Elementi 45 - Dicembre 2018 - Marzo 2019

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Stefano Besseghini

L’Autorità, tutela e volano del settore energetico Gianni Girotto

Energia, sarà rivoluzione a tutto tondo Monica Frassoni

Settore energetico, evoluzione fa rima con efficienza Giuseppe Ricci

Salvaguardare le forniture d’energia e la competitività delle industrie Gioia Ghezzi

Smart City avamposto dello sviluppo sostenibile Carlo Carraro

Cambiamenti climatici? L’Italia può recitare la sua parte Massimo Inguscio

Senza ricerca non c’è innovazione

SPECIALE "ACQUA"

Periodico del GSE Dicembre 2018 - Marzo 2019

Tariffa Regime Libero - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Roma

Riduzioni emissioni: si può fare, ma servono misure serie

Elementi

Sergio Costa

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Virgolette di Romolo Paradiso

CIAO! Le parole non sono capaci di esprimere appieno un sentimento. O sono insufficienti. O sono bugiarde. Strano a dirsi per uno che con le parole ha lavorato per quasi 45 anni. E lo ha fatto con entusiasmo e passione. Ma lo ha fatto con fatica, perché ha sempre cercato di mettere in fila parole che fossero responsabili, cioè più aderenti possibile a ciò che si sente e si percepisce. Ora che sono giunto al capolinea del mio percorso lavorativo e un capitolo importante della vita si chiude, lasciare alle parole esprimere quanto sta nell’animo è arduo. Molto arduo. Facile sarebbe farsi condurre dall’esperienza e approntare un discorso di circostanza, con tanto di risultati sulla validità di un progetto come Elementi, sulla fortunata presenza dello stesso tra le riviste di settore, etc, etc. Ma ciò non appartiene al mio sentire umano prima e giornalistico poi. Quel che è stato Elementi lo lascio al giudizio degli altri, dei suoi fruitori. Io mi limito a riconoscermi fortunato. Per aver condiviso un percorso lavorativo e umano con persone che mi hanno permesso di arricchirmi dentro, oltre che professionalmente. Per aver avuto l’opportunità di esprimermi sempre con libertà su tutti i fronti, quelli

riguardanti lo specifico aziendale e quelli relativi alla cultura e all’arte, cui Elementi ha sempre dedicato ampi spazi. Libertà che mi ha concesso di mantenere alto l’entusiasmo per un lavoro che ho desiderato fare fin da bambino, quando con la macchina per scrivere, sottratta di nascosto a mio papà, mi dedicavo a redigere articoli umoristici sui miei compagni di classe e sugli insegnanti, o a narrare vicende rubate alla vita di tutti i giorni, modificate e amplificate dalla fantasia. Ma soprattutto, l’esperienza di Elementi mi ha permesso il confronto con storie e pensieri differenti. Uno stimolo all’indagine, alla comprensione di fatti e situazioni, alla conoscenza di me stesso e degli altri, viatico per un cammino di valore e senso. Nel più bel libro della Bibbia, l’Ecclesiaste (Qoelet) è scritto: “c’è un tempo per ogni cosa”. E’ una frase di saggezza e di verità. Soprattutto se del tempo vissuto non c’è rimpianto, ma solo gioia. Un sentimento che più della felicità non si estingue nell’attimo, ma rimane forte in noi e il suo riverbero non può che far ricche le giornate che verranno.

Elementi 45

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Direttore Responsabile Romolo Paradiso In redazione Gabriella Busia Maurizio Godart Collaborazione redazionale Mauro De Vincentiis Comitato di redazione Romolo Paradiso Gabriella Busia Livia Catena Maurizio Godart Claudia Imposimato Piergiorgio Liberati Luca Speziale Editing Maria Pia Terrosi Hanno collaborato a questo numero Andrea Amato Roberto Antonini Marcello Armiento Gabriella Busia Alessandro Buttà Libero Buttaro Fausto Carioti Stefania Concari Mauro De Vincentiis Vittorio Esposito Jacopo Giliberto Giacomo Giuliani Maurizio Godart Roberto Laurenti Piergiorgio Liberati Fabrizio Mariotti (la vignetta di Fama) Ilaria Proietti Claudio Ramoni Sallie Sangallo Luca Speziale

Si ringrazia per la collaborazione alla realizzazione di Elementi Adn Kronos (Prometeo) Progetto Grafico Anev Imaginali Axpo Italia Banca Intesa San Paolo Realizzazione grafica Alperia Imaginali Bartucci S.p.A Centro Documentazione Realizzazione impianti Giornalistica e stampa Cobat Palombi & Lanci s.r.l. Ef solare Italia Via Lago di Albano, 20 00010 Villa Adriana (RM) Electrade Grastim Italia Energia Foto IVPC Fototeca Elementi Fototeca Andrea Amato Pianeta Terra Punto Com Adobe stock QualEnergia Quotidiano Energia Redazione e Rinnovabili.it Amministrazione Staffetta Quotidiana Viale M.llo Pilsudski, 92 00197 Roma Tommaso Tetro Maria Pia Terrosi Elena Veronelli

Editore GSE

Elementi è distribuito presso le principali rappresentanze diplomatiche italiane all’estero.

Per le riproduzioni dei testi, anche se parziali, è fatto obbligo di citare la fonte.

In copertina “Sasha”, sepiolite, cm 21x18x11 di Massimo D’Aiuto Registrazione presso il Tribunale di Roma n.105/2001 del 15.03.2001

Chiuso in redazione il 20 novembre 2018

GSE Viale M.llo Pilsudski, 92 - 00197 Roma T +39 0680111 - F +39 0680114392 info@gse.it www.gse.it

Elementi, house organ del gruppo GSE è visibile in internet al sito www.gse.it

Elementi

Anno 2018 n. 45 Dicembre 2018 – Marzo 2019

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rubriche

03 “ Virgolette 08 P° il Punto 78 Vi Verifiche e ispezioni 90 En Elementi Normativi 92 Be Bizzarre Energie 106 Mp Mondo Piccolo 106 Fn Filo di Nota 107 Fo La foto 108 E+ Energia, letteratura, umanità 110 Bi Biblioteca 113 Co la Copertina 114 Cc Controcopertina Elementi

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primo piano

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Intervista a Sergio Costa

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Dialogo con Stefano Besseghini

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A tu per tu con Gianni Girotto

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Incontro con Monica Frassoni

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Conversazione con Giuseppe Ricci

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Confronto con Gioia Ghezzi

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Il parere di Carlo Carraro

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A colloquio con Massimo Inguscio

Riduzione CO2, si può fare, ma servono misure serie L’Autorità, tutela e volano del settore energetico Energia, sarà rivoluzione a tutto tondo Evoluzione fa rima con efficienza Salvaguardare le forniture d’energia e la competitività delle industrie Smart city, avamposto dello sviluppo sostenibile Cambiamenti climatici? L’Italia può recitare la sua parte Senza ricerca non c’è innovazione

Speciale

38 Acqua, cosa occorre perché sia oro blu energia

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Parla Paolo Mosa

La rivoluzione del biometano

49 TED e ASSIST, soluzioni alla povertà energetica


mercato energetico

51 Geotermia, 100 anni e non dimostrarli 54 Identità e linguaggio nuovi

86 La sostenibilità regina del mercato

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arte e architettura in luce

per comunicare la transizione energetica Dialogo con Simone Togni

L’importanza dell’eolico italiano

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Il pensiero di Paolo Rocco Viscontini

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Il punto di vista di Claudio Spinaci

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Intervista a Mariarosaria Barbera

Ostia, lì dove la storia scorre

Rendiamo il solare competitivo Servono regole chiare e certe

energia del pensiero

100 energia rinnovabile

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A tu per tu con Fabio Bocchiola

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Conversazione con Vittorio Chiesa

Favola di Natale

Nel paese che parla col cielo

Settore energetico? Ecco cosa c’è da fare Rinnovabili, c’è una sfida da vincere

74 Biometano, opportunità per economia e ambiente

76 Giganti Hi-tech vestiti di verde energia e ambiente

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Colloquio con Antonello Ciotti

Il valore della plastica

84 Edilizia digitale amica dell'ambiente

Sommario

So


Transizione energetica, è la sfida I segnali della transizione sono come pezzi degli scacchi distribuiti a metà di una sfida sulle caselle bianche e nere della tavola energetica. L’alfiere, la torre, il pedone, la regina e così via. Tutti gli elementi sono visibili, ma solamente uno stratega esperto saprà predirne le mosse future e la tendenza che ne verrà. Oggi cavallo, pedone e re sono gli incentivi, l’eolico, i biocarburanti, le tecnologie di stoccaggio, i prosumer, l’Accordo di Parigi, l’industria dell’automobile, la Cina, i movimenti ambientalisti, le compagnie petrolifere, i produttori elettrici, i consumatori e così via: è evidente a tutti che sta accadendo un mutamento radicale dello scenario, ma ben pochi riescono a immaginare con precisione le mosse in arrivo e la piega finale che prenderà

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Elementi 45


la partita energetica. Sono questi alcuni dei temi sfidanti su cui lavoreranno nei prossimi anni i nuovi vertici delle maggiori istituzioni energetiche italiane, come il collegio dell’autorità dell’energia Arera e come il Cda del Gse nominato a metà ottobre. Si dovrà ragionare a partire da un indicatore importante della transizione energetica: è il cosiddetto “disaccoppiamento” fra energia e produzione. Dai tempi di James Watt e del telaio a vapore, fino a pochi anni fa la produzione (il Pil, la ricchezza e così via) era un dato incollato - quasi a carta carbone e fotocopia – con il consumo di energia. Una proporzione diretta. La transizione della tecnologia sta cambiando lo scenario in modo radicale per le aziende e per i consumatori e ha scollegato la relazione proporzionale fra energia, emissioni e produzione. Nel periodo 1990-2016 la crescita delle emissioni italiane è stata più lenta di quella dell’economia, allontanandosene per la prima volta. Hanno giocato un ruolo fondamentale l’abbandono dei combustibili ad alto contenuto di carbonio, come carbone e il petrolio, che sono stati sostituiti dal metano, cambiamento avvenuto soprattutto nel settore della produzione di energia elettrica e nell’industria, l’efficienza e soprattutto e la corsa furiosa dell’energia da fonti rinnovabili. Il quadro è abbastanza delineato per alcuni segmenti del settore energetico. Per esempio, nella produzione di elettricità è evidente la tendenza a ridurre il carbonio facendo ricorso a combustibili più leggeri e meno impattanti, e a trasferire la produzione verso tecnologie rinnovabili. Ma dove invece il cambiamento chiederà più compromessi? Un cenno arriva dall’Agenzia internazionale dell’energia, Aie, l’organizzazione dell’Ocse con sede a Parigi. A metà ottobre l’Aie ha presentato uno studio sulle fonti rinnovabili in cui gli esperti hanno prefigurato una fortissima crescita delle cosiddette bioenergie moderne. Il motivo della crescita futura dei biocarburanti e dei biocombustibili è il contributo che queste fonti energetiche potrebbero dare per superare le inerzie della tecnologia. La frase che ho appena scritto “superare le inerzie della tecnologia” è astratta e ora dall’enunciato teorico eccone l’esempio pratico. In buona parte del mondo e per molti comparti economici non è ancora possibile quel disaccoppiamento fra produzione ed emissioni che è già evidente nell’elettricità. Mentre si può immaginare che a Copenaghen, a San Francisco o a Milano presto vedremo un traffico di veicoli elettrici, tuttavia l’inerzia tecnologica farà sì che ancora per molti anni in gran parte del mondo i camion, le auto e le motorette con motore a cilindri e pistoni continueranno a digerire combustibili liquidi. E lo stesso varrà per caldaie e bruciatori. Come vincere questa inerzia tecnologica data dalla persistenza di strumenti obsoleti e rendere così sostenibile la mobilità, o il riscaldamento invernale, non solo a miliardi fra cinesi, indiani, africani, sudamericani, ma anche a milioni di italiani? Ecco la risposta: la benzina all’alcol, il biodiesel, il biometano daranno un contributo a superare l’inerzia tecnologica, daranno energia sostenibile anche a chi continuerà a usare tecnologie più vecchie. Come si colloca l’Italia in termini di efficienza energetica e di passaggio tecnologico? Secondo un’analisi condotta dall’Ispra, l’Istituto superiore di protezione e ricerca sull’ambiente, quello italiano è uno dei sistemi

energetici più efficienti d’Europa e a minor impatto ambientale in termini di emissioni di gas serra. Un risultato importante soprattutto se si considera che il confronto ha compreso molti paesi europei nei quali si ricorre ancora in modo rilevante all’energia nucleare, tecnologia che non emette CO2. Secondo lo studio “Emissioni nazionali di gas serra: indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali Paesi Europei” l’Italia ha spinto a partire dal 2007 il pedale dell’acceleratore nell’uso di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico, fotovoltaico, solare termico, geotermico, eolico, bioenergie e rifiuti rinnovabili), portando nel 2016 la quota nazionale al 17% contro la media europea di poco superiore al 13%. Alta l’efficienza: l’intensità energetica, espressa in termini di consumo interno lordo di energia per unità di Pil, è tra le più basse nei principali Paesi europei, 98,50 tep contro 118,62 tep dei Paesi dell’Unione Europea nel 2016, mentre l’energia disponibile per i consumi finali nazionali costituisce il 78% dell’energia primaria contro il 72% della media Ue. Sul solo aspetto industriale, le emissioni di gas serra per unità di valore aggiunto collocano l’Italia a 259 tonnellate di CO2 per milione di euro contro una media europea di 306 tonnellate per milione di euro di valore aggiunto. Peggiore invece il terziario, dove l’emissione per milione di euro di valore aggiunto è pari a 23 tonnellate di CO2 contro le 19 tonnellate di media Ue.

P° il Punto di Jacopo Giliberto

Elementi 45

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primo piano Riduzione emissioni

Si può fare, ma servono misure serie INTERVISTA A SERGIO COSTA Ministro dell’Ambiente

Sergio Costa - Ministro dell'Ambiente

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Così risponderemo alle infrazioni europee in atto. Al Consiglio dei ministri Ue, a Lussemburgo, ho proposto che l'Europa renda vincolante l'obiettivo di riduzione del 15% delle emissioni di CO2 nel settore automobilistico, già previsto dalla Commissione europea per il 2025, aumentandolo al 30% al 2028 e arrivando a un taglio del 40% al 2030. Va eliminato il sistema dei crediti ai produttori, che alla lunga incentiva a inquinare.

di Elena Veronelli

Obiettivo: decarbonizzare e defossilizzare la produzione e la finanza promuovendo l’economia circolare. Come? Lo spiega in questa intervista il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. E: Ministro, lei ha annunciato un disegno di legge che metta insieme il raggiungimento dei nuovi obiettivi Ue sulle rinnovabili e l'efficienza, e l'economia circolare. Può anticiparci più nel dettaglio di cosa si tratta? SC: La sfida culturale con cui i cittadini sono chiamati a misurarsi mette in discussione i parametri sociali, economici e ambientali che hanno dominato il nostro quotidiano, a volte a torto. L’economia circolare, anziché lineare, è la chiave per investire su parametri nuovi, con l’obiettivo nel medio-lungo periodo di raggiungere il traguardo rifiuti zero e rivedere le misure di contrasto all’inquinamento. Nel contratto di governo c’è l’impegno a decarbonizzare e ‘defossilizzare’ la produzione e la finanza promuovendo l’economia circolare: tra i nostri impegni prioritari in questo periodo c’è quello di approntare il prima possibile i decreti cosiddetti Zero Waste, per facilitare l’economia circolare e poter finalmente considerare il rifiuto come materia prima. Gli uffici del ministero ci stanno lavorando.

> Elementi 45

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E: Uno dei compiti cruciali per il governo è la messa a punto del Piano Energia Clima. Sarà possibile un lavoro corale tra i ministeri, mettendo insieme una politica ambientale, dello sviluppo economico e dei trasporti? SC: Gli obiettivi Ue sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, insieme al programma di decarbonizzazione del governo che naturalmente terrà conto degli impegni presi con l’accordo di Parigi, guideranno la predisposizione del Piano Clima Energia. Come ha affermato il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, il Piano conterrà lo scenario base, gli obiettivi al 2030 e una proiezione al 2050, la stima di impatto delle misure individuate e, soprattutto, un piano integrato di politica climatica e sviluppo industriale, basato su rinnovabili, efficienza energetica e reti intelligenti. E: Il ministero vuole rivedere la Strategia energetica nazionale. Quali sono i limiti attuali? Cosa bisogna migliorare? SC: La Sen è strettamente connessa al Piano Clima Energia e, quindi, anche in questo caso, la concertazione con il ministero dello Sviluppo economico è determinante per raggiungere il migliore dei risultati possibili. Ci sono alcune cose da rivedere: per esempio, l’ultima Strategia energetica nazionale non dava molto spazio all’efficienza energetica rispetto ad altri interventi. Riteniamo necessario, inoltre, valutare soluzioni più efficaci per la promozione e l’incentivazione dell’efficienza energetica sia nel settore industriale sia in quello residenziale. La progressiva riqualificazione del patrimonio edilizio è un passaggio inevitabile per raggiungere i target previsti per il 2030. In questo senso l’ecobonus si presenta come uno strumento chiave. E: Ce la faremo veramente a raggiungere gli obiettivi prefissati sulla riduzione delle emissioni? Ovvero -15% al 2025, -30% al 2028, -40% al 2030? SC: Bisogna pensare a una programmazione seria di iniziative concrete e praticabili per ridurre le emissioni, anche per contrastare l’inquinamento nelle nostre città: è un tema che vede la nostra azione concertata con il Ministero dei Trasporti che su alcune azioni specifiche ha a disposizione fondi molto più consistenti. Un’ipotesi allo studio degli uffici tecnici

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sarà sbloccare le risorse per mettere in moto un fondo rotativo della Cassa depositi e prestiti per acquistare autobus elettrici, con tutte le necessarie infrastrutture per rifornirli e farli circolare, e concederli ai Comuni più in difficoltà sul fronte dello smog, che purtroppo sono tanti, specialmente nelle grandi aree metropolitane e nella Pianura padana. Progettare concretamente e con una visione di ampio respiro ci farà anche rispondere alle infrazioni europee in atto. Al Consiglio dei ministri Ue, a Lussemburgo, ho proposto che l'Europa mantenga, facendolo diventare vincolante, l'obiettivo di riduzione del 15% delle emissioni di CO2 nel settore automobilistico, già previsto dalla Commissione europea per il 2025. Ma poi si deve accelerare, aumentandolo al 30% verso il 2028 e arrivando a un taglio del 40% al 2030. Inoltre, abbiamo proposto di eliminare il sistema dei crediti ai produttori, che alla lunga incentiva a inquinare. Se l'Europa compirà questo sforzo di ambientalizzazione del settore dell'auto, porterà a casa anche un incremento dei posti di lavoro in un comparto innovativo. E: Secondo l'edizione 2018 dell'International Energy Efficiency Scorecard redatto dall'ACEEE (American Council for an Energy-Efficient Economy), l'Italia ha ottime performance nell'efficienza energetica. Il problema sono i trasporti. Cosa intende fare il ministero su questo fronte? SC: Puntare sulla mobilità sostenibile, come dicevo prima, è fondamentale per ridurre, fino all’eliminazione, i fattori inquinanti e contribuire alla grande battaglia contro il cambiamento climatico attraverso la leva di uno sviluppo diverso, basato sulle politiche verdi. Nello specifico, è nostra intenzione avviare un percorso finalizzato alla riduzione graduale dell’uso degli autoveicoli a diesel o benzina, incentivare l’acquisto di veicoli ibridi ed elettrici, rafforzare la presenza di infrastrutture di ricarica dei mezzi elettrici e ibridi, incentivare lo sviluppo delle reti ciclabili e del bike sharing integrato con il trasporto su ferro e gomma, ammodernare le linee ferroviarie locali. Anche in questo caso, il lavoro sinergico con il Ministero dei Trasporti sarà determinante.


IL TREND MONDIALE Le emissioni di anidride carbonica nel mondo 1980 - 2019, in miliardi di tonnellate metriche. Variazioni % sul 2005

+20

35

+12

+21

+22

+23

+15

30

Resto dell’Asia

25

India

20

Cina

15 Europa ed Eurasia

10

5 Stati Uniti 0 1980

1985

1990

1995

2000

2005

2010

2015

2016

2017

2018

2019

Fonte: U.S. Energy Information Administration

E: Quanto sono importanti gli enti locali per la difesa dell’ambiente e del territorio? Come si possono coinvolgere maggiormente? SC: È proprio tra i miei obiettivi migliorare il coordinamento con tutti i livelli di governo, armonizzando i rapporti tra lo Stato e le pubbliche amministrazioni e rafforzando le autonomie e i presidi territoriali più efficienti e i modelli più avanzati e rispettosi dell’ambiente. Bisogna valorizzare le professionalità migliori: le buone idee e i migliori risultati camminano sempre sulle gambe delle persone.

SC: Stiamo ripensando il ministero dell’Ambiente come amministrazione pubblica, nell’ottica di valorizzare il personale in servizio ma anche di potenziare il dicastero con un grande concorso pubblico perché, in più di trent’anni, non ne sono mai stati banditi. Il 1° settembre è entrato in vigore il ‘Decreto trasparenza’, con il quale abbiamo voluto istituire l’Agenda pubblica degli incontri con i portatori di interesse: tutti gli incontri che riguardano me, i miei collaboratori, i sottosegretari, i direttori generali con rappresentanti di soggetti giuridici, pubblici o privati, consorzi, associazioni, comitati di cittadini e così via saranno pubblicati sul sito del ministero. La casa dell’ambiente diventa così una casa di vetro.

E: Tra gli obiettivi c’è anche quello di far sì che il ministero dell’Ambiente funga da volano per lo sviluppo del Paese, per l’economia e per l’occupazione. Tuttavia ci sono delle difficoltà, come ad esempio il personale ridotto. Come vi state organizzando?

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primo piano

L'AutoritĂ , tutela e volano del settore energetico DIALOGO CON STEFANO BESSEGHINI Presidente ARERA

di Roberto Antonini

Stefano Besseghini - Presidente ARERA

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Il “consumatore” si è evoluto: ora oltre a consumare energia la produce, la autoconsuma, la scambia e la immagazzina, e il mercato digitale che si sta profilando non sarà quello che conosciamo. Il Presidente ARERA Stefano Besseghini si trova a guidare un organismo, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, che proprio su questa mutazione vigila per rispondere alle esigenze degli utenti. Di questo e altro ha parlato con ‘Elementi’. E: È alla guida di una istituzione molto importante del nostro Paese, che - in questa fase così densa di transizione e cambiamento che interessa il settore energetico, dei rifiuti e idrico - sarà chiamata a un ruolo chiave di supporto al Parlamento nel contesto di importanti processi di decarbonizzazione e digitalizzazione in atto. Qual è e quale sarà il suo approccio a questo incarico? SB: Ritengo che l’Arera debba puntare a un quadro di leale e forte collaborazione, perché lo scenario imprenditoriale, tecnologico e istituzionale con cui ci confrontiamo è complesso e in continuo movimento. Solo una stretta collaborazione, ciascuno nel proprio ambito di competenze, permetterà di sviluppare un’azione efficace per far crescere il mercato e tutelare i consumatori. La regolazione deve mettere a disposizione la propria competenza e capacità di analisi anche per identificare le linee guida complessive del sistema, a cominciare dalla prossima redazione del Piano energia clima che il Governo deve stilare entro fine anno. Inoltre, partendo dalla visione di carattere generale propria dell’indirizzo politico, l’Autorità è poi in grado di darvi effettiva attuazione con il dettaglio regolatorio di natura tecnico strumentale. E: Lei viene dalla ricerca, ed è dotato di sensibilità sia tecnica che regolatoria nel settore: che tipo di regolazione, quale filosofia, intende applicare? Quanto è importante l’innovazione e come va seguita e inseguita? SB: Credo che l’aver operato nel settore della ricerca e dell’innovazione mi permetta di cogliere con maggiore consapevolezza il contributo che viene della tecnologia. Fare ricerca e innovazione nell'energia oggi è uno sforzo che non può ridursi a una visione verticale di un tema, bisogna invece vedere il settore energetico nel suo complesso e nella sua capacità di integrazione e sinergia. In questo modo si può essere pronti ad utilizzare soluzioni tecnologiche che possono arrivare da ambiti anche lontani da quello di destinazione.

Ha parlato di “un certo positivo strabismo” tra il breve termine e il medio-lungo periodo per comporre un quadro coerente di regolazione. Come pensa di dar corpo a questa lodevole intenzione? Quali i limiti e le difficoltà che si incontrano in questo sforzo? SB: Occorre affrontare i problemi che un settore in rapido cambiamento pone, tenendo d’occhio la sua evoluzione di lungo periodo ed alcuni principi di fondo. In questo senso parlo di strabismo. Resistere alla tentazione di risolvere elementi puntuali favorendo approcci più ampi è quindi un primo modo per darle corpo. I limiti e le difficoltà sono soprattutto legati al fatto che l’urgenza della contingenza spesso forza soluzioni non ottimali e questo sarebbe da evitare. La ricaduta di medio periodo di un approccio di questo tipo è una delle principali indicazioni che di solito viene dagli operatori del settore e cioè la stabilità regolatoria. E: Il consumatore è l’oggetto della tutela dell’Autorità, così come lo sono assicurare il buon funzionamento del mercato e una regolazione efficace. Come è cambiato questo consumatore? SB: Già parlare di consumatore forse tradisce un vecchio inquadramento tassonomico. Oramai il consumatore non è più un monolite passivo che riceve energia elettrica, gas o acqua e la consuma. Siamo ormai in presenza di soggetti che consumano, sì, ma lo fanno in modo più consapevole e differenziato tra loro e spesso diventano soggetti attivi che producono energia, la autoconsumano, la scambiano, la immagazzinano. La digitalizzazione del mercato elettrico, per esempio, porterà cambiamenti più rapidi di quanto immaginiamo. In futuro la profilazione degli utenti sarà così importante che qualcuno ha definito i dati come 'the oil of the future'.

> Elementi 45

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E: Nuovi incentivi alle rinnovabili: il lavoro è in corso, quali sarebbero le caratteristiche da introdurre nel sistema incentivante? Come non farli pesare troppo in bolletta? Crede nel loro inserimento nella fiscalità generale?

E: La sua consiliatura sarà pienamente investita da due nuovi temi, due nuovi settori, recentemente aggiunti alle vostre competenze: acqua e rifiuti. Come affronterà questi due impegni?

SB: Certamente il miglior incentivo è sempre quello che non si dà perché la sua virtuosità è sempre molto difficile da ottenere, dovendosi destreggiare tra intensità e durata e per gli inevitabili effetti distorsivi ad esso connaturati, soprattutto quando le tecnologie non sono ancora mature e si vogliono dare segnali di accelerazione in qualche direzione. Credo che questo ambito sia un buon esempio di quanto dicevo prima in merito al positivo strabismo. Trattenersi da improvvise accelerazioni o brusche decelerazioni, come abbiamo visto in passato, è forse il principale obiettivo. Gradualità, osservabilità degli effetti e strumenti di modulazione degli incentivi dati sono strumenti utili per governare con attenzione un meccanismo delicato. Abbiamo poi un problema di oneri che complessivamente abbiamo accumulato nel tempo e che condizionano le scelte che possiamo fare. Il loro peso non è solo avvertito dalla limitazione che impongono a riutilizzare lo stesso strumento, ma anche dagli effetti che inducono sul mercato elettrico comprimendo l’appetibilità del mercato libero e complicando la vita degli operatori, ben al di là delle intenzioni del legislatore. Non dico nulla di nuovo, ma certamente i tempi sono maturi perché a tutto questo si trovi una soluzione.

SB: Se energia elettrica e gas sono settori adulti, l’acqua è in una fase che definirei ‘adolescenziale’ e i rifiuti al primo vagito. L’attività di regolazione dei nuovi settori sarà impostata secondo un quadro metodologico coerente con quello degli altri settori già regolati da Arera. Ci muoveremo di conseguenza studiando, costruendo elementi di competenza e attingendo per quanto possibile alle best practice dei settori di regolazione più maturi. Gli obiettivi restano gli stessi: favorire l’industrializzazione e i processi, l’efficienza, lo sviluppo della concorrenza, la qualità e uniformità del servizio, sempre a tutela del consumatore.

