Elementi 3 - Aprile - Giugno 2002

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• Editoriale di Pier Luigi Parcu

• Il Punto di Jacopo Giliberto / p. 4

• Primo piano

Liberalizzazione e settore elettrico “Il percorso da seguire” Lavoriamo per una buona liberalizzazione del settore elettrico / p. 6 Intervista al Ministro Antonio Marzano _ Liberalizzazione efficace se in sintonia con l'ambiente / p. 11 Intervista al Ministro Altero Matteoli _ Clienti liberi: soglie più basse, mercato più ampio? / p. 15 Parlano Giuseppe Gatti, Roberto Formigoni e Fabio Leoncini _ L'AU? Importante oggi, più importante domani / p. 19 A colloquio con Fabio Gobbo Liberalizzazione in Europa / p. 22

L'esperienza inglese

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Rete elettrica di trasmissione indipendente, spina dorsale di un mercato elettrico / p. 23 S. Holliday, AD di National Grid, racconta il sistema elettrico UK _

L'esperienza spagnola Una liberalizzazione con il vento in poppa / p. 27 Incontro con Pedro Mielgo presidente di Red Electrica _

Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. postale 70% - Roma

• Management Un caffè con…Mogol La comunicazione è efficace se vera. È vera se c'é sensibilità e cultura / p. 31 _ • Virgolette Una lingua unica in azienda / p. 34 _ • Lavoro I nuovi scenari del lavoro, tra complessità e incertezze / p. 35 Intervista a Luciano Gallino _ • In punta di penna Flessibilità, parola ambigua / p. 37 _ • Vetrina Le pubblicazioni GRTN / p. 38 _ • In Biblioteca Il mondo ambiguo dei manager / p. 39 _ Shakespeare e il management _ • Filo di nota Elogio della siesta / p. 39 _ • Controcopertina Da Procuste a Fantozzi, la sindrome d'ufficio / p. 40

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Elementi è visibile in internet al sito www.grtn.it

Anno 2 n.3 aprile - giugno 2002

Progetto Grafico Gentil Associates

Editore GRTN

Foto Marka

Direttore Responsabile Romolo Paradiso

Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 • 00197 Roma

Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis

Registrazione presso il Tribunale di Roma n. 105/2001 del 15.03.2001

Editing Maria Pia Terrosi

Realizzazione impianti e stampa D.G.P. Srl • Via Tiburtina, Km 18.300 • Setteville di Guidonia - Roma

Hanno collaborato a questo numero: Paolo Bustaffa, Fausto Carioti, Barbara Corrao, Luca Del Pozzo, Goffredo Galeazzi, Jacopo Giliberto, Vincenzo Giovagnoni, Giusi Miccoli, Alessandro Perini, Francesco Signoretta.

Finito di stampare nel mese di aprile 2002


e

Pier Luigi Parcu

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L’avvio al più presto della borsa dell’elettricità è senz’altro uno dei temi caldi della riforma del settore elettrico. La maggior parte degli addetti ai lavori è concorde su almeno un punto: sì all’accelerazione della partenza del mercato organizzato e all’estensione delle transazioni, superando l’attuale fase di pre-mercato limitata agli scambi sull’import disponibile e sull’energia c.d. Cip6. Accelerare significa arrivare preparati alla scadenza prevista, cioè completare il quadro di regole e di procedure che fanno della borsa un’istituzione organizzata in grado di operare in modo trasparente, certo e stabile. In questa direzione molte cose sono state fatte, altre sono giunte ad una buona fase di maturazione e, su altre, infine, occorre concentrare gli sforzi per la realizzazione (priorità nel dispacciamento delle fonti rinnovabili, regolazione dei rapporti dell’AU con i distributori, sistemi di metering). Peraltro, l’avvio della borsa non potrà che essere progressivo e solo dopo aver sperimentato i suoi meccanismi di funzionamento e di interazione si potrà giungere gradualmente, attraverso i necessari processi di apprendimento e di adattamento, ad un sistema a regime, come dimostrano, del resto, le esperienze in altri paesi, qui ben raccontate da Steve Holliday, Amministratore Delegato di National Grid e da Pedro Mielgo, Presidente di Red Electrica. La caratteristica del sistema italiano di generazione e la rilevante concentrazione di capacità produttiva nelle mani di un operatore suscita perplessità tra gli addetti ai lavori che paventano il rischio dell’esercizio del potere di mercato da parte dell’operatore dominante. Al problema hanno recentemente dimostrato sensibilità Governo e Parlamento, oltreché le Autorità che si occupano istituzionalmente di concorrenza. L’avvio della borsa può far emergere eventuali situazioni da correggere ed è l’occasione per accelerare il funzionamento delle decisioni strutturali già intraprese (in primo luogo il completamento delle misure deconcentrative e l’acquisizione dell’autonomia dei comportamenti da parte delle società acquirenti delle GenCos). Senza sottovalutare il fatto che esistono nell’ordinamento italiano gli strumenti per intervenire e, se del caso, sanzionare comportamenti di abuso di posizione dominante. Tuttavia, in presenza di un operatore dominante, il rischio principale, nel brevemedio termine, non appare quello dell’esercizio del potere di mercato attraverso aumenti indiscriminati, ma quello di “determinare” il prezzo dell’elettricità, che significa in concreto una rigidità nella discesa dei prezzi. In ogni caso, le speranze di riduzioni permanenti dei prezzi dipendono in gran parte dall’evoluzione delle caratteristiche strutturali del parco di generazione italiano e non dai comportamenti degli operatori in borsa. Il dibattito alimentato negli ultimi tempi sull’insufficienza di potenza elettrica in Italia può costituire un buon punto di partenza per accelerare la risoluzione anche di questo problema. Come sottolineato, in questo numero di Elementi, dagli autorevoli interventi dei ministri Marzano e Matteoli. Una caratteristica determinante sarà infatti quello di stimolare la realizzazione di nuova capacità produttiva e la diversificazione del parco impianti verso una maggiore efficienza del sistema. Altrettanto importante sarà accelerare la realizzazione dei piani di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, elemento essenziale per superare strozzature e congestioni che hanno anch’esse un costo economico e soprattutto per superare le differenze geografiche che in un sistema liberalizzato tendono altrimenti ad accentuarsi.

aprile/giugno 2002

editoriale

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IL PUNTO

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di

Jacopo Giliberto Il gioco del vocabolario energetico. Da A come Approvvigionamenti (è il caso del metano che arriva dai Paesi “caldi”) fino alla Z di Zolfo (le cui emissioni dalle ciminiere delle centrali elettriche sono contestatissime). In mezzo le mille parole di una liberalizzazione elettrica che dopo tre anni di aggiustamenti e tentativi, ora entra nel vivo. Si aprono le discussioni che nell’autunno del ‘98 non avevano accompagnato l’elaborazione del decreto Bersani di riassetto elettrico, entrato in vigore il 1° aprile ‘99. Si discute di Borsa elettrica, di posizioni dominanti, di Acquirente unico, di Europa, di ingessature, di linee per l’alta tensione, di nucleare, di ruolo dell’Autorità dell’energia, di nuove centrali. Ma il nodo centrale - che non interessa il solo settore elettrico, con le sue centrali e le sue linee di alta tensione, ma riguarda l’industria del metano, lo sfruttamento dei giacimenti, l’industria chimica, le telecomunicazioni, le nuove ferrovie - è che nell’Italia di oggi non si riescono a costruire nuove installazioni.

“ ”

In Italia oggi è difficile costruire nuovi impianti

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Appena arriva un nuovo progetto, nasce il comitato locale contro il progetto. È un segnale per certi versi positivo: completato l’abbandono dell’Italia rurale, oggi il “progresso” è rappresentato dal sentire come superflua una nuova centrale elettrica (o un ripetitore di telefonini, un terminale gas, uno stabilimento chimico). Un proverbio dice: al meglio ci si abitua subito. Osserva il ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli: “anche se le centrali di oggi sono piccole e con emissioni modeste rispetto a quelle di pochi

Liberalizzazione e settore elettrico: il percorso da seguire

decenni fa, comunque si tratta di impianti con un impatto rilevante”. Indosso per qualche riga i panni del comitato del no. La luce, l’abbiamo. Il telefonino ha campo. Non ha senso snaturare ancora di più la mia città, il mio paese, il territorio nel quale mi identifico, per posare nuove linee o alzare ciminiere. Linee o ciminiere che danneggiano me per portare profitti ad altri. Il comitato del no dice proprio così: “profitti”, sentendosi vittima di un furto. Finché non si supera questo scoglio psicologico, alcuni rimedi come i decreti sblocca-centrali sono l’aspirina che agisce sui sintomi, non sulle cause della malattia. Tant’è che oggi per avere una pur vaga possibilità di costruire una centrale elettrica non basta individuare il luogo e concentrarsi su progetto e procedure. Bisogna individuare due, tre, cinque posti diversi e moltiplicare gli sforzi in tutti i luoghi individuati, nella speranza che almeno uno sia approvato. Una conferma viene dalla relazione presentata di recente dal Gestore della rete di trasmissione durante un’audizione parlamentare. Al 31 dicembre scorso erano state censite 646 domande di connessione alla rete di alta tensione (cioè progetti di nuove centrali) pari a 114.600 megawatt. Se fossero realizzati tutti i progetti, l’Italia triplicherebbe la sua capacità produttiva. Simile - per gli ostacoli locali - è il problema delle linee. Non si riesce a posare nuovi tralicci. “No all’elettrosmog” insorgono i sindaci e i loro cittadini elettori. Per questo motivo il ministro Marzano dice che “è necessario mettere mano anche alle attuali farraginose procedure che regolamentano la costruzione delle linee elettriche. In tal modo si potrà trasportare energia dove necessita e soprattutto eliminare le congestioni che oggi si hanno in alcune aree del territorio e che possono influire sulla ubucazione delle nuove centrali elettriche e di conseguenza sugli insediamenti produttivi”.


IL

Occorre definire bene la regionalizzazione dell’energia

Jacopo Giliberto

Questo tema - il rapporto fra le esigenze nazionali e i bisogni locali - si ripropone nella “regionalizzazione” dell’energia. La nuova legge costituzionale sul federalismo affida alle Regioni compiti di larga autonomia nel campo energetico, lasciando al Governo il solo ruolo di coordinamento. Una definizione vaga che, in assenza di confini precisi fra le competenze, si presta al gioco della coperta troppo corta. Ognuna delle parti, l’amministrazione statale da un lato e la Regione dall’altro, tira per avere tutto per sé, senza lasciare alcuna competenza alla controparte. Si arriva agli eccessi di invocare un Piano energetico nazionale condannato all’insuccesso prima ancora di nascere, o si chiede di distruggere ogni forma di coordinamento comune per arrivare al localismo più acceso. Eppure entrambe le parti hanno ragioni valide per avocare a sé ogni competenza. Nel settore nergetico, osserva Marzano, è a repentaglio la stessa funzionalità del sistema. Un altro grande tema è quello dei processi interni al sistema elettrico. Per esempio, il nodo della Borsa dei chilowattora, per la quale il ministro delle Attività produttive, Antonio Marzano, assicura l’avvio a ottobre. Una Borsa elettrica modellata sull’esempio degli altri power exchange, come quello spagnolo, ha ripetuto più volte l’amministratore delegato del Gestore del mercato, Alberto Pototschnig, per difendersi dalle osservazioni ricorrenti di “farraginosità”. A questo, aggiunge l’AD del GRTN, Pier Luigi Parcu, “bisogna completare il quadro di regole e procedure che fanno della Borsa un’istituzione organizzata capace di operare i modo trasparente, certo e stabile”.

“ ” Quanto spazio dare ai contratti diretti fuori dalla Borsa?

Quanto spazio dare ai contratti diretti fuori dalla Borsa? “Si ha un vero power stock exchange quando tutta l’energia, e di conseguenza il prezzo, passano attraverso la Borsa. Se gli over the counter saranno molto limitati, la Borsa garantirà fonti illimitate e il mercato potrà allargarsi rapidamente”, dice Roberto Formigoni dell’Enel Trade. E il ruolo dell’Acquirente unico? Risponde il vicepresidente Fabio Gobbo: “In un mercato in cui, nonostante la liberalizzazione avviata da qualche anno, opera un soggetto che controlla tuttora, dopo la cessione delle prime due Genco, circa il 60% della generazione al netto dell’autoproduzione, oltre l’80% della distribuzione e circa il 35% della vendita al mercato libero, direi che non solo l’Acquirente Unico è importante ma che è necessario per la tutela dei clienti del mercato vincolato”. e

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PUNTO

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PRIMO PIANO

Intervista a

Antonio Marzano*

Liberalizzazione settore elettrico: il percorso da seguire

* Ministro delle Attività produttive

Lavoriamo per una buona liberalizzazione del settore elettrico Sì all’unificazione di proprietà e gestione della rete elettrica. Dopo lo “sblocca centrali” il Governo pensa a provvedimenti per superare le farraginose procedure per la costruzioni di linee elettriche. In materia energetica diamo a Parlamento e Governo responsabilità e poteri per salvaguardare l’unitarietà di comportamento e di funzionalità garantita dallo Stato; alle Regioni e agli Enti locali poteri e responsabilità propri del loro ambito territoriale. La “borsa elettrica” partirà ad ottobre. Ma i prezzi non dovranno essere più alti degli attuali; dovranno essere uguali in tutta Italia e il Ministero delle attività produttive dovrà avere poteri d’intervento in caso di crisi o di anomalie speculative. E occorrerà rimuovere degli ostacoli, come gli stranded costs e la fiscalità che penalizza alcune fonti. Mercato Europeo dell’energia? È necessario, ma occorre stabilire condizioni di corretta competizione tra gli operatori.

Antonio Marzano

di Romolo Paradiso

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Signor ministro, sembra ormai matura la riunificazione tra proprietà e gestione della rete elettrica. Se ciò dovesse accadere, che tipo di società ne scaturirebbe?

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La separazione tra gestione e proprietà della Rete di Trasmissione Nazionale, così come è stata prevista dal decreto Bersani, ha mostrato tutti i suoi limiti. Il Governo è d’accordo per la riunificazione, così come gli operatori del settore. La società che risulterà dall’aggregazione offrirà maggiori garanzie di neutralità, sicurezza e razionalità nell’esercizio, nella manutenzione, nello sviluppo e quindi nella gestione dei flussi di energia sulla rete. Tale società potrebbe essere esercitata attraverso un soggetto imprenditoriale in grado di operare con le logiche di mercato e nell’ambito degli indirizzi che il Governo vorrà dargli. Un passo importante verso la liberalizzazione del settore elettrico sembra essersi compiuto con l’approvazione del decreto sblocca centrali.

