittorio Esposito

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