Il magazIne della fra Ii Quadrimestre a.s. 2015-16 n.4
SOMMARIO I nostri servizi
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Alle Radici della Legalità
pag. 5
Progetto Concittadini ConLegalità
pag. 6
Pinocchio: una storia in giro per il Mondo
pag. 9
Alle Radici di Sonia Aluschi
pag. 10
Navigare con stile: riflessioni
pag. 14
In viaggio per non dimenticare
pag. 28
Il museo della guerra di Rovereto
pag. 29
Le trincee dell’Asmara
pag. 32
Maria Dolens la campana che suona la pace
pag. 34
Il Vittoriale degli Italiani
pag. 36
Genova , Museo del mare Galata
pag. 44
La lotta della donna per i diritti
pag. 47
La bionda e la Bruna
pag.47
Nessuno ci può giudicare
pag. 53
A lezione di investigazione con Luciano Garofano
pag. 64
Incontro con l’autore: Valerio Varesi
pag.68
Il Laboratorio teatrale della 2G
pag. 72
Alla Scala di Milano e al Museo del 900
pag. 74
Polis: Il Teatro per le 2A-2E
pag. 78
Recensione del film IN UN MONDO MIGLIORE
pag. 82
Gita a Trento: Castello del Buonconsiglio, MUSE
pag. 85
Notizie Flash del II Quadrimestre
pag. 88
REDAZIONE
II Quadrimestre
Corradi Adelaide Nicoli Giulia 3A Castagnetti Sebastiano Rolli Maddalena 3B Bizzi Sara Cipolla Emma 3C Mattioli Vittoria Vicini Tito 3D Bernardi Giulio Niccolò Semino 3E Alessandro Morosini 3F Vos Suliacalexis Emma Riccò 3G Caporedattore Prof.ssa Stefania Popoli
SFOGLIAMO IL NOSTRO II QUADRIMESTRE GIORNO PER GIORNO
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Progetto ConCittadini ConLegalità Realizzato dal Comune di Parma in collaborazione con “Libera” Tra i mesi di febbraio e maggio 2016 è stato effettuato in varie scuole medie della città un progetto di sensibilizzazione alla legalità. Vi hanno partecipato la 3ªC e la 3ªB della scuola Fra Salimbene con le professoresse di Lettere Sofia Castello e Stefania Popoli. Un’esperienza centrale del progetto è stata la testimonianza diretta di persone che sono state colpite da azioni mafiose.
È il caso di Matteo Luzza, calabrese, che non ebbe mai a che fare con la mafia fino a quando suo fratello Giuseppe scomparve. Giuseppe aveva 22 anni e si era innamorato di una ragazza figlia di una famiglia mafiosa. Si venne a sapere della morte di Giuseppe grazie a un pentito che confessò tutto. Giuseppe doveva morire perché il cognato della ragazza, 6
un boss mafioso, non accettava questo fidanzamento. Questa è stata la trattazione del primo incontro, il 17 febbraio 2016. Matteo Luzza era accompagnato da un rappresentante di Libera, che ci ha presentato e spiegato di che cosa si occupa l’associazione. Tutti noi alunni siamo rimasti fortemente impressionati da quell’incontro. Nell’aula regnava il silenzio. Non un silenzio di disinteresse ma un silenzio nel quale si percepiva l’attenzione e la commozione di tutti, compresi i professori, come se quella storia fosse diventata parte di noi. Per la seconda tappa del progetto abbiamo incontrato un rappresentante del gruppo Abele che ci ha aiutato a ragionare sullo stereotipo della persona “popolare”, alla quale molti puntano e usano come modello e che d’altra parte rimanda al comportamento di una persona mafiosa. Questo secondo incontro è stato di tutt’altro carattere rispetto al primo. Il rappresentante ha coinvolto, in maniera divertente e molto vicina a noi anche nel linguaggio, tutti i ragazzi toccando con mano situazioni proprie della nostra adolescenza. All’inizio
tutti noi alunni siamo rimasti colpiti e spaesati non riuscendo a trovare un nesso con l’incontro precedente. Alla fine siamo riusciti a capire come le menti dei ragazzi possano essere facilmente “omologate” a mentalità mafiose se non si attua un atteggiamento di coscienza critica.
mattinata è stata dedicata a una presentazione da parte del direttore del parco, che con molta competenza e passione ci ha illustrato le trasformazioni della zona del parco dello Stirone e le azioni di tutela del territorio oggi attuate. Nella seconda parte abbiamo visitato, con la guida di un’esperta, il CRAS, dove abbiamo alcuni uccelli rapaci che sono stati curati e non sono più in grado di tornare in libertà.
Gli alunni con Mauro del gruppo Abele
Al terzo appuntamento, nell’uscita a Scipione Ponte (Salsomaggiore), ha partecipato solo la classe 3ªC. L’ uscita prevedeva la visita al Parco dello Stirone e a un bene confiscato alla criminalità, usato oggi come sede del CRAS “Le Civette” (Centro Recupero Animali Selvatici).
La casa del podere Millepioppi L’esperienza è stata piacevole e interessante. La prima parte della
La
C al podere Millepioppi
Il CRAS ha sede presso il podere Millepioppi, in località San Nicomede. È un’area che è stata confiscata a un usuraio e che ora è diventata di proprietà del Comune e di uso pubblico. Il CRAS si occupa di raccogliere gli animali selvatici con differenti problemi, curarli e rimetterli in liberta, se possibile.
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LIBERA, Associazione, nomi e numeri contro le mafie, è nata il 25 marzo 1995 per iniziativa di don Ciotti, con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere la legalità e la giustizia. Grazie all’impegno di Libera è stata approvata una legge sull’uso dei beni confiscati alle mafie. Libera si occupa di educazione alla legalità democratica e responsabile, impegno contro la corruzione, campi di formazione antimafia, progetti sul lavoro e lo sviluppo e attività antiusura.
IL GRUPPO ABELE. Associazione nata a Torino nel 1965 e fondata da don Luigi Ciotti. Si occupa di saldare l’accoglienza delle persone con la cultura e la politica. Per questa associazione “sociale” significa diritti e giustizia, vicinanza a chi è in difficoltà e sforzo per rimuovere tutto ciò che crea emarginazione, disuguaglianza, smarrimento.
Il parere di tutte e due le classi sul progetto è stato positivo. Ci siamo divertiti, siamo stati in compagnia e abbiamo imparato molte cose nuove. Questa esperienza ci ha aiutato a capire cos’è la legalità e ci ha dato una mano a unire la classe ancora di più. Consigliamo a tutti questo bellissimo percorso di formazione. In alto la guida sta illustrando agli alunni un allocco cieco
A sinistra il direttore del parco sta facendo una lezione agli alunni 3 ª C illustrando le caratteristiche del CRAS e del podere Millepioppi.
Articolo di Camilla Ricotti e Ludovica Torello, 3C 8
PINOCCHIO: UNA STORIA IN GIRO PER IL MONDO PER TUTTE LE ETÀ
Diana, Rizvan, Eyoub alla mostra dei libri di Pinocchio
Il personaggio di Pinocchio è stato protagonista del progetto interculturale di istituto che ha coinvolto classi della primaria e della secondaria. Un gruppo di alunni della 3^C ha fatto visita alla classe 4^A della scuola primaria per farsi raccontare come hanno affrontato il personaggio di Pinocchio. MARGHERITA: “…la storia mi è piaciuta molto, il mio personaggio preferito è il Grillo parlante, anche se io mi immedesimo nel personaggio di Pinocchio”.
Ecco le parole di ROCCO: “…la storia in francese che ha raccontato la mamma di Yohan è stata difficile da capire, l’unica cosa che ho capito è stato il verso del Grillo parlante”. Pinocchio è un libro che ha girato tutto il mondo e perciò è stato utilizzato per il progetto, a cura della maestra Stefania Carrera, sul tema della migrazione; è stata anche allestita una mostra con libri di Pinocchio provenienti da tutto il mondo.
Per noi ragazzi è stato un piacere poter interagire con i bambini ascoltando i loro pareri sulla storia di Pinocchio, intanto che anche noi, alle medie, lavoravamo sul progetto “The black Pinocchio”.
Elisa con Margherita
YOHAN: “…la storia mi è piaciuta e non la conoscevo ancora. Mia mamma è venuta a leggerla in francese ed ero molto felice” .
