Vite segrete delle donne punjabi

Page 1




balli kaur jaswal

Vite segrete delle donne punjabi

Traduzione di Roberta Zuppet


ISBN 978-88-6905-254-5 Titolo originale dell’edizione in lingua inglese: Erotic Stories for Punjabi Widows HarperCollins An Imprint of HarperCollins Publishers © 2017 Balli Kaur Jaswal Traduzione di Roberta Zuppet Realizzazione editoriale: studio pym / Milano Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale. © 2017 HarperCollins Italia S.p.A., Milano Prima edizione HarperCollins settembre 2017 in accordo con Il Caduceo di Marinella Magrì Agenzia Letteraria


A Paul



1

Perché mai Mindi voleva un matrimonio combinato? Nikki fissò il profilo che sua sorella aveva allegato all’e-mail, con l’elenco delle principali informazioni personali: nome, età, statura, religione, dieta (vegetariana, se si escludeva un cartoccio di fish and chips ogni tanto). Titoli preferenziali per un marito: intelligente, affettuoso e gentile, di solidi principi e con un bel sorriso. Andavano bene sia gli uomini rasati sia quelli con il turbante, purché barba e baffi fossero ben curati. L’uomo ideale aveva un lavoro stabile e non più di tre hobby che lo arricchissero sul piano mentale e fisico. Per certi versi, aveva scritto Mindi, dovrebbe essere proprio come me: pudico (bigotto, secondo Nikki), oculato nelle spese (taccagno fin nel midollo) e legato alla famiglia (vuole immediatamente dei bambini). Quel che era peggio, l’oggetto dello sproloquio ricordava l’etichetta di una spezia da due soldi: Mindi Grewal, un mix tra Oriente e Occidente. Lo stretto corridoio che collegava la camera di Nikki al cucinino non era adatto a camminare avanti e indietro, con le assi sconnesse che cigolavano a ogni passo. Ma Nikki fece comunque su e giù con cautela, per raccogliere le idee. Cosa era saltato in mente a sua sorella? Certo, Mindi era sempre stata più tradizionalista – una

7


volta Nikki l’aveva beccata a guardare un video su internet su come preparare roti perfettamente rotondi –, ma mettere un annuncio per cercare marito era una scelta così estrema… La chiamò più volte al cellulare e fu sempre dirottata alla segreteria. Quando la rintracciò, la luce del sole era ormai stata inghiottita dalla fitta nebbia della sera ed era quasi ora di uscire per il turno da O’Reilly’s. «So cosa stai per dire» esordì Mindi. «Riesci a immaginarlo?» chiese Nikki. «Riesci davvero a credere che possa succedere?» «Sì.» «Allora sei pazza.» «È una mia decisione. Voglio trovare marito nel modo tradizionale.» «Perché?» «È quello che desidero.» «Perché?» «È così e basta.» «Devi inventarti un motivo più valido, se vuoi che sistemi il tuo profilo.» «Non è giusto. Io ti ho appoggiata quando ti sei trasferita.» «Hai detto che ero una stronza egoista.» «Ma poi, quando te ne sei andata e la mamma voleva venire a casa tua per riportarti indietro, chi l’ha convinta a lasciar perdere? Se non fosse stato per me, non avrebbe mai accettato la tua decisione. Ormai si è rassegnata.» «Quasi rassegnata» le ricordò Nikki. Il tempo aveva consumato l’indignazione di sua madre, logorandola come un lenzuolo che aveva subito troppi lavaggi. La mamma era ancora profondamente contrariata dallo stile di vita di Nikki, ma aveva smesso di farle la predica