Dopo che il Regolamento “sblocca centrali” si era arenato in Conferenza Unificata non si poteva più attendere. Il rischio di andare incontro a periodi di insufficiente capacità di produzione rispetto alla domanda e quindi a possibili blackout è già oggi molto concreto ed il Paese non può permettersi tale prospettiva. Mi sono convinto a rompere gli indugi ed a percorrere la strada del decreto legge che prevede procedure con le quali, insieme alle Amministrazioni locali, daremo certezze agli operatori che presenteranno progetti validi per costruire, in tempi certi, centrali elettriche moderne, a minor impatto ambientale ed in grado di produrre energia a basso costo di cui abbiamo estremo bisogno. Ma questo potrebbe non essere sufficiente a superare gli ostacoli che impediscono una vera liberalizzazione. Per aumentare la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per contribuire a rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono ad una completa


PRIMO PIANO

Antonio Marzano

liberalizzazione del settore elettrico è necessario mettere mano anche alle attuali farraginose procedure che regolamentano la costruzione delle linee elettriche. In tal modo si potrà trasportare l’energia dove necessita e soprattutto eliminare le congestioni che purtroppo si hanno in alcune aree del territorio e che possono influire sulla ubicazione delle nuove centrali elettriche e sugli insediamenti produttivi. Il Governo è consapevole di questo e si è già mosso inserendo gli elettrodotti tra le grandi infrastrutture strategiche che possono usufruire delle norme di semplificazione previste dalla recente legge obiettivo ed altri provvedimenti sono attualmente allo studio. La “regionalizzazione” delle politiche energetiche, che riflessi può avere sulla politica energetica nazionale e sul mercato dei servizi pubblici locali?

A chi appartiene la rete di trasmissione nazionale Terna (Gruppo Enel)

94,136 %

Municipalizzate AEM Milano AEM Torino ACEA Roma ASM Brescia AGSM Verona AEC Bolzano

2,355 % 1,060 % 0,184 % 0,812 % 0,171 % 0,074 % 0,054 %

Produttori Edison Sondel Caffaro Sogetel ISE

3,076 % 2,426 % 0,498 % 0,082 % 0,039 % 0,031 %

FFSS

0,432 %

La legge costituzionale emanata alla fine della scorsa TOTALE legislatura, non adeguatamente approfondita dai lavori parlamentari, sostituisce, tra l’altro, il precedente articolo 117 stabilendo nel nuovo testo, che sono materie di “legislazione concorrente” anche quella relativa alla”produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”. Nello stesso articolo, così come sostituito, è disposto che nella materia di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la “determinazione dei principi fondamentali”, riservata alla legislazione dello Stato. Le conseguenze della norma nel settore energetico non si limitano, a mio giudizio, a quelle, comuni a diverse altre attività oggi di competenza centrale, di impatto amministrativo ed economico, ovvero di disfunzioni connesse alla gestione del transitorio. Nel settore energetico, almeno per alcuni aspetti, la norma mette a repentaglio la stessa funzionalità del sistema con il rischio di indurre nel breve-medio termine gravi problemi nella stessa fornitura dei servizi per loro natura essenziali. Ciò deriva dal fatto che sia le risorse energetiche, sia le attuali infrastrutture energetiche hanno allocazione, configurazione e funzionalità di carattere nazionale. A titolo di esempio: • la rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica, che collega le principali centrali di produzione e le linee di importazione, necessita di una gestione unitaria per assicurare l’approvvigionamento di tutte le regioni, molte delle quali non sono autosufficienti per la copertura dei propri consumi; la gestione regionale di tale rete è tecnicamente impossibile • la rete nazionale di trasporto del gas naturale ha caratteristiche analoghe a quella elettrica • gli stoccaggi di metano (l’attività di stoccaggio non è citata nemmeno tra le materie a legislazione concorrente) sono concentrati in massima parte nell’Emilia Romagna; dal loro utilizzo coordinato dipende la possibilità di equilibrare in tutta Italia la domanda e l’offerta di metano, in particolare durante il periodo invernale; in assenza di un coordinamento nazionale dello stoccaggio il funzionamento del sistema gas è impossibile • le importazioni, da cui l’Italia dipende in larga misura, di energia elettrica, di metano e di petrolio (anch’esse non citate nemmeno come materia

100 %

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Fonte: GRTN

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PRIMO PIANO

Antonio Marzano

“concorrente”) sono possibili attraverso infrastrutture che esistono solo in poche regioni; ad esempio le linee di import elettrico sono in massima parte nel nord del Paese • la produzione di energia idroelettrica, di metano e di petrolio è anch’essa concentrata in poche regioni italiane. Paradossalmente non essendo citati espressamente “importazioni e stoccaggio” nel testo costituzionale ne conseguirebbe un’attribuzione esclusiva alle regioni. L’elemento di maggiore preoccupazione è che, in questo nuovo contesto quantomeno di incertezza, gli operatori rinuncino a portare avanti gli investimenti indispensabili per il sistema energetico per consentire di soddisfare la domanda in particolare di energia elettrica e di gas. Ciò porterebbe in breve tempo a non poter garantire l’approvvigionamento di energia elettrica e gas. Di chi sarebbe la responsabilità di un’Italia che è priva di energia o ne dispone a carissimo prezzo? Della singola regione o delle regioni che non hanno assicurato l’equilibrio domanda-offerta o la sicurezza degli approvvigionamenti? O dobbiamo immaginare scenari in cui, in perfetta contraddizione con l’obiettivo del mercato unico europeo, ciascuna regione sia un mercato isolato con tutte le conseguenti inefficienze ?

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Da quanto sopra consegue che nella specifica materia dell’energia la determinazione da parte del Parlamento dei soli principi fondamentali non sia sufficiente per salvaguardare nel concreto l’unitarietà di comportamento e di funzionalità garantita dallo Stato. È perciò necessario, a mio parere, correggere rapidamente l’errore e riportare al Parlamento ed al Governo le responsabilità ed i necessari poteri. Questo non vuol dire estromettere le regioni e gli enti locali dalla politica energetica: ma, al contrario, dare ad essi, e completamente, le responsabilità ed i poteri che sono propri del rispettivo ambito territoriale.

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Previsioni sulla domanda elettrica Anno

Miliardi di kWh

Tasso medio annuo

PIL

Intensità elettrica*

2003

321,9

+ 3,3 %

+ 2,6 %

+ 0,7 %

2004

333,2

+ 3,5 %

+ 3,0 %

+ 0,5 %

2005

345,0

+ 3,5 %

+ 3,1 %

+ 0,4 %

* Rapporto tra la domanda o il consumo di energia elettrica e il PIL, o il valore aggiunto dei settori produttivi Fonte: GRTN


PRIMO PIANO

Antonio Marzano

La costruzione all’interno di siti industriali già esistenti di micro centrali, può essere una soluzione momentanea a far fronte alla crescita del fabbisogno energetico? Le procedure che regolamentano la costruzione di centrali elettriche all’interno di siti industriali sono oggi più semplici rispetto a quelle “greenfield”. Per questo ci aspettiamo che la loro realizzazione riscuota sempre più l’interesse degli operatori. Anche se la gran parte di esse saranno di piccola taglia, il loro apporto sarà particolarmente utile perché, sparse su tutto il territorio nazionale e soprattutto vicino al loro presumibile cliente, contribuiranno a decongestionare la Rete di Trasmissione Nazionale. Come potrebbero essere utilizzati gli impianti attualmente non operativi? Tra gli impianti autorizzati ce n’è una parte non trascurabile che risulta non più attiva o lo è solo parzialmente a causa, principalmente, di obsolescenza degli impianti e quindi con problemi di inquinamento e costi di produzione alti e fuori mercato. È auspicabile, quindi, che essi vengano riattivati e tornino a produrre energia ma più pulita ed a minor costo. Parliamo di borsa elettrica. Si parte ad ottobre? Ma quali gli ostacoli da superare?

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Per favorire la competizione ed indurre l’efficienza intendiamo accelerare al massimo la partenza della borsa dell’elettricità, che dovrebbe essere pronta entro il prossimo mese di ottobre. I principi generali perché la borsa soddisfi le aspettative sono tre: • nessuno deve pagare più di quanto pagasse in precedenza; • i prezzi stabiliti dal mercato devono essere unici sul territorio nazionale perché l’obiettivo è creare un mercato unico; • in caso di crisi o anomalie speculative, il Ministero deve essere dotato di poteri di intervento di ultima istanza. Ma nell’attuale sistema elettrico esistono alcune strozzature ed anomalie che occorre rimuovere o almeno limitare per conseguire pienamente il risultato della riduzione dei prezzi. In particolare alcuni gravosi ostacoli sono rappresentati da: la composizione del paniere delle fonti energetiche per la produzione di energia elettrica; • gli oneri di sistema ( “stranded costs” e “CIP 6”) • la fiscalità che penalizza alcune fonti ( carbon tax ).

Intanto hanno fatto la loro comparsa sul “mercato elettrico” i certificati verdi. Rappresentano veramente un “mercato nel mercato”? I certificati verdi sono stati introdotti dal decreto legislativo 79/99 per incentivare l’uso delle energie rinnovabili. Essi etichettano l’energia verde prodotta e sono oggetto di negoziazione tra le parti. In questi giorni, d’intesa con il Ministro dell’Ambiente, ho emanato un decreto che perfeziona alcuni aspetti contenuti nel precedente decreto della fine del 1999 anche se la materia, in previsione dell’avvio della borsa elettrica, dovrà essere rivista per affinarla ulteriormente.

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PRIMO PIANO

Antonio Marzano

L’import Chi acquista di più elettricità all’estero (in GWh) anno 2000

Paese Germania Spagna Francia Italia Paesi Bassi Austria Svizzera

GWh importo 42.336 12.212 3.879 44.347 26.191 13.419 23.629

Fonte: GRTN

Cosa occorre per accelerare la costituzione del mercato unico dell’energia?

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La liberalizzazione può essere applicata in tanti modi, non tutti egualmente efficaci. L’inefficacia può essere voluta, ed alcune liberalizzazioni in Europa ne sono testimonianza, ovvero può essere solo il risultato di regole inefficaci. Il primo elemento che occorre tenere in considerazione è che, se in Europa non esiste ancora un vero mercato unico dell’energia, esiste tuttavia da tempo un mercato unico finanziario. Ciò vuol dire che, in presenza di regole di liberalizzazione non equilibrate tra i diversi Paesi membri, alcune imprese possono trarre vantaggio delle rendite e dei privilegi sul mercato interno per un proficuo shopping nei mercati degli altri. In sostanza, se nell’emanare le direttive europee si cede ad un eccesso di compromessi, le liberalizzazioni possono produrre guasti ed anomalie e inficiare la costruzione di un mercato veramente unico. Il primo impegno deve essere quindi quello di stabilire in Europa condizioni di corretta competizione tra gli operatori. È necessario uno sforzo politico congiunto per far convergere anche i Pesi meno convinti sull’obiettivo della piena liberalizzazione. Ma se questo tentativo dovesse fallire, condivido la necessità che la Commissione vada avanti comunque con gli strumenti che il trattato le offre. Altrimenti rimarrebbe solo la strada dell’introduzione, accanto al principio della sussidiarietà, di quello della reciprocità, contrario allo stesso fondamento del mercato interno. L’obiettivo del mercato unico europeo non è facile da raggiungere: lo testimoniano le difficoltà che da anni incontrano in sede europea i processi di liberalizzazione, ma a Barcellona il Vertice europeo ha trovato un accordo virtuoso. Sappiamo di non essere soli a perseguire questo obiettivo. Con la Spagna ed il Regno Unito, ma anche con altri Paesi e con la stessa Commissione europea, condividiamo intenti e convinzione: ci sono elementi per essere ragionevolmente ottimisti. Faremo di tutto per far valere le nostre ragioni in Europa perché non possiamo fermarci sulla strada delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni in Italia: al contrario è necessaria una accelerazione perché il percorso è ancora lungo e nessun sostanziale beneficio è stato percepito dalle imprese e e dalle famiglie.


Intervista a

PRIMO PIANO

Altero Matteoli*

Liberalizzazione settore elettrico: il percorso da seguire

* Ministro dell’ambiente

Liberalizzazione efficace se in sintonia con l’ambiente I provvedimenti del governo vanno nella direzione giusta. Al ministero dell’Ambiente circa 150 domande per nuovi impianti di potenza termica superiore a 300MW. Più snella ora la procedura della VIA. Kyoto? Uno stimolo per il nostro sistema elettrico-industriale. I Certificati Verdi, una buona opportunità, ma occorrono sanzioni certe per chi non soddisfa gli obblighi. Alzare la quota del 2% di energia da fonti rinnovabili importante per ridurre ulteriormente gli effetti ambientali. Altero Matteoli

di Francesco Signoretta Chi si aspettava che la liberalizzazione del mercato elettrico portasse tagli sostanziosi alla bolletta è rimasto deluso. In Italia il costo del kWh è ancora tra i più alti d’Europa e la diversificazione dell’offerta è tutta da realizzare. Vero, il kWh costa ancora molto caro. Il governo è impegnato ad abbassarne il prezzo, ma è evidente che non ha la bacchetta magica. La sua riduzione passa per fattori molto diversi: creazione di un sistema competitivo dell’offerta di energia elettrica, ovvero tra i produttori, che si realizza nella Borsa elettrica; investimenti in nuovi impianti di elevata efficienza, di cui quelli a ciclo combinato sono i più significativi; investimenti nella riconversione degli impianti a basso rendimento esistenti; riduzione della componente parafiscale della tariffa relativa agli oneri generali afferenti al sistema elettrico e, per quanto è possibile, interventi sulla componente fiscale.

“ ” importante migliorare l’efficienza negli usi finali di energia

Non è solo una questione di costi. C’è anche chi paventa una situazione come quella californiana, dove una delle più ricche aree del pianeta è ormai a rischio black out.

