classe 1E 2013/14 - Tra favola e scienza

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Tra Favole e Scienza

Libro scritto e illustrato dagli alunni della classe 1 aE Scuola Secondaria Fra Salimbene A.S. 2013-2014


Introduzione Abituati ormai ad una realtà che va troppo di fretta e non si ferma più ad osservare il mondo con gli occhi di un bambino, riscoprire la bellezza intorno a noi, dentro le piccole cose, assume una valenza quasi magica. È stato con questo spirito che è nata l’idea di un progetto mirato al gusto dell’osservare e dello scoprire . Scoprire ed osservare la natura nelle sue meravigliose forme e colori, nella vita che ci ruota intorno e di cui siamo parte. Il mondo degli insetti, questi amici sconosciuti, attraverso la lente d’ingrandimento mostra tutta la sua bellezza e le svariate caratteristiche. Questo pensiero è stato il motore centrale del lavoro. Da qui i ragazzi hanno costruito delle storie fantastiche su “personaggi-insetto”, senza comunque perdere di vista quelle che erano le loro singolarità scientifiche. Sono stati bravissimi nell’immaginare, disegnare e dare corpo a tutto un mondo immaginario, popolato però da protagonisti reali presi dalla quotidianità. L’entusiasmo con il quale si sono cimentati nel lavoro e il prodotto di tanta fatica, sono stati per noi insegnanti motivo di gratificante soddisfazione e gioia. Ringraziamo quindi di cuore i nostri piccoli autori e tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione del progetto. in collaborazione con:

CENTRO SERVIZI PER L’AGROALIMENTARE di assistenza e sperimentazione «A. Bizzozero»

Gli insegnanti: Daniela Brunini, Paola Ghirardi, Giorgio Lasagna, Stefania Rastelli Scuola Secondaria 1° grado Fra Salimbene


Il progetto “Tra favole e scienza” nasce dalla collaborazione tra due associazioni attive a Parma nell’ambito dell’educazione ambientale, della didattica scientifica e della divulgazione. ADA (Associazione donne ambientaliste) è attiva nella divulgazione delle tematiche ambientali e privilegia da sempre l’educazione ambientale nelle scuole, cui vengono destinati i fondi ricavati con l’attività associativa. EMPIRICA officina di scienze ed arte progetta e svolge laboratori di didattica e divulgazione scientifica e artistica. Entrambe si propongono di stimolare nei giovani l’amore per la natura, le scienze e l’arte attraverso la conoscenza, presupposto prioritario per un futuro mondo migliore. Per l’anno scolastico 2013/2014, ADA Onlus è lieta di poter sostenere i costi del progetto “Tra Favole e Scienza” realizzato da Empirica presso la Scuola Fra Salimbene di Parma. “Tra favole e scienza” è un percorso annuale per la classe prima della Scuola Secondaria di Primo Grado, suddiviso in più incontri svolti in classe, progettato con la finalità di rendere l’osservazione scientifica uno strumento di educazione linguistica ed artistica, per una conoscenza unitaria che stimoli a pensare, elaborare e creare qualcosa di intimamente personale; integra quindi ambiti disciplinari diversi nella convinzione che l’approccio interdisciplinare 2

sia la strada migliore per educare al rispetto e alla conoscenza. I ragazzi osservano anche con il microscopio e disegnano la morfologia degli insetti, per scoprire come ogni forma, colore o dimensione corrisponda ad una funzione specifica e quindi ad un ruolo ecologico. Osservare, descrivere, immaginare… un personaggio può nascere dall’osservazione di un animale, di un oggetto, di un compagno, ma quando “prende forma” non c’è ritorno, qualcosa gli succederà! I personaggi prendono vita anche attraverso le immagini che, come le parole, possono descrivere, raccontare, esprimere emozioni e sensazioni… Così è nato questo libro, ideato e illustrato dai ragazzi, ispirato dall’osservazione scientifica degli insetti e dell’ambiente che li circonda, un mondo ripensato e reinventato dalla scrittura creativa ed infine colorato e costruito con la fantasia e le competenze del fare artistico. Il libro raccoglie i racconti scritti e illustrati dagli alunni della classe prima E dell’anno scolastico 2013- 2014 della Scuola Secondaria di Primo Grado Fra Salimbene di Parma, a cui vanno le più vive congratulazioni per l’impegno, l’entusiasmo e la passione dimostrati. Le attività a cura di Empirica sono state svolte da: Martina Ferrari (laboratorio di disegno e illustrazione), Livia Ottaviani e Paola Peretti (laboratorio di scienze ed educazione ambientale), Francesca Ugolotti (laboratorio di scrittura creativa). Ringraziamo l’Associazione ADA, che ha creduto nella valenza e nell’originalità del progetto, l’Istituto Sanvitale3


Fra Salimbene, che da subito ha accolto la proposta con entusiasmo. Un grazie agli insegnanti Daniela Brunini, Paola Ghirardi, Giorgio Lasagna, Stefania Rastelli, senza il cui lavoro e disponibilità questo libro non sarebbe stato realizzato. EMPIRICA Grazie anche ad Areaitalia e a Michele Rastelli, che con la pazienza, la professionalità e la fantasia di sempre ci hanno guidati nell’impostazione grafica e ha “trasformato” in libro i racconti dei ragazzi e al Centro Servizi Agroalimentare che ne ha in parte sponsorizzato l’edizione.

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Indice Introduzione

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Il progetto

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Tra favola e scienza

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Una coccinella in cerca dell’amicizia di Nicole Albania

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Un paio di ali per Zontha Formica di Chiara Ferrari 34 Delhi di Matilde Ferrari

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La farfalla Rosa di Catherine Huertas

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Richard la spia di Jomari Lambino

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Melany e le formiche di Sara Monguidi

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La cicala e le api di Georg Bauer

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La bella vita di Rape di Leone Bergonzi

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Delitto nel campo di grano di Guido Bernardi

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La storia della farfalla che amava la libertà di Desara Qeraj 50

La storia della formica Dione di Dien Berziga

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Gli inganni non sempre funzionano di Brando Quintavalla 52

La storia di Zoe di Cristina Bresadola

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Naretta la formica di Niccolò Semino

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La vita di Will Melanis di Giacomo Bruschi

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Camilla Sbirulina di Simone Spina

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Il piccolo incidente sfortunato di Edoardo Caffini

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I puntini di Cloe di Maria Camilla Turco

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La tela invisibile di Tommaso Chiari Cabrini

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Leila Butterfly di Giulia Zanacca

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I quattro insetti rock di Matteo Coccon

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La libellula postina di Alessandro Zucchinelli

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Lo spaventatore di Enrico Ferrarazzo

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Appendice il libro nasce così...

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Tra Favole e Scienza 6

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Una coccinella in cerca dell’amicizia Una mattina molto presto, una coccinella di nome Lussi in cerca di felicità, decise di trasferirsi in campagna, sperando che qualcuno le diventasse amica. Lei non poteva volare perché si era rotta un’ala mentre stava tagliando l’erba con un bastoncino. Un giorno Lussi, seduta a pensare come raggiungere la campagna, decise di andare nell’ospedale COCCINELLESE per farsi riattaccare l’ala. In seguito chiamò un taxi COCCINELLESE per andare in campagna. Lussi cercò in ogni posto una casa, delle amiche e da mangiare. La ricerca portò qualche frutto: trovò una casa, o meglio un bosco abbandonato con tante bacche e frutti, ma per sfortuna non trovò delle amiche. Tutte le coccinelle erano cattive con lei, perché volevano stare con delle coccinelle POPOLARI, invece Lussi era tutto il contrario con indosso dei punti neri a metà. Lussi tornò nel bosco abbandonato, era molto triste perché nessuno la voleva. Un giorno incontrò un’altra coccinella come lei e le chiese se potevano diventare amiche, l’altra coccinella disse: “Ok, ma solo se non mi deluderai!”. Lussi disse: “Certo, non ti deluderò di sicuro! PAROLA DELLA TUA NUOVA AMICA DEL CUORE”.

Nicole Albania

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La cicala e le api C’era una volta una cicala che insultava sempre le api perché non avevano mai tempo per giocare. La cicala diceva: “Ma voi non avete mai tempo per divertirvi?”. Le api rispondevano: “Dobbiamo lavorare, poi vedremo il prossimo inverno chi morirà”. E le api se ne andarono a lavorare. Quando arrivò l’inverno, le temperature scesero rapidamente e la cicala si trovò in difficoltà. Chiese aiuto alle api, esse risposero: “Che hai fatto durante l’estate? Hai cantato e hai preso in giro noi api…” Nonostante ciò, le api chiesero alla loro regina di dare ospitalità alla cicala. Lei permise alla cicala di stare nel loro alveare fino all’estate successiva, ma in cambio di non prendere più in giro le api. La cicala accettò e ringraziò. E cosi fu l’unica cicala a vivere due anni. E questo grazie alla generosità delle api.

Georg Bauer

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La bella vita di Rape C’era una volta una piccola ape operaia di nome Rape che era malvista dalle sue sorelline laboriose. Essa, infatti, non aveva voglia di lavorare: di mantenere pulito l’alveare, di produrre la pappa reale e la cera, di costruire i favi e di sorvegliare la porta d’ingresso dell’alveare. Rape, anziché prodigarsi a raccogliere il polline, il nettare, la propoli e l’acqua come tutte le altre, se ne stava tutto il giorno a ronzare di qua e di là. Ammirava la bellezza dei fiori e della natura e si divertiva a pungere altri insetti e uomini. Stava attenta a non rischiare di morire e si dimenticava di compiere il suo dovere. Un bel giorno, l’ape regina, stanca della continua lamentela delle altre api operaie, la convocò a corte e le proibì di ammirare i fiori e di “giocare” con gli umani. La piccola ape, nel giro di pochi giorni divenne triste e infelice. A vederla così malinconica, tutti i fiori della valle cominciarono ad appassire. Dopo qualche tempo accadde che le api operaie tornassero con un magro raccolto. A forza di raccogliere poco polline ebbero difficoltà a nutrire i piccoli. Intervenne allora l’ape Saggia che consigliò all’ape Regina di convocare a corte Rape. L’ape Saggia, infatti, sosteneva che i fiori dessero poco polline perché nessuno si prendeva cura della loro bellezza. La regina imparò la lezione e le concesse di ammirare tutti i fiori che voleva. Rape tornò di nuovo tra i petali bellissimi dei fiori che da quel giorno tornarono di nuovo a sorridere e a splendere in tutta la valle. Qualche scherzetto continuò però a farlo, sia agli uomini, sia agli altri animali.

