H2O Magazine-trimestrale di pesca, turismo e tempo libero. Tariffa R.O.C.: Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n° 46) art.1, comma 1, CN/BO In caso di mancato recapito inviare al CPO di Bologna per la restituzione al mittente previo pagamento resi. Contiene I.P..
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• Arte nella pesca: Lance Marshall Boen • Le origine romane della pesca a mosca
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T R A V E L L I N G
VIAGGI 6 Terrace Paradise 18 Patagonia Cilena 30 Where the Danube kisses the sky 44 Crokango 64 World Class Arctic Char Fishing 78 Turneffe Atoll CHATBOX 56 Interview: profilo di una costruttrice di mosche COLLECTOR’S PAGES 38 L’arte nella pesca: Lance Marshall Boen 72 Le origine romane della pesca a mosca
SOMMARIO
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Anno IX - Numero 4 Inverno 2016
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In copertina foto di Emilio Arbizzi
Giorgio Cavatorti Direttore Editoriale
Pescare... Viaggiando H2O anno IX Dicembre 2016 Direttore Responsabile Sara Ballotta Direttore Editoriale Giorgio Cavatorti Vice Direttore Dante Iotti Caporedattore Emilio Arbizzi Redazione Giorgio Cavatorti Via Verdi,30 42027 Montecchio Emilia (RE) e-mail: info@cavatortigiorgio.it Hanno collaborato a questo numero: Riccardo De Stabile, Jim Klug, David Mailland, Rasmus Ovesen, Pat Pendergast, Aleksandar Vrtaric Art Director Giuditta Soavi giuditta.soavi@gmail.com Collaborazione Grafica Omar Gade Stampa: “Tipografia Bertani” Cavriago (RE) Responsabile viaggi di pesca Stefano Bellei Fotografi di Redazione: Marco Agoletti, Alessandro Seletti Traduzioni: Rossella Catellani, Elisabetta Longhi Autorizzazione Tribunale di Bologna n°8157 del 01/02/2011 Poste Italiane spa- Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - aut. Roc N°20825 del 10/03/2011 - DCB Bologna Una copia € 7,00 Arretrato € 10,00 Copyright © 2008 Tutti i diritti sono riservati, è vietata la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione della Redazione. Fotografie e manoscritti non richiesti non vengono restituiti. Per qualsiasi informazione inerente i viaggi trattati nel magazine, vi invitiamo a contattare la Redazione.
Chiudiamo il 2016 mentre stiamo già pianificando le uscite del 2017 e ovviamente le fiere dove ci potrete fare visita per salutarci o venire a prendere una copia di h2o magazine, che ricordiamo viene distribuita gratuitamente anche in queste occasioni. Dal 2 al 5 febbraio saremo alla fiera di Carrara, per poi spostarci a Vicenza dal 25 al 26 Febbraio e poi a Riva del Garda il 25, 26 marzo. Ci troverete anche a Londra il 10, 11 marzo in questa nuova fiera della pesca a mosca. Saremo poi a Monaco in Germania all’ EWF il 1 e il 2 Aprile. La fiera europea Efftex quest’anno sarà a Budapest a partire dal 29 giugno. Apriamo il numero con un pezzo sulla pesca in British Columbia ospiti del nostro amico Francesco, titolare del Deep Creek Lodge di Terrace, con qualche cenno storico su quando le cose andavano meglio… o peggio. Continuiamo con un bell’articolo di Pat Pendergast sulla pesca in uno dei lodge più interessanti del Cile, destinazione molto cara a tutta la redazione di h2o magazine. Parleremo poi dei salmerini giganti del Nunavut nel Canada orientale e a seguire un ottimo pezzo sulla pesca in Botswana. Arte al top con le creazioni di Lance Boen e un’ intervista ad una grande costruttrice di mosche: Linda Bachand. Chiudiamo il numero con un articolo sulle mosche del periodo romano… tanto per ricordarci che non abbiamo inventato nulla. Giorgio Cavatorti 2016 is coming to its end and we are already planning our trips for the year 2017 and of course the exhibitions where you can visit us to simply say hello or come to pick up a copy of h2o magazine, which is free in these events. From 2 to 5 February we will be at Carrara fair, then in Vicenza from 25 to 26 February and then in Riva del Garda on 25, 26 March. Then you will find us in London on 10, 11 March at a new fly fishing exhibition. We will then be in Munich, Germany, at EWF on 1 and 2 April. This year the Efftex European exhibition will be in Budapest starting from June 29. We open this issue with a piece about fishing in British Columbia where we were hosted by our friend Francesco, owner of Deep Creek Lodge in Terrace, with some historical notes about when things were better ... or worse.We continue with a fine article by Pat Pendergast on fishing in one of the most interesting lodge in Chile, and also one of our favourite destination. Then we talk about the giant char of Nunavut in eastern Canada and to follow a great piece on fishing in Botswana. Art at the top with Lance Boen’s masterpieces and an interview with a major flymaker: Linda Bachand. We close the number with an article about flies of the Roman period ... just to remind us that we have not invented anything. Giorgio Cavatorti
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British Columbia
DAi PiONiERi ALLE MODERNE SKAGiT di Giorgio Cavatorti Photography: Massimiliano Pelotti e Eliano Rossi
Da sempre la regione del British Columbia in Canada, e in special modo il bacino del fiume Skeena con i suoi affluenti, sono meta di pescatori alla ricerca di un incontro con le grosse steelhead che popolano la zona. Lodge, guide e strutture per ospitare pescatori che arrivano da tutto il mondo sono
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in costante crescita e, nonostante mi sia recato spesso in questi luoghi, per la vastità del territorio ed il grande numero di torrenti, laghi e fiumi, sembra di visitare ogni volta un posto nuovo. Insieme all’entusiasmo di scoprire nuove pool si è unita anche la curiosità di sapere chi furono i primi pescatori-esploratori
che si avventurarono verso nord alla ricerca di questo affascinante pesce. Uno di questi fu sicuramente il reverendo Daniel M. Gordon, che trovandosi in una spedizione per conto del CPR (Canadian Pacific Railway) a nord di Vancouver, fu uno dei primi a menzionare la pesca a mosca negli affluenti dello Skeena. Il
British Columbia in Canada, especially the basin of the Skeena River with its tributaries, has always been the ideal destination for fishermen looking for the big steelheads that populate the area. The number of lodges, guides, and accommodation to host fishermen from all around the world is constantly increasing. Considering the vastness of the territory and the many streams, lakes and rivers,
whenever I go there it is like visiting a new place, even though I have often been there a lot of times. I am always enthusiastic about discovering new pools and at the same time I wanted to know more about this place and its first fishermen-explorers venturing towards north in search of this fascinating fish. One of these was certainly Reverend Daniel M. Gordon, who was on an expedition on behalf of CPR
(Canadian Pacific Railway) to the north of Vancouver, and was among the first to mention fly-fishing on the tributaries of Skeena. His book "Mountain and Prairie: A Journey from Victoria to Winnipeg Via the Peace River Pass", written in 1880, is a description of his travels. At the end of the 19th century J. Turner-Turner also went up the Skeena River through the Babine Lake, penetrated the water basin of Fraser
suo libro del 1880, Mountain and Prairie: A Journey from Victoria to Winnipeg Via the Peace River Pass è una descrizione dei suoi viaggi. Anche J. TurnerTurner, alla fine dell’Ottocento, risalì lo Skeena attraversando il Babine Lake e addentrandosi nel bacino idrografico del Fraser e narrò le sue avventure in Three
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Year’s Hunting and Trapping in America and the Great North-West. La compagnia di Turner-Turner impiegò buona parte del mese di settembre per farsi strada dalla colonia di Metlakatla sull’oceano fino alle Forks di Old Hazelton, risalendo lo Skeena. Turner-Turner intendeva svernare a Kispiox, ma i nativi, temendo
che fosse un agrimensore che voleva impossessarsi della loro terra, non glielo permisero. Ritornò alle Forks e costruì una capanna sul promontorio delimitato dai fiumi Skeena e Bulkley, che diventò la sua dimora finché non proseguì il viaggio nel giugno seguente. Nel mese di settembre, risalendo lo Skeena, notò
and narrated his adventures in "Three Year’s Hunting and Trapping in America and the Great North-West." It took TurnerTurner’s group of fishermen a good part of September to make their path from the Metlakatla settlement on the ocean to the Forks of Old Hazelton, up the Skeena River. Turner-Turner wanted to winter in Kispiox, but the natives didn’t allow him, as they feared that he was a land surveyor
aiming at taking possession of their land. He went back to the Forks and built a hut on the promontory delimited by the Skeena and Bulkley rivers, which became his home until he took up his travel again the following June. In September, while he was going up the Skeena, he noticed the abundance of salmons and tried fishing with a spoon and with a fly, but he didn’t catch anything. He didn’t catch
any salmon, but he described a fish that he called a big trout; he was among the first to talk about steelheads. The record catches of steelheads on the Kispiox in the early 1950s, drew attention to this area, and the fly fishermen who lived under the 49th parallel flocked in masses to the Kispiox, Morice and Bulkley rivers. The first steelhead fishing techniques were mostly based on British Atlantic
l’abbondanza di salmoni e si cimentò nella pesca al cucchiaio e a mosca, ma non riuscì a catturare nulla. Non prese nessun salmone, ma descrisse un pesce da lui menzionato come grossa trota; fu tra i primi a parlare di Steelhead. Le catture record di Steelhead sul Kispiox, nei primi anni Cinquanta, attirarono
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l’attenzione verso quest’area e i pescatori a mosca che stavano sotto il 49° parallelo affluirono in massa verso i fiumi Kispiox, Morice e Bulkley. Le prime tecniche di pesca a mosca alla steelhead si basavano perlopiù su tecniche britanniche di pesca al salmone atlantico portate nella Columbia Britannica da uomini come il
generale Noel Money, Roderick HaigBrown e Tommy Brayshaw. L’afflusso di Americani nell’area dello Skeena negli anni Cinquanta e Sessanta ebbe una profonda influenza sulla pesca a mosca in quelle zone. La pesca era dominata da canne corte e mosche di origine americana. I Membri del Totem
salmon fishing techniques brought to British Columbia by men such as general Noel Money, Roderick Haig-Brown and Tommy Brayshaw. The flow of Americans to the Skeena area in the 1950s and 1960s deeply influenced fly fishing in those areas. Fishing was dominated by short rods and flies of American origin. The Members of Vancouver’s Totem Flyfishers and Victoria’s Haig-Brown Flyfishers reintroduced double-hand rods and
spey casting. The first rivers where these techniques were used were the Dean and Thompson rivers in the 1980s, and then double-hand rods became popular in all the communities of fly fishermen as far as the Washington State. Today it is easierSkagit rods and tails as well as intruder and lech flies, make you confident with fishing in a very short time. Catches have increased a lot compared to 15 years ago, thanks to no-kill politics and these new
fishing techniques. However, let’s think of the time when you went into the water with a greenheart 18-ft. rod and a silk tail, when boots were made of oilcloth and flies had gut eyes, and when there were no well-informed fishing guides. You also went on an expedition walking for hours among bears without updated maps... it is definitely better today.
