New york all'improvviso

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NEW YORK ALL’IMPROVVISO traduzione di Fabio Pacini


ISBN 978-88-6905-293-4 Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: New York, Actually HQN Books © 2017 Sarah Morgan Traduzione di Fabio Pacini Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Books S.A. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2018 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione HarperCollins febbraio 2018

Questo libro è prodotto con carta FSC® certificata con un sistema di controllo di parte terza indipendente per garantire una gestione forestale responsabile.


Al Washington Romance Writers, un gruppo di persone meravigliose e divertenti. Grazie per avermi invitata al vostro incontro. XXX



Alcuni dei migliori attori con cui ho lavorato erano cani e cavalli. Elizabeth Taylor



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Cara Aggie, ho regalato una costosa macchina per il caffè alla mia ragazza per il suo compleanno. Prima si è messa a piangere, poi l’ha venduta su eBay. Le donne proprio non le capisco. Tuo, Decaffeinato. Caro Decaffeinato, la domanda fondamentale che dobbiamo porci in ogni relazione è: che cosa vuole il mio partner? Che cosa lo rende felice? Senza conoscere tutti i dettagli è impossibile capire esattamente perché la tua ragazza abbia pianto e venduto la macchina per il caffè, ma la prima domanda che mi viene in mente è... la tua ragazza lo beve, il caffè? Molly smise di scrivere e lanciò un’occhiata al letto. «Sei sveglio? Questa la devi proprio sentire. È ovvio che questo tizio è un bevitore di caffè. In realtà il regalo era per lui. Perché gli uomini si comportano così? Fortuna che io ho te. Certo, se mai un giorno vendessi la mia macchina per il caffè su eBay sarei costretta a ucciderti, ma non è questo il consiglio che posterò online.» Il corpo sul letto non si mosse, cosa per nulla sorprendente vista la mole di esercizio fisico che avevano fatto il 9


giorno prima. Le ore che avevano trascorso insieme l’avevano lasciata zuppa di sudore ed esausta. Si sentiva dolere dappertutto, ricordo del fatto che, sebbene dopo averlo incontrato la sua forma fisica fosse migliorata, lui aveva ancora molta più resistenza di lei. L’energia inesauribile era una delle qualità che più ammirava in lui. Ogni volta che, vinta dalla pigrizia, era tentata di saltare una seduta di ginnastica, le bastava guardarlo e metteva mano alle scarpe da jogging. Doveva ringraziare lui se aveva perso peso da quando era arrivata a New York tre anni prima. Certi giorni, guardandosi allo specchio la mattina, non credeva ai propri occhi. Era più magra, più tonica. E, soprattutto, aveva un’aria felice. Se qualcuno della sua vecchia vita avesse suonato il campanello in quel momento, probabilmente non l’avrebbe riconosciuta. Non che ci fossero molte probabilità che questo accadesse. Erano passati tre anni. Tre anni e alla fine era riuscita a ricostruirsi una reputazione decente. Professionalmente, si era rimessa in carreggiata. Personalmente? Lanciò un’altra occhiata al letto, sentendo qualcosa che le si ammorbidiva dentro. Non aveva mai immaginato di avvicinarsi di nuovo a qualcuno in quel modo, al punto da farlo entrare nella sua vita, nella sua casa e nel suo cuore. Eppure, eccola lì, innamorata. Fece scivolare lo sguardo sulle linee perfette del suo corpo atletico, poi tornò a concentrarsi sull’email. Era una fortuna che così tanti uomini facessero fatica a capire le donne. Altrimenti sarebbe rimasta senza lavoro. Il suo blog, Chiedilo a una ragazza, attirava un gran numero di lettori, il che a sua volta aveva attirato l’attenzione di un editore. Il suo primo libro, Compagni di vita: strumenti 10