La vicenda californiana non è trasferibile tout court in Italia. In comune ci sono le difficoltà ad autorizzare la costruzione

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Sviluppo energetico e compatibilità ambientale: questi i termini della questione che in futuro l’Occidente industrializzato dovrà essere in grado di far “dialogare”, se vorrà disporre delle quantità di energia necessarie per garantire crescita e bisogni della popolazione, senza ricadute intollerabili sul fronte della salute e della salvaguadia dell’ambiente. E per l’Italia la situazione che si verrà a creare potrebbe essere addirittura più difficile rispetto al resto del mondo industrializzato. Siamo il Paese dai “mille campanili”, con città ricche di storia e tali da rendere complicatissimo l’inserimento di nuove centrali. Ma siamo anche una delle maggiori potenze industriali del pianeta e abbiamo bisogno di nuova energia a costi concorrenziali, per poter competere senza “complessi” sui mercati internazionali. La legge Bersani (n. 79 del ‘99) ha già dato il primo colpo al monopolio dell’Enel, ma il sistema è imperfetto: gli attesi tagli alle bollette elettriche stentano ad arrivare, gli elettrodotti non si costruiscono, le nuove centrali rimangono bloccate nelle maglie delle competenze territoriali e sotto il tiro dei comitali locali di protesta. Tutto ciò in un contesto che ci vede dipendenti dall’estero per il 16% dei consumi. Costruire centrali, insomma, non è mai stato tanto difficile, mentre il Paese ha bisogno di più sviluppo per tenere il passo dei partner internazionali. Su queste tematiche abbiamo rivolto alcune domande al ministro dell’Ambiente, Altero Matteoli, competente, tra l’altro, per quanto attiene alle valutazioni di impatto ambientale (VIA).

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PRIMO PIANO

Altero Matteoli

I progetti che hanno superato il VIA Sannazzaro dè Burgundi Agip Petroli (nella raffineria) Potenza totale: 1.030 megawatt

Voghera (Pavia) Foster Wheeler Italiana Potenza totale: 700 megawatt (di cui 400 per produrre elettricità; la differenza sarà impiegata per altri usi)

Candela (Foggia) Edison Potenza totale: 643 megawatt (di cui 400 per produrre elettricità; la differenza sarà impiegata per altri usi)

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Altomonte (Cosenza) Sondel (Edison) Potenza totale: 900 megawatt

12 Fonte: Il Sole 24 Ore - aprile 2001

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e l’esercizio di nuove centrali. A fronte di una domanda crescente di allacciamenti, dovuta a progetti d’investimento per una potenza equivalente di alcune decine di GW, gli impianti effettivamente in costruzione riguardano pochi casi, per cui si sta producendo una sistematica erosione del margine di riserva disponibile. Il decreto legge di recente approvazione, semplificando gli iter autorizzativi, appare come la soluzione a breve termine più efficace per aumentare l’offerta ed evitare rischi di black out. Contemporaneamente, dal lato della domanda, deve essere perseguita una politica di contenimento del fabbisogno nazionale con il miglioramento dell’efficienza negli usi finali di energia, che ha una valenza positiva anche dal punto di vista ambientale. Una soluzione a più lungo termine è la diversificazione del parco centrali per evitare rischi di crisi energetica da impatto internazionale. Libero o meno, il sistema ha comunque bisogno di crescere. Infatti importiamo dall’estero il 16% del nostro fabbisogno energetico. E la domanda aumenta. In uno scenario di sviluppo del sistema di generazione elettrica nazionale i problemi debbono essere valutati con riferimento sia alla generazione centralizzata (centrali di grande taglia), sia alla cosiddetta generazione distribuita, costituita da impianti di piccola taglia che consentono di utilizzare risorse idroelettriche marginali (giacimenti di gas minori isolati) e di produrre in cogenerazione elettricità e calore a livello di industria o di piccolo insediamento urbano. L’esigenza dello sviluppo congiunto delle due forme di generazione è confermata dall’esperienza dei processi di


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Altero Matteoli

liberalizzazione in altri Paesi. L’autorizzazione delle grandi centrali è di competenza ministeriale. Il problema è di identificare una griglia di riferimento che consenta di effettuare scelte più corrette tra il gran numero di impianti per i quali è stato avviato l’iter autorizzativo. Per questo, con il ministero delle Attività Produttive e con le Regioni, stiamo elaborando un documento condiviso di linee guida che consenta di facilitare il processo decisionale. Infine occorre sottolineare che essendo noi parte del mercato comune europeo, l’importazione potrà svolgere il ruolo di calmierare i prezzi, stanti i minori costi di produzione nei Paesi confinanti per il largo impiego dell’idroelettrico e del nucleare.

Costruire centrali comunque non è facile, anche se i progetti non mancano. Parecchi sarebbero addirittura in attesa di ricevere dal suo ministero la valutazione di impatto ambientale. La localizzazione di una centrale di generazione termoelettrica ha sempre costituito un grosso problema. Si tratta di impianti con un impatto rilevante per le emissioni inquinanti in atmosfera, per il consumo di acqua, per l’ingombro e il forte condizionamento del territorio nel quale si inseriscono. Comunque, rispetto al passato, la situazione è oggi migliorata, almeno per i nuovi impianti a ciclo combinato, alimentati a gas naturale, che associano ad alti rendimenti un ridotto impatto ambientale. Resta il problema delle grandi dimensioni e dell’inequivocabile impronta industriale della centrale, che può rappresentare un ostacolo per il territorio con vocazione di altro tipo. In genere la localizzazione delle nuove centrali trova maggiori opportunità, sia in termini di vicinanza ai grandi centri di consumo, sia per la predisposizione del sito, in aree dove già esistono altri impianti industriali ed energetici e dove spesso la situazione ambientale è già alterata. Le procedure di valutazione di impatto ambientale servono proprio a garantire la compatibilità dei nuovi impianti con quelli esistenti, ai fini di una buona qualità dell’ambiente nelle sue diverse componenti. Oggi, presso il nostro ministero, è in corso la valutazione di impatto ambientale di circa una trentina di nuove centrali, ma molti altri soggetti hanno già manifestato l’intenzione di inoltrare domanda di valutazione. In tutto sono oltre 150, di potenza termica superiore a 300 MW. La procedura finora è stata assai complessa, ma, anche in relazione alle nuove condizioni, il decreto legge di recente approvazione ha introdotto delle semplificazioni che renderanno più snello il procedimento di valutazione e quelli autorizzativi, pur facendo salvi i contenuti della valutazione di impatto ambientale e quindi in garanzia del diritto dei cittadini a un ambiente sicuro e di qualità.

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dimensioni e impronta industriale di una nuova centrale possono rappresentare un ostacolo per il territorio

Ci sono anche gli impegni internazionali. Considera il Protocollo di Kyoto un vincolo o un’opportunità? Il Protocollo di Kyoto può essere colto come uno stimolo per il nostro sistema industriale: da una parte per ottimizzare i propri cicli produttivi dal punto di vista energetico e ridurre così le proprie emissioni, dall’altra per realizzare prodotti ad elevata efficienza energetica (gli elettrodomestici, gli impianti termici, gli autoveicoli ecc.). Un esempio illuminante è dato dalla generazione elettrica che, con la scelta

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Altero Matteoli

Il Protocollo di Kyoto Siglato nel 1997, fissa gli obiettivi internazionali per la riduzione di sei gas ad effetto serra: l’anidride carbonica, il metano, il protossido di azoto, perfluorocarburo, idrofluorocarburo e esalfluoro di zolfo, sospettati del riscaldamento del pianeta. Inizialmente l’accordo prevedeva la riduzione media del 5,2% dei livelli di emissione del 1990, nel periodo 2008-2012. Obiettivo sceso al 3,8% dopo il ritiro dall’accordo degli Stati Uniti, avvenuto lo scorso anno. L’entrata in vigore del protocollo ha bisogno però della ratifica di almeno 55 Paesi che rappresentino il 55% delle emissioni mondiali di gas serra. Il 4 marzo scorso, nonostante il no degli Usa e la ritrosia di Canada e Australia, il Consiglio europeo ha ratificato l’accordo, dando via libera all’approvazione da parte dei parlamenti nazionali.

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delle nuove tipologie impiantistiche come i cicli combinati alimentati a gas naturale, coniuga contemporaneamente minori costi d’investimento unitari con minori effetti dal punto di vista ambientale. Il settore elettrico dunque, con l’introduzione degli impianti ad elevato rendimento, la diffusione delle fonti rinnovabili e l’adozione di politiche di miglioramento dell’efficienza energetica negli usi finali, sta facendo e farà sempre più la sua parte per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti.

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I certificati verdi, grande opportunità

A proposito di diversificazione, da quest’anno sono arrivati sul mercato i “certificati verdi”, rappresentano veramente un ulteriore passo verso un’energia più pulita? È sicuramente un meccanismo di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili. La definizione dei prezzi è affidata al mercato, ovvero all’equilibrio tra la domanda di chi deve soddisfare l’obbligo di immettere il 2% di energia elettrica da fonti rinnovabili e l’offerta dei produttori indipendenti che hanno la disponibilità di detta energia. In precedenza tale incentivazione rappresentava una componente della tariffa elettrica e, pertanto, era direttamente a carico del consumatore finale. Affinché il sistema funzioni ci debbono essere sanzioni certe per chi non soddisfa gli obblighi. In una politica di ulteriore riduzione degli effetti ambientali la quota del 2%, da coprire con fonti rinnovabili, potrà essere progressivamente incrementata in modo da garantire un equilibrio costante tra domanda e offerta e il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi indicati per il 2010 dalla Direttiva europea 2001/77/CE in materia di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. e


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Liberalizzazione settore elettrico: il percorso da seguire

Clienti liberi: soglie più basse, mercato più ampio? Rispondono Roberto Formigoni, amministratore delegato di Enel Trade, Giuseppe Gatti, presidente di Electrone e Fabio Leoncini, presidente dell’Aiget

Come previsto dal decreto Bersani, dal primo gennaio 2002 si sono abbassate le soglie per divenire clienti idonei. Questi sono coloro che ora hanno “consumi non inferiori a 9 GWh”, i consorzi d’imprese che rispettano la stessa soglia e ai quali aderiscono aziende con consumi minimi di 1 GWh e i cosiddetti “clienti multisito”, cioè clienti finali dotati di più punti di misura - senza alcun vincolo territoriale - il cui consumo sia risultato nel 2001 superiore a 1 GWh in ogni punto e superiore, nel totale, ai 40 GWh. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel dicembre del 2001 i clienti liberi in Italia erano 1.442 e disponevano, in totale, di 9.881 punti di prelievo. Sarebbe intuitivo presumere che dal mese successivo il loro numero abbia iniziato a crescere. Ma secondo gli “addetti ai lavori” questo è vero solo in parte. Roberto Formigoni, amministratore delegato di Enel Trade, mette in guardia da facili entusiasmi: “L’abbassamento di soglia scattato all’inizio dell’anno è solo teorico. La vera eligibilità era e resta di 1 GWh, perché tutti riescono a consorziarsi”. Nessuna espansione, dunque? “Prevediamo che la dimensione del mercato libero nel 2002 sia superiore del 20% a quella dello scorso anno. Questo, però, non tanto in conseguenza dell’abbassamento della soglia, quanto perché i clienti stanno imparando ad entrare sul mercato libero”. Analisi condivisa da Fabio Leoncini, presidente dell’Aiget

(l’associazione dei grossisti e traders di energia) e amministratore delegato di Dalmine Energie, per il quale “l’aumento della domanda libera non sarà rilevante. Alcune stime del centro di ricerche Ref parlano di un incremento di circa 3 TWh (+3%)”. Mentre secondo i calcoli “del tutto personali” di Giuseppe Gatti, presidente di Electrone e consulente energetico di Energy Advisors, “nel 2002 la domanda espressa dai clienti idonei è destinata ad aumentare all’incirca tra il 5 ed il 10% rispetto al 2001”. Anche Gatti pone l’accento sul ruolo svolto dai consorzi. Ma chiama in causa pure l’Autorità per l’Energia: “La gestione molto formalistica della procedura d’iscrizione all’albo dei clienti idonei sta vanificando in larga misura l’accesso al mercato libero dei clienti multisito. L’Autorità, ad esempio, richiede la stessa ragione sociale e partita Iva per tutti i siti, ma spesso i gruppi sono articolati in molteplici strutture societarie”. Per assistere ad un’apertura consistente del mercato libero bisognerà quindi attendere l’ulteriore abbassamento della soglia a 0,1 GWh di consumi annui, che, secondo il collegato alla Finanziaria del 2000, scatterà novanta giorni dopo la vendita della terza Genco da parte dell’Enel. A detta di Formigoni, da quel momento “il mercato libero passerà da una dimensione teorica di 110-112 TWh a una di 150-155 TWh”. Ogni considerazione sull’apertura del mercato, avvisa però l’amministratore

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di Fausto Carioti

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Liberalizzazione settore elettrico: il percorso da seguire

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Clienti che hanno ottenuto il riconoscimento di idoneità Ripartizione per natura Numero

Punti di prelievo

Consumo equivalente (TWh)

Apertura del mercato finale (%)

672 400 181 16 164 9

672 8.181 912 116

67,4 33,1 13,7 1,6

24,2 11,9 4,9 0,5

1.442

9.881

115,8

41,4

Cliente finale Consorzio - Società consortile Impresa c.f. societaria / Gruppo Multisito nazionale Grossista Distributore Totale Dati aggiornati al 14 dicembre 2001 Fonte: Autorità per l'Energia elettrica ed il Gas

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delegato di Enel Trade, “va fatta tenendo conto delle fonti. Se le fonti restano quelle attuali, probabilmente il mercato non si allargherà. Ma se la Borsa elettrica già alla partenza dovesse essere organizzata in modo da mettere a disposizione energia illimitata, la prospettiva sarebbe ben diversa”. La quantità di energia che finirà sul mercato libero rappresenta la variabile decisiva a detta di tutti gli osservatori. Per Formigoni a fine anno, venduta la terza Genco, ci sarà una grande capacità alternativa a quella dell’Enel, una parte della quale finirà sul mercato libero. Molto dipenderà allora dal ruolo degli “over the counter”, cioè dei contratti bilaterali fisici: “Si ha un vero power stock exchange quando tutta l’energia - e di conseguenza il prezzo - passano attraverso la Borsa.

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Concorrenza e prezzi

Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Grecia Irlanda Italia Paesi Bassi Portogallo Spagna Svezia Regno Unito

Clienti che hanno cambiato fornitore (in % della domanda)

Prezzo medio al consumatore finale (in Euro/MWh) - mese di luglio 2001

Grandi consumatori

Grandi consumatori

5 - 10% 5 -10% non pertinente 30% 5 - 10% 10 - 20% 30% <5% 10 - 20% <5% <5% 100% 80%

Altri

10 - 20% <5%

10 - 20% >30%

Na 68 56 36 51 61 54 60 77 62 59 52 34 58

Fonte: ‘Relazione sull’attuazione delle direttive sul gas e sull’elettricità’ della Commissione Europea SEC (2001) 1957

Famiglie e piccoli commercianti 98 120 68 55 87 122 76 101 110 94 106 88 52 91


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Liberalizzazione settore elettrico: il percorso da seguire

Se gli over the counter saranno molto limitati, la Borsa garantirà fonti illimitate e il mercato potrà allargarsi rapidamente”. Ma quali sono gli ostacoli che frenano la partenza della Borsa elettrica? “Dal punto di vista tecnico, far partire una Borsa efficiente non è difficile. Ma all’interno del mercato ci sono interessi diversi. L’impressione è che questo gioco d’interessi abbia portato l’autorità politica a non decidere ancora quale Borsa elettrica fare”. Leoncini chiede al governo l’apertura di tavoli di discussione con gli operatori e chiama in gioco l’Antitrust: “Sarebbe indispensabile un maggiore coinvolgimento di quest’Autorità, per fare chiarezza su certi eventi che possono mettere a repentaglio il funzionamento del mercato. Mi riferisco agli episodi che hanno interessato l’allocazione della capacità di importazione e dell’energia Cip 6 per l’anno in corso”.