Leone Bergonzi

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Delitto nel campo di grano Era un giorno come tanti altri nel campo di grano: le cicale suonavano gli ultimi concerti di un’estate calda, le rondini si preparavano a partire e salutavano i passerotti, le farfalle si appisolavano sui fiori e il commissario Carabo tornava a casa dopo aver risolto un altro caso. Per settimane aveva seguito le tracce di una terribile banda di cavallette che avevano razziato il raccolto, aveva messo in prigione una banda di afidi teppiste che rovinavano i fiori e catturato un lombrico agitatore. Carabo si sentiva molto stanco e finalmente avrebbe potuto tornare a casa a guardarsi i Tele-Tubbies. Arrivato sotto la pietra dove abitava, ricevette un dispaccio urgente dal commissariato. TROVATE ALTRE ALI DI CICALA. STOP. SIAMO DI FRONTE AD UN SERIAL KILLER. STOP. INFORMATORE POLIZIA INDICA CONDOMINIO DE FORMICHINIS ULTIMO LUOGO AVVISTAMENTO VITTIMA. STOP. RECARSI INDAGARE SUBITO ET FARE RAPPORTO. STOP. “Uffa!” pensò Carabo, e rimise le chiavi di casa in tasca e s’incamminò verso il salice. Bussò alla porta e la portinaia guardò dallo spioncino. “Chi è?” “Polizia. Sono il commissario Carabo, vorrei parlare con gli abitanti del condominio in merito ad un’indagine.” “Un momento...” Dopo qualche minuto la porta si aprì e comparve l’amministratore del condominio. “Desidera?” “Avete incontrato Camillo Cicala di recente?” “Hum... Camillo Cicala? Il nome non mi è nuovo... ma non credo di conoscerlo.” Intanto si era formata una piccola folla di formiche. Carabo si innervosì, alzò le antenne e agitò le mandibole. Una vocina bisbigliò: ”Ma, Camillo, non era quell’artista che si è esibito 14

due sere fa?”. Regina, la proprietaria dell’appartamento più chic, intervenne tossicchiando: “Buon commissario... lo sa come siamo noi formiche... gran lavoratrici! Non abbiamo tempo per concerti e danze. Il Signor Camillo è venuto a bussare alla nostra porta per mendicare un chicco di grano da sgranocchiare per l’inverno. Ecco... il solito fannullone! Non fa niente tutto il giorno e vive di carità. Lo abbiamo messo alla porta, ovviamente, e non sappiamo nient’altro!”. Un’altra vocina bisbigliò: “Mamma! Mamma! Posso avere ancora un po’ di Linfa-Cola?”. “Ssht..” “Arrivederci commissario.” Regina spinse fuori Carabo e chiuse la porta. Di pessimo umore, Carabo si diresse alla Tana del Rospo, un bar malfamato frequentato da insettacci. Stava sorseggiando un frullato di larva quando un odioso ronzio attirò la sua attenzione. “Non potrebbe spostarsi a ronzare da un’altra parte?” chiese ad una

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grassa mosca dalle ali tozze. La mosca ronzò più forte. Carabo le si avvicinò minaccioso: “Potrei farla arrestare per disturbo della quiete pubblica!”. La mosca allora gli sussurrò: “Zitto... zitto! Che attiriamo attenzione!”. “Ma lei chi è?” “Sono l’informatore, ha interrogato le formiche?” “Un buco nell’acqua. Camillo era un barbone.” “Bugie!” “Ma come?.. Conosceva la vittima?” “Ssht... che mi possono sentire... Camillo era gentilissimo, un artista sensibile, un’anima generosa che non perdeva occasione di offrire Linfa-Cola ai passanti dopo lo spettacolo.” “Linfa-Cola?!” “Sì! Non poteva di certo nutrirsi d’altro con la proboscide che si ritrovava!” Il commissario Carabo battè con la zampetta sul bancone, si alzò di scatto e corse a telefonare al giudice Riccardo Volante. “Ma... devo pagare io il conto?” si chiese la mosca. Quella notte venne organizzata una perquisizione del condominio. Nella dispensa Carabo trovò bistecche di cicala, pacchetti di zampette fritte e molta Linfa-Cola imbottigliata di fresco. Le formiche furono arrestate e il condominio posto sotto sequestro. Finalmente Carabo tornò a casa. “Chi l’avrebbe mai detto?!” mormorò la moglie del commissario affilando un coltello da cucina. “Non bisogna mai giudicare dalle apparenze!”.

La storia della formica Dione

Guido Bernardi

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C’era una formica che si chiamava Dione e di cognome Berzi. Abitava in un formicaio del parco Ducale di Parma. Dione aveva i capelli rossi e gli occhi neri e una striscia blu sulla schiena. Dione si divertiva molto a giocare con gli amici. Gli piaceva fare qualche scherzo ai suoi compagni. Il lavoro di Dione era proteggere il formicaio dai nemici. Un giorno Dione sentì qualche rumore strano e vide qualcuno che si stava spostando. Erano i nemici! Incominciò a combattere con molto valore e dopo un’ora di combattimento i nemici distrutti se ne andarono. Dione, vincitore, venne riconosciuto come il protettore del formicaio. Per avere combattuto benissimo e senza paura, ricevette il premio e l’onore di essere considerato “la formica più forte del formicaio”.

La storia di Zoe

C’era una volta una farfalla di nome Zoe. Abitava in Perù, su un albero altissimo e molto bello, con tante foglie gialle. Era una betulla. Era una farfalla molto bella, con i capelli biondi e con gli occhi viola come i suoi fiori preferiti. Al primo impatto con la gente era molto dolce e gentile, tutti le volevano bene, perché era tollerante e disponibile. Lei insegnava in una scuola di volo; aveva la cattedra da tanti anni, era un’insegnante molto saggia e sicura di sè. I suoi allievi la ascoltavano e riuscivano sempre con bei voti.

Dien Berziga

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Un giorno Zoe, come faceva quotidianamente, stava spiegando ai suoi alunni una regola, quando, ad un certo punto, si sentì un grande rumore avvicinarsi. Tutti gli allievi e i componenti della scuola si chiesero cosa fosse quel forte rumore e da dove venisse. Zoe pregò i suoi alunni di stare calmi e di non entrare in panico. Lei sapeva esattamente quello che stava succedendo. Come ogni anno in Perù, in autunno, si tagliano intere foreste per arricchire l’industria del legname e della carta e, in quel momento, stavano proprio abbattendo l’albero della scuola di volo, la sede della scuola di Zoe. Tutti erano molto spaventati, avevano capito che il rumore proveniva dalla grande sega che stava tagliando l’albero. Si sentì il suono della campanella di evacuazione, così tutti volarono fuori dall’albero. Purtroppo due allievi di Zoe rimasero incastrati tra i banchi della classe. Molto coraggiosamente Zoe entrò nell’albero, si mise a cercarli e li trovò. Li caricò sulle ali e li portò in salvo all’esterno dell’albero. Per questo gesto Zoe fu riconosciuta da tutto il regno come farfalla salvatrice.

Cristina Bresadola

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La vita di Will Melanis

A Brucopolis, città che conta circa due milioni di insetti di tutti i tipi e specie diverse, viveva un bruco disoccupato di nome Will Melanis. Era un bruco povero e disperato, senza lavoro e senza casa in cui alloggiare. Ma un giorno, mentre cercava riparo per terra, sotto a un bidone della raccolta dei metalli, trovò delle monete d’oro. Era indeciso se comprarsi del buon cibo, oppure un gratta e vinci: da anni sperava di vincere, confidando nella fortuna. Scelse dunque il gratta e vinci. Tre giorni dopo andò al bar per sapere se aveva vinto, ma sul tabellone c’era scritto: “Il vincitore di questa settimana è Bred”. Allora Will tornò sconsolato sul suo vecchio marciapiede. Il giorno dopo, mentre faceva una camminata al parco di Brucopolis, incontrò un suo vecchio amico, conosciuto prima di diventare povero; gli andò incontro e gli disse: “Ciao Scott, sono Will”; Scott rispose: “Che Will? Ne conosco molti con quel nome”. “Ma io! Sono Will Melanis, quello che ti salvò spingendoti via perché la tarantola stava per scagliarti addosso le ragnatele”. “Ah! Meno male che ora i periodi dei calpestatori sono finiti. Ora andiamo a parlare in gelateria e magari ci prendiamo un bel cono”. Mentre gustavano il loro gelato, Scott gli raccontò che era il maresciallo dell’esercito e gli disse: “Sai, io lavoro per l’esercito, mi piace molto perché io difendo la città di Brucopolis. Noi calpestatori combattiamo per la pace, ma oltre lo stretto “Langslain” c’è la città di Tarantopolis, lì vivono le spietate tarantole, bramose di conquistare l’impero degli insetti e noi dobbiamo impedirglielo”. Will era molto curioso e ansioso di conoscere com’era formato l’esercito, allora Scott gli rispose: “L’esercito è formato da tanti reparti e da insetti che svolgono tanti ruoli: i calpestatori, che sono i bruchi 21


e combattono corpo a corpo per calpestare le tarantole; le libellule, che sono i perlustratori delle aree; le api che sono l’aviazione leggera, mentre i calabroni sono quella pesante. Infine ci sono gli ultimi tre gruppi: i sottomarini, che sono i gamberi e le aragoste, e abitano sotto lo stretto, i millepiedi che sono gli arieti e infine ci sono le formiche in groppa agli scorpioni”. Will, molto interessato, chiese a Scott come si facesse ad entrare nell’esercito. L’amico, contento, gli rispose “Beh, prima di tutto bisogna iscriversi all’Accademia Militare di Brucopolis per dimostrare di essere in grado di entrare nell’esercito”. “Grazie, mi sei stato molto utile, ci vediamo domani”. Tutto contento Will tornò a casa e si mise a letto. Il giorno seguente andò all’Accademia e s’iscrisse pagando con l’ultima moneta rimasta. Il capo era il tenente Ryan che disse con tono potente: ”L’ammissione sarà faticosa e vi sottoporrà a tre dure prove.