E: C’è poi il tema della fine del mercato tutelato: è stata nuovamente rinviata ma arriverà. Quale situazione si troverà di fronte il consumatore? A suo giudizio il mercato è pronto, a livello di offerte, a garantire scelte informate e convenienti? SB: Il superamento della tutela è un tema a metà tra regolazione e politica. Bisogna considerare le diverse tipologie di clienti, perché ciascuno ha caratteristiche e livelli di consapevolezza differenti e, quindi individuare misure ad hoc per loro, per il loro empowerment, per migliorare la trasparenza nelle condizioni contrattuali. Ma bisogna anche tenere presenti fattori che prescindono dal regolatore, come la rapida digitalizzazione, che oggi consente a un cliente di cercare l’offerta migliore sul nostro Portale Offerte, ma che domani probabilmente gli consentirà di essere ‘raggiunto’ dalle migliori offerte elaborate dagli algoritmi in base al suo stile di consumo.

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primo piano

Energia, sarĂ rivoluzione a tutto tondo A TU PER TU CON GIANNI GIROTTO Presidente Commissione Industria del Senato

di Roberto Antonini

Gianni Girotto - Presidente Commissione Industria del Senato

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Un percorso e un progetto politico delineati sin dall’inizio e che hanno nella promozione - anche intransigente – delle rinnovabili e della transizione energetica un elemento centrale. È quello che ha portato il Movimento 5 stelle ad essere il primo partito in Italia. Gianni Girotto da senatore ha sempre rappresentato le istanze del cambiamento energetico e non solo nella Commissione Industria di Palazzo Madama. Oggi è presidente dello stesso organismo parlamentare. E ora come si procede? Dal Senato Girotto ha accettato di parlarne con ‘Elementi’. E: È alla guida di una commissione molto importante, la Industria del Senato, il coronamento di un impegno dal basso durato anni. Come cambia la prospettiva una volta alla guida di un organismo così importante? GG: La prospettiva non è cambiata. La visione e gli obiettivi rimangono gli stessi. Sono maggiori le responsabilità e gli impegni che sono rivolti a settori economici strategici che coinvolgono tutte le attività produttive con ricadute in una molteplicità di ambiti. Sicuramente è un'esperienza politica estremamente interessante che rispetto alla scorsa legislatura offre più strumenti per incidere nel dibattito parlamentare che devono essere utilizzati nella massima trasparenza e tenendo presente le sensibilità delle diverse anime che compongono la Commissione. E: L'energia – pulita, rinnovabile, sostenibile, condivisa – è uno degli atout M5S, una delle 'stellÈ. Ora, al governo, si può finalmente passare a 'farÈ le cose. Quali le sue priorità? GG: Siamo impegnati nella costruzione di un modello energetico rinnovabile, efficiente e decentrato nel quale deve essere garantita la concorrenza e la partecipazione nel mercato dell'energia sia dal lato dell'offerta che della domanda con lo spostamento dei consumi verso il settore elettrico anche con la diffusione e il sostegno per l'impiego dei veicoli elettrici. Nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza è indicata la volontà di stabilizzare l'ecobonus per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. Stiamo lavorando per inserire altri interventi nella manovra al fine di favorire la decarbonizzazione. In Commissione abbiamo un Affare Assegnato sul sostegno alle attività produttive tramite l'autoconsumo di energia che si concluderà con una iniziativa legislativa. Stiamo seguendo anche con attenzione il confronto che si sta aprendo sul raggiungimento degli obiettivi europei per il 2030 e i diversi strumenti di pianificazione compreso il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima. E: Il rapporto con la base, con i cittadini, la raccolta e l'ascolto delle loro idee e bisogni, è il cuore della vostra offerta politica. Come si declina da presidente di Commissione questo ascolto? Quali saranno le differenze che vorrà marcare con chi l'ha preceduta?

tenere un dialogo con le parti interessate. Abbiamo un confronto continuo con gli stakeholders sui diversi temi. Gli strumenti della Commissione ci permettono di tenere questo dialogo attraverso audizioni specifiche o consultazioni dirette online. Rispetto alla Commissione precedente proveremo ad avere una maggiore attenzione allo sviluppo di economie locali che spesso sono state represse da grandi progetti industriali che hanno lasciato in molti casi anche devastazioni. Pensiamo alle aree industriali da mettere in sicurezza e da bonificare che spesso ostacolano ogni altro tipo di sviluppo su quei territori. Anche in Italia abbiamo alcune buone pratiche di riconversione delle aree degradate in veri gioielli innovativi nell'economia circolare. E: Passando a fatti concreti, ecco il decreto Rinnovabili. Che cosa è successo? Che cosa succederà? Come vi muoverete? GG: Il Decreto non sarà l'unico provvedimento che sarà adottato per raggiungere gli obiettivi europei ma farà parte di una strategia più complessiva che dovrà essere indicata entro dicembre nel Piano Nazionale per l'Energia e il Clima, nel quale saranno contenute anche le misure necessarie. Dobbiamo recepire le direttive comunitarie che riguarda il pacchetto ‘Energia pulita per tutti gli europei’ ad iniziare dalla direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili. L'allarme lanciato dagli scienziati del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) alla politica affinché intervenga con "misure senza precedenti" e trasformazioni "rapide" in settori come l'energia, l'industria e le infrastrutture per limitare il surriscaldamento a 1,5 gradi centigradi non deve essere sottovalutato. Dobbiamo lavorare quotidianamente per rispondere concretamente al monito lanciato dagli scienziati sapendo cogliere le enormi opportunità che il processo di trasformazione può offrire nella tutela dell'ambiente, della salute e nello sviluppo di nuove tecnologie innovative per superare i rischi e i costi determinati dal cambiamento climatico in atto. E: Viene valutato positivamente l'incentivo per il fotovoltaico sui tetti al posto dell'amianto, ma si ritiene sia troppo basso: verrà aumentato?

GG: Per prendere scelte razionali e funzionali è necessario

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GG: Certo. Con 700 MW potranno essere sostituite molte superfici di amianto che sarà bonificato. I ministeri dello sviluppo e dell'ambiente hanno già espresso la decisione di voler concedere l'incentivo su tutta l'energia prodotta. Siamo fiduciosi che in tal modo si raggiunga il giusto sostegno per far funzionare il meccanismo. E: Abbiamo invece una grossa e interessante possibilità, purtroppo poco nota, per il fotovoltaico sui tetti dei condomini: ce la spiega? GG: Alcuni studi descrivono la possibilità di realizzare circa 25 GW di autoconsumo da fotovoltaico al 2030 di cui poco meno della metà del potenziale è riferibile a consumi civili, grazie all’allargamento del perimetro di autoconsumo ai condomini. La stima parte dai dati ISTAT, superfici utili su coperture domestiche comprese tra 20.000 e 30.000 ettari (già al netto di aree vincolate, spazi non asservibili, eccetera). Attualmente il quadro regolatore presente ostacola gran parte dello

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sviluppo del potenziale. La normativa seppur obbliga il riconoscimento del permesso di costruire per i nuovi edifici ad avere una quantità di energia prodotta da un impianto fotovoltaico, ne limita di fatto l'impiego non essendo possibile cedere l'energia prodotta ai condomini stessi se non limitatamente alle parti condominiali. È vietata anche la possibilità di acquistare energia prodotta dal tetto del vicino. Tali ostacoli normativi verranno rimossi con legge nel recepimento della direttiva sulle rinnovabili che considera la possibilità di realizzare queste configurazioni di impianti. Con “l'Affare Assegnato” che stiamo svolgendo in Senato, abbiamo aperto un ampio confronto per arrivare a tale risultato.


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primo piano Settore Energetico

Evoluzione fa rima con efficienza INCONTRO CON MONICA FRASSONI Presidente della European Alliance to Save Energy (EU-ASE)

Monica Frassoni - Presidente della European Alliance to Save Energy

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di Roberto Antonini


E: Questa narrativa ‘poco sexy’ sugli effetti positivi dell’efficienza rischia di essere spiazzata da quella allarmista sui costi. MF: Che l’efficienza energetica costi - una narrativa diffusa e utilizzata meno a livello di Bruxelles e più invece tra gli Stati membri – non esiste. Stiamo parlando di una delle misure nel campo delle tecnologie pulite più cost effective: per ogni euro investito ne tornano tre in termini di risparmio e di costi legati agli impatti sanitari evitati. Non è solo risparmio, non è solo tutela dell’ambiente, l’efficienza energetica è un driver di crescita che mette insieme diversi settori economici e sociali propiziando un rilancio trasversale. Siamo poi in una congiuntura positiva da un punto di vista normativo che sarebbe davvero un peccato non cogliere. Monica Frassoni, già europarlamentare dei Verdi, presidente della European Alliance to Save Energy (EU-ASE), associazione costituita dalle principali multinazionali europee di settore, da un gruppo trasversale di politici europei e da associazioni che promuovono l’efficienza energetica in tutta Europa, ne parla con ‘Elementi’. E: L’efficienza energetica non è solo una misura salva-clima e salva-portafoglio, per così dire, è l’invito a uno stile di vita più sostenibile. MF: Concordo con questa visione. L’unico problema dell’efficienza energetica è che non è sexy, non è visibile, non ci sono nastri da tagliare. L’efficienza energetica non la vediamo ma rappresenta un settore orizzontale che tocca tantissimi aspetti della nostra vita, non solo quelli energetici, e determina molteplici benefici in campi diversi. Per esempio il comfort abitativo, la qualità dell’aria, la qualità del costruito. Incarna un’agenda di progresso scientifico, economico, sociale, ambientale, che è anche innovazione: dove ci sono alte percentuali di efficientamento energetico ci sono anche grandi livelli di avanzamento tecnologico. Le aziende più efficienti sono le più sane, più all’avanguardia, più innovative.

E: Sullo sfondo il grande tema della decarbonizzazione. MF: L’efficienza energetica è essenziale per la decarbonizzazione, se vogliano essere net zero al 2050 come ci chiede l’Accordo di Parigi. Altrimenti non ci riusciamo in quanto l’efficienza permette anche una maggiore penetrazione delle rinnovabili e favorisce l’elettrificazione. E: In Italia abbiamo il parco edifici più vecchio d’Europa: a chi più di noi converrebbe impegnarsi? MF: È vero. Noi abbiamo 2/3 degli edifici costruiti prima che fosse emanata qualsiasi legge sul risparmio energetico. I consumi delle nostre case sono superiori del 30-60% alla media europea e lo stesso per i prezzi dell’energia, gas e elettricità; inoltre abbiamo il problema della povertà energetica con il 10-15% di famiglie che non riescono a riscaldare adeguatamente le proprie case. A questo si aggiunge che importiamo come Paese circa 35 miliardi di euro in energie. Date queste premesse, se guardo al parco immobiliare italiano è assurdo non considerarlo come una infrastruttura energetica. I nostri edifici consumano circa il 40% dell’energia finale dell'Italia. Un grande programma di riqualificazione energetica degli edifici che riducesse tali consumi avrebbe di conseguenza un impatto economico ed energetico molto significativo per il paese.

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E: Un’infrastruttura energetica?

E: Insomma, lo scopo è giusto e l’occasione propizia.

MF: Se riuscissimo a risparmiare anche la metà di quel 40% di energia finale che consumiamo come Paese, in media europea ogni anno, è evidente l’impatto che ciò potrebbe avere sull’import energetico, sul miglioramento della qualità della vita e degli edifici. Soprattutto ci sarebbe uno stimolo al settore edilizio che è trainante. Una riqualificazione - profonda - del nostro costruito dovrebbe essere al centro della nostra agenda economica.

MF: Ci sono anche altri riflessi più articolati che incidono sulla struttura socioeconomica del Paese. In Italia, così come nel resto dell’Europa, ormai si è passati dal green value di un edificio sostenibile al brown discount di uno inefficiente. Non si efficienta la casa solo perché valga di più, si deve efficientare perché non perda valore e questo, in un Paese con tanta proprietà immobiliare, è un tema importante. Abbiamo proprietà che non vengono riqualificate e si stanno svalutando e ciò è un danno per il cittadino. Si tratta di un tema di politica economica che si lega anche alle politiche sociali.

E: I numeri danno ragione a un tale impegno. MF: Abbiamo analizzato il peso del comparto rinnovo del patrimonio esistente sul totale del valore della produzione delle costruzioni tra il 2006 e il 2016: questo ambito è cresciuto del 30%, mentre il settore edilizio in generale è rimasto fermo ai livelli della crisi 2008. Insomma, il comparto rinnovo è l’unico che cresce e limita in parte gli effetti negativi sull’edilizia. Dobbiamo assolutamente sostenere a livello governativo e di stakeholder un grande piano di riqualificazione del patrimonio edilizio non solo perché ci serve, ma anche perché abbiamo il contesto normativo adatto. Abbiamo la direttiva europea sulla performance energetica degli edifici e la direttiva sulle efficienza energetica post 2020, due direttive importantissime che dovranno essere recepite nei prossimi 20 mesi , e trasposte in maniera adeguata. Abbiamo l’Accordo di Parigi che ci pone nel contesto di obblighi internazionali che chiedono di ridurre le emissioni. Abbiamo la governance Ue con il regolamento che introduce per la prima volta nel sistema normativo europeo il concetto di ‘energy efficiency first’. Siamo in una fase di negoziazione del nuovo Multi annual financial framework (MFF) il piano dei fondi Ue 2021 - 2027, risorse da veicolare verso questo settore ad alto potenziale. E allora, se non pensiamo adesso a un grande e ambizioso piano di riqualificazione degli edifici, quando lo facciamo?

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E: Però c’è il problema del finanziamento dell’efficienza energetica, ad esempio nel sistema pubblico e degli enti locali. MF: È un non problema. Si può lavorare a schemi innovativi. Ad esempio sono state riviste le linee guida per la rendicontazione dei contratti di rendimento energetico nelle pubbliche amministrazioni. Eurostat ha deciso, con la Banca europea degli investimenti, che finalmente le amministrazioni locali possono iscrivere fuori bilancio gli investimenti in efficienza energetica fatti attraverso il meccanismo dell’Energy Performance Contracting (EPC) con un progetto di efficientamento proposto da una società di servizi energetici, una Esco (Energy service company). È una cosa importantissima perché significa che i Comuni, sempre al limite con il budget, ora possono sforare il patto di stabilità europeo e fare investimenti, che però arrivando dal privato vengono iscritti fuori bilancio, cosa prima non consentita. Una misura chiave per rilanciare il mercato delle Esco. Non solo, ci sono anche tante iniziative (tra le quali il progetto EEMAP) sostenute dall’Unione Europea che lavorano allo sviluppo dei mutui verdi. In sostanza, le banche cercano di capire come inserire vantaggi e maggiore capienza purché si mettano in campo interventi di efficientamento energetico. Questo perché riducendo i costi energetici si avrebbero più soldi in tasca risultando meno a rischio default.


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primo piano Decarbonizzazione sì, ma…

Salvaguardare forniture d'Energia e competitività delle industrie CONVERSAZIONE CON GIUSEPPE RICCI Presidente di Confindustria Energia

Giuseppe Ricci - Presidente di Confindustria Energia

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La giusta politica energetica passa per la neutralità tecnologica, lasciando il mercato libero di scegliere le soluzioni più efficienti. È la strada indicata da Giuseppe Ricci, Presidente di Confindustria Energia, che chiede a governo e parlamento un approccio alla decarbonizzazione non penalizzante per le industrie italiane.

di Fausto Carioti

E: Presidente Ricci, in tema di energia il “cambiamento” promesso dal nuovo governo ancora non si è visto. Cosa si attende Confindustria Energia da questo esecutivo? GR: L’Italia, nel quadro della trasformazione energetica, ha già intrapreso il percorso verso la decarbonizzazione, rendendo possibile il raggiungimento in anticipo degli obiettivi fissati dalla UE per il 2020. La filiera energetica nazionale è già molto efficiente, impiega tecnologie che sposano bene il principio di sostenibilità ambientale e si sta concentrando nella creazione

di sinergie con altri comparti industriali per svilupparne di nuove. Nel breve termine sarà essenziale poter pianificare in maniera ragionata gli obiettivi che vogliamo raggiungere, ricercando la massima efficienza ed efficacia sia dal punto di vista ambientale che economico, perché le risorse economiche non sono infinite. Incoraggiare l’innovazione è fondamentale, perché attraverso lo sviluppo e il consolidamento delle nuove tecnologie potremmo migliorare e accelerare il percorso della transizione energetica. Occorre stare molto attenti anche ad assicurare la neutralità tecnologica e valutare costi e benefici su tutta la filiera. E: Sono gli incentivi o i divieti lo strumento più adatto per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione? GR: Il processo di decarbonizzazione non può mettere a repentaglio la fornitura di energia e non deve minare la competitività delle nostre industrie. Nel nostro comparto, quando parliamo di incentivi e divieti, ci riferiamo a meccanismi di sostegno a determinate fonti o tecnologie. Io credo che sia coerente destinare le risorse economiche al settore dell’R&D e lasciare che sia il mercato a premiare le tecnologie che riusciranno a centrare gli obiettivi ambientali nel modo più

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E: Nella scorsa legislatura il ministero dell’Ambiente ha stilato un catalogo dei sussidi ambientali. Ne emerge che ogni anno 16,2 miliardi di euro sono impegnati per sussidi dannosi nei confronti dell’ambiente, come il differenziale di accisa tra benzina e gasolio, mentre 15,7 miliardi vanno ai sussidi ambientalmente favorevoli, tipo il Conto energia per il fotovoltaico. Visto che una revisione delle tax expenditures è nell’ordine delle cose, ritiene giusto un intervento che ridefinisca le agevolazioni del settore?

efficace ed efficiente in termini di tempi e costi. L’approccio da sostenere è quindi quello olistico, che guarda a tutte le fonti di energia e alle soluzioni tecnologiche. La neutralità tecnologica guarda in primis in direzione dell’ambiente, ma anche alle esigenze del mercato e soprattutto del consumatore finale, che sia l’industria o il cittadino. E: Lei ha detto che la Strategia Energetica Nazionale «ha il forte limite di non citare le risorse nazionali». A quali risorse pensa? Al geotermico? Ai giacimenti di idrocarburi off shore? GR: La Strategia Energetica Nazionale si fonda sui tre obiettivi di decarbonizzazione, sicurezza e competitività. È chiaro che lo sfruttamento delle nostre risorse energetiche, sia tradizionali che innovative, ci renderebbe più competitivi e meno vulnerabili sul mercato. Il nostro Paese consuma più di quanto produce. Il 75% della domanda energetica è soddisfatta da importazioni. Valorizzare tutte le fonti energetiche nazionali, convenzionali e non, ridurrebbe in maniera importante la fattura energetica e quindi i prezzi dell’energia per imprese e famiglie, e consentirebbe al nostro Paese di essere meno esposto alla volatilità dei mercati internazionali. Le fonti rinnovabili saranno predominanti nel mix energetico del futuro e spetta alle fonti tradizionali accompagnarle in questo cammino di sviluppo. E: Dunque, la forte dipendenza energetica dall’estero non è una condanna definitiva? GR: Il nostro Paese non può ambire al momento all’indipendenza energetica, ma esistono soluzioni tangibili e in fase di sviluppo che possono contribuire perlomeno a ridurre l’approvvigionamento dall’estero. Il primo apporto deriva sicuramente dall’efficienza energetica che contribuisce alla riduzione della domanda di energia. In secondo luogo lo sfruttamento delle risorse nazionali a partire dalle rinnovabili, sole, vento e acqua, fino agli idrocarburi. E poi c’è il contributo dell’R&D, che stravolgerà il paradigma dell’energia, già in forte trasformazione. Oggi è possibile produrre nuove forme di energia e vettori energetici dai rifiuti, come avviene ad esempio per i biocarburanti, che oltre al beneficio ambientale concorrono alla riduzione della domanda di greggio dall’estero.

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GR: Innanzitutto credo sia opportuno fare chiarezza tra i sussidi che sono riduzioni di tasse sui prodotti petroliferi per alcune categorie di consumatori, come ad esempio le agevolazioni per il trasporto merci, la pesca e i mezzi agricoli, e gli incentivi che, invece, sono fruiti dai produttori di energia rinnovabile. Definendo ambientalmente dannoso il differenziale fra l’accisa della benzina e quella del gasolio, il ministero trascura la maggiore efficienza del gasolio rispetto alla benzina (quindi le minori emissioni per km) e il fatto che anche a livello comunitario, in media, il livello minimo di accisa sul gasolio è inferiore a quello della benzina. Sicuramente è importante ripensare ad un modello di impiego più efficiente ed efficace di tutte le (scarse) risorse economiche di cui disponiamo, a salvaguardia dell’ambiente, ma anche della nostra industria. E: Nei mesi scorsi avete annunciato l’avvio di uno studio sulle infrastrutture energetiche necessarie all’Italia. Quali sono i risultati? GR: Lo studio è in corso di definizione e prevediamo di concluderlo entro fine anno. Quello che intanto posso dire è che il tema delle infrastrutture è fondamentale e occorre investire adeguatamente sia per il loro mantenimento in efficienza che per il loro potenziamento, ancora di più in questa fase di transizione che introduce nuovi modelli di produzione e consumo dell’energia. E: La tecnologia digitale promette di cambiare anche e abitudini del consumatore finale di energia. Lei insiste molto sull’approccio pragmatico ai problemi. Cosa possiamo attenderci, realisticamente, da questa novità? GR: Il consumatore influenza sempre di più l’andamento del mercato e credo sia fondamentale garantirgli la libertà di poter scegliere tra più soluzioni tecnologiche, pure sulla base dei gusti e del portafoglio, con effetti positivi anche in termini di consapevolezza ambientale. La transizione, per essere davvero efficace, deve essere accessibile a tutti e l’approccio pragmatico in questo ne è una garanzia. La digitalizzazione sarà sempre più fondamentale, sia per migliorare la gestione dell’energia che per informare i consumatori e permettere loro di operare le scelte ottimali.


primo piano

Smart City, avamposto dello sviluppo sostenibile A TU PER TU CON GIOIA GHEZZI Vicepresidente di Assolombarda con delega a Sviluppo sostenibile e Smart Cities Gioia Ghezzi - Vicepresidente di Assolombarda con delega a Sviluppo

di Ilaria Proietti

sostenibile e Smart Cities

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E: Qual è il cambio di paradigma imposto dalle smart city? GG: Occorre pensare a un nuovo modo di progettare, governare e anche vivere le città per due motivi: da un lato, i trend demografici ci dicono che la concentrazione di abitanti nei centri urbani è in aumento esponenziale, e questo genera di per sé un cambio di paradigma. Dall’altro, le città sono responsabili per l’80% delle emissioni di gas serra. Le città intelligenti sono una grande opportunità: attraverso un’attività di governo responsabile dell'area urbana, grazie a un modo diverso e integrato di progettarla e con un costante monitoraggio delle sue performance abbiamo l’occasione di generare molteplici benefici. E: Quali sono i punti qualificanti di una città intelligente? GG: La tecnologia è evidentemente un fattore abilitante. La chiave però non è tanto la disseminazione di sensori e IoT (Internet of Things) nel territorio, ma la creazione di una stretta sinergia tra i diversi attori (Regione, Città Metropolitana, Comune, Camera di Commercio, imprese, etc) rispetto a una pianificazione di lungo periodo, che metta al centro i bisogni presenti e futuri degli utenti della città: cittadini e imprese. L’intelligenza applicata alla città si deve manifestare attraverso la sua facilità di utilizzo e la riduzione drastica del suo impatto ambientale.

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E: Quali sono i settori che meglio possono essere interessati dalle politiche pensate sul modello delle smart city? GG: Non appena sono stata nominata Vicepresidente di Assolombarda ho proposto di dedicare al tema un progetto strategico “Milano Smart City”. E nei primi mesi di lavoro abbiamo concentrato gli sforzi proprio per effettuare una ricognizione della letteratura accademica e degli studi dei più noti centri di ricerca e consultare importanti advisor. Tutto ciò ci ha permesso di creare un framework di riferimento, costituito da 9 settori: mobilità e trasporti, energia e building, ambiente e risorse, salute, pubblica amministrazione, sicurezza, capitale umano, turismo e cultura e, infine, spazi pubblici e inclusione sociale. Questi sono abilitati da una serie di layers tecnologici, dall’infrastruttura ai data analytics. E: Quale impatto possono avere le smart city in un’ottica di sviluppo sostenibile? GG: Le città devono diventare l’avamposto dello sviluppo sostenibile. Già nel 2010 David Owen nel libro “Green Metropolis” sosteneva una tesi provocatoria: la città, sotto molti aspetti, è più sostenibile della campagna. Infatti la concentrazione di persone in una stessa area genera in alcuni ambiti un’elevata efficienza. Questo risulta evidente per esempio se si parla di mobilità, intesa non solo come trasporto di persone, ma anche di merci. In questo senso le opportunità da cogliere sono moltissime: si pensi che in ogni edificio del centro di Milano entrano in media tra i 15 e i 20 corrieri al giorno, spesso per consegnare un singolo pacco. E se si razionalizzasse il processo di consegna?


E: Quali sono gli esempi già consolidati nel nostro Paese? GG: In Italia siamo in ritardo. Ci sono esempi di città virtuose in singoli ambiti, ma una smart city esiste se si riesce a ottenere una grande integrazione e organicità nella pianificazione dello sviluppo e nella sua gestione. In questo senso dobbiamo imparare dall’estero e Milano, anche da questo punto di vista, è la città adatta a candidarsi per diventare la prima smart city italiana. Se Expo è stato uno straordinario esempio di smart city in vitro, Milano lo può essere in vivo, anche a beneficio delle altre realtà territoriali italiane che potranno sfruttare le conoscenze acquisite e replicare i progetti più validi adattandoli alle proprie esigenze. Non esiste un’unica formula che vada bene per tutti. La città è intelligente quando si adatta al suo territorio, alla sua cultura. In Assolombarda abbiamo avviato un Gruppo tecnico Smart City composto da numerose imprese per condividere le tante iniziative sul tema e farne sintesi: il risultato è stato molto soddisfacente. Il mondo delle imprese è vivace e preparato per svolgere un ruolo attivo in questa direzione e non mi riferisco solo ai grandi gruppi e alle multinazionali ma anche a realtà piccole, medie e start up ad alto concentrato di innovazione. C’è bisogno di coordinare questi sforzi e convogliarli in uno schema che ne permetta l'integrazione. E: A cosa è dovuto il ritardo italiano? GG: Credo principalmente alla difficoltà di dotarsi di una visione di lungo periodo, definendo obiettivi con un orizzonte temporale ampio e avviando un percorso di sviluppo finalizzato al loro raggiungimento. La misurazione delle performance da questo punto di vista ha un’importanza cruciale: Assolombarda, ad esempio, insieme al Comune di Milano ha creato l’Osservatorio Milano che ha l'obiettivo di misurare la competitività del nostro territorio, monitorarla e compararla con le best practice europee.

E: Secondo lei entro quanto tempo questa rivoluzione, anche tecnologica, applicata ai bisogni dei cittadini potrà dirsi realizzata? GG: Esistono diversi livelli di applicazione che corrispondono a tempi diversi. Ci sono ambiti in cui già una semplice razionalizzazione dei processi consente di avere risultati in tempi rapidi, come nel caso della digitalizzazione dei servizi al cittadino. In questo senso Milano sta lavorando molto e bene, e i numeri lo confermano. Altri aspetti, come quelli legati alla infrastrutturazione, richiedono invece tempi molto lunghi e grossi investimenti. In questo senso la pianificazione di lungo periodo diventa un aspetto prioritario. L’evoluzione tecnologica e il cambiamento degli stili di vita dei cittadini avvengono ormai a una velocità inarrestabile. In qualsiasi progetto che richiede tempi di realizzazione molto elevati si deve avere ben presente la direzione intrapresa dalla città e governare a monte il suo sviluppo, altrimenti si rischia di realizzare progetti che, una volta ultimati, sono già obsoleti. E: Esiste a suo avviso un rischio, in termini di privacy e sorveglianza continua, per il cittadino-utente delle tecnologie connesse alla smart city? GG: Sì, esiste un tema di riservatezza. Va gestito. In questa logica la collaborazione pubblico-privata può certamente offrire soluzioni a garanzia della privacy delle persone. Inoltre ricordo che il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), che da maggio è applicabile in tutti gli Stati membri dell’Unione europea, rappresenta una prima importante risposta alle sfide poste dagli sviluppi tecnologici e dai nuovi modelli di crescita economica, tenendo conto delle esigenze di tutela dei dati personali avvertite dai cittadini. D’altra parte l’idea di smart city è direttamente collegata a una concezione diversa dei gruppi sociali urbani, in cui la vivibilità dei quartieri è proporzionale anche al grado di interdipendenza e connettività delle persone che vi abitano. E Milano, in questa direzione, ha tutte le caratteristiche per affermare la sua leadership e costruire una città davvero intelligente, sostenibile e facile da vivere per cittadini e imprese.