Delibera 317/01 aggiornata con Delibera 36/02 Emanata dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Regola, dal 1.1.2002, il bilanciamento e lo scambio di energia elettrica, erogati mediante la stipula di contratti con il Gestore della rete.

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Contratti per il bilanciamento Chi può stipularli: i clienti idonei, i produttori e gli autoproduttori. Il corrispettivo dovuto. È in funzione di quanto prelevato in ogni fascia oraria. Inoltre, in caso di collegamento alla rete mediante punto dotato di misuratore orario, si aggiunge la differenza tra il proprio programma di prelievo e quanto effettivamente prelevato. Nella determinazione dei corrispettivi si tiene conto anche delle perdite di energia elettrica. Contratti per lo scambio Chi può stipularli: i clienti idonei, i produttori che producono per il mercato libero, gli autoproduttori e i titolari di bande di capacità di importazione e bande CIP 6. Il corrispettivo dovuto. Per ogni contratto siglato al termine di ciascun bimestre il Gestore della rete determina i saldi di energia elettrica dovuti per fascia oraria e li comunica al titolare del contratto. Questo può cedere i saldi positivi al titolare di un altro contratto di scambio, per compensare eventuali saldi negativi nella medesima fascia oraria. Altrimenti il Gestore della rete procede alla determinazione del saldo economico; oppure il titolare del contratto può compensare la somma dei saldi nel bimestre successivo, riconoscendo alla GRTN un onere pari al 2% del valore economico del saldo. Nella determinazione dei corrispettivi si tiene conto anche delle perdite di energia elettrica.

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Liberalizzazione settore elettrico: il percorso da seguire

Delibera 228/01 Emanata dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas “per evitare difformità ingiustificate di trattamento”. Regola, dal primo gennaio 2002, la tariffa di trasporto dell’elettricità. Uniforma la tariffa di vettoriamento per i clienti del mercato libero a quella già in vigore per i clienti del mercato vincolato. Scompare la tariffa amministrata. Le imprese di distribuzione sono obbligate a formulare diverse opzioni tariffarie, anche per la sola fase di trasporto. Il principio base. Le tariffe debbono corrispondere ai costi medi sostenuti per produrre e trasportare l’energia elettrica. È vietato attuare sussidi incrociati, cioè far pagare meno a certe categorie di clienti, a scapito di altre. Il “margine di manovra” . È consentito alle imprese di distribuzione. È la possibilità di ripartire in modo diverso le quote fisse (costo di allacciamento alla rete, potenza impegnata) e quella variabile (l’energia effettivamente consumata). È possibile introdurre tariffe variabili a seconda delle classi di consumo o dell’ora in cui è usata l’energia grazie alla misurazione garantita dai contatori digitali.

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Le categorie di opzioni tariffarie possibili “Opzioni base”. Quelle che le imprese esercenti devono obbligatoriamente offrire agli utenti, rispettando un vincolo sui ricavi ottenibili da ogni contratto. “Opzioni speciali”, per le quali il tetto riguarda i ricavi complessivi. “Opzioni ulteriori”. Nei casi in cui l’Autorità fissi una tariffa, possono essere offerte dagli esercenti unitamente a questa tariffa. Le proposte. Presentate e approvate dall’Autorità per l’energia. Le opzioni approvate sono state pubblicate sul sito internet dell’Autorità, www.autoritaenergia.com

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Quanto al rispetto dei tempi, per il presidente dell’Aiget è importante, ma sarebbe “sterile, se non addirittura controproducente, accelerare certe corsie mentre in altri campi si resta fermi”. Un esempio? “L’attuazione di quanto previsto dal decreto Bersani in materia di certificati verdi già a partire dal 2002. Anche se si tratta di uno strumento necessario per incentivare la produzione d’energia rinnovabile, rischia di comportare difficoltà per molti operatori, data la mancanza di parametri certi. Inevitabilmente questo finirà per ripercuotersi sui clienti finali sotto forma di maggiori costi”. È pessimista, e non lo nasconde, Giuseppe Gatti: “Scontiamo il vizio d’origine di una liberalizzazione concepita guardando solo al versante della domanda. Ancora per diversi anni il mercato libero non troverà un’adeguata offerta d’energia a prezzi competitivi. Sino a quando non sarà ridotta la posizione dominante dell’Enel (e occorre andare ben oltre i 15.000 MW delle tre Genco), ma soprattutto sino a quando non sarà realizzato il revamping degli impianti delle Genco e di un certo numero di impianti Enel e non si saranno costruiti almeno 10.000 MW di nuovi impianti, non vi potrà essere vera competizione sul versante dell’offerta”. e


A colloquio con

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Fabio Gobbo*

Liberalizzazione settore elettrico: il percorso da seguire

*Vice Presidente esecutivo AU

L’AU? Importante oggi, più importante domani Dice Fabio Gobbo: “l’Acquirente Unico è necessario in questa fase per la tutela delle famiglie, le piccole imprese e gli artigiani. Se la situazione evolverà la figura dell’AU potrebbe evolversi, perché è necessaria la presenza di un soggetto fornitore di “ultima istanza” capace di garantire ai piccoli consumatori energia ad un prezzo non superiore ad un determinato livello. E poi, anche nei paesi più evoluti esistono organismi che fanno da paracadute al sistema”. Fabio Gobbo

di Barbara Corrao conversione in legge dell’ultimo provvedimento del governo voluto dal ministro Antonio Marzano per sbloccare la costruzione di nuove centrali. Sono molte, insomma, le questioni aperte e le abbiamo girate a Fabio Gobbo, professore di Economia industriale alla Luiss e vice presidente operativo dell’Acquirente unico. “In un mercato in cui, nonostante la liberalizzazione avviata da qualche anno, opera un soggetto che controlla, tuttora, dopo la cessione delle prime due Genco, circa il il 60% della generazione al netto dell’autoproduzione, oltre l’80% della distribuzione e circa il 35% della vendita al mercato libero, direi che non solo l’Acquirente Unico è importante

Consumi di energia elettrica in Italia secondo tipi di attività Mercato vincolato 2000 Agricoltura Industria Terziario Domestico Totale

4.812,8 80.722 62.815,4 61.026 209.376,3

Mercato libero 2000 84,5 44.067 1.893,1 79,2 46.123,9

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Valori espressi in GWh Fonte: GRTN (Dati statistici)

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Il 2002 si è aperto come un anno cruciale per la liberalizzazione del mercato elettrico. Mancano però alcuni tasselli fondamentali per completare la nuova cornice del mercato. Come decollerà la Borsa dell’energia elettrica? E quando entrerà in funzione l’Acquirente unico concepito per tutelare i clienti vincolati ovvero le famiglie e le piccole aziende? Quale sarà il suo ruolo in attesa della completa apertura del mercato? È davvero importante per garantire i piccoli consumatori di elettricità o si può pensare ad un suo superamento dopo, o addirittura prima, l’andata a regime della liberalizzazione? Il dibattito è aperto ed è destinato a diventare più acceso dopo la

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Fabio Gobbo

elementi | aprile/giugno 2002

ma è necessario per la tutela dei clienti del mercato vincolato ovvero per le famiglie, le piccole imprese o gli artigiani che non possono ancora scegliere liberamente il proprio fornitore. Teniamo conto, poi, che ancora oggi non si riscontrano né sono prevedibili nel medio periodo, le condizioni per un equilibrato gioco competitivo. Il rischio - sottolinea Gobbo- è che i pochi benefici derivanti dalla situazione in atto vadano esclusivamente ai clienti liberi. I vincolati, invece, continuano a pagare una bolletta elettrica tra le più care d’Europa e sono ingiustamente penalizzati”. I clienti vincolati hanno finora rappresentato il 75% del mercato ma dal primo gennaio, con l’abbassamento della soglia di idoneità a 9 Gwh di consumo annuo, questa percentuale, secondo alcune previsioni, dovrebbe essere già scesa al 62%. Ma il vero salto si avrà nel 2003 quando la soglia si abbasserà ulteriormente a 0,1 Gwh - l’energia consumata da un supermercato, tanto per dare un’idea- riducendo i vincolati al 35% dei consumi totali. C’è quindi chi si domanda se abbia ancora un senso far decollare l’Acquirente unico, visto che abbiamo davanti a noi un periodo transitorio così breve. E se non sia preferibile lasciare all’Enel, che è un produttore di energia integrato a valle nella distribuzione, il compito di acquistare l’elettricità per cederla poi a grandi e piccoli clienti. “Assolutamente no - replica Gobbo - semmai è vero il contrario. Infatti il ricorso alla figura dell’Acquirente unico appare necessario proprio in quanto le diverse imprese distributrici, che sono talvolta integrate nella generazione, non hanno interesse ad acquistare da terzi energia elettrica per il mercato vincolato in modo economicamente efficiente, avendo invece interesse ad indirizzare l’energia dei loro impianti a minor costo verso i clienti idonei. Anche in termini dinamici, il distributore locale integrato a monte non ha interesse a vedere entrare concorrenti con impianti a bassi costi nella generazione. I vantaggi di un’integrazione verticale ci sono solo quando a livello terminale ci sia un mercato pienamente concorrenziale, cosa che in Italia non c’è ancora. In queste condizioni, soprattutto l’Enel può e potrà coniugare alti profitti con bassi livelli di rischio adottando le strategie che ritiene più convenienti. Quelli che maggiormente ne risulteranno penalizzati sono gli utenti del mercato vincolato”. In un mercato in evoluzione, evolverà anche la figura dell’Acquirente unico. A liberalizzazione completata, cioè quando tutti i clienti saranno liberi di scegliere il proprio distributore, questo organismo di tutela sarà destinato a morire o a cambiare funzioni dopo un certo numero di anni? “Le funzioni certamente cambieranno - osserva Gobbo - ma si è visto che anche nei mercati completamente aperti, come gli Stati Uniti, è necessaria la presenza di almeno un soggetto chiamato fornitore di ultima istanza (Default supplier o Provider of last resort) perché anche nei mercati liberalizzati ci sono consumatori che preferiscono non scegliere un nuovo fornitore oppure che lo fanno ma si


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Fabio Gobbo

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trovano spiazzati da un suo fallimento. Il fornitore di ultima istanza ha lo scopo di garantire che i consumatori di dimensioni più piccole abbiano sempre un operatore disposto a rifornirli ad un prezzo non superiore ad un determinato livello. E questo potrebbe farlo l’Acquirente unico”. Bisogna poi tenere presente la situazione di effettiva apertura esistente nel mercato della distribuzione. “Anche in un mercato libero l’Acquirente unico potrebbe mantenere la funzione di garante dei consumatori più deboli. Si deve riflettere sul fatto - conclude Gobbo - che nei sistemi esteri già liberalizzati da tempo vi è una forte resistenza da parte dei clienti finali a cambiare fornitore. In Austria, a fronte della completa liberalizzazione avvenuta il 1° ottobre 2001, solo il 6% dei clienti industriali ha approfittato dell’apertura della concorrenza. Nel settore delle famiglie, quelle che hanno scelto un nuovo fornitore sono solo l’1%. In Gran Bretagna, dove la liberalizzazione è partita dieci anni fa, meno del 40% dei consumatori ha cambiato fornitore, nonostante i nuovi entranti offrano tariffe mediamente inferiori del 13-15 per cento”. Infine un’ultima considerazione. “Anche nei Paesi più evoluti - afferma il vice presidente dell’Acquirente unico - esistono degli organismi che fanno da paracadute al sistema. Finora il grande merito dell’Enel è stato di avere svolto questo ruolo, anche se a prezzi estremamente elevati: siamo abituati a vedere razionare l’acqua, in certe zone del meridione, ma nessuno di noi si aspetta un razionamento della luce, come è successo invece in California. Ci vuole in Italia un soggetto che cerchi di ammortizzare questa evenienza? Che garantisca comunque una riserva di elettricità? Finora questo compito lo ha svolto l’Enel. Ora può farlo l’Acquirente unico”. e

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La liberalizzazione del mercato elettrico europeo

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Legge di recepimento

Soglie idoneità cons. finali

Accesso alla rete

Obblighi serv. pubblico

Regolatore

Borse elettriche

Austria

Elektrizitatswirtschafts 19.1.1999

2/99=40 GWh 2/00=20 GWh 2/03=tutti i cons. finali

Regolato

Non discriminazione, connessione e fornitura

Ministero Affari Economici

Exaa

Belgio

Loi relative à l’organisation du marché de l’electricité 24.4.1999

1999=>100GWh 7/00=>20GWh 12/00=<20GWh

Regolato

Fornitura ai clienti vincolati, regolarità e qualità dell’offerta

Creg

Non esiste

Francia

Loi 108/2000 10.2.2000

2000=16GWh

Regolato

Fornitura, sviluppo equilibrato di approvvigionamento e risorse

Commission de Regulation d’Electricité

Power next

Germania

Energiewirtschafts 1998=100% Rechts 24.4.1998

Negoziato

Nessun riferimento esplicito

Ministero Affari economici

Leipzig PX Frankfurt PX

Italia

Decreto Bersani 1979/1999

1/2000=>20GWh 1/2002=>9GWh

Regolato per clienti idonei + AU per mercato vincolato

Sicurezza e continuità nello sviluppo delle reti, connessione

Aeeg

In fase di preparazione (GME)

Paesi Bassi

Ducht Electricity Act 1.1.1999

1/99=>20GWh 1/2002=tutti i cons. finali

Regolato

Sicurezza della rete di trasporto, connessione

Nma-Dte

Amsterdam Power Exchange

Regno Unito Electricity Act 1999

1999=tutti

Regolato

Obblighi di servizio pubblico contenuti nelle licenze di fornitura e distribuzione