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La prima prova consiste nel fare cinquanta flessioni sulla sbarra”. Tutti i dieci partecipanti si recarono nella sala delle aste dove Ryan li aspettava. Partirono i primi cinque e dopo circa undici minuti solo uno riuscì a superare la prova. In seguito partì il secondo gruppo di cui faceva parte Will. Alla fine ne passarono tre, compreso lui. Ryan era pronto ad annunciare la seconda prova e disse: “Nella seconda prova bisogna fracassare il cranio di una tarantola nel tempo compreso tra zero e venti secondi”. Tutti avevano davanti un teschio di tarantola e al via del tenente iniziarono a fracassare il cranio. Will mise talmente tanta forza nel piede che lo fracassò in un secondo. Degli altri aspiranti guerrieri superò la prova solo uno. Ryan fece i complimenti a Will e poi passò ad annunciare la terza e ultima prova: “La prova consiste in un combattimento corpo a corpo con una tarantola”. Subito si trovarono di fronte ad una tarantola e Will, molto furioso, iniziò a tirarle addosso una tempesta di calci, tanto che la tarantola non riuscì a muovere neanche la mandibola per lanciare una ragnatela. Infine la tarantola cadde e morì. Will venne ammesso e andò a raccontare l’accaduto al suo amico Scott. Il giorno dopo, dalla torre di guardia di Brucopolis, si videro circa cinquemila tarantole armate avanzare lentamente nella piana che divideva le due città. Suonò l’allarme, Will e Scott, insieme all’esercito, andarono fuori dalla cinta di mura. Un’ora dopo si scatenò l’inferno: nessun generale riusciva a comandare i propri guerrieri. Le tarantole penetrarono nella città, ma appena prima di espugnare la città a Will venne un’idea e la sussurrò a Ryan. Disse: “Facciamo finta di arrenderci. Costruiamo un ragno enorme, cavo all’interno, fatto di melapesta essiccata”. Dentro la pancia si nascosero i soldati più valorosi, fra cui Ryan e Scott. L’indomani trainarono il ragno con i soldati nascosti e lo portarono sotto le mura di Tarantopolis, come fosse un dono per la pace. Diversamente dal poema di Omero, la tarantola gigante non fu portata dentro le mura. L’esercito si demoralizzò pensando che tutto fosse ormai perduto. A Will venne un’altra idea, vide che una parte di mura della città era fatta di mele e ricordò che i suoi antenati erano stati i mangiatori di mele più famosi al mondo. Così iniziò a sgranocchiare, incitando i 23


compagni a imitarlo. Aperto un varco nel muro, al suono del corno, i millepiedi, seguiti dai bruchi e dall’aviazione, penetrarono nelle mura della città. Will condusse gli scorpioni, e una volta che Scott e Ryan furono dentro la città, l’esercito accerchiò le tarantole. Ad un certo punto Will si accorse che il tenente stava affrontando tre Tarantole, ma dietro di lui ce n’era una pronta a sparare una ragnatela; allora gli si avventò addosso e lo spinse via, poi con pochi calci delle sue zampe stordì i quattro aracnidi. I millepiedi giunsero per ultimi sul luogo di battaglia, dopo una lunga marcia. I calabroni scagliarono dal cielo i loro pungiglioni. All’improvviso, dai tombini, uscirono le aragoste che con le loro chele tagliarono la testa a seicento tarantole. I gamberi, infine, uscirono dallo stretto fra il mare e il fiume. Il comandante dei gamberi ordinò:“Tutti indietro!” che per i gamberi significava: “Avanti tutta!” E i gamberi si lanciarono in massa, radendo al suolo la città. Il giorno dopo si fece una grande festa e Will il bruco, per la sua grande impresa, venne premiato sottotenente. Si comprò una casa e visse per sempre felice e contento, senza mai il bisogno di comprarsi un gratta e vinci.

Il piccolo incidente sfortunato Buongiorno a tutti gli abitanti di questo bellissimo mondo! Il mio nome è Clary: sono una farfalla Saturnia, vengo dalla famiglia Rangi, ordine dei lepidotteri, sono figlia unica. Oggi sono qui per raccontarvi la mia storia. Iniziò tutto quando avevo circa l’età di due anni e giocavo con le mie amiche su un’erba molto ghiacciata, come sempre. Ci venne un’idea: nasconderci per fare scherzi ad altri insetti o animali. Eravamo dietro a un rametto caduto per terra, perché se fosse stato attaccato all’albero avremmo dovuto volare, ma ancora non eravamo in grado di farlo. Non avendo fatto caso al cubetto di ghiaccio posato sul ramo, inciampai e per la violenta caduta mi spuntai l’ala. Mi misi a piangere: ero disperata al pensiero di dover portare un’ala spuntata per

Giacomo Bruschi

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tutta la vita, perché, essendo femmina, ci tenevo anch’io alla bellezza e quell’ala non era per niente elegante! Soprattutto avrei fatto più fatica delle altre a imparare a volare e questo mi rattristava molto. Stetti in casa per molti giorni, non volevo uscire. I miei genitori insistettero molto, ma io non volevo andare da nessuna parte. Un giorno vidi le mie amiche che cercavano di volare, le volli stupire, perciò uscii di casa, cercai di sforzarmi, ma non mi alzai di un centimetro. Ci vollero molti giorni, ma alla fine riuscii a completare la mia missione e urlai: “Sono qui!”. Le mie amiche si girarono e mi videro sulla cima di un albero. Fecero finta di essere contente, ma in verità erano molto invidiose al pensiero che io ce l’avevo fatta, nonostante ciò che mi era accaduto. Decisi di diventare insegnante di preparazione al volo e le prime allieve furono proprio loro: le così dette “best friends”; per un po’ di tempo le chiamai così. Ebbi molte altre allieve con le quali strinsi sempre ottime amicizie. Ero in servizio dalle otto di mattina fino alle dodici, poi c’era pausa pranzo e alle due dovevo mettermi al lavoro fino alle cinque. In tutto insegnavo sette ore al giorno e quarantanove ore alla settimana, perché lavoravo anche nel weekend. Per me questa professione non era un peso, perché mi divertivo molto. Avrei fatto anche più ore, ma non potevo, perché tutti i giorni, durante la pausa pranzo, andavo dall’estetista a farmi togliere qualche peletto giallognolo sulle zampe che, non si sa come mai, crescono con una velocità impressionante! Ma questo non è importante. Quello che importa è che sono diventata famosa e sto vivendo bellissimi momenti, soprattutto la mia carriera è bellissima. Ho un sacco di fans che vengono da me a fare il corso, anche se sanno già volare e io mi chiedo: “Cosa vengono a fare?” Insomma, sono una farfalla che, a causa di un piccolo incidente, è diventata davvero molto fortunata. Come dice il proverbio: “Non tutto il male vien per nuocere”. Anzi, aggiungo io, può portare un’inaspettata fortuna!

La tela invisibile

C’era una volta, in un lontano paese, un piccolo bosco abitato da piccoli animali: quasi tutti insetti. Qui, all’interno di una quercia cava, viveva un ragno: l’unico ragno di quel minuscolo bosco. Era un ragno di dimensioni medie, con della peluria verde smeraldo sul corpo che al minimo raggio di luce risplendeva, facendolo sembrare uno smeraldo. I suoi quattro occhi erano neri e anche quelli splendevano al più piccolo accenno di sole, come quattro preziose perle nere incastonate in un gioiello verde.

E doardo Caffini

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Insomma, era un ragno molto bello, che però aveva un difetto: era nato con sette zampe, una cosa stranissima per i ragni, che di solito ne hanno otto. Questa non era l’unica stranezza: lui faceva ragnatele invisibili. 27


Questi due difetti non gli permettevano di fare ragnatele, perché senza una zampa non riusciva a disporle bene ed essendo invisibili non riusciva a vedere quello che stava facendo. Per queste due mancanze, gli altri insetti non lo consideravano pericoloso e lo ignoravano tutti. Solo la coccinella, altruista com’era, gli procurava del cibo e cercava un modo per fargli crescere la zampa mancante. Un giorno d’estate, quando il sole era alto e bruciava l’erba ormai gialla, arrivò una terribile notizia: stavano arrivando le locuste! Le locuste spargevano terrore su chiunque si abbattessero, imponendo agli insetti il loro potere. Nessuno era mai riuscito a fermarle. La paura si impadronì del bosco e tutti correvano spaventati in ogni direzione. La paura cessò quando alla coccinella venne un’idea: recintare tutto il bosco con le ragnatele invisibili del suo amico ragno. Così il ragno, aiutato da tutti, imparò a fare le ragnatele e l’idea della coccinella funzionò: le locuste rimasero incastrate nel recinto invisibile e il bosco fu salvo. Da allora il ragno fu felice e apprezzato da tutti. Per riconoscenza, gli insetti gli regalarono una protesi e lui apprezzò così tanto il regalo che promise di diventare vegetariano e di continuare a proteggere i suoi nuovi amici. Da quel giorno il bosco fu più sicuro che mai.