Lorenzo con l’alunno della primaria Gianmarco
Articolo di Elisa Padula, Sofia Giuberti, Lorenzo Folloni 3C
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Alle Radici di Sonila Aluschi
Radici a scuola
Per non dimenticare da dove veniamo tutti, visto il grande afflusso di immigrati che dall’Africa arrivano in Europa. Spesso però le nostre non sono che parole, perché non sappiamo
Quante volte sentiamo parlare di immigrazione al giorno d’oggi? Tante, anche se non sono mai abbastanza per poter trovare una soluzione ideale per 10
come ci si sente veramente quando si è così disperati da dover scappare dal proprio Paese, dalle proprie tradizioni, dalla propria cultura. Per cercare di comprendere queste sensazioni, noi della Fra Salimbene abbiamo intrapreso un percorso che si è concluso con l’incontro di una vera migrante, che però si è spostata non dall’Africa ma bensì dall’Albania in seguito al colpo di stato avvenuto nel 1997. Sonila Alushi, 37 anni, è felicemente sposata e ha due figli, ora vive a Bergamo dove gestisce tre aziende insieme al suo compagno. Sfortunatamente la sua vita non è sempre stata così felice, infatti ha dovuto abbandonare la sua terra natale perché non vedeva possibilità di realizzare i suoi sogni in seguito alla guerra civile che era avventa in quegli anni.
Sonila durante l’incontro ci racconta che vivere in quel periodo era impossibile, ricorda che le strade erano invase di bossoli, sparati dai fucili durante gli scontri che giornalmente venivano consumati nelle piazze, interrompendo le scene di quotidianità dei civili.
Anche se si è trasferita molto tempo fa, quando aveva solo 19 anni, la nostra interlocutrice non mai ha dimenticato le tradizioni della sua terra natia, anche se le ha un po’ italianizzate, come ad esempio qualche trasgressione su alcuni piaceri, come una birra ogni tanto, una sigaretta fumata in pubblico, che in Albania sono riservati agli uomini. Dopo essersi trasferita in Italia a Bergamo, da un suo zio, ha studiato nella facoltà di Lingue e Letterature Straniere per poter realizzare il suo sogno di diventare giornalista, che purtroppo non è riuscita a realizzare anche se tutt’ora scrive per diletto nel blog “Albania News”da lei fondato. In compenso ora, insieme al compagno, gestisce tre aziende a Bergamo dando lavoro a molti suoi connazionali. Anche se ha vissuto situazioni terribili la Sonila che si è presentata a noi è una Sonila gioviale e felice della piega che la sua vita ha preso dopo l’immigrazione; ci ha parlato soprattutto di cose positive, della sua cultura e delle sue tradizioni lasciandosi alle spalle l’infelicità del suo passato. Le classi che hanno partecipato al progetto sono state la 3B, la 3E, la 3D e la 3G, guidate, durante l’incontro, dal regista inviato di RAI 3 Davide Demichelis. Lui e Sonila tempo prima avevano girato un documentario sulle radici di lei ed erano andati fino in Albania per documentare le tradizioni albanesi, proprio come in ogni puntata di Radici, che è un programma di RAI 3
volto proprio a far raccontare ad alcuni immigrati stranieri le loro tradizioni e i loro costumi, anche se ovviamente sempre in posti diversi. Alla fine dell’incontro alcuni ragazzi immigrati della nostra scuola hanno letto le loro toccanti testimonianze raccontandoci di com’era la loro vita prima di venire a vivere in Italia, alcune positive mentre altre negative. In conclusione io credo che l’incontro sia servito molto a tutti i presenti per capire le migrazioni dall’interno, direttamente da chi le ha vissute.
Articolo di Sofia Bussoni 3B
Le testimonianze dei nostri compagni
Democrazia in diretta La ricorrenza del 70esimo anniversario della nascita della Repubblica Italiana è stata l'occasione, per noi ragazzi della scuola media Fra Salimbene, di attuare un progetto in collaborazione con il Comune di Parma, che rappresenta sul territorio locale i principi di Libertà, Giustizia e Uguaglianza su cui si basa la nostra Costituzione. A noi ragazzi è stata data la possibilità di visitare la Sala Consiliare, il luogo dove il sindaco presiede la Giunta Comunale per prendere decisioni importanti per tutta la città. Qui, non solo abbiamo potuto ammirare gli affreschi e i bassorilievi che decorano le pareti ed il soffitto della stanza, ma, attraverso un gioco di ruolo, dove ognuno di noi ha ricoperto una vera carica, come quella di sindaco o di consigliere, abbiamo simulato ciò che accade durante una seduta della Giunta Comunale.
Questa esperienza può essere considerata per noi adolescenti un primo passo verso un percorso di crescita e di maturazione, che ci deve rendere consapevoli dell'importanza dei diritti e dei doveri di un buon cittadino, che dovrebbe essere in grado di comprendere e interpretare la realtà locale che lo circonda.
Articolo di Alessandro Morosini 3F
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NAVigARE CON STILE
I diritti violati dei ragazzi
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Oggi è una bella giornata, ma chi mi può capire…Camminare tra questi borghi mi fa sentire osservato, come se tutto il mondo girasse attorno a me e in questo vortice ci sono tante persone, ma le più care mancano. Io ci sono in mezzo e cerco di nascondermi…Da un anno a questa parte, ormai, mi vesto solo con indumenti larghi, per nascondere le mie abbondanti forme. A scuola non vado male, eppure là dentro non ci voglio andare, è il mio incubo peggiore.
OGGI E’ UNA BELLA GIORNATA E quei borghi mi disorientano, mi spiano, mi spaventano. Sono fatti di una folla indefinita che guarda solo me e mi osserva attenta e legge i miei pensieri. Così, un’altra giornata di scuola trascorre tra i soliti “straccetto sporco, ciccione, mongolfiera…”
Mi prendono in giro e io ci sto male. Sono debole, ma sto imparando…questa storia non sarà eterna…
E il mio morale va sotto i piedi. Ma dentro di me qualcosa si ribella, io non sono un essere insignificante. Sono Giovanni e di cognome faccio Ferrari, pensa un po’!
Il giorno delle verifiche tutti i miei compagni sembrano essere i miei migliori amici e io li lascio scopiazzare, perché spero che… Invece resto ogni volta deluso. Deve smettere questa cosa: se loro vogliono qualcosa da me, io pretendo altrettanto e che non siano offese, calci, pugni, spintoni e quelli che loro chiamano “scherzi”. Voglio giocare alla pari!
Ma come…come…farlo capire a tutti??
Certe mattine mi alzo “coraggioso”, sicuro di farmi rispettare, ma poi…attraverso quei borghi…
Ho trovato: userò la loro stessa arma e cercherò di spiazzarli e batterli sul loro stesso campo! Quella mattina i borghi non mi fecero paura, li attraversai con sicurezza, la
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mia armatura brillava nel sole della prima giornata luminosa di primavera e io mi sentivo un vero guerriero. Raggiungo la scuola, entro in classe, mi dirigo dai miei compagni e li saluto: “Ciao raga, la mongolfiera è in partenza, volete salire per un giretto panoramico?”. E poi scoppio a ridere. Mi guardano, si guardano, non sanno che rispondere e…scoppiano a ridere! Sì, io ho imparato a ridere dei miei difetti e loro che possiamo ridere insieme ed essere amici. Oggi è proprio una bella giornata!
Edoardo Caffini 3°E (immagine Niccolò)
PRENDENDO SPUNTO DAL MONOLOGO DI PAOLA CORTELLESI
Venerdì 9 novembre Caro diario,
non sto bene. Sono tre giorni che, quando guardo la mia scuola, vomito. Non ci voglio tornare. Quando sono in classe, loro ridono guardandomi. Non ci voglio tornare. Tutta la scuola sa cos’è successo, loro lo hanno postato su Instagram. Vorrei sparire, ma so che non posso. I miei non sanno niente. Meglio. Sarebbe troppo per loro. Continuo a ripetermi che, tutto sommato, sono fortunato, ma ormai non ci credo più. Lei non vuole più vedermi, credo che si vergogni. A questo punto mi chiedo cosa ho fatto. Che cosa mai ho fatto per meritare questo? Credo di non avere fatto male a nessuno, anzi, ne sono sicuro. Solo ho visto ciò che LORO hanno fatto e loro sanno che io 17
so. Non sono stati puniti, già…se solo io parlassi… Lo fanno per quello che io NON ho commesso. Ridono, ridono come avessero visto uno strano essere. Quello strano essere sono io.