Ofgem

Neta

Spagna

Real decreto 54/1997

1/98=>15GWh 10/99=>1GWh

Regolato

Sicurezza e qualità dell’offerta, universalità del servizio e protezione ambientale

Comision national de la Energia

Omel

Svezia

Electricity Act 1.1.1998

1996=tutti gli industriali 2007=tutti

Regolato

Statens

Energimyndighet

North Pool (SveziaNorvegia) Elex (SveziaFinlandia)

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Fonte: Enea-Rapporto ‘Energia e Ambiente 2001


Steve Holliday*

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racconta il sistema elettrico UK

Liberalizzazione in Europa. L’esperienza inglese

* Amministratore Delegato di National Grid

Un caso di successo della politica di privatizzazione britannica

National Grid: rete elettrica di trasmissione indipendente, spina dorsale di un mercato competitivo Steve Holliday

I dieci anni che hanno rivoluzionato il sistema elettrico in Gran Bretagna raccontati dall’amministratore delegato Steve Holliday. “Un mercato elettrico competitivo nella produzione e nella fornitura di energia elettrica è la più economica, efficiente e robusta intelaiatura per soddisfare la domanda di energia e fornire servizi adeguati alle attese degli utenti”. A Steve Holliday, amministratore delegato di National Grid da appena un anno ma con una lunga esperienza nell’industria dell’energia, dalla British Borneo alla Exxon, abbiamo rivolto alcune domande sul sistema di trasmissione e sul mercato dell’energia elettrica in Gran Bretagna, completamente liberalizzato e privatizzato nel giro di 10 anni. Quali sono stati gli ostacoli incontrati nella privatizzazione del settore elettrico in Gran Bretagna? L’industria elettrica in Gran Bretagna è stata ristrutturata e privatizzata nel 1990, in seguito alla privatizzazione delle industrie di stato, incluse le

telecomunicazioni e il gas. Il passaggio dal pubblico al privato ha ridotto la proprietà statale dell’industria di oltre il 60% e ha comportato introiti per le casse dello stato superiori a 65 miliardi di sterline. La sfida principale nella ristrutturazione del settore elettrico è stata trasformare un sistema integrato verticalmente in un sistema competitivo che comportasse un miglioramento del business e benefici per i consumatori, tenendo presente che tale cambiamento andava introdotto in modo da evitare disfunzioni al sistema elettrico nazionale. È stata una sfida complessa, ma l’esperienza britannica ha dimostrato che la si può vincere. Il problema iniziale era come strutturare il settore della generazione. Il governo era preoccupato che la proprieta’ della produzione nucleare potesse rendere le compagnie di generazione meno allettanti per gli investitori finanziari; cosi’ si è deciso di creare una società ad hoc. Inizialmente sono nate solo due compagnie di generazione, sebbene in seguito siano state privatizzate anche le società nucleari. La struttura proprietaria nel settore della produzione è

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di Goffredo Galeazzi

National Grid Company Pagina

Capitale sociale

174,7 milioni di sterline (bilancio 2001)

Principali soci

il 77,99 % del capitale sociale appartiene a 14 imprese di vari settori; il 10,63 % è flottante; il 2,35 % ad imprese di vario genere; l’1,5 % appartiene a 13 imprese assicurative; lo 0,07 % a 8 imprese elettriche; lo 0,03 % a 99 banche; lo 0,01 % a 30 fondi pensione.

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Steve Holliday

La liberalizzazione in Gran Bretagna Sulla base dei criteri delineati nel libro Bianco “Privatizing Electricity” del governo Thatcher, il sistema, caratterizzato dalla presenza di un monopolista, il Central Electricity Generating Board e da oltre 600 societa’ di distribuzione, è stato suddiviso in quattro tranche. Nel 1990, la produzione è stata ripartita fra National Power (52%), Power Gen (33%) e Nuclear Electric (ora British Electric con il 15%); la trasmissione ad alta tensione, dopo una serie di passaggi è stata affidata al National Grid, societa’ quotata in borsa di cui il governo ha la golden share; la distribuzione a bassa tensione suddivisa fra 12 societa’ autonome, le Regional Electric Company, anche loro quotate, sulla base di una ripartizione geografica in regime di monopolio, mentre la vendita, inizialmente affidata alle Rec è stata progressivamente aperta alla concorrenza. Una prima apertura del mercato è scattata nell’aprile ‘90 per i clienti con oltre 1 Mw, ma dal settembre 1998 c’è la piena liberalizzazione per tutti gli utenti. Altro tassello cruciale del sistema britannico è l’Electricity Pool, con la borsa elettrica costruita sulla base di un pool obbligatorio, oggi trasformata in Neta (New Electricity Trading Arrangements) per ovviare ad alcuni dei limiti e delle criticita’ del pool. La supervisione di tutto il sistema è garantita dall’Office of Electricity regulation (Offer) e, in particolare, dal Director General of Electricity Supply (Dges), che ha poteri molto ampi: alcune sue decisioni sono immediatamente vincolanti ed inoltre può trasferire le osservazioni alla Monopolies and Mergers Commission, innescando un’indagine ufficiale. Ombre e luci, quindi, per la privatizzazione britannica a quasi 15 anni dall’avvio. La deregulation ha portato una profonda ristrutturazione, con il rinnovo del parco centrali -20 mila Mw sono stati eliminati e altrettanti ne sono stati immessi in rete - tagli del personale da 38 mila a 19 mila unita’ e forti riduzioni del costo dei nuovi impianti e del combustibile utilizzato, mentre gli utili delle societa’ di produzione sono quasi raddoppiati.

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sostanzialmente cambiata negli anni grazie alla vendita di impianti da parte degli operatori principali e all’ingresso di nuovi operatori. Una regolazione efficace e una rete di trasmissione indipendente sono risultate strumentali a questo processo, come risulta oggi da piu’ bassi prezzi di mercato. Infine il puntare sul sistema del National Grid (proprietà e gestione della rete unificate) ha permesso di fornire i corretti incentivi di lungo termine al funzionamento del sistema. Nel corso del decennio, si sono visti i benefici della separazione delle utilities integrate verticalmente. Tra il 1993-94 e il 1998-99 le bollette elettriche in Gran Bretagna sono scese del 22% in termini reali e al National Grid si deve la riduzione del 41% della quota della bolletta relativa alle spese di trasmissione, che rappresentano adesso appena il 3,9% della tariffa elettrica finale. L’iniziale privatizzazione ha interessato anche gli investimenti richiesti. Dal 1990 il National Grid ha investito piu’ di 5 miliardi di sterline del capitale di spesa. I miglioramenti hanno comportato un aumento superiore al 60% della nostra capacita’ di trasmissione lungo le principali linee, che, insieme al progresso tecnologico, ci hanno permesso di ridurre del 65% i costi dovuti alla congestione fin dal 1994. Quali i cambiamenti della privatizzazione del settore elettrico negli ultimi dieci anni? Il mercato elettrico in Inghilterra e Galles è adesso completamente liberalizzato, ciò ha portato un cambiamento inevitabile. Investimenti esteri, consolidamento attraverso fusioni e acquisizioni e diversificazione delle utilities sono fatti diventati abituali tra gli operatori privatizzati. Il mercato della generazione è totalmente mutato. Da uno altamente concentrato con un piccolo portafoglio di operatori, a uno con molte e differenti compagnie di generazione, compresi grossisti di elettricità, spesso proprietari di un’unica centrale. Con l’espansione del ciclo combinato, National Grid ha agevolato la connessione di piu’ di 22 GW di nuova generazione nel sistema elettrico. Un altro importante cambiamento è avvenuto con le società’ di distribuzione. Inizialmente era loro permesso mantenere i monopoli sulla fornitura agli utenti con livelli di consumo inferiore a 1 MW. Oggi, ogni societaà che detiene una licenza per


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Steve Holliday

fornire elettricità’, può vendere elettricità ai consumatori. Le compagnie che non dispongono di una propria rete locale, per offrire il servizio agli utenti, possono pagare per utilizzare la rete di distribuzione di altre compagnie. Così i fornitori non necessitano di proprie infrastrutture, il che aiuta a produrre liquidita’ nel mercato elettrico e spinge al ribasso i prezzi. Ma il cambiamento piu’ importante dell’intero mercato si è avuto nel marzo 2001, quando il regolatore britannico ha introdotto la nuova organizzazione del mercato dell’elettricita’ (NETA, New Electricity Trading Arrangements). Obiettivo del regolatore OFGEM nel dare vita al NETA è stato quello di rendere l’energia elettrica il piu’ simile alle altre commodity, inclusi contratti bilaterali e stabili impegni. Il NETA è stato in grado di rimuovere la capacita’ delle compagnie di generazione di affidarsi ai meccanismi di fare pool per le proprie entrate, con i margini di produzione largamente invariati dalla privatizzazione, guidati adesso unicamente dalle forze di mercato. National Grid, come operatore della trasmissione elettrica, ha giocato un ruolo chiave nello sviluppare la “governance”, le regole del mercato e il progetto di sistema per il NETA. Quali sono stati i vantaggi della privatizzazione per il National Grid?

Prezzi dell’energia elettrica all’utente finale in alcuni Paesi europei [in eurocent/kWh al lordo di imposte] gennaio 2002

Prezzo

Prezzo

Prezzo

Belgio minimo medio massimo

500 kW 6,80 8,16 9,16

10 MW 4,56 5,65 6,67

80 MW 3,76 4,21 5,12

Paesi Bassi Prezzo minimo medio massimo

500 kW 6,05 7,12 8,15

10 MW 4,76 5,65 6,53

80 MW 3,58 4,33 5,28

Francia minimo medio massimo

500 kW 5,06 6,11 6,89

10 MW 3,91 4,61 5,65

80 MW 3,22 3,73 4,01

Germania Prezzo minimo medio massimo

500 kW 5,41 6,26 7,36

10 MW 4,04 5,02 5,51

80 MW 3,73 4,76 5,30

Italia minimo medio massimo

500 kW 10,14 10,66 11,07

10 MW 6,34 6,97 7,86

80 MW 4,80 5,47 6,61

Regno Unito Prezzo minimo medio massimo

500 kW 6,44 6,88 7,30

10 MW 4,88 5,34 5,89

80 MW 3,81 4,61 4,90

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Fonte: Energy Advice

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elementi | aprile/giugno 2002

La proprieta’ privata ha dato al National Grid una chiarezza di scopo, che ha permesso di evidenziare ciò che facciamo meglio: una rete di trasmissione funzionante, affidabile e efficiente. Eccellente ingegneria, innovazione e uso della tecnologia hanno contribuito poi a produrre sostanziali benefici per i consumatori attraverso prezzi piu’ bassi e un incremento di affidabilità. Abbiamo libertà di innovare e siamo all’avanguardia nell’agevolare l’innovazione tecnica e commerciale. Per esempio, il rapido sviluppo e l’installazione dei nuovi modelli di conduttori hanno fatto crescere la capacita’ di circuito e i migliori sistemi di organizzazione manageriale permettondo di individuare con maggior chiarezza il settore dove investire. La creazione di una regolazione basata sull’incentivo si è risolta in nuovi standard per

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PRIMO PIANO

Steve Holliday

la gestione delle congestioni e in una migliore gestione dei costi. La proprietà privata ci permette anche di prendere decisioni di lungo termine senza il timore di cambiamenti della politica governativa o limiti ai finanziamenti che possano interferire con tali programmi. Ne hanno beneficiato anche i nostri azionisti. Negli ultimi anni, National Grid ha iniziato a trasferire la sua esperienza acquisita in Gran Bretagna verso nuovi mercati, inclusi gli Stati Uniti, che adesso pesano per piu’ della meta’ sui nostri profitti di gestione. National Grid è considerata una delle compagnie di maggior successo della politica di privatizzazioni in Gran Bretagna. La nostra posizione che ci vede tra le prime compagnie indipendenti mondiali per la rete di trasmissione, operanti su un sistema di trasmissione complesso in uno dei primi mercati deregolamentati dell’elettricità, ci da’ una prospettiva impareggiabile sui processi di privatizzazione e liberalizzazione. Esperienza utilizzabile per sostenere la liberalizzazione degli altri mercati della trasmissione, in Europa e negli Stati Uniti. I mercati finanziari hanno avuto qualche conseguenza sull’intero sistema elettrico?

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Rendendo il gestore della rete di trasmissione soggetto alla disciplina dei mercati finanziari, il management è incentivato a prendere le giuste decisioni finanziarie e operative. È essenziale definire una buona prospettiva imprenditoriale per ogni scelta di sviluppo o di investimento. In relazione agli aspetti tecnici del sistema di trasmissione, quali le decisioni sul dispacciamento per bilanciare il mercato, la natura di servizio pubblico della compagnia non rappresenta un problema . La Borsa funziona come metodo per le compagnie e raccoglie capitali per nuovi progetti e acquisizioni. Può essere uno strumento per promuovere capacita’ di generazione e la creazione di operatori nei settori della generazione e della distribuzione, che alla fine possono avere conseguenze sul sistema dei prezzi all’utenza. Ugualmente, se una società non funziona, il meccanismo di mercato permette alle altre compagnie piu’ efficienti e innovative di offrire un miglior servizio. Quali benefici per i consumatori da un mercato unico dell’energia in Europa?

elementi | aprile/giugno 2002

Un mercato elettrico, competitivo nella produzione e nella fornitura di energia elettrica, è la piu’ economica, efficiente e robusta intelaiatura per soddisfare la domanda di energia e fornire servizi adeguati alle attese degli utenti. In particolare, la decisione decentralizzata sugli investimenti di capitale e sulla gestione del rischio può stimolare l’innovazione e fornire una diversita’ e una trasparenza di approccio spesso assente nei sistemi di pianificazione centralizzata. L’esperienza dimostra che i mercati possono ridurre i costi migliorando nel contempo i livelli del servizio e la sicurezza della fornitura. Un mercato unico europeo dell’elettricità, se adeguatamente strutturato e con una sufficiente capacita’ di interconnessione, aumenterà la competizione rispetto a quella che si potrebbe realizzare nei singoli mercati nazionali. Per questa ragione la Commissione Europea e l’europarlamento stanno cercando di rafforzare la direttiva sulla liberalizzazione elettrica, per arrivare da 15 mercati separati - ognuno con un grado differente di apertura - ad un unico mercato dell’energia elettrica. Questa è una sfida enorme, ma deve essere vinta. e


