Heimatschutz/Patrimoine 1/2021: Finestra

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HEIMATSCHUTZ PATRIMOINE

Finestra in lingua italiana

Preservare le risorse, rafforzare la cultura della costruzione EDITORIALE

TEMI D’AT TUALITÀ

Per la cultura della costruzione e il clima

IL COMMENTO

Il presente numero della rivista «Heimatschutz/Patrimoine» è la nostra prima pubblicazione del 2021 ed è dedicato a un tema sul quale concentreremo la nostra attenzione e i nostri sforzi nel corso dei prossimi anni: l’ambiente e la sostenibilità nella cultura della costruzione. I cambiamenti climatici costituiscono una delle maggiori sfide nella storia dell’umanità. L’attività edilizia e l’uso degli immobili contribuiscono in modo massiccio al consumo di risorse e alle emissioni di CO2. Nel 2019 il Consiglio federale ha deciso che entro il 2050 la Svizzera dovrà raggiungere un bilancio di emissioni pari a zero. Una cultura della costruzione sostenibile e di qualità può contribuirvi in maniera importante. Reto Bieli, responsabile del Servizio specializzato nella conservazione dei monumenti storici delle FFS spiega come le ferrovie federali conciliano i propri obiettivi aziendali e l’interesse pubblico in termini di protezione del clima, del paesaggio, degli insediamenti storici e dei monumenti. Silke Langenberg, professoressa di conservazione dei monumenti e patrimonio costruttivo al Politecnico di Zurigo, espone nuove prospettive sull’utilizzo delle risorse in campo edile. Completa il quadro Stefanie Schwab, della Scuola universitaria d’ingegneria e architettura di Friborgo, che offre un interessante scorcio sul mondo della ricerca e degli interventi di rinnovamento energetico dei monumenti storici. Partendo da prospettive diverse, tutti gli articoli mostrano come gli obiettivi climatici possono essere raggiunti rispettando il nostro patrimonio architettonico. È ora necessario convincere i politici, affinché si impegnino per uno sviluppo davvero sostenibile del nostro ambiente costruito. È un lavoro nel quale Patrimonio svizzero e le sue sezioni concentreranno le proprie energie nei prossimi anni. Stefan Kunz, Segretario generale di Patrimonio svizzero

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Inventari scandalosi Quando negli anni Sessanta in Svizzera si è cominciato a proteggere il patrimonio storico-architettonico, molti cantoni hanno optato per una procedura in due tappe. In un primo tempo si catalogano tutte le costruzioni potenzialmente meritevoli di protezione sulla base di un esame sommario secondo il principio «in caso di dubbio meglio inventariare». La decisione definitiva sopraggiunge in un secondo momento, quando un edificio è interessato da un progetto edilizio. Solitamente viene presa in base a una perizia svolta da uno specialista. Contro tale decisione possono presentare ricorso sia i proprietari sia l’Ufficio dei beni culturali, quest’ultimo tuttavia soltanto qualora l’edificio in questione sia già stato inserito nell’inventario. È un sistema che ha funzionato finché l’attività edilizia si è concentrata sui terreni liberi e gli speculatori hanno mostrato poco interesse per i nuclei storici. Ma lo sviluppo centripeto degli abitati ha aperto anche i nuclei alla speculazione e tutt’a un tratto gli inventari hanno cominciato ad assumere una grande importanza. I comuni che non ne avevano si sono affrettati a crearne di estremamente selettivi, mentre gli altri hanno tentato di «sfoltire» gli inventari esistenti. Tutto questo perché gli edifici non inventariati si possono demolire senza incorrere in grane con i beni culturali. Così, negli ultimi anni abbiamo assistito ad abusi eclatanti. Un comune ha inserito nel proprio inventario soltanto gli oggetti che erano già protetti a livello cantonale. Un altro, quando un «costruttore» ha voluto distruggere l’ultima casa contadina del villaggio (fienile del XVII secolo compreso), ha istituito un inventario in fretta e furia e, guarda caso, non ha incluso l’edificio in questione. In un’altra località, dei ventiquattro edifici ultracentenari (diversi dei quali risalenti al XVII e al XVIII secolo) ne sono stati catalogati appena tre, tutti situati ai margini dell’abitato, affinché nei prossimi anni sia possibile mettere mano al nucleo storico. Poco prima della creazione dell’inventario, un «investitore» ha comprato l’edificio più importante, una locan-


da che aveva chiuso i battenti dopo due secoli di attività e che alla fine si è deciso di non proteggere. In Svizzera, è risaputo, la corruzione non esiste. D’altronde tutti si conoscono. Gli inventari dovrebbero scongiurare la demolizione scriteriata degli edifici storici, ma quelli troppo selettivi rischiano di fare più danni che altro. Lo si è visto recentemente in un comune in cui è stata smantellata una casa contadina non catalogata. L’operazione ha portato alla luce una struttura lignea a montanti e panconi. Un abitante del posto che l’aveva scoperta, entrato in possesso delle travi, ha condotto a proprie spese un’analisi dendrocronologica. L’edificio risaliva al 1544! È proprio questo tipo di incidenti che il legislatore avrebbe voluto prevenire con gli inventari. Martin Killias, Presidente di Patrimonio svizzero

FORUM CULTURA DELLA COSTRUZIONE E CLIMA  6

Patrimonio svizzero per la neutralità carbonica Patrimonio svizzero sostiene gli obiettivi della strategia energetica nazionale e il conseguimento della neutralità climatica della Svizzera entro il 2050. Questa meta stabilita dal Consiglio federale può essere raggiunta senza pregiudicare il nostro patrimonio storico-architettonico. Con una cultura della costruzione ecologica, il saldo netto delle emissioni pari a zero è un obiettivo realistico. Stefan Kunz, Segretario generale di Patrimonio svizzero

Non è più un mistero per nessuno: ci troviamo nel mezzo di una crisi climatica, una delle maggiori sfide del secolo. La Svizzera ha aderito all’Accordo di Parigi e si è impegnata a dimezzare entro il 2030 le sue emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990. In base alle nuove conoscenze scientifiche del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, nella sua seduta del 28 agosto 2019 il Consiglio federale ha deciso di andare oltre: dal 2050 la Svizzera dovrà avere un bilancio neutro in termini di emissioni e così aderire all’obiettivo stabilito a livello internazionale di limitare il riscaldamento climatico a un massimo di 1,5 °C rispetto all’era preindustriale.