per incontrare il partner perfetto, era entrato nella classifica dei best seller sia negli Stati Uniti sia in Inghilterra. A quel punto, l’editore le aveva proposto un contratto per un secondo libro, sempre sotto lo pseudonimo di Aggie, cosa che le aveva garantito al tempo stesso l’anonimato e la sicurezza economica. Aveva trasformato una disgrazia in una fortuna. Be’, forse non proprio una fortuna, ma quanto bastava per vivere tranquilla a New York. Si era risparmiata l’umiliazione di tornare a Londra con la coda tra le gambe. Aveva lasciato una vita e ne aveva iniziata un’altra, come un serpente che cambia pelle. Ora, grazie a Dio, il suo passato era esattamente dove doveva essere. Dietro le sue spalle. E lei stava ben attenta a non guardare mai nello specchietto retrovisore. Felice, si sistemò meglio sulla sua sedia preferita e rilesse quello che aveva scritto. «Okay, Decaffeinato, adesso ti spiego dove hai sbagliato.» Le sue dita ripresero a volare sulla tastiera. Una donna vuole un uomo che la capisca, e un regalo dovrebbe dimostrarlo. Non è il valore che conta, bensì il sentimento che c’è dietro. Scegli qualcosa che le dimostri che la capisci, e ti ascolterà. Scegli qualcosa... «Questa è la parte importante, Decaffeinato, quindi fai bene attenzione» bofonchiò a fior di labbra. ... che nessun altro avrebbe pensato di comprarle, perché nessuno la conosce come la conosci tu. Fallo e ti garantisco che la tua ragazza si ricorderà quel compleanno per il resto dei suoi giorni. E si ricorderà di te. Convinta che, se avesse ascoltato il suo consiglio, l’uomo avrebbe avuto almeno una mezza possibilità di far felice la 11


donna che amava, Molly allungò la mano verso il bicchiere di acqua filtrata e controllò l’ora sullo schermo del computer. Tempo della sua corsa mattutina. E non intendeva andarci da sola. Anche quando aveva una montagna di cose da fare, quello era un momento della giornata che passavano sempre insieme. Spegnendo il computer, si alzò e si stiracchiò, la seta che le frusciava sulla pelle. Aveva scritto per un’ora senza praticamente muoversi e il collo le si era indolenzito. Aveva ancora diverse email a cui rispondere, ma se ne sarebbe occupata più tardi. Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra, dove l’oscurità pian piano scivolava via per lasciare il posto ai primi raggi di sole. Per un attimo, il panorama si riempì di riflessi abbaglianti. Era un mondo di spigoli vivi e possibilità torreggianti, che celava il suo lato oscuro dietro uno sfavillante concerto di luci. In qualunque altra città, sarebbe stata l’ora del risveglio, ma quella era New York. Come poteva svegliarsi, se non era mai andata a dormire? Si vestì rapidamente, abbandonando il pigiama di seta in favore di una morbida maglietta di cotone, leggings di lycra e le sue comode scarpe da jogging viola scuro. All’ultimo minuto, prese anche una felpa, perché a inizio primavera la mattina a New York poteva fare freddo. Raccolse i capelli in una coda di cavallo, recuperò la bottiglietta d’acqua e si voltò. Dal letto ancora nessun movimento. Lui era sdraiato tra le coperte aggrovigliate, gli occhi chiusi, immobile. «Ehi, bellissimo.» Divertita, lo toccò con il ginocchio. «Sono finalmente riuscita a sfiancarti, ieri? Sarebbe la prima volta.» Lui era in forma smagliante. Atletico e incredi12


