Dello stesso autore nelle edizioni HarperCollins Saints of Denver Series Amore senza paura Amore senza limite Amore senza confini Amore senza respiro
JAY
R E V O N CROW
E R O AM A SENZ E R B OM traduzione di Stefania Nais
ISBN 978-88-6905-284-2 Titolo originale dell’edizione in lingua inglese: Salvaged William Morrow an Imprint of HarperCollins Publishers © 2017 Jennifer M. Voorhees Traduzione di Stefania Nais Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con HarperCollins Publishers LLC, New York, U.S.A. Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione HarperCollins gennaio 2018
Questo libro è prodotto con carta FSC® certificata con un sistema di controllo di parte terza indipendente per garantire una gestione forestale responsabile.
Questo è per le sopravvissute. Quelle forti e coraggiose, quelle che non hanno voluto cedere. Questo libro è per chiunque abbia bisogno di sapere che può e deve andare meglio… per chi ha bisogno di ricordare che ci sono dei bravi ragazzi là fuori. Credeteci, esistono ragazzi speciali, carini, bellissimi, dolci, a cui non dispiace arrivare per ultimi. ;) Ho tenuto alla fine le anime più belle.
INTRODUZIONE
Quando ho inserito Poppy nel romanzo di Rowdy e Sa lem, non avevo idea che sarebbe diventata il personag gio di cui le lettrici mi avrebbero chiesto di più. Ogni giorno qualcuno mi domandava se anche lei avrebbe avuto un libro, quando sarebbe uscita la sua storia, ma più di tutto volevano davvero che lei potesse vivere per sempre felice e contenta. Esigevano che amasse e fosse amata più di qualsiasi altro mio personaggio. Aveva su perato l’inferno e senza dubbio le mie lettrici sentivano che meritava qualcuno che la trattasse bene, nel modo giusto. Credo che questo dimostri perché a tutti noi pia ce tanto leggere storie d’amore. È l’idea che un cuore possa guarire e che davvero là fuori ci sia qualcuno che può far sparire tutte le cose terribili che lo hanno indurito. Che ci sia qualcuno capace di trovarci e gui darci verso un posto migliore, per quanto sole e sper dute possiamo sentirci. Le lettrici volevano che lei non avesse più paura. Volevano che si facesse conquistare da una corte serrata. 7
Chiariamo, io sono brava con il romanticismo ;) ma per me non è la norma. Non mi sono mai considerata una persona sentimentale. Amo l’amore, e adoro tutti gli aspetti sudati e sensuali che lo accompagnano. Ma fiori e cuoricini, corteggiamenti e lusinghe… be’… non ho tempo per quella roba. Mi piacciono le storie d’amo re un po’ cattive, un po’ pericolose e molto incasinate. Quindi entrare nello spirito di questo libro – incentrato sulla guarigione di un cuore e sul romanticismo – non è stato facile. C’era bisogno di dolcezza e io sono molto più a mio agio con la durezza. Non mi capita spesso di sedermi e mettere insieme due persone dal cuore puro. Per me è raro descrivere due personaggi autenticamente buoni e gentili, che sono solo alla ricerca di qualcosa di meglio per se stessi e per l’altro. Di solito tendo a rendere almeno uno dei miei personag gi molto contorto e tormentato, ma non in questo caso. È vero, hanno entrambi demoni da uccidere e montagne da scalare, ma Poppy e Wheeler sono semplicemente due brave persone che hanno ricevuto più male di quan to meritassero… sono molto altro rispetto a quello che hanno passato. Quando inciampano, si rialzano e vanno avanti, più di qualsiasi altro mio personaggio. A essere sincera, la fine del 2016 per me è stata difficile. Problemi familiari, il mio cane, cambiamenti lavorativi… scrivere di perseveranza e ottimismo incrollabile, di speranza e coraggio, è stata un po’ una sfida. Ma è per questo che scrivo, che racconto le mie storie. È una via di fuga, un modo per vivere in un posto con tutte le caratteristiche che in quel momento non riesco a trovare nella realtà. Per rendere giustizia ai due protagonisti ho dovu to scavare a fondo, guardarmi in faccia e valutarmi con 8