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Cambiamenti efficaci L’edilizia e gli edifici esistenti contribuiscono in modo massiccio al consumo di risorse e alle emissioni di CO2 . La costruzione e l’utilizzo di immobili generano circa il 40 per cento delle emissioni mondiali. Urge un profondo cambiamento di mentalità nel settore della pianificazione, altrimenti non sarà possibile raggiungere gli ambiziosi obiettivi climatici nei prossimi decenni. La soluzione consiste nel costruire meno e limitare lo spreco di risorse. Il cambiamento di mentalità deve poi essere accompagnato da provvedimenti efficaci. La superficie di cui ogni abitante fa uso per vivere e per lavorare va ridotta e gli abitati devono diventare più compatti. Va inoltre data precedenza alle ristrutturazioni rispetto alle costruzioni nuove. Senza questi grandi processi trasformativi, la neutralità delle emissioni rimarrà un’illusione anche nel 2100. Gli edifici storici incidono poco sul clima È innegabile che il raggiungimento degli obiettivi climatici e la salvaguardia del patrimonio architettonico sono nell’interesse di tutti. Per questa ragione i beni culturali, che sono insostituibili, sono tutelati dalle costituzioni e nelle legislazioni federali, cantonali e comunali. Eppure, l’attuazione delle politiche energetiche esercita una crescente pressione sulla protezione dei monumenti storici e del paesaggio. Sempre più spesso la salvaguardia del nostro patrimonio storico-architettonico viene subordinata agli obiettivi energetici. Che sia in modo intenzionale o inconsapevole, la protezione dell’ambiente viene contrapposta a quella del patrimonio. Ma non è certo in questo modo che troveremo buone soluzioni per avvicinarci agli obiettivi climatici. Il numero di edifici protetti come beni culturali in Svizzera è così esiguo – stando alle statistiche federali appena il 3,5 per cento del totale, ossia circa 75 000 immobili – da influire solo in minima parte sul tasso di emissioni di gas serra. Nella sua ultima presa di posizione, pubblicata a settembre, Patrimonio svizzero stima che nel 15-20 per cento dei casi le costruzioni protette non necessitano di interventi volti a migliorare l’efficienza energetica, in quanto non sono riscaldate o lo sono in misura ridotta. Si pensi ai ponti di legno coperti, alle segherie e ai mulini storici, agli stabili abitativi utilizzati solo temporaneamente, ai granai, alle fontane, alle antiche mura cittadine o alle cappelle. Secondo Patrimonio svizzero bisogna inoltre partire dal presupposto che nei monumenti storici il volume riscaldato è nettamente inferiore – molto meno del 50 per cento – di quello della media del parco immobiliare. Ciò è dovuto al fatto che nel corso del XX secolo la cubatura degli edifici è costantemente aumentata, talvolta di parecchio, ma il 90-95 per cento degli oggetti protetti risale a prima del 1900. Ne consegue che il contributo potenziale che le costruzioni tutelate come parte del patrimonio storico possono dare al raggiungimento degli obiettivi climatici corrisponde appena all’uno per cento. Il patrimonio storico fa la sua parte Il fatto che le costruzioni protette costituiscano una minima frazione del parco immobiliare non significa che debbano essere esentate dall’obiettivo di una neutralità carbonica entro il 2050. Nei prossimi decenni molti di questi edifici che ancora oggi vengono riscaldati a nafta, gas o elettricità dovranno passare a fonti di energia rinnovabili e migliorare il proprio bilancio energetico.