8


sulle insidie cui andavano incontro le ragazze che vivevano da sole. «Mia madre non si sarebbe mai sognata di darmi il permesso» ripeteva sempre per dimostrare la sua apertura mentale, con un tono a metà tra la vanagloria e il disappunto. Un mix tra Oriente e Occidente. «Voglio rispettare la nostra cultura» disse Mindi. «Vedo le mie amiche inglesi che conoscono uomini online e in discoteca, e non mi sembra che trovino nessuno che vada bene. Perché non tentare un matrimonio combinato? Per i nostri genitori ha funzionato.» «Erano altri tempi» obiettò Nikki. «Tu hai più opportunità di quante ne avesse la mamma alla tua età.» «Ho studiato, ho preso il diploma da infermiera, ho un lavoro… Questo è il prossimo passo.» «Non dovrebbe essere un passo. Accontentarti del primo che capita, ecco quello che stai facendo.» «Non è così. Voglio solo un po’ di aiuto per trovare un marito, ma non ci vedremo mica per la prima volta il giorno delle nozze. Oggi alle coppie è concesso più tempo per conoscersi.» Nikki fremette alle parole è concesso. Perché Mindi aveva bisogno del permesso di qualcuno per uscire con un uomo? «Non devi avere fretta. Viaggia un po’. Vedi il mondo.» «L’ho già visto abbastanza» ribatté Mindi, sprezzante, ricordando la vacanza tra ragazze a Tenerife l’estate precedente, durante la quale aveva scoperto di essere allergica ai frutti di mare. «E poi anche Kirti sta cercando il ragazzo giusto per lei. È ora che ci sistemiamo.» «Kirti non riconoscerebbe il ragazzo giusto per lei nemmeno se le passasse sotto il naso. Non la considererei una rivale temibile.» Non correva buon sangue tra Nikki e la migliore amica di sua sorella, una truccatrice

9


o, stando al biglietto da visita, esperta di valorizzazione facciale. L’anno prima, alla festa per il venticinquesimo compleanno di Mindi, Kirti aveva squadrato Nikki da capo a piedi e aveva commentato: «Per essere carine bisogna fare uno sforzo, no?». «Mindi, forse sei annoiata.» «E la noia non è una ragione valida per trovare un partner? Tu ti sei trasferita perché volevi l’indipendenza. Io desidero sposarmi perché voglio sentirmi parte di qualcosa. Voglio una famiglia. Tu non puoi capirlo perché sei ancora giovane. Rientro a casa dal lavoro e ci siamo solo io e la mamma. Voglio tornare da qualcuno. Parlare della mia giornata, cenare e progettare una vita insieme.» Nikki aprì gli altri allegati dell’e-mail. C’erano due primi piani di Mindi, il sorriso accattivante, i capelli folti che le scendevano lisci oltre le spalle. Un’altra foto ritraeva tutta la famiglia: mamma, papà, Mindi e Nikki durante l’ultima vacanza insieme. Non era granché; avevano tutti gli occhi socchiusi e apparivano minuscoli sullo sfondo di un paesaggio sterminato. Il padre era morto di lì a qualche mese, un infarto che gli aveva rubato il respiro di notte come un ladro. Nikki sentì una fitta di senso di colpa allo stomaco. Chiuse la finestra. «Non usare le foto di famiglia» disse. «Non voglio che la mia immagine finisca negli archivi di qualche Cupido digitale.» «Allora mi aiuti?» «È contro i miei principi.» Nikki digitò argomentazioni contro nozze combinate in un motore di ricerca e cliccò sul primo risultato. «Ma mi aiuti?» «Quello delle nozze combinate è un sistema deplorevole

10


che compromette il diritto della donna di scegliere il suo destino» lesse Nikki ad alta voce. «Rendi solo il mio profilo un po’ più interessante. Non sono brava in queste cose.» «Hai sentito cosa ho detto?» «Stupidaggini estremiste. Ho smesso di ascoltare dopo compromette.» Nikki tornò al profilo e individuò un errore di ortografia: Sto cercando lanima gemella. Chi sarà? Sospirò. Era chiaro che Mindi aveva deciso. Adesso bisognava scegliere se lasciarsi coinvolgere oppure no. «D’accordo» disse. «Ma solo perché con questo profilo corri il rischio di attirare dei deficienti. Come mai ti definisci amante del divertimento? Chi non ama il divertimento?» «Ah, e poi potresti affiggerlo nella bacheca degli annunci matrimoniali?» «Quale bacheca degli annunci matrimoniali?» «Quella nel grande tempio a Southall. Ti scrivo un sms con l’indirizzo.» «Southall? Vuoi scherzare.» «È molto più vicino a casa tua. Io faccio il doppio turno all’ospedale tutta la settimana.» «Credevo che ci fossero i siti d’incontri per questo genere di cose.» «Ho dato un’occhiata a SikhMate.com e a Punjab­ Pyaar.com. Ci sono troppi uomini indiani in cerca di un visto facile. Se un uomo vede il mio profilo nella bacheca del tempio, se non altro ho la certezza che sia a Londra. Southall ha il più grande gurdwara d’Europa. Maggiori probabilità di successo che a Enfield» spiegò Mindi. «Sono tanto occupata, sai.» «Per favore. Hai molto più tempo di tutti noi.»

