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Il Premio Scenario si fa festival e trova casa a Bologna

Alla Manifattura delle Arti una settimana di spettacoli e la finale del Premio, giunto alla 18a edizione. Vincono Una vera tragedia di Favaro/Bandini e Il colloquio di collettivo lunAzione, segnalati Bob Raphsody di Carolina Cametti e Mezzo chilo di Serena Guardone.

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di Claudia Cannella

Al di là di chi vince e di chi perde, al di là delle edizioni più o meno feconde, quel che rende insostituibile il Premio Scenario è una doppia opportunità: per i partecipanti l’occasione di realizzare un progetto nell’arco di due anni con momenti di tutoraggio, per gli spettatori della finale di assistere a uno spaccato artistico ed esistenziale della generazione under 35. Quali sono le urgenze dei nostri millennials? La campionatura offerta, lo scorso luglio, da Scenario Festival 2019 – questa la nuova formula, arricchita di spettacoli, incontri, proiezioni e laboratori – disegna un panorama inquieto, per il momento ancora distratto sui temi green di questi ultimi tempi (ma sono sicura che affioreranno nella prossima edizione), ma molto attento al sociale – migranti, giovani e malavita, social e violenza, lavoro e sfruttamento – e al privato che comunque si fa sociale – disturbi del comportamento alimentare, giovani svantaggiati, paure assortite. Dal punto di vista formale, colpisce invece l’uso e l’abuso di una recitazione frontale e, nella scrittura, la scarsità di interazione tra personaggi, troppo spesso monologanti anche all’interno di strutture drammaturgiche a più voci. Una moda o l’incapacità di costruire dialoghi e, di conseguenza, relazioni tra attori? Nella splendida cornice bolognese della Manifattura delle Arti (ma erano coinvolti anche il Cassero Lgbt Center e gli spazi di DamsLab), habitat perfetto per Scenario Festival 2019, si sono affrontate, con “corti” da 20 minuti, le 12 compagnie under 35 finaliste, di cui 3 provenienti dal Nord, 4 dal Centro e 5 dal Sud e dalle Isole. Per completezza di numeri: 116 erano i progetti iscritti (59 dal Nord, 36 dal Centro e 21 dal Sud e dalle Isole) e 48 i semifinalisti; in palio 2 premi da 8.000 euro per i vincitori (Premio Scenario e Premio Scenario Periferie, che va a sostituire il Premio Scenario per Ustica) e 2 premi da 1.000 euro per le segnalazioni speciali. In giuria, oltre alle due anime del Premio Scenario – Cristina Valenti e Stefano Cipiciani – Marta Cuscunà (Presidente), Gianluca Balestra ed Elena Di Gioia.

I 4 da tenere d’occhio

And the winner was… Una vera tragedia di Edoardo Favaro e Alessandro Bandini, entrambi poi anche alla Biennale di Venezia con Giovanni Ortoleva per Saul (menzione Registi under 30), e quest’ultimo anche interprete con Alfonso De Vreese, Edoardo Sorgente e Petra Valentini, gran bel gruppo di area milanese con formazione tra Scuola Paolo Grassi e Scuola del Piccolo Teatro. Senz’altro una spanna sopra gli altri per maturità drammaturgica e attorale. Favaro, autore del testo, ci presenta un dramma borghese “destrutturato”, che guarda alle cupezze nordiche di

Jon Fosse e alle atmosfere inquietanti di Harold Pinter e David Lynch con condimento ironico di applausi registrati da sit-com e impianto visivo che ricorda i dipinti di Edward Hopper. Intreccio di piani temporali e scambio di ruoli tra gli interpreti per raccontare una tragedia famigliare con genitori in attesa di un fi glio per cena, che forse è stato ucciso o forse no, aprendo squarci di inconfessabili segreti. Davvero molto promettente. Come anche il vincitore di Scenario Periferie, il partenopeo collettivo lunAzione con Il colloquio. Un po’ scontato forse l’armamentario kitsch di certa napoletanità, ma l’idea di fare di tre donne in attesa di un colloquio in carcere con i propri cari, tutti camorristi, il simbolo di un destino ineluttabile è antropologicamente molto forte. A interpretarle sono tre uomini, segno di un maschile fatto proprio perché assente nella loro quotidianità ma sempre presente a tenerle legate a esistenze che meriterebbero una (im)possibilità di cambiamento. Le segnalazioni speciali sono andate invece a due monologhi: Bob Raphsody di Carolina Cametti (Milano), e Mezzo chilo di Serena Guardone (Capezzano Pianore, Lu). Il primo è un poemetto in forma di flusso di coscienza su vari temi esistenziali: i social che hanno invaso le nostre vite sempre di corsa, i sogni nel cassetto, solitudine, amore e speranze delle giovani generazioni. Sorprendente e intrigan-

