Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma
Fabrizio Barbaso
Revisione del pacchetto Clima-Energia e riforma dell’EU ETS Alberto Biancardi
Servizi idrici, daremo un buon prodotto a prezzi equi Nicola Zingaretti
Periodico del GSE Dicembre 2013 - Marzo 2014
Favorire la rivoluzione delle rinnovabili
Elementi
Andrea Orlando
Ad aprile il nuovo Piano Energetico Regionale Riccardo Monti
Impulso all’economia? Con rinnovabili, efficienza energetica e reti intelligenti Corrado Clini
Il riscaldamento terrestre si vince con cura dell’ambiente, rinnovabili e ricerca tecnologica Andrea Clavarino
La strada verso le rinnovabili passa dal carbone Paolo Poli
SPECIALE Amo l’attimo, la solitudine L'ENERGIA DEI e le piccole cose MIST
Turchia e Corea del Sud
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lavoriamo in 90 paesi, per portarvi energia
eni.com
Indipendenza dall’estero anche con rinnovabili ed efficienza energetica Più volte, dalle colonne di questo giornale, abbiamo ribadito l’importanza delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, dal punto di vista dell’eterogeneità del mix energetico, dello sviluppo sostenibile e del supporto a una filiera industriale del Paese in grado di apportare ricchezza e occupazione. In questi mesi, il riacuirsi della questione siriana, i cui possibili risvolti militari hanno immediatamente innescato un rialzo dei prezzi dei carburanti di 10 centesimi a litro, ha portato però alla ribalta un altro tema importante e delicato: quello dell’indipendenza energetica. Secondo le analisi di Eurostat (l’Istituto di statistica europeo) l’Italia ha coperto il suo fabbisogno energetico con le importazioni di idrocarburi dall’estero per oltre l’80% (81,3% nel 2011), contro una media dell’Europa a 27 di circa il 53,8%. Importazioni che prevalentemente provengono da Paesi spesso interessati da tensioni socio-politiche, come quelle vissute ad esempio dal Libano ed ora dalla Siria. A ciò si aggiunga che la sempre più crescente produzione di gas non convenzionale (shale gas) da parte degli Stati Uniti d’America, sta cambiando lo scenario delle importazioni e della produzione di metano a livello mondiale.
Ed è dunque in questo contesto che le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica costituiscono un’ulteriore risorsa per l’Italia, utile anche per tenerla al riparo, quanto più possibile, dai contraccolpi derivanti dai cambiamenti dello scacchiere energetico internazionale. L’Italia nel 2012 ha raggiunto e superato il 27% di produzione elettrica coperta da fonti rinnovabili e si avvicina velocemente all’obiettivo del 35% fissato al 2020 dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN). Per quanto riguarda l’efficienza energetica, invece, nei primi sette mesi di gestione dei Certificati Bianchi da parte del GSE, sono stati emessi più di 4 milioni di Titoli di efficienza energetica e portate a termine, con la collaborazione di Enea ed RSE, più di 9.000 istruttorie tecniche. A questo si aggiunga che entro il 5 giugno del prossimo anno, l’Italia dovrà recepire la Direttiva europea 27 del 2012 sull’efficienza energetica, che fissa importanti e stringenti parametri in materia di edifici pubblici. Ebbene, la riduzione efficiente e ragionata dei consumi energetici e l’aumento della produzione da fonti rinnovabili, costituiscono una leva fondamentale per rendere l’Italia maggiormente autosufficiente dal punto di vista energetico, per ridurre il costo della bolletta per imprese e famiglie e guardare con maggiore tranquillità e positività al futuro. Un futuro che sarà ancora più roseo, se riusciremo a garantire al settore energetico anche una robusta crescita della ricerca e dell’innovazione tecnologica.
l’E
l’Editoriale di Nando Pasquali / Presidente e Ad GSE
Elementi 30
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Direttore Responsabile Romolo Paradiso Redazione e Amministrazione Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Editore GSE Segreteria di redazione e pubblicità Gabriella Busia gabriella.busia@gse.it tel. 06. 80114648 Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Natascia Falcucci Maurizio Godart Piergiorgio Liberati Michele Panella Guido Pedroni Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Progetto grafico e impaginazione Imaginali Realizzazione impianti e stampa Arti grafiche Tilligraf Via del Forte Bravetta, 182 00164 Roma Direttore Editoriale Fabrizio Tomada
Foto Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato Fotolia
Si ringraziano per la collaborazione alla realizzazione di Elementi
Hanno collaborato a questo numero Simone Aiello Andrea Amato (La Foto) Ilaria Amè Roberto Antonini Edoardo Borriello Gabriella Busia Alessandro Buttà
Anev Asja Asita Axpo Italia Centro Documentazione Giornalistica Cobat Convert E-On Enel Eni Inergia IVPC Jinko Solar Leitwind Powerone Punto Com Puraction Quale Energia Quotidiano Energia Rinnovabili.it Staffetta Quotidiana Studio Bartucci S.r.l Telecom Italia Terna Yingli Solar
(Illustrazioni: E+, Bizzarre energie, La corrente elettrica racconta e Mp)
Libero Buttaro Fausto Carioti Dario De Marchi Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Maurizio Godart Jacopo Giliberto Piergiorgio Liberati Carlo Maciocco Fabrizio Mariotti (La vignetta di Fama)
Gabriele Masini Michele Panella Guido Pedroni Rosanna Pietropaolo Ilaria Proietti Lorenzo Rossi Sallie Sangallo Luca Speziale Maria Pia Terrosi Renato Terrosi Paolo Vigevano
GSE, in collaborazione con Puraction, ha compensato le emissioni di CO2 prodotte dalla stampa sostenendo il progetto Bom Jesus con standard VCS e Social Carbon.
Un
particolare ringraziamento a Maria Angela Donato (per le foto dell’ intervista a Paolo Poli) e Claudia Delmirani
Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte
In copertina Il sogno della maternità di Dulcinea, 2003, tecnica mista su tela cm 133x75 di Giuseppe Mannino Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001
GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma T +39 0680111 F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it
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Chiuso in redazione il 08 novembre 2013
AU Guidubaldo Del Monte, 45 00197 Roma T +39 0680101 F +39 0680114391 info@acquirenteunico.it www.acquirenteunico.it
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Elementi
Anno 2013 n. 30 Dicembre 2013 Marzo 2014
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Ambiente e bene comune
FATTI. NON DEMAGOGIA.
L’Italia frana. Non solo in termini politici, ma soprattutto, in quelli ambientali. Di tanto in tanto, infatti, pezzi di territorio crollano in modo traumatico, provocando morti e danni ingenti alle persone e alle cose. Ogni volta, a fatto avvenuto, si assiste alla monotona sequela di buoni propositi da parte dei politici del momento, ma poi, nulla si fa e nessuno paga per l’indifferenza e l’inettitudine dimostrate. Perché? Perché la cosa comune, il bene comune, sembra ormai un sentimento e un principio che non alberga più nel cuore della nostra gente. Eppure dovrebbe essere il primo dei principi di una Nazione civile, essendo il valore più importante che si possa esprime in democrazia, e soprattutto, in un sistema fondato sulla libertà.
è, infatti, il diritto di tutti di godere di ciò che la natura e l’opera feconda dell’uomo hanno donato a una Comunità. È il dovere di ogni cittadino di rispettare, proteggere, migliorare e conservare, quanto a ognuno appartiene. Invece sembra che in Italia viga il solo desiderio di “usufruire”, se non di “sfruttare” quello che è di tutti. Fino a che si può. Fino a che il bene c’è. Non importa in che misura, se ancora integro o no. Eppure sono decenni che si sente parlare dell’importanza della natura, dell’ambiente, dei beni culturali, di cui siamo ricchi, senza che ciò si sia trasformato in un’assunzione di cultura e di valore. Perché? Perché è mancata una politica responsabile e incisiva, capace di dimostrare con i fatti di volere rispettare, tutelare, migliorare il patrimonio condiviso di una società. Fatti concreti! Realizzazioni importanti! In grado di convincere chi li vede e ne usufruisce, che sono il frutto della volontà di operare nella maniera più congrua ed efficace per tutti. Così che anche il singolo cittadino si senta sensibilizzato e responsabilizzato nel suo agire. Mettendo in moto un meccanismo che dalla famiglia, alla scuola, al mondo del lavoro, crei una coscienza condivisa sul principio base che governa una Comunità di persone: il bene comune. Non è più tempo di discorsi infecondi. Oggi c’è bisogno di concretezza e di senso di responsabilità. E della possibilità che quanti siano chiamati a rappresentarci e a governarci le possano praticare in modo efficiente e soprattutto rapido, senza incappare nelle attuali pastoie, sì burocratiche e amministrative, ma, ancor più, politiche. A costo, se occorre, e occorre, di agire sulla Carta Fondamentale, modificando quei criteri che rendono la nostra democrazia ingessata e inoperosa. Se una cosa si deve fare per il bene comune, si faccia! Senza se e senza ma. E si faccia nel migliore dei modi. Solo così le parole, tante, e la demagogia, sovrabbondante, che hanno reso l’Italia uno Stato elefantiaco, si possono trasformare in opere. Vere. Responsabili. Necessarie a noi e all’ambiente in cui viviamo. E, non ultimo, a chi dopo di noi verrà.
Virgolette di Romolo Paradiso
Elementi 30
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primo piano
rubriche
03 l’E l’Editoriale 05 “ Virgolette 08 P° il Punto 78 Mc il Mondo di Corrente 82 En Elementi Normativi 84 Be Bizzarre Energie 102 Bi Biblioteca 105 Mp Mondo Piccolo 107 E+ Energia, letteratura, umanità 108 Fo La Foto di Andrea Amato 110 Co la Copertina Elementi
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10 Favorire la rivoluzione delle rinnovabili 14 Revisione del pacchetto Intervista ad Andrea Orlando
A colloquio con Fabrizio Barbaso
Clima-Energia e riforma dell'EU ETS
18 Servizi idrici, daremo un buon Dialogo con Alberto Biancardi
prodotto a prezzo equo
22 Ad aprile il nuovo Piano Energetico Il punto di vista di Nicola Zingaretti
Regionale
26 Efficienza energetica, rinnovabili e reti A tu per tu con Riccardo Monti
intelligenti clima ed energia
28 Il riscaldamento terrestre, ecco come Incontro con Corrado Clini
si vince mercati energetici
32 Consumatori... Liberalizzatevi! energia rinnovabile
36 Il modello Fraunhofer Parla P. G. Maranesi
ambiente ed edilizia
38 Le aziende italiane guardino al A confronto con Vittorio Chiesa
mercato estero
40 Valle d'Aosta a impatto... 0!
Conversazione con Mario Sorsoloni
42 Il sistema di scambio internazionale speciale l'energia dei MIST
70 La riqualificazione edilizia chiave della ripresa acqua ed energia
72 Le risorse idriche e il futuro del pianeta energia del domani
75 Ai confini della realtà la corrente elettrica racconta
46 Turchia e Corea del Sud 86 Una notte bianca energia energia del pensiero 54 88 La strada verso le rinnovabili? Il pensiero di Andrea Clavarino
Un caffé con Paolo Poli
Passa dal carbone
56 La batteria, cardine dell'efficienza Faccia a faccia con Nicola Cosciani
energetica
59 Che energia dai camion!
Amo l'attimo, la solitudine e le piccole cose lavoro
99 Imprenditoria giovanile, la ricetta c'è Dialogo con Nadio Delai
ambiente ed energia
62 Avanti con la sostenibilità ambientale! 65 Ritornano i mulini sul Po 68 Cobat, esperienza e
Quattro chiacchiere con Claudio De Persio
professionalità per il fotovoltaico
Sommario
So
Per l’ambiente
Il futuro può essere catastrofico. Scherzo… Mica tanto 8
Elementi 30
Il mondo dell’energia ragiona su orizzonti lunghi e deve avere ben chiaro il futuro a 30 o 50 anni. Perché ha davanti la sfida più grande da quando, un secolo e mezzo fa, Rockefeller cominciò a estrarre petrolio per lampade: la conversione tecnologica resa urgente dal cambiamento del clima. È dibattuto da tempo il rapporto ormai condizionante fra energia e ambiente. La sensibilità ambientale è altissima. C’è chi s’impegna con petizioni contro la ricerca con l’uso di animali per sperimentare farmaci (rari quelli che s’oppongano ai milioni di animali che ogni giorno vengono macellati per il piacere del nostro palato). Chi combatte contro i biocarburanti: salveranno il clima, ma sottraggono derrate alimentari ai popoli affamati (rari quelli che contestano che il 98% delle colture negli Usa è destinato a produrre commodity e fibre tessili). Chi raccoglie le firme contro le pale eoliche sui monti perché rovinano l’ameno paesaggio italiano, contro le pale eoliche in mare perché rovinano l’orizzonte, contro la posa del metanodotto perché devasterà il territorio. Giusto impegnarsi. Ma se le previsioni catastrofiste sono esatte, le dimensioni del tema “cambiamento climatico” saranno talmente enormi che tutti gli altri problemi ambientali sembreranno minuzie. Dobbiamo prepararci a conoscere un mondo simile a quello in cui i nostri antenati usavano la clava e le donne avevano la coda, per trovare qualcosa di simile al mondo come potremmo vederlo fra pochi decenni: un orizzonte di nuvole nere spezzate da lampi, piogge calde e lerce come in Blade runner, mari più alti di 20 metri cioè la scomparsa di New York, di gran parte della pianura padana e di Venezia, la cancellazione del Bangladesh e degli atolli pacifici dipinti da Paul Gauguin. Negli anni ’60 si temeva l’inverno nucleare. Oggi la minaccia è l’estate carbonica. A mano a mano che il clima cambierà – e secondo alcuni meteorologi sta già accadendo con i fortunali furiosi che da qualche anno dissestano sempre più di frequente le nostre colline e allagano i fondovalle – il tema più comune di dibattito politico e civile sarà questo. Il mondo industriale e produttivo, i consumatori, dovranno cambiare passo in modo più radicale rispetto all’evoluzione già veloce del sentire comune.
tonnellate di metano. Il metano ha una capacità serra di 22-23 volte superiore all’anidride carbonica se considerata nell’arco del secolo, ma di 150 volte superiore alla CO2 nell’arco di due anni. Nel giro di vent’anni la CO2 nell’aria potrebbe aggirarsi fra le 500 e le 700 parti per milione (oggi siamo sulle 400). Diverse decine di milioni d’anni fa la temperatura media era fra i 5 e i 7 gradi più alta; quando ciò accadrà di nuovo nei prossimi decenni, i mari saliranno di una ventina di metri. Mi pongo una domanda. Anzi, due. La prima: ha senso che anche l’Italia investa risorse ingenti nello studio di ciò che avviene e al tempo stesso tagli i fondi alla ricerca di strumenti per contenere il cambiamento del clima? Spendiamo nella ricerca in Antartide, con carotaggi nel ghiaccio, viaggi dei ricercatori nella base italiana, misurazioni e tutto il resto, e nel frattempo si tagliano le risorse allo studio di ciò che bisogna fare per contrastare i cambiamenti del clima, cioè gli stoccaggi per togliere dall’aria l’anidride carbonica. La seconda: come ci stiamo preparando a questo scenario probabile e verosimile, ma ancora incerto? Il mondo dell’energia si sta muovendo. Con lentezza, ma si muove. Ecco per esempio un indicatore interessante: il giornalista Aibing Guo riporta sull’agenzia Bloomberg, che la China Gas Holding – rifornisce metano a 195 città cinesi – prevede di quintuplicare le vendite nei prossimi sette anni perché il sistema industriale del Paese sta abbandonando il carbone. Tale cambiamento trasformerà in perdite economiche le riserve di petrolio e di carbone? Scrive Sara Murphy del Daily Finance: “Che piaccia o no, il cambiamento del clima e i tentativi di limitarlo hanno un impatto crescente sui bilanci delle compagnie. Poiché le emissioni di CO2 sono diventate il nemico pubblico numero uno, il dibattito pubblico riflette in via crescente il concetto che le società con una forte esposizione sui combustibili fossili possono trovarsi bloccate dagli asset”. C’è una notizia simbolo del New York Times. Giappone: a dodici miglia al largo di Fukushima si sta costruendo una grande centrale eolica offshore.
P° il Punto di Jacopo Giliberto
Secondo uno studio di eminenti meteorologi italiani pubblicato in ottobre dal Journal of climate, (Heavy precipitation events in a warmer climate: results from CMIP5 models), basato sull’adozione dei criteri dell’Ipcc su 20 modelli climatici, nel Mediterraneo il regime delle piogge si farà più intenso e bastardo. I segnali ci sono già. Fra gli scenari, lo studio arriva a immaginare perfino le 940 parti per milione di anidride carbonica in atmosfera, il doppio di oggi. In chiave più globale, nel marzo scorso Daniel Whittingstall delineava uno scenario preoccupante dovuto allo scioglimento del permafrost, cioè il terreno gelato, ghiacciato, delle zone artiche della Siberia, della Scandinavia, dell’America Settentrionale. Afferma il catastrofista Whittingstall che è sufficiente quel grado e mezzo in più di cambiamento climatico per liberare in aria, dal permafrost in scioglimento, un miliardo di
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primo piano
Favorire la rivol delle rinnovabili
Intervista ad Andrea Orlando Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare
Andrea Orlando
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Elementi 30
luzione
E: Lo scorso 16 giugno, tra le 14 e le 16, il prezzo d'acquisto dell’energia elettrica (Prezzo unico nazionale - Pun) è sceso a zero su tutto il territorio nazionale, con le rinnovabili che hanno prodotto il 100% dell'elettricità. Siamo nella 'rivoluzione' dell'energia pulita? AO: È presto per dire se siamo entrati nella 'rivoluzione' delle rinnovabili, ma il segnale è importante e va colto: le rinnovabili anni fa erano considerate quasi velleitarie, oggi sono un asse portante della generazione di elettricità a fianco del ciclo combinato a metano, anzi spesso in concorrenza con questo. Circa un terzo della disponibilità di energia elettrica viene dall’idroelettrico, dal fotovoltaico, dall’eolico, dalla geotermia, mentre altre tecnologie – penso per esempio al biogas e alle biomasse – promettono di dare contributi importanti nei prossimi anni. È la seconda conversione energetica cui assistiamo in anni recenti, dopo l’abbandono delle tradizionali a olio combustibile e bassa efficienza, sostituite rapidamente dal ciclo combinato a gas. La transizione verso le rinnovabili non sarà indolore né avrà un procedere costante, ma il processo è inevitabile, positivo per i cittadini e per l’ambiente, e va aiutato. E: C'è chi si lamenta dell'eccessivo peso degli incentivi all'energia verde nella bolletta degli italiani. Come spiegare che le rinnovabili sono una vera opportunità per il Paese?
di Roberto Antonini Accompagnare il paese nello sviluppo delle rinnovabili, processo “inevitabile, positivo per i cittadini e per l’ambiente”, tenendo conto che pesano solo “per una quota” negli aumenti della bolletta. Lavorare per l'efficienza energetica “perché gli investimenti fatti oggi saranno in futuro un risparmio assai maggiore della spesa sostenuta”. Lo dice Andrea Orlando, ministro dell'Ambiente, in una conversazione con 'Elementi'. E invita anche a una valutazione complessiva delle ricadute sull'intero sistema economico italiano di questa 'rivoluzione' verde, guardando agli effetti positivi, ad esempio, per la difesa del territorio dal rischio idrogeologico o per l'export di tecnologie avanzate.
AO: Le rinnovabili forse pesano leggermente sul costo del kwh, ma al tempo stesso consentono di risparmiare su voci diverse dalla semplice bolletta elettrica. Noi italiani paghiamo attraverso le tasse i costi enormi del dissesto del territorio e delle emergenze idrogeologiche: le centrali a biomasse a 'filiera corta' prevedono la nascita di piccole imprese locali che raccolgono il combustibile vegetale attraverso la cura e la manutenzione di quei boschi oggi spesso tralasciati per l’abbandono delle campagne. L’incentivo alle biomasse pesa sulla bolletta elettrica assai meno del costo che si può evitare con la prevenzione del dissesto operata da questi importanti presìdi del territorio, e genera occupazione e benessere. Un altro esempio. Una centrale termoelettrica di tecnologia convenzionale ha un costo di produzione contenuto, ma le sue emissioni possono riversare sulla cittadinanza ben altri costi - economici ma anche umani e sociali - dovuti agli effetti sanitari che non vengono contabilizzati nel prezzo del kwh. Sono le cosiddette 'esternalità', cioè le spese che non si considerano nel costo del prodotto finito (in questo caso, il kwh) ma che possono essere assai più gravi. Vogliamo anche considerare il risparmio sui combustibili di importazione? Ci sono altre considerazioni, come i vantaggi dati dalle energie pulite alla crescita di imprese e tecnologie nazionali, o come lo sviluppo di innovazioni. Gli italiani sono leader al mondo per esempio nelle nuove centrali solari termodinamiche a concentrazione oppure nella produzione degli ingranaggi riduttori usati dagli impianti eolici. E: Resta la questione delle bollette. AO: L’incentivo alle fonti rinnovabili è solamente una quota – che come abbiamo visto dà benefici maggiori dei costi – delle voci che pesano sulla fattura energetica. Le posizioni di
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privilegio, l’eredità del nucleare, la dipendenza da materie prime energetiche d’importazione come il metano, il carbone o il petrolio, i vincoli di mercato in tutti gli anelli della catena energetica sono elementi che fanno rincarare la bolletta e danno beneficio ai soli azionisti, non ai cittadini. E: Intanto i produttori di energia verde lamentano l'instabilità normativa che rende impossibili gli investimenti mettendo a rischio fatturato e posti di lavoro. AO: Le vicende tormentate del Conto energia non sono state un bell’esempio, ma ormai l’assetto normativo si sta consolidando in via definitiva per dare agli investitori certezze di medio termine. E: I produttori da termoelettrico, dal canto loro, lamentano la caduta di rendimento delle centrali spiazzate dalle rinnovabili, ma allo stesso tempo lavoriamo a nuovi punti di ingresso di gas metano. AO: La Strategia energetica nazionale proposta in primavera è un tentativo di dare organicità alla materia. Anche se quel documento ha bisogno di aggiustamenti, tuttavia indica la rotta per i prossimi anni: fonti rinnovabili affiancate da un mercato del metano flessibile e concorrenziale, per fare scendere i costi della bolletta senza gravare l’ambiente con centrali insostenibili. I produttori termoelettrici hanno perso competitività perché ci sono stati due fenomeni: la crisi economica che ha ridotto i consumi e le rinnovabili cresciute più del previsto.
grande fonte energetica da sfruttare, risparmiando. Come ci stiamo muovendo in questa direzione? AO: Ci sono più iniziative. Oltre al mercato dei certificati bianchi, ricordo il Fondo Kyoto e l’ecobonus sulle ristrutturazioni delle case, che dopo le incertezze degli anni scorsi ora è diventato più solido e più interessante per i cittadini che vogliono investire in efficienza energetica nella loro vita quotidiana. Si stima che l’ecobonus renda in pochi anni alle casse dello Stato dalle 3 alle 4 volte il valore erogato, fra Iva e Irpef generate ed emersione dal nero fiscale per tanti installatori. Il vero problema del risparmio è la sua difficoltà di comprensione: è una non-spesa, un non-costo, cioè è difficile da valutare, come sono difficili da conteggiare tutti gli altri 'danni evitati'. Il beneficio si vede solo dopo. Perché devo spendere adesso una cifra sicura – si chiedono in molti – per avere un beneficio forse in futuro? Lo stesso ragionamento è di molti settori dello Stato: perché mettere a bilancio oggi la spesa degli incentivi dell’ecobonus per un rientro aleatorio un domani? La risposta è semplice. È il vecchio motto dei medici, prevenire è meglio di curare. O come dicevano ci insegna la saggezza popolare, chi più spende meno spende, perché gli investimenti fatti oggi saranno in futuro un risparmio assai maggiore della spesa sostenuta. Investire in risparmio oggi è un costo piccolo – per lo Stato con gli incentivi, per i cittadini con dispositivi per risparmiare energia, ma vale anche per altri settori come la prevenzione dal dissesto idrogeologico – che presto rientrerà con gli interessi.
E: L'efficienza energetica sembra la chiave di volta: la più
Impianti a fonti rinnovabili in Italia Potenza Efficiente Lorda (MW) Idraulica Eolica
2008
2009
2010
2011
2012
17.623
17.721
17.876
18.092
18.232
3.538
4.898
5.814
6.936
8.119 16.420
Solare
432
1.144
3.470
12.773
Geotermica
711
737
772
772
772
Bioenergie1
1.555
2.019
2.352
2.825
3.802
Totale FER
23.859
26.519
30.284
41.399
47.345
Produzione Lorda (GWh) Idraulica Eolica Solare
2008
2009
2010
2011
2012
41.623
49.137
51.117
45.823
41.875
4.861
6.543
9.126
9.856
13.407 18.862
193
676
1.906
10.796
Geotermica
5.520
5.342
5.376
5.654
5.592
Bioenergie1
5.966
7.557
9.440
10.832
12.487
Totale FER
58.164
69.255
76.964
82.961
92.222
353.560
333.296
342.933
346.368
340.400
16,5
20,8
22,4
24,0
27,1
Consumo Interno Lordo CIL2 (GWh) FER/CIL %
1
Bioenergie: Biomasse Solide, Biogas e Bioliquidi, Impianti a fonti rinnovabili in Italia
2
Consumo Interno Lordo (CIL)= Produzione lorda + Saldo Estero Produzione da pompaggi
Fonte GSE
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Elementi 30
primo piano
Revisione del Clima-Energia dell’EU ETS Fabrizio Barbaso
A colloquio con Fabrizio Barbaso Direttore Generale aggiunto Direzione Generale Energia Commissione Europea di Simone Aiello
E: In Europa si discute della riforma del Pacchetto ClimaEnergia al 2030. Un solo target CO2 può favorire la decarbonizzazione preservando la sicurezza energetica? FB: Stiamo preparando proposte concrete entro la fine dell’anno. È importante per fornire un quadro prevedibile agli investitori e fissare in Europa un obiettivo al 2030 di riduzione delle emissioni di gas serra che sia ambizioso, in vista dell’accordo internazionale sul clima del 2015. È importante, per le policy UE in materia energia, che il nuovo quadro affronti il concetto di sostenibilità non solo tramite un obiettivo in termini emissivi od anche attraverso target per l’efficienza energetica e le rinnovabili, ma anche perseguendo
14
Elementi 30
obiettivi di sicurezza energetica, di garanzia dell’offerta e tutela della competitività. Sul target unico CO2, l’Impact Assessment in corso di preparazione per la nuova cornice al 2030 dovrebbe fornire chiarimenti. Un target unico CO2, per sé, sarebbe comunque insufficiente a garantire l’obiettivo UE per la sicurezza in termini di approvvigionamento energetico e per la competitività. Il quadro al 2030 dovrebbe, per essere completo, includere anche questi obiettivi specifici. Inoltre, un target specifico per le rinnovabili contribuirebbe direttamente all’obiettivo della sicurezza energetica, in quanto la loro crescente penetrazione nel mix energetico nazionale può ridurre l’import di combustibili fossili.
pacchetto e riforma Le risposte alla consultazione al Libro Verde al 2030 hanno rivelato un ampio consenso tra Stati membri e stakeholder sul bisogno di un nuovo target per la riduzione delle emissioni, mentre visioni diverse sono emerse relativamente a target specifici per efficienza e rinnovabili.
Come accennato, la Commissione sta elaborando la proposta per una nuova cornice Clima-Energia. Su tale base, si potrà valutare l’interazione tra strumenti diversi nel caso in cui il target per la CO2 continuasse a esser affiancato da target per efficienza energetica e per rinnovabili.
E: I Governi stanno ripensando i sussidi pubblici per le rinnovabili e in Europa si è aperta una riflessione. Può un unico target CO2 favorire la razionalizzazione degli incentivi, dando spazio agli Stati membri?
E: L’Europa ha maturato esperienza sul Sistema di scambio di quote di emissione ma la crisi ne ha ridotto l’efficacia. Quali le misure nel medio termine nel quadro UE per l’energia?