Ho trascorso tutta la mattina a soffrire a testa china. Vergognandomi…ma di cosa?
Mi sento un alieno, nessuno mi capisce. Non mi rendevo conto, prima, che le parole facessero così male. Stare sempre zitto non basta, loro hanno sempre una scusa… Mi sento solo. Tutti mi hanno abbandonato. Loro sono sempre in mezzo alla gente, si confondono tra la gente, ma non hanno umanità, non hanno sentimenti. Eppure…quanto vorrei vivere in un mondo dove io sono loro amico, dove le offese diventano presto un labile ricordo. Come vorrei vivere in un mondo in cui poter camminare a testa alta, in cui trovare la serenità. Lunedì 12 novembre Caro diario, sono tornato a scuola e loro erano lì ad aspettarmi. Si erano preparati le battute. Non erano frasi, ma coltelli. Ogni parola mi trafiggeva la carne. 18
Ho cercato di reagire, ma è stato peggio. Non ce la faccio più, ho deciso: lo dirò ai miei, lo devo fare. Sono quattro anni che subisco, ora basta!
Mercoledì 14 novembre Caro diario, non riesco a crederci…loro hanno smesso. Non so davvero come sia potuto succedere, ma mi hanno chiesto scusa e io li ho perdonati. Ora comincia un nuovo capitolo della mia vita e so che sarà più felice. Avessi avuto il coraggio di parlare prima con qualcuno! Tenersi tutto dentro non risolve le cose, anzi…allontana la soluzione!
Tommaso Chiari Cabrini 3°E
I Social sono una droga moderna? Riflessioni di alcuni ragazzi della 3B
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Chi non conosce i social network? Sono strumenti di comunicazione, simili agli SMS, che funzionano tramite Internet. Alcuni, come WhatsApp, sono molto utili quando hai dimenticato il libro a scuola e un tuo compagno può inviarti le pagine da studiare, oppure puoi parlare a distanza con i tuoi amici, nei momenti in cui incontrarsi fisicamente non è possibile. Insomma i social sono uno strumento perfetto, utile sia nel lavoro, che nel tempo libero. Ma non è tutto esattamente così: si può creare una forte dipendenza! Molti ne abusano: alcuni passano tutto il giorno davanti a WhatsApp, inviando frasi praticamente inutili. Altri messaggiano con una persona, nonostante siano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro (questo fatto è chiamato “Phubbing”). Numerosi bulli, invece, con l’avvento di Internet, hanno “creato” un nuovo fenomeno denominato “cyber bullismo”, dove al posto della violenza fisica si usano le parole e l’umiliazione. Questi avvenimenti accadono all’interno dei social network, e i
social sono una faccia della società, perché grazie ad essi ognuno può esprimere la propria opinione. Numerosi utenti, però, non pensano a quello che scrivono, ma lo fanno e basta, senza tener conto delle conseguenze, senza alcun ragionamento. Questo, in molti casi, è il cyber bullismo. Ma chi sono, in realtà, i veri responsabili? La colpa non è solo dei “bulli”, i quali hanno utilizzato la rete in maniera irresponsabile, ma anche dei loro genitori e/o insegnanti, che non hanno fatto attenzione a cosa loro stessero facendo. Nonostante ciò, non bisogna rendere Internet un “capro espiatorio”, questi individui sono da sempre esistiti, l’unica cosa che è cambiata è lo strumento, dal corpo alla mente. La migliore soluzione al cyber bullismo? Non rispondere alle minacce, ma bloccare l’utente, ed eventualmente chiedere aiuto a gente più esperta. Per concludere, la rete e i social, se usati responsabilmente, possono portare a molti benefici. 21
Al contrario, se utilizzata inconsapevolmente e senza alcun ragionamento, può recare molti danni agli altri e alla società di oggi. Ma cosa si dovrebbe fare onde evitare tutto ciò? Innanzitutto bisognerebbe insegnare agli adolescenti (che costituiscono una buona parte di tutti gli utenti del Web, e che saranno i protagonisti del mondo del futuro) ciò che deve o non deve essere fatto su Internet, magari con l’ausilio di numerose attività a scuola, o installare filtri più sofisticati sui social network, per bloccare gli usi inopportuni. Fortunatamente in sempre più scuole si insegna ai ragazzi il pericolo della rete, come quando abbiamo frequentato il corso CIBERNAUTI CONSAPEVOLI, che ora si chiama CITTADINI DIGITALI.
E, in futuro, visto che Internet e tutti i vari social diventeranno sempre più “invasivi” nella nostra vita, l’uso sarà ancora migliore di quanto se ne faccia oggi. Quindi, visto che credo nel genere umano e che si possa imparare dai propri errori e migliorare, dobbiamo essere consapevoli e Navigare con stile. Rocco Cardinali 3B
E’ MEGLIO STARE CON O SENZA WHATSAPP?
Al giorno d’oggi, purtroppo, ogni singola vibrazione o semplicemente un rumore, può scattare un’irrefrenabile voglia di sbloccare lo schermo del cellulare e aprire WhatsApp per visualizzare il messaggio.
solo alcuni esempi conversazioni.
delle
loro
E’ un argomento assolutamente da trattare perché fa parte del nostro presente: per i ragazzi WhatsApp (e anche gli altri social), sono una droga?
Tra gli adolescenti questo è l’argomento di cui parlare a tutte le ore: “Hai visto il video che ti ho mandato?”, “Ho cambiato la mia immagine profilo ed è nettamente più bella della sua!”... questi sono
Personalmente penso di sì. Basta guardarsi intorno e si può vedere come tutti i ragazzi abbiano la testa chinata a fissare i loro cellulari e 23
inviare messaggi, guardare la strada.
piuttosto
che
Per esempio, tempo fa, mentre studiavo, ero perennemente distratta dai continui messaggi e dai “mi piace” che mi arrivavano da Instagram, fino a quando mia mamma mi ha costretto a consegnarglielo tutte le volte che faccio i compiti.
Rinchiuso dentro il nostro smartphone, oserei dire, si trova una parte della nostra vita. Provate a immaginarvi cosa succederebbe se da un giorno all’altro qualcuno ve lo rubasse... tutti quei numeri di cellulare, tutte quelle immagini e tutti quei messaggi spariti.
Questo mi ha fatto aprire gli occhi: MA LA SOCIETA’ DI OGGI DIPENDE DAL POSSEDERE O NO UNO SMARTPHONE?
C’è da chiedersi, però, come sarà in futuro … le persone non si parleranno più faccia a faccia, ma attraverso lo schermo di un cellulare?
Spero veramente che ci sia un limite a tutto questo e che anche altri come me si rendano conto di quanto ciò possa essere disastroso: incollarsi al cellulare e credere che attraverso uno schermo si possa davvero essere felici…
Io non posso considerarmi una che vivrebbe senza il cellulare, proprio no. Lì dentro sono rinchiusi tanti ricordi e tante “persone” che, purtroppo, non posso vedere più di una volta all’anno.
Perché se i nostri nonni e bisnonni sono riusciti a vivere senza, possiamo farcela anche noi. Almeno per alcune ore … magari giorni interi.
Ma, anche qui, il lato negativo c’è. Perdo tantissimo tempo a messaggiare cose senza molto senso...a volte mi incanto talmente tanto davanti allo schermo che non mi rendo conto di quanto passi il tempo.
Martina Oppici 3B
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LE DUE FACCE DEI SOCIAL I social network presentano due facce. Una positiva, come essere un mezzo rapido ed efficace per chattare con amici e parenti e per condividere immagini, video e testi, e una
negativa: diventare dipendenti da essi. Anche nello studio i social hanno due facce, possono essere un mezzo rapido per fare ricerche e per
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studiare, ma anche una grande distrazione. Secondo le statistiche i social network più utilizzati in Italia sono quelli che si vedono qui sotto: Ma perché i social sono così importanti per noi, ragazzi, ma anche per gli adulti? Grazie a loro sei sempre connesso: puoi conoscere ciò che sta accadendo nel mondo quasi in tempo reale. Le distanze si accorciano fino a credere di essere in ogni luogo. Quando poi si sente squillare il telefono, si accende immediatamente quella forte curiosità di conoscere chi sia stato a scrivere/postare qualcosa per noi, e che cosa. Quante volte, chiedendo di non essere disturbati e concentrati su quello che stavamo facendo, ci siamo distratti con il suono del nostro cellulare?