onestà, fino ad arrivare al centro vulnerabile che di soli to tengo nascosto agli occhi del mondo. In realtà mi pia ce far finta che non esista proprio. Ho cercato dispera tamente di fare la cosa giusta: per Poppy e Wheeler, ma ancora di più per le lettrici che facevano il tifo per lei, la ragazza violata, perché potesse essere salvata e tornare all’antico splendore. Per le lettrici dal cuore tenero che volevano che il bravo ragazzo finalmente avesse un po’ di tregua. Credo di essere arrivata proprio dove dovevo ar rivare… alla fine mi sono sentita emotivamente pro sciugata ed esausta, ma in senso buono. Credo di aver fatto un migliaio di sonnellini! È stato un viaggio, la migliore avventura che avrei potuto desiderare, condi visa con le mie lettrici in questi romanzi ambientati nel mio posto preferito. Non potrei essere più felice di dove siamo giunte (insieme ai nostri amici imprigionati fra le pagine). Questo è il nostro posto :) Love&Ink Jay
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Chi va a cercare il miele deve aspettarsi di essere punto dalle api. Joseph Joubert
PROLOGO
Ero il tipo di ragazzo che pensava di avere tutto sotto controllo. Questa convinzione mi veniva dall’infanzia passata nel caos e nell’agitazione. Quando ebbi l’età per stabilire i miei obiettivi e scegliere la mia strada, lo feci con assoluta risolutezza e incrollabile dedizione. Sape vo quello che volevo. Ogni mia mossa, ogni mio passo mi avvicinavano a quel futuro perfettamente pianificato che sognavo fin dal momento in cui mi ero reso conto di non poter contare su nessuno. L’avevo capito troppo presto e ogni volta che mi sballottavano da un affido a un altro ne avevo una brutale conferma. Mi aggrappavo all’idea che io avrei fatto tutto in modo diverso. Le mie decisioni mi avrebbero portato a una vita semplice e stabile come una macchina con la convergenza regolata e gli ammortizzatori di fascia alta. Trovai la ragazza perfetta per me e la strinsi in un ab braccio mortale. Feci l’impossibile per essere tutto ciò di cui aveva bisogno, per non darle mai motivo di andar sene. La misi al centro del mio mondo, senza accorger mi che alla lunga avrebbe potuto sentirsi in trappola. La 13
stringevo tanto forte da non avvertire nemmeno i suoi tentativi di divincolarsi. Aprii un’attività, comprai una casa, feci dei proget ti… moltissimi progetti. Progetti che qualcuno potrebbe considerare semplici e noiosi, ma comprendevano tutto ciò che avevo desiderato fin da quando avevo quattro anni. Quei progetti mi avrebbero procurato la vita che desideravo fin dal momento in cui ero stato lasciato solo. Tenevo lo sguardo fisso sull’obiettivo, la promessa di come sarebbe stato se avessi lavorato sodo, mi fossi preso cura della mia donna e avessi fatto tutto ciò che la persona che avrebbe dovuto amarmi e avere cura di me, a suo tempo, non aveva fatto. Andai avanti fino a una fine dolorosa e devastante, ma non c’era nulla che potessi fare quando la corda infine venne tagliata. A quel punto potei soltanto precipitare. Cominciai a sentire che perdevo la presa su tutto ciò che cercavo faticosamente di trattenere il giorno che lei entrò nella mia officina, nascosta dietro un mio ami co. Rowdy St. James lavorava nello studio di tatuaggi da cui proveniva la maggior parte dell’inchiostro che avevo sulla pelle. Aveva chiamato per chiedermi di li berarmi dei dipendenti e degli altri clienti un sabato pomeriggio, per poter portare la sorella della sua ra gazza a vedere un’auto. Non c’era bisogno di spiega re perché, e comunque non glielo avrei chiesto. Quella ragazza, mesi prima, era stata al centro dell’attenzione dei media. Era impossibile dimenticare il suo viso ter rorizzato e il suo corpo tremante mentre al telegiorna le spiattellavano i terribili traumi che aveva subito. Il marito l’aveva rapita minacciandola con una pistola. Anche Salem, sua sorella, la donna di Rowdy, era sta 14