11


Nikki ignorò la punta di sarcasmo. La mamma e Mindi non consideravano il suo lavoro da barista un impiego a tempo pieno. Non valeva la pena spiegare che stava ancora cercando la sua vocazione, un lavoro attraverso il quale avrebbe potuto fare la differenza, allargare i suoi orizzonti, sentirsi stimolata, apprezzata e gratificata. Purtroppo quei posti erano rari e la crisi aveva solo peggiorato le cose. Nikki si era vista chiudere la porta in faccia persino quando si era candidata come volontaria in tre diverse associazioni no-profit femminili, sentendosi dire in tono di scusa che erano subissati da un numero record di richieste. Che altro c’era lì fuori per una ventiduenne con mezza laurea in giurisprudenza? Nell’attuale congiuntura economica (e forse in tutte le altre congiunture economiche), un bel niente. «Ti pago» si offrì Mindi. «Non accetto soldi da te» rispose Nikki d’impulso. «Aspetta. La mamma vuole dirti una cosa.» Si udirono delle istruzioni attutite in sottofondo. «Dice: “Ricordati di chiudere le finestre”. Ieri sera al telegiornale hanno parlato di furti in appartamento.» «Non ho niente di prezioso che mi possano rubare.» «“La tua rispettabilità da proteggere” dice.» «Troppo tardi. Già andata. La festa di Andrew Forrest dopo il ballo di fine anno in quarta superiore.» Mindi non rispose, ma la sua disapprovazione crepitò come un’interferenza lungo la linea. Dopo, mentre Nikki si preparava per andare al lavoro, rifletté sull’offerta della sorella. Un gesto generoso, ma i problemi di Nikki non erano di natura economica. L’appartamento era sopra il pub e l’affitto era coperto dalla sua disponibilità a fare gli straordinari senza preavviso. Ma era un’occupazione temporanea. Ormai avrebbe

12


dovuto sapere cosa fare nella vita. Ogni giorno che passava le ricordava che lei era lì immobile e che invece i suoi coetanei andavano avanti. La settimana precedente aveva intravisto un’ex compagna di classe su una banchina ferroviaria. Sembrava tutta indaffarata mentre si dirigeva decisa verso l’uscita della stazione, la valigetta in una mano e il bicchiere di caffè nell’altra. Nikki aveva iniziato a temere le ore diurne, quelle in cui era più consapevole della Londra che non si fermava mai. L’anno prima del diploma aveva fatto un viaggio in India con i suoi, che si erano premurati di visitare i templi e di consultare dei pandit perché le elargissero i consigli necessari per eccellere. Uno di loro le aveva chiesto di visualizzare se stessa impegnata nella professione dei suoi sogni, mentre lui salmodiava preghiere per realizzare le sue visioni. La mente di Nikki si era svuotata e quella tela bianca era stata l’immagine inviata agli dei. Come ogni volta che tornavano nella madrepatria, aveva ricevuto severe indicazioni su cosa non dire davanti al fratello maggiore del padre, che li avrebbe ospitati: niente parolacce; nessun cenno ad amici maschi; niente risposte irrispettose; parlare punjabi per mostrarsi grata di tutte quelle lezioni estive in India, che si sperava avrebbero rafforzato le sue radici culturali. A cena, quando lo zio aveva domandato delle visite ai pandit, Nikki si era morsicata la lingua per evitare di rispondere: «Una manica di truffatori. Farei meglio a chiedere ai miei amici Mitch e Bazza di leggermi la mano». Era stato suo padre a parlare. «Probabilmente Nikki studierà legge.» Il suo destino era stato suggellato in quel momento. Il padre aveva liquidato le sue incertezze ricordandole