Un recente studio ha dimostrato che molte volte si postano sui social momenti “vincenti” della nostra vita, che diventano ancora più memorabili se riescono a suscitare l’invidia di qualcun altro. E come desideriamo i degli amici, migliaia di amici! Un’altra ragione è che i social permettono di crearsi un’immagine a piacere. Se qualcuno non è soddisfatto della propria vita reale, può crearsene un’altra migliore sui social, luogo in cui nessuno può sapere se tu sei veramente così o no. Questo può essere anche molto pericoloso: la vita parallela potrebbe prendere il posto della vita reale e rendere questa meno soddisfacente. Potremmo non voler vivere la realtà e accettarci per come siamo. Il terzo motivo, e anche più comune, è che i social network sono un fenomeno futuristico, del quale la gente vuole quindi far parte. Se non hai un social come Whatsapp sei out
in quanto rimasto nel passato. I social più cresciuti in Italia nell’ultimo anno sono: Facebook, con l’8 % degli account attivi su tutti quelli di internet, Instagram con il 17%, Google Plus con il 16% e Twitter con il 15%. Facebook negli ultimi anni è stato il social più in crescita. Gli Italiani sono una delle popolazioni mondiali che usa maggiormente internet, con una media di 6,7 ore al giorno, di cui 2,5 dedicate ai social, su una media mondiale di 2,4 ore al giorno. L’utilizzo dei social sta quindi diventando sempre di più frequente. Molte volte quando si accede a uno di questi social si perde completamente la cognizione del tempo: si crede di averci passato sopra un paio di minuti, mentre si è rimasti collegati per un paio di ore. Insomma intrappolati dalla rete.
due anni però il tempo trascorso su di essi è aumentato ancora di più. Ma del resto lo dice la parola stessa, i social network sono semplicemente una rete sociale. Un posto in cui moltissime persone sono collegate tra loro nello stesso momento e in cui possono scoprire cosa accade dall’altra parte del mondo. I social network sono un nuovo modo di comunicare con le persone ed interagire con loro, anche se in modo diverso rispetto a come si era abituati da sempre. Ma attenti, appunto, a non farci INTRAPPOLARE dalla RETE. Matilde Bardò 3B
Come si può vedere dal grafico, già dal 2014 l’Italia era uno dei paesi europei in cui si utilizzavano maggiormente i social network, in
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in viaggio
Per non dimenticare Trento rovereto vittoriale Fossoli genova
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Il museo della guerra di Rovereto Il giorno 18 maggio 2016, le classi 3B, 3D, 3E si sono recate presso il Museo della guerra di Rovereto per ampliare la conoscenza riguardo alle caratteristiche della Prima Guerra Mondiale. Ad attenderci c’erano due guide che ci avrebbero illustrato il percorso che avremmo fatto. Per prima cosa, il nostro cicerone ci ha spiegato il tipo di combattimento tipico del secolo precedente alla Grande Guerra: nell’800, le battaglie si svolgevano all’ aperto con entrambi gli schieramenti sul fronte. A causa delle forti nubi formate dalla polvere da sparo, i soldati, per distinguersi dai nemici, indossavano una divisa attribuita ai colori della propria nazione.
doveva ripulire la canna e poi rimettere i proiettili; questi meccanismi richiedevano tempo e causavano la perdita di molti fanti. Nel ‘900 la tecnologia bellica fece progressi: migliorarono i vecchi armamenti e se ne inventarono di nuovi, ad esempio, nacquero le mitragliatrici. Questa nuova arma era capace di sparare oltre 500 proiettili al minuto, ma necessitava di un uomo in più per ricaricarla.
Allo scoppio del primo scontro mondiale, i fronti erano già muniti di armi e l’economia dello Stato era concentrata sulla guerra. La Fiat e l’ Ansaldo erano i principali fornitori e produttori di mitragliatrici, fucili e granate (tutti esposti dentro il museo). Sui confini, vennero costruite le trincee che erano fortificazioni di pietra e legno situate su territori fangosi, dove i soldati del fronte vivevano in
Così come le vesti, anche le armi erano tipiche per ogni Paese; ad esempio, i fucili/baionette francesi (a quell’ epoca i più avanzati) presentavano una lama meno affilata e si potevano ricaricare da sdraiati, mentre per tutti gli altri armamenti ogni due colpi sparati si 29
condizioni pessime, per cui molti morirono per le schegge delle granate o per malattie causate dallo scarsa igiene (la “spagnola”) o per la mancanza di cibo e acqua. Gli indumenti dei soldati erano leggeri e poco colorati, per cercare di non farsi notare durante la battaglia di posizioni; solo la Francia continuava ad usare vestiti militari con il blu, che era il simbolo della Nazione francese, ma con il risultato di essere il Paese con più vittime. Gli attrezzi dei soldati erano pesanti e non garantivano una protezione sicura: gli elmi non resistevano ai proiettili e neanche gli indumenti erano sicuri.
In parecchie basi, c’erano cannoni e mortai che servivano a sbaragliare le difese nemiche ed abbattere aeroplani da ricognizione, ma per poterli farli funzionare erano necessari almeno 6 uomini per i cannoni e 3 per i mortai. Per la prima volta, l’aereo, inventato nel fine ottocento, venne usato per scopi bellici, spesso da osservatore per spiare le difese avversarie. Alla fine della guerra il mezzo alato iniziò ad essere utilizzato come mitragliatore e vi furono i primi conflitti aerei. Tanti piloti persero la vita in scontri del genere, specialmente quando terminavano i colpi del mitragliatore e
dovevano abbandonare il posto da guidatore lasciando il veicolo sospeso in aria e bersagliato da nemici per ricaricare l’arma in un minuto. Continuando la visita, ci siamo recati tutti dentro ad una stanza scavata interamente nella roccia, dove vi si poteva ammirare i più famosi cannoni da guerra: da quelli italiani fino ai tedeschi, dai più piccoli a quelli più pesanti che dovevano essere trainati da 10 uomini. L’ artiglieria pesante era comune in quel conflitto, ed era anche la principale causa di morte: i colpi che cadevano sul fronte nemico, uccidevano gli uomini sia per l’ esplosione, sia per le grandi vibrazioni emesse. Si è calcolato che i soldati deceduti di tutta la Grande Guerra siano stati almeno nove milioni.
Infine, la nostra guida ci ha narrato la situazione in Trentino, in particolar modo nella zona di Rovereto: i militari del luogo erano mandati alle armi dal Governo Austriaco, visto che l’Alto Adige era sotto il loro dominio. Molti irredentisti rifiutarono di combattere per l’Austria perché volevano annettere il loro territorio all’ Italia: se i patrioti trentini venivano catturati, erano di conseguenza condannati a
morte per tradimento. I cittadini furono mandati nei campi profughi presso Vienna per poterli proteggere dal conflitto. Le condizioni nei campi erano misere, ma non brutali: vi erano grossi capannoni che contenevano più appartamenti e recinzioni. La leggenda narra che Hitler, passando in treno dalla capitale austriaca e vedendo il campo profughi, abbia preso l’idea del campo di concentramento. Il nostro cicerone, fuori dal museo, ci ha raccontato che suo nonno durante la deportazione aveva nascosto tutti i gli averi più preziosi degli abitanti in una grossa fattoria, ma malgrado il bel gesto, gli Austriaci hanno trovato e scoperto tutto.
Questa visita è stata interessante sia dal punto di vista storico che bellico, perché abbiamo veramente compreso quella che è stata la Grande Guerra: imponente, disastrosa e non abbastanza considerata come la seconda.
Articolo di Leone Bergonzi 3°E
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LE TRINCEE DELL’ ASMARA Guardavamo tutti in alto. Nessuna paura. Sarebbe stata l’unica salita impegnativa. Proviamo a ritornare al passato; omoni vestiti pesanti, divisa di lana, scarpe di cuoio,40 gradi in estate e meno 20 in inverno. Li vedevo salire e scendere in continuazione: zaini pesanti, 30 chili, tra cinturoni , cibo, granate, munizioni, fucili, l’elmetto in testa.