FB: La Commissione non guarda solo agli incentivi alle rinnovabili, ma a tutto il settore energia e guiderà gli Stati membri nelle riforme degli schemi nazionali di supporto alle FER sulla base delle best practice. In Europa, la maggior parte degli schemi di supporto sono finanziati dai consumatori. Una quota crescente di rinnovabili e costi decrescenti sono indice del successo di tali strumenti. In alcuni casi, gli schemi di supporto sono stati strutturati in misura non efficiente, perché troppo generosi e rigidi alla variazione di costo delle tecnologie. La Commissione sostiene l’approccio di mercato degli strumenti di sostegno, legando le rinnovabili al gioco tra domanda e offerta. Stiamo creando un mercato unico dell’energia elettrica ed è ragionevole guardare oltre i confini nazionali ed utilizzare i meccanismi di cooperazione (Direttiva FER 2009/29/CE) per gestire le sinergie europee. La scelta del mix energetico è competenza nazionale e la Commissione non può imporre ad alcuno Stato il ricorso a una determinata fonte. La neutralità tecnologica porta nel breve periodo a minimizzare i costi, ma per raggiungere gli obiettivi al 2020 e nel lungo periodo, ha senso un supporto selettivo a tecnologie rinnovabili anche non mature, in modo da ottimizzare il mix energetico necessario per una produzione di energia a basso contenuto di carbonio. La DG Competitività, parallelamente, sta rivedendo il regolamento sugli aiuti di Stato e le relative Linee Guida, e si consulterà con gli Stati membri prima di definire una versione finale nel 2014.
FB: L’Europa vanta quasi un decennio di esperienza sull’EU-ETS. La crisi economica ha però causato un inaspettato squilibrio tra domanda ed offerta di quote. Ciò non significa però che l’ETS non stia raggiungendo gli obiettivi: le emissioni sono diminuite, l’Europa ha raggiunto l’obiettivo Kyoto ed è sulla buona strada per rispettare il proprio target emissivo al 2020. La sfida ora è rappresentata da un segnale di prezzo attualmente non sufficiente per investimenti di lungo periodo in tecnologia a basso contenuto di carbonio. È per questo che occorre un rafforzamento del sistema. L’emendamento alla direttiva ETS consentendo la ridefinizione del quantitativo di quote da mettere all’asta è una misura di breve periodo. Ciò non deve esser confuso con le misure strutturali. La Commissione ha pubblicato nel novembre 2011 un rapporto sullo stato del mercato del carbonio, lanciando il dibattito sulle misure strutturali necessarie all’efficientamento dell’EU ETS. Tutte le opzioni sono sul tavolo. Al rapporto è seguita un’ampia discussione e una consultazione riservata agli stakeholder che successivamente verrà tradotta in proposte concrete. E: A livello internazionale, il dossier Clima sta assumendo un duplice valore: protezione dell’economia dagli eventi climatici estremi e accordo internazionale post 2020. In tale direzioni il discorso a Georgetown del Presidente Obama, e il recente intervento del Direttore Esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, Maria van der Hoeven. Qual è la prospettiva della DG Energia?
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FB: L’adattamento agli sfavorevoli impatti del cambiamento climatico globale è un argomento importante. Il focus delle nostre azioni è sulla mitigazione, dato il ruolo chiave dell’energia nella riduzione dei gas serra. Ad ogni modo, considerare gli impatti possibili del clima è importante quando si prendono decisioni di investimento di lungo periodo. Dobbiamo adottare soluzioni che non mettano a repentaglio le competitività del sistema economico e dell'industria
europea e favorire la creazione di ricchezza e lavoro. E: L’EU ETS è stato catalizzatore di iniziative simili a livello globale. Il Presidente Obama ancora non si è espresso chiaramente ma uno scenario “US ETS” non è da escludere. Quali i vantaggi di un confronto? FB: Sono molte le iniziative a livello nazionale e regionale per la creazione di schemi di tipo ETS. L’Europa accoglie
positivamente questi sviluppi e sta attivamente collaborando nella condivisione della propria esperienza, esplorando possibilità di collegamento con altri schemi, se compatibili con l’EU ETS. Dovremo però prestare attenzione affinché questi non ledano al nostro sistema e alla nostra industria. A ogni modo, lavorare insieme, può rafforzare la nostra posizione e creare opportunità per le industrie europee che hanno investito in tecnologie a basso contenuto di carbonio, aprendo a nuovi mercati.
Riduzioni di Gas Serra Emissioni Gas Serra* (Mil tCO2 anno)
Anno 2005
575
Dato 2011
489
Pacchetto Clima Energia 2020
472
SEN 2020
455
*Totale emissioni verificate, esclusi LULUCF Fonte: Elaborazione su dati ISPRA, "Italian Greenhouse Gas Inventori 1990-2011, National Inventory Report 2013" (http://www. isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/ Rapporto_177_2013.pdf), e su dati Strategia Energetica Nazionale (SEN), marzo 2013
700 Emissioni Gas Serra (Mil t CO2 anno)
Obiettivo Italia
600 500
-21 %
-15 %
-18 %
489
472
Anno 2005
Dato 2011
Pacchetto Clima
SEN 2020
209
-21 %
-20 %
-24 %
165
167
Dato 2010
Pacchetto Clima Energia 2020
575
400
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300 200 100 0
Efficienza Energetica
Anno 2020 inerziale
209
Dato 2010
165
Pacchetto Clima Energia 2020
167
SEN 2020
158
*Pacchetto Clima-Energia
Fonte: Elaborazione su dati MiSE - Strategia Energetica Nazionale (SEN), marzo 2013
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250
Consumi primari* (Mtep anno) Consumi primari * (Mtep anno)
Obiettivo Italia
200 150
158
100
50
0
Anno 2020 inerziale
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SEN 2020
SOAVE ROMA MILANO
200 impianti industriali seguiti in Emission Trading System
Oltre 300 clienti su tutto il territorio nazionale
3 progetti di ricerca in collaborazione con le Università degli studi di Padova e Ancona
Progetti approvati per l’emissione di titoli di efficienza energetica (TEE): 90
Oltre 350.000 TEE generati
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primo piano Servizi idrici
Daremo un buon
Dialogo con Alberto Biancardi Membro AEEG Ma c'è grande necessità di investimenti. Anche perché in tantissime zone del Paese l'acqua non c'è, o non arriva tutti i giorni. Per arrivare a questo risultato è possibile che, laddove per anni non si è investito e la qualità del servizio è estremamente carente, la tariffa aumenti. Stiamo pensando a introdurre criteri di perequazione a livello subnazionale, per “spalmare” almeno in parte questi aumenti.
Alberto Biancardi
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Elementi 30
prodotto a prezzo equo di Fausto Carioti
Il decreto “Salva Italia” del dicembre 2011 ha affidato all'Autorità per l'Energia la regolazione tariffaria dei servizi idrici e la relativa vigilanza. Una sfida tutt'altro che semplice, considerata la complessa e articolata governance del settore. “Ormai siamo pienamente operativi”, assicura Alberto Biancardi, componente dell'Autorità dal febbraio del 2011 e sino ad allora Direttore generale della Cassa conguaglio per il settore elettrico. “È da un anno e mezzo”, spiega, “che ci stiamo lavorando e abbiamo chiuso dossier importanti, quale quello relativo al metodo per la determinazione delle tariffe per gli anni 2012-13”. Sono dunque in arrivo novità di rilievo: per le famiglie, per i gestori e per le infrastrutture che portano l'acqua ai rubinetti di tutta Italia. Anche perché i nodi degli investimenti non fatti a livello locale negli ultimi anni stanno arrivando tutti al pettine. E: Che situazione avete trovato? La criticità del settore era quella che vi attendevate? AB: L'aspetto più “inaspettato” è stata la situazione estremamente stratificata; si sta inoltre rivelando più difficile del previsto costruire una banca dati complessiva e affidabile. L'abitudine tutta italica della tariffa concordata non sulla base dei costi, e quindi di dati riscontrabili, ma di una vera e propria trattativa tra i gestori e la politica locale, ha fatto sì che col passare degli anni lo stato dei piani d'investimento e degli asset fosse classificato in modo spesso diversificato, e, in alcuni casi, decisamente carente.
E: Con quali conseguenze per il vostro lavoro? AB: Siamo chiamati a calcolare una tariffa basata sui costi e se questi sono classificati male, o non lo sono affatto, il nostro lavoro diventa complicatissimo: solo per omogenizzare tutti i dati ci vorranno molto tempo e lavoro. E: Che tempi bisogna attendere, quindi, per vedere in vigore il nuovo sistema tariffario? AB: Per fare chiarezza e poter basare la tariffa sui costi abbiamo attinto a tutta l'esperienza maturata in anni di regolazione, avendo ben presente le specificità dell’acqua. In questo settore la situazione è così diversificata che abbiamo dovuto creare un percorso di convergenza. In una prima fase avevamo cercato di applicare i principi della nostra legge istitutiva, la 481, che ha esteso i poteri del regolatore dell’energia anche al settore idrico. In seguito, abbiamo introdotto una accresciuta flessibilità decidendo che la transizione dal metodo tariffario precedente alla regolazione a regime avvenga con una progressiva evoluzione del metodo transitorio relativo al 2012-13. Adesso siamo in fase di stabilizzazione: l’impianto del nuovo metodo è quello già in vigore; stiamo lavorando per renderlo più efficace. E: Gli stessi gestori dell'acqua appartengono a tipologie molto diverse tra loro. Li regolerete tutti allo stesso modo? AB: Vogliamo classificare le imprese esistenti in quattro categorie. Nel nostro gergo si chiama “regolazione con menù”, ed è un'esperienza che hanno utilizzato anche i nostri colleghi inglesi. Una volta che un'impresa sa a quale categoria appartiene quali regole può applicare non solo per l'anno prossimo, anche per il periodo successivo e programmare così
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la propria attività. La prima fase di consultazione con i soggetti interessati si è chiusa e ora stiamo lavorando sulle osservazioni pervenute. E: Quale sarà il criterio base per la definizione delle nuove tariffe?
E: Un terzo dell'acqua immessa e non fatturata è perduto. In 112 comuni italiani l'acqua è fuori dai limiti di potabilità perché sono presenti al di sopra dei limiti di legge sostanze come arsenico e fluoruro. A quanto ammontano gli investimenti necessari a sanare queste e le altre criticità?
AB: Lavoriamo partendo dai costi, ai quali applichiamo il metodo del “price cap” tipico della regolazione. Il primo passo è individuare standard cui riferirsi, prevedendo meccanismi premianti per quanti riescono a offrire performances più efficienti. È chiaro che dovrà esserci una progressiva riduzione del livello dei costi standard.
AB: L'ammontare di questi investimenti è pari a 65 miliardi di euro da investire nel giro di qualche decennio. All'inizio, però, bisognerà spendere di più: circa cinque miliardi l'anno per cinque anni. Dopo gli interventi più urgenti si potrà far scendere l'investimento annuale. Ricordo che al momento si impiega circa solo un miliardo l'anno.
E: La bolletta dell'acqua è destinata ad aumentare?
E: L'Italia è inadempiente rispetto alla direttiva europea 271 del 1991 sugli scarichi reflui urbani. Il rischio di una sanzione comunitaria è imminente e concreto. Di che cifra si tratta? Come state affrontando questa situazione?
AB: In assoluto, il fatto di cambiare la regolazione non implica che la bolletta aumenti. Anzi, in considerazione del precedente “non riferimento” ai costi specifici del servizio, ci potranno anche essere diminuzioni della tariffa. C'è un punto molto delicato, però. Nel settore dell'acqua c'è grande necessità di investimenti. Anche perché in tante zone del Paese l'acqua non c'è, o non arriva tutti i giorni. Il nostro obiettivo è fare arrivare in tutte le case un prodotto buono a prezzo equo. Per giungere a questo risultato è possibile che, laddove per anni non si è investito e la qualità del servizio è estremamente carente, la tariffa aumenti. Stiamo comunque pensando a introdurre criteri di perequazione a livello subnazionale, per “spalmare” almeno in parte questi aumenti. E: La vostra attività di vigilanza in cosa consisterà? AB: Sarà nostro compito vigilare che, nei casi in cui la tariffa dell'acqua aumenti, questo avvenga a fronte di un investimento fatto, di un migliore servizio reso, vale a dire di un innalzamento della qualità dell’erogazione del servizio. Abbiamo comunque posto il vincolo di un aumento della bolletta, anno su anno, non superiore al 6,5%. Crescite tariffarie superiori verranno sottoposte a una nostra indagine specifica.
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AB: La sanzione è valutabile attorno ai 500-700 milioni di euro. Paghiamo il fatto che per anni, in certe zone, non sono stati fatti gli investimenti indispensabili, magari perché si è preferito mantenere la tariffa dell'acqua a livelli bassissimi. Il risultato è che adesso, in un momento così difficile per i nostri conti pubblici, siamo costretti a investire somme ingenti. Sappiamo già che per la situazione di alcune zone del Paese, soprattutto del Sud, andremo sotto infrazione comunitaria. Abbiamo incontrato più volte l'Unione europea e stiamo lavorando al tavolo istituito presso il ministero delle Infrastrutture, assieme agli enti locali e alle associazioni delle imprese, per trovare una soluzione o almeno limitare i danni. Non sarà facile, perché è da tempo che Bruxelles ci chiede di rimediare a queste violazioni. Il nostro obiettivo è far di tutto affinché i soldi che rischiamo di spendere per la sanzione siano invece destinati quanto prima in investimenti nell'adeguamento delle infrastrutture.
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primo piano
Ad aprile il nuovo Piano Energetico Regionale Il punto di vista di Nicola Zingaretti Presidente Regione Lazio Nicola Zingaretti
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tessuto produttivo, l’altra, gestita dall’assessorato alle Infrastrutture, alle Politiche Abitative e all’Ambiente, rivolta alle pubbliche amministrazioni. E: Ci sono già risultati?
di Piergiorgio Liberati
È riuscito a recuperare 75 milioni di euro di fondi europei inutilizzati e in scadenza nel 2013 per progetti volti al rinnovamento del sistema energetico del Lazio. Promette che ad aprile sarà varato il nuovo Piano Energetico Regionale e conta di avviare a breve la “Scuola Superiore delle Energie” per istruire strutture amministrative regionali e locali, anche sulla base di appositi accordi con l’Anci. Nicola Zingaretti, Governatore del Lazio, a sei mesi dal suo insediamento promette di non deludere quanti sperano nella realizzazione del programma “green” della sua campagna elettorale. Ed è proprio da questo che Elementi ha voluto aprire la sua intervista. E: Presidente Zingaretti, un’ampia parte del suo programma elettorale è dedicata alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica. Su questi temi come si sta movendo la Regione Lazio? NZ: Ci siamo concentrati sull’obiettivo di riattivare il più possibile le risorse messe a disposizione dall’Unione europea nella scorsa legislatura regionale. Avevamo la necessità di stringere i tempi, perché a fine dicembre abbiamo già una prima scadenza. Pertanto, abbiamo seguito due diverse linee d’intervento: una gestita dall’assessorato alle Attività produttive e rivolta al
NZ: Siamo riusciti a riattivare 75 milioni di euro da destinare al rinnovamento del sistema energetico del Lazio. Di queste risorse, 50 milioni sono relativi al Fondo di promozione dell’efficienza energetica e della produzione di energia rinnovabile, destinato alle Pmi nell’ambito degli interventi previsti dal Por-Fesr Lazio 2007-2013. 25 milioni, invece, sono le risorse attivate cogliendo l’opportunità della UE derivante dalla Call for proposal sugli “edifici sostenibili”: saranno indirizzati a Roma Capitale, Comuni del Lazio, Province, Consorzi di bonifica, Enti gestori di Aree Naturali Protette Regionali, Ipab e Ater. E: Secondo lo schema europeo del Burden Sharing, ogni regione ha un suo obiettivo al 2020 di copertura di una percentuale di consumi energetici con le fonti rinnovabili. Per il Lazio questa percentuale è stata fissata all’11,9%. È prevista la predisposizione di un Piano energetico regionale per raggiungere questo obiettivo? NZ: Sì. Quel che ho fin qui descritto è stata un’azione di emergenza. Il futuro prossimo è rappresentato da un’occasione straordinaria di sviluppo come il nuovo Programma Operativo Regionale "2014-2020" che, su circa 700 milioni disponibili, prevede che il 20% venga impegnato per progettualità di fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Per questa ragione, il Piano energetico regionale è già in lavorazione: entro l’inizio della prossima primavera sarà pronto. E: Energia e ambiente sono due materie concorrenti tra Stato e Regione. Sarebbe favorevole a modificare il Titolo V della Costituzione per rendere più agevoli gli interventi in questi ambiti?
NZ: Ritengo che per due materie come energia e ambiente, l’eccessivo localismo – o al contrario un’impostazione centralista – non prefiguri niente di buono. Si parla di politiche di lungo respiro, fabbisogni complessi, prerogative e prospettive che vanno pianificate e sviluppate con molti attori. Le grandi scelte sulle politiche energetiche hanno sempre una importante ricaduta sui territori. Anche alcune grandi opere realizzate nel Lazio lo dimostrano. Ecco perché ritengo sia necessario evitare le esclusività: serve armonizzare, collaborare, integrare. Non creiamo problemi che non ci sono, il tema è lavorare bene. E: Ricerca e innovazione costituiscono due aspetti fondamentali per la crescita. La Regione Lazio ha due fiori all’occhiello quali il Polo Solare Organico (Chose) e quello sulla Mobilità sostenibile (Pomos). In futuro pensa di incentivare la crescita di simili realtà? NZ: La valorizzazione del grande patrimonio della ricerca e della scienza del Lazio è una delle nostre scommesse per il futuro della regione. Nel nostro territorio abbiamo Università e Centri di ricerca di livello europeo che, finora, hanno interagito poco o niente con chi ha il compito di programmare l’utilizzo delle risorse pubbliche e con il tessuto produttivo. Creare un’efficace triangolazione tra questi soggetti è un obiettivo primario. Abbiamo già approvato lo schema di protocollo d’intesa tra Regione Lazio ed Enea, il cui apporto sarà utilissimo per molti progetti in campo energetico e ambientale, a partire dalla programmazione 2014-2020 dei Fondi Ue. E: C’è già qualcosa di concreto in campo? NZ: Collaboriamo con i ricercatori dell’Enea per la valutazione integrata degli impatti economici e ambientali di piani e programmi. Ci piacerebbe inoltre gettare le basi per creare una Scuola delle Energie (Polo formativo Energie ENEA/Regione Lazio) per istruire strutture amministrative
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regionali e locali, anche sulla base di appositi accordi con l’Anci. E poi c’è l’enorme capitolo del sostegno e della formazione delle nostre imprese sull’energia, dove abbiamo accumulato un enorme ritardo. Per questo pensiamo, tra le altre cose, alla creazione di una rete regionale di centri per le innovazioni tecnologiche in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, sulla formazione e sostegno alle Pa e alle imprese. E: Presidente, a proposito di formazione va detto che spesso i cittadini si occupano di fonti rinnovabili solo quando possono risparmiare. Cosa manca affinché ne abbiano una percezione civica, dal punto di vista della tutela ambientale?
il metodo del Gpp, stabilito con il manuale Buying Green!, promosso e pubblicato nel 2004 dalla Commissione Europea al fine di guidare i soggetti pubblici nell’acquisto di beni e servizi per la salvaguardia dell’ambiente. L’obiettivo è incidere sulle attività di approvvigionamento della Pubblica amministrazione, individuando come priorità strategica la sostenibilità e attivandola in chiave di competitività dei prodotti e dei servizi “verdi”. Ciò prevede anche l’adozione del suddetto Piano d’azione regionale per la sostenibilità dei consumi nel Lazio. Tale strumento stabilirà azioni di comunicazione, sensibilizzazione e formazione agli operatori pubblici e privati, relativamente ai temi del Gpp e della sostenibilità ambientale degli appalti pubblici.
NZ: Abbiamo messo la prima pietra per un’azione volta a eliminare in modo radicale questa distorsione. Con la delibera approvata il 31 luglio 2013, infatti, abbiamo introdotto l’applicazione del Gpp (Green Public Procurement). Si è deciso, cioè, di orientare per il territorio regionale gli appalti pubblici di lavori, beni e servizi verso criteri di sostenibilità ambientale. Si è adottato
Call for proposal Energia sostenibile Dotazione finanziaria Le risorse finanziarie destinate alla realizzazione degli interventi selezionati attaverso la presente Call for proposal ammontano a ¤ 25.000.000,00 che sono ripartite per le tipologie di immobile come di seguito esplicitato Tipologia di immobile
Ripartizione finanziaria
A
Strutture consorzi di bonifica
¤ 5.000.000,00
BL
Strutture servizi socio-educativi - Comuni del Lazio (esclusa Roma Capitale)
¤ 3.500.000,00
BR
Strutture servizi socio-educativi - Roma Capitale
¤ 3.500.000,00
CL
Strutture sportive - Comuni del Lazio (esclusa Roma Capitale)
¤ 2.000.000,00
CR
Strutture sportive - Roma Capitale
¤ 2.000.000,00
DL
Strutture servizi sociali - Comuni del Lazio (esclusa Roma Capitale)
¤ 1.500.000,00
DR
Strutture servizi sociali - Roma Capitale
¤ 1.500.000,00
E
Strutture aree naturali protette regionali
¤ 3.000.000,00
G
Strutture ATER
¤ 3.000.000,00
Fonte: Sviluppo Lazio
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primo piano
Efficienza rinnovabili e reti La ricetta per ambiente ed economia
Serve anche una semplificazione amministrativa e burocratica che dia nuovo impulso al settore delle rinnovabili elettriche e un’accorta politica di sostegno all’internazionalizzazione delle nostre Pmi
di Fausto Carioti Le imprese attive nella filiera delle rinnovabili, dell’efficienza energetica e delle reti e dei sistemi intelligenti per l’energia stanno attraversando una profonda trasformazione. Finita la fase pionieristica è il momento del consolidamento e della contesa dei mercati emergenti. Un processo delicatissimo che vede l’ICE, l’Agenzia per la promozione all’estero e la internazionalizzazione delle imprese italiane, impegnata ad accompagnare le aziende tricolori fuori dai confini nazionali. Dal suo punto di osservazione il presidente dell’Ice, Riccardo Monti, indica i rischi e le opportunità che i processi in atto rappresentano per il Made in Italy. E: Presidente Monti, come si stanno muovendo le nostre imprese sullo scenario internazionale? RM: Le aziende del settore delle rinnovabili non sono rimaste inerti di fronte alle difficoltà del 2011, ma hanno reagito sviluppando nuove strategie e modelli di business. L’analisi a consuntivo del 2012 (IREX aprile 2013) ci ha restituito un’immagine dell’industria delle rinnovabili, sia italiana che internazionale, in fase di trasformazione. Gli investimenti italiani fuori dai confini nazionali sono saliti del 55% rispetto al 2011, con un peso crescente delle nazioni extraeuropee. Su 10,1 miliardi di euro di investimenti effettuati dagli operatori delle rinnovabili italiane nel 2012, il 49% si è diretto all’estero. L’internazionalizzazione, insieme al consolidamento ed alla gestione più efficiente, è il fenomeno che ha maggiormente caratterizzato il settore nel 2012. Questo è avvenuto anche perché la saturazione del mercato domestico ha spinto le aziende italiane verso nuovi approdi internazionali.
Riccardo Monti
A tu per tu con Riccardo Monti Presidente ICE
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energetica, intelligenti E: Quali sono i Paesi di maggior interesse per le aziende italiane? RM: Le operazioni realizzate al di fuori dei confini nazionali si concentrano nella Nuova Europa (Romania, Bulgaria, Serbia e Polonia) con il 35% del totale. Cresce anche la quota in America Latina, arrivata al 17%, e sta acquisendo un ruolo significativo il Sudafrica.
acquisendo un peso crescente per controbilanciare il rallentamento dei mercati europei. Con la caduta dei prezzi delle tecnologie, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili sta infatti divenendo particolarmente attraente in quei Paesi che, per caratteristiche geografiche e fabbisogno crescente di energia, non devono necessariamente far affidamento sugli incentivi. L’espansione sta quindi puntando in Asia, Sud America e Sud Africa, anche con operazioni di delocalizzazione produttiva.
E: Chi sono i nostri concorrenti più temibili? RM: Stati Uniti e Cina si sono affermati come leader del settore, seguiti da economie in crescita come Brasile, Giappone, Canada e India. In Europa emergono ancora Germania e Gran Bretagna. E: Cosa state facendo all’ICE per promuovere le nostre esportazioni in questo settore? RM: Nell’ambito dell’attività promozionale a favore delle tecnologie ambientali, l’Agenzia organizza partecipazioni collettive a saloni fieristici internazionali, incoming di operatori esteri a fiere di settore in Italia, convegni/seminari e corsi di formazione. Ad esempio nel 2013 sono state realizzate partecipazioni collettive a fiere internazionali quali Wetex a Dubai e Saudi Energy a Riyadh, mentre sono imminenti Pollutec Marocco a Casablanca e Watec Israel a Tel Aviv. Sono stati organizzati anche incontri di affari con operatori esteri specializzati e selezionati provenienti da Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Giordania e Turchia. Per il 2014 sono previste ulteriori partecipazioni collettive a manifestazioni fieristiche internazionali, nonché missioni di operatori esteri ad eventi settoriali in Italia e seminari tecnici di formazione in Croazia. E: Quali sono i trend in atto a livello mondiale? RM: Il peso dei mercati domestici sta diminuendo per tutti. In futuro anche i piccoli e medi operatori dovranno internazionalizzarsi per fronteggiare al meglio la competizione. In questo contesto, i Paesi emergenti stanno
E: Il processo di concentrazione delle aziende del settore è destinato a continuare? RM: Già nel 2011 le società specializzate in rinnovabili hanno avviato un processo di riorganizzazione, con un aumento delle operazioni di concentrazione, fusioni e acquisizioni. Questi movimenti continueranno nel futuro, toccando principalmente gli operatori più piccoli, ma anche i maggiori, soprattutto nel comparto della produzione di tecnologie e componenti. E: Cosa rappresenta il settore delle rinnovabili per l’Italia e le aziende italiane? RM: Le energie rinnovabili sono il migliore investimento che il nostro Paese possa compiere per assicurarsi un futuro ambientale sostenibile e una piena indipendenza energetica. Rifacendosi alla previsione del rapporto IREX 2013, con lo sviluppo delle energie rinnovabili, fatto da piccole e medie imprese molto flessibili ed innovative, nonché importanti risorse energetiche rinnovabili, l’Italia potrebbe guadagnare circa 49 miliardi di euro entro il 2030, grazie alle benefiche ricadute sull’occupazione, al risparmio sulle importazioni di combustibili fossili e all’effetto positivo sul prezzo dell’elettricità. Ma servirà una politica combinata di efficienza energetica, rinnovabili, reti intelligenti, semplificazione amministrativa e burocratica che dia nuovo impulso al settore delle rinnovabili elettriche, accanto a un’accorta politica di sostegno all’internazionalizzazione delle nostre Pmi.