Tommaso Chiari Cabrini

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I quattro insetti rock

Un giorno d’estate la formica Jonnhy Abruscibbalabba che viveva in Mongolia, nella capitale, ed era un perfetto cantante, decise di andare a fare una vacanza alle Haway. Arrivato nell’albergo di nome Villa Simone andò a farsi una bella oretta di terme. Entrato nel mostruoso edificio termale si immerse in un’acqua calda e rilassante e fece molte amicizie. Conobbe Samir, il ballerino poco studioso che aveva vinto molti premi, TJ, un chitarrista provetto e infine Mitred, una batterista punk talentuosa. Con questi ragazzi scoprì di avere un hobby in comune: andare per locali notturni. Il giorno dopo Jonnhy offrì una cena ai suoi nuovi amici per conoscerli meglio. Arrivati al locale del padre di Jonnhy, Elias, e del fratello di nome Hesh, incominciarono a raccontarsi uno le vite dell’altro e infine si conobbero così bene che la sera dopo si ritrovarono in un locale a festeggiare il compleanno di Jonnhy. Per rendere la festa più vivace, i tre amici decisero di cantare e ballare una canzone bellissima dedicata al loro grande amico. I mesi passarono. Per una decisione comune, alla band venne dato il nome di Jonnhy & Friends. Da quel momento spopolarono nei locali grazie ai volantini messi nella città dai genitori di Jonnhy. Arrivò l’inverno, la band dei quattro insetti stava guadagnando molto e proprio la sera di capodanno, mentre stavano suonando un pezzo rock, entrò nel locale uno dei manager più famosi dello Stato. Propose loro un contratto per partecipare a “Mosquito Factor”. A quel punto i suoi amici incominciarono a fare concerti e concorsi per allenarsi all’evento. Il mese prima di Mosquito Factor era stato un grande successo in ogni locale. 29


Arrivò il giorno della competizione e la band di Jonnhy era tesissima. Finalmente il presentatore li chiamò e la band capì che non doveva sprecare questa occasione. L’esecuzione fu perfetta. Passarono il turno e approdarono alla finale con band e cantanti solisti eccezionali. Fra questi, il più grande nemico di Jonnhy, tale Max. Il tempo mancante per arrivare alla finale era pochissimo: avevano solo due giorni per prepararsi. Ingaggiarono un giudice professionista che era pagato per ascoltare e giudicare le loro canzoni, ma anche per aiutarli a migliorare. Arrivò il giorno della finale e lo stadio era pieno di vecchie glorie e di giovani talenti. La difficoltà principale era affrontare il pubblico e il verdetto della giuria. Il primo concorrente sarebbe stato Max che però venne eliminato per aver cantato e ballato in modo pessimo. Finalmente arrivò il turno della band di Jonnhy & Friends che vinse la finale aggiudicandosi un milione di Tughrik mongoli e un contratto con una famosa casa discografica. Jonnhy, Miltred, Samir e TJ incominciarono a esibirsi in altre città della Mongolia.

Tornati a casa, forti del grande successo, venne loro proposto dagli sponsor di fare una turneè internazionale in Italia, Spagna e America. Il mese dopo partirono per l’Italia e si esibirono sia a Roma che a Milano, quindi Vincent, il loro manager, li fece subito partire per le Spagna dove tennero tre concerti di grande successo. Tuttavia, il quarto e ultimo spettacolo non andò bene, perchè vennero tremendamente fischiati. La loro esibizione non fu all’altezza della loro fama. Per tirarsi su di morale fecero una vacanza a Rio, in Brasile. Recuperarono le forze prima di sbarcare in America. Per rilassarsi passarono i giorni giocando ai videogames o intere giornate sulla spiaggia con Top Model Brasiliane. Miltred si trovò anche un ragazzo. Finita la vacanza andarono a Broadway e fecero otto concerti di successo. Da quel momento la loro carriera non conobbe più momenti di crisi. Lavorarono ancora per qualche anno, poi si ritirarono per godersi i soldi che si erano meritatamente guadagnati.

Matteo Coccon

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Lo spaventatore C’era una volta, in mezzo ad un prato fiorito, una città ad occhi nudi invisibile dove viveva una farfalla di nome John. Una farfalla cobra che si rispetti doveva saper spaventare, avendo due facce di cobra sulle punte delle ali. John ce le aveva, ma non sapeva spaventare, perché al posto di un ruggito usciva uno stridio acutissimo e i suoi amici a scuola lo prendevano in giro. Lui si sentiva ogni giorno più insicuro. Lo mettevano da parte e lo insultavano così tanto che pregava sua madre di non farlo andare a scuola. Purtroppo, per legge di Cobraellandia, bisognava andarci senza discutere. Un bel giorno la maestra annunciò alla classe un’importante notizia: “Ragazzi miei, tra una settimana ci sarà la sfida per lo spaventatore migliore della classe, il vincitore si aggiudicherà anche un posto

all’accademia degli spaventatori.” Frank e George, i due bulletti, si alzarono in piedi e urlarono ai compagni:”Sentite, vincerà uno di noi due; le mammolette come voi è meglio che non partecipino neanche alla sfida.” John non li ascoltò e si precipitò a casa. Diede la notizia alla madre che all’inizio si preoccupò, ma dopo fu felice. La mamma gli disse: “Tu sei scarsino, ma io so come aiutarti”. E aggiunse: “Vai all’angolo della scuola, lì troverai un signore che ti porterà nel suo covo dove ti insegnerà a spalancare bene le ali e a ruggire forte come un leoncino.” Andò e come promesso lo trovò. Gli chiese: “Sei tu?” Lui rispose: “Si, sono io. Sali in macchina che andiamo! Io mi chiamo Ston e tu ti chiami John, giusto?” John rispose di sì. Arrivarono e si misero subito al lavoro: dopo cinque giorni John emise un ruggito così forte da far cadere il soffitto del covo. Ston era soddisfatto, gli ultimi due giorni si misero a lavorare sulle ali. Arrivò il gran giorno e la classe si posizionò davanti alla maestra che spiegò: “È ad eliminazione diretta e chi vince la finale andrà all’accademia.” Si iniziò e dopo un’ora John era arrivato in semifinale con Gorge che, nonostante la sicurezza in sé, perse nettamente contro l’ex zimbello della classe, ormai diventato un eccezionale spaventatore. Alla finale era presente Frank che si impaurì nel vedere i risultati di John. Essendo un bullo prepotente, lo aveva preso in giro anche prima della partita. John non ci aveva fatto caso. Al termine della prova, però, quando lo incontrò, aprì le ali al massimo ed emise un ruggito potentissimo. Frank scappò più veloce della luce. John così vinse e il suo sogno di andare all’accademia e di essere uno spaventatore si avverò.

E nrico Ferrarazzo

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Un paio di ali per Zontha Formica In un tempo non troppo lontano, nel formicaio di Via XII Querce n° 2, abitava Zontha Formica. Zontha era la formica operaia addetta alla raccolta e riserva del cibo, infatti portava sempre un braccialetto di perle verdi: il simbolo del suo incarico. Lei ha dei lunghi capelli biondo cenere e i suoi occhi hanno esattamente il colore del profondo oceano: blu. È alta e snella. Zontha è nata con le ali, ma ha imparato a tenerle sempre nascoste anche a Primula, la sua migliore amica. Zontha e Prim abitavano insieme ed erano inseparabili. Oltre a questa speciale amicizia, loro avevano molti altri amici. Una sera le due amiche furono invitate alla festa più esclusiva del formicaio. Quando le due si presentarono, si meravigliarono di quanto fosse divertente. Fu notte e Zontha tornò a casa, mentre Prim decise di tornare più tardi. Appena rincasata, Zontha fu scaraventata nel gran salone della Formica Regina che le diceva: - Zontha, hai lavorato molto duramente per tutto questo tempo e ho infatti deciso di premiarti e di farti passare dall’agricoltura all’allevamento delle larve, che dovrai anche istruire. A Zontha sarebbe piaciuto molto diventare una formica allevatrice e avrebbe volentieri accettato, se non fosse stato per Prim- Mi scusi, Vostra Altezza, io ho una cara amica e mi chiedevo se potesse salire di grado anche lei… La Formica Regina accettò la proposta e fece assumere a Zontha un aiutante che, sotto suo ordine, avrebbe badato al grano. Il primo giorno di lavoro Zontha e Prim arrivarono in anticipo e dopo aver timbrato il cartellino le due amiche vennero divise e fecero in modo che ognuna avesse un gruppo da otto larve da istruire ed allevare. Il lavoro era però molto più faticoso e impegnativo di quanto le due pensassero. Suonarono le campane di fine giornata e Zontha, insieme a Prim, timbrò nuovamente il biglietto. Tornarono stanche a casa. 34