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Flyfishers di Vancouver e Haig-Brown Flyfishers di Victoria reintrodussero le canne a doppia impugnatura e lo Speycasting. I primi fiumi in cui si assistette a queste tecniche furono, negli anni Ottanta, il Dean e il Thompson e in seguito le canne da mosca a due mani divennero popolari in tutta la comunità dei pescatori a mosca fino allo Stato
di Washington. Oggigiorno è tutto più facile, canne e code skagit fanno “entrare in pesca” in pochissimo tempo, così come le mosche intruder e lech. I numeri delle catture sono molto cresciuti rispetto a una quindicina di anni fa grazie ad una politica del nokill e a queste nuove tecniche di pesca. Pensiamo però a quando si entrava in acqua con una
18 piedi in greenheart e con una coda in seta, quando gli stivali erano in tela cerata e le mosche avevano l’occhiello in gut, a quando non esistevano guide di pesca super informate, ma si andava in esplorazione facendo ore di cammino tra gli orsi senza mappe adeguate… decisamente meglio oggi.
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FISHING ADVENTURES
Patagonia Cilena by Pat Pendergast
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Hello friends, 2015 started off with a bang for me, as I left California for Chile on January 2nd to start an epic 23 day fly fishing adventure to South America. The following is a day by day journal account of Marcel and my experience at Patagonian BaseCamp and Las Pampas, “Rio Pico”- the latter an intense two days and one night fast-track in the Fonterra!
10 JAN 15 - Saturday Marcel arrives at the meeting place exactly one minute before our agreed upon time, (love his attention to detail) and we transfer luggage and jump in Carolina’s (Marcel´s wife) FJ Cruiser. We arrive at the lodge just in time for a super lunch. It’s worth noting that all the vegetables, meats, milk, all the staples that can be, are organic and grown or produced on the ranch in a sustainable manner. Marcel gives me a tour of the ranch, and we check out his new boats, rafts, etc. – a couple container loads of equipment he ordered from the
States, which arrived a week or so before. He purchased new 17’ deep v-hull LUND boats for the lake fishing. First on our itinerary is a two day, one night float on the Rio Palena with a stay in Marcel´s Rio PalenaCamp.
day with David. It’s windy and quite cloudy and I suspect we are in for some rain as the sky looks pretty menacing down river. According to Marcel, the fishing on the upper Palena had been challenging the last couple weeks. Jim and I cover the water well with big dry flies and streamers and move a few fish, one good brown on a black and white Dali Lama and Jim lands some small to medium size rainbows. The NEW Palena Camp is in a great location and Nice! There are two large DOMO stand-up height tents for each two guests with real beds, fresh linens, towels and pillows. We have lights, night stands,
11 JAN 15 - Sunday We are out the door and loaded into the Excursion van by 9:30 a.m. We drive approximately 1.5 hours to the put in, pulling a trailer with stacked pontoon rafts with small outboards. Jim and I will fish the first
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a place to hang our waders, everything you need – this is deluxe camping. The tents and kitchen (also a DOMO) are all built on elevated wooden decks, connected by walkways, built in an ancient forest of Coigue. There is a flush toilet and sink for cleaning up. The main DOMO is where a simple kitchen is located and a divider in the large tent separates the kitchen from where the guides sleep and supplies are stored.
12 JAN 15 - Monday After a quick breakfast we are pulling out of the Palena Camp by 9:45 a.m. Greg Bricker, Jim and I are fishing the day together.We fish big dries and streamers through the morning off floating lines and move and catch some nice rainbows. The day is a spectacular early summer day in Patagonia, clear skies, some wispy clouds; a sky so blue it glows. Right before lunch, across from our designated lunch site, while fishing a clay bank wall with a medium sized Gypsy King I hook a BIG Brown. The rest of the afternoon we continue to fish big
dry flies, Gypsy Kings and Fat Alberts and see plenty of action.
lagoons. Marcel and I hook and land half a dozen nice rainbows and browns, all with big, foam body dry flies. It’s all sight fishing to large trout and a lot of fun. We also fish a brief section of the Rio Pico for a short period before driving to the Argentina Immigrations and Customs Outpost. The entry is relatively painless and easy, albeit the posturing of the officers, which are bored out of their skulls in this uber remote outpost. Marcel fishes for about 45 minutes on the Las Pampas, a beautiful creek out in this arid dry valley. The creek is a classic trout fishery, gin clear cold water serpentining back and forth
13 JAN 15 - Tuesday Marcel and I are off to Las Pampas today. We motor into the Frontier, ”no man’s land between Chile and Argentina” to meet the Las Pampas guides, Martin and Pablo, nickname “Anka”. We shuttle Marcel’s vehicle back to the Chilean Immigration Office and then drive back into Argentina and down out of the mountains to the river valley. We immediately climb into our waders and fish some
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Ciao amici, il 2015 è cominciato col botto per me, visto che il 2 gennaio sono partito dalla California per il Cile, per iniziare 23 giorni avventurosi di pesca a mosca in Sud America. Segue qui un diario giornaliero dell’esperienza mia e di Marcel al Patagonian BaseCamp e a Las Pampas sul “Rio Pico”- quest’ultima un’intensa full immersion di due giorni e una notte nella Fonterra!
10 GENNAIO 2015 - sabato Marcel arriva al luogo d’incontro esattamente un minuto prima dell’orario pattuito (amo la sua attenzione per il dettaglio), trasferiamo i bagagli e saltiamo nel FJ Cruiser di Carolina (la moglie di Marcel). Arriviamo al lodge giusto in tempo per un super pranzo. Vale la pena notare che le verdure, la carne, il latte, tutti gli alimenti che si possono immaginare, sono biologici e prodotti nel ranch in maniera ecosostenibile. Marcel mi fa fare un giro del ranch e diamo un’occhiata alle sue nuove barche, alle zattere, e al
carico dei due container che ha ordinato dagli Stati Uniti, arrivati pressappoco una settimana fa. Ha acquistato nuove barche da 17 piedi con un profondo scafo LUND a v per la pesca nel lago. Per prima cosa nel nostro itinerario abbiamo in programma di stare due giorni e una notte sul Rio Palena, alloggiando al Rio PalenaCamp di Marcel.
prima delle 9:30 del mattino. Guidiamo per circa un’ora e mezza, trascinandoci dietro un rimorchio con zattere pontone impilate e dotate di piccoli fuoribordo. Io e Jim pescheremo il primo giorno con David. C’è vento, è piuttosto nuvoloso e io sospetto che possa piovere, visto che il cielo appare piuttosto minaccioso a valle del fiume. Secondo Marcel la pesca sul Palena superiore è difficoltosa da un paio di settimane. Io e Jim copriamo bene l’acqua con grosse mosche secche e streamer e muoviamo alcuni pesci: una bella trota fario su un Dali Lama bianco e nero e Jim prende
11 GENNAIO 2015 - domenica Siamo usciti e ci siamo messi in marcia su un furgoncino Excursion
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alcune trote arcobaleno. Il NUOVO Palena Camp si trova in una posizione bellissima ed è molto accogliente! Ci sono due grosse tende DOMO autoportanti ogni due ospiti, con letti veri, lenzuola fresche di bucato, salviette e cuscini. Abbiamo luci, comodini, un luogo dove appendere i nostri stivaloni, tutto ciò di cui c’è bisogno – è un camping di lusso. Le tende e la cucina (anch’essa una DOMO) sono costruite su pedane di legno sopraelevate, unite da passerelle, costruite in un’antica foresta di Coigue. Ci sono un wc e un lavandino. La DOMO principale ospita una cucina e una paratia la separa dal posto in cui dormono le guide e sono
immagazzinate le provviste.
cui abbiamo deciso di mangiare. Per il resto del pomeriggio continuiamo a pescare con grosse mosche secche, Gypsy Kings e Fat Alberts.
infiliamo gli stivaloni di gomma e peschiamo in alcune lagune. Marcel ed io allamiamo e catturiamo una mezza dozzina di belle trote arcobaleno e fario, tutte con grosse mosche secche dal corpo in schiuma. È tutta pesca a vista e un sacco di divertimento. Peschiamo anche su un breve tratto del Rio Pico prima di recarci all’ Ufficio Dogana & Immigrazione dell’Argentina. L’ingresso è relativamente indolore e semplice, malgrado l’atteggiamento degli ufficiali, che si annoiano a morte in questo remotissimo avamposto. Marcel pesca per circa 45 minuti su Las Pampas, un bel ruscello di acqua fredda e cristallina pieno di trote arcobaleno. E sottolineo PIENO! Scommetto che si possono prendere più di
13 GENNAIO 2015 - martedì Io e Marcel oggi andiamo a Las Pampas. Ci dirigiamo verso la frontiera, “la terra di nessuno tra il Cile e l’Argentina”, per incontrare le guide di Las Pampas, Martin e Pablo soprannominato “Anka”. Riportiamo il veicolo di Marcel all’Ufficio Cileno per l’Immigrazione e poi guidiamo verso l’Argentina e scendiamo dalle montagne verso la valle del fiume. Immediatamente ci
12 GENNAIO 2015 - lunedì Dopo una veloce colazione alle 9:45 partiamo dal Palena Camp. Greg Bricker, Jim ed io peschiamo insieme oggi. Al mattino usiamo grosse mosche secche e streamer con code galleggianti e prendiamo alcune belle trote iridee. È una giornata spettacolare di inizio estate in Patagonia, il cielo è limpido e ci sono alcune nuvolette sparse; il cielo è così blu che brilla. Giusto prima di pranzo, io prendo una GROSSA trota fario di fronte al luogo in
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with all kinds of structure, root wads, clay banks, and undercut banks – loaded with rainbows. I mean LOADED! I bet you could have a 100 fish day on this creek. There must be some moss-back brown trout under those cut banks, but we don’t see or move any. Marcel and I make it back to the lodge, have a well-earned beer, some snacks, grab a shower and make our way to the lodge for cocktail hour and dinner.
14 JAN 15 - Wednesday Today, we go to “Africa” a maze of spring creek channels of the Rio Pico in a massive valley, surrounded by arid steppes and snowpeaked mountains. The valley floor is covered by thousands of braided spring creek channels, aquatic vegetation and sweet grass - loaded with browns and rainbows eating Caddis or whatever other aquatic insect is hatching. My first good shot at an eating fish, lands a 23 inch rainbow taken on a Missing Link - thanks Mike Mercer. We meet up with Rob and Ted who have been floating the main Pico,
once the myriad of braided spring creek channels combine to form a single channel and enjoy a quick and delicious lunch steam side, then Rob and Ted head to Africa and we jump in the raft with Martin to continue the Rio Pico float Ted and Rob were on this morning. We have about 1.5 hours to fish, before we have to bail on the fishing, head back to Las Pampas, grab our gear and head back to Chile and Patagonian BaseCamp. The border crossing closes at 8:00 p.m. As we are getting into the raft, a fat 20 inch brown cruises by us, Marcel casts his Fat Albert in front of it and it eats - this is going to be good! And it is! We hurriedly get off the river, get the raft loaded on the truck and beat it back to Las Pampas to gather up our gear and
head to the Argentine Border Outpost. Marcel and I enjoy a simple and quick dinner and reflect back on the last 36 hours of our lives. We fished 6 different moving water fisheries, half a dozen lagoons, a lake, spring creeks, freestoners, an amazing variety of remote and incredibly productive trout water. The new PatagoniaOne program combines the best of Las Pampas with the best of Patagonian BaseCamp. It is well-choreographed, a perfect blend of the large mountain-water fishing that PBC specializes in with the new small water, high desert wade fishing in Rio Pico - the very best of both worlds. This new program will no doubt redefine what an ultimate Patagonia Trout Fishing Safari is.