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clima ed energia Per far fronte al riscaldamento terrestre
Cura dell’am rinnovabili e tecnologica Incontro con Corrado Clini Direttore generale per lo sviluppo sostenibile, clima ed energia, Ministero Ambiente Corrado Clini
L’allarme lanciato dalla Banca Mondiale con un rapporto dell’Università di Postdam è perentorio: se non si mette mano in modo deciso alla politica industriale e ambientale, nel 2100 il riscaldamento terrestre aumenterà di 4° C, con effetti catastrofici. «I 4 gradi in più di riscaldamento previsti dagli scienziati significano inondazioni nelle aree costiere, rischi per le produzioni alimentari e quindi aumento del tasso di malnutrizione, maggiore aridità nelle regioni secche, ondate di calore senza precedenti, scarsità d'acqua; cicloni più frequenti e intensi, perdita della biodiversità. Insomma, sarebbe un mondo così diverso da quello attuale con maggiori incertezze e nuovi rischi per l’umanità», ha detto Jim Yong Kim, presidente della Banca Mondiale, presentando il rapporto “Abbassate il fuoco – Perché bisogna evitare un mondo più caldo di 4° C", realizzato anche con il concorso del nostro Ministero dell’Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare. Al prof. Corrado Clini, Direttore generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia del Ministero dell’Ambiente, dicastero di cui è stato ministro durante il Governo Monti, Elementi ha posto alcune domande per inquadrare l’allarmante problema.
di Dario De Marchi
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mbiente, ricerca
E: Qual è il contributo dell’Italia alla realizzazione del rapporto e cosa stiamo facendo per invertire la tendenza in atto? CC: L’Italia è presente in tutti gli organismi internazionali che si occupano di cambiamenti climatici. Siamo parte attiva in tutti i panel internazionali a livello istituzionale in cui si valutano le decisioni che possono essere assunte dai Governi. Alla Conferenza Rio+20 (Brasile 2012) l’Italia è stata protagonista di un accordo storico con cui si stabilisce che la crescita “verde” è l’obiettivo comune di tutti i Paesi, da realizzare dando priorità alla lotta alla povertà e alle diseguaglianze. E assumendo come criterio l’uso efficiente delle risorse naturali e energetiche. È un messaggio positivo e impegnativo, soprattutto se si considera che l’accordo è stato raggiunto durante una grave crisi economica che avrebbe potuto suggerire di lasciar perdere l’ambiente e puntare solo sulla crescita.
E: Come conciliare l'aumento dei consumi di energia, conseguente alla crescita di Paesi come Cina, India e Brasile con la necessità di ridurre le emissioni? CC: La sfida è assicurare il futuro avendo energia pulita. Vuol dire cambiare l’ordine economico del pianeta, dando più forza alle energie rinnovabili e meno potere a chi oggi ha in mano le risorse energetiche tradizionali. E puntare sulla ricerca e sviluppo di tecnologie ancora sconosciute. Serve investire in una ricerca che cambi la qualità della vita e permetta di conservare risorse naturali e energetiche. Altrimenti non riusciremo a evitare la rottura di quell’equilibrio che ora consente, ad esempio, produzioni agricole in Asia o in Africa, ma anche in Europa. E che potrebbe essere compromesso dalla riduzione dei ghiacciai e delle risorse idriche per la crescita della temperatura. È uno scenario che fa paura, ma che occorre
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affrontare per garantire un nuovo equilibrio fra risorse energetiche e crescita economica.
energetica dall’estero e, in prospettiva, abbasseranno i costi della bolletta nazionale anche delle famiglie.
E: Qual è il confine tra allarmismo ambientalista e la reale necessità di ridurre la temperatura del nostro pianeta?
E: Alcune politiche ambientali hanno depresso la crescita economica. Qual è il giusto compromesso tra esigenze ambientali e obiettivi di sviluppo economico?
CC: Il percorso di consapevolezza sulle conseguenze dei cambiamenti climatici, avviato a Rio De Janeiro nel 1992, credo sia giunto a maturità culturale. Gli allarmismi in una prima fase hanno avuto un effetto choc, che ha inciso sulla presa di coscienza dell’opinione pubblica occidentale. Oggi sappiamo che non si esce dalla spirale dei cambiamenti climatici imponendo la decrescita all’occidente e la “non crescita” ai Paesi in via di Sviluppo. Ciò vorrebbe dire imporre ai Paesi industrializzati un livello di vita più basso ma, soprattutto, condannare alla povertà il Terzo Mondo. In questi anni Paesi come Cina, India e Brasile sono diventati giganti economici. Occorre un modello di sviluppo socio-economico mondiale che incardini gli strumenti della sostenibilità sociale e ambientale.
CC: A deprimere la crescita economica non sono le politiche ambientali semmai l’ideologizzazione di talune scelte, anche normative, che hanno trasformato l’ambientalismo nella politica dei “no”. La crescita sostenibile è una politica di sviluppo, di incremento dell’occupazione, di competitività internazionale. La sostenibilità dei processi produttivi è elemento di vantaggio anche commerciale. In controtendenza con i mercati, i prodotti e le aziende “verdi” in questi anni di crisi hanno segnato performance positive. È sbagliato porre la questione in termini di compromesso, ma di scelte di sviluppo che guardano al futuro o di politiche di retroguardia. E: Dopo l'incidente di Fukushima, tanti Paesi hanno rivisto le politiche energetiche dismettendo il nucleare. Il gas sembra essere la fonte più accreditata, ma aumenta le emissioni di CO2. Può la tecnologia CCS (Carbon capture and sequestration) arginare il problema?
E: Efficienza energetica e rinnovabili costituiscono i principali strumenti per ridurre le emissioni. C’è una stima delle risorse necessarie per migliorare efficienza e risparmio e garantire il passaggio alla "generazione distribuita"? CC: Quello degli investimenti è un falso problema. In Italia abbiamo importanti incentivi per le rinnovabili i cui costi, in certe ore del giorno, sono inferiori a quelli dell’energia da fonti tradizionali. Con un fondo rotativo dotato di 600 milioni di € sosteniamo le imprese dell’area green, abbiamo rinnovato gli incentivi per le eco-ristrutturazioni degli immobili. Queste risorse non vanno viste come un “costo”, ma come un investimento produttivo. Le ristrutturazioni edilizie “restituiscono”, con Iva e gettito fiscale, il triplo dello sgravio concesso nell’arco di tre anni; la promozione di aziende verdi innesca occupazione e produzione; le rinnovabili attenuano la nostra dipendenza
CC: La CCS è una misura che si sta sperimentando con successo. Ma non può rappresentare la soluzione perché non ci libera dalla dipendenza dai combustibili fossili il cui utilizzo, con lo sfruttamento dello “shale gas” e degli “scisti bituminosi”, è in crescita con dinamiche che stanno cambiando la geografia e i rapporti di forza fra produttori di idrocarburi. Per conseguire lo sviluppo sostenibile l’obiettivo è la decarbonizzazione dell’economia e dei sistemi produttivi. Il futuro è nelle rinnovabili, nella generazione diffusa, e, soprattutto, nella ricerca tecnologica che potrebbe a breve indicarci soluzioni nuove e vincenti sul fronte dell’energia pulita.
Trend emissivi di CO2 nel 2012 dei principali emettitori Mt 400
32 %
300
24 %
200
16 %
100
8%
0
0%
-100 -200 -300 Stati Uniti
Unione Euopea
Cambiamenti dal 2011
Altri OECD
India
Medio Oriente
Giappone
Altri non OECD
Cina
Quote di emissioni nel Mondo
Fonte: Agenzia Internazionale dell’Energia, Redrawing the Energy and Climate map, World Energy Outlook-Special Report, fig.1.8, pag. 26, 10 june 2013.
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Elementi 30
mercati energetici
Consumatori
...Liberalizzatevi! Il contesto evolutivo dei mercati energetici pone ancora una volta l’annosa questione del ruolo del consumatore: attore principale o elemento passivo? E poi, a che punto è la liberalizzazione? Attualmente, la completa apertura alla concorrenza, ha sicuramente portato i suoi vantaggi ma, da recenti indagini, non sono ancora quelli che ci si aspettava. Perciò servono una comunicazione più capillare e strumenti più efficaci.
di Paolo Vigevano Paolo Vigevano
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Presidente e Amministratore Delegato di Acquirente Unico Elementi 30
Sono passati sei anni dall’apertura del mercato elettrico, ma c’è ancora parecchia strada da fare per il processo di liberalizzazione e i risultati non sono quelli sperati. Senza dubbio i consumatori hanno visto cambiare la loro “posizione”, grazie a quanto accaduto: se prima erano realmente “passivi” rispetto alle dinamiche di settore, con i processi di liberalizzazione, il loro status è divenuto sempre più centrale, grazie alla possibilità di scegliere il proprio fornitore sul mercato, cosa che ha aumentato il potere negoziale. Infatti il successo dell’apertura dei mercati energetici è strettamente correlato all’efficacia della dinamica competitiva che vi si realizza. Effetti positivi si possono produrre solo se il consumatore è coinvolto e consapevole delle opportunità presenti. Però, affinché ci siano conseguenze concrete e di lunga durata, servono una maggiore informazione, regole più snelle e un sistema di tutele a supporto dell’utente, capaci di fronteggiare le peculiarità e la complessità evolutiva del settore. Infatti, l’attuale contesto risulta essere complesso, caratterizzato da alcune distorsioni informative e da una comunicazione poco capillare. La liberalizzazione ha determinato un incremento del numero di operatori,
i quali hanno intrapreso un’accesa competizione per acquisire quote di mercato, mettendo i consumatori al centro di serrate campagne commerciali a volte aggressive o poco chiare, da cui non è sempre emersa la percezione del vantaggio economico derivato dalle offerte. Ad agosto di quest’anno, un’indagine dell’Autorità ha messo in evidenza un’importante criticità sul ruolo che attualmente ricopre l’utente finale, che lo vede ancora poco attivo rispetto alle dinamiche del mercato. Se da una parte, comunque, ci sono segnali che cresce nei consumatori la consapevolezza dei vantaggi derivanti della liberalizzazione (sono circa 100.000 gli utenti che ogni mese passano dal mercato tutelato a quello libero); dall’altra non va dimenticato che esiste ancora una larga parte, che non ha scelto il fornitore e che rientra nel sistema di tutele garantito da un soggetto terzo, l’Acquirente Unico, il quale s’inserisce tra i produttori e i distributori/venditori, negli acquisti su larga scala per tutte le famiglie e le piccole e medie imprese rimaste, appunto, nel mercato tutelato. In questo scenario, proprio per stimolare maggiormente le dinamiche di apertura e competitività, è opportuno non creare dannosi dualismi “tutelato VS libero” o considerare l’Acquirente Unico una
panacea o un elemento distorsivo, ma un fulcro a supporto delle famiglie. In questa direzione proprio il ruolo dell’Acquirente Unico è centrale e sempre più deve diventare uno degli snodi del sistema. Infatti l’Autorità osserva che, al di là della competizione sul mero prezzo dell’energia, si sta sviluppando un gioco più complesso perché si va ampliando il ventaglio di offerte che gli operatori propongono ai consumatori che, a loro volta, esprimono esigenze sempre più articolate in termini d’interesse per il risparmio energetico e di sensibilità per i temi ambientali. Il lavoro fatto fino ad oggi in termini di evoluzione del consumatore, sta dando comunque dei risultati, che però non sono sempre immediatamente percepiti, sommersi da una lettura della questione “prezzo”, che viene ridotta alla pura contrapposizione tra chi ha pagato di più e chi meno. Si ignora, invece, la domanda “per cosa si è pagato”? Ed è proprio quest’ultimo il quesito su cui concentrarci maggiormente, perché è la consapevolezza dei consumatori che dobbiamo alimentare, cosicché possano cogliere le opportunità che oggi non vedono con chiarezza e allo stesso tempo fornire gli stimoli per individuare possibili nuove soluzioni che, magari, al momento non vengono
> Elementi 30
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considerate dagli operatori e dalle Istituzioni. Per adesso, una fascia di utenti più dinamica e attenta si è mossa guidata dal più istintivo dei driver, il prezzo, che però non può essere la sola motivazione sufficiente.
Occorre integrare i contatori intelligenti in sistemi informativi e di misurazione che siano veramente strumenti operativi a disposizione dei singoli consumatori, né più né meno di come oggi possiamo, con una semplice applicazione del nostro smartphone, verificare i consumi, il credito residuo e, in pratica, gestire il contratto telefonico.
La Vignetta di Fama
Occorre accelerare l’evoluzione di sistemi e processi che presiedono al rapporto fornitore/consumatore, per far sì che le informazioni fornite dalle aziende consentano ai clienti di gestire al meglio i loro consumi e di poter scegliere l’offerta più adatta alle loro specifiche esigenze. In questa direzione Acquirente Unico, grazie all’esperienza maturata nel settore, per conto dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, gestisce lo Sportello del Consumatore di Energia, il Servizio di Conciliazione, mentre il legislatore gli ha demandato la realizzazione e direzione del Sistema Informativo Integrato, che consentirà il flusso di informazioni tra operatori e, tra l’altro, agevolerà il consumatore nel cambio di fornitore.
Questi strumenti agiscono per facilitare la liberalizzazione e la tutela dei consumatori, accompagnandoli verso il mercato libero. Inoltre, c’è da aggiungere, che la promozione di uno sviluppo corretto del mercato, che tenga in considerazione della propria crescita e del sistema di tutele, ha bisogno non solo di tecnologie funzionali e di infrastrutture che garantiscano la sicurezza, ma anche di Autorità di regolazione capaci di guidare il cambiamento con flessibilità ed efficienza e con la partecipazione consapevole del consumatore. Infine, bisogna aumentare la chiarezza dei documenti di fatturazione e dei canali disponibili per la risoluzione delle controversie.
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Elementi 30
Il successo di un modello di mercato si può definire solo nella misura in cui ogni attore può svolgere in pieno il proprio ruolo, dove le regole siano ben delineate, la comunicazione arrivi dovunque e sia di qualità, i sistemi di risoluzione delle controversie siano affidati a soggetti terzi e indipendenti e dove il sistema di tutele sia a favore del consumatore, creando così fiducia verso le istituzioni, a tutto vantaggio del benessere del settore.
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energia rinnovabile La crisi della ricerca applicata e le possibili vie d’uscita.
Il modello Fraunhofer
una esperienza interessante
Parla P. G. Maranesi Presidente RSE spa e Subcommissario ENEA
Piero G. Maranesi
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Elementi 30
di Guido Pedroni e Ilaria Amè
E: Professor Maranesi, in un suo recente articolo pubblicato dalla rivista AEIT, ha sottolineato la crisi della ricerca applicata. Quali sono le cause che l'hanno generata? PGM: Nell’articolo-proposta “ Il modello Fraunhofer: come uscire dalla crisi della ricerca applicata” sottolineo come le innovazioni di maggiore impatto degli ultimi decenni siano state in gran parte effettuate da imprese hi-tech che le hanno rese disponibili in termini di prodotti commerciali determinando enormi conseguenze sociali ed economiche. I nomi di Intel, Apple, Celera, Samsung, per limitarsi ai più popolari, sono emblematici di questo fenomeno. In tutti i Paesi industrializzati che devolvono risorse pubbliche alla ricerca, tale constatazione è premessa di critiche rivolte prevalentemente agli enti e alle società pubbliche di ricerca applicata, alle quali si imputano ritorni insufficienti rispetto ai costi della loro attività. L’assetto tradizionale delle istituzioni di ricerca è messo in crisi dai nuovi protagonisti dell’innovazione, si auspicano riorganizzazioni delle strutture pubbliche per un maggiore spazio all’applicazione e allo sviluppo di prodotto e di processo, che intensifichino il trasferimento tecnologico e accelerino la tempistica della trasformazione in prodotto commerciale. E: Lo scenario da Lei delineato sottolinea la maggiore criticità che si ravvisa in Italia. Quali le ragioni ? PGM: Anche il lavoro sistematico svolto recentemente dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) offre un quadro negativo sul versante delle applicazioni. La frammentazione, le ripetizioni tematiche, la disorganicità delle direttive inducono l’OCSE ad affermare che la dimensione e l’efficacia dell’innovazione in Italia sono tra le più scarse tra i Paesi aderenti. Ragioni profonde e datate sono riferibili alla matrice culturale italiana, in cui il ruolo riconosciuto alla scienza e alla tecnologia è inferiore a quello che vi si riserva nei Paesi Paesi nordici europei e americani. Ma vi sono ragioni più vicine alla nostra esperienza storica: nell’apparato della ricerca pubblica costruito in Italia dopo la fine della seconda guerra mondiale, rare sono le tracce di un sottostante disegno progettuale e manca evidenza di un filo conduttore, di un’azione di adeguamento progressivo esercitata con continuità e coerenza. Un movente comune a molte iniziative è stato il perseguimento del consenso come primo obiettivo, conseguenza comprensibile di decenni di guerra fredda della quale l’Italia è stata teatro. E: Quale tipo di riorganizzazione della ricerca applicata è proponibile in Italia? PGM: Una riorganizzazione complessiva appare difficilmente realizzabile nei tempi brevissimi che la situazione impone per le difficoltà strutturali che si sono rese evidenti anche nel
tentativo non riuscito effettuato dal MIUR nel 2012. Un approccio di immediata attuazione può procedere coinvolgendo inizialmente un numero limitato di strutture, cominciando da quelle più idonee a implementare modifiche metodologiche: più intensa collaborazione con il mondo produttivo e accelerazione del trasferimento tecnologico. Successivamente e gradualmente, il processo può essere esteso anche alle altre strutture di ricerca mentre si materializza una regia di indirizzo e coordinamento con l’intervento anche del mondo produttivo nelle sue molteplici articolazioni. In questa prospettiva mi sento di indicare l’emulazione del Modello Fraunhofer al quale si attengono le società che compongono Fraunhofer Gesellshaft (FG). E: Quali sono gli aspetti caratterizzanti il modello Fraunhofer? PGM: Sono il commercial focus e il cofinanziamento pubblico applicato proporzionalmente all'entità economica del contratto di ricerca stipulato con il committente. A ciò si aggiungono altre facoltà, talvolta precluse in Italia o molto limitate, quali ampie possibilità di brevettazione e di sottoscrizione di impegni di non-disclosure agreement. Altre caratteristiche che si deducono dall’esperienza delle sessanta società FG tedesche sono: - dipendenti intorno a 300; - collocazione territoriale in un distretto produttivo conforme alla connotazione tematica e alla dotazione strumentale; - forte legame e collaborazione con le istituzioni regionali e comunali. La formula appare conveniente all'industria e appetibile per le PMI, tanto da indurle al ricorso a strutture pubbliche per collaborare nell'innovazione molto più di quanto avvenuto finora. Il vero e proprio outsourcing di attività di ricerca applicata e di prototipazione potrebbe essere preso in considerazione per la complementarietà sinergica tra Istituti pubblici di ricerca e imprese che è stata evidenziata nell’articolo. L’intendimento espresso dallo stesso Presidente degli Stati Uniti di istituire, dopo il primo esperimento di Youngstown in Ohio, una quindicina di centri sul modello Fraunhofer offre un’idea del consenso che questo modello riceve anche al di fuori della Germania. E: In un processo di riorganizzazione graduale della ricerca applicata in Italia, emulativo dell’esperienza Fraunhofer, intravede un ruolo di RSE? PGM: Sono evidenti sostanziali affinità tra RSE e le società FG. Il numero di dipendenti di RSE non è lontano dalle trecento unità. Svolge la ricerca in un ambito tematico ben definito, quello dell’energia, è territorialmente collocata in un contesto distrettuale e produttivo conforme e mantiene stretti rapporti con le istituzioni locali. Inoltre RSE è frutto dell’accorpamento della società di ricerca Enel sotto l’egida pubblica e mantiene nelle proprie maestranze il retaggio della finalizzazione industriale dell’innovazione prodotta. In un contesto di riorganizzazione graduale quale quello ipotizzato avrebbe titolo per essere presa in considerazione. Anche negli enti pubblici di ricerca vi sono centri e isole operative che presentano prerequisiti di idoneità a interpretare un ruolo del tipo descritto.
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energia rinnovabile Fotovoltaico
Le aziende italiane guardino al mercato estero Vittorio Chiesa
A confronto con Vittorio Chiesa Docente del Dipartimento di Ingegneria Gestionale, Politecnico di Milano
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Elementi 30
di Ilaria Proietti
E: Prof. Chiesa, quali sono le soluzioni piĂš vicine alla sostenibilitĂ economica nel settore del fotovoltaico? VC: Ci sono condizioni che giĂ consentono di realizzare impianti sostenibili anche in assenza di incentivi. Mi riferisco al fotovoltaico residenziale con il beneficio della detrazione fiscale per le ristrutturazioni edilizie. Oppure a impianti su copertura di taglia media su edifici, ad esempio, commerciali e industriali: in questi - per intenderci tra i 200 e i 400 kw - deve essere ottimizzato lo spazio per massimizzare l'autoconsumo. In entrambi i casi si tratta di installazioni competitive, mentre mi sembrano per ora fuori gioco gli impianti a terra da 1 MW in su. Il mercato italiano, senza ricorrere alle sovvenzioni o ad incentivi, viene stimato pari a circa 1 GW all'anno.
E: Quali sono le prospettive di sviluppo per le aziende di settore? VC: Le imprese del settore devono assumere un'ottica internazionale: il nostro mercato si è attestato su valori molto inferiori agli anni precedenti. Chi è sopravvissuto alla crisi dovrebbe guardare a Paesi che crescono come Cina, Usa, Giappone, e, negli anni a venire, Sud Africa, Cile, Sud est asiatico o Europa dell'est anche se va considerato il rischio, come è successo in Romania, di una sospensione improvvisa degli incentivi. Per quel che riguarda il nostro mercato interno, le altre rinnovabili hanno incentivi assicurati fino al 2015 e c'è una prospettiva di progresso fino al 40% della produzione di elettricità da fonti alternative al 2020. Un altro elemento significativo può essere rappresentato dall'efficienza energetica. In particolare la prospettiva dell'ottimizzazione dei consumi implica una serie di accorgimenti che coinvolgono uno spettro molto ampio di tecnologie. All'interno di questi pacchetti anche le diverse rinnovabili, compreso il fotovoltaico, possono avere un ruolo. In quest'ottica cambia anche la prospettiva delle imprese che dovranno integrarsi per offrire un portafoglio ampio di soluzioni.
E: Nonostante gli incentivi ingenti sembra che comunque sia stata persa l’occasione di creare una filiera del fotovoltaico. Con un approccio diverso sarebbe stato possibile inaugurare una via italiana alle rinnovabili? VC: è innegabile che gli incentivi siano stati allocati esclusivamente alle installazioni, mentre non hanno mai riguardato il contenuto tecnico degli impianti; in altre parole, l'incentivo non è stato mai accompagnato da misure per favorire ricerca e innovazione. Col senno di poi credo che avremmo comunque sofferto rispetto al produttore asiatico come dimostra la filiera tedesca. Al modello tedesco non è bastato l'aver azzeccato i tempi né l'avere alle spalle un sistema solido. Semplicemente le aziende - si tratta di grandi operatori - sono uscite distrutte, non riuscendo a reggere la competizione di chi si avvantaggia di politiche di sostegno concepite in tempi rapidissimi, di chi riesce a produrre a prezzi più bassi (grazie a fattori quali costo del lavoro sensibilmente inferiore a quello europeo, e lo scarso riguardo per l'ambiente) e può far ricorso anche a forme di dumping.
E: Torna la polemica sul costo delle rinnovabili e si fa più aspro il confronto tra produttori tradizionali e operatori ‘emergenti’. Ritiene che questo dibattito abbia fondamento? VC: La reazione degli operatori tradizionali mi pare naturale. C'è stato un impiego eccessivo di denaro dei consumatori che ha generato un'accelerazione anomala attraverso un sistema incentivante che ha promesso tassi di rendimento altissimi rispetto a tutti gli altri settori. Credo che questa polemica strisciante sul costo delle rinnovabili probabilmente non ci sarebbe stata se la politica degli incentivi si fosse dimostrata più razionale ed efficiente. E del resto la gradualità sarebbe stata un vantaggio innanzitutto per i produttori di rinnovabili, consentendo un maggiore consolidamento delle imprese e un rafforzamento della filiera. Fin dall'inizio si poteva far tesoro dell'esperienza di altri Paesi tenendo gli incentivi un po' più bassi in modo da regolarli in maniera che il ritorno dell'investimento non fosse così elevato e non si rendesse necessario un loro ritocco continuo e ravvicinato. Con il Salva Alcoa, poi, si è a verificata una vera e propria distorsione del mercato perché quella finestra è stata riempita con 4 nuovi GW che, uniti agli ulteriori due prodotti dal mercato hanno fatto schizzare alle stelle i prezzi. Da lì è seguita una riflessione che ha comportato una frenata con l'introduzione prima dei registri e poi del tetto alla spesa nel tentativo di arginare la corsa incontrollabile alle installazioni. E: Questa polemica coinvolge anche il tema più generale della concorrenza tra aziende e modi di produzione. VC: I produttori da fonti fossili erano poco abituati alla competizione e si sono trovati di fronte a un modello alternativo con caratteristiche di distribuzione che coinvolge una moltitudine di soggetti estranei rispetto al circuito ristretto delle aziende tradizionali. Se si pensa che nei primi otto mesi del 2013 più del 30% dei TWh prodotti provengono dalle rinnovabili si capisce in che termini le condizioni di produzione siano profondamente mutate rispetto a pochi anni fa.
Capacità di energia solare in GW (primi dieci Paesi) 24,8
Germania
12,8 3,6
Italia
USA
Cina
Giappone
Spagna
7,6
16,4
3,9 3,3
7,2
3,5 3,5
7,0
1,7
4,9
32,4
6,6
4,9 0,2
5,1
Francia
2,9 1,1
4,0
Belgio
2,1 0,6
2,7
Australia 1,4 1,0
2,4
2,0 0,1
2,1
3,3 4,1
7,4
4,1 2,6
6,7
Rep. Ceca
Resto d’Europa
Totale mondo
2011
Crescita 2012
Totale a fine 2012
Fonte: Renewables 2013 - Global status report
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energia rinnovabile
A impatto… 0! Valle D’Aosta
Conversazione con Mario Sorsoloni Responsabile S.O. Risparmio energetico e sviluppo fonti rinnovabili
Riduzione dei consumi, utilizzo di tutte le fonti rinnovabili, investimenti per l’efficientamento degli impianti, sensibilizzazione e partecipazione della popolazione ai problemi ambientali, evoluzione di un parco edilizio regionale ad alte prestazioni energetiche. Questa la “carta d’identità” di una regione, la Valle d’Aosta, che si può definire a “impatto ambientale zero”. Mario Sorsoloni ci spiega i segreti di questo successo: essere la regione italiana a minor impatto ambientale.
di Luca Speziale
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Elementi 30
quali fotovoltaico (0,7%), eolico, biogas e cogenerazione a biomassa. La produzione termica è costituita per circa 80% dall’utilizzo di biomassa prevalentemente in impianti nel settore residenziale, dalla produzione da impianti di teleriscaldamento presenti sul territorio regionale (Pollein, Prés – Saint – Didier, Morgex e due impianti a La Thuile) per circa il 14% e per la restante parte dalla produzione da impianti solari termici, impianti a biogas e da pompe di calore. E: Quanto conta la morfologia della vostra regione e qual è la fonte alternativa più usata per produrre energia? MS: Vista la morfologia del territorio regionale,la fonte più utilizzata è quella idroelettrica. Nel bilancio energetico regionale l’energia elettrica prodotta comporta l’intera copertura dei consumi (circa il 30% della produzione), la restante parte (poco meno del 70%) viene esportata fuori dal territorio regionale. Al 2012 la produzione idroelettrica netta è pari a 3023,3 GWhe (Fonte statistiche TERNA) con una potenza efficiente netta istallata pari a 912,6 MW (statistiche TERNA). E: Quali sono state e quali sono le politiche attuate per sensibilizzare e promuovere l’utilizzo delle fonti rinnovabili all’interno delle amministrazioni locali? MS: Il Centro Osservazione attività sull’energia (COA), fornisce agli enti locali l’assistenza necessaria per l'individuazione delle opportunità di risparmio energetico e per lo sviluppo di specifici progetti in materia di energia. Nella realtà, il collegamento istituzionale con gli enti locali è più esteso e riguarda qualunque settore dell’energia nel quale si rende opportuno il coinvolgimento degli enti territoriali anche soltanto a livello consultivo oppure in tutti i casi nei quali gli stessi enti chiedono l’avvio di iniziative di aggiornamento. E: Quali sono gli obiettivi futuri?
