Hystrio 2018 2 aprile-luglio

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biblioteca Leggi sullo spettacolo, istruzioni per l’uso Gaia Troisi Diritto dello spettacolo Milano, Franco Angeli, 2017, pagg. 124, euro 16 Il mondo dello spettacolo è articolato e complesso perché unisce processi creativi e prassi operative, nutrite anche da evoluzioni storiche, con responsabilità istituzionali e collettive, all’interno di un sistema sociale ed economico. Pertanto, la cornice giuridica di principi, regole e diritti assume una rilevanza importante, quando oggi la realtà ci presenta invece un nitido disallineamento tra principi costituzionali e norme primarie vetuste o inesistenti, sostituite da provvedimenti amministrativi. Ciò emerge chiaramente dal testo di Gaia Troisi Diritto dello spettacolo, che si pone come un manuale teso a evidenziare, in modo sintetico, i principali provvedimenti che insistono sullo spettacolo italiano. Correttamente l’autrice parte dal dettato costituzionale e dal percorso storico, risalendo dal periodo fascista alla costruzione dell’attuale Mibact, e ponendo un accento anche ai temi della formazione artistica. Successivamente osserva il sostegno pubblico: quello diretto del Fus e quello indiretto delle incentivazioni fiscali come Art Bonus. Un’attenzione è poi dedicata al controllo sulle opere cinematografiche e alla proprietà intellettuale, anche rispetto alla realtà digitale. Il testo offre una panoramica sui nodi critici, ma fornisce un quadro conoscitivo basico del diritto della cultura, seppure destinato a profonde trasformazioni considerato quanto fatto dalla scorsa legislatura con la legge cinema (in ritardo nella sua attuazione piena) e soprattutto con la legge delega per la stesura del “Codice dello spettacolo” che dovrà riordinare l’intero comparto dello spettacolo dal vivo, già oggetto di cambiamenti con il DM 1 Luglio 2014. In una successiva edizione è da consigliare all’autrice di valutare con il suo occhio giuridico critico queste evoluzioni includendo anche tutte le altre norme che oggi impattano non poco nel quotidiano, ad esempio le disposizioni in materia di luoghi di spettacolo. Lucio Argano

Strehler in un graphic novel Davide Barzi e Claudio Riva Giorgio Strehler. Un fumetto da tre soldi illustrazioni Alessandro Ambrosoni, con la collaborazione di Lucia Resta, Padova, Editore Becco Giallo, 2018, pagg. 192, euro 19

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a cura di Ilaria Angelone e Albarosa Camaldo

«Fuoco e freschezza, rilassamento e precisione, distinguono questa rappresentazione dalle molte altre che io ho visto. Voi appor tate all’opera un’autentica rinascita». Parole che farebbero piacere in qualsiasi occasione. Figurarsi se a firmarle è Bertolt Brecht, appena dopo il debutto del 10 febbraio 1956 de L’opera da tre soldi a Milano, nella celebre regia di Giorgio Strehler (protagonisti Mario Carotenuto, Marina Bonfigli, Checco Rissone, Tino Carraro e l’indimenticabile Milly). Nell’Archivio Storico del Piccolo si trova ancora la lettera. Che si osserva non senza emozione. Perché, come giustamente ricorda in prefazione Alberto Benedetto (Direttore di Produzione del Piccolo), « fare teatro è un po’ come scrivere sulla sabbia». Scivolano via gli spettacoli, fra le pieghe della memoria. Eppure alcuni resistono: nei ricordi, nelle chiacchiere, nel mito. Perfino nei progetti editoriali. Come questo curioso volume della Becco Giallo, che racconta la genesi del lavoro ma anche l’avventura umana alle sue spalle. Dal viaggio di Strehler a Berlino, all’incontro fra il regista e il drammaturgo di Augusta; dai provini a quella fredda quanto trionfale serata milanese. Prima di un malinconico finale che ci ricorda come Brecht morì lo stesso anno, dopo aver concesso al Piccolo l’esclusiva sulle rappresentazioni dei suoi testi. Eclatante attestazione di stima. La curiosità risiede nella forma scelta: un graphic novel. Che i delicati disegni di Ambrosoni, gonfi di bianchi, di dettagli, di pulizia, trasformano in un vero e proprio viaggio nella memoria, suddiviso ironicamente in un prologo, tre at ti e un lungo, ramificato epilogo. Volume di rara piacevolezza. E di gran cura. Arricchito da dettagliate schede storiche e con diverse testimonianze dei pro tagonis ti dell’epoca. Diego Vincenti

Brecht, vita e opere di un maestro Stephen Unwin Brecht per tutti. Guida alla teoria teatrale brechtiana e 50 esercizi per metterla in pratica traduzione di Pietro Dattola, Roma, Dino Audino Editore, 2018, pagg. 144, euro 17 L’aggettivo abusato “brechtiano” ci ha allontanato dall’autore e regista dal quale il termine prende spunto. Più che altro una deriva. Appena sulla scena ci sono prostitute, trucco pesante e stivali da gerarchi nazisti, parte l’aggettivo “brechtiano” che, si pensa, possa chiarire tut to. Ecco, quella è soltanto la punta dell’iceberg, i luccichini, quell’estetica formale che proprio Ber tolt Brecht rifiutava e allontanava con ogni sua forza.

Perché troppi nel tempo, in un telefono senza fili, hanno tradito, rimescolato, confuso la poetica del genio tedesco, arrivando, oggi, a un surrogato della sua essenza. Brecht per tut ti, dello studioso Stephen Unwin, è un fondamentale testo per chi si a p p r o c c ia , r e g is t i , drammaturghi, attori, ai lavori di BB. L’inglese Unwin sottolinea l’importanza del periodo storico nel quale Brecht si trovava a vivere e lavorare, cosa che, spesso, e questo è un suo timore, viene trascurata e tralasciata. Partendo dal suo lato ironico e provocatorio per poi scorrere la sua vita avventurosa tra cambi, forzati, di residenza e nuovi amori, passando dai suoi ispiratori, la Bibbia, Shakespeare, Plau to, Seneca, Goe the, Büchner, fino ad arrivare agli “Esercizi” per mettere in pratica i dettagli dei suoi insegnamenti. Brecht è democraticamente e qualunquisticamente per tut ti? La risposta non è scontata. Tommaso Chimenti

John Ford e la tragedia crudele Paolo Pepe e Savina Stevanato (a cura di) ’Tis Pity She’s a Whore. Il teatro di John Ford e la fortuna di una tragedia crudele Imola (Bo), Cue Press, 2017, pagg. 168, euro 27,99 Nel 2003 Luca Ronconi ne offrì una doppia messa in scena: l’una con un cast misto, l’altra - filologicamente fedele e scenicamente assai efficace - con interpreti soltanto maschili. Peccato che fosse puttana è un dramma complesso e feroce, moralmente spregiudicato eppure percorso da un’indiscutibile ansia di rinnovamento radicale della società. Che è quella inglese della prima metà del Seicento, in cui il drammaturgo John Ford visse e lavorò. Ricostruire contesto storico e influenze letterarie e teatrali di quel play è uno degli obiettivi del volume curato da Pepe e Stevanato, che mirano, da una parte, a ricollocare nel corretto background culturale il teatro di Ford e, dall’altra, a svelare i motivi dell’oblio e poi della successiva riscoperta novecentesca di quel “fastidioso” dramma che trattava di incesto ed efferatezze varie. Ecco allora i saggi finalizzati a inserire il lavoro del drammaturgo inglese nella temperie barocca in cui egli operò e, poi, gli scritti che ne raccontano le riletture contemporanee, a partire da quella simbolista di Maeterlinck fino a quelle di Visconti e del succitato Ronconi. Laura Bevione


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