Incontro con

PRIMO PIANO

Pedro Mielgo*

Liberalizzazione in Europa. L’esperienza spagnola

* Presidente di Red Electrica de España

Una liberalizzazione con il vento in poppa di Vincenzo Giovagnoni Bretagna. A questo traguardo si arriva dopo un cammino iniziato cinque anni fa, caratterizzato da grandi cambiamenti nell’economia e da una domanda tumultuosa di elettricita’. Che cosa è cambiato in questi anni, e che cosa resta ancora da fare? “Elementi” ne ha parlato con Pedro Mielgo, dal 1997 presidente di Red Electrica de Espagna, la societa’ indipendente che gestisce la rete di trasmissione di cui è anche proprietaria. 55 anni, studi da ingegnere al Politecnico di Madrid, Mielgo vanta una carriera tutta costruita in aziende del settore petrolchimico, dell’energia e del commercio estero. È anche presidente di Red Electrica Telecomunicaciones, la societa’ di Tlc nata 2 anni fa nell’ambito del processo di diversificazione che ha contrassegnato la trasformazione delle utility europee in multi-utility. elementi | aprile/giugno 2002

Anticipati i tempi di liberalizzazione al gennaio 2003. Bene la Borsa elettrica. Clienti idonei: il 60% della domanda. Red Electrica è quotata in borsa, gli utili sono cresciuti da 83 a 90 milioni di euro dal 2000 al 2001. Seguita una politica di coinvolgimento delle amministrazioni locali sulle opere in grado di potenziare l’offerta di energia e aumentare l’occupazione. L’importanza della diversificazione di attività dalla quale, fra quattro anni, si otterrà un 50% di utili. Rimane il problema della domanda di energia, cresciuta in cinque anni del 32% con picchi del 38%. Il mercato europeo dell’energia può far crescere la sicurezza e le economie di scala dei singoli Paesi. Siamo al conto alla rovescia. Dal 1° gennaio 2003 in Spagna tutti potranno scegliere il proprio fornitore di elettricita’, in un mercato completamente liberalizzato come gia’ accade in Gran

Red Electrica de España Capitale sociale

270,540 milioni di euro

Soci

• Hidroelectrico de Cantabrico (10 % del capitale sociale); • Union Fenosa (10 %); • Iberdrola (10 %); • Endesa (10 %); • Sepi-finanziaria pubblica (28,5 %); • Capitale flottante (31,5 %)

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Pedro Mielgo

Come procede la liberalizzazione in Spagna? ‘’Direi che siamo abbastanza all’avanguardia. Il processo è stato avviato nel 1996 con un primo accordo fra il ministero dell’Energia e i produttori. Il Protocollo fissava le linee guida della liberalizzazione, poi recepita con una legge del ‘97 ed entrata in vigore nel ‘98’’. Quali sono le caratteristiche del modello spagnolo? ‘’Abbiamo scelto di separare tutte le attivita’ che non sono un monopolio naturale dalle altre. Cosi’ la produzione e il trading sono state totalmente liberalizzate dall’inizio. La rete di trasmissione e la distribuzione, invece, vengono considerate monopolio naturale: tutti sono liberi di accedere pagando una tariffa che viene fissata dal governo di anno in anno’’. Quale è il grado di apertura del mercato oggi? “Nel gennaio ‘98, i clienti liberi erano il 25% della domanda e la legge prevedeva una serie di scaglioni con l’apertura totale dal 2007. In realta’ si sono bruciate le tappe. C’e stata una prima anticipazione al 2005 e adesso al 2003: al 1° gennaio tutti potranno scegliere a quale dei 220 fornitori allacciarsi’’. Una rivoluzione?

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‘’Si, soprattutto perchè a differenza di altri paesi qui la possibilita’ di scelta è reale. Forse siamo in primi in Europa, insieme alla Gran Bretagna’’. Bilancio positivo, dunque? ‘’Stiamo procedendo bene e velocemente. Oggi i clienti liberi coprono il 60% della domanda; la borsa -che ha un sistema simile a quello del pool obbligatorio prescelto in Gran Bretagna- funziona e in quattro anni non ci sono stati conflitti di interpretazione delle leggi. Red Electrica è quotata in borsa, ha 980 dipendenti e gli utili sono cresciuti da 83 a 90 milioni di euro fra il 2000 e il 2001’’.

elementi | aprile/giugno 2002

Nessuna ombra? ‘’La maggiore preoccupazione è legata alla fortissima crescita della domanda. Il prodotto interno lordo in cinque anni è aumentato del 19% e la richiesta di elettricita’ del 32% con picchi del 38%. In questa situazione le centrali nuove servono come il pane ma i tempi sono lunghi. Nel 2002 dovremmo completare 7 cicli combinati per un totale di 2.800 Mw, nel 2003 realizzare impianti per 2.500-2.600 Mw. Abbiamo superato i problemi di consenso avviando un vasto programma di cooperazione con i governi regionali interessati alle opere coinvolgendo le amministrazioni su progetti che possano creare occupazione e venire incontro all’esigenza di potenziare l’offerta di energia. Abbiamo avviato trattative con 17 regioni e siglato 9 intese”.


PRIMO PIANO

Pedro Mielgo

Variazione percentuale dei prezzi dell’energia elettrica [1996-2001] 40

Industria

35,3

Domestico

30

22,2

21,9

20 10 6,4

1,5

0 -1,3

-3,3

-4,1

3

2,8 -1,7

-2,5

-3,4

-3,8

-4 -6

-6

-5,6

-5,9 -6,5

UK

EU

-10 -11,1

-11,1 -13,3

-13,8 -16

-15,8

-17,2

-20 -20,4

-22,9

-23,9

-30

-27,9

-28,7

E

DK

D

EL

E

F

IRL

I

L

NL

A

Un altro punto dolente sono le infrastrutture: come pensate di muovervi?

P

FIN

S

Fonte: ‘Rilevazione sull’attuazione della direttiva sul gas e sull’elettricità’ Commissione Europea SEC (2001) 1957

‘’C’è un piano di sviluppo che riguarda soprattutto il gas, un settore nel quale è previsto un vero boom della domanda’’. Per la Spagna è irrealistico pensare a un rischio black out come quello in California? ‘’Abbiamo lanciato l’allarme tre anni fa e da allora gli investitori si sono messi in moto. Rimangono alcuni nodi: i tempi lunghi per realizzare le opere, il problema del consenso, non del tutto superato e le interconnessioni con l’estero’’. elementi | aprile/giugno 2002

Che tipo di problemi ci sono? ‘’Con la Francia, in particolare, ci sono difficoltà storiche, di tipo politico che complicano la creazione di nuove linee: in ottobre siamo riusciti a fare un accordo per la costruzione di una linea a est dei Pirenei e il miglioramento di altre due, aumentando l’interscambio del 100-150%’’ (1.100 MW di capacità di interconnessione nel 2002, 2.600 MW nel 2006, 4.000 MW a medio termine. n.d.d.). Grazie al nucleare la Francia puo’ vendere l’elettricita’ a un prezzo quasi stracciato. Ci sono rischi di ‘invasione’ di kilowattora francesi sul mercato spagnolo? “In teoria sì, in pratica no perchè le eccedenze francesi sono molto limitate’’. In Italia ci sono molte polemiche sulla diversificazione delle aziende elettriche, rispetto al core business... ‘’Per noi la diversificazione è una scelta cruciale in quanto dal ‘99 siamo quotati in borsa. Ree fa parte del paniere Ibex 35, l’indice dei titoli migliori e questo ci obbliga a cercare di creare valore spingendo anche su altri fronti, dai trasporti alle telecomunicazioni. Abbiamo investito nei trasporti in Sud America e nelle Tlc sfruttando la nostra rete di fibre ottiche, la seconda per dimensioni in Spagna. Siamo i primi in Spagna ad offrire un portafoglio di servizi avanzati per gli operatori e le grandi imprese come data

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Pedro Mielgo

Pedro Mielgo

centers, housing, hosting, gestione di reti private, streaming, tutti servizi che nessuno finora aveva ideato’’. I risultati? ‘’Nei prossimi 4 anni il 50% dei nostri utili verra’ dalle attivita’ diversificate. Nel 2001 abbiamo investito 140 milioni di euro, al 2005 saranno 500 milioni. Questo pero’ non esclude l’importanza del core business elettrico. Noi contiamo sulla crescita di un mercato europeo dell’energia che consenta sempre piu’ economie di scala e una politica comune per accrescere la sicurezza’’.

e

Il modello spagnolo

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elementi | aprile/giugno 2002

In Spagna la deregulation dell’elettricita’ ha mosso i primi passi nel 1996 ma è scattata ufficialmente nel gennaio 1998. Principali protagonisti sullo scenario energetico sono la Compagnia Operadora del Mercato Espanol de Electricidad (Omel), l’operatore di mercato e la Red Electrica de Espana (Ree), il gestore del sistema, che si muovono in un mercato molto dinamico, caratterizzato da cinque player di medio-grandi dimensioni: Endesa, Iberdrola, Union Fenosa, Hydrocantabrico e Viesgo. Red Electrica è una società indipendente, quotata in borsa, che controlla gli asset fisici di trasmissione. Ha compiti di gestione, manutenzione, pianificazione delle linee e svolge le funzioni tipiche dell’Operatore di Sistema: risoluzione delle congestioni di rete, quantificazione dei servizi ausiliari di sistema, gestione in tempo reale del sistema e della capacità di interconnessione con l’estero. Un ruolo di primo piano spetta anche al ministero dell’Energia e dell’Economia che ha presentato una bozza di Piano energetico per il 2002-2011. Il piano è stato disegnato dalla Comision Nacional de la Energia (Cne), da Red Electrica, da Enagas, dagli enti locali e getta le basi per la pianificazione delle infrastrutture per soddisfare la crescente fame di energia della penisola iberica. Sul fronte della produzione di energia, il Piano si limita ad indicare alcuni obiettivi, mentre per lo sviluppo delle infrastrutture di rete -sia dell’elettricita’ che del gas- sono fissati obiettivi vincolanti, anche alla luce del boom della domanda. Dopo il picco record (+5%) dello scorso anno, le stime parlano di un aumento del 3,4% l’anno. Di qui al 2011 occorrerà immettere nella rete almeno 13.500 MW in più, arrivando a una potenza installata di 44.800 Mw al 2010, rispetto ai 38.200 previsti per il 2004, tenendo conto del fatto che alcune centrali andranno in pensione. Quanto alla borsa, il modello realizzato in Spagna è un punto di riferimento a livello internazionale per le dimensioni, le caratteristiche e il grado di liberalizzazione della domanda. Terza in Europa e settima al mondo, a Madrid vengono scambiati il doppio dei Kilowattora del Nord Pool, la borsa che riunisce Norvegia, Svezia e Finlandia. Nel 1999 in Spagna sono stati negoziati 79,536 Gwh di energia, per un valore di 1.019.550 milioni di pesetas, rispettivamente il 6,5% e il 7,5% in più dell’anno precedente.


M A NA G E M E N T

Un caffé con…

Mogol Mogol: ‘La comunicazione è efficace se vera. È vera se c’è sensibilità e cultura L’uomo globalizzato è un essere indifeso, consumatore d’altrui verità. La cultura, senza barriere né faziosità, può salvarlo. Ma servono anche i dialoghi e le emozioni. L’azienda che ha un management sensibile all’uomo ne guadagna in comunicazione, rendimento, produttività.

di Romolo Paradiso

La comunicazione non è una scienza esatta. Non credo ai comunicatori di professione, né ai guru della comunicazione. La comunicazione è un’arte. Un’arte semplice e perciò difficile. La sanno fare bene coloro che hanno il senso delle cose, una spiccata sensibilità, un po’ di fantasia, un pizzico di cultura e tanta umanità. Perciò un buon comunicatore potrebbe essere chiunque. Un uomo importante, come un qualsiasi uomo della strada. Per questo, per parlare di comunicazione abbiamo pensato ad un personaggio che forse più di tutti ha saputo comunicare così bene le sue idee, le sue emozioni, le sue meraviglie, la sua poesia. Che come pochi è riuscito a penetrare nell’animo delle persone suscitando interesse, commozione, riflessione, e pensiero. Come deve saper fare un buon comunicatore. Quest’uomo è Mogol. Lo abbiamo incontrato nel suo piccolo villaggio, il CET (Centro Europeo di Toscolano), un gioiello di struttura racchiuso nel cuore verde dell’Umbria, dove le arti più antiche sono insegnate ai giovani: la musica, la cultura popolare, la poesia, la cucina, la medicina, lo sport, la pittura, la filosofia dell’essere. Sì, la “filosofia dell’essere”, perché, come dice Mogol,

Avevamo bisogno ancora di un cuore arcaico, un cuore comunicante, di un cuore analfabeta. Ce lo hanno agghiacciato [Guido Ceronetti]

“non si può essere artista, né uomo, se non si è in grado di conoscere se stessi e gli altri”. Mogol, cosa manca alla comunicazione per essere un buona comunicazione? Manca il credito. L’impoverimento dei valori porta al discredito in tutte le manifestazioni umane. E siccome oggi la comunicazione viaggia anch’essa sui valori del profitto, perde di sincerità, di fiducia, di prestigio, di credito. Longino, antico filosofo greco, scrisse che “il sublime sta nelle buone azioni unite alla verità”. La verità quindi come epicentro e consistenza dell’essere. Tutto poggia sulla verità. La comunicazione più è legata alla verità e ai valori e più avrà credito. La verità può però essere manipolata e presentata in modi diversi a seconda degli interessi e della convenienza. La comunicazione può essere addomesticata a seconda del piacere che incontra da parte di coloro che ricevono i messaggi e quindi essere trasformata in cibo adatto a chi lo riceve e rapportato alla mediocrità della cultura, in modo da essere recepibile da un maggior numero di persone. Questo fa sì che perda di consistenza, diventi

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” elementi | aprile/giugno 2002

Mogol

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M A NA G E M E N T

Mogol

una comunicazione povera di contenuti e priva di credito. E’ un percorso difficilmente recuperabile. Il recupero è nelle mani di chi, come comunicatore, è in grado di elevarsi, di andare oltre il comune procedere e mirare alla qualità della comunicazione, intesa come un qualcosa ricco di valore e di elementi culturali. L’eccessiva comunicazione, tipica di un mondo globalizzato, non fa sì che l’uomo sappia molto di ciò che accade da una parte e dall’altra dell’emisfero, ma in sostanza non conosca nulla, perché non in grado di approfondire, di capire le cause generatrici degli eventi? Il mondo attuale è un mondo superficiale, che viaggia più per gli effetti che per i contenuti. La globalizzazione porta alla standardizzazione, alla diminuzione della capacità critica che costringe l’individuo ad essere indifeso e più sensibile alla volontà altrui, volontà che “consuma” con grande facilità. È quindi meno persona pensante, autonoma nelle decisioni. È meno “essere”. Così facendo l’uomo rinuncia a vivere. Vede il film degli altri e lo imita. Ma questo riguarda anche chi tale mostruoso meccanismo invoglia e guida. Perché il mostro è un automa che fagocita tutto e nessuno è in grado di fermarlo. Esso diventa sistema.