Molte ristrutturazioni eseguite in stretta collaborazione con gli uffici cantonali dei beni culturali hanno mostrato che è possibile preservare il valore degli edifici storici anche dopo interventi volti a ottenere la neutralità delle emissioni di gas serra. Per quanto riguarda la promozione dell’energia solare, in vari cantoni negli ultimi anni si è affermata la prassi di chiarire i requisiti relativi all’installazione di impianti fotovoltaici sulle costruzioni meritevoli di protezione. Rimane invece irrisolta la questione del finanziamento delle ottimizzazioni energetiche. Sebbene esistano fondi federali per il risanamento di edifici protetti, il fabbisogno, specialmente per quanto riguarda gli oggetti tutelati di importanza comunale, è lungi dall’essere coperto. Buona parte dei costi continua a essere a carico dei proprietari. Occorre dunque creare incentivi attraverso l’estensione mirata dei programmi cantonali. Solo in questo modo sarà possibile finanziare le soluzioni specifiche necessarie. Energia grigia e ristrutturazioni Oggi più che mai, nell’edilizia si pone il dilemma «ristrutturare o costruire da zero». Quasi tutti i giorni riceviamo segnalazioni relative al danneggiamento o alla distruzione di monumenti storici a causa di decisioni miopi, basate su considerazioni tecniche incentrate unicamente sull’efficienza energetica. La demolizione di un edificio, però, costituisce sempre una perdita materiale e quindi uno spreco di energia grigia. A conti fatti, una ristrutturazione genera un’emissione grigia di gas serra notevolmente minore rispetto alla costruzione di uno stabile nuovo. Per questo Patrimonio svizzero incoraggia i committenti a tenere sempre conto anche dell’energia grigia nei loro calcoli. Poiché in futuro in Svizzera le ristrutturazioni sono destinate ad aumentare e le costruzioni nuove a diminuire, l’importanza di una gestione oculata degli edifici esistenti sarà sempre più importante dal punto di vista climatico. I cambiamenti che ne deriveranno, si pensi alla «densificazione degli insediamenti», sono complessi. Il coinvolgimento precoce di tutte le parti interessate e un dialogo trasparente fra gli specialisti sono la chiave per arrivare a soluzioni innovative su misura che giovino al clima e al patrimonio storico. Difendere il clima attraverso la cultura della costruzione Le restrizioni dovute all’attuale pandemia ci hanno ricordato che per stare bene abbiamo bisogno anche di spazi di qualità in cui vivere: paesaggi intatti, aree verdi gestite con cura ed edifici ben realizzati, che sono tutte espressioni di un’alta cultura della costruzione. Non di rado singole opere architettoniche, siano esse antiche o moderne, protette in quanto beni culturali o no, caratterizzano il territorio e le località che viviamo e abitiamo. E ora la crisi climatica ci costringe a dare prova di un’alta cultura architettonica compatibile con l’obiettivo di emissioni nette pari a zero, ovviamente non solo nell’ambito delle costruzioni protette come patrimonio culturale. Insieme all’Ufficio federale della cultura e ad alleati del mondo della scienza e della costruzione, Patrimonio svizzero intende nei prossimi anni affrontare questa sfida in modo offensivo, attraverso una cultura della costruzione a difesa del clima. Essa è volta a dimostrare che le emissioni di gas serra possono essere ridotte con misure sensate, senza dovere rinunciare alla cultura architettonica di qualità. Tenendo conto anche dei risvolti culturali e sociali della cultura

architettonica, l’obiettivo del bilancio netto delle emissioni pari a zero diventa sostenibile a tutti i livelli. A tale scopo devono essere resi disponibili i dati scientifici rilevanti, gli strumenti di lavoro utili e i buoni esempi di attuazione. Questo approccio comporta inoltre una riflessione sull’impatto dei cambiamenti climatici sul patrimonio architettonico, un tema di grande rilevanza internazionale, ma affrontato in modo ancora titubante in Svizzera. L’iniziativa persegue l’obiettivo primario di convincere l’opinione pubblica e la politica del fatto che la conservazione del patrimonio e la promozione dell’alta cultura architettonica non ostacolano il raggiungimento della neutralità climatica, ma al contrario vi contribuiscono con un apporto prezioso.

A COLLOQUIO CON SILKE LANGENBERG  12

«Non sprecare le risorse alla leggera» Silke Langenberg insegna conservazione dei monumenti storici e patrimonio costruttivo al Politecnico di Zurigo. Una parte importante del suo lavoro riguarda il tema della sostenibilità. Una conversazione su come gestire i monumenti, l’energia grigia, il riciclaggio, la riduzione del consumo dei materiali e gli interventi di riparazione degli edifici esistenti. Marco Guetg, giornalista, Zurigo

Professoressa Langenberg, lei ha iniziato i suoi studi in architettura all’Università di Dortmund negli anni Novanta. Che cosa l’ha spinta verso questo campo: il gusto per il disegno, per la progettazione o semplicemente l’entusiasmo per l’atto di costruire? Ho deciso di laurearmi in architettura pensando precisamente a una futura occupazione nel campo della conservazione dei beni culturali. Mi affascinavano gli edifici antichi più che quelli nuovi. Durante i miei studi ho naturalmente sviluppato un interesse anche per la progettazione, ma alla fine sono rimasta affascinata dagli aspetti più direttamente strutturali delle costruzioni... …e dalle questioni riguardanti la sostenibilità in campo architettonico. Quando ha iniziato a interessarsi a questo tema? È stato in occasione della sua tesi sull’edilizia negli anni del boom economico? Un grande influsso l’ha avuto sicuramente Uta Hassler, professoressa di conservazione del patrimonio e ricerca architettonica, a quel tempo ricercatrice e docente all’Università di Dortmund.

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Nel 2005 si è poi trasferita al Politecnico di Zurigo. Uta Hassler era stata tra le prime a interessarsi al problema dell’utilizzo delle risorse in campo edile. Nella mia tesi ho calcolato i flussi di materie insieme a un ingegnere civile. Flussi di materie? Abbiamo calcolato la quantità di materiale e di energia grigia utilizzata negli edifici da noi considerati e quella che avremmo dovuto impiegare per le ristrutturazioni previste. Dall’agosto del 2020 è professoressa ordinaria al Politecnico di Zurigo dove insegna «conservazione dei monumenti storici e patrimonio costruttivo». Che cosa significa conservazione dei monumenti è piuttosto chiaro, al contrario la definizione di patrimonio costruttivo necessita di essere precisata. Si tratta del rilevamento e della valutazione delle tecniche e dei materiali di costruzione? La conservazione dei monumenti non riguarda solo l’apprezzamento del progetto architettonico e del linguaggio formale di un edificio. Anche la struttura architettonica e il processo di costruzione possono rappresentare criteri decisivi per la protezione. Tuttavia, si tratta di aspetti spesso difficili o anche impossibili da individuare nell’opera ultimata. La Svizzera è molto ricca dal punto di vista del patrimonio costruttivo e credo sia importante riconoscere in egual misura sia i risultati in campo ingegneristico sia quelli di tipo progettuale. E di che cosa si tratta concretamente? Di soluzioni originali che coinvolgono le strutture portanti, di innovazioni relative ai processi e della questione di come in concreto si costruisce e si interviene sugli edifici. È interessata sia all’edilizia sia al genio civile? Non facciamo distinzioni. Ci occupiamo di opere che in base ai criteri attuali non rientrano nella conservazione dei monumenti o che pongono problemi di conservazione strutturale. Naturalmente, ci sono qui dei parallelismi con l’archeologia industriale, in particolare quando si tratta di rievocare determinate qualità tecniche. Nella descrizione del suo corso per il semestre invernale 2020/2021 lei pone il seguente obiettivo: «In un’ottica di sviluppo sostenibile e responsabile del patrimonio edilizio è necessario non solo conoscere gli approcci classici [...] della conservazione dei monumenti, ma anche sapersi confrontare con le questioni dell’economia circolare.» Che cosa significa di preciso? Il nostro Istituto si è occupato a lungo di tali questioni. Quando si lavora con oggetti protetti bisogna sottostare a disposizioni particolari, che ovviamente occorre conoscere. Ma che cosa succede alle moltissime costruzioni che non sono riconosciute come monumenti? Quanto materiale e quanta energia grigia hanno incorporato questi oggetti? Che cosa è a rischio in questi casi? Oltre al valore culturale, siamo di fronte anche a un indubbio valore materiale, con implicazioni tanto ecologiche quanto economiche. È ciò che vorremmo trasmettere agli studenti. Una volta ha detto: «Non tutti gli oggetti che avrebbe senso conservare sono monumenti.»