bilmente attraente. Quando correvano insieme nel parco, erano seguiti da sguardi colmi di invidia e Molly ribolliva di orgoglio, perché potevano anche guardarlo, ma alla fine lui sarebbe tornato a casa con lei. In un mondo in cui era pressoché impossibile trovare la persona giusta, lei aveva incontrato un tipo protettivo, leale e affettuoso, ed era tutto suo. Sapeva con assoluta certezza, nel profondo del cuore, di poter contare su di lui. Sapeva, anche senza bisogno dei voti nuziali, che l’avrebbe amata in salute e malattia, in ricchezza e povertà, nella buona e nella cattiva sorte. Era stata molto, molto fortunata. Quello che condividevano era libero dalla tensione e dai conflitti che così spesso rovinano una relazione. Quello che condividevano rasentava la perfezione. Lo guardò, il cuore gonfio di amore, mentre finalmente sbadigliava, iniziando a stiracchiarsi. Occhi color cioccolata si puntarono sul suo viso. «Tu» disse lei, «sei mostruosamente bello. Sei tutto quello che ho sempre desiderato in un maschio. Te l’ho detto di recente?» Lui saltò giù dal letto, agitando la coda, pronto all’azione, e Molly si mise in ginocchio per abbracciarlo. «Buongiorno, Valentine. Come sta oggi il più meraviglioso cane del mondo?» Il dalmata emise un singolo latrato e le leccò la faccia, strappandole una risatina estatica. Una nuova giornata si stava affacciando sui cieli di New York e lei non vedeva l’ora di iniziarla. «Fammi capire bene. Vuoi prendere in prestito un cane e usarlo per incontrare una ragazza? Ma non ti vergogni?» 13


«No, affatto.» Ignorando la disapprovazione della sorella, Daniel si tolse meticolosamente un pelo di cane dai pantaloni del completo. «Però non vedo cosa c’entri questo con la mia richiesta.» Pensò alla ragazza nel parco, con le sue gambe interminabili e la coda di cavallo che quando correva le oscillava dietro la schiena come un pendolo. Fin dalla prima volta che l’aveva incrociata su uno dei tanti sentierini che si intrecciavano a Central Park, ne era rimasto stregato. Non erano stati solo i capelli, o quelle gambe incredibili, ad attrarre la sua attenzione. Era stata la sua aria di sicurezza. Daniel era affascinato dalla sicurezza e quella donna dava l’impressione di aver preso la vita per la gola e di poterne fare tutto quello che voleva. Gli erano sempre piaciute le corse mattutine, ma di recente, quello che prima era stato un sano esercizio fisico, aveva assunto una nuova dimensione. Aveva iniziato a far coincidere le sue uscite con quelle della ragazza, sebbene questo avesse significato arrivare un po’ tardi in ufficio. Nonostante questi sacrifici, lei non lo aveva ancora notato. La cosa lo sorprendeva? Sì. Quando si trattava di donne, non aveva mai dovuto impegnarsi più di tanto. Di solito si accorgevano di lui. Tuttavia, la ragazza del parco sembrava preoccuparsi solo della sua corsa e del suo cane, per cui aveva deciso di alzare il livello del gioco, ricorrendo al suo lato creativo. Ma prima doveva convincere una delle sue sorelle e l’impresa si stava rivelando più difficile del previsto. Aveva sperato in Harriet, invece gli era toccata Fliss, che era molto meno malleabile. Gli si piantò davanti con le braccia conserte e gli occhi ridotti a due fessure. «Seriamente? Vorresti fingere di avere 14


un cane per abbordare una donna? Non ti sembra macchinoso? Disonesto?» «Non è disonesto. Non fingerò che sia mio. Sarò semplicemente un tizio che porta a passeggio un cane.» «Il che implica un amore per gli animali.» «Non ho problemi con gli animali. Devo ricordarti del cane che ho salvato il mese scorso ad Harlem? Anzi, ora che ci penso, sarebbe perfetto per la parte. Prenderò lui.» La porta si aprì e Daniel trasalì quando un labrador con l’argento vivo addosso irruppe festosamente nella stanza. Non aveva problemi con gli animali, fintanto che si tenevano a debita distanza dal suo miglior completo. «Non mi salterà addosso, vero?» «Tu sì che ami i cani.» Fliss afferrò saldamente il collare del labrador. «Si chiama Poppy. Harriet la sta curando. Ti prego di notare il “la”. È una femmina, Daniel.» «Il che spiega perché mi trovi irresistibile.» Soffocando una risata, allungò la mano e le fece una carezza sull’orecchio. «Ciao, stupenda. Che ne dici di una passeggiata romantica nel parco? Potremo guardare il sorgere del sole.» «Non ha nessuna voglia di andare a passeggio nel parco, né da qualunque altra parte. Non sei il suo tipo. Ha passato un brutto periodo e si innervosisce se c’è gente intorno, specialmente se si tratta di uomini.» «Io sono bravo con le femmine nervose. Però, se non sono il suo tipo, dille di non seminare peli sul mio vestito. Tra due ore mi aspettano in tribunale per un’arringa.» Sentendo il ronzio del cellulare, Daniel lo tirò fuori di tasca e controllò il messaggio. «Il dovere mi chiama. Devo proprio scappare.» «Credevo che saresti rimasto per colazione. Non ci vediamo da secoli.» 15