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“ ” Alzare il livello culturale significa migliorare la società. Nelle scuole manca la lezione di vita

Quanto può essere importante la cultura per arginare un processo di livellamento e di standardizzazione degli individui?

elementi | aprile/giugno 2002

Può essere importantissima, a patto che si permetta alle persone di accedere alla cultura vera, senza barriere né confini. Purtroppo nessuno si occupa veramente della cultura. Soprattutto di quella popolare. Si pensa più al cinema, all’opera, alla musica classica, ma la cultura popolare, quella delle nostre radici, quella che è assorbita da tutta la gente, non è considerata. Alzare il livello culturale delle persone significa cambiare in meglio la società, significa arricchire il cittadino. Ma questo lascia indifferenti tutti, anche chi, per responsabilità di ruoli, dovrebbe avere a cuore la crescita e il miglioramento della comunità. Manca una vera e propria educazione alla cultura e ai valori. Manca nelle scuole e non c’è nelle famiglie. Manca nelle scuole la lezione di vita, c’è solo nozionismo. Manca la volontà di creare una materia nuova, delle cose nuove. Manca la spinta ad insegnare ai ragazzi cos’è la vita. A guardare il suo aspetto meraviglioso, come quello triste. A far notare la poesia che sta nelle cose e negli uomini e a conoscere il limite che tutto ingloba e, in fondo, guida. E poi, sì, manca una “cultura” della cultura. Cultura, che paga lo scotto di una comunicazione non completa. Spesso settaria che avvilisce la possibilità di conoscenza, di approfondimento, di analisi, di scelta.


M A NA G E M E N T

Mogol

È importante educare a conoscere senza condizionamenti di alcun genere. A riflettere, a discutere. La cultura necessita di orizzonti liberi. Quando sento parlare di “intellettuali di sinistra” o di “intellettuali di destra”, rabbrividisco! Ma come fa un intellettuale a definirsi di sinistra o di destra? Questa è un’imbecillità! L’intellettuale è un uomo libero che cerca la luce. E la luce non ha alcuna colorazione. Il percorso che porta a lei è sinuoso. È un affacciarsi su diversi orizzonti. È ricerca, dubbio, approfondimento, comprensione, meraviglia. Finché non ci libereremo di questi stereotipi di faziosità saremo sempre un popolo povero culturalmente, incapace di comprendere che non gli schieramenti sono importanti, ma gli uomini e il loro libero pensiero. Un popolo incapace di capire la sua storia, incapace di guardare lontano.

Il dialogo porta verso la verità. La comunicazione oggi ha dialoghi deboli

Ernst Jünger ha detto che “l’uomo che non tempo, non ha felicità”, e quindi non è neppure libero. Non le sembra che sia giunto il momento di riconquistare il tempo per riconquistare un pò di pensiero e di libertà? Il tempo è la possibilità di riflettere. Ma accanto al tempo occorre la conoscenza. La conoscenza dei grandi maestri. E ci vogliono i dialoghi. È attraverso i dialoghi che si arriva alla evoluzione degli individui. Perché il dialogo porta alla verità. I dialoghi sono fondamentali, specie con i giovani. Se il giovane ascolta una frase, dal genitore, dal professore, dal manager, e se la frase contiene elementi di verità, nel tempo ritorna e può divenire destino. La comunicazione oggi si orienta troppo verso dialoghi deboli.

” elementi | aprile/giugno 2002

È un concetto mutuabile anche al mondo delle aziende, dove non solo manca una vera comunicazione tra individui, ma mancano le “emozioni” che nascono da un dialogo autentico sulle cose degli uomini e su quelle del lavoro. Nelle aziende si parla poco e male. Si va troppo di fretta. Non si cerca l’uomo. Non lo si sa guardare. Non gli si concede tempo. E soprattutto non lo si sa ascoltare e capire. E non essendoci una vera comunicazione, non ci sono emozioni, che sono il fiume autentico della vita. Anche nelle aziende tutto sembra finalizzato al tornaconto. Si agisce solo per il realizzo economico e per utilitarismo personale. Qui, come nella società, la logica che guida le cose sembra essere quella dell’eternità terrena e dell’inesistenza del limite.

“ ”

Nelle aziende si dovrebbe parlare di lealtà, integrità, autogratificazione Pagina

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M A NA G E M E N T

Mogol

Virgolette di Alessandro Perini

Una lingua unica in azienda Sarebbe allora più logico che le aziende scegliessero il management tra persone in grado non solo di conoscere bene lo specifico a cui sono destinate, ma soprattutto la vita, nel senso d’avere una sensibilità e una cultura in grado di aiutare gli altri a crescere come individui e come lavoratori. Però la meccanica delle aziende non è vicina ad un discorso “autentico”. C’è qualche azienda illuminata. Ma sono eccezioni. Ci si dovrebbe convincere invece della bontà di una linea di pensiero che guardi all’uomo, al suo capitale d’umanità e di cultura, che è un capitale importante per le aziende. L’uomo che sa capire se stesso e gli altri è un uomo che sa elaborare stimoli. La via della luce è una via inarrestabile una volta che sono stati messi dei semi e c’è un pizzico di coltivazione. L’azienda che ha un management “sensibile” all’uomo, fa migliorare gli uomini, e ne guadagna in termini di comunicazione, di rendimento, di produttività. Ma gli uomini, i manager hanno voglia di sapere, di capire oltre lo scibile delle loro attività quotidiane?

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La gente ha voglia di sapere. Ma non gli arriva l’acqua della conoscenza. La gente non sa dov’è la sorgente. Non vogliono fargliela conoscere. Invece è fondamentale conoscere. Nelle aziende si dovrebbe parlare sempre più di cose vere, che impegnano la morale dell’uomo, della sua esistenza, del suo pensiero, del suo destino. Conoscere valori come la lealtà, l’integrità, l’autogratificazione, che è l’unico vestitino che non ci fa sentire freddo nella vita. E ci mette al riparo dalla paura della morte. Sono cose importanti per tutti e quindi anche per i manager e per le aziende che dovrebbero avere questi valori al loro interno. Dovrebbero tenere ad avere persone contente, propositive, vive. Ma ciò può avvenire soltanto se esiste una comunicazione autentica, veicolata sempre e comunque dalla sensibilità e dalla cultura. e

Il linguaggio aziendale è un sistema di segni su cui un’impresa fonda la propria identità. Essi non comprendono solo la lingua naturale, ma anche l’immagine visiva e gli schemi comportamentali prevalenti. Il linguaggio è un insieme dinamico e coordinato di elementi che interagiscono fra loro e con l’esterno. Descrive l’attività del gruppo, ma è anche “azione”, strumento grazie al quale l’impresa realizza la sua missione. Come l’impresa può influenzare il linguaggio? Da una parte il gruppo sviluppa codici e norme che indirizzano gli individui verso una lingua comune, portandoli ad una situazione di conformità e di stabilità che permette ai singoli di essere più facilmente riconosciuti e accettati dal contesto in cui lavorano. D’altra parte però, l’influenza del gruppo sui singoli non si ferma a questa funzione di omogeneizzazione del linguaggio: il gruppo deve fornire ai suoi membri le conoscenze per affinare e rendere più efficace la loro capacità di esprimersi. L’impresa deve sì diffondere un linguaggio unico fondato su valori che identificano la missione aziendale, ma anche stimolare gli individui ad esercitare il senso critico e a fornire un contributo personale allo sviluppo di tali valori. L’armonia e l’efficacia del linguaggio si fondano su l’unità e la diversità. Un sistema di comunicazione si basa sui valori della cultura e dell’identità di un’impresa, condivisi all’interno, riconosciuti e sostenuti all’esterno.


L AVO R O

A colloquio con

Luciano Gallino* * Sociologo

La globalizzazione e la “frattura digitale”. La flessibilità non è la panacea per tutti i mali del lavoro. Contratto a tempo pieno: la meritocrazia lo può salvare. E non dimentichiamoci dell’uomo!

I nuovi scenari del lavoro, tra complessità e incertezze

Professor Gallino, nello scenario attuale quali sono i principali cambiamenti economici, politici, sociali che vanno a influire sul mercato del lavoro aumentandone la complessità, l’articolazione e l’incertezza? Bisogna innanzi tutto fare qualche distinzione. Ad esempio, tra sistemi lavorativi di vario tipo, alcuni dei quali sono connaturati con i mutamenti economici più recenti; altri sono abbastanza tradizionali ma conservano un peso quantitativamente rilevante. Vi sono diversi settori in cui lo sviluppo della tecnologia non ha cambiato molto il tipo di lavoro rispetto a 10 o 20 anni fa. Si veda l’edilizia, l’industria alberghiera, le costruzioni stradali, il piccolo commercio. Il fattore che incide maggiormente sul mondo del lavoro è che l’economia mondiale sta diventando un sistema unico, le cui diverse parti sono collegate tra loro in tempo reale. Ciò che accade in un punto del sistema si ripercuote con estrema rapidità in altri punti. Questa interdipendenza ha spinto sempre più le aziende a considerare la forza lavoro come una merce tra le altre, ovvero un fattore di produzione come gli altri, che si può utilizzare o no, impiegare o dismettere con la stessa facilità con cui si acquisiscono o dismettono tecnologia, capitale, impianti. Mentre la forza lavoro è formata da persone, da individui. Ne deriva che questo modo

Luciano Gallino

Per capire se stesso l’uomo ha bisogno di essere capito dall’altro. Per essere capito dall’altro l’uomo ha bisogno di capire l’altro. [Jorge Luis Borges]

di trattare la forza lavoro comporta costi sociali rilevanti.

La globalizzazione dell’economia alimenta le disuguaglianze e ne crea di nuove?

Le nuove disuguaglianze in molti casi si innestano sulle vecchie e le aggravano. I dati dicono che tra i paesi più diseguali all’epoca della globalizzazione ci sono quelli dove storicamente le disuguaglianze sono sempre state molto elevate. È il caso dell’America Latina, un subcontinente che presenta da secoli disuguaglianze economiche e sociali abissali. La globalizzazione porta ad accentuare queste vecchie disuguaglianze, così come a crearne di nuove. Una di queste viene chiamata la “frattura digitale”. È una frattura tra gli info-ricchi e gli infopoveri, tra quelli che hanno la possibilità di accedere agevolmente alla rete per studiare, lavorare, fare il commercio elettronico, divertirsi e coloro che ne sono esclusi. La frattura digitale segue curve sinuose

segue

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di Giusi Miccoli

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Luciano Gallino

sia tra paesi, che all’interno di ciascun paese: nelle regioni più ricche la possibilità di accedere alla rete è assai più comune che in quelle più povere. Inoltre la frattura digitale segue da vicino la stratificazione sociale. Chi ha un reddito medio-alto ha cinque-sei volte più possibilità di accedere alla rete di chi ha un reddito mediobasso. È una forma di disuguaglianza che si ritrova dovunque e che non ha soltanto risvolti economici. Infatti accanto alle difficoltà di accesso dovute ai costi dei computer e della connessione, ci sono anche ostacoli culturali, legati ai contenuti della rete, al monopolio che certi attori delle comunicazioni esercitano di fatto sui contenuti comunicativi, alla presenza fortemente selettiva dei materiali culturali presenti nella rete.

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La flessibilità, come soluzione ai problemi del lavoro è un’immagine inventata

La flessibilità è una panacea per tutti i mali del “lavoro”? Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del lavoro temporaneo e occasionale?

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La flessibilità come soluzione a tutti i problemi del lavoro è l’immagine che si può trarre se si scorrono certi quotidiani o le loro pagine economiche. Ma è un’immagine del tutto inventata. È vero che in certi casi la flessibilità può essere un contributo ad una più efficace gestione aziendale ed essere attraente per determinate fasce di lavoratori. Ma bisogna vederne i limiti, che sono molti. In effetti la flessibilità più utile alle persone sarebbe quella liberamente scelta. Mentre il primo problema della flessibilità è che, in molti casi, essa viene imposta. Per molte persone il part-time, per menzionare una delle forme più ovvie di flessibilità, può essere interessante perché permette di fare altre cose, di studiare, di viaggiare, di accudire la famiglia. Però un conto è quando l’individuo lo sceglie, un conto è quando di fatto viene imposto perché è l’unica forma di lavoro che uno trova. Visto che, non solo in Italia, ma in tutta Europa, almeno la metà del part-time è imposta, ecco che la flessibilità diventa, per chi viene esposto, una forma di rigidità, non una soluzione a problemi di gestione del proprio tempo o della famiglia. Ma ciò che bisogna soprattutto sottolineare è che non c’è alcuna evidenza empirica del fatto che una forte flessibilità aumenti in modo assoluto l’occupazione.