13


che avrebbe intrapreso una professione sicura e rispettabile. Quelle parole l’avevano confortata solo temporaneamente. La sgradevole sensazione di trovarsi nell’aula sbagliata il primo giorno di università non aveva fatto altro che crescere nel corso dell’anno. Dopo aver quasi rischiato la bocciatura a un esame propedeutico al secondo anno, era stata convocata da un tutor, che aveva osservato: «Forse non fa per te». Si riferiva alla sua materia, ma Nikki si era resa conto che il commento poteva estendersi a ogni cosa: la noia delle lezioni e dei seminari, gli esami, i progetti di gruppo e le scadenze. Non facevano per lei, punto e basta. Si era ritirata dall’università quel pomeriggio stesso. Non trovando il coraggio di dirlo ai suoi, aveva continuato a uscire di casa ogni mattina con la cartella vintage di cuoio acquistata al mercato di Camden. Girava per Londra, che con il cielo fuligginoso e gli edifici antichi era lo sfondo perfetto per la sua infelicità. Lasciare l’università le aveva dato un po’ di sollievo, ma era assillata dalla preoccupazione di cosa avrebbe fatto da quel momento in poi. Dopo una settimana di vagabondaggi senza meta aveva iniziato a riempire i pomeriggi partecipando alle manifestazioni con la sua migliore amica Olive, che faceva la volontaria per l’organizzazione femminista UK Fem Fighters. C’erano molte cose per cui indignarsi. Le modelle a seno nudo comparivano ancora sulla terza pagina del Sun. I finanziamenti governativi per i centri d’accoglienza femminili venivano dimezzati a causa delle nuove misure di austerità. Le giornaliste rischiavano di essere molestate e aggredite mentre lavoravano nelle zone di guerra all’estero. Le balene venivano sterminate senza motivo in Giappone (non era una causa femminista, ma Nikki aveva provato pena per i

14


poveri mammiferi e aveva fermato i passanti pregandoli di firmare la petizione di Greenpeace). Solo dopo che un amico di suo padre le aveva offerto uno stage aveva dovuto confessare di essersi ritirata dall’università. Urlare non era mai stato nello stile del genitore, che usava l’indifferenza per esprimere la delusione. Durante il lungo braccio di ferro che era seguito alla confessione, lui e Nikki si erano rifugiati in stanze separate, territori che avevano delimitato senza volerlo, mentre la mamma e Mindi gravitavano nel mezzo. Lo scambio più simile a una sfuriata si era verificato dopo che il padre aveva fatto una lista delle qualità che rendevano Nikki adatta alla carriera legale. «Tutto quel potenziale, tutte quelle opportunità, e tu li butti via per cosa? Eri quasi a metà strada. Cosa farai adesso?» «Non lo so.» «Non lo sai?» «La giurisprudenza non mi appassiona più di tanto.» «Non ti appassiona più di tanto?» «Non provi nemmeno a capire. Ti limiti a ripetere tutto quello che dico.» «A RIPETERE TUTTO QUELLO CHE DICI?» «Papà» era intervenuta Mindi. «Calmati, per favore.» «Non voglio…» «Mohan, il tuo cuore» l’aveva ammonito la mamma. «Cos’ha che non va il suo cuore?» Preoccupata, Nikki aveva fissato il papà, ma lui aveva distolto lo sguardo. «Una leggera aritmia. Niente di grave, l’elettrocardiogramma è nella norma, ma la pressione era 140 su 90, il che è un po’ allarmante. D’altra parte, in famiglia ci sono diversi casi di trombosi venosa profonda, perciò può darsi…» Mindi aveva continuato a blaterare. Faceva