E: Nel nostro Paese, la Valle d’Aosta è la regione più piccola, ma è la maggiore sotto il punto di vista della produzione di energie rinnovabili. Quali sono “i numeri” che hanno permesso di raggiungere questo importante traguardo? MS: La produzione da fonte energetica rinnovabile al 2012 stimata sul territorio regionale si aggira intorno a 3.400 GWh, dei quali circa 3050 GWh (90%) di produzione di energia elettrica e circa 350 GWht (10%) di produzione termica. Per quanto riguarda la produzione elettrica, circa il 99% deriva da fonte idroelettrica e il restante 1% da altre fonti,
MS: Vi sono degli obiettivi regionali posti dal decreto ministeriale del 15 Marzo 2012: denominato decreto “Burden Sharing”. In esso sono definite per ciascuna regione italiana delle quote di energia da fonte rinnovabile sul consumo finale lordo da raggiungere entro il 2020 e negli anni intermedi. Il mancato raggiungimento di tali obiettivi comporta per la regione delle sanzioni economiche. A tal fine risulta importante intraprendere sul territorio azioni volte sia all’incremento delle fonti energetiche rinnovabili che alla riduzione dei consumi. Quest'ultima, oltre a contribuire in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi posti per la regione, in generale favorisce l’evoluzione di un parco edilizio regionale ad alte prestazioni energetiche, in coerenza con le attuali direttive europee che portano l’attenzione su edifici ad energia “quasi zero”. Gli obiettivi regionali saranno formalmente indicati dall’aggiornamento del Piano energetico-ambientale di prossima approvazione da parte della Giunta regionale.
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energia rinnovabile
Garanzie di Origine
Il sistema di scambio internazionale. Prospettive e scenari futuri. di Rosanna Pietropaolo Nel 2001, la direttiva europea sulla promozione delle fonti rinnovabili (2001/77/CE) introduceva il concetto di Garanzia di Origine. Si riconosceva la necessità di uno strumento che promuovesse gli scambi di elettricità da fonti rinnovabili e aumentasse la trasparenza per facilitare la scelta dei consumatori in merito ai propri consumi elettrici. L’aleatorietà delle disposizioni europee su questo tema ha tuttavia lasciato ampio spazio al libero arbitrio degli Stati Membri nell’identificazione delle modalità di rilascio e riconoscimento di tali certificati. Tuttavia, se da un lato si è potuta osservare una varietà di pratiche adottate in recepimento delle suddette prescrizioni, dall’altro, la vaghezza delle disposizioni previste si è offerta all’intuizione di soggetti pronti a cogliere in essa nuove opportunità di “business”.
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Elementi 30
È così che nascono l’Association of Issuing Bodies (AIB) e RECS International, l’una partecipata dai soggetti competenti per il rilascio delle GO - o titoli equivalenti (es. RECS - Renewable Energy Certificate System) - e l’altra dai produttori, trader, fornitori e consumatori di energia elettrica. L’obiettivo delle due associazioni è quello di definire delle regole standard per il rilascio, trasferimento ed annullamento di certificati attestanti l’origine della produzione di energia elettrica in formato elettronico. Inoltre, attraverso l’istituzione di una piattaforma informatica (HUB) per il trasferimento dei certificati tra i diversi registri nazionali ad essa connessi, si è favorita la creazione di un relativo mercato internazionale.
Nell’ambito della disciplina relativa al mercato interno dell’energia elettrica è fatto obbligo ai fornitori di energia elettrica di specificare, nelle fatture e nei messaggi promozionali inviati ai propri clienti, le informazioni relative al mix di combustibili utilizzato per la produzione dell’energia elettrica fornita nell’anno precedente e al relativo impatto ambientale (c.d. “Fuel mix Disclosure”). Il legame tra Disclosure e Garanzia di Origine è offerto dalla direttiva 2009/28/CE, recante modifica e successiva abrogazione della 2001/77/CE, laddove si prevede che i fornitori di energia elettrica possano provare la quota rinnovabile del proprio mix energetico attraverso l’utilizzo dei suddetti titoli. In recepimento di queste disposizioni, il GSE assume un ruolo di primo piano in qualità di soggetto competente per il rilascio delle GO e la gestione della Disclosure in Italia. Nondimeno, il GSE è stato riconosciuto dagli operatori di mercato quale responsabile dell’emissione dei certificati RECS in Italia partecipando, in tal modo, fin dalla loro istituzione, al progetto dell’AIB e di RECS International. Ad oggi, infatti, a valle di una più puntuale definizione delle Garanzie di Origine nell’ambito dell’art.15 direttiva 2009/28/CE e il relativo completo recepimento attraverso le EECS Rules (norme istituite in ambito AIB che regolano le attività di certificazione dell’energia mediante lo standard
European Energy Certificate System) si è offerta all’AIB l’opportunità di proporsi come leader, a livello europeo, per la fornitura di uno standard “ready-to-use” che faciliti l’implementazione dei sistemi di Garanzia di Origine in linea con la normativa europea. Ancor più significativo è il ruolo dominante che ha assunto nell’offerta di una piattaforma di scambio internazionale di tali certificati che ben risponde alle prescrizioni imposte agli Stati Membri in merito all’obbligo di mutuo riconoscimento delle GO. Negli ultimi anni gran parte dell’impegno dell’AIB è stato focalizzato sulla promozione delle proprie attività nonché all’approccio di potenziali membri. Inoltre, sono state riviste le modalità di adesione all’associazione dando l’opportunità anche a soggetti che non volessero partecipare attivamente alla vita associativa di connettersi all’HUB garantendo, al contempo, l’integrità delle GO emesse da questi ultimi allo stesso modo di quelle rilasciate dai membri effettivi. Questa nuova modalità di partecipazione ha offerto l’opportunità a UBA - Umweltbundesamt - responsabile in Germania del rilascio delle GO, di aprire il mercato tedesco di tali certificati allo scambio internazionale. Attualmente, l’Associazione conta la partecipazione di 16 Paesi e per altri 4 Paesi la richiesta di adesione è in fase di valutazione.
Dotazione finanziaria Paese
Membro
Austria
E-Control
Belgio (Bruxelles Capitale)
Brugel
Belgio (Fiandre)
Vreg
Belgio (Vallonia)
CWAPE
Danimarca
Energinet.dk
Finlandia
Grexel
Francia
Powernext
Germania
UBA
Islanda
Landsnet hf.
Italia
GSE
Lussemburgo
Institut Luxembourgeois de Régulation (ILR)
Olanda
CertiQ B.V.
Norvegia
Statnett SF
Portogallo
Rede Eléctrica Nacional, S.A.
Slovenia
Energy Agency of the Republic of Slovenia AGEN-RS
Spagna
The Green Certificate Company Ltd
Svezia
Grexel
Svizzera
Swissgrid AG
Paese
In fase di adesione
Croazia
Croatian Energy Market OperatorHROTE
Cipro
Trasmission System Operator
Repubblica Ceca
OTE a.s.
Estonia
Elering AS
Fonte: GSE
> Elementi 30
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L’Italia è rappresentata in questo contesto dal GSE che, a partire dal 2013, ha esteso la propria adesione, finora limitata al solo scambio di certificati RECS, anche alla Garanzia di Origine. Pertanto, gli operatori italiani sono in grado di competere su un mercato internazionale delle GO. Vale la pena evidenziare che il mercato sta risentendo di una forte incertezza che ha caratterizzato gli ultimi anni trascorsi dalla pubblicazione della direttiva 2009/28/CE ad oggi. Nondimeno, la stretta interrelazione tra GO e meccanismi di Disclosure nazionali comporta una profonda revisione delle modalità di riconoscimento, da parte di tutti i Paesi, delle GO estere.
il cui focus è principalmente rivolto ai consumatori finali, al riconoscimento e alla promozione delle relative esigenze. Al tavolo dell’AIB mancano ancora molti Paesi europei, gran parte dei quali sono indietro nell’implementazione di un corretto sistema di Garanzia di Origine. Ed è proprio verso questi ultimi che le attività di promozione dell’AIB si stanno maggiormente rivolgendo. L’adesione di tutti i Paesi legati alle prescrizioni delle direttive europee aprirà nuovi scenari al futuro dell’AIB: da un lato, lo sfruttamento delle potenzialità dell’HUB per i trasferimenti
Attività di certificazione EECS annuale TWh 300
250
200
150
100
50
0 Emissioni 2010
Trasferimenti interni 2011
2012
Trasferimenti internazionali 2013
Fonte: GSE
Questo determina richieste di maggiore trasparenza e chiarezza dal mercato a cui l’associazione risponde attraverso la pubblicazione dei “Domain Protocol”, documenti riassuntivi delle regolamentazioni e procedure tecniche adottate da ciascun Paese in merito a meccanismi di incentivazione, GO e processi di Disclosure. Su questo fronte, tra l’altro, l’associazione mantiene un costante dialogo con RECS International
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transnazionali delle GO potrebbe facilitare la costituzione di un terreno favorevole alla creazione di potenziali mercati organizzati. Dall’altra, l’opportunità di acquisire e disporre di tutte le statistiche relative alle attività di certificazione al livello europeo potrebbe favorirne l’assunzione di un ruolo centrale in un processo di disclosure centralizzato al livello europeo.
Elementi 30
Scadenze
Annullamenti
IL VENTO:
una fonte inesauribile di energia pulita, sicura e rispettosa dell’ambiente. ANEV e le sue aziende associate si battono da sempre per diffonderla, cercando di abbattere le barriere burocratiche e di tutelarla e proteggerla da ingerenze illecite, favorendo e rafforzando un settore industriale promettente come quello eolico. A tal fine l’associazione ha sottoscritto il Protocollo di Legalità siglato da Confindustria e dal Ministero dell’Interno, aderendo a principi di condotta rigorosi e collaborando sul territorio con le autorità pubbliche per migliorare i controlli sulle attività economiche. ANEV organizza corsi di formazione di base e specialistici per entrare nel mondo dell’eolico e migliorare le proprie conoscenze del settore. Ogni corso avrà uno spazio dedicato ai meccanismi di cooperazione tra mondo imprenditoriale e istituzioni per il rispetto della legalità.
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speciale l'energia dei MIST I nuovi Paesi emergenti tra crescita economica e piani di sviluppo energetico
• 896,8
L'energia di Turchia e Corea del Sud 46
Elementi 30
• 1.104
• 1.092
3,8% •
di Michele Panella e Lorenzo Rossi Nello scacchiere mondiale i Paesi BRICS rappresentano ormai realtà affermate di crescita economica, mentre all’orizzonte si profilano nuovi Paesi emergenti che si candidano a entrare nel novero delle potenze economiche del 21° secolo. Lo stesso economista O’Neill, inventore dell’acronimo BRICS, nell’analizzare lo scenario economico futuro aveva individuato altre realtà in forte sviluppo, i cosiddetti Paesi “N11” o Next Eleven: Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia, Corea del Sud e Vietnam.
Alcuni di questi - denominati MIST: Messico, Indonesia, Sud Corea e Turchia - seppure distanti geograficamente e culturalmente, sono accomunati da una marcata crescita economica tanto che, sommandone i PIL, si arriva a ottenere la quarta potenza mondiale dopo USA, Cina e Giappone. In questo speciale parleremo di due Paesi MIST: la Turchia, che negli ultimi anni si è aperta ai mercati internazionali e la Corea del Sud che svetta per innovazione tecnologica, ricerca e qualità della vita.
> Elementi 30
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speciale l'energia dei MIST Turchia, l’energia di due mondi La Turchia è da sempre immersa in due mondi: quello occidentale e quello medio orientale di cultura araba, cosa che ha avuto numerosi risvolti sia dal punto di vista culturale e sociale sia da quello economico e politico. L’attuale Turchia può essere considerata la moderna incarnazione dell’Impero Ottomano, evolutasi grazie all’opera del soldato e uomo di Stato Kemal Ataturk. L’eroe della prima guerra mondiale si è dedicato alla creazione di un paese moderno e dotato di tutte le carte in regola per poter competere con l’occidente, anche a costo di adottare misure tali da impedire ad una nazione, composta per il 99% da musulmani, di essere se stessa nella vita pubblica e privata. Emblematica, al riguardo, è stata la scelta di Ataturk nel 1929 di passare dall’alfabeto arabo a quello latino, rendendo virtualmente analfabeta, nell’arco di un giorno, il 99% della popolazione turca di allora. Tale politica ha comunque favorito la crescita economica della Turchia protrattasi fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, a seguito della quale l’alternanza di governi della durata massima di 9 mesi ciascuno, guidati da partiti composti dall’elite delle ricche città costiere (Istanbul, Ankara e Smirne), ha generato conseguenze estremamente negative sull’economia turca. Elevata inflazione annua (65% nel 1999) e tasse altissime hanno rallentato la crescita che il paese aveva intrapreso fino al 2000, anno della grande crisi economica: la Turchia allora è riuscita a salvarsi dal collasso solo grazie ad un prestito di 20 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale. Con l’avvento nel 2003 di Recep Tayyip Erdogan, primo ministro turco ormai giunto al terzo mandato, è iniziata nel Paese una sorta di controrivoluzione culturale: l’obiettivo del grande “oratore” Erdogan è stato quello di riportare ordine e tranquillità dopo un periodo di grave crisi, aprendo
le porte dello Stato in ogni suo settore all’Islam, dalle scuole all’esercito, dai tribunali ai ruoli di rilievo nel settore pubblico e privato. Tale apertura ha portato l’economia a svincolarsi dai precedenti canali commerciali per trovarne di nuovi, rivolti al Medio Oriente, all’Asia Centrale e all’Africa, e ha contribuito a gettare le basi per creare una nuova consapevolezza nazionale. Il cambio di passo vero e proprio in Turchia è avvenuto nel 2003, anno in cui il Paese realizza una sorprendente crescita del PIL, confermatasi anche negli anni successivi. (Tabella 1). Questo è stato possibile anche grazie alle notevoli riforme strutturali, sollecitate dal processo di adesione della Turchia all’UE, che avevano come obiettivi principali l’incremento del settore privato nell’economia ed una maggiore efficienza. Parallelamente alla crescita economica, la Turchia ha anche ristabilito l’assetto delle finanze pubbliche: tra il 2002 e il 2012, il deficit di bilancio è sceso dal 10% a meno del 3%, rispettando così uno dei criteri dell’Unione Europea per il saldo di bilancio (Tabella 2). Tutto ciò si riflette anche nella posizione che la Turchia ha acquisito nella graduatoria mondiale Doing Business (World Bank): su 185 Paesi in classifica, nel 2013 la Turchia si è piazzata al 71° posto, due posizioni avanti rispetto all’Italia. E, infatti, l’apertura di una start-up in Turchia è divenuta più agevole nel tempo: dal 2005 bastano 6 giorni per sbrigare tutte le procedure necessarie, invece dei 38 necessari con la precedente normativa. Naturalmente, in tutto questo gli imprenditori italiani non stanno a guardare: nel 2006 le aziende italiane in Turchia erano meno di 500, mentre all'inizio del 2013 hanno superato quota mille. Per le aziende italiane, la Turchia non è più una terra di delocalizzazione, bensì un mercato di riferimento ed una base produttiva molto importante. Ankara è oggi il sesto mercato di sbocco del Made in Italy nel mondo e contribuisce in positivo alla nostra bilancia commerciale con 1,1 miliardi di euro (gennaio-aprile 2013 – fonte ICE). Gli investimenti diretti italiani, dopo il forte calo del 2010, sono in ripresa: 139 milioni di euro nel 2012, in aumento del 74% sul 2011.
Tabella 1: Tasso di crescita annuo del PIL in percentuale (2002-2012) Turchia Cile Slovacchia Polonia Brasile Sud Africa Romania Stati Uniti Area Euro Giappone 0
1
2
3
Fonte: OCSE, Eurostat e fonti nazionali turche (Investment Support and Promotion Agency - http://www.invest.gov.tr)
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Elementi 30
4
5
Questo in parte è dovuto ad un processo armonizzazione legislativa che giova agli investitori, soprattutto quelli UE, iniziato negli ultimi anni. Infatti, a seguito dell’adozione del nuovo codice commerciale, gli investitori stranieri hanno diritto a costituire una impresa turca anche come socio unico, mentre la precedente legislazione in materia richiedeva 2 soci per costituire una S.r.l. e 5 per una S.p.A. Tabella 2: Indicatori Macroeconomici (Turchia) Indicatori
2009
2010
2011
20121
20132
PIL (mld di $ a prezzi correnti)
613,9
730,6
774,5
784,5
896,8
Tasso di crescita PIL (prezzi costanti)
-5,1
9,3
8,6
3,2
3,8
Inflazione
6,3
8,6
6,5
9,1
8,0
Fonte: Elaborazione da Osservatorio Economico MiSE su dati Economist Intelligence Unit 1
stime; 2 previsioni
Dal punto di vista energetico, il governo turco ha stimato un aumento di domanda di energia elettrica del 6% annuo dal 2009 al 2023: il Paese, infatti, si posiziona al secondo posto per crescita del consumo energetico, dopo la Cina. Il sistema energetico turco è caratterizzato dalla forte dipendenza dalle importazioni. Nel 2009, la Turchia dipendeva per circa il 70% dell’approvvigionamento energetico dall’estero: a fronte di una produzione nazionale di energia primaria pari a 30 Mtep, ha importato il 97% del gas (del quale quasi la metà impiegato per la generazione di energia elettrica a costi elevati), il 94% del petrolio ed il 46% del carbone (fonte: IEA). Nel primo trimestre del 2012 il Paese ha importato energia per un valore totale di 14,6 miliardi di dollari, con un aumento del 25% rispetto allo stesso periodo del 2011. Il governo turco ha recentemente stabilito forti incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili allo scopo di liberalizzare il settore energetico garantendo l’accesso ai privati e di affrancare il paese dalla dipendenza energetica dall’estero. L’obiettivo è quello di aumentare il contributo delle fonti rinnovabili del 30% entro il 2023. Gli incentivi hanno forma di feed-in tariff, concessa per 10 anni agli impianti entrati in attività fra il 2005 e il 2015. Inoltre, per sostenere l’occupazione e l’industria locale, sono stati istituiti bonus quinquennali per l’utilizzo di componenti e macchinari di produzione nazionali (Tabella 3). Gli impianti a fonti rinnovabili possono usufruire di ulteriori incentivi fiscali, dell’esenzione dal pagamento obbligatorio dell’1% sul fatturato in caso di attività economica svolta su beni immobili del Tesoro turco e dell’esenzione pari al 99% del canone annuale dovuto per la concessione di licenza nei primi anni dell’esercizio. Come già avviene in molti Paesi europei, gli impianti alimentati da fonte rinnovabile hanno anche priorità di connessione alla rete elettrica.
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speciale l'energia dei MIST Tabella 3: Feed-in tariff energie rinnovabili (Turchia) Tecnologie Idroelettrico
Incentivo (€/MWh) 98,06
Eolico (on-shore e off-shore)
98,06
Geotermico
141,05
Biomassa (Biomasse e biogas)
178,66
Solare (fotovoltaico e a concentrazione)
178,66
La Corea del Sud è una delle quattro “Tigri asiatiche”, soprannome attribuito alla fine degli anni ’90 anche a Taiwan, Singapore e Hong Kong, proprio per via della loro rapida crescita economica. Taiwan e Corea del Sud, in particolare, sono le uniche nazioni che abbiano avuto per 5 decenni di fila un crescita superiore al 5%. Nonostante questi due ultimi Paesi abbiano caratteristiche simili - entrambe ex colonie giapponesi, focalizzate sulla ricerca e gli investimenti - la Corea del Sud è riuscita ad adottare un modello imprenditoriale vincente, rimanendo all’avanguardia nell’innovazione. Pur essendo uscita dalla seconda guerra mondiale in condizioni peggiori di Taiwan, la Corea del Sud ha puntato tutti i suoi sforzi per recuperare il terreno perduto, affrancandosi dal modello giapponese e dalla dipendenza dai suoi prodotti. Con una popolazione di 48 milioni di persone e 1.100 miliardi di dollari di PIL, la Corea ha “doppiato” Taiwan (23 milioni di persone con un PIL di 505 miliardi di dollari) anche come valore del mercato azionario: 1.000 miliardi di dollari contro i 700 miliardi di Taiwan. L’economia coreana è in salute, presenta un RNL pro-capite raddoppiato dal 2002 al 2012 (2002: 11.830$; 2012: 22.670$ - World Bank) e un tasso di inflazione contenuto sulla soglia dell’1% per il 2013 (ai minimi storici da 12 anni e in ribasso rispetto al picco del 2011: 3,7% - Tabella 4). La piccola nazione asiatica, secondo le valutazioni di Doing Business, nel 2013 si trova all’ottavo posto nella classifica mondiale per la facilità e la convenienza di fare impresa: in 7 giorni è possibile creare una start-up. Ciò che colpisce della Corea del Sud sono il forte senso di dignità nazionale e la “resilienza” alle avversità. Al riguardo, è eclatante l’episodio del 1998 quando, in piena crisi economica, la Corea è stata costretta a chiedere un prestito di 58 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale: mentre i cittadini degli altri Paesi dell’area (Taiwan compresa) si affrettavano a portare i propri capitali nei vari paradisi fiscali, i coreani, invece, profondamente umiliati dalle condizioni capestro del prestito, facevano la coda per autotassarsi e ripianare in anticipo il debito contratto, cosa poi verificatasi, contro tutte le previsioni, a metà del 2001, anche grazie al boom dell’economia digitale. Ma ancora più impressionante è la capacità di affermazione della Corea in un ampio spettro delle attività industriali, dalla chimica - con la raffinazione dei prodotti petroliferi in testa, anche se il Paese non ha propri bacini petroliferi all’elettronica, alle auto e alla costruzione di navi, settore in cui la Corea vanta le tre aziende più importanti al mondo sia per dimensioni sia per tecnologie usate. La Corea, peraltro, vanta un alto livello di efficienza manifatturiera, anche grazie al gran numero di robot impiegati nella produzione e alla forte propensione delle aziende ad investire nella ricerca e nello sviluppo, arrivando a spendere ben il 3.7% del PIL nel 2009. Il tutto avviene con un’ampia apertura ai capitali stranieri un terzo del capitale azionario è estero, la quota maggiore al mondo - sebbene il vero nucleo dell’economia Coreana
Fonte: ETKB (Ministero dell’Energia e delle Risorse naturali turco)
I risultati di queste politiche incentivanti non mancano: l’efficienza energetica e le energie rinnovabili stanno contribuendo a ridurre le emissioni di CO2 in Turchia di circa 3 milioni di tonnellate l’anno. La vera scommessa per la Turchia è ora di natura politica: il governo Erdogan è sotto giudizio da parte del popolo turco, alla luce delle ultime manifestazioni frutto dello scontro sotterraneo fra le forze laiche e quelle musulmane moderate, che col tempo potrebbero diventare radicali.
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Corea del Sud, la tigre asiatica
Elementi 30
Tabella 4: Indicatori Macroeconomici (Corea del Sud) Indici
2007
2008
2009
2010
2011
2012
PIL (mld di $ a prezzi correnti)
1.049
931
834
1.014
1.092
1.104
Tasso di crescita PIL (prezzi costanti)
5,1
2,3
0,3
6,2
3,6
3,2
Inflazione
2,5
4,7
2,8
2,9
3,7
2,9
Fonte: Osservatorio Economico MiSE su dati Economist Intelligence Unit
sia costituito da una trentina di industrie a carattere fortemente familiare, che da sole rappresentano il 70% dell’economia. Le aziende coreane in grado di conquistare ampie quote di mercato anche all’estero: dagli Stati Uniti all’Europa, dall’America Latina all’Asia. In Cina, ad esempio, la Corea è riuscita a “sfondare” nel mercato dei prodotti elettronici, degli impianti petrolchimici e delle automobili, settore in cui alla fine ha avuto successo anche in America. La storia dell’auto coreana in America, peraltro, è indicativa della “resilienza” delle aziende della nazione asiatica: dopo un effimero successo della Hyundai nella seconda metà degli anni ‘80, periodo in cui era stata erroneamente percepita come un’affiliata della Honda, la casa coreana fallisce miseramente per via della scarsa qualità delle auto e per problemi gestionali delle aziende. Ma invece di ritirarsi, la Hyundai intraprende un ambizioso programma di miglioramento e nel ‘90 rilancia con un’offerta mai tentata prima: una garanzia di 10 anni sulle auto. A seguire, nel 2005 inizia la produzione negli Usa che, contrariamente a tutti i pronostici, fiorisce a tal punto che nel 2011 la Hyundai e la Kia risultano essere le case con la crescita più rapida, togliendo quote di mercato alla Toyota. Del resto, già nel 2010 la Hyundai era fra le prime 5 aziende costruttrici di auto al mondo, con l’8% del mercato globale. Ovviamente, non tutto fila liscio per la Corea: a esempio, a differenza del settore manifatturiero, quello dei servizi turistici e finanziari sperimenta difficoltà di sviluppo, a causa dell’interferenza dello Stato. Inoltre, le aziende a carattere familiare, spina dorsale della struttura imprenditoriale coreana, hanno difficoltà nel perdurare per diverse generazioni. Un punto davvero critico è rappresentato dal costante invecchiamento della popolazione, che rischia di creare nel medio periodo, forti tensioni fra forza lavoro e pensionati. C’è, tuttavia, un elemento inaspettato che potrebbe portare cambiamenti radicali nella società coreana: molti governanti coreani danno ormai per scontato il collasso della Corea del Nord e si preparano, anche contenendo il debito al 34% del PIL, ad affrontare gli ingenti costi dell’unificazione. Tale evento comporterà, d’altra parte, anche l’aumento della popolazione, con l’aggiunta di 24 milioni di cittadini ben disciplinati e in grado di costituire una notevole forza lavoro. In tema di energia, la maggior parte del fabbisogno coreano viene coperto con le importazioni, che nel 2011 rappresentavano l’82% del totale, quota però in ribasso rispetto al 96% del 2007. L’unica risorsa coreana è l’antracite, che nel 2011 contribuiva solo all’1% del totale dell’energia primaria consumata. L'uso di antracite si è spostato negli ultimi anni dal riscaldamento residenziale alla produzione di energia elettrica. Nel 2011 il
consumo di energia primaria coreana ammontava a 258 Mtep, con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente e del 37% rispetto al 2000, crescita equivalente a quella economica. La Repubblica Coreana nel 2011 risultava l’11a consumatrice di energia al mondo e il 5° stato importatore di petrolio; tuttavia la sua ottima capacità di raffinazione, circa 2,9 mln di barili al giorno, gli permette di esportare i lavorati per circa un terzo del totale lordo dell’importazione, a piena copertura del proprio fabbisogno. Sempre nel 2011 il fabbisogno energetico nazionale era generato per il 29% dal nucleare. Il consumo finale di energia si discosta significativamente dalla media IEA, con il 52,3% del consumo incentrato sull’industria (media: 32%), il 19,4% sui trasporti (media: 32%), il 12,6 sul residenziale (media: 20%) ed il 15,6% sugli altri settori non nominati (media: 16%). La prospettiva di investimento su una maggiore sostenibilità energetica si rende significativa attraverso la “National Strategy for Green Growth” fino al 2050: tale strategia ha
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speciale l'energia dei MIST
stabilito gli obiettivi del medio-lungo periodo, che riguardano l’aumento della sicurezza energetica favorendo l’utilizzo di FER, l’incremento del nucleare e il raggiungimento di una maggiore efficienza energetica. L’utilizzo di FER oggi è tra i più bassi in assoluto, ma la Corea ha intenzione di invertire la rotta già nel breve-medio termine: il “First Basic Plan for New and Renewable Energy” punta a portare la percentuale di FER nel mix energetico 4% del 2008 al 6% nel 2020 e all’11% nel 2030. Inoltre, la Corea vuole diventare un punto di riferimento nell’ambito della produzione di componenti per impianti FER, arrivando a coprire il 20% del mercato mondiale entro il 2030. Per il raggiungimento di tali risultati, sono previste delle forme di incentivazione: le feed-in tariff (introdotte nel 2002 e modificate in seguito) con incentivi garantiti per 15 anni, sono state sostituite nel 2012 dal Renewable Portfolio Standard, un sistema simile a quello dei Certificati Verdi, a carico dei produttori di energia da fonti fossili con una potenza superiore a 500 MW.
Grande attenzione viene posta anche al tema dell’efficienza energetica per quanto riguarda gli edifici - con criteri di efficienza stabiliti a livello nazionale - e i trasporti, per i quali i veicoli di nuova produzione devono rispettare soglie minime di chilometraggio per litri di carburante (Tabella 5).