Il merito, elemento guida di un rapporto di lavoro

Il mercato del lavoro evolve manifestando una maggiore complessità, precarietà e incertezza. I giovani devono velocemente adeguarsi ad una nuova realtà. In un mercato del lavoro in cui il modello di impiego a tempo pieno con durata indeterminata perde la sua centralità quali saranno le difficoltà o le facilitazioni dei giovani nel trovare lavoro? Attenzione a quando si dice che tale modello perde la sua centralità, perché questo può significare due cose diverse, una vera l’altra falsa. È vero che esso perde la centralità se si vuol dire che le aziende e perfino lo stato tendono a diminuire l’offerta di contratti di lavoro a tempo pieno e durata indeterminata. Se si vuol dire invece che il contratto a tempo pieno e durata indeterminata non è più attraente, si


L AVO R O

Luciano Gallino

In punta di penna di Paolo Bustaffa

Quale rappresentanza sindacale è possibile per i giovani, per gli atipici e i collaboratori coordinati e continuativi? Qui c’è molto da fare, perché una rappresentanza sindacale di queste categorie è in gran parte ancora da sviluppare. Molto però dipende dalle persone stesse, perché i sindacati non sono delle associazioni culturali che decidono di testa propria il da farsi. Per dare una base reale ai sindacati è necessario che ci siano dei movimenti sociali, persone che si mobilitano e intendono unirsi per avere maggior forza contrattuale. Nei fatti mi pare che qualcosa stia accadendo: in recenti manifestazioni si sono visti per la prima volta sfilare operatori di call centers, addetti alla ristorazione rapida, sviluppatori di servizi Internet; tutti lavoratori atipici che sfilavano assieme ai metalmeccanici e ad altri lavoratori tradizionali. Se c’è una spinta sociale in questo senso, anche il sindacato sarà maggiormente sollecitato a organizzarsi per far fronte alle particolari esigenze degli atipici, compresi i due milioni di “coordinati e continuativi”. Infine, cosa pensa dello statuto dei lavoratori? È giusto cambiarlo? Perché? Come? Lo statuto dei lavoratori ha diversi decenni e quindi è possibile che alcune sue parti debbano essere cambiate. Perfino il padre dello statuto, Gino Giugni, mi pare sia di questo parere. Però un conto è cambiarlo e un altro è demolirlo. Le modifiche proposte dal governo all’articolo 18 sono indicative a questo riguardo perché nel merito esse hanno un significato limitato. Le persone che sono toccate direttamente dal diritto di reintegro in caso di licenziamento non giustificato da giusta causa saranno circa un migliaio l’anno. Però sta di fatto che l’art. 18 è un po’ come la colonna portante di un edificio. Se si intacca questa è certo che in seguito altre colonne del diritto del lavoro cadranno. e

Flessibilità e lavoro: un binomio di cui si scrive e parla molto in Italia ma che da tempo negli Stati Uniti non fa più notizia. Un modello talvolta idealizzato, talaltra demonizzato. Due punti estremi che, come sempre accade, non riescono a rendere giustizia della realtà. E non la potranno rendere se al centro del confronto non vengono insieme posti la persona ed il mercato inteso come strumento per realizzare il bene comune. Giustizia non verrà resa se non si dice che l’Italia e l’Europa non sono gli Usa ed è cosa buona per tutti che le diversità sociali e culturali si confrontino ma non vengano cancellate dalla globalizzazione, dai modelli unici. Ed ancora, giustizia non sarà resa se non si dice che il lavoro è cambiato, sta ancora cambiando ed occorre realisticamente rivedere alcuni suoi contenuti che fino a ieri sembravano definitivi, intoccabili. Un cambiamento che costringe lo stesso sindacato a ripensare se stesso e la propria cultura senza perdere il suo fondamentale ruolo nella difesa dei diritti che non è elogio dell’appiattimento e dell’incompetenza. Un cambiamento che costringe la formazione professionale a riposizionarsi per rispondere alle esigenze dell’impresa del terzo millennio con l’aggiornamento permanente di competenze e professionalità. Diversamente la flessibilità diventa, anche con l’avallo delle nuove tecnolgie, precarietà, insicurezza e lotta tra i “nuovi forti” ed i “nuovi deboli”. La parola deve tornare ad una politica che, ritrovata se stessa di fronte all’economia, all’impresa, al sindacato, alla scuola ed al lavoro, è inflessibile (in questo caso, sì) sia nella difesa e promozione della dignità e della responsabilità della persona, sia nell’indicazione e nel sostegno di scelte economiche orientate ad un bene comune che non si ferma ai confini di un Paese. e

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Flessibilità, parola ambigua dice una cosa errata, perché le poche ricerche di cui si può disporre dicono che un impiego stabile sta ai primi posti delle aspirazioni dei giovani in cerca di lavoro. Il che non significa cercare un lavoro dove, qualunque cosa succeda, nessuno ti schioda più dalla tua sedia. Significa ambire a un lavoro dove se uno è meritevole non rischia di trovarsi buttato fuori per motivi che non hanno nulla a che fare con i propri meriti. Non va dimenticato che ancor oggi il 92% dei lavori rilevati dall’Istat sono lavori a tempo pieno e di durata indeterminata. Però c’è una forte spinta oggettiva e una forte carica ideologica nel proporre lavori meno stabili.

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Le nostre pubblicazioni ANNUARIO “DATI STATISTICI SULL’ENERGIA ELETTRICA IN ITALIA - ANNO 2000”

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Il volume raccoglie i dati definitivi sul sistema elettrico italiano, con particolare riferimento alla consistenza degli impianti di generazione, alle produzioni e consumi di combustibili, nonché alla consistenza della rete. Sono inoltre riportati i consumi di energia elettrica in Italia fino al livello provinciale, dettagliati per categorie di utilizzatori. “Dati Statistici sull’energia elettrica in Italia - anno 2000” fornisce il quadro della situazione del sistema elettrico italiano tenendo conto della nuova classificazione degli operatori elettrici: produttori, autoproduttori e distributori. Nove le sezioni che compongono l’Annuario: La prima sezione - Dati generali - contiene una sintesi dei principali dati statistici del 2000 confrontati con quelli del 1999. La seconda sezione - Rete elettrica - mostra la consistenza della rete di alta e altissima tensione alla fine dell’anno di riferimento. La successiva sezione - Impianti di generazione - riporta la consistenza degli impianti idroelettrici, termoelettrici e da fonti rinnovabili. Nella quarta sezione si analizzano i carichi orari, con particolare riferimento al terzo mercoledì di ciascun mese. La quinta sezione, relativa alla produzione, indica i dati delle produzioni idroelettrica, termoelettrica e da fonti rinnovabili, riferiti al tipo di impianto e a ciascuna Regione. La sesta sezione è dedicata all’analisi dei Consumi, classificati secondo i parametri ISTAT delle attività economiche e, per la prima volta, secondo il tipo di mercato elettrico. Nella settima sezione - confronti internazionali - viene fornito, con riferimento al 1999, un quadro sintetico della potenza installata e della produzione elettrica, nonché di alcuni indicatori socio-economici ed energetici nel mondo. L’ottava sezione riporta i Dati storici dei principali parametri elettrici italiani, per quanto disponibili. L’ultima sezione, Elettricità nelle regioni - presenta i principali parametri elettrici e un bilancio regionale dell’energia elettrica nel 2000. Le informazioni presentate nell’Annuario sono disponibili anche sul sito internet del Gestore della rete www.grtn.it

NORMATIVA DI RIFERIMENTO elementi | aprile/giugno 2002

È la versione aggiornata del volume che raccoglie i principali provvedimenti che costituiscono la cornice normativa entro cui opera il Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale. Il processo di liberalizzazione del settore elettrico, avviato in Italia tre anni fa, ha imposto la definizione di uno nuovo assetto normativo, tuttora in fase di completamento. La “Normativa di riferimento” nasce con lo scopo di fornire a quanti operano in uno scenario profondamente mutato e in continua evoluzione, uno strumento utile e di facile consultazione. Una sorta di “bussola” per orientarsi in un settore, come quello elettrico, sostanzialmente nuovo. Quanto ai contenuti del volume, gli atti in esso raccolti possono suddividersi, pur rappresentando un tutto organico, in tre categorie: • i provvedimenti che regolano l’attività del GRTN nei suoi aspetti più generali • i decreti concernenti l’attività del GRTN relativa all’energia CIP/6 • le delibere sull’attività di trasporto e dispacciamento dell’energia elettrica. Completano il volume, il decreto 79/99 che ha dato l’avvio al processo di liberalizzazione in Italia, e tre allegati che costituiscono il “retroterra” normativo, a livello europeo e nazionale, della liberalizzazione del settore elettrico nel nostro Paese.

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Pagina a cura di Luca Del Pozzo


biblioteca biblioteca

Filo di Nota di MDV

LABIRINTI MORALI Il mondo ambiguo dei manager di Robert Jackall Edizioni di Comunità, pag. 338. Euro 24,79

Volete conoscere il mondo del management e i complicati contesti sociali delle organizzazioni? Basta leggere il libro di Robert Jackall, professore di sociologia presso il Williams College (Massachussets). Gli argomenti non sono trattati in modo astratto, ma fondati sui risultati di una indagine condotta tra i manager di alcune corporation americane, dove non necessariamente lavorare sodo porta al successo; spesso contano le capacità dialettiche, l’autopromozione o un po’ di fortuna. Le aziende nordamericane presentano una tipica compresenza di centralizzazione e decentralizzazione dell’autorità. Il potere, concentrato nella persona del Chief Executive Officer (CEO), è simultaneamente decentrato in modo che la responsabilità di decisioni e profitti arrivi il più in basso possibile nella struttura organizzativa. Il libro è completato da una presentazione del sociologo Franco Ferrarotti e da approfondimenti bibliografici che spaziano dagli studi di Max Weber ai classici della letteratura (Kafka e Heller).

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chi è più vicino alla verità: la scienza, obbligata a prove che possono essere, e continuamente sono smentite, o la poesia che prove non chiede e non dà? [Turi Vasile]

SHAKESPEARE E IL MANAGEMENT Lezioni di leadership per i manager d’oggi di Paul Corrigan Ed. ETAS, pag.278. Euro 22,21

Siete voi padroni del campo? Se non lo siete perché cessate dal combattere finché non lo divenite? Coriolano, Atto I Scena VI Gli spettatori del XVI secolo, assistendo alle rappresentazioni teatrali, potevano osservare l’ascesa e la caduta dei grandi leader, come costruivano le loro fortune e come i successi li portavano alla rovina. All’alba del XXI secolo, i drammi di William Shakespeare possono offrire utili insegnamenti alla leadership, il potere e la responsabilità nel management. Anche se i manager d’oggi devono affrontare problemi diversi da quelli dell’età elisabettiana, per quanto riguarda le strategie che permettono di far fronte alle difficoltà, i personaggi scespiriani hanno ancora molto da insegnare. Paul Corrigan, esperto di formazione manageriale, prende in esame le loro azioni e i loro processi decisionali, per scoprire quali insegnamenti sulla leadership possono oggi essere recepiti. Che cosa rende Enrico V un grande leader? Come convince i suoi uomini a seguirlo, quando tutto sembra perduto? E che dire di Macbeth, leader che si pone al disopra di tutto e di tutti? Corrigan si sofferma, poi, su alcuni personaggi minori - come Falstaff e il buffone di re Lear - per mostrare quanto siano importanti per i manager le opinioni dei loro più stretti collaboratori. A completare il libro, alcuni contributi di studiosi del management, come Peter Drucker, Tom Peters e Rosabeth Moss Kanter.

Pagina a cura di Mauro De Vincentiis

“Elogio della siesta” (Ed. San Paolo) è il titolo italiano di un libro di successo francese. L’Autore è Bruno Colomby, noto ricercatore d’oltralpe in campo medico. Si tratta di un’apologia del sonnellino, con esempi storici e l’elenco dei benefici che se ne ricavano. C’è persino una parte dedicata alla siesta d’urgenza, da praticare in momenti critici. Tra gli adepti “storici”: Edison, Einstein, Churchill. Egiziani e Romani invitavano gli amici per fare la siesta. Salvador Dalì consigliava e praticava la siesta flash. L’Artista si sistemava su una poltrona tenendo un cucchiaio tra il pollice e l’indice, dopo avere messo un piatto di metallo sotto il cucchiaio. Quando giungeva il sonno, le dita lasciavano cadere il cucchiaio nel piatto e il rumore lo svegliava di colpo. Per Dalì, quei pochi minuti di assopimento erano carichi di benefici, tali da renderlo fresco e riposato. Tra le posizioni ideali per la siesta, quella del “vetturale”: seduti, con testa e dorso piegati, gambe leggermente divaricate, mani e braccia appoggiate sulle ginocchia. Per recuperare alla svelta in ufficio basta chinarsi sulla scrivania appoggiando la testa sulle braccia, in modo da distendere bene i muscoli del collo. La prefazione al libro è di Jacques Chirac, Presidente della Repubblica francese, secondo il quale il riposo è “amico di Dio e dell’uomo”. e

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Elogio della siesta

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C O N T R O C O P E RT I NA

Da Procuste a Fantozzi: alla ricerca della sindrome d’ufficio Sindromi e complessi sono sempre di attualità. Quelli diagnosticati con maggiore frequenza, poi, sono quelli d’ufficio. I più recenti individuati dagli analisti: l’Achille, il Lucignolo, il Procuste, lo Scacchista e il Temporeggiatore, che si affiancano al classico Fantozzi.

Il Lucignolo Aspetti salienti del complesso di Lucignolo sono la tendenza ad accumulare tanti oggetti che vengono sopravvalutati nel valore anche attraverso una dettagliata conoscenza delle loro caratteristiche: telefoni cellulari, automobili, e così via. Insomma tutto l’armamentario di gioco degli adulti. Chi soffre di questo complesso finisce spesso per circondarsi di altri Lucignoli pronti a condurlo nei vari paesi dei balocchi.

Il Procuste L’Achille

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Ritenersi invulnerabili per la profonda convinzione di possedere meriti, poteri, capacità e ruolo: è il nodo centrale dell’eroe per antonomasia, che morì per una freccia nel tallone. “Chi vive all’ombra di questa sindrome ritiene che, arrivato a un certo punto della vita o della carriera, può permettersi tutto o quasi tutto dice l’esperto . È una sensazione di potenza che espone a molti rischi. L’Achille, troppo convinto della propria potenza, può imbarcarsi in imprese azzardate”.

Vi sono individui spinti da un incoerente desiderio di adattare gli altri alle proprie necessità, di misurare le caratteristiche altrui per piegarle alle proprie strategie esistenziali. Terreno fertile per chi soffre di questo complesso sono le persone che, per loro disposizione di carattere o per particolari condizioni esistenziali, cercano di adattarsi a tutte le situazioni. Come Procuste, il feroce brigante che nell’antica Grecia “adattava” le persone alla lunghezza dei suoi letti.

Lo Scacchista Il Fantozzi elementi | aprile/giugno 2002

È la persona affondata in maniera tragicomica in una routine quotidiana fatta di meticolosità eccessiva anche nello svolgimento di compiti di modesta portata. Caratteristiche salienti di questa sindrome: involontari sconfinamenti nel comico, scarsa o nulla conoscenza dei propri limiti; eccessiva subordinazione a figure autoritarie e istituzionali; aggressività verso le figure più vicine (moglie, figli e sottoposti); aspirazioni limitate; sentimento di sconfitta esistenziale generalizzata; fervore eccessivo per soluzioni che appaiono immediate.

“Chi soffre di questo complesso si trova in una condizione di paralisi esistenziale, determinata dall’accumularsi di possibili soluzioni potenzialmente tutte valide”. Proprio come in una partita a scacchi, in cui le varianti tendono a diventare infinite, così da sfuggire al controllo del giocatore, anche nella vita di chi soffre di questo complesso il numero di varianti finisce presto per raggiungere una complessità ingestibile.

Il Temporeggiatore Chi è colpito dalla sindrome di Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, conduce una vita caratterizzata da una sfilza di rimandi e tattiche. I temporeggiatori razionalizzano i loro rinvii, così che possono non accorgersi della loro tendenza. E può accadere che qualche risultato arrivi solo per il convergere di fortunate circostanze, il che dà nuovo impulso all’atteggiamento.


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