ta vittima dell’aggressione. Poppy Cruz aveva seguito il pazzo con cui era sposata soltanto per proteggere la sorella. Ne era venuto fuori un incubo spaventoso, non riuscivo a immaginare come ci si potesse riprendere da una cosa del genere. Senza fare domande mandai tutti a casa, in modo che non dovesse rischiare di trovarsi in mezzo a una banda di uomini sporchi e chiassosi, che non avrebbero saputo comportarsi bene davanti a una persona fragile e delicata come sembrava essere lei. Volevo che non avesse mai più paura di niente. Era un pensiero insensato, ma mi si era piantato dentro. A casa la situazione era turbolenta, più delle rapide di quinto grado in primavera, ma io pagaiavo come un disperato ed ero pronto a superarle. Non potevo molla re. Non volevo mollare. Il giorno che vidi Poppy entra re nella mia officina, cominciai a capire quanto fossero malconci il mio cuore e le mie mani per lo sforzo di te nere duro. Aveva la testa bassa, gli occhi fissi sulle punte delle scarpe, le spalle curve e il viso nascosto dai capelli lun ghi. Era magra, magrissima, pelle e ossa. Non avrei mai dovuto notarla, non perché, chiaramente, stava facendo di tutto per rendersi invisibile, ma perché avrei dovuto avere gli occhi puntati sul mio futuro e fare tutto ciò che potevo per salvarlo. Eppure la notai, e dopo non riuscii più a distogliere lo sguardo. Era ovviamente terrorizzata, spaesata e a disagio, ma non era stato quello ad attirare la mia attenzione… quanto piuttosto la sua solitudine. La sentivo invadere lo spazio che ci separava. Si allargava, cresceva, si espan deva fino a riempire l’aria che inspiravo ed espiravo. Ne sentivo il sapore amaro sulla lingua e il peso sulla pel 15
le, perché era una sensazione che conoscevo bene. Era quella che mi schiacciava e mi spingeva in avanti ogni minuto della mia vita. Il motivo per cui ero così deciso a far andare le cose a modo mio, per cui ero così determi nato a sistemarmi e costruirmi una vita con la ragazza che mi stava sfuggendo fra le dita, era che non volevo mai più sentirmi solo come quella ragazza. Non volevo essere abbandonato e dimenticato. Ero già sopravvissu to a stento la prima volta. Feci di tutto per venderle una macchina bella come lei… un modello classico, con una linea pulita e finiture impeccabili. Lei scelse qualcosa di pratico e noioso, ma in definitiva sicuro e affidabile. Compresi la sua decisio ne, ma le motivazioni che la determinarono mi infasti dirono e mi tormentarono per parecchio tempo, anche dopo che se ne era andata. Avrebbe dovuto essere fa cile dimenticarla, non avendola più davanti: dopotutto avevo sotto gli occhi la rovina di tutto ciò per cui avevo lavorato con tanto impegno. Il mio mondo stava collas sando e le mie maledette certezze si stavano rivelando soltanto bugie e illusioni. In tutto questo, non riuscivo a dimenticare quello sguardo triste e quel corpo treman te, scosso dai brividi. La sua solitudine mi si attaccò ad dosso, impossibile da scrollare via e dimenticare. Non credevo che l’avrei più rivista e mi ritrovavo spesso, mio malgrado, a chiedermi che cosa stesse facendo, se fos se riuscita a gestire quel peso ineluttabile che sembrava schiacciarla. Mi ero sbagliato a immaginare di non rivederla, così come mi ero sbagliato nel pensare che, se avessi vissuto in modo contrario rispetto a mia madre, sarei stato di sicuro felice. Avevo torto a credere che bastasse 16
lavorare sodo e fare sacrifici. Sbagliavo ad aggrapparmi a qualcuno che voleva disperatamente che mollassi la presa. Mi ritrovai con i palmi sanguinanti, i segni bru cianti della corda intorno al cuore e l’anima coperta di cicatrici. Quando rividi Poppy Cruz fu la mia solitudine a riempire l’aria, soffocandomi, togliendomi il fiato e fa cendomi dimenticare che dovevo trattarla con cura. Ero ridotto a un’unica, sanguinante ferita aperta. Una ferita fresca, pulsante e dolorosa, che lasciava colare dapper tutto il mio cuore infranto e i miei sentimenti devastati. Mi sembrava di aver perso tutto, mi sembrava che la mia vita fosse stata soltanto una perdita di tempo, nient’altro che un gioco di costruzioni spazzato via da una mano distratta. La ragazza che amavo non ricambiava il mio amore; il mio futuro, insomma, non era altro che una macchia indistinta, frammentata e confusa. Riuscivo a vedere chiaramente soltanto lo spreco e la rovina di tutti i miei