15


l’infermiera da un anno e non le era ancora passata la voglia di usare il gergo medico a casa. «Cosa significa?» aveva domandato Nikki, spazientita. «Niente di definitivo. Deve sottoporsi ad altri esami la settimana prossima» aveva risposto Mindi. «Papà!» Nikki era corsa nella sua direzione, ma lui aveva alzato la mano, bloccandola sul posto. «Stai rovinando tutto.» Erano state le ultime parole che le aveva detto. Di lì a qualche giorno i suoi avevano prenotato un viaggio in India anche se ci erano andati solo qualche mese prima. Papà voleva stare con la sua famiglia, aveva spiegato la madre. Erano finiti i tempi in cui i suoi minacciavano di rimandarla in India quando combinava una marachella: ora erano loro ad andare in esilio volontario. «Quando torniamo, forse sarai rinsavita» aveva detto la madre. Quel commento l’aveva ferita, ma Nikki era decisa a non litigare più. Aveva fatto le valigie con discrezione. Un pub vicino all’appartamento di Olive a Shepherd’s Bush cercava una barista. Quando i suoi fossero rientrati, lei sarebbe stata altrove. Poi il padre era morto in India. La cardiopatia si era rivelata più grave di quanto avessero diagnosticato i medici. Nei racconti educativi della tradizione indiana, i figli disobbedienti erano la prima causa di disturbi del cuore, noduli cancerogeni, calvizie e altri acciacchi nei genitori addolorati. Anche se Nikki non era abbastanza ingenua da credere di aver provocato l’infarto del padre, era convinta che la visita di controllo a Londra, rimandata per partire in fretta e furia per l’India, avrebbe potuto salvarlo. Il senso di colpa le aveva divorato le viscere e impedito di provare dolore. Al funerale aveva sperato che le lacrime arrivassero e le portassero un po’ di sollievo, ma invano.

16


Dopo due anni si chiedeva ancora se avesse preso la decisione giusta. Certe volte meditava in segreto di riprendere l’università anche se non sopportava il pensiero di affrontare lo studio di tutti quei casi o di sorbirsi le lezioni noiose. Forse la passione e lo slancio erano secondari in una vita adulta stabile. Dopotutto, se i matrimoni combinati potevano funzionare, magari Nikki poteva mostrare un po’ di entusiasmo per qualcosa che non amava nell’immediato e poi aspettare che l’amore arrivasse. Quel mattino uscì dal palazzo e ricevette un esasperante scroscio di pioggia sulla faccia. Si tirò sulla testa il cappuccio del giubbotto, foderato di pelliccia ecologica, e affrontò gli antipatici quindici minuti a piedi fino alla stazione ferroviaria. L’amata cartella le sbatteva contro il fianco. Mentre comprava le sigarette dal tabaccaio, il telefono le vibrò nella tasca; un messaggio di Olive.

Lavoro in una libreria per bambini. Perfetto per te! Visto sul giornale di ieri. Nikki era commossa. Olive passava in rassegna gli annunci da quando lei le aveva confidato il timore che O’Reilly’s non avrebbe continuato l’attività ancora per molto. Il pub sembrava essere già agli sgoccioli, il vecchio arredamento era troppo misero per essere considerato di tendenza e il menu non poteva assolutamente competere con quello del caffè alla moda che aveva aperto i battenti lì accanto. Sam O’Reilly ormai passava quasi tutto il tempo nel piccolo ufficio sul retro, in mezzo a pile di scontrini e fatture. Nikki rispose.

17


L’ho visto anch’io. Vogliono almeno 5 anni di esperienza vendite. Serve un lavoro per fare esperienza, serve esperienza per trovare lavoro. Pazzesco! Olive non rispose. Impegnata con il tirocinio da insegnante delle superiori, nei giorni feriali poteva permettersi solo comunicazioni sporadiche. Nikki aveva preso in considerazione l’idea di seguire il suo esempio ma, tutte le volte che sentiva Olive parlare dei suoi studenti scalmanati, era grata di dover solo gestire ogni tanto un ubriacone barcollante da O’Reilly’s. Scrisse un altro messaggio.

Ci vediamo al pub stasera? Non indovineresti mai dove sto andando: Southall! Spense la sigaretta e salì sul treno insieme alla folla dell’ora di punta. Durante il viaggio guardò Londra che svaniva, edifici di mattoni sostituiti da discariche e terreni industriali man mano che il convoglio sfrecciava verso ovest. Southall, una delle ultime stazioni lungo la linea, aveva un cartello di benvenuto scritto in inglese e in punjabi. Posò prima lo sguardo sul punjabi, sorpresa da quanto le fossero familiari quei riccioli e quelle volute. Grazie alle lezioni estive in India aveva imparato a leggere e scrivere i caratteri gurmukhi, un talento che poi le era tornato utile quando, durante le feste, scriveva i nomi degli amici inglesi in punjabi sui tovagliolini di carta dei bar in cambio di consumazioni gratuite. Dai finestrini dell’autobus per il tempio, la vista di altre insegne bilingui sulle facciate dei negozi le provocò un leggero senso di vertigine e l’impressione di essere