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100 pesci al giorno in questo ruscello. Ci devono essere anche delle trote fario, ma noi non ne vediamo. Io e Marcel torniamo al lodge, ci beviamo una meritatissima birra, facciamo una doccia e ci avviamo verso il lodge per l’aperitivo e la cena. 14 GENNAIO 2015 - mercoledì Oggi andiamo in “Africa”, un labirinto di ruscelletti primaverili del Rio Pico in un’enorme vallata circondata da aride steppe e montagne con le cime innevate. Il fondovalle presenta un intreccio
circa un’ora e mezza per pescare, prima di dover abbandonare la pesca, tornare a Las Pampas, raccogliere la nostra attrezzatura e fare ritorno in Cile al Patagonian BaseCamp. Si può attraversare il confine fino alle 20.00. Mentre stiamo salendo sulla barca, ci passa vicino una trota fario da 20 pollici, Marcel le lancia di fronte il suo Fat Albert e lei abbocca – questo lascia ben sperare! E così è. Lasciamo in fretta il fiume, carichiamo la barca sul camion e torniamo a Las Pampas per raccogliere la nostra attrezzatura e dirigerci poi all’avamposto del confine argentino. Marcel ed io ci gustiamo una cena semplice e veloce e riflettiamo sulle 36 ore appena trascorse della nostra vita. Abbiamo pescato in 6 diversi
di migliaia di piccoli torrenti primaverili con vegetazione acquatica – pieni di trote fario e arcobaleno che si cibano di Caddis o di qualunque altro insetto vi deponga le uova. Io catturo subito una trota iridea da 23 pollici, grazie a Mike Mercer. Ci incontriamo con Rob e Ted, che hanno disceso con il gommone il corso principale del Pico, là dove la miriade di ruscelletti si riunisce per formare un unico canale, e insieme gustiamo un pranzo veloce ma delizioso, poi Rob e Ted si dirigono verso l’Africa e noi saltiamo sulla barca con Martin per continuare a discendere sul Rio Pico. Abbiamo
vivai, in mezza dozzina di lagune, un lago, e diversi ruscelli- una straordinaria varietà di corsi d’acqua con trote incredibilmente abbondanti. Il nuovo programma PatagoniaOne unisce il meglio di Las Pampas col meglio del Patagonian BaseCamp. È ben congegnato, una perfetta combinazione tra la pesca nelle estese acque di montagna, in cui è specializzato il Patagonian BaseCamp, e la nuova pesca a guado nei corsi d’acqua minori del Rio Pico, nel deserto – il meglio di entrambi i mondi. Questo nuovo programma senza dubbio ridefinirà il concetto di safari di pesca alla trota in Patagonia.
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…… the best book ever written about permit fishing….. Giorgio Cavatorti
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…WHERE THE DANUBE KISSES THE SKY by Aleksandar Vrtaric
Noto come il secondo fiume più lungo d’Europa e classificato come un corso d’acqua internazionale, nei secoli, il grande Danubio è stato anche una fonte di ispirazione per molte canzoni, storie, dipinti e quasi tutto il mondo conosce la
melodia dolce, orecchiabile e magica del valzer di Johan Strauss „Il Danubio blu“. Sebbene non sia blu e limpido come può essere stato 150 anni fa, il grande Danubio è ancora qualcosa di speciale ed è certamente uno di quei
fiumi da vedere almeno una volta nella vita. Ampio e profondo, con la sua forza e potenza percorre ben 2.860 km dalla sorgente, nella Foresta Nera tedesca, attraversa dieci nazioni per sfociare infine nel Mar Nero. Fortunatamente,
Known as the second longest river in Europe and classified as international waterway, through the history, the great Danube has also been a source of inspiration for many songs, stories, paintings and the big part of the world knows the sweet, catchy and magical melody of Johan Strauss's II waltz „The Blue Danube“. Although not as blue and clear as it might have been almost 150 years ago, the great Danube is still something special and it is sure one of those rivers that you just have to see at least once in a lifetime. Wide and deep, it instantly attracts attention with its strength and power, its obstinacy in making his 2,860 km long way from the very origin in the Black Forest in Germany, through 10 countries to finally merge with the Black Sea. Luckily, having a 137 kilometers of this great water, eastern Croatia has always been a unique tourist destination, a pictoresque region that offers nothing but pure delight, beauty and stilness that is able to heal any stressed heart. The charm of Vukovar Sadly, most people in Europe and in other parts of the world recognize the name of this town not by its unique baroque style center, extremely kind, generous and meeting people, great domestic food and specialties of Slavonija county or maybe by those giant catfish that weigh well over 100 kilos but rather by the war that happened twenty years ago. Normally, the signs of war are still visible but Vukovar is now renovated and is again full of good spirit. Being the biggest town on the great Danube, Vukovar offers a great fishing and resting destination – it is a great place to visit if you like both fishing and history. A good guide will tell many interesting story about this town, what it has been through and what it is today. There are several places to stay in Vukovar and hotel Lav is only one of them. This hotel is practically brand new and absolutely justifies its 4 stars – it offers nice and modern rooms, great choice of local and international cousine, it has a nice looking terrace and the best thing is that it is located in the centre, literally meters away from the Danube. Not far from the hotel there are the new built Danube Gardens, a nice project that will help you relax and have some fun and a brand new restaurant called the Danube Dove. The food and wine they offer is something that is very hard to write about so the best thing is to hit the road and come see for yourself. Danubian kingdom of wine A journey to the flats of Slavonija can not be complete without visiting a little town called Ilok that happens to be the easternmost town in Croatia. Surrounded by the hills of Fruska Gora and overlooking the beautiful Danube, the landscapes around Ilok and those amazing vineyards in a way remind those of Tuscany. This amazing wine growing region with an uninterrupted tradition of almost 1,800 years is and has been a great tourist destination and, to be honest, one of the most beautiful places in Croatia and a region where some of the best wines come from. Ilok wines are of superior quality, bouquet and taste. The wine cellars in
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Ilok are just everywhere and although there are some that are more popular and mostly visited, like the Old Cellars of Ilok, there is practically no street in this town that does not have a wine cellar. Of course, everyone is more than welcome to come and taste the heavenly Riesling, Chardonnay, Pinot Blanc, Pinot Gris, Rein Riesling, Silvanac and Traminac of the white wine varieties, and Pinot Noir, Frankovka and Cabernet Sauvignon of the red wine varieties. As for the accomodation, there are several great places to stay and all are friendly when it comes to prices: hotel, a family owned assets, renovated local houses, there is always something to meet personal wishes. The old castles, Gothic churches,
the sand beach on the bank of Danube, fantastic wines and great food will make you remember Ilok as long as you live. The Danube fishery As already mentioned, the Danube is a big river, wide and deep, and that said, it is a home to many fish. It is known for giant catfish, many school fish like the nase or sneep, Danube roach or common bream. Danube is a great water to fish species like walleye, pike, asp, carp (common, silver, grass, Crucian, Prussian), barbel, perch, sterlet, blue bream, rudd and lots of other species. Although the river is wide, there are many tributaries that make fishing easier but it
is very important to note that Danube is suitable for all fly fishing techniques and methods: fly fishing with single or double hand rods, spin fishing, float fishing, bait ground fishing, from the bank or from a boat. Local anglers are there to take you out on the water and guide you on the hot spots and the best thing is they are incredibly friendly and kind. The daily fishing licences cost less than 10 EUR and fishing on Danube is good through all seasons. Of course, warmer months are normally more productive and the thing you just need to know when it comes to fishing on Danube is that you never know what you will catch, so if you hook up a 50 kilo beast with tiny eyes and big barbs, don't be too surprised.
avendo 137 chilometri del suo corso, l’est della Croazia è stata sempre una destinazione turistica unica, una regione pittoresca che non offre altro che pura delizia, bellezza e quiete per guarire qualunque stress. Il fascino di Vukovar È triste che il nome di questa cittadina sia noto in Europa e in altre parti del mondo più per la guerra di vent’anni fa che per il suo straordinario centro barocco, per le persone estremamente gentili, generose e accoglienti, il delizioso cibo locale e le specialità della provincia di Slavonija, o magari per quei giganti pesci gatto che pesano ben oltre 100 chili. Normalmente i segni della guerra sono ancora visibili, ma
ha una tradizione di quasi 1.800 anni, è stata ed è tuttora una grande destinazione turistica, onestamente uno dei più bei luoghi della Croazia, dal quale provengono alcuni dei suoi vini migliori. I vini di Ilok sono di qualità superiore come bouquet e gusto. A Ilok ci sono cantine dappertutto e, anche se qualcuna è più nota e visitata come le Vecchie Cantine di Ilok, non c’è praticamente nessuna strada che non ne abbia una. Potrete gustare fantastici vini bianchi, Riesling, Chardonnay, Pinot Blanc, Pinot Gris, Rein Riesling, Silvanac e Traminac e altrettanto buoni vini rossi Pinot Noir, Frankovka e Cabernet Sauvignon. Quanto all’alloggio, ci sono varie possibilità e tutte a buon prezzo: hotel, pensioni a gestione familiare, case tipiche ristrutturate, ce n’è per
Vukovar è ora restaurata e si è di nuovo riempita di buon umore. Essendo la più grande città sul Danubio, Vukovar offre una pesca eccezionale ed è una destinazione adatta al riposo – è un bel luogo da visitare se amate sia la pesca che la storia. Una buona guida vi racconterà tante storie interessanti di questa città, cos’ha passato e cos’è oggi. Ci sono molti posti in cui alloggiare a Vukovar e l’hotel Lav è uno di questi. Questo hotel è praticamente nuovo di zecca e le sue 4 stelle sono assolutamente giustificate – offre stanze carine e moderne, una grande scelta di cucina locale e internazionale, ha una bella terrazza e la cosa migliore è che si trova in centro, letteralmente a pochi metri dal Danubio. Non lontano dall’hotel ci sono i Giardini del Danubio,
di recente costruzione, un bel progetto che vi aiuterà a rilassarvi e a divertirvi, e un nuovissimo ristorante di nome “la Colomba del Danubio”. Non è facile descrivere il cibo e il vino che qui potete gustare, dunque la cosa migliore è mettersi in viaggio e venire a provare di persona.
tutti gusti. Gli antichi castelli, le chiese gotiche e la spiaggia di sabbia sulle rive del Danubio, i vini fantastici e il cibo eccellente vi faranno ricordare Ilok per tutta la vita.
sottolineare che il Danubio è adatto per tutti i tipi e i metodi di pesca: la pesca a mosca con canne a una o due mani, lo spinning e la pesca tradizionale con esche vive, da riva o dalla barca. I pescatori del luogo sono a disposizione per portarvi sui corsi d’acqua e guidarvi sugli hot spot e il bello è che sono incredibilmente cordiali e gentili. Le licenze di pesca giornaliere costano meno di 10 Euro e la pesca sul Danubio è buona in tutte le stagioni. Certo i mesi più caldi sono normalmente più produttivi e quello che si deve sapere quando si pesca sul Danubio è che non si può mai prevedere quello che si prenderà, dunque non sorprendetevi se allamate una bestia da 50 chili con occhi sottili e grandi baffi.