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Con quella frase volevo sottolineare che la gestione sostenibile del patrimonio edilizio non è il compito primario dei servizi di tutela dei beni culturali. Va protetto in quanto monumento ciò che rientra nei criteri legali. Per quanto riguarda il restante patrimonio edilizio, è responsabilità di tutti noi che sia gestito avvedutamente e che non si sprechino le risorse alla leggera. È d’altronde anche l’obiettivo della Strategia sulla cultura della costruzione promossa dalla Confederazione. Questo vale anche per gli edifici nuovi? Naturalmente! E qui entra in gioco anche un altro aspetto. L’intenzione è di affinare lo sguardo degli studenti affinché sappiano pensare alla riparabilità di ciò che progettano. Quello che può essere riparato può logicamente essere utilizzato più a lungo. Di fronte a un tale mutamento di paradigma viene da chiedersi: se si attribuisce valore a un oggetto anche secondo criteri diversi da quelli «classici», la tradizionale protezione dei beni culturali non rischia di venire stravolta? Non credo. La questione delle risorse non riguarda in primo luogo i monumenti, in particolare in quanto l’aspetto ecologico non rappresenta un criterio per la protezione definito legalmente. Se così fosse, ci ritroveremmo improvvisamente con una moltitudine di monumenti... È possibile suddividere il patrimonio edilizio distinguendo quelle aree che sono protette sulla base di criteri ben definiti e che sono solitamente ritenute di pregio dalla maggioranza della popolazione. Questo è l’ambito classico dei beni culturali. La maggior parte degli edifici esistenti non è però protetta. In questi casi l’azione dovrebbe essere orientata anche da criteri ecologici. Ciò che va preservato deve anche essere riparabile. È questo il tema al centro del suo seminario «Riparare: un invito alla riflessione e all’azione». E non intendo solo le riparazioni manuali. La produzione digitalizzata ha ampliato le possibilità degli interventi di riparazione. Con una stampante 3D, per esempio, i pezzi di ricambio non più disponibili possono essere riprodotti con esattezza. Non si è più obbligati a demolire solo perché una parte essenziale non è più disponibile. Tuttavia, da questo punto di vista la scomponibilità della struttura è il requisito fondamentale. Riparazioni in ambito architettonico. Le prime cose che vengono in mente sono maniglie e finestre… il problema delle riparazioni deve essere posto già a livello di progettazione? Certamente! La riparabilità e la scomponibilità dovrebbero essere criteri essenziali nei processi di pianificazione e costruzione. Si tratta di un aspetto contenuto anche nella presa di posizione della SIA sulla protezione del clima, l’adeguamento ai cambiamenti climatici e l’energia. Questa idea della riparabilità riguarda anche l’utilizzo futuro dei diversi oggetti? Sì, un edificio progettato in maniera flessibile può essere convertito più facilmente. In questo è presente un grande potenziale nascosto. Guardando i suoi corsi mi sono imbattuto anche in altri temi: movimento FAB, reduce, riciclaggio... in definitiva il


riutilizzo dei materiali da costruzione sarebbe il contributo più sostenibile alla riduzione dei detriti edili? Certo, il riciclaggio è la giusta strada da percorrere e viene già praticato. Ma il riciclaggio non è neutrale dal punto di vista energetico! Non a caso lo slogan «Reduce–Reuse–Recycle» pone al primo posto la riduzione. Demolire di meno e usare più a lungo gli edifici è certamente più significativo in termini di sostenibilità che un’onerosa riprogettazione e ricostruzione. Ovviamente non sono contraria al riciclaggio. Tutt’altro! Semplicemente bisogna evitare di sprecare i materiali soltanto perché tanto, in teoria, possono essere riciclati. Se l’ecologia svolge un ruolo di rilievo anche in relazione agli edifici esistenti, la domanda sorge spontanea: le istituzioni che si occupano della tutela del patrimonio culturale, come gli Uffici dei beni culturali, non sono destinate a diventare sempre più istituzioni rivolte all’ecologia e alla sostenibilità? Gli Uffici dei beni culturali sono già da tempo istituzioni di questo tipo in ragione del loro stesso compito. Nella misura in cui si impegnano a conservare il patrimonio esistente agiscono a favore della sostenibilità. In questo senso rappresentano l’avanguardia! D’altra parte, anche Patrimonio svizzero potrebbe trasformarsi a medio termine in un’associazione prettamente ambientalista che si occupa accessoriamente anche di cultura architettonica. Tutela dell’ambiente e cultura architettonica non sono in contraddizione. Fin dalla sua fondazione, Patrimonio svizzero, a fianco ai temi della cultura architettonica, si è sempre impegnata anche a favore della natura e sin dal suo inizio ha agito in senso ecologico e sostenibile. Se dovesse redigere un codice di condotta per gli architetti, quale sarebbe il preambolo? «Ciò che costruiamo deve sempre essere migliore di ciò a cui rinunciamo.» E questa affermazione non riguarda solo la progettazione, ma anche i materiali, la struttura e la durata nel tempo. → Silke Langenberg è professoressa ordinaria di conservazione dei monumenti

