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teatro di figura
Questo non è un teatro per bambini, pupazzi e figure rivendicano la scena
Difficile da trovare nelle stagioni dei teatri italiani, il teatro di figura è invece difeso con tenacia da compagnie e artisti che conservano tradizioni storiche, innovandole costantemente con un’arte raffinata quanto capace di stupire tutti i pubblici.
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di Mario Bianchi
Si perde nella notte dei tempi l’origine di quello che chiamiamo teatro di figura, una forma teatrale che utilizza maschere, burattini, marionette, pupazzi, ombre, oggetti che permettono di proporre sulla scena un universo più complicato e spesso più suggestivo di quello offerto dal solo attore. Un universo pervicacemente difeso, in Italia, da alcuni festival e manifestazioni che ancora oggi cercano di preservarlo come Incanti a Torino, Immagini dall’Interno a Pinerolo, Anima a Cagliari, Impertinente a Parma, Figure da Grandi a Reggio Emilia, IF Festival a Milano, solo per citarne alcuni. Senza dimenticare poi i più longevi: il Festival di Morgana del Museo Internazionale delle Marionette “Antonio Pasqualino” a Palermo e Arrivano dal mare! in Romagna. La riproposta, a quest’ultimo festival, dello storico Ginevra degli Almieri, rimesso a nuovo da Romano Danielli, con ben sette burattinai in baracca, ha fatto riesplodere il caso di come il teatro di figura in Italia sia quasi ignorato dalle normali stagioni teatrali, essendo generalmente considerato solo per l’infanzia, a differenza di ciò che avviene normalmente all’estero. È pur vero anche che un ristretto numero di artisti e di compagnie hanno fatto del teatro di figura o “delle figure” la loro matrice esclusiva, ed è pur vero, di converso, che la tradizione dei burattini, delle marionette e dei pupi si è tramandata e vive per merito di maestri che ancor oggi la valorizzano pienamente, trasportandola nella contemporaneità. Su tutti i nomi della Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli, a Milano, e di Mimmo Cuticchio, a Palermo. La prima compagine, rimasta orfana di Eugenio Monti Colla, continua fortunatamente la tradizione con il suo bagaglio scenico di opere liriche, classici per l’infanzia e non, recupero di testi storici, con un patrimonio di marionette, costumi e testi che si è meritato un museo a Milano. Il secondo, che a Palermo organizza il bellis-
simo Festival La Fabbrica dei Sogni, non solo mette in scena il classico repertorio dell’Opera dei Pupi, profondamente rinnovato negli anni dallo stesso lavoro della Compagnia Figli d’Arte Cuticchio, ma lo fa interagire con le altre arti, come nel recente connubio con la danza di Virgilio Sieni.
L’uomo e l’artificio
Per la diffusione del teatro di figura per adulti di grande importanza e interesse sono stati i progetti speciali del Cta di Gorizia come Beckett & Puppet (da ricordare gli spettacoli di Dino Arru dedicati a Beckett) e Puppet & Music, tesi a diffondere il linguaggio del teatro di figura anche fuori dallo specifico settore. Anche compagnie che si dedicano solitamente al pubblico dei ragazzi hanno un importante e specifico repertorio rivolto agli adulti. Il ravennate Teatro del Drago, per esempio, dell’antica e benemerita famiglia Monticelli, ha da poco prodotto uno spettacolo tratto dalla shakespeariana Tempesta, Patrizio Dall’Argine, con il suo Teatro Medico Ipnotico, è autore di un Leonce e Lena di Büchner da antologia e lo stesso Gaspare Nasuto, re contemporaneo delle guarattelle, esplora da par suo Bergman e Brecht. Il milanese Teatro del Buratto, che ha nel teatro di animazione su nero la sua specialità, porta in giro da decenni il suo Fly Butterfly con grande e immutato successo, mentre, in Sardegna, la compagnia Is Mascareddas ci ha regalato un vero capolavoro con Venti contrari, omaggio alle artiste cagliaritane Giuseppina e Albina Coroneo. E infine, tra le compagnie che, seppure in modo non continuativo, utilizzano questo particolare linguaggio scenico, è d’obbligo ricordare anche il lucchese Teatro del Carretto (nominiamo i loro spettacoli Pinocchio e Biancaneve). Insomma tra mille difficoltà il teatro di figura che parla al pubblico adulto è più vivo che mai e si diffonde in mille rami, senza timore di contaminarsi e contaminare la ricerca e altri linguaggi della scena, spesso con esiti sorprendenti. La friulana Marta Cuscunà, vincitrice nel 2009 del Premio Scenario per Ustica con È bello vivere liberi! – in cui la narrazione si univa a cinque burattini e a un pupazzo per narrare la storia della staffetta partigiana Ondina Peteani – ha felicemente continuato questo stile e la sua particolarissima poetica con La semplicità ingannata (2012) e con Sorry, boys (2015) terzo spettacolo della trilogia sulle resistenze femminili. Prima di lei, staccandosi dalla tradizione dei burattini, il Teatrino Giullare di Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti ha efficacemente fatto del “rapporto tra umano e artificio” il proprio terreno di ricerca, visitando con le figure testi di autori come Beckett (Finale di partita, 2006), Pinter (La stanza, 2010), Bernhard (Alla meta, 2013), Jelinek (Le amanti, 2016) mentre è annunciato per il 2019 il Menelao di Davide Carnevali. Ecco poi la compagnia Zaches Teatro, capitanata da Luana Gramegna e Francesco Givone, scenografo, costruttore di maschere e scenografie per altri progetti, che fin dal suo primo spettacolo One Reel (2006), passando per la Trilogia della visione (2009/11) fino ai più recenti Pinocchio e Minotauro, ha messo in relazione tutti i vari linguaggi espressivi del teatro di figura con la danza contemporanea, la sperimentazione vocale, i movimenti plastici, la musica e la pittura. In qualche modo affratellata con Zaches è Riserva Canini di cui, tra gli spettacoli esplicitamente dedicati ai ragazzi, ci piace ricordare Talita Kum (2011) in cui Valeria Sacco diventa tutt’uno con un grande pupazzo/marionetta e il recentissimo Il mio compleanno, dove Marco Ferro ha saputo creare un’originale sinergia tra parola, teatro d’ombre e proiezione di sagome e acetati.