La pesca nel Danubio Come abbiamo già detto, il Danubio è un fiume grande, ampio e profondo, e ospita molti pesci. È noto per i siluri giganti, i banchi di lasche, triotti del Danubio o abramidi. Il Danubio è il corso d’acqua ideale per pescare specie come la sandra americana, il luccio, l’aspio, la carpa, il barbo, il pesce persico, il pagello, la scardola e molti altri. Benché il fiume sia ampio, ci sono molti affluenti che rendono la pesca più semplice, ma è molto importante
Il re danubiano del vino Un viaggio alle flat di Slavonija non è completo se non si visita la piccola cittadina di Ilok, che è quella più ad est della Croazia. Circondata dalle colline Fruska Gora e prospiciente il bel Danubio, Ilok ha magnifici vigneti e paesaggi che in un certo senso ricordano la Toscana. Questa straordinaria regione vinicola, che
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L’ ARTE NELLA PESCA
Lance Boen www.lanceboen.com
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Lance Marshall Boen is an artist based in Carmel Valley, California. He received his Masters in Fine Arts at the Claremont Graduate University and has shown his sculptures in numerous exhibitions.With an international following, Lance’s sculptures are displayed in collections throughout the world. Lance operates his studio gallery in Carmel Valley where he shows his work and holds appointments with his collectors. Lance Marshall Boen received a bachelor
of fine arts degree from LaVerne University where he focused on painting. To further his art education, he completed a master’s degree at Claremont Graduate University, where he studied sculpture. It is there where his passion for painting, sculpture, and fishing merged organically to inspire future work. He is known for leather fish sculptures and the surreal murals that are tooled and painted on the sculptures surface.
The textured scenes evoke movement and action as they display imagery about the aquatic lives and habitats of the fish. Lance’s work is often larger than life-sized and ranges from a finely detailed 2-foot panfish to an epic 10-foot saddle-wearing steelhead. Original works and can be viewed in person at Lance’s studio gallery in Carmel Valley or on my website at www.lanceboen.com.
Lance Marshall Boen è un artista che vive nella Carmel Valley, in California. Ha conseguito la laurea magistrale in belle arti presso la Claremont Graduate University ed espone le sue sculture in tutto il mondo. Ha il suo atelier nella Carmel Valley, dove si possono ammirare le sue opere e dove incontra i suoi collezionisti. Lance si è laureato in Belle Arti alla LaVerne University, dove si è dedicato in particolar modo alla pittura.
Per approfondire la sua formazione artistica ha completato un percorso di laurea magistrale presso la Claremont Graduate University, dove ha studiato scultura. È lì che la pittura, la scultura e la pesca si sono unite in un tutto organico a ispirazione del suo futuro lavoro. È noto per le sue sculture di pesci in cuoio e per i graffiti surreali che sono lavorati e dipinti sulla superficie delle sculture. Le scene rappresentate evocano movimento
e azione, mostrano per lo più immagini di vita acquatica e gli habitat dei pesci. Le opere di Lance hanno spesso dimensioni maggiori dei soggetti a grandezza naturale e vanno dalla raffigurazione dettagliata del pesce da frittura lungo due piedi all’epico steelhead di 10 piedi con sella. Le opere originali possono essere viste di persona presso l’atelier di Lance nella Carmel Valley o sul sito www.lanceboen.com.
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Fishing in Italy Travel ideas for fishing
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By DAVID MAILLAND
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I managed to get some of my line back when the aerial ballet started again. I felt the fish accelerate and to start out a series of stunts as spectacular as stressful. From the corner of my eye I saw our guide twirling across the boat to grab the net. This magnificent duo stopped thirty seconds later which seemed like an eternity - when he managed to catch the fish in mid-air. The choreography was completed, a short intermission would allow us to try to recover the lure or rather what was left. THE GUMA LAGOON Three days earlier, we landed in Maun, Botswana, at a small airport devoid of any architectural interest before joining the Guma Lagoon where the lodge is located. We came to Botswana, full of hope, to discover the fishing of the Okavango Delta at the end of the period of the famous "barbel run" occurring every year in September/ October. As a bonus, we had given to ourselves a secondary objective of capturing as many new species as possible, a classic challenge for the exotic fishermen. The schedule was prepared by Guy, the owner of the lodge: we would sleep the first nights at the lodge, fishing the surrounding areas before leaving for an expedition of several days in the wild delta. The first day generally allows us to analyze the battlefield. From the base camp, about forty minutes by boat wear necessary to join the main river. The access is protected by a natural labyrinth of canals lined with papyrus. An army of crocodiles whose breastplates glisten in the morning sun protects the few sandy beaches backed by birds looking like egrets. During the trip we met the other guards of the delta : hippos, large cylindrical submarines diving to our approach; majestic elephants crossing the papyrus to drink. Regularly, a sharp cry, preceded by a papyrus slam, hinted the hurried flight of a bird hidden in the lush vegetation. Then the boat stopped, bringing us back to the reason we were there. The guide has drawn our attention to the presence of seagrass, nurseries for baitfish around which the tigerfish were roaming: it is there that he recommended us to cast our lures. The bottom was smooth, sandy, cleaned by the current. We were captivated by the beauty of places, but in terms of fishing however this first day did not remain engraved in our memories.We had many attacks but unfortunately we lost all our tigerfish. In the evening at the camp a German anglers who had been looking for the tigerfish for more than 40 years politely asked if he could join us for dinner. Listening to our story of the day he willingly consented to provide us some advice. For
Riuscii a recuperare parte della mia lenza quando ricominciò il balletto aereo. Sentii il pesce accelerare e accennare una serie di acrobazie tanto spettacolari quanto stressanti. Con la coda dell’occhio vidi la nostra guida che faceva volteggiare la barca per afferrare la rete. Questo magnifico duetto cessò trenta secondi dopo – che sono parsi un’eternità – quando il pesce fu preso a mezz’aria. La coreografia era completata, un breve intervallo ci avrebbe permesso di cercare di recuperare l’esca o piuttosto ciò che restava di essa. LA LAGUNA DI GUMA Tre giorni prima eravamo atterrati a Maun, in Botswana, in un piccolo aeroporto privo di interesse architettonico, prima di raggiungere la laguna di Guma dove si trova il lodge. Siamo arrivati in Botswana pieni di belle speranze, per scoprire
la pesca nel delta dell’Okavango al termine del periodo della famosa "risalita del barbo", che avviene ogni anno in settembre-ottobre. Come incentivo ci eravamo dati, quale secondo obiettivo, quello di catturare quante più specie possibili, una classica sfida per i pescatori esotici. Il programma venne preparato da Guy, il proprietario del lodge: avremmo dormito le prime notti al lodge pescando nelle zone circostanti prima di partire per una spedizione di parecchi giorni nel selvaggio delta. Il primo giorno generalmente permette di analizzare il campo di battaglia. Dall’accampamento che costituiva la nostra base erano necessari circa quaranta minuti in barca per raggiungere il fiume principale. L’accesso è protetto da un labirinto naturale di canali costeggiati da piante di papiro. Un’armata di coccodrilli, coi pettorali che brillano alla luce del sole del mattino, protegge le poche spiagge sabbiose,
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alle quali fanno da sfondo uccelli simili ad aironi. Durante il viaggio abbiamo incontrato le altre guardie del delta: ippopotami, grossi sottomarini cilindrici che si tuffavano al nostro arrivo, maestosi elefanti che attraversavano il papiro per andare a bere. Regolarmente si sentiva un grido acuto, preceduto dallo sbattere del papiro, che segnalava il volo di un uccello nascosto nella lussureggiante vegetazione. La barca si fermò riportandoci alla ragione per cui eravamo lì. La guida ha attirato la nostra attenzione sulla presenza di alghe, nursery di pesci esca attorno ai quali vagavano i pesci tigre e lì ci ha raccomandato di lanciare le nostre esche. Il fondale era liscio, sabbioso, ripulito dalla corrente. Eravamo affascinati dalla bellezza dei posti, tuttavia in termini di pesca questo primo giorno non è rimasto impresso nella nostra memoria. Ci furono molti attacchi, ma sfortunatamente perdemmo tutti i nostri pesci tigre. La sera, al campo, un pescatore tedesco che per più di 40 anni aveva cacciato il pesce tigre ci ha chiesto cortesemente se poteva unirsi a noi per cena. Sentendo il racconto della nostra giornata, ha acconsentito di buon grado a darci alcuni consigli, per esempio ci ha raccomandato di affilare gli ami in modo da ottimizzare le nostre chance: quando l’amo è affilato, deve stare su un chiodo inclinato di 45°. Il suo secondo consiglio riguardava le nostre esche in gomma. Quando le vide impallidì, poi ci ha guardato fissi: "è fondamentale rimuovere l’antialghe, altrimenti il pesce tigre sputerà l’esca", disse. Abbiamo tolto immediatamente gli antialghe dalle nostre esche in gomma. Vale la pena soffermarci su questi dettagli, perché abbiamo migliorato significativamente la quantità di pesci che abbiamo catturato. I giorni seguenti abbiamo dedicato alla ricerca delle risalite, come se stessimo andando a caccia anziché a pesca. Gli uccelli forniscono validi indizi, oltre naturalmente alle discussioni con i pochi altri pescatori presenti in zona. Un giorno memorabile di caldo afoso abbiamo scoperto un banco di pesci gatto che si avventava su un’ampia baia nella quale i pesci esca erano come prigionieri. Abbiamo fiutato il caso grazie agli uccelli: aironi e cormorani si erano mossi in massa per partecipare alla festa. Il furioso groviglio di code di pesci consentiva di immaginare il totale caos che regnava sott’acqua. Nella confusione generale, riuscivamo a vedere i pesci gatto più grossi schiacciare i più piccoli contro il bordo, formando uno stretto corridoio a caccia dei "bulldogs", i nomi dei pesci esca che bramavamo. I pesci tigre osservavano le operazioni da lontano, come se fossero riluttanti ad allearsi coi pesci gatto, in vedetta
example he recommended us to sharpen the hooks in order to optimize our chances: when the hook is sharp, it must stand on a 45° inclined nail. His second advice was about our rubber jigs. When he saw them he turned pale. Then he looked at us fixedly : "it is essential to remove the anti-grass brush jig here otherwise the tigerfish, will spit the bait." he said. We immediately cut off the brushes of our rubber jigs. These small details are worth mentioning here since they significantly improved our ratio of fish caught. The following days were consecrated to the search of runs. As if we were hunting instead of fishing. The birds provide valuable clues as well as discussions with the rare other fishermen.While we were the only human beings for miles around, there was that memorable day in the sweltering heat, when we discovered a foolish conglomerate catfish attacking a wide bay, within which the baitfish were prisoners. We smelled the case thanks to the birds: herons, cormorants, egrets had moved in large numbers
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to participate in the feast. The furious tangle of fish tails allowed to imagine the total chaos underwater. In the general confusion, we could see the biggest catfish crush smaller ones against the border, forming a narrow corridor chasing the "bulldogs", the names of baitfish they coveted. Tigerfish were watching from afar the operations as if they were reluctant to ally with catfish, on the lookout for bulldogs survivors trying to escape. The show was wired for sound: we distinctly heard the snapping of reeds through which rushed thousands and thousands of hungry fish. THE « BIVOUAC » The second part of our trip consisted in fishing from a camp located several hours from Guma Lagoon by boat, far from civilization, mobile phones, internet etc. The three tents were prepared the day before by Guy’s men and we realized that the logistics required to set up such an expedition is impressive.