storici e patrimonio costruttivo al Politecnico di Zurigo dall’agosto 2020. Le sue ricerche sono rivolte in particolare alla valutazione, la conservazione e l’utilizzo nel tempo degli edifici della seconda metà del XX secolo. Cittadina svizzera e tedesca, ha studiato architettura a Dortmund e Venezia. Nella sua tesi dottorale dedicata all’edilizia negli anni del boom economico, ha analizzato le strategie di razionalizzazione e prefabbricazione in campo edile, temi ai quali continua a dedicarsi nelle sue ricerche attuali. Silke Langenberg vive con la famiglia a Zurigo, è da molti anni membro di Patrimonio svizzero e collabora, tra le altre cose, con ICOMOS Suisse.

UN APPROCCIO COMPLESSIVO PER IL RISANAMENTO DI EDIFICI  16

Le soluzioni standard non bastano L’istituto di ricerca TRANSFORM della Scuola universitaria d’ingegneria e architettura di Friborgo affron-

ta il risanamento energetico degli edifici attraverso un approccio complessivo. Com’è possibile aumentare il tasso di edifici rinnovati e al contempo garantire la qualità e la sostenibilità degli interventi di risanamento? Quali tipologie costruttive esistono e quali sono i rispettivi scenari operativi? Con che metodi si raggiunge lo scopo prefissato? Stefanie Schwab, professoressa associata SUP, Haute école d’ingegnérie et d’architecture Fribourg

Il rinnovamento energetico del parco immobiliare nazionale è uno degli obiettivi più importanti della Strategia energetica 2050 della Confederazione. Tuttavia, nonostante i buoni propositi della politica, troppo pochi edifici vengono rinnovati e si tratta solitamente di interventi puntuali piuttosto che complessivi. Quando vengono eseguiti lavori di risanamento totale, sono spesso limitati agli impianti tecnici, agli infissi e alla realizzazione di cappotti isolanti. Si tratta di misure che magari hanno senso per migliorare l’efficienza energetica, ma che sono opinabili dal punto di vista delle caratteristiche architettoniche, della protezione dei beni culturali, della fisica degli edifici e della sostenibilità. Poiché il parco immobiliare è molto eterogeneo, occorrono soluzioni che tengano conto delle specificità architettoniche e costruttive di ciascun edificio. Procedere a un rinnovamento energetico è un’operazione complessa, che richiede conoscenze nei campi dell’architettura, della gestione dell’energia, della fisica degli edifici, dell’impiantistica edile e della redditività. Spesso quando vengono rinnovati edifici importanti o monumenti storici, l’intervento degli specialisti è garantito e contribuisce alla realizzazione di soluzioni tutto sommato ben studiate e ponderate. Per i comuni edifici abitativi, invece, si tende a procedere senza una pianificazione elaborata da esperti. La complessità dei lavori da svolgere viene sottovalutata e si evita di spendere denaro per uno studio complessivo dell’operazione. Questo conduce a rischi di natura tanto architettonica quanto tecnica. Ogni edificio è stato progettato con un approccio complessivo e conserva le tracce della propria epoca. Poiché i materiali hanno una durata di vita diversa, nel corso del tempo vengono sostituiti tramite interventi puntuali che ignorano la coerenza globale. Vengono per esempio montate nuove finestre ermetiche senza considerare il sistema di aerazione nel suo complesso. La sottovalutazione dei rischi legati alla fisica dell’edificio (ponti termici, dettagli irrisolti a livello di giunzioni, aerazione insufficiente, fenomeni di condensazione), interventi incauti su determinati dettagli edilizi e misure di isolamento standardizzate possono compromettere il valore architettonico di uno stabile e non di rado conducono alla banalizzazione del contesto urbano. Dai casi studio emergono vari scenari Gli studi eREN della Scuola universitaria professionale della Svizzera occidentale (HES-SO) condotti sotto la direzione della professoressa Stefanie Schwab hanno permesso di identificare le principali tipologie costruttive delle case plurifamiliari in Romandia e di elaborare scenari di rinnovamento energetico adeguati. L’approccio complessivo e interdisciplinare mira a trovare un equilibrio tra efficienza energetica, aspetti costruttivi, fisica dell’edificio, costi, comfort e riduzione della perdita del pregio storico-architettonico. Lo studio dei casi