Drammaturgie d’autore
Anche il teatro d’ombre fa parte a buon diritto del teatro di figura e ha nella compagnia torinese Controluce il suo alfiere degli spettacoli dedicati agli adulti, con un particolare interesse per la musica, con la raffinatissima resa in immagini, tra le varie creazioni, del Didone ed Enea di Purcell (2003), del Pierrot Lunaire (2008) di Schönberg, di Aida di Verdi (2008) e di Madama Butterfly di Puccini (2017). Riguardo al melodramma proposto con il teatro di figura, rimarchevoli sono gli spettacoli di Claudio Cinelli che mescola n opera, mimo e danza. Per il teatro d’ombre ricordiamo, fuori dal teatro per ragazzi dove eccelle da diversi decenni in Italia, e non solo, anche le incursioni di Teatro Gioco Vita: Il corpo sottile (1988), La donna di Porto Pim da Tabucchi (2015), Nell’ombra di una luce (2017) da Pavese. Il veneto Gigio Brunello ha creato nel campo del teatro di figura, prima con semplici burattini dai contorni umani (Macbeth all’improvviso, 2001, Beati i perseguitati a causa della giustizia, 2005, La carota, 2006, La grande guerra del sipario, 2017), poi con piccole statuette mosse a vista su tavole (Vite senza fi ne, 2007, Lumi dall’alto, 2013, Il ritorno di Irene, 2016), spesso in collaborazione con Giulio Molnar, un teatro originalissimo, unico nel suo genere nel nostro Paese. Particolarissimo anche l’utilizzo ironico e grottesco delle figure fatto dalla compagnia toscana I Sacchi di Sabbia che, oltre a utilizzare la tecnica del pop up come in Abram e Isaac (2011) e Pop up (2013), per il Teatro delle Briciole (altra compagine che da decenni si batte per la difesa del teatro di figura) utilizza anche ortaggi per narrare le epopee di Salgari in Sandokan (2008), fino al vero e proprio trionfo delle figure in I quattro moschettieri in America (2015), parodia di Nizza e Morbelli, ispirata al celebre capolavoro di Dumas. Impossibile non ricordare infine molti artisti come Roberto Abbiati, Antonio Panzuto, Antonio Catalano e Alessandro Libertini, che esplicitano nel loro lavoro un omaggio a tutto ciò che non vive di sangue, pelle e ossa. Così come è interessante segnalare anche come una nuova generazione di teatranti abbia scelto di utilizzare il teatro di figura come linguaggio per sperimentare nuove forme: Daria Paoletta, Jessica Leonello, il Collettivo 7/8 chili, Dispensa Barzotti, Occhi sul Mondo, Unterwasser, Vieri-Guaragna, Modesti e la giovane compagnia lombarda Teatro dei Gordi. Come abbiamo visto (e ci scusino coloro di cui ci siamo dimenticati) dai molti nomi citati, il fermento non manca in un genere considerato solo come divertimento infantile. Non stupisce dunque il successo sorprendente dell’iniziativa lanciata da Teatro Gioco Vita, “Animateria”, un corso di formazione professionale sulle arti delle forme e delle figure: più di 500 ore di offerta formativa in collaborazione con Teatro delle Briciole, Teatro del Drago e Teatro del Buratto. Il problema più importante, in Italia, è dunque superare il pregiudizio culturale che vuole questo linguaggio confinato al teatro per l’infanzia, mutando la percezione collettiva attraverso proposte di qualità, offerte dai palcoscenici dei grandi teatri. ★