progetti studiati con tutta la cura possibile. Però vidi lei. E vidi che l’avevo spaventata. Era l’ultima cosa che avrei voluto fare, ma la mia solitudine era immensa e struggente quanto la sua. Si allargava ovunque, affamata e rabbiosa, per consumare chiunque cercasse di sfidare il suo potere. Cercai di riprendermi e mi scusai, perché sapevo che le nostre strade si sarebbero incrociate di nuovo, adesso che viveva accanto alla mia migliore amica. Non volevo essere un altro degli uomini che la terrorizzava no. Rinchiusi la solitudine nel profondo di me, sottomet tendola con la forza, e cercai di acquietare quella parte selvaggia che ululava e gridava per i sogni infranti. Non avrei voluto fare altro che digrignare i denti e sfoderare 17
gli artigli, ma ingoiai quegli istinti e mi concessi di com portarmi come un cucciolo maltrattato, capace solo di guaire e uggiolare. Non potevo neanche immaginare quello che aveva passato Poppy. Non potevo staccarle gli occhi di dosso, eppure lei riuscì a scivolarmi accanto e sparire. Sem brava fatta di miele, ma si muoveva come un fantasma. Memorizzai ogni dettaglio, anche se non si lasciò quasi guardare in faccia. Non avrei dovuto contemplare altro che il modo di ri solvere il casino della mia vita, eppure vedevo soltanto lei.
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Poppy Non riuscivo a credere a quello che stavo facendo. Ero sicura che a un certo punto, nell’ultima setti mana, una forza aliena avesse preso possesso del mio corpo e della mia mente, facendomi agire contrariamen te al solito. Anche prima di cominciare ad avere paura della mia stessa ombra, non ero il tipo da sforzarmi tanto per attirare l’attenzione dei ragazzi. Farli sbavare e collezio nare cuori infranti era più nelle corde di mia sorella. Io tendevo a essere quella che parlava soltanto se interpel lata. Ero timida ed esitante, soprattutto in presenza di qualcuno da cui ero attratta. Più di un uomo mi aveva detto che trovava tenero quel comportamento… non sa pevo che la mia evidente insicurezza mi rendeva una vittima designata per quegli stessi uomini. Ero un ber saglio facile, cosa che avevo giurato a me stessa di non diventare mai più. Quindi non c’era una spiegazione lo gica al fatto che mi trovassi parcheggiata fuori da un edificio industriale, cercando di racimolare il coraggio di entrare. 19
L’officina era ai margini del centro di Denver, na scosta tra fabbriche e costruzioni ormai ristrutturate e riqualificate in appartamenti di lusso e ristoranti alla moda vicino a Coors Field. Sembrava aver schivato com pletamente il fiume di denaro che aveva trasformato la zona in un settore immobiliare ad alto profitto. Era un ricordo di quando il quartiere era ancora malfamato e non era sicuro portare a passeggio cani minuscoli con guinzagli firmati dopo il tramonto. I muri esterni di mattoni erano coperti da una vernice sbiadita, residuo del periodo in cui l’officina era una specie di deposito per le merci in transito. La vecchia pittura era mescolata a graffiti più recenti, che il proprietario non si era preoc cupato di cancellare. C’era anche un murale, una splen dida veduta delle Montagne Rocciose, che si notava da lontano: copriva tutte e tre le grandi saracinesche metal liche. Era un’opera d’arte con una forte personalità, im possibile da ignorare. Ingentiliva l’aspetto dell’edificio e dell’alta recinzione con il suo enorme cancello. Sapevo che uno dei proprietari dello studio di ta tuaggi dove lavoravano mia sorella e il suo fidanzato ave va dipinto il murale, come merce di scambio. Wheeler, il ragazzo che volevo vedere (se mai fossi riuscita a trovare il coraggio), aveva lavorato sulla macchina sportiva di Nash Donovan e in cambio Nash aveva trasformato le saracinesche dell’officina in qualcosa che perfino i tagger e i graffitari più accaniti apprezzavano troppo per voler la rovinare. Salem, mia sorella, aveva detto che Wheeler era sempre disposto a fare un accordo. Il che spiegava perché gran parte della pelle del meccanico fosse coperta di immagini colorate gentilmente offerte da Nash e dal resto dei tatuatori che lavoravano nello studio. 20