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primo piano Cambiamenti Climatici?

L'Italia può recitare la sua parte sostenibile IL PARERE DI CARLO CARRARO Presidente della European Association of Environmental and Resource Economists

Carlo Carraro - Presidente della European Association of Environmental and Resource Economists

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di Ilaria Proietti


E: Che impatto può avere il sovranismo sulle politiche di contrasto alle emissioni? CC: È difficile essere ottimisti: il nuovo vento che arriva dagli Usa è in aperta collisione rispetto alle modalità con cui è necessario affrontare problemi globali come i cambiamenti climatici, ma anche le migrazioni e il contrasto alle malattie. Tutte queste tematiche possono essere gestite solo attraverso la cooperazione internazionale e, in quest’ottica, il presidente Donald Trump sta mandando un messaggio di segno opposto. Lo ha fatto con l’annuncio dell’uscita degli Usa dagli accordi di Parigi, con la logica dell’imposizione dei dazi ma anche con le stesse critiche formulate al sistema delle Nazioni Unite. E purtroppo questa impostazione trova micro-imitatori nazionali che scimmiottando il suo atteggiamento annunciano tagli ai fondi destinati a finanziare gli organismi internazionali tali da comprometterne le attività. E: Questa impostazione che tipo di effetti è destinata a produrre? CC: Quando viene dato un segnale di un certo tipo è inevitabile che si producano effetti immediati, anche se le decisioni di

Trump saranno operative solo a partire dal 2020. Non a caso dopo due anni in cui il livello delle emissioni si era stabilizzato, è tornato a crescere. Sia per la ripresa economica, che è un dato positivo, ma anche per la riduzione dello sforzo sull’efficienza energetica e per i minori investimenti su tecnologie più performanti. Una crescita robusta avrebbe richiesto uno sforzo addizionale: gli investimenti sulla decarbonizzazione ci sono stati perché produrre con le rinnovabili oggi costa meno che produrre con i combustibili fossili. E i dati sono molto chiari da questo punto di vista: il 60% della nuova energia a livello mondiale è prodotta con le rinnovabili e in Europa questa percentuale sale al 90%. Questo dato spiega che le rinnovabili sono il futuro a breve. Quanto alla partita economica, di 400 miliardi di dollari investiti in attività del settore energetico, 320 sono in rinnovabili. Gran parte degli investimenti sono finanziati con i green bonus e cioè con risorse attinte sul mercato. Dal punto di vista dell’uso di questo strumento, a parte la Francia, come Europa vi abbiamo fatto ricorso ben poco. E: A parte questi dati positivi, l’aumento delle emissioni lascia pensare che si poteva fare di più… CC: È stata persa un’occasione. Quanto fatto è insufficiente,

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intanto perché gli investimenti pubblici hanno preso altre strade. E poi perché quelli privati sono stati condizionati dagli input politici di cui abbiamo parlato prima. Se la politica non dà l’idea dell’urgenza di dover prendere una certa direzione, tutto viene rinviato: si è data l’impressione che con Parigi si fosse fatto tutto ciò che andava fatto, ma non è così. Ad esempio l’implementazione manca all’appello e lo stesso accade sul fronte della mitigazione e dell’adattamento che avevano come obiettivo l’investimento di 100 miliardi all’anno. Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres ha detto recentemente che se non cambiamo corso entro il 2020, rischiamo di mancare il punto oltre il quale i cambiamenti climatici diventano irreversibili, con conseguenze disastrose per le persone e i sistemi naturali che ci sostengono. Ma il suo appello ai leader globali affinché adottino azioni contro i cambiamenti climatici di origine antropica è rimasto lettera morta. E: Quale impatto possono aver le smart city in un’ottica di sviluppo sostenibile? CC: Le città devono diventare l’avamposto dello sviluppo sostenibile. Già nel 2010 David Owen nel libro “Green Metropolis” sosteneva una tesi provocatoria: la città, sotto molti aspetti, è più sostenibile della campagna. Infatti la concentrazione di persone in una stessa area genera in alcuni ambiti un’elevata efficienza. Questo risulta evidente per esempio se si parla di mobilità, intesa non solo come trasporto di persone, ma anche di merci. In questo senso le opportunità da cogliere sono moltissime: si pensi che in ogni edificio del centro di Milano entrano in media tra i 15 e i 20 corrieri al giorno, spesso per consegnare un singolo pacco. E se si razionalizzasse il processo di consegna? E: I negoziati supplementari sul cambiamento climatico di Bangkok si sono conclusi con la richiesta di un’azione urgente in materia di cambiamenti climatici, ma con pochi progressi sulle linee guida per applicare l’Accordo di Parigi. Quali sono a suo avviso le prospettive del negoziato internazionale? CC: Dovremo aspettare la 24esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework convention on Climate change che si terrà a dicembre a Katowice. In quella sede si scopriranno le carte e si capirà quanta voglia c’è di rilanciare l’Accordo di Parigi sul cui futuro è in corso un negoziato dal 2016 e che dovrebbe essere adottato proprio in occasione dell’appuntamento in Polonia. E: Si dice spesso che il successo dei sovranisti italiani sia dovuto al fallimento delle politiche precedenti. Cosa accadrà nel nostro Paese sulle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici? CC: Faccio una premessa: i governi precedenti non si sono distinti positivamente, ma almeno hanno recepito gli obiettivi dell’Unione europea. Detto ciò il sovranismo può essere declinato anche in positivo, se si vuole: l’Italia è più virtuosa di altri Paesi sull’efficienza energetica, e anche sulle rinnovabili, che hanno pagato i contribuenti ma di cui hanno beneficiato tutti in Europa. Potremmo persino tirare le orecchie alla

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Germania che predica la virtù sui conti ma che non si sta comportando in maniera virtuosa sull’ambiente, in particolare rispetto agli impegni sulla chiusura delle centrali a carbone. E: È convinto che una impostazione del genere ci farebbe portare a casa qualche risultato? CC: Un fatto è indubbio: a fronte dei nostri sforzi e dei sacrifici potremmo chiedere legittime compensazioni. Per esempio per il finanziamento delle infrastrutture: penso a quelle immateriali in particolare che consentirebbero di coprire un gap digitale con l’estensione della banda larga e l’acceso gratuito a internet a tutte le famiglie. E: E in quale altro modo può essere declinato positivamente il sovranismo? CC: Su un altro tema centrale e scottante, quello dell’immigrazione. La principale causa delle migrazioni è sicuramente il cambiamento climatico che in alcuni Paesi africani mette sotto pressione anche le classi medie: occorrerebbe un grande piano di adattamento climatico per l’Africa, finanziato dall’Unione europea, per esempio sull’irrigazione. Impostare un negoziato in cui a fronte degli aiuti ci sia una collaborazione per il controllo dei flussi migratori mi sembra una chiave positiva. Anche in un’altra prospettiva. E: Quale? CC: Il contrasto al dominio cinese in Africa. Qui si prospetta un modello di sviluppo in cui la sostenibilità non è la linea guida: in Cina la tematica ambientale è diventata importante, ma quando le aziende cinesi operano in Africa fanno sicuramente meno attenzione. E non è comprensibile che l’Europa lasci fare e che permetta il controllo strategico di un Continente che ha risorse immense e un mercato appetibile: tra i 10 Paesi che hanno registrato una crescita maggiore, 9 sono africani. Il dominio cinese è anche il riflesso di una mancanza di coesione da parte dell’Europa che se non sta insieme sullo scacchiere internazionale, è irrilevante. E: Cosa si aspetta dal nuovo governo gialloverde? CC: L’esecutivo non ha ancora affrontato il tema del piano energetico e di quello di adattamento climatico. E vedremo con quale atteggiamento si rapporterà all’Europa che non è sempre maligna. Lo sanno bene innanzitutto i Paesi dell’asse di Visegrad che hanno negoziato condizioni più favorevoli per colmare il loro ritardo sugli impegni sulle emissioni: l’Ue nei loro confronti è stata molto generosa.


primo piano

Senza ricerca non c'è innovazione A COLLOQUIO CON MASSIMO INGUSCIO Presidente del CNR L’approccio multidisciplinare tipico della ricerca del Consiglio nazionale delle ricerche, che spazia dall'ingegneria chimica alle biotecnologie, dall’economia alle scienze sociali, è fondamentale per la produzione di energie pulite e si lega alle strategie dell’Industria 4.0”. Massimo Inguscio, fisico, presidente del Cnr dal febbraio del 2016, rivendica il ruolo centrale del suo istituto nell’esplorazione delle nuove frontiere che stanno cambiando il mercato dell’energia e le nostre abitudini. Massimo Inguscio - Presidente del CNR

di Fausto Carioti

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E: Professore, come immagina il mercato italiano dell’energia tra vent’anni? Dove ci sta portando la ricerca? MI: Il futuro della ricerca nel campo delle tecnologie energetiche a lungo termine è incentrato su un approccio integrato per la produzione di energia termica, chimica e per lo sviluppo di materiali. La politica energetica ci impone di ridurre le emissioni di carbonio attraverso l’impiego di risorse rinnovabili e fonti alternative e anche su questo fronte la ricerca cerca di contribuire a un consumo più consapevole, una produzione sempre più pulita, una maggiore efficienza con migliori strategie di produzione industriale, con il ricorso all’intelligenza artificiale, con nuovi materiali e sistemi di accumulo. E: Le energie rinnovabili sono state le grandi protagoniste dell’ultimo decennio. Quali, tra loro, hanno ancora margini di crescita? MI: Tra le fonti rinnovabili si guarda oggi con grande attenzione ad alcune di quelle marine, ricavate cioè da eolico offshore, onde, maree, correnti, che offrono potenzialità e un maggiore consenso sociale rispetto agli impianti a terra. Resta sempre da sciogliere il tema della intrinseca “intermittenza” di queste fonti, non programmabili e caratterizzate da un sistematico surplus. Tutte le rinnovabili in maggiore sviluppo e con un ruolo chiave negli scenari futuri, come l’eolico e soprattutto il fotovoltaico, necessitano infatti di sistemi di accumulo e di conversione che assicurino la continuità, la corretta gestione e la stabilità dei flussi energetici. L’obiettivo è la grid parity, cioè rendere l’energia alternativa commercialmente equivalente a quella da fonti tradizionali. E: Realisticamente, cosa possiamo attenderci dalle Smart Grids? MI: La modernizzazione del sistema di produzione, trasmissione, accumulo, distribuzione e gestione dell’energia elettrica è la base della nuova filiera energetica. In questo settore gli attori deputati come Terna ed Enel, gli enti di ricerca italiani, le molte piccole e medie aziende del settore, rappresentano un valore aggiunto. Le tecnologie per le Smart Grids – così come quelle per le Smart Cities, dati i livelli di crescita delle urbanizzazioni - sono fondamentali sia per aumentare la competitività rispetto al mercato internazionale, sia per gestire e risolvere le complessità delle comunità in cui viviamo. Esistono già soluzioni ad alto contenuto tecnologico che possono consentire nuove strategie di sviluppo e il perseguimento di un’economia a basse emissioni di carbonio; è però importante puntare su una sempre più decisa sinergia fra la ricerca pubblica e le imprese private.

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E: Lo storage è anche uno dei settori di ricerca del Cnr. Le grandi batterie per uso domestico possono diventare di uso quotidiano nei prossimi anni? MI: I sistemi di accumulo sono, da un lato, ancora a un livello di sviluppo insufficiente, dall’altro appaiono essenziali. La gran parte dei nuovi investimenti punta su soluzioni elettrochimiche, più adatte al modello di generazione distribuita di energia che va affermandosi nei Paesi avanzati, con batterie per il controllo e la stabilizzazione di trasmissione e distribuzione. Non a caso, negli ultimi anni abbiamo assistito a una significativa diffusione di sistemi elettrochimici per applicazioni residenziali, anche in Italia. E: Cosa uscirà dai vostri laboratori, in materia di energia, nei prossimi anni?


MI: Il Cnr è impegnato su tutto il fronte che abbiamo illustrato. Lavoriamo in quattro aree di ricerca: efficienza energetica nell’industria e nell’edilizia, ad esempio attraverso il recupero dei cascami termici; energie rinnovabili, che fra le altre cose comprendono biocombustibili, sistemi di generazione ibridi e fotovoltaico; Smart Grids; tecniche che permettono di conservare e trasportare energia termica, meccanica ed elettrochimica. Poi c’è la ricerca di base, che comprende lo sviluppo di materiali a funzionalità multipla che in natura tendono a non coesistere, come i magnetoelettrici multi-ferroici per l’accoppiamento di storage e trasmissione dati in un unico dispositivo. Infine, il Cnr è impegnato in attività di ricerca volte a sfruttare quanto più possibile l’energia mare-motrice: un’energia pulita, rinnovabile e ancora poco sfruttata: gli oceani potrebbero soddisfare il 10% della domanda di energia elettrica dell'Unione Europea entro il 2050.

MI: Il settore delle costruzioni è centrale nelle politiche ambientali. Negli ultimi anni si è già contribuito a una significativa riduzione della spesa energetica con interventi specifici sul singolo edificio o impianto, sull’involucro edilizio, quali la sostituzione degli impianti obsoleti con quelli di ultima generazione dal rendimento più elevato e l’integrazione degli impianti ad energia rinnovabile. Ma il comparto necessita di azioni ulteriori. Il Cnr, per fare un esempio è, con un suo Istituto, capofila del progetto PrioritEE per l’efficienza energetica negli edifici pubblici, con lo scopo di accelerare l’attuazione della direttiva europea in tema, mediante la selezione e l’implementazione di misure di miglioramento dell’efficienza che siano economicamente ed ambientalmente sostenibili.

E: Per quanto riguarda l’aumento di efficienza energetica degli immobili pubblici, iniziando dalle scuole, la strada da percorrere è lunga. È credibile un piano di efficientamento dell’edilizia italiana?

MI: L’obiettivo comune è accelerare lo sviluppo di nuove tecnologie per fronteggiare le sfide globali, quali il nesso energia-acqua-cibo-ambiente, con una soluzione sempre più efficiente, pulita e a basso water footprint. L’accordo di collaborazione verte, nello specifico, su quattro aree strategiche. La prima e la seconda sono acqua e agricoltura, per la purificazione e il riutilizzo della risorsa idrica e per la produzione sostenibile di cibo, soprattutto nelle aree del mondo a forte crescita di popolazione quale l’Africa. La terza area è la fusione nucleare, con materiali superconduttori di ultima generazione e plasmi come tecnologie per la produzione di energia virtualmente illimitata e senza emissione di gas clima-alteranti. Infine l’Artico, dove il Cnr ha da vent’anni una stazione di ricerca, per l’importanza che riveste nella problematica del riscaldamento globale. Eni e Cnr uniranno le loro capacità di ricerca e sviluppo tecnologico con quattro centri di ricerca congiunti sul territorio, tutti localizzati nel Sud Italia, per un impegno complessivo di oltre 20 milioni di euro in cinque anni.

E: Siete anche impegnati in alcuni progetti assieme ad Eni. Cosa state facendo?

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speciale acqua

Acqua, cosa occorre perché sia oro blu di Giacomo Giuliani

La disponibilità idrica è oggi il problema più rilevante a livello globale: oltre 4 miliardi di persone vivono in scarsità di acqua per almeno un mese all’anno e poco meno di 2 devono fare i conti con la siccità per sei mesi l’anno. Una situazione drammatica. Nei Paesi dove invece l’acqua è disponibile, spesso essa non è pienamente sfruttabile perché inquinata o, come in Italia, perché abbondantemente dispersa a causa di carenze infrastrutturali della rete. Il Censis ha stimato in un 32% le perdite medie nel Bel Paese, con punte che arrivano al 50%. Già 20 anni fa a Rio de Janeiro, in molti si erano pronunciati sulla necessità di una gestione più accorta dell'”oro blu” per garantire un futuro sostenibile al Pianeta.

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José Graziano da Silva, Direttore Generale Fao, durante la Giornata mondiale dell’acqua, ha ribadito come molti Paesi da allora abbiano fatto notevoli passi avanti verso una progressiva e più efficiente gestione dell’acqua, ma ha evidenziato che specialmente in alcune parti del mondo, molto resta ancora da fare, e non solo nei Paesi in via di sviluppo. Il problema è il tempo. Una situazione che infatti è divenuta emergenziale a causa della costante, e disomogenea crescita della popolazione mondiale che porterà a breve l’offerta e la domanda (in continuo aumento) di questa risorsa vitale per l’uomo e le società moderna, a divenire sempre più squilibrate. Lo conferma anche il World Water Development Report 2018 che evidenzia come nel prossimo futuro, anche la domanda per usi industriali e agricoli aumenterà molto più rapidamente che nel recente passato. C’è poi un secondo aspetto da tenere nella dovuta considerazione, ovvero il rapporto tra acqua ed energia che è, non solo centrale nelle politiche nazionali e internazionali, ma anche argomento strategico nei piani d’azione e sviluppo dei player energetici più lungimiranti. La domanda di soluzioni intelligenti, smart water, legate a questa risorsa infatti rappresenterà una grande opportunità di investimento. Non per niente, alcuni arrivano a definire l’acqua il nuovo petrolio. Lo strumento finanziario più accessibile e conveniente oggi a disposizione è l’ETF, acronimo di Exchange Traded Fund (molto simile a un fondo d’investimento), negoziato però al pari delle normali azioni. Tra quelli quotati a Piazza Affari ce ne sono alcuni che hanno come mission quella di investire nel settore idrico. Hanno cioè partecipazioni in società che operano nel settore e non direttamente nell’acqua (essendo un bene non contrattabile in Borsa Valori). Recentemente anche Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha annunciato di aver emesso obbligazioni per 500 milioni di euro. Un “Sustainability Bond” per finanziare la realizzazione e l'ammodernamento delle infrastrutture idriche del Paese. Secondo il Global Compact dell’ONU, questo mercato potrà arrivare a valere 20 miliardi di dollari. Un mercato quindi in forte espansione. Negli Stati Uniti, ad esempio, secondo l’indagine condotta da Northeast Group, “US Smart Water Infrastructure: Market Forecast (2017-2027)”, l’80% delle utilities sono pronte a promuovere le smart water technologies: più di 340 aziende si stanno muovendo in tal senso tracciando, con il loro esempio, la strada verso un futuro che veda l’acqua quale volano principale nella transizione verso un’economia più sostenibile e carbon free. Investimenti destinati a crescere soprattutto perché le istituzioni deputate cercheranno l’interazione delle stesse con gli altri sistemi intelligenti in un’ottica di “smart city”. Questo è lo scenario che caratterizzerà il futuro prossimo.

La corsa per accaparrarsi questo bene fondamentale per lo sviluppo socio/economico è già iniziata da tempo. A documentarla è un libro recentemente uscito: “Water grabbing: Le guerre nascoste per l’acqua nel XXI secolo”. I due autori, Emanuele Bompan e Mariarosa Iannelli, analizzano le dinamiche di questa corsa “all’oro blu”, che sta diventando sempre più causa di instabilità sociali. Il Water grabbing o semplicemente l’“accaparramento dell’acqua”, si riferisce a situazioni, sempre più frequenti, in cui attori e player internazionali riescono a prendere il controllo, o deviare a proprio vantaggio, risorse idriche fondamentali, sottraendole a comunità locali o intere nazioni. Questo avviene quotidianamente senza che la politica internazionale riesca a porvi un freno.

INVESTIMENTI Gli attori che vedono il mondo in quest’ottica di appropriazione indebita sono davvero tanti: i governi, le imprese senza scrupoli, la finanza. E non solo. Secondo Kleinwort Benson Investors, uno degli asset manager più specializzati in investimenti in risorse idriche, le performance di queste quote azionarie sono state eccellenti negli ultimi dieci anni, ma la domanda crescente di soluzioni per ovviare alla scarsità di questa fonte è destinata a crescere. Si stima che al 2030 verranno investiti 22.000 miliardi di dollari in infrastrutture, per soddisfare la crescente necessita d’acqua. La Fao ha calcolato che nei soli Paesi in via di sviluppo saranno necessari 92.000 miliardi di dollari, solo per l’agricoltura, entro il 2050. Un contesto quindi appetibile a molti! Ne deriva che con il riscaldamento globale che avanza inesorabilmente e la scarsità di acqua potabile in molte aree del Pianeta, si è fatta strada la consapevolezza che essa sia diventata la risorsa primaria per eccellenza. Non è un caso infatti che le più importanti banche d’affari mondiali stiano facendo incetta di ogni possibile azienda di settore, o fonte di approvvigionamento, in previsione della scarsità delle falde acquifere potabili. Considerata la valenza primaria di questa fonte energetica rinnovabile, il suo continuo spreco potrebbe avere ricadute negative a livello economico, per il raggiungimento di una maggiore efficienza energetica e per il calo delle emissioni climalteranti, come auspicato dalla Commissione Europea in materia. Con un aumento della domanda di energia elettrica superiore al 70% da qui al 2035, è molto probabile che l’impronta idrica della produzione di energia aumenti in maniera esponenziale tanto da modificare la composizione del mix energetico globale. Le tecnologie attualmente a nostra disposizione, potrebbero consentire una riduzione significativa del consumo di acqua e un uso più razionale e sostenibile di questa fonte, solo se accompagnate da una pianificazione più lungimirante e coordinata di politiche maggiormente aperte all’innovazione del comparto.

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...MA I TUBI IN ITALIA FANNO ACQUA DA TUTTE LE PARTI! Questa, a sommi capi, la situazione a livello globale; non particolarmente rosea per i motivi in parte evidenziati ma che delinea comunque un contesto nazionale ed internazionale nel quale l’acqua, ed il possesso delle risorse idriche, diverranno sempre più importanti e influenti, a livello geo-politico. Per quanto riguarda il Bel Paese, il contesto generale è ancor più preoccupante; e i motivi li conosciamo. Di tutta l’acqua potabile immessa nei circa 500.000 Km di reti di distribuzione dislocati sul nostro territorio, il 41,4% viene sprecato. Più che una considerazione, questa è l’amara conseguenza di una serie di concause che vedono nell’arretratezza e nella vetustà del nostro sistema infrastrutturale, la motivazione principale. In questi ultimi anni, se possibile (e purtroppo lo è) la situazione è persino peggiorata. La cosa però non deve stupire più di tanto, anzi era prevedibile. Numerosi studi di settore hanno evidenziato che il 60% delle nostre infrastrutture idriche è obsoleto, essendo stato messo in posa oltre 30 anni fa; il 25% di queste ha più di 50 anni. Il motivo è palese e non servono esperti per constatare che, ormai da 20 anni, gli enti locali e i gestori investono troppo poco, o non investono affatto nell’adeguamento infrastrutturale necessario a portare l’acqua nelle nostre case, evitando inutili e costose perdite durante il tragitto.

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A comprova, Lorenzo Bellicini, Direttore del Cresme (Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia) ci ricorda che, se nel 2012 i Comuni spendevano 700 milioni circa e i gestori 1,2 miliardi, in rinnovamento ed efficientamento del sistema idrico, nel 2016 i primi hanno investito appena 511 milioni mentre i secondi 1,1 miliardi. La conclusione è quindi ovvia. Se nel 2012 la nostra rete idrica disperdeva un terzo della quantità di acqua trasportata nelle nostre case, circa il 36%, nel 2016 si è arrivati oramai a superare il 40%. Le perdite medie al Nord arrivano al 26%, al Centro al 46% e al Sud al 45%, a causa delle falle presenti nelle tubature. Studi di settore hanno inoltre evidenziato altre criticità legate non solo al monitoraggio degli interventi, ma soprattutto al livello qualitativo degli stessi. In merito a quest’ultimo aspetto, sono state rilevate carenze tecniche nelle progettazioni, spesso basate su una conoscenza non approfondita del territorio, e non gestite con il knowhow necessario a valutare le eventuali carenze. Inoltre viene riscontrato il mancato rispetto degli standard qualitativi richiesti dalla normativa europea.


Aspetti che devono far riflettere, comportando il più delle volte, revisioni, perizie e variazioni, con un aumento dei costi inizialmente previsti; oggi più che mai difficili da reperire. Alle carenze progettuali si aggiungono i ritardi dovuti alla complessità degli iter autorizzativi e i rilevanti e dispendiosi contenziosi anche nelle procedure di affidamento. Infine bisogna evidenziare che tra le procedure che più necessitano di un concreto efficientamento occorre inserire in primo luogo l’iter di finanziamento che vede un tempo medio tra l’adozione della delibera e l’inizio della progettazione dell’opera, di oltre 3 anni. Il problema non riguarda solo, si fa per dire, il quantitativo di acqua, 3,45 miliardi di metri cubi, effettivamente sprecato, ma anche le ricadute economiche che questo comporta. Stimando un consumo medio, per abitante, di 80 metri cubi l’anno, un volume capace di soddisfare le esigenze di 40 milioni di persone. I primi quindi a pagare le conseguenze di queste inefficienze sono il 10% (2,6 milioni) delle famiglie che si lamentano per le irregolarità nell’erogazione idrica. Ma il danno economico, pari a circa 4 miliardi di euro, lo paghiamo tutti noi! In un periodo in cui sostenibilità ed efficientamento energetico rappresentano il futuro dei nostri territori, delle nostre società e soprattutto delle nuove generazioni, la situazione è davvero inammissibile, tanto più che stiamo parlando di un bene sempre più richiesto come l’acqua e di un Paese, il nostro, tra i più moderni e industrializzati al mondo.

Il problema però non è solo questo: Luca Mercalli, Presidente della Società Italiana di Meteorologia, ci ricorda infatti come anche il climate change contribuisca alla dispersione idrica. L’aumento delle temperature in atmosfera, così come i sempre più frequenti periodi di siccità stanno “stressando” i nostri sistemi. Questi fattori combinati potrebbero portarci, a breve termine, a dover gestire situazioni di crisi emergenziali, rispetto alle quali siamo completamente impreparati.

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SERVE UNO STRUMENTO IDRICO ADEGUATO

...E ANCORA...

In sintesi i passi da compiere sono tre, da avviare contemporaneamente: agire sui sistemi di misurazione, incrementare l’utilizzo dell’automazione e infine ricorrere Alla luce di queste considerazioni occorre che l’infrastruttura in modo diffuso all’Internet of Things e agli algoritmi per poter idrica italiana del futuro sia adeguata, nel più breve tempo prevedere gli andamenti delle richieste, delle forniture e delle possibile, alla normativa europea, e che sia in grado di limitare eventuali criticità infrastrutturali. Il tutto per razionalizzare drasticamente lo spreco di acqua. Da questo punto di vista un ed implementare l’efficienza e la sostenibilità dell’intero aiuto potrebbe venire dalla tecnologia che rende disponibili sistema. Se però pensiamo che la soluzione sia semplicemente sistemi di monitoraggio e controllo sempre più evoluti ed di carattere infrastrutturale, partiamo col piede sbagliato. efficienti, neanche immaginabili fino a tempo fa. Innovazioni Uno dei vantaggi di questo approccio (non irrilevante) è che peraltro ampiamente utilizzate in altri settori. avrebbe costi molto inferiori rispetto al rifacimento completo Per un adeguamento della rete idrica, di quella fognaria di chilometri e chilometri di rete. Cambiare i tubi, mantenendo e degli impianti di depurazione, secondo i dati dell’ARERA, i criteri di gestione attuali, non aiuterebbe a risolvere tra il 2016 e il 2019 sono stati già programmati dai gestori 12,7 definitivamente il problema. Monitorare più razionalmente miliardi di investimenti. Una cifra notevole, ma non sufficiente la rete idrica per capire dove, e di che entità, sono le perdite (ne servirebbero almeno 25), che potrebbero però consentire consentirebbe invece di individuare le priorità degli interventi di dotarsi di sensori capaci di trasformare la rete idrica in un da attuare, limitandone l’impatto, e quindi sul medio-lungo impianto intelligente, in grado di segnalare guasti ed eventuali periodo, riducendo la spesa richiesta. I dati lo confermano: perdite in anticipo consentendo interventi mirati e risolutivi. ai ritmi attuali infatti, che in un anno registrano il rinnovo Questi meccanismi potrebbero risolvere inoltre i problemi, di appena 3,8 metri per ogni chilometro, ci vorranno almeno sempre più frequenti, di allagamento delle nostre città. 250 anni per sostituire l'intera rete. A questi ritmi, quando Lo dimostra anche uno studio dell’Icar-Cnr, pubblicato l’ultimo metro di questa “impresa titanica” sarà completato, sul Journal of Network and Computer Applications (Jnca), il primo dei nuovi tubi sarà già vecchio. Le possibilità di che indica l’arretratezza infrastrutturale del nostro territorio, intervento, date le attuali conoscenze tecnologiche, sono come maggior imputato. Le tante obsolete tubature, molteplici ed in parte già testate. In altri Paesi maggiormente ostruendosi, drenano l’acqua in maniera inefficiente, rendendo sovraccarichi gli impianti di depurazione. Un problema risolvibile lungimiranti del nostro inoltre, queste sono già pienamente grazie appunto a moderni sensori e/o paratoie elettromeccaniche funzionanti e hanno dato i loro frutti in termini di efficienza intelligenti installati nelle condotte che, gestite da un regolatore, ed efficacia. In Inghilterra a esempio, il Water Research Centre (WRC), grazie agli ingenti investimenti in ricerca e sviluppo potrebbero razionalizzare il deflusso dell’acqua. Fantascienza? Direi di no. Il sistema è infatti stato testato a Cosenza, utilizzando effettuati già dagli anni ’80 per promuovere il processo di privatizzazione dell’industria idrica nazionale, ha definito una versione personalizzata del software di simulazione Storm procedure, metodologie e sviluppato strumenti/tecnologie, Water Management Model (Swmm) con ottimi risultati. che sono diventati dei riferimenti universali nel panorama È evidente quindi come molto si potrebbe fare in fase di manutenzione, riducendo i costi degli interventi, con le stesse della ricerca/controllo delle perdite e della gestione delle infrastrutture idriche. Dunque è necessaria una reale presa tecnologie che nelle fabbriche costituiscono la spina dorsale di coscienza di istituzioni deputate alla gestione del comparto dell’industria 4.0, ovvero automazione, sistemi di intelligenza anche nel nostro Paese. Abbiamo gli strumenti e i mezzi artificiale e machine learning, applicati questa volta alle nostre necessari per fare qualcosa. Le conseguenze pratiche di un fatiscenti reti idriche. andamento zoppicante degli investimenti pubblici e privati in uno dei settori più strategici per la sostenibilità e l’efficienza energetica del Sistema Paese potrebbe avere infatti ricadute niente affatto incoraggianti!