Si buttarono su due sedie e iniziarono a mangiare dei biscotti, poi andarono a dormire. Il mattino dopo Zontha si svegliò all’alba e guardò fuori dalla finestra: c’era un cielo azzurro con sfumature rosse e arancione. Sarebbe stata una magnifica giornata. Quando andò al lavoro, Zontha vide Gale, uno dei pochi maschi sopravvissuti al viaggio nuziale, che ora allevava larve. Subito Zontha si innamorò di Gale, fu molto colpita da quella sua mistica e rara bellezza. Il giorno successivo fu felicissima di dover andare a lavorare, Prim se ne accorse e prima di uscire da casa le chiese cosa fosse successo da metterle così tanta allegria. Zontha non voleva dirle la verità e fece finta di non sentire. Si avviò verso l’ufficio di gran lena e quando arrivò vide Gale, lui la salutò. Zontha disse cose sciocche e insensate, era l’emozione a parlare per lei. Era seriamente innamorata. Poche settimane dopo fu la stagione nella quale le cavallette appena nate entravano nel formicaio per rifugiarcisi, il compito di Zontha era quello di buttarle fuori. Dopo aver fatto la prima ispezione-controllo e aver buttato fuori dal formicaio circa ventisette cavallette, Zontha ne vide una diversa dalle altre: non cercava di scappare da lei, ma al contrario se ne stava ferma immobile. Le rivolse la parola: -Come ti chiami, cavalletta? Lei rispose: -Josh. Zontha pensò: “è un tipo di poche parole, maschio” e se ne andò. Zontha non capiva: non scappava da chi voleva ucciderlo. Zontha lo prese e gli legò le mani dietro la schiena, come se fosse un carcerato, lo portò nella cella-prigione e non lo buttò fuori dal formicaio. Il mattino seguente Zontha andò a controllare le condizioni di Josh Cavalletta e scoprì che una sua collega lo stava buttando fuori dal formicaio. Zontha, come impazzita, le corse dietro e la convinse a riportare Josh nella sua cella-prigione dove subito dopo lo interrogò: -Da dove vieni? E come mai sei arrivato fino a questo formicaio? Arrivi da lontano? 35


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Lui rispose con brevi e asciutte parole: - Nessuno di noi sa da dove è arrivato. lo disse come se lo sforzo di Zontha, per non buttarlo nel crudele Mondo Esterno, fosse del tutto inutile e sgradito. Dopo diversi giorni in cui Zontha e Prim erano dovute tornare al centro raccolta, Zontha divenne molto scettica nei confronti di Prim e a quest’ultima sembrava che l’amica volesse nascondere un grande segreto. I giorni del raccolto finirono e Zontha riprese a guardare e sorvegliare lo strano Josh Cavalletta. La mattina seguente si svegliò e corse alla cella-prigione dove Josh si era appena svegliato e stava facendo una minima colazione a base di legumi. Zontha lo salutò e lui rispose: -Come fai ad essere felice quando stai imprigionando uno come te: un insetto. Una Zontha molto stupita rispose: -Cosa vuoi da me, non mi dirai di mettermi contro la regina, protettrice del formicaio? Sai, è grazie a Lei che io oggi sono qui. Se tu sei ancora vivo è grazie a me che ho chiesto clemenza a Lei, Non sei degno di neanche una minima parte di quello che stai ricevendo! Pronunciate queste parole Zontha se ne andò. Prima di allontanarsi dalle guardie disse loro di decimargli cibo e acqua. Le guardie eseguirono l’ordine e per Josh Cavalletta le razioni di cibo e di acqua diminuirono drasticamente. Zontha e Prim ricevettero le lettere dove c’era scritto che si erano guadagnate due giorni di riposo, proprio quella stessa sera.Una sera Zontha decise di rivelare a Prim l’immenso segreto che le teneva oscuro: le disse della sua cotta per Gale. La povera Prim rimase sconvolta e fece promettere a Zontha di non aspettare tanto a rilevarle dei segreti così grandi. Zontha promise, ma non era una vera promessa, stava infatti incrociando le dita dietro la schiena, senza farsi vedere da Prim. Quando iniziarono a mangiare, Zontha era particolarmente silenziosa, era inoltre dispiaciuta per aver ingannato la migliore amica. Pensava: “Ma sì, ho fatto la cosa giusta. Lo sto facendo per Josh, anche per non mettere in pericolo Prim…” I due giorni trascorsero lunghi e noiosi. Nello stesso tempo, nella cella37


prigione, Josh Cavalletta stava per morire dalla fame e dalla sete. Quando la vacanza terminò e con lei anche la rabbia di Zontha, ella tornò alla prigione e con aria beffarda disse al detenuto: -Visto?! Per tua fortuna mi sono battuta per la tua causa. Josh rispose: -Se tu lo avessi fatto veramente, non vedrei la tua espressione canzonatrice nei miei confronti. Zontha, ormai piena di collera, gridò fuori di sé: -Non meriti neppure il fatto che io sia qui ad ascoltarti! Rispose un tranquillo Josh: -Tu sbotti in questo modo solamente perché sai di essere dalla parte del torto e perché sai anche che io ho perfettamente ragione. E dopo un breve attimo, che a Zontha sembrò infinito, aggiunse: -E se vorrai ridurmi le vivande, fallo pure! A Zontha era rimasto solo di chiedere perdono a Josh. Zontha si rivolse a Josh con aria pentita: -Josh, scusami tanto, ma non posso mettermi contro la regina. Mi tiene nel suo formicaio e sotto protezione, non posso! Josh sembrò capire e disse: -Non ti sto chiedendo questo, ma solo di parlare a nome mio, di dire che la diversità fisica non rende cavallette e formiche così diverse fra loro. Ti prego, Zontha, fallo per me. Dopo che Josh Cavalletta ebbe pronunciato queste parole commoventi, Zontha non seppe, né poté dire di no. Così giurò sul suo onore di riferire tutto quanto alla Formica Regina. Andò subito nella sua stanza e le riferì tutto quello che Josh Cavalletta aveva detto. Quando la Regina capì che la cavalletta stava portando una delle sue migliori operaie sulla cattiva strada, si arrabbiò talmente tanto che ordinò che Josh Cavalletta venisse giustiziato. Fu solo allora che Zontha realizzò: il suo amico Josh Cavalletta doveva scappare! Andò immediatamente alla cella-prigione dove raccontò a Josh dell’accaduto. Proprio in quei minuti la Regina stava firmando la condanna a morte del signor Josh Cavalletta. Per Zontha fu istantaneo: spiegò le sue ali, prese Josh tra le mandibole e volò, il più velocemente possibile, senza pensare a niente. In quel momento il suo più grande obbiettivo era riuscire a scappare con Josh. 38

Ci stava riuscendo. Zontha vide sulla soglia del formicaio Prim che la guardava scappare. Fu più forte di lei, prese Prim con le zampe e la portò con sé e con Josh Cavalletta. Zontha volò e volò ancora, fino allo stremo delle sue forze. Quando si fermò, molto debole, Josh Cavalletta la curò. Pochi giorni dopo Zontha si svegliò e raccontò a Prim che non le aveva mai rivelato delle sue ali per paura di diventare un alato (una formica assolta da tutti i lavori). Prim la capì e per questo non la giudicò. Parecchio tempo dopo fu la stagione degli individui alati. Zontha si accoppiò con un maschio durante il volo nuziale, un maschio che successivamente morì. Quando Zontha dovette fondare il proprio formicaio, si fece aiutare da Josh Cavalletta e da Prim. Il suo fu il primo formicaio in cui la Regina non era in una “Prigione Dorata”, ma lavorava come un’operaia e dove le cavallette erano ben accette e non venivano malamente cacciate. Il formicaio visse nella gioia fino a che le formiche Amazzoni invasero il formicaio di Zontha. Ma nel momento della schiusa, al comando di Josh, le cavallette combatterono per il formicaio, difendendolo dall’attacco esterno. Vinsero la battaglia, ma a Zontha spettava una triste realtà: la regina delle formiche amazzoni aveva tranciato il capo di Josh. Zontha non sembrò poter superare questo dolore e prese una tragica decisione: si sarebbe riunita a Josh togliendosi la vita. Prima di questa conclusione consegnò il potere nelle mani di Prim durante una lunga cerimonia. Prim non capì il motivo per il quale Zontha le stava cedendo il potere, lo comprese solamente quando trovò la fedele amica priva di vita in un angolo della sua spaziosa cella. Prim la pianse per molti, lunghi e tristi giorni.

Chiara Ferrari

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Delhi

C’era una volta, nella lontana India, una coccinella che abitava nella soffitta della casa di un anziano contadino. Un giorno il vecchio morì e cosi, nella casa, la natura prese il sopravvento: i muri furono coperti da edera e i mobili diventarono la tana per minuscoli insetti. La coccinella si chiamava Lilly, aveva gli occhi verdi, una cicatrice vicino all’antenna destra e indossava sempre una collana rosso acceso. Nella casa abitavano molti altri insetti, naturalmente, ed essa aveva fatto amicizia con ognuno di loro. La sua migliore amica di chiamava Nina ed era una cicala molto laboriosa. Erano inseparabili e passavano lunghe giornate a discutere della grandiosa e vicina sfilata in maschera. Ormai la casa era talmente piena di insetti che nacque un parlamento e anche un giornale. Lilly lavorava nel settore del giornalismo ed era molto aggiornata su tutti gli eventi. Nina, invece, si occupava di organizzarli. La sfilata in maschera era un’importante festa, perché si ricordava la vittoria contro la civiltà dei Calabroni. Occorreva vestirsi con strani costumi, si ballava e si cantava fino al giorno dopo e infine si mangiavano caramelle per un’intera settimana. Lilly finiva di lavorare all’una e trenta e così aveva tutto il pomeriggio per dedicarsi alla casa che era piccola, semplice e graziosa, proprio come lei. Abitava in compagnia di Maddy, una vecchia formica un po’ grassottella. Per la festa in maschera decise di vestirsi da Nina e Nina da lei, così nessuno le avrebbe più distinte. I genitori di Lilly erano morti quando lei aveva solo pochi mesi, ma prima di andarsene le avevano sussurrato un segreto. Le dissero che dietro al mobile dell’ingresso si trovava una porta che permetteva l’ingresso al mondo della fantasia. Questo spiegava le sue assenze ogni due domeniche. All’età di un anno scoprì questo mondo parallelo e da allora divenne il suo luogo preferito per rilassarsi. Neanche Nina sapeva di questo strano mondo, ma un giorno iniziò ad insospettirsi perché, durante una delle tante discussioni sulla festa in maschera, a Lilly scappò detto “proprio come nel mondo della fantasia”. 40

Nina iniziò ad incuriosirsi e a fare domande, allora Lilly, un po’ svogliatamente, glielo mostrò. Da quel giorno divenne il loro rifugio più segreto. Era un luogo meraviglioso, con grandi prati verdi colmi di fiori di tutti i tipi, nuvole colorate e un intenso via vai di gente: era la città di Delhi. Una città in cui i giorni trascorrevano sereni, gli abitanti vivevano in amicizia e rispettandosi l’un l’altro, l’aria non era inquinata e acqua fresca sgorgava limpida dalle fontane. Era un mondo di fantasia, dove rifugiarsi era un piacere, ma era una fantasia che migliorava la loro vita e che suggeriva loro un’idea più bella di futuro.