per avvistare i bulldog sopravvissuti che cercavano di scappare. Lo spettacolo degli occhi era in perfetta sintonia con quello che sentivamo, lo sbattere delle canne attraverso cui sfrecciavano migliaia e migliaia di pesci affamati. IL «BIVACCO» Nella seconda parte del nostro viaggio abbiamo fatto base in un accampamento situato a parecchie ore dalla laguna di Guma, lontani da civiltà, cellulari, internet, ecc. Le tre tende erano state preparate il giorno prima dagli uomini di Guy e noi ci siamo resi conto che la logistica necessaria per organizzare una simile spedizione è impressionante. La prima sera siamo stati tutti seduti davanti al fuoco. Mentre tutto era di nuovo calmo e la terra respirava dolcemente prima che calasse il tramonto, la vista dei giovani pesci tigre accendeva il nostro entusiasmo. Ci siamo affrettati per andarli
a prendere, alcuni hanno abboccato e abbiamo perso alcune esche prima che Guy ci consigliasse di avvicinarci. "In pieno giorno un leone ha paura di voi, di notte non è la stessa storia." Abbiamo parlato anche degli ippopotami, con Guy che ci ricordava che in quel luogo si applica la legge della giunga e ci chiedeva di non irritare la loro delicate sensibilità con le nostre esche. Il lodge offre un altro importante vantaggio: le famiglie sono le benvenute. La pesca chiaramente non è la prima attività ed è possibile, per esempio, sorvolare il delta in aereo, prender parte a una spedizione per osservare gli uccelli o semplicemente sedere in terrazza con un buon libro e un bicchier di vino godendosi il panorama. È interessante scoprire il cuore del delta in Mokoro, lunghe canoe ricavate da un grosso tronco d’albero. Due persone siedono a bordo e si fanno guidare dal pilota stando sul retro e usando un lungo palo per guidare la barca. Molto
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The first night we all sat before the fire. While everything was calm again and the land gently breathed before entering the twilight, the sight of juvenile fish tiger hunts aroused our enthusiasm. We rushed to catch them, got some bites and lost a few lures before that Guy advised us the getcloser. "In broad daylight a lion is afraid of you, at night, it's not the same story." Later, the case of hippos was also discussed later, Guy reminding us that in this place the law of the jungle applies and asking us to avoid arousing their delicate sensibilities with our lures. The lodge offers another important advantage: families are welcome. Fishing is clearly not the first business and it is for example possible to fly over the delta by plane, to participate in an expedition to observe birds, or simply sit on the terrace with a good book and a glass of wine enjoying the view. The discovery of the heart of the delta by Mokoro, long canoes designed from a large tree trunk is very interesting. Two people sit on board and let themselves lead by the pilot, standing at the back and using a long pole to steer the boat.Very stable, moving silently on the wave, the Mokoro is the best ally of the wildlife photographer. But it is above all the ancestral mode of transport of the inhabitants of the Okavango, the Bayei and Banoka with which these peoples used to hunt hippos. The offered meals are excellent, rooms are comfortable, the availability of WIFI network is acceptable. Boats are Canadian aluminum hulls arranged like bassboats, some with an echosounder (200HP engine for the bigger boat, 60HP for others) . FRAME : THE OKAVANGO DELTA The Okavango Delta is one of the largest marshes in southern Africa. It is located in the semi-arid part of the Kalahari, in northwestern Botswana. Evaporation is 5 to 6 times higher than the precipitation. The Delta water supply source is the Okavango river whose flow is at its peak in March / April. Long months are necessary for the effect to be felt, it is not until August / September that the water level is at its highest in the delta. The Okavango River is born of a series of currents in the southern slopes of the mountains of Angola. It forms the border between Angola and Namibia over hundreds of kilometers, goes through Namibia before returning to Botswana where it reaches 200 meters wide and 4 meters deep. Then it widens, forming the delta. But each of its arms will die in the Kalahari sands without finding the Indian Ocean. Sanctuary for fauna and flora, the delta is home to a great diversity of species such as elephant, buffalo, lion, impala, Nile crocodile, hyena, wild dog, leopard, antelopes for the best known. Over 400 bird species are listed.
stabile, il Mokoro si muove silenziosamente sulle onde, rivelandosi il miglior alleato del fotografo di fauna selvatica. È però anzitutto l’antico mezzo di trasporto degli abitanti dell’Okavango, i Bayei e i Banoka con cui questi popoli erano soliti cacciare gli ippopotami. Il cibo preparato per noi era squisito, le stanze confortevoli e la disponibilità della rete WIFI è accettabile. Le barche sono scafi in alluminio canadese allestiti come bass-boat, alcune con scandaglio ultrasuono (motori 200HP per la barca più grande, 60HP per le altre). IL DELTA DELL’OKAVANGO Il delta dell’Okavango è una delle paludi più estese del Sud Africa. Si trova nella parte semiarida del Kalahari, nel nordovest del Botswana. L’evaporazione è da 5 a 6 volte maggiore delle precipitazioni. La sorgente d’acqua del delta è il fiume
Okavango, il cui corso è al culmine in marzo/aprile. Sono necessari lunghi mesi perché se ne percepisca l’effetto, infatti il livello dell’acqua nel delta arriva al suo culmine in agosto/settembre. Il fiume Okavango nasce da una serie di corsi d’acqua dei pendii meridionali delle montagne dell’Angola. Costituisce il confine tra Angola e Namibia per centinaia di chilometri, attraversa la Namibia prima di tornare in Botswana, dove raggiunge I 200 metri di larghezza e i 4 metri di profondità, dopodiché si amplia, formando il delta. Ognuno dei suoi bracci, però, finisce nelle sabbie di Kalahari senza raggiungere l’Oceano Indiano. Santuario di fauna e flora, il delta ospita una grande varietà di specie, fra cui le più note sono elefanti, bufali, leoni, impala, coccodrilli del Nilo, iene, leopardi, antilopi. Si annoverano 400 specie di uccelli.
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“Best Mid-Priced rod” Yellowstone Angler, 2016 6wt. Shootout
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interview
PROFILE PROFILE OF OF A A FLY FLY TYER TYER
Linda Bachand
In 2014 at the first Atlantic Salmon Fly International (ASFI) show in the Seattle, WA area, I had the good fortune to begin to know many international tyers. One of the tyers that particularly caught my attention was Paul Rossman - his style and creativity motivated me to decide to start tying salmon flies two weeks later. My journey into the wild and wonderful world of fly tying began. I had attended many fly tying shows in the Pacific Northwest prior to ASFI, but seeing so many talented salmon fly tyers in one place motivated me to join them. I jumped into tying salmon flies, choosing patterns that taught me new techniques and challenged my skills, all so I too, could begin to
tie those beautiful and complicated flies. Having a husband that had spent over 20 years tying salmon flies with the Northwest Atlantic Salmon Fly Guild (NWASFG) was invaluable. I always had someone to look at my first efforts and guide me to improve. I joined NWASFG here in the Seattle area and it became one of the highlights of each month. I've always been a creative person - I am a graphic designer and enjoy working with colors, textures, detail and the selection of materials. I sketch out every fly in detail and to the size of the hook I will be using it helps me pay attention to proportion and how each piece will be shaped or curved. As I began to settle into tying, it was the
Nel 2014, alla prima mostra internazionale di mosche per il salmone atlantico (ASFI) nella zona di Seattle, WA, ho avuto la fortuna di conoscere molti costruttori internazionali di mosche. Uno dei costruttori che ha particolarmente attirato la mia attenzione è stato Paul Rossman – il suo stile e la sua creatività mi hanno spinto a decidere di cominciare a costruire mosche da salmone due settimane dopo. Così è cominciato il mio viaggio nel mondo fantastico e selvaggio della costruzione delle mosche artificiali. Prima dell’ASFI avevo frequentato parecchie mostre sulla costruzione delle mosche nel nord-ovest del Pacifico, ma vedere così tanti abili costruttori di mosche da salmone in un luogo solo mi ha motivato ad unirmi a loro. Mi sono buttata a capofitto nel
settore delle mosche da salmone, scegliendo modelli che mi insegnassero nuove tecniche e sfidassero le mie abilità, così che anch’io potessi cominciare a costruire mosche un po' più complicate. Avere un marito con alle spalle oltre 20 anni di esperienza nell’Associazione di costruttori di mosche per il salmone dell’Atlantico nord-occidentale (NWASFG) è stato per me un grande vantaggio. Avevo sempre qualcuno che guardava i miei primi sforzi e mi aiutava a migliorare. Mi sono iscritta al NWASFG qui nell’area di Seattle e questo è diventato l’evento più importante di ogni mese. Sono sempre stata una persona creativa – sono una grafica e mi piace lavorare con i colori, le finiture, i dettagli e la selezione dei materiali. Faccio lo schizzo di ogni mosca nei dettagli e anche delle dimensioni
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Atlantic Salmon Fly that intrigued me and held my fascination. I tie many Classics and appreciate their beauty, balance and proportion, but also enjoy spreading my wings into the Creative Salmon Fly arena where I can experiment with some of the more exotic feathers. 
 My club members presented me with the 2015 "Most Improved Fly Dresser Award", a beautiful framed plate of Blacker Ghost Fly #2's, tied by club members. It was an honor and wonderful highlight of my first year of tying. I envision myself savoring my fly tying, the ongoing treasure hunt for materials and the great friendships that go along with it for many years to come. I can't wait for the club to start up again in
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the fall, for all the flies yet to be tied and for all the events and shows yet to unfold. It is a very positive group with so many talented and accomplished tyers. I was invited to tie at ASFI 2016, which our club recently hosted. I also was a presenter, giving a seminar on how I improved so quickly and some of the milestones of my first year or two of tying. While at the show, I was asked by Bob Blount of Wasatch Custom Angling Products to be a member of their Pro Team. This year also brought me an invitation to tie at the 2016 Irish Fly Fair in Galway and will be tying there in November. It will be yet another opportunity to connect with many friends and tyers from all over the world.
dell’amo che userò – questo mi aiuta a prestare attenzione alle proporzioni e a come ogni pezzo sarà formato o curvato. Quando ho cominciato, era la mosca del salmone atlantico che mi intrigava ed affascinava. In genere costruisco modelli classici perché ne apprezzo bellezza, equilibrio e proporzioni, ma mi piace anche avventurarmi con la mosca da salmone, dove posso fare esperimenti con alcune penne più esotiche. Nel 2015 i membri del mio club mi hanno omaggiata con il "Most Improved Fly Dresser Award", un premio consistente in una bella mosca di Blacker Ghost Fly costruita dai membri del club. È stato un onore e un fantastico momento del mio primo anno da costruttrice di mosche. Non vedo l’ora che il club ricominci di nuovo in autunno, per tutte le mosche
ancora da costruire e per tutti gli eventi e le mosche ancora da realizzare. È un gruppo di costruttori veramente abili e talentuosi. Mi hanno invitata a costruire mosche all’ASFI 2016, che il nostro club ha recentemente ospitato. Durante un seminario ho spiegato come ho fatto a migliorare così velocemente, evidenziando quali sono state le pietre miliari del mio primo anno di attività. Quand’ero alla mostra, Bob Blount della Wasatch Custom Angling Products mi ha chiesto di diventare membro della loro Pro Team. Quest’anno sono stata invitata a partecipare alla fiera di costruttori a Galway, in Irlanda, a novembre. Una fantastica occasione per rivedere amici costruttori di tutto il mondo.
Swiss Fischen Exhibition Info: https://www.fischen.ch/fi-flyshow
Wonderful weekend in Switzerland (3/4 September 2016) in Langenthal, in the Bern area, for the second edition of Fischen Exhibition, certainly the largest fly fishing fair in Switzerland. A well-organized event which counted about 500 visitors.The two casting pools (one inside and one outside the hotel that hosted the show) hosted the most famous European casters, including Uwe Rieder & Christof Menz of Proguide, Thorsten Struben of Loop and Jonas Hölzl of Hardy & Greys , Paul Arden of Sexyloop and Chris Rownes of Guideline. Great flymakers, like Andreas Andersson, Johan Put, Mikael Frödin and Daniela Misteli and excellent rodmakers, like Philipp Sicher and Herbi Kiser, have brought honour to the fair. For sure an event not to be missed next year.