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Mettiamo l’Energia in Rete Gruppo Italia Energia è un gruppo editoriale specializzato nel settore dell’energia. Dalla fondazione, ha come obiettivo la diffusione di un’informazione indipendente in grado di migliorare la conoscenza e l’operatività all’interno di mercati sempre più complessi. Il mix sinergico di canali e l’integrazione con i social network, favorisce il networking tra le aziende e offre un lavoro continuo di monitoraggio e analisi degli ambiti industriali creando valore per gli stakeholder.

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CH4 CH4, la rivista italiana del gas, è ormai dal 2001 un riferimento editoriale per conoscere le dinamiche di un settore che, anno dopo anno, si dimostra un comparto in divenire tecnologico e di mercato.

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energia

La rivoluzione del Biometano PARLA PAOLO MOSA Chief Commercial, Regulation & Development Officer di Snam

Paolo Mosa - Chief Commercial, Regulation & Development Officer di Snam

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L’Italia ha una leadership consolidata a livello internazionale sul metano per autotrazione. È molto importante lavorare attivamente perché il CNG divenga un fenomeno europeo. Anche le case estere stanno investendo in modo sempre più massiccio sul gas naturale e sul gas rinnovabile. di Elena Veronelli

Il settore del biogas/biometano è in rapido sviluppo, ancor di più dopo il decreto del 2 marzo sulla promozione dei biocarburanti avanzati nei trasporti. È questo il giudizio di Paolo Mosa, Chief Commercial, Regulation& Development Officer di Snam, che snocciola qualche numero: siamo oggi i secondi produttori di biogas in Europa e i quarti al mondo e potremmo arrivare entro il 2030 a 9 miliardi di metri cubi di biometano. Con questi volumi, se indirizzati interamente all’autotrasporto, si potrebbe alimentare un terzo dei veicoli italiani con energia rinnovabile. E: Il 2 marzo scorso è stato approvato il decreto per promuovere l'uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti. Che prospettive ha aperto per il settore? PM: I trasporti a gas sono destinati a diventare sempre più rinnovabili, grazie all’ampia disponibilità di biometano da un lato e al meccanismo di incentivazione, dall’altro. Dall’uscita del decreto le manifestazioni di interesse per l’allacciamento di impianti alla nostra rete sono cresciute n misura significativa fino a raggiungere quota 800. Dopo Montello, in provincia di Bergamo, abbiamo inaugurato il primo allacciamento nel centro sud Italia, a Rende (Cosenza). Il settore è in rapido sviluppo.

E: Quali sono le ricadute ambientali e occupazionali dell’evoluzione del biogas/biometano? PM: Specialmente per l’Italia, che vanta una filiera già sviluppata, l’impatto è potenzialmente enorme. Siamo oggi i secondi produttori di biogas in Europa e i quarti al mondo e potremmo arrivare entro il 2030 a 9 miliardi di metri cubi di biometano e con questi volumi, se indirizzati interamente all’autotrasporto, si potrebbe alimentare un terzo dei veicoli italiani con energia rinnovabile. Secondo le stime del CIB (Comitato Italiano Biogas) il settore del biogas-biometano conta oltre 12 mila posti di lavoro stabili e specializzati. A livello ambientale, un’auto alimentata a biometano emette livelli quasi nulli di polveri – così come il gas naturale convenzionale – e riduce le emissioni di CO2 di un ulteriore 60% rispetto al metano e dell’80% rispetto ai carburanti tradizionali. Senza considerare che le emissioni del biometano possono essere addirittura “carbon negative”.

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E: Snam ha annunciato che realizzerà 300 stazioni per il rifornimento di metano. Dove? In che tempi?

E: Secondo lei in Italia sta prendendo piede una vera “cultura del metano per autotrazione”?

PM: Entro fine anno avvieremo le prime stazioni. Lo sviluppo in Italia sarà omogeneo tra città e autostrade e nelle diverse regioni. Ci sono circa 50 stazioni in fase di realizzazione e contiamo di poter arrivare a 300 nei prossimi anni.

PM: I dati di mercato sono confortanti. Già a maggio la quota di mercato delle auto a metano era salita al 3% rispetto all’1,7% di fine 2017. Le case automobilistiche stanno allargando la gamma anche sui segmenti di fascia più alta e premium, abbandonando l’errato paradigma secondo il quale il metano sia un carburante adatto solo per risparmiare e per i veicoli da città. E stanno nascendo, sul territorio e in rete, nuove community di consumatori, per geolocalizzare i distributori e scambiarsi opinioni e consigli.

E: In prospettiva il Gnl per il trasporto pesante potrà sostituire tutto il diesel? PM: Il GNL per i trasporti pesanti ha un tasso di crescita molto interessante: in Italia i camion che lo utilizzano sono aumentati dal 2015 a oggi da meno di 100 a circa 1.000. Il numero di stazioni di rifornimento è salito a una trentina e crescerà ancora, anche per effetto degli investimenti di Snam. E: Quali sono le possibilità di trasformare il biometano in bioGnl? Avete progetti su questo fronte? PM: Non è una prospettiva lontana. A maggio scorso abbiamo annunciato un accordo con Baker Hughes (General Electric) per sviluppare i primi impianti di micro-liquefazione in Italia e tra i primi in Europa. Punteremo inizialmente su quattro impianti delle dimensioni simili a un campo da calcio, che potrebbero supportare un aumento del numero di camion a GNL fino a 15.000 entro il 2025. Potenzialmente – dato il rapido sviluppo del settore – anche in tempi più brevi. E: Snam ha assunto iniziative anche per facilitare la connessione alla rete. Di cosa si tratta? PM: Snam ha modificato appositamente il Codice di Rete per facilitare le immissioni di biometano e si sta confrontando in modo assiduo con i produttori per agevolare lo sviluppo della filiera. Stiamo anche lavorando con istituzioni ed enti per individuare misure che rendano sempre più semplice e vantaggioso connettersi alla nostra rete.

Crescita flotte CNG in Italia

E: Vede differenze con il resto d’Europa? PM: L’Italia ha una leadership consolidata a livello internazionale sul metano per autotrazione. Nel nostro Paese abbiamo 1 milione di auto a gas circolanti e quasi 1.300 stazioni attive: per fare un paragone, Francia e Germania ne contano rispettivamente 72 e 115. E’ molto importante lavorare attivamente perché il gas naturale divenga un fenomeno europeo. Anche case estere come Volskwagen e Opel stanno investendo in modo sempre più massiccio sul metano e sul gas rinnovabile. E: Tempo fa lei ha definito il biometano una rivoluzione, dicendo che supera anche l’auto elettrica. E’ ancora di questa idea? Perché? PM: Rispetto ad altre possibili soluzioni, il biometano è il carburante che assicura il maggior risparmio in termini di anidride carbonica. Se prodotto da liquami animali consente addirittura di catturare la CO2 dall’ambiente, portando a un saldo di emissioni negativo. Il gas naturale e il gas rinnovabile rappresentano la miglior soluzione per combattere l’inquinamento, garantendo ottime prestazioni e risparmio economico.

Crescita stazioni CNG in Italia Numero stazioni di rifornimento CNG

1.200.000 2018 900.000 2013 2010

2011

2014

2015

2016

2017

2012

600.000

300.000

2010

2011

2012

2013

Passengers Vehicles

2014

2015

2016

2017E

Truck

2011

2012

2013

2014

Passengers Vehicles Fonti: Unione Petrolifera, ACI, MISE, Ecomotori.net

Fonte: UNRAE

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2010

Elementi 45

2015

2016

Truck

2017

2018


energia

TED e Assist, soluzioni alla povertà energetica Contrastare la povertà energetica grazie a una nuova figura professionale: i Tutor per l’Energia Domestica (TED). Una novità nel settore energetico, che rientra tra le proposte del progetto europeo Assist. Ma quali sono gli obiettivi di Assist? Chi è “Mr. TED”? Abbiamo sentito Emiliano Battazzi di Acquirente Unico, Marina Varvesi di Aisfor e Simone Maggiore di RSE, i rappresentati italiani delle società partner del progetto.

di Luca Speziale

La povertà energetica è un tema sempre più al centro del dibattito europeo, anche grazie all’impulso del Clean Energy Package. Tuttavia, il modo in cui ogni Stato membro fa fronte al fenomeno cambia notevolmente e dipende da molte variabili. Ma come delineare i contorni delle povertà energetica? Quali gli strumenti messi in campo per contrastarla? Esistono figure professionali specifiche? Il progetto europeo Assist fornisce risposte anche a questi interrogativi. Marina Varvesi (Aisfor), prima di tutto inquadriamo il contesto. Parliamo di Assist: perché è nato e con quale scopo?

> Elementi 45

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MV: Il progetto nasce da una iniziativa dei partner italiani nell’ambito di Horizon 2020 per sostenere e promuovere la ricerca in Europa, e sulla scia di altri progetti europei quali SMART-UP. L’obiettivo primario è sostenere i consumatori vulnerabili nella gestione efficiente dei consumi energetici domestici e, più in generale, per contribuire al contrasto della povertà energetica, fenomeno oggi in crescita. Emiliano Battazzi (Acquirente Unico), come si sviluppa il progetto e chi ne fa parte? EB: Il percorso, iniziato a maggio 2017, ha una durata di 3 anni e coinvolge un partenariato europeo con la partecipazione di 12 organizzazioni provenienti da Belgio, Finlandia, Italia, Polonia, Regno Unito, Spagna. Un vero e proprio network di competenze ampie e differenziate, in quanto composto da distributori, operatori, società di ricerca in ambito energetico, associazioni di consumatori ed organizzazioni che operano nel sociale. Quali sono, invece, gli strumenti messi in campo e l’approccio metodologico per risolvere le criticità legate al fenomeno? EB: In tutti i paesi coinvolti è stata condotta un'analisi puntuale del contesto attraverso un’indagine sul campo e conseguente segmentazione dei consumatori, al fine di individuare i driver più importanti della povertà energetica e le best practices applicabili in tutte le realtà europee. In parallelo, sono state approfondite le misure nazionali, già esistenti, di contrasto alla povertà energetica e a supporto dei consumatori vulnerabili. Al termine delle attività sarà elaborato il rapporto europeo “Vulnerable Consumers Protection Paper” contenente le misure nazionali ed europee attuali e future per il supporto ai consumatori vulnerabili che, in caso di risultati positivi della fase pilota, potranno diventare politiche attive proposte dalla stessa Commissione Europea. A tal fine, Assist si avvale anche di un Comitato Scientifico, composto da soggetti istituzionali e non, rappresentanti delle migliori esperienze italiane sul tema.

Acquirente Unico è, quindi, in prima linea per supportare i consumatori più deboli. Come? EB: Il progetto Assist è l’ulteriore conferma, anche a livello internazionale, del costante impegno di Acquirente Unico nei confronti dei consumatori più deboli e nel contrastare la povertà energetica. Inoltre, il progetto coinvolge sia lo Sportello, forte dell’esperienza sul bonus energia, strumento istituito proprio con lo scopo di combattere la povertà energetica e aiutare i consumatori in difficoltà, che le associazioni dei consumatori le quali svolgono un ruolo importante sul campo. Simone Maggiore (RSE), parliamo ora del Tutor per l’Energia Domestica (TED). Chi è? Qual è il perimetro d’azione? SM: Il TED si configura quale unico punto di riferimento per il consumatore su molte questioni, non solo collegate al contrasto alla povertà energetica. Questa nuova figura può rivestire ruoli diversi: stabilire un contatto diretto con il target dei consumatori vulnerabili, per informazioni, supporto e consigli in modo semplice e comprensibile. Il TED fornisce, in modo personalizzato per il singolo consumatore, informazioni, consigli e supporto pratico anche per migliorare i comportamenti di consumo energetico e facilitare i consumatori nell’accesso agli incentivi e alle altre misure finanziarie di supporto. Come si diventa TED? SM: Per formare queste nuove figure è stato predisposto un corso di formazione, con competenze diversificate (tecniche, sociali, comunicative, …), gratuito, aperto a tutti e strutturato con moderne modalità di apprendimento a distanza. Al corso hanno già aderito alcune associazioni dei consumatori, enti del settore sociale, enti locali, scuole, operatori della grande distribuzione e operatori del settore energetico. Il TED non si configura quale “profilo professionale” standard ed univoco; piuttosto, può rivestire ruoli di supporto e/o di “integrazione” all’interno di contesti lavorativi diversi. Marina Varvesi (Aisfor), secondo lei qual è il futuro dei TED? MV: Al termine della formazione saranno attivamente coinvolti in azioni pilota con i consumatori vulnerabili, finalizzate a testare sul campo l’efficacia del percorso formativo e fornire un supporto pratico, attraverso il dialogo e l’avvio di programmi che li conducano verso un consumo più consapevole ed ottimizzato di energia. Ma l’azione dei Ted non si esaurirà con il progetto: si sta già organizzando una rete nazionale ed europea, per rendere queste nuove figure professionali autonome e in grado di proseguire l’attività di supporto ai consumatori ben oltre Assist.

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Elementi 45


energia

Geotermia, 100 anni e non dimostrarli di Giacomo Giuliani

> Elementi 45

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La “Commissione Geotermia del Consiglio Nazionale dei Geologi” ha recentemente confermato come questa particolare tipologia di fonte energetica rinnovabile sia purtroppo, ad oggi e in gran parte del nostro Paese, largamente trascurata. A prova di ciò viene evidenziato come siano stati censiti sul nostro territorio solo 30.000 impianti di riscaldamento di questo tipo, circa il 3% del totale, mentre in Paesi come la Svezia, solo per fare un esempio, ne sono installati 350.000 di cui il 96% è a pompa di calore o usa direttamente acqua geotermica con teleriscaldamento. Questi dati, da soli, dimostrano la grande potenzialità di sviluppo che la geotermia potrebbe avere soprattutto in un territorio come il nostro ricco di aree vulcaniche e sorgenti idrotermali, e quindi “particolarmente idoneo”. Spesso si attribuisce il limitato sviluppo del geotermico in Italia, al fatto che le pompe di calore non abbiano ancora raggiunto la competitività necessaria a muovere e rilanciare il mercato di settore. Sono però molti, fra gli esperti del settore, pronti a dimostrare proprio il contrario. Un impianto di questo tipo non costa poco: circa 12.000 euro, per 100 mq di abitazione. È però vero che oggi è possibile beneficiare di diverse agevolazioni per ammortizzare tale spesa iniziale: dagli incentivi del Conto Termico nel caso di una ristrutturazione, fino alle detrazioni fiscali nel caso invece di nuova abitazione. Il problema evidentemente è un altro e risiede altrove o meglio è sempre lo stesso: il vuoto o la “confusione normativa” che nel nostro Paese continua a persistere, senza che le istituzioni deputate riescano a delineare uno scenario più attrattivo in grado di stimolare gli investimenti di utenti privati e imprese. Alcune regioni del nord Italia hanno una legislazione ad hoc, e lì il mercato è

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Elementi 45

partito con ottimi risultati. A Milano, ad esempio, grazie anche a macchinari all’avanguardia, molte case di nuova costruzione (o anche vecchie) possono scaldare o raffreddare l’ambiente. Nel Lazio invece, pur essendo state emesse le norme già nel 2016, mancano i regolamenti attuativi. Per quanto riguarda poi il resto del Paese è il far west. Ogni comune decide spesso in maniera autonoma e il più delle volte senza le competenze tecniche necessarie. Oggi quindi, la geotermia continua a rimanere la Cenerentola nel più generale panorama delle fonti energetiche rinnovabili a disposizione della crescita sostenibile e carbon free in Italia. Il Rapporto della Commissione Europea sui temi sociali e scientifico-tecnologici evidenzia inoltre un altro aspetto non secondario: solo il 25% dei potenziali utenti italiani hanno una seppur vaga idea di cosa sia la geotermia e di quale potrebbero essere i suoi vantaggi, in termini di riduzione delle bollette e di sostenibilità energetica. Un vero peccato se consideriamo che l’Italia, oltre a poter vantare caratteristiche geofisiche particolarmente adatte allo sfruttamento della geotermia (il nostro sottosuolo costituisce una fonte inesauribile di energia termica utilizzabile per scaldare gli edifici in maniera conveniente e sostenibile), è stata la culla della relativa tecnologia. Era l’8 maggio del 1818 quando Francesco Larderel iniziò ad utilizzare la geotermia per scopi industriali: in principio per usi chimici e farmaceutici e per produrre boro. Ulteriori sviluppi tecnologici consentirono poi al principe Ginori Conti, nel 1904, di accendere le prime lampadine avviando la produzione di energia elettrica geotermica, grazie al primo generatore


costruito a Larderello, in Toscana. Successivamente con la realizzazione di vere e proprie centrali, grazie alla peculiarità della risorsa e alle accresciute conoscenze scientifiche , si è arrivati alla cogenerazione, ovvero la produzione di energia elettrica e di calore. Ma come funzionano in concreto questo tipo di centrali? Non è, teoricamente, difficile. Il flusso di vapore proveniente dal sottosuolo, liberamente canalizzato tramite perforazione in profondità, produce una forza capace di far muovere una turbina che genera energia meccanica, quindi trasformata in elettricità tramite un alternatore. Quasi due secoli di innovazione hanno contraddistinto la storia della geotermia in Italia: una crescita continua ma frenata da alcune criticità solo in parte accennate in precedenza. Una risorsa dunque che sta progressivamente guadagnando sempre più spazio nell’orizzonte energetico mondiale. Una considerazione che non può non farci riflettere sullo scarso utilizzo di una fonte rinnovabile, sostenibile e strategica sul medio-lungo periodo che potrebbe contribuire a coprire il fabbisogno energetico del Paese e al raggiungimento degli obiettivi fissati a livello comunitario in termini di emissioni climalteranti. Per celebrare i due secoli di attività geotermiche industriali italiane l’Istituto di Geo-scienze e Geo-risorse (IGG) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), in collaborazione con Enel, ha organizzato a Pisa una due giorni di approfondimento e ricerca sulla storia, gli sviluppi e le prospettive della geotermia made in Italy. Nonostante tutto, anche la nostra industria geotermica è cresciuta e si è sviluppata fino a raggiungere una capacità

installata di circa 1 GW, collocando l'Italia al 6° posto nella classifica dei “Paesi più geotermici” del mondo. Recenti studi del Massachusetts Institute of Technology dimostrano che, oggi, il potenziale di energia geotermica contenuta nel sottosuolo del nostro Pianeta si aggira intorno ai 12.600.000 ZJ. Una quantità che, considerato l’attuale consumo energetico, sarebbe sufficiente a soddisfare il fabbisogno globale. Èpossibile stimare quindi che il suo contributo potrebbe in un futuro prossimo, se promosso e adeguatamente supportato, subire un notevolissimo incremento. Disponibile 24 ore su 24, a differenza di altre fonti energetiche sostenibili, la geotermia è quindi considerata una potenziale protagonista del passaggio a una società a emissioni zero. Considerate le opinioni e le valutazioni di merito alla COP21 di Parigi, è nata la Global Geothermal Alliance, una coalizione di 38 Paesi che si sono riuniti con l’obiettivo di rafforzare il suo ruolo sulla scena globale. Anche l’Italia sta facendo la sua parte. Lo scorso giugno si è tenuto a Roma il convegno “Geotermia a Bassa Entalpia” dal quale è emerso che in futuro le pompe di calore geotermiche potrebbero coprire ben il 50% dei consumi energetici italiani: si può quindi convenire che il nostro potenziale geotermico potrà (e dovrà) essere valorizzato molto più di quanto fatto fino ad ora. Si tratta di risorse sostenibili, compatibili con l’ambiente, ed ora anche economicamente accessibili. Un volano a nostra disposizione per rilanciare la crescita sostenibile del Sistema Paese.

Elementi 45

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energia

IdentitĂ e linguaggio nuovi per comunicare la transizione energetica 54

Elementi 45


Unità comunicazione esterna e ufficio stampa

“Energie in movimento” è il concept che accompagna la nuova immagine del Gestore dei Servizi Energetici. L’obiettivo è comunicare al Paese cos’è e cosa fa il GSE: una società impegnata ogni giorno a rendere possibile la transizione energetica verso un futuro a basse emissioni di carbonio, grazie alle fonti rinnovabili e all’efficienza energetica. E i protagonisti di questo cambiamento sono proprio le future generazioni. Per questo, più di un anno fa, il GSE ha iniziato a lavorare su un nuovo modo di comunicare l’azienda. A partire dal sito internet. Cambiare vuol dire evolversi. Cambiare significa definire nuovi obiettivi e proiettarsi al futuro. Ed è questo che rappresenta il lancio del nuovo sito web: ancora un passo dell’azienda verso il cambiamento, indispensabile per seguire la costante evoluzione del settore energetico e guidare l’Italia verso lo sviluppo sostenibile. Il nuovo sito esprime perfettamente l'attuale visione dell’azienda e la valorizzazione degli asset digitali come strumento per creare una connessione sempre più forte e concreta con le nuove generazioni. Innovazione è la parola chiave: design d’avanguardia e approccio responsabile per ottimizzare la navigazione sui dispositivi mobile. Più colorato, più dinamico, ma soprattutto più vicino a tutti gli utenti GSE (cittadini, imprese e istituzioni) che possono interagire in maniera più intuitiva e funzionale, nel sito sono presenti tutte le informazioni e i dati relativi ai settori delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica. Informazioni indispensabili per chiunque voglia essere aggiornato e intraprendere in maniera proattiva il percorso verso lo sviluppo sostenibile del nostro Paese, a cui è stato dedicato ampio spazio anche attraverso il racconto di progetti e iniziative intraprese a favore della sostenibilità. Per suscitare curiosità e aspettativa sul nuovo sito, due settimane prima del lancio l’Unità Comunicazione esterna e Ufficio stampa ha ideato e diffuso la campagna teaser “Energie in movimento”, con visual e brevi video pubblicati sulla intranet e sui principali canali social aziendali. Per dare un assaggio visivo e concettuale del nuovo sito, è stata creata anche la landing page dedicata alla campagna (www.energieinmovimento.it), il cui countdown è arrivato fino al giorno del lancio, nel quale si è svolta in mattinata una conferenza stampa e la sera l’evento di presentazione. Il progetto creativo e grafico del sito è stato il punto di partenza per strutturare una strategia di comunicazione esterna finalizzata a veicolare la nuova identità aziendale in un’ottica multi piattaforma (sito web, canali social, pubblicazioni, comunicazioni alla stampa e agli stakeholder). Oggi, a un anno dalla presentazione, è partita la seconda fase di diffusione della nuova brand identity del GSE, volta a dare uniformità, coerenza e riconoscibilità ai molteplici strumenti di

comunicazione esterna utilizzati dalla Società. Dai comunicati stampa al calendario degli eventi, passando per le presentazioni in Power Point, Pdf o Excel, ai comunicati agli operatori, le brochure informative. Tutto dovrà comunicare in modo coerente e riconoscibile il nuovo stile e l’identità visiva adottate. Per questo, sull’intranet sono stati messi a disposizione i principali template di immagine coordinata, con le indicazioni da seguire per utilizzare nel miglior modo possibile gli elementi di base della nuova comunicazione del GSE: il font, la palette dei colori, i criteri grafici e visivi con cui organizzare le informazioni. Un punto di partenza per comunicare all’esterno, nello stesso modo e con lo stesso linguaggio, un’unica immagine: quella di un’azienda proiettata verso un futuro sempre più sostenibile.

Asterisco Coltivare l’entusiasmo di Stefania Concàri “Ciò che mi entusiasma di più è l’idea di continuare a vivere con entusiasmo” (Josè Narosky) Vivere con entusiasmo significa trasformare la nostra vita in tanti piccoli istanti che ci aiutano ad avvicinarci a quei momenti che tanto desideriamo. L’entusiasmo inteso come lo slancio della vita, la passione per ciò che facciamo e per la nostra quotidianità. L’entusiasmo è quel sentimento interno che ci rallegra prima ancora che il nostro desiderio si compia. Non dipende da nessuno, se non da noi stessi. Come l’amore e la felicità, l’entusiasmo è una scelta. Solo in questo modo la vita continua ad essere “magica”, come quando eravamo bambini, recuperando così quell’entusiasmo dell’infanzia, ma con la maturità di un adulto.

Elementi 45

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energia rinnovabile

L’importanza dell’eolico italiano DIALOGO CON SIMONE TOGNI Presidente Anev

di Gabriella Busia

Simone Togni - Presidente Anev

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Elementi 45


Obiettivi clima e energia 2030

E: Presidente Togni, l’ANEV in questi sedici anni di attività ha assistito a diversi cambiamenti nel settore energetico nazionale ed europeo. Potrebbe illustrarci quelli più significativi avvenuti nell’eolico? ST: Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento nel settore energetico che non ha avuto eguali negli altri settori produttivi industriali. Da un lato l'evoluzione tecnologica ha consentito di rendere più efficiente la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica anche da fonti tradizionali, dall'altro è avvenuto un salto tecnologico nello sfruttamento delle fonti rinnovabili. Entrambi i cambiamenti sono estremamente positivi e curiosamente rispondono alla necessità impellente, e oramai universalmente riconosciuta, di arrivare quanto prima alla decarbonizzazione connessa al consumo di energia. L'eolico, insieme al fotovoltaico, in questo percorso sta avendo un ruolo centrale e sempre più, nei prossimi anni, sarà indispensabile per garantire una transizione energetica sicura e sostenibile dal punto di vista ambientale. La rappresentanza associativa è stata centrale nel garantire una crescita ordinata del settore, che per altre tecnologie non è avvenuta, e oggi ancor più di ieri potrà sostenere l'ulteriore crescita del comparto, in modo coerente con gli obiettivi assunti dal nostro Paese in sede europea.

E: Rispetto agli obiettivi clima ed energia prefissati per il 2030 pensa che l’eolico, a livello nazionale, possa dare un importante contributo al loro raggiungimento? Se sì, in che modo? ST: La produzione elettrica da fonte eolica oggi copre circa il 6% dei consumi nazionali: l'obiettivo al 2030, determinato nella strategia energetica nazionale, è raddoppiare il contributo di questa fonte alla generazione elettrica arrivando almeno al 12% secondo le proiezioni dei consumi. L'apporto che questa tecnologia può dare al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione necessari a contrastare mutamenti climatici è centrale, e per l'Italia significa anche supportare un’industria nazionale solida che dà occupazione nelle aree maggiormente disagiate. Questa sinergia va quindi valorizzata consentendo al settore eolico una crescita ordinata, sia per riuscire a raddoppiare la produzione energetica attualmente garantita, cosa realizzabile con nuove installazioni; sia mantenendo, o aumentando, con rifacimenti intelligenti l'attuale parco produttivo bisognoso di un ammodernamento delle installazioni. Grazie a questi due interventi l'eolico potrà consentire in maniera economicamente sostenibile ed ambientalmente valida quel percorso di crescita che il nostro Paese è chiamato a realizzare.