Ero abituata a vivere in mezzo a persone completa mente tatuate – figuriamoci, mia sorella aveva comincia to a segnare la sua pelle dorata e perfetta prima ancora di avere l’età legale per farsi un tatuaggio, solo per far arrabbiare nostro padre. Però Hudson Wheeler era de cisamente l’essere umano più decorato che avessi mai incontrato. I disegni gli si arrampicavano ai lati del collo e su tutta la gola, scendevano fino ai polsi e si allargavano sul dorso delle mani. Aveva immagini sul petto e altre che strisciavano dall’attaccatura dei capelli fino alla vita, attraversando la schiena e l’addome. Era un’installazio ne artistica vivente. Tutto quell’inchiostro e quei colori avrebbero potuto apparire esagerati su un altro uomo, ma con il suo modo di muoversi aggraziato, attento, e la sua parlata tranquilla e controllata, quel rumore visivo funzionava benissimo per Wheeler. Al nostro primo in contro avevo capito che la sua pelle raccontava al mondo la sua storia, perché lui non aveva voglia di continuare a ripeterla. Mio padre sarebbe inorridito davanti all’aspetto di Hudson Wheeler. Avrebbe odiato tutto di lui. Per questo avevo permesso al seme dell’attrazione di mettere radici e svilupparsi, nonostante i dubbi e le paure che mi sof focavano ogni giorno. Ero più che felice di accogliere a braccia aperte qualsiasi cosa potesse incontrare la disap provazione di mio padre. Era tardi per ribellarmi, ma era comunque una bella sensazione. Feci un respiro profondo, tamburellai con le dita sul volante e guardai verso la piccola scatola sul sedile del passeggero. Quando il mio sguardo cadde sul contenu to, mi si formò un sorrisetto sulle labbra. Non sapevo se 21
Wheeler sarebbe stato disponibile a ricevere un regalo del genere, ma pensai che, se non lo avesse voluto, lo avrei portato a casa finché non mi fosse venuta un’al tra idea. Era una mossa azzardata fare un regalo come quello a un uomo che conoscevo così poco, ma appena lo avevo visto avevo capito che Wheeler doveva averlo. Mi diedi dell’idiota per essere stata sciocca e impul siva, ripetendomi mentalmente che mi stavo attirando il tipo di imbarazzo che mi avrebbe paralizzato. Mi ci erano volute infinite ore di terapia e quantità immense di amore da parte di parenti e amici per arrivare a poter uscire di casa senza avere un attacco di panico in piena regola. Fare un passo così al di fuori delle mie rassicu ranti abitudini era come saltare da una scogliera senza sapere se di sotto ci fosse qualcosa ad attutire la caduta. Se Wheeler avesse rifiutato il regalo, se mi avesse fat to sentire una stupida per il mio gesto, tutta la fatica per recuperare una parvenza di vita normale sarebbe potuta andare in fumo. Provare a rasserenare un uomo con cui non avevo alcun legame emotivo sembrava un rischio assurdo, eppure avevo preparato la scatola e avevo guidato fino a lì. Cercai di convincermi a non en trare, la mia mente urlava che era uno sbaglio. Ma non funzionò. Anche se ridotta a un fascio di nervi, afferrai la scatola, borbottando sottovoce al contenuto, come se potesse rassicurarmi che l’iniziativa non mi si sarebbe ritorta contro. Uscii dalla macchina tremando dalla te sta ai piedi. La scatola si mosse fra le mie mani, facendomi an simare e sibilare qualche parolaccia. Mio padre non sopportava il turpiloquio, quindi mi sforzavo di usarlo almeno una volta al giorno. Dovetti chiudere la portiera 22