18


spaccata in due. Britannica, indiana. Da piccola era stata lì qualche volta con la sua famiglia: un matrimonio al tempio o l’acquisto di spezie fresche per il curry. Ricordava quanto le erano parse confuse le conversazioni tra la madre e il padre, che sembravano amare e al tempo stesso odiare l’idea di trovarsi tra i loro connazionali: non sarebbe stato bello avere dei vicini punjabi? Ma allora che senso aveva essersi trasferiti in Inghilterra? Più i suoi genitori si ambientavano a North London, meno erano state le ragioni per andare a Southall, che era scivolata nel loro passato insieme all’India. Ora le note di basso di un bhangra uscivano dall’auto nella corsia accanto. Nella vetrina di un negozio di tessuti, una fila di manichini avvolti in sari multicolori sorrideva pudicamente ai passanti. Le bancarelle di verdure invadevano il marciapiede e sbuffi di vapore caldo si alzavano dal carretto di un venditore di samosa all’angolo della strada. Non era cambiato niente. A una fermata salì un gruppo di liceali. Ridacchiavano e parlavano tutte insieme e, quando l’autobus sobbalzò all’improvviso, persero l’equilibrio con un urlo collettivo. «Cazzo!» gridò una. Le altre risero, ma il vociare si attenuò rapidamente quando notarono le occhiate torve dei due uomini con il turbante seduti di fronte a Nikki. Le ragazze si zittirono a vicenda con qualche gomitata. «Abbiate un po’ di rispetto» sibilò qualcuno. Voltandosi, Nikki vide una donna anziana che le fulminava con lo sguardo mentre le passavano davanti. Quasi tutti i passeggeri scesero con Nikki al gurdwara. La cupola dorata scintillava contro le nuvole grigio pietra e le vetrate variopinte al piano superiore erano piene di brillanti ghirigori color zaffiro e arancione. Le case a

19


schiera vittoriane che circondavano il tempio parevano modellini in confronto al maestoso edificio bianco. Nikki aveva voglia di una sigaretta, ma c’erano troppi occhi puntati su di lei. Li sentì sulla schiena quando superò un gruppo di donne dai capelli bianchi che si dirigeva lentamente dalla fermata verso l’entrata ad arco del tempio. I soffitti dell’immensa costruzione le erano sembrati infiniti da bambina, ed erano ancora così alti da farle venire le vertigini. La debole eco di una salmodia arrivava dalla sala di preghiera. Nikki estrasse il velo dalla borsa e se lo drappeggiò sulla testa. L’atrio del tempio era stato ristrutturato dalla sua ultima visita anni prima, e non trovò subito le bacheche. Gironzolò per un po’, ma evitò di chiedere indicazioni. Una volta si era persa a Islington, era entrata in una chiesa per cercare informazioni e aveva commesso l’errore di dire a un ministro che aveva smarrito la strada. La conseguente conversazione sul recupero della sua spiritualità interiore era durata tre quarti d’ora e non l’aveva aiutata minimamente a trovare la Victoria Line. Alla fine individuò le bacheche vicino all’ingresso del langar, la mensa comune. C’erano due grandi pannelli che occupavano quasi tutta la parete: Matrimoni e Lavori socialmente utili. Mentre il secondo era tristemente vuoto, il primo era zeppo di foglietti.

CIAo, Come VA? SchErzo! Sono UN tIPo mOLTo tRaNquiLlo mA Ve Lo aSSicuRo, nOn GiOco cOn I sEnTimEnTi deLLe raGAzze. IL mIo obIEttivO è GoDerMi La vITa, PRenderE Ogni giORno ComE vIEne E nOn stREssarMi pEr Le piCCole cOSe. SoPRattuTTo vOGlio trovARe La mIa principessa E TratTArla coME merITa.