> Elementi 45

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E: Il mini e microeolico in Italia stentano a decollare. Quali, secondo lei, i motivi? Crede possa esserci un modo per agevolarne la diffusione?

E: Uno dei problemi più sentiti dai cittadini nei confronti delle energie rinnovabili è l’impatto ambientale prodotto dagli impianti. In che modo ANEV opera per ridurlo al minimo? ST: Ogni opera di origine antropica ha un impatto sull'ambiente o sul territorio che la ospita. L'impatto sul territorio e sul paesaggio delle installazioni eoliche è tangibile. Tuttavia, è opportuno ricordare che gli impianti da fonte rinnovabile sono necessari in quanto contribuiscono a ridurre i danni ambientali arrecati dall’utilizzo delle fonti fossili. Se da un lato infatti si ha una produzione elettrica che emette gas climalteranti, sostanze nocive per l'organismo umano e causa mutamenti climatici, dall'altra abbiamo impianti che producono energia pulita seppure con un importante impatto paesaggistico. In questi 16 anni di attività l’ANEV ha tenuto in grande considerazione questo problema, tanto da stilare un Protocollo con le più grandi associazioni ambientaliste, in cui sono stati delineati dei criteri di mitigazione dell’impatto degli aerogeneratori sul paesaggio e sul territorio, ed è stato sancito il divieto di installazione di dispositivi all’interno di zone di particolare pregio. Inoltre, la differenza sostanziale tra l'impatto visivo e quello ambientale è che quello visivo e paesaggistico viene completamente rimosso al termine della vita utile dell'impianto. Per cui se tra vent'anni esisterà un sistema più efficiente, più sostenibile e meno impattante per produrre energia, si potranno rimuovere gli impianti riportando così il paesaggio e il territorio alla situazione preesistente. Mentre diviene più impegnativo minimizzare l’impatto ambientale prodotto dall’utilizzo delle fonti fossili.

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Elementi 45

ST: Lo sviluppo degli impianti di piccola e piccolissima taglia fatica a decollare nel nostro Paese a causa dei costi e dell'affidabilità. Dal punto di vista dei costi l'economia di scala che si ottiene con le macchine di grande taglia consente di avere oramai quasi raggiunto un livello di costo di produzione vicino a quello di mercato, mentre per gli impianti di piccola taglia oggi i costi di produzione restano molto elevati. Occorre poi considerare che il minieolico ancora non riesce ad avere un livello di affidabilità tale da garantirne un livello medio equiparabile a quello del grande eolico. L'impegno dell'ANEV, in questo contesto, è aumentare la qualità delle macchine attraverso certificazioni specifiche e degli installatori ottenendo così, anche per gli impianti di piccola taglia, necessari per la diffusione della generazione distribuita, un livello di affidabilità adeguato. E: Cosa auspica per il futuro di ANEV e per tutto il settore delle rinnovabili? ST: Da quando l'ANEV è stata fondata, l'obiettivo è stato sostenere la crescita del settore dell'energia rinnovabile ed in particolare di quella eolica, in passato penalizzata dai grossi operatori tradizionali che vedevano lo sviluppo delle rinnovabili come una minaccia per i loro mercati. Oggi tutti i principali operatori energetici hanno piani di sviluppo 100% rinnovabili. Il mio auspicio è che il settore tutto debba vivere i prossimi anni in maniera equilibrata, garantendo che la decarbonizzazione necessaria a dare risposte efficaci ai mutamenti climatici possa avvenire in maniera non traumatica e non ideologica, ma all’insegna della ragionevolezza e della sostenibilità. Quando avverrà questo non ci sarà più bisogno di azioni specifiche a tutela di un settore, ma di azioni concrete per il bene comune.


energia rinnovabile

Rendiamo il solare competitivo IL PENSIERO DI PAOLO ROCCO VISCONTINI Presidente di Italia Solare

Paolo Rocco Viscontini - Presidente di Italia Solare

> Elementi 45

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Nuovi incentivi, ben strutturati, possono aiutare, ma un provvedimento imprescindibile è la completa apertura del mercato elettrico al fotovoltaico e mettere il solare in condizioni di competere con le altre fonti. di Claudio Ramoni

E: Qual è lo stato dell'arte delle rinnovabili in Italia e specificamente del solare fotovoltaico? PRV: Il passaggio alle rinnovabili si basa su considerazioni di ordine quantitativo, con un terzo dell’energia elettrica consumata in Italia nel 2017 proveniente da energia pulita, ma anche qualitativo, con tecnologie consolidate in grado di garantire l’affidabilità richiesta dal sistema elettrico. Grazie agli sviluppi tecnologici la non prevedibilità e non programmabilità, considerate il ‘tallone di AchillÈ, verranno presto superate. Le tecnologie sono disponibili con costi in calo: ora vanno integrate e supportate da quadri regolatori adeguati. Il contesto che si sta delineando ci fa sperare di poter puntare all’obiettivo “Italia 100% Rinnovabile”, traguardo fissato da Italia Solare sin dalla sua fondazione nel 2015. E: Come evolverà il fotovoltaico? Quali sono i suoi punti di forza e le sfide da superare? PRV: Il fotovoltaico ci offre grandi opportunità e oggi risponde alle sfide del mercato con un alto grado di innovazione. Tra le sfide da superare vi è il raggiungimento di un mix sostenibile tra i sistemi fotovoltaici sui tetti e gli impianti a terra: siamo vicini, ma il traguardo non è ancora stato raggiunto. Perché questo avvenga è necessario attuare a livello amministrativo una pianificazione urbana e territoriale adeguata. Pensando al futuro, il fotovoltaico sarà la tecnologia protagonista del nuovo sviluppo delle reti elettriche locali, dove l’energia solare verrà scambiata tra più prosumer in base a criteri di necessità e convenienza economica. Il fotovoltaico è in grado di partecipare al mercato elettrico, ma mancano le condizioni normative per dare il via alla rivoluzione energetica. Anche il tema della blockchain è fondamentale quando si parla di fotovoltaico e digitalizzazione, soprattutto in chiave di sicurezza e trasparenza.

E: La mobilità elettrica è una tendenza globale emergente: quali opportunità future per la diffusione del solare in questo nuovo mercato? PRV: La mobilità elettrica è un passaggio obbligato, ma ha senso solo se i veicoli sono alimentati con energia rinnovabile certificata, diversamente gli effetti in termini di abbattimento delle emissioni non sono rilevanti. L’unico risultato sarebbe quello di ridurre l’inquinamento nei soli centri urbani, ma oggi siamo in un mondo globale e stiamo combattendo una sfida globale, quella dei cambiamenti climatici, per questo le emissioni non si possono spostare, ma si devono azzerare. In questo contesto il fotovoltaico gioca un ruolo chiave grazie alla possibilità di produrre in modo decentralizzato. E: Quali sono le criticità per la produzione manifatturiera del comparto, nella sfida con i colossi cinesi? PRV: Non vi sono criticità, piuttosto opportunità. È recente la decisione della Commissione Ue, sostenuta da Italia Solare, di abolire i dazi sull’import dei moduli cinesi. Grazie a tale provvedimento si avrà una riduzione dei costi che consoliderà il vantaggio economico già raggiunto dal fotovoltaico rispetto alle fonti fossili. Produzione di tecnologia a parte, l’Italia vanta competenze a livello di progettazione, installazione, impiantistica, manutenzione e gestione degli asset, tutte attività ad alto impiego di capitale umano che non temono la concorrenza cinese. E: Quali sviluppi occupazionali può garantire il settore del fotovoltaico nei prossimi anni? PRV: Indubbiamente positivi. Secondo le stime di Solar Power Europe, nel 2021 in Ue il settore occuperà 174.700 persone a tempo pieno, una volta e mezzo gli occupati del 2016. In Italia, nel 2010 e 2011, con un mercato di 5.600 MWp/anno venduti e installati, gli occupati erano 80 mila. Nel 2020/2021 dobbiamo raggiungere 3.000 MWp/anno di nuove installazioni per avvicinarci agli obiettivi Ue: la forza lavoro per gestire questi numeri dovrà essere di almeno 40 mila occupati diretti, a cui aggiungere l’indotto.

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Elementi 45


E: Quali sono a suo giudizio i provvedimenti strutturali necessari per lo sviluppo del fotovoltaico?

E: Qual è il suo giudizio sugli attuali sistemi di autoconsumo?

PRV: Nuovi incentivi, ben strutturati, possono aiutare, ma un provvedimento imprescindibile è la completa apertura del mercato elettrico al fotovoltaico e mettere il solare in condizioni di competere con le altre fonti. Italia Solare ha scritto ad ARERA e Terna sul tema dei Servizi di Regolazione Tensione, sottolineando come la regolazione risulti carente per i possessori di impianti a fonti rinnovabili non programmabili e necessiti di tempestive modifiche. C’è poi la questione del capacity market e della partecipazione degli accumuli al mercato, temi cruciali che vanno affrontati e risolti, anche a livello europeo.

PRV: Il fotovoltaico senza accumulo è una soluzione conveniente per le realtà industriali nelle quali l’autoconsumo è alto. Nonostante questo ,ogni anno si installano solo 300-400 MWp, in piccola parte sono applicazioni industriali, che dovrebbero registrare, solo loro, almeno 1 GWp/anno di impianti. Nelle utenze residenziali l’autoconsumo è basso, dell’ordine del 30-40%, per aumentarlo è necessario un sistema di accumulo i cui costi sono ancora piuttosto alti, anche se il trend di riduzione è evidente. Se si consentisse al fotovoltaico di partecipare pienamente al mercato dei servizi, in primis del dispacciamento, tramite aggregatori in grado di gestire una molteplicità elevata di piccoli impianti, si potrebbero creare le condizioni per rendere più interessante l’investimento nel fotovoltaico con accumulo.

Potenza fotovoltaica installata in Italia (31 agosto 2018) Potenza [MW]

P < 12kW Regione

Numeroo

Piemonte Valle D'aosta Lombardia Trentino Alto Adige

12kW <= P < 20kW

20kW <= P < 200kW

200kW <= P < 1MW

Potenza

Numero

Potenza

Numero

Potenza

Numero

Potenza

44.883

197

5.135

90

5.024

384

1.010

617

1.919

9

257

4

133

384

2

1

102.668

430

8.016

139

9.868

384

1.353

774

1MW <= P < 10MW Numero

115

Potenza

TOTALE

P >= 10MW Numero

Potenza

Numero

300

83

174

Potenza

56.167

2.311

1.589 399

121.988

1.902

24.589

18.338

78

3.420

60

2.618

384

203

96

10

14

96.739

419

6.845

119

6.741

384

940

550

68

154

Friuli Venezia Giulia

28.572

127

2.368

42

1.922

148

177

111

30

99

33.069

527

Liguria

7.514

31

553

10

457

31

51

29

4

6

8.579

106 2.014

Veneto

3

131

111.336

425 1.889

Emilia Romagna

68.729

280

6.311

109

6.959

526

1.152

730

95

224

6

145

83.252

Toscana

35.357

149

3.439

59

3.063

228

427

253

49

104

1

11

42.336

804

Umbria

14.897

64

1.441

25

1.579

110

347

231

22

46

18.286

476

Marche

21.692

93

2.181

38

2.508

194

876

590

64

160

Lazio

47.097

201

3.020

51

2.184

153

413

270

129

455

12

219

Abruzzo

15.952

78

1.870

31

1.451

111

460

341

62

154

1

20

Molise

3.106

16

440

8

345

23

100

77

15

50

27.321

1.075

52.855

1.348

19.796

734

4.006

174

Campania

26.477

130

2.551

43

2.203

149

389

231

63

201

3

39

31.686

794

Puglia

38.415

180

3.650

63

3.624

246

1.829

1.571

100

430

9

159

47.627

2.649

7.985

365

2

38

24.128

530

1.384

Basilicata

5.669

28

1.024

18

944

54

332

237

16

29

Calabria

19.533

98

2.517

43

1.812

107

227

132

37

111

Sicilia

43.246

207

4.448

77

3.279

215

557

406

116

436

3

43

51.649

Sardegna

31.617

143

2.243

39

1.326

88

230

150

77

260

3

73

35.496

753

668.926

2.944

61.554

1.065

57.894

4.209

11.052

7.389

1.159

3.413

43

878

804.462

19.938

TOTALE

Elementi 45

61




energia rinnovabile Industria energetica

Servono regole chiare e certe IL PUNTIO DI VISTA DI CLAUDIO SPINACI Presidente Unione Petrolifera

di Tommaso Tetro

Claudio Spinaci - Presidente Unione Petrolifera

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Elementi 45


E: Qual è secondo lei lo stato dell'arte del settore energetico in Italia? CS: Direi che il nostro sistema energetico, nel suo complesso, può essere considerato uno dei migliori in ambito europeo in termini di performance ambientali e in grado di rispondere al fabbisogno crescente di energia del Paese. Sistema che andrebbe migliorato soprattutto nella fase distributiva per aumentarne l’efficienza complessiva. Lo scorso anno la domanda totale ha infatti mostrato nuovamente segni di ripresa dopo sette anni di cali consecutivi, fatta eccezione per il 2015, superando i 170 MTep (+1,5%). Anche per quest’anno è atteso un ulteriore progresso, stimato intorno al 2%.Una domanda che è ancora ampiamente coperta dalle fonti fossili, con il gas che oggi è la prima fonte con una quota di circa il 36%, seguito dal petrolio con il 34% ed infine dal carbone con il 6%. Le rinnovabili negli anni hanno mostrato progressi significativi, grazie ad un diffuso sistema di incentivi. Oggi soddisfano il 19% di questa domanda totale e sono in diretta competizione con il gas nella generazione di energia elettrica. Diverso è il discorso per la fonte petrolifera (benzina, gasolio, gpl, jet fuel, bunker) che viene impiegata essenzialmente nei trasporti dove copre il 92% della domanda totale, con punte del 99% in quello aereo e navale.

Percentuali che nel complesso sono destinate a scendere nei prossimi decenni per la diffusione delle alimentazioni alternative, quali gnl, gnc, ibride ed elettriche. Tutte le filiere produttive e distributive dovranno investire in ricerca e sviluppo. È quindi importante un approccio normativo e regolatorio che non discrimini nessuna tecnologia. E: La Strategia Energetica Nazionale (SEN) CS: La SEN presenta luci e ombre. Ora però l’attenzione è concentrata sul “Piano Energia e Clima” che il nuovo governo dovrà presentare entro la fine dell’anno. È importante che si giunga ad un “Piano” che contenga una chiara visione di lungo termine, che tenga conto della realtà industriale italiana e non sia inutilmente penalizzante per alcuni settori. La SEN ha indicato un percorso che è certamente migliorabile. E: L'inquinamento, come riuscire a ridurre le emissioni? CS: Se parliamo di inquinamento e dunque di qualità dell’aria, che è cosa ben diversa dalla questione della CO2 che è un climalterante, una strategia efficace deve partire dall’esatta conoscenza delle dinamiche emissive per i singoli inquinanti e le specifiche fonti di emissione, che sono specifiche di ogni

> Elementi 45

65


singolo territorio e diverse da area ad area, al fine di stabilire le priorità e il tipo di intervento più efficace. È vero che c’è ancora molto da fare, ma non siamo certo all’anno zero. I miglioramenti ci sono stati e sono certificati da diversi enti pubblici, come Ispra ed Enea. I progressi maggiori, tra l’altro, si sono avuti nei trasporti grazie al miglioramento delle tecnologie motoristiche e della qualità dei prodotti. L’eliminazione dello zolfo dal carburante diesel (ULSD), ad esempio, ha permesso di adottare dispositivi come FAP (filtri anti-particolato), EGR (ricircolazione dei gas di scarico) e SCR (riduzione catalitica selettiva). Se confrontiamo le emissioni di un’auto del 1990 con quelle di oggi su 500 km di percorrenza, la riduzione varia dal 90 al 98% a seconda del tipo di inquinante. Ciò significa che non sempre il trasporto è la causa principale di inquinamento. Detto questo, per il futuro il contributo del trasporto leggero al miglioramento della qualità dell’aria dipenderà soprattutto dalla velocità del ricambio del parco auto verso modelli più efficienti e a basse emissioni. Importante sarà l’utilizzo dei big data per la riduzione delle congestioni e la fluidificazione del traffico, nonché la manutenzione e il lavaggio delle strade, così come migliorare e rafforzare il trasporto pubblico locale (TPL) e l’intermodalità. E: Fonti fossili: in che modo possono continuare a convivere con le rinnovabili? CS: Credo che per rispondere alla crescente domanda di energia che la società richiede, non si potrà fare a meno né delle une, né delle altre. Del resto, stando alle stime di tutti gli organismi internazionali al 2030 le fonti fossili copriranno oltre il 75% del fabbisogno mondiale. Il punto è capire le reali possibilità offerte dalle singole fonti e utilizzarle in modo efficiente e sostenibile. Ci sono settori dove le rinnovabili possono offrire un contributo rilevante e altri dove invece trovano ancora dei limiti tecnologici. La vera sfida è riuscire ad individuare la fuel mix ottimale che consenta di rispondere alle diverse esigenze al minor costo possibile. E: Come tenere insieme le politiche energetiche con quelle ambientali? CS: Dobbiamo lavorare affinché ambiente e sviluppo non siano più concetti antitetici. In Europa i progressi fatti nel modo di produrre e consumare energia sono stati significativi. Ciò che conta, come del resto prevede l’Energy Union, è riuscire a coniugare tre priorità fondamentali: garantire un approvvigionamento sicuro e affidabile, creare un mercato competitivo a prezzi sostenibili dell’energia, ridurre le emissioni di gas serra con un uso efficiente di tutte le fonti di energia. Priorità assolutamente condivisibili, ma da conseguire contemporaneamente: perseguirne una sola, a scapito delle altre, non sarebbe sostenibile oltre che dal punto di vista economico, anche da quello sociale.

66

Elementi 45

E: La mobilità? Cosa vede per il prossimo futuro? CS: Nell’evoluzione della mobilità sono centrali i comportamenti individuali che negli ultimi anni hanno perso ogni forma di approccio ideologico e variano in funzione dell’età e degli stili di vita, nonché in base alle disponibilità economiche. Ognuno tende a privilegiare il mezzo più efficiente rispetto alle necessità del momento (tempi, costi, comfort). È importante mettere il consumatore nella condizione di scegliere in modo consapevole tra più opzioni. Stando alle nostre ultime previsioni nel medio termine si assisterà ad un ribilanciamento tra i veicoli diesel e benzina, una maggiore penetrazione delle auto ibride, che cominciano a produrre numeri interessanti, e un aumento tendenziale delle vetture con alimentazione gpl e metano. Vediamo inoltre sviluppi promettenti per le auto plug-in, soprattutto a benzina, mentre per le auto solo elettriche immaginiamo numeri ancora abbastanza contenuti nonostante le attese. E: La normativa aiuta il contesto? CS: Non sempre. L’industria energetica ha bisogno di regole chiare e certe, perché gli investimenti si tarano sul lungo periodo. Il nostro settore in particolare si è sempre preso le proprie responsabilità, assicurando l’approvvigionamento energetico a costi sostenibili e con standard operativi tra i migliori d’Europa. La nostra preoccupazione principale è quella di preservare l’integrità dell’attuale filiera industriale e la capacità di generare risorse finanziare ed intellettuali per sostenere il processo evolutivo.


energia rinnovabile

Settore energetico? Ecco cosa c’è da fare A TU PER TU CON FABIO BOCCHIOLA Presidente Energia Concorrente

Fabio Bocchiola - Presidente Energia Concorrente

di Tommaso Tetro

> Elementi 45

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E: Come sta il settore energetico italiano?

E: Cosa pensa della Strategia Energetica Nazionale?

FB: Allo stato attuale, il settore energetico ha importanti sfide da affrontare. Per citarne solo alcune: ridurre i prezzi dell’energia, migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento nei momenti di punta, favorire la crescita economica sostenibile. Aspettiamoci ulteriori evoluzioni, ad esempio una transizione sempre più rapida alle rinnovabili, supportata da un sistema sempre più flessibile, composto da turbogas, pompaggi e investimenti sulle reti. Per gli altri sistemi di accumulo i tempi non sono ancora del tutto maturi, ma abbiamo fiducia nel progresso tecnologico. In questo contesto, è di fondamentale importanza la definizione di politiche in grado di sostenere l’innovazione, la decarbonizzazione e la concorrenza per uno sviluppo sostenibile. In ogni caso, è certo che l’innovazione non piove dal cielo, ma va favorita, incentivata e guidata.

FB: Ritengo che la SEN sia uno strumento fondamentale per avere indirizzi che altrimenti rischierebbero di essere scoordinati e poco lungimiranti. Infatti, la mancanza di una Strategia comporta il rischio di replicare quanto accaduto nel recente passato, quando lo sviluppo delle fonti rinnovabili non è stato adeguatamente accompagnato da un sistema che favorisse un altrettanto idoneo sviluppo, ad esempio, delle reti e dei sistemi di pompaggio. L’attualità della SEN deriva poi dalla sua collocazione nel contesto più generale di obiettivi e di indirizzi delineati dalla Commissione Europea. Tanto più la SEN è utile e efficace, quanto più è utilizzata come complesso di azioni e strumentazioni da mettere in campo da parte delle autorità italiane nel processo di costruzione dell’Energy Union. E: È possibile far convivere le politiche energetiche con quelle ambientali?

E: Le nuove tecnologie. Cosa c’è di pronto? Nel prossimo futuro cosa vede in prima linea? FB: Nel contesto in cui ci troviamo l’innovazione tecnologica costituisce un fatto cruciale. Inoltre, la varietà delle imprese partecipanti al mercato favorisce senz’altro l’innovazione e l’applicazione delle nuove tecnologie: per esempio lo sviluppo della tecnologia digitale applicata ai consumi di energia. L’innovazione tecnologica con i risultati più tangibili nel breve periodo riguarderà probabilmente il settore della mobilità. In un’ottica di sostenibilità, l’energia più coerente con tale principio è quella elettrica. Siamo convinti che lo sviluppo della mobilità elettrica e delle relative infrastrutture di ricarica sia un’opportunità di confronto e crescita per settori che tradizionalmente non hanno avuto la necessità di incontrarsi, ovvero i settori dell’auto, dell’energia e dell’ICT (Information, Communication, Technology). Vorrei però evidenziare che è limitante parlare di innovazione solo con riferimento alla tecnologia. L’innovazione è tale solo se coinvolge altri aspetti, come la qualità del servizio e la modalità di relazione tra le utility e i clienti finali.

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Elementi 45

FB: Il punto di incontro tra queste politiche è costituito dalla sostenibilità, come equilibrio dinamico di tre punti cardine: economicità, ambiente, aspetto culturale-sociale. Qualsiasi intervento che agisca su questo equilibrio, che non sia ponderato e lungimirante, può creare distorsioni con effetti perduranti anche nel lungo periodo. È noto come negli ultimi anni il sistema italiano sia stato principalmente improntato sulla necessità di sviluppare le fonti rinnovabili, attraverso meccanismi di incentivazione che si sono rivelati eccessivamente premianti. Tali incentivi, da un lato, hanno portato al raggiungimento degli obiettivi europei di sviluppo delle fonti rinnovabili con grande anticipo; dall’altro lato, hanno determinato uno spiazzamento degli investimenti in capacità termoelettrica. Tale effetto ha riguardato soprattutto la generazione a gas, che pure attualmente presenta le migliori caratteristiche ambientali, di efficienza e di flessibilità del parco elettrico italiano. Crediamo sia opportuno rivalutare l'apporto fondamentale di tale tipologia di impianti, specialmente nelle ore di punta e in determinati picchi di domanda, in particolare a supporto della produzione delle fonti rinnovabili, in quanto non programmabili.


E: La normativa aiuta a dare le risposte necessarie? FB: La normativa può e deve senz’altro aiutare il contesto dando risposte rapide ed incisive rispetto alle esigenze di un mercato fluido e in evoluzione, dove gli operatori desiderano confrontarsi efficacemente sulle loro competenze, a vantaggio del sistema energetico in generale e del consumatore in particolare. In tal senso, la nostra Associazione è strutturata per essere a disposizione per contribuire al meglio al dibattito sull’energia.

Elementi 45

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energia rinnovabile

Rinnovabili, c’è una sfida da vincere CONVERSAZIONE CON VITTORIO CHIESA Direttore dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano

Vittorio Chiesa - Direttore dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano

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Elementi 45

di Claudio Ramoni


E: Quali sono, ad oggi, le iniziative imprenditoriali vincenti nel settore delle rinnovabili? VC: Proprio i PPA rappresentano oggi una grande opportunità per il mondo delle rinnovabili e stanno prendendo piede anche in Europa, dopo il successo riscontrato in particolare in Nord America. Il principale vantaggio apportato da questo strumento, infatti, consiste in una drastica riduzione dell’aleatorietà del prezzo dell’energia, che può essere fisso o indicizzato, ma comunque è ben definito in sede di contratto. In questo modo un produttore di energia può anche accettare un prezzo inferiore rispetto a quello che può essere definito in quel momento come ‘media’ del mercato, rendendo l’accordo vantaggioso anche per l’acquirente. Tuttavia ad oggi si riscontrano delle criticità relative proprio alle proiezioni di medio-lungo termine del prezzo dell’energia, che rendono difficile un accordo di lunga durata: infatti le imprese maggiormente energivore, ovvero quelle che beneficerebbero in misura maggiore di questa tipologia di accordi, non possono rischiare di rimanere vincolate ad accordi in cui il prezzo dell’energia sia più alto che sul mercato.Una possibile soluzione, che è stata presentata nel nostro ‘Renewable Energy Report 2018’, è la tariffa a due vie ‘con banda’, ovvero un intervallo di prezzo dell’energia, invece che un prezzo unico. E: Quali sono, in termini numerici, le dimensioni del comparto oggi e quali le previsioni di investimento futuro in questo settore?

Dal futuro delle rinnovabili in Italia agli investimenti nel settore, dal tema dell’efficienza energetica a quello della digitalizzazione, passando per la competizione con gli altri Paesi europei e l’importanza delle scelte del legislatore in materia. Sono questi alcuni dei temi toccati da Vittorio Chiesa, Direttore dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, sul futuro del settore delle rinnovabili nel nostro Paese e delle sfide che lo attendono. E: Qual è il futuro delle energie rinnovabili in Italia? Quali sono le sfide della filiera? VC: Nell’immediato futuro le installazioni di impianti, soprattutto di grande taglia, saranno determinate in primo luogo dall’allocazione dei contingenti messi a disposizione per le aste. Queste però - se venissero confermate le bozze del decreto circolanti ad ora - dovranno essere "testate" in merito alle due novità: la neutralità tecnologica e il meccanismo a due vie. Il sapersi adattare a queste due novità rappresenta proprio la maggior sfida a cui è chiamato oggi il comparto delle rinnovabili. Non è inoltre da trascurare, a mio giudizio, anche l’apporto di quegli impianti di grande taglia la cui sostenibilità economica è garantita da accordi privati, i cosiddetti Power Purchase Agreement (PPA).

VC: Nel 2017 in Italia sono stati installati complessivamente 900 MW di impianti da fonti rinnovabili, di cui oltre 400 nel fotovoltaico e 360 nell’eolico. Seppur in crescita rispetto al passato, la dimensione del mercato rimane ad oggi ridotta: oltre alla Germania, infatti, che è nel mondo uno dei Paesi he investe maggiormente in rinnovabili, le installazioni sono in crescita anche in altri grandi Stati europei come Francia, Regno Unito e più recentemente la Spagna. Si potrebbe così assistere ad una ripresa importante delle installazioni, se venissero confermati i numeri presentati nelle bozze di decreto sulle rinnovabili. Questi indicano una potenza complessiva allocata per gli impianti di grande taglia (> 1 MW) di quasi 5,5 GW, così suddivisi: - Gruppo A, relativo ad eolico e fotovoltaico: 4.800 MW; - Gruppo B, che vede competere idroelettrico, geotermoelettrico e impianti a gas da residuati o discarica: 140 MW; - Gruppo C, relativo ai rifacimenti: 490 MW. A questa si andranno ad affiancare i contingenti messi a disposizione per gli impianti di taglia inferiore ad 1 MW di potenza, complessivamente pari a circa 1,5 GW, nel dettaglio: - Gruppo A: 650 MW; - Gruppo A-2, relativo agli impianti fotovoltaici in sostituzione di coperture in cui vi è completa rimozione di amianto: 700 MW; - Gruppo B: 70 MW; - Gruppo C: 70 MW. Se venissero allocati tutti i contingenti messi a disposizione, si avrebbe una crescita delle installazioni di circa 7 GW nel prossimo biennio, tornando così su livelli di installazioni che, seppur non paragonabili a quelli avuti durante i Conti Energia, sarebbero comunque un passo in avanti rispetto agli ultimi anni.