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concreti ha fatto emergere possibilità e limiti del rinnovamento energetico. Si sono inoltre resi disponibili strumenti utili ai futuri progetti di risanamento. Edifici costruiti in epoche diverse hanno caratteristiche specifiche, derivanti dai sistemi e dai materiali da costruzione impiegati. Dieci esempi rappresentativi delle tipologie più comuni sono stati selezionati per uno studio. Per ogni caso è poi stata formulata una strategia di risanamento globale. Talvolta una bella facciata di inizio Novecento può essere in buona parte mantenuta, a condizione di procedere a un isolamento efficace altrove, per esempio sul meno pregiato muro posteriore. In altre situazioni le caratteristiche architettoniche sono conservabili isolando l’immobile dall’interno. Sulle facciate del dopoguerra, meno riccamente decorate, si può invece applicare il materiale isolante all’esterno. Una scelta accurata dello spessore dello strato isolante e dei dettagli delle giunzioni consente di salvaguardare le caratteristiche più importanti e di rendere utilizzabili i balconi. Quando il pregio architettonico è trascurabile, gli interventi costituiscono anche un’occasione per migliorare l’estetica, ottimizzare l’efficienza energetica o procedere a un isolamento supplementare. Per ciascuno dei casi studiati sono state analizzate le caratteristiche architettoniche e ingegneristiche, per poi identificare le parti dell’edificio che meritavano di essere conservate e quelle migliorabili con interventi semplici ed economici. In diversi casi questi provvedimenti non bastano a ottenere un’efficienza energetica all’altezza dei requisiti odierni. Occorrono allora misure di isolamento aggiuntive, che spesso comportano criticità dal punto di vista architettonico e finanziario. In tutti i casi studiati è stato però possibile soddisfare le norme e, dove necessario, rispettare le caratteristiche architettoniche. Ciò dimostra che si possono trovare soluzioni che, pur non rovinando gli edifici esistenti, consentono di operare un risanamento energetico senza costi eccessivi, i quali, rileva lo studio, rimangono tuttavia molto elevati. Benché si tratti spesso di lavori eseguiti nell’ambito di un’operazione di valorizzazione generale di un immobile, quando un edificio è oggetto di manutenzione regolare mancano gli incentivi economici per il rinnovamento energetico. Energia grigia e vita degli edifici Un rinnovamento energetico ha senso se è visto come un processo di ottimizzazione conseguente a una visione di sostenibilità a lungo termine, che tiene cioè conto di determinati aspetti: l’energia grigia dei materiali, la durata nel tempo degli interventi, le qualità dell’edificio che vanno preservate, la manutenzione necessaria, le possibili sinergie e opportunità di utilizzo che garantiscono un futuro all’immobile. La legislazione e le certificazioni in campo edile, che finora riguardavano perlopiù le nuove costruzioni, dovrebbero tenere in maggiore considerazione le particolarità del parco immobiliare e i limiti entro i quali è possibile intervenire su di esso. I rinnovamenti energetici sono imprescindibili nel quadro della transizione energetica e del passaggio a un parco immobiliare sostenibile, ma non devono essere limitati a soluzioni standard. Sono quindi necessari professionisti qualificati a tutti i livelli della pianificazione e della realizzazione dei progetti. A tale scopo l’istituto TRANSFORM ha avviato una stretta collaborazione con le autorità cantonali friborghesi. Questo nuovo

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centro di competenze per il rinnovamento energetico promuove lo scambio di esperienze, formazioni e specializzazioni, ed elabora strumenti a sostegno dei risanamenti sostenibili. → Lo studio Renovation énergétique - Approche globale della Scuola universi-

taria professionale della Svizzera occidentale (HES-SO) è disponibile in francese e tedesco sul sito: www.smartlivinglab.ch/fr/projects/eren-energie-et-renovation

CULTURA DELLA PIANIFICAZIONE E OTTIMIZZAZIONE DEI PROGETTI  20

Protezione del patrimonio e del clima alle FFS Le FFS non solo sono uno dei più grandi proprietari di terreni, edifici e impianti in Svizzera, ma contano nel loro parco immobiliare numerosi oggetti storici meritevoli di protezione. L’obiettivo delle FFS è raggiungere la neutralità climatica entro il 2030. Sorge allora la domanda: come riusciranno a trovare un equilibrio tra gli obiettivi aziendali, i mandati politici e le numerose questioni di interesse pubblico nei campi della protezione del clima, del patrimonio paesaggistico e culturale? Reto Bieli, responsabile del Servizio specializzato nella conservazione dei monumenti storici delle FFS

Ogni progetto di costruzione delle FFS deve mediare tra diverse istanze di interesse pubblico. Un tema di primaria importanza è quello della protezione del clima. Molti di questi progetti generano quantità significative di emissioni dirette e indirette, e anche il consumo di elettricità per il funzionamento della rete ferroviaria e il mantenimento degli edifici e degli impianti è elevato. Al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici della Confederazione, le FFS si sono poste traguardi ambiziosi e mirano alla neutralità climatica entro il 2030. Questo non solo implicherà la sostituzione dell’energia fossile e la riduzione dei consumi energetici, ma anche un’ottimizzazione dal profilo operativo. Per esempio, grazie all’ammodernamento della flotta ferroviaria che verrà completato nel 2022, si risparmierà ogni anno l’equivalente del consumo energetico di 7500 economie domestiche. Dall’inizio del 2016, FFS Immobili ha rinunciato all’utilizzo di impianti a combustibili fossili nei nuovi edifici o nella sostituzione dei vecchi impianti di riscaldamento. Già oltre 140 sistemi sono stati rinnovati, con un risparmio annuo di oltre 1,66 milioni di litri di nafta, equivalenti a 3500 tonnellate di CO2 , ossia al fabbisogno di riscal-