Ora ritorniamo a noi; 15 minuti di pullman, vestiti leggeri, sportivi, scarpe da ginnastica, zainetto di 3 chili massimo, alcuni neanche quello. Tutti seduti. La guida è stata impressionante, parlava, parlava e noi tutti incantati, raccontava come se l’avesse vissuto, come se stesse leggendo un libro, un libro che aveva dentro. Primo capitolo; Le trincee dell’Asmara, il cui nome ha origine da un signore che fece abbondanti ricchezze in Eritrea ; e dove oggi ci sono le trincee, a Mori, lui costruì una villa con tante coltivazioni. 32
Le trincee Austro Ungariche dell’Asmara si trovano a 10 chilometri da Rovereto, oltre alle trincee ci sono camminamenti, posizioni di mitragliatrici, bunker, cave gelide.
Una vera e propria guerra di posizione, fatta di trincee e reticolati. Si pensava ad una guerra veloce, che durò invece 4 anni. Condizioni bruttissime, si mangiava poco e male. Le condizioni igieniche erano pessime. Per gli italiani le trincee furono, oltre che tattiche militari, un’occasione per rendere persone tanto diverse, partecipi e unite. Ciò mi ricorda la poesia di Ungaretti “Veglia”. Vivere la morte di un compagno durante una notte che notte per lui non fu. Ungaretti viveva un dolore profondo, lo aveva davanti agli occhi, e non fu mai così attaccato alla vita. Questi fossati, chiamati trincee, non erano solo luoghi, erano puzzle impossibili da comporre, pezzi di vita
irrecuperabili.
Le trincee dell’Asmara sono in cima a colline e di conseguenza permettevano una visione strategica. Si doveva stare attenti, il proprio territorio era ben delimitato, rischiavi di andare a mettere il piede dove non dovevi.
Oltre alle trincee c’erano camminamenti che permettevano il passaggio ai soldati senza andare allo scoperto, cave per rifugiarsi dai bombardamenti, grotte che rimanevano attive per settimane con la speranza che non crollassero, ma spesso sperare non bastava. La tua vita camminava, si fermava, e riprendeva. Non abbassava mai lo sguardo, guardare giù ti avrebbe fatto cadere, e non cadere era un miracolo. “Non sono mai stato tanto attaccato alla vita” Ungaretti Articolo di Edoardo Caffini 3°E
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Maria Dolens LA CAMPANA CHE SUONA LA PACE Il giorno 18 maggio le classi 3B 3D e E in viaggio d’ istruzione si sono recate sul colle di Miravalle a Rovereto per visitare la campana dei caduti. La Campana dei Caduti, Maria Dolens, venne fusa a Trento nel 1924. Negli anni del primo dopoguerra il sacerdote roveretano Antonio Rossaro volle trovare un modo per ricordare tutti i caduti nel conflitto appena finito e pensò di realizzare una campana, costruendola con il bronzo dei cannoni delle 19 nazioni partecipanti alla prima guerra mondiale.La realizzazione del modello fu affidata allo scultore della Val di Non Stefano Zuech, che la decorò con un bassorilievo di impostazione neoclassica. Il suono della campana tuttavia non corrispose a quello voluto, quindi venne fusa a Verona nel 1938. Il primo tentativo fallì per cui venne rifusa nel 1939, per poi
ritornare a Rovereto il 26 maggio 1940. Anche la nuova campana dei caduti non ebbe una vita felice. Innazitutto si attese la fine della seconda guerra mondiale prima di installarla sul Castello; e in seguito si incrinò gravemente(nel 1960). Non potendo intervenire altrimenti si decise per una nuova fusione, la quarta, nel 1964, grazie al sostegno finanziario del Lions Club d'Italia. Il 4 novembre 1964 fu benedetta da papa Paolo VI e venne collocata sul Colle di Miravalle. Dalla sua nuova posizione sul Colle di Miravalle tutte le sere alle 8:30 batte i suoi 100 rintocchi in memoria dei caduti. Tecnicamente si può classificare come campana "a battaglio cadente". Le sue dimensioni sono notevoli: il suo peso è 22,639 tonnellate, la sua altezza è di 3,36 metri e il diametro di 3,21 m. Per 34
questo viene considerata la quarta campana più grande al mondo per peso. La visita è stata molto interessante in quanto è stato affascinante vederla cosi maestosa. La campana domina una valle verde e dolce che, da sola, ispira un senso di tranquillità e Pace.
Tutti i testi avevano una tematica in comune: il disprezzo per la guerra e il desiderio di Pace. Ogni lettura è stata seguita da un applauso. Un momento significativo è stato quando tutti insieme, insegnanti compresi, ci siamo stretti la mano e E’ stato molto bello vedere che ogni ragazzo era partecipe e attento all’attività, questo significa che anche dei ragazzi, così giovani come noi, riescono a percepire la fortuna di vivere in un mondo dove non c’è più la guerra da ormai 75 anni.
abbiamo formato un grande cerchio. Due ragazzi per ogni classe hanno letto una poesia o un pensiero.
La visita è stata molto toccante e quasi commovente. Credo che sia perfetta per una scolaresca, perché occorre far capire ai ragazzi che la pace è fondamentale per crescere, per vivere e per progredire. La pace è un bene da preservare, da volere e costruire ogni giorno.
Articolo di Chiara Ferrari Giulia Zanacca 3E
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Il vittoriale degli italiani Ultima tappa della gita delle terze B D e
Gabriele D’annunzio, grande uomo, grande poeta, ma soprattutto grande eroe. L’ultima parte della sua vita la visse nel Vittoriale dove, insieme all’architetto Giancarlo Maroni, decise di costruire una casa-museo in cui ricordare tutte le sue imprese e la sua vita. É proprio il Vittoriale, il complesso di edifici visitato il 19 Maggio dalle classi 3^B 3^D e 3^E, nonostante la forte e incessante pioggia. La prima sala che abbiamo visitato è stata il nuovo museo “D’annunzio Segreto” inaugurato da pochi anni. Al suo interno si possono vedere molti degli abiti di D’annunzio, alcuni elegantissimi, altri invece più casalinghi, per tutti i giorni. Inoltre
aveva molti indumenti femminili per le donne che lo andavano a trovare, le numerose amanti. Infine si possono osservare tantissime paia di scarpe, circa una cinquantina. La cosa che più ha incuriosito e divertito i ragazzi è stato un paio di scarpe che
all’apparenza erano comuni, però 36
sulla parte anteriore avevano la sagoma dell’organo genitale maschile. Secondo il mio parere è qualcosa di inspiegabile, perché D’annunzio avrebbe dovuto personalizzare così un paio di scarpe? Andando avanti le classi hanno potuto vedere il Teatro all’Aperto, ha colpito di più è stata la Prioria, il corpo centrale del Vittoriale, in cui le classi sono dovute entrare a turno.
dove ancora oggi, durante l’estate, si realizzano degli spettacoli, ma soprattutto hanno potuto godere dell’incredibile vista del Lago di Garda che si ha dagli spalti. Dopo aver visto il teatro, siamo entrati nella sala in cui è appeso l’aereo, con cui D’annunzio sorvolò Vienna e lanciò i volantini agli Austriaci con scritto: “Arrendetevi”. Appena l’ho guardato mi è sorto un dubbio. Ma come riuscivano i piloti a volare su un aeroplano fatto di legno e ricoperto di seta? Oltre a esserne capaci, ci voleva anche un bel coraggio! Ma il luogo che a me 37
La casa, in precedenza, era la dimora del critico d’arte tedesco Henry Thode, infatti molti degli oggetti e dei libri all’interno della casa appartenevano al precedente proprietario tedesco. L’atmosfera che si respira di sacralità all’interno della dimora è amplificata dalla scarsa illuminazione. Vetrate dipinte, finestre con pesanti tendaggi, luci soffuse nelle stanze, fanno della Prioria un luogo misterioso e suggestivo in cui D’annunzio, che era fotofobico (non
sopportava la luce) poteva ben vivere. D’Annunzio pensò e realizzò la villa con grande minuzia di particolari creando stanze adatte ai vari momenti di vita. Come per esempio la sala da pranzo, dove sulla tavola è situata la scultura della sua tartaruga Cheli, morta di indigestione, per dare un messaggio all’ospite: “mangia
D’annunzio non sapeva pilotare solo gli aeroplani, ma anche grandi motoscafi, di cui era particolarmente appassionato. Infatti, come ultimi luoghi, abbiamo visitato la Nave Puglia e la rimessa in cui si trova il motoscafo silurante MAS 96.
moderatamente”. Oppure lo studio, dove scriveva “l’operaio della parola”, com’ era solito definirsi. Tra tutte, la stanza che mi ha impressionato di più è stata quella dello Scrittoio del Monco, detta così perché D’annunzio, non volendo rispondere a tutti, si definiva monco, cioè senza una mano. Dava l’impressione di essere dentro a una gabbia, sia per la scarsa illuminazione, sia per la struttura della stanza.