Matilde Ferrari

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La farfalla Rosa C’era una farfalla di nome Rosa che viveva con tutte le sue compagne nei boschi di Carrega, in provincia di Parma. Era un esemplare bellissimo, aveva delle ali di colore azzurro sfumato e quando volava, nelle giornate di sole, esse brillavano e sembravano di seta. Rosa insegnava matematica nella scuola delle farfalle che si trovava in un albero molto grande, al centro del bosco. Era sempre puntuale e anche un po’ severa, ma le farfalline le erano molto affezionate e, nonostante tutto, la seguivano con molto interesse. Al mattino, avendo un carattere molto vanitoso, per prepararsi impiegava molto tempo. Si guardava e riguardava allo specchio provandosi sciarpine di ogni tipo e colore. Secondo lei, le sue ali erano talmente belle, che nulla le donava di più. Dietro quell’apparenza molto sofisticata, si nascondeva una farfalla giocherellona che amava fare scherzi. La sua migliore amica era una coccinella che viveva in un bosco poco lontano dal suo. Insieme le due ne combinavano di tutti i colori, si rincorrevano e passavano davanti agli occhi dei bambini per attirare la loro attenzione. A volte c’era qualcuno che si faceva strane idee e voleva catturarle. Un giorno accadde che un bambino un po’ troppo vivace si nascose dentro un cespuglio e aspettò; quando Rosa e l’amica passarono lì davanti, lui saltò fuori e con un retino cercò di catturarle. Per fortuna, farfalla e coccinella, con la loro agilità, riuscirono a sfuggire. Da quel momento Rosa e la coccinella decisero di non andare più vicino ai bambini, era troppo rischioso. Questa storia insegna che è bello giocare e scherzare, ma occorre essere attenti ai pericoli che si possono incontrare.

Catherine Huertas

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Richard la spia Tanto tempo fa, nella “Foresta Bianca”, abitava Richard, l’insetto stecco che frequentava l’accademia delle spie. Richard era un insetto stecco molto particolare, la tonalità della sua pelle cambiava rispetto a come era il tempo. Se c’era il sole, la sua pelle diventava verde chiaro come quello di una foglia, invece quando c’erano le nuvole, la sua pelle era di un verde molto scuro. Un giorno, mentre Richard stava facendo lezione, il preside dell’accademia fece venire il professore di Richard nel suo ufficio. Gli disse che dopo una settimana l’alunno sarebbe dovuto andare a prendere dei documenti. Questi riguardavano il territorio degli insetti foglia, che erano i nemici degli insetti stecco. Una settimana dopo Richard si mise in viaggio. Con sè portò solo cibo, acqua e gli strumenti da spia. La strada però era piena di pericoli, Richard allora decise di fare attenzione a dove metteva le zampe. Arrivato a metà del suo percorso, un corvo lo vide e si scagliò addosso al piccolo insetto. Richard se ne accorse e con una rapidità sorprendente si mimetizzò tra le piante verdi. Il corvo lo cercò, ma inutilmente. Richard era così mimetizzato che non si riusciva più a distinguerlo dalla 44

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pianta, il corvo se ne andò, egli, allora, uscì allo scoperto e si riposò. Il giorno seguente Richard proseguì la sua strada e dopo cinque ore di camminata arrivò davanti alle mura del territorio nemico. Decise di agire durante la notte, mentre gli abitanti dormivano. Ormai era già notte fonda e Richard, con le sue forti zampe, si arrampicò sopra le mura ed entrò nel villaggio. Cominciò a perlustrare la zona. Dopo un paio d’ore scoprì dove si trovavano i documenti che stava cercando. L’insetto decise di agire subito e si infiltrò nella base degli insetti foglia. Dopo un po’ vide due guardie arrivare, ma non c’erano posti in cui si potesse mimetizzare. Così pensò di distrarli con una monetina accecante. Appena la monetina riflettè fortemente la luce, lui ne approfittò e con grande velocità arrivò nella stanza dove c’erano i documenti. A far da guardia c’era James, l’insetto foglia ninja. Richard decise di affrontarlo corpo a corpo, fu un combattimento alla pari finchè… non inciampò. James sfruttò il vantaggio tirando fuori un piccolo pugnale e cercò di infilzarlo. Richard, con grande abilità, lo schivò, ma si procurò una cicatrice all’occhio sinistro. Quindi si alzò e diede un calcio volante al petto di James, tanto da fargli fermare il battito cardiaco. Richard era dispiaciuto di avergli fatto male, ma completò velocemente l’incarico che gli avevano affidato e tornò vittorioso a casa.

Melany e le formiche

Melany era un’ape regina molto stimata dalle sue operaie. Era gentile, simpatica e premurosa. Abitava in un lussuoso alveare in Francia, nella capitale Parigi, in un piccolo bosco abitato da molti insetti. Il motivo per cui Melany era tanto stimata, oltre che per essere una brava ape regina, era la passione che metteva nel risolvere i problemi degli insetti. Era molto bella, aveva i capelli neri e gli occhi viola luccicanti e la sua migliore amica, Elsa la vedova nera, la seguiva dappertutto. Insieme si divertivano un mondo. Insomma, Melany non era come tutte le altre api regine, lei era diversa, in senso buono. Tutti, grazie a lei, erano felici all’alveare. Un brutto giorno, però, successe una cosa strana. Il messaggero dell’ape regina, Tobia, prese

Jomari Lambino

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ad urlare e strillare a squarciagola: “Emergenza!!!”. L’ape regina si preoccupò molto. Non riusciva a intuire cosa ci fosse scritto nella lettera che Tobia teneva in mano mentre volava a tutta velocità verso di lei. Tobia, finalmente, raggiunse Melany e la sua serva Anna, che era accorsa alle grida di Tobia. Melany chiese: “Che cosa succede?!?”. Tobia rispose: “C’è un enorme problema: dalla centrale di controllo hanno appena visualizzato un intero e numeroso esercito di formiche che ci vuole attaccare”. Melany era molto sorpresa: nessuno aveva mai neanche pensato di attaccare l’alveare. “Ma perché?” chiese lei. Tobia scosse la testa facendo segno di non saperlo. Tobia e Anna se ne andarono sconvolti, invece Melany non si fece prendere dal panico e chiamò Elsa; questo era uno dei problemi che a loro due piaceva risolvere! Elsa arrivò in tutta fretta, le due amiche prepararono due zaini con dentro cibo, acqua e tutto il necessario. Partirono verso la truppa di formiche per fermare l’avanzata. Le due amiche camminarono per mezza giornata e ad un certo punto si fermarono stanche morte per mangiare e bere qualcosa Elsa stava mangiando il suo gruzzolo di mosche, quando sentì un rumore tra le foglie. Nello stesso momento sentì Melany che urlava e quindi accorse subito. Davanti a loro apparve un esercito di formiche che sembrava essere davvero arrabbiato. Melany chiese alle formiche perché volessero attaccare l’alveare. Il comandante delle formiche rispose che si voleva vendicare, perché era lei la più stimata del bosco, invece doveva essere lui. Detto questo, urlò il grido di attacco e le formiche attaccarono Melany e le staccarono un pezzo di ala. Le formiche se ne andarono, minacciate da Elsa che aveva visto la scena ed era corsa a soccorrere l’amica. Elsa bendò l’ala e ripresero il cammino. Dopo un lungo viaggio giunsero in un luogo che presentava ostacoli 48

apparentemente insuperabili. Elsa, con i suoi fili di ragnatele, creò una liana che permise alle due amiche di attraversare il fiume tranquillamente. Ad un certo punto il calore e l’afa aumentarono e il cammino si fece sempre più difficile. Le due amiche si accorsero di avere sbagliato strada e si ritrovarono in un nido di uccellini che non vedevano l’ora di mangiarsele. Riuscirono a scappare dalle loro beccate, ma non sapevano più dove andare, avevano perso l’orientamento. Di lì passò un’allegra cicala che le salutò simpaticamente. Le due amiche le chiesero indicazioni per la strada. Lei rispose che le avrebbe aiutate, ma prima dovevano accettare il suo invito a cena. Mangiarono e poi cantarono e ballarono insieme. Purtroppo, troppo presto giunse il momento di riprendere la strada. La cicala indicò loro il cammino e augurò buon viaggio e buona fortuna. Giunsero appena in tempo sul luogo della battaglia decisiva: il grande albero, dove formiche e api stavano combattendo ferocemente. Le perdite erano ingenti da entrambe le parti: ali spezzate, zampette fratturate, pungiglioni ormai inservibili… Era chiaro che tutto ciò non aveva alcun senso: a che sarebbe servito? Prevalse la riflessione: ape regina e comandante delle formiche stabilirono una tregua. Si parlarono e arrivarono alla conclusione che la stima degli altri non si conquista facendosi del male, ma stringendo patti di amicizia. Così la pace fu firmata e da quel giorno api e formiche vissero rispettandosi a vicenda. Questa storia insegna che prima di odiarsi e farsi guerra, bisogna conoscersi, magari si trova qualcosa di buono anche nel più antipatico dei nemici!