damento di 640 case monofamiliari. Inoltre, dall’inizio del 2019, FFS Immobili e FFS Infrastruttura utilizzano nei loro edifici unicamente elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Entro il 2030 è prevista la produzione di 30 GWh di corrente fotovoltaica per uso domestico. Importante è anche lo sviluppo integrato delle infrastrutture nei punti nodali della rete ferroviaria: le FFS colgono la grande opportunità offerta da uno sviluppo globale e coordinato della mobilità e del parco immobiliare. Ciò consentirà di collegare in modo ottimale gli edifici ai trasporti pubblici e contribuirà a ridurre il traffico motorizzato individuale. L’insieme di questi sforzi ha un influsso positivo sulla sostenibilità della mobilità in tutta la Svizzera. Tutela del patrimonio culturale e paesaggistico Le FFS non solo prendono sul serio le questioni ecologiche, ma sono altresì incaricate della cura di un grande numero di edifici e impianti storici. FFS Immobili investe una parte ingente dei propri introiti in edifici di interesse storico e culturale in tutto il paese, come le stazioni di Zurigo, Basilea, Chiasso, Losanna o la casa del casellante a Eggwald nel Canton Uri. Da due decenni le FFS gestiscono anche un proprio Servizio specializzato nella protezione del paesaggio e dei monumenti, il quale fornisce consulenza sui progetti sia in fase di pianificazione sia di costruzione. In questo modo, i progetti sono conformi alla legislazione sulla protezione del paesaggio e dei monumenti, e soddisfano i requisiti della tutela del patrimonio storico necessari per la licenza di costruzione. È chiaro che una cultura architettonica di qualità, nel senso indicato dalla Strategia sulla cultura della costruzione dell’Ufficio federale della cultura o dalla Dichiarazione di Davos, non nasce dalle pubblicazioni patinate, dalle norme o dagli elenchi dei criteri di protezione: ci vogliono procedure atte ad assicurare la qualità, un supporto critico sul piano tecnico, della progettazione e della tutela del patrimonio, e tanto duro lavoro sui progetti. Il Servizio specializzato è anche responsabile dell’inventario del patrimonio storico delle FFS e della redazione di perizie a uso interno. Gestisce la geoinformazione sulla protezione del patrimonio culturale e paesaggistico che viene utilizzata da tutto il gruppo e agevola il coordinamento con l’Ufficio federale della cultura e con le autorità cantonali e comunali. Questo importante lavoro consente di aumentare la certezza del diritto e della pianificazione, e sostiene le FFS nella tutela del patrimonio in conformità con la Legge sulla protezione della natura e del paesaggio e con la Costituzione federale. Il Servizio specializzato è supportato nel suo lavoro dai vertici dell’azienda, dall’Ufficio federale della cultura, dai servizi cantonali e comunali di conservazione dei beni culturali e dalla Fondazione per il patrimonio storico delle FFS. Quest’ultima gestisce un archivio delle testimonianze della storia delle ferrovie svizzere e fornisce così le basi per il lavoro di tutela dei monumenti. Coordinamento dell’attività d’incidenza territoriale Negli ultimi anni le FFS hanno realizzato centinaia di progetti infrastrutturali e immobiliari di grandi e piccole dimensioni. Il loro successo dipende in gran parte dal coordinamento delle varie attività d’incidenza territoriale. Per coordinare gli interessi legati al progetto e trovare le varianti migliori, le FFS utilizzano diversi strumenti procedurali e di pianificazione, alcuni dei quali sono stati appositamente sviluppati.

Il Masterplan regionale costituisce l’obiettivo a lungo termine per quanto riguarda i corridoi e i grandi nodi ferroviari in termini di mobilità, materiale rotabile, infrastrutture, sviluppo delle aree ferroviarie e gestione delle finanze. Questi compiti sono svolti sulla base della pianificazione stabilita dalla Confederazione, dai Cantoni e dai Comuni, nonché in considerazione degli altri molteplici interessi di tutela e utilizzo, sia pubblici sia privati. Grazie a tale strumento, la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico può essere presa in considerazione già nella fase di pianificazione strategica. Il Piano degli obiettivi di sviluppo delle stazioni serve a coordinare e negoziare gli interessi, da un lato dei Comuni o dei Cantoni e dall’altro delle divisioni FFS Infrastruttura, FFS Viaggiatori e FFS Immobili, per quanto riguarda la gestione degli spazi, dei progetti e della tutela del patrimonio all’interno e nei pressi delle stazioni. Questo garantisce che i progetti relativi alle stazioni di valore storico siano concepiti in maniera ottimale. Il Piano di utilizzazione delle stazioni mostra le aree di vendita, di circolazione e i marciapiedi, gli arredi e la segnaletica. Il suo utilizzo è solitamente riservato al coordinamento per le stazioni ferroviarie più grandi e assicura una gestione oculata di quelle storiche. Il Piano regolatore speciale è uno strumento di pianificazione utilizzato principalmente da FFS Immobili per lo sviluppo delle aree ferroviarie. Grazie a esso, vengono tutelati gli interessi di conservazione del paesaggio e dei beni culturali nell’ambito dello sviluppo urbano e si stabiliscono i termini delle future normative di pianificazione. Grazie al Building Information Modeling, tutti i dati inerenti all’infrastruttura ferroviaria e agli immobili vengono digitalizzati, collegati tra loro, visualizzati in un modello virtuale e arricchiti con ulteriori informazioni sul ciclo di vita del sistema. Viene così creata una sorta di copia virtuale dell’infrastruttura o di una stazione. Questo strumento è utile per la discussione e la negoziazione di questioni relative alla conservazione dei monumenti. Tutti questi strumenti sono processi di concertazione: gli interessi relativi alle attività con un impatto sul territorio vengono raccolti, valutati in base alle strategie e alle varianti ubicative e progettuali, e infine soppesati. Grazie all’elevato livello di specializzazione e alla piena considerazione degli interessi pubblici in termini di utilizzo e tutela del patrimonio culturale nel breve e lungo periodo, è possibile dare vita a un processo di ottimizzazione ampiamente condiviso, il quale rappresenta bene la ponderazione degli interessi disposta dalla legislazione sulla tutela dei beni culturali. In questo modo le FFS gestiscono l’equilibrio tra i diversi obiettivi e interessi. 120 anni di cultura della costruzione delle FFS Spesso si sostiene che gli interessi di tutela del paesaggio e dei beni culturali sono in conflitto con la protezione del clima e la riduzione dei consumi energetici. Dal punto di vista del Servizio monumenti storici, è chiaro che progettare e costruire tenendo conto di questi interessi è molto impegnativo. Tuttavia, la maggior parte dei progetti delle FFS, oggi come ieri, è caratterizzata da una cultura della pianificazione coerente con il diritto pianificatorio: non si cerca di imporre degli interessi particolari, bensì di prendere in considerazione il maggior numero possibile di interessi di protezione e utilizzo, sia pubbli-