Splendido weekend in Svizzera (3 e 4 settembre 2016) a Langenthal nella zona di Berna per la seconda edizione della fiera Fischen, sicuramente la fiera della pesca a mosca più grande della Svizzera. Un evento ben organizzato che ha contato circa 500 visitatori. Nelle 2 vasche di lancio ( una all’interno ed una all’esterno della struttura che ha ospitato la fiera) si sono avvicendati i più noti caster europei, tra i quali Uwe Rieder & Christof Menz della Proguide, Thorsten Strüben della Loop e Jonas Hölzl della ditta Hardy & Greys, Paul Arden di Sexyloop e Chris Rownes della Guideline. Grandi ospiti anche per quanto riguarda la costruzione di artificiali, con costruttori del calibro di Andreas Andersson, Johan Put, Mikael Frödin e Daniela Misteli. Ben rappresentati anche i rodmaker con i costruttori di canne in bambu Philipp Sicher e Herbi Kiser. Sicuramente una fiera a cui partecipare anche l’anno prossimo.
World Class BY RASMUS OVESEN TREE RIVER IN THE WESTERN CORNER OF CANADA’S NUNAVUT PROVINCE IS A FABLED ARCTIC CHAR FISHERY WITH A REPUTATION THAT IS BLOWN COMPLETELY OUT OF PROPORTIONS. AT LEAST SO IT SEEMS – UNTIL
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FINALLY, ONE DAY, YOU GET TO EXPERIENCE FOR YOURSELF THE TRULY INCREDIBLE FISHING THE RIVER HAS TO OFFER.
Arctic Char Fishing PHOTOS: RASMUS OVESEN, KLAUS BOBERG PEDERSEN & CRAIG BLACKIE IL FIUME TREE, NELL’ANGOLO OCCIDENTALE DELLA PROVINCIA DI NUNAVUT IN CANADA, È UN MITICO FIUME DA SALMERINI CON UNA REPUTAZIONE CRESCIUTA A DISMISURA NEGLI ULTIMI ANNI.
ALMENO COSÌ MI DICEVANO – FINCHÉ UN GIORNO, FINALMENTE, HO SPERIMENTATO IN PRIMA PERSONA LA PESCA DAVVERO INCREDIBILE CHE QUESTO FIUME OFFRE.
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FOR THE PAST THREE DAYS, we have stayed at Plummer’s Lodge and fished Great Bear Lake – a massive freshwater reservoir in the Northwest Territories surrounded by an immensity of fir forests, swamps and barren plains. On the lake we have experienced some spectacularly good fly fishing for fierce lake trout in cannibalistic sizes, but throughout the whole ordeal the guides and guests have been talking excessively about another body of water: The Tree River, in the Nunavut Territory. Now, there’s obviously nothing controversial about fishermen talking longingly about other destinations than the one they’re currently fishing – no matter where that may be. But Tree River soon comes to sound like a place of special interest. It is talked about with an enthusiasm bordering on religious fanatism – as if it was a mythological place from a long-gone era. AS THE HYDROPLANE touches down on Tree River’s lightly milk-coloured glacial water, we still have no idea about what awaits us. Here, downstream from the provisional Tree River Lodge, where we’ll be sleeping over, the river isn’t something out of the ordinary. It meanders drowsily downstream towards the Arctic Ocean set down in a harsh and barren terrain, and
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it might as well have been any random river in Greenland or Northern Norway. It isn’t until we have unloaded all our equipment and supplies at the lodge, pieced our fly rods together and hiked upstream that the river really starts to work its subtle magic on us. Up here, the river has an altogether different character and temperament. Radically different even! It is WILD! FOR THE NEXT 24 HOURS we thrust ourselves upon the river and its massive arctic char, and in the process our naivety and lack of tackle preparation is exposed and severely punished. We have previously experienced prolonged trips with broken rods, failing equipment and spooled fly reels. However, what happens over the course of a single day at Tree River is almost tragicomic in comparison. In addition to burst leaders, broken links and straightened-out hooks we loose a shooting head, a full-length fly line and 50 meters of backing. And we break two 8-weight rods into half. Granted, we start off by catching a stringer of insolently beautiful 4-5kilo arctic char in Presidential Pool – a slightly insignificant pool that has gotten its name because George Bush Sr. likes to fish there. But as we charter
NEI TRE GIORNI PASSATI abbiamo alloggiato al Plummer’s Lodge e pescato nel Gran Lago degli Orsi – un’imponente riserva d’acqua dolce dei Territori del nord-ovest, circondata da un’immensa foresta di conifere, acquitrini e pianure brulle. Sul lago abbiamo sperimentato della pesca a mosca semplicemente spettacolare con feroci trote di dimensioni enormi. Per tutto il tempo le guide e gli ospiti ci hanno parlato in continuazione del fiume Tree, nel territorio di Nunavut. E’ abbastanza normale che dei pescatori parlino con nostalgia di altre destinazioni rispetto a quella dove stanno pescando in quel momento – non importa quale sia. Del fiume Tree però se ne parla con un entusiasmo che rasenta il fanatismo religioso, come se fosse un luogo mitologico di un’epoca molto passata. QUANDO L’IDROPLANO atterra sull’acqua glaciale lievemente lattiginosa del fiume Tree, ancora non abbiamo idea di cosa ci aspetti. Qui, a valle rispetto al provvisorio Tree River Lodge, dove dormiremo, il fiume non sembra così eccezionale. Serpeggia con aria assonnata a valle dirigendosi verso l’Oceano Artico, attraversando un terreno aspro e brullo, e potrebbe benissimo trattarsi di un qualsiasi
fiume della Groenlandia o della Norvegia settentrionale. Il fiume comincia a esercitare la sua sottile magia su di noi solo dopo che al lodge abbiamo tirato fuori tutte le nostre attrezzature e provviste, messo insieme le nostre canne da mosca e percorso un tratto verso monte. Quassù il fiume ha un carattere e un temperamento radicalmente diversi: È SELVAGGIO! NELLE SUCCESSIVE 24 ORE ci spingiamo sul fiume e sui suoi possenti salmerini, e nel far ciò la nostra ingenuità e la mancanza di preparazione dell’attrezzatura vengono a galla e sono severamente punite. In precedenza abbiamo sperimentato viaggi prolungati con canne rotte, attrezzature precarie e mulinelli da mosca sgranati, ma quello che succede sul fiume Tree in un solo giorno è quasi tragicomico. Oltre a terminali strappati e ami raddrizzati, perdiamo una coda per tutta la sua lunghezza, 50 metri di backing e rompiamo un paio di canne coda 8. È vero che iniziamo col prendere un bellissimo esemplare di salmerino da 4-5 chili nella Presidential Pool – una pool un po’
further upstream and face the challenges of Relay Pool, Slippery Jack, Montreal and Second Falls, we suddenly feel as if we’re buffalo hunting with slingshots. And we curse ourselves for leaving the 10 and 11-weight rods at the Great Bear Lodge. Not surprisingly, the combination of a river with torrential currents, steep banks, waterfalls and myriads of partially exposed boulders on the one hand and some explosive, strongwilled and more or less incontrollable arctic char on the other results in some over-dramatic fights. It is quite simply extreme! And to even stand the slightest chance, the fish must be fought mercilessly hard. The crux of the matter is to prevent them from reaching the frothing and waterslide-like main current and simply disappearing downstream. If that happens, all is lost. Pursuit is impossible, so all that’s left is to block the reel and hope that it is the leaders and not the fly line that frays and breaks. UNDER A LIGHTLY GRIZZLED SKY, lit subtly by the midnight sun’s lazy gloom, we experience some fishing that by far exceeds our wildest expectations.
At one point during the night, Klaus breaks his fly rod on a chrome beauty just shy of eight kilos – a fish he miraculously lands despite the accident. After that, we take turns fighting and landing fish. Then my fly rod snaps too – with a loud whiplashing sound! The sudden crack wakes us up – as if you from a dream. The river pours downstream with renewed intensity, the beautiful tundra comes back to life with vivid colours, and all of a sudden we’re awkwardly aware of the surroundings and ourselves. We have now broken both the treacherous wands that we have been flinging self-hypnoticingly over the river all day, and a spell has been broken. The river has set us free, and even though it might have been tempting to hike the roughly five kilometres back to the camp to pick up the backup rods, there seems to be no point in doing so. THE HYDRO PLANE LEAVES TOMORROW MORNING and there are no guarantees that I will ever see Tree River again. But as I creep into my sleeping bag, close my eyes and wait for sleep to overpower me, I am certain that, somehow, the river’s furtive magic will haunt me for the rest of my life. I too have lost my heart to Tree River!
insignificante che porta questo nome perché ama pescarci George Bush Sr. Comunque, man mano che procediamo a monte e affrontiamo le sfide della Relay Pool, dello Slippery Jack, Montreal e delle Second Falls, ci rendiamo conto che stiamo in un certo senso andando a caccia di bufali con le fionde, e ci malediciamo per aver lasciato le canne code 10 e 11 al Great Bear Lodge. E’ tutto semplicemente estremo: correnti torrenziali, sponde ripide, cascate, miriadi di massi parzialmente esposti e salmerini esplosivi, determinati e incontrollabili. E per avere la minima possibilità, i pesci vanno combattuti senza pietà. Il segreto è impedire loro di raggiungere la corrente principale e di dileguarsi verso valle. Se succede, è finita: l’inseguimento è impossibile e non resta che bloccare il mulinello e sperare che siano i terminali e non la coda a sfilacciarsi e a rompersi. SOTTO UN CIELO GRIGIASTRO, illuminato appena dalla tenue oscurità del sole di mezzanotte, sperimentiamo una pesca che eccede di molto le nostre aspettative più audaci. Ad un certo punto, durante la notte, Klaus rompe la sua canna
con una meraviglia cromata di quasi otto chili – un pesce che miracolosamente trae a riva malgrado l’incidente. In seguito ci diamo il cambio nel lottare contro i pesci e nel trarli a riva, e anche la mia canna si spezza sbattendo violentemente! L’improvviso crack ci desta come da un sogno. Il fiume si riversa a valle con rinnovata intensità, la bellissima tundra rivive di colori intensi e improvvisamente noi diventiamo goffamente consapevoli dei dintorni e di noi stessi. Abbiamo appena rotto un incantesimo, così come l’infida bacchetta magica che abbiamo lanciato nel fiume tutto il giorno fino all’ipnosi. Il fiume ci ha liberati, e anche se possiamo avere la tentazione di percorrere a ritroso i circa cinque chilometri che ci separano dall’accampamento per andare a prendere le canne di scorta, non ha senso farlo. L’IDROPLANO PARTE DOMATTINA e non è garantito che io possa mai rivedere il fiume Tree. Tuttavia, mentre mi infilo nel mio sacco a pelo, chiudo gli occhi e aspetto che il sonno si impossessi di me, sono certo che, in qualche modo, la magia furtiva del fiume mi perseguiterà per il resto della vita. Anch’io ho lasciato il cuore sul fiume Tree!