Tabella 5: Efficienza energetica trasporti in Corea del Sud Soglie Km/l Cilindrata
Km/l
<1.600 cc
14,5
>1.600 cc
11,2
3,2% •
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energia
La strada verso l Passa da Andrea Clavarino
Il pensiero di Andrea Clavarino Presidente Assocarboni di Carlo Maciocco
altra fonte di energia, comprese le Fer. Anche in Europa, dove il combustibile detiene la leadership e vale il 30% della domanda elettrica, il consumo è salito.Ma, mentre da diversi anni il carbone è indiscusso leader di mercato con una quota di circa il 41% a livello mondiale seguito dal nucleare e dal gas, in Italia questa percentuale è ferma al 12%. Nel 2012 anche i Paesi più avanzati hanno aumentato le importazioni di carbone: la Gran Bretagna (+31%), la Germania (+6%), la Francia (+13,7), a dimostrazione che nelle economie che funzionano il carbone è parte della soluzione. è significativo sottolineare che la Germania produce il 47% dell’elettricità da carbone, ben 7 volte di più in termini quantitativi assoluti rispetto a quanto facciamo noi in Italia. E: Come diceva, da noi si fatica ancora molto. Sul progetto di Repower a Saline Joniche pesa addirittura un referendum svizzero, che rischia di bloccarne lo sviluppo. Mentre Enel ha dovuto far ripartire la Via per Porto Tolle, la riconversione di Fiumesanto (E.ON) è ferma e sul progetto di rilancio della Carbosulcis pesa ancora il possibile giudizio negativo della Commissione Ue.
E: Secondo il rapporto Aie dello scorso dicembre la quota del carbone nel mix energetico mondiale continuerà a salire nei prossimi anni, fino a superare quella del petrolio entro il 2017. La Germania annuncia l’apertura di 9 nuove centrali al 2015 per far fronte all’uscita dal nucleare e al costo degli incentivi alle Fer. Dunque il carbone ha un futuro nel panorama energetico mondiale?
AC: In Italia, i nuovi progetti con le più avanzate tecnologie sono in itinere da diversi anni: prevedono investimenti per oltre 5,5 miliardi di euro e la creazione di più di 5.000 posti di lavoro. Garantiranno una efficienza media del 46%, risultati che solo alcuni nuovi impianti in Giappone e Danimarca possono eguagliare, con un impatto ambientale del tutto marginale e similare (se non migliore, nelle abituali condizioni di esercizio in Italia) ai moderni impianti di generazione elettrica alimentati a gas. In media le nostre centrali a carbone hanno un’efficienza del 39% rispetto al 35% di quelle europee. Sarebbe un grave errore disperdere gli investimenti fatti dagli operatori del settore. Si tratta di opere strutturali fondamentali per il nostro Paese e di grandi commesse per le opere di costruzione: 4.170 MW di nuova potenza efficienti e tecnologicamente avanzati che contribuirebbero a diversificare ed equilibrare il nostro mix produttivo.
AC: Negli ultimi dieci anni la domanda mondiale di carbone è aumentata di circa il 55%, una crescita superiore a qualsiasi
E: è possibile in Italia far convivere Fer, gas e carbone? Quali misure occorrono affinché ciò sia possibile?
Prezzi bassi e stabili, impatto ambientale limitato, investimenti per 5,5 miliardi di euro in grado di garantire 5.000 posti di lavoro. Per il presidente di Assocarboni, Andrea Clavarino, non c'è dubbio: in Italia il carbone non solo può convivere con le rinnovabili, ma rappresenta la strada principale verso la transazione energetica “verde”.
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le rinnovabili? al carbone AC: Fonti tradizionali e rinnovabili non sono in contrasto, anzi è proprio dalla loro coesistenza che il paese può trarre i maggiori benefici, guadagnando in competitività e sicurezza energetica. Assocarboni auspica un maggior allineamento del mix energetico italiano a quello di Paesi quali Germania e Regno Unito, che su carbone e rinnovabili hanno invece costruito la propria competitività. In tutto il mondo le grandi masse di energia sono garantite da tre principali fonti: nucleare, carbone e grande idroelettrico. Ma in Italia il nucleare non è percorribile e il settore idroelettrico è ampiamente sfruttato. Pur aderendo agli obiettivi comunitari di lungo e lunghissimo periodo della Energy Roadmap 2050, nella fase di transizione e accompagnamento verso uno scenario di decarbonizzazione l’Italia non può prescindere dal carbone, l’unica risorsa in grado di garantire sicurezza di approvvigionamento e reale abbattimento dei costi. Infatti, mentre il prezzo del gas è strettamente legato ai prezzi del petrolio del quale eredita la componente di volatilità, il carbone ha costi competitivi e stabili. secondo l’Autorità per l’Energia se le centrali elettriche italiane usassero carbone quanto nel resto d’Europa, il costo dei combustibili sul valore complessivo del chilowattora scenderebbe del 10%. E: I prezzi bassi della CO2 e della commodity, che hanno rilanciato il carbone, sono condizioni destinate a durare? AC: I prezzi della CO2 continueranno ad essere bassi, a causa della crisi economica, e – allo stesso modo – avverrà anche per i prezzi del carbone, vista la grande disponibilità di offerta in eccesso rispetto ai consumi. E: Il calo della domanda e la spinta verso l’efficienza energetica non rischiano di rendere inutili nuove centrali? AC: L’eccesso di potenza installata in Italia è difficilmente riconducibile alle centrali a carbone, che invece rappresentano la spina dorsale del sistema elettrico italiano e grazie al ciclo produttivo costante sono in grado di fornire un importante "back-up" per il rischio di "black-out" generato dalla produzione di altre fonti più intermittenti.
Carbone: la grande sfida Maggiore crescita di carburanti IEA Progetto crescita carbone del 65% al 2035
50%
Crescita 2000 -2010 48%
40%
30%
31%
29%
20%
13%
10%
7% 0%
Carbone
Gas
Idroelettrico
Petrolio
Nucleare
Fonte: BP Statistical Review of World Energy 2011
6000
Crescita al 2035
2009 2020
5000
2035
4000 3000 2000 1000 0
Carbone
Petrolio
Gas
Nucleare Idroelettrico
Altro
Fonte: International Energy Agency, World Energy Outlook 2011 Current Policies scenario.
Elementi 30
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energia
La batteria, dell’efficienza Faccia a faccia con Nicola Cosciani Presidente del Gruppo Sistemi di accumulo di Anie di Gabriele Masini
Nicola Cosciani
Per quanto sia una delle forme di energia più versatili, l’elettricità a differenza del gas e del petrolio, non può essere stoccata facilmente. Il suo accumulo è problematico e costoso. Questo significa che il momento della produzione e quello del consumo devono coincidere. Un fatto che crea più di un problema in un sistema – come quello italiano – in cui oltre un quarto dell’elettricità consumata è prodotta da fonti rinnovabili solo parzialmente programmabili e prevedibili. Se si vuole avere un mix di generazione “pulito” senza rinunciare all’energia richiesta è necessaria un’evoluzione del sistema. Per capirne di più abbiamo parlato con Nicola Cosciani, presidente del Gruppo Sistemi di accumulo di Anie, l’associazione di Confindustria che raccoglie le imprese elettrotecniche ed elettroniche. E: Quando si parla di smart grid c’è sempre la sensazione che sia un mondo ancora in gestazione… NC: Noi che facciamo accumuli siamo un po’ ospiti nel mondo dell’energia. Veniamo da un settore diverso da chi tradizionalmente fa tecnologie per il settore elettrico, principalmente dal settore automotive. Abbiamo mosso le acque portando un breakthrough tecnologico. Prima non era possibile disaccoppiare la generazione dal consumo, mentre con gli accumuli abbiamo inserito questo “ammortizzatore”. Ciò cambia il paradigma di chi disegna sistemi elettrici. Piano piano ci stiamo affermando come soluzione alternativa e ora cominciano a moltiplicarsi le applicazioni pratiche. Si è partiti dall’auto elettrica e si è iniziato a lavorare sui gruppi di continuità. Ora si comincia ad abbinare questa tecnologia alle fonti intermittenti. E: Un ruolo importante lo hanno avuto anche gli operatori della rete elettrica. NC: Terna è stato il primo esempio di applicazione commerciale su grande scala, mettendo al centro della sua strategia i sistemi di accumulo. Poi è arrivata Enel,
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cardine energetica con elementi di storage a protezione della rete. Adesso sta partendo il settore residenziale. E questo sta agitando le acque quanto l’applicazione sulla rete. Qualcuno vede il rischio di una difficoltà di controllo.
E: Al contrario del fotovoltaico, nel settore dell’efficienza e delle soluzioni smart l’Italia dispone di un tessuto industriale radicato.
E: In che senso?
NC: Fino a qualche tempo fa eravamo "front runner" nel settore degli accumuli, ora non più. Da un punto di vista di filiera ci siamo ancora e siamo forti, ma c’è stato un momento di stop.
NC: Che si potrebbe prelevare energia dalla rete, immetterla nella batteria, farla passare per il contatore e prendere gli incentivi. Ma è in arrivo una regolazione tecnica.
E: Perché?
NC: Se io sostituisco i serramenti non calcolo in quanto tempo rientro dell’investimento. Il punto è creare una strada per cui questa scelta possa essere appetibile.
NC: Per via di un conflitto tra strategie: generazione tradizionale contro generazione distribuita da rinnovabili. Sono entrambe strategie legittime. Ma l’Italia una scelta l’ha già fatta: abbiamo deciso di cambiare il mix delle fonti. Il punto è che adesso, finito l’incentivo, sembra che non sia più quello l’obiettivo. Ma se individuo una strategia e investo dei fondi, non è che quando finiscono i fondi cambio strategia. Questo conflitto va risolto in fretta. In Germania hanno già deciso di incentivare gli investimenti in accumuli. Non si tratta di grandi cifre, 25 milioni l’anno, ma è un segnale della direzione di marcia, importante per gli operatori. Così in California, dove hanno approntato un piano per lo sviluppo di 1,3 GW di accumuli. E lì non hanno ancora uno sviluppo delle rinnovabili paragonabile al nostro.
E: Ma servono ancora incentivi...
E: Il destino degli accumuli è legato a quello delle rinnovabili?
NC: È evidente che non c’è ancora competitività. Dobbiamo attuare un meccanismo virtuoso di volumi che abbassi i costi e velocizzi il payback dell’investimento. Per questo abbiamo proposto al mondo istituzionale diversi schemi.
NC: La batteria è un elemento cardine dell’efficienza energetica. Facilita la continuità delle rinnovabili, ma ci sono grandi aziende che stanno abbinando le batterie alle turbine a gas per renderle flessibili. A prescindere, quindi, da come andrà questo conflitto tra le fonti, gli accumuli saranno centrali nella questione dell’efficienza energetica e della riduzione dei consumi.
E: Quanto costa un sistema di accumulo residenziale? NC: Un sistema da 7-8 kwh abbinato a un impianto fotovoltaico da 3 kw costa sui 15.000 euro. Ma quando parliamo di generazione e accumulo distribuito non è del tutto corretto rivolgersi all’utente finale o limitarsi a capire in quanto tempo rientra dell’investimento. E: Perché?
E: Ad esempio? NC: Far rientrare i sistemi abbinati fotovoltaico-accumulo nell’ecobonus. Potrebbe essere molto efficace per far partire il mercato. Non bisogna dimenticare che l’incentivo al fotovoltaico faceva parte di una strategia, quella di cambiare il mix energetico. Il mercato, al di là dell’incentivo, è pronto a investire. L’importante è che il messaggio strategico sia chiaro.
E: Voi comunque fate il tifo per la generazione distribuita... NC: È una rivoluzione come quella di internet, non si può fermare. In California ho visto utility tradizionali proporre l’autoconsumo, offrendo pacchetti composti da un impianto fotovoltaico, uno storage e il collegamento alla rete. Perdono fatturato in termini di energia venduta, ma non perdono il cliente. In Italia la linea è più difensiva.
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energia
Energia eolica
Che energia dai camion! di Edoardo Borriello
è indubbiamente una delle più belle e trafficate reti autostradali d'Europa quella che attraversa l'Italia, ricca di stazioni di servizio e accoglienti punti di ristoro, un fiore all'occhiello per chi la gestisce. Una rete che già in passato ha messo a disposizione di terzi il proprio network di telecomunicazioni per integrare quello nazionale di telefonia mobile. E ora si appresta a favorire la realizzazione di un sistema innovativo in grado di produrre energia elettrica dal vento lungo tutto il suo percorso. L'Italia figura al secondo posto in Europa per volume di traffico sulla rete autostradale. Da questo dato statistico è nata l'idea di una turbina eolica ad asse verticale capace di utilizzare il flusso ventoso prodotto dalle auto e dai camion come fonte energetica, da immettere nella rete elettrica nazionale o utilizzare localmente per illuminare il tratto autostradale su cui sono installate queste turbine. Un sistema altamente ecologico, che consente un apprezzabile contenimento dei costi energetici sostenuti dalla società che gestisce l'autostrada.
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Ma come è nata l'idea? A tavola, come spesso accade in Italia. Favalli, Sciurpa e Gennai erano a cena in un vecchio ristorante di Verona e parlando di energia si sono soffermati sull'eolico autostradale, argomento affrontato anche da studiosi americani. Certamente in molti hanno pensato a come sfruttare i flussi ventosi prodotti dai camion e dalle auto, ma i tre studiosi italiani sono gli unici che siano riusciti a realizzare in fase sperimentale il progetto, grazie alla partrnership della Serenissima Trading. A rendere fattibile il progetto sarà Enel Lab, a cui il gruppo dei tre soci di Atea ha partecipato dopo una serie di prove che hanno permesso di constatare la validità dei risultati. Quelli ottenuti al casello di Desenzano sono stati estremamente incoraggianti: 9 kwh di energia prodotti giornalmente con una turbina di potenza pari a 2,2 kw e un diametro di vela pari a 1,2 metri. Il progetto è stato poi modificato, ottenendo un aumento del 30% dell'energia prodotta. A ideare questo interessante progetto - denominato "Servento" e premiato da Enel Lab - è stata la start-up Atea, nata nel 2010 a La Spezia, che ha pensato di inserire delle turbine eoliche nelle autostrade che non sfruttano solo il vento naturale, ma anche quello provocato dai veicoli che transitano ogni giorno. In questo progetto l'Enel ha deciso di investire 250 mila euro, a cui potranno far seguito altri 400 mila euro, qualora la fase di sperimentazione portasse a risultati soddisfacenti. è già stato avviato un impianto pilota da 2,2 kw, in partnership con il gestore autostradale Serenissima Trading nella zona di Desenzano del Garda, sul tratto Brescia-Padova dell'autostrada A4. L'installazione è stata montata, per motivi sperimentali, su un carrello semovente e dotata di un sistema elettronico di raccolta dati. Va sottolineato che attualmente non esistono sul mercato turbine ad asse verticale per applicazioni stradali. Per cui la soluzione ideata dalla società Atea trova un mercato promettente. Gli ideatori del progetto Servento sono tre giovani studiosi: Giovanni Favalli, Stefano Sciurpa e Gianluca Gennai. "La sperimentazione - precisa Sciurpa, che dell'Atea è amministratore delegato - è durata da maggio a dicembre dell'anno scorso e ha mostrato che la turbina può arrivare a produrre 3 megawatt/ora all'anno, grazie al flusso d'aria provocato dal passaggio dei mezzi pesanti. Ora abbiamo in fase di realizzazione un prototipo più efficiente. E se si pensa che abbiamo in mente di posizionarne una ogni 30 metri e a quanti chilometri di rete autostradale ci sono in Italia, si può capire quale portata può avere questo progetto".
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È importante che questo sia un progetto tutto italiano, che si inserisce in un contesto dove le nuove tecnologie per la produzione di energia pulita aumentano costantemente. Inoltre il progetto permette di sfruttare un ambiente come quello delle autostrade che è molto soggetto all'inquinamento per via degli scarichi delle auto. "Per promuovere lo sviluppo economico e sociale - ha detto Fulvio Conti, amministratore delegato dell'Enel nel corso della premiazione Enel Lab - occorre ripartire dall'economia reale ed è per questa ragione che vogliamo dare slancio alle nuove idee. Innovazione e spirito imprenditoriale - ha proseguito possono dare un contributo importante in termine di ricadute occupazionali ed economiche, soprattutto in un momento di congiuntura come quello attuale. Queste start-up accederanno ad un percorso di crescita industriale all'interno del nostro gruppo, contribuendo a fare sistema e a spingere il settore della ricerca che trova e fa innovazione".
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ambiente ed energia
Avanti con la sostenibilità ambientale! Riciclare, azzerando i rifiuti, abbattendo gli scarti, con meno dispendio energetico. È la "green Italy". Le imprese cominciano a crederci di M. D. Cresce in Italia la sensibilità nei confronti della raccolta e del riciclaggio dei rifiuti. “Stando ai dati 2012 dell’ISPRA – spiegano in Conai - Consorzio nazionale imballaggi - nel nostro Paese si è arrivati a una quota di raccolta differenziata complessiva (organico, imballaggi, elettronici) di poco superiore al 35%”. è meno della metà di quanto prevedono le direttive europee e la legge nazionale, ma un trend di crescita. E aggiungono che a fare da traino, in questi anni, anche per le altre frazioni di raccolta, è stato proprio il sistema di recupero degli imballaggi adottato. Il consorzio, in base a un accordo con l’Anci, ha convenzioni con più di sette mila Comuni, arrivando a recuperare nel 2012 più di otto milioni di tonnellate di materiali pari al 74% per cento di quelli immessi nel mercato.
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La sensibilità al tema della sostenibilità ha contagiato grandi e piccole realtà industriali. Una nuova ditta che produce tosaerba ha messo a punto una macchina dotata di un sistema in grado di recuperare il manto tagliato che viene trasformato (polverizzato) in concime naturale. “Abbiamo un’attenzione particolare nella scelta dei motori – sottolineano i tecnici – perché proponiamo anche un modello elettrico e la nostra divisione di ricerca e sviluppo sta lavorando allo studio di nuove motorizzazioni”. L’impegno di una grande multinazionale (con oltre quattro milioni e mezzo di consumatori in 180 Paesi), titolare di importanti marchi distribuiti in Italia, ha come obiettivo – per una produzione ecosostenibile – l’azzeramento dei rifiuti derivanti dal ciclo produttivo. Una filosofia condivisa da altri grandi
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gruppi italiani nel campo dei prodotti alimentari. In tutti gli stabilimenti, in un anno, sono stati consumati circa 2,5 milioni di metri cubi di acqua, risparmiando 570 mila metri cubi rispetto all’anno precedente, grazie ai progetti di riduzione adottati. Tra gli obiettivi, anche la diminuzione delle emissioni di gas a effetto serra nei processi produttivi, per minimizzare gli sprechi, ridurre l’impatto ecologico e aumentare l’efficienza. Le emissioni di CO2 sono state ridotte del 19% rispetto all’anno precedente, a fronte di un aumento della produzione. In un oleificio del Centro Sud i pannelli fotovoltaici rivestono l’80% della copertura del complesso industriale: 160 mila metri quadri, dotati anche di un impianto di trigenerazione per la produzione di energia elettrica a metano, vapore e refrigerazione.
La voglia di essere “eco” ha contagiato anche le piccole aziende manifatturiere che una volta su tre, negli ultimi due anni, hanno adottato nuove tecnologie “verdi”. La sostenibilità ambientale e sociale è diventata strategica ed eticamente perseguita per molte industrie. Secondo un rapporto “Green” di Unioncamere, 360mila imprese industriali e terziarie tra il 2009 e il 2012 hanno investito in prodotti e tecnologie “verdi”, nello stesso periodo, il valore degli investimenti ordinari si è contratto di oltre sei punti percentuale. La voglia di rendere ecosostenibile il business prosegue ancora, come confermano i segnali registrati negli ultimi tempi. Adottare una strategia green ha per le imprese due valenze: permette di distinguersi e qualificarsi rispetto ai competitor e consente di trovare elementi di economicità e risparmio nel processo produttivo.Dalla chimica alla farmaceutica, dal legno-arredo all’high tech, dalla concia alla nautica, passando per l’agroalimentare, l’industria cartaria, tessile, edilizia, minerali non metalliferi, per la meccanica, l’elettronica e i servizi. Senza citare i più classici settori delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica, del ciclo dei rifiuti e della tutela della natura. Sono tante le declinazioni della green economy italiana. Non è un caso se l’Ocse ha rilevato come, nell’ultimo decennio, le attività di ricerca nel campo delle tecnologie legate all’ambiente hanno sviluppato per l'Italia una vera e propria specializzazione. La green Italy è una rivoluzione che interessa quasi il 24% delle imprese industriali e terziarie che tra il 2009 e il 2012 hanno investito in tecnologie e prodotti verdi.
E che attraversa il Paese da Nord a Sud; tanto che le prime dieci posizioni della classifica regionale per diffusione delle imprese, che investono in tecnologie green, sono quelle che hanno la maggiore propensione all’innovazione: il 37,9% hanno introdotto cambiamenti di prodotto o di servizio nel 2011, contro il 18,3% delle imprese che non investono green. Ed hanno anche la maggiore propensione all’export: il 37,4% vanta presenze sui mercati esteri, contro il 22,2% delle imprese che non investono nell’ambiente. La strada “verde” è un percorso segnato da una percentuale significativa di imprese in fase di start-up, nel manifatturiero come nell’agricoltura e nel terziario. Tra le “vere” nuove imprese individuate da Unioncamere (circa 103 mila) nei primi sei mesi del 2012, il 14% ha già realizzato nella prima parte dell’anno o realizzerà entro il 2013 investimenti green. Infatti, le analisi evidenziano un processo di ecoconvergenza nel nostro sistema, una tendenza virtuosa, a incrementare i livelli di efficienza “verde”, laddove gli impatti ambientali delle attività economiche appaiono più accentuati.
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ambiente ed energia
Ritornano i mulini sul Po illumineranno case e scuole
Nel secolo scorso i mulini fluviali erano parte integrante del paesaggio. Ora un prototipo del mulino del XXI secolo è stato messo in acqua sulle rive del Po: non produce farina ma energia elettrica
di Mapite
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Forse i due veri protagonisti de “Il mulini del Po” – il grande romanzo epico scritto da Riccardo Bacchelli nel 1940 – sono proprio San Michele e Paneperso. Sono loro infatti, i mulini, al centro della saga che racconta la vita di quattro generazioni, veri personaggi-simbolo dei sacrifici e dell’attaccamento di quella gente alla propria terra, al proprio fiume. Fino al secolo scorso, infatti, sui fiumi europei erano numerosissimi i mulini fluviali (266 mulini: 25 nel pavese, 1 nel piacentino, 13 nel cremonese, 10 nel parmense, 4 nel reggiano, 92 nel mantovano, 30 nel ferrarese, 91 nel rodigino); costituivano parte integrante del paesaggio del Reno, del Danubio così come del Po, dell’Adige, del Ticino. Erano mulini adibiti alla macinazione del grano e del mais, ma a differenza dei tradizionali mulini ad acqua erano su piattaforme galleggianti: venivano posizionati nel punto del fiume considerato migliore ed ancorati alla riva con funi resistenti o catene. Avevano grandi ruote per catturare al meglio la corrente dell’acqua e potevano avere diverse configurazioni: a corrente, a pettine, a schiera, a scalare e a sfalso. In gran parte questi mulini rimasero perfettamente funzionanti fino agli anni ‘40 del secolo scorso. Poi piano piano furono abbandonati: l’ultimo fu distrutto da un bombardamento aereo nel gennaio 1945. Ma proprio in questi mesi sulle rive del Po è riapparso un nuovo mulino. Si tratta di un innovativo impianto prototipo – il primo in Europa di questo genere – messo in acqua nei mesi scorsi a Mezzani, in provincia di Parma. Lungo 12 metri e largo poco più di 6, il nuovo mulino – del peso di circa 150 quintali - è ancorato con una catena ad un plinto di cemento poggiato sul fondo del fiume. Questo innovativo impianto idroelettrico a impatto zero è fornito di ventuno pale che fatte girare dalla corrente del fiume sono in grado di azionare un motore da 20 Kw, generando una quantità di energia sufficiente a soddisfare il fabbisogno elettrico di un paio di scuole o di una decina di case, grazie ad un lavoro ininterrotto di 24 ore al giorno. Una macchina pensata nei minimi dettagli, ma alla quale i suoi inventori (Valter e Wolfango Abelli insieme al tecnico Riccardo Camellini) stanno lavorando per migliorarne le prestazioni. Ad esempio aumentando la stabilità in acqua intervenendo sui galleggianti oppure inserendo una ulteriore serie di grate a protezione delle pale per evitare che i detriti trasportati dal fiume possano danneggiarle. “Per ora è solo un esperimento” – ha dichiarato il sindaco di Mezzani Romeo Azzali - “ma molto significativo, in quanto è il primo mulino elettrico in Europa con queste caratteristiche. Si tratta di impianto che produce energia dal fiume ma che non ha bisogno di dighe, canaloni, di cemento e si integra completamente nell’ambiente. Ma soprattutto io credo che un impianto come questo rappresenti un atto di riconciliazione tra la gente e il fiume. Il Po ci ha dato tanto in passato. Ma ci sono anche state le piene disastrose, come nel 1951. Nel 2000 il fiume è arrivato all’argine maestro ed è tornata la paura. Ora abbiamo rinforzato gli argini e ci sentiamo più sicuri. E possiamo tornare a parlare con questo nostro amico, dopo tanti anni di diffidenza.”
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“Le macchine della mia infanzia” (1924) Bruno Munari, in “Arte come mestiere” E la nostra Macchina era là, galleggiante sull’acqua, vicino a riva: un vecchio mulino di legno che sembrava costruito da Robinson Crusoe. Il cielo era immenso e il vento ci scompigliava i capelli; la grande massa d’acqua grigia dell’Adige scorreva lenta disegnando qua e là gorghi pericolosi. Per me e per i miei amici quell’acqua veniva dall’ignoto e andava verso l’ignoto, trasportando pezzi d’alberi e rami secchi, ciuffi di erbe e cespugli sradicati, qualche volta oggetti strani e gatti morti. Passavamo uno alla volta sulla stretta passerella di legno che collegava il mulino alla riva, ed eravamo sulla zattera fatta con tante assi legate assieme e poggiate su due grandi barconi. Al centro della zattera sorgeva la capanna col tetto di paglia. Di fianco alla capanna, verso il fiume, la Grande Ruota girava lentamente. Tutta la Macchina era di vecchio legno ormai grigio e con le venature messe in rilievo dalle intemperie; solo i perni metallici della ruota e delle macine brillavano lucidati dal continuo attrito, dentro la capanna in penombra tra ragnatele infarinate e sacchi pieni dalle forme umane. Tutta la Macchina cigolava, scricchiolava, sussurrava, borbottava, gorgogliava e si potevano distinguere dei ritmi determinati soprattutto dalla rotazione della ruota. La Grande Ruota era uno spettacolo continuamente variato: con una calcolata lentezza estraeva dal fiume meravigliose alghe ed erbe acquatiche verdi come di vetro morbido, le faceva brillare al sole, le alzava fin che poteva e poi le abbassava sempre lentamente, immergendole di nuovo in uno scintillio di gocce con rumore di pioggia rada e continua che faceva come da fondo sonoro agli altri rumori del mulino. …. Oggi come oggi, sono andato in macchina a vedere se c’era ancora il mulino; la strada è brevissima, l’argine è basso, il mulino non c’è più.
ambiente ed energia
Cobat, esperienza per il fotovoltaico Quattro chiacchiere con Claudio De Persio Direttore Operativo Cobat Claudio De Persio
di Gabriella Busia
Venticinque anni di storia, celebrati proprio nel 2013, che raccontano un percorso virtuoso di trasformazione da Consorzio Obbligatorio, leader in Italia e in Europa nella raccolta e nel riciclo di batterie al piombo esauste e di rifiuti piombosi, a Consorzio multifiliera. Con la liberalizzazione del mercato avviata nel 2008 Cobat-Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo ha saputo rispondere, nel rispetto dei requisiti di legalità, efficienza ed economicità, alle esigenze dei cittadini, delle amministrazioni e delle aziende. In particolare, per quelle aziende che immettono sul mercato varie categorie di prodotti è sorta la necessità di rivolgersi a un unico interlocutore per ottenere una razionalizzazione dei costi e una maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi ambientali.
