Hystrio 2018 4 ottobre-dicembre

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la società teatrale

a cura di Roberto Rizzente

Una guida tascabile alla stagione 2018-2019 di Roberto Rizzente

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saurita, con qualche eccezione - Torinodanza, Aperto e Romaeuropa in autunno, Vie in primavera - la spinta “propulsiva” dei festival, smaltita la sbornia (o la delusione, a seconda dei casi) per l’assegnazione dei contributi Fus, il teatro italiano si prepara per la nuova stagione, moltiplicando le co-produzioni tra simili, anche per assecondare i diktat del Decreto. Vediamo che succede, nelle piazze maggiori. Milano guida la classifica del gusto. Meritano attenzione la stagione russa ospitata dal Piccolo, con l’Aleksandrinskij di San Pietroburgo e il Vachtangov di Mosca; Cuore di cane adattato da Stefano Massini; la prima produzione italiana di Declan Donnellan (La tragedia del vendicatore di Thomas Middleton); il ritorno a Mayorga di Jacopo Gassman (Il ragazzo dell’ultimo banco) e The Repetition, Histoire(s) du théâtre dell’astro Milo Rau. Garanzia di qualità e professionalità sono i lavori di Bruni e De Capitani all’Elfo - la seconda parte del progetto Afghanistan, già vista a Napoli (Enduring Freedom, vedi la nostra recensione a pag. XXX) e il consueto focus sulla drammaturgia anglosassone (Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Simon Stephens) -, e le

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piccole, ma vitali, realtà “allevate” dal Franco Parenti, il Teatro dei Gordi, la drammaturgia di Mattia Torre, il percorso su Ibsen di Luca Micheletti, la cosmopolita Bämsemble Company, più della riscrittura di Signorina Julie, con Gabriela Pession e Luca Guanciale. Completano la piazza L’uomo che cammina di Dom e il seminario di teatro partecipato di Darren O’Donnell a ZonaK, piuttosto che i “nomi grossi” - Antonio Latella, Eugenio Barba, Romeo Castellucci messi sul piatto dalla Triennale. Se a est di Milano si segnalano L’anima buona del Sezuan di Bucci e Sgrosso (Brescia), Álex Rigola, con Vanja scene dalla vita (Padova) e il kolossal I miserabili, con Franco Branciaroli (Trieste), è dal polo industriale del Nord-Ovest che è lecito attendersi delle soddisfazioni. Così promettono il progetto torinese su Primo Levi, nel centenario della nascita, tra lo Stabile e la Fondazione Piemonte Europa (Se questo è un uomo, Il sistema periodico, con Luigi Lo Cascio); l’ambizioso Arlecchino servitore di due padroni di Valerio Binasco, la coproduzione internazionale di Katie Mitchell La maladie de la mort, da Marguerite Duras, il Pirandello di Filippo Dini (Così è (se vi pare)) e i nuovi progetti di Fausto Paravidino e

Antonio Latella (La ballata di Johnny e Gill; L’isola dei pappagalli con Buonaventura prigioniero degli antropofagi) allo Stabile di Torino; ma anche John Gabriel Borkman di Marco Sciaccaluga, con Gabriele Lavia, e l’ospitalità di The Prisoner del “maestro” Peter Brook allo Stabile di Genova. Scendendo al centro, colpisce, in Emilia, la vitalità produttiva dell’Ert (giustificato, l’incremento dei fondi Fus?), con Riccardo 3 di Vetrano e Randisi, Joie de vivre di Simona Bertozzi, Menelao di Davide Carnevali, interpretato da Teatrino Giullare e 1984, diretto da Matthew Lenton con un cast di attori italiani; mentre a Firenze, al Teatro di Toscana, è lecito segnalare il debutto di Un cuore di vetro in inverno del “mattatore” Filippo Timi, Prélude à l’après-midi d’un faune di Virgilio Sieni, Marco Polo-La straordinaria avventura del Milione di Maurizio Scaparro e Svegliami di Michele Santeramo; piuttosto che la nuova produzione di Cristian Ceresoli, Happy Hour, o le Scene da Faust di Federico Tiezzi, al Metastasio di Prato. E che dire della Capitale? Roma, la città dei teatri chiusi e delle buche per la strada? Non si può, probabilmente, prescindere dal Barry Lyndon (Il creatore di sogni) di Giancarlo Sepe, L’Abisso di Davide Enia, sul dramma dei migranti, When the rain stops falling, scritto da Andrew Bovell, Un nemico del popolo nella lettura di Massimo Popolizio e lo Studio da Le Baccanti di Emma Dante, con gli allievi della Silvio d’Amico, allo Stabile. Mentre una sola produzione di rilievo si registra sulla tanto blasonata (per i fondi elargiti dal Mibact!) sponda Eliseo: il Cyrano, con Luca Barbareschi. Cornificato dalla recente spartizione del denaro pubblico, il Sud cerca a Napoli il suo riscatto: lo Stabile e il Bellini sono prodighi di consigli, con, rispettivamente, la Salomè di De Fusco (vincitrice prossima alle Maschere del Teatro 2019?), la rilettura dell’Oedipus di Robert Wilson, la nuova drammaturgia di Linda Dalisi, con Andrea De Rosa (E pecchè? E pecchè? E pecché? Pulcinella in Purgatorio), e La brocca rotta diretta da Giuseppe Dipasquale per il primo; Io, mai niente con nessuno avevo fatto di Vucciria Teatro, Fronte del porto di Alessandro Gassman, e le riscritture da Shakespeare di Fabrizio Sinisi (Tito/Giulio Cesare) per il secondo. Più povere le altre piazze: se a Bari è di scena, primariamente, la danza, con il progetto Dab nel 2019, è a Palermo che va cercata qualche sfiziosa novità, con il Faust ovvero Arricogghiti u filu di Vincenzo Pirrotta, La tempesta di Roberto Andò, Chi vive giace di Roberto Alajmo, diretto da Armando Pugliese, Spettri, nella versione di Walter Pagliaro e il percorso di Vetrano e Randisi nella drammaturgia di Franco Scaldati, con Ombre folli. ★


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