«Sono stato occupato. Mezza Manhattan ha deciso di divorziare, o almeno così sembra. Allora, mi farai trovare un cane pronto per le sei di domani mattina?» «Solo perché una donna corre da sola, non significa che sia single. Potrebbe essere sposata.» «È single.» «E con questo?» Fliss si incupì. «Anche ammesso che lo sia, non significa che desideri una relazione. Mi fa incazzare quando gli uomini danno per scontato che una donna single sia sempre lì ad aspettare un uomo. Che cavolo, vedi di piantarla.» Daniel studiò la sorella. «Ti sei alzata col piede sbagliato, stamattina?» «Non ti riguarda con che piede mi sono alzata.» «Prestami un cane, Fliss. Non troppo piccolo. Almeno di taglia media.» «E io che ero convinta che fossi sicuro della tua virilità, il classico macho che non deve chiedere mai. Hai paura di farti vedere con un cane piccolo, eh?» «No.» Non sollevò lo sguardo, impegnato a rispondere al messaggio. «La donna che mi interessa ha un cane grande, quindi me ne serve uno che sia all’altezza. Non voglio doverlo portare in braccio mentre corro. Sarebbe ridicolo, oltre che, lo ammetterai anche tu, piuttosto scomodo per il cane.» «Oh, per amor di... Piantala di guardare il cellulare! Ti do una notizia, Dan. Se devi chiedermi un favore, almeno considerami mentre lo fai. Sarebbe un segno di amore, di affetto.» «Sei mia sorella. Gestisco tutte le tue questioni legali e non ti presento mai il conto. Il mio affetto te lo dimostro così.» Cominciò a rispondere a un altro messaggio. «Finiscila di fare storie. Cerco solo un cane carino. Quanto basta 16


per colpire l’attenzione di una donna che corre nel parco. Al resto ci penserò io.» «Se nemmeno ti piacciono, i cani.» Daniel si accigliò. Gli piacevano i cani? Non se lo era mai chiesto. I cani erano una complicazione e lui si teneva alla larga dalle complicazioni. «Solo perché non ho un cane, non significa che non mi piacciono. Non ho tempo da dedicargli, tutto qui.» «Questa è una scusa. Un sacco di persone che lavorano hanno un cane. Se non fosse così, Harriet e io saremmo disoccupate. La Bark Rangers ha un giro d’affari di...» «Conosco il vostro giro d’affari. Potrei citare a memoria tutti i numeri del vostro bilancio. È il mio lavoro.» «Sei un avvocato divorzista.» «Che si prende cura del business delle sue sorelle. Perché lo faccio? Per affetto. Come ci riesco? Perché lavoro cento ore alla settimana. Non è vita per un uomo, figuriamoci per un cane. Potrei anche farti notare che il considerevole incremento del vostro giro d’affari dipende in gran parte dalla collaborazione con la Urban Genie, quella start-up di servizi. Collaborazione che ho messo in piedi io grazie al mio amico Matt. Non c’è di che.» «A volte ti prenderei a pugni, da quanto sei arrogante.» Daniel sorrise, continuando a guardare il telefono. «Allora, pensi di aiutarmi o no? Altrimenti lo chiederò ad Harry. Sai che lei mi dirà di sì.» «Io sono Harry.» A quel punto, Daniel sollevò lo sguardo e la osservò con attenzione, chiedendosi se si fosse sbagliato. Poi scosse la testa. «No, tu sei Fliss.» Era un gioco che negli anni le gemelle avevano fatto milioni di volte. Quale delle due? 17