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e professionalità Cobat ha quindi lavorato per garantire ai propri associati un’offerta integrata che oltre alla raccolta e all’avvio al riciclo di pile e accumulatori esausti - comprende anche la gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, dei pneumatici fuori uso e, non ultimi, dei pannelli fotovoltaici da dismettere. è nata così la prima filiera italiana per la raccolta e il riciclo di questo particolare rifiuto che in soli due anni ha raggiunto importanti traguardi. Ne parliamo con Claudio De Persio, Direttore Operativo Cobat. E: Cosa rappresenta Cobat nel settore del fotovoltaico? CDP: Il nostro Consorzio è un punto di riferimento per proprietari/gestori di impianti fotovoltaici che hanno accesso alle tariffe incentivanti del IV° e V° Conto Energia, in quanto hanno la possibilità di usufruire di qualificati servizi, come la geo-localizzazione, qualora i moduli siano stati acquistati da produttori/importatori che hanno scelto di aderire a Cobat per la corretta gestione del fine vita dei propri prodotti. Cobat è uno dei principali Consorzi nazionali di riferimento della filiera perché ha dimostrato negli anni di possedere tutte quelle caratteristiche fondamentali a garanzia di un servizio di qualità, a partire dalla totale copertura territoriale per la raccolta dei moduli fotovoltaici esausti, assicurata da una rete di oltre 90 Punti Cobat. Ulteriore punto di forza è la tracciabilità dei rifiuti garantita attraverso la mappatura geo-referenziata dei moduli all’interno della banca dati del Consorzio. Un sistema in grado di seguire, tramite i codici seriali dei pannelli, il loro intero ciclo di vita: dall’immissione, all’avvio, al riciclo. Inoltre Cobat, che ha ottenuto il riconoscimento dell’idoneità da parte del GSE, si fa garante delle responsabilità civili inerenti la gestione dei rifiuti per i produttori/importatori di moduli fotovoltaici.
E: Come dovrà essere recepita la Direttiva RAEE riguardante il comparto fotovoltaico? CDP: Innanzitutto si dovranno chiarire alcuni punti relativi ai moduli di impianti incentivati prima del 1° luglio 2012. Solo a partire da questa data è stato introdotto l’obbligo della certificazione dei produttori circa l’adesione a un sistema di riciclo dei moduli fotovoltaici a fine vita. La prima questione da dirimere è relativa alle responsabilità attinenti la gestione del fine vita dei moduli installati prima del 1° luglio 2012. A nostro avviso questa non potrà che ricadere sul soggetto responsabile dell’impianto. Inoltre, considerando le difficoltà economiche vissute dal settore fotovoltaico sarebbe impensabile far pesare l’onere di tale responsabilità sulla collettività o sui produttori attualmente operanti sul mercato. E: Cobat è pronto a rispondere alla direttiva in questione? CDP: Certamente, tanto da consentire a tutti coloro che ne fanno richiesta di geo-localizzare i propri impianti anche se installati prima del 1° luglio 2012, garantendo la corretta gestione del fine vita dei moduli attraverso l’accantonamento nel “TRUST” (fondo che risponde ai requisiti indicati dal GSE nel Disciplinare Tecnico del 21 dicembre 2012) dell’importo necessario alle operazioni di raccolta e avvio al riciclo dei rifiuti.
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I numeri di Cobat 90
Punti Cobat, sezioni operative della raccolta dislocate su tutto il territorio nazionale, accanto alle Aziende, alle PA e ai cittadini
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Impianti di riciclo, per il recupero della materia
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Centro Direzionale a Roma
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Punti di Raccolta in Italia
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La riqualificazion chiave della Incontro con Danilo Martorelli Presidente CNA Lazio* In tempo di crisi molti italiani preferiscono riqualificare la propria casa piuttosto che acquistarne una nuova. Quello della riqualificazione è un mercato con ampi margini di crescita nel quale le PMI hanno un ruolo fondamentale. Ma occorre una maggiore semplificazione amministrativa e alleggerire gli iter burocratici.
di Maria Pia Terrosi E: Dr. Martorelli, il mercato della riqualificazione vale oggi 115,4 miliardi di euro, pari al 61,6% dell’intero fatturato dell’edilizia. Si tratta di un mercato in crescita visto che dal 2006 ad oggi il peso della riqualificazione è salito di oltre 6 punti percentuali (allora era il 55,4%). La riqualificazione è diventata un volano del nuovo ciclo edilizio e della ripresa economica? DM: Se fino alla metà dello scorso decennio il settore è cresciuto a ritmi superiori alla media, spinto da bassi tassi di interesse, soprattutto nel residenziale, oggi è in corso una
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riconfigurazione. Il fulcro è il tema della riqualificazione che punta sulla green economy, Partenariato pubblico privato, integrazione tra servizi e costruzioni. In questo momento è necessario investire sul rinnovo del patrimonio edilizio esistente. Questo comparto regge per tre ragioni: perché in una situazione di crisi si preferisce migliorare l’esistente piuttosto che acquistare nuove abitazioni; perché esiste la possibilità di usufruire di detrazioni fiscali che sostengono riqualificazioni e ristrutturazioni. Infine perché il patrimonio edilizio del nostro Paese si trova in stato di conservazione non ottimale.
ne edilizia ripresa E: In Italia il patrimonio edilizio è molto “datato”: il 55% delle abitazioni ha più di 40 anni. La percentuale sale al 70% nelle città di media dimensione. Quali i margini di crescita per gli interventi di riqualificazione? è opportuno mantenere i benefici fiscali?
di tipo statico/strutturale (31%) o per degrado estetico (38%), perché si preferisce migliorare l’esistente piuttosto che acquistare una nuova abitazione. A questi interventi ne vanno affiancati altri pubblici, medio-piccoli e immediatamente cantierabili, da aggiudicare con procedure trasparenti DM: In alcune città la situazione è ancora e criteri di selezione adeguati, su edifici, strade e piazze, per creare sinergie. più delicata. A Roma, ad esempio, secondo il Cresme gli edifici a uso E gli incentivi sono un importante abitativo per l’89% risalgono al periodo sostegno alla ripresa dell’economia precedente il 1991. Sono immobili e al rilancio dei consumi. costruiti senza attenzione al rendimento energetico delle strutture murarie e E: In particolare quale è la situazione degli impianti. Il 22,1% del totale degli nel Lazio? edifici a uso abitativo si trova in stato di conservazione mediocre o pessimo. DM: Ci sono margini di miglioramento: Secondo lo studio del Cresme l’11% degli su 280.700 richieste totali di accesso alle intervistati vede affiorare macchie di agevolazioni fiscali per investimenti in ruggine o i ferri dell’armatura sui propri efficienza energetica, pervenute in tutta balconi, mentre il 26% ha dichiarato di Italia nel 2011, 15 mila sono arrivate vedere crepe o fessure sulle pareti della dal Lazio. Una quota di circa il 5%, abitazione. Addirittura nel 17% dei poco significativa considerando che la casi si è verificata la caduta di pezzi di popolazione della regione rappresenta cornicione nel proprio edificio o in quelli quasi il 10% del totale nazionale. vicini. Il 77% del totale delle richieste pervenute dal Lazio ha riguardato la sostituzione Su questi immobili sono necessari di infissi, il 14% quella di impianti interventi di riqualificazione per migliorarne la qualità, la sicurezza e termici con sistemi più virtuosi (caldaie a l’efficienza energetica. condensazione, pompe di calore) e l’8% Margini di crescita ce ne sono: ben il l’installazione di pannelli solari. 31% degli intervistati ritiene che siano Il via libera del Governo agli ecobonus e agli incentivi sulle ristrutturazioni è da opportuni interventi per problemi
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salutare con favore dalle PMI dei settori impianti e costruzioni, ma farà bene anche alle casse dello Stato. La Cna nazionale, insieme al Cresme, ha calcolato che il saldo tra dare e avere, rispetto agli sconti per la riqualificazione edilizia, nel 2012, è stato positivo per 2,3 miliardi di euro. E: Le Piccole e Medie Imprese sono il fulcro del sistema imprenditoriale italiano. Saranno il vettore dello sviluppo sostenibile? Ma quali sono gli ostacoli al riguardo? DM: La semplificazione delle procedure è l’unica misura a costo zero: ecco perché insistiamo nel sollecitarla. L’edilizia è uno dei settori con gli adempimenti più complessi e di complicata interpretazione. Esistono norme numerose e articolate che appesantiscono l’impresa, caricandola di compiti e di costi e non necessariamente migliorano la sicurezza nei processi lavorativi o nella produttività. Anche l’accesso al credito resta un’emergenza. Molte imprese sono tagliate fuori dai finanziamenti; quelli che ne hanno non riescono a onorare i pagamenti per dei crediti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni e molte che hanno crediti per avviare investimenti sono sottoposte dalle banche a richieste di rientro o di revoca da un giorno all’altro. Sotto questo aspetto il sostegno dei Confidi resta l’unica ancora di salvezza. Cna, grazie a Coopfidi, ha garantito negli ultimi 4 anni credito a 5 mila imprese per un totale di 800 milioni di euro. *Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa
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acqua ed energia
Le risorse idriche del pianeta
di Maurizio Godart La brusca crescita della popolazione mondiale, il cambiamento climatico, una diffusa incapacità gestionale e la crescente domanda di energia sono tra le cause che stanno accentuando la pressione sulle risorse idriche mondiali. Secondo l’ONU entro il 2030, quasi la metà della popolazione mondiale vivrà in aree ad alto stress idrico: in Africa saranno tra 75 e 250 milioni le persone sottoposte a tale problema. Inoltre, la scarsità d’acqua in alcune zone aride provocherà consistenti spostamenti di massa: si pensa addirittura fino a 700 milioni di persone.
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e il futuro Acqua ed Energia Elettrica
costi dieci volte superiori a quelli necessari per rendere potabili le acque dei laghi e dei fiumi.
Recenti studi, sempre riferibili alle attività dell’ONU, sottolineano lo stretto legame tra povertà e risorse idriche: il numero di persone che vive con meno di 1,25 $ al giorno, infatti, coincide approssimativamente con il numero di coloro che non hanno accesso all’acqua potabile. Viene evidenziato, inoltre, il fortissimo impatto che questa situazione ha sulla salute pubblica, visto che quasi l’80% delle malattie nei Paesi in via di sviluppo è strettamente collegata al consumo d’acqua, che causa circa 3 milioni di morti premature. Addirittura il 10% delle malattie mondiali potrebbero essere evitate migliorando i servizi sanitari, l’igiene e la gestione delle risorse idriche. È fondamentale occuparsi della correlazione tra il settore energetico, in continua espansione ed evoluzione, e le questioni legate all’acqua, per focalizzare i punti di contatto presenti tra i due settori. Il forte aumento nella produzione di biocarburanti - tra cui l’etanolo - triplicato tra il 2000 e il 2007, e la necessità di una quantità oscillante tra i 1000 ed i 4000 litri di acqua per produrre un solo biocarburante, sono dati che fanno riflettere. Il bisogno globale di energia è destinato ad aumentare del 60% entro il 2030, secondo una previsione dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. La domanda di energia crescerà in modo esponenziale soprattutto nei Paesi in via di sviluppo così come il consumo di energia idroelettrica è destinato ad aumentare nella stessa misura. Con la crescente penuria d’acqua, come sottolineato dal Direttore Generale dell’UNESCO Koichiro Matsuura, una gestione virtuosa delle risorse idriche diventerà sempre più necessaria. Bisogna anche pensare che il Terzo e Quarto Mondo sono comunque, con tutte le contraddizioni e le difficoltà del caso, nettamente in evoluzione: le tecniche di coltivazione agricola, l’aumento del consumo di carni, la modifica degli stili di vita più in generale, rappresentano un’ulteriore sollecitazione al sistema idrico mondiale. Molto interessante la correlazione tra il consumo di carni e l’acqua. Ridurre il consumo di carni diminuirebbe sensibilmente il dispendio d’acqua e cambierebbe radicalmente lo scenario futuro circa le risorse idriche del pianeta. La premessa da fare per comprendere i motivi dell’impatto delle nostre scelte alimentari sul consumo d’acqua riguarda il fatto che gli animali d’allevamento consumano molte più calorie di quelle che producono sotto forma di carne, latte e uova. Il rapporto di conversione da mangimi dati agli animali a cibo animale per gli uomini varia da 1:30 ad 1:4, vale a dire che per produrre 1 kg di carne servono da 4 a 30 kg di vegetali coltivati appositamente. Per la loro coltivazione serve acqua, per dare da bere agli animali serve acqua, per pulire stalle e macelli serve acqua, e così via. Per evitare un futuro incerto ad una fetta importante della popolazione mondiale, sarebbe dunque necessario sviluppare sistemi che assicurino la depurazione e la desalinizzazione dell’acqua del mare. Si tratta di tecniche che vengono attuate solo in alcuni paesi carenti di acque dolci, con
La cultura del risparmio Ma in assoluto la soluzione fondamentale è quella della cultura del risparmio. Applicando tecnologie moderne e cambiando mentalità si potrebbe arrivare a risparmiare fino al 50% dei consumi attuali. Ad esempio, l’irrigazione dei campi per sgocciolamento (che consente all’acqua di arrivare direttamente alle radici delle piante anziché attraverso l’attuale metodo di irrigazione, in cui il 60% dell’acqua utilizzata non viene assorbita dalle piante) già rappresenterebbe un buon risparmio. Nel campo industriale, invece, si potrebbe incentivare il riciclaggio e successivo il riutilizzo delle acque già impiegate nelle varie fasi della produzione. Nei Paesi più industrializzati, tra cui l’Italia, l’acqua pubblica e quella imbottigliata sono diventate un business. L’acqua pubblica è in buona parte privatizzata, non più in mano alle municipalizzate. Quella imbottigliata ha dei consumi vertiginosi, gestita sapientemente da multinazionali (spesso non italiane) che si sono abilmente insinuate nel nostro mercato fino a diventarne protagoniste. Quasi un italiano su due beve acqua in bottiglia, nonostante vi sia la consapevolezza che l’acqua di rubinetto è spesso altrettanto potabile e gradevole. Questa abitudine non fa che aggravare gli sprechi idrici: oltre 10 miliardi di litri all’anno per una spesa complessiva di un miliardo e mezzo di euro, equivalente al giro d’affari legato alla vendita di acque in bottiglia nel nostro Paese.
L'obiettivo del millennio 100% 80% 60% 40%
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(proiezione)
Fonti migliorate Fonti non migliorate Obiettivo MDG Fonte: UNICEF Tra il 1990 e il 2010 è stato raggiunto l'obiettivo del Millenium Development Goals realtivo all'acqua potabile. Oltre 2 miliardi di persone hanno ottenuto l'accesso a fonti migliorate di acqua potabile e si stima che la percentuale di popolazione globale che ancora utilizza fonti non migliorate sia solo l'11 percento.
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H O L D I N G
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S I M
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energia del domani
Ai confini della realtà L’energia nascosta nel cuore della materia
di Michele Panella
L’energia, il motore dell’universo, è alla base della vita sul nostro pianeta: senza di essa nulla esisterebbe. E nel corso del tempo l’uomo ha escogitato tecniche sempre più raffinate per incrementare l’energia a sua disposizione: spaziando dal cosmo al mondo subatomico, ha inseguito i processi più complessi della natura. Così, ha imparato che si ricava energia da processi di “trasformazione” della materia: la famosa equazione di Einstein E = mc2 dice proprio che l’energia e la materia sono la stessa cosa, sotto forme diverse. E diversi sono anche i processi di trasformazione della materia. Ad esempio, bruciare un combustibile fossile significa trasformarlo mediante una reazione chimica, che “spezza” i legami chimici fra gli atomi e libera l’energia contenuta nei legami stessi. In questa operazione, tuttavia, la trasformazione della materia è superficiale e interessa i soli legami chimici che costituiscono, per così dire, la parte esterna degli atomi. La rottura di un legame chimico, ad esempio, fra due atomi di carbonio fornisce quantità infinitesimali di energia: meno di un
miliardesimo di miliardesimo di joule. Pochissima se pensiamo che ogni volta che pigiamo un tasto del nostro PC spendiamo circa 20 mJ (milioni di miliardi di volte di più). Ovviamente, per avere l’energia che ci serve, di legami chimici ne spezziamo moltissimi, tanto che in una “comune” esplosione chimica sono coinvolti molti milioni di miliardi di miliardi di atomi. E coinvolgendo nella trasformazione porzioni maggiori di materia, l’energia liberata aumenta: se fossimo in grado di liberare tutta l’energia racchiusa negli atomi di questo numero di Elementi potremmo alimentare la città di Roma per un paio di mesi! A partire dal secolo scorso l’uomo ha compiuto enormi progressi nella capacità di trasformare la materia scendendo nel microcosmo dei nuclei atomici. Rompere il nucleo di un atomo significa liberare le forze intensissime che lo tengono unito: nella fissione nucleare, l’energia liberata per unità di massa coinvolta arriva fino a 10 milioni di volte quella che si libera nelle reazioni chimiche. In altre parole, una reazione chimica libera solo un miliardesimo
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Ebbene sì, l’antimateria esiste e, almeno nelle sue particelle subatomiche, la osserviamo e la usiamo da tempo nelle applicazioni mediche: la Positron Emission Tomography, o PET, è una tecnica di diagnostica utilizzata per ottenere immagini tridimensionali dell’interno del corpo, basata proprio sull’annichilazione delle particelle di antimateria chiamate positroni. L’antimateria non è altro che materia “speculare” a quella che conosciamo: i suoi atomi, al posto degli elettroni con cariche negative, hanno positroni con cariche positive e, invece di nuclei fatti di protoni e neutroni, hanno nuclei di antiprotoni e antineutroni. Ad occhio nudo, un oggetto fatto di antimateria non presenterebbe alcuna differenza rispetto all’omologo fatto di materia. La traccia lasciata dal primo positrone osservato il 2 agosto 1932
dell’energia latente nella materia, mentre una reazione nucleare può liberarne fino all‘1%. Ma c’è anche un altro sistema per “trasformare” i nuclei: la loro fusione. Questo sembra essere il sistema preferito dalla natura per sprigionare energia, almeno alle grandi scale cosmiche: la fusione nucleare è la reazione fondamentale che avviene nel cuore delle stelle. Ricreare in piccolo la fusione “stellare” è, peraltro, un processo che all’uomo non è ancora riuscito bene: occorre accelerare gli atomi a tal punto da vincere le enormi forze di repulsione che insorgono quando i loro nuclei si avvicinano. È come se si tentasse di far compenetrare due locomotive, dotate di respingenti fortissimi, lanciate in corsa l’una contro l’altra. In ogni caso, anche nella fusione la porzione di materia coinvolta nella trasformazione supera di poco (una decina di volte) quella della fissione. A livello teorico, però, esiste un sistema in grado di coinvolgere in un istante tutta la materia che partecipa al processo, liberando un’ingente quantità di energia: l’annichilazione o annullamento, fra materia e antimateria.
La cosa interessante è che materia e antimateria, incontrandosi, si neutralizzano trasformandosi completamente in energia: con un grammo di antimateria si produrrebbe l’energia sprigionata dai serbatoi di una trentina di navette spaziali odierne. Cosa aspettiamo, allora, a usarla? Il punto è che l’antimateria non si trova facilmente in giro: occorre crearla in laboratorio e “intrappolarla”. Ma creare un grammo di antimateria rimane un’impresa proibitiva: oggi si riescono a produrre circa 1,5 nanogrammi di antimateria all’anno, alla “modica” cifra di 10 milioni di dollari e la quantità di energia prodotta dalla sua annichilazione sarebbe sufficiente solo ad alimentare una lampadina elettrica per qualche secondo! In effetti l’impiego dell’antimateria a scopi energetici allo stato attuale è una mera possibilità teorica, a causa delle difficoltà tecniche di creazione e di “manipolazione” della stessa. Eppure, nel 2011 è stata inaspettatamente scoperta una possibile sorgente naturale di antimateria non lontano da noi: un telescopio in orbita attorno alla Terra ha rilevato che, durante temporali molto intensi, nella nostra atmosfera si creano notevoli quantità di positroni. È presto per prevedere se questa scoperta avrà applicazioni pratiche, ma di sicuro l’ultima parola sull’antimateria non è ancora stata detta.
Schema di un atomo di materia e di un atomo di antimateria
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Il mondo di Corrente CLEANSTART, CORRENTE AL FIANCO DELLE STARTUP L’iniziativa del GSE patrocinata dal MiSE si estende anche alle giovani imprese energetiche italiane di Alberto Pela Il progetto Corrente nato per promuovere la filiera italiana della green economy, ha avviato con il Ministero dello Sviluppo Economico, Cleanstart, un’iniziativa dedicata a valorizzare le startup innovative del settore energetico. Cleanstart prevede l’attivazione di servizi dedicati a queste nuove realtà imprenditoriali, con l’obiettivo di assisterne lo sviluppo e dare loro visibilità. Aderendo a Corrente, le startup innovative del settore cleantech, iscritte all’apposita sezione speciale del Registro delle imprese come da Decreto “Crescita 2.0”, potranno beneficiare dei servizi offerti dal progetto agli oltre 1.800 operatori già aderenti. Tra questi rientrano le attività di divulgazione delle opportunità offerte dal settore nel contesto nazionale e internazionale, gli incontri di approfondimento dei più interessanti mercati di investimento, gli eventi di formazione, gli incontri bilaterali con controparti estere, gli info-day di presentazione di opportunità di business, le iniziative fieristiche e la segnalazione di bandi o concorsi d’interesse. Tra i nuovi servizi previsti da Cleanstart per le startup sono inclusi: Assistenza Iniziative di formazione finalizzate alla partecipazione ai bandi europei del settore energia; assistenza nell’attività di ricerca di partner tecnologici, finanziari e commerciali; affiancamento nello sviluppo del piano di comunicazione dell’azienda; servizi per l’individuazione di possibili mercati di sbocco.
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Valorizzazione Organizzazione di un seminario dedicato al mondo delle startup, alla presenza di investitori di venture capital. Promozione Realizzazione di una pubblicazione sulle startup attive in ambito cleantech, in italiano e inglese, che sarà distribuita durante le principali iniziative settoriali e fieristiche che vedranno la partecipazione del GSE e di Corrente. La pubblicazione sarà messa a disposizione degli Uffici all’estero dell’Agenzia ICE. Visibilità A partire da questo numero di Elementi è stata riservata alle startup cleantech una sezione all’interno della rubrica “Il Mondo di Corrente”.
Per registrare una startup cleantech su Corrente e beneficiare dei servizi dedicati si prega di inviare un’email a:
corrente.startup@gse.it
Per diventare una startup:
http://startup.registroimprese.it/
Il Sistema Integrato Genera Il rendimento di produzione di energia elettrica da parte di un impianto fotovoltaico è fortemente influenzato dalla temperatura della cella: maggiore è la temperatura raggiunta, peggiore è il rendimento di trasformazione. A parità di irraggiamento solare, la potenza elettrica generata dalla cella fotovoltaica subisce un calo dallo 0,3 allo 0,5% per ogni grado di aumento della temperatura della cella stessa. Un modo per ridurre la degradazione termica cui è sottoposta la cella fotovoltaica ed aumentare la sua efficienza è quella di ridurne la temperatura superficiale, specie nel periodo estivo in cui la produttività dell’impianto è maggiore. Una buona soluzione è rappresentata dall’accoppiamento del fotovoltaico con la tecnologia del verde pensile. Rispetto ad una copertura tradizionale, infatti, la superficie verde riflette maggiormente la radiazione solare incidente, e beneficia altresì dell'effetto raffrescante dovuto al processo di evapotraspirazione delle piante. I vantaggi derivanti dal verde pensile, oltre all’aumento di producibilità dell’impianto fotovoltaico ad esso integrato, sono anche di tipo ambientale (ad esempio riduzione del run-off delle precipitazioni o riduzione dell’effetto isola di calore urbana) e di tipo economico (riduzione del fabbisogno energetico per il raffrescamento degli ambienti e aumento della durata delle stratificazioni d’impermeabilizzazione delle coperture). I vantaggi derivanti dall’unione della tecnologia del verde pensile con il fotovoltaico aumentano se si considera anche la presenza di sistemi di irrigazione controllata del verde
e della superficie delle celle. Tale soluzione rappresenta un ulteriore strumento sia per ridurre ulteriormente la temperatura delle celle fotovoltaiche, sia per garantirne una pulizia continua. In quest’ottica di efficientamento energetico e di sostenibilità ambientale, la società Olos S.r.l., riconosciuta dalla Regione Emilia Romagna come startup innovativa, propone il sistema integrato GENERA. Il sistema, protetto da brevetto nazionale, ha l’obiettivo di integrare queste tre diverse tecnologie (verde pensile, fotovoltaico e un sistema di gestione delle acque meteoriche) al fine di massimizzare i benefici reciproci. GENERA prevede un sistema di recupero delle acque meteoriche in grado di captare l’acqua caduta in corrispondenza del tetto ed eventualmente del giardino circostante l’edificio, per poi convogliarla all’interno di serbatoi di accumulo, attentamente dimensionati, ed utilizzarla per irrigare il tetto verde, raffrescare e pulire l’impianto fotovoltaico e per soddisfare gli altri eventuali fabbisogni idrici dell’utenza. La stratigrafia del verde pensile è stata studiata al fine di massimizzare il recupero di acqua piovana e, al contempo, favorire la crescita del verde.
www.generasistema.it
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il mondo di Corrente
Greentronics
La Greentronics S.r.l. è un’azienda innovativa che opera nel settore dell’elettronica di potenza, offrendo soluzioni integrate per l’automazione, l’efficienza energetica e la produzione di energia rinnovabile. La Greentronics ha sviluppato diversi brevetti in campo energetico, tra cui un microgeneratore eolico modulare ad alta efficienza e bassissimo cut-in (avviamento con velocità del vento di soli 0,8 m/s). Ma il principale cavallo di battaglia di Greentronics è SMARTLIGHT: un dispositivo elettronico universale per la gestione automatica adattativa dell’illuminazione artificiale, che permette di ottenere un risparmio energetico medio del 50% che in alcuni casi può arrivare ad oltre il 90% con un bassissimo tempo di ammortamento. Tale dispositivo è uno strumento versatile e a basso costo per la gestione automatica dell’illuminazione artificiale. Il costo di tale soluzione è, infatti, 10 volte inferiore a quella di altre “classiche” di risparmio energetico per il settore illuminazione; ma la cosa più interessante è appunto il suo payback-time che permette, attraverso il risparmio conseguito, una moltiplicazione annua del capitale investito per l’intervento di efficientamento. Basato su di un’architettura hardware a microprocessore, SMARTLIGHT è in grado di gestire qualsiasi tecnologia di
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lampade, massimizzando il risparmio energetico in ogni contesto applicativo. Il dispositivo è configurato per catturare, tramite sensori di luminosità ambientale e di presenza umana, informazioni dall’ambiente per poi gestire in automatico, mediante algoritmo di controllo implementato nel software, l’accensione o lo spegnimento delle lampade, modulando il livello di illuminamento in funzione delle reali necessità di illuminazione dell’ambiente e di quelle momentanee da parte delle persone presenti. Essendo il dispositivo composto da tecnologie a bassissimo assorbimento, permette un notevole risparmio energetico indipendente dal tipo di lampada preinstallata al quale è collegato. SMARTLIGHT riconosce tutte le tipologie di lampade. Inoltre si adatta a diversi ambienti di installazione. La versatilità è massima anche dal punto di vista della sua tensione di alimentazione, che varia da 110Vac a 230Vac, rendendone possibile l’impiego in tutti i Paesi del mondo. Inoltre SMARTLIGHT permette un risparmio anche in termini di manutenzione grazie alla sua capacità di alimentare le lampade in proporzione a quanto occorre (quadruplicando così la vita utile delle lampade) e alla sua funzionalità di soppressione delle sovratensioni impulsive e a lento transitorio (fenomeni causa secondo numerosi studi di guasti delle lampade a scarica che di quelle a filamento). Grazie a tali funzionalità e per il suo elevatissimo rapporto performance\costo (dovuto al fatto che non sostituisce la lampada ma si connette ad essa), il dispositivo elettronico SMARTLIGHT è oggi la migliore soluzione per l’efficienza energetica negli impianti di illuminazione.
