Hystrio 2018 2 aprile-luglio

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CRITICHE/DANZA

Tra idoli e altri “mostri sacri” tutte le emozioni della danza

PROJECT POLUNIN. FIRST SOLO, coreografia di Andrey Kaydanovskiy. Poesie di Alexander Galich. Costumi di Martin Leuthold. Luci di Christian Kass. Musiche di Alèmu Aga e Agustin Lara. Con Sergei Polunin. SCRIABINIANA, coreografia di Kasyan Goleizovsky. Regia e luci di Roman Mikheenkov. Costumi di Sofia Filatova. Musiche di Alexander Scrjabin. Con Sergei Polunin e primi ballerini e solisti del Teatro Bolshoi, del Teatro Stanislavskij di Mosca e del Balletto del Cremlino. SATORI, coreografia di Sergei Polunin. Regia di Gabriel Marcel Del Vecchio. Scene di David LaChapelle. Costumi di Angelina Atlagic. Luci di Christian Kass. Musiche di Lorenz Dangel. Con Sergei Polunin e solisti del Teatro Bolshoi, del Teatro Stanislavskij di Mosca, del Teatro Nazionale di Belgrado, Fondazione nazionale della Danza di Belgrado. Prod. Project Polunin-David Banks, Gabrielle Tana, Sergei Polunin, LONDRA. Quando si supera l’essere “interprete” o étoile e la presenza marchia a fuoco il palcoscenico, non ci sono dubbi e il risultato convince. Stiamo parlando dell’ucraino Sergei Polunin, ex-principal dancer del Royal Ballet di Londra messo sotto i riflettori del grande pubblico prima dal videoclip Take me to the Church, diretto da David LaChapelle sulle omonime musiche di Hozier, e poi dal recente documentario di Steven Cantor Dancer, in cui viene indagato tra

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persona e personaggio. A poca distanza dal debutto al London Coliseum, il suo Project Polunin è arrivato in Italia - da noi visto al Teatro Comunale di Modena - offrendo in un’unica serata il gioiello del repertorio sovietico Scriabiniana di Kasyan Goleizovsky, il dirompente First Solo, creato per il divo da Andrey Kaydanovskiy sulle sonorità dell’arpa etiope Begenna, e la sua prima impresa coreografica Satori. Con un titolo in giapponese che richiama volutamente una “nuova consapevolezza” con agganci al buddismo Zen, Polunin segna con questo lavoro il suo ritorno alla danza attraversando in maniera catartica la propria biografia. Con le scene firmate da David LaChapelle in cui appaiono elementi multimediali, come gli alberi della saggezza e la costellazione dello Scorpione, Polunin, insieme a ballerini dei moscoviti Bolshoi e Stanislavskij e del Teatro Nazionale di Belgrado, plasma una coreografia semplice nell’ordito ma ricca di sincerità e intensità. Il dialogo del protagonista con il suo iofanciullo, tra flashback indotti dal contatto, la separazione dei genitori e i relativi demoni che infestano i suoi sogni si stemperano con l’arrivo di una figura in rosso. Forse l’infiammata Passione o Tersicore, il misterioso personaggio femminile rincuora il nostro indicandogli il palcoscenico quale luogo da abitare e in cui esprimersi. Ancora acerbo sul piano coreografico The Graceful Beast, così è stato definito Polunin per la capacità di unire forza e grazia, vive di contrasti e forze propulsive che, se ben canalizzate, porterebbero a risultati notevoli. Carmelo A. Zapparrata

SERATA BACH. Views of The Fleeting World, City, Polymorphous, Celestial Tides, coreografie di Pascal Rioult. Scene di Herry Feiner. Costumi di Karen Young. Luci di David Finley. Musiche di J.S. Bach. Con Rioult Dance. Prod. Rioult Dance, NEW YORK. Gli impulsi della musica si incarnano nelle emozioni di corpi fluidi, cangianti come le dolci pieghe del velluto. Serata da veri intenditori sulle musiche di Bach con la Rioult Dance New York, alla prima edizione del Danza in Rete Festival di Vicenza e Schio, erede di Vicenza Danza. Allievo e solista con Martha Graham, il francese Pascal Rioult fonda nel 1994 la propria compagnia con sede a New York. Nelle sue coreografie, spirali, torsioni, contrazioni e distensioni si inanellano con dolcezza e senso dell’armonia senza pari, sposando la musica sino in fondo. È questa l’impressione avuta dai quattro titoli, creati dal coreografo tra il 2008 e il 2016. Amatissimo da molti autori della danza moderna per la tensione che riesce a sprigionare e le coloriture che dona al corpo, Bach in Pascal Rioult si fa cassa di risonanza di piacevoli languori impressionisti sulla natura, come per il raffinato pezzo d’insieme su L’arte della fuga intitolato Views of the Fleeting World, e specchio di altalenanti stati d’animo metropolitani. City è giocato tra figurazioni in quartetto e doppia coppia sulla Sonata per violino e pianoforte n.6 in Sol Maggiare, dove si alternano i gesti meccanici e stranianti delle ore diurne a quelli briosi e festivi della notte. Il tutto si arricchisce con la parte multimediale di Harry Feiner e Brian Clifford Beasley raggiungendo l’apice in Polymorphous, combinazione di vari assembramenti su una selezione di Preludi e Fughe da Il Clavicembalo ben temperato. Un vero e proprio simposio di diverse forme tra la fisicità dei danzatori, i loro avatar e le loro ombre proiettate sul fondale. È, infine, il soffice moto cesellato nel rapporto tra ensemble e solisti sul Concerto Brandeburghese n.6 in Sib Maggiore per Celestial Tides a chiudere la serata. Maree celestiali in cui, nella dimensione sospesa, riverberano schermaglie tra il maschile e il femminile per poi stemperarsi in un tessuto coreografico che procede a canone dal duetto sino all’ottetto d’insieme. Carmelo A. Zapparrata CHUKRUM/PETRUŠKA, coreografie e scene di Virgilio Sieni. Costumi di Elena Bianchini. Luci di Mattia Bagnoli. Musiche di Giacinto Scelsi/ Igor Stravinskij. Con Jari Boldrini, Ramona Caia, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Giulia Mureddu, Andrea Palumbo. Prod. Teatro Comunale di BOLOGNA. Dopo Le Sacre du Printemps del 2015, Virgilio Sieni con la sua compagnia è tornato sul palcoscenico del Teatro Comunale di Bologna per confrontarsi nuovamente con il repertorio dei Ballets Russes di Diaghilev e le musiche di Stravinskij. Titolo scelto è Petruška, capolavoro coreografico concepito da Michel Fokine e interpretato da Nijinsky nel 1911 con scene e costumi di Alexandre Benois. Commissionato in prima assolu-


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