te la scrittura e il suo ritmo, travolgente la performance. Rimane un dubbio: reggerà alla durata maggiore prevista dalla versione in forma compiuta? Autobiografico, e per questo particolarmente toccante, il secondo, una storia di anoressia e bulimia. Sola in scena, Serena Guardone fa ingrassare le Barbie, si ammanetta al frigorifero, coccola uno scheletro, si fa voce di un discorso tirannico sulle taglie piccole che domineranno il mondo e se la prende con la psicologa che, da bambina, aveva liquidato il suo disturbo come una semplice forma di isteria. Coraggioso nel rendere pubblico il privato, infrangendo con ironia il tabù della vergogna celata nella patologia, il monologo tuttavia rimane in parte irrisolto tra urgenza personale e tentativo di andare oltre. Scelte della giuria che, per completezza di cronaca, quest’anno sono state quasi del tutto coincidenti con quelle della Giuria ombra (ci può partecipare chiunque purché veda tutti i “corti” finalisti), come sempre capitanata da Mario Bianchi. Appuntamento quindi a Milano, il 29 e 30 novembre, al Teatro Verdi e al Teatro Munari per vedere in forma compiuta i quattro “corti”, vincitori e segnalati, di Generazione Scenario 2019.

Sud, social e disagi generazionali

Tra gli altri 8 finalisti, a mio avviso meritavano comunque attenzione Fog del gruppo Mind the step (San Felice a Cancello, Ce), Anticorpi di bolognaprocess (Agropoli, Sa) e Calcinacci di Usine Baug Teatre (Bresso, Mi). Tre adolescenti annoiati, un sabato sera da riempire, una diretta streaming dai loro cellulari mentre si baciano e si spogliano: l’eccitamento sessuale progredisce con l’aumentare dei likes, e il gioco diventa abuso e violenza, ma chi la esercita, chi la subisce e chi la filma non sembra neanche rendersene conto. Mind the step, collettivo formatosi a Napoli, colpisce nel segno in Fog con un tema generazionale agghiacciante, un po’ appiattito, però, dalla reiterata frontalità con cui il tutto viene raccontato al pubblico. Ancora i millennials sono i protagonisti di Anticorpi di bolognapress, una sorta di lezionespettacolo, molto interessante, che indaga il rapporto fra i giovani (qui un greco, un francese e un’italiana) e le derive di estrema destra in Europa. Autobiografia, brand e outfit che caratterizzano i neo-nazionalisti, un rap su un testo di Marine Le Pen e una serie di video-interviste ad adolescenti ci mettono davanti al pericolo più grande: l’ignoranza. Calcinacci di Usine Baug Teatre racconta invece di frontiere e di migranti, di merci e di confi ni, intrecciando storie vere provenienti da tutto il mondo, ma accomunate da meccanismi destinati a ripetersi. Poche parole, alcune parti in versi e piccole animazioni per uno spettacolo che ha un certo retrogusto didascalico da teatro ragazzi, ma è realizzato con molta cura ed è pieno di spunti meritevoli di approfondimento. Ancora acerbi e a tratti naïf, pur trattando temi importanti, mi sono parsi gli altri 5 finalisti. Significativo, più per il risvolto autobiografico che per l’esito, è stato L’inganno di Alessandro Gallo/caracò teatro (Bologna) su infanzia e formazione del figlio di un padre camorrista, poi rinnegato, così come Sound sbagliato di Le Scimmie (Napoli), spaccato di gioventù bruciata all’ombra della malavita organizzata, più scontato ma forte di un’interessante drammaturgia in versi e di una bella energia. Ancora il Sud, questa volta un paese agricolo, che ospita in una baraccopoli di immigrati reclutati per la raccolta dei pomodori, è al centro di Sammarzano di Ivano Picciallo/I Nuovi Scalzi (Barletta), quasi una favola un po’ bozzettistica. Sincero e commovente, ma con una struttura ancora fragile, era Io non sono nessuno di Emilia Verginelli (Roma), ricavato dalla sua esperienza di volontaria con ragazzini ospiti di case-famiglia, che devono fare i conti con la “carità pelosa” dei ricchi snob che dicono di volerli aiutare, mentre Forte movimento d’animo con turbamento dei sensi di Margherita Laterza (Roma) gira a vuoto, pur con una certa ironia, cercando una faticosa interazione con il pubblico nel raccontare le paure di una giovane donna, nelle relazioni, nell’amore e nel sesso. Concorso a parte, rimane comunque per tutti la bella atmosfera di un festival della creatività giovanile che, in un ideale passaggio di testimone, ha visto in palcoscenico anche la presenza di artisti delle precedenti edizioni del Premio Scenario, da Davide Enia a Chiara Bersani, da Emma Dante (il film Via Castellana Bandiera) a Liv Ferracchiati, passando per Babilonia Teatri, Anagoor e Fratelli Dalla Via. ★

In apertura, Una vera tragedia e Il colloquio; in questa pagina, Bob Raphsody e Mezzo chilo (foto: Malì Erotico) .

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