Dealer Tecno La Dealer Tecno Srl è un’impresa innovativa del Lazio, nata nel 2008 per la gestione del brevetto Xeolo, depositato in Italia, Europa WBO ed Internazionale PCT (senza rivendicazioni). Il generatore eolico denominato Xeolo “ad asse verticale” con tecnologia innovativa, è unico nel suo genere per la particolare conformazione delle pale verticali e del sistema di allineamento che consente alla turbina una velocità massima di rotazione di un solo giro al secondo. Dopo tale limite lo stallo è bilanciato dalle azioni contrapposte del profilo stesso, garantendo una sicurezza intrinseca testata fino a 40 mt/Sec, generando una coppia costante, trasformata in energia pulita. Il particolare profilo alare consente l’avvio alla rotazione sempre sinistrosa (antioraria) a soli 1,78 mt/sec. Anche con pochi giri il sistema - implementato con alternatori brushless ed inverter da 6 Kw - è in grado di recuperare l’energia a bassi regimi; già da 50 V scarica in rete l’energia generata incrementando la produzione che nel tempo è costante a vari regimi, arrivando a produrre annualmente con venti medi annui di soli 3 o 4 mt/sec oltre 10 megawattora.
55 mt/sec). Anche in tali circostanze Xeolo permette una produzione di energia costante, mentre tutti gli altri sistemi verticali ed orizzontali sono fermi o danneggiati. Unico nel suo genere, insignito dalla Commissione Europea, nell’ambito della “Sustainable Energy Europe” con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente come “Official Partner” della Campagna SEE 2008-2012, Xeolo è attualmente il “core business” dell’azienda. L’evoluzione di Xeolo, anche a seguito dell’ acquisizione da parte della Dealer Tecno Srl della certificazione ISO 90012008 per la Progettazione e Costruzione delle Turbine Eoliche ad asse verticale conformi alle UNI EN 61400-2, tramite il RINA- IQNET che certifica le Turbine Xeolo CE nella categoria massima S (Speciale) ed in A (Alta turbolenza), è rafforzata dalla collaborazione di importanti imprese italiane per la produzione dei componenti interamente Made in Italy.
Inoltre la lenta e costante rotazione riduce al minimo il logorio meccanico della turbina, mentre tutti i materiali e componenti sono progettati e verificati per sopportare le forze dovute all’esposizione a venti estremi (fino a
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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.
A cura di Piergiorgio Liberati in collaborazione con l’Osservatorio Normativo del GSE
Arriva il concorso per il contatore intelligente: “Smart metering multi-servizio” Si chiama “Smart metering multi-servizio”, è la selezione, avviata dall’Autorità per l’energia, per premiare il miglior progetto di un unico contatore in grado di telegestire operazioni connesse alla fornitura di gas, energia elettrica e capace anche di fornire informazioni sull’efficienza e il risparmio energetico. I partecipanti avranno cinque mesi di tempo per presentare i progetti, che poi in 8 mesi dovranno essere sviluppati: il tutto si svolgerà nel biennio 2014-2015. Per l’ammissione agli incentivi i progetti dovranno riguardare un insieme di punti da telegestire di ampiezza compresa tra 2.500 e 20.000 punti.
Ottobre-dicembre 2013: bollette elettricità e gas meno care Meno 3% sul prezzo del gas e meno 0,8% sull’energia elettrica. Questi i dati dell’aggiornamento tariffario dell’Autorità per l’energia, per il trimestre ottobre-dicembre 2013. Un trend a ribasso che dovrebbe, secondo le stime, proseguire anche a gennaio 2014. Nel dettaglio, dal 1° ottobre 2013 il prezzo dell’energia elettrica per una famiglia-tipo è sceso a 19,04 centesimi euro/kilowattora, corrispondente ad una spesa annua di circa 514 euro. Per quanto riguarda il gas, dal mese di aprile 2013 si registra, per il terzo trimestre consecutivo, un calo della bolletta, con un valore cumulato del -7,8% equivalente per una famiglia tipo ad un risparmio di circa 100 euro su base annua.
Via libera al “congelamento” di 900 milioni di quote di CO2 Via libera al ritiro di 900 milioni di quote di CO2 dalle aste europee. Lo ha stabilito, il 3 luglio scorso, il Parlamento Europeo riunito in plenaria a Strasburgo. La decisione consentirà il cosiddetto “backloading”, cioè il congelamento temporaneo e parziale di un assegnato “stock”, che dovrebbe garantire così il rialzo sui mercati del prezzo delle restanti quote di emissione. La proposta segue il parere positivo dello scorso 19 giugno da parte della Commissione Ambiente del Parlamento europeo. Ottenuto il mandato dal Parlamento, inizia ora il raccordo con il Consiglio dell’Unione per cercare una soluzione condivisa. Il completamento dell’iter, atteso per la fine del 2013, richiede infatti l’approvazione di Parlamento e Consiglio, co-legislatori in materia, sulla base dell’art. 192 del Trattato UE.
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Idrocarburi, nasce il Fondo del MiSE per sostenere progetti occupazionali Si chiama “Sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali strategiche” ed è il Decreto del Ministero dello Sviluppo economico, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 settembre, con il quale si istituisce un Fondo per progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi di idrocarburi liquidi e gassosi. Nel Fondo confluirà una quota dell’imposta IRES sul reddito delle società, versata dai soggetti di nuova costituzione che hanno sede nelle regioni a statuto ordinario e svolgono attività di coltivazione di idrocarburi. L’individuazione dei progetti da sostenere avverrà di anno in anno d’intesa tra il MiSE, la Regione e l’amministrazione competente.
Quote CO2, l’Unione europea riduce il tetto annuo Tutto pronto per la fase 3 dello schema europeo di allocazione delle quote di emissione (Emissioni Trading System). La Commissione europea lo scorso 10 settembre ha approvato la decisione sulle “Misure nazionali di attuazione degli Stati membri”, che fissa in 2,1 miliardi di euro il quantitativo complessivo di quote di emissione UE nel 2013 e prevede una riduzione annua del 1,74% fino al 2020. Complessivamente, nel periodo 2013-2020, saranno allocate tramite aste circa 8,2 miliardi di quote. Con la decisione sono stati approvati anche i piani provvisori predisposti da ciascun Stato per l’assegnazione di quote gratuite all’industria.
L’Europa fa pace con la Cina e rimuove i dazi antidumping sui pannelli Pace fatta tra UE e Cina. Con la Decisione 423 e il Regolamento 748 rientra infatti la polemica sui prezzi applicati dalle aziende cinesi per l’esportazione di pannelli fotovoltaici in Europa. Con il regolamento 748, infatti, la UE annulla il dazio che era stato introdotto all’inizio di giugno, mentre con la decisione 423 si accetta l’impegno offerto dai produttori cinesi a seguire pratiche corrette. Prima, infatti, i pannelli solari cinesi venivano venduti in Europa ad un prezzo più basso rispetto a quello applicato in Cina (dumping). Entrambi i provvedimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale europea il 3 agosto scorso.
Cip 6, l’Autorità rivede il valore del Costo Evitato di Combustibile per il 2008 Il prezzo di ritiro dell’energia Cip6 da parte del GSE per l’anno 2008 dovrà essere rideterminato, così come il conguaglio applicato agli operatori. Lo ha stabilito l’Autorità per l’energia elettrica e il gas con una delibera del 17 ottobre (445/2013/R/EEL). Il tutto nasce dalle sentenze del Tar della Lombardia (2009) e poi del Consiglio di Stato (2011) che su ricorso di alcuni operatori hanno annullato la delibera dell’Authority che stabiliva il Costo Evitato di Combustibile (CEC) definitivo per l’anno 2008.
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Bizzarre energie La barca che “cura” il mare Si chiama Plastic Buster, è il progetto di un eco-laboratorio che monitorerà, su una nave di volta in volta diversa, il mar Mediterraneo e raccoglierà la plastica che lo inquina. è un progetto ideato dall’Università di Pisa, a seguito di uno studio sul Mare Nostrum dal quale è emerso che l’80% dei rifiuti lì presenti è costituito da plastica. L’imbarcazione partirà dalla Toscana, passando per Tunisia, Egitto, Grecia per poi risalire l’Adriatico fino a Venezia. Oltre a dare la caccia alla plastica mapperà il percorso studiando i tipi di rifiuti, la loro localizzazione e gli effetti sulla fauna marina.
A cura di Sallie Sangallo
Con Biogrì il sole prepara l'arrosto
Biogrì è il barbecue che non usa fiamme né carbonella per cucinare, ma solo uno specchio che orientato verso il sole cuoce il cibo senza fumi e particelle da combustione. I raggi solari riflessi dallo specchio concavo, parte principale della struttura, convergono sullo spiedo che in pochi minuti raggiunge temperature attorno ai 230/240 gradi. Un sistema di cottura sicuro in quanto non richiede alcun presidio e si presta ad essere utilizzato, oltre che in un picnic all’aria aperta, anche in balconi assolati poiché non rilascia odori.
Una matita per l’orto Mi illumino con le alghe I ricercatori dell’Università di Standford notando che le alghe attraverso il processo di fotosintesi producono scariche elettriche hanno ideato un meccanismo che le trasforma in energia. Diversi Designer lo hanno utilizzato per creare delle lampade a impatto zero e dallo stile unico, come le Algae Lamp di Cristian Vivanco, con forma e colori ispirati alla barriera corallina.
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Si chiama Sprout la matita composta da legno di cedro con la punta di grafite e argilla che sostituiscono il piombo. Ma la novità non è solo questa, infatti la parte estrema è composta da un capsula idrosolubile contenente 3 semi. Quando la matita sarà così piccola da diventare inutilizzabile potrà essere piantata in un vaso di terra ed entro una settimana i semi inizieranno a germogliare. Al momento i semi in vendita sono quelli di basilico, menta, peperoni e rosmarino. Mentre il mozzicone potrà essere lasciato per indentificare il tipo di piantina che crescerà.
Quando in campo scende il green L’ecosostenibilità è arrivata anche negli stadi sportivi con una serie di progetti di riqualificazione e costruzione. Il primo stadio amico dell’ambiente è il Maracanà di Rio De Janeiro riqualificato, in occasione dei prossimi Mondiali della Coppa del Mondo FIFA 2014, con l’installazione di 1.500 pannelli fotovoltaici sull’anello superiore dell’edificio e un sistema di riciclo dell’acqua piovana che alimenta gli oltre 200 bagni della struttura. Un’altro impianto degno di attenzione è quello ideato dallo Studio Internazionale di Architettura Populous. Si tratta di uno stadio polifunzionale, capace di ospitare partite di calcio, basket e tennis grazie a un sistema che attraverso l’utilizzo di grossi bracci robotici telecomandati consentirà di cambiare pavimentazione a seconda delle partite del momento. Azzerando i costi di manutenzione di 3 strutture.
Soundscraper, il grattacielo acchiappa rumori Un gruppo di architetti ha progettato il primo edificio che sfrutta il rumore delle grandi città per trasformarlo in energia. Il Soundscraper sorgerà nelle zone più trafficate delle metropoli e grazie a uno speciale involucro ricoperto da sensori audio - catturerà le vibrazioni e l’energia cinetica circostanti, per convertirle in energia elettrica. Si stima che l’edificio potrà soddisfare il 10% del fabbisogno energetico di Los Angeles.
MoDi l’auto “componibile”
Arrivano le finestre “polmone” Le finestre in PVC di ultima generazione, firmate Tonini, oltre a contribuire a un notevole risparmio energetico sono in grado di ridurre i livelli di smog ed eliminare i cattivi odori. Gli infissi hanno un rivestimento chiamato Purefin, composto da una soluzione di Biossido di Titanio che funge da fotocatalizzatore. Attraverso l’azione combinata di raggi UV della luce e dell’umidità innesca un’azione ossidante capace di disgregare tutti i composti organici volatili. In questo modo sostanze nocive e odori vengono catturati e trasformati in sali inorganici ecocompatibili, che potranno essere rimossi con una semplice panno bagnato di acqua. Un sistema coadiuvante alla lotta alla CO2 di notevole efficacia se si pensa che un metro di Purefin purifica 50mq in un’ora, liberando le nostre abitazioni da sostanze nocive come la formaldeide, allergeni e muffe.
L’auto del futuro sarà poliedrica e a impatto zero. MoDi, frutto dell’ingegno di due Designer italiani, Joe Sardo e Daniele Serio, è la prima citycar componibile. Ha una struttura simile a un’auto monoposto, all’interno dell’abitacolo è agganciato uno scooter elettrico e nella parte posteriore due bici pieghevoli. Il motore e le ruote dello scooter consentono il movimento della parte anteriore, mentre le ruote posteriori sono quelle delle due biciclette piegate. Questa componibilità consentirà di adeguare il proprio mezzo alle esigenze del momento. Sarà comodo così recarsi a lavoro in una giornata di pioggia con la citycar e dopo la pioggia muoversi per le vie del centro con lo scooter, per poi concludere la giornata pedalando per i viali del parco.
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la corrente elettrica racconta
Una notte
di Renato Terrosi
Son già quasi alla frutta e la notte romana è ancora lunga da morire. Edoardo, il più giovane dei miei nipoti, diciotto anni appena, mi ha trascinato alla festa, quasi fossi uno sbarbatello innocente. Ascoltiamo musica, a cavallo di una panchina in via dei Fori Imperiali, tra piazza Venezia e il Colosseo. Musica forte e rimbombante con fari che lanciano sventagliate di luce contro le nuvole basse e la gente accalcata. Facce bianche spettrali si fanno verdi, rosse e incipriate a pagliaccio. E giù in fondo, lontano, l’Anfiteatro Flavio è soffuso per suo conto di una luce gialla. Dorata. Estraneo. Anche la mia prima volta, nella Capitale con il famoso treno popolare da cinque lire, un paio di panini e l’acqua delle fontanelle, il grande monumento, mi apparve così, fantasmatico e corrusco. Edoardo mi guarda e sorride. Un silenzioso invito a tener duro. Loro, i big del gran concerto, cantano da ore. A pochi metri i monitor inquadrano tutto. Lo stadio dove c’e una partita di calcio e le "ole" si sprecano. Un altro monitor regala ciclisti che attraversano un ponte e sotto il fiume, si fa specchio di luci vaganti.
Anche il nipote, forse, è stanco e mi fa cenno di andare. Ora la macchinetta di Edoardo infila frettolosa il lungotevere ancora pieno di motori rombanti, mentre due ragazze appoggiate ad un albero accennano saluti. Da insonne incallito, in macchina, mi capita di regalarmi pisolini. Il guidatore fischietta contento. Succede. Pure la fabbrica dei sogni si mette in funzione. Mi costruisce una città metafisica, con piazze e strade geometriche, cubi di marmo freddo e liscio dove perfino i pensieri scivolano via, le colonne sembrano cannoni e invece lanciano bolle vitree che illuminano le strade vuote. Io sono lì. Solo. Canto al vento. Canzoni di gioventù. Il sogno finisce. Edoardo ha frenato e mi indica con un cenno la Basilica di San Paolo, quasi fasciata da nebbia leggera luminescente. Attende i primi fedeli e le prime squadre di turisti. Nei pressi, invece, quattro artisti da strada non attendono nessuno. Ballettano e suonano flauti. Ectoplasmi di se stessi. Il flauto, il flauto dolce. Una fissazione di un amico di gioventù. Finì a fare il datore di luci, Aldo. Nella Compagnia di Vera Roll, con 20 ballerine 20. Nel 1950. Mi invitò una volta in una città toscana. Andai e dal proscenico vidi queste
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bianca ballerine. Tutte uguali. Di media statura, bionde, costume rosa a mezza gamba. Scenografia del tempo: compensato e roba simile. Archi di lampadine colorate, grosse come meloni. Ma la musica andava ed anche il comico, Aldo non aveva troppi affanni con le luci. Un pannello al muro ed era fatta. Così, anche lui si metteva a cantare il finalino allegro, preso dalla vecchia operetta. “Oh cincillà, oh Cincillà / mordi, rosicchia, divora”. Cantano tutti, canto anche io che non c’entro niente. Aldo attenua le poche luci colorate ed è finita. È finita anche una delle mie tante rimembranze, mentre il giovane nipote, avvertita l’aria di casa, frusta un po’ la macchinetta. La città da bere e mangiare a tutte le ore è alle spalle. Il Colosseo bianco dell’Eur si erge quadrato, di nome e di fatto, sulla collina. Superbamente espone aloni di luce sotto tutti i suoi archi. Un faro, un guardiano del moderno quartiere che alle opere progettate e realizzate in tempi lontani ha aggiunto grattacieli, laghi, uffici, abitazioni, pini, infrastrutture validissime per la vita civile dell’oltre Duemila. Con la luce, la Santa Luce, a far da regina nelle notti festose o operose, in tempi che sono duri. Rientriamo che si avvicinava l’alba.
Gli rispondo che è lontano e, purtroppo non sta bene, ma è stato sempre in gamba, si è affermato nel campo dell’arte, organizzando eventi, mostre e avvenimenti culturali. Con successo. Aggiungo che pochi anni orsono mi aveva portato a vedere una sorta di antica cappella, sperduta nelle campagne fiorentine. Una cappelletta non adibita ad alcun rito religioso e rilevata dal comune. Custodiva un affresco pregiato, del Settecento, posto in alto, male illuminato dall’unica finestrella. Rappresentava una schiera di giovani in atteggiamento orante davanti ad un capitello con sopra un angelo bianco. Era difficile capire se erano tristi o lieti. Mi promise che avrebbe provveduto lui a far sistemare la cappelletta e il dipinto. Dopo qualche tempo, mi condusse lì, ansioso di farmi una sorpresa. E me la fece: l’edificio era ristrutturato e l’affresco godibile. Una attrezzatura di illuminazione elettrica aveva fatto il miracolo. I giovanetti oranti avevano il volto sorridente, “Ridono” disse contento. Gli strinsi la mano e sorrisi anch’io. E, Lampo, pure sorrise, soddisfatto come quando gli riuscivano le bravate di gioventù. Mi sembrò che anche il mio giovane nipote avesse gradito il senso della storia. Oggi, migliaia di splendide vetrate policrome filtrano luce, una sorte d’invito a levare gli occhi al cielo. Ma la luce degli uomini sempre più ricchi d’inventiva e di sapere, può validamente concorrere alla migliore conoscenza di emozioni. Gioie e drammi. Anche la luce, ogni luce, muta col mutare delle personalità e del tempo. Ogni luce è un dono prezioso. Preziosissimo.
Al mattino quando mi svegliai (tardi) non lo vidi nel suo letto, ma presto comparve sorridente con una tazzina di caffè e mi domandò di quell’amico del quale gli avevo più volte parlato. Quello della lampadina che scottava e del discorso davanti al Monumento, Lampo, insomma. Illustrazione realizzata da Alessandro Buttà
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energia del pensiero
Amo l’attimo, la solitudine e le piccole cose Un caffé con Paolo Poli Attore e scrittore di Romolo Paradiso
Vola alto come una rondine. Fa mille e mille acrobazie. Sfiora le nuvole e si avvicina al suolo, ma mai si lascia attrarre dalla loro consistenza, e, ancor meno, dal fascino che emanano. Lui va, libero e solitario per la sua rotta, che poi rotta non è, perché mai definita, né immaginata, ma ideata al momento, come la fantasia vuole, come dettano l’animo e il cuore. Le mete? Le più impensate, le più bizzarre. Il risultato? Una esibizione delicata e folle che lascia tutti con la bocca spalancata e il naso all’insù, come si fosse bimbi, ingenui spettatori di una visione che ci riporta alla meraviglia e al nitore originario. Chi è? È Paolo Poli, il più poliedrico, originale, genuino e lieve attore italiano. Ci siamo incontrati in un pomeriggio di settembre a Roma, nella sua casa del centro. Ci riceve con la gentilezza di un gran signore. Ha il vestito di grisaglia e porta il suo inseparabile papillon, che da sempre lo caratterizza. La sua casa affaccia sui tetti di una Roma antica e fascinosa, dalla quale sembra respirarsi un’aria d’altri tempi.
“Son venuto a Roma giovanissimo”, dice Poli, “con la voglia forte di far teatro. Mi sono subito innamorato di questa città, che ti conquista con le sue bellezze, la sua storia, la sua gente, le sue contraddizioni. Mi sono sentito a mio agio. Io che sono sempre stato amante dell’arte, vissuto in una città, Firenze, dove l’arte si respira in ogni angolo, ho trovato a Roma il giusto alibi alle mie passioni. Però a Firenze torno sempre con piacere e anche con un pizzico di nostalgia”. “Nostalgia?” Gli domando. “Sì, di tante cose. Della mia infanzia, della mia gente, della mia famiglia. Una bella e vivace famiglia la mia. Sei figli, tre femmine e tre maschi. Una mamma insegnante e un babbo carabiniere, un po’ bislacco, che affettuosamente mi chiamava “suor Camilla”. Eravamo poveri, si mangiava poco ma c’era serenità, ci si divertiva con nulla. La sera si ascoltava la radio, si seguiva l’opera con il libretto e io cercavo di ricordare le arie più belle per canticchiarle quando ne avevo voglia”. segue a pagina 90
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“Uno sguardo carico di bontà annienta tutto il marcio del mondo e apre spazi infiniti alla speranza”. (Luis Ovado)
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E: Cosa le piaceva fare da ragazzo? PP: Sono stato sempre uno molto attivo. Del resto aveva ragione Oscar Wilde quando affermava che “la noia è il peccato più grave”. Avevo tante passioni, ma anche delle idiosincrasie. Per esempio, non mi piaceva fare le sfilate fasciste. Per evitarle scappavo in chiesa.
E: Le piaceva? PP: Moltissimo. Mi piaceva stare con i ragazzi, ma soprattutto ero folgorato dalla brillantezza delle ragazzine. Svelte, furbe, perspicaci, creative.
E: Perché erano troppo faticose? PP: No, la fatica la facevo anche in chiesa, durante la messa o in alcune cerimonie, dovevo reggere un cero alto e pesante, che non potevo mollare per alcuna ragione, tanto che una volta me la sono fatta sotto.
E: Che insegnante è stato? PP: Innovativo e un po’ spregiudicato. Leggevo e facevo commentare le novelle di Maupassant. Una cosa un po’ fuori dagli schemi per quei tempi. E: Poi cosa è successo?
Leggevo e facevo commentare le novelle di Maupassant. Una cosa un po’ fuori dagli schemi per quei tempi…
PP: Non ho potuto continuare, non ho avuto la cattedra, ma non mi son perso d’animo. Sai, per trovar lavoro noi giovani allora eravamo tutti occhi e denti…finché… E: È arrivato il teatro. Ma come è nata questa passione? PP: Avevo l’amore per l’arte, per l’interpretazione, per l’immedesimazione, nell’animo e nel cuore, in altre persone. Gente con un diverso vissuto, con percorsi differenti e differenti risposte alla vita. E: Quando ha cominciato a fare teatro? PP: Alla fine degli anni cinquanta. Stavano scomparendo le compagnie capocomicali e cominciavano i teatri stabili. Questo significava che uno come Strehler poteva permettersi di portare in scena Giulio Cesare di Shakespeare con quaranta primi nomi. Dunque di spazio ce ne era. E: Qualche nome di colleghi con cui ha lavorato che ricorda volentieri?
E: Addirittura? PP: Sì, mica potevo dire al prete: “scusi, devo andare in bagno, che faccio lo poso qui il cero?”, quello m’avrebbe preso a calci nel sedere per tutta Firenze. Però in chiesa ci andavo volentieri. Un po’ influenzato anche dai tempi. Sono nato nel 1929, epoca dei Patti Lateranensi, un fatto epocale, che suscitò interesse in tutto il mondo. La conseguenza fu che non si poteva parlar male della Chiesa, e l’insegnamento religioso si fece più incalzante. Mi ricordo che le suore ci facevano disegnare la bandiera italiana accanto a quella gialla con lo stemma del Vaticano. Insomma, andavo in chiesa come tutti i bambini ben educati, ma quello che mi affascinava erano i canti gregoriani, coinvolgenti ed emozionanti. Che peccato che a un certo momento, alla fine degli anni sessanta e all’inizio dei settanta, si sia permesso a degli sconsiderati schitarratori di suonare in chiesa! È proprio vero, abbiamo perso il gusto delle cose belle! E: Lei è stato anche insegnante per un certo periodo? PP: Eccome! Ma solo per un anno.
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PP: Laura Betti. Una amica. Di più, una sorella. Di più, una parte di me! Abbiamo vissuto un lungo percorso di vita insieme. Poveri in canna, si mangiava solo un uovo sodo al giorno. Lei ingrassava e io dimagrivo. O viceversa. Abitavamo nella casa di via del Babbuino. Di fronte avevamo la statua parlante. Come Pasquino. Roma ha tante statue parlanti. Oggi però sono mute perché le persone non sanno più né scrivere, né parlare, ma solo blaterare. E poi ricordo con piacere Rina Morelli, una grande attrice. Ha fatto la Locandiera a Parigi. Spiritosa, colta, intelligente. Grande nel Gattopardo, quando interpreta la moglie del principe di Salina, una donna castigata e devota a Dio, che fa l’amore con il marito senza denudarsi. Con Paolo Stoppa formavano una coppia insuperabile in scena, un pochino meno nella vita. Stoppa era un po’ birichino con lei, che ogni tanto doveva inghiottire qualche rospo.
E: Avevamo veramente una schiatta di attori molto bravi. PP: Si veniva dalla gavetta. S’eri bravo andavi avanti, altrimenti potevi cambiar mestiere. Pensa che Alberto Sordi ha cominciato doppiando Ollio. Poi pian piano è diventato quel grande attore che sappiamo. Non come oggi, che basta far una comparsata al Grande Fratello per diventare attore di cinema o di teatro. E: E c’erano anche le scuole importanti, come quella di Silvio D’Amico. PP: E i maestri-attori. Dai quali apprendevi tutti i segreti dell’arte di recitare. Ricordo Sergio Tofano. Lavorare con lui era un piacere e una lezione continua. E: E poi, Amedeo Nazzari, Vittorio De Sica, Paola Borbone… PP: Amedeo Nazzari era un bravissimo attore e un gran signore, capace di recitare tutti i ruoli. Aveva una penetrante espressività. E poi ricordo Massimo Girotti, Marisa Allasio, la stupenda Anna Magnani, Clara Calamai. E ancora, Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, i due attori fascisti. E: Furono uccisi dai partigiani. PP: Ma erano grandi. Pensa che una volta Osvaldo Valenti mentre girava La corona di ferro, fu ferito da una freccia su una guancia. Il regista volle interrompere le riprese, ma Valenti non accettò, e ripropose di farla con l’altra guancia. Insomma i nostri attori erano semplici, genuini, ma professionali al massimo.
PP: Cinecittà è stata la scuola di tanti. E ha permesso all’Italia di fare un cinema di qualità e anche un buon cinema popolare. Vennero da tutto il mondo a studiare Cinecittà, che per certi versi faceva concorrenza a Hollywood. Avevamo registi come Rossellini, Zeffirelli, Visconti, Zavattini, Comencini, Pietro Germi e poi il maestro dei maestri, Alessandro Blasetti. Che però era fascista.
come se nascondessero un segreto non svelabile. E ci hanno conquistati. Erano bravi attori, avevano la scuola alle spalle e la forza dei dollari. Degli americani, ricordo con piacere Audrey Hepburn, una donna bellissima, delicata, con due occhi stellati, una grande attrice. Sai che non ha mai voluto mettere piede sul territorio tedesco? Lo faceva da ebrea, per una sorta di disgusto verso una terra da lei ritenuta assassina. Quando capitava lì di passaggio con l’aereo, si faceva portare in braccio da un inserviente all’aereo della destinazione altra per non toccare il suolo germanico”.
E: Bè, ce ne erano tanti di fascisti bravi!
E: Ma noi abbiamo continuato a fare un buon cinema.
PP: Sì, certo, ce ne erano eccome!