Sara Monguidi

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La storia della farfalla che amava la libertà

Una volta, in una terra molto, molto lontana, un uomo buono, mentre passeggiava nel bosco, trova una farfalla. L’uomo viveva solo in una piccola casa e decise di prenderla con sè. Lui la ospitò in cucina e la vedeva ogni giorno crescere. In una settimana la farfalla cominciò a muoversi. In seguito lei iniziò a fare dei piccoli voli in cucina. L’uomo era molto felice, ora aveva una nuova amica. Ma, giorno dopo giorno, la farfalla diventava sempre più triste, perché si sentiva in prigione e voleva volare fuori, nel cielo azzurro. L’uomo capì il suo desiderio e la lasciò andare dove voleva, libera e per sempre felice.

Desara Qeraj

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Gli inganni non sempre funzionano In Sud America, precisamente al centro dell’Argentina, viveva uno scarafaggio che si credeva più intelligente e furbo degli altri insetti. Un giorno, mentre svolgeva una delle sue solite truffe, gli accadde una cosa che si meritava oramai da tempo, “una bella lezione”. Tutti quelli del posto lo conoscevano e lo giudicavano, come in effetti era, un insetto ingrato ed imbroglione. Il suo nome era Mascalzoncio e di cognome faceva Bondarda, una famiglia maligna conosciuta da più di un secolo e odiata da molti. Egli però, stranamente, era più cattivo dei suoi antenati, forse perché cresciuto nella disgrazia. In più non aveva capelli, visto che, essendo agitato, se li strappava in continuazione. Un giorno accadde che vide per la prima volta una formica ed essendo

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piccolina, lo scarafaggio decise di truffare lei e le sue compagne. Così, qualche mese dopo, si preparò e partì per andare ad imbrogliarle. Aveva progettato un piano: sarebbe entrato nel formicaio, sapeva che da li a poco le uova si sarebbero schiuse e si sarebbe nascosto dietro di esse. Nel momento in cui la formica regina avrebbe controllato le uova, le sarebbe saltato sopra e l’avrebbe assassinata, così come avrebbe fatto con tutte le formiche minori (in questo modo si sarebbe procurato da mangiare per tutto l’Inverno). Dopo tre giorni arrivò al formicaio e, mentre le formiche erano a fare rifornimento alimentare, vi entrò tranquillamente. Tutto era buio e le pareti erano piene zeppe di una melma arancione molto strana e appiccicosa. C’erano tantissime stanze intersecate tra loro, sembrava un labirinto del terrore. Proprio per questo Mascalzoncio vi mise ben mezz’ora per trovare la sala delle uova. Durante il tragitto incontrò diverse formiche di guardia che controllavano il formicaio, ma con molta attenzione riuscì a non farsi scoprire. Trovò la sala, si nascose dietro le uova e rimase ad aspettare. Egli era molto più grande delle uova, ma rannicchiandosi riuscì a

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mimetizzarsi comunque. Qualche giorno dopo si accorse che la formica regina non sarebbe passata a controllare, perché probabilmente non era quella la stagione in cui le uova si sarebbero schiuse. Così decise che sarebbe stato lui ad andare da lei. Per non farsi scoprire camminò molto lentamente, facendo molta attenzione a dove metteva “i piedi”. Continuò a camminare e camminare, ma non trovò tracce della regina, quindi decise di scendere ai piani inferiori. Più scendeva, più trovava tracce, ma ancora niente di concreto. Finalmente iniziò ad intravedere qualche formica e, girandosi, ne vide una più grossa delle altre. Capì che era la regina perché coincideva con la descrizione che gli era stata fatta a proposito di essa. A questo punto, arrivato alla propria meta, si scaraventò fulmineo contro la formica regina, cercando in tutti i modi di sconfiggerla. Lei, pur essendo più piccola, era più forte ed aggressiva, ma soprattutto si muoveva agilmente nel suo territorio. Proprio per questo, il cibo divenne lo scarafaggio. Questo fatto fa capire che, giudicando dalla corporatura, non si ha sempre ragione. Come si dice… l’apparenza inganna!

Brando Quintavalla

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Naretta la formica Nella città di Mirmecopoli c’era una regina molto, molto vecchia e molto, molto buona. Un giorno essa decise che era giunta l’ora di lasciare il suo regno, dopo vent’anni, ad una nuova regina. Pertanto depose le uova e diede l’ordine alle operaie di nutrire in modo particolare una larva speciale. La larva era speciale perché, a differenza delle altre, aveva gli occhi verdi. Il padre, una formica maschio intellettuale, dopo l’accoppiamento, in punto di morte, chiese alla sovrana di chiamare la futura regina Naretta. Era il nome dell’antagonista del libro che stava leggendo; il padre, infatti, provava una forte simpatia per la sorella cattiva, mentre non sopportava quella buona. Mentre la larva veniva nutrita, il formicaio venne attaccato da una specie di formiche aggressive. Esse avevano invaso la colonia per rubare le larve da usare come nutrimento. Durante questo attacco vennero sacrificate le formiche parassite che si erano introdotte nella colonia. Esse si erano stabilite al suo interno come parassiti sociali, facendo affidamento sul cibo raccolto dalle formiche ospitanti. Mentre le formiche parassite venivano sacrificate, le altre formiche riuscirono a fuggire portando in salvo le larve. Si stabilirono in un nuovo formicaio, dentro al tronco di un albero vicino ad un lago nei pressi di un castello. La nuova regina Naretta era davvero molto bella, con occhi verdi e due paia di ali color oro, lunghe antenne e sei zampe snelle ed affusolate. Da quel momento iniziò l’apprendistato, che nelle formiche è di tipo interattivo: la formica meno esperta segue un tutor da cui ottiene 55


informazioni, in questo processo il leader si mostra molto sensibile ai progressi dell’apprendista. Naretta dava molte soddisfazioni, perché era molto intelligente e perspicace. Terminato il processo di formazione era giunto il momento di assumere il ruolo di regina e di scegliere un compagno con cui fare il volo nuziale per iniziare a deporre le uova. Naretta aveva scelto Philip, maschio affascinante, che le aveva dedicato alcune canzoni. Purtroppo Philip, durante un’escursione al lago, venne catturato da formiche rosse che lo volevano portare alla loro regina per l’accoppiamento. Naretta, informata dell’accaduto, cominciò a disperarsi, piangendo ed urlando. I suoi lamenti furono avvertiti dalla fata Celeste che viveva nel castello vicino al lago e che aveva la capacità di sentire ogni più flebile lamento. La fata si recò all’albero da dove proveniva il pianto. Si rimpicciolì, entrò nella città di NewMirmecopoli e trovò Naretta in lacrime. La nuova regina raccontò alla fata cosa era accaduto. Celeste sapeva che Naretta meritava il suo aiuto, perché durante l’apprendimento aveva salvato alcune formiche, il cui formicaio era stato distrutto da un’inondazione. Naretta aveva accolto le formiche alluvionate come operaie nella sua colonia, profumandole con il suo odore. La fata le assicurò il suo aiuto dandole una foglia, un flauto e una boccetta di profumo. Naretta si mise in viaggio, dopo un po’ si trovò davanti ad un lago. Era molto perplessa, perché se avesse camminato lungo la sponda, pur andando veloce, sarebbe arrivata troppo tardi ed avrebbe trovato Philip morto. A quel punto si ricordò dei regali ricevuti dalla fata e tirò fuori la foglia che posò sull’acqua. La usò come barca e un venticello proveniente dal castello la spinse sino alla riva opposta. Dopo aver camminato per un lungo tratto si trovò di fronte ad un branco di feroci ed affamati formichieri. Naretta era spaventatissima e l’istinto fu di fuggire, ma così non avrebbe mai liberato Philip. Mentre stava pensando al suo amato si toccò e trovò la borsa. L’aprì ed estrasse il piccolo flauto ed iniziò a soffiarci dentro: ne uscì una musica deliziosa che fece addormentare i formichieri, così riuscì a proseguire. Finalmente si trovò alle porte del formicaio delle formiche rosse. Esso 56

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era difeso da un esercito ben armato. Naretta era dubbiosa e pensava a come avrebbe potuto penetrare in quel formicaio senza essere catturata e resa schiava o, addirittura, senza essere uccisa. Non riusciva a trovare una soluzione. Qualunque cosa le venisse in mente non era sicura o praticabile, ma improvvisamente si ricordò del terzo dono della fata: il profumo. Incominciò a spruzzarsene addosso qualche goccia. A quel punto avanzò verso il formicaio e tutte le formiche nemiche la riconobbero come una di loro, aveva il loro stesso odore e la lasciarono entrare. Naretta, indisturbata, girava per il formicaio cercando il suo amato. Finalmente, arrivò alla stanza dove era tenuto Philip. Egli era incredulo e stupito di vederla lì, nella sua prigione. Pensò fosse un sogno e balbettò qualche parola. Naretta gli corse incontro, lo liberò, lo profumò ed insieme, indisturbati, uscirono dal formicaio. Senza fretta camminarono e si allontanarono dalla colonia delle formiche rosse. Ormai lontani, tenedosi per le mani, volarono grazie alle splendide ali d’oro di Naretta e alle forti ali d’argento di Philip e giunsero al castello della fata Celeste. Naretta e Philip erano molto felici e allo stesso tempo molto tristi per il crudele destino a cui Philip andava incontro. Chiesero ancora un aiuto alla fata, la quale li accontentò, perché Naretta si era sempre dimostrata di animo buono e generoso. Celeste fece un incantesimo per mantenere in vita Philip dopo il volo nuziale. Egli avrebbe vissuto per sempre con la sua Naretta. Da quel giorno a NewMimermecopoli tutti vissero felici e contenti.

Camilla Sbirulina Io mi chiamo Camilla Sbirulina e vivo in un bosco. La mia professione è infermiera che cura gli altri insetti. Mi diverto con le piante e i fiori e mi piace sentire il loro profumo. Il colore dei miei capelli è castano. I miei occhi sono neri. il mio segno pariticolare è una chiazza nera sul dorso.