Elementi 45

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E: A suo giudizio il mercato dell'efficienza energetica nel nostro Paese è maturo o ha ulteriori margini di crescita?

E: Quali sono i provvedimenti strutturali, dal punto di vista politico e legislativo, prioritari per il settore delle rinnovabili?

VC: Le principali tecnologie afferenti al tema dell’efficienza energetica sono ormai mature e comprovate e la portata degli investimenti si attesta su buoni livelli già da diversi anni, anche se si prevede possa crescere ulteriormente. Dai 6,7 miliardi di euro attuali, infatti, potrebbe crescere a 8-9 miliardi di euro nell’arco dei prossimi tre anni.

VC: Allo stato attuale è importante procedere con il decreto relativo alle incentivazioni sulle rinnovabili, posticipato dal cambio di governo. Tuttavia vi sono grandi dubbi sia in merito alle aste neutre - in Spagna i contingenti messi a disposizione sono stati assegnati quasi interamente ad una sola tecnologia - sia in merito al meccanismo ‘a due vie, che con le tariffe proposte e i prezzi dell’energia attuali non sembrano sostenibili. Vi è infine una tematica relativa alla piena apertura dei mercati dei servizi ancillari anche ad impianti di piccola taglia da fonti rinnovabili. Questo a mio giudizio potrebbe dare, unitamente all’apertura verso le comunità energetiche e verso i sistemi di distribuzione chiusi, maggiore spinta a questa tipologia di installazioni. Un ruolo fondamentale in tal senso sarà giocato dalla disponibilità di sistemi di accumulo e dalla loro riduzione di costo.

E: Qual è la posizione dell'Italia in tema di rinnovabili in rapporto agli altri Paesi UE? VC: L’Italia attualmente è tra i Paesi europei con il maggiore apporto da energie rinnovabili sul mix energetico, rappresentando il 37% della generazione elettrica rispetto ad una media europea del 30% (dati al 2017). Tuttavia questa viene in parte dagli impianti idroelettrici ‘storici’ ed è da diversi anni che le nuove installazioni non raggiungono volumi consistenti, al contrario di quanto avviene negli altri grandi Paesi europei, Germania in primis. E: Quanto pesa l'impatto della digitalizzazione nel settore energetico? Le nostre aziende sono preparate? VC: È un trend in atto: le imprese percepiscono sicuramente le necessità di evolversi, spinte anche dall’Industria 4.0, tuttavia non sembrano ancora pronte a far fronte a quelle che sono le modifiche a livello di processo necessarie per sfruttare al massimo la digitalizzazione e risolvere le problematiche relative alla cybersecurity. L'andamento degli investimenti in efficienza energetica in Italia: la visione d'assieme

L'andamento degli investimenti in efficienza energetica in Italia: la visione per tecnologia Investimenti in efficienza energetica 2017

Mln €

Mln €

7

7

1.600

1.600

6,5

6,5

1.400

+22% +22% 1.400

6

6

1.200

1.200

5,5

5,5

1.000

1.000

5

5

800

800

4,5

4,5

600

600

+22% +22% +7%

+7%

+8%

+8% +2%

4

400

400

3,5

3,5

200

200

3

3

0

0

2012

2013

2013

2014

2014

2015

2015

2016

2016

2017

2017

Po m

2012

Fonte: energystrategy.it

In crescita

Fonte: energystrategy.it

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+2% +19% +19% +9% +9% +22% -17% +22% -17% +30% -8% +30% -8% +11%+13% +11%+13% +26% -29% +26% -29%

pe di ca Po Il m lum lore Su pe i n pe d a Te rf i c io m id Ill ici alone u O r ic C S om u og minpa e c p Te bu eren aiohe m C fic er n s id a tio i a e A l z i c da C n Op io ltr omie oge e a ne ii c nt bua c en ffi he er C st on eracie ve a i n d A o l z nt da n e i t ltr i s ie Cg e ns one ii ul a iu effaz e nt i i o c pr o su ci n er oc nd re en e ve e e v t nt is Cgsso nsaetr e ul i p za pr usu rod ionte oc M re u e es ot v tti so or et vo pri e rat odlet e M uttri ot t c or In ivoi So i e ve la le rt re tt er te ric Bu A i ild S ria Invrmi o in laco er co g r m te en e t pr r Bu A er ermess ri g ild a in acoy sy ico g m st en pr em es er Re gy S sa fr sy GE ig st A er em az i Re SGone fr EA ig er az io ne

4

Elementi 45

In calo

costante


Dedizione 38%

Conoscenza 43%

Pratica 19%

Sappiamo quanta energia ci metti. Per questo la alimentiamo con la nostra. Ogni giorno dai il 100% per far raggiungere alla tua impresa piccoli e grandi traguardi. Ecco perchÊ noi di Axpo siamo pronti ad alimentare la tua energia con un’offerta luce e gas dedicata alla tua azienda. Affidati a un nostro consulente su axpo.com. Full of energy.


energia rinnovabile

Biometano, opportunitĂ per economia e ambiente a cura di Prometeo ADNK

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Elementi 45


Per puntare sul settore bisogna superare carenze normative e infrastrutturali

Il carbone? si produrrà sull’Amiata.

La produzione di biometano (biocombustibile che si ottiene agli scarti di biomasse di origine agricola e dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante da raccolta differenziata) nel solo settore agricolo potrebbe coprire il 12% dei consumi attuali di gas in Italia con evidenti vantaggi ambientali e economici. Secondo il Comitato Termotecnico Italiano il biometano è in grado, infatti, di evitare l’immissione di gas serra di almeno il 75% rispetto ai combustibili fossili, un contributo fondamentale all'obiettivo di contenimento del surriscaldamento del pianeta entro 1,5 gradi centigradi come auspicato dal Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc). È quanto emerso dalla seconda conferenza nazionale "L’era del biometano", promossa da Legambiente a Bologna. Per puntare sul settore, bisogna da una parte superare le carenze normative (prime fra tutte quelle sulla distinzione tra "sottoprodotto” e "rifiuto” e i limiti all’utilizzo agronomico del digestato previsti dal Decreto Mipaaf 5046), e poi realizzare nuovi impianti con processi partecipativi e di coinvolgimento della cittadinanza. Secondo l’European Biogas Association, oggi in Europa vengono prodotti 1,23 miliardi di metri cubi annui, grazie ad oltre 17 mila impianti a biogas per 8.728 MWe complessivi. Con un potenziale, secondo il Consorzio Gas for Climate, di oltre 120 miliardi di metri cubi all’anno entro il 2050 in grado di generare risparmi di 140 miliardi di euro nello stesso periodo, rispetto a un’alternativa tutto elettrico. In Italia, a fine 2017, si contavano 1.920 impianti operativi, di cui 1.460 nel settore agricolo e 460 nel settore rifiuti e fanghi di depurazione, per una potenza complessiva di 1.400 MWe, di cui poco meno di 1.000 nel comparto agricolo. Una potenza che colloca l’Italia al quarto posto a livello mondiale dopo Germania, Cina e Stati Uniti. Per quanto riguarda il settore agricolo, invece, le stime del Consorzio Italiano Biogas e Crpa, parlano di un potenziale al 2030 di 8,5 miliardi di metri cubi di biometano (considerando la disponibilità ad esempio di biomasse di scarto di origine agricola e zootecnica o biomasse vegetali e sottoprodotti): in pratica il 12% del consumo attuale di gas in Italia. Stando ai dati relativi al 2016 riportati nell’ultimo rapporto Cic 2018 (Consorzio italiano compostaggio), l’organico rappresenta il 41% dei rifiuti raccolti attraverso la differenziata in Italia e la frazione umida è in costante aumento, con un +10% all’anno negli ultimi 10 anni, fino ad arrivare oggi a coprire 35 milioni di cittadini con circa 6,5 milioni/tonnellate all’anno raccolte in maniera differenziata (tra "umido” e "verde”). A fronte di tutto questo gli impianti di digestione anaerobica trattano circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti organici e sono localizzati quasi esclusivamente nel nord Italia. Grazie a tutta a frazione organica del rifiuto solido urbano, secondo le stime di Enea, in Italia sono producibili, al 2030, da 430 a 860 milioni di metri cubi di biometano. Ovvero dallo 0,6% all’1,1% dell’attuale consumo di gas.

Nei boschi dell’Amiata si torna a produrre carbone di legna, attività dismessa alla fine degli anni ’50 ma che ora sta riprendendo, tanto che nel 2019 potrebbero arrivare sul mercato i primi sacchetti di ‘Carbone dell’Amiata’ di faggio, di castagno o di cerro, certificati Pefc (ente normatore della certificazione di gestione del patrimonio forestale). Quindi, carbone tracciabile, proveniente da foreste gestite in maniera sostenibile, a km zero. Una novità, visto che oggi “il carbone arriva dall’Argentina, dalla Cina, dall’est Europa, perché in Italia non si produce se non in maniera amatoriale. Così, invece, garantiremo a chi lo acquista la tracciabilità del prodotto, dalla provenienza al tipo di legna utilizzato”, spiega Paolo Franchi del Consorzio Forestale dell’Amiata. Progetto, ora ancora in fase sperimentale, che fa già gola alla Gdo visto che alcune grandi catene si sono date come obiettivo quello di vendere entro il 2020 solo prodotti tracciabili. Tutto nasce da un’idea del Consorzio Forestale dell’Amiata, che con il supporto iniziale della Provincia di Grosseto ha partecipato al progetto europeo Biomass Plus riproponendo la produzione di carbone nei boschi dell’Amiata ma introducendo delle innovazioni rispetto alla tradizione. “Noi abbiamo proposto delle carbonaie moderne con l’utilizzo di forni”, spiega Franchi. Due quelli attualmente in fase di test: un primo forno, acquistato con il progetto europeo Biomass Plus (insieme con un’insacchettatrice e gli strumenti per insacchettare il carbone); il secondo, acquistato aderendo a un Pif (Progetto integrato di filiera forestale), il Pif Foglie della Regione Toscana, che taglia i tempi di caricamento (grazie alla carica meccanica della legna in rotoballe), passando dalle sei ore del primo forno alla mezz'ora di questo secondo modello. Se i test del progetto andranno bene, presto sull'Amiata si tornerà a produrre carbone, unendo tradizione e innovazione.

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energia rinnovabile

Giganti hi-tech vestiti di verde di Maurizio Godart

I colossi della tecnologia e del web, grandi multinazionali del calibro di Amazon, Alphabet, Apple, Softbank e Facebook, abbracciano convintamente le energie rinnovabili. È un fenomeno in movimento già da diversi anni, e che ora ha raggiunto dei livelli di sviluppo significativi. In fondo non c’è da stupirsi: due avanguardie del mercato globale come la tecnologia e il settore green, già strettamente correlate tra loro, hanno molti vantaggi a dialogare e fondersi in un unico grande sforzo imprenditoriale, creando nuove opportunità di lavoro, profitti, riqualificazione del territorio, cominciando nel contempo a salvaguardare l’ambiente duramente provato dalle energie inquinanti usate su larga scala. Certamente importante è anche la questione dell’immagine di queste società, che devono smarcarsi dal comune sentire che, giustamente o ingiustamente, spesso le addita come molto inquinanti. Pensiamo ad Alphabet, holding di Google e di altre importanti società controllate, nata per rendere più trasparenti le attività relative a Google, marchio più noto del gruppo, e concedere una forte autonomia alle società che si occupano di settori diversi dai servizi internet. Di Alphabet fa parte anche X, nota in precedenza come Google X, che si occupa essenzialmente di avanguardia tecnologica frutto di lavoro da laboratorio. Il laboratorio X sta sperimentando una tecnica differente ed

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Elementi 45

innovativa per lo stoccaggio dell’energia, nome in codice Malta. Il focus dei ricercatori è sulle soluzioni di storage, ovvero i dispositivi da impiegare per stoccare l'energia generata in modo da soddisfare il fabbisogno nel momento della richiesta. Si sta sostanzialmente creando un macchinario in grado di immagazzinare energia sotto forma di calore, in sali fusi ad alte temperature oppure in un liquido simile all’antigelo delle automobili alle basse temperature. Il team di X è al lavoro da tre anni e sta perfezionando il progetto per poi valutare la possibilità di una sua ipotetica commercializzazione. Anche Amazon - notissima azienda di commercio elettronico statunitense, la più grande internet company al mondo - è attiva nel settore. Lo scorso ottobre ha inaugurato un parco eolico di enormi dimensioni (oltre 100 turbine) nella contea di Scurry in Texas, in grado di produrre in rete 1 milione di megawattora di energia pulita ogni anno. Senza contare he Amazon ha già lanciato altri 18 progetti eolici negli USA e ulteriori 35 sono in cantiere. Jeff Bezos, l' Ad di Amazon, nel lungo periodo vorrebbe un’azienda totalmente funzionante con le rinnovabili. Un’altra sfida impegnativa e prestigiosa l’ha lanciata Softbank Group Corporation, azienda giapponese di telecomunicazioni che offre telefonia fissa e mobile, internet a banda larga, commercio elettronico, finanza, marketing e altro.


L’obiettivo è quello di fare dell’Arabia Saudita una grande potenza mondiale delle rinnovabili e in particolare del fotovoltaico. Il regno saudita cerca di separare il più possibile il suo destino dalla produzione di petrolio, risorsa che sarà sempre meno centrale nel mix energetico dei prossimi decenni, lasciando spazio al gas e alle rinnovabili. L’investimento totale per una potenza di 200 GW, compresi i pannelli solari e gli impianti di produzione, è stimato intorno ai 200 miliardi di dollari: saranno coperti da un poderoso fondo di investimento, frutto dell’accordo tra Softbank e i sauditi, e con i guadagni della vendita dell’energia. In un secondo momento l’Arabia Saudita dovrebbe, negli intenti di questo piano d’azione, diventare un grandissimo esportatore di pannelli solari. Per intenderci, si tratta di un piano da 100.000 posti di lavoro, con un futuro aumento molto rilevante del Pil della nazione. In questo contesto non poteva mancare Facebook, il più grande social network al mondo, che ha un nuovo data center nei pressi di Altoona, nello stato dello Iowa, totalmente alimentato dal parco eolico di Wellsburg (140 MW) costruito dalla compagnia energetica MidAmerican in collaborazione con Facebook. Infine Apple, la grande azienda tecnologica statunitense di Cupertino, California. Il colosso ha recentemente annunciato che tutte le sue strutture nel mondo sono alimentate al 100%

da energia pulita e che anche una parte dei suoi fornitori ha seguito questo esempio. Sottolineare che solo una parte dei suoi fornitori si è mosso in questa direzione non è un dettaglio: significa che ad oggi non tutto ciò che direttamente o indirettamente riguarda Apple è del tutto ecocompatibile. È comunque una utopia che si realizza, potremmo asserire: l’esempio di come il progresso non deve necessariamente avere il famoso rovescio della medaglia, spingendo l’umanità oltre i suoi attuali limiti da un lato, e danneggiando l’ecosistema dall’altro. Infine, è necessario aggiungere che Apple nel mondo ha 25 impianti di produzione di energia rinnovabile già attivi per una capacità produttiva di 626 MW e altri 15 sono in via di costruzione.

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verifiche e ispezioni

Le attività di Verifica e Ispezione nel 2017 di Marcello Armiento Al fine di accertare la sussistenza o la permanenza dei presupposti e dei requisiti, oggettivi e soggettivi, per il riconoscimento o il mantenimento degli incentivi, il GSE effettua verifiche, secondo criteri di trasparenza, efficienza, efficacia e non discriminazione, mediante controlli documentali e sopralluoghi sugli impianti di produzione di energia elettrica e termica alimentati da fonti rinnovabili, sugli impianti che operano in regime di Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR), sugli impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento (CHP+TLR) e sugli interventi di efficienza energetica. Ai sensi della delibera ARERA GOP 71/09 e successive modifiche, il GSE esegue, inoltre, in avvalimento le attività di verifica sugli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili e da fonti assimilate alle rinnovabili che hanno richiesto i benefìci di cui al provvedimento CIP6/92. Con la delibera del 21 dicembre 2017 874/2017/E/eel, l’ARERA ha approvato il Regolamento

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Elementi 45

per l’effettuazione degli interventi ispettivi sugli Altri Sistemi Semplici di Produzione e Consumo – ASSPC qualificati come Sistemi Efficienti di Utenza (SEU) o Sistemi Esistenti Equivalenti ai Sistemi Efficienti di Utenza (SEESEU) che saranno svolti dal GSE nell’ambito del predetto regime di avvalimento. La rilevanza strategica delle attività di verifica del GSE è stata confermata con l’emanazione del D.M. 31 gennaio 2014 del Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito D.M. Controlli), che ha introdotto, ai sensi dell’articolo 42 del D.lgs. 28/11, una disciplina organica dei controlli per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Il D.M. Controlli prevede infatti le modalità di programmazione delle attività di controllo, le modalità operative di effettuazione di controlli con sopralluogo, le attività di supporto in capo ai gestori di rete, individuando le violazioni rilevanti che comportano la decadenza dagli incentivi, con l’integrale recupero delle somme già erogate


e l’eventuale segnalazione all’ARERA per i seguiti sanzionatori. Negli anni l’attività di verifica svolta dal GSE ha assunto crescente importanza. Nel 2017, in piena continuità con l’operato dell'anno precedente, l’attività di verifica è stata ulteriormente potenziata in considerazione dell’esigenza di rendere più selettivi gli obiettivi di controllo a seguito dell’emanazione del D.M. Controlli. Il GSE nell’anno 2017 ha effettuato 5.260 procedimenti di controllo, di cui 1.967 con sopralluogo e 3.293 di carattere documentale, per una potenza complessivamente verificata di 4.344 MW. L’analisi dei dati storici mostra come le attività di verifica, a decorrere dall’anno 2001 (anno di costituzione del GRTN ora GSE), abbiano avuto un andamento significativamente crescente. Nel corso del 2017 sono state effettuate 1.674 verifiche sugli impianti fotovoltaici, per una potenza complessiva pari a 1.505 MW. Il 41,5% di tali verifiche ha riguardato impianti incentivati ai sensi del D.M. 5 maggio

2011 (Quarto Conto Energia), il 33,6% impianti incentivati ai sensi del D.M. 19 febbraio 2007 e della Legge 129/10 (Secondo Conto Energia), il 13,2% impianti incentivati ai sensi del D.M. 5 luglio 2012 (Quinto Conto Energia), l'8,4% impianti incentivati ai sensi del D.M. 6 agosto 2010 (Terzo Conto Energia) e il 2,9% impianti incentivati ai sensi dei DD.MM. 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 (Primo Conto Energia). Infine, lo 0,4% di tali verifiche ha riguardato impianti solari termodinamici incentivati ai sensi del D.M. 23 giugno 2016. Per quanto attiene agli impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico (IAFR/FER), sono state effettuate 406 verifiche, per una potenza complessiva di 1.098 MW, con l’obiettivo di coinvolgere tutte le tipologie di impianti e di incentivi esistenti. Di tali verifiche, 365 hanno riguardato infatti impianti qualificati FER, 35 impianti

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Per quanto concerne l’attività di verifica sugli impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento che hanno richiesto e ottenuto il rilascio dei CV ai sensi del D.M. 24 ottobre 2005, il GSE ha effettuato 12 verifiche, per una potenza complessiva di circa 204 MW. Nel 2017 sono state effettuate 90 verifiche su interventi ai sensi del D.M. 28 dicembre 2012 - Conto Termico e 2.954 verifiche su interventi di efficienza energetica ai sensi del D.M. 28 dicembre 2012 - Certificati Bianchi. Si può anticipare che il numero di procedimenti gestiti/conclusi già nel primo semestre dell’anno in corso è in linea con l’ottimo risultato conseguito nel 2017 ed è quindi ipotizzabile un ulteriore miglioramento delle performance della Direzione Verifiche e Ispezioni.

qualificati IAFR, 3 impianti cui sono riconosciute Garanzia d’Origine, un impianto con Ritiro Dedicato e 2 impianti eolici che hanno richiesto la remunerazione della Mancata Produzione. Sono state effettuate altresì verifiche che hanno comportato operazioni di campionamento e caratterizzazione chimico-fisica dei bioliquidi utilizzati, ai sensi dell’articolo 2 comma 2 del D.M. Controlli e verifiche sugli impianti FER iscritti in posizione utile nei Registri o aggiudicatari delle procedure d’asta ai sensi del D.M. 23 giugno 2016 e del D.M. 6 luglio 2012. Nel 2017 sono state effettuate 2 verifiche in avvalimento, ai sensi della delibera ARERA n.346/16/E/EFR, su impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili che hanno richiesto i benefici di cui al provvedimento CIP6/92 per una potenza complessiva di 259 MW. Sono state inoltre effettuate 122 verifiche su unità di cogenerazione, che hanno richiesto il riconoscimento CAR e/o l’accesso al regime di sostegno dei Certificati Bianchi (“CB”), ai sensi del D.M. 5 settembre 2011, per una potenza complessiva di 1.278 MW.

Numero di verifiche effettuate dal GSE dal 2001 al 2017 2001 - 2010

2011

2012

2013

1.764

2.525

1.546

2.440

2014

2015

2.798

2.086

2016

2017

2.220

1.572

FTV Sopralluoghi Documentali TOTALE

-

-

1.764

2.525

-

68

390

833

1.333

1.546

2.508

3.188

2.919

3.553

102

135

99

97

86

87

218

-

-

335

164

93

188

135

99

432

250

180

406

1.674

IAFR/FER Sopralluoghi

421

72

Documentali

-

-

TOTALE

421

72

CB/CT Sopralluoghi

-

-

-

-

54

53

103

Documentali

-

-

-

-

57

172

290

2.952

92

TOTALE

-

-

-

-

111

225

393

3.044

31

35

27

22

7

2

2

2

Avvalimento Autorità Sopralluoghi

14

14

CHP+TLR/CAR Sopralluoghi Documentali

43

20

37

51

84

83

-

-

-

-

2

5

23

51

43

2

2

20

39

56

107

134

Sopralluoghi

2.242

2.630

1.718

2.586

3.008

2.290

2.501

1.967

Documentali

-

-

-

68

784

1.174

1.739

3.293

2.242

2.630

1.718

2.654

3.792

3.464

4.240

5.260

Totale Totale

Totale

80

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FOTOVOLTAICO: il futuro è ancora crescita In collaborazione con

CONVEGNO

ROMA • MERCOLEDÌ • 28 NOVEMBRE 2018 AUDITORIUM GSE • V.LE M. PILSUDSKI 92 L’Italia, l’Europa e molti Paesi nel mondo hanno messo al centro delle proprie strategie energetiche un’ambiziosa crescita della generazione elettrica da fonti rinnovabili. Il fotovoltaico avrà un ruolo centrale. È una tecnologia modulare che si adatta alle esigenze dei piccoli e grandi operatori e che può essere messa al servizio dei diversi settori economici. Per essere all’altezza di tale sfida il fotovoltaico dovrà evolvere e potenziarsi: modelli di business caratterizzati dall’offerta di nuovi servizi per il mercato elettrico grazie alla digitalizzazione e alla diffusione dello storage, potenziamento degli impianti esistenti, costruzioni di nuovi impianti in grid parity, internazionalizzazione. Questi i temi al centro degli interventi e della discussione nella tavola rotonda tra istituzioni, operatori ed esperti del settore.

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energia ambiente

Il valore della plastica COLLOQUIO CON ANTONELLO CIOTTI Presidente di Corepla Il “virtuosismo ecologico” non deve essere un’idea ma un modo di agire, un elemento costante della nostra quotidianità. Solo così si possono raggiungere livelli importanti in termini di riciclo, con benefici per l’ambiente e l’economia. Chiaramente serve consapevolezza e attenzione da parte dei cittadini, regole che facilitino i processi e la collaborazione delle aziende che producono plastica. Abbiamo incontrato Antonello Ciotti, Presidente di Corepla, il Consorzio che si occupa della raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi di plastica, che ci ha fatto un quadro della situazione attuale.

di Luca Speziale

Antonello Ciotti - Presidente di Corepla

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E: Dalla fondazione di Corepla ad oggi come è cresciuta l’attività?

E: Quanto “si guadagna” da un utilizzo e un riciclo virtuoso della plastica?

AC: La storia di Corepla, che è il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi di plastica, parte nel 1997. All'inizio si raccoglievano meno di 2 kg di materiale per abitante. Il trend di crescita, in tutti questi anni di attività, è stato costante e i risultati preliminari di quest’anno ci dicono che abbiamo superato i 18 kg per abitante. In termini di quantità generali raccolte, nel 2017 abbiamo superato 1.100.000 tonnellate di rifiuti di imballaggio in plastica.

AC: Il guadagno, oltre a quantificarlo in termini monetari, va calcolato in termini d’impatto ambientale. Grazie all’attenta ed efficiente attività portata avanti, che ha generato nuova materia, abbiamo evitato negli ultimi 20 anni la creazione di 15 discariche di grandi dimensioni, quasi una all’anno. Inoltre, con la parte che inviamo a recupero energetico, si riesce a soddisfare il fabbisogno italiano di energia elettrica per quasi due settimane. Infine, nel 2017, oltre il 60 % di tutte le bottiglie di plastica sono state recuperate divenendo nuova materia.

E: Ad oggi “la plastica” è al centro di molti dibattiti per la sua “onnipresenza”: cosa non funziona nel ciclo dei rifiuti?

E: Nello specifico del riciclo degli imballaggi di plastica, quali sono le criticità?

AC: Ci sono due grosse criticità. La prima riguarda i comuni e la loro organizzazione per la raccolta differenziata che non solo deve essere fatta, ma deve seguire precise regole. Il secondo punto riguarda ognuno di noi: serve una radicata cultura in questo senso e bisogna accrescere la propria sensibilità, non facendo mai mancare la propria iniziativa e volontà nel fare una corretta raccolta differenziata. Solo così si possono avere effetti realmente positivi.

AC: Il problema maggiore degli imballaggi di plastica, ad oggi, è che ce ne sono alcuni che non conviene dal punto di vista economico riciclare, ad esempio quelli alimentari. Questa tipologia d’imballaggio deve garantire alte performance e questo lo si ottiene grazie ad una struttura “complessa”. Quest’ultima però complica il processo di riciclo: per avere un’ottima protezione del contenuto, si deve “rinunciare”, in un certo senso, alla possibilità di riciclarlo completamente.

E: In Italia come è oggi la situazione tra Nord e Sud? Qual è la classifica tra le nostre regioni?

E: Quali sono le sfide future e i prossimi obiettivi in termini di riciclo, di ricerca e sviluppo?

AC: Non c’è una netta divisione tra Nord e Sud: i dati fotografano più una situazione a “macchia di leopardo”. Abbiamo alcune regioni molto virtuose come Veneto e Valle D’Aosta con circa 25 kg di materiale per abitante, altre come Lombardia e Campania che sono a circa 19 kg per abitante. Ultima la Sicilia che, anche se lo scorso anno ha fatto registrare tassi di crescita del 50%, è ferma a 7 kg per abitante.

AC: La sfida principale sarà proprio quella di riuscire a rendere completamente riciclabili, anche quegli imballaggi che ad oggi non lo sono per la loro struttura. Per fare ciò è necessaria una maggiore cooperazione con i grandi gruppi multinazionali che producono imballaggi in modo che siano realizzati tenendo conto del tema del riciclo e quindi del “fine vita”. Per questo bisogna investire risorse e idee per trovare soluzioni efficaci, anche perché l'Europa ci chiede di arrivare al 2025 a tassi di riciclo minimi del 50%. In Italia oggi i risultati sono decisamente positivi, siamo intorno al 43%, ma la strada è ancora lunga è serve l’impegno di tutti.

Imballaggi in plastica Sono i contenitori e gli imballi con cui vengono confezionati i prodotti finiti che si acquistano in negozio, sia di tipo alimentare che non. Le tipologie di plastica riciclabile sono contrassegnate dalle sigle PE, PP, PET PS (polistirolo). La plastica va conferita pulita negli appositi contenitori. È importante assicurarsi che gli imballaggi non contengano residui evidenti del contenuto, ma di norma non è necessario lavarli. Inoltre, per ridurre il volume e ottimizzare così conferimento e raccolta, occorre, quando è possibile, schiacciare bottiglie e contenitori. Dopo la raccolta la plastica viene portata in impianti di prima selezione e trattamento; viene quindi separata da altre frazioni e impurità e suddivisa per tipologia di polimero. Dalla materia prima secondaria ricavata dalla lavorazione della plastica si possono ottenere: nuovi contenitori (non alimentari), fibre per imbottiture, maglioni, “pile”, moquette, interni per auto, tubi, scarichi per l’acqua piovana, raccordi, passacavi, prodotti per il settore edile; contenitori per detergenti, tappi, film per i sacchi della spazzatura, pellicole per imballaggi, casalinghi, arredo urbano (panchine, parchi giochi, recinzioni).