con il bacino e sobbalzai per il rumore. Guardai una del le saracinesche metalliche che cominciava a sollevarsi. Strizzai gli occhi dietro le lenti scure degli occhiali da sole, mentre una figura solitaria si avvicinava all’estre mità di una piattaforma e saltava giù agilmente, igno rando la rampa che saliva all’interno dell’edificio. De glutii, a disagio, perché non c’era dubbio sull’identità di quella sagoma alta e snella che stava venendo verso di me. Il sole del tardo pomeriggio infuocava i suoi capelli già rossicci come un incendio autunnale ed evidenziava i muscoli delle sue braccia e del suo ampio petto, mentre si puliva le mani con uno straccio rosso preso dalla ta sca posteriore. La parte alta della salopette era sganciata e gli pendeva in vita: lui e tutta l’arte che lo ricopriva erano protetti soltanto da una canotta nera che aveva un buco sul fianco. Aveva l’aria sporca e un po’ selvaggia. Entrambe le cose gli stavano benissimo… e anche a me piacevano. Avevo quasi dimenticato la sensazione del desiderio. Ero attratta da lui e questo mi terrorizzava, perché nel mio mondo l’attrazione non portava altro che dolore e delusione. Eppure ero là, in piedi davanti a lui, anche se ogni fibra del mio corpo urlava di scappare il più lontano possibile. Mi mossi, mentre la scatola si spostava di nuovo, e mi fermai quando lui sollevò il mento in direzione del punto in cui avevo parcheggiato la mia berlina assoluta mente anonima. «Qualche problema con la Camry?» La voce di Wheeler era calda e morbida, come un liquore costoso da sorseggiare nelle sere d’estate, ma i suoi occhi erano freddi. Erano dell’azzurro più chiaro che avessi mai visto, così slavato da avere un riflesso argenteo. Era no anche attenti e acuti: non gli sfuggiva nulla, compre 23
sa la scatola che facevo sempre più fatica a tenere ferma mentre lui si avvicinava. «Ehm… no. La Camry è a posto, grazie.» Rowdy, il fidanzato di mia sorella, e padre del mio nipotino o ni potina in arrivo a breve, mi aveva obbligato a comprare un’auto da Wheeler, quando finalmente avevo deciso di sentirmi in sufficiente equilibrio emotivo per vivere da sola, dopo che l’ultimo uomo che avrebbe dovuto amarmi mi aveva distrutta. Wheeler aveva cercato di vendermi una Bonneville del 1957, che era senza alcun dubbio la macchina più fantastica che avessi mai visto, ma mi ero tirata indietro all’idea di andare in giro con qualcosa che avrebbe sicuramente attirato attenzioni indesiderate. So prattutto maschili. Quando avevo tirato fuori il denaro per pagare la Camry, Rowdy aveva fatto una smorfia, ma Wheeler si era limitato a sorridere, come se capisse per ché avevo fatto quella scelta, anche se non la condivideva. Passai nervosamente il peso da un piede all’altro e guardai quegli occhi di ghiaccio posarsi sulla scatola che stringevo al fianco. Il suo contenuto colse l’occasione per fare una specie di guaito, che fece sollevare le so pracciglia color ruggine di Wheeler quasi fino ai capelli e fermare le sue mani tatuate, che stavano ancora stro picciando lo straccio rosso. «È un cucciolo?» Sembrava curioso e abbastanza di vertito, lo presi come un buon segno. La maggior parte degli uomini con cui avevo avuto a che fare in passato si sarebbe infuriata non solo perché mi ero presentata senza preavviso, ma addirittura in compagnia di un cucciolo scodinzolante. «Sì, è un cucciolo… io… ehm… insomma, l’hanno lasciato dal veterinario dove lavoro e ho pensato che 24
dato che Dixie se ne va e si porta via Dolly, e tu sembra vi molto affezionato a lei, magari ne volevi uno tuo… ecco…» Parlavo troppo veloce, a macchinetta, ma non riuscivo a fermare le parole che mi uscivano di bocca una dopo l’altra. Dolly era il pitbull femmina della mia vicina, la quale era anche la migliore amica di Wheeler. «E poi hai una casa, quindi puoi tenere un pitbull, o ma gari ti può servire per fare la guardia all’officina. Con un po’ di addestramento sarebbe perfetto. Puoi portarlo al lavoro con te, sarebbe ottimo perché molti cuccioli devo no vivere in una cesta durante l’addestramento.» Spostai di nuovo il peso e abbassai gli occhi sul cane, che guaiva come se gli dispiacesse per me: perfino un cane capiva che mi stavo incasinando. «I pitbull sono vietati in città e quindi dobbiamo darli in adozione, perché i canili li sopprimono se non gli troviamo una casa, e nessun ani male si merita una cosa del genere.» Lui non rispose, però allungò le mani e prese la scatola. Il cucciolo bianco e striato si affacciò immedia tamente al bordo e cominciò a uggiolare e annusare la nuova persona a portata di lingua. Wheeler appoggiò a terra la scatola e prese quell’adorabile animaletto, por tandoselo davanti alla faccia, mentre lui abbaiava eccita to e agitava la sua codina tozza. «È carino.» Mio Dio, lo era davvero… e non mi riferivo al cane. «Ecco… so che è un po’ presuntuoso, ma ho pen sato che magari potevate aiutarvi a vicenda.» Feci una smorfia, accorgendomi di essere scivolata sul personale, senza volere, un territorio che non mi riguardava asso lutamente. Mi ero trovata nel bel mezzo del crollo della vita privata di Wheeler soltanto per una scelta di tempo sbagliata e, lo ammetto, per la mia curiosità. Non avrei 25
