CANTO VI DIVINA COMMEDIA
INTRODUZIONE Il canto sesto dell’Inferno di Dante Alighieri si svolge nel terzo cerchio, dove sono puniti i golosi. Come anche nel Purgatorio e nel Paradiso il tema di questo canto è politico. Questo inizia nel momento in cui Dante si riprende dallo svenimento dopo aver parlato con «i due cognati», ovvero Paolo e Francesca. «Al tornar della mente, che si chiuse dinanzi alla pietà d’i due cognati, che di trestizia tutto mi confuse» (Canto VI, vv.1-3)
I GOLOSI I golosi sono quelle anime dannate colpevoli di ingordigia, cioè il desiderio smodato di mangiare piÚ del necessario. Il peccato della gola è sia una colpa in quanto esempio di sfrenatezza, sia come ingiustizia sociale in contrapposizione ai poveri che soffrono la fame; nel medioevo la chiesa considerava la gola uno dei sette peccati capitali.
(sette peccati capitali, Museo del Prado, Hieronymus Bosch, 1500-1525)
LA PENA DEI GOLOSI La pena dei golosi può essere considerata sia per analogia che per contrasto.
Per contrasto, come in vita si abbandonarono alla gola, amando cibi raffinati, facendo un uso fine dei sensi, quali il gusto, la vista e l’olfatto, ora sono costretti a giacere in una fanghiglia a vedersi e dall’odore sgradevole.
Per analogia, come furono avidi in vita, ora sono avidamente sbranati da Cerbero, il mostro infernale.
I SESTI CANTI DELLA COMMEDIA Dante attribuisce ad ogni sesto canto della commedia un tema politico.
Nel sesto canto dell’Inferno (nel III cerchio), Dante incontra Ciacco e discutono sulla situazione politica di Firenze;
Nel sesto canto del Purgatorio (nell’Antipurgatorio, II Balzo dei Negligenti, dove si trovano i morti per violenza), Dante incontra Sordello da Goito e discute non solo sulle condizioni di Firenze, ma di tutta Italia;
Infine, nel sesto canto del Paradiso (II cielo, Mercurio, Spiriti operanti per la gloria terrena), Dante incontra Giustiniano e discutono della situazione dell’impero romano d’Oriente.
CERBERO Cerbero è un cane a tre teste presente anche nell’Eneide, opera di Virgilio. Nella divina commedia, però, Dante lo descrive in modo più mostruoso, sia per la descrizione tra l’umano e il bestiale (occhi rossi, barba unta e nera, pancia gonfia e le mani con unghie, e non zampe con artigli), con i quali graffia i dannati, che per il fatto che inghiotte il fango gettato da Virgilio, e non semplicemente una focaccia soporifera, come accadeva nel viaggio di Enea. «de la piova etterna, maladetta, fredda e greve» (Canto VI, vv.7-8)
Quando Cerbero vede Dante e Virgilio, apre le bocche, mostra loro le zanne, senza tenere fermo un singolo muscolo. Allora Virgilio distende le mani e getta nelle sue «bramose canne» (gole), due pugni di terra che il cagnaccio si affretta a mangiare, come quei cani che, desiderosi del pasto, abbaiano e poi si interrompono subito appena lo ottengono. Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo, le bocche aperse e mostrocci le zanne; non avea membro che tenesse fermo. E ’l duca mio distese le sue spanne, prese la terra, e con piene le pugna la gittò dentro a le bramose canne. (Canto VI, vv.22-27)
CIACCO Ciacco è un personaggio letterario, una persona che veniva invitata ai banchetti per allietare i partecipanti, citato da Dante nell’inferno tra i golosi (vv.34-75) e anche da Giovanni Boccaccio in una novella del Decameron. Ciacco si presenta a Dante dicendo: «voi cittadini mi chiamaste Ciacco». Questo nome è un sostantivo alla quale si attribuiva il significato di porco, ma era soltanto da intendere come diminutivo dei nomi Jacopo e Giacomo. « Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola, come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. » (Canto VI, vv. 52-54)
Dante pone tre domande a Ciacco:
Quale sarà l’esito delle lotte tra i cittadini di Firenze? (1)
Esistono persone giuste? (2)
Quali sono le cause della discordia? (3) «ma dimmi, se tu sai, a che verranno li cittadin de la città partita(1); s’alcun v’è giusto (2); e dimmi la cagione per che l’ ha tanta discordia assalita» (3) (Canto VI, vv.60-63)
Ciacco profetizza le tre risposte:
La vittoria dei Guelfi Neri(1)
Le persone giuste sono pochissime (2)
Le cause della discordia sono la superbia (valutazione eccessiva delle proprie qualità e capacità: uno dei sette peccati capitali), l’invidia (stato d’animo che si prova nel gioire del male degli altri e nel soffrire della felicità altrui) e l’avaria (l’avarizia consiste nell’identificare sé stessi nei beni materiali, a tal punto da non volersene separare)(3)