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energia e ambiente

Edilizia digitale amica dell'ambiente

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di Maria Pia Terrosi

Ormai da anni informatica e digitalizzazione hanno fatto il loro ingresso nell'edilizia. Se all'inizio sono entrate solo nella fase di progettazione e design del manufatto attraverso l'utilizzo di software di disegno - i Cad, Computer Aided Design - che consentivano di realizzare disegni architettonici in 2D o 3D, il salto sostanziale si è verificato quando la digitalizzazione ha coinvolto tutte le fasi della vita di un edificio. Non solo la progettazione, ma anche la gestione, la manutenzione, fino alla demolizione. Le più significative implicazioni in tal senso si sono registrate con BIM - Building Information Modeling, cioè Modello di Informazioni di un Edificio, un software che non si limita a offrire un accurato e realistico rendering - come apparirà il manufatto - ma integra tutte le funzionalità e le prestazioni di ogni oggetto presente nell' edificio. In pratica una sorta di contenitore che raccoglie tutte le informazioni su ogni elemento - materiali, strutture, impianti - che compongono l'architettura. È evidente che condividere tutte queste informazioni consente maggiore controllo nelle varie fasi, sia progettuali che costruttive, il che si traduce nella riduzione dei tempi di realizzazione, maggiore efficienza e produttività e quindi contenimento dei costi. Inoltre dà la possibilità di mantenere il controllo anche in fase post costruzione, monitorando la condizione/invecchiamento dei materiali e programmandone meglio la manutenzione. Il passo successivo è stato mettere la digitalizzazione al servizio della sostenibilità e circolarità. Il settore dell'edilizia, infatti, a livello mondiale consuma più di 1/3 dell'energia ed è responsabile di 1/3 delle emissioni. Con questi numeri, ridurre i consumi energetici e rendere l'edilizia sostenibile - ad esempio tramite interventi di efficientamento - è un passaggio che non si può più rimandare. Ma l'edilizia ha un peso fondamentale anche nel consumo di materiali quali acciaio, legno,calcestruzzo, vetro. Materiali che per essere prodotti consumano ingenti quantità di risorse naturali e che - nella maggior parte dei casi - a fine vita dell'edificio finiscono in discarica, se non dispersi in ambiente. In Europa i rifiuti provenienti da demolizione e costruzioni valgono circa un terzo del totale dei rifiuti speciali, qualcosa come 820 milioni di tonnellate l'anno. Di questi rifiuti oggi in media si ricicla il 70% nella Ue, con paesi virtuosi come Olanda, Germania che raggiungono il 90% di materiali edili recuperati, altri decisamente meno come l'Italia, dove siamo fermi al 10%. Gli scarti dell'edilizia contengono cemento, mattoni, legno, vetro, acciaio, rappresentando di fatto una vera miniera dalla quale estrarre materia prima seconda da recuperare, riutilizzare, riciclare. Applicando all'edilizia un modello circolare non solo si riduce lo sfruttamento dei materiali naturali, ma si contengono i consumi energetici e la quantità di rifiuti da gestire. Con

vantaggi economici, sociali e ambientali. Proprio per aumentare la percentuale di recupero dei materiali dai rifiuti edili l'Unione europea ha attivato BAMB, Buildings As Material Banks (Edifici come banche di materiali) che ha messo a punto il "material passaport", una sorta di carta di identità di 300 diversi materiali e componenti, contenente informazioni sulla loro durata, recuperabilità e reimpiego, sostenibilità ambientale e salubrità. L'obiettivo di BAMB è arrivare alla circolarità introducendo il concetto di "reversible building design”, la progettazione reversibile. In pratica cambiare ottica e già in fase progettuale disegnare l'edificio pensando a come recuperare a fine ciclo di vita i materiali e reimpiegarli in altri contesti costruttivi. “Il reversible design permette -nelle costruzioni arrivate a fine ciclo di vita - di recuperare senza danneggiarli i materiali, reimpiegandoli in altri contesti costruttivi”, ha precisato l’architetto Elma Durmisevic che coordina BAMB. “Così si supera la prospettiva monofunzionale di un edificio, per sostituirla con un approccio dinamico, flessibile che tiene conto del mutare delle esigenze di chi vi abita o lavora.

Ora mi stampo la casa Da quando le stampanti 3D sono riuscite a usare i materiali tradizionali adoperati nelle costruzioni - quali argille, calcestruzzi - la stampa 3D ha interessato anche l'edilizia. Con il vantaggio di ottimizzare la gestione delle risorse - in pratica non ci sono sprechi di materie prime - e ridurre i tempi di costruzione, visto che il lavoro in cantiere è ridotto solo ad assemblare gli elementi e all’installazione di impianti e serramenti, con notevoli risparmi nei costi di produzione. Qualche mese fa a Milano è stata inaugurata una casa in cemento stampata in 3D, la prima in Europa. Realizzata in un paio di settimane l'edificio si trova in pieno centro: 100 metri quadrati, suddivisi tra la zona giorno, notte, una cucina e un bagno. Volendo potrà essere ampliata, demolita e ricostruita usando lo stesso materiale. Qualcosa del genere è stato realizzato in Texas ad Austin, dove un modulo abitativo di quasi 250 metri quadrati è stato realizzato in un solo giorno. In questo caso, l'obiettivo era dimostrare la possibilità di usare la stampa 3D per realizzare velocemente nuove abitazioni per le famiglie senza casa ( secondo alcune stime circa un miliardo di persone al mondo non dispongono di abitazioni adeguate e sicure) o private della loro da catastrofi ambientali.

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mercato energetico

La sostenibilità regina del mercato Il mondo industrializzato, sempre più indirizzato verso la produzione di massa e gli utili economici, ha per decenni trascurato un aspetto molto importante del nostro vivere, quello della sostenibilità. Ma quando accenniamo a questo concetto, nella nostra epoca così abusato ma spesso anche nebuloso, esattamente a cosa ci riferiamo? La sostenibilità, nell’ambito delle scienze ambientali ed economiche, si riferisce allo sviluppo capace di garantire il raggiungimento dei bisogni della generazione presente, senza far venir meno la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri. Adoperato inizialmente nel corso della prima conferenza dell’ONU sull’ambiente nel 1972, il concetto di sostenibilità si è molto evoluto nel corso dei decenni, adattandosi alle esigenze e ai problemi che la società presentava nella sua sempre più rapida trasformazione. Infatti, pur essendo partito da una visione

di Maurizio Godart

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incentrata prevalentemente su temi ecologici, tale concetto è approdato a un significato più globale, che tiene conto anche della dimensione economica e sociale: i tre aspetti fusi tra di loro implicano la ricerca di un benessere costante e potenzialmente crescente, in grado di garantire un buon futuro alle generazioni che verranno. Oggi il tema dell’inquinamento ambientale, della qualità dei prodotti che consumiamo, dell’uso consapevole e oculato dell’energia, possibilmente a impatto zero, sono aspetti centrali del dibattito sociale e mediatico. Dunque la sostenibilità è diventata inevitabilmente un requisito che influenza i consumi degli italiani e più in generale dei cittadini di tutti i paesi industrializzati. Come sostenuto dal professor Fabio Iraldo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa “i consumatori sono più maturi, smettono (come prima motivazione) di comperare un prodotto quando

si sentono presi in giro sulla sua reale sostenibilità. Una presa di coscienza nei confronti degli acquisti green che troppe aziende, ancora oggi, sottovalutano”. L’attenzione a questo fenomeno sta infatti diventando una importante caratteristica del consumo italiano: il 52% dei consumatori è disposto persino a pagare di più un prodotto, purchè abbia la certezza della sua reale sostenibilità. Siamo di fronte ad una nuova consapevolezza ecologica, dettata dalla paura di un vivere insalubre e lasciare un mondo inquinato e irrimediabilmente compromesso. Sempre secondo Iraldo c’è una coscienza verde che si è formata negli ultimi anni “grazie all’evoluzione del contesto sociale: dai media fino all’entrata nei programmi scolastici di temi come la raccolta differenziata, i gas serra, il surriscaldamento globale e i cambiamenti climatici”.

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sta conquistando il mercato di pari passo con la sostenibilità. Ma mentre aziende coerenti e sane cercano di appellarsi al marketing verde dopo aver messo in campo delle pratiche virtuose, i furbetti pensano invece che si possa cavalcare il fenomeno a buon mercato, puntando solo ad abbellire la Per citare tre aziende virtuose, possiamo fare riferimento a propria immagine sventolando la bandiera verde senza che i Sammontana, Gucci e Carlsberg. Sammontana, storica azienda fatti glielo possano realmente permettere. Quando un’azienda, produttrice di gelati, sta da tempo apportando modifiche e miglioramenti ai propri processi aziendali attraverso attrezzature un’organizzazione, una fiera, un partito politico, un evento aziendale o pubblico sostengono di essere verdi attraverso la innovative, tra cui frigoriferi ad alta efficienza energetica, pubblicità e qualche azione isolata e sterile, impiegando più uso sempre più razionale dell’acqua e dell’energia, oltre che risorse in queste pratiche piuttosto che nelle effettive azioni gestione innovativa dei rifiuti, selezione ecocompatibile di sostenibili, si ha appunto greenwashing. Il greenwashing è materie prime e attenzione a temi socio-ecologici. Gucci, azienda ormai internazionale ma con storiche origini fiorentine, un male per l’ambiente perché induce i consumatori in buona fede ad adottare comportamenti o acquistare prodotti che si sta occupando di tracciabilità delle etichette e ha attuato contengono aspetti veramente contrari all’ambiente mascherati un programma ecologico su scala mondiale mirato a ridurre da azioni ingannevoli. Inoltre anche le aziende che, con l’impatto dell’azienda sull’ambiente. Si tratta di misure che spregiudicatezza, praticano questa azione, rischiano di avere vanno dal risparmio energetico in tutti i punti vendita, uffici e grosse complicazioni a causa della sensibilità che sta nascendo al centri logistici Gucci fino all’approvvigionamento sostenibile riguardo. e la tracciabilità delle materie prime. Infine Carlsberg, che si è focalizzata sulle quattro aree di priorità che hanno maggiore Da un punto di vista giuridico, soprattutto a livello comunitario, impatto sulle attività aziendali: acqua, ingrediente principale la legislazione su questa abitudine scorretta e dannosa è della birra; energia ed emissioni nel processo produttivo; salute ancora parzialmente in costruzione, però a livello nazionale è e sicurezza di chi produce e distribuisce le birre; consumo stato introdotto un precetto che, considerando come i pregi responsabile. Per l'acqua l’obiettivo prevede zero sprechi: Carlsberg ha ridotto del 6% il proprio consumo di acqua, grazie ambientali di un prodotto possano essere decisivi per orientare la scelta dei consumatori, impone standard precisi di correttezza, ad un monitoraggio costante sulla produzione. La sostenibilità, come detto, è al centro del mercato: una chiave affinché gli slogan ecologici non divengano frasi di uso comune, potente che smuove i comportamenti di grandi aziende, talvolta prive di concreto significato ai fini della caratterizzazione e della differenziazione dei prodotti. Con questa norma non si può in modo molto convincente (come per le tre appena citate), talvolta in modo più parziale ma comunque positivo. Ma questo alludere ad un beneficio se non è comprovato scientificamente. Da ora in avanti le caratteristiche ambientali dei prodotti devono fattore, oltre a promuovere comportamenti migliori, rischia di basarsi su dati veritieri, pertinenti e , appunto, scientificamente generare scenari poco trasparenti, al limite del greenwashing. provabili. Le aziende serie e corrette, oltre naturalmente ai Ma cos’è il greenwashing e che pericoli rappresenta? Questi consumatori attenti alla sostenibilità, non potranno non trarre deriva da un fenomeno virtuoso, il marketing verde, a sua grandi vantaggi da questo primo pilastro giuridico sulla materia. volta discendente dalla coscienza ecologica, la nobile causa che Sono ancora poche le aziende italiane in grado di affrontare il tema ambientale a tutto tondo, nonostante convenga e sia giusto farlo.

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Elementi Normativi La rubrica ha l’intento di aggiornare i lettori sui principali aspetti normativi del settore energetico.

A cura di Piergiorgio Liberati, in collaborazione con l'Osservatorio Normativo Gse

“Effort sharing”, il nuovo regolamento in Gazzetta Ufficiale Europea Al via in Europa il nuovo Regolamento sulla riduzione delle emissioni climalteranti, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che fissa i target nazionali necessari a centrare l’obiettivo comunitario di ridurre del 30% al 2030 le emissioni dei settori non inclusi nel sistema ETS (agricoltura, trasporti, edilizia e rifiuti). Per l’Italia è indicata una riduzione del 33%, ma con la possibilità di utilizzare alcuni meccanismi di flessibilità tra i quali l’uso del suolo e la facoltà di prendere in prestito allocazioni dai Paesi più virtuosi. A tali meccanismi il nostro Paese potrà ricorrere per coprire fino allo 0,3% della riduzione prevista. Al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Regolamento nel periodo 2021-2030, contribuirà anche il “Regolamento Lulucf”, in base al quale i 28 Stati Membri dovranno garantire che la deforestazione sia bilanciata da nuovi alberi e impegnandosi affinché gli assorbimenti superino le emissioni entro il 2030.

Proroghe di termini, la Legge n.108 su Gazzetta Sulla Gazzetta Ufficiale 220, del 21 settembre scorso, è stata pubblicata la legge 108 di conversione del Decreto 25 luglio 2018, recante proroga di termini previsti da disposizione legislative (cosiddetto “Milleproroghe”). Tra le più importanti disposizioni d’interesse per il settore energetico, la proroga, dall'1 luglio 2019 all'1 luglio 2020, della moratoria al regime di maggior tutela nel settore del gas naturale e dell’energia elettrica. Inoltre, il provvedimento contiene anche la proroga di 24 mesi del termine entro il quale, ai sensi del DM 23 giugno 2016 (articolo 11, comma 1) gli impianti geotermoelettrici e solari termodinamici, inclusi nelle graduatorie pubblicate dal GSE, devono entrare in esercizio per l’accesso ai meccanismi di incentivazione previsti dal medesimo decreto.

Oneri di sistema, aggiornamento componenti tariffarie per il IV trimestre Aggiornamento al rialzo delle componenti tariffarie per la copertura degli oneri generali di sistema. Lo ha disposto l’Autorità per l’Energia relativamente al IV trimestre 2018. Con riferimento al settore elettrico, il prezzo di riferimento dell’energia per il cliente tipo (2.700 kWh all’anno e una potenza impegnata di 3 kW) sarà di 21,76 centesimi di euro, di cui circa il 14,82% verrà destinato a oneri generali di sistema. Per quanto riguarda invece il gas naturale, sono confermati i precedenti valori delle componenti tariffarie. A partire dal 1° gennaio 2019 però, l’Autorità prevede – in continuità con quanto disposto nella delibera 172/2018/R/com – un adeguamento al rialzo della componente RET e RE, per il finanziamento degli incentivi per i recuperi di efficienza energetica. In generale, il prezzo di riferimento del gas per il cliente tipo (1.400 standard metri cubi/ anno) sarà pari a 83,07 centesimi di euro, di cui circa il 2,66% destinato agli oneri di sistema.

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Risparmio energetico, in Gazzetta il Decreto del MiSE Con il Decreto 10 maggio 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 158 del 10 luglio scorso, il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell’Ambiente, ha approvato le modifiche al Decreto ministeriale 11 gennaio 2017. Tra le principali novità la revisione del concetto di baseline; l’aggiornamento al 2019 della possibilità di modificare gli obiettivi e gli obblighi, qualora i risultati del meccanismo non fossero in linea con le previsioni; l’introduzione della cumulabilità con fondi di garanzia e fondi di rotazione, contributi in conto interesse, e con la detassazione del reddito d’impresa riguardante l’acquisto di macchinari e attrezzature (in tal caso il numero dei TEE spettanti è ridotto del 50%). Nel testo si chiariscono anche i criteri che l’ARERA dovrà definire nell’ambito della copertura dei costi, tenendo conto dei prezzi registrati sugli scambi bilaterali e introducendo un valore massimo di riconoscimento per i Certificati Bianchi, che, a partire dalle sessioni di annullamento valide per l’anno 2018, sarà pari a 250 euro per CB.

Rapporto ARERA sulle fonti rinnovabili e la cogenerazione Con la Relazione 428/2018/I/EFR l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente descrive l’attuale stato di utilizzo e di integrazione nel sistema elettrico degli impianti a fonti rinnovabili e degli impianti di generazione distribuita, e riporta i dati aggiornati relativi all’impatto degli strumenti di sostegno alle Fer, in termini di quantità di energia elettrica incentivata e di oneri coperti tramite le bollette. Viene inoltre dato spazio alla presentazione sintetica delle principali innovazioni normative in merito alle configurazioni private (SSPC e SDC). Nel documento ARERA si legge che la produzione lorda di energia elettrica (296 TWh) nel 2017 è lievemente cresciuta rispetto a gli anni precedenti (283 TWh nel 2015, 290 TWh nel 2016). Le Fer hanno inciso per circa 104 TWh, pari al 35,1% del totale nazionale (era il 18% circa nel 2004). Tale produzione è in calo (-17 TWh), rispetto al valore massimo registrato nel 2014 per effetto della scarsa idraulicità. In termini di potenza efficiente lorda, le rinnovabili hanno inciso nel 2017 per circa 53 GW, pari circa al 45,5% del totale nazionale, a fronte del 24% nel 2004.

Approvata la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2018 Dopo il Consiglio dei Ministri, anche la Camera e il Senato hanno dato il via libera alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (NaDef) 2018. Il Documento è un atto di programmazione economica che intende fornire risposte alle richieste dei cittadini e delle imprese in termini di crescita, welfare e occupazione. Sulla lotta ai cambiamenti climatici, il Governo intende introdurre norme per promuovere una maggiore diffusione di modelli di sviluppo sostenibile, la ricerca e l’innovazione. Tra i dodici disegni di legge collegati alla Nota, vengono introdotte agevolazioni per le società che riducono le emissioni (cosiddetta “Ires verde”). Per favorire le politiche di promozione degli investimenti, dell’innovazione e del miglioramento dell’efficienza energetica nell’edilizia, prevista, nella Legge Bilancio 2019, la stabilizzazione dell’ecobonus e del sismabonus. Per quanto riguarda le fonti rinnovabili, l’obiettivo è arrivare al 2050 con un sistema energetico alimentato solo da fonti sostenibili e in tale contesto, sarà varato il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima.

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Bizzarre energie Cibo di qualità dagli scarti alimentari In Olanda i cibi destinati a diventare rifiuti vengono raccolti e utilizzati per produrre nuovi alimenti. Ad esempio dal pane raffermo si ottiene una birra, dalle mele ammaccate un sidro, dalle scorze d’arancia un sapone e dalle verdure rovinate delle zuppe. Questi alimenti sono prodotti dalla catena di supermercati Jumbo che ha registrato un successo nelle vendita di “cibo riciclato” tanto da stimare, se il trend restasse identico per l’intero anno, una riduzione del cibo di scarto pari a 220mila tonnellate.

A cura di Sallie Sangallo

Ecco i treni all’idrogeno

La società di ingegneria franco –tedesca Alstom ha annunciato la costruzione di 14 treni ad idrogeno che sfrecceranno sulle rotaie europee dal 2021. Si tratta di treni regionali alimentati ad idrogeno che manderanno in pensione i vecchi e inquinanti convogli alimentati a diesel. I treni ecologici raggiungeranno una velocità massima di 140 km/h e le uniche emissioni che rilasceranno nell’ambiente saranno vapori d’acqua. Riprogettare il sistema dei trasporti alimentati ad idrogeno sta diventando sempre più frequente, per via del costo ridotto delle celle a combustibile e dei benefici che questo carburante apporta all’ambiente.

Ad Amsterdam si pesca la plastica Oceania: lotta dura alla plastica

Grazie al progetto Plastic Whale i canali di Amsterdam vengono ripuliti quotidianamente dai rifiuti plastici grazie ai tour organizzati che coinvolgono turisti, aziende e scuole locali. Il progetto ha lo scopo di far visitare la città attraverso i canali e sensibilizzare i passeggeri sul problema dell’inquinamento dei canali: ad ognuno dei partecipanti viene data l’attrezzatura per pescare quanti più rifiuti possibili. L’insieme della plastica viene stoccata e servirà per la costruzione di nuove imbarcazioni.

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In Australia, dopo l’esempio della Tasmania, è iniziata una battaglia ferrea contro l’utilizzo di sacchetti e contenitori di plastica monouso, tanto che moltissime catene di supermercati della grande distribuzione li hanno banditi dai propri negozi nonostante alcuni acquirenti non abbiano gradito la novità ecologica. L’Australia è tra i primi Paesi al mondo ad aver ridotto la dipendenza dalla plastica, dando così un significativo aiuto alla tutela dell'ecosistema.


La posidonia salva l’ecosistema

Si chiama Sidonia, l’iniziativa nata all’interno dell’area protetta di Capo Carbonara in Sardegna in collaborazione con l’Enea: ha lo scopo di rendere le spiagge più fruibili ai turisti e salvaguardare l’ecosistema delle coste sarde. Infatti grazie a Sidonia sono state raccolte importanti quantità di posidonia ricavandone quaranta cuscini, distribuiti agli ospiti di alcuni stabilimenti balneari del litorale di Villasimius. Terminata la stagione estiva “l’imbottitura ecologica” dei cuscini è stata resa alla spiaggia e continua a svolgere la sua funzione di barriera contro l’erosione , oltre che quella di nido e rifugio per pesci.

Swale, orto e cultura viaggiano sull’acqua

Il cemento mangia smog è made in Italy

Vincitore dell’oscar per l’innovazione, nella categoria industria all’European Inventor Award, è un materiale resistente all’azione degli agenti inquinanti. Si tratta di un cemento con l’aggiunta del biossido di titanio, capace di accelerare il processo di ossidazione, che consente all’ossigeno di decomporre contaminanti e trasformarli in sostanze facilmente rimovibili dall’acqua piovana. La stessa composizione potrebbe essere impiegata per la realizzazione di altri materiali edili da esterno, contribuendo efficacemente alla lotta allo smog. Il costo di questo tipo di materiali è superiore del 15% , rispetto agli altri, ma è in grado di ridurre del 20% l’inquinamento dell’aria.

Dall’olio esausto la bioplastica italiana

Swale è una piattaforma itinerante lungo il fiume Hudson che attracca in vari punti di New York. Ideata da un’artista americana per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’utilizzo del suolo, è diventata luogo d’incontro e riflessione per studenti e cittadini. Swale si sviluppa su una vecchia chiatta, in passato utilizzata per il trasporto di materiali edili, e ospita numerosi alberi da frutto, un orto e degli arbusti. Swale attraccando di molo in molo, consente di visitare i suoi 40x12 metri di suolo coltivato e di degustare i suoi prodotti gratuitamente. Uno dei problemi più sentiti dalle fasce più deboli della popolazione della Grande Mela è la reperibilità di cibi freschi e genuini, in quanto a nessuno è consentito l’utilizzo del verde cittadino per la coltivazione. Il messaggio è: “la legge proibisce la coltivazione sul suolo ma non sull’acqua”.

La società Bio-on produce bioplastisca da scarti alimentari di barbabietole, patate e canna da zucchero. L’innovativa scoperta parte dall’utilizzo dell’olio esausto di frittura combinato con gli altri scarti alimentari. Infatti i batteri non patogeni responsabili della produzione di PHAs, il poliidrossialcaonato, che si nutrono delle fonti di carbonio presenti negli scarti alimentari, inclusi i lipidi dell’olio esausto, producono energia e creano uno strato simile al “grasso umano”. Si tratta di poliestere lineare, polimero sintetizzato dai batteri, successivamente estratto attraverso vapore e mezzi meccanici, che dà vita a plastiche biodegradabili e idrosolubili usate in cosmetica, nell’industria e in campo medico per la produzione di fili chirurgici o protesi appunto. Grazie alla Bio-on anche l’olio esausto trova un’altra vita e non è più un inquinante per l’ambiente.

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arte e architettura in luce

Ostia, lì dove la storia scorre INTERVISTA A MARIAROSARIA BARBERA Direttrice del Parco Archeologico di Ostia Antica

di Maurizio Godart

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E: Direttrice, parliamo della storia di questo grande insediamento... MB: L’origine di Ostia, secondo lo storico Tito Livio, risalirebbe all'età del re Anco Marcio (640- 616 a.C.), laddove l’insediamento a oggi noto, il cosiddetto “castrum”, di forma simile ad un accampamento militare racchiuso entro le mura, si pone nella prima metà del IV secolo a.C. La città s’ingrandì progressivamente, tanto che nella prima metà del I sec. a.C. fu costruita una nuova e più ampia cinta muraria fino ad assumere con Augusto (fine del I secolo a.C. - inizi del I secolo d.C.) un aspetto monumentale, enfatizzato in particolare dal teatro e dal grande piazzale alle sue spalle, oggi definito “delle Corporazioni”; in quegli anni inoltre l’imperatore Claudio (41-54 d.C.) decise la costruzione di un impianto portuale. Più tardi si rese necessaria la realizzazione di un bacino portuale, a nord di Ostia (oggi Fiumicino) che legò il suo nome all’imperatore Traiano (98-117 d.C.) e che per un lungo periodo riuscì a soddisfare le esigenze di un traffico marittimo in continua espansione. Proprio con Traiano e con il suo successore Adriano (117-138 d.C.) Ostia visse il suo apogeo:


a questo periodo risalgono la sistemazione della piazza del Foro, il grande Capitolium e, più in generale, un grandioso piano urbanistico di sviluppo della città. Dalla metà del III secolo si colgono i primi segni di crisi, per esempio nell’abbandono di alcuni edifici. Gli studi più approfonditi hanno ipotizzato una gradualità del processo di abbandono che - talvolta interrotto da interventi di mano pubblica, come il restauro delle Terme di Porta Marina avvenuto sotto Teodorico (493-526 d.C.) - potrebbe essersi compiuto definitivamente solo nel IX secolo. Il fenomeno coincide con la nascita del borgo di Ostia Antica, con la costruzione della cinta muraria e di un fossato a difesa dell’area dalle incursioni saracene, dove trovarono riparo gli operai delle saline della Via Ostiense. Nella prima metà del XV secolo, Papa Martino V Colonna ampliò queste fortificazioni, di cui è ancora visibile il grande torrione oggi inglobato nel più tardo castello: nel 1483 la rocca fu completamente ristrutturata e ampliata da Baccio Pontelli per il vescovo di Ostia Giuliano della Rovere, poi divenuto Papa Giulio II.

E: Quali sono le caratteristiche principali della struttura urbanistica di Ostia? MB: Ostia si sviluppa nel tempo in maniera armoniosa e funzionale, seguendo sia le caratteristiche del terreno e dell’ambiente circostante, sia le esigenze di una popolazione che in buona misura rimane legata alla capitale dell’Impero. Il rapporto con il fiume non fa dimenticare le caratteristiche di una vera città romana, che nasce come un “castrum” intorno al tradizionale sistema di cardine e decumano (anche ricalcando l’antichissimo percorso del sale) e che si amplia seguendo i modelli imposti da Roma, come il Capitolium, ma anche avviando un processo di sperimentazione architettonica. La città reca il segno degli imperatori che l’hanno amata e sostenuta: non solo Augusto, ma anche Domiziano e Adriano.