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ci sia privati. Ne risulta una cultura della costruzione di qualità. Se il processo di Davos richiede ora che la cultura sia nuovamente posta al centro della politica dello sviluppo e che ne venga sottolineato il contributo ai fini del perseguimento del bene comune, l’impegno in tale direzione della FFS può vantare quasi 120 anni di storia. Ne sono la prova il grande numero di spazi urbani vivaci, oggetti meritevoli di tutela e aree verdi essenziali agli insediamenti, nonché l’alta qualità delle molte nuove infrastrutture e dei nuovi edifici.

SITO ROCHE A BASILEA   24

Protezione del patrimonio e del clima alle FFS Diverse voci critiche si stanno levando contro la demolizione di alcuni monumenti importanti sul comprensorio della Roche a Basilea. Le motivano considerazioni ambientali e dubbi sulla sostenibilità di un progetto faraonico che divora enormi quantità di energia grigia. Una presa di posizione ispirata allo slogan reduce–reuse–recycle chiede un ripensa. mento del progetto Peter Egli, redattore

I due grattacieli firmati Herzog & de Meuron della F. Hoffmann-La Roche AG dominano il panorama urbano di Basilea. L’azienda farmaceutica è determinata a proseguire con la trasformazione della zona sud del comprensorio in cui è insediata, dove dovrà anche sorgere una terza torre, ancora più imponente delle due attuali. A tale scopo non si esita a sacrificare edifici esistenti di notevole importanza storica e architettonica. Nel corso di diversi decenni, gli architetti Otto Salvisberg (1882-1940) e Roland Rohn (1905-1971) hanno conferito all’allora emergente impresa farmaceutica un’identità che rappresenta uno dei più significativi esempi europei di corporate architecture.

L’idea di demolire questi edifici straordinari ha provocato reazioni di protesta a Basilea, ma anche a livello nazionale e internazionale. Una petizione firmata da 1169 persone chiede per il comprensorio uno sviluppo sostenibile e rispettoso del patrimonio architettonico esistente. Anche Patrimonio svizzero e la sua sezione basilese si oppongono con determinazione a una visione superata di progresso edilizio. Agire in modo ecologico e rispettoso delle risorse Dopo un anno dalla richiesta da parte del Consiglio dei beni culturali di Basilea di mettere sotto protezione gli edifici destinati alla demolizione, la revisione del piano d’intervento che è stata presentata ignora i dibattiti svoltisi fino a quel momento. Essa non prende in considerazione né le obiezioni mosse dagli abitanti né l’opinione di tutti gli esperti che hanno confermato l’importanza storico-architettonica degli edifici in questione. Tabula Rasa, un gruppo di lavoro recentemente costituito, chiede che la priorità sia data alle istanze ecologiche e all’uso efficiente delle risorse. Secondo i suoi rappresentanti, le demolizioni genererebbero 72 000 tonnellate di detriti edili in superficie e, poiché gli edifici hanno fino a cinque piani sotterranei, una quantità equivalente nel sottosuolo. È come un treno merci lungo 44 chilometri, ossia la distanza tra Basilea e Strasburgo! Per fare posto al nuovo, si smantella tutto ciò che esiste: un approccio superato, che nel XXI secolo non ci possiamo più permettere, poiché fondato sull’idea sbagliata dell’illimitatezza delle risorse. Le grandi aziende e il mondo professionale sono responsabili, tanto quanto la politica, di promuovere strategie volte alla sostenibilità ecologica e storico-architettonica, e di dare il buon esempio. Chi ha molta influenza ha infatti anche molta responsabilità. Il gruppo di lavoro Tabula Rasa chiede un cambiamento fondamentale nel modo di gestire la sostanza architettonica. A tale scopo ha formulato cinque principi guida incentrati sulla dimensione storico-architettonica, la dimensione ecologica, il valore aggiunto sociale, l’adeguatezza urbanistica e la responsabilità ecologica e culturale, che andrebbero rispettati nell’attività edilizia. → La presa di posizione e maggiori informazioni sulla battaglia per salvare i

monumenti storici importanti del quartiere Roche a Basilea sono disponibili su www.listarossa.ch e www.heimatschutz-bs.ch. → Gruppo di lavoro Tabula Rasa: Barbara Buser, Basilea; Florin Gstöhl, Berna; Dorothee Huber, Basilea; Bernd Nicolai, Berna; Thomas Steigenberger, Berlino/Berna; Hans-Peter Thür, Basilea; Christof Wamister (presidente sezione basilese di Patrimonio svizzero), Basilea

IMPRESSUM I testi in italiano sono curati, adattati e a volte ridotti da Sándor Marazza, Multiversum, 6616 Losone 1/2021: 116mo anno Editore: Patrimonio svizzero (redazione: Peter Egli) Stampa: Stämpfli AG, 3001 Berna Grafica: Stillhart Konzept und Gestaltung, 8003 Zurigo Appare: a scadenza trimestrale Indirizzo: Redazione «Heimatschutz/Patrimoine» Villa Patumbah, Zollikerstrasse 128, 8008 Zurigo T. 044 254 57 00, redaktion@heimatschutz.ch ISSN 0017-9817

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