Lui aveva un record del cento per cento. Finora non l’avevano mai fregato. Fliss fece una smorfia, incurvando le spalle. «Come fai?» «A distinguervi una dall’altra? A parte il fatto che tu sei ruvida come la carta vetrata, sono il vostro fratello maggiore. Ho avuto ventotto anni per allenarmi. Non me l’avete mai data a bere.» «Prima o poi ci riusciremo.» «Non succederà. Per farti passare per Harriet dovresti lavorare sull’atteggiamento, mostrarti più dolce. Perfino in culla, quella che strillava di continuo eri tu.» «Più dolce?» Negli occhi di Fliss balenò un lampo. «Adesso mi chiedi anche di essere dolce? Che razza di commento sessista è? Sappiamo bene entrambi che la “dolcezza” non porta da nessuna parte.» «Non è un commento sessista e non ti sto chiedendo niente. Ti ho solo dato un consiglio che potrebbe tornarti utile nel caso volessi abbindolare un povero fesso cercando di farti passare per Harriet. Con me non attaccherà mai, quindi non sprecare tempo.» Si girò, sentendo la porta che si apriva. «La colazione è pronta. Ho preparato la tua preferita, pancake con la pancetta.» Harriet entrò nella stanza portando un vassoio. Aveva gli stessi capelli di sua sorella... lisci, di una ricca tonalità di biondo... ma li teneva raccolti dietro alla bell’e meglio, come se il suo unico obiettivo fosse di toglierli di mezzo perché non le fossero d’impiccio. Fisicamente, erano identiche. Avevano gli stessi lineamenti delicati, gli stessi occhi azzurri, lo stesso viso a forma di cuore. A livello caratteriale, non avrebbero potuto essere più diverse. Harriet era calma e riflessiva, Fliss impulsiva e aggressiva. Harriet praticava yoga e pilates. Fliss kickboxing e karate. 18


Sentendo la tensione nell’aria, Harriet si fermò, guardandoli preoccupata. «Avete già litigato?» Com’era possibile, si domandò Daniel, che tre fratelli nati e cresciuti nella stessa famiglia fossero così differenti? E com’era possibile che due gemelle praticamente indistinguibili non c’entrassero nulla una con l’altra? «Noi? Litigare? Mai.» La voce di Fliss grondava sarcasmo. «Sai che adoro il nostro fratellone.» «Non sopporto quando litigate.» L’ansia nello sguardo di Harriet fece subito sentire Daniel in colpa. D’istinto, lanciò un’occhiata a Fliss, una di quelle che si erano scambiati forse milioni di volte nel corso degli anni. Un tacito accordo per sospendere le ostilità fintanto che Harriet era presente. Ciascuno di loro aveva sviluppato una propria tecnica di sopravvivenza. Harriet si nascondeva. Da piccola, quando avevano cominciato a sentire le urla furiose che avevano fatto da sottofondo alla loro infanzia, aveva preso a infilarsi sotto il tavolo. Una volta, Daniel era andato a recuperarla per evitare che restasse coinvolta nello scontro e l’aveva trovata con gli occhi serrati e le mani premute sulle orecchie, come se il fatto di non vedere e non sentire volesse dire che non era vero. Ricordando la propria insofferenza in quel momento, Daniel si vergognò di se stesso. Erano stati talmente presi da loro stessi, in primo luogo mamma e papà, che nessuno aveva capito cosa stava succedendo ad Harriet. Quando era diventato evidente, era già troppo tardi e ancora oggi, vent’anni dopo, non riusciva a pensare a quella serata a scuola senza sudare freddo. Vista da fuori, Harriet non sembrava particolarmente forte, ma lui e Fliss avevano scoperto che esistevano diversi 19