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Ancora oggi si ammira il complesso tessuto urbanistico che vede affiancati magazzini capaci di accogliere migliaia di tonnellate di derrate solide e liquide (soprattutto grano e olio, ma anche vino e spezie); impianti termali e di uso pubblico, per non dire dei templi più e più volte restaurati e dei tanti edifici dedicati a divinità orientali. E anche i quartieri residenziali destinati alle varie fasce sociali, con abitazioni che ancora oggi stupiscono per la varietà delle planimetrie, degli affreschi, dei mosaici, fino all’esplosione dell'Aula basilicale di Porta Marina. E: Tra tanti meravigliosi edifici, può descrivercene uno particolarmente significativo? MB: Ostia presenta l’imbarazzo della scelta: dai templi alle splendide Terme, tra cui spiccano quelle di Nettuno, alle domus ornate da affreschi e mosaici e comunque ragguardevoli per le progressive trasformazioni e adattamenti degli impianti planimetrici. Ma il monumento che più rappresenta la vocazione di Ostia, la sua intima essenza,

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credo sia il “Piazzale delle Corporazioni”. È una sorta di foro commerciale, costruito da Augusto in uno con il grande teatro e più volte rifatto, sin dall’età di Claudio, aggiungendovi al centro un tempio (dedicato a una divinità sconosciuta), un portico e ambienti mosaicati che esibiscono le caratteristiche delle associazioni di mestiere (collegia) di armatori e commercianti attive a Ostia e a Portus e provenienti da tutto l’Impero.


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E: Quali le caratteristiche meno note del parco archeologico? MB: Il sito di Ostia antica si estende per 84 ettari, il che ne fa la più vasta area archeologica di età romana del Mediterraneo. Ma forse la caratteristica più importante di Ostia è la sua impressionante continuità di vita, da colonia repubblicana del IV secolo a.C. a città ormai cristiana di nove secoli dopo. Ostia abbraccia e comprende tutte le trasformazioni che si sono susseguite in questo lungo lasso di tempo, i suoi edifici pubblici e privati raccontano la storia della pittura parietale e dei mosaici in tutte le fasi della cd. età romana; mescola, senza né ghetti né separazioni, diverse etnie e religioni con i loro templi e santuari, le abitazioni, i negozi, i magazzini, un vero e proprio melting pot che riporta alla mente la frase che agli inizi del V secolo Rutilio Namaziano rivolge a Roma: Fecisti patriam diversis gentibus unam (Hai riunito popoli diversi in una sola patria, ndr). Insomma, una vocazione all’accoglienza e all’integrazione che ancora oggi lascia ammirati. E: Quali le più importanti attività intraprese da quando Lei si è insediata? MB: Il restauro degli edifici affacciati su quasi 700 metri lineari del Decumano Massimo , con 187 ambienti resi fruibili dopo averli liberati dalla boscaglia che li nascondeva, ha rappresentato un primo importante traguardo. Così come la realizzazione del nuovo sistema di videosorveglianza e i lavori per l’accessibilità di Ostia antica via Tevere, la progettazione esecutiva del rinnovato Museo delle Navi di Fiumicino, il grande progetto di monitoraggio di strutture e apparati decorativi dell’area archeologica con sistemi tecnologicamente innovativi. Voglio anche ricordare che stiamo lavorando per rinnovare e ampliare l’esposizione museale non solo negli spazi tradizionali, ma anche secondo un concetto di “museo diffuso” che utilizzerà gli stessi edifici della città antica. E: Che impatto deve avere un sito di questa portata, veicolo di cultura e legalità, in un territorio considerato difficile come quello di Ostia? MB: Sono convinta che il Parco Archeologico, in quanto Ufficio pubblico, deve costituire un presidio esemplare. Trasparenza e legalità sono i criteri della nostra azione di tutela del patrimonio culturale e della sua promozione. E vogliamo esibirli, per presentare ai cittadini un ente pubblico del quale essere orgogliosi. Il vessillo della legalità l'abbiamo già issato sul ciclo di conferenze pubbliche del 2018, alternando esperti di archeologia pubblica e protagonisti della reazione civica e istituzionale che sta sottraendo Ostia alla prepotenza mafiosa. La battaglia non è ancora vinta, ma il Parco di Ostia Antica ha già scelto da che parte stare.

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energia del pensiero

Favola di Natale

Nel paese che parla col cielo

Illustrazioni di Alessandro ButtĂ

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di Romolo Paradiso

Nel paese di Antonio d’inverno fa molto freddo. Piccolo e raccolto in cima a una montagna sembra guardare il mondo con un pizzico di distacco, con un po’ di svagatezza. La neve lo colora di bianco per mesi e il vento è di casa. Un vento freddo e pungente, che costringe la gente a starsene rintanata al calduccio di un camino. Ma nel paese che parla con il cielo c’è sempre armonia. E il sole, quando appare, di tanto in tanto, sa essere generoso con lui. I suoi raggi forti e intensi portano allegria e gioia nei cuori di tutti, espandendo una simpatica euforia nell’aria. Come ogni anno, Antonio e gli altri bambini attendevano l’arrivo della prima neve. Era l’occasione per far baldoria giocando a pallate, ma anche per da vita a una simpatica gara per il miglior pupazzo di neve. Antonio quella notte si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un presentimento. Sul suo sogno era sceso lieve un candido manto di neve e lui, ancora intontito dal sonno, volò alla finestra e s'affacciò. Mille e mille fiocchi bianchi cadevano silenziosi dal cielo accucciandosi tra le cose. Un sorriso gioioso s’accese nel cuore di Antonio, che, felice, corse a rificcarsi dentro le coperte per riperdersi nel suo sogno. Ma non ci riuscì, tanta era l’eccitazione che aveva in corpo. Trascorse così le ore che lo dividevano dal mattino fantasticando su quanto e cosa avrebbe fatto l’indomani con i suoi amici, e, soprattutto, per la costruzione del suo pupazzo di neve. L’indomani la piazzetta del paese era inondata di bambini. Il loro vociare allegro rimbombava nelle case. Era cominciata la gara ai più bei pupazzi. Quando ebbe finito il suo, Antonio non riuscì a nascondere un pizzico di soddisfazione. Era bello il pupazzo di Antonio, con quel berretto rosso in testa, il sorriso allegro, una pipa fumante e la scopa di paglia stretta in una mano. Un raggio di sole lo illuminava tutto, colorando il bianco di rosa. Per questo Antonio lo aveva chiamato “Pink”. “Vincerai un premio, Pink!”, gli sussurrò sottovoce Antonio. E Pink lo ricambiò con quel sorriso bonario stampato sul viso di ghiaccio. Ma la giuria non premiò il pupazzo di Antonio, neppure con il più piccino dei riconoscimenti. Antonio tornò a casa deluso e triste. La mamma lo rincuorò facendogli notare che non valeva la pena prendersela troppo. “L’importante è che Pink sia bello per te. E che tu gli voglia bene come a un amico.” Antonio annuì, poi andò alla finestra e guardò fuori. Vide Pink in mezzo a tutti gli altri pupazzi e gli lanciò un saluto con la mano. Ma la notte, nel paese che parla con il cielo, portò la pioggia che trascinò via la neve in silenzio, e i pupazzi della piazza si sciolsero lentamente in rivoli d’acqua. La mattina dopo, quando Antonio si svegliò, pioveva ancora. Gli occhi carichi di sonno si spalancarono

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...si sistemava sulla spalla sinistra di Antonio e con fierezza si lasciava portare... alla visione di una piazzetta deserta e triste. I pupazzi di neve non c’erano più e di Pink non era rimasto che un cappello rosso, una pipa e una scopetta di paglia poggiati in terra tra i rivoli di pioggia. Antonio scese a raccoglierli. Li portò a casa e malinconico ripensò a Pink. Poi prese un piccolo foglio di carta da disegno e rifece Pink. “Ecco”, disse, “così non potrò dimenticarti! Ti terrò con me sempre. Ti porterò a scuola e in ogni posto. Starai in un quaderno, in un portafogli, nel taschino della camicia…". “Sono felice!” gli rispose Pink, “Felice di avere un amichetto come te!” Antonio parlava con Pink e questi con lui come due amici di vecchia data, avvolti in quell’atmosfera magica e fantastica che aleggia nell’animo di chi è ancora fanciullo. Si promettevano divertimenti, passatempi, si scambiavano la gioia di esistere. Un ticchettio insistente sui vetri della finestra frenò l’entusiasmo dei due amici che andarono a curiosare. Era un piccolo passerotto infreddolito con un ‘ala spezzata che chiedeva aiuto. “Portiamolo dentro” disse Pink ad Antonio, “e curiamolo”. Antonio prese in mano l’uccellino e lo poggiò delicatamente sul suo letto. Poi legò con un po’ di filo uno stecchino all’ala spezzata, in modo da tenerla rigidamente ferma. “Per qualche tempo dovrai startene buono buono senza volare”, gli sussurrò vicino alla testolina Antonio, “per guarire occorre riposo!”. “Cip, cip ,cip!” fece l’uccellino in segno d’assenso. “Bene Pink”, rispose Antonio, “abbiamo un nuovo amico!". "Cip, cip, cip!" continuò contento il passerotto. I tre divennero inseparabili. Si divertivano insieme inventando giochi fantastici. Quando Antonio andava a scuola, Pink lo seguiva nascosto in un quaderno, in un astuccio, o dentro le pagine di un libro e l'uccellino li aspettava impaziente e buono a casa. Faceva i salti di gioia quando li vedeva tornare, zampettando sui tavoli, accennando appena a uno svolazzamento con l'ala sana. Poi prendeva a cinguettar finché Antonio e Pink non lo coinvolgevano nelle loro cose. Ma la sua felicità esplodeva quando Antonio lo portava con sé fuori. Il passerotto si sistemava sulla spalla sinistra di Antonio e con fierezza si lasciava portare guardando tutti dall'alto in basso. Anche Pink era con loro, nascosto tra le cose di Antonio. Insieme andavano a passeggiare tra i boschi innevati, a portare da mangiare agli scoiattoli, agli uccellini infreddoliti, alle ranocchie del lago. Nel loro percorso incontravano sempre il vecchio Geronimo, il pastore maremmano del guardiacaccia, un po’ su con gli anni e annoiato dall'inettitudine, ma grande amico di Antonio, che con lui s'era sempre trattenuto a giocherellare, a far delle lunghe corse nei campi in primavera, a "scambiar due parole". Antonio gli aveva presentato il passerotto e Pink, e

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Geronimo ogni volta che li incontrava chiedeva ad Antonio, con moine ormai convenzionali, di intercedere presso il guardiacaccia affinché questi gli permettesse di seguirli nelle loro passeggiate. Antonio lo faceva volentieri e Geronimo, abbandonata la sua aria distratta e assonnata, ringraziava poggiando le zampe sulle gambe di Antonio e abbaiando al passerotto ed a Pink, che sapeva essere nascosto da qualche parte. I quattro scorrazzavano in lungo e in largo a caccia di piccole avventure celate tra gli anfratti della fantasia o ricercate tra le cose della natura. Antonio proponeva, Pink elaborava, Geronimo s'agitava e il passerotto cinguettava saltellando sulle spalle di Antonio. Il tempo trascorreva in allegria e Antonio, Pink, il passerotto e Geronimo s'affiatavano sempre più e diventarono inseparabili. Intanto l'ala del passerotto era guarita, ma nessuno se ne era reso conto. Fin quando un giorno giocando nel bosco a rincorrersi tra la neve, la gioia dell'uccellino non si manifestò spiccando il volo dalle spalle di Antonio. Antonio a quella vista urlò di felicità, lo stesso fece Pink

Il suo cuore sta battendo forte come l'ala guarita. E le rotte del cielo aspettano nuovi ospiti. saltellando nel taschino del giaccone di Antonio, mentre Geronimo si lasciò andare ad un abbaiare ininterrotto con scodinzolamenti e salti verso il cielo. Poi in un baleno ognuno si quietò. Il pensiero andò più in là del momento e in loro scese un pizzico di malinconia. Anche il passerotto tornò giù. Si posò su un ramo di una vecchia quercia, di fronte ai suoi amici. Li vide improvvisamente tristi e capì. Allora cominciò a beccare forte sul tronco dell'albero: "pic, pic, pic, pic", attirando la loro attenzione. Poi iniziò a cinguettare una dolcissima melodia. Antonio, Pink e Geronimo ascoltarono catturati quel cinguettare appassionato, rivolti naso all'insù verso il loro amico. Questi, quando ebbe terminato, spiccò il volo dal ramo e si andò a posare nuovamente sulla spalla sinistra di Antonio, al quale con fare affettuoso beccò due volte la guancia. La gioia tornò di nuovo nei cuori dei quattro che ripresero contenti la loro avventura quotidiana. La storia di Antonio, Pink, Geronimo e del passerotto andò avanti ancora per qualche tempo. L'uccellino aveva rinunziato al suo mondo per vivere quell'amicizia fantastica e tutti ne erano

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contenti. Ma così come unisce, il tempo divide, e quello che non era accaduto nel giorno della scoperta della guarigione del passerotto, avvenne improvvisamente una mattina carica di sole. I nostri amici giocavano divertiti con gli scoiattoli del bosco. Avevano posato del cibo vicino quelle che sapevano essere le tane dei simpatici animaletti. Questi, sentitone l'odore, affacciarono timidamente i musetti fuori dall'uscio delle loro abitazioni, ma velocemente li ritirarono impauriti dalla presenza di estranei. La voglia di prendere quelle leccornie però era più forte della paura e gli scoiattolini rimasero all'erta davanti alle tane con gli occhietti spalancati, pronti a sfruttare l'occasione propizia per allungare una zampata su quelle delizie. Antonio, Pink, Geronimo e il passerotto conoscevano bene l'atteggiamento degli scoiattoli e si divertivano a vederli appostati a un passo dalle cibarie con quei visetti vispi e le zampette nervosamente pronte ad agguantare la preda. Nascosti dietro un albero si goderono, non visti, il momento in cui gli scoiattoli, sicuri di non essere disturbati, piombarono sul cibo e con quella loro curiosa, accelerata ritmicità, ne fecero man bassa. Fu in quel momento che un cinguettio armonioso ruppe il silenzio che si era creato in quell'angolo di bosco, attraendo in modo particolare l'attenzione del passerotto. Antonio, Pink e Geronimo lo videro cercare con curiosità da dove provenisse quella melodia che si spandeva nell'aria calamitando l'attenzione di animali e cose. Ma l'arcano fu subito svelato : una passerottina gioiosa volò sul naso dei nostri quattro amici cinguettando allegramente. Poi si fermò su un ramoscello carico di neve e da lì continuò il delicato concerto. Quando ebbe terminato, Antonio, Pink, Geronimo e soprattutto il passerotto espressero a gran voce il loro apprezzamento, a cui la "piccola artista" fece seguire un timido ma elegante inchino. Da quel momento la dolce canterina e il passerotto non smisero un attimo di cinguettare, volando alti in cielo, inseguendosi con gli sguardi e i cinguettii. Antonio, Pink e Geronimo li guardavano sorridenti. Pink rivolto ai suoi amici disse : "È ora che il nostro amico prenda la sua strada. Il suo cuore sta battendo forte come l'ala guarita. E le rotte del cielo aspettano nuovi ospiti". Antonio e Geronimo annuirono in silenzio e attesero con Pink il passerotto, seduti accanto ad una vecchia fonte di montagna dal cui becco usciva una lunga stalattite. Il passerotto tornò giù con la sua compagna e non dovette spiegar nulla agli amici. Un discorso di sguardi si intrecciò nel silenzio. Poi il commiato. Il passerotto volò leggero davanti al viso di Geronimo che accarezzò con l'ala. Lo stesse fece con Pink. Quindi salì sulle spalle di Antonio e con un filo di voce gli cinguettò qualcosa nell'orecchio e volò via insieme alla sua nuova amica. Antonio, Pink e Geronimo li videro levarsi in cielo e perdersi dietro la collina dove il sole stava cercando riposo. Cominciava a far buio e i tre amici decisero di far ritorno a casa. Gioia e malinconia regnavano nei loro cuori e condividevano i pensieri nel ricordo dei giorni trascorsi insieme al passerotto. Lungo il cammino non si scambiarono neppure una parola. Andarono dritti fino a casa di Antonio dimenticando di lasciare

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Geronimo dal guardiacaccia. I tre si ritrovarono insieme seduti davanti al camino. Guardavano la fiamma animarsi tra lo scoppiettio della legna e pensavano. "Ci mancherà!", disse Pink. "Tanto...", aggiunse Antonio. "Bau, bau, bau...", confermò Geronimo. "Ora però dobbiamo essere allegri ragazzi”, fece Pink, “perché la gioia non può che procurar gioia. E noi siamo stati in qualche modo complici della sua felicità!". "Certo, è vero!.....ma ci mancherà!", replicò Antonio. La fiamma cresceva rubando energia ai ciocchi di legno, rendendo più calda la notte che stava scendendo. Intanto il dolce mantello del sonno s'era allungato sui corpi di Antonio, Pink e Geronimo, che poggiati l'uno accanto all'altro rivedevano in sogno i momenti di una appassionata amicizia. Questo succede nel paese che parla con il cielo, dove la neve distende la sua candida veste per mesi, il freddo punge sulle guance della gente e l'allegria nasce da piccole e semplici cose.

La Vignetta di Fama

Gioia e malinconia regnavano nei loro cuori...

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Incontro Cosa c’è in quelle mani che si tengono strette? Cosa c’è in quello sguardo che improvviso cerca il volto dell’altro e gli lancia un sorriso? Me lo sono chiesto appena li ho visti, mentre mi allenavo correndo nel parco sotto casa. Li conosco da tempo. Abitano nella palazzina in cui sono stato per tredici anni prima di trasferirmi con la mia famiglia cinquanta metri più in là, in una abitazione che sul parco guarda. Lei, lui, un figlio ritardato e una figlia più grande. Li ricordo come una coppia dedicata al loro bambino che tale è rimasto nel tempo. Sempre protesi al suo aiuto, alla sua educazione, al suo inserimento nella società. Li ricordo come una coppia serena. Parlavano più con i silenzi e con le azioni, che con le parole. Anche ora che li ho visti camminare teneramente vicini, quasi abbracciati. Lui, emaciato, pallido, completamente canuto, evidentemente claudicante, stringeva forte la mano di lei che lo accompagnava attenta nell’ora più tiepida del giorno. Il loro era un silenzio che raccontava una storia di condivisioni, di lotte, di patimenti, ma anche di coraggio, di speranza e di gioia potente. C’era, in quello stare vicini, in quello scambio di sguardi e di lievi sorrisi, la forza di una promessa, quella che nulla potrà mai spezzare quel filo sottile, ma resistente, che li ha tenuti legati per tutta una vita. Quando mi hanno visto, lui mi ha detto: “buon giorno!” E lei mi ha salutato con un cenno della mano. Erano anni che non li incontravo. Erano anni che non li pensavo più.

lo Smilzo

Un buon progetto? Realizzare sogni e desideri “Ho cercato di darvi il meglio di quello che so fare, almeno credo, voi mi avete dato il bello della vostra età, della vostra vivacità e intelligenza… spero di avervi insegnato cose che giudico molto importanti. Ve ne lascio scritte alcune… Sappiate dire buongiorno, per piacere, grazie e scusa, sarete sempre persone migliori; guardate alla vita come un bicchiere mezzo pieno; non dimenticate le parole e il loro significato: sono importanti e hanno un grande potere; leggete sempre un po’: si è più felici; ascoltate buona musica: nei momenti più difficili ci aiuta molto”. Queste alcune righe della lettera consegnata ai suoi alunni da un’insegnante, nell’ultimo giorno di scuola (per loro) ma anche per lei, in pensione dopo 40 anni. Termina con l’invito di studiare per se stessi: “pensare costa fatica, scegliere costa fatica, giudicare costa fatica. Faticare è dunque, anche nell’era tecnologica, la condanna che tocca all’uomo sapiens. Considerate un buon progetto: quello di realizzare sogni e desideri; con un po’ di buona volontà e di fortuna ci si riesce”.

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Fo La foto di Andrea Amato

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UN PRESEPIO POVERO

Mio nonno era un uomo antichissimo che portava ancora il colletto di celluloide con le punte ripiegate in basso… Ogni Natale faceva il presepio e tirava fuori due scatole da scarpe, dentro le quali teneva i pupazzi, incartati uno per uno con un pezzetto di giornale. Ogni Natale ce n’era sempre qualcuno da sostituire o da ricomprare. A Gaspare era andato via tutto l’oro della corona, per cui mio nonno disse: “Se ricompriamo Gaspare bisognerà ricomprare anche gli altri due… Scompagnati, è brutto”. I nostri re magi erano “a piedi”, da presepio povero. Feci una proposta che entusiasmò… “Quest’anno non potrebbero arrivare sul cammello?”. Mi ricordo una notte bellissima tra le bancarelle illuminate di Piazza Navona a cercare i magi “montati”. “Sul cammello” costavano un occhio della testa e nonno esitava perché gli sembrava una spesa pazza. Ci stava ripensando. In fondo Gaspare, anche se un po’ scrostato, per un altro anno poteva andare benissimo.

Luigi Magni ** da “Nemici d’infanzia” 1990

** 1928-2013. Sceneggiatore, regista e autore teatrale. Tra i suoi film si ricordano: “Nell’anno del Signore”, “In nome del Papa Re”, “La Tosca”; per il teatro “I sette re di Roma”.

Immagine di fondo ideata e realizzata da Alessandro Buttà

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L’Autore, sensibile osservatore della natura, negli anni ha imparato ad ascoltare e interpretare i suoni che vengono dagli alberi; ha attraversato i sentieri che tagliano i boschi di conifere; ha perlustrato le antiche foreste croate e slovene; si è arrampicato fino alle cime dei Picos de Europa in Spagna; ha contemplato il più vecchio eucalipto del mondo, il Giant Tingle Tree, in Australia. Per Zovi, un bosco non è solo l’insieme di alberi e neppure di flora e fauna. Un bosco è il risultato di azioni e reazioni, crescite e crolli. È in questo mondo che l’Autore, pagina dopo pagina, coinvolge il lettore, alla ricerca dello spirito vero degli alberi e delle foreste.

Il volume ripercorre l’evoluzione del concetto di sostenibilità, concentrando progressivamente lo sguardo da una scala planetaria all’Europa. Barbara Santoro è attiva sul tema della responsabilità sociale d’impresa, con progetti e iniziative a sostegno del welfare aziendale. È coautrice di “Italian factor. Moltiplicare il valore di un paese” (2014).

Bi

Biblioteca a cura di Mauro De Vincentiis

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È una favola ambientalista che comincia il giorno in cui la balenottera Mar, anziché il richiamo della mamma, sente un suono fortissimo e meccanico di una trivella marina. Poi più nulla; era diventata sorda. Con il tempo Mar impara a sentire a modo suo: nuota se vede i fratelli balenotteri nuotare, dorme se loro dormono, sempre intimorita in coda al branco e nel silenzio. Una notte, la balenottera vede una nave ferma in mezzo alle onde. Lei non può sentirlo, ma emette lo stesso suono metallico che l’ha resa sorda e che ora sta facendo perdere l’orientamento ai suoi fratelli. A quel punto Mar torna alla nave alla testa di un corteo di balene e la circondano per due giorni e due notti, in segno di protesta. Tommaso Di Francesco è giornalista e Autore di romanzi e raccolte poetiche; Mauro Biani è vignettista, illustratore e scultore; collabora con varie testate italiane e straniere.



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Massimo D’Aiuto d’arte nazionali e internazionali dove ottengono significativi riconoscimenti, sono state utilizzate anche nella realizzazione di scenografie teatrali e come “logo” da numerose aziende italiane e estere.

Didascalia foto: “Sasha”, sepiolite (pietra africana detta anche “schiuma di mare”), cm. 21x18x11

L’artista Massimo D’Aiuto (Meta di Sorrento, 1952) ha il dono di manifestare esplicitamente la sua capacità di coniugare le tradizioni storicizzate, in particolare del Cubismo e del Futurismo, in liberissime forme moderne, essenziali, nelle quali amalgama i modi espressivi con i criteri estetici aggiungendo alla perizia tecnica la ragione dell’istinto e le regole dell’emozione. Con l’opera scelta per “la Copertina”, un ritratto femminile, D’Aiuto sembra ripercorrere le esperienze dell’arte occidentale elaborate in una dimensione che rimanda all’estetica dell’arte afro-oceanica per divenire parte di un colloquio tra l’artista e l’osservatore. In questa scultura, l’andamento delle forme somatiche si svincola dalla rappresentazione tradizionale per concretizzarsi come elemento rappresentativo di un’arte figurativa che è insieme classica e moderna nella quale prevalgono linee e ritmi di una personale concezione degli effetti materici e plastici della luce e dell’ombra. La plasticità della figura conserva una totalità espressiva che ben interpreta la concezione artistica attuale frutto di una ricerca incentrata sull’eleganza strutturale dei volumi. L’aspirazione ad una forma semplificata e immediatamente espressiva, di cui sono testimonianza anche le figure definite nei “rilievi” in pietra e creta, viene realizzata evidenziando quelle parti del volto che stimolano in chi guarda l’opera la lettura di un preciso messaggio: “la volontà di una donna del Terzo Mondo di riaffermare la sua identità e libertà attraverso un’acconciatura inconsueta”. Manager per oltre 20 anni di una finanziaria pubblica di investimenti, D’Aiuto non ha mai tralasciato di coltivare con successo il suo interesse per la pittura e la scultura che lo hanno affascinato fin da giovane: a 16 anni espone al Cenacolo Faggiani a Napoli e a 18 anni vince il suo primo premio per la scultura al Circolo Calamatta di Civitavecchia. Le sue opere, oltre che presenti in numerose manifestazioni

Co Copertina a cura di Vittorio Esposito

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controcopertina Riprendiamoci il pensiero e il tempo del pensare di Romolo Paradiso

Abbiamo smarrito il pensiero e con esso il tempo del pensare. Abbiamo permesso che le nostre menti si facessero abbindolare dalle logiche mercantili ed edonistiche che non lasciano spazio alla riflessione, alla ricerca, al dubbio, all’analisi di quanto si pensa e si fa, di quanto accade in noi e intorno a noi, di come affrontare un cambiamento che aspiri a vivere un tempo di valore e qualità e non di quantità e precarietà. Abbiamo smarrito il pensiero e con esso la capacità di comprendere che un momento storico se ne va e un altro arriva, con i suoi caratteri nuovi, con le sue nuove necessità, con i suoi nuovi problemi. Un momento che chiede di essere riconosciuto, decodificato, assimilato e aiutato a divenire migliore di quello che lo ha preceduto. Ma per far questo occorre “pensare” cosa si deve mutare e quanto trattenere del nostro vivere. Una sorta di rivoluzioneconservatrice che abbia consapevolezza di quel che veramente è utile all’uomo per un cammino di crescita umana, civile e sociale. Guardarsi dentro e guardarsi intorno. Da qui si deve partire. Domandarsi chi siamo diventati e che strada abbiamo intrapreso. Se il nostro animo è disposto o no alla gioia. Se il nostro pensiero è sereno, fluido, interessato al bene, personale e dell’altro. Se sa guardare al futuro con visione e senso di responsabilità. Se c’è la disposizione al sacrificio per essere migliori, per conquistare con merito quanto ci dà dignità, fiducia e speranza: lo studio, il lavoro, l’amore. Se il nostro vivere sia propenso al riconoscimento e al rispetto del bene comune. Se abbiamo il desiderio di credere e lottare per una Comunità con la quale si condividono storia, cultura, passioni, obiettivi, speranze. Pur nella

Immagine di sfondo di: Caspar David Friedrich “Viandante sul mare di nebbia”

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diversità di percorsi e di idee, che non devono rappresentare elementi di divisioni, di demagogiche fratture, ma spunti di dialogo e confronto sereni e produttivi. La tecnica, la finanza, l’economia, che fino a oggi con le loro logiche ci hanno riempito i giorni e le menti in modo ossessivo, compulsivo, totalitario, devono ritornare nel loro giusto alveo, quello che le dispone al servizio dell’uomo e non al suo contrario, così che possano esprimere la loro valenza senza intaccare, della persona, la morale, il pensiero, i sentimenti, il sogno e il tempo. Riprendiamoci il pensiero e il tempo del pensare, per poter offrire tempo e pensiero a chi condivide con noi i giorni, a chi ne ha bisogno, e a chi pensa di non averne necessità, per convincerlo della loro importanza. Riprendiamoci il pensiero e il tempo del pensare per riscoprire ciò che veramente ci aiuta a credere, sperare, lottare: l’osservazione, il contatto con l’altro, con la natura, con la bellezza, con l’arte, con la cultura, con la poesia, con il mistero. Nessun popolo che voglia stare nella civiltà può farne a meno. Ma occorre piantare il primo seme, con la cura e la passione d’un antico contadino, che per la sua terra ha amore, che alla sua terra sa disporsi con pazienza, disponibilità e perizia, e che per essa sia pronto ad affrontare qualsiasi sacrificio e a mettere a repentaglio qualsiasi suo bene. Fosse anche quello più caro, la vita. Ha detto Ezra Pound: “L’uomo è un animale pensante e quando pensa non può che essere in alto. È questa la mia fede, forse l’unica. Ma mi basta per seguire ancora con curiosità lo spettacolo del mondo”.



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