DANZA
Da Venezia a Civitanova Marche, tutti i movimenti della danza Robert Racine. Scene e luci di Marie Chouinard e Axel Morgenthaler. Costumi di Marie Chouinard, Liz Vandal, Louis Montpetit. Con Sébastien Cossette-Masse, Catherine Dagenais-Savard, Valeria Galluccio, Motrua Kozbur, Morgane Le Tiec, Luigi Luna, Scott McCabe, Sacha OueletteDeguire, Carol Prieur, Clémentine Schindler. Prod. Compagnie Marie Chouinard, Montreal. LA BIENNALE DANZA, VENEZIA.
BUILT TO LAST, coreografia di Meg Stuart. Drammaturgia di Bart Van den Eynde e Jeroen Versteele. Scene di Doris Dziersk. Costumi di Nadine Grellinger. Luci di Jürgen Tulzer e Frank Laubenheimer. Musiche di Alain Franco. Con Dragana Bulut, Davis Freedman, Anja Müller, Maria F. Scaroni, Kristof van Boven. Prod. Damaged Goods, Bruxelles-Berlino e Münchner Kammerspiele, Monaco di Baviera. LA BIENNALE DANZA, VENEZIA. Dopo Lucinda Childs lo scorso anno il Leone d’Oro alla Carriera è stato assegnato stavolta a Meg Stuart che, classe 1965, è tra le più giovani vincitrici. Americana attiva da anni in Europa, dove ha fondato la compagnia Damaged Goods e ora di base tra Bruxelles e Berlino, Meg Stuart, nella parabola che l’ha vista attraversare diversi formati creativi, ha posto un forte accento sulla variazione di energia del movimento e su come quest’ultimo si metta in gioco con uno spazio in continuo divenire. Tutto ciò si ritrova in Built to Last, spettacolo del 2012 per cinque interpreti. Proprio la danza, arte effimera per eccellenza, in questo lavoro il cui titolo significa «costruito per durare» pare riflettere su se stessa, accogliendo conosciute partiture classiche e contemporanee. Elaborato da Alain Franco, questo collage musicale rappresenta, infatti, il primo confronto di Meg
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Stuart con partiture storiche a cui la coreografa reagisce a livello emotivo, adoperandole per evidenziare gesti e canalizzare il flusso di energie tra gli interpreti. Dalla centralità di Beethoven si susseguono così le sonorità di Xenakis, Stockhausen, Ligeti e molti altri, animando uno spazio scenico che, da campo aperto per tracciare scie di movimento, si fa teca di un museo antropologico, o macchina del tempo per confrontarsi con la sagoma in cartone di un tirannosauro. Tra scene di caccia agli uccelli, gesti minuti e slanci eclatanti, emergono continue citazioni dalla storia della danza, in cui port de bras del balletto cedono il posto alle dinamiche della modern dance e raffinate inserzioni da Trio A di Yvonne Rainer dischiudono una riflessione su un’arte tanto accattivante quanto sfuggente. Monumento all’arte del movimento, in cui non si tralascia però di ironizzare sugli aspetti più eroici e appariscenti, grazie anche ai rimandi alla popstar Madonna, Built to Last come un ingranaggio perfetto aziona, infine, un grande sistema solare. I nove pianeti orbitano così sulle nostre teste sino all’esplosione del sole, estremo rilascio di energia che vede i danzatori cadere a terra stremati. Carmelo A. Zapparrata RADICAL VITALITY, SOLOS AND DUETS, coreografie di Marie Chouinard. Musiche di Louis Dufort, Fréderic Chopin, Carles Santos,
La potenza del corpo che, indagato in ogni suo singolo anfratto, si fa strumento espressivo di un mondo surreale in grado di scatenare paure e desideri: è questa la sensazione che si avverte assaporando per più di due ore Radical Vitality, Solos and Duets, compendio di vari estratti firmati dalla direttrice della Biennale Danza Marie Chouinard. Presentata al festival lagunare in prima assoluta, questa antologia inanella diversi pezzi, concepiti tra il 1979 e il 2018. Pur se interessante dal punto di vista storico, la carrellata di più di trenta estratti voluta dalla Chouinard affatica lo sguardo dello spettatore evidenziando non pochi problemi drammaturgici. Avulsi, infatti, dal loro contesto, quel mondo surreale tanto denso e incisivo, i preziosi assoli e duetti appaiono purtroppo appiattiti. Il corpo portato all’estremo, l’utilizzo della voce quale creatrice di spazi e l’espansione dell’essere scenico attraverso protesi, tutte cifre distintive della Chouinard, non vengono purtroppo valorizzate in questo processo di collazione sincrona che, dopo i primi numeri, cade in monotonia. Nella lunga saga chouinardiana a stazioni, però, alcuni assoli e duetti riescono comunque a brillare catturandoci grazie alla potenza d’espressione e d’inventiva. Degni di nota sono, infatti, il tellurico e focoso Earthquake in the heart chakra del 1985, come il sensuale orgasmo di Under the spotlight (da Etude Poignante del 1998), gli slanci e le dinamiche dell’affascinante Whale and Three Times Gould (da bODY_rEMIX/gOLDBERG_vARIATIONS del 2005) o ancora gli sdoppiamenti e l’utilizzo delle maschere in The Ladies’ crossing e Finale (entrambi da The Golden Mean (Live) del 2010), in cui l’effetto straniante tra corpi tonici e volti di anziani e di bebè colpisce dritto lo sguardo. Carmelo A. Zapparrata FLA.CO.MEN, direzione, coreografia e danza di Israel Galván. Costumi di Concha Rodriguez. Luci di Ruben Camacho. Suono di Pedro Leon. Musicisti David Lagos, Tomas de Perrate, Eloisa Canton, Caracafé, Proyecto Lorca. Prod. Negro Producciones, Siviglia e altri 2 partner internazionali. LA BIENNALE DANZA, VENEZIA.