Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma
Manuela Dal Lago
Il nucleare non avrà incentivi Alessandro Ortis
Il sistema energetico? Competitivo ed evoluto Sara Romano
Rinnovabili, efficienza, Regioni, la fitta agenda di via Veneto Giliberto Callera
Rinnovabili e nucleare, non prevalga la rassegnazione Giuliano Zuccoli
Il futuro? Atomo e rinnovabili Alessandro Bianchi
Bene espansione rinnovabili, ma serve una rete elettrica adeguata Gian Maria Gros-Pietro
Innovazione, innovazione, innovazione Luciano De Crescenzo
Innamoratevi del “Pressappoco” speciale
CARBON FEE faccia a faccia A. Biancardi/S. Mori
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Periodico del GSE dicembre 2010
Le rinnovabili, una spinta allo sviluppo delle imprese agricole
Elementi
Giancarlo Galan
con passione lavoriamo in pi첫 di 70 paesi, per portarvi energia
eni.com
Settore rinnovabili
Ora c’è più “Corrente” Il mondo delle rinnovabili cresce in modo costante e nel medio periodo si prevedono impennate ulteriori di sviluppo. Ci si domanda se a un impulso quantitativo ne corrisponderà uno anche qualitativo, tale da permettere al nostro sistema industriale di essere maggiormente competitivo. All’espansione dell’impiantistica, infatti, non fa riscontro una crescita analoga delle nostre aziende sotto l’aspetto dimensionale e tecnologico. Ciò rappresenta un freno nel confronto con le imprese di altri Paesi, che in Italia trovano possibilità forti d’inserimento e di crescita. Certo, il divario potrebbe ridursi nei prossimi anni, specie se il nuovo Conto Energia saprà mantenere le promesse che sembrano ora ipotizzarsi. Ma bisogna fare di più. Bisogna stimolare con azioni mirate e con l’aiuto importante della finanza e della ricerca, un settore che potrà e dovrà svolgere un ruolo fondamentale per la Comunità in termini economici e di crescita occupazionale. Anche per questo è nato, qualche mese fa, “Corrente”, un progetto di sostegno e valorizzazione della filiera italiana delle rinnovabili, consistente in un marchio e in un sito (corrente.gse.it) creato da noi del Gse su indicazione del Ministero dello Sviluppo economico, che già vanta l’adesione di quasi 500 aziende, tra cui anche i maggiori attori del settore. L’intento è di raccogliere, attraverso il portale, informazioni sulle imprese italiane nel comparto delle rinnovabili e renderle disponibili a tutti coloro che hanno interessi nel settore. La piattaforma, creata per monitorare il comparto, conterrà anche notizie utili agli operatori, attraverso dei focus sulle innovazioni tecnologiche e sulle novità legate ai bandi di gara nazionali e regionali. Offrendo così la fotografia della situazione al momento e il controllo costante dell’evoluzione industriale, che è poi uno degli obiettivi del Piano di Azione Nazionale presentato dal Governo all’Unione Europea.
In più, un monitoraggio del valore industriale e occupazionale del comparto, e anche di quello riguardante la capacità, la produzione e i servizi offerti. Il confronto di tali informazioni con gli obiettivi del Paese per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, aiuta a comprendere il settore, evidenziando le azioni idonee alla sua crescita. Noi del GSE sentiamo il dovere di far conoscere al mondo le eccellenze italiane del settore e di metterle in comunicazione tra loro, così da creare le condizioni perché si sviluppino sinergie vincenti sui mercati globali. “Corrente” quindi come vetrina nazionale e, più ancora, internazionale, per la promozione dell’industria delle rinnovabili verso i mercati esteri, che in questo momento è più rivolta ai Balcani, al nord Africa e al Medio Oriente. Zona nella quale opera un collaboratore del Gse, che nell’ambito di IRENA (l’Agenzia Internazionale per le fonti rinnovabili) sta valutando le opportunità commerciali per le nostre imprese. Ad oggi, sono molte le società italiane che si stanno affermando e in grado di esportare tecnologia all’estero, ma il numero deve assolutamente crescere. Certo, molto altro ancora si dovrà fare per permettere alle nostre aziende di fronteggiare le insidie concorrenziali di Paesi che, con anticipo si sono mossi nel settore energetico e in quello delle rinnovabili in modo particolare, anche a fronte di risorse finanziarie superiori. Ma noi abbiamo delle potenzialità da sfruttare, quelle dell’industria elettromeccanica, per esempio, o di quella termotecnica e i centri di ricerca di prima grandezza, che possono fornire idee per lo sviluppo di soluzioni innovative. È l’innovazione, assieme all’internazionalizzazione, la chiave di volta per riuscire a salire sul treno che porta verso la crescita e l’evoluzione economica e sociale. Treno che non si può e non si deve perdere.
l’Editoriale di Emilio Cremona / Presidente GSE
l’E Elementi 21
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Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Natascia Falcucci Claudia Momicchioli Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico e impaginazione Imaginali
Editore GSE
Hanno collaborato a questo numero Roberto Antonini, Edoardo Borriello, Gabriella Busia, Alessandro Buttà, Livia Catena, Mauro De Vincentiis, Vittorio Esposito, Natascia Falcucci, Jacopo Giliberto, Gabriele Masini, Carlo Maciocco, Giusi Miccoli, Fabrizio Mariotti (La vignetta di Fama)
Realizzazione impianti e stampa Sar Offset srl via di Pietralata, 198 00158 Roma
Un particolare ringraziamento a Sandro Renzi Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Alubel Anev Asja Banca Intesa San Paolo Banca Popolare di Sondrio Bosch Egl E-On Enel Energethica Energetic Source Gielleplast Iren Eni Fiera di Roma (PVRome) Mitsubishi Monte Paschi di Siena Sorgenia Terna Vestas
Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte
Luca Speziale
In copertina “Modulo spaziocromatico” 1963, acrilico su tela cm 100x80
Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001
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Chiuso in redazione il 22 novembre 2010
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Elementi
Anno 2010 n. 21 dicembre 2010
Elementi è visibile in internet al sito www.gse.it
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Quel lieve battito d’ali di una farfalla
Forse è vero, come recita un’antica favola orientale, citata qualche tempo fa in un articolo sul Corriere della Sera dallo scrittore Raffaele La Capria, che un leggero battito d’ali di una farfalla può mutare le cose del mondo. Di questo vecchio, sbrindellato ma adorabile mondo che l’uomo ha smesso di considerare e di amare come un dono, per riversargli addosso le cose più brutte prodotte dalla sua creatività. Per la smania effimera di protagonismo, di conquista e di possesso. Anche se lui resiste, cerca di porvi rimedio con le sue infinite doti di sopportazione e reattività. Ma i messaggi che invia sono palesi. Sono grida di dolore e aiuto. E sono lacrime di dispiacere e, soprattutto, di solitudine. La solitudine di chi si ritrova a esprimere il meglio di sé, senza che alcuno ne riconosca la validità e l’importanza. E, ancor più, l’essenza, che alberga nel far parte di un tutto in sintonia e in equilibrio con l’uomo. Un terremoto, il risveglio improvviso di un vulcano, il crollo di pareti di montagne, lo scomparire di lembi di territorio, lo scioglimento dei ghiacciai, il mutamento dei climi, l’impoverimento di talune specie animali, l’inquinamento dei mari e quello dell’aria, sono solo alcuni dei segnali che qualcosa non funziona più. Del divario che s’è creato nel rapporto tra uomo e natura. E sono segmenti di lacerazioni i cui riverberi si sentiranno ancora nel tempo. Perché nulla che viene dall’uomo o dalla natura, anche la cosa più semplice o all’apparenza banale, rimane confinata nei propri ambiti, ma, come il sasso lanciato nello stagno, lascia partire cerchi concentrici di reazione, che pian piano si allargano e s'ingrandiscono nello spazio. Magari in altre zone, in latitudini lontane, in altri continenti. Ma quei riverberi si sentiranno. Avranno l’apparenza di nuovi eventi, di nuovi sconvolgimenti, o di nuovi disastri. Sì, forse tutto si risolverà ancora una volta. E ancora una volta l’uomo penserà che sia lui a vincere, che sia lui a dominare, che sia lui a decidere. Forte della sua intelligenza infinita, della potenza che gli deriva dall’uso della scienza e della tecnica, che di quell’intelligenza crede siano le espressioni più importanti. Mentre tralascia di dar valore e senso al pensiero ponderato, alla riflessione su quanto fa e sulle cause del suo agire, alla meraviglia quotidiana dell’esistere e di ciò che intorno ha e per lui si esprime. Depauperando così quell’energia positiva che invece potrebbe riconciliarlo con se stesso e con il suo mondo. Energia che può dedicare a tutti gli ambiti del suo agire, non ultimo quello energetico, a noi più vicino. Con politiche maggiormente dedicate alla cura e al rispetto del territorio e dell’aria. Con un utilizzo di una ricerca sempre viva e di una tecnica al passo con i tempi, rispettosa della necessità di dare alle persone una buona qualità della vita. Prima che questo nostro vecchio, sbrindellato ma adorabile mondo si stanchi del tutto, e decida, lui sì che può, di dire “basta!” Un basta che ho la sensazione non avverrà con il frastuono di apocalittiche manifestazioni. Ma in modo pacato, come è congeniale a chi ha in sé il senso maturo delle cose e rifugge il gesto teatrale, per affidarsi invece al tocco lieve di un battito d’ali.
Virgolette di Romolo Paradiso Elementi 21
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rubriche
primo piano
03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette” 08 P° il Punto 64Bi Biblioteca 66 Mp Mondo Piccolo 66 Fn Filo di Nota 69 E+ Energia, letteratura, umanità 70Co la Copertina
10 Le rinnovabili, una spinta allo Intervista a Giancarlo Galan
sviluppo delle imprese agricole
14 Il nucleare non avrà incentivi 16 Il sistema energetico? Il parere di Manuela Dal Lago
Conversazione con Alessandro Ortis
Competitivo ed evoluto
22 Rinnovabili, efficienza, Regioni, A colloquio con Sara Romano
la fitta agenda di via Veneto
26 Rinnovabili e nucleare, non Dialogo con Giliberto Callera
prevalga la rassegnazione faccia a faccia
28 Carbon Fee e competitività:
Dibattono: Alberto Biancardi e Simone Mori
coniugabili o no?
Elementi
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tecnologia
energia
33 Il Futuro?
Il pensiero di
Giuliano Zuccoli
Nucleare e rinnovabili mercato elettrico
36 Un Sistema energizzante Parla Paolo Vigevano
energia rinnovabile
39 Espansione rinnovabili
A tu per tu con Alessandro Bianchi
49 A tutto led energia del pensiero
52 Innamoratevi del “Pressappoco” Un caffè con... Luciano De Crescenzo
lavoro
61 Innovazione, innovazione,
Intervista a Gian Maria Gros-Pietro
innovazione
un bene, ma serve una rete elettrica adeguata
43 Non sparate sull’eolico 46 L’Europa spinge
Il punto di vista di Marco Ferrando
per le fonti rinnovabili
Sommario
So
NUCLEARI, RINNOVABILI E “CORRENTE”
I dubbi, le certezze, le speranze II dubbiosi dell’energia atomica cominciano a fare i conti in tasca alla tecnologia. Affermano che non pare poi così conveniente. Qualche anno fa i no-nuke avevano come arma quella ambientale, il problema dei rifiuti irraggiati, i pericoli legati alla radioattività. Oggi si è scoperto che i residui irraggiati dell’attività atomica sono il problema ambientale minore, rispetto agli sconvolgimenti preconizzati dal cambiamento del clima, al quale la tecnologia nucleare dà un contributo poco rilevante. Come al solito – tipico atteggiamento italiano – le persone tendono a dividersi in due gruppi poco propensi all’ascolto e molto vicini al tifo da derby. Il nucleare costa poco e non emette anidride carbonica. Il nucleare costa un pacco ed emette anidride carbonica.
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Ovviamente, la verità sta in mezzo. L’energia atomica è un’ottima tecnologia che risolve mille problemi ma ne aggiunge altrettanti. È una tecnologia economica quando il greggio costa caro, quando viene industrializzata con un effetto scala. L’intero ciclo atomico, dall’agenzia di controllo al sistema di gestione dei residui, ha costi notevoli se deve servire pochi impianti, ma ha un peso modesto se suddiviso in un gran numero di centrali. È una tecnologia costosa quando il petrolio è basso, nelle economie liberiste e nei mercati competitivi poiché gli investimenti molto alti chiedono prezzi prevedibili di vendita della corrente elettrica prodotta. Di per sé, il nucleare non costa né tanto né poco: la sua competitività varia secondo i contesti in cui è adottato. Infine, non è vero che il nucleare non produce anidride carbonica. Non ne produce durante la generazione di elettricità. Tuttavia nel suo complesso (considerando l’attività mineraria di estrazione del minerale ricco di uranio, il lavaggio delle terre minerarie con acido solforico per estrarne l’elemento, la concentrazione degli isotopi che interessano la
reazione di fissione, le emissioni indotte dai trasporti e infine lo smaltimento con la conservazione per millenni), anche la tecnologia nucleare ha un’emissione, sia pur modesta, di anidride carbonica. Ma non è un’arma per gli antinuclearisti. Anche le centrali termoelettriche producono CO2 non solamente durante il funzionamento – nel bruciare metano, carbone o olio combustibile – ma anche nell’intero ciclo di vita. Il tema dei costi però è centrale per l’Italia. Ciò che mina nel nostro Paese la competitività di questa tecnologia è l’effetto del referendum antinucleare dell’87 quando si decise di chiudere la partita atomica. Di abbandonare l’Agenzia nucleare. Di serrare le centrali ancora in funzione, come Caorso. Di risarcire tramite le bollette pagate dagli italiani chi aveva investito nel nucleare, come Enel o Ansaldo, e si era trovato scoperto al momento del referendum. Ora, riavviare da zero tutta la macchina ha un costo considerevole. Un altro effetto che potrebbe minare la competitività del nucleare italiano è l’incertezza sui tempi. Il nucleare, che chiede investimenti impegnativi e quindi rientri (se non certi) almeno prevedibili, ha bisogno di una tempistica ferrea. I ritardi e i maggior costi nella poco popolosa Finlandia per il reattore di Olkiluoto sono diventati una mina pericolosa: nell’Italia litigiosa e popolatissima, nell’Italia dei Tar e dei comitati anti, nell’Italia degli avvocati agguerritissimi e dei funzionari pigèrrimi, la certezza dei tempi di cui ha bisogno in nucleare pare un miraggio per ottimisti. Cambio di scenario. Le rinnovabili. Nell’estate scorsa c’è stato un acceso dibattito sul cosiddetto articolo 45, una norma che intendeva togliere il prezzo minimo garantito ai Certificati Verdi. Il prezzo minimo garantito riconosciuto dal GSE in molti casi era interpretato come un prezzo fisso valido per tutti, cioè quanto di più remoto c’è dal mercato formato dall’incontro fra domanda e offerta. Con ogni probabilità questa lettura è giusta. Lo strumento dei Certificati Verdi, peraltro validissimo, nella struttura attuale non dà un’indicazione di prezzo che emerga, in una borsa,
dall’incontro fra domanda e offerta. È uno strumento ambiguo perché ambigua è la sua formulazione. Con ogni probabilità dovrebbe essere chiarito se il meccanismo dei Certificati Verdi è un incentivo classico, simile al Conto Energia o al contrastatissimo Cip6, oppure è uno strumento di mercato, come le borse delle emissioni di anidride carbonica. Forse il prezzo d’acquisto in massa dei Certificati Verdi potrebbe essere più vicino al mercato se venisse fissato a un limite davvero basso, alla soglia sotto la quale davvero non si può scendere. Il settore della produzione di energia da fonti rinnovabili difatti è molto delicato. Sensibilissimo. E gli incentivi sviluppati finora, che peraltro, spiccano per generosità, non sono riusciti a fare scattare quel meccanismo che ad esempio in Germania o Spagna ha prodotto l’effetto positivo di generare un sistema industriale. Chi si dota per esempio di pannelli fotovoltaici acquista i pezzi all’estero, in Germania o in Cina. Per l’eolico, ecco i danesi e gli spagnoli. Certo, ci sono anche pochi coraggiosissimi produttori italiani; in alcuni settori, come l’elettronica, ci sono delle punte d’eccellenza. Ma finora non è scattato il passo successivo: generare un sistema industriale solido delle forniture alle rinnovabili. Così è facile per i soliti brontoloni dire: “Con il Conto Energia stiamo finanziando i costruttori tedeschi e cinesi”. Per fortuna con il progetto “Corrente” il Gse sta riuscendo a raddensare le esperienze imprenditoriali dell’intera filiera rinnovabile.
il Punto di Jacopo Giliberto
P° Elementi 21
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Le rinnovabili, allo sviluppo
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una spinta delle imprese agricole INTERVISTA A GIANCARLO GALAN Ministro delle Politiche Agricole Un settore agricolo che sappia cogliere il meglio delle opportunità -anche energetiche- nella contemporaneità, e fare tesoro della tradizione e dell’eredità millenaria di saperi e conoscenze. Questa la visione del ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan, che occupa il dicastero con piglio e impronta del tutto personali e riconoscibili. Dai “km zero” ai “girasoli elettronici”, ecco cosa racconta ad “Elementi”.
