critiche Biennale, attore o performer? Un dilemma che (forse) non c’è
ORESTEA Agamennone, Schiavi, Conversio, drammaturgia e traduzione di Simone Derai e Patrizia Vercesi. Regia, scene e costumi di Simone Derai. Luci di Fabio Sajiz. Musiche di Mauro Martinuz. Video di Simone Derai e Giulio Favotto. Con Marco Ciccullo, Sebastiano Filocamo, Leda Kreider, Marco Menegoni, Gayané Movsisyan, Giorgia Ohanesian Nardin, Eliza G. Oanca, Benedetto Patruno, Piero Ramella, Massimo Simonetto, Valerio Sirnå, Monica Tonietto, Annapaola Trevenzuoli. Prod. Anagoor, Castelfranco Veneto (Tv) e altri 4 partner. LA BIENNALE TEATRO, VENEZIA. IN TOURNÉE
E, dopo il Regista, venne l’Attore/Performer. Il secondo anno di Biennale Teatro, diretto da Antonio Latella, conferma una forte tensione progettuale e una coerenza interna di rimandi e suggestioni fra le diverse sezioni del programma davvero encomiabile. Alla centralità del tema Attore/Performer, asse portante della Biennale Teatro 2018, sono stati infatti dedicati gli incontri con gli artisti presenti, un simposio, moderato da Federico Bellini, con Chris Dercon, Paweł Sztarbowski, Bianca Van der Schoot e Armando Punzo, azioni di tutoraggio per gli “Spettatori in residenza” e l’inizio del progetto “Scrivere in residenza”, destinato a giovani laureati italiani under 30. Undici gli artisti ospitati nel cartellone, con la formula vincente delle mini-personali di 2-4 spettacoli, tra cui i Leoni d’Oro Antonio Rezza e Flavia Mastrella (per le recensioni dei loro spettacoli - 7-14-21-28, Fratto X e Anelante - si vedano Hystrio n. 1.2010, n. 1.2013 e n. 2.2016) e il Leone d’Argento Anagoor, a cui si aggiungono Leo-
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nardo Lidi e Fabio Condemi, rispettivamente vincitore e segnalato del Bando Registi Under 30 2017. Fortemente compenetrata al programma, è stata anche la Biennale College, che quest’anno proponeva nove masterclass sul tema del bacio (Jakop Ahlbom, Silvia Calderoni, Linda Dalisi e Letizia Russo, Roberto Latini, Francesco Manetti e Alessio Maria Romano, Guido Mencari, Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Vincent Thomasset, Gisèle Vienne i docenti), con restituzione aperta al pubblico l’ultimo giorno di programmazione, e la finale della seconda edizione del Bando Registi Under 30, vinta da Leonardo Manzan con Cirano deve morire, mentre una segnalazione speciale è andata a Giovanni Ortoleva per Saul. Al vincitore un premio di produzione di 110mila euro per trasformare lo studio di 20 minuti in uno spettacolo compiuto in occasione della Biennale Teatro 2019. Gli altri finalisti erano Camilla Brison, Alessandro Businaro, Lucia Menegazzo, Silvia Rigon e Pablo Solari.
Esiste un esplicito filo rosso, una riflessione diversamente approfondita da Anagoor in spettacoli successivi - Lingua Imperii, Virgilio brucia e ora Orestea - e incentrata sull’idea di morte e dimenticanza, presunzione di immortalità di una parola in realtà essa stessa mutevole e fugace, benché portatrice, a seconda dei casi, di sofferenza ovvero gloria. Una linea che si rivela in dettagli formali - i due schermi rettangolari ai lati del palco, le immagini di animali in macelli, le maschere che imprigionano la parte inferiore del volto - e ovviamente contenutistici - la coscienza del fallimento quale destino delle opere dell’uomo e, nondimeno, l’affermazione della necessità di una “conversione”, un cambiamento radicale dei valori condivisi dalla comunità. Una riflessione che ora parte da Eschilo, individuato quale incubatore di visioni e citazioni letterarie eterogenee eppure rigorosamente coerenti. A raccordare gli episodi tragici con approfondite chiose antropologico-filosofiche e con simbolici video, la presenza al microfono del corifeo Marco Menegoni, rigoroso e appassionato come sempre. Attorno a lui un coro vivo che compie azioni esemplari, intona canti a cappella, si muove in coreografie armoniose, benché compulsivamente ripetitive. E i vari personaggi, interpretati da performer di formazione palesemente dissimile, ma proprio per questo generatori di emblematici stridori. È evidente la stratificazione di codici e linguaggi che informa questo fluviale spettacolo e che la regia riesce con mano salda a governare e compenetrare l’uno nell’altro: una maturità artistica che, con esito mirabile, accetta di confrontarsi con la vanità dell’esistenza umana e con l’effimera natura della parola che la descrive, officiando un elaborato e originale rito capace di esorcizzare il dolore e la morte. Laura Bevione LETTRES DE NON-MOTIVATION, di Julien Prévieux. Regia di Vincent Thomasset. Con David Arribe, Johann Cuny, Michèle Gurtner, François Lewyllie, Anne Steffens. Prod. Laars & Co., Saint-Mande-Parigi (Fr) e altri 8 partner internazionali.