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FACT BOX: TREE RIVER (Kogluktualuk) is a glacial river in the Northwestern corner of the Canadian state, Nunavut. The river pours into Coronation Gulf, which is a part of the frigid Arctic Ocean to the high North. The lower stretches of the river are fairly chaotic with gushing white water, whirling pools, waterfalls and long riffles. 10 kilometres from the ocean there is a natural barrier for the arctic char’s spawning run, which occurs over the course of the summer – from the middle of June through September. The barrier is a plummeting and several meter-high waterfall that is impossible for the fish to climb. Downstream, the river gets packed to the bursting point with fully-grown arctic char, which become increasingly
coloured up as the season progresses. Tree River Lodge provides access to the upper four kilometres of the lower river stretches. From the lodge itself you hike upstream from one pool to the next, or you fish from a boat or spey cast in some of the bigger and more slow-flowing pools close to- and below the lodge. The fishery is administered by Plummers’s Arctic Lodges in cooperation with the local Indian tribe. The season is short and hectic – just like the arctic summer, and it runs from the beginning of July through August. However, because of the midnight sun, you can fish 24 hours a day. Additional information can be found here: www.plummerslodges. com
FACT BOX: THE ARCTIC CHAR in Tree River are the world’s largest, and the majority of all existing world records stem from this river. This, for instance, is the case with three line records, the fly fishing record, and – last but not least – the biggest arctic char ever landed on a rod and reel: a giant of 14.77kilos. Presumably, there are several good explanations as to why the Tree River arctic char grow to such incredible sizes. They have amble amounts of prey fish to feed on in the Arctic Ocean and in the estuary of the river, plus there’s an extreme form of natural selection in play when it comes to the spawning. In effect, only the biggest and most powerful fish are capable of climbing the many waterfalls and torrential currents. A more weighty argument, however, is probably that the Tree River arctic char are of mixed blood. There are lake char in the river too, and throughout the ages hybridization must have occurred. New investigations have proven that the Tree River arctic char have traces of lake char DNA in their genetic codes, and genes from lake char – a species that grows to 35-40 kilos, might explain how the Tree River arctic char get to be so enormous compared to other strains.
SCHEDA INFORMATIVA: I SALMERINI del fiume Tree sono i più grossi al mondo e la maggior parte dei record mondiali viene da questo fiume.Il più grande salmerino mai tratto a riva con una canna e un mulinello è un gigante da14,77 chili. Ci sono diverse e valide spiegazioni del perché i salmerini del fiume Tree crescono fino a raggiungere dimensioni così incredibili: hanno grandi quantità di prede di cui cibarsi nell’Oceano Indiano e nell’estuario del fiume, inoltre esiste una selezione naturale nella deposizione delle uova, poiché solo i pesci più grossi e potenti sono capaci di risalire le tante cascate e correnti torrenziali. Un'altra ragione risiede nel fatto che i salmerini del fiume Tree sono di sangue misto. Ci sono salmerini di lago anche nel fiume, e in tutte le epoche deve esserci stata ibridizzazione. Nuove ricerche hanno dimostrato che i salmerini del fiume Tree hanno tracce di DNA dei salmerini di lago – una specie che cresce fino a 35-40 chili – , i cui geni possono spiegare il motivo per cui i salmerini del fiume Tree diventano così grandi rispetto agli altri.
SCHEDA INFORMATIVA: IL FIUME TREE (Kogluktualuk) è un fiume glaciale all’angolo nord-occidentale dello stato canadese di Nunavut. Il fiume sfocia nel Golfo dell’Incoronazione, che fa parte del gelido Oceano Artico a nord. I tratti più bassi del fiume sono piuttosto caotici, con acqua zampillante e spumeggiante, pool con mulinelli, cascate e lunghe increspature. A 10 chilometri dall’oceano c’è una barriera naturale per la deposizione delle uova in risalita del salmerino, che avviene nel corso dell’estate – dalla metà di giugno fino a settembre. La barriera è una cascata ripida e alta parecchi metri, impossibile da scalare per i pesci. A valle il fiume si riempie fino all’inverosimile di salmerini
adulti, che diventano sempre più colorati man mano che la stagione avanza. Il Lodge Tree River fornisce l’accesso ai quattro chilometri più a monte del corso inferiore del fiume. Dal lodge stesso si cammina verso monte da una pool all’altra, si pesca dalla barca o dalla riva nelle pool più grandi e dal corso più lento. La pesca è gestita dai Plummers’s Arctic Lodges in collaborazione con la tribù indiana locale. La stagione è breve e frenetica – come l’estate artica – e va dall’inizio di luglio ad agosto. Comunque, grazie al sole di mezzanotte, si può pescare 24 ore al giorno. Ulteriori informazioni si possono trovare all’indirizzo: www.plummerslodges.com
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Le origine romane della pesca a mosca COLLECTOR’S PAGES
di Riccardo De Stabile Alcune immagini sono state prese dal libro “Anelli sull’Acqua” di Renzo Dionigi
Il primo pescatore a mosca che possiamo identificare con precisione viveva sicuramente nell’Impero romano. Un primo riferimento alla pesca a mosca, anche se discutibile, è per mano di un certo Marco Valerio Marziale, un signore noto a generazioni di riluttanti studenti di latino semplicemente come Marziale. Nonostante si creda comunemente che il diavolo in persona lo abbia inventato per torturare la mente dei poveri studenti di latino, Marziale ai suoi tempi era un poeta molto popolare, noto per i suoi spassosi epigrammi. Visse tra il 41 e il 104 d.C. e nacque in Spagna, sulle rive del fiume Salo, anche se si trasferì prestissimo a Roma dove passò la maggior parte della sua vita. Pare comunque che si dilettasse a pescare e ci ha lasciato almeno una poesia in cui fa riferimento alla sua sfortuna come pescatore, ma in cui scrive anche: E chi mai non ha visto L’avido scaro venire ingannato Dalla mosca che ha divorato? Anche dando a Marziale il beneficio del dubbio, da questi versi si può avere l’impressione che la pesca a mosca fosse una routine all’epoca, ma il problema è che lo scaro è un pesce di mare che vive tra i coralli e le alghe. Pertanto quello di Marziale non viene unanimemente accettato come primo riferimento letterario alla pesca a mosca, anche perché gli
studiosi non concordano sulla parola finale che potrebbe essere mosca o musco, e in quel caso venire tradotta come muschio. Se passasse l’ipotesi che Marziale abbia usato muschio per intendere alghe, il riferimento alla pesca a mosca andrebbe perduto. Rimane poi da stabilire se egli si riferisse ad un insetto vivo o ad una imitazione artificiale. William Radcliffe, dal cui libro sulla storia della pesca sono stati tratti molti riferimenti di questo volume, è al cento per cento a favore dell’ipotesi di un riferimento alla pesca a mosca, ma sono passati troppi secoli da quell’evento, e pertanto non è da escludere che la pesca a mosca abbia le proprie radici in esche per la pesca in mare. Un altro autore che scrisse di questo argomento fu Claudio Eliano in un libro intitolato De Natura Animalium. Questa grande opera risale al 200 d.C., almeno cento anni dopo che Marziale scrisse il suo epigramma. Eliano nacque nel 170 d.C. circa, a Praeneste, e morì attorno al 230 d.C.. Ad un certo punto della sua vita diventò allievo di Pausania di Cesarea, che gli insegnò la retorica, e da buon studente Eliano imparò anche il greco dell’Attica. In seguito studiò storia, ed entrò a far parte del circolo dei personaggi protetti dall’imperatrice Julia Domna. Questo gli permise di frequentare non solamente Galeno, ma anche Oppiano per i suoi scritti: la sua fonte principale è stata identificata in Pamphilo di Alessandria, ma prese anche da molti altri scrittori, come Democrito, Erodoto, Plutarco ed Aristofane.
The first fly fisherman that we can precisely identify lived for sure in the Roman Empire. The first reference to fly fishing, however questionable, was made by a certain Marcus Valerius Martialis, a man known simply as Martial to generations of reluctant Latin students. Though you could think that the devil himself invented him to torture poor Latin students’ minds, during his times Martial was a very popular poet known for his amusing epigrams. He lived between 41 and 104 AD and was born in Spain on the banks of Salo River, but moved very soon to Rome, where he spent most of his life. He is said to have had fun in fishing and left at least one poem in which he hinted at his bad luck as a fisherman. He also wrote:
Who has not seen the scarus rise, Decoyed and killed by fraudulent flies?
fishing would be lost. It is still to be established if he referred to a live insect or to an artificial imitation.William Radcliffe, whose book on the history of fishing gave a lot of references contained in this volume, is thoroughly in favor of the hypothesis that the reference was made to fly fishing. But too many centuries have passed since that event, so it cannot be excluded that fly fishing has its roots in baits for sea fishing. Another author who wrote on this topic was Claudius Aelianus in a book entitled "De Natura Animalium". This great work dates back to 200 AD, at least 100 years after Martial wrote his epigram.
Aelianus was born in ca. 170 AD at Praeneste and died around 230 AD. At some time in his life he became a pupil of Pausanias of Caesarea, who taught him rhetoric, and as a good student Aelianus also studied Attic Greek. Afterwards he studied history and moved within the circle of the people protected by the Empress Julia Domna. This enabled him to see not only Galen, but also Oppian for his writings: his main source has been identified with Pamphilus of Alexandria, but he also took inspiration from many other writers, like Democritus, Herodotus, Plutarch and Aristophanes. In the 17th volume of his book, Aelianus mixes personal observations with facts, legends
Even if we give Martial the benefit of the doubt, these verses can give you the impression that fly fishing was a routine at that time. But the problem is that the scarus is a sea fish living among corals and seaweed. Therefore, Martial’s literary reference to fly fishing is not unanimously accepted as the first one because researchers don’t agree on the final word, which could be mosca or musco, and in the latter case it should then be translated as moss. If the hypothesis were true that Martial used moss but intended to mean seaweed, the reference to fly
Nel diciassettesimo volume del suo libro, Eliano mescola osservazioni personali con i fatti, le leggende e le fantasie desunti da altri autori. Il libro è inteso per puro divertimento, e gli saremo per sempre grati per queste righe immortali: “Ho sentito parlare di un sistema macedone per prendere pesci, ed è questo: tra Borea e Tessalonica scorre un fiume chiamato Astreo, e in questo fiume ci sono pesci con la pelle maculata, come li chiamino i nativi è meglio chiederlo a loro stessi. Questi pesci si nutrono di un insetto tipico di quella zona. Non assomiglia agli insetti che si trovano altrove, non sembra né una vespa, né un’ape, né un moscerino, ma ha qualcosa di tutti questi: per grandezza simile ad un moscerino, per colore
rosso cremisi, attorno all’amo, e fissano alla lana due piume che crescono sotto il bargiglio dei galli di colore cereo. La canna che usano è lunga meno di due metri, e la lenza è della stessa lunghezza. Poi lanciano la loro esca e il pesce, fatalmente e follemente attratto dal colore, sale in superficie, apprestandosi a catturare una gustosa preda; tuttavia, quando apre la bocca e fa per ingoiarla, viene preso all’amo e catturato.” Ecco qui, il fraseggiare di Eliano non lascia spazio a dubbi di sorta sul fatto che stia parlando si pesca a mosca. L’unica cosa triste è che appare evidente che non andò mai di persona in Macedonia. Anche se sarebbe stato meglio leggere un
ad una vespa e per il rumore che produce a un’ape. I nativi lo chiamano Hippouros. Questi insetti cercano il cibo sul fiume, ma non sfuggono all’attenzione dei pesci sottostanti. Quando un pesce vede uno di questi insetti in superficie, sale lentamente per non spaventarlo, apre la bocca lentamente e se lo divora , portandoselo via come fa il lupo con l’agnello o un’aquila con un’oca, dopodiché si immerge di nuovo. Ora, sebbene i pescatori siano a conoscenza di questa abitudine dei pesci, essi non usano gli insetti vivi come esca, perché questi al tocco dell’uomo perdono il loro naturale colore, le loro ali avvizziscono e diventano cibo inadatto ai pesci. Pertanto i pescatori non li usano, ma hanno trovato un modo per ingannare i pesci. Legano della lana rossa,
resoconto diretto di quelle catture, tuttavia il racconto di Eliano è affidabile, visto che egli aveva sicuramente molte opportunità di incontrare e parlare con persone che avevano viaggiato in quella terra, dato che essa era stata invasa dai romani nel 200 a.C. e pochi decenni dopo era diventata provincia romana. Pertanto possiamo prendere letteralmente la frase, “ho sentito”, ed è probabile che Eliano non abbia mai visto nessuno utilizzare tale tecnica di pesca. Nondimeno, il suo è il primo chiaro e inoppugnabile riferimento alla pesca a mosca, e fornisce la prova di come questa sia davvero un’arte antica.