La nave fu donata a d'Annunzio dalla Marina Militare nel 1923. I lavori per portarla al Vittoriale si rilevarono particolarmente impegnativi. Nel sottocastello della nave, dal 2002, è stato allestito il Museo di Bordo che raccoglie alcuni preziosi e bellissimi modelli d'epoca di navi da guerra della collezione di Amedeo di Savoia, duca d'Aosta. Invece D’annunzio con il MAS 96
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fece la Beffa di Buccari, insieme al comandante Luigi Rizzo e al Conte Costanzo Ciano (padre di Galeazzo Ciano, genero e Ministro degli Esteri di Benito Mussolini).
Con questi due cimeli bellissimi termina la gita al Vittoriale, un’ esperienza incredibile e che consiglio veramente a tutti.
Articolo di Sebastiano Castagnetti 3B
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FOSSOLI Nel mese di aprile tutte le classi terze della Fra Salimbene sono andate a visitare il campo di concentramento di Fossoli e il Museo del Deportato di Carpi, allo scopo di percorrere i momenti della nostra storia più drammatici, dove l’essere umano ha dato il peggio di sé. Questo per non dimenticare, per non incorrere negli stessi errori del passato. LA STORIA DEL CAMPO Il campo di Fossoli è stato attivo dal 1942 al 1970. Nel 1942 l’Italia stava combattendo la seconda guerra mondiale su più fronti, non solo in Europa, ma anche nelle colonie del Nord-Africa. Grazie alla convenzione firmata all’Aia nel 1899 i prigionieri non potevano più essere torturati per estorcere informazioni, ma dovevano essere internati in appositi campi. Si è scelta Fossoli in quanto area isolata e vicina ad una stazione. Inizialmente era un campo per prigionieri di guerra (il PG 73) gestito da soldati italiani. Quando fu firmato l’armistizio, il campo, i prigionieri e le guardie si allearono e tennero una festa perché pensavano che la guerra fosse finita. Ma a sorpresa, la notte tra l’otto ed il nove settembre, i soldati tedeschi 40
penetrarono nel campo e deportarono sia i soldati inglesi che quelli italiani. Questa è la conclusione dell’utilizzo di Fossoli come campo per prigionieri. Il 5 dicembre del 1943 la repubblica di Salò emanò un editto che affermava che tutti gli ebrei residenti in Italia dovevano essere internati in appositi campi, quindi Fossoli aprì come campo di concentramento per ebrei. Il percorso di perdita di identità per gli internati iniziava nelle prime due baracche del campo, dove le persone venivano private del proprio nome e cognome, che era sostituito da un numero di matricola. Veniva poi assegnato loro un triangolo di colore diverso in base al motivo per il quale erano state internate. Gli internati per motivi razziali avevano un triangolino giallo, quelli internati per motivi politici, rosso. Il campo di Fossoli è stato il principale
campo di transito in Italia. Le persone erano lì internate con l’obiettivo di essere poi deportate in Germania. Dal campo di Fossoli sono transitate circa 6000 persone, che venivano divise in convogli e inviate in vari campi di concentramento e di sterminio della Germania. La prima deportazione avvenne il 26 gennaio 1944. Il primo convoglio con a bordo ebrei italiani, tra i quali Primo Levi, partì il 22 febbraio 1944.
QUALI ERANO LE CONDIZIONI NEL CAMPO?
Le testimonianze che sono state rintracciate provano che nel campo di Fossoli si stava apparentemente bene, ovvero che la segregazione dei prigionieri non era a livelli molto elevati. Infatti nel campo potevano entrare anche altre persone, come ad esempio il panettiere, e gli internati avevano la possibilità di ricevere pacchi dall’esterno. I prigionieri non erano divisi tra uomini e donne, ma le famiglie potevano stare insieme nella
stessa baracca. Nel reparto degli internati per motivi razziali c’era una specie di “Capo-campo” che si occupava dell’alimentazione e dei più piccoli. Nei campi di concentramento tedeschi solitamente un ufficiale tedesco divideva i nuovi deportati in due gruppi: le persone che erano in grado di lavorare e quelle che invece non potevano svolgere nessun tipo di lavoro. Queste ultime venivano direttamente eliminate nelle camere a gas, poiché venivano considerate inutili. Fossoli non è mai stato un campo di lavoro, fino a quando la gestione del campo passò sotto il comando di due sottoufficiali (Tito e Ansagher). Quest’ultimi rivoluzionarono le regole del campo e la segregazione divenne totale. Addirittura assegnarono compiti inutili e faticosi per “tenere occupati” gli internati e spezzare la loro resistenza fisica e morale. EPISODI DI VIOLENZA Fossoli non è stato un campo di sterminio, perché il solo scopo del campo era quello di internare gli oppositori e gli ebrei e deportarli, ma ci sono stati comunque episodi violenti. Ad esempio, durante l’appello che si svolgeva la sera al campo, un internato non rispose prontamente 41
alla chiamata e venne fucilato sul posto. Quest’atto di crudeltà era ingiustificato, anche perché il ragazzo era sordomuto, quindi non avrebbe mai potuto rispondere. Il suo corpo fu lasciato come monito nell’area dell’appello. Un’altra volta vennero chiamati 70 internati per motivi politici per essere deportati in Germania. In realtà questi uomini furono accompagnati verso lo sterminio nella
IL MUSEO DEL DEPORTATO A CARPI In seguito abbiamo visitato il museo dedicato all’olocausto progettatto per rappresentare un’esperienza unica per il visitatore. Le pareti erano costellate di frasi tratte da un libro che raccoglieva gli ultimi pensieri scritti lasciati dai condannati alla fucilazione. Impressionante era l’ultima stanza, costellata dai nomi di coloro che furono vittime di questa follia.
vicina stazione dove era stata già scavata una enorme fossa comune. Articolo di Adelaide Corradi E Giulia Nicoli 3A
42
Migranti ‌ di ieri‌e di oggi
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Il 4 maggio due classi del nostro
Ma la cosa più bella è percepire e
Istituto si sono recate a Genova per
che
visitare il Museo Galata, luogo dove
virtualmente, grazie ad un software
si raccolgono, tra l'altro, le storie, le
che permette di manovrare la nave
suggestioni e le immagini dei
dalla timoneria e di vedere la prora
migranti italiani verso le Americhe
del piroscafo in varie situazioni di
dalla fine dell'800, partecipando con
navigazione.
il
piroscafo
“naviga”
loro “virtualmente” alla traversata oceanica.
Poi siamo passati in un ambiente in
Il tour è iniziato dalla stanza del
cui è ricostruita una casa contadina
“Piroscafo” dove abbiamo esplorato
di metà Ottocento dove si possono
il ponte di un piroscafo dei tempi
vedere le “lettere di chiamata” le
dell'emigrazione,
passando
missive che i parenti già all'estero,
attraverso la timoneria originale
inviavano ai familiari perché li
("wheelhouse"), completa di sala
raggiungessero.
nautica.
44
Successivamente abbiamo visitato
Il piroscafo all'ancora chiama i
virtualmente un pezzo di centro
passeggeri e gli emigranti entrano
storico, con facciate dipinte e vicoli
nella stazione marittima: verifica dei
stretti, con le sue botteghe e con i
bagagli,
suoi
timbratura dei biglietti presso il
(virtuali)
abitanti
che
si
affacciano alle finestre e parlano
verifica
dei
passaporti,
doganiere.
con il visitatore-emigrante. Di seguito il percorso migratorio prosegue con la stazione marittima.