tipi di forza. A dispetto delle apparenze, Harriet era fatta di solido acciaio. La guardò mentre posava il vassoio sul tavolo, disponendo con cura piatti e tovaglioli. Tovaglioli di lino. Chi si prendeva la briga di tirare fuori i tovaglioli di lino per un’occasionale colazione in famiglia? Harriet sì. Era a lei che si doveva il clima accogliente dell’appartamento che condivideva con la sorella. Probabilmente, se non ci fosse stata lei, oggi non sarebbero più una famiglia. Da bambina, Harriet aveva un’ossessione per le sue bambole e la loro casetta. Con l’insensibilità tipica degli otto anni, lui aveva liquidato quel gioco come un esempio lampante della sostanziale stupidità delle femmine, ma, guardandosi indietro, adesso capiva che lei aveva cercato di costruirsi qualcosa che non avevano, aggrappandosi a un’immagine di casa e famiglia quando quella in cui erano nati stava andando in pezzi davanti ai loro occhi. Aveva trovato una parvenza di stabilità nel suo mondo fantastico, mentre lui e Fliss si erano affannati nel tentativo di schivare i crepacci, i sempre più profondi baratri emotivi che si erano aperti nel matrimonio dei loro genitori. Quando le sue sorelle erano andate a vivere in quell’appartamento, era stata Harriet a trasformarlo in una casa. Aveva dipinto le pareti con un bel giallo solare e comprato tappeti in varie tonalità di verde per ammorbidire le tinte scure del parquet. Sua era la mano che sistemava i fiori a centro tavola, sprimacciava i cuscini del divano e curava le piante della piccola giungla urbana che faceva bella mostra di sé in un angolo del salotto. Fliss, di suo, non si sarebbe mai comprata una pianta. Al pari di Daniel, non voleva essere responsabile di qualcosa 20


che richiedesse attenzione e tempo. Era per questo motivo che non avevano interesse per le relazioni a lungo termine. L’unica differenza era che Fliss ci aveva provato. Solo una volta, ma tanto le bastava per poter dire di averlo fatto. Ci sono già passata. So cosa vuole dire. Non ne parlavano mai, né tra loro, né con gli altri. I fratelli Knight avevano imparato in tenera età che l’unico modo per superare una brutta giornata, un brutto mese o un brutto anno era continuare ad andare avanti. «Non stavamo litigando.» Il tono di Daniel era basso e rilassato. «Le ho dato solo qualche consiglio fraterno, tutto qui.» Fliss serrò gli occhi. «Il giorno che avrò bisogno di consigli da te, te lo farò sapere. E, detto per inciso, l’inferno dovrà gelare otto volte prima che quel giorno arrivi.» Daniel rubò un pezzo di pancetta e Harriet gli diede uno schiaffetto sulla mano. «Aspetta che finisca di apparecchiare. Oh, prima che me lo dimentichi, Fliss, la Urban Genie ci ha mandato altri due lavori. Ci aspetta una giornata impegnativa.» «Anche quella di Daniel non scherza.» Fliss rubò a sua volta una fetta di pancetta. «Non può nemmeno fermarsi per colazione.» «Davvero?» Harriet gli porse un tovagliolo. «Credevo che fossi passato per questo.» Daniel si accigliò all’allusione che venisse a trovarle solo quando aveva bisogno di essere nutrito. Era vero? No. Veniva a trovarle perché, nonostante, o forse a causa, della sua relazione conflittuale con Fliss, era felice di vedere le sue sorelle. E perché voleva tenere d’occhio Harriet. Però era vero che quasi sempre le sue visite coincidevano con l’orario dei pasti. Fintanto che era Harriet a cucinare, per lui andava be21


