Hermes - Aprile 2013

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HERMES

_ il messaggero

Il giornale del Liceo Classico Machiavelli

LA REDAZIONE:

REGOLAMENTO:

Bianca Andriani de Vito IVA Lisa Bacherini IVB Virginia Bellanti IVB Matilde Cecchi IVB Chiara Cicchi IVC Costanza Cipriani IVA Cristiano Fanfani IIIB Elena Gimignani IVA Maruwa Hasheesh IVB Greta Martini IVB Leonardo Masi IVB Lisa Morbidelli IIIB Eleonora Roschi VA Ginevra Serra IVC

Chi volesse partecipare con un articolo o un disegno è caldamente invitato ad inviarli al nostro indirizzo di posta elettronica: il materiale verrà pubblicato solo se ritenuto pertinente, dal contenuto non offensivo o volgare e se rispetterà i limiti di spazio (3000 caratteri circa).

Aprile 2013 Anno I Numero III

Caporedattrici: Virginia Bellanti Matilde Cecchi Greta Martini

Inoltre, la redazione si riunisce ogni venerdì dalle 14.30 alle 16.00 nell' aula di arte (posta sul pianerottolo tra il primo e il secondo piano) ed è aperta a chiunque desiderasse assistere o dare un suo contributo.

CONTATTI: e il prof. Alessandro Meregalli

hermes.ilmessaggero.redazione@gmail.com

SITO DEL GIORNALE A COLORI:

Prossima uscita: Giugno 2013 Stampato: il: 16.04.2013

http://issuu.com/Hermes.Il.Messaggero

“La carta utilizzata per questo giornale è il riutilizzo di un avanzo di stamperia altrimenti destinato alla spazzatura”

alle ore: 18.30 In tiratura di 180 copie

In questo numero ...

... il Puzzle ... i Segreti - Parte 2 ... le Ricette Post-Pasqua ... e TANTO ALTRO!


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Editoriale

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Giochi & Altro

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IL puzzle

Alla ricerca del sole che non c’è La primavera è giunta e l’estate è alle porte, ma Hermes non si è fermato e nonostante la stanchezza dell’anno che avanza, torna da voi con intriganti novità

Di L e Greta Martini IVB

Di Greta Martini IVB totalmente soddisfatti, ma soprattutto soddisfacenti. Non dico altro e vi lascio nell’esplorazione di questo Mercurio che divora uova di Pasqua per cui la nostra Lisa M. si è gentilmente offerta di fare da disegnatrice, nella speranza che possiate stupirvi, informarvi e anche divertirvi con ciò che troverete all’interno.

Ecco qui l’antenato cartaceo di ruzzle, in una versione un po’ particolare: cercate tutte le parole in latino segnate nelle colonne e state attenti a non mancarne neanche una. Se le troverete tutte, leggerete un’interessante frase di Gellio…

In basso le soluzioni del cruciverba!

IL MACHIAVELLI PER MACHIAVELLI Di Ginevra Serra IVC Martedì 9 Aprile, nella Sala d’Elci alla Biblioteca Medicea Laurenziana, si è tenuta una conferenza dal nome alquanto particolare: il "Machiavelli per Machiavelli", in occasione del cinquecentenario della pubblicazione del Principe. Tutto è partito dalla professoressa Felici, la cui iniziativa è stata sostenuta dalla collaborazione dei professori Meregalli, Bonaccorsi e Perruccio. Così, pochi giorni fa, alcuni studenti e professori interessati hanno assistito alla lettura delle parti fondamentali di questa importantissima opera, fatta da alcuni ragazzi del gruppo teatrale che sono riusciti ad interpretare al meglio il messaggio dell'opera. Gli argomenti principalmente trattati durante la conferenza sono stati: l'importanza della figura del principe, identificato con Cesare Borgia, la necessità di attingere dal classico per supportare le idee moderne e infine qualche cenno all'attualità. Non avete avuto occasione di partecipare? Nessun problema: Valdo Spini, coinvolto nel progetto, si sta già adoperando per realizzare un'altra probabile conferenza nel mese di Maggio all'interno di Palazzo Vecchio. Se il linguaggio del Machiavelli vi sembrerà oscuro ed incomprensibile, non preoccupatevi: la lettura dei brani sarà accompagnata da dei commenti integrativi dei professori. La cultura non è solo studiare un libro di fronte alla scrivania, può essere anche assistere a lezioni e conferenze, dove tutto diventa più vivace ed interessante!

Dalla locandina dell’ evento

ADEO ALEA AMEN AMOR ATQUE AUDIO BELLUM CAESAR CATILINA CATO CICERO

DATUM DEUS DIXIT EADEM EVADO FAMILIA FERO FIO GALLIA GRAECI HABEO

HAEC HOMINES HOSTIUM ILLE IPSE ITAQUE IURIS LATUM LEGO LIBRA LOQUOR

ODOR LUMIS OPS LUNA OTIUM MAESTUS PARTIS MALO PATER MATER PETO MAXIME PIUS MERCURIUS POSTQUAM MIROR MOS MAIORUM PRINCEPS PRINCIPIUM NULLUM PUGNAE ODIA

QUIDNAM QUIS REGE RERUM SATIS SENEX SIGNO SIMUL SOS SUUS TANTUM

TRES TUUS USUS VOLUPTAS VOX

ORIZZONTALI 1. Dioniso; 4. Socrate; 6. Ilio; 9. Calliope; 11. Ninfe; 15. Orfeo; 16. Romolo; 18. Lete; 21. Omero; 22. Atena; 25. Furie; 28. Tebe; 33. Perseo; 34. Cerbero; 36. Teti; 38. Sileno; 40. Narciso; 41. Menelao; 44. Loto; 45. Era; 46. Edipo; 47. Ade. VERTICALI 2. Odisseo; 3. Eos; 5. Achille; 7. Olimpo; 8. Enea; 10. Efesto; 12. Io; 13. Erinni; 14. Eolo; 17. Oreste; 19. Zeus; 20. Dei; 23. Teseo; 24. Penteo; 26. Eros; 27. Eleusi; 29. Bacco; 30. Giocasta; 31. Peleo; 32. Argo; 35. Hermes; 37. Ione; 39. Ercole; 42. Elena; 43. Aiace

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arissimi machiavellini, è un piacere scrivervi di nuovo. E’ aprile, come tutti voi avrete giustamente notato, il sole (finge di essere) tornato a splendere sulle nostre teste e l’estate si avvicina sempre più velocemente, promettendo giornate di mare e dolce spensieratezza. Quanti di voi già sognano il riposo sotto i raggi lucenti? Ma anche aprile è un mese di riposo o, almeno, così dice il proverbio. Gli studenti di tre delle quattro quinte sono appena tornati dalla tradizionale gita in Grecia dell’ultimo anno, abbronzati e stanchi, ma sicuramente lieti e soddisfatti del viaggio svolto tra le rovine, le porte di Mykonos, musei e strabilianti paesi come Meteora che si trova nel nord della Nazione. E così, dopo aneddoti ed avventure, sono tornati in attesa del loro personale (primo) Giudizio Universale, che arriverà inesorabile gli ultimi giorni di giugno. Le quarte, invece, si preparano per il loro “progetto Siracusa”, per il quale alla fine di Maggio assisteranno a rappresentazioni teatrali che giungono direttamente dall’antica Grecia. Però per adesso siamo tutti ancora qui, in attesa dei “pagellini” di metà quadrimestre e pronti ad affrontare l’ultimo tratto di questo anno scolastico, che pur essendo volato via, sembra non finire mai. Ma su con la vita, Hermes è tornato! Con il suo terzo numero porta con sé nuove scoperte all’interno del nostro (s)conosciuto palazzo, giochi che seguono la scia delle nuove mode telematiche – scommetto che pochi di voi si ricordano quale sia l’antenato cartaceo di ruzzle – e tante notizie utili per chi, oltre alla normale routine scolastica si sta destreggiando per dare l’esame del First. Siccome siamo persone versatili e ci piace variare ogni tanto, oltre all’attività giornalistica ci siamo dedicati anche all’interior design: tende, spostamenti e pulizie di primavera hanno reso più ariosa e illuminata quella stanza che ufficialmente è di arte e ufficiosamente nostra. Non è stata solo la stanza, però, ad essere rinnovata; alla luce di marzo ci siamo resi conto di piccole ma innegabili imprecisioni nell’ultimo numero di febbraio e così, Matilde – quintessenza della precisione e dell’ordine maniacale – ha ideato un piano organizzativo dei compiti e delle date di scadenza che ci ha messi tutti a stecchetto, nella speranza di avere così più tempo per controllare e rivedere il lavoro, per voi e anche per noi stessi. Hermes è diventato un must del nostro indirizzo e il nostro più grande desiderio è che l’impegno e la passione che mettiamo per tirarlo su ogni due mesi possa notarsi senza pecche, così da poter essere

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Curiosità

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Attualità & Storia

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what’ s on?

La legalizzazione dell’ Amore

Cosa non vi aspettate dal mondo e dai suoi eccentrici abitanti

Omosessualità tra presente e passato, in attesa di un promettente futuro

Di Costanza Cipriani IVA Presto “goloso” sarà sinonimo di “generoso” Il desiderio di molte persone: cioccolato gratis. Beh, quando si dice che i sogni diventano realtà! Infatti all’Anthon Berg Generous Store di Copenhagen, per acquistare un quantitativo di cioccolato, hanno inventato una simpatica alternativa al banale denaro. Una volta scelta la confezione di proprio gradimento, basta recarsi alla cassa, dove al posto della carta di credito ti viene chiesto l’impegno di fare delle buone azioni. Tutto ciò che devi fare è solo sceglierne una dalla lista che ti viene presentata. Tra le più gettonate ci sono “aiutare un/a amico/a a pulire casa” o “aiutare tuo fratello nei compiti”, mentre quella che i clienti sembrano evitare di più è “non mentire a tuo padre per una settimana”. Il pagamento avviene tramite un iPad, con cui l’acquirente posta sul suo profilo Facebook la promessa che si impegna a mantenere e “tagga” il destinatario dell’amorevole favore. Un modo facile e veloce per assicurarsi che il cliente non si possa più tirare indietro. Lo slogan recita: “Non si può essere troppo generosi”. Che dire, per il cioccolato si può fare questo e altro!

Di L IVB probabilmente sarebbe anche andato a buon fine, se non fosse stato per un errore del postino: sbagliando destinazione, ha prolungato il viaggio del pacco di diverse ore, che invece sarebbe dovuto durare al massimo mezzora. Intanto l’ossigeno stava piano piano finendo e le pareti erano troppo spesse per essere forate. “Non volevo urlare e rovinare la sorpresa”, ha dichiarato successivamente il nostro protagonista. Immaginate il terrore della povera ragazza nel momento in cui ha aperto lo scatolone e ha visto il proprio amore ormai incosciente e apparentemente in gravi condizioni cardio-respiratorie. Fortunatamente i medici sono riusciti a salvarlo. Non ti preoccupare Hu Seng, per il prossimo anniversario un semplice mazzo di fiori andrà benissimo. Basta un click e il gioco è fatto! L’ultima novità in campo tecnologico è dovuta ad un inventore di Brooklyn, Matt Richardson, che ha brevettato la sua “Fotocamera descrittiva”. Si tratta apparentemente di una normalissima macchina fotografica, che in realtà ha un uso completamente diverso dal solito. Il congegno infatti, invece di immortalare il soggetto da voi scelto, ve ne fornisce una dettagliata descrizione. E’ curioso il suo funzionamento: non pensiate che esista una qualche potente intelligenza artificiale dietro a tutto questo. In realtà, una volta scattata la foto, il file viene semplicemente inviato a un centro computer che, per un paio di dollari, ne crea la descrizione. Dopo pochi minuti ecco a voi l’esposizione scritta dell’immagine catturata in precedenza. Ma sarà così utile, dopotutto? Ai posteri l’ardua sentenza.

Una confezione di cioccolatini e... il prezzo!

Il postino suona sempre due volte Forse sarebbe meglio che controllasse anche cos’è che trasporta. Si sarebbe così evitato lo spiacevole episodio avvenuto a Chongqing in Cina lo scorso 5 Febbraio. Un ragazzo, Hu Seng, aveva deciso di spedirsi dentro un pacco destinato alla fidanzata. Per aiutarlo, un amico, lo ha chiuso dentro allo scatolone poco prima che arrivasse il corriere. Un altro si sarebbe fatto trovare a casa della ragazza, pronto a riprenderlo con la telecamera appena fosse saltato fuori dalla scatola, con immensa sorpresa dell’amata. Il piano

“The Descriptive Camera”, di Matt Richardson

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embra proprio che in quest’ultimo periodo il mondo intero, soprattutto l’Europa e l’America, si stia dando da fare per aiutare le coppie omosessuali ad integrarsi con più facilità nella società e ad avere più diritti, come quello del matrimonio e dell’adozione. Negli Stati Uniti il presidente Obama ha presentato un documento alla Corte Suprema con cui sostiene che la Proposition 8 contro le nozze gay votata nel 2008 in California debba essere abolita: Obama è il primo Presidente d’America a parlare di diritti gay. E ciò accade proprio mentre in Gran Bretagna sta passando una nuova legge che oltre ad accettare la validità del matrimonio gay, permette anche alle coppie di sposarsi in chiesa. E dopo USA e UK perfino la Corte dei Diritti Umani si sta mobilitando per la causa. Solo adesso mezzo mondo si sta accorgendo di dover agire per cambiare la situazione riguardo l’omosessualità, ma non mancano certo lati negativi: atti di omofobia, persone che pensano di trovare cure mediche per fermare l’omosessualità o perfino Paesi, in Africa e Medio Oriente, dove l’unione omosessuale comporta la pena di morte. Non intendo fare critiche o proporre un’opinione ma solo, se avrete la pazienza di leggere queste pagine, farvi un piccolo riassunto sulla storia dell’omosessualità, perché possiate farvi un’idea sull’argomento. Devo ammetterlo, sono un po’ spaventata, dato che non è un argomento facile da trattare, anzi, è molto delicato e ricco di sfumature, e spesso troppo generalizzato. Per cominciare potremmo sicuramente fare un’analisi in modo molto appropriato dell’omosessualità nella Grecia Antica, che è spesso presa sottogamba. L’omosessualità fu perlopiù pederastia, cioè un rapporto tra un adulto amante (ἐραστής) e un giovane amato tra i dodici e i diciassette anni (ἐρώμενος) avente uno scopo prevalentemente educativo di far passare il giovane dall’età infantile a quella adulta. Infatti già in età arcaica le relazioni omosessuali avevano la funzione di riti di passaggio, nel quale il giovane trascorreva un periodo di segregazione in compagnia del suo educatore e

al tempo stesso amante. Inoltre vi erano numerosi miti in cui l’amore omosessuale era narrato in funzione pedagogica: il passaggio all’età adulta era rappresentato dal gesto estremo dell’amato (eroismo o addirittura la morte). Anche nei poemi omerici vi sono allusioni a questo tipo di amore ma senza alcun vero e proprio riferimento: dal discorso che Teti fa a suo figlio Achille dopo la morte di Patroclo si può capire che un uomo, giunto a una certa età, doveva metter fine ai suoi amori omosessuali e prender moglie. In età classica la pederastia non era né vietata dalla legge né socialmente riprovata, però vi erano alcune leggi che tutelavano i più giovani dagli amanti poco affidabili, che avrebbero reso il rapporto diseducativo e puramente sessuale, e altre che punivano violenze sessuali e prostituzione. Anche se la pederastia aveva una sua collocazione sociale, l’amore omosessuale tra due adulti portava invece alcuni problemi: colui che assumeva il ruolo passivo e si “faceva donna” veniva spesso ridicolizzato, soprattutto nella commedia, come si vede in Aristofane, che spesso prende di mira gli adulti che rivestono il ruolo di amati. Conservatore com’era, il commediografo criticava l’uso del IV secolo di avere relazioni sfrontate e dissolute di scopo puramente sessuale. In sintesi, il rapporto eterosessuale era finalizzato alla procreazione, quello omosessuale tra un adulto e un ragazzo poneva l’uomo solo come individuo sociale. Una volta raggiunta la maturità l’amato abbandonava il ruolo passivo per passare a quello attivo etero di marito e omo di amante, ed è per questo che adulti che assumevano il ruolo passivo erano oggetto di tanta satira. Per quel che riguarda l’omosessualità femminile si può dire che nacque e scomparve quasi del tutto nel VII-VI sec. a.c. nei tiasi, dove avveniva la formazione delle fanciulle prima del matrimonio, e la fonte che più ne tratta è la poetessa Saffo. Ella amava le sue allieve di un amore appassionato, un “amore vero” che però, nonostante si trovasse in un contesto iniziatico, era bilaterale: un rapporto paritario tra due persone che si erano scelte, nessuna delle quali aveva autorità sull’altra, a differenza


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Attualità & Storia

della pederastia maschile. Infatti sembra che questo amore potesse non avere un valore pedagogico, ma essere un calco dell’omosessualità maschile: è sì un rapporto elevato e colto, ma probabilmente nient’altro che amore. Superiamo il mare e andiamo a scoprire cosa accadeva invece a Roma. E’ un discorso completamente diverso, e a mio parere anche più… contorto. Per ciò che riguarda la pederastia, in principio a Roma vi erano perfino leggi che la proibivano: com’era possibile, per un romano, ragazzo o adulto che fosse, avere un ruolo passivo? Impossibile, cari lettori, per i romani o si ha un ruolo sessualmente attivo o non si è uomini. E allora quali erano le vittime dell’uomo romano, che doveva sfogare la sua esuberanza sessuale non soddisfatta dai rapporti con le donne? Prostituti e schiavi. Il codice del vir romano, fiero vincitore e amante, padrone e non servitore, era lo specchio dell’etica romana nei suoi primi secoli di vita. Con l’ellenizzazione però le cose cambiarono: l’amore efebico per i ragazzi iniziò ad “andare di moda” poiché il gioco del corteggiamento era più gratificante di quanto non lo fosse con le donne e il puer amato gratificava la virilità del suo corteggiatore. E col passare del tempo l’omosessualità passiva iniziò ad essere un vizio comune: i cinaedi, cioè coloro che abdicavano la loro “virilità” trovavano un alibi nell’esempio dei potenti, che, nonostante la loro passività, continuavano ad essere veri uomini che conquistavano il mondo (come Cesare, che era stato l’amante di Nicomede). Questi costumi non erano solo in contrasto con l’uso sociale pagano, ma soprattutto con l’appena nata etica cristiana che aveva introdotto il principio secondo il quale gli unici rapporti “naturali” sono quelli eterosessuali. Fu quando l’Impero Romano si convertì al cristianesimo che cominciò l’intolleranza. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente il problema dell’omosessualità fu perlopiù lasciato da parte fino all’arrivo di Carlo Magno: per tutto il Medioevo l’intolleranza si fece sempre più aspra e le punizioni sempre più severe. L’omosessualità, o meglio, la sodomia, era considerato un peccato peggiore dell’adulterio e dello stupro e presto, gli omosessuali, vennero condannati al rogo, al pari di streghe ed eretici. Infatti anche Dante li infila nel Settimo Cerchio del suo Inferno, insieme a bestemmiatori ed usurai, cioè ai violenti contro Dio, la Natura e l’Arte. Solo nel Rinascimento si iniziò a parlare di sottoculture di sodomiti che spesso pagavano giovani ragazzi per avere rapporti sessuali: questo portò solo ad un’incredibile frequenza di arresti di massa (la pena era pur sempre il rogo). Ma arriviamo ad un periodo interessante: con l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese la sodomia fu definita un “reato immaginario” e il Codice Napoleonico conservò questa decisione. Nei Paesi che però non seguivano questo codice l’amore omosessuale era ancora un reato ed è così che nasce un vero e proprio movimento

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di liberazione omosessuale. Alla fine dell’800 nacquero i primi gruppi organizzati, in particolare a Berlino, dove per ironia della sorte, con la nascita della dittatura nazista, qualche decennio dopo, gli omosessuali vennero deportati in massa nei campi di concentramento poiché venivano considerati sterili ed egoistici. Le persecuzioni ci furono anche in Italia con la dittatura fascista e in Unione Sovietica con quella comunista: sembra che dall’emancipazione dell’800 si sia ritornati nel Medioevo. E infatti nel dopoguerra nacquero dei movimenti omofili, che creavano vere e proprie associazioni e comunità a favore dell’emancipazione omosessuale. A metà degli anni ‘70, a New York, ci furono i moti di Stonewall: scontri violenti tra la comunità omosessuale e le forze dell’ordine che diedero vita ai Gay Pride Parade, manifestazioni che si tengono ancora in quasi tutto il mondo. Ma i governi e le forze dell’ordine erano ancora prevalentemente omofobe, e i gay chiedevano sempre di più, riconoscimenti civili e diritto all’adozione: il primo personaggio politico attivamente impegnato per il movimento e dichiaratamente gay fu Harvey Milk, a San Francisco, che lottò per impedire il passaggio di leggi omofobe e per favorire unioni civili omosessuali. Indovinate un po’, fu assassinato. Finalmente, dopo la crisi degli anni ’80 per la diffusione di AIDS, iniziarono importanti riforme: nel 1989 la Danimarca riconobbe le unioni civili omosessuali e molti Stati europei ed americani seguirono il suo esempio. Eppure, come si è ben visto, ancora oggi è incerto il destino civile delle coppie omosessuali: molti governi lottano per dar loro più diritti, altri ne sembrano indifferenti. In Italia la Harvey Milk (1930-1978) situazione è un po’ di questo genere e, nonostante il territorio italiano sia ricco di associazioni LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender), sembra che tutti al governo abbiano paura di trattare l’argomento. Per chi è interessato a questo tema consiglio di visitare il sito di IREOS (Comunità queer autogestita – www.ireos.org) che ha una sua sede anche a Firenze.

Scrittura creativa

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S.E.N.A.T.U.S. Ovvero: tra Cesare, Cicerone e Lucrezio, miglior letterato cercasi

Di Lisa Bacherini IVB LUCREZIO: Oh Marce Tulle Cicero, potresti essere così gentile da fermarti? Vedendoti così irrequieto, rischio di agitarmi anch’io. CICERONE: Ma tu sei epicureo: non puoi agitarti, altrimenti turberesti il tuo animo. LUCREZIO: Sei così fastidioso che renderesti ansioso lo stesso Epicuro, nonostante il fatto che si sia dissolto in atomi da un po’di tempo. CICERONE: Però io non appartengo a nessuna corrente filosofica, e posso permettermi di essere agitato. LUCREZIO: In ogni caso, siamo soltanto noi due, in gara? CICERONE: Assolutamente no. C’è anche Cesare, che sta tornando dalla Gallia: tra non molto dovrebbe essere qui. (Nella sala, ansimando trafelato, irrompe Cesare). CESARE: Hic sum! Hanno già annunciato il vincitore? LUCREZIO: No. Perché tanto ritardo? CESARE: Ho trovato traffico sulla Cisalpina. LUCREZIO: A causa dell’ennesima migrazione degli Elvezi, come sempre? CESARE: No: stavolta c’erano alcuni storici a decidere se il dado era stato tratto oppure no. CICERONE: Io mi domando se sia così difficile scegliere un vincitore! Iupiter!, dovrebbe essere evidente quale tra le nostre opere è la migliore! CESARE: Infatti: è chiaro che il vincitore sarò io. CICERONE: Davvero? E per quale motivo? CESARE: Perché io, a differenza di voi due, ho ben due opere, in gara. E di quale levatura, poi! In modo oggettivo e molto modesto, sono costretto a riconoscere che si tratta di testi esemplari. CICERONE: Sono perfettamente d’accordo: perfetti esempi di come non si dovrebbe scrivere. E non guardarmi così male, amice: usi poche subordinate, sei piano, sei scarno; hai mandato nell’Ade la mia cara concinnitas! LUCREZIO: Senza contare che sono opere assurde, fin dai titoli: chi mai vorrebbe leggere qualcosa che si intitola Come affrontare con pieno successo le crisi depressive dei pulcini adolescenti, o De bello gallico? CICERONE: Oppure Vieni vidi whisky: l’antica arte di mescere il vino! CESARE: È importante: il povero Polifemo non ne sapeva niente, e ricordate come fu trattato! LUCREZIO: In ogni caso, nessun’altra opera, né in prosa né in poesia, regge il confronto con il De Rerum Natura. CESARE: Che, naturalmente, non vincerà.

CICERONE: Infatti: con quell’immagine del miele della poesia, poi... Una gran caduta di stile. LUCREZIO: Il fatto è che, in quel periodo, ero a dieta e non potevo mangiarlo, ma ne avrei avuto una gran voglia. CICERONE: Potete dire quello che volete, ma il De re publica resta il migliore: sia perché il titolo è conciso, sia perché, mentre voi trattate di cose reali, io mi sono volto a concetti superiori. LUCREZIO: Ovvero, una gran massa di concetti astrusi: il princeps moderatore, la costituzione mista, la visione ascetica di Scipione Emiliano... CESARE: Concetti così noiosi da far venire un gran somnium. (Entra un Messaggero, che ha in mano un rotolo di pergamena). CICERONE: C’è l’araldo con il giudizio! Chi è il vincitore? MESSAGGERO: Ecco il responso: nessuno ne sa qualcosa, così da poterne dare chiara notizia. LUCREZIO: Cosa? MESSAGGERO: Ah, no, scusatemi, ho sbagliato pergamena: questa è una parte dell’Agamennone; mi capirete, nella letteratura ci sono così tanti messaggeri che, talvolta, si fa confusione... Ecco il foglio giusto: il vincitore del S.E.N.A.T.U.S., ovvero Scientia Extraordinarissimus Nostrum Auctorum Totorum Unicuique Sum, scelto da un consiglio presieduto da Gneo Pompeo, è Marco Tullio Cicerone, con il De re publica, o analisi psicologica dei motivi per cui oggi esaltiamo il passato e detestiamo il presente, mentre domani loderemo quel che ora disprezziamo. LUCREZIO: E pensare che era un titolo conciso... MESSAGGERO: Roma locuta est. Vale, homines. (Il Messaggero esce, e, con lui, si avviano anche Cicerone, Lucrezio e Cesare). CICERONE: L’avevo detto! L’avevo detto! LUCREZIO: Hai vinto solo perché c’era Pompeo. CESARE: Questi motivi politici... Sono così indignato che, quasi quasi, varco il Rubicone: così, la prossima volta, vedremo chi sarà il campione del S.E.N.A.T.U.S.


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Le ricette della Maria

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Attività scolastiche

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Con un poco di zucchero la pillola va giù!

Un curioso incontro tra studio, concentrazione e furbizia

Operazione riciclaggio uova di Pasqua

Alcune semplici regole per un ottima performance

Di Elena Gimignani IVA e Lisa Morbidelli IIIB Se il giorno di Pasqua siete riusciti a resistere stoicamente all’abbuffata di cioccolato, sotto la minaccia di un devastante mal di pancia da indigestione e di un’esplosione di brufoli, noi vi faremo cedere! Ciò che resta delle uova è su una mensola in cucina e vi tenta continuamente? Ecco due ricette golose per impiegare a buon fine il vostro cioccolato! Ma siamo sicure che anche tutti coloro che lo hanno già “spolverato” tutto, saranno felici di seguire le nostre indicazioni. CUPCAKES AL DOPPIO CIOCCOLATO CON GLASSA

Di Maruwa Hasheesh IVB e Chiara Cicchi IVC

Intanto dedicatevi alla glassa: fate riscaldare la panna col burro sul fornello. Quando sarà sul punto di bollire, spegnete la fiamma e aggiungete il cioccolato, mescolando fino a che non si sarà sciolto completamente. Mettete la pentola in frigo fino a che il composto non sarà freddo (circa 20-30 minuti); poi montatelo con le fruste elettriche fino a che non sarà soffice e adagiatelo, magari con una sacca da pasticcere, sui cupcakes: attenzione che questi si siano ben raffreddati altrimenti la crema di scioglierà! Potete infine decorare i vostri dolcetti con codette colorate, ciliegine o ciò che più vi piace e… buon appetito! TORTA DI RISO AL CIOCCOLATO Difficoltà: Tempo di preparazione: 1h e 30min circa + il tempo del raffreddamento Cosa serve: (per circa 8 persone) 1 l latte, 200gr zucchero, 1 cucchiaino di cannella, 4 chiodi di garofano, 250gr riso comune, 200gr cioccolato al latte, 4 uova

In una pentola dai bordi alti fate bollire il latte con lo zucchero, la cannella e i chiodi di garofano sbriciolati. Appena raggiunge il bollore, calate il riso e lasciatelo cuocere a fiamma bassa girandolo spesso con un mestolo di legno. Dopo 15 minuti spegnetelo, aggiungete il cioccolato grattugiato e fatelo raffreddare. In una terrina Difficoltà: Tempo di preparazione: 1h e 15min circa (incluso il sbattete con una frusta le uova, versate il riso ormai freddo ed amalgamatelo bene. Imburrate uno stampo da 24 cm, raffreddamento) inserite il composto e lasciatelo cuocere in forno Cosa serve: (per circa 16 cupcakes) 1 uovo, 150gr zucchero, 90gr burro, 250gr farina, 60gr cacao amaro in preriscaldato a 160° per 50 minuti. Lasciatela riposare polvere, un pizzico di sale, 3 cucchiaini di lievito in polvere, almeno 12 ore e … gustatevela! 250ml latte, 150gr cioccolato fondente; (per la glassa) 200ml panna fresca, 30gr burro, 200gr cioccolato fondente Mescolate le uova con lo zucchero e il burro fuso. Aggiungete la farina setacciata con il cacao, il sale e il lievito, alternandola al latte. Imburrate e infarinate gli stampini (o la teglia da muffin): in alternativa potete usare dei pirottini di carta; quindi riempiteli per non più di metà, metteteci un po’ dei pezzetti di cioccolato, poi un’altra cucchiaiata di composto fino a raggiungere i ¾ dello stampino e infine altre scaglie di cioccolato. Fateli cuocere in forno già caldo a 180° per 20 minuti.

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embrava irrimediabilmente lontana, ma la fine di Aprile sta arrivando anche quest'anno, e con lei gli esami di Cambridge attesi con ben poca trepidazione. Infatti nel mese di Febbraio, gli studenti interessati hanno avuto la possibilità di iscriversi agli esami PET, FCE e CAE, ed ai relativi corsi di preparazione che si sono tenuti all'interno della nostra scuola, dei quali si è occupata un'insegnate madrelingua. Superare l'esame sarà utile: permetterà infatti, se raggiunto un punteggio alto, di sostenerne uno in meno all'università, e apparirà nel curriculum, facilitando l'accesso al mondo del lavoro. Specialmente per coloro che sostengono questo tipo di esame per la prima volta, ma anche per quelli che si cimentano per la seconda, l'ansia c'è inevitabilmente. E se questa a volte spinge a dare il meglio, certamente può avere anche un'influenza negativa sulla prestazione. Vediamo allora di chiarire punto per punto come affrontare l'esame, rispondendo a dubbi e domande che, prima o poi, quasi tutti i candidati si saranno posti. Il primo consiglio che ci sentiamo di darvi è quello di imparare bene la struttura di ogni parte, sia essa Listening, Reading, Speaking o Use of English, per averne un'idea ben precisa, e soprattutto aiutatevi con prove online, precedenti sessioni in formato cartaceo o manuali di ripasso. Cominciamo dal Reading. Prima di iniziare a leggere i testi che vi vengono mostrati, è necessario scorrere velocemente le domande che vi indirizzeranno più precisamente verso i contenuti da focalizzare soprattutto se si tratta di testi molto lunghi. In altre, nelle quali dovrete inserire degli estratti all'interno di un articolo, la cosa più importante è dare una prima occhiata al testo e vedere se nelle parti da aggiungere sono presenti indicativi elementi grammaticali che siano utili connettivi (which, that, however ecc...). E' importante poi che impariate a memoria

come svolgere ogni tipo di composizione non solo dal punto di vista strutturale ma anche espressivo e lessicale, cioè ad esempio usate le cosiddette “fixed expressions”. Arrivati allo Use of English, è proprio qui che dovete dimostrare tutte le vostre conoscenze grammaticali: anche se non conoscete le parole e in che forma vadano inserite in un determinato contesto, riflettete se vi serve un nome, un aggettivo o un avverbio, e state sicuri che in un testo ci saranno quasi sempre almeno due espressioni negative e un avverbio. Finiti gli scritti arriva uno degli incubi peggiori di tutti i candidati: il Listening! Mantenete la calma e cercate di sfruttare quei pochi secondi che vi danno prima dell'inizio per scorrere le domande e le opzioni sottolineando se possibile le “key words” e mi raccomando, non cerchiate l'opzione subito appena sentite una parola che riscontrate nel testo poiché potrebbe non essere quella esatta! Un'altra parte importante è lo Speaking: molti si chiedono chi siano gli esaminatori, cosa si aspettano dai candidati e anche come affrontare un dialogo in coppia. Innanzi tutto gli esaminatori sono insegnanti del British Insitute of Florence che possiamo definire molto disponibili, cortesi e... per niente inquietanti! Per riuscire ad ottenere un punteggio alto è necessario concentrarsi sul fatto che non siete soli ma dovete coinvolgere anche il vostro compagno dato che non viene valutata, come molti pensano, solo la vostra esecuzione, bensì anche la capacità di interagire con gli altri. E' fondamentale poi, nel momento in cui vi verrà chiesto ad esempio di confrontare due immagini, non soffermarsi per tutto il tempo sulla loro descrizione ma dedicate ad essa solo i primi secondi. Non cercate poi espressioni forzate, ma siate naturali e allo stesso tempo usate un linguaggio vasto e anche articolato che dimostri “l'appartenenza” al vostro livello. Nel complesso dell'esame ricordatevi di non lasciare mai nessuno spazio vuoto, tirate a indovinare aiutandovi con la logica, e soprattutto, cosa che sicuramente non ne potete più di sentire: ricordatevi di ricopiare sempre tutte le vostre risposte nell' answer sheet sfruttando i minuti alla fine di ogni sezione. Speriamo che i nostri consigli possano esservi stati utili e... In bocca al lupo tutti!


De Rinuccini

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Aprile 2013

Botole e finestre, questi sono gli elementi archittetonici intorno ai quali aleggia il mistero

Quando l’immaginario collettivo travisa la realtà

Di Mr Punk IIIB

Di Matilde Cecchi IVB

C

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Lupo nero

I segreti : Parte 11 i eravamo lasciati con esaltanti promesse, adesso è l’ora delle risposte! Tanto per iniziare, dall’altra parte della porta perennemente chiusa nell’aula 303[1] non c’è nient’altro che un archivio: centinaia di compiti in classe catalogati per anni scolastici, un’intera stanza stipata di documenti. E le famose “salette” inaccessibili per motivi d’inagibilità? Forse sono proprio quelle le stanze più belle. Grazie al prof. Muzzi durante gli scorsi anni ho potuto apprezzare il contenuto della saletta confinante con le aule 306/305[2] e di quella tra l’aula 301 e la toilette maschile [3] . Nella prima si possono ammirare dei pannelli muniti di specchi, purtroppo rovinati dai precedenti inquilini (le studentesse dell’Istituto Lucrezia Tornabuoni), posti agli angoli della sala. L’ultima volta in cui questo ambiente è stato usato come salottino fu nel 1848 da Teresa Antinori, moglie di Pier Francesco, l’ultimo dei Rinuccini. E’ senz’altro una particolarità interessante (come mi ha fatto notare la prof. Felici) che le finestre della saletta permettessero alla moglie di tenere sott’occhio quelle del marito, nell’ala più occidentale (rispetto alla cartina) del palazzo. Lì era situato uno studiolo[3]: le pareti ospitavano una ricca biblioteca e sul soffitto un affresco rappresenta il percorso iniziatico di un massone. Penso di parlare nello specifico per gli studenti dell’aula 309, ma quanti si sono chiesti cosa ci fosse oltre quell’inquietante botola spalancata sul soffitto [4]? Ebbene, soltanto un polveroso contro-soffitto contenente una vastissima intercapedine di cavi e tubature. Non si può dire lo stesso della botola ben chiusa sul soffitto del corridoio più a nord

Natura

Aprile 2013

, oltre la quale lo spazio è abbastanza grande da essere quasi abitabile, al pari della classica vecchia soffitta infestata da spettri. Ed eccoci giunti all’argomento più scottante: se avete osservato bene la foto che vi propongo vi sarete accorti del groviglio di scale nei pressi della sala insegnanti [6] e di come queste portino ad un appartamento “fantasma”. Per quanto ne sappiamo potrebbe realmente ospitare degli spiriti in quanto la proprietà, le cui scale condominiali comunicano con l’accesso in via dei Serragli, risulta sfitta da vari mesi; le uniche stanze che si possono osservare dalla finestra di fronte all’aula 318 erano adibite a bagno [7]. Il prof. Riccardo Condemi, responsabile della sicurezza, mi ha informata che tali ambienti erano stati proposti dalla Provincia come locali da annettere alla scuola tramite l’anticamera che conduce al loft [8], ma il Comune aveva poi bocciato il progetto a causa dei soffitti troppo bassi e dei consistenti lavori di ristrutturazione che sarebbero stati necessari. Forse il “ripostiglio” non è la prima cosa che vi viene in mente se vi dico “RIP.”, ma in questo vano angusto [9] un tempo trovavano posto delle scalette di servizio. Con questa scoperta sveliamo ben due misteri poichè tali rampe costituivano un secondo accesso per il mezzanino! Eh già, quella porta a metà della parete nell’aula di arte, apparentemente destinata ai piccioni (o comunque a fruitori muniti di ali), era in realtà un comodo accesso “segreto”, non un banale sottoscala come tutti, compresa la sottoscritta, hanno sempre pensato. Questa scuola non smetterà mai di stupirvi, continuate a cercare tutte le stranezze che vi sono nascoste! [5]

S

e chiedete a un bambino piccolo che colore gli venga in mente pensando alla splendida pelliccia del lupo, questo probabilmente risponderebbe nero. Per quale motivo nell'immaginario comune il lupo è associato all'oscurità ed è considerato una creatura vorace e malvagia? In questo articolo cercherò di sfatarne il mito. L'idea del lupo nero colpisce prima di tutto i bambini, che lo identificano con il cattivo in alcune delle favole più conosciute al mondo, come Cappuccetto Rosso, Pierino e il Lupo o I Tre Porcellini. Si radica però anche nei giovani-adulti con Fernir, il mostruoso lupo nero della mitologia norreana, oppure con il lupo demoniaco Carcaroth nel Silmarillion dell'inglese J.R.R. Tolkien. Fin dagli albori della civiltà umana questo animale è stato considerato dalle popolazioni sedentarie una minaccia costante per il bestiame ed un superbo competitore nella caccia, mentre popolazioni nomadi che non si dedicavano all'allevamento ne avevano una gran considerazione perché simbolo di potenza, libertà e coraggio. Col trascorrere dei secoli gli venne data una caccia sempre più spietata, anche grazie all'introduzione delle armi da fuoco che portò all'estinzione

Lupo americano delle nevi

Lupi neri nel Parco di Yellowstone

di sottospecie in Giappone e Nord America, riducendo la presenza del lupo a zone lontane dalle attività umane. Nonostante questo, studi scientifici hanno dimostrato che la colorazione nera del pelame del lupo fosse dovuta all'ibridazione con cani domestici, grazie ad avvistamenti in zone densamente popolate come l'Appennino Tosco-Emiliano in Italia e la zona del parco di Yellowstone negli USA. Dato che il Canis Lupus presenta in natura un pelame che varia dal grigio al marrone chiaro, mentre il nero favorisce la popolazione americana del lupo, in quanto facilita la mimetizzazione e rende l'animale difficile da vedere al buio. Il lupo nero, come altri animali di tale colorazione, ha dunque subito le conseguenze dell'ignoranza popolare, che lo associavano (come abbiamo già visto) ad entità maligne. E' stato tacciato più volte di antropofagia nonostante siano rari i casi documentati di esseri umani cacciati a scopo alimentare. In questo periodo sono stati attuati provvedimenti per la salvaguardia e la tutela del lupo, le cui popolazioni stanno aumentando, anche grazie a campagne di sensibilizzazione atte a proteggere questo spettacolare animale tanto temuto quanto ammirato.


Poesia

Pagina 10

Aprile 2013

Musica

Aprile 2013

Poeti allo specchio

Fabrizio De Andrè

Morte e speranza, dalla Spagna all’America

Poesia e musica, sulle ali della nostalgia

Di Alessandro Meregalli

Di Greta Martini IVB

Di Alessandro Meregalli

EVOCAZIONE

SPERANZA

Terra secca, terra quieta di notti immense.

La speranza è quella creatura piumata che si posa sull’anima, e canta melodie prive di parole, senza fermarsi mai, assolutamente.

o appena finito di riascoltare, da un concerto del 1992, Giovanna d’Arco, una delle canzoni meno note di Fabrizio De André, una canzone che, confesso, non ricordavo e che mi ha colpito. A distanza di 14 anni dalla sua morte, senza poter dunque produrre piú canzoni nuove, a quel ritmo vertiginoso che il mercato discografico impone, ho capito che è ancora un autore capace di stupire. Solo ascoltando, o riascoltando, le sue canzoni, o cercando di carpire le sottili differenze tra una versione in studio e un’interpretazione in concerto, o tra concerti diversi, lascia ancora sensazioni profonde, non sempre decifrabili. La mia generazione è cresciuta con le canzoni di De André: le ha ascoltate, le ha cantate, forse le ha malintese, qualche volta le ha stravolte, ma in ogni modo ne ha fatto una parte dei mattoni con cui costruire la propria esistenza.

(Vento nell’oliveto, vento sulla sierra.) Terra vecchia della lucerna e della pena. Terra di cisterne profonde. Terra della morte senz’occhi e delle frecce.

E si ode piú soave nella bufera; e atroce la sola tempesta potrebbe sconcertare l’uccellino che così tanti ha consolato.

(Vento sui sentieri. Brezza tra i pioppi.)

L’ho ascoltato nella terra piú gelida, e sui mari piú strani, eppure, anche nell’estremo bisogno, non ha mai chiesto una briciola di me.

Federico García Lorca (Scelta e tradotta da Alessandro Meregalli)

Emily Dickinson (Scelta e tradotta da Greta Martini)

L’anima della Spagna, anzi dell’Andalusia, è nella voce di Federico García Lorca (1898~1936), poeta che morí fucilato dai soldati nazionalisti a Víznar, non lontano da Granada, allo scoppio della Guerra Civile Spagnola (1936~1939). Un crimine orrendo, come tanti altri perpetrati durante quella guerra, da una parte e dall’altra. Evocazione è tratta dalla raccolta Poema del Cante Jondo, pubblicata a Madrid nel 1931. La poesia di Lorca di solito evita le descrizioni dettagliate, preferendo uno stile evocativo che sconfina nel surrealismo. In questa composizione si colgono presenze inquietanti, segnalate dal vento, e chiari simboli funerei: la terra secca, quieta, vecchia; la lucerna, la pena, le cisterne, la morte senz’occhi, le frecce. Un destino di morte che egli già presentiva e che riempie gran parte della sua opera poetica.

Importantissima voce della poesia angloamericana è la particolare e misteriosa personalità di Emily Dickinson (Amherst, 10 dicembre 1830 ~ Amherst, 15 maggio 1886). Donna singolare e solitaria, cresciuta in una famiglia di rilievo per il sostegno fornito alle istituzioni scolastiche locali, ad un certo punto della sua vita decise di chiudersi nella sua stanza nella casa natale. Riteneva che la solitudine e il rapporto con se stessa fossero il mezzo perfetto per raggiungere la felicità e che la fantasia fosse l’unico strumento per ottenere ogni cosa. Affascinata dalla natura, nelle sue poesie alterna elaborate metafore piene di vitalità e tenebrose allegorie alla morte. In questa lirica la poetessa ha voluto paragonare la speranza a un uccellino, una creatura coperta di piume piccola e gracile all’apparenza, ma che nel contesto poetico si dice scossa solamente dalla piú violenta delle tempeste. La speranza è un essere che sopravvive nelle piú estreme condizioni ma nonostante la precarietà, la necessità, il bisogno, non chiede mai “una briciola” di chi la prova; come a dimostrare che la speranza nasce senza alimento, insita in ogni uomo a cui dà tutto ma da cui non pretende niente.

Pagina 7

H

Fabrizio De André era nato a Genova, ma i suoi genitori venivano dalla borghesia piemontese e, come conveniva alla buona borghesia d’una volta, in casa si parlava italiano, non dialetto, e si guardava con disapprovazione al fatto che i figli potessero impararlo. Dunque Fabrizio cominciò a parlare il dialetto frequentando le strade di Genova, i carruggi, la gente del porto, i personaggi di malaffare quando si allontanò da casa per dissapori con i genitori, soprattutto con il padre. Con loro si riconcilierà solo anni piú tardi, anzi sarà proprio il padre, sul letto di morte, a strappargli la promessa di smettere di bere, perché altrimenti sarebbe morto alcolizzato. Un gesto d’amore che solo un padre può fare e Fabrizio manterrà questa promessa fino all’ultimo dei suoi giorni.

A partire dagli anni Ottanta, De André inizierà una produzione in dialetto genovese, produzione che troverà i suoi vertici in due canzoni: Creuza de mä (Sentiero sul mare), dall’omonimo album, e ’A Çimma (La Cima, una ricetta della cucina ligure), cha fa parte della raccolta Le nuvole. Ma la cosa che sorprende è che la lingua in cui furono scritte queste canzoni non è il genovese contemporaneo, ma quello antico, tra Medioevo e Rinascimento, ricostruito con affettuoso rigore. Una lingua che ha ben poco in comune con l’italiano, a parte l’origine neolatina; una lingua ricca di termini di origine araba e che un tempo, all’epoca delle repubbliche marinare, era assai diffusa in tutto il Mediterraneo. Queste canzoni si inseriscono in una ricchissima tradizione culturale in dialetto parallela a quella in lingua italiana, e che ha prodotto nei secoli, ad esempio, i sonetti romaneschi di Giuseppe Gioacchino Belli, Cesare Pascarella, Alberto Trilussa; le poesie milanesi di Carlo Porta; le commedie in veneziano di Carlo Goldoni, alcune delle quali sono tra i suoi capolavori; le poesie e le canzoni napoletane di Salvatore Di Giacomo; i canti friulani di Arturo Zardini.

“C’è un dollaro d’argento nel fondo del Sand Creek”.


Pagina 8

Musica

Aprile 2013

Arte

Aprile 2013

Pagina 9

Depeche hurts

Arcimboldo

Due grandi ritorni a confronto per un genere che da tempo sembrava fin troppo sfiorito

Quando le carote diventano nasi

Di Leonardo Masi IVB

C

’era una volta il synth pop, coi suoi ritmi frenetici e i suoi suoni sintetizzati, quasi ossessivi, destinati a lasciare una notevole impronta nella storia della musica. Nato all’inizio degli anni ’80, decennio nel quale vide il suo apice, questo genere molto particolare ha in sé tre esponenti indiscussi, ovvero Martin Gore, Dave Gahan e Andy Fletcher, in arte Depeche Mode: loro sono il synth pop per eccellenza e sicuramente c’è un motivo se la critica li annovera tra i gruppi capaci di portare la cosiddetta musica elettronica a livelli di successo su scala planetaria. La loro fama si è protratta per oltre vent’anni, visto che sono ancora attivi dal 1984, e, sono da sempre in grado di portare qualcosa di nuovo nella loro musica con uno stile diverso in ogni album, con incursioni nel new wave e nella dance alternativa nell’ultimo periodo, e di riempire interi stadi in tutto il mondo (scusa, Gaga, ma loro facevano sold out in un batter d’occhio già prima che tu nascessi). Sono autori di successi come Enjoy The Silence, People Are People e Personal Jesus. Ora, dopo quasi quattro anni di assenza, dopo il non molto fortunato Sounds Of The Universe, sono tornati alla ribalta con un album con la A maiuscola: è Delta Machine, composto di 13 tracce dal sound graffiante e testi suggestivi. Perché ormai si sa che le parole sono un grande punto di forza dei DM: le loro canzoni riflettono sulla vita, sulla morte e sull’amore, evocano atmosfere sospese, alternano dei brani lenti e melodici ad altri più dance e commerciali, ma sempre con un sottofondo di cupa poesia musicale e verbale. Se sto sembrando troppo di parte vi informo che dall’11 marzo è disponibile nei negozi e su iTunes un altro album degno di nota, che per certi versi supera l’ultimo lavoro dei Depeche: è Exile degli Hurts, un duo di geni dell’elettronica che viene dritto da Manchester e che, sebbene si sia chiaramente ispirato al trio britannico nel suono e nei testi, ha acquisito uno stile notevolmente superiore a quello del primo disco, Happiness, pubblicato nel 2010, dal tono fin troppo triste e nostalgico per funzionare bene anche dal punto di vista commerciale. Ma se già dall’esordio si notavano melodie complesse, motivi orecchiabili e un suono retrò che appunto omaggia l’epoca d’oro del synth pop, con questo nuovo album, oscuro e coinvolgente dalla prima all’ultima traccia, Theo Hutchcraft, il cantante, e Adam Anderson, il compositore e l’arrangiatore di tutte le canzoni, si aggiudicano il riconoscimento di aver superato i maestri di cui prima ho parlato, soprattutto per quanto riguarda

Di Bianca Andriani De Vito IVA l’impatto che i brani hanno sugli ascoltatori: se in Delta Machine funzionano meglio i brani che non sono stati scelti come singoli (Heaven, il primo estratto dall’album, non si può definire molto orecchiabile), quelli più acidi, graffianti e disperati, in Exile i singoli e in generale tutto l’album è un capolavoro dal punto di vista dell’impatto. Tutti i 12 brani sono diretti, si fanno sentire con tutto il loro bagaglio di suoni pesanti e aggressivi, e alcuni dei testi più dark degli ultimi anni: uno su tutti, il primo singolo, The Road. Se in Happiness il brano di apertura, Silver Lining, riusciva a far emozionare con un connubio tra orchestra e sintetizzatori, descrivendo un semplice temporale, in questo brano da un intro cupa e sofferta esplode un suono quasi dubstep unito ad archi, cori da cattedrale gotica e tamburi tribali, da sembrare quasi la colonna sonora di un film dell’orrore. Il testo è la descrizione di un incidente stradale nel quale muore una ragazza: le parole toccano, descrivendo una sorta di ascesa al cielo nell’ombra di una strada notturna, dimenticata, con la morte come presenza costante durante tutto il brano, come dimostra la seconda strofa: «as you were born to leave this world alone, a stranger on an unfamiliar road». In questi nuovi Depeche Mode il massimo che si può sentire sono riferimenti al Paradiso, agli angeli e ai propri mondi interiori (ma non lo avevano già fatto nel 2005 in Playing The Angel?), ma sembrano aver perso quel tocco che fino a non molto tempo fa li distingueva, quella poesia nera che si faceva sentire coi loro pezzi. A parte ciò, credo che qualche altro singolo scelto tra i brani più efficaci potrebbe essere una buona scelta, anche per promuovere il loro imminente tour, con due tappe italiane il 18 e il 20 luglio, a Milano e a Roma. Inoltre i pezzi di Exile hanno quel non so che di rock sporco e contagiato dall’elettronica che dal vivo non deve suonare per niente male, visti i riscontri positivi che la loro esibizione del 25 marzo, sempre a Milano, ha suscitato. Non mi resta che consigliarvi di ascoltare questi ritorni nel synth pop, che secondo me non deluderanno nemmeno chi è poco appassionato del genere. E, sempre secondo quel che penso io, non farebbe male capire che, in un periodo in cui vanno per la maggiore canzoni su sesso, droga e abbordaggi in discoteca, senza nulla togliere agli artisti più commerciali, che stimo molto, qualcuno che guarda a qualcosa di più profondo c’è ancora!

S

tavo pensando a cosa poter inserire nella rubrica di arte per questo mese e mi è passato per la testa quell'eccentrico pittore che utilizza pesci, carote, cavoli o zucchine al posto degli occhi, del naso, delle braccia, creando insomma in qualche modo esseri vegetali o animali, ma sicuramente non umani. Sto parlando di Giuseppe Arcimboldo, un'artista milanese vissuto nel 500, che si differenzia da tutti gli altri pittori della sua epoca per la sua diversità di stile.

VIII, che lo aveva invitato alla corte di Vienna. Ogni stagione ha le sue piante: la primavera i fiori, l'estate le susine, le ciliegie e il grano, l'autunno l'uva e i funghi e l'inverno i nudi rami, quest'ultimo nel metaforico ciclo della vita della serie, rappresenta la vecchiaia. Ma la domanda a questo punto sorge spontanea: perchè? Cosa aveva in testa per sostituire il cibo alle parti umane? C'è da dire che lui fu un precursore del manierismo che si andava evolvendo, corrente essenzialmente anticlassicista contro la bellezza artificiosa e la simmetria. Ma l'ispirazione più grande venne da Leonardo da Vinci, il quale aveva realizzato caricature per meglio facilitare i suoi studi di fisionomia che mettevano in evidenza particolari esagerati dei volti umani disegnati; Arcimboldo ne ebbe una grande influenza e grazie alle sue opere venne definito “il disegnatore del grottesco e del divertente.” E così i suoi personaggi sono talvolta ridicolizzati e ludici, ma ciò non significa che da essi non traspaia un'inquietudine di fondo. Non si sa dove guardare, si incrociano gli occhi per i tantissimi particolari! Per chi volesse osservarli di persona anche quest'anno il Palazzo reale di Milano ospita una sua mostra fino al 22 maggio, che sarebbe davvero interessantissima da visitare. A parte tutto ditemi se questo cesto qui sotto non vi sembra esageratemente pieno... E poi non capisco il motivo di voler dipingere tante carote, cipolle e zucchine. Ma siamo proprio sicuri che sia soltanto un innocuo cesto? Provate a cambiare prospettiva.

“La Primavera”

Mi è apparsa in testa quella sua immagine allegorica del quadro “Primavera”. Dategli un' occhiata, qui sopra. Rappresenta una donna composta da circa ottanta piante diverse; ha le labbra e la pelle formate da petali di rosa, i suoi capelli sono costituiti da un bellissimo bouquet, indossa un abito verde creato con qualche bella lattuga e non so cos'altro. Dal mazzolino di fiori che ha sulla testa spicca un giglio e sul petto un iris, entrambe piante dal forte valore simbolico per il committente d'Asburgo. Mi sono soffermata sulla primavera perchè finalmente siamo arrivati ad aprile, ma quest'opera è soltanto una del ciclo delle quattro stagioni che l'Arcimboldo dipinse per Massimiliano

“L’ortolano”


Pagina 8

Musica

Aprile 2013

Arte

Aprile 2013

Pagina 9

Depeche hurts

Arcimboldo

Due grandi ritorni a confronto per un genere che da tempo sembrava fin troppo sfiorito

Quando le carote diventano nasi

Di Leonardo Masi IVB

C

’era una volta il synth pop, coi suoi ritmi frenetici e i suoi suoni sintetizzati, quasi ossessivi, destinati a lasciare una notevole impronta nella storia della musica. Nato all’inizio degli anni ’80, decennio nel quale vide il suo apice, questo genere molto particolare ha in sé tre esponenti indiscussi, ovvero Martin Gore, Dave Gahan e Andy Fletcher, in arte Depeche Mode: loro sono il synth pop per eccellenza e sicuramente c’è un motivo se la critica li annovera tra i gruppi capaci di portare la cosiddetta musica elettronica a livelli di successo su scala planetaria. La loro fama si è protratta per oltre vent’anni, visto che sono ancora attivi dal 1984, e, sono da sempre in grado di portare qualcosa di nuovo nella loro musica con uno stile diverso in ogni album, con incursioni nel new wave e nella dance alternativa nell’ultimo periodo, e di riempire interi stadi in tutto il mondo (scusa, Gaga, ma loro facevano sold out in un batter d’occhio già prima che tu nascessi). Sono autori di successi come Enjoy The Silence, People Are People e Personal Jesus. Ora, dopo quasi quattro anni di assenza, dopo il non molto fortunato Sounds Of The Universe, sono tornati alla ribalta con un album con la A maiuscola: è Delta Machine, composto di 13 tracce dal sound graffiante e testi suggestivi. Perché ormai si sa che le parole sono un grande punto di forza dei DM: le loro canzoni riflettono sulla vita, sulla morte e sull’amore, evocano atmosfere sospese, alternano dei brani lenti e melodici ad altri più dance e commerciali, ma sempre con un sottofondo di cupa poesia musicale e verbale. Se sto sembrando troppo di parte vi informo che dall’11 marzo è disponibile nei negozi e su iTunes un altro album degno di nota, che per certi versi supera l’ultimo lavoro dei Depeche: è Exile degli Hurts, un duo di geni dell’elettronica che viene dritto da Manchester e che, sebbene si sia chiaramente ispirato al trio britannico nel suono e nei testi, ha acquisito uno stile notevolmente superiore a quello del primo disco, Happiness, pubblicato nel 2010, dal tono fin troppo triste e nostalgico per funzionare bene anche dal punto di vista commerciale. Ma se già dall’esordio si notavano melodie complesse, motivi orecchiabili e un suono retrò che appunto omaggia l’epoca d’oro del synth pop, con questo nuovo album, oscuro e coinvolgente dalla prima all’ultima traccia, Theo Hutchcraft, il cantante, e Adam Anderson, il compositore e l’arrangiatore di tutte le canzoni, si aggiudicano il riconoscimento di aver superato i maestri di cui prima ho parlato, soprattutto per quanto riguarda

Di Bianca Andriani De Vito IVA l’impatto che i brani hanno sugli ascoltatori: se in Delta Machine funzionano meglio i brani che non sono stati scelti come singoli (Heaven, il primo estratto dall’album, non si può definire molto orecchiabile), quelli più acidi, graffianti e disperati, in Exile i singoli e in generale tutto l’album è un capolavoro dal punto di vista dell’impatto. Tutti i 12 brani sono diretti, si fanno sentire con tutto il loro bagaglio di suoni pesanti e aggressivi, e alcuni dei testi più dark degli ultimi anni: uno su tutti, il primo singolo, The Road. Se in Happiness il brano di apertura, Silver Lining, riusciva a far emozionare con un connubio tra orchestra e sintetizzatori, descrivendo un semplice temporale, in questo brano da un intro cupa e sofferta esplode un suono quasi dubstep unito ad archi, cori da cattedrale gotica e tamburi tribali, da sembrare quasi la colonna sonora di un film dell’orrore. Il testo è la descrizione di un incidente stradale nel quale muore una ragazza: le parole toccano, descrivendo una sorta di ascesa al cielo nell’ombra di una strada notturna, dimenticata, con la morte come presenza costante durante tutto il brano, come dimostra la seconda strofa: «as you were born to leave this world alone, a stranger on an unfamiliar road». In questi nuovi Depeche Mode il massimo che si può sentire sono riferimenti al Paradiso, agli angeli e ai propri mondi interiori (ma non lo avevano già fatto nel 2005 in Playing The Angel?), ma sembrano aver perso quel tocco che fino a non molto tempo fa li distingueva, quella poesia nera che si faceva sentire coi loro pezzi. A parte ciò, credo che qualche altro singolo scelto tra i brani più efficaci potrebbe essere una buona scelta, anche per promuovere il loro imminente tour, con due tappe italiane il 18 e il 20 luglio, a Milano e a Roma. Inoltre i pezzi di Exile hanno quel non so che di rock sporco e contagiato dall’elettronica che dal vivo non deve suonare per niente male, visti i riscontri positivi che la loro esibizione del 25 marzo, sempre a Milano, ha suscitato. Non mi resta che consigliarvi di ascoltare questi ritorni nel synth pop, che secondo me non deluderanno nemmeno chi è poco appassionato del genere. E, sempre secondo quel che penso io, non farebbe male capire che, in un periodo in cui vanno per la maggiore canzoni su sesso, droga e abbordaggi in discoteca, senza nulla togliere agli artisti più commerciali, che stimo molto, qualcuno che guarda a qualcosa di più profondo c’è ancora!

S

tavo pensando a cosa poter inserire nella rubrica di arte per questo mese e mi è passato per la testa quell'eccentrico pittore che utilizza pesci, carote, cavoli o zucchine al posto degli occhi, del naso, delle braccia, creando insomma in qualche modo esseri vegetali o animali, ma sicuramente non umani. Sto parlando di Giuseppe Arcimboldo, un'artista milanese vissuto nel 500, che si differenzia da tutti gli altri pittori della sua epoca per la sua diversità di stile.

VIII, che lo aveva invitato alla corte di Vienna. Ogni stagione ha le sue piante: la primavera i fiori, l'estate le susine, le ciliegie e il grano, l'autunno l'uva e i funghi e l'inverno i nudi rami, quest'ultimo nel metaforico ciclo della vita della serie, rappresenta la vecchiaia. Ma la domanda a questo punto sorge spontanea: perchè? Cosa aveva in testa per sostituire il cibo alle parti umane? C'è da dire che lui fu un precursore del manierismo che si andava evolvendo, corrente essenzialmente anticlassicista contro la bellezza artificiosa e la simmetria. Ma l'ispirazione più grande venne da Leonardo da Vinci, il quale aveva realizzato caricature per meglio facilitare i suoi studi di fisionomia che mettevano in evidenza particolari esagerati dei volti umani disegnati; Arcimboldo ne ebbe una grande influenza e grazie alle sue opere venne definito “il disegnatore del grottesco e del divertente.” E così i suoi personaggi sono talvolta ridicolizzati e ludici, ma ciò non significa che da essi non traspaia un'inquietudine di fondo. Non si sa dove guardare, si incrociano gli occhi per i tantissimi particolari! Per chi volesse osservarli di persona anche quest'anno il Palazzo reale di Milano ospita una sua mostra fino al 22 maggio, che sarebbe davvero interessantissima da visitare. A parte tutto ditemi se questo cesto qui sotto non vi sembra esageratemente pieno... E poi non capisco il motivo di voler dipingere tante carote, cipolle e zucchine. Ma siamo proprio sicuri che sia soltanto un innocuo cesto? Provate a cambiare prospettiva.

“La Primavera”

Mi è apparsa in testa quella sua immagine allegorica del quadro “Primavera”. Dategli un' occhiata, qui sopra. Rappresenta una donna composta da circa ottanta piante diverse; ha le labbra e la pelle formate da petali di rosa, i suoi capelli sono costituiti da un bellissimo bouquet, indossa un abito verde creato con qualche bella lattuga e non so cos'altro. Dal mazzolino di fiori che ha sulla testa spicca un giglio e sul petto un iris, entrambe piante dal forte valore simbolico per il committente d'Asburgo. Mi sono soffermata sulla primavera perchè finalmente siamo arrivati ad aprile, ma quest'opera è soltanto una del ciclo delle quattro stagioni che l'Arcimboldo dipinse per Massimiliano

“L’ortolano”


Poesia

Pagina 10

Aprile 2013

Musica

Aprile 2013

Poeti allo specchio

Fabrizio De Andrè

Morte e speranza, dalla Spagna all’America

Poesia e musica, sulle ali della nostalgia

Di Alessandro Meregalli

Di Greta Martini IVB

Di Alessandro Meregalli

EVOCAZIONE

SPERANZA

Terra secca, terra quieta di notti immense.

La speranza è quella creatura piumata che si posa sull’anima, e canta melodie prive di parole, senza fermarsi mai, assolutamente.

o appena finito di riascoltare, da un concerto del 1992, Giovanna d’Arco, una delle canzoni meno note di Fabrizio De André, una canzone che, confesso, non ricordavo e che mi ha colpito. A distanza di 14 anni dalla sua morte, senza poter dunque produrre piú canzoni nuove, a quel ritmo vertiginoso che il mercato discografico impone, ho capito che è ancora un autore capace di stupire. Solo ascoltando, o riascoltando, le sue canzoni, o cercando di carpire le sottili differenze tra una versione in studio e un’interpretazione in concerto, o tra concerti diversi, lascia ancora sensazioni profonde, non sempre decifrabili. La mia generazione è cresciuta con le canzoni di De André: le ha ascoltate, le ha cantate, forse le ha malintese, qualche volta le ha stravolte, ma in ogni modo ne ha fatto una parte dei mattoni con cui costruire la propria esistenza.

(Vento nell’oliveto, vento sulla sierra.) Terra vecchia della lucerna e della pena. Terra di cisterne profonde. Terra della morte senz’occhi e delle frecce.

E si ode piú soave nella bufera; e atroce la sola tempesta potrebbe sconcertare l’uccellino che così tanti ha consolato.

(Vento sui sentieri. Brezza tra i pioppi.)

L’ho ascoltato nella terra piú gelida, e sui mari piú strani, eppure, anche nell’estremo bisogno, non ha mai chiesto una briciola di me.

Federico García Lorca (Scelta e tradotta da Alessandro Meregalli)

Emily Dickinson (Scelta e tradotta da Greta Martini)

L’anima della Spagna, anzi dell’Andalusia, è nella voce di Federico García Lorca (1898~1936), poeta che morí fucilato dai soldati nazionalisti a Víznar, non lontano da Granada, allo scoppio della Guerra Civile Spagnola (1936~1939). Un crimine orrendo, come tanti altri perpetrati durante quella guerra, da una parte e dall’altra. Evocazione è tratta dalla raccolta Poema del Cante Jondo, pubblicata a Madrid nel 1931. La poesia di Lorca di solito evita le descrizioni dettagliate, preferendo uno stile evocativo che sconfina nel surrealismo. In questa composizione si colgono presenze inquietanti, segnalate dal vento, e chiari simboli funerei: la terra secca, quieta, vecchia; la lucerna, la pena, le cisterne, la morte senz’occhi, le frecce. Un destino di morte che egli già presentiva e che riempie gran parte della sua opera poetica.

Importantissima voce della poesia angloamericana è la particolare e misteriosa personalità di Emily Dickinson (Amherst, 10 dicembre 1830 ~ Amherst, 15 maggio 1886). Donna singolare e solitaria, cresciuta in una famiglia di rilievo per il sostegno fornito alle istituzioni scolastiche locali, ad un certo punto della sua vita decise di chiudersi nella sua stanza nella casa natale. Riteneva che la solitudine e il rapporto con se stessa fossero il mezzo perfetto per raggiungere la felicità e che la fantasia fosse l’unico strumento per ottenere ogni cosa. Affascinata dalla natura, nelle sue poesie alterna elaborate metafore piene di vitalità e tenebrose allegorie alla morte. In questa lirica la poetessa ha voluto paragonare la speranza a un uccellino, una creatura coperta di piume piccola e gracile all’apparenza, ma che nel contesto poetico si dice scossa solamente dalla piú violenta delle tempeste. La speranza è un essere che sopravvive nelle piú estreme condizioni ma nonostante la precarietà, la necessità, il bisogno, non chiede mai “una briciola” di chi la prova; come a dimostrare che la speranza nasce senza alimento, insita in ogni uomo a cui dà tutto ma da cui non pretende niente.

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Fabrizio De André era nato a Genova, ma i suoi genitori venivano dalla borghesia piemontese e, come conveniva alla buona borghesia d’una volta, in casa si parlava italiano, non dialetto, e si guardava con disapprovazione al fatto che i figli potessero impararlo. Dunque Fabrizio cominciò a parlare il dialetto frequentando le strade di Genova, i carruggi, la gente del porto, i personaggi di malaffare quando si allontanò da casa per dissapori con i genitori, soprattutto con il padre. Con loro si riconcilierà solo anni piú tardi, anzi sarà proprio il padre, sul letto di morte, a strappargli la promessa di smettere di bere, perché altrimenti sarebbe morto alcolizzato. Un gesto d’amore che solo un padre può fare e Fabrizio manterrà questa promessa fino all’ultimo dei suoi giorni.

A partire dagli anni Ottanta, De André inizierà una produzione in dialetto genovese, produzione che troverà i suoi vertici in due canzoni: Creuza de mä (Sentiero sul mare), dall’omonimo album, e ’A Çimma (La Cima, una ricetta della cucina ligure), cha fa parte della raccolta Le nuvole. Ma la cosa che sorprende è che la lingua in cui furono scritte queste canzoni non è il genovese contemporaneo, ma quello antico, tra Medioevo e Rinascimento, ricostruito con affettuoso rigore. Una lingua che ha ben poco in comune con l’italiano, a parte l’origine neolatina; una lingua ricca di termini di origine araba e che un tempo, all’epoca delle repubbliche marinare, era assai diffusa in tutto il Mediterraneo. Queste canzoni si inseriscono in una ricchissima tradizione culturale in dialetto parallela a quella in lingua italiana, e che ha prodotto nei secoli, ad esempio, i sonetti romaneschi di Giuseppe Gioacchino Belli, Cesare Pascarella, Alberto Trilussa; le poesie milanesi di Carlo Porta; le commedie in veneziano di Carlo Goldoni, alcune delle quali sono tra i suoi capolavori; le poesie e le canzoni napoletane di Salvatore Di Giacomo; i canti friulani di Arturo Zardini.

“C’è un dollaro d’argento nel fondo del Sand Creek”.


De Rinuccini

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Botole e finestre, questi sono gli elementi archittetonici intorno ai quali aleggia il mistero

Quando l’immaginario collettivo travisa la realtà

Di Mr Punk IIIB

Di Matilde Cecchi IVB

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Lupo nero

I segreti : Parte 11 i eravamo lasciati con esaltanti promesse, adesso è l’ora delle risposte! Tanto per iniziare, dall’altra parte della porta perennemente chiusa nell’aula 303[1] non c’è nient’altro che un archivio: centinaia di compiti in classe catalogati per anni scolastici, un’intera stanza stipata di documenti. E le famose “salette” inaccessibili per motivi d’inagibilità? Forse sono proprio quelle le stanze più belle. Grazie al prof. Muzzi durante gli scorsi anni ho potuto apprezzare il contenuto della saletta confinante con le aule 306/305[2] e di quella tra l’aula 301 e la toilette maschile [3] . Nella prima si possono ammirare dei pannelli muniti di specchi, purtroppo rovinati dai precedenti inquilini (le studentesse dell’Istituto Lucrezia Tornabuoni), posti agli angoli della sala. L’ultima volta in cui questo ambiente è stato usato come salottino fu nel 1848 da Teresa Antinori, moglie di Pier Francesco, l’ultimo dei Rinuccini. E’ senz’altro una particolarità interessante (come mi ha fatto notare la prof. Felici) che le finestre della saletta permettessero alla moglie di tenere sott’occhio quelle del marito, nell’ala più occidentale (rispetto alla cartina) del palazzo. Lì era situato uno studiolo[3]: le pareti ospitavano una ricca biblioteca e sul soffitto un affresco rappresenta il percorso iniziatico di un massone. Penso di parlare nello specifico per gli studenti dell’aula 309, ma quanti si sono chiesti cosa ci fosse oltre quell’inquietante botola spalancata sul soffitto [4]? Ebbene, soltanto un polveroso contro-soffitto contenente una vastissima intercapedine di cavi e tubature. Non si può dire lo stesso della botola ben chiusa sul soffitto del corridoio più a nord

Natura

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, oltre la quale lo spazio è abbastanza grande da essere quasi abitabile, al pari della classica vecchia soffitta infestata da spettri. Ed eccoci giunti all’argomento più scottante: se avete osservato bene la foto che vi propongo vi sarete accorti del groviglio di scale nei pressi della sala insegnanti [6] e di come queste portino ad un appartamento “fantasma”. Per quanto ne sappiamo potrebbe realmente ospitare degli spiriti in quanto la proprietà, le cui scale condominiali comunicano con l’accesso in via dei Serragli, risulta sfitta da vari mesi; le uniche stanze che si possono osservare dalla finestra di fronte all’aula 318 erano adibite a bagno [7]. Il prof. Riccardo Condemi, responsabile della sicurezza, mi ha informata che tali ambienti erano stati proposti dalla Provincia come locali da annettere alla scuola tramite l’anticamera che conduce al loft [8], ma il Comune aveva poi bocciato il progetto a causa dei soffitti troppo bassi e dei consistenti lavori di ristrutturazione che sarebbero stati necessari. Forse il “ripostiglio” non è la prima cosa che vi viene in mente se vi dico “RIP.”, ma in questo vano angusto [9] un tempo trovavano posto delle scalette di servizio. Con questa scoperta sveliamo ben due misteri poichè tali rampe costituivano un secondo accesso per il mezzanino! Eh già, quella porta a metà della parete nell’aula di arte, apparentemente destinata ai piccioni (o comunque a fruitori muniti di ali), era in realtà un comodo accesso “segreto”, non un banale sottoscala come tutti, compresa la sottoscritta, hanno sempre pensato. Questa scuola non smetterà mai di stupirvi, continuate a cercare tutte le stranezze che vi sono nascoste! [5]

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e chiedete a un bambino piccolo che colore gli venga in mente pensando alla splendida pelliccia del lupo, questo probabilmente risponderebbe nero. Per quale motivo nell'immaginario comune il lupo è associato all'oscurità ed è considerato una creatura vorace e malvagia? In questo articolo cercherò di sfatarne il mito. L'idea del lupo nero colpisce prima di tutto i bambini, che lo identificano con il cattivo in alcune delle favole più conosciute al mondo, come Cappuccetto Rosso, Pierino e il Lupo o I Tre Porcellini. Si radica però anche nei giovani-adulti con Fernir, il mostruoso lupo nero della mitologia norreana, oppure con il lupo demoniaco Carcaroth nel Silmarillion dell'inglese J.R.R. Tolkien. Fin dagli albori della civiltà umana questo animale è stato considerato dalle popolazioni sedentarie una minaccia costante per il bestiame ed un superbo competitore nella caccia, mentre popolazioni nomadi che non si dedicavano all'allevamento ne avevano una gran considerazione perché simbolo di potenza, libertà e coraggio. Col trascorrere dei secoli gli venne data una caccia sempre più spietata, anche grazie all'introduzione delle armi da fuoco che portò all'estinzione

Lupo americano delle nevi

Lupi neri nel Parco di Yellowstone

di sottospecie in Giappone e Nord America, riducendo la presenza del lupo a zone lontane dalle attività umane. Nonostante questo, studi scientifici hanno dimostrato che la colorazione nera del pelame del lupo fosse dovuta all'ibridazione con cani domestici, grazie ad avvistamenti in zone densamente popolate come l'Appennino Tosco-Emiliano in Italia e la zona del parco di Yellowstone negli USA. Dato che il Canis Lupus presenta in natura un pelame che varia dal grigio al marrone chiaro, mentre il nero favorisce la popolazione americana del lupo, in quanto facilita la mimetizzazione e rende l'animale difficile da vedere al buio. Il lupo nero, come altri animali di tale colorazione, ha dunque subito le conseguenze dell'ignoranza popolare, che lo associavano (come abbiamo già visto) ad entità maligne. E' stato tacciato più volte di antropofagia nonostante siano rari i casi documentati di esseri umani cacciati a scopo alimentare. In questo periodo sono stati attuati provvedimenti per la salvaguardia e la tutela del lupo, le cui popolazioni stanno aumentando, anche grazie a campagne di sensibilizzazione atte a proteggere questo spettacolare animale tanto temuto quanto ammirato.


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Le ricette della Maria

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Attività scolastiche

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Con un poco di zucchero la pillola va giù!

Un curioso incontro tra studio, concentrazione e furbizia

Operazione riciclaggio uova di Pasqua

Alcune semplici regole per un ottima performance

Di Elena Gimignani IVA e Lisa Morbidelli IIIB Se il giorno di Pasqua siete riusciti a resistere stoicamente all’abbuffata di cioccolato, sotto la minaccia di un devastante mal di pancia da indigestione e di un’esplosione di brufoli, noi vi faremo cedere! Ciò che resta delle uova è su una mensola in cucina e vi tenta continuamente? Ecco due ricette golose per impiegare a buon fine il vostro cioccolato! Ma siamo sicure che anche tutti coloro che lo hanno già “spolverato” tutto, saranno felici di seguire le nostre indicazioni. CUPCAKES AL DOPPIO CIOCCOLATO CON GLASSA

Di Maruwa Hasheesh IVB e Chiara Cicchi IVC

Intanto dedicatevi alla glassa: fate riscaldare la panna col burro sul fornello. Quando sarà sul punto di bollire, spegnete la fiamma e aggiungete il cioccolato, mescolando fino a che non si sarà sciolto completamente. Mettete la pentola in frigo fino a che il composto non sarà freddo (circa 20-30 minuti); poi montatelo con le fruste elettriche fino a che non sarà soffice e adagiatelo, magari con una sacca da pasticcere, sui cupcakes: attenzione che questi si siano ben raffreddati altrimenti la crema di scioglierà! Potete infine decorare i vostri dolcetti con codette colorate, ciliegine o ciò che più vi piace e… buon appetito! TORTA DI RISO AL CIOCCOLATO Difficoltà: Tempo di preparazione: 1h e 30min circa + il tempo del raffreddamento Cosa serve: (per circa 8 persone) 1 l latte, 200gr zucchero, 1 cucchiaino di cannella, 4 chiodi di garofano, 250gr riso comune, 200gr cioccolato al latte, 4 uova

In una pentola dai bordi alti fate bollire il latte con lo zucchero, la cannella e i chiodi di garofano sbriciolati. Appena raggiunge il bollore, calate il riso e lasciatelo cuocere a fiamma bassa girandolo spesso con un mestolo di legno. Dopo 15 minuti spegnetelo, aggiungete il cioccolato grattugiato e fatelo raffreddare. In una terrina Difficoltà: Tempo di preparazione: 1h e 15min circa (incluso il sbattete con una frusta le uova, versate il riso ormai freddo ed amalgamatelo bene. Imburrate uno stampo da 24 cm, raffreddamento) inserite il composto e lasciatelo cuocere in forno Cosa serve: (per circa 16 cupcakes) 1 uovo, 150gr zucchero, 90gr burro, 250gr farina, 60gr cacao amaro in preriscaldato a 160° per 50 minuti. Lasciatela riposare polvere, un pizzico di sale, 3 cucchiaini di lievito in polvere, almeno 12 ore e … gustatevela! 250ml latte, 150gr cioccolato fondente; (per la glassa) 200ml panna fresca, 30gr burro, 200gr cioccolato fondente Mescolate le uova con lo zucchero e il burro fuso. Aggiungete la farina setacciata con il cacao, il sale e il lievito, alternandola al latte. Imburrate e infarinate gli stampini (o la teglia da muffin): in alternativa potete usare dei pirottini di carta; quindi riempiteli per non più di metà, metteteci un po’ dei pezzetti di cioccolato, poi un’altra cucchiaiata di composto fino a raggiungere i ¾ dello stampino e infine altre scaglie di cioccolato. Fateli cuocere in forno già caldo a 180° per 20 minuti.

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embrava irrimediabilmente lontana, ma la fine di Aprile sta arrivando anche quest'anno, e con lei gli esami di Cambridge attesi con ben poca trepidazione. Infatti nel mese di Febbraio, gli studenti interessati hanno avuto la possibilità di iscriversi agli esami PET, FCE e CAE, ed ai relativi corsi di preparazione che si sono tenuti all'interno della nostra scuola, dei quali si è occupata un'insegnate madrelingua. Superare l'esame sarà utile: permetterà infatti, se raggiunto un punteggio alto, di sostenerne uno in meno all'università, e apparirà nel curriculum, facilitando l'accesso al mondo del lavoro. Specialmente per coloro che sostengono questo tipo di esame per la prima volta, ma anche per quelli che si cimentano per la seconda, l'ansia c'è inevitabilmente. E se questa a volte spinge a dare il meglio, certamente può avere anche un'influenza negativa sulla prestazione. Vediamo allora di chiarire punto per punto come affrontare l'esame, rispondendo a dubbi e domande che, prima o poi, quasi tutti i candidati si saranno posti. Il primo consiglio che ci sentiamo di darvi è quello di imparare bene la struttura di ogni parte, sia essa Listening, Reading, Speaking o Use of English, per averne un'idea ben precisa, e soprattutto aiutatevi con prove online, precedenti sessioni in formato cartaceo o manuali di ripasso. Cominciamo dal Reading. Prima di iniziare a leggere i testi che vi vengono mostrati, è necessario scorrere velocemente le domande che vi indirizzeranno più precisamente verso i contenuti da focalizzare soprattutto se si tratta di testi molto lunghi. In altre, nelle quali dovrete inserire degli estratti all'interno di un articolo, la cosa più importante è dare una prima occhiata al testo e vedere se nelle parti da aggiungere sono presenti indicativi elementi grammaticali che siano utili connettivi (which, that, however ecc...). E' importante poi che impariate a memoria

come svolgere ogni tipo di composizione non solo dal punto di vista strutturale ma anche espressivo e lessicale, cioè ad esempio usate le cosiddette “fixed expressions”. Arrivati allo Use of English, è proprio qui che dovete dimostrare tutte le vostre conoscenze grammaticali: anche se non conoscete le parole e in che forma vadano inserite in un determinato contesto, riflettete se vi serve un nome, un aggettivo o un avverbio, e state sicuri che in un testo ci saranno quasi sempre almeno due espressioni negative e un avverbio. Finiti gli scritti arriva uno degli incubi peggiori di tutti i candidati: il Listening! Mantenete la calma e cercate di sfruttare quei pochi secondi che vi danno prima dell'inizio per scorrere le domande e le opzioni sottolineando se possibile le “key words” e mi raccomando, non cerchiate l'opzione subito appena sentite una parola che riscontrate nel testo poiché potrebbe non essere quella esatta! Un'altra parte importante è lo Speaking: molti si chiedono chi siano gli esaminatori, cosa si aspettano dai candidati e anche come affrontare un dialogo in coppia. Innanzi tutto gli esaminatori sono insegnanti del British Insitute of Florence che possiamo definire molto disponibili, cortesi e... per niente inquietanti! Per riuscire ad ottenere un punteggio alto è necessario concentrarsi sul fatto che non siete soli ma dovete coinvolgere anche il vostro compagno dato che non viene valutata, come molti pensano, solo la vostra esecuzione, bensì anche la capacità di interagire con gli altri. E' fondamentale poi, nel momento in cui vi verrà chiesto ad esempio di confrontare due immagini, non soffermarsi per tutto il tempo sulla loro descrizione ma dedicate ad essa solo i primi secondi. Non cercate poi espressioni forzate, ma siate naturali e allo stesso tempo usate un linguaggio vasto e anche articolato che dimostri “l'appartenenza” al vostro livello. Nel complesso dell'esame ricordatevi di non lasciare mai nessuno spazio vuoto, tirate a indovinare aiutandovi con la logica, e soprattutto, cosa che sicuramente non ne potete più di sentire: ricordatevi di ricopiare sempre tutte le vostre risposte nell' answer sheet sfruttando i minuti alla fine di ogni sezione. Speriamo che i nostri consigli possano esservi stati utili e... In bocca al lupo tutti!


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Attualità & Storia

della pederastia maschile. Infatti sembra che questo amore potesse non avere un valore pedagogico, ma essere un calco dell’omosessualità maschile: è sì un rapporto elevato e colto, ma probabilmente nient’altro che amore. Superiamo il mare e andiamo a scoprire cosa accadeva invece a Roma. E’ un discorso completamente diverso, e a mio parere anche più… contorto. Per ciò che riguarda la pederastia, in principio a Roma vi erano perfino leggi che la proibivano: com’era possibile, per un romano, ragazzo o adulto che fosse, avere un ruolo passivo? Impossibile, cari lettori, per i romani o si ha un ruolo sessualmente attivo o non si è uomini. E allora quali erano le vittime dell’uomo romano, che doveva sfogare la sua esuberanza sessuale non soddisfatta dai rapporti con le donne? Prostituti e schiavi. Il codice del vir romano, fiero vincitore e amante, padrone e non servitore, era lo specchio dell’etica romana nei suoi primi secoli di vita. Con l’ellenizzazione però le cose cambiarono: l’amore efebico per i ragazzi iniziò ad “andare di moda” poiché il gioco del corteggiamento era più gratificante di quanto non lo fosse con le donne e il puer amato gratificava la virilità del suo corteggiatore. E col passare del tempo l’omosessualità passiva iniziò ad essere un vizio comune: i cinaedi, cioè coloro che abdicavano la loro “virilità” trovavano un alibi nell’esempio dei potenti, che, nonostante la loro passività, continuavano ad essere veri uomini che conquistavano il mondo (come Cesare, che era stato l’amante di Nicomede). Questi costumi non erano solo in contrasto con l’uso sociale pagano, ma soprattutto con l’appena nata etica cristiana che aveva introdotto il principio secondo il quale gli unici rapporti “naturali” sono quelli eterosessuali. Fu quando l’Impero Romano si convertì al cristianesimo che cominciò l’intolleranza. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente il problema dell’omosessualità fu perlopiù lasciato da parte fino all’arrivo di Carlo Magno: per tutto il Medioevo l’intolleranza si fece sempre più aspra e le punizioni sempre più severe. L’omosessualità, o meglio, la sodomia, era considerato un peccato peggiore dell’adulterio e dello stupro e presto, gli omosessuali, vennero condannati al rogo, al pari di streghe ed eretici. Infatti anche Dante li infila nel Settimo Cerchio del suo Inferno, insieme a bestemmiatori ed usurai, cioè ai violenti contro Dio, la Natura e l’Arte. Solo nel Rinascimento si iniziò a parlare di sottoculture di sodomiti che spesso pagavano giovani ragazzi per avere rapporti sessuali: questo portò solo ad un’incredibile frequenza di arresti di massa (la pena era pur sempre il rogo). Ma arriviamo ad un periodo interessante: con l’Illuminismo e la Rivoluzione Francese la sodomia fu definita un “reato immaginario” e il Codice Napoleonico conservò questa decisione. Nei Paesi che però non seguivano questo codice l’amore omosessuale era ancora un reato ed è così che nasce un vero e proprio movimento

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di liberazione omosessuale. Alla fine dell’800 nacquero i primi gruppi organizzati, in particolare a Berlino, dove per ironia della sorte, con la nascita della dittatura nazista, qualche decennio dopo, gli omosessuali vennero deportati in massa nei campi di concentramento poiché venivano considerati sterili ed egoistici. Le persecuzioni ci furono anche in Italia con la dittatura fascista e in Unione Sovietica con quella comunista: sembra che dall’emancipazione dell’800 si sia ritornati nel Medioevo. E infatti nel dopoguerra nacquero dei movimenti omofili, che creavano vere e proprie associazioni e comunità a favore dell’emancipazione omosessuale. A metà degli anni ‘70, a New York, ci furono i moti di Stonewall: scontri violenti tra la comunità omosessuale e le forze dell’ordine che diedero vita ai Gay Pride Parade, manifestazioni che si tengono ancora in quasi tutto il mondo. Ma i governi e le forze dell’ordine erano ancora prevalentemente omofobe, e i gay chiedevano sempre di più, riconoscimenti civili e diritto all’adozione: il primo personaggio politico attivamente impegnato per il movimento e dichiaratamente gay fu Harvey Milk, a San Francisco, che lottò per impedire il passaggio di leggi omofobe e per favorire unioni civili omosessuali. Indovinate un po’, fu assassinato. Finalmente, dopo la crisi degli anni ’80 per la diffusione di AIDS, iniziarono importanti riforme: nel 1989 la Danimarca riconobbe le unioni civili omosessuali e molti Stati europei ed americani seguirono il suo esempio. Eppure, come si è ben visto, ancora oggi è incerto il destino civile delle coppie omosessuali: molti governi lottano per dar loro più diritti, altri ne sembrano indifferenti. In Italia la Harvey Milk (1930-1978) situazione è un po’ di questo genere e, nonostante il territorio italiano sia ricco di associazioni LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender), sembra che tutti al governo abbiano paura di trattare l’argomento. Per chi è interessato a questo tema consiglio di visitare il sito di IREOS (Comunità queer autogestita – www.ireos.org) che ha una sua sede anche a Firenze.

Scrittura creativa

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S.E.N.A.T.U.S. Ovvero: tra Cesare, Cicerone e Lucrezio, miglior letterato cercasi

Di Lisa Bacherini IVB LUCREZIO: Oh Marce Tulle Cicero, potresti essere così gentile da fermarti? Vedendoti così irrequieto, rischio di agitarmi anch’io. CICERONE: Ma tu sei epicureo: non puoi agitarti, altrimenti turberesti il tuo animo. LUCREZIO: Sei così fastidioso che renderesti ansioso lo stesso Epicuro, nonostante il fatto che si sia dissolto in atomi da un po’di tempo. CICERONE: Però io non appartengo a nessuna corrente filosofica, e posso permettermi di essere agitato. LUCREZIO: In ogni caso, siamo soltanto noi due, in gara? CICERONE: Assolutamente no. C’è anche Cesare, che sta tornando dalla Gallia: tra non molto dovrebbe essere qui. (Nella sala, ansimando trafelato, irrompe Cesare). CESARE: Hic sum! Hanno già annunciato il vincitore? LUCREZIO: No. Perché tanto ritardo? CESARE: Ho trovato traffico sulla Cisalpina. LUCREZIO: A causa dell’ennesima migrazione degli Elvezi, come sempre? CESARE: No: stavolta c’erano alcuni storici a decidere se il dado era stato tratto oppure no. CICERONE: Io mi domando se sia così difficile scegliere un vincitore! Iupiter!, dovrebbe essere evidente quale tra le nostre opere è la migliore! CESARE: Infatti: è chiaro che il vincitore sarò io. CICERONE: Davvero? E per quale motivo? CESARE: Perché io, a differenza di voi due, ho ben due opere, in gara. E di quale levatura, poi! In modo oggettivo e molto modesto, sono costretto a riconoscere che si tratta di testi esemplari. CICERONE: Sono perfettamente d’accordo: perfetti esempi di come non si dovrebbe scrivere. E non guardarmi così male, amice: usi poche subordinate, sei piano, sei scarno; hai mandato nell’Ade la mia cara concinnitas! LUCREZIO: Senza contare che sono opere assurde, fin dai titoli: chi mai vorrebbe leggere qualcosa che si intitola Come affrontare con pieno successo le crisi depressive dei pulcini adolescenti, o De bello gallico? CICERONE: Oppure Vieni vidi whisky: l’antica arte di mescere il vino! CESARE: È importante: il povero Polifemo non ne sapeva niente, e ricordate come fu trattato! LUCREZIO: In ogni caso, nessun’altra opera, né in prosa né in poesia, regge il confronto con il De Rerum Natura. CESARE: Che, naturalmente, non vincerà.

CICERONE: Infatti: con quell’immagine del miele della poesia, poi... Una gran caduta di stile. LUCREZIO: Il fatto è che, in quel periodo, ero a dieta e non potevo mangiarlo, ma ne avrei avuto una gran voglia. CICERONE: Potete dire quello che volete, ma il De re publica resta il migliore: sia perché il titolo è conciso, sia perché, mentre voi trattate di cose reali, io mi sono volto a concetti superiori. LUCREZIO: Ovvero, una gran massa di concetti astrusi: il princeps moderatore, la costituzione mista, la visione ascetica di Scipione Emiliano... CESARE: Concetti così noiosi da far venire un gran somnium. (Entra un Messaggero, che ha in mano un rotolo di pergamena). CICERONE: C’è l’araldo con il giudizio! Chi è il vincitore? MESSAGGERO: Ecco il responso: nessuno ne sa qualcosa, così da poterne dare chiara notizia. LUCREZIO: Cosa? MESSAGGERO: Ah, no, scusatemi, ho sbagliato pergamena: questa è una parte dell’Agamennone; mi capirete, nella letteratura ci sono così tanti messaggeri che, talvolta, si fa confusione... Ecco il foglio giusto: il vincitore del S.E.N.A.T.U.S., ovvero Scientia Extraordinarissimus Nostrum Auctorum Totorum Unicuique Sum, scelto da un consiglio presieduto da Gneo Pompeo, è Marco Tullio Cicerone, con il De re publica, o analisi psicologica dei motivi per cui oggi esaltiamo il passato e detestiamo il presente, mentre domani loderemo quel che ora disprezziamo. LUCREZIO: E pensare che era un titolo conciso... MESSAGGERO: Roma locuta est. Vale, homines. (Il Messaggero esce, e, con lui, si avviano anche Cicerone, Lucrezio e Cesare). CICERONE: L’avevo detto! L’avevo detto! LUCREZIO: Hai vinto solo perché c’era Pompeo. CESARE: Questi motivi politici... Sono così indignato che, quasi quasi, varco il Rubicone: così, la prossima volta, vedremo chi sarà il campione del S.E.N.A.T.U.S.


Curiosità

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Attualità & Storia

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what’ s on?

La legalizzazione dell’ Amore

Cosa non vi aspettate dal mondo e dai suoi eccentrici abitanti

Omosessualità tra presente e passato, in attesa di un promettente futuro

Di Costanza Cipriani IVA Presto “goloso” sarà sinonimo di “generoso” Il desiderio di molte persone: cioccolato gratis. Beh, quando si dice che i sogni diventano realtà! Infatti all’Anthon Berg Generous Store di Copenhagen, per acquistare un quantitativo di cioccolato, hanno inventato una simpatica alternativa al banale denaro. Una volta scelta la confezione di proprio gradimento, basta recarsi alla cassa, dove al posto della carta di credito ti viene chiesto l’impegno di fare delle buone azioni. Tutto ciò che devi fare è solo sceglierne una dalla lista che ti viene presentata. Tra le più gettonate ci sono “aiutare un/a amico/a a pulire casa” o “aiutare tuo fratello nei compiti”, mentre quella che i clienti sembrano evitare di più è “non mentire a tuo padre per una settimana”. Il pagamento avviene tramite un iPad, con cui l’acquirente posta sul suo profilo Facebook la promessa che si impegna a mantenere e “tagga” il destinatario dell’amorevole favore. Un modo facile e veloce per assicurarsi che il cliente non si possa più tirare indietro. Lo slogan recita: “Non si può essere troppo generosi”. Che dire, per il cioccolato si può fare questo e altro!

Di L IVB probabilmente sarebbe anche andato a buon fine, se non fosse stato per un errore del postino: sbagliando destinazione, ha prolungato il viaggio del pacco di diverse ore, che invece sarebbe dovuto durare al massimo mezzora. Intanto l’ossigeno stava piano piano finendo e le pareti erano troppo spesse per essere forate. “Non volevo urlare e rovinare la sorpresa”, ha dichiarato successivamente il nostro protagonista. Immaginate il terrore della povera ragazza nel momento in cui ha aperto lo scatolone e ha visto il proprio amore ormai incosciente e apparentemente in gravi condizioni cardio-respiratorie. Fortunatamente i medici sono riusciti a salvarlo. Non ti preoccupare Hu Seng, per il prossimo anniversario un semplice mazzo di fiori andrà benissimo. Basta un click e il gioco è fatto! L’ultima novità in campo tecnologico è dovuta ad un inventore di Brooklyn, Matt Richardson, che ha brevettato la sua “Fotocamera descrittiva”. Si tratta apparentemente di una normalissima macchina fotografica, che in realtà ha un uso completamente diverso dal solito. Il congegno infatti, invece di immortalare il soggetto da voi scelto, ve ne fornisce una dettagliata descrizione. E’ curioso il suo funzionamento: non pensiate che esista una qualche potente intelligenza artificiale dietro a tutto questo. In realtà, una volta scattata la foto, il file viene semplicemente inviato a un centro computer che, per un paio di dollari, ne crea la descrizione. Dopo pochi minuti ecco a voi l’esposizione scritta dell’immagine catturata in precedenza. Ma sarà così utile, dopotutto? Ai posteri l’ardua sentenza.

Una confezione di cioccolatini e... il prezzo!

Il postino suona sempre due volte Forse sarebbe meglio che controllasse anche cos’è che trasporta. Si sarebbe così evitato lo spiacevole episodio avvenuto a Chongqing in Cina lo scorso 5 Febbraio. Un ragazzo, Hu Seng, aveva deciso di spedirsi dentro un pacco destinato alla fidanzata. Per aiutarlo, un amico, lo ha chiuso dentro allo scatolone poco prima che arrivasse il corriere. Un altro si sarebbe fatto trovare a casa della ragazza, pronto a riprenderlo con la telecamera appena fosse saltato fuori dalla scatola, con immensa sorpresa dell’amata. Il piano

“The Descriptive Camera”, di Matt Richardson

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embra proprio che in quest’ultimo periodo il mondo intero, soprattutto l’Europa e l’America, si stia dando da fare per aiutare le coppie omosessuali ad integrarsi con più facilità nella società e ad avere più diritti, come quello del matrimonio e dell’adozione. Negli Stati Uniti il presidente Obama ha presentato un documento alla Corte Suprema con cui sostiene che la Proposition 8 contro le nozze gay votata nel 2008 in California debba essere abolita: Obama è il primo Presidente d’America a parlare di diritti gay. E ciò accade proprio mentre in Gran Bretagna sta passando una nuova legge che oltre ad accettare la validità del matrimonio gay, permette anche alle coppie di sposarsi in chiesa. E dopo USA e UK perfino la Corte dei Diritti Umani si sta mobilitando per la causa. Solo adesso mezzo mondo si sta accorgendo di dover agire per cambiare la situazione riguardo l’omosessualità, ma non mancano certo lati negativi: atti di omofobia, persone che pensano di trovare cure mediche per fermare l’omosessualità o perfino Paesi, in Africa e Medio Oriente, dove l’unione omosessuale comporta la pena di morte. Non intendo fare critiche o proporre un’opinione ma solo, se avrete la pazienza di leggere queste pagine, farvi un piccolo riassunto sulla storia dell’omosessualità, perché possiate farvi un’idea sull’argomento. Devo ammetterlo, sono un po’ spaventata, dato che non è un argomento facile da trattare, anzi, è molto delicato e ricco di sfumature, e spesso troppo generalizzato. Per cominciare potremmo sicuramente fare un’analisi in modo molto appropriato dell’omosessualità nella Grecia Antica, che è spesso presa sottogamba. L’omosessualità fu perlopiù pederastia, cioè un rapporto tra un adulto amante (ἐραστής) e un giovane amato tra i dodici e i diciassette anni (ἐρώμενος) avente uno scopo prevalentemente educativo di far passare il giovane dall’età infantile a quella adulta. Infatti già in età arcaica le relazioni omosessuali avevano la funzione di riti di passaggio, nel quale il giovane trascorreva un periodo di segregazione in compagnia del suo educatore e

al tempo stesso amante. Inoltre vi erano numerosi miti in cui l’amore omosessuale era narrato in funzione pedagogica: il passaggio all’età adulta era rappresentato dal gesto estremo dell’amato (eroismo o addirittura la morte). Anche nei poemi omerici vi sono allusioni a questo tipo di amore ma senza alcun vero e proprio riferimento: dal discorso che Teti fa a suo figlio Achille dopo la morte di Patroclo si può capire che un uomo, giunto a una certa età, doveva metter fine ai suoi amori omosessuali e prender moglie. In età classica la pederastia non era né vietata dalla legge né socialmente riprovata, però vi erano alcune leggi che tutelavano i più giovani dagli amanti poco affidabili, che avrebbero reso il rapporto diseducativo e puramente sessuale, e altre che punivano violenze sessuali e prostituzione. Anche se la pederastia aveva una sua collocazione sociale, l’amore omosessuale tra due adulti portava invece alcuni problemi: colui che assumeva il ruolo passivo e si “faceva donna” veniva spesso ridicolizzato, soprattutto nella commedia, come si vede in Aristofane, che spesso prende di mira gli adulti che rivestono il ruolo di amati. Conservatore com’era, il commediografo criticava l’uso del IV secolo di avere relazioni sfrontate e dissolute di scopo puramente sessuale. In sintesi, il rapporto eterosessuale era finalizzato alla procreazione, quello omosessuale tra un adulto e un ragazzo poneva l’uomo solo come individuo sociale. Una volta raggiunta la maturità l’amato abbandonava il ruolo passivo per passare a quello attivo etero di marito e omo di amante, ed è per questo che adulti che assumevano il ruolo passivo erano oggetto di tanta satira. Per quel che riguarda l’omosessualità femminile si può dire che nacque e scomparve quasi del tutto nel VII-VI sec. a.c. nei tiasi, dove avveniva la formazione delle fanciulle prima del matrimonio, e la fonte che più ne tratta è la poetessa Saffo. Ella amava le sue allieve di un amore appassionato, un “amore vero” che però, nonostante si trovasse in un contesto iniziatico, era bilaterale: un rapporto paritario tra due persone che si erano scelte, nessuna delle quali aveva autorità sull’altra, a differenza


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Editoriale

Aprile 2013

Giochi & Altro

Aprile 2013

IL puzzle

Alla ricerca del sole che non c’è La primavera è giunta e l’estate è alle porte, ma Hermes non si è fermato e nonostante la stanchezza dell’anno che avanza, torna da voi con intriganti novità

Di L e Greta Martini IVB

Di Greta Martini IVB totalmente soddisfatti, ma soprattutto soddisfacenti. Non dico altro e vi lascio nell’esplorazione di questo Mercurio che divora uova di Pasqua per cui la nostra Lisa M. si è gentilmente offerta di fare da disegnatrice, nella speranza che possiate stupirvi, informarvi e anche divertirvi con ciò che troverete all’interno.

Ecco qui l’antenato cartaceo di ruzzle, in una versione un po’ particolare: cercate tutte le parole in latino segnate nelle colonne e state attenti a non mancarne neanche una. Se le troverete tutte, leggerete un’interessante frase di Gellio…

In basso le soluzioni del cruciverba!

IL MACHIAVELLI PER MACHIAVELLI Di Ginevra Serra IVC Martedì 9 Aprile, nella Sala d’Elci alla Biblioteca Medicea Laurenziana, si è tenuta una conferenza dal nome alquanto particolare: il "Machiavelli per Machiavelli", in occasione del cinquecentenario della pubblicazione del Principe. Tutto è partito dalla professoressa Felici, la cui iniziativa è stata sostenuta dalla collaborazione dei professori Meregalli, Bonaccorsi e Perruccio. Così, pochi giorni fa, alcuni studenti e professori interessati hanno assistito alla lettura delle parti fondamentali di questa importantissima opera, fatta da alcuni ragazzi del gruppo teatrale che sono riusciti ad interpretare al meglio il messaggio dell'opera. Gli argomenti principalmente trattati durante la conferenza sono stati: l'importanza della figura del principe, identificato con Cesare Borgia, la necessità di attingere dal classico per supportare le idee moderne e infine qualche cenno all'attualità. Non avete avuto occasione di partecipare? Nessun problema: Valdo Spini, coinvolto nel progetto, si sta già adoperando per realizzare un'altra probabile conferenza nel mese di Maggio all'interno di Palazzo Vecchio. Se il linguaggio del Machiavelli vi sembrerà oscuro ed incomprensibile, non preoccupatevi: la lettura dei brani sarà accompagnata da dei commenti integrativi dei professori. La cultura non è solo studiare un libro di fronte alla scrivania, può essere anche assistere a lezioni e conferenze, dove tutto diventa più vivace ed interessante!

Dalla locandina dell’ evento

ADEO ALEA AMEN AMOR ATQUE AUDIO BELLUM CAESAR CATILINA CATO CICERO

DATUM DEUS DIXIT EADEM EVADO FAMILIA FERO FIO GALLIA GRAECI HABEO

HAEC HOMINES HOSTIUM ILLE IPSE ITAQUE IURIS LATUM LEGO LIBRA LOQUOR

ODOR LUMIS OPS LUNA OTIUM MAESTUS PARTIS MALO PATER MATER PETO MAXIME PIUS MERCURIUS POSTQUAM MIROR MOS MAIORUM PRINCEPS PRINCIPIUM NULLUM PUGNAE ODIA

QUIDNAM QUIS REGE RERUM SATIS SENEX SIGNO SIMUL SOS SUUS TANTUM

TRES TUUS USUS VOLUPTAS VOX

ORIZZONTALI 1. Dioniso; 4. Socrate; 6. Ilio; 9. Calliope; 11. Ninfe; 15. Orfeo; 16. Romolo; 18. Lete; 21. Omero; 22. Atena; 25. Furie; 28. Tebe; 33. Perseo; 34. Cerbero; 36. Teti; 38. Sileno; 40. Narciso; 41. Menelao; 44. Loto; 45. Era; 46. Edipo; 47. Ade. VERTICALI 2. Odisseo; 3. Eos; 5. Achille; 7. Olimpo; 8. Enea; 10. Efesto; 12. Io; 13. Erinni; 14. Eolo; 17. Oreste; 19. Zeus; 20. Dei; 23. Teseo; 24. Penteo; 26. Eros; 27. Eleusi; 29. Bacco; 30. Giocasta; 31. Peleo; 32. Argo; 35. Hermes; 37. Ione; 39. Ercole; 42. Elena; 43. Aiace

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arissimi machiavellini, è un piacere scrivervi di nuovo. E’ aprile, come tutti voi avrete giustamente notato, il sole (finge di essere) tornato a splendere sulle nostre teste e l’estate si avvicina sempre più velocemente, promettendo giornate di mare e dolce spensieratezza. Quanti di voi già sognano il riposo sotto i raggi lucenti? Ma anche aprile è un mese di riposo o, almeno, così dice il proverbio. Gli studenti di tre delle quattro quinte sono appena tornati dalla tradizionale gita in Grecia dell’ultimo anno, abbronzati e stanchi, ma sicuramente lieti e soddisfatti del viaggio svolto tra le rovine, le porte di Mykonos, musei e strabilianti paesi come Meteora che si trova nel nord della Nazione. E così, dopo aneddoti ed avventure, sono tornati in attesa del loro personale (primo) Giudizio Universale, che arriverà inesorabile gli ultimi giorni di giugno. Le quarte, invece, si preparano per il loro “progetto Siracusa”, per il quale alla fine di Maggio assisteranno a rappresentazioni teatrali che giungono direttamente dall’antica Grecia. Però per adesso siamo tutti ancora qui, in attesa dei “pagellini” di metà quadrimestre e pronti ad affrontare l’ultimo tratto di questo anno scolastico, che pur essendo volato via, sembra non finire mai. Ma su con la vita, Hermes è tornato! Con il suo terzo numero porta con sé nuove scoperte all’interno del nostro (s)conosciuto palazzo, giochi che seguono la scia delle nuove mode telematiche – scommetto che pochi di voi si ricordano quale sia l’antenato cartaceo di ruzzle – e tante notizie utili per chi, oltre alla normale routine scolastica si sta destreggiando per dare l’esame del First. Siccome siamo persone versatili e ci piace variare ogni tanto, oltre all’attività giornalistica ci siamo dedicati anche all’interior design: tende, spostamenti e pulizie di primavera hanno reso più ariosa e illuminata quella stanza che ufficialmente è di arte e ufficiosamente nostra. Non è stata solo la stanza, però, ad essere rinnovata; alla luce di marzo ci siamo resi conto di piccole ma innegabili imprecisioni nell’ultimo numero di febbraio e così, Matilde – quintessenza della precisione e dell’ordine maniacale – ha ideato un piano organizzativo dei compiti e delle date di scadenza che ci ha messi tutti a stecchetto, nella speranza di avere così più tempo per controllare e rivedere il lavoro, per voi e anche per noi stessi. Hermes è diventato un must del nostro indirizzo e il nostro più grande desiderio è che l’impegno e la passione che mettiamo per tirarlo su ogni due mesi possa notarsi senza pecche, così da poter essere

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HERMES

_ il messaggero

Il giornale del Liceo Classico Machiavelli

LA REDAZIONE:

REGOLAMENTO:

Bianca Andriani de Vito IVA Lisa Bacherini IVB Virginia Bellanti IVB Matilde Cecchi IVB Chiara Cicchi IVC Costanza Cipriani IVA Cristiano Fanfani IIIB Elena Gimignani IVA Maruwa Hasheesh IVB Greta Martini IVB Leonardo Masi IVB Lisa Morbidelli IIIB Eleonora Roschi VA Ginevra Serra IVC

Chi volesse partecipare con un articolo o un disegno è caldamente invitato ad inviarli al nostro indirizzo di posta elettronica: il materiale verrà pubblicato solo se ritenuto pertinente, dal contenuto non offensivo o volgare e se rispetterà i limiti di spazio (3000 caratteri circa).

Aprile 2013 Anno I Numero III

Caporedattrici: Virginia Bellanti Matilde Cecchi Greta Martini

Inoltre, la redazione si riunisce ogni venerdì dalle 14.30 alle 16.00 nell' aula di arte (posta sul pianerottolo tra il primo e il secondo piano) ed è aperta a chiunque desiderasse assistere o dare un suo contributo.

CONTATTI: e il prof. Alessandro Meregalli

hermes.ilmessaggero.redazione@gmail.com

SITO DEL GIORNALE A COLORI:

Prossima uscita: Giugno 2013 Stampato: il: 16.04.2013

http://issuu.com/Hermes.Il.Messaggero

“La carta utilizzata per questo giornale è il riutilizzo di un avanzo di stamperia altrimenti destinato alla spazzatura”

alle ore: 18.30 In tiratura di 180 copie

In questo numero ...

... il Puzzle ... i Segreti - Parte 2 ... le Ricette Post-Pasqua ... e TANTO ALTRO!


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