20


Ragazzo sikh di famiglia jat, ottima discendenza, cerca ragazza sikh dello stesso ambiente. Deve avere preferenze e avversioni compatibili e gli stessi principi. Siamo di larghe vedute su molte cose ma non accettiamo non vegetariane né capelli corti. Sposa per professionista sikh Amardeep è laureato in economia e commercio e cerca la ragazza dei suoi sogni, capace di completarlo. Primo del suo corso di laurea a ottenere un lavoro prestigioso in un prestigioso studio contabile di Londra. La sposa deve essere professionista a sua volta, preferibilmente con laurea in una delle seguenti materie: finanza, marketing, gestione aziendale o management. Siamo nel settore tessile. Mio fratello non sa che ho messo questo annuncio, ma ho pensato di fare un tentativo! È single, 27 anni, libero. È intelligentissimo (due master!!!), simpatico, gentile e educato. E soprattutto è SEXYYY. So che suona un po’ strano perché sono sua sorella, ma è vero, lo giuro! Se volete vedere la sua foto, mandatemi un’e-mail. Nome: Sandeep Singh Età: 24 Gruppo sanguigno: 0 positivo Titolo di studio: laurea in ingegneria meccanica Professione: ingegnere meccanico Hobby: sport e giochi Aspetto fisico: carnagione color caffellatte, 1,72, sorriso simpatico. Vedi foto.

21


«Neanche per sogno» borbottò Nikki voltando le spalle alla bacheca. Mindi poteva anche voler percorrere la strada tradizionale, ma quegli uomini non la meritavano. La versione riveduta e corretta del profilo pubblicizzava una single gentile e sicura di sé, che incarnava il giusto equilibrio fra tradizione e modernità.

Sono a mio agio sia con il sari sia con un paio di jeans. Il mio uomo ideale ama la buona cucina ed è autoironico. Faccio l’infermiera, perché adoro prendermi cura degli altri, però voglio un marito autonomo, in quanto tengo alla mia indipendenza. Ogni tanto mi piace guardare un film di Bollywood, anche se di solito prediligo le commedie romantiche e i film d’azione. Ho viaggiato un po’, ma ho deciso di aspettare a vedere il mondo finché non troverò l’uomo che mi accompagnerà nel viaggio più importante: la vita. Nikki rabbrividì rileggendo l’ultima riga, ma era il genere di frase che sua sorella avrebbe giudicato profondo. Riesaminò la bacheca. Se se ne fosse andata senza attaccare il profilo, Mindi lo avrebbe scoperto e l’avrebbe tormentata finché non fosse tornata a finire il lavoro. Se però lo avesse esposto, forse avrebbe finito per accontentarsi di uno di quegli uomini. Si rosicchiò l’unghia del pollice desiderando una sigaretta. Alla fine attaccò il profilo alla bacheca, ma nell’angolo più lontano, dove era quasi invisibile, coperto dai pochi foglietti dei lavori socialmente utili. Tecnicamente, aveva portato a termine il compito come richiesto. Udì qualcuno che si schiariva la voce. Si voltò e si ritrovò davanti un uomo esile, che scrollò goffamente le

22


spalle come se stesse rispondendo a una domanda. Nikki fece un cortese cenno del capo e distolse lo sguardo, ma poi lo sconosciuto le rivolse la parola. «Così stai cercando…» Agitò timidamente la mano in direzione della bacheca. «Un marito?» «No, no» si affrettò a precisare Nikki. Non voleva attirare la sua attenzione sul profilo di Mindi. L’uomo aveva braccia simili a stuzzicadenti. «Oh» fece, imbarazzato. «Stavo solo controllando gli annunci dei lavori socialmente utili» disse Nikki. «Opportunità di volontariato, roba del genere.» Gli diede le spalle e finse per un momento di studiare la bacheca, annuendo a ogni volantino che leggeva. C’erano auto in vendita e appartamenti in condivisione in affitto. Qualche ricerca matrimoniale si era insinuata anche lì, ma i candidati non erano migliori di quelli che aveva già esaminato. «Ti piace aiutare gli altri, allora» azzardò lui. «Devo proprio andare.» Nikki si mise a frugare con foga nella borsa per troncare la conversazione e si voltò verso l’entrata della mensa. Poi un foglietto attirò la sua attenzione. Si fermò e lo lesse in silenzio, gli occhi che scorrevano lenti sulle parole.