Infine l'imbarco e la vita a bordo del piroscafo "CittĂ di Torino" con la ricostruzione degli ambienti interni: da un camerone
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con le cuccette riservate agli uomini,
mangiato e, infine, siamo partiti per
sistemato vicino ai motori con un
rientrare a Parma.
gran rumore, si passa alla seconda
E’ stata una bellissima gita, molto
classe, fornita di cabine a quattro
istruttiva, particolare e soprattutto divertente. Articolo di Pietro Gaiano 3G
letti e, ancora, all'infermeria e alla cabina
del
emigrazione
commissario che
di
sorvegliava
i
passeggeri e la mensa. Il viaggio termina con lo sbarco nelle tre
destinazioni
principali
dell'emigrazione
italiana:
l'Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti. Terminata la visita al museo, siamo tornati
all'autobus
e
ci
siamo
trasferiti nel piccolo centro di Sestri Levante tra le vie del quale abbiamo passeggiato per un po'; quindi siamo scesi in spiaggia, abbiamo
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storia della lotta della donna pER LA pARITA’ DEI diritti
Incontri delle terze con la Prof.ssa Margherita Becchetti del Centro Studi e Movimenti di Parma 47
La bionda e la bruna Durante il secondo quadrimestre abbiamo seguito un percorso storico molto interessante proposto dalla Prof.ssa Becchetti del Centro Studi Movimenti: la storia dell’emancipazione femminile. Durante il corso della storia le donne non sono mai state considerate al pari degli uomini. Venivano sottovalutate e in questo modo abbiamo perso menti geniali femminili che all’epoca non venivano nemmeno considerate. Nel 1903 le donne cominciarono a volere il diritto di voto e sorse un movimento politico femminista che lottò con manifestazioni di piazza che si concludevano sempre con violenze da parte della polizia alle donne. Le manifestanti venivano chiamate dagli uomini, in modo ironico,
Nei primi decenni del Novecento, durante la Prima Guerra Mondiale, le donne hanno vissuto un cambiamento nella loro vita da casalinghe, infatti cominciarono a prendere i posti di lavoro degli uomini andati in guerra. Per loro era una cosa molto positiva. Non era mai successo di vedere una donna guidare un tram o aggiustare gli impianti elettrici, ma questa svolta nella loro vita durò solo sino alla fine della guerra perché, appena gli uomini tornarono dal fronte, si ripresero i loro posti di lavoro. Le donne che si ribellavano e rifiutavano di lasciare il loro posto di lavoro, venivano picchiate o arrestate. Ma nelle donne era maturata la consapevolezza di avere dei diritti, così rafforzarono i processi per l’emancipazione e lottarono per avere il diritto di voto e di lavoro; le più determinate erano le donne inglesi. Continuarono però ad essere considerate inferiori agli uomini: non importava se il marito picchiava la sua
suffragette.
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donna, lei non valeva niente e l’uomo era il suo padrone, perciò poteva farle quello che voleva.
mostravano gambe e braccia e talvolta
Quindi cominciano a nascere conflitti fra mondo maschile e mondo femminile, ma anche conflitti tra le donne anziane e le donne giovani: le anziane erano cresciute sotto il potere dell’uomo e pensavano che dovesse continuare ad essere così.
mettevano le calze di seta.
Nei circoli femministi nascono nuove riviste: donne colte come Maria Goia e Anna Kuliscioff portarono avanti questa campagna, e pubblicarono giornali apparentemente maschili, con argomenti di guerra e di politica.
In più cominciarono a comportarsi al pari degli uomini: a passeggiare tra donne e non più con il padre o il marito che doveva essere sempre presente; cominciarono a fumare in pubblico, ad andare nei pub di sera con i coetanei maschi e a guidare.
Le donne cominciano a voler diventare come gli uomini e nasce per loro un nuovo stile di vita.
Questi tipi di donne vennero chiamate in Inghilterra “Flappers”,in Francia “Garçonnes” e in Italia “Maschiette”.
Cominciarono ad andare al cinema e ai magazzini, i luoghi dove le donne cominciarono a comprare i primi abiti confezionati; nascono nuove mode.
Nasce il cinema e la pubblicità con donne che indossano vestiti provocanti e andavano contro il modello di donna fascista che in Italia voleva Mussolini.
Se si fa un confronto fra le mode del ‘900 e quelle dell’800 si trovano molte differenze: le donne dell’Ottocento indossavano corsetti e pouf,non si truccavano e tenevano sempre i capelli legati con un cappello per coprirli; non mostravano mai né braccia né gambe. Le donne del Novecento, invece, cominciarono a truccarsi, a tenere i capelli sciolti e corti; cominciarono a vestirsi con abiti liberi e leggeri che
Le donne, vedendo nelle pubblicità straniere delle ragazze così belle, 49
iniziano a volerle prendere come modello e a voler diventare come loro.
Per quanto riguarda il piano legislativo, vennero create molte leggi.
Le donne delle pubblicità erano decise, autonome, libere ed eleganti.
Nel 1919 la Legge Sacchi, molto innovativa, abolisce l’autorità maritale, cioè le donne possono fare quasi tutti i lavori e possono gestire i propri beni; questa legge sancisce la nuova autonomia che le donne hanno acquistato.
Questo tipo di donna venne chiamato da Marcello Dudovich “la donna virago” perché è un modello di donna forte, aggressiva che non ha paura né bisogno dell’uomo (“vir” dal latino “uomo”).
Nei primi anni ’20, però, la situazione è già molto cambiata: in alcune città le donne che guidano tram e fanno le impiegate pubbliche e che si rifiutano di lasciare il lavoro, vengono aggredite. Nel 1920 Giolitti crea una nuova legge che dice che le donne devono lasciare tutti i posti di lavoro agli uomini. Nel 1923 Giovanni Gentile fece una riforma della scuola e creò un liceo femminile che garantiva alle donne un’educazione adeguata per diventare buone madri e mogli senza che la donna protesti.
Perciò le donne fasciste vengono influenzate dai modelli di donna virago e gli uomini sono contro quest’ideologia. Le dive del cinema, le femme fatale (femmina fatale), sono talmente affascinanti, seducenti e abbaglianti che l’uomo resta sedotto e la donna diventa in questo modo “la padrona dell’uomo”. Les femmes fatales creano panico nel mondo maschile che risponde deridendole sui giornali e con la violenza, la repressione e l’arresto.
Nel 1926 le donne non poterono più insegnare latino, greco, storia, filosofia nei licei classici e scienze, italiano e storia negli istituti tecnici. 50
Nel 1927 il salario femminile venne dimezzato, per decreto del governo, rispetto a quello maschile; non si poteva essere in una famiglia in cui la donna lavorava e l’uomo no, doveva essere il contrario perché questo riduceva l’autostima maschile.
Nel 1928 le donne non potevano diventare presidi di scuole medie. Nel 1929 venne deciso che le studentesse delle scuole medie e dell’università dovevano pagare il 50% in più di tasse e vennero escluse da importanti università e licei come la Scuola Normale Superiore di Pisa. Nicola Pende nel 1941 disse che le donne non potevano studiare come gli uomini perché il loro cervello era inferiore e troppo arretrato e di conseguenza non era per natura sufficientemente preparato agli studi matematici, scientifici; però la donna poteva studiare le tecniche domestiche.
Per quanto riguarda l’educazione delle bambine, c’era una divisione dei ruoli sessuali molto definita. Il fascismo educava le Piccole Italiane: le ragazze si esercitavano dopo la scuola nel prestare soccorso, essere caritatevoli nell’economia domestica, nella puericultura, nella floricultura e nelle arti femminili come la ritmica e la decorazione. Mussolini durante il discorso alle donne nel 19 7 disse: ”Donne fasciste, voi dovete essere le custodi dei focolari”.
Il Fascismo quindi diede concretezza alla discriminazione delle donne con leggi, decreti e sentenze. Dal primo Luglio 1930 venne messo in vigore il codice penale: un intero capitolo era dedicato ai “delitti contro la integrità e la sanità della stirpe”. Venne vietato il possesso, la vendita e la messa in scena di situazioni che fossero di offesa alla morale pubblica. Venne previsto, accettato e riconosciuto il delitto d’onore e il Matrimonio Riparatore: se un uomo violentava una donna bisognava per forza sposarla, cosicché l’uomo non andasse in prigione. 51
La donna modello fascista che Mussolini voleva era la donna florida, che faceva molti figli e lavorava nei campi. In quel periodo ci furono molte discussioni riguardo il modello di bellezza.