nissimo così. Fliss sarebbe stata capace di bruciare persino l’acqua. «Ho ricevuto un messaggio dall’ufficio, per cui devo scappare. Però è sempre bello vedervi.» D’impulso, si alzò e abbracciò Harriet. Mentre se la stringeva al petto, sentì Fliss che bofonchiava: «Sì, bravo, usa il tuo fascino. Harry ci cascherà». «Non mi è permesso abbracciare mia sorella?» Fliss lo guardò. «Sono tua sorella anch’io, però mica mi abbracci.» «Non posso permettermi di trascorrere il resto della giornata a togliermi le spine dalle carne...» «In cosa dovrei cascare?» Harriet ricambiò l’abbraccio e Daniel ebbe un moto di protezione nei suoi confronti. Era riuscita a crearsi una nicchia nella quale viveva bene, ma lui continuava a preoccuparsi. Quando Fliss aveva un problema, dopo un’ora lo sapeva tutta Manhattan. Harriet si teneva tutto dentro. «Come stai, sorellina?» Fliss emise un grugnito. «Attenta, Harry. Quando fa così, vuole qualcosa.» Si mise nel piatto una generosa porzione di pancetta. «Arriva al sodo, Dan, preferibilmente prima che vomiti la colazione.» Daniel la ignorò e sorrise ad Harriet. «Ho bisogno di un cane.» «Ma certo!» Lei ricambiò il sorriso, deliziata. «Lavori come un matto e, quando torni a casa la sera, ti senti vuoto e solo. Sono anni che dico che dovresti prendere un cane. Ti darà un senso di stabilità, avrai un altro essere vivente da amare e con cui relazionarti.» «Lui non vuole un cane per nessuna di queste validissime ragioni.» Fliss agitò la forchetta a mezz’aria, la bocca piena di pancetta. «Gli serve per fare colpo.» 22


Harriet inarcò le sopracciglia, perplessa. «E come potrebbe aiutarlo un cane?» Fliss inghiottì. «Ottima domanda, ma è del nostro fratellone che stiamo parlando e la risposta è quanto mai ovvia. Sta cercando un complice. Un complice canino. Lui ordina: “Porta” e il cane gli porta la ragazza.» Infilzò un’altra fetta di pancetta. «Anche se il tuo piano funzionasse e il cane ti permettesse di conoscere questa donna, non riusciresti a tenertela. Che cosa succederà quando la inviterai a casa e lei scoprirà che il cane non vive con te? Ci hai pen­sato?» «Non invito mai donne a casa, quindi il problema non si pone. Il mio appartamento è off limits per cani, donne e stress.» «È uguale, presto o tardi capirà che non sei un amante dei cani, e ti lascerà.» «Sono sicuro che per allora ne avremo abbastanza uno dell’altra. Sarebbe un finale perfetto, ognuno per la propria strada.» «Mister Rubacuori. Non hai mai dei rimorsi, al pensiero della lunga scia di donne singhiozzanti che hai lasciato in giro per Manhattan?» Daniel si staccò da Harriet. «Non sono un rubacuori. Le donne che frequento sono esattamente come me.» «Insensibili e ottuse?» «Lui non è insensibile.» Come al solito, Harriet cercava di mantenere la pace. «Ha solo paura di impegnarsi, tutto qui. E noi anche. Daniel non è certo l’unico.» «Io non ho paura di impegnarmi» disse Fliss in tono vivace. «Mi impegno ogni giorno su me stessa, per la mia felicità e la mia crescita personale.» «Neanch’io ho paura.» Daniel sentì un brivido che gli 23


serpeggiava lungo la schiena. «Sono prudente? Sì, non fosse altro per il lavoro che faccio. Sono il tipo d’uomo che...» «... Fa capire alle donne che è meglio restare single?» Fliss si servì un altro pancake. «Io non voglio restare single» disse Harriet. «Vorrei amare ed essere amata. Ma non so bene come farlo succedere.» Daniel intercettò l’occhiata di Fliss. Nessuno di loro due era nella posizione di dispensare consigli sull’argomento. «Dal momento che trascorro buona parte della mia lunghissima settimana lavorativa a sbrogliare le vite di persone che non hanno scelto di restare single, ritengo che il genere femminile dovrebbe costruirmi un monumento. Chi non si sposa, non divorzia.» «Mi piace il tuo approccio. Molto ottimistico. Complimenti.» Fliss versò un filo di sciroppo d’acero sul pancake. «Uno di questi giorni qualcuna molto in gamba ti insegnerà un paio di cose sulle donne. Harry, i pancake sono squisiti. Dovresti aprire un ristorante. Io sarei onorata di farti da assistente.» Harriet arrossì. «Incasinerei gli ordini e combinerei un disastro. Quanto a te, anche se ti voglio un mondo di bene, non ti permetterei mai di entrare in una cucina. Non sarebbe corretto nei confronti del dipartimento dei vigili del fuoco.» «Non ho bisogno di lezioni sulle donne.» Daniel rubò una fetta di pancetta dal piatto di Fliss. «So già tutto quello che c’è da sapere.» «Credi di saperlo, il che ti rende mille volte più pericoloso degli uomini che ammettono di non avere idea di come funzionino le donne.» «Sono piuttosto ferrato sull’argomento. Crescere con voi due è stato un training intensivo sul modo di pensare e sen24