Corso di scrittura: iscriviti subito! Hai sempre sognato di scrivere? Un nuovo seminario su tecniche narrative, personaggi e voci. Racconta la tua storia! Alla fine del corso raccoglieremo un’antologia dei testi migliori. Uno scarabocchio a mano sotto i caratteri stampati diceva: Corso per sole donne. Cercasi insegnante. Lavoro

23


retribuito, due giorni alla settimana. Si prega di contattare Kulwinder Kaur all’Associazione per la comunità sikh. Non si accennava a qualifiche o esperienze precedenti, il che era un buon segno. Nikki tirò fuori il telefono e salvò il numero. Notò lo sguardo incuriosito dell’uomo, ma lo ignorò e si accodò al fiume di fedeli che usciva dal langar. Era in grado di tenere un seminario del genere? Una volta aveva scritto per il blog delle UK Fem Fighters un articolo che, basandosi sulla sua esperienza diretta, metteva a confronto i modi di fischiare alle ragazze per strada a Londra e a Delhi, che era rimasto per tre giorni nella classifica dei post più letti. Poteva senz’altro dare consigli di scrittura alle donne del tempio. Forse anche pubblicare un’antologia dei testi migliori. Un’esperienza di quel tipo avrebbe fatto bella figura sul suo scarno CV. La speranza le palpitò nel petto. Quello poteva essere un lavoro appagante, di cui andare orgogliosa. La luce filtrò nel tempio dalle ampie finestre, proiettando chiazze dorate sulle piastrelle del pavimento prima che le nuvole corressero a nascondere il sole. Nikki stava per lasciare l’edificio, quando ricevette finalmente la risposta di Olive.

Dov’è Southall? La domanda la stupì. Di certo, durante la loro lunga amicizia, le aveva parlato di Southall. Ma era pur vero che si erano conosciute alle superiori, anni dopo che i suoi avevano giudicato quelle visite al sobborgo punjabi una seccatura, e Olive non aveva dovuto ascoltare le sue lamentele sui magnifici sabati sprecati a cercare coriandolo in polvere e semi di senape di prima qualità.

24


Si fermò e si guardò intorno. Era circondata da donne con il capo coperto: donne che correvano dietro i loro bambini, donne che si scambiavano occhiate oblique, donne chine su deambulatori. Ciascuna aveva una storia. Si immaginò mentre teneva una lezione in un’aula piena di punjabi. I suoi sensi sarebbero stati aggrediti dai colori dei kamiz, dal fruscio dei tessuti e delle matite, dai profumi e dall’aroma della curcuma. Poteva vedere la scena nitidamente. «Alcuni non hanno mai nemmeno sentito nominare questo posto» avrebbe detto. «Cerchiamo di rimediare.» Con gli occhi accesi dallo sdegno, avrebbero scritto le loro storie per farle leggere al mondo.

25


Ringraziamenti

Coloro che sono menzionati di seguito meritano tutta la mia gratitudine, il mio amore e la mia ammirazione. Anna Power, la prima persona che ha letto questa storia e ne ha intuito il potenziale. Da mentore ad agente letteraria ad amica, il tuo impegno ed entusiasmo mi danno la forza di andare avanti. Tutto il team di HarperCollins, per avermi riservato un’accoglienza così calorosa ed entusiasta. Martha Ashby e Rachel Kahan, i vostri riscontri e suggerimenti hanno fatto dell’editing una scoperta anziché un semplice processo. Kimberley Young, Hannah Gamon e Felicity Denham: sono molto fortunata ad avere paladine così appassionate per questo libro. Jaskiran Badh-Sidhu, i suoi magnifici genitori e sua nonna, il cui amore e la cui generosità hanno trasformato l’Inghilterra in una seconda casa. Senza di voi, questo volume non avrebbe mai visto la luce. Prithi Rao, i tuoi commenti sul libro si sono rivelati preziosi, e la tua amicizia ancora di più. Paul, sei in assoluto tutto ciò che di vero, buono e stimolante esiste a questo mondo. Sarebbe una vita molto noiosa senza di te. Ti amo da morire.


Questo volume è stato stampato nell’agosto 2017 presso la Rotolito Lombarda - Milano


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.