dovuto sapere che la sua (ormai ex) fidanzata lo aveva tradito, spingendolo ad annullare il matrimonio poche settimane prima di convolare a nozze, e nemmeno che non era la prima volta che la sua compagna si compor tava così. Però lo sapevo, e questo mi provocava una se rie di emozioni al pensiero di quello che aveva passato. Sapevo che Wheeler era un bravo ragazzo, che si me ritava un po’ di felicità mentre si riprendeva da quella delusione amorosa così devastante. E chi non sarebbe stato felice con un cucciolo in braccio, soprattutto un cucciolo che chiaramente lo adorava già? «Più che Dolly, mi mancherà Dixie.» Mi fece un sor riso storto, riferendosi alla mia vicina. Era proprio perché vivevo accanto a Dixie che co noscevo tutti i sordidi dettagli della sua recente rottura: era la sorella della sua ex fidanzata, oltre che la sua mi gliore amica. Le pareti erano sottili e mi fidavo di Dixie, abbastanza da potermi avvicinare, quindi passavo mol to tempo a casa sua. Era un peccato che stesse per trasfe rirsi in Mississippi, proprio quando Wheeler aveva più bisogno di lei. Ma il fidanzato era laggiù e lei sentiva la sua mancanza. Era chiaro che non era felice a Denver, se non c’era Church. Mi schiarii la gola e sollevai le dita, visibilmente tre manti, verso i capelli. Mi infilai un paio di ciocche dietro le orecchie e feci una smorfia quando il movimento mi fece scivolare gli occhiali di lato. Non sapevo se avrei potuto reggere una conversazione senza quello scher mo, ma o spostavo gli occhiali o sarei sembrata ancora più impedita. Con un sospiro li misi sopra la testa e mi immobilizzai quando i suoi occhi di ghiaccio si pianta rono nei miei. Erano così freddi da potermi congelare 26
dall’interno… e invece all’improvviso mi sentii invadere dal calore, una sensazione strana e sconosciuta. Non ero mai stata così attratta fisicamente da qualcuno e questo mi rendeva ansiosa e agitata. Non sapevo che cosa fare. Emotivamente non ero certo pronta a innamorarmi di un ragazzo con la storia complicata e il futuro incerto di Wheeler. Solo da poco ero riuscita a prendermi cura di me stessa. Di certo non ero in grado di occuparmi anche di lui… ed era questo di cui aveva bisogno… una donna che si facesse avanti e aggiustasse quello che la sua ex, egoista e insensibile, aveva rotto. «Se tu non lo vuoi, proverò a chiedere a Dixie di prenderlo. A Dolly non farebbe male avere un nuovo amico. Un mio collega ha adottato la sorella e il veteri nario per cui lavoro ha sistemato fuori dallo Stato gli al tri due maschietti della cucciolata. Questo piccolino era l’ultimo rimasto a cercare una casa. Non sopportavo di vederlo restare indietro mentre il resto della sua famiglia trovava una sistemazione definitiva. Come ho detto…» Scrollai le spalle e distolsi lo sguardo da quegli occhi pe netranti. «Ho pensato subito a te.» Anche Wheeler stava cercando una sistemazione definitiva, me lo sentivo. Lui si chinò e mise a terra il cucciolo. Quell’ani maletto tarchiato cominciò a saltare sulle sue gambe e mordicchiò il cuoio consumato dei suoi stivali robusti e macchiati. Wheeler mise le mani sui fianchi e guardò il cagnolino. Ero sicura quasi al cento per cento che por tare quel mucchietto di bava e amore fosse stata l’idea giusta, quando quello sguardo artico si alzò di nuovo su di me. Era difficile interpretare la sua espressione, ma era chiaro che qualcosa lo tratteneva dall’accogliere a braccia aperte il mio regalo. 27
Questo volume è stato stampato nel dicembre 2017 presso la Rotolito Lombarda - Milano