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HAUSMANN & CO

HAUSMANN & CO.

UNA RELAZIONE FATTA DI FIDUCIA

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«OGGI L’OROLOGIO È DIVENTATO COME UN TITOLO IN BORSA, CON QUOTAZIONI IN CONTINUO CAMBIAMENTO» A COLLOQUIO CON GIULIA MAURO E FRANCESCO HAUSMANN

Di Paolo Gobbi

OGGI PIÙ CHE MAI l’orologio viene considerato un complemento indispensabile nella vita di tutti i giorni, una maniera per raccontare la propria personalità, ma anche la possibilità di spendere al meglio i propri soldi. A Roma è Hausmann & Co. a raccontare da quasi 230 anni la storia della misurazione del tempo.

Le strade del centro di Roma, come quelle di Milano, Firenze, sembrano essere tornate piene di turisti. Stiamo ritornando verso la tanta agognata normalità?

«Francesco Hausmann. Siamo molto contenti di come stiano andando le cose. Se la guardiamo da un punto di vista strettamente commerciale, siamo sempre meno dipendenti dai flussi turistici e questo per la quasi totalità dei Brand che rappresentiamo, grazie a un processo di trasformazione in atto da qualche anno.»

Questo cambio di prospettiva a chi deve il merito?

«F.H. Dove i Brand lavorano bene, la domanda locale diviene esaustiva e non lascia ampi spazi al turismo.»

Un esempio?

«Giulia Mauro. Gestiamo direttamente tre Boutique monomarca e tutte hanno sempre meno orologi disponibili in pronta consegna per l’acquisto per i passanti. Ormai, non vendiamo prodotti ma servizi. Non è un caso se per la selezione del nostro staff non ricerchiamo profili commerciali puri, ma sempre più persone con esperienze nel mondo dell’hotellerie, delle pubbliche relazioni, per assurdo avremmo bisogno di psicologi! Ci servono infatti persone in grado di saper gestire l’attuale situazione di scarsità di prodotto.»

Come fate a dare soddisfazione al futuro cliente?

«G.M. Di comune accordo con le Case, abbiamo adottato una strategia particolare: anche se il prodotto non può essere acquistato, quando possibile mostriamo dei modelli già venduti, magari in consegna. Vogliamo stabilire un contatto “vero” con l’orologio, che ricordiamo essere un oggetto fisico, che va provato in prima persona, anche se

Francesco Hausmann e Giulia Mauro, co-amministratori di Hausmann & Co.

il modello che andiamo a far provare non verrà direttamente acquistato perché il cliente, magari, dovrà attendere molto tempo per averlo a sua volta.»

Reagiscono tutti positivamente a questa metodologia comunicativa?

«F.H. Non proprio. Alcuni hanno uno choc positivo, altri meno. Di fronte all’oggetto del desiderio, ci si può emozionare positivamente, oppure cercare un confronto non sempre amichevole. Per mitigare tutto questo è necessario riuscire a stabilire un contatto con il cliente e trovare una maniera per instaurare un contatto fisico con l’oggetto stesso, anche se il prodotto che sta provando non sarà quello che riuscirà immediatamente ad acquistare.»

Cosa è cambiato, se è cambiato, il rapporto con il cliente?

«G.M. Abbiamo necessità di lavorare con psicologia, diplomazia e parole. La scarsità di prodotto è già insufficiente per soddisfare la domanda locale. Per quanto riguarda la clientela turistica il discorso è ancora più complicato, perché diventa veramente difficile se non impossibile soddisfare le richieste di clienti che a Roma sono solo di passaggio.»

Voi date per scontato che adesso gli orologi debbano essere venduti solamente alla clientela locale e non ai turisti. La domanda sorge spontanea: perché prima non era così? Perché ancora cinque o sei anni fa le vendite ai “turisti” rappresentavano più del 50% del vostro fatturato?

«F.H. Il merito è delle Case Madri che ci hanno chiesto di privilegiare ancor di più i clienti locali, da noi conosciuti. Il percorso di moralizzazione del mercato è stato serio, inesorabile, determinato, creando Boutique monomarca che sono diventate “ripetitori” della moralità e dell’etica delle Case stesse.

Questo ha scatenato dei fenomeni nuovi per il mondo delle lancette.

«F.H. Sì. Una parte della domanda non proviene da appassionati di orologi, quanto da appassionati di investimenti. Purtroppo oggi l’orologio è diventato come un titolo in borsa, con quotazioni in continuo cambiamento, non è più solamente il segnatempo da indossare. Attenzione, cercare l’investimento non implica automaticamente che poi l’orologio verrà immediatamente rivenduto. Al contrario, ci sono alcune persone che lo considerano un investimento alternativo da conservare con cura.»

Alcuni modelli oggi monopolizzano il mercato. Come fate a gestire le consegne?

«G.M. Noi diciamo sempre la verità con i nostri

clienti, ma quando c’è una grande sproporzione tra domanda e offerta è naturale che il nostro ruolo finisca nell’occhio del ciclone. Le consegne sono così limitate che le persone che vengono soddisfatte non riescono ad essere in numero sufficiente a raccontare agli altri che gli orologi vengono effettivamente consegnati. Più di una volta, quando abbiamo chiamato il cliente per avvisare che l’orologio era arrivato e potevano venire in Boutique a ritiralo, ci siamo senti rispondere “Ma davvero? Pensavo fosse uno scherzo. Pensavo che voi prendeste i nominativi per poi buttarli”. La realtà è che il nostro obiettivo è accontentare gli appassionati, che lo indossano al polso con soddisfazione. C’è poi un aspetto temporale: una domanda così importante, a dispetto di una produzione così limitata, fa sì che la disponibilità del prodotto non potrà essere istantanea.»

Vale per tutti?

«F.H. La nostra equità è totale. Non esistono parenti, amici, conoscenti, raccomandati. La nostra priorità è vendere a chi desidera un orologio e non a chi ne vuole fare qualcos’altro. Laddove questo succeda, saremo inclementi e ne terremo ovviamente conto per ogni futura attività inerente agli orologi. Una cosa vorrei che fosse chiara: in questi casi i primi ad essere danneggiati siamo noi, in quanto ci sentiamo traditi nella fiducia.

Il cliente è quindi al centro?

«G.M. Per noi, come per tutti i concessionari anche in altre nazioni e continenti, è importante creare una relazione di fiducia con il cliente. Sarà questa relazione a permettere al cliente stesso di costruire la propria collezione. Non sarà più quindi necessario, se non addirittura deleterio, andare alla ricerca in ogni dove del pezzo che si vuole acquisire, magari solamente per beneficiare dello sconto offerto dal tax free.»

Il mondo dell’orologeria sta andando sempre più verso la specializzazione. Si riducono il numero dei concessionari e al contempo si alza la qualità di quelli rimasti. Per voi è un problema oppure un’opportunità?

«F.H. Sicuramente un’opportunità: un’onda gigantesca può essere distruttiva se si trasforma in uno tsunami, oppure può essere usata per divertirsi surfando. L’importante è prepararsi per tempo. La capacità dell’imprenditore, in questo caso di noi retailer, è quella di prevedere quello che succederà nel futuro, di capire l’onda e sfruttarla sempre al meglio. Questo può trasformare un problema in un divertimento. Per tornare al problema, la diminuzione dei punti vendita è una diretta conseguenza della scarsità di prodotto messo in vendita, o meglio del reindirizzo dello stesso all’interno dei canali ufficiali.

Sono certo che la produzione stia aumentando, ma anche la domanda sta crescendo, sia per l’effetto investimento, sia per l’apertura di mercati che un tempo non erano attivi. In ogni caso è difficile se non impossibile tornare indietro: una volta che la distribuzione si incanalerà totalmente in punti

VII Premio Hausmann& Co. - IWC «DEDICATO A CHI HA TALENTO»

Il Premio nasce nel 2012 dalla volontà del Gruppo Hausmann & Co. di sostenere le eccellenze che si sono distinte nell’ambito delle proprie discipline. L’iniziativa della Casa romana - guidata da oltre 225 anni dalle famiglie Hausmann e Frielingsdorf - si inserisce nel solco di una lunga tradizione nel mecenatismo dell’azienda, che per la prima volta ha accanto a sé come partner IWC Schaffhausen. Il Premio quest’anno è stato consegnato ai partecipanti alla terza edizione di “Fabbrica” – The Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma.

La serata di assegnazione del VII Premio Hausmann & Co., rivolto alla valorizzazione di giovani talenti, si è tenuta nella splendida cornice delle Terme di Caracalla, o antoniniane, che costituiscono un grandioso esempio di terme imperiali a Roma e uno dei complessi archeologici più importanti, meglio conservati al mondo. Da sinistra, il Sovrintendente al Teatro dell’Opera di Roma Francesco Giambrone, Francesco Hausmann e Giulia Mauro (amministratori Hausmann & Co.), Thomas Perini, Regional Director IWC Schffhausen

vendita più simbiotici con le Case Madri, è difficile pensare che si possa trattare di una bolla destinata prima o poi a scoppiare.»

Parliamone di questa famigerata “bolla”, che i soliti sapienti tirano in ballo in continuazione.

«G.M. Quello della “bolla destinata a scoppiare” è un mantra che dura da anni e che non ha nessuna rilevanza reale. Di fatto le reputazioni dei Brand si vanno consolidando sempre di più. Quando è il mercato, in maniera autonoma, a riconoscere il valore degli oggetti e quindi dei marchi che ci sono dietro, in quel momento si capisce che dietro non c’è nulla di artefatto: la domanda dei soli clienti appassionati e non speculatori supera da sé l’offerta, vincolata ad una produzione di qualità e in gran parte ancora legata al lavoro fisico degli orologiai.

Di conseguenza la bolla non esiste.»

In un mondo che corre veloce, l’importante è non fermarsi mai, un po’ come fanno gli orologi. Dopo le aperture delle tre boutique monomarca, Patek Phlippe, Rolex e Tudor, adesso è vicina al traguardo una nuova realtà in via San Giacomo, ancora una volta nel centro di Roma.

«F.H. San Giacomo è un ritrovare una casa storica, quella di via del Corso, che abbiamo dovuto abbandonare per motivi commerciali.

È un’evoluzione di una storia iniziata ben oltre due secoli addietro, uno spazio che viene dall’antico ma è proiettato nel futuro. In questo caso, in fondo seguiamo più una strada romantica piuttosto che commerciale.»

Una scelta quasi filosofica?

«F.H. Sì, vogliamo creare un luogo dove si faccia cultura orologiera più che semplice business. Parleremo di orologi d’epoca, di maestri indipendenti contemporanei. Racconteremo le invenzioni più antiche e quelle contemporanee più sorprendenti. L’orologeria è oggi un mondo affascinante, che noi racconteremo e mostreremo in un luogo mai visto prima a Roma.

Chiameremo dei Maestri che realizzano poche centinaia di pezzi all’anno e chiederemo loro di raccontarci il loro concetto di misurazione del tempo. Non ci interessa soltanto vendere, ma vogliamo riportare a Roma la più importante cultura orologiera.»

Con San Giacomo è partita la campagna “The Rise”. Cos’è?

«G.M. È una rappresentazione del moto perpetuo, di un’evoluzione che continuiamo ad avere: degli ingranaggi in movimento, che cambiano e si trasformano in continuazione. La nostra azienda è in continua evoluzione. Si parte dalla H molto classica, il DNA della nostra azienda, che in una sorta di trascendenza punta all’infinito, un altro simbolo legato alla misurazione del tempo e che è entrato anche nel disegno dei nostri gioielli. Una metafora per raccontare che stiamo continuando ad avere idee e progetti, che si manifesteranno in tante attività.»

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