Le donne del cinema e della pubblicità, come Greta Garbo, erano considerate donne brutte. Il fascismo non poteva che condannare l’idee di una donna emancipata e autonoma.
Mussolini promuoveva invece il modello di donna prolifica; era segnale di donna bella, anche se il fisico si deformava e invecchiava più in fretta. Questi anni furono difficili per le donne, private di ogni diritto e di ogni giustizia. Oggi le cose sono cambiate in Italia, ma non in tutto il mondo. Ancora oggi molte donne vivono sottoposte all’uomo per motivi di tradizione o di religione.
combattuto per avere la sua autonomia e ci è riuscita. Forse, ancora, la parità non è totale. In Italia sono ancora gli uomini ad avere la maggioranza dei posti di potere, ma la consapevolezza che la donna ha pari diritti rispetto all’uomo si è ormai diffusa. Io spero che non si torni mai più indietro e che donne come Margherita Hack e Rita Levi Montalcini abbiano dimostrato al mondo che il contributo femminile al progresso è essenziale.
Sara Monguidi
3°E
(immagini Niccolò Semino)
La donna è sempre stata forte e ha
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NESSUNO CI PUO’GIUDICARE La lotta della donna per la parità La storia, le tappe che la donna ha dovuto raggiungere per ottenere quello che a noi oggi sembrano assolutamente diritti su cui nessuno si permetterebbe di mettere dubbi, è molto coinvolgente, ma l’ha resa ancor più interessante Margherita Becchetti, la Prof.ssa di Storia del Centro Studi e Movimenti, che l’8 e il 15 aprile ci ha spiegato come la donna ha duramente lottato per ottenere quello di cui noi ora godiamo: la libertà e la parità con l’uomo. Ma iniziamo il viaggio partendo dalla cosiddetta “Italia contadina” che durò fino alla Seconda Guerra Mondiale. Era caratterizzata da famiglie patriarcali, nelle quali comandava
esclusivamente il padre e la figlia femmina era un peso. Durante l’Italia contadina la donna non era pari all’uomo, bensì era considerata una “macchina” fatta per creare figli.
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Nel caso nascesse una femmina, la famiglia non festeggiava, piuttosto non vedeva l’ora che si sposasse e andasse a vivere con suo marito e la sua famiglia. Una donna non sposata non era nessuno per la società. Le famiglie erano patriarcali, comandava il padre, erano molto
numerose e la moglie doveva andare a vivere dalla famiglia del marito.
Era un’Italia sedentaria Verga disse che gli uomini sono come le ostriche: esse rimangono attaccate al proprio scoglio, ma se si staccano fanno una brutta fine. Quando ci si trovava nelle stalle (un
luogo più caldo rispetto alle case), alcuni membri della famiglia raccontavano di aver visto il mare, cosa alquanto sconosciuta a molti. Questo perché i contadini erano piuttosto sedentari, e le uniche cose che avevano visto non erano molto distanti dalla loro abitazione. A quel tempo si facevano molti figli, non solo per il lavoro nei campi, ma perché c’era un’alta mortalità infantile. Le nascite non erano controllabili. Abortire era un reato e si andava in prigione. Molte donne però lo facevano lo stesso con l’aiuto di altre donne. Era molto rischioso e spesso si moriva. Si dovevano fare quindi molti figli come ad esempio nel Fascismo perché secondo Mussolini le donne erano soprattutto fattrici di figli, macchine da riproduzione. Le donne lavorano nelle filande e nei campi, tanto che a volte partorivano proprio lì, per lavorare fino all’ultimo giorno.
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Dopo, l’uomo, andava dal padre della ragazza e gli chiedeva il permesso di sposarla.
Quando le donne erano impegnate fuori casa lavoravano esclusivamente tra donne, come ad esempio le mondine nelle risaie.
I due futuri coniugi, non potevano neanche baciarsi prima del matrimonio e la donna doveva essere assolutamente vergine. L’ultima nuora che entrava in famiglia dipendeva dal suocero (il patriarca), dal marito, dalla suocera, e da tutte la cognate più anziane. Non contava nulla. L’età da marito era tra i 15 e i 17 anni.
I matrimoni a quei tempi venivano organizzati dai padri delle due famiglie. La famiglia della ragazza però doveva versare una dote, che poteva essere una somma di denaro oppure degli oggetti di medio valore. Questo dimostra quanto valeva una ragazza in quel periodo storico.
Le feste
Come ci si innamorava Innamorarsi, a quel tempo, era ben diverso da oggi: un uomo e una donna, si incontravano nelle stalle, però si guardavano e basta, perché alla donna era consentito solo guardare un uomo che non fosse suo marito.
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Anche le feste contadine erano una buona occasione per innamorarsi. I divertimenti, per esempio, erano passeggiate e caldarroste.
Le donne non potevano indossare gonne sopra il ginocchio; loro non ne erano felici, ma si rassegnavano e si accontentavano.
Alla Fiat venne introdotta la catena di montaggio, e gli operai passarono da 4.000 a 60.000.
TUTTO CIO’ ATTIRAVA LE PERSONE DI CAMPAGNA.
Con il Boom economico degli anni ’50 tutto cambiò Dopo la seconda guerra mondiale, l’America era un modello per gli Italiani, e questo cambiò il loro modo di vivere.
Gli uomini andarono a cercare lavoro a Torino, Genova e Milano, e molte famiglie contadine del Sud si trasferirono nell’Italia del Nord dove c’erano le fabbriche. Ma gli abitanti del Nord non gradivano questa “invasione” e si mettevano in mostra questi cartelli…razzisti.
Gli americani portarono le chewinggum, i jeans la coca cola…
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Le città, diventavano delle vere e proprie metropoli che si “mangiavano” via via le campagne con i ‘quartieri dormitorio’, chiamati così perché, quando non si lavorava, non si poteva fare nient’altro.
Casa contadina
Ogni anno cambiavano abitazione un milione e mezzo di Italiani.
Siamo negli anni ‘60 e in Italia si forma una nuova società, più moderna e basata sul circolo vizioso del consumo e del commercio. E’ la società dei consumi, ricca di nuovi elettrodomestici e comodità.
La donna può contare sull’aiuto degli elettrodomestici 57
Questi nuovi elettrodomestici (forno e fornelli, lavabo, frullatore, lavastoviglie…) rappresentavano lo stato sociale della famiglia
L’importanza di mostrare la propria ricchezza, fare sacrifici e tirare la cinghia diventa un valore. Per esempio, quando le amiche andavano a casa, la moglie poteva mostrare loro la lavatrice, la televisione, il frigo.... La famiglia è composta da meno componenti: si passa dalla famiglia patriarcale alla famiglia nucleare.
Prima le donne andavano in bottega per comprare gli alimenti, mentre il frigorifero aiuta a mantenere gli alimenti ben conservati: non era più necessario fare la spesa ogni giorno.
Le piccole rivoluzioni Sempre più fabbriche accolgono le donne come lavoratrici, a causa del loro prezzo conveniente.
Supermarket
Nei supermercati le donne, e anche gli uomini, potevano trovare surgelati, dado da brodo, passata di pomodoro… e altri prodotti confezionati che rendevano la vita femminile ancora più semplice. I supermarket erano anche fonte di modernità con le luci al neon, i carrelli…
Il lavoro nelle catene di montaggio porta però all’alienazione (perdere contatto con ciò che fai). Un dirigente della Bormioli, durante un’intervista, disse però che: “le donne, visto che hanno in mente le faccende da fare dopo il lavoro, rischiano meno degli uomini di essere alienate”. Andando a lavorare tutte insieme, le donne iniziarono a socializzare e a 58
parlare tra loro, si scambiarono idee, pensieri, paure e preoccupazioni; si confidarono i segreti, magari raccontando di violenze subite dal marito. In questo modo si sentirono comprese, capirono che non era colpa loro se venivano violentate, e svilupparono maggiore senso di sicurezza.
ragazze possono fare progetti per una vita diversa .
Classe femminile prima della riforma
La scuola cambia Nel 1962 c’è la riforma scolastica. Tutti (maschi e femmine) devono frequentare la scuola fino ai 14 anni. Si sta rompendo la divisione tra i ruoli sessuali. Le classi sono miste.
Le ragazze e i ragazzi iniziano ad andare al mare in vacanza.
Prima della scuola le donne non vedevano un futuro se non domