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BARTORELLI

BARTORELLI

PASSIONE E COMPETENZA

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UNA VISIONE DEL MONDO DELL’ALTA OROLOGIERIA VISTA CON GLI OCCHI DI CHI LA RAPPRESENTA DA ANNI. CARLO BARTORELLI SI RACCONTA IN OCCASIONE DELL’APERTURA DELLA BOUTIQUE HUBLOT A FORTE DEI MARMI

Di Paolo Gobbi

PUNTO DI RIFERIMENTO per chi cerca l’eccellenza della professionalità sostenuta da una creatività esclusiva e da una continua assistenza nella scelta di gioielli e orologi di alta gamma. Marchi iconici, oggetti unici, pietre purissime, particolari esclusivi e di valore, uniti alla passione e al servizio: è questo oggi il lusso assoluto di Bartorelli, garantito da un nome da oltre 130 anni sul mercato.

La storia di Bartorelli ha inizio nel 1882, e racconta una realtà in continua evoluzione ed espansione. Ha ancora senso una storia così lunga e importante, rispetto ad un mercato che trasformandosi è diventato fin troppo veloce e spesso distaccato?

«La storia non si può cancellare e ha senso più per noi piuttosto che per quello che vogliamo comunicare: ci racconta una tradizione e una grande esperienza. Quest’ultima ci porta, in questo mercato di grandi cambiamenti, a fare delle scelte oggettivamente migliori.»

Questa vostra lunga esperienza viene riconosciuta e capita dagli acquirenti?

«Se parliamo dell’Alta Gioielleria la nostra expertise è sicuramente riconosciuta: la nostra competenza, la fiducia, la sicurezza del prodotto che viene acquistato. Grazie a noi il cliente si approccia con fiducia ad un mercato dove è difficile fare un prezzo, creare un valore, specie se confrontato con l’Alta Orologeria e i suoi prezzi di listino ben certi e stabiliti. Nelle pietre preziose, ad esempio, sono tantissime le variabili che vengono messe in discussione. È quindi necessaria la nostra competenza supportata dall’esperienza e quindi dalla tradizione di quattro generazioni di gioiellieri.»

Le case orologiere riconoscono questa vostra competenza?

«Il mercato è totalmente rispetto al passato e sono poche quelle che ci riconosco storia e competenze.»

La boutique Hublot a Forte dei Marmi, in Via Giovanni Montauti 1 Tel. 0584 1532783

Nella foto a sinistra l’Hublot Classic Fusion personalizzato sul fondello e realizzato in serie limitata per l’apertura della boutique di Forte dei Marmi.

Carlo Bartorelli

Voi avete boutique monomarca con Hublot e Bulgari: questa scelta vi toglie legittimità?

«Necessariamente il mercato non tiene conto della storia ma semplicemente di quello che succede in tempo reale. Di conseguenza non possiamo andare contro agli orientamenti attuali, perché ne verremmo schiacciati. Cerchiamo in tutte le nostre boutique, anche monomarca, di non spersonalizzare del tutto il punto vendita. Ci mettiamo comunque del nostro e di comunicare il nostro stile e la nostra maniera di lavorare.»

Com’è nata la vostra partnership con Hublot?

«Hublot è stato l’esempio del primo prodotto di marketing nel campo dell’Alta Orologeria. Bartorelli è stato concessionari della marca sin dai suoi primi anni di vita. Lo abbiamo scelto da subito per la sua carica innovativa, per quel bracciale in caucciù straordinariamente comodo e imitato mille volte. Abbiamo sempre venduto la marca, seguendone il suo percorso e rimanendo fedeli al suo concetto di Alta orologeria.»

Una scelta importante e consapevole.

«Abbiamo capito la filosofia di Hublot e deciso di seguirne il cammino. Proprio per questo abbiamo aperto una boutique Hublot a Forte dei Marmi, scegliendo un mercato molto qualitativo e curando con cura anche che fosse posizionata nel posto giusto che le corrette dimensioni.»

Quale clientela incontrate?

«Naturalmente molti stranieri, anche provenienti dall’est europeo, a dispetto di una situazione geopolitica non certo semplice. Poi arabi, americani, tanti asiatici.»

Gli italiani?

«Hublot è un orologio diverso dalla massa, originale, con un tocco di sportività che non gusta. Noi lo spingiamo molto e i nostri clienti ci seguono. Anche nel momento del grande boom degli stranieri non abbiamo mai, e ribadisco “mai” trascurata. C sacrifichiamo, andiamo a casa loro, ci mettiamo tutto il nostro tempo e la nostra testa.»

Per l’apertura Hublot a Forte dei Marmi presenterete anche un orologio?

«Presenteremo una serie limitata di 20 pezzi, personalizzati appositamente per noi. Lo scorso anno ne facemmo una serie di 35, andati tutti venduti e già oggi quotati sul mercato del collezionismo. Quest’anno potrebbe accadere qualcosa di simile.»

Qual è il ruolo di un Bartorelli oggi?

«Trasmettere passione competenza. Siamo un dealer, necessario anche alle grandi aziende, che sa dare consigli corretti al cliente e vende il prodotto migliore per ognuno di loro. Il nostro mercato è fatto dalla clientela nazionale più importante, e noi per lo siamo convinti di essere un valore aggiunto. Poi non posso sapere quale sarà il mercato del futuro. Non possiamo sapere la sua evoluzione. Ma in qualsiasi lavoro è difficile che venga meno la figura dell’uomo.»

Cosa ne pensa delle vendite online?

«Siamo molto attenti ad essere presenti in rete e da circa quattro anni abbiamo un nostro e-commerce. Ritengo però, che per la fascia alta del mercato il rapporto diretto con il cliente è ancora indispensabile. Quello che potrà succedere tra 10, 15 o 20 anni è difficile da prevedere. Attualmente l’online funziona fino ad un certo prezzo, oltre serve semplicemente ad informare il cliente, crea relazione.»

Questi ultimi due anni con tutte le loro problematiche, non vi hanno spinto proprio verso le vendite in rete?

«Richemont ha spinto molto per la vendita online. Più in generale siamo attenti a questo mercato, non lo subiamo ma al contrario attacchiamo. Ma il negozio fisico, nel posto giusto, con il personale preparato, è ancora la scelta vincente.»

L’orologio non è un elemento indispensabile nella nostra vita. Possiamo leggere l’ora ovunque, dallo smartphone al cruscotto dell’auto finanche sul frigorifero. Però è sempre stato considerato qualcosa in più che uno strumento. La domanda è: riesce ancora oggi ad avere una marcia in più, ad essere divertente? L’appassionato che lo acquista, lo mostra con orgoglio, oppure lo chiude in cassetta di sicurezza sperando di farci due lire tra qualche anno?

«Sempre di più il mercato speculativo ha appannato il discorso della passione. Ci sono ancora i grandi collezionisti, gli appassionati più convinti, però ultimamente questa crescita dei prezzi esagerata ha portato a ragionare prima alla speculazione e solamente dopo alla bellezza del prodotto. Questo ha annebbiato la richiesta del consumatore. Sta a noi agire per non far perdere questa passione.»

Tanto più che questa spinta “speculativa” prima o poi si ridimensionerà per tornare ad un mercato non drogato.

«Sicuramente questo succederà e rimarrà solamente chi ha una clientela di appassionati e non di speculatori.»

Però, al momento, gli speculatori ci sono.

«Lo so. Quando un cliente affidabile, un imprenditore affermato, un collezionista, che ha già comprato tanto da me, mi chiede di vendergli un orologio… io che cosa devo fare?.»

Che cosa fa?

«Glielo vendo. Mica posso sapere se nella sua testa c’è anche un motivo speculativo. Però anche noi “star dealer” dobbiamo diversificare, non vendere sempre e solamente agli stessi soggetti.»

Per una vita il mantra all’acquisto di un segnatempo importante, è stato “sono soldi spesi bene”, però è innegabile che da un acquisto di altissimo livello, sostanzialmente da cinque zeri in su, il cliente esige che ci sia anche una giustificazione di investimento.

«In questi casi per forza si guarda all’impatto economico. Nessuno è così “leggero” da disinteressarsene.»

Il mondo della distribuzione vede una pesante riduzione delle concessioni e di conseguenza un assottigliarsi della rete distributiva.

«È un fenomeno che ha coinvolto anche noi. La nostra forza rimane anche il gioiello, sia realizzato da noi che di marca. Nei prossimi dieci anni vivremo una sorta di globalizzazione al contrario. La prima è stata sbagliata, la seconda vedrà sempre

LA BOUTIQUE HUBLOT A FORTE DEI MARMI NEL CUORE DELL’ESCLUSIVA LOCALITÀ TURISTICA TOSCANA, È IL NUOVO PUNTO DI RIFERIMENTO PER GLI APPASSIONATI DELLA MARCA SIMBOLO DI ECCELLENZA OROLOGIERA.

LA GESTIONE DELLA BOUTIQUE HUBLOT,

CAPITOLO 1 CURATA NEI MINIMI DETTAGLI PER INCARNARE

I VALORI DEL BRAND, È AFFIDATA AL KNOW-HOW BARTORELLI E VIENE SEGUITA DIRETTAMENTE DALLA FAMIGLIA E DELLO STAFF DEL GRUPPO PER GARANTIRE PROFESSIONALITÀ ED ECCELLENZA NEL SERVIZIO AL CLIENTE.

meno prodotto e concessioni. Sopravviverà chi mantiene la sua personalità ed ha la clientela giusta.»

Un tempo l’orologio era considerato un oggetto piacevole, poi un investimento oggi si parla di speculazione. Per voi è un problema oppure un’opportunità?

«La lettura dell’opportunità a breve c’è: in un momento in cui in banca si arrivano a pagare degli interessi passivi, l’immobiliare è molto tassato, è normale che la gente si orienta verso i beni mobili e l’orologio è uno di questi.»

Ma oggi è ancora solamente un “bene rifugio”?

«No, è anche un ben speculativo. Per questo motivo dobbiamo essere i primi poliziotti della nostra azienda. Non è sempre facile, anche se oggi, in buona sostanza, ci troviamo a navigare in un mare protetto e non aperto come un tempo: nessuno sconto, nessun magazzino… Però questa opportunità speculativa fa anche molta paura, perché nel momento stesso nel quale dovesse finire questo momento bisogna capire che cosa succede e cosa penseranno le persone a cui abbiamo venduto gli orologi.»

Però nel vostro ruolo di concessionari non avete speculato. Se un orologio costa 20, voi a quella cifra lo vendete. Se poi una volta fuori vale 100 a voi non dovrebbe portare nulla.

«Noi siamo correttimi su questo e crediamo che nel medio e lungo termine la serietà paghi. Non abbiamo mai creduto alla speculazione su quello che vendiamo. Scegliamo di selezionare bene a chi vendere questi prodotti, in quanto di fatto oggi “regaliamo” tanti soldi e se poi l’orologio viene immediatamente rivenduto rischiamo anche che la Casa madre ci faccia un problema di professionalità.»

Alcune marche, si stanno adeguando al mercato, mettendo in vendita dei pezzi ad un prezzo decisamente maggiorato rispetto al normale, andando così ad uniformarsi più alla richiesta che al valore reale: ad esempio, vendendo un solotempo in oro a 80.000 euro piuttosto che a 40.000. Può essere una politica corretta?

«Il mercato valuta sempre il rapporto qualitàcontenuto-prezzo. Nel breve termine una soluzione del genere, può attenuare la pressione sulla vendita. Ma la politica del prezzo non può essere assolutamente utilizzata per combattere quella speculativa: se c’è un prezzo ci deve essere un contenuto. Anche perché corre il rischio di divenire a sua volta speculazione.»

Cambiamo argomento. Carlo Bartorelli, la mattina quando si alza, è contento di fare questo lavoro? Si diverte ancora?

«Devo essere sincero: mi diverto ancora. Quello che mi preoccupa che non ci sono visioni a lungo termine da parte delle aziende con cui lavoriamo, di conseguenza la lettura della situazione non è facile.»

Tanta preoccupazione in un momento nel quale l’orologeria va a gonfie vele?

«Mi preoccupo molto di più quando le cose vanno bene, rispetto a quando vanno male e in questo

momento sono molto preoccupato perché vanno troppo bene.»

Perché?

«È tutto troppo facile, artefatto, non ci sono solide basi. Dalle aziende vorrei una prospettiva, vorrei che ci parlassero in maniera molto franca. Noi facciamo investimenti, comunicazione, ma non sappiamo mai cosa accadrà da un anno all’altro. Navighiamo a vista in un mare aperto.»

Oggi, tra sociale e chat, queste tensioni iniziano anche ad essere percepite dal cliente. Prima l’orologeria era un piccolo mondo blindato, oggi centinaia se non migliaia di persone si scambiano informazioni in tempo reale.

«I clienti appassionati, avvezzi alla tecnologia, sono quelli che avvertono di più le incertezze distributive. Si tratta dell’ennesimo danno portato dalla speculazione.»

Come decidete a chi vendere o meno un orologio?

«Questo è un altro grande problema. Cerchiamo, come è naturale, di avere un occhio di riguardo per i nostri clienti: il collezionista che ha speso tanto, non può non essere premiato. Dall’altro canto, il ragazzo che neanche pensa alla speculazione, ma che vuole indossare un modello importante, come fai a farlo “entrare” nel giro? Certo, ogni tanto cerchiamo di accontentare questa clientela giovane, però sono delle pillole.»

C’è una clientela giovanissima che si sta avvicinando all’Alta Orologeria.

«Sì, ci sono dei ragazzi asiatici con enormi disponibilità economiche. Ma anche europei e persino italiani. Spesso le loro scelte sono indirizzate più verso uno specifico modello piuttosto, del quale non conoscono neanche il produttore. In questo caso è importante riuscire a fare della cultura dell’orologio, trasmettere i valori che esso contiene.»

Quante lavorano per Bartorelli? «Sono quarantacinque persone.»

Questo è un altro dato sottovalutato: alcune orologerie sono delle piccole o medie imprese. Generano lavoro e benessere sia direttamente ai loro dipendenti, che indirettamente con tutti i servizi di cui usufruiscono. Nella mia esperienza, ho capito che realtà come la vostra sono molto attente all’etica del lavoro, capisaldi all’interno della loro realtà territoriale. Tutto questo andrebbe salvaguardato anche a livello pubblico?

«Sì. Abbiamo delle competenze, anche per quanto riguarda la gioielleria, uniche. Però tutto quello che facciamo, a ogni livello, per salvaguardare e migliorare il nostro lavoro e quello di chi lavora con noi, viene esclusivamente dai nostri sforzi. Non ci sono associazioni. Non c’è uno Stato.

Per la formazione come fate?

«Trovare del personale specializzato è veramente difficile, tanto più che io sono un pignolo esagerato. Quando però incontriamo qualcuno di valido, sono il primo a dare il giusto riconoscimento, anche economico: il personale qualificato e propositivo per l’azienda non è un costo, ma un’opportunità.»

Hublot Classic Fusion personalizzato sul fondello e realizzato in serie limitata per l’apertura della boutique di Forte dei Marmi.

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