Simone Spina

Niccolò Semino

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I puntini di Cloe

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Simone

Nell’isola di Coccilandia viveva Cloe Plinplinfield, una graziosa coccinella che da grande avrebbe voluto fare la cantante. Il suo sogno era di entrare a far parte della famosissima compagnia teatrale del suo paese “Le vere coccinelle”. Diventata adulta, appena seppe che la compagnia cercava una cantante,si presentò alle audizioni tutta eccitata: finalmente poteva realizzare il suo obiettivo! La sua voce era limpida e cristallina,ma grande fu la sua delusione quando la scartarono perché… le sue elitre, di un bel rosso vivo, non avevano i regolamentari puntini neri! La compagnia delle “vere coccinelle” ammetteva solo le VERE COCCINELLE. Disperata, Cloe, non volendo rinunciare alla parte, chiese aiuto ad un’amica che le dipinse con un inchiostro scuro,scuro cinque pallini sul dorso. Tutta felice tornò a teatro,ma durante il tragitto scoppiò un grande temporale che lavò via tutte le macchie. Cloe perciò fu di nuovo scartata. La sua disperazione era alle stelle. Il periodo delle feste si avvicinava e lo spettacolo era proprio la vigilia di Natale. La sfortunata coccinella decise allora di scrivere una lettera a Babbo Natale. “Caro Babbo Natale, sono molto triste, perché la compagnia teatrale non mi assume, dice che non sono una vera coccinella perché mi mancano i puntini neri. Potresti aiutarmi? Tanti baci da Cloe. L’attesa serata della rappresentazione finalmente arrivò,Cloe si sedette in platea delusa, non potendo partecipare allo spettacolo che proseguiva lento e monotono. 61


Improvvisamente, un grande pacco lucente si posò sul palco, come una cometa luminosa caduta dal cielo.Tutto il cast, incuriosito ed eccitato, si precipitò a scartare il misterioso dono. All’interno non c’era quasi nulla, a parte una busta con scritto “Per Cloe, con affetto da Babbo Natale”. Emozionata, Cloe salì sul palcoscenico, aprì la busta e uscirono cinque puntini neri che delicatamente si posarono sulle sue elitre rosse. Non erano puntini qualsiasi, ma puntini CANTERINI: ognuno di essi riproduceva una melodia di accompagnamento diversa! La notizia si diffuse in tutta l’isola, superò il mare e si diffuse in tutto il mondo. Così Cloe diventò una SUPER STAR, la coccinella canterina più famosa al mondo! Che bello, il suo sogno si era finalmente avverato!

Maria Camilla Turco

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Leila Butterfly Una dolce e bellissima farfalla di nome Leila butterfly vive, quando non lavora, nel parco più esclusivo di New York: Central park! Leila è una adolescente, abituata a vivere nelle grandi città. Ha due bellissimi occhi a mandorla neri come il carbone e i capelli gialli con striature marroni, sempre legati con una treccina. Il suo vestito è di un azzurro fosforescente e le sue ali, di ampie dimensioni, le permettono di volare alta nel cielo. Le ali anteriori sono più estese di quelle posteriori e mentre vola si illuminano. Nel suo tempo libero ama svolazzare tra i fiori profumati, colorati e di specie diversa di Central park. Ella ama fare del bene agli altri e perciò tutti le vogliono bene; ha moltissimi amici e i suoi preferiti sono una graziosa coccinella di nome Adelina, un fiore e un albero. Lei ama fare lunghi riposini sui suoi amici, perché si sente protetta e coccolata e quando ritorna dai lunghi viaggi è sempre molto stanca e nessuno, lì, la può disturbare. Il lavoro di Leila consiste nel fare la giornalista. È una bravissima reporter e grazie al suo lavoro gira tutto il mondo; inoltre possiede una casa editrice molto famosa e pubblica mensili di cronaca riguardanti NY. Il suo lavoro di reporter è rischioso, così spesso deve ricorrere a trasformazioni. La sua trasformazione preferita consiste nel mettersi una riccia 64

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parrucca argentata, delle lenti a contatto che le rendono gli occhi azzurri e una tuta blu di pelle attillata. Ai piedi indossa sempre stivaletti con tacco alto. Leila ha un segno particolare: una cicatrice sull’ala destra che non si è procurata durante un viaggio di lavoro, bensì mentre trascorreva un periodo di riposo. Infatti, un terribile giorno, arrivò un bambino dispettoso che voleva a tutti i costi catturarla con un retino. Butterfly volava impaurita di qua e di là, senza mai fermasi. Anche i suoi amici erano molto preoccupati e ognuno di loro pensò ad un piano per aiutarla. L‘albero fece cadere rami e foglie sulla testa del bambino per impedirgli di vedere, ma il bambino, arrabbiato, continuò a rincorrerla e la farfalla andò a sbattere contro un filo spinato. Anche se ferita, si fece coraggio e con un battito di ali volò alta nel cielo. Così i suoi amici la poterono curare amorevolmente e lei poté tornare nuovamente a giocare con loro. Questa storia dimostra che nella vita non bisogna mai arrendersi e affrontare anche le più piccole difficoltà.

Giulia Zanacca

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La libellula postina Molto tempo fa, nelle paludi di Ravenna, viveva una libellula postina che faceva ogni settimana il giro del mondo. Ella si chiamava Libera. Libera si poteva riposare soltanto la domenica pomeriggio. Le domeniche andava, molto spesso, a mangiare le zanzare nel parco più sporco di tutta Ravenna. Si divertiva molto, anche perché lì c’era uno stagno dalle acque torbide e ferme. Lei afferrava le zanzare con i suoi due denti a forma di chiave inglese. Dopo averle catturate, o se le mangiava, o le portava alla madre. Nei giorni feriali si alzava prima dei panettieri e la domenica andava a letto verso le cinque del pomeriggio. Il lunedì partiva da casa per arrivare all’alveare disabitato, dove v’erano le lettere di tutto il mondo portatele dalle sue colleghe. L’alveare si trovava a poche miglia da casa sua, in un albero abbandonato. Ci andava con un sacco magico che toglieva il peso delle centinaia di lettere. Dopo aver attraversato Africa ed Europa, Asia ed Americhe, la domenica mattina ritornava a Ravenna. Tutto questo le era permesso grazie a delle ali formate da un materiale che poteva proteggerla dagli agenti atmosferici e allo stesso tempo farla sfrecciare alla velocità della luce. Un giorno, un lunedì, la libellula si presentò al grande albero, ma il capo delle sette postine le disse che una giovane libellula le aveva preso il posto di lavoro. Ella perse tutto: il lavoro, i soldi per pagare l’affitto della casa e la madre, che era morta per infarto alla notizia. 67


Dopo un mese, mentre svolazzava sopra Ravenna, vide un cartello pubblicitario con scritto:”Qualificazioni per diventare postina, sbrigatevi, sono previsti soltanto quattro concorrenti”. Lei corse subito all’alveare per iscriversi e per fortuna ci riuscì, perché fu la quarta. Dopo essersi iscritta le fu consegnato un foglio con scritto: “La gara si terrà al Delta del Po tra due giorni, chi per primo raggiungerà l’altra parte del mare… diventerà una postina.” Due giorni dopo Libera arrivò con mezz’ora d’anticipo. Partirono alle dieci di mattina, c’era una pioggia incessante, le altre concorrenti, più prudenti proseguirono lungo la costa. Libera, invece, tirò dritto e arrivò prima. Da quel momento ritrovò il lavoro ed i soldi, ma purtroppo non la madre.

Alessandro Zucchinelli

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appendice

il libro nasce così...

Il punto di vista degli insegnanti

Giochiamo a scrivere!

Il lavoro di realizzazione del progetto “Tra favola e scienza” ha rappresentato, per gli insegnanti che hanno collaborato e per gli alunni, la sperimentazione di un vero percorso interdisciplinare. Discipline diverse: scienze, arte, tecnologia, italiano hanno trovato la possibilità di un dialogo costruttivo che si è concretizzato nel prodotto finale di una pubblicazione scritta e illustrata dagli alunni. Riteniamo le esperienze di questo genere molto importanti per i nostri ragazzi, perché li abituano a capire che tutto, nella conoscenza, è correlato e ha riflessi su altri campi del sapere.

OCCHI DA LINCE Uno di noi esce dalla stanza dopo essere stato scrupolosamente osservato e una volta fuori ciascuno deve descriverlo, scrivendo nel modo più preciso e dettagliato possibile quello che ricorda. Quando tutti hanno finito, lo facciamo rientrare e leggiamo insieme. Attenzione: le pecorelle sulla felpa possono diventare orsacchiotti e le scarpe cambiano colore, qualcuno nota una macchia, altri un buco nei pantaloni!

È stato molto bello, per noi docenti, vedere lo stupore e la soddisfazione dei nostri alunni nel progressivo crearsi dei loro personaggi. Fantasia e informazione scientifica si sono intrecciate, fino a dar vita ai tanti curiosi personaggi che popolano le loro storie.

Gli insegnanti: Daniela Brunini, Paola Ghirardi, Giorgio Lasagna, Stefania Rastelli

Proposte bizzarre per creare storie e personaggi.

SEMBRA SOLO UN RITRATTO Ciascuno ritaglia dai giornali o cerca tra le vecchie foto di casa l’immagine di un viso, poi si raccolgono insieme in una scatola, da cui si preleva a caso. Se guardato attentamente ogni viso nasconde segreti profondi e ha tante cose da raccontare. Ogni partecipante osserva, descrive e scrive, interpretando il carattere, la storia o le avventure di… “un mago adulto che ha provato su sé stesso un nuovo incantesimo, con il risultato di ritrovarsi con il viso da bambino. Da quel momento la sua vita non è più stata la stessa…” Un suggerimento: è meglio scegliere di descrivere in più volte separatamente il carattere, gli amici, la professione, il tipo di cibo che preferisce, quello che ama fare nel tempo libero, magari scegliendo ogni volta un viso diverso.

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note

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