PP: Sicuramente. Abbiamo avuto il neo realismo e la commedia italiana, con Totò, i De Filippo, Aldo Fabrizi, Macario, Sordi, Tognazzi, Manfredi e così via. Mica robetta!
E: E poi c’era Cinecittà…
E: E diciamo la verità, allora erano un po’ tutti fascisti… PP: “La cena delle beffe" di Blasetti fu un film epocale. Tratto da un romanzo di Sem Benelli. Uscì nel 1941 e fece scandalo per il seno scoperto della Calamai. Quella però non fu la prima scena di nudo, c’era stata quella di Vittoria Carpi ne "La corona di ferro", sempre di Blasetti, al quale tutto era permesso. Poli si ferma un attimo, fa un lungo respiro, guarda fuori, nel cielo azzurro di Roma, come a cercare ancora tra i ricordi, e mi dice: “poi sono arrivati gli americani, Marlon Brando, James Dean, Gary Cooper, John Wayne, tutti torvi, cupi,
Gli domando come è cambiato l’attore e il teatro rispetto ad allora, e lui mi guarda con una di quelle sue facce che sembrano modellate con la creta tanto sono plastiche e buffe. "Ora è più difficile andare in scena". Mi dice " Ci sono più attori e meno richieste. Un tempo si lavorava nove mesi, oggi se ti va bene ne lavori quattro, con difficoltà enormi. Purtroppo una generazione di avanguardisti teatrali, che non hanno fatto un granché, è diventata dirigente nei teatri periferici e a loro piace mandare in scena cose più di cassetta, a volte anche un po’ volgari, o originali a tal punto, secondo
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loro, che non s’accorgono l’esser state fatte un secolo prima. E poi c’è il malcostume di prendere dal cinema l’argomento per portarlo a teatro”. Avverto nelle parole di Poli un pizzico di amarezza, che si fa più palese quando aggiunge: “ed cambiato anche il pubblico. Un tempo si andava a teatro per un’occasione sociale e un po’ per mettersi in mostra, indossare il vestito nuovo, farlo vedere, così come s’andava alla messa di mezzogiorno e non a quella delle otto, per gli stessi motivi…” E: Ma c’era anche un interesse popolare non indifferente per il teatro. Le grandi compagnie andavano nelle province a portare in scena, nei teatri popolari a prezzi popolari, le loro rappresentazioni e la gente li aspettava, li seguiva. Ricordo mia nonna, che era una donna del popolo, a Palermo, aveva sempre l’abbonamento al Massimo, per seguire l’opera e non solo. PP: C’era un’altra atmosfera, non c’è dubbio. E: Lei ha fatto anche molta televisione. La ricordo in trasmissioni per i piccoli e anche in qualche carosello famoso. PP: Ho fatto delle cose carine, ho affiancato il mago Zurlì, ho recitato filastrocche. Il mondo dei piccini mi ha sempre affascinato. Mi piace il loro nitore ma anche l’istintività e la capacità di cogliere l’essenza nascosta delle persone e delle cose. E poi ho fatto anche i Caroselli. È stato per caso e per volontà della vedova Campari. L’ho incontrata a teatro a Milano. Io facevo uno spettacolo e lei era in sala. Sono sceso tra il pubblico, come ogni sera, e, avvicinatomi a lei, le ho fatto un giochino banale: “questo è l’occhio bello, questo è suo fratello, questa la chiesuccia…” tirandole il nasino. Lei mi manda un mazzo di violette in camerino e mi offre di fare la pubblicità del bitter Campari a un milione a Carosello. Io le proposi come motivetto una canzoncina che si cantava con Laura Betti in una trasposizione teatrale del romanzo di Hans Fallada “Tutto da rifare pover uomo”. Fu un successo! Il motivo faceva così: “bitter campari è l’aperitivo…”. Facevamo tutto dal vivo. Mi sono molto divertito. Poli sorride soddisfatto ed esclama: “bei tempi!... E: Anche l’operetta era il suo forte. PP: Bè, mi piaceva molto. A volte dovevo usare qualche trucco. Pensa che nel Cavallino bianco” mi mettevano i baffi per apparire più uomo, più virile, io che avevo un visino delicato, delicato… E: Lei ha portato in scena Sillabari, di Goffredo Parise. Uno spettacolo interessante e molto ben confezionato. Perché Parise? PP: Perché l’ho conosciuto bene. Veniva a casa mia e di Laura (Betti, ndr), si mangiava due cosette misere insieme e si parlava tanto. Intelligente, raffinato, colto. Capace di una scrittura asciutta ma efficacissima, coinvolgente. “Sillabari” è un piccolo capolavoro, non terminato purtroppo. Una antologia dei sentimenti, delle passioni, dei caratteri dell’uomo e della bizzarria della vita.
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E: Ma Parise è un po’ sottovalutato a vantaggio di tanti che invece sono sopravvalutati. Penso a Calvino, a Moravia, Soldati, Siciliano… PP: Forse perché lui era anche autore per il cinema… E: O forse perché non aggreppiato politicamente alla corrente ideologica che contava… PP: C’è anche questo.
Paolo Poli con il nostro direttore Romolo Paradiso
E: Ed è un peccato, perché così abbiamo cancellato la migliore letteratura italiana del dopo guerra. Autori come Giuseppe Berto, Curzio Malaparte, Giovanni Papini, Ennio Flaiano, Tommasi di Lampedusa, Gesualdo Bufalino, Leo Longanesi, Ezra Pound, Vittorio G. Rossi, e tanti altri sono finiti nel dimenticatoio. Non ci fa onore!...
E: Anche Giorgio Albertazzi lo legge con particolare maestria. PP: Vero!...peccato che abbia ucciso i partigiani… E: Era la guerra…la più brutta delle guerra, quella civile. PP: Sì, ma lui ha detto che se tornasse indietro lo rifarebbe…
Paolo Poli mi guarda fisso negli occhi. Sento che sta preparando una risposta a quanto ho affermato. Infatti scatta dritto sulla poltrona e aggiunge: “però Pasolini!?!...” E: Pasolini è un grande scrittore!… “Un genio!”, fa lui illuminato da un sorriso a tutto tondo. “E non solo scrittore, ma anche ottimo attore, sceneggiatore, regista di qualità. Era un’anima inquieta, sempre alla ricerca di sfumature di vita. Era capace di capire il momento nei suoi più reconditi aspetti e di interpretare il futuro. Era troppo avanti per tutti. E poi, leggeva Dante come pochi…”.
E: Credeva in un ideale, è onesto. Non come tanti altri, ben noti, che si sono trincerati dietro un ipocrita: “non avevo coscienza di ciò che facevo!”, solo per evidente opportunismo. PP: Forse sentiva che il fascismo era la Patria, come disse un giorno. Può darsi che fosse veramente coinvolto. Poli guarda fisso nel vuoto, si aggiusta delicatamente i capelli
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Certo, con i politici che abbiamo oggi, guarda se non mi tocca rimpiangere Mussolini?!?… e poi mi dice: “certo, con i politici che abbiamo oggi, guarda se non mi tocca rimpiangere Mussolini?!?…” E: Non era per nulla uno stupido. Fino al ’38 lo amavano in molti, in Italia e anche fuori. Gandhi, J.F.Kennedy, Roosevelt, Churchill e tanti altri… Il fascismo non si può continuare a studiare con uno sguardo demagogico, ma con serenità e obiettività, per onore di verità e per capire meglio da dove veniamo e chi siamo. PP: Io ho tutti i suoi discorsi. Sapeva parlare e scrivere. Ogni tanto scopiazzava qualche frase di Mazzini, di Garibaldi… E: È cultura…
E: Qual è l’aspetto più interessante della vecchiaia? PP: Che si possono fare le cose che ami senza dar conto a nessuno. Le fai per te e basta. Purtroppo ci sono gli acciacchi. Ma fanno parte del gioco. E poi mi piace la solitudine, mi dà felicità. Quando penso alla mia giovinezza ricordo che a casa eravamo così tanti che non c’era mai un momento per starsene da soli. A volte non facevi in tempo a portare un cesto di fragole in tavola che erano già sparite, mangiate velocemente da due o tre dei miei sei fratelli, quelli più golosi. Io rimanevo sempre a bocca asciutta. Ora mi prendo la rivincita, finalmente. E poi ci sono gli spazi. Tutti per me. Solitudine e spazi mi aiutano a pensare, a concentrarmi. E: Lei è un solitario, ma sicuramente non un uomo solo. PP: Solo no. Mi piace la compagnia. Sto bene con gli altri. Mi stimolano, mi arricchiscono. Ma ho bisogno di un tempo unicamente mio, per ritrovarmi, per riaccogliere i pensieri del giorno sparsi qua e là e dar loro un senso e una risposta. Ho bisogno di questo per star bene. Gli occhi di Paolo Poli si accendono di tenerezza. Sente fortemente quanto sta dicendo e non ostacola un’emozione palpabile.
PP: Vero! Vedo tante immagini sacre in questa casa. Una statua a grandezza naturale di Santa Cecilia, un crocifisso stilizzato, molto particolare e altre cose che ricordano santi e sante. Gli domando se è cattolico, se crede.
Ci alziamo e andiamo verso la finestra. È il vespro. Roma è pregna dei colori del tramonto. Poli traccia con l’indice una linea verso l’orizzonte, in un silente stupore di fronte a quella atmosfera. Gli chiedo se la malinconia di tanto in tanto lo pervade.
PP: Fino a 20 anni…poi, non so…Cerco di fare del bene finché son vivo…Nell’aldilà non credo molto. Tu invece credi?...Hai speranza?
Scuote le spalle. Alza gli occhi al cielo. “No”, risponde. Ma non mi sembra molto convinto. Insisto. Sicuro?
E: Ho sempre speranza… PP: Meglio questa dell’altra vita! E: E che ne sa? PP: Già, che ne sappiamo?...Tu speri d’avere le ali?... Bè, io no… E: Si sente un anticonformista? PP: Non lo sono mai stato. Quando ero giovane la televisione era conformista. Una volta un funzionario mi portò in un angolo dello studio televisivo e mi chiese: “Paolo, non sarai mica socialista?” “No, per carità”, risposi. Ma io avevo votato sempre comunista.
PP: Sì, mi piace ricordare i momenti belli del mio vissuto, che sono stati tanti. Così come gli amici. Alcuni sono andati via, altri mi fanno ancora compagnia…No, non sono un malinconico. E: E la memoria? È vero come dice un mio amico scrittore ultranovantenne, che a una certa età diventa una “dolce assassina”, perché ti riporta alla luce fatti sì belli, ma anche situazioni nelle quali sì è sbagliato, si è stati pavidi, cattivi, indolenti, cinici, che si vorrebbero non ricordare più?
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PP: La memoria? Mi fa brutti scherzi. A volte non ricordo i nomi. Per il resto…assassina? Forse…Ma sai, io ho vissuto come ho voluto. Non ho molti rimpianti. Ho cercato di pensare in modo positivo. Non ho mai smaniato per lavorare. Se la Rai mi chiamava, bene! Altrimenti…pace! Lo stesso con il teatro o il cinema. Ho sempre goduto il momento per quello che era e per ciò che mi offriva: la salute, gli amici, l’arte, la gioia per le piccole cose, che sono poi quelle più importanti, perché capaci di offrirti il senso vero della vita. E: Poli, quanto è importante il sogno?
“Per domani?”, mi dice lui spalancando i suoi occhi chiari, ancora pieni di luce e di ironia. “Per domani non so. Ma per dopo, il mio sogno è andare prima possibile a cena con il mio nipotino preferito e con mia sorella Lucia. Ho appuntamento alle 20.00, fra pochissimo. Quindi…” Me ne vado. Il tempo è trascorso veloce. Peccato. Avevo ancora tante cose da chiedere e avrei con piacere continuato ad ascoltare le parole di Poli. Ma tant’è. Scendo le scale e una volta fuori indugio un po’ a guardare quell’antico palazzo. E mentre sto con il naso all’insù, Poli mi passa accanto e dice: ”fo tardi…fo tardi, scappo via…”. E va, un po’ trafelato, con il suo passo felpato e lungo, le mani rivolte al cielo, verso il suo sogno del momento. Un piccolo, grande sogno.
PP: Tantissimo! Se non sei capace di sognare non hai futuro, e non hai vita! Viva il sogno! E lancia le mani in aria come per abbracciarli tutti, i sogni del mondo. Approfitto del momento e gli domando: "e il sogno per domani?
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Ps. Quanto raccontato è veramente accaduto. E se la fantasia di chi scrive, di tanto in tanto, ci ha messo la sua mano, è stato solo per offrire al lettore il giusto senso di ciò, che a suo avviso, albergava in un sorriso, in un gesto, in un battito di ciglia, o in un silenzio di Paolo Poli.
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lavoro Neo imprenditorialità giovanile
Serve una guida, semplificata, rapida ed efficace Dialogo con Nadio Delai Sociologo e Presidente di Ermeneia
Solo la bellezza salva l'uomo e lo disarma”. (Jacques Munoz)
di Mauro De Vincentiis Nadio Delai, sociologo, si occupa da sempre di temi legati al lavoro. è stato Direttore Generale per undici anni del Censis. Direttore di RaiUno fino al 1994, successivamente è stato Responsabile della Direzione Politiche Economiche e Sociali delle Ferrovie dello Stato. È Presidente di “Ermeneia”, società di “Studi & Strategie di Sistema”. È Autore di saggi e di libri: il più recente è “Il lavoro come esercizio di relazione” (2012). Nadio Delai
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E: Il tema dell’inserimento delle giovani generazioni nel mondo del lavoro è ampiamente dibattuto in Italia, soprattutto negli ultimi tempi, ma scarsamente affrontato in maniera sistematica. Qual è la sua opinione? ND: È un tema in realtà affrontato in via sistematica, ma nel senso povero del termine. Emerge infatti con periodicità regolare di 3 mesi in 3 mesi, sulla base delle rilevazioni Istat riguardanti il mercato del lavoro, salvo dimenticarsene nell’intervallo tra una rilevazione e l’altra. Peccato, inoltre, che ogni 3 mesi il bisogno di “strillare” la notizia, la porti in prima pagina ma in maniera sbagliata già nel dato: infatti il 40% di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni fa pensare a un esercito di senza lavoro. In realtà si sta parlando del 40% del 25% dei giovani che effettivamente fa parte della forza lavoro, visto che in quella fascia di età la gran parte di loro si trova ancora nelle strutture formative. Detto in cifre si tratta di poco più di 600 mila giovani su 6 milioni, pari a circa 1 giovane su 10: cifra comunque importante, ma non come quella che viene evocata dai media. Il tema dovrebbe essere affrontato in chiave “relazionale” tra i diversi soggetti che entrano in gioco: la formazione, il lavoro, ma anche il sistema delle “giunzioni” che risultano deboli nel nostro Paese (informazione, orientamento, primo inserimento, accompagnamento della mobilità da un posto di lavoro all’altro). E: Da sociologo e osservatore privilegiato del mercato del lavoro, se l’offerta aumenta mentre la domanda si contrae a causa delle innovazioni tecnologiche, quali sono realisticamente le possibilità per i giovani? ND: Le chance per i giovani e per le loro famiglie, si giocano attorno a tre parole-chiave: adattabilità rispetto alle aspettative (meno lavori nel terziario e più nell’industria, nell’artigianato e nei servizi alla persona e maggiore flessibilità); più imprenditorialità (per la parte più dinamica dei giovani) e molto coraggio (cioè andare a cercare le opportunità dove ci sono in chiave di mobilità sia all’interno che all’estero). Si potrebbe dire che la copertura dei genitori, oggi certamente maggiore che non negli anni lontani del nostro sviluppo, dovrebbe essere meglio investita per sollecitarli e sostenerli nell’esplorazione delle potenzialità di impiego non solo sotto casa. Ovviamente servirebbe un accompagnamento dinamico dei giovani attivi: occorre che anche le istituzioni del lavoro e della protezione sociale diventino maggiormente flessibili; serve che l’accompagnamento verso la neoimprenditorialità sia semplificato, rapido ed efficace. Il giovane che accetta la mobilità deve essere agilmente sostenuto dai soggetti pubblici nazionali e locali. E: Confindustria Trento ha avviato di recente un modello di sperimentazione, in tema di giovani e di lavoro. Come è stato articolato? ND: Confindustria Trento ha lavorato per dodici mesi (tra l’autunno 2011 e l’autunno 2012) su tre idee di fondo.La prima: sperimentare il Nuovo Contratto di Apprendistato Professionalizzante - rivolto a diplomati e laureati accompagnandolo da tre moduli qualificanti: un modulo di selezione iniziale accurata di 100 giovani, messi poi a disposizione delle aziende; un modulo di alta formazione,
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tenuto conto del profilo professionale potenziale dei giovani da inserire e un modulo di flexsecurity per fornire, in caso di mancata assunzione alla fine del periodo di apprendistato, altre due proposte di lavoro insieme a un sostegno economico e a un opportuno orientamento professionale, a patto che i giovani risultino disponibili alla mobilità territoriale. La seconda iniziativa è l’istituzione di uno Sportello per la neoimprenditorialità per aiutare i giovani ad avvicinarsi alle opportunità disponibili, per sfruttarle al meglio. La terza iniziativa è stata la promozione dell’esperienza del lavoro estivo per gli studenti, modalità diffusa nelle passate generazioni e oggi di grande utilità qualora i ragazzi vogliano sperimentare se stessi all’interno di un’azienda, sia pure per brevi periodi, e guadagnarsi qualche risorsa economica. Il tutto è stato formalizzato con un apposito accordo sindacale. E: In tema di comunicazione, è possibile stabilire un dialogo costruttivo tra i soggetti pubblici e privati, per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro? ND: Il dialogo - e, aggiungo, l’azione- è doveroso e strategico per le ragioni che ricordavo all’inizio. L’inserimento nel mondo del lavoro richiede un “sistema relazionale” fra più soggetti: i tanti che fanno formazione, i tanti (sin troppi) che si occupano di lavoro e, per converso, i pochi che si occupano di sistemi di giunzione tra l’uno e l’altro. L’Italia infatti è debole sotto questo aspetto. Non si dimentichi che gli uffici di collocamento sono utilizzati da meno del 3% di chi si inserisce nel mondo del lavoro. Credo che la collaborazione pubblico/privato in quest’ambito diventi fondamentale, evitando di pensare di mettere tutto in fila: prima l’ennesima riforma degli Uffici del Lavoro, poi la sperimentazione che ne consegue, finalmente l’entrata a regime. Il mondo oggi è più veloce di qualsiasi processo di riforma istituzionale. Sperimentiamo invece forme di alleanza tra soggetti pubblici e privati proprio per quanto riguarda i sistemi di giunzione.
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DERIVATI ED ENERGIA: LA GESTIONE DEI NUOVI RISCHI GLOBALI
ENERGIA PER I PRESIDENTI DEL FUTURO
di Chiara Oldani
Codice, 2013, pag.370, ¤ 15,90
di Richard A. Muller
Franco Angeli, 2012, pag.167, ¤ 23,00
GREEN UP! (Come puoi fare per rendere la tua casa più amica dell’ambiente: una guida dalla A alla Z)
IL TEXANO E L’ALITALIA (Come puoi fare per rendere la tua casa più amica dell’ambiente: una guida dalla A alla Z)
di Will Anderson
di Edoardo Borriello
Orme Editori, 2013, pag.187, ¤ 12,50
Airnews International, 2013, pag.191 ¤ 10,00
Il settore energetico è un punto nodale nello sviluppo dell’economia globale. Per questo la capacità di governare i rischi da parte degli operatori, del mercato, delle imprese e delle autorità nazionali e internazionali è una condizione necessaria per garantirne la crescita e la stabilità. Nel capitolo “Energia e rischi: le sfide”, Floricel Rugiero (pubblicista ed esperta di Risk management e Risk governance) mette in rilievo come sia sempre più opportuna, se non necessaria, l’introduzione di sistemi di Risk governance idonei a garantire l’effettiva gestione dei rischi e la loro mitigazione. Chiara Oldani è pubblicista e docente di Politica economica all’Università degli Studi della Tuscia e alla Luiss.
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Quello dell’energia è un terreno delicato in cui confluiscono ecologia, politica, attualità ed economia, e dove disinformazione e strumentalizzazioni sono un rischio concreto. Sapere di cosa si sta parlando sarà quindi cruciale non solo per i futuri Capi di Stato, ma anche per tutti coloro che dovranno valutare e monitorare l’operato dei decisori politici.
Secondo l’Autore, il luogo migliore per cominciare a vivere in modo ecologico è sicuramente la casa. Le singole voci di questo manuale, in ordine alfabetico, sono scritte con linguaggio semplice e mai tecnico e sono corredate da notizie dettagliate sui costi, progettazione, installazione. Una guida, dunque, alla ricerca del vivere “verde”. Will Anderson vive in Gran Bretagna, in una casa a emissioni zero. È titolare della rubrica “Diario di un costruttore ecologista” sul quotidiano “The Indipendent”.
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Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis
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È la ricostruzione di un periodo particolare nella storia dell’Alitalia, quale è stato quello che va dal febbraio del 1994 ai primi mesi del 1996, quando – per risollevare le sorti della Compagnia – Roberto Schisano fu chiamato dalla “Texas Instruments Europe”. Poco più che cinquantenne, Schisano fu subito battezzato dalla stampa “il texano”, per i lunghi anni trascorsi nella multinazionale. Scontratosi con i piloti, nel tentativo di farli volare di più e di ridurre così una parte dei costi generali, Schisano fu revocato dall’incarico il 19 ottobre 1995, rimanendo nel Consiglio di Amministrazione, fino alla fine del mese di febbraio 1996, quando rassegnò le dimissioni. Edoardo Borriello ha scritto per le pagine di economia de “la Repubblica”, occupandosi dell’industria del trasporto aereo e delle vicende energetiche nazionali. L’illustrazione in copertina è del nostro collaboratore e collega Alessandro Buttà.
"La vita non dà spiegazioni. Da questo l’indagine dell’uomo deve partire per cogliere il senso dell’esistenza” (Giovanni Semplice)
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internet di ambiente ed energia Il più diffuso notiziario internet dedicato all’ambiente e all’energia, liberamente accessibile in rete. Sette aree tematiche che coprono tutti i settori rilevanti: l’inquinamento, i rifiuti, il riciclo degli imballaggi, le energie tradizionali e rinnovabili, le utilities, l’industria. Ogni settimana più di cento articoli di cronaca sui fatti, le novità, gli scenari italiani e internazionali. Un’area di approfondimento arricchita da interventi autorevoli di protagonisti del settore, testi di legge e documenti inediti.
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Ezra Ho ascoltato il tuo silenzio Ezra. Ho captato il tuo sguardo immobile sul mondo che cade perché non sa vedere e non sa credere ma solo ama la vanità. E ho incontrato il tuo pianto silente e mesto che come le parole non dette squarcia l’animo di chi le sa cogliere e lo dispone alla verità celata. Dov’era l’uomo Ezra quando gli mostravi il coraggio di saper pagare per le tue idee? E dov’era la grandezza di quel popolo che alzava le armi al cielo e riscuoteva il plauso dei conquistati quando la tua parola veniva internata per tredici anni in un manicomio criminale solo perché era parola diversa? Quale “usura” fu mai peggiore della tua prigionia? Ma tu ancora parli. Ancora scuoti. Ancora distruggi. Ancora inviti a pensare e a lottare per il pensiero. Il pensiero che è vento purificatore e creatore. (dedicato a Ezra Pound)
lo Smilzo
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Il tramonto della luna Quale in notte solinga, sovra campagne inargentate ed acque, là ove zefiro aleggia, e mille vaghi aspetti e ingannevoli obbietti fingon l’ombre lontane infra l’onde tranquille e rami e siepi e collinette e ville; giunta al confin del cielo, dietro Appennino od Alpe, o del Tirreno nell’infinito seno scende la luna; e si scolora il mondo; spariscon l’ombre, ed una oscurità la valle e il monte imbruna; orba la notte resta, e cantando, con mesta melodia, l’estremo albor della fuggente luce, che dianzi gli fu duce, saluta il carrettier dalla sua via (…). GIACOMO LEOPARDI, 1798-1837. (dai “Canti”, pubblicati nel 1831, 1835 e, postumi, nel 1845)
E+ Energia, letteratura, umanità
Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà
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Fo La foto di Andrea Amato
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INTERNO OTTO ROMA
LAVORIAMO PER UNA RETE PIÙ LEGGERA PER L’AMBIENTE
LAVORARE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE VUOL DIRE ANCHE TRASMETTERE ENERGIA RESPONSABILMENTE. QUESTO È L’IMPEGNO DI TERNA.
Proprietario della rete di trasmissione di energia elettrica ad alta tensione in Italia, Terna ha un ruolo unico e insostituibile per la sicurezza e la continuità del sistema elettrico italiano che svolge con un approccio sostenibile all’ambiente e al territorio. Il rispetto di Terna per l’ambiente ha portato alla firma di accordi di partnership strategica con WWF Italia per la definizione di linee guida per un maggiore livello di integrazione dei criteri ambientali nella pianificazione della rete e per la realizzazione di interventi di ripristino, mitigazione e compensazione ambientale nelle Oasi WWF toscane di Stagni di Focognano e Padule-Orti Bottagone e in quella siciliana di Torre Salsa. Con LIPU-Lega Italiana per la Protezione degli Uccelli, Terna ha invece realizzato un’innovativa ricerca scientifica sull’interazione tra linee elettriche ed avifauna. Con l’associazione Ornis italica installa cassette nido sui tralicci per favorire la riproduzione di alcune specie protette di uccelli e per consentire l’acquisizione di dati scientifici sul comportamento animale. Terna è inclusa nei principali indici borsistici internazionali di sostenibilità tra i quali il Dow Jones Sustainability Index World e Europe.
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Te r n a S . p . A . • V i a l e E g i d i o G a l b a n i , 7 0 • 0 0 1 5 6 R o m a • i n f o @ t e r n a . i t • w w w . t e r n a . i t
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Giuseppe Mannino Pittore, scultore e poeta, Giuseppe (Pippo) Mannino, siciliano di Graniti (Messina) classe 1939, racconta, attraverso il linguaggio della cultura contemporanea espresso in forme di ascendenza naif, sogni, miti e realtà sociali risolte in chiave favolistica. Quella di Mannino è una figurazione indipendente dal rapporto con le Avanguardie e con la Nuova Figurazione, caratterizzata da un recupero non banale del figurativo ricco di nuovi suggerimenti formali. La componente espressionista della sua opera tende a deformare la figura umana, profilata con sottile ironia e trasfigurata dalla seduzione dei colori, in maniera tormentata nel segno e nella materia realizzando uno stile che si colloca alla parte opposta delle mode intellettualistiche che intendono globalizzare il linguaggio dell’arte. In tutte le sue opere si scoprono meditazioni profonde che denotano un largo sentire dell’animo umano e un grande amore per la cultura intesa come bagaglio di esperienze umane. Numerose le tematiche alla base dell’attività artistica di Mannino, a partire dai “Pensieri dipinti” della fine degli anni Novanta, passando per la serie dedicata a “New York Ground Zero” (2003), nata dall’impellenza artistica data dalla violenza dell’attentato alle Torri Gemelle di N.Y dell’11 settembre 2001, per arrivare ai vari interventi in Italia e in Germania (mostre, scritti e monumento a Roma) dedicati all’eccidio delle “Foibe” (2006-2008). Da questo periodo in poi si sviluppa (nei diversi linguaggi espressivi della pittura, della scultura, della poesia, della ceramica, dell’illustrazione) la sua riflessione su uno dei personaggi più intriganti del panorama letterario e culturale europeo dell’evo moderno, “Don Chisciotte della Mancia” (da lui ribattezzato il “Cavaliere Arancione” per la preponderanza di questo colore, che per lui rappresenta l’entusiasmo, l’ottimismo, l’istintività e la creatività, in tutte le opere del ciclo), personalità e carattere a cui l’artista si sente profondamente legato e nel quale si vede/intravede un vero e proprio alter ego dell’artista.
“Il sogno della maternità di Dulcinea”, 2003 tecnica mista su tela cm. 133x75
Co Copertina a cura di Vittorio Esposito
Giuseppe Mannino
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