tire del cosiddetto gentil sesso. Per esempio, so che se non me ne vado entro i prossimi due minuti, tu esploderai. Pertanto, taglio la corda finché siamo ancora amici.» «Noi non siamo amici.» «Tu mi vuoi bene. E, quando non fai la faccia truce, ti voglio bene anch’io. Comunque, Fliss ha ragione...» Dan lanciò un sorriso ad Harriet. «Sei una cuoca fantastica.» «Se mi volessi bene» ribatté Fliss a denti stretti, «ti fermeresti per colazione. Tu mi usi, esattamente come fai con tutte le donne.» Daniel recuperò la giacca. «Voglio darti un indizio su cosa passa per la testa di un uomo. Non essere sempre così acida o nessuno ti inviterà mai a uscire.» Fliss dilatò le narici e si fece paonazza. «Io sono single per scelta» ringhiò, salvo poi sospirare e fulminarlo con lo sguardo. «Mi stai provocando. Come ho fatto a non rendermene conto? Tu hai il potere di farmi andare in bestia e a quel punto non ragiono più. È la tua solita tattica, e la conosco, eppure ci casco nove volte su dieci. Sei così irritante anche in tribunale?» «Molto peggio.» «Ecco perché vinci sempre. Probabilmente l’avvocato della parte avversa non vede l’ora di liberarsi di te.» «È uno dei motivi. In ogni caso, per la cronaca, io non uso le donne. Mi lascio usare da loro, generalmente dopo il tramonto.» Si chinò per darle un bacio sulla guancia, mentre pensava che prendere in giro la sua sorellina era il gioco che gli piaceva di più dopo il poker. «Allora, a che ora passo a prendere il cane?»

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RINGRAZIAMENTI

Ci sono ancora giorni in cui, svegliandomi, faccio fatica a credere che scrivere sia davvero il mio lavoro, ma scrivere una storia è solo la prima fase di un lungo processo e sono molto grata al mio editore, HQN in America e HQ Stories in Inghilterra per il loro incessante sostegno. Un grazie particolare ai reparti vendita di entrambi i paesi che lavorano duramente per assicurarsi che i lettori trovino i miei romanzi sugli scaffali delle librerie. Visto il numero di libri che vengono pubblicati ogni giorno, il loro è un lavoro molto complicato e per me è una fortuna che siano così bravi a farlo. I social media mi danno la possibilità di essere in contatto con moltissime lettrici e sono grata al meraviglioso gruppo su Facebook che mi ha tanto aiutato quando ho chiesto ispirazione per i nomi dei cani; un grazie speciale ad Angela Vines Crockett, che mi ha suggerito di scegliere dei nomi “umani”. Grazie alla mia magnifica agente, Susan Ginsburg, alla squadra della Writers House e anche alla mia geniale editor, Flo Nicoll. Senza il sostegno della mia meravigliosa famiglia dubito che potrei scrivere una sola parola, quindi sono eternamente grata a tutti loro, ma il grazie più grande va a te, mia cara 381


lettrice, per aver scelto di comprare i miei libri. Sono incredibilmente fortunata ad avere un posto nei tuoi scaffali, o sul tuo e-reader. Con amore, Sarah XXX



Questo volume è stato stampato nel gennaio 2018 presso la Rotolito Lombarda - Milano


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