and fancy drawn from other authors. The book was intended for pure entertainment, and we will always be grateful to him for these immortal lines: “I have heard of a Macedonian way of catching fish, and it is this: between Borœa and Thessalonica runs a river called Astræus, and in it there are fish with speckled skins; what the natives of the country call them you had better ask the Macedonians. These fish feed upon a fly peculiar to the country, which hovers on the river. It is not like the flies found elsewhere, nor does it resemble a wasp in appearance. One would not justly describe its shape as that of a midge or a bee, yet it has something of each of these. In boldness it is like a fly, and in size you might
nothing to do with them, hating them for their bad character; but they have planned a snare for the fish, and get the better of them by their fisherman’s craft. They fasten red (crimson red) wool around a hook, and fix onto the wool two feathers which grow under a cock’s wattles, and which in color are like wax. The rod is six feet long, and their line is the same length. Then they throw their snare, and the fish, attracted and maddened by the color, comes straight at it, thinking it would gain a dainty mouthful from the pretty sight. However, when it opens its jaws, it is caught by the hook, and enjoys a bitter repast, as a captive.” That’s it, Aelianus’s phrases don’t leave any room for doubts
call it a midge; it imitates the color of a wasp, and it hums like a bee. The natives generally call it the Hippouros. These flies seek their food over the river, but do not escape the observation of the fish swimming below. Then when the fish observes a fly on the surface, it swims quietly up, afraid to stir the water above lest it should scare away its prey; then coming up by its shadow, it opens its mouth gently and gulps down the fly, like a wolf carrying off a sheep from the fold or an eagle, a goose from the farmyard; having done this, it goes below the rippling water. Now, though the fishermen know this, they do not use these flies at all for fish bait, for if a man’s hand touches them, they lose their natural color, their wings wither, and they become unfit food for the fish. For this reason they have
whatsoever on the fact that he is speaking about fly fishing. The only sad thing is that it is evident he never went to Macedonia personally. Though a direct report on those catches would have been better, Aelianus’s account is nevertheless reliable, as he certainly had a lot of opportunities to meet and talk to people who had traveled to that land which had been invaded by the Romans in 200 BD and became a Roman province after some decades. Therefore, we can literally interpret the sentence, “I have heard,” and Aelianus is likely to have never seen anybody use this fishing technique. Nonetheless, his reference to fly fishing is the first clear and indisputable one and proves that this is really an antique art.
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€ 7,00 anzichè 10,00
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RITAGLIA E PRESENTA ALLE CASSE QUESTO COUPON COMPILATO E FIRMATO
l l o t A e ff e n Tur by Jim Klug
Located roughly 25 miles east of Belize City and the Belizean mainland, Turneffe Atoll is the largest and most biologically diverse coral atoll in the Caribbean. Over 30 miles long and 10 miles wide, Turneffe is also one of the most untouched and least developed marine eco-systems in all of Belize.Well-known among both flats fisherman and divers, the protected waters, sheltered lagoons and shallow flats of the atoll have made this an incredibly productive and popular fly fishing and dive destination since Vic Barothy built the first lodge there in the early 1960s. Today, Turneffe is still an incredibly remote and unspoiled location, home to only a handful of small lodge operations including Turneffe Flats on the central part of the atoll and Turneffe Island Lodge on the far southern tip on Caye Bokel. Atolls – by definition – are ring-like reefs surrounding a lagoon that has no central island, with passages through the reef to the sea. Most atolls around the world are of volcanic origin, created when islands sink slowly into the seas while the reefs around them continue to grow, eventually catching up with sea level. Turneffe, however, is not a volcanic atoll, but a chain of islands that over time developed on submerged mountain peaks. As the sea level rose, the reef surrounding the islands grew to keep up with it, creating a unique, shallowwater barrier that today surrounds the islands. Turneffe has a fascinating history,and archeological studies indicate that the Mayans inhabited the atoll in fishing and trading settlements as early as 400 A.D.Spain first charted the atoll in 1625,and through the 17th century, pirates and privateer raiding
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Situato circa 25 miglia a est di Belize City, l’atollo di Turneffe è il più grande dei Caraibi e quello con la maggiore biodiversità. Con le sue oltre 30 miglia di lunghezza e 10 miglia di larghezza, Turneffe è anche uno degli ecosistemi marini più intatti di tutto il Belize. Le sue acque protette, le lagune riparate e le flat poco profonde dell’atollo l’hanno reso una destinazione molto conosciuta e ambita per la pesca a mosca e le immersioni sin da quando Vic Barothy vi costruì il primo lodge all’inizio degli anni Sessanta. Oggi Turneffe è ancora un luogo incredibilmente remoto e incontaminato, dove ci sono solo alcuni lodge, compresi il Turneffe Flats nella parte centrale dell’atollo e il Turneffe Island Lodge nella lontana estremità meridionale sul Caye Bokel. Gli atolli sono, per definizione, barriere coralline a forma di cerchio che circondano una laguna senza isola centrale, con passaggi verso il mare attraverso la barriera. La maggioranza degli atolli nel mondo sono di origine vulcanica e si sono formati quando le isole sprofondavano lentamente in mare, mentre le barriere coralline attorno ad esse continuavano a crescere, raggiungendo il livello del mare. Turneffe però non è un atollo vulcanico, ma una catena di isole che nel tempo si sono sviluppate su picchi di montagne sommerse. Con l’aumentare del livello del mare, la barriera corallina che circondava l’isola è cresciuta di conseguenza, creando un’unica barriera di acque poco profonde che oggi circonda le isole. Turneffe ha una storia affascinante e, secondo studi archeologici, i Maya abitavano l’atollo già nel 400 a.C. con insediamenti di pesca e commercio. La Spagna segnò l’atollo per la prima volta sulle carte geografiche nel 1625, e nel 17° secolo le navi d’assalto dei pirati e dei corsari utilizzarono Turneffe come base operativa da cui tendere agguati ai galeoni spagnoli e ad altre imbarcazioni mercantili. Si pensa anche che Turneffe sia stato un rifugio amato dal celebre pirata Blackbeard. Alla fine del 19° secolo e all’inizio del 20°, l’atollo venne usato come punto di raccolta dei pescatori di spugne e come uno dei luoghi principali in cui sorgevano estese piantagioni di noci di cocco (tutte completamente distrutte dall’uragano Hattie nel 1961). Dagli anni ’30 del Novecento la
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vessels used Turneffe as a base of operations from which to ambush Spanish galleons and other merchant vessels. Turneffe was even rumored to have been a favored hideout for the notorious pirate, Blackbeard. During the late 19th and early 20th century, the atoll was used as a collection point for spongers and as a major location for several expansive coconut plantations (all of which were completely destroyed by Hurricane Hattie in 1961). Commercial lobster and conch fishing has played a major role in Turneffe’s existence since the 1930s, and the atoll remains one of the primary sources of spiny lobster and conch for all of Belize. The shallow waters found on the outer, ocean-side edges of the atoll are perfect for wade fishing: expansive sand and rubble flats that offer the ideal habitat for bonefish, permit and a host of other species. The inner flats, protected creeks, shallow lagoons and huge expanses of intact mangrove and seagrass habitat collectively make Turneffe’s interior lagoon waters one of the most important nursery areas in the region for dozens of fish species, crocodiles, manatees, lobster, conch and numerous other creatures. A number of species found on the islands and in the waters of Turneffe are listed as endangered. Because of the ecological value of this ecosystem, the entire atoll was designated as a Marine Reserve area in 2012, becoming the country’s largest, most significant marine protected area to date. The northernmost of the two fishing lodges based on the atoll is Turneffe Flats, an operation started in 1981 by two South Dakotans: Dr. Craig Hayes and Doug Moore. Located on the eastern (seaward) side of the atoll just south of the Grassy
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pesca commerciale all’aragosta e alle conchiglie svolge un ruolo importante, e Turneffe resta una delle prime fonti di aragoste e conchiglie di tutto il Belize. Le acque poco profonde che si trovano ai margini esterni dell’atollo, verso l’oceano, sono perfette per la pesca in wading: estese flat di sabbia e detriti che offrono l’habitat ideale per i bonefish, i permit e molte altre specie. Le flat interne, le insenature protette, le lagune poco profonde e le enormi distese di intatte mangrovie e alghe concorrono insieme a rendere le acque della laguna interna di Turneffe una delle più importanti nursery della regione per molte specie ittiche: coccodrilli, lamantini, aragoste, conchiglie e numerose altre creature, tra le quali alcune catalogate come specie in pericolo. Per il valore ecologico di quest’ecosistema, nel 2012, l’ atollo è stato designato Riserva Marina, diventando così l’area marina protetta sino ad ora più ampia e importante del Paese. Il più settentrionale dei due lodge di pesca dell’atollo è il Turneffe Flats, aperto nel 1981 da due signori del Sud Dakota Dr. Craig Hayes e Doug Moore. Situato sul lato orientale (verso il mare) dell’atollo, a sud di Grassy Caye Range, il lodge ha una posizione ideale per accedere facilmente alle 250 miglia quadrate di flat, barriere coralline e ricchi habitat marini. Con le sue capanne sull’oceano dotate di aria condizionata, le ville private, il grande edificio principale e la possibilità di ospitare fino a 28 persone, il moderno Turneffe Flats è tutt’altra cosa rispetto all’originale, con le sue due piccole capanne sulla spiaggia, un unico generatore di corrente e i bagni in fondo al molo. A parte la sua reputazione come eccellente lodge di pesca, il Turneffe Flats è anche noto per il suo impegno a favore dell’ambiente e Hayes è riconosciuto come una delle voci più autorevoli del Belize, grazie alle sue prese di posizione a questo riguardo. Come fondatore del Turneffe Atoll Trust, Craig si è battuto per incentivare la pesca catch and release a bonefish, permit e tarponi in tutto il Belize e per far sì che l’atollo di Turneffe venisse nominato Riserva Marina. Più di 10 anni di duro lavoro hanno avuto la loro ricompensa nel 2012, quando il governo del Belize ha annunciato che l’atollo sarebbe diventato la nuova (e più estesa) riserva del Paese.
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Caye Range, the operation is ideally situated to easily access Turneffe’s 250 square miles of expansive flats, coral reef and rich marine habitat. With air conditioned oceanfront cabanas, private villas, a large main lodge building, and the ability to accommodate up to 28 guests at a time, the modern day Turneffe Flats is a far cry from the original operation of two small beach cabins, a single generator, and bathrooms at the end of the dock. Aside from its reputation as a great lodging and fishing operation, Turneffe Flats has also become known for its dedication to the environment, and Hayes has emerged as one of Belize’s most outspoken and recognized voices for conservation. As the founder of the Turneffe Atoll Trust, Craig lead efforts to implement catch and release fishing for bonefish, permit and tarpon throughout Belize. He also led the fight to have Turneffe Atoll designated a Marine Reserve. In 2012, more than 10 years of hard work paid off, when the Government of Belize announced that the Atoll would become the country’s newest (and largest) Reserve.
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