Giancarlo Galan
energia pulita. Lo sviluppo delle energie rinnovabili rappresenta per le imprese agricole un’occasione di diversificazione produttiva e una sfida attraverso cui aumentare il reddito, oltre che contribuire alla lotta al cambiamento climatico. E: Pannelli fotovoltaici nelle campagne: c’è chi si lamenta dell’offesa al paesaggio, ma si può trovare una composizione, ad esempio utilizzando il tetto delle strutture.
di Roberto Antonini E: L’agricoltura “multifunzionale” dove la fattoria produce anche energia, sosterrà un’innovazione che potrebbe aiutare il reddito degli agricoltori in difficoltà? GG: Le imprese agricole rappresentano il cuore pulsante delle aree rurali e il loro rafforzamento è uno degli aspetti principali della strategia nazionale. In Italia operano circa 1,7 milioni di aziende agricole, con una superficie agricola utilizzata di 12,7 milioni di ettari. Oltre 120 mila di queste aziende sono multifunzionali, in quanto integrano il reddito agricolo con quello proveniente dalla fornitura di beni e servizi di altra natura: turismo, artigianato, cultura, sociale,
GG: Sono favorevole a chi decide di diversificare le fonti di reddito producendo energia dal sole, ma a condizione che i pannelli solari vengano installati nelle superfici già occupate da insediamenti produttivi. Sono invece contrario a chi sfrutta la crisi del settore, fingendo di mantenere l’attività agricola coltivando i “nuovi girasoli elettronici”. È un’operazione speculativa che deturpa il paesaggio, non porta ricchezza nelle campagne, il cui male, è bene ricordarlo, è dovuto allo spopolamento. E: I biocarburanti tra (poche) luci e (molte) ombre: il loro uso eccessivo può far impennare il prezzo dei prodotti agricoli alimentari, come l’impennata del mais per il bioetanolo che
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Produzione degli impianti alimentati da B.Rb.B.B.* in Italia dal 1999 al 2009
Nel grafico è riportato l’andamento nel tempo della produzione da bioliquidi, rifiuti biodegradabili, biogas e biomasse. La produzione totale nell’ultimo decennio è aumentata del 410%. La spinta si evidenzia in special modo sulle biomasse e nel periodo temporale compreso tra il 2001 e il 2005, in concomitanza con l’avvento dei meccanismi di incentivazione. La produzione corrispondente alla quota biodegradabile dei rifiuti è calcolata come il 50% della produzione totale dell’impianto secondo gli accordi Eurostat. Dal 2008 i Bioliquidi hanno iniziato ad avere rilevanza statistica, contribuendo con il 19% alla produzione totale da B.Rb.B.B. del 2009.
GWh 8000 7000 6000 5000 4000 3000 2000 1000 500 0 1999
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Bioliquidi Rifiuti biodegradabili Biogas Biomasse B.Rb.B.B.*
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2009 Fonte: GSE
ha portato alle stelle le tortillas e alla fame molti centroamericani. C’è una soluzione “italiana”?
consentire lo sviluppo del settore nazionale, anche con il coinvolgimento di una quota di filiera agricola.
GG: I biocarburanti possono fornire un contributo rilevante per mitigare i cambiamenti climatici, considerando che il settore trasporti nell’Ue partecipa per più di un quinto al totale delle emissioni di gas serra. Oltre a contenere le emissioni di gas serra, i biocarburanti contribuiscono anche a ridurre alcuni degli inquinanti caratteristici di benzina e gasolio. Queste motivazioni sono alla base delle normative comunitarie che hanno individuato obiettivi specifici di sviluppo dell’impiego dei biocarburanti. In Italia, nel giugno 2008 si è completato l’iter di emanazione dei provvedimenti attuativi della Finanziaria 2006, con l’entrata in vigore dei Regolamenti che disciplinano le modalità di immissione in consumo dei biocarburanti. Per il 2010 l’obbligo è fissato nella misura del 3,5% del quantitativo di carburanti immesso in consumo nell’anno precedente. Si potrà arrivare al 4% a partire dal 2011 e al 4,5% nel 2012. La normativa nazionale, per ora, si attesta a un livello decisamente inferiore all’obiettivo comunitario previsto nella misura del 10% nel 2020. Tale dato riflette un approccio “prudente” adottato a livello nazionale, così da evitare distorsioni sui settori collegati (ad esempio quello alimentare) in attesa delle nuove generazioni di biocarburanti più efficienti e in grado di
E: Sulle biomasse, invece, si può far meglio, quale è la sua politica?
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GG: L’obiettivo è di triplicare, entro il 2020, l’attuale quota di energia da rinnovabili sul consumo finale. Di fronte a questa sfida, l’agricoltura e il settore forestale sono chiamati a fare la loro parte, potendo fornire carburanti ecologici ed energia pulita. Il potenziale è molto elevato, ma nonostante i diversi sistemi di incentivazione, i risultati non sempre si possono definire soddisfacenti, soprattutto per quel che riguarda l’energia da biomassa. Nella scala dei valori della produzione di energia primaria del nostro Paese, infatti, a fronte di un fabbisogno nazionale lordo pari a 192 milioni di tonnellate equivalente petrolio (Tep), solo l'8,5% è assicurato da fonti rinnovabili (16,3 milioni di Tep). Tra queste sono comprese l’energia idroelettrica (24%), quella geotermoelettrica (42%), l’eolica (3%), l’energia solare (1%) e quella prodotta da biomasse e rifiuti (30%). In quest’ultima categoria, il ruolo più importante è ancora rappresentato dalla legna da ardere (60%) e dai rifiuti (30%), mentre l’energia da biogas incide per il 7% e quella da biocombustibili solo per il 3%.
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E: Efficienza energetica anche in fattoria e nei campi. Come si può aiutare l’imprenditore agricolo a consumare meno? GG: La politica degli incentivi messa in piedi con il contributo dell’Unione Europea attraverso il Programmi di sviluppo rurale una partita da 2,5 miliardi di euro all’anno per il nostro Paese - punta a sostenere la competitività delle imprese anche attraverso incentivi mirati al risparmio di energia, all’acquisto di macchine e caldaie più efficienti, ma anche al risparmio di tutte le materie prime utilizzate nel ciclo produttivo, a cominciare dall’acqua. A tale proposito, tutti gli investimenti realizzati in questi anni hanno come fine quello di ridurre il fabbisogno irriguo aziendale almeno del 30%. E: La campagna può aiutarci a consumare meno. Il “fresco e il km 0” sono modi di tagliare i consumi energetici, i mercati rionali sono meno energivori del supermercato. GG: Se da un lato dobbiamo allargare la base produttiva agricola - primo anello dell'intera filiera - dall’altro, è necessario raggiungere quella massa critica per affrontare con adeguate misure di programmazione e di marketing tutti i mercati, anche quelli più lontani. La vendita diretta è un importante canale di sbocco per le nostre produzioni di qualità, ma non possiamo fermarci qui. È necessario intervenire sulle singole filiere produttive, rimuovendo le vischiosità che finora hanno impedito una giusta remunerazione del primo anello della filiera: l’agricoltore.
Leasint è una società del gruppo
primo piano
Il nucleare non avrà incentivi IL PARERE DI MANUELA DAL LAGO Presidente X Commissione della Camera dei deputati E: Rinnovabili e nucleare sono le due grandi sfide energetiche dell’Italia nei prossimi anni. Si tratta di due obiettivi conciliabili? MDL: Prima di tutto va detto che nonostante l’Italia punti a ragione - sul contributo delle fonti rinnovabili per ridurre le emissioni di CO2, da sole queste non bastano. Se si vuole combattere in modo incisivo il cambiamento climatico è indispensabile adottare una strategia che punti ad un mix energetico equilibrato delle fonti disponibili, compreso il nucleare che però ha tempi di realizzazione molto lunghi. Detto questo, è bene chiarire che tra nucleare e rinnovabili non c’è alcuna dualità, anzi, queste due fonti devono andare insieme ed integrarsi.
Manuela Dal Lago
Nel nucleare lo Stato interverrà come garante. I costi delle rinnovabili devono scendere, puntando sulle fonti meno dispendiose. Il Governo si impegna a garantire stabilità e certezza delle norme.
MDL: Il decreto energia contiene disposizioni che intervengono sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, con riferimento particolare alle misure di semplificazione per la realizzazione degli impianti. Di recente è stato emanato il decreto sulle linee guida per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, e il nuovo decreto per l’incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici. Mentre in campo nucleare sono stati
di Carlo Maciocco
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E: In entrambi i casi sono necessari investimenti ingenti e gli operatori chiedono certezza e stabilità delle norme. La politica sarà in grado di fornire tali garanzie?
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adottati i primi decreti di attuazione della delega per la realizzazione degli impianti e istituita l’Agenzia per la sicurezza nucleare.
E: Il nucleare rischia di sottrarre risorse alle fonti verdi? È ipotizzabile un intervento finanziario dello Stato anche sull’atomo?
E: Anche in questo caso la tecnologia sarà estera, francese o americana. Quali benefici per il sistema industriale italiano?
E: Però la recente proposta normativa, seppure in parte rientrata, di abolire l’obbligo di ritiro dei Certificati Verdi da parte del Gse, ha gettato nel panico gli operatori delle rinnovabili. Se è vero che gli oneri per il sistema collegati agli incentivi alle fonti verdi sono alti, come coniugare stabilità ed economicità?
MDL: Per il nucleare non sono previsti incentivi. Tuttavia, considerati gli ingenti investimenti nel nucleare e la necessità strategica per il Paese di introdurre una quota di nucleare nel mix energetico nazionale, bisogna garantire la sostenibilità del piano di sviluppo del nostro programma nucleare. In questo senso rientra, ad esempio, la concessione di garanzie governative sui finanziamenti contratti dagli investitori con le banche e la messa a disposizione di misure assicurative o finanziarie contro il rischio di ritardi nella realizzazione degli impianti per cause non imputabili agli operatori. Si tratta in sostanza di misure che nulla sottraggono alle fonti rinnovabili. Il nucleare è in ogni caso un progetto da considerare prioritario per ridurre i costi energetici a vantaggio dell’economia del nostro Paese, costretto ora ad acquistare energia dall’estero.
MDL: Qui non si stratta di parlare di nucleare ma di realizzarlo e quindi, al momento, per costruire le centrali dobbiamo utilizzare la tecnologia già sperimentata in altri Paesi poiché la nostra si è fermata con il referendum. D’altronde i progetti EPR in corso di realizzazione in Francia e in Finlandia coinvolgono le aziende italiane nell’ambito delle sub forniture. La realizzazione del programma di ritorno dell’Italia al nucleare rappresenta per le nostre imprese una grande opportunità di sviluppo, con ricadute sul piano occupazionale, soprattutto nella fase di esercizio delle centrali.
MDL: Questa proposta nasce dalla necessità di ridurre gli oneri di sistema che ricadono principalmente su imprese e famiglie. Infatti il costo dello sfruttamento delle fonti rinnovabili non può gravare sulle tasche dei cittadini. In alcuni ambiti, come solare ed eolico, le fonti rinnovabili non hanno ancora raggiunto il pareggio economico, così come è anche vero che in taluni contesti la fonte eolica non è stata sfruttata in maniera efficiente, provocando ingenti costi e danni al paesaggio. Esistono, invece, altre fonti di energia rinnovabile, tra cui ad esempio le biomasse, che hanno costi più bassi e sulle quali occorre puntare per un giusto equilibrio fra rinnovabili, nucleare, economicità e rispetto per l’ambiente. E: Uno degli obiettivi principali del sistema incentivante (Conto Energia e CV) era quello di creare una filiera italiana delle rinnovabili, che però stenta ad affermarsi, visto che pannelli e turbine provengono in gran parte dall’estero. Quali azioni possono essere intraprese in questa direzione? Non sarebbe opportuno investire di più sulla ricerca? MDL: In questo settore la ricerca è fondamentale e già ci sono tante imprese che si sono attivate progettando soluzioni differenti per sviluppare le rinnovabili. Oltre agli interventi dello Stato è indispensabile che anche le imprese facciano la loro parte investendo in ricerca e innovazione. Da recenti studi è emerso che il mercato nazionale può realmente costituire un’opportunità di sviluppo per le nostre imprese, poiché questo settore dà buone prospettive di crescita.
Quanto pesa l’atomo Incidenza sulla produzione di energia 2009. In %
Francia
75,2
Slovacchia
53,5
Ucraina
48,6
Sud Corea
34,8
Giappone
28,9
Germania
26,1
Usa
20,2
Regno Unito
17,9
Brasile
3,0
India
2,2
Cina
1,9
Mondo 14,0 Fonte: Il Sole 24 Ore
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ppppp primo piano
ANALISI DI UN MANDATO
Il sistema
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energetico? Competitivo ed evoluto CONVERSAZIONE CON ALESSANDRO ORTIS Presidente AEEG I risultati raggiunti grazie all’accresciuta efficienza organizzativa e operativa interna e al continuo dialogo con i pubblici di riferimento, integrato da un crescente impegno per le attività di monitoraggio e di controllo. Certo, resta molto da fare, soprattutto rispetto a obiettivi sfidanti quali l’armonizzazione delle regole a livello europeo, per favorire l’integrazione dei mercati e contribuire all’attuazione delle nuove Direttive Ue che prevedono un rafforzamento dei Regolatori nazionali e l’attivazione dell’Agenzia Europea per la Cooperazione dei Regolatori dell’Energia (ACER).
di Livia Catena
Alessandro Ortis
E: Presidente, vogliamo provare a condensare in poche righe il suo lungo mandato? AO: Le rispondo così: “è stato fatto molto e molto c’è ancora da fare” per affrontare le sfide che riguardano la competitività del sistema energetico, la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori e dell’ambiente. In questi anni, l’Autorità ha lavorato con il massimo impegno, focalizzandosi su interventi per rendere più efficienti i mercati, per la loro integrazione internazionale, per il miglioramento dell’economicità e della qualità tecnica e commerciale dei servizi nazionali, per la tutela dei consumatori, compresa l’attivazione di meccanismi di solidarietà per i più deboli, per la promozione delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica e della tutela ambientale e per l’enforcement di regole e norme. I risultati sono stati raggiunti grazie all’efficienza organizzativa e al continuo confronto con i pubblici di riferimento, rafforzato anche da strumenti innovativi, le consultazioni, le audizioni, l’analisi di impatto regolatorio, i processi di semplificazione dei quadri regolatori.
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Il tutto integrato da un crescente impegno per le attività di monitoraggio e di controllo. Inoltre, è stata estesa la cooperazione fra Regolatori a livello internazionale, promuovendo organizzazioni come MEDREG (Associazione dei Regolatori del Mediterraneo) e ICER (Confederazione mondiale dei Regolatori dell’energia). Certo, resta molto da fare - soprattutto rispetto a obiettivi quali l’armonizzazione delle regole a livello europeo - per favorire l’integrazione dei mercati e contribuire ad attuare le nuove Direttive Ue che prevedono un rafforzamento dei Regolatori nazionali e l’attivazione dell’Agenzia Europea per la Cooperazione dei Regolatori dell’Energia (ACER).
E: In questi sette anni lo scenario energetico italiano è per alcuni versi mutato in maniera radicale, per altri è rimasto ancorato al passato. Quali i punti di svolta cui ha assistito?
La Vignetta di Fama
AO: Per il settore dell’energia elettrica, nei dieci anni dall’avvio della liberalizzazione si sono resi evidenti gli effetti positivi della concorrenza. È aumentata la capacità produttiva, sono entrati nuovi operatori, è cresciuta l’efficienza media del parco centrali e la concorrenzialità sul mercato, si è ridotta al 30% la quota nazionale dell’ex monopolista. Grazie alle politiche di liberalizzazione e regolazione, oggi il sistema elettrico italiano costa ai consumatori 4,5 miliardi di euro in meno. È un ottimo risultato, frutto della maggiore concorrenza che ha favorito investimenti in impianti nuovi e più efficienti e della riduzione delle tariffe di trasporto, distribuzione e misura decise dall’Autorità. Nel gas, invece, la situazione resta insoddisfacente. Negli ultimi anni, la disponibilità di nuova capacità per importazione e diversificazione è rappresentata solo dal nuovo rigassificatore di Rovigo e dai potenziamenti di gasdotti esistenti.
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Il 92% della capacità infrastrutturale per le importazioni resta in mano all’Eni che, con le vendite oltre frontiera destinate all’Italia, si attesta ancora sul 65% delle immissioni. E: Quali regolazioni hanno favorito un’evoluzione del sistema energetico nazionale? AO: Principalmente quelle mirate a valorizzare il potere dei consumatori, ad aprire alla concorrenza i mercati dell’elettricità e del gas e a rendere affidabili i regimi regolatori per lo sviluppo infrastrutturale. In effetti, anche in un contesto problematico come quello legato alla crisi internazionale, la trasparenza e la prevedibilità dei sistemi tariffari applicati dall'Autorità per sostenere gli investimenti nelle infrastrutture a rete e per l’efficientamento dei mercati, hanno consentito di mantenere basso il rischio per finanziatori e azionisti. Il risultato è stato che le quotazioni dei titoli degli operatori di reti non sono crollate, i finanziamenti hanno continuato a essere erogati, gli investimenti sono proseguiti. I sistemi tariffari governati da Autorità indipendenti si stanno dimostrando uno strumento anticiclico che può contribuire al superamento della crisi e al rilancio degli investimenti; il tutto assicurando pure, a beneficio dei consumatori, oneri decrescenti e qualità in miglioramento. Nel nostro Paese, il sistema di premi e penalità introdotto dall’Autorità ha favorito gli investimenti nelle reti elettriche (più che raddoppiati in questi anni) e l’accelerazione sulle reti del gas (+70%). Nel complesso, per i settori elettrico e gas, gli investimenti sono oggi pari a circa 4,5 miliardi di euro l'anno e si attendono sviluppi anche per le smart grids. I consumatori hanno ricevuto 32,5 milioni di rimborsi automatici e hanno nuovi servizi e strumenti quali lo Sportello per il Consumatore, il Trova Offerte, l’Atlante dei diritti. Inoltre è migliorata la qualità dei servizi: i minuti di interruzione sono scesi al
minimo storico di 46 l’anno e la frequenza delle interruzioni si è ridotta di oltre il 50%, con un risparmio superiore a 2,7 miliardi di euro solo negli ultimi sette anni. Infine, vorrei menzionare gli oltre 2 milioni di bonus elettricità e gas per le famiglie bisognose e numerose, nonché l’attività di controllo che ha consentito di recuperare circa 350 milioni di euro.
E: Cosa manca all’Italia per essere competitiva nelle energie rinnovabili? AO: Lo sviluppo delle rinnovabili è un obiettivo irrinunciabile per motivi di tutela ambientale, di diversificazione energetica, di sicurezza e per rispettare gli obiettivi europei. Tuttavia, le fonti rinnovabili non sono tutte uguali, né per costo, né per ricadute sul sistema industriale, né per impatto sui prezzi energetici e sull’economia del Paese. Occorre verificare la loro sostenibilità nel tempo e riordinare i meccanismi di incentivazione. Anche spostando parte degli oneri legati all’incentivazione delle fonti rinnovabili dalla bolletta energetica alla fiscalità generale. Secondo stime recenti, il costo totale per l’incentivazione delle sole fonti rinnovabili ha raggiunto 2,5 miliardi di Euro nel 2009. A fine 2010 supererà i 3 miliardi di euro, per arrivare a 5 miliardi nel 2015 e a 7 nel 2020. Nel medio termine, salvo opportuni aggiustamenti, i problemi futuri di sostenibilità economica degli attuali meccanismi di incentivazione a carico delle bollette potrebbero minare il giusto impegno al sostegno dello sviluppo delle rinnovabili. Un sostegno che,
invece, non può mancare ma deve basarsi su soluzioni efficienti, proprio per raggiungere gli obiettivi previsti.
E: Quale considera la sua maggiore soddisfazione di questo mandato e cosa avrebbe voluto vedere realizzato? AO: La maggior soddisfazione è legata alla stessa missione affidata all’Autorità per l’energia. Posso infatti ricordare la confessione che ho fatto durante l’ultima Relazione annuale al Parlamento: “esser stato chiamato a tutelare i consumatori, a promuovere una sana competizione per una maggiore competitività di sistema, a servire il mio Paese per regolare e controllare nell’accezione einaudiana dell’economia liberale, è stato per me una piacevole sintonia culturale e professionale, una bellissima esperienza umana e un grande onore”. Quanto alle insoddisfazioni, avrei voluto vedere superate le penalizzazioni che ancora affliggono il sistema energetico italiano: la forte dipendenza dal petrolio e dalle importazioni; la scarsità di infrastrutture (ad esempio, gasdotti, rigassificatori, stoccaggi). Avrei voluto vedere superati i ritardi nel settore gas nello sviluppo della concorrenza e delle infrastrutture, che accrescono anche le difficoltà nel cogliere le opportunità legate ai nuovi scenari internazionali, in particolare alla maggiore disponibilità di gas non convenzionale, e allontanano l’obiettivo di fare del nostro Paese un punto di snodo importante del gas nel Mediterraneo.
PRODUZIONE NETTA + SALDO ESTERO
Idraulica / Rinnovabile
CONSUMI
2,2 % / 7,2 TWh
Geotermica Eolica Solare
1,6 % / 5,0 TWh 2,0 % / 6,5 TWh 0,2 % / 0,7 TWh
Idraulica da pompaggio
Saldo estero
Solidi 11,2 % / 35,9 TWh Gas Nat. 44,7 % / 143 TWh Altri combust(3) 7,5 % / 24,1 TWh
CONSUMI 299,9 TWh
RICHIESTA 320,3 TWh
Biomasse(1) 1,2 % / 4,0 TWh Biomasse 0,5 % / 1,7 TWh Biogas Rifiuti(2) Biogas Rifiuti bio 0,5 % / 1,5 TWh
Termica tradizionale
Perdite di rete 20,4 TWh
15,2 % / 48,6TWh
63,4 % / 203,0 TWh
Rinnovabile(2) 68,0 TWh 21,2 %
Termica trad. + pompaggio 207,3 TWh 64,7 %
Agricoli
1,9 % 5,7 TWh
Industriali
43,5 % 130,5 TWh
tra cui Siderurgiche 15,7 TWh Meccanica 19,1 TWh Energia ed acqua 16,2 TWh
Terziario
31,6 % 94,8 TWh
tra cui Commercio 24,0 TWh P. Amministrazione 4,5 TWh Illuminazione pubb. 6,3 TWh
Domestici
23,0 % 68,9 TWh
1,3 % / 4,3 TWh
45,0 TWh 14,1 %
(1) compresi (2) al (3) al
i bioliquidi netto dei rifiuti solidi urbani non biodegradabili, contabilizzati nella termica tradizionale netto dei consumi da pompaggio e delle biomasse-bioliquidi, biogas e rifiuti biodegradabili
Fonte: GSE
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primo piano
Rinnovabili, efficienza, Regioni, la fitta agenda di via Veneto A COLLOQUIO CON SARA ROMANO Direttore generale per il nucleare, le rinnovabili e l’efficienza energetica del Ministero dello Sviluppo Economico Sara Romano
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Il recepimento della direttiva 2009/28; il Piano straordinario per l’efficienza e il risparmio; il burden sharing regionale; la sostenibilità degli incentivi. Sono questi i dossier sul tavolo della Direzione rinnovabili e nucleare del Ministero dello Sviluppo economico. Le task force lavorano a pieno regime, la consultazione con le Regioni è partita, le scadenze si avvicinano. Ne abbiamo parlato con il direttore generale, Sara Romano.
di Gabriele Masini
E: Il 5 dicembre prossimo scade il termine per il recepimento della direttiva Ue 2009/28. Il Governo rispetterà i tempi? SR: L’ambizione è di rispettare i tempi di recepimento, mantenendo il “tavolo” di concertazione con le altre Amministrazioni interessate e fornendo al decisore politico un testo maturo in tempo utile. E: L’obiettivo del 17% dei consumi finali al 2020 è realizzabile? SR: Lo studio per il PAN dimostra che esiste il potenziale tecnico per arrivare all’obiettivo del 17% nei tempi fissati dagli impegni comunitari. La ripartizione per settori e per fonte è indicativa, ma mostra la linea guida di ripartizione degli sforzi e dei risultati. Secondo il PAN il risultato del 17% dovrebbe essere conseguito arrivando al 17% nei consumi per riscaldamento e raffreddamento, al 26% nei consumi elettrici e al 10% nei trasporti. Per avere successo occorre, però, agire anche sull’efficienza energetica. In questo modo, con politiche attive sul versante sia della produzione sia della domanda di energia, si può realizzare un obiettivo così importante e impegnativo. I Certificati bianchi o affini sono richiamati dal PAN come leve molto flessibili che possono “aprirsi” sia verso interventi complessi nel settore industriale (recuperi di calore, integrazione processi) sia verso il sostegno alla produzione di calore da rinnovabili. Un’ipotesi più ampia potrebbe includere anche gli interventi di efficienza sulle reti elettriche come interventi elegibili ai fini dell’obbligo. La realizzazione degli obiettivi è legata, infine, alla capacità di rendere più efficienti e sostenibili le politiche di sostegno alle rinnovabili.
E: Quanto costerà al nostro Paese? SR: I costi attuali sono difficilmente replicabili su scala più ampia. Si tratta di cifre importanti e molte proiezioni concordano nel ritenere probabile all’andamento attuale un costo superiore a 5 miliardi di euro all’anno, che graverebbe principalmente sul prezzo dell’energia elettrica. Per questo, aumentare l’energia prodotta da rinnovabili e sostenere gli investimenti riducendo l’onere attuale è un passaggio necessario, soprattutto per l’impegno che dovrà essere dedicato ad altri comparti oggi meno sostenuti, quali il termico e il trasporto, e a efficaci politiche infrastrutturali. Per fortuna, per molte applicazioni si sta assistendo a una riduzione dei costi tecnologici, che permetterà di assecondare un décalage graduale. La prospettiva di prezzi sostenuti dell’energia da fonti convenzionali e le modifiche sui costi della CO2, da cui le rinnovabili sono in buona misura esenti, offrono nuovi spazi di competitività a favore delle rinnovabili sul lungo termine. Una grande risorsa verrà dal coordinamento tra politiche nazionali e regionali. Ad esempio, oggi si finisce per andare in sovrapposizione di strumenti su alcuni segmenti perché non si diversificano gli interventi tra i vari settori e si finisce per sovrallocare risorse dove non c’è bisogno. E: Si può portare in Italia il valore aggiunto della filiera delle rinnovabili, che oggi si produce quasi tutto all’estero? SR: Il PAN offre un’altra pista importante, ossia la visione delle RES come un progetto per lo sviluppo, integrando la visione energetica con quella industriale, occupazionale e di ricerca. In Italia il panorama delle industrie di settore non è più così scarno come qualche anno fa. Il problema è di guadagnare spazio industriale, convogliando nuove iniziative sul versante dell’offerta per non essere solo degli importatori di impianti e tecnologie. Nel far questo, occorre investire in ricerca e sviluppo tecnologico e analizzare gli spazi che si creano nel panorama internazionale. Come Ministero, già da qualche anno, stiamo investendo nello sviluppo di un’industria “verde” con programmi di incentivazione a sostegno di filiere locali-distrettuali e di nuove industrie di settore. Industria 2015 e, da ultimo, la nuova linea di incentivo nell’ambito del POIN (bando da 500 milioni) intendono rendere strutturale una politica di rafforzamento e di penetrazione su scala anche internazionale. Inoltre, iniziative come il Protocollo d’Intesa sottoscritto tra Confindustria ed Enea offrono la possibilità di un coordinamento stretto tra mondo della ricerca e settore industriale, che implica la messa in comune anche di una visione di sviluppo del settore e delle relative dinamiche tecnologiche.
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GWh
effettiva GWh
Produzione rinnovabile normalizzata GWh Ripartizione regionale %
GWh
CIL Ripartizione regionale %
Quota rinnovabile regionale %
Piemonte 7.920 Valle d’Aosta 3.162 Lombardia 12.097 Trentino Alto-Adige 10.105 Veneto 4.933 Friuli Venezia-Giulia 2.307 Liguria 410 Emilia Romagna 2.605 Toscana 6.457 Umbria 1.558 Marche 813 Lazio 1.535 Abruzzo 2.469 Molise 712 Campania 2.295 Puglia 2.689 Basilicata 950 Calabria 3.103 Sicilia 1.695 Sardegna 1.513
7323 2.983 11.341 9.098 4.156 1.746 373 2.509 6.468 1.559 696 1.310 2.020 631 2.166 2.853 843 2.156 1.775 1.464
11,5 4,7 17,9 14,3 6,6 2,8 0,6 4,0 10,2 2,5 1,1 2,1 3,2 1,0 3,4 4,5 1,3 3,4 2,8 2,3
26.651 1.038 66.958 6.670 31.108 9.839 7.559 28.360 21.463 5.928 8.063 25.875 6.788 1.695 19.353 20.095 3.139 6.938 22.796 12.979
8,0 0,3 20,1 2,0 9,3 3,0 2,3 8,5 6,4 1,8 2,4 7,8 2,0 0,5 5,8 6,0 0,9 2,1 6,8 3,9
27,3 287,4 16,9 136,4 13,4 17,8 4,9 8,8 30,1 26,3 8,6 5,1 29,8 37,2 11,2 14,2 26,8 31,1 7,8 11,3
Italia
63.422
100,0
333.296
100,0
19,0
69.330
La tabella riporta i valori a livello regionale della produzione effettiva dell’anno 2009 e di quella calcolata considerando la normalizzazione della produzione idroelettrica e eolica per le singole Regioni. Dei 63.422 GWh, il 62% è riconducibile alle Regioni del Nord Italia con in testa la Lombardia che rappresenta il 17,9%. Per ogni Regione italiana è stato calcolato il Consumo Interno Lordo, equivalente al consumo finale lordo della Direttiva 28/2009/CE, che per l’anno 2009 è pari a 333.296 GWh. Le Regioni con i valori più elevati sono Lombardia (66.958 GWh) e Veneto (31.108 GWh). Nell’ultima colonna è stato riportato il rapporto tra il valore della produzione rinnovabile normalizzata e il CIL regionale, denominato “Quota rinnovabile regionale” valutato secondo quanto previsto dalla Direttiva 28/2009/CE. Tali valori rappresentano una indicazione utile nell’ottica futura di “burden sharing” regionale delle rinnovabili nel settore elettrico. Nelle Regioni della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige, a causa della grande produzione idroelettrica la quota rinnovabile è superiore al 100%.
Fonte: GSE
E: All’appello mancano il Piano straordinario sull’efficienza energetica e il burden sharing regionale. La fine del 2010 è una scadenza plausibile? SR: Sicuramente alcune ipotesi saranno più chiare, in particolare con riferimento a quello che l’Europa si attende sul versante dell’efficienza energetica al 2020. L’Italia ha superato bene la verifica dell’obiettivo intermedio posto dal Piano Nazionale del 2007 , ma ora occorre rivedere quel Piano estendendone la validità al 2020 e raccordando le misure a quanto necessario anche per il Piano rinnovabili. Data la stretta integrazione tra le due politiche, è positivo che si vada in parallelo. Sul burden sharing con le Regioni abbiamo creato gruppi di lavoro informali per trattare insieme dei temi in discussione: il recepimento della direttiva 2010/28/CE sulle fonti rinnovabili, correlato alla ripartizione tra le regioni degli obiettivi in materia; la definizione di un sistema nazionale statistico della produzione e dei consumi nazionali e regionali di energia da fonti rinnovabili (con relativi problemi legati alla condivisione dei dati, alla standardizzazione dei metodi di calcolo, alla definizione degli apporti termici da rinnovabili); la definizione delle modalità di monitoraggio dell'attuazione delle recenti Linee Guida nelle diverse Regioni. La formalizzazione del burden sharing può immediatamente seguire la fine dei lavori per il recepimento della direttiva.
E: È auspicabile uno spostamento degli oneri per l’incentivazione dalla bolletta alla fiscalità generale? SR:: In linea di principio, vi sono molte politiche pubbliche i cui oneri gravano sul sistema dei prezzi dell’energia e che potrebbero essere allocate sulla fiscalità generale. Tuttavia, si tratta di opzioni da affrontare tenendo presente i vincoli di finanza pubblica. Sicuramente è auspicabile ridurre gli oneri, comunque siano distribuiti, sia sui prezzi dell’energia sia sulla fiscalità generale. Un vantaggio che offre un sistema di incentivazione regolato all’interno del settore energetico, rispetto a misure periodicamente subordinate a valutazioni di finanza pubblica generale, è quello di una potenziale maggiore stabilità nel lungo periodo. Non c’è dubbio, però, che la leva fiscale consenta di dare in tempi brevi una forte spinta alle politiche attive e di orientare rapidamente le propensioni dei consumatori, come dimostra l’esperienza nel settore dell’efficienza energetica. Una logica di integrazione tra i due strumenti – uno di “picco” e uno di mantenimento – sembra essere efficace. E: È pensabile una riforma dei meccanismi di incentivazione che stabilisca che è il Governo a fissare gli obiettivi generali, ma l’Autorità per l’energia a elaborare gli strumenti più adatti (incentivi)? SR: Ritengo possibile che le valutazioni dell’Autorità per l’energia siano parte del processo decisionale in materia di rinnovabili e incentivi. Del resto lo sono su molti aspetti di impatto sul settore oggetto della regolazione, e sostengono l’evoluzione e l’aggiornamento dei sistemi di incentivazione verso un uso efficiente delle risorse. In tal modo, si potrebbe anche migliorare l’efficacia delle misure di incentivazione, non solo di tipo economico, che oggi vengono messe in pista dal regolatore per concorrere al conseguimento di obiettivi nazionali.
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Elementi 21
primo piano DIALOGO CON GILIBERTO CALLERA Presidente WEC Italia
Rinnovabili e nucleare, non prevalga la rassegnazione Giliberto Callera
Rinnovabili e nucleare sono indispensabili per il Paese e gli obiettivi vanno perseguiti anche se richiedono decisioni impopolari (soprattutto sul fronte dell’atomo). L’alternativa? Pagare l’energia sempre di più e soprattutto far arricchire i sistemi industriali di altri Paesi. “Corrente” è un’iniziativa intelligente per informare gli operatori e per creare un continuo scambio. Ora bisogna abituarli a utilizzarlo.
E: A proposito di costi, i detrattori del nucleare sostengono che l’andamento del prezzo del petrolio e del gas (ma anche quello delle rinnovabili) possa non renderlo conveniente nel lungo termine. E che non sia opportuno rientrarci ora, con una tecnologia di terza generazione che rischia di essere superata nel giro di 20-30 anni. Sono argomenti validi secondo lei?
di Carlo Maciocco
GC: Il vero nodo della questione è alimentare il nostro sistema industriale. Da questo punto di vista, in l’Italia mi pare più opportuno puntare su soluzioni innovative e ad alto contenuto tecnologico piuttosto che sulle fonti fossili tradizionali. Non so se pagheremo meno l’energia rispetto a ora, ma sono certo che se non agissimo pagheremmo di più. Aspettare la IV generazione? Mi sembra “aspettando Godot”…
E: Il Governo italiano punta a un mix energetico con le fonti fossili al 50%, le rinnovabili al 25% e il nucleare al 25%. È questo il mix “ideale” del futuro?
E: Il nostro programma nucleare ha già accumulato ritardi e la situazione di incertezza politica rischia di compromettere ancora la tabella di marcia…
GC: Attualmente abbiamo le fonti fossili al 65%, con il 15% di import. Il nostro sistema energetico dipende per l’80% dall’estero, con due conseguenze principali: l’affidabilità delle forniture è sempre a rischio e il nostro sistema industriale non ne trae vantaggi. Il primo problema è meno preoccupante perché si può risolvere agendo sulla diversificazione del mix energetico. Il secondo è più serio perché in pratica manteniamo in piedi il sistema industriale di altri Paesi. Circa l’80% del costo dell’energia prodotta dal gas deriva dalla materia prima, il che vuol dire che gran parte della nostra bolletta finisce nelle tasche di chi ci vende il gas. E con i nostri soldi gli altri Paesi fanno cose egregie, anche sul fronte della ricerca nelle fonti rinnovabili. La nostra priorità deve essere quella di far sviluppare le imprese italiane: con le rinnovabili e il nucleare questo obiettivo è raggiungibile. Il fatto poi che i target fissati dal Governo siano effettivamente centrati è tutt’altro discorso e pone un problema di leadership e di governabilità. Il politico che rinuncia a obiettivi tecnicamente raggiungibili abdica alla sua funzione.
GC: Come ho detto, è un discorso di leadership. In Italia sembra prevalere un sentimento di rassegnazione, non solo a livello di guida politica, ma anche imprenditoriale e di mass media. Bisogna avere la capacità di prendere delle decisioni e portarle avanti, anche se rischiano di essere impopolari. I leader devono fare i leader.
E: Però anche nel nucleare le tecnologie saranno di importazione (l’Epr francese e l’Ap1000 americano). E anche nelle rinnovabili fatica ad affermarsi una filiera italiana… GC: Sì, ma il brevetto pesa per il 30% sul valore di un impianto nucleare. Il restante 70% sono investimenti per la realizzazione della centrale, che coinvolgono direttamente imprese italiane. Mentre una parte marginale, inferiore al 10%, è legata al costo della materia prima, ossia l’uranio. Inoltre, la collaborazione con imprese estere può servire alle nostre per creare conoscenze da utilizzare sia in Italia che in altri Paesi. Stesso discorso vale per le rinnovabili, dove sarebbe opportuno investire di più sulla ricerca, anche per abbassare i costi, in modo che riescano a reggersi sulle proprie gambe, abbandonando gradualmente il sistema di incentivi.
E: A proposito di governabilità, dopo le vicissitudini legate alla riformulazione del Conto Energia e al ritiro obbligato dei CV da parte del Gse, sfociate con l’approvazione delle linee guida per le rinnovabili, secondo lei si è creato un contesto stabile per attirare gli investitori? GC: Il vero problema non è l’entità dell’incentivo, ma la stabilità del contesto normativo. Nel momento in cui si mina la credibilità del sistema si fa un danno enorme, anche a livello finanziario, perché gli istituti non sono più disposti a finanziare le iniziative imprenditoriali. Oppure alzano i tassi, facendo lievitare i costi. Le imprese hanno bisogno di informazioni sicure e affidabili per poter investire. Da questo punto di vista, ho apprezzato molto l’iniziativa del Gse, che con il portale “Corrente” ha creato un sistema intelligente per informare gli operatori e creare un continuo scambio. E: Tornando agli investimenti, c’è il rischio che il nucleare sottragga risorse alle rinnovabili? GC: Nucleare e rinnovabili non sono in contrasto o in alternativa tra loro. Entrambe le strade devono essere percorse e in questo senso ci vorrà il sostegno dello Stato. Le risorse vanno cercate all’interno del sistema, che poi trarrà dei benefici da entrambi. E: Che stime può fare sulla domanda di energia mondiale e italiana nei prossimi anni? GC: Stiamo assistendo a una fase di riequilibrio, con le economie emergenti sempre più protagoniste. L’Italia è in una fase di stallo e rischia nei prossimi anni di dovere pagare l’energia sempre più cara. Bisogna rimboccarci le maniche per cambiare le cose.
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faccia a faccia
SIMONE MORI Direttore Affari Regolatori e Corporate Strategy di Enel
Carbon Fee e coniugabili di Romolo Paradiso Le politiche ambientali sono spesso giudicate troppo onerose per le economie dei Paesi maggiormente industrializzati, in generale, e per quello italiano, in particolare. Nonostante ciò, la Commissione europea ha di recente proposto di ridurre del 30% le emissioni di gas serra. Questo obiettivo va al di là di quelli del pacchetto energia ambiente – l’obiettivo cosiddetto 20 20 20 - che prevedono la riduzione al 2020 del 20% delle emissioni di gas serra e il raggiungimento di analoghi risultati nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nell’incremento dell’efficienza energetica. Il Faccia a Faccia, prendendo spunto da queste vicende, si sofferma sulla cosiddetta Carbon Fee, uno fra gli strumenti alternativi a quelli finora adottati a livello comunitario e la cui applicazione è stata proposta da più parti, in particolare per rendere le politiche ambientali meno onerose per il sistema industriale dei Paesi più sviluppati.
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E: È possibile coniugare tutela dell’ambiente e competitività industriale? SM: Le politiche ambientali hanno assunto un ruolo di primo piano nei Paesi industrializzati. È indispensabile, quindi, che i programmi che mirano alla sostenibilità ambientale si coniughino con le esigenze di sviluppo delle economie e con livelli adeguati di competitività dei sistemi economici. L’Unione Europea vede la tutela dell’ambiente, in particolare nel settore del cambiamento climatico, come un volano di crescita economica e di creazione di posti di lavoro. Tuttavia, puntare esclusivamente sull’industria “verde” può generare distorsioni tra Paesi europei e tra settori industriali: è giusto sostenere incondizionatamente le fonti rinnovabili se questo
ALBERTO BIANCARDI Direttore Cassa Conguaglio
competitività: o no? avviene a scapito dei settori manifatturieri tradizionali? Inoltre, obiettivi ambientali troppo ambiziosi rischiano di creare squilibri competitivi rispetto ad aree del mondo a forte crescita. Con il pacchetto “20-20-20” l’Unione Europea ha scelto di perseguire un approccio unilaterale, specie sulla riduzione dei gas a effetto serra. L’Europa dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento dell’impegno internazionale verso un accordo globale e vincolante di lungo termine, evitando sforzi asimmetrici e di breve periodo che finirebbero per mettere a dura prova interi settori industriali europei e i Paesi manifatturieri come l’Italia. Da questo punto di vista, la “fuga in avanti” che è stata avanzata dalla Commissione UE, con la proposta di riduzione del 30% delle emissioni di gas serra, non è sostenibile da molti settori industriali italiani.
AB: È difficile, ma non impossibile. Molte delle politiche messe in atto dall’Unione Europea – fra tutte, penso all’insieme di misure che vengono denominate 20-20-20 – andrebbero lette non solo come politiche ambientali, ma come vere e proprie politiche industriali. Del resto, il loro obiettivo dichiarato è quello di mantenere o assumere la leadership nelle tecnologie di produzione di energia da fonti rinnovabili e nell’efficienza energetica.
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E: Quindi? SM: Il problema ambientale è serio, così come è evidente che il raggiungimento dell’economicità da parte delle fonti rinnovabili e delle nuove tecnologie energetiche costituirebbe una svolta in termini di sicurezza degli approvvigionamenti e di sostenibilità. Resta il fatto che la politica del “leading by example” perseguita dalla Commissione UE, pone seri problemi di de-industrializzazione e non è sempre economicamente sostenibile. Non serve solo domandarsi quanta energia produrre da fonti rinnovabili, ma come convincere anche le altre aree continentali ad adottare politiche analoghe alle nostre e di come limitare gli effetti negativi sulla competitività dei sistemi industriali italiani. Dobbiamo essere consci del fatto che le emissioni di CO2 della UE fra venti anni saranno circa il 10% di quelle mondiali e che Cina e India da sole peseranno sulle emissioni ben più del nostro continente. AB: Nessun dubbio sul fatto che le politiche delineate a Bruxelles incidano sulla competitività di molti settori industriali e nemmeno sul fatto che alcuni di essi corrano seri rischi di subire penalizzazioni gravi. Tuttavia, va anche tenuto conto che la stessa Commissione UE e alcuni governi – fra cui Francia, Germania e Gran Bretagna – potrebbero decidere di procedere sulla strada intrapresa con il 20-20-20. In questo scenario, non si tratterebbe tanto o solo di contestare le decisioni adottate dalla UE, bensì di minimizzare i costi delle misure che è comunque necessario implementare per rispettare le norme comunitarie e massimizzare la ricaduta, in termini di possibilità di sviluppo e lavoro, per il sistema industriale e quindi per i cittadini. Servono programmi di azione dettagliati coerenti fra loro e in grado di identificare le aree su cui concentrare le risorse per raggiungere gli obiettivi comunitari e minimizzare gli oneri per imprese e consumatori.
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E: Strumenti quali la Carbon Fee possono essere utili al fine di evitare ingiuste penalizzazioni di alcuni settori industriali? SM: Per salvaguardare la competitività dei settori industriali più esposti alla concorrenza internazionale, il sistema di Emission Trading fornisce alcune soluzioni ragionevoli: fra tutte, l’allocazione gratuita dei certificati di emissione per le imprese operanti in questi settori. Altra strada interessante proposta dalla UE è la definizione di linee guida per disciplinare il sostegno finanziario alle imprese energivore più vulnerabili. L’introduzione di una carbon fee solleverebbe problemi di compatibilità col sistema Cap&Trade. In generale, sostituire l’attuale sistema di Cap & Trade con una tassa sul carbonio, rappresenterebbe un elemento di eccessiva instabilità e rottura, minando le esigenze di certezza regolatoria degli operatori, fondamentali per promuovere gli investimenti a basso contenuto di carbonio. Una sovrapposizione della carbon tax, invece, determinerebbe una doppia regolazione con effetti distorsivi sul mercato dei permessi, senza per questo assicurare benefici maggiori. È auspicabile il mantenimento del solo Cap & Trade per i settori ETS, essendo uno strumento consolidato sia in termini di riduzione delle emissioni, che di stimolo per le imprese a una maggiore efficienza. Inoltre, il Cap & Trade, attraverso i segnali di prezzo dei permessi di emissione, consente di raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas serra al minor costo. Basti pensare a come il sistema ETS abbia internalizzato gli effetti della crisi: cosa sarebbe successo se al suo posto fosse stata presente una tassa, definita ex ante? Una carbon tax, invece, applicata a livello europeo ai settori non ETS non industriali (in particolare trasporto e residenziale) può essere utile per coinvolgere questi segmenti
dell’economia negli sforzi di riduzione, dato che una loro inclusione nell’ETS comporterebbe difficoltà eccessive per la numerosità delle fonti coinvolte. AB: Premesso che non ci sono strumenti superiori o inferiori sempre e ovunque, la Carbon Fee (o Tax) è vista come alternativa al sistema oggi in uso di Emission Trading. Infatti, nel primo caso si fissa una tassa e, dunque, un prezzo delle emissioni di gas serra generate dalla produzione di un bene lasciando al mercato la determinazione della riduzione in quantità delle emissioni. Nel caso dell’Emission Trading, invece, si fissano i diritti di emissione, cioè i quantitativi massimi consentiti di emissioni di gas serra ed è il mercato a individuare il prezzo di tale intervento, consentendo agli operatori di effettuare fra loro scambi di diritti. In altri termini, con la Carbon Fee si fissa l’incremento del prezzo del prodotto per indurne un minore consumo e, di conseguenza, una riduzione delle emissioni, mentre con il sistema di Emission Trading si determinano a priori le riduzione delle emissioni.
E: Da cosa dipende l’efficacia di ciascun strumento? SM: Quando si confrontano Carbon Fee e Trading di emissioni, mi viene in mente la battuta di Danny Elerman, noto esperto del MIT, che parafrasando Churchill ha rilevato come il Cap&Trade sia la forma meno efficiente di regolamentazione, salvo quelle sperimentate finora! La Carbon Tax è uno strumento con molte controindicazioni. Pensiamo al problema del double counting, cioè al rischio che si corre di pagare una doppia imposizione su alcuni prodotti, derivante dalla applicazione della tassa non solo sul prodotto finito, ma anche sui suoi input. Altro problema riguarda la complessità di organizzare un’efficace sistema di certificazione. Un esempio: i meccanismi CDM/JI – ossia i crediti di emissione da progetti realizzati al di fuori della Unione Europea – hanno avuto successo nel promuovere investimenti sostenibili nei Paesi in via di sviluppo, consentendo alle imprese
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europee di ridurre i costi di compliance. Tuttavia, una delle difficoltà maggiori incontrate nello sviluppo di questi progetti – e Enel è leader e pioniere in questo mercato – è proprio la certificazione delle riduzioni di emissione, che rappresenta un enorme costo di transazione. Immaginate come lo stesso problema (parliamo di un mercato di qualche migliaio di progetti) si amplificherebbe, se esteso a tutto l’import verso l’Europa. AB: Da più fattori: la composizione del sistema economico industriale cui si applicano, la diffusione delle informazioni e il grado di incertezza sulla dinamica delle tecnologie. Il maggior pregio della Carbon fee consiste nella possibilità, per tutti gli operatori, di conoscere in anticipo il prezzo delle emissioni e, dunque, di modificare i comportamenti spostandosi verso tecnologie che generano meno emissioni. Per contro, uno strumento quale l’Emission Trading System dovrebbe essere più efficiente, nel senso di essere in grado di identificare con maggiore precisione e a minori costi complessivi gli interventi da effettuare per ridurre le emissioni di CO2. Il vantaggio nell’adozione di una Carbon Fee deriva dalla possibilità di imporre una sorta di tassa sulle importazioni dei beni più inquinanti rispetto a un benchmark predefinito (limitando, dunque, il fenomeno denominato in gergo carbon leakage). Anche in questo caso, ovviamente, vi sono molte difficoltà applicative da gestire con attenzione e problemi di natura politica ed etica nei confronti dei Paesi meno sviluppati. Vorrei, inoltre, rilevare che gli strumenti ETS e Carbon Fee non sono antitetici, ma possono convivere in un sistema economico. La Carbon Fee, ad esempio, potrebbe essere applicata nei settori non inclusi nell’ETS, facendo attenzione a non incrementare i costi complessivi sul consumatore finale.
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Le fonti di energia rinnovabile sono uno degli strumenti individuati a livello internazionale, sia per raggiungere l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra, previsto dal Protocollo di Kyoto, sia per ridurre la dipendenza economica dai paesi produttori di petrolio. A sostegno di ciò è stato emanato DPR 380/08 che in fase di costruzione di nuove abitazione prevede l’obbligo di installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, capaci di garantire almeno una produzione energetica non inferiore ad 1 kW per unità abitativa, che va a sommarsi all’obbligatorietà di alleggerimento dei solai in fase di ristrutturazione. Condizione senza la quale non è possibile ottenere il permesso di costruire. Spesso, infatti, moltissime amministrazioni comunali non concedono il permesso di installazione dei pannelli classici in molti luoghi cittadini, a causa dell’elevato impatto ambientale dovuto agli antiestetici pannelli fotovoltaici classici. Partendo da questi concetti fondamentali è stata progettata e realizzata la GIELLENERGY-TILE,® che consente l’utilizzo dell’energia solare fotovoltaica per produrre energia elettrica con un un’architettura “amica della natura” che non vada a “deturpare” l’ambiente in cui si deve integrare e con un alleggerimento del struttura di circa il 50% rispetto al laterizio tradizionale.
la soluzione per l’integrazione architettonica totale
IEC 61215 ed. II IEC 61730 - 2 Tested by:
La GIELLENERGY-TILE® è una tegola fotovoltaica realizzata in resina termoplastica ad altissime caratteristiche meccaniche e termiche con all’interno alloggiato un modulo fotovoltaico realizzato da due celle standard da 156 mm monoscritalline (a richiesta anche policristalline), incapsulate mediante EVA, e con vetro fotovoltaico ad alta trasmittanza. Ogni tegola è dotata di un diodo di bypassche ne permette la salvaguardia in caso di surriscaldamento localizzato (hot spot) e l’esclusione dall’impianto (della singola tegola) in caso di ombreggiamento. La GIELLENERGY-TILE® è il primoprodotto in Italia BIPV (Building Integrated Photovoltaic Modules) che ha superato tutti i test previsti dalle norme IEC61215-II e IEC61730-2 eseguiti dal laboratorio Eurofins-Modulo Uno, collocandosi nella categoria di massima incentivazione definita dal GSE “Impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative”. Un ulteriore punto di forza della GIELLENERGY-TILE® è la facilità di montaggio: infatti non richiede strutture dedicate per il supporto o per il cablaggio, ma è sufficiente che il tetto sia preparato come per le classiche tegole marsigliesi in laterizio di tipo ventilato (con doppia listellatura), in modo da sfruttare il passaggio dell’aria utilizzato come isolamento termico nei tetti classici per garantire un continuo condizionamento della parte inferiore delle tegole stesse.
Il fissaggio al listello avviene mediante una vite inserita in apposito alloggiamento creato sulla tegola stessa e, proprio la particolare posizione di questo ultimo, permette che con un’unica vite la tegola risulti fissata saldamente in tre punti, grazie alla sovrapposizione con quella laterale e posteriore, realizzando un unico blocco monolitico ancorato alla listellatura del tetto, rendendola adatta anche in zone esposte a forti venti e con pendenze superiori alla media. Pertanto il montaggio delle GIELLENERGY-TILE® può essere realizzato dallo stesso personale che prepara il tetto e posa le tegole in laterizio. La GIELLENERGY-TILE® è disponibile in diverse tonalità di colori, per meglio integrarsi all’ambiente circostante, così come è possibile averla in materiale autoestinguente. A fine ciclo vita, una volta separata dalla parte fotovoltaica, la GIELLENERGY-TILE® è totalmente riciclabile mediante separazione manuale e triturazione meccanica. Principali caratteristiche: Superficie di tetto necessaria per 1 KWp: Meno di 10 m2N°di GIELLENERGY-TILE® necessarie per 1KWp(0,99): 124 pz ; Potenza Nominale: 8,00 WpTotale integrazione architettonica, ridottissimo impatto ambientale, riciclabilità, facilità di montaggio, versatilità, sono alcune delle caratteristiche della GIELLENERGY-TILE® che la rendono un prodotto innovativo ed adatto ed adattabile alle esigenze di tutti.
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energia IL PENSIERO DI GIULIANO ZUCCOLI Presidente A2A
Il futuro? Nucleare e rinnovabili Giuliano Zuccoli
Dobbiamo incentivare le rinnovabili, facendo attenzione ai reali costi sottesi che influiscono sulla bolletta dei consumatori. Serve una soluzione equa: difendere gli investimenti fatti dalle imprese, ma mettendo mano a una radicale riforma degli incentivi. Il nucleare fa bene alle imprese, all’atmosfera e all’equilibrio del mix energetico.
di Roberto Antonini
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Una posizione improntata a un sano realismo, quella di Giuliano Zuccoli, Presidente di A2A. Nucleare, rinnovabili, termovalorizzazione dei rifiuti, cogenerazione e mobilità elettrica: temi da affrontare insieme, ma senza rigidità. Dal vertice della dinamica utility lombarda arriva una visione improntata a un “modello integrato” e alla praticità nelle scelte impegnative che il nostro Paese deve porre in essere nel settore energetico. Quella sul nucleare, ad esempio. E: Il nucleare è l'energia del futuro? Come convincere gli italiani ancora diffidenti? GZ: Io non sono un fanatico del nucleare. Dico che siamo l’unico tra i paesi industriali sviluppati a essere rimasto fuori per una scelta scellerata, fortemente ideologizzata. Delle due l’una: o siamo i più intelligenti o siamo i più masochisti. Non credo sia giusta la prima. Se vogliamo far abbassare i costi dell’energia, ormai possiamo solo migliorare il nostro mix: l’Italia è l’unico Paese quasi interamente dipendente dall’importazione di idrocarburi, mentre gli altri hanno carbone e nucleare per equilibrare. In più, il nucleare non produce CO2, questo aiuta a combattere l’effetto serra. E infine, dopo la crisi, tutte le aziende medie e piccole della filiera possono prendere respiro se messe in grado di partecipare al rilancio del nucleare. Mi sembra che ci sia più di un buon motivo per andare avanti. E: Le rinnovabili, invece, sono “simpatiche” a tutti, ma hanno delle criticità. Come possono convivere con l’atomo? GZ: Le statistiche ci rivelano che la maggior parte dell’energia di questo tipo in Italia è prodotta ancora dalle vecchie, ma preziose, centrali idroelettriche. Il resto, sia eolico che fotovoltaico, ha crescite brillanti, ma un peso ancora quasi trascurabile. Dobbiamo incentivarle, certo, ma facendo attenzione ai reali costi sottesi, senza scaricare quello ancora alto delle rinnovabili sulla bolletta dei consumatori. Qui occorre trovare una soluzione equa: difendere gli investimenti già fatti dalle imprese, ma mettendo mano ad una riforma degli incentivi. E: Si parla di ‘massimi sistemi’ per la produzione di energia, con scuole di pensiero contrapposte, ma intanto viviamo in città soffocate da auto e riscaldamenti antiquati. Cosa fa A2A da questo punto di vista? GZ: Crediamo in un modello integrato dei servizi energetici. Nelle città in cui opera, A2A porta avanti attività volte a ridurre le emissioni inquinanti e a migliorare la qualità dell’aria. Abbiamo programmi di sviluppo dei sistemi di cogenerazione, teleriscaldamento e raffreddamento prodotti da impianti con pompe di calore ad acqua di falda, da termovalorizzatori che bruciando rifiuti producono non solo calore, ma anche energia elettrica. Interventi concreti che, se ben amalgamati, riducono le emissioni e producono benefici reali per l’aria che respiriamo. In questo sistema abbiamo inserito “e-moving”: un progetto ambizioso per la mobilità elettrica che A2A porta avanti con i Comuni di Milano e Brescia. Ma che, in prospettiva, può funzionare per tutte le città dove A2A è presente (Bergamo, Como, Monza, Sondrio, Varese, eccetera) le quali potranno inserirsi nella sperimentazione.
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E: L’auto elettrica è “quasi nel nostro garage” o è una chimera? GZ: Avrà uno sviluppo rapido nei prossimi anni e la sua diffusione sarà tanto più veloce quanto più pronta sarà l’infrastruttura di ricarica. L’87% delle persone percorre meno di 60km al giorno: il rifornimento presso la propria abitazione e/o ufficio è pertanto sufficiente a coprire gran parte delle esigenze di ricarica. La disponibilità di colonnine di ricarica rapida rappresenterà un vantaggio supplementare, utile a vincere freni psicologici e a rendere più agevole il rifornimento, perché durerà quei pochi minuti che adesso impieghiamo per un pieno di benzina. Noi stiamo facendo la nostra parte, le prime colonnine sono già state installate e, a giudicare dall’interesse, direi che presto potremo apprezzare i benefici ambientali della mobilità a impatto zero. E: L’efficienza è una grande fonte di energia ancora poco sfruttata. Qual è il vostro impegno al riguardo? GZ: Quello di applicare un sistema fortemente integrato tra le varie fonti: energia idroelettrica, ma anche cogenerazione, teleriscaldamento e raffrescamento, energia dai rifiuti. Integrazione che passa attraverso reti sempre più intelligenti, essenziali per realizzare infrastrutture sul territorio, come quelle per la ricarica delle auto elettriche, evitando sprechi e favorendo l’efficienza. Poi bisogna educare i clienti a consumare meglio e in modo razionale. E: Cogenerazione da termovalorizzatori che bruciano rifiuti: si può trasformare l’immondizia in energia senza sprechi e senza paure? Come far passare il “timore del termovalorizzatore”? GZ: Oggi vi sono impianti e tecnologie pienamente controllabili, che non solo hanno impatti emissivi molto bassi, ma sono anzi strumenti di sostenibilità, perché in grado di produrre energia e calore con grandi efficienze. La nostra esperienza è che, non solo i semplici cittadini, ma anche gli stessi amministratori di città quando vengono in visita ai nostri impianti di Brescia e di Milano hanno solo parole di meraviglia e apprezzamento.
INTERNO OTTO ROMA
LAVORIAMO PER UNA RETE PIÙ LEGGERA PER L’AMBIENTE
LAVORARE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE VUOL DIRE ANCHE TRASMETTERE ENERGIA RESPONSABILMENTE. QUESTO È L’IMPEGNO DI TERNA.
Con il 99% delle infrastrutture, Terna è il principale proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica ad alta tensione in Italia ed è responsabile della gestione in sicurezza, in ogni momento dell’anno, del costante equilibrio tra domanda e offerta. Per Terna responsabilità verso gli stakeholder significa avere un approccio sostenibile all’ambiente e al territorio, obiettivo perseguito dialogando con le regioni e gli enti locali per individuare il luogo più adatto a ospitare nuove linee, contenendo gli impatti sulla biodiversità e sul clima e riducendo, se possibile, i km di linee elettriche attraverso razionalizzazioni della rete. Il rispetto di Terna per l’ambiente e la biodiversità ha portato ad un accordo con LIPU-Lega Italiana Protezione Uccelli per studiare le interazioni tra linee elettriche ad alta tensione e l’avifauna. Un accordo di collaborazione con il WWF prevede l’armonizzazione dei criteri ambientali utilizzati da Terna nello sviluppo della rete con la strategia di conservazione ecoregionale del WWF. I risultati ambientali e sociali di Terna hanno avuto un importante riconoscimento a settembre 2009 con l’inserimento nel Dow Jones Sustainability Index World, il più prestigioso indice etico mondiale che comprende le migliori 300 società, di cui solo 12 italiane, quanto a performance di sostenibilità.
Terna S.p.A. • Rete Elettrica Nazionale • Viale Egidio Galbani, 70 • 00156 Roma • info@terna.it • www.terna.it
Mercato elettrico e del gas
Paolo Vigevano
Un Sistema energizzante PARLA PAOLO VIGEVANO AD dell’Acquirente Unico
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È il Sistema Informatico Integrato, istituito per gestire i flussi informativi nei mercati dell’energia elettrica e del gas, realizzato e gestito da Acquirente Unico secondo quanto stabilito dalla Legge 13 agosto 2010 n. 129. Attualmente lo sviluppo dei mercati retail dell’energia elettrica e del gas sconta una difficoltà crescente nello scambio di dati tra gli operatori che incide sulla trasparenza e sul loro buon funzionamento. Particolarmente critico è l’insieme delle attività necessarie per il cambio del fornitore, che rendono più complessa e costosa per gli operatori la gestione dei clienti finali e ne limitano il diritto a un rapido ed efficiente cambio di fornitore. A ciò si aggiunge il fenomeno della morosità che, ormai, sta assumendo dimensioni rilevanti. Per approfondire quanto sta accadendo abbiamo sentito Paolo Vigevano, amministratore delegato dell’Acquirente Unico.
di Luca Speziale
E: I mercati energetici sono in costante evoluzione, con il Sistema Informatico Integrato si delinea un nuovo scenario. Come si inserisce Acquirente Unico in questo contesto? PV: Il Sistema rappresenta una grande innovazione per il funzionamento del settore dell’energia elettrica e del gas. Acquirente Unico, cui è stata assegnata la responsabilità di realizzarlo e di gestirlo, rappresenterà ancor più un importante punto di unione tra le istituzioni, gli operatori e tutto il comparto elettrico e del gas. Un nuovo compito che integra e completa le nostre attività: l’approvvigionamento di energia elettrica sui mercati all’ingrosso per gli utenti del mercato tutelato, la gestione dello Sportello per il consumatore di energia, le funzioni svolte a tutela della fornitura dei clienti, come il «servizio di salvaguardia» nel settore elettrico e quello di «fornitore di ultima istanza» per il mercato del gas. E: Quali sono state le motivazioni che hanno portato alla creazione del Sistema Informatico Integrato? PV: Nel mercato elettrico italiano manca un sufficiente grado di integrazione tra i suoi principali attori. In questo quadro gli operatori riscontrano difficoltà nel reperire le informazioni utili per portare a termine rapidamente i processi come le richieste di cambio di fornitore. Inoltre lo scambio di dati avviene tra soggetti concorrenti e quindi si possono creare situazioni di sfruttamento o asimmetrie informative a discapito di una delle controparti (clienti finali e operatori). Dall’altra parte i consumatori lamentano una comunicazione e un’informazione spesso poco chiare.
E: Come funziona il Sistema? PV: Il progetto si muove parallelamente all’aggiornamento dell’assetto regolatorio. Più specificamente è di aiuto alle procedure e ai processi informativi attraverso cui sono realizzate alcune fondamentali attività di gestione dei clienti finali. Tra queste, quella più rilevante, è il processo di switching. Inoltre, proprio per far fronte alla complessità e alla riservatezza dei dati da gestire, il sistema è composto da un insieme di tecnologie che garantiscono flussi di comunicazione snelli e veloci, oltre ad avere un alto standard di sicurezza. E: Quali sono i benefici e i miglioramenti per il settore ? PV: Il Sistema, con la garanzia della sicurezza e tempestività nella gestione dei flussi informativi, potrà aumentare l’efficienza del mercato incrementandone la concorrenzialità a beneficio dei consumatori. Inoltre, cosa decisamente rilevante, la gestione centralizzata dei flussi informativi comporterà una riduzione dei costi complessivi di acquisizione e di gestione a carico degli operatori e quindi degli utenti finali. E: Possiamo affermare che si tratta di nuova forma di tutela per il consumatore finale? PV: Il Sistema consentirà di superare le difficoltà fino a oggi riscontrate nello scambio di dati tra gli operatori e di rendere ancora più rapido e sicuro il cambio del proprio fornitore di energia. Questo consente alle famiglie e alle imprese di usufruire pienamente delle opportunità derivanti dalla concorrenza all’interno del processo di liberalizzazione. Inoltre l’istituzione di questo sistema presso l’Acquirente Unico ne assicura l’imparzialità nella gestione, evitando la discriminazione tra gli operatori e garantendo un supporto ai consumatori. E: I ruoli degli operatori e delle istituzioni? PV: Il settore energetico è caratterizzato da un mercato difficile nel quale è complesso offrire significativi vantaggi di prezzo per battere la concorrenza. Il sistema informatico integrato potrà dare un notevole contributo in questa direzione.
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energia rinnovabile
Espansioni rinnovabili un bene, ma... serve una rete elettrica adeguata
Alessandro Bianchi
A TU PER TU CON ALESSANDRO BIANCHI Ad di NE Nomisma Energia Anche le reti di distribuzione elettrica richiedono investimenti ingenti per essere ammodernate e supportare il nuovo paradigma di smart-grid e generazione diffusa. Nucleare: sĂŹ, con tecnologie realmente di ultima generazione. Oltre alla diversificazione energetica e al risvolto strategico ne deriverebbe un consistente beneficio economico con recupero di competitivitĂ per i settori energivori.
di Edoardo Borriello
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Crisi economica, aumento dei costi, incertezze per l'approvvigionamento energetico, rischi legati ai cambiamenti climatici. Queste le sfide che il settore energetico deve affrontare e la chiave per uno sviluppo economico ecosostenibile sono le fonti rinnovabili, cresciute fortemente nell’ultimo decennio. In Italia, grazie anche alla remunerazione del sistema incentivante, fotovoltaico ed eolico hanno registrato sviluppi incoraggianti. Ma la strada è ancora lunga, come conferma Alessandro Bianchi, economista, amministratore delegato di NE Nomisma Energia, società di ricerca, consulenza e formazione specializzata nei mercati dell'energia e dell'ambiente. E: In quali settori, professor Bianchi, sussistono forti ritardi nel nostro Paese? AB: Nell’ambito energetico il ritardo con maggiore impatto negativo è rappresentato dall’insufficiente sviluppo della rete elettrica. Non da meno, il mancato completamento dei regolamenti attuativi sulle rinnovabili e il vuoto riguardante il “burden-sharing”, con cui gli impegni assunti per raggiungere gli obiettivi di Kyoto e del pacchetto 20-20-20 si traducono in obiettivi per le singole regioni, unica garanzia per il coinvolgimento dei settori civile e dei trasporti che rappresentano circa la metà delle emissioni serra, oltre che per una piena espressione del potenziale di fonti rinnovabili di ciascun territorio.
Ma anche le reti di distribuzione elettrica richiedono investimenti ingenti, per un loro ammodernamento e per supportare il nuovo paradigma di smart-grid e generazione diffusa. Quanto alle infrastrutture gasiere, negli ultimi 3 anni la capacità di importazione ha conosciuto un incremento di 20 miliardi di metri cubi, che unito al crollo della domanda per effetto della crisi, ha originato un surplus mai registrato prima sul mercato. E: È opportuno un osservatorio per monitorarle? AB: È mancata una politica energetica infrastrutturale che andasse oltre la regolazione tariffaria o i provvedimenti di urgenza. Non ci si può accontentare di verificare che i molti progetti annunciati non sono stati realizzati malgrado le condizioni economiche favorevoli. Abbiamo pagato l’irresponsabilità di aver sperato che l’invisibile forza del mercato risolvesse tali problemi . Un solo rigassificatore è stato costruito dall’apertura del mercato gas, nessun nuovo gasdotto di importazione, nessun nuovo stoccaggio. È dovuto intervenire l’antitrust per ottenere il potenziamento delle principali pipeline dell’operatore dominante. Da due anni NE Nomisma Energia monitora ogni mese lo stato d’avanzamento delle infrastrutture gasiere di importazione e di stoccaggio pubblicando un rating sintetico delle stesse. E: Come diversificare le fonti di approvvigionamento?
E: Come superare la dipendenza energetica dall'estero? AB: La nostra dipendenza é strutturale e la sua riduzione deve rappresentare un indicatore strategico della politica energetica. Anche dal punto di vista macroeconomico la dipendenza va compressa, posto che ogni punto percentuale di riduzione amplifica considerevolmente il PIL. Protagonisti di tale decremento devono essere lo sfruttamento dei giacimenti nazionali di idrocarburi, insieme all’efficienza energetica e allo sviluppo delle fonti rinnovabili . I risultati degli ultimi 3 anni, in termini di rinnovabili ed efficienza, ci indicano che la strada maestra è stata intrapresa.
E: Come stanno le infrastrutture energetiche, determinanti nello sviluppo economico? AB: La rete elettrica non ha avuto lo sviluppo programmato, né quello necessario perché la concorrenza nella generazione elettrica esprimesse il potenziale beneficio in termini di prezzi. Il ritardo é il maggior limite a un’espansione delle fonti rinnovabili, aggravato da un’acquiescenza reiterata negli anni, pur con la consapevolezza che pochi chilometri di rete avrebbero generato un notevole beneficio per gli utenti finali, per gli operatori e il sistema Paese.
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AB: Potenziando le reti intra-europee, sia gasiere che elettriche, precondizione necessaria affinché ogni fornitore di un paese lo sia di fatto per l’intero mercato europeo. La visione dell’Italia come centro energetico europeo è perseguibile in tempi ragionevoli, come fa prefigurare l’inversione di flusso dei metanodotti dalla Russia e dal Nord Europa recentemente annunciata. E: Quale potrà essere il ruolo del nucleare? AB: Occorre inserirsi in un mercato da cui ci siamo autoesclusi per troppi anni, adottando le tecnologie di ultima generazione. Oltre alla diversificazione energetica e al risvolto strategico ne dovrebbe derivare un consistente beneficio economico con recupero di competitività per i settori energivori. È necessario un centro di studi sulle tecnologie nucleari non basate su fissione, non ancora uscite dalla fase di sperimentazione. E: I timori per l'ambiente sono giustificati? AB: La cultura della tutela ambientale è ben incorporata nei processi decisionali e autorizzativi a qualsiasi livello. I costi ambientali sono stati in gran parte internalizzati dall’industria. Per il nucleare ci vorrà grande attenzione per l’adozione delle migliori tecnologie e pratiche altrove operanti.
comunicazione aziendale
Al via una nuova centrale geotermica di Enel Green Power Con Radicondoli 2, in provincia di Siena, continua la crescita, nel rispetto dell’ambiente, del polo geotermico toscano della società delle rinnovabili di Enel, tra i più grandi al mondo nel settore. E’ stata messa in marcia a novembre la centrale geotermica di Radicondoli 2, nell’omonimo comune in provincia di Siena, che, con i suoi 20 MW, va ad aggiungersi ai 40 MW della centrale già esistente, portando l’impianto a 60 MW complessivi di potenza installata. L’impianto sarà così in grado di produrre a regime oltre 140 milioni di chilowattora, corrispondenti ai consumi di 55.000 famiglie, e di evitare l’emissione in atmosfera di 200.000 tonnellate di CO2, oltre a un risparmio di combustibili fossili per 55.000 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio) all’anno.
Il Progetto è stato sviluppato con la condivisione degli Enti Locali che hanno partecipato attivamente alla scelta dei tracciati dei vapordotti, in un’ottica di rispetto e armonizzazione dei vincoli ambientali e paesaggistici e comprende anche la perforazione di tre nuovi pozzi e l’approfondimento di un pozzo esistente, attività ancora in corso. “Si tratta di un significativo passo avanti per la crescita ulteriore della capacità geotermica italiana – ha detto Francesco Starace, Amministratore delegato di Enel Green Power - nonché di una conferma della supremazia tecnologica e realizzativa che l’Italia ha in questo campo delle energie rinnovabili”. A Larderello, Enel Green Power gestisce uno dei più grandi complessi geotermici del mondo, con trentadue impianti per oltre 700 MW che producono più di 5 miliardi di kWh l’anno, pari al consumo medio annuo di circa 2 milioni di famiglie italiane; fornisce inoltre calore per riscaldare più di 8.700 utenze domestiche e commerciali e circa 25 ettari di serre. L’impegno nella geotermia è ora volto a potenziare queste risorse, con circa 100 MW nuovi che la Società conta di mettere in esercizio in Italia entro i prossimi anni, in piena sicurezza e nel massimo rispetto per l’ambiente.
Il progetto, autorizzato a luglio dello scorso anno e completato in poco più di un anno, è espressione del know how di assoluta eccellenza detenuto da Enel Green Power in campo geotermico, maturato in oltre cento anni di sviluppo ed esercizio di questa energia rinnovabile. La Centrale, realizzata dalle strutture interne di ingegneria, ha elementi innovativi che pongono l’impianto al top dell’attuale sviluppo tecnologico per questa categoria di impianti. La centrale è inoltre dotata di un innovativo sistema di telesupervisione e telediagnostica che consente il completo controllo a distanza del gruppo e di prevenire anomalie di funzionamento. L’impianto rispetta i migliori standard ambientali e di inserimento paesaggistico.
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CORSI DI FORMAZIONE SULL’EOLICO
Chi semina vento raccoglie ENERGIA PULITA corsi di formazione per entrare o specializzarsi nel mondo del lavoro della green economy dalla porta principale dell’energia rinnovabile eolica
CORSI DI FORMAZIONE ANEV 2011 Minieolico 24 - 25 marzo 2011 presso la sede ANEV •••
Corso Formazione Eolico di Base: tecnica, normativa, ambiente ed esperienza sul campo
23 -26 maggio 2011 •••
Corso Formazione Eolico di Base: tecnica, normativa, ambiente ed esperienza sul campo
13 - 16 settembre 2011 •••
Trading e Nuovi Meccanismi d’incentivazione dell’Energia Eolica 2 - 3 novembre 2011 •••
L’Eolico Off - Shore 4 - 5 novembre 2011 I corsi specialistici sono riservati prioritariamente a chi ha ottenuto l’attestato di partecipazione al Corso di formazione ANEV di primo livello
TUTTI I PARTECIPANTI CHE LO VORRANNO POTRANNO INSERIRE IL PROPRIO CV NELL’APPOSITA BANCA DATI CERTIFICATA ANEV RISERVATA ALLE MIGLIORI AZIENDE DEL SETTORE _______________________Le_date ___potrebbero ______subire ____modifiche _____sulla ___base __di__eventi ___straordinari ____________________________ Per informazioni e iscrizioni Segreteria didattica: tel. +390642014701 - fax +390642004838 formazione@anev.org - www. uil.it - www.anev.org
energia rinnovabile
Non sparate sull’eolico IL PUNTO DI VISTA DI MARCO FERRANDO Amministratore delegato di International Power di Gabriella Busia
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International Power è il primo produttore, in Italia, di energia da fonte eolica con 40 parchi dislocati in 34 comuni del sud. Produce circa 1.100.000 MWh di energia all’anno, equivalenti a un risparmio di 1,4 milioni di barili di petrolio e di 600.000 milioni di tonnellate di CO2. E: Quali sono i vostri obiettivi futuri? MF: Il consolidamento della leadership italiana nella produzione di energia eolica, con un programma complessivo di investimenti di circa 500 milioni di euro. Utili all’ammodernamento e al potenziamento della produzione attuale, e alla realizzazione di nuovi progetti nel settore dell’ eolico e del fotovoltaico. E: Quanto è stato, e lo è ancora, importante il sistema di incentivazione per lo sviluppo dell’energia pulita? MF: Il governo italiano in sede europea ha assunto l’impegno di produrre, entro il 2020, almeno il 27% dei consumi elettrici del Paese da fonti rinnovabili. Oggi siamo in grado di generare solo il 19% di energia pulita, impiegando tecnologie costose se comparate a quelle utilizzate negli impianti alimentati a combustibili fossili. Per questo motivo la produzione da fonti rinnovabili gode di incentivi da parte dei governi di tutto il mondo. Oggi in Italia gli incentivi sono erogati attraverso due meccanismi: il Conto Energia per il settore del fotovoltaico e i Certificati Verdi, con l’opzione della tariffa omnicomprensiva per gli impianti
di minori dimensioni, per il settore dell’eolico, biomasse e idroelettrico. Il produttore di energia fotovoltaica riceve per ogni kWh prodotto, oltre al prezzo di mercato dell’energia, anche un sovraprezzo prefissato. Questo viene retribuito dal GSE, che lo recupera in bolletta dal consumatore finale. Il meccanismo dei Certificati Verdi (CV) che incentiva l’eolico è più complesso, e per alcuni versi poco equo. Il sistema introdotto dal Decreto Bersani prevede che il valore dei certificati si formi liberamente sul mercato dall’incontro tra la domanda di CV, da parte dei soggetti obbligati, e l’offerta dei medesimi, da parte dei produttori di energie da fonti rinnovali. Oggi l’obbligo di acquisto grava solo sui produttori di energia da combustibili fossili, che devono acquisire ogni anno un numero di CV pari a una percentuale della propria produzione. L’entità della percentuale, stabilita dal governo, è stata finora aggiornata con valori incrementali molto contenuti, determinando uno squilibrio tra quantità di CV prodotti e richiesti. E: A quanto equivale oggi la domanda? MF: Attualmente è pari a circa la metà dell’offerta, perché alcuni produttori da fonti tradizionali sono esentati dall’acquisto. Di conseguenza il sistema si è frenato, portando una tendenziale riduzione del valore dei CV, e richiedendo l’intervento del GSE nell’acquisto dell’eccedenza. L’ esigenza di riequilibrare il rapporto tra domanda e offerta, rende necessaria
una riforma equa e razionale del sistema. Accompagnata dalla definizione di regole certe, volte alla trasparenza e al sostegno all’incentivazione delle fonti rinnovabili. Conferendo lunga stabilità al sistema. Solo in questo modo si può scongiurare il blocco degli investimenti nel comparto delle rinnovabili. Cui conseguirebbe il mancato raggiungimento nel 2020 dell’obiettivo del 27% di energia da fonti rinnovabili. E: Quali sviluppi sono ipotizzabili per il comparto eolico? MF: Dal comparto può arrivare un contributo importante, in ragione delle sue potenzialità. Tuttavia, va evidenziata la complessità e la lentezza con cui si sviluppano i processi autorizzativi, chein media impiegano non meno di quattro anni per giungere alla conclusione. Questo è frutto sia dell’estrema macchinosità delle procedure, sia dei tempi necessari alle istituzioni per effettuare gli approfondimenti richiesti. Proprio nelle maglie della fase meno fluida, quella autorizzativa e non per i margini di profitto che garantiscono gli impianti in funzione, si annodano anche gli episodi di illegalità. Si tratta di fenomeni circoscritti spesso presentati dai media come anomalia del sistema. A tale proposito mi sento di affermare che l’eolico è un settore sano, composto per la gran parte da imprese serie che godono del consenso delle comunità locali. E: International Power ha mostrato sensibilità nei confronti dell’educazione ambientale realizzando un progetto che coinvolge scuole elementari e medie. Di cosa si tratta?
International Power - Capacità Eolica cumulata in Italia MF: È un progetto che si avvale della direzione scientifica di Legambiente e ha lo scopo di diffondere conoscenze e azioni che aiutino i ragazzi a comprendere l’importanza di un uso consapevole dell’energia per il futuro dell’ambiente.
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ENERGIA RINNOVABILE
energia rinnovabile Il ruolo della Concerted Action
L’Europa spinge per le fonti rinnovabili di Natascia Falcucci
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Come noto, con il pacchetto Clima-Energia l’Unione Europea ha rafforzato la propria volontà di stabilire un framework comune per ridurre le emissioni di gas climalteranti nel settore energetico. Tra queste la direttiva 2009/28/CE (sulla promozione dell’impiego di energia da rinnovabili) che rimanda agli Stati Membri la definizione delle misure legislative volte a realizzare gli obiettivi nazionali assegnati a livello comunitario. Per creare un comune ambito di lavoro, evitando il rischio di avere politiche a carattere prevalentemente nazionale, la Comunità Europea ha messo a disposizione alcuni strumenti di condivisione. Tra questi la Concerted Action (CA), meccanismo utilizzato dall’Unione Europea per supportare l'attuazione della Direttiva 28 negli Stati Membri attraverso un dialogo strutturato tra le autorità nazionali competenti con l’obiettivo di giungere a una convergenza di azioni. La Direttiva 28 tratta, infatti, molteplici temi.Dall’applicazione di misure di cooperazione per il raggiungimento degli obiettivi nazionali, all’individuazione di modalità di tracciamento della sostenibilità dei biocarburanti e biocombustibili, all’accesso alle reti di trasmissione e distribuzione per la generazione rinnovabile. Tale complessità, che rappresenta una sfida ambiziosa per tutta la Comunità, ha trovato riconoscimento nella Concerted Action, nell’ambito del programma di finanziamento Energie Intelligenti per l’Europa.
Gruppo di lavoro
Argomenti trattati
Rif. articolato Direttiva
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Meccanismi di Cooperazione + Piani d’Azione Nazionale
3, 4, 6-11
2 3
Metodologia di Calcolo
5
Autorizzazione di impianti e infrastrutture
13
4
Pianificazione di fonti rinnovabili e riscaldamento, FER negli edifici
13, 16
5
Formazione e informazione + garanzie di origine
14, 15
6 7 8
Reti elettriche
16
Reti di Biogas
16
RES nel settore dei trasporti e dei biocarburanti
17-19
Mobilitazione della Biomassa e sostenibilità
4, 17(9)
9
Obiettivi specifici della Concerted Action (CA) per le RES (Renewable Energy Sources) sono: < la creazione di una piattaforma per lo scambio di esperienze e di best practices; < l’identificazione di strategie comuni per un’efficace attuazione della direttiva RES. < l’agevolazione di un processo di apprendimento trasversale e transfrontaliero. La CA RES (http://www.ca-res.eu) - che coinvolge oltre ai 27 paesi dell’Unione Europea anche Croazia e Norvegia – è formalmente partita a luglio 2010, ma l’avvio effettivo dei lavori è avvenuto a fine settembre a Vienna. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha designato il GSE quale partner italiano del progetto. Tale scelta trova fondamento nel fatto che il Gestore già svolge un ruolo a fianco del Ministero per l’attuazione delle misure della direttiva oltre che nel monitoraggio degli obiettivi nazionali, sia al 2020 sia nel periodo transitorio. Il GSE, oltre a partecipare ai 9 gruppi di lavoro (vedi tabella) nei quali è strutturata la Concerted Action, presiede quello relativo ai processi autorizzativi per gli impianti e le infrastrutture (Working Group 3). Tale ruolo fa si ché partecipi anche al Management Team, il cui scopo è supportare il coordinatore nella definizione dei contenuti tecnici del progetto, nonché nelle attività di communication & dissemination e reporting. Per facilitare il raggiungimento degli obiettivi del progetto e rendere più agevole il dialogo, a fronte della molteplicità degli argomenti trattati, sono stati organizzati diversi gruppi di lavoro, per analizzare una sezione specifica della direttiva. Al fine di valorizzare il lavoro, fondamentale sarà il ruolo coordinatore svolto dall’Agenzia per l’Energia Austriaca. Per quanto concerne invece la ricognizione e il confronto delle policies nazionali, rappresentate nei Piani di Azione per le Energie Rinnovabili, sono stati messi a punto vari strumenti. Tra questi: gli incontri tra i gruppi di lavoro, le sessioni plenarie, i Forum creati sul sito web del progetto, nonché il sistema di networking che prenderà le mosse da questa iniziativa. La prima scadenza per gli Stati Membri è stata ottobre scorso con la presentazione di un feed-back su un primo nucleo di elementi considerati prioritari dai vari gruppi di lavoro.
Fonte: GSE
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tecnologia
A tutto LED Ă&#x2C6; il dispositivo elettronico che riduce i consumi di energia, è altamente ecosostenibile e ben si sposa con la creativitĂ .
di Gabriella Busia
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Il 21 ottobre del 1879 Thomas Edison depose la prima pietra miliare nel settore dell’illuminotecnica. Oggi, a distanza di 131 anni, la vecchia e cara lampadina a incandescenza è andata in pensione. A prendere il suo posto sono state le lampadine a scarica, quelle alogene e quelle fluorescenti. Con un costante e sensibile miglioramento della resa e del consumo energetico. A farla da padrone ora, è invece, il LED (light emitting diode - diodo ad alta emissione), nato nel 1962 e da anni utilizzato nei comuni apparecchi elettronici come, tra l’altro, telecomandi, radiosveglia, semafori. Nell’arco di cinquant’anni il Led è stato investito da un importante sviluppo che lo ha dotato di più colorazioni e di una maggiore efficienza luminosa.
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Caratteristiche che unite a una lunga durata, bassi consumi e a una luce molto simile a quella naturale, ne fanno la sorgente luminosa del futuro. Peculiarità passate non inosservate ad alcuni sindaci del nostro Paese, che hanno dotato di lampadine a Led i vecchi sistemi d’illuminazione, con significativi risparmi per le casse comunali, con un abbattimento dei costi di manutenzione e una riduzione del 70% dell’energia necessaria all’illuminazione e con una sensibile diminuzione dell’inquinamento luminoso. E’ il motivo per cui la legislazione italiana sta puntando sulla diffusione dei Led, alla luce del fatto che se nel 2009 è iniziato il blocco della produzione della lampadina a incandescenza, nel 2017 riguarderà anche alcuni tipi di lampade alogene. Inoltre, il Led è un dispositivo elettronico altamente ecosostenibile che ben si sposa con la creatività. A riprova di questo esiste una serie di iniziative importanti, come quella indetta dal
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comune di Milano – la “Led award” concorso a premi il cui obiettivo è l’illuminazione decorativa della città. Un progetto che raccoglie idee per arredare l’ambiente urbano durante il periodo natalizio del 2010, valorizzando il talento dei giovani e promuovendone la creatività nel rispetto dell’ambiente. L’utilizzo del Led, tuttavia, non si è fermato all’illuminotecnica, ma ha suscitato un forte interesse nel comparto delle nuove tecnologie. L’attenzione dei ricercatori è incentrata sui Led di tipo organico, gli “o’led”, che sfruttando particolari materiali endogeni, riducono i consumi di energia elettrica e hanno una migliore luminosità. Una differenza tra questi ultimi e i Led tradizionali consiste nel modo in cui si presentano. I primi sono piccole lampadine puntiformi, mentre gli “o’led” sono una sorta di gelatina che può essere distribuita su grandi dimensioni, conferendo così un’uniformità luminosa riposante per gli occhi e una versatilità che fa gola a tutti i designer del settore. I Led organici vengono utilizzati soprattutto per la realizzazione dei display, in quanto rispetto a quelli a cristalli liquidi, che necessitano di componenti aggiuntivi per essere illuminati, emettono luce propria. I colossi dell’high-tech stanno investendo molto nello sviluppo di questa tecnologia e i nuovi schermi a Led ne sono la prova. Infatti, se comparati a schermi Lcd tradizionali, hanno una qualità di contrasto e brillantezza di colori notevolmente superiore. Ma presentano anche dei limiti, come la durata e il costo. Tuttavia, nonostante i prezzi consistenti e la crisi economica, nell’Europa occidentale la vendita dei televisori a Led ha dato un importante sostegno ai consumi del settore. Solo in Italia, nell’ultimo anno, gli acquisti di tali prodotti hanno fatto registrare un aumento del 30%, cifre importanti che fanno ben sperare chi ha deciso di investire in questo settore.
energia del pensiero UN CAFFÈ CON...LUCIANO DE CRESCENZO Scrittore, filosofo, attore, regista
Innamoratevi del “Pressappoco” “Mi cerco in modo intermittente tra le pieghe della vita. Chi sono?”, mi domando. Rispondo: “Te lo dico domani”. (Saro R. Messina)
Amo coloro che parlano, ascoltano e che usano le parole “quasi”, “forse” e “circa”. Chi attende un attimo, prima di spiccicar discorso, e che ogni tanto muta pensiero. Chi ama il “Pressappoco” è probabilmente una brava persona, meglio disposta ad ascoltare che a parlare. Uno che evita di fare guai. Un riflessivo. E poi amare il “Pressappoco” significa provare a mettersi nei panni degli altri, mutare opinione quando merita. Vuol dire preferire la primavera all’estate, il caso al destino, l’ironia alla comicità.
di Romolo Paradiso
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“Prego, accomodati, stiamo festeggiando un compleanno”, mi dice Luciano De Crescenzo appena giunto a casa sua per l’intervista. “È il suo compleanno?”, domando. “Innanzitutto, dammi del tu, e poi no, è il compleanno di questa bella bambina”, risponde lui, indicandomi una ragazzina che presumo sia la figlia di una sua collaboratrice. “Auguri!”, dico rivolto alla festeggiata, che mi sorride, mentre un simpatico e vivace cane nero mi abbaia e cerca di salirmi sulle gambe. È cucciolo e pure simpatico, con quella voglia di fare il guappo per mettermi paura, ma si capisce da come mi guarda, che in fondo vuole vedere se sono disposto a fare amicizia e giocare con lui. “Senti che buona questa torta”, mi dice De Crescenzo mentre si gusta a occhi chiusi un piccolo boccone che gli viene amorevolmente concesso dalla figlia. “Ecco, vedi”, continua lui, “se lo assapori pian piano, ti accorgi di tutti i componenti che in esso sono contenuti. La panna, la crema pasticciera, un pizzico di liquore,
Roberto Vecchioni
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un tocco minuto di cioccolata, uno strato delicato di pan di spagna, che, fusi nel modo giusto, sviluppano questo meraviglioso sapore. Insomma, sta torta è na’ bellezza!” “È proprio buona”, confermo io. “Ecco, la bellezza” prosegue De Crescenzo, “è come questo dolce qui. Una combinazione di cose contenute in un tutto, che a questo danno risalto. E ci fanno sobbalzare a vederle. Ci meravigliano. Ci danno gioia!” “Sai che Ceronetti dice che “la bellezza è il ponte che ci collega con l’infinito”. “È una definizione azzeccata. Il problema è non perdere il senso e il gusto della bellezza. E non dobbiamo dimenticare di ricercarla. A volte è facile, la troviamo nel volto di una donna, per esempio, nello sguardo e nel sorriso di un bimbo, nella premura di una mamma, nel silenzio di due innamorati che lasciano parlare solo lo sguardo, in un artigiano che lavora con amore e passione, o in un tramonto pieno di colori, nel mare di Napoli o in quello di Mondello, in un quadro di Michelangelo, in un libro, in una canzone di Carosone. Ma a volte è più difficile. Occorre maggior attenzione e osservazione per scovare la bellezza. Direi che bisogna allenarsi a guardare dentro le persone e le cose. Allora la capacità di arrivare alla bellezza si fa più facile.” “Ma ci vuole anche sensibilità e, non ultimo, tempo”, gli dico. “Ci vuole educazione alla sensibilità”, fa lui. “Poi la disponibilità arriva di conseguenza. perché, non c’è niente da fare, la bellezza ci aiuta a comprendere la vita, le dà un senso e meglio ci dispone a essa”. Luciano De Crescenzo
“Oggi però corriamo tutti e ci perdiamo il gusto di ricercare e di trovare la bellezza”, gli faccio notare. “E correndo”, aggiunge De Crescenzo, “smarriamo la possibilità di conoscerci e di conoscere. Fuggiamo da noi stessi, siamo più soli, indifesi, insoddisfatti, nervosi, ansiosi e sempre più inguaiati. Perché, fondamentalmente, non sappiamo godere del nostro tempo. Presi dal solo fare, tralasciamo di capire cosa è veramente utile per star bene, per la nostra crescita, per la nostra serenità. Per esempio, n’a tazzulella e café, se non la bevi lentamente, gustandone il sapore, sentendone l’aroma, dando un senso a quello che fai, è come se ti bevessi n’a ciofeca! E così è per la vita”. “Insomma, Luciano, dobbiamo sempre desiderare d’incontrare e farci catturare dalla bellezza”. De Crescenzo mi guarda, annuisce e poi dice: “Desiderare è un termine che mi ha fatto sempre riflettere. Lo sai che ogni volta che esprimo un desiderio dico anche la parola “relativamente”. “Perché?” “Perché desiderare è naturale nell’uomo. Ma è saggio sapersi accontentare”.
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“Amo il dubbio e più ancora, il dubbio preventivo” Mi viene in mente una frase di Seneca, tratta da “Le Consolazioni”, e gliela dico: “la serenità sta nel saper godere di ciò che si ha, e di tendere a mantenere un accettabile stato di salute”, diceva Seneca, il che significa sapersi accontentare. È un po’ il senso della filosofia. Indicare all’uomo la strada migliore per vivere in serenità”. “Purtroppo però oggi la filosofia è stata surclassata dalla scienza”, dice con evidente rammarico De Crescenzo, “dalla sua presunzione a spiegare tutto. Cosa che non le riesce affatto. E soprattutto, non riesce a dirimere i problemi di fondo che riguardano l’uomo. Non dà una risposta alle grandi domande che ci poniamo. Mentre attraverso la filosofia ci si può riuscire. Si può arrivare a sfiorare quel mistero che ci comprende e ci condiziona”. “E poi la filosofia ci conduce a dar considerazione al dubbio. Cosa che la scienza fa meno volentieri”, affermo. “Hai toccato un bel tasto!”, esclama De Crescenzo con fervore. “Io amo il dubbio. Soprattutto il “dubbio preventivo””. E mentre dice così, alza in aria il dito indice e mi lancia un’occhiata sorniona. Lo guardo con sospetto, e mi domando cosa sia sto “dubbio preventivo”. “Dunque, non ti allarmare”, fa lui sorridendo, avendo colto il mio pensiero “dubbioso“, “non è altro che il Pressappoco”. Sai che dice il mio amico Domenico De Masi a proposito del “Pressappoco?” “No, che dice?” “Che la razionalità è una retta e il “Pressappoco” una curva. Secondo lui, il mondo del “Pressappoco” va visto come la metafora dell’umanesimo, dell’arte, della poesia, dell’emotività e dell’estetica. E giustamente asserisce che “la storia dell’uomo non è altro che lo scontro di una retta con una linea curva. La prima è immagine dell’assoluto, la seconda della flessibilità”. Ne consegue che la curva, per la sua disponibilità a cambiare direzione, si adatta bene a venire incontro alle difficoltà esterne.
Ora, il “Pressappoco” è stato in auge fino all’inizio del settecento, poi, quando la tecnica è prevalsa sulla poesia, tutto è finito. E pensare che i greci e i romani lo praticavano a lungo, perché, per loro, le esigenze dello spirito venivano prima di quelle della meccanica. Oggi guai a parlare di “Pressappoco”, ti considererebbero un peccatore”. “Tu invece lo ami”, gli dico. “Devi sapere che ho una sorta di idiosincrasia per le persone che hanno le certezze assolute”, confessa De Crescenzo, “mentre amo coloro che parlano, ascoltano e che usano le parole “quasi”, “forse” e “circa”. Chi attende un attimo, prima di spiccicar discorso, e che ogni tanto muta pensiero. Chi ama il “Pressappoco” è probabilmente una brava persona, meglio disposta ad ascoltare che a parlare. Uno che evita di fare guai. Un riflessivo. E poi amare il “Pressappoco” significa provare a mettersi nei panni degli altri, mutare opinione quando merita. Vuol dire preferire la primavera all’estate, il caso al destino, l’ironia alla comicità.” “Riesci facilmente ad accorgerti quando sei di fronte a uno che fa del “Pressappoco” il suo metodo di vita, rispetto a un altro, invece, sicuro di tutto?” gli domando. “Accipicchia!”risponde lui sicuro. “Dal punto di vista fisico, “l’assolutista” ha uno sguardo opaco, ed è difficile che guardi negli occhi chi ha di fronte. E se deve esprimere un pensiero, lo fa rapidamente. Perché si sente in possesso di tutte le risposte e non vuol far altro che gettarle addosso al suo interlocutore. E sai qual’è la cosa che più lo infastidisce?” “Il dubbio”. “Esatto! Il suo e quello degli altri”. “Però, Luciano, qualche certezza nella vita bisogna pur avere?” In quel preciso momento entra la figlia di De Crescenzo, chiede una cosa al papà e scusandosi torna sui suoi passi. “Ecco” mi fa lui, “le certezze sono quelle legate ai sentimenti. All’amore per i figli, per i nipoti, o all’affetto per gli amici”. “Vedo che hai usato la parola amore per i figli e i nipotini, e affetto per gli amici”. “È vero”, mi dice. “I figli e i nipoti si amano, gli amici si vogliono bene. È un’altra cosa.
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Però, più in generale, penso che l’amore, per una donna, per un uomo, è qualcosa che non dura nel tempo. Prima o poi finisce. Può diventare odio, se tra le parti è mancata una complicità, un percorso condiviso di vita, una mutualità autentica, un pensiero vivace, diverso anche, accettato e compreso, e la ricerca costante delle ricchezze interiori, del cuore e dell’animo. E può, invece, trasformarsi in affetto, se tutto questo c’è stato. Affetto che è una cosa importantissima. È quanto di più bello può lasciare in eredità l’amore”. De Crescenzo smette di parlare, guarda fuori la finestra, da dove lo sguardo incontra le bellezze del foro romano. Pensa, sospira e mi dice: “A proposito di amore, ogni tanto mi viene in mente mio nipote, Michelangelo, che sta a Napoli. Ogni volta che lo vedo mi spaventa, si fa sempre più alto. Mi piacerebbe trascorrere maggior tempo con lui, condividere i suoi pensieri, le sue emozioni, ma la distanza…”. “Certo, oggi i nonni stanno sempre meno con i nipoti, ed è un peccato”. “Un brutto peccato”, aggiunge lui. “A volte è anche colpa dei genitori”, sostengo io, “troppo presi dai loro impegni. Dimenticano di far vivere e godere ai bimbi le situazioni più belle, le stesse che poi sono in grado di lasciare dei segni importanti nella vita di una persona. E il frequentare i nonni sono tra quelle, non pensi?” “La società è cambiata, mi dice De Crescenzo, “i ritmi sono diventati più frenetici. E si perdono, certamente, delle opportunità. Non c’è dubbio che i nonni sono importanti per i bambini. Non sostituiscono i genitori, ma ne sono il complemento. Ascoltare le storie di un nonno o di una nonna, le emozioni da loro vissute durante la vita, crea altre emozioni, smuove la fantasia, la fa volare in un tempo e in momento sconosciuto che si immagina a piacimento. Questo è un lavoro importante per i piccoli. E poi c’è la tenerezza reciproca, che gli uni danno agli altri. La parola di una nonna, o di un nonno, è sempre condita da dolcezza e l’ascolto è ricco di comprensione. Un loro sguardo fa intendere se si stia sbagliando o no, e sa dare serenità e leggerezza”. “Anche gli anziani dovrebbero trovare più considerazione dalla società. Dovrebbero rappresentare una ricchezza. Nelle Comunità di un tempo era così”, osservo io. “È un discorso complesso”, risponde De Crescenzo. “Nella realtà d’oggi tutti tendono a essere giovani. Non si vuole invecchiare. Guai a dire a uno: “sei un bel vecchio”, quello ti mangia!
“La chiarezza, un dovere e un impegno etico”
Luciano De Crescenzo
Abbiamo bisogno di apparire sempre giovani e si fa di tutto per assecondare questo desiderio. E in fondo non c’è nulla di male. La conseguenza è che non sentendosi alcuno vecchio, la società non sa a chi delegare questo status e quindi a chi affidare compiti adatti all’occorrenza. Ammesso che la società abbia da affidare compiti agli anziani. Poi ci sono vecchi che veramente sono una schifezza, indolenti, stanchi, pieni di acciacchi che non vogliono o non possono far nulla. In poche parole, non sarebbe male utilizzare i “meno giovani”, per la loro esperienza, in cause utili alla Comunità, ma bisognerebbe rivedere tante cose. Forse troppe, e allora…”. “Per fortuna ci sono persone come te, attive e piene d’idee, di voglia di fare. Di scrivere, di raccontare, che fanno bene a tutti”. De Crescenzo si alza dalla sedia e va verso la biblioteca, tira fuori un libro e me lo porge. È “Il Pressappoco”. “Lo hai letto questo?”, mi chiede. “No, questo no”. “Leggilo. Vedrai ti piacerà”.
segue a pagina 58
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ll sole raccomanda i sistemi fotovoltaici Mitsubishi Electric.
Il sole è una fonte di energia inesauribile, sicura, ecocompatibile. E molto redditizia. Infatti, grazie all’incentivazione del Conto Energia e al risparmio sulla bolletta elettrica, il fotovoltaico è oggi una vantaggiosa opportunità di investimento. Ecco perché è meglio scegliere un partner affidabile come Mitsubishi Electric, che vanta oltre 25 anni di esperienza nell’industria solare e offre la garanzia di soluzioni tecnologicamente avanzate, inalterabili nel tempo e dal rendimento eccezionale. Non a caso Mitsubishi Electric è l’unica a proporre sia pannelli fotovoltaici sia inverter appositamente studiati per il mercato europeo, garantendoli per 5 anni sui difetti di fabbricazione e per 25 anni sulla producibilità. Mitsubishi Electric Europe B.V. ·Centro · Centro Dir. Colleoni, Pal. Sirio 1 · Agrate Brianza (MB) · tel. 039 60531 · fax 039 6053689 · www.mitsubishielectric.it · info.fotovoltaico@it.mee.com
Poi apre la prima pagina bianca e ci mette su una dedica: “A Romolo, perché s’innamori del “Pressappoco””. “Grazie! Lo leggerò con piacere”, gli dico, mentre inizio a sbirciare tra le righe di alcuni capitoli. La scrittura di Luciano De Crescenzo è semplice, gradevole, ironica, e per questo efficace. Gli domando se anche nelle aziende tali caratteristiche dovrebbero governare la comunicazione. Mi risponde di getto. “Caspita, sicuramente! Sai che facevo io quando scrivevo qualcosa? La facevo leggere alla mia segretaria, Rosa, che non era proprio un portento in fatto di cultura e di sapere. Non aveva studiato molto. Se lei capiva, potevo continuare ad andare avanti, altrimenti, la riscrivevo di nuovo. Finché non mi diceva: “Dottò ho capito, mò è chiaro!”. Quanto debbo io a Rosa? Tantissimo, nel raggiungimento della chiarezza. Lo stesso sforzo devono compiere coloro che hanno a che fare con altre persone. Specialmente quando devono guidarle. Essere chiari è un loro dovere, un impegno etico. La chiarezza porta alla comprensione e alla conoscenza”. “Nelle aziende”, gli racconto, “specie in quelle medio grandi spesso i manager, e più ancora i comunicatori, mettono in una frase una parola in italiano e tre in inglese.” “È una brutta moda”, afferma De Crescenzo, “ma soprattutto è indice di scortesia e di antidemocraticità. Perché quando si parla a un pubblico eterogeneo, bisogna farlo con la lingua comune. Non tutti sono tenuti, o possono essere in grado di comprendere ciò che si sta dicendo. Usare quest’atteggiamento significa escluderli da quel momento, da capire, quindi dal sapere e dalla possibilità di migliorare e di crescere.” “E poi, nelle aziende”, aggiungo, “saper comunicare con le persone, creare attenzione, coinvolgimento, emozione, significa essere ben disposti verso queste. Avere cura. Che è una forma d’affetto.”
“L’ironia fa più bella la vita”
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“A proposito di affetto”, mi iinterrompe lui, “mi fai ricordare quando ero all’IBM, e dovevo vendere uno dei primi computer alla ditta Colussi. Bene, il dottor Colussi, dopo che gli avevo spiegato come si faceva una fattura, mi disse: “Ingegnere, ma è così complesso, che mi sembra si faccia prima a farla a mano”. Allora io me ne uscii dicendogli: “ma vede dottore, una volta imparato il meccanismo, le fatture, le statistiche, gli stipendi, si faranno più rapidamente. Quelli che lavoreranno con lei la ringrazieranno e diventeranno amici suoi e magari le vorranno pure bene per questo”. Lui mi guardò fisso negli occhi e firmò le pratiche per l’acquisto del computer. Anni dopo, incontrandolo, mi salutò caramente e mi disse sottovoce: “Ingegné, lo sa cosa mi convinse allora a comprare il computer? Quando mi ha detto che i miei dipendenti mi avrebbero voluto bene”. “Per dirla con te, Luciano, in un’azienda, nella guida delle persone servirebbe un po’ di maieutica socratica”. “Certo”, conferma De Crescenzo, “e ancor più, serve il merito, che è una delle colonne portanti di una Comunità. Se c’è, la società progredisce, se manca è destinata a soffrire di mediocrità. Ed è un brutto soffrire”. “Non pensi”, gli chiedo. “che la filosofia applicata nelle aziende possa aiutare a vivere un momento di lavoro nel modo migliore?” “Sfondi una porta aperta”mi risponde. “Io la filosofia la uso sempre. Perché è la base della conoscenza. Mettiamocene un pochino anche nella gestione delle persone, e i lavoratori la utilizzino nel vivere in quella complessa Comunità che è un’azienda, che poi è uno spaccato di vita. Vita nella vita.” “Si potrebbero istituire corsi di filosofia per le aziende?”, sostengo io. “Non è una cattiva idea”, osserva lui, “ma a patto che tutto si faccia anche con un po’ di sana ironia”. “Già, l’ironia. Tu ne sei maestro”. De Crescenzo sorride e dice: “la prima ironia da fare è su se stessi. Ci porterebbe a non prenderci troppo sul serio, a metterci in discussione. Ad avere quella stupenda cosa che è “il dubbio”, di cui abbiamo detto sopra. Insomma, a essere più umani, e a capire meglio il prossimo. Sai che penso? Che se non avessi avuto il senso dell’ironia, avrei vissuto una chiavica di vita. Non mi sarei divertito tanto. E un po’, spero, fatto divertire il prossimo”. “Eccome, se ci hai fatto divertire! Anzi, grazie di questo Luciano!” De Crescenzo accetta compiaciuto il complimento. Poi si fa serio, mi guarda e chiede: “ma dimmi, noi non dovevamo fare un’intervista per Elementi?” “Già…dovevamo…”gli rispondo. “E allora che aspetti, comincia…comincia…”.
lavoro
Innovazione, innovazione, innovazione Gian Maria Gros-Pietro
“la pazienza non fa figura ed è più difficile del coraggio” (Vittorio G. Rossi)
INTERVISTA A GIAN MARIA GROS-PIETRO Presidente di Federtrasporto e Direttore del Dipartimento di scienze economiche e aziendali dell'Università Luiss di Roma È una delle leve indispensabili per uscire dalla palude dello sviluppo insufficiente. Occorre promuoverla, anche intensificando la partecipazione delle nostre imprese ai programmi di finanziamento per la ricerca applicata, soprattutto a livello europeo, nell’ambito della Strategia Europa 2020.
di Giusi Miccoli
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lavoro E: Oltre al limitato investimento in ricerca, l’Italia non investe sulle persone. In particolare, la percentuale di accesso alla formazione continua da parte delle aziende è inferiore alla media europea. È possibile continuare a essere competitivi senza investire in apprendimento e formazione? E: Qualche anno fa aveva sostenuto che il modello Italia avesse terminato il suo ciclo e che si rischiava di avere una posizione marginale nel mondo nel futuro. Il nostro Paese ha saputo riposizionarsi rispetto alla necessità di investire in microelettronica, information technology, biotecnologie, nanotecnologie e nuovi materiali, individuate come le nuove direzioni? GMGP: Bisogna distinguere tra ciò che hanno saputo fare alcune imprese e ciò che ha fatto il Paese nel suo complesso. Molte sono le aziende che hanno saputo rinnovare i propri prodotti, innalzare il proprio posizionamento tecnologico, conquistare i mercati lontani dei Paesi che crescono più velocemente. Ma ciò non è accaduto per tutte. L’Italia come sistema non è ancora molto presente nelle tecnologie avanzate. Nessuna nostra impresa è leader assoluto in alcuno dei settori produttivi emersi nell’ultimo mezzo secolo e basati sulla tecnologia. L’assenza dai settori che catturano quote crescenti della domanda mondiale è uno dei motivi della nostra crescita più lenta rispetto a paesi europei, che condividono con noi moneta e tenore di vita. Una delle leve indispensabili per uscire dalla palude dello sviluppo insufficiente è l’innovazione industriale: occorre promuoverla, anche intensificando la partecipazione delle nostre imprese ai programmi di finanziamento per la ricerca applicata, soprattutto a livello europeo, nell’ambito della Strategia Europa 2020.
E: In un Paese come il nostro è possibile per le imprese rimanere competitive facendo innovazione senza ricerca? GMGP: È una strategia che non va disprezzata, se opportunamente applicata. Nelle nicchie di mercato, così adatte alla nostra imprenditoria, l’avanzamento tecnologico spesso origina dalla traslazione di innovazioni messe a punto nei settori di base o di massa, o dai fornitori di impianti. Ma oggi questa strategia necessita sempre più di essere sorretta da ricerche applicate proprio alla traslazione rapida e focalizzata di innovazioni di frontiera. Ci sono poi forme di innovazione complessa, che combinano organizzazione, processo, design, distribuzione, nascono dalla gestione e, sebbene richiedano forti investimenti strettamente innovativi, faticano a essere individuate dalle rilevazioni in materia. Possiamo ritenere che le imprese italiane fanno in realtà più ricerca di quanto non appaia,ma certamente non sono abbastanza attive nella ricerca avanzata e formalizzata, quella che si definisce “science based”. Senza uno sforzo determinato in questa direzione, da parte di imprese non piccole, non potremo agganciarci al ritmo di crescita espresso dai migliori tra i paesi sviluppati.
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GMGP: L’Italia è un Paese trasformatore. Una delle materie prime strategiche di cui può avvantaggiarsi è l’intelligenza associata alla conoscenza e siamo lontani dall’averlo capito. La disponibilità di personale altamente formato, in termini di laureati e specializzati - e non di persone in formazione continua - è l’unico dei parametri dell’innovazione in cui il confronto con il resto d’Europa ci vede in crescita al di sopra della media, ma è un miglioramento relativo che non ci sposta dalle ultime posizioni in classifica. L’offerta formativa per il personale d’azienda non manca e i fondi interprofessionali fanno un buon lavoro. L’impressione è che l’esperienza sul campo, in azienda, continui a essere percepita come necessaria e sufficiente, tanto che molte imprese non utilizzano le quote contributive che la legge rende disponibili per la formazione.
E: In Italia il trasporto su strada ha una funzione economica e sociale fondamentale, andando a incidere tuttavia sull’ambiente e sull’utilizzo delle risorse. Quali possono essere le linee strategiche del settore trasporto che tengano conto delle risorse, delle materie prime e dell’energia? GMGP: Il trasporto produce valore trasformando non la struttura fisica dei prodotti, ma la loro disponibilità spaziale. Inoltre, rende possibile la specializzazione dei produttori e così ne innalza l’efficienza. Come tutte le attività produttive ha un impatto sulle risorse naturali e può quindi anch’esso contribuire al suo contenimento. Tale compito viene oggi perseguito spingendo l’industria a sviluppare veicoli, aerei e navi più efficienti sul piano energetico, e introducendo prelievi crescenti sull’uso dei mezzi più inquinanti. Una via complementare da seguire è ottimizzare il carico dei mezzi, utilizzare meglio la ferrovia e il mare e ridurre i percorsi stradali inutili e la congestione. È un obiettivo più difficile, ma possibile con un buon piano nazionale per l’ICT applicata ai trasporti.
Energia verde in Italia di Roberto Rizzo Edizioni Ambiente, 2010, pag.189, euro 12,00
All’inizio, l’autore ricorda che la prima centrale elettrica italiana a carbone venne allestita nel centro di Milano, a pochi passi dal Duomo. Ed era la terza a entrare in funzione nel mondo (pochi anni prima della fine dell’800), dopo New York e Londra. E l’Italia era “nell’alveo dei Paesi protagonisti della seconda rivoluzione industriale, quella dell’energia elettrica”. Questo incipit storico offre a Rizzo lo spunto per esaminare i temi attuali della liberalizzazione, delle offerte, delle bollette e del costo dell’elettricità, dell’efficienza e delle offerte di energia prodotta con le fonti rinnovabili. Il libro si conclude con dieci domande-chiave e con un glossario di riferimento. L’autore, giornalista scientifico ed esperto di temi energetici, è stato ricercatore in fisica al Cern di Ginevra.
Guida alle professioni nelle energie rinnovabili di Iacopo Vigevani Maggioli, 2010, pag.158, euro 22,00
Un invito a esaminare le opportunità e le carriere nel settore delle rinnovabili. Il libro è corredato da una serie di testimonianze di dirigenti e tecnici d’impianti che operano nelle specifiche aree (eolico, geotermico, solare, ecc.). L’autore, ingegnere, dopo avere lavorato nello sviluppo di fonti rinnovabili da materie di scarto, si è occupato di consulenze energetiche nazionali e internazionali.
di Timothée de Fombelle Edizioni San Paolo, 2010, pag.96, euro 9,50
Atlante ragionato delle fonti di energia (rinnovabile e non)
Un libro per ragazzi, ma non solo. La protagonista, Celeste, ha una strana malattia: tutte le “ferite” del mondo appaiono sul suo corpo. Sulla fronte, per esempio, ha una piccola macchia che ricorda l’ultimo ettaro di foresta amazzonica, mentre sulla pelle della spalla sono delineati i contorni dell’Artide. A queste macchie se ne aggiungono altre, tutte legate a disastri ecologici. Per curare Celeste, tenuta nascosta da Industry (una grande azienda a livello mondiale), c’è un solo modo: liberarla e curare il mondo.
L’Atlante riporta una esaustiva mappatura del “problema energia”. In primo piano l’autore pone il tema delle rinnovabili e della strada da percorrere per arrivare a un loro sviluppo importante. Strada ancora lunga, nel corso della quale, per sopperire alle richieste di elettricità, sarà necessario far ricorso, nel medio periodo, a un mix energetico con alcune fonti tradizionali e a continui e massicci investimenti nella ricerca per lo sviluppo delle “riproducibili all’infinito”.
di Maurizio Ricci Muzzio, 2010, pag.175, euro 19,00
Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis
“Ho scritto dell’uomo, delle sue variegate sfaccettature. Del bene e del male che a intermittenza lo attraversano e lo caratterizzano. Ho scritto d’umanità, cercando di indagare, di scandagliare, di vivisezionare. Ho usato un modello: me stesso”. (Bin S. Munhil)
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Tu sei il mio mondo
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Bi
Quel piccolo bocciolo di vita Cammino tra la natura in campagna. Osservo le piante e gli alberi. Scruto il terreno. Guardo i colori dei fiori. Hanno una particolare luce interiore e tinte che si fondono con gusto e maestria. Mi fermo davanti a un grande quercia. È vecchia e malandata. “Non sta bene”, mi dice la mia guida. “Dovrà essere potata e curata. Ma è più probabile che sia abbattuta”. Mi avvicino. Tocco il fusto con la mano. Lo accarezzo delicatamente e lo sguardo mi aiuta ad affondare i pensieri tra le pieghe della sua corteccia antica. Sono rughe. Rughe profonde che il tempo ha scavato nel suo corpo. Sono i riverberi dei dolori, delle angosce, delle febbri estive, dei freddi invernali, del vento, dei temporali, del fare dell’uomo. E forse, sono anche i segni di un’immaginazione che cercava invano la sensazione e il senso dell’amore.
Eppure, tra quelle piaghe spesse che le ricoprono il corpo, lungo uno dei rami meno forti e verdi, è spuntato un bocciolo. Tenero e vivace. Sembra avere una voce, emettere un suono, un canto lieve di gioia. È una speranza di vita. È la vita che rispunta prepotente quando sembra esaurirsi. Allora penso all’umanità. A quella odierna, che si dibatte invano alla ricerca di una giovinezza eterna inesistente. Si biacca il volto, lo cambia e lo ricambia, come fa con il corpo, grazie al bisturi, perché ha paura del tempo e delle sue impronte. Di quelle rughe che la quercia mostra fiera e mansueta, perché tracce della sua esistenza, del suo vissuto. Forte di un tempo interiore che nulla potrà mai scalfire, capace di esprimere in qualsiasi momento l’atto più bello del suo esistere: ancora un bocciolo di vita!
Mp
lo Smilzo
Filo di Nota di Mauro De Vincentiis
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Mondo Piccolo
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Il palcoscenico del mondo Scrive Shakespeare in “Come vi piace”: “Il mondo è un palcoscenico, semplici attori gli uomini e le donne che entrano ed escono a comando, e molte parti in vita sua ricopre un solo uomo”. Mentre Giacomo Leopardi sostiene che “La vita è una rappresentazione scenica e si verifica soprattutto in questo: che il mondo parla costantissimamente in una maniera ed opera costantissimamente in un’altra”. Di rimando, un aforisma della poetessa Maria Luisa Spaziani: “Il mondo è un teatro, d’accordo, ma è soprattutto la Commedia dell’Arte: le battute dobbiamo mettercele noi”.
Il tempo è “scardinato”? Un giovane Zen viveva nel timore di non meditare abbastanza. Il maestro che lo osservava gli disse: “Guarda che non c’è tanta fretta”. Mino Maccari sosteneva che “non c’è nulla come la fretta che faccia perdere tempo”. La fretta è la “malattia” più grave della nostra epoca. Le nuove tecnologie, poi, ci rubano il tempo, l’attenzione e la memoria. È così che il tempo finisce per sfuggirci. Che fare? Lamentarci con Amleto: “Il tempo è scardinato”?
Invented for life?
Yes Innovation from Bosch.
Innovations from Bosch: “Invented for life” is our mission. We develop innovations that respond today to the global problems of the future. That’s why many of the 14 patents Bosch registers every day contribute to progress in renewable energies, emission reduction and fuel economy. Doing our share for a better future. www.bosch.it
Vento in coda. Mi sporsi dall’orlo della carlinga per guardare
…E sempre il vento ci aveva largamente favorito, facendoci
le lunghe striature bianche nell’acqua sotto di noi.
risparmiare tempo e combustibile più di quanto non
Sembravano tante banderuole bianche, irregolari come
ci aspettassimo. Il vento su cui non si può mai contare,
fili ingarbugliati, ma tutte puntate in una sola direzione,
che talvolta, premendo ora su un’ala, ora su un’altra,
tutte parallele alla rotta del nostro aeroplano diretto dalla
attira impercettibilmente fuori di rotta, oppure, ergendosi
costa africana sud-occidentale, verso le isole del Capo Verde.
di fronte a noi, rende il volo un lungo e penoso scalare,
Sin da quando avevamo lasciato le Azzorre, il vento ci aveva
facendo perdere la preziosa luce diurna e consumando
aiutato, spingendoci da dietro, muggendo alle nostre spalle,
benzina. Questo vento, di solito così maligno, indocile
fischiando fra i montanti, trascinandoci con sé nella sua
e volubile, era stato nostro alleato per duemila miglia…
corrente, come una barca che, nell’ultimo tratto verso la riva, avanzi col vento in poppa e tutte le vele spiegate, senza alcuno sforzo, quasi portata da una forte marea, velocemente e facilmente…
Anne Morrow Lindberg* (in “Ascolta, il vento”, 1956)
*1907-2001. Moglie e compagna di volo di Charles Lindberg (1902-1974). Nelle pagine di “Ascolta, il vento” narra una delle trasvolate che furono celebri in tutto il mondo: quella compiuta nel dicembre 1933 a bordo di un idrovolante biposto.
Energia, letteratura, umanità
E+ Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà
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Lia Drei Lia Drei (Roma 1922-2005) è stata una delle più significative voci dell’astrattismo concretista italiano e della ricerca artistica del secondo dopoguerra. A partire dagli anni ’60, come protagonista del movimento strutturalista con operazioni ghestaltiche otticocinetiche sul rapporto colore struttura; poi, dagli anni ’90, con la pittura aniconica-strutturalista, con le opere di poesia concreta e visiva e di mail-art. Con Francesco Guerrieri è stata co-fondatrice del “Gruppo ’63” e dello “Sperimentale p”. La sua “Quadrilogia del Triangolo Rettangolo”, costituita dai libri d’artista “Iperipotenusa “ (1969), “Love’s Fragments” (1980), “Kaleidoscopio” (1988) e “The painted diamond” (1991), è stata acquistata dalla Biblioteca del MOMA di New York, dalla GNAM e dalla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, oltre che dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e di Firenze. Nella sua lunga carriera artistica Lia Drei si è imposta come una delle più attente interpreti della magia dell’arte astratta, capace di spiegare con semplicità i concetti, non sempre chiari, della “misteriosa bellezza” di forme geometriche e geometrizzanti, articolate nello spazio pittorico in scansioni ripetitive. Che, grazie alla sua fantasia - in una sorta di gioco immaginario - è riuscita a trasformare in “elementi naturali” della realtà, in manifestazione poetica di ritmi musicali scanditi dalle cromie che ne definiscono le singole individualità.
Modulo spaziocromatico acrilico su tela, 100x80 cm 1963, Collezione Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma
Dopo la sua scomparsa, numerose le personali e le retrospettive allestite in spazi museali in Italia e all’estero dove sono conservate le sue opere. Tra le partecipazioni alle rassegne internazionali di maggior prestigio ricordiamo quelle alla Biennale di Venezia (1978), alla Biennale di San Paolo del Brasile (1981), alla “Celebration of Geometric Art” al The MADI Museum di Carlise, Dallas (2005) e alla Rassegna “Artistes femmes dans les collections du Centre Pompidou - Musèe National d’Art Moderne” di Parigi (2009).
la Copertina a cura di Vittorio Esposito
Lia Drei
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Co
È L’INNOVAZIONE DI OGGI A SOSTENERE IL BENESSERE DI DOMANI.
IL NOSTRO FUTURO È COSTRUITO SUL CORAGGIO E LA RESPONSABILITÀ DELLE SCELTE DI OGGI. Crediamo che il benessere vada costruito giorno dopo giorno, pensando sempre ai bisogni di oggi e di domani. È per questo che investiamo in tutte le fonti energetiche, ricercando e usando le tecnologie più avanzate. Crediamo nell’uso compatibile con l’ambiente di gas e carbone, capaci di soddisfare subito i bisogni di energia di oggi, e investiamo nelle fonti rinnovabili per renderle sempre più competitive ed efficienti. Come Archimede, il più avanzato progetto al mondo di centrale solare termodinamica. Perché solo la responsabilità nelle scelte di oggi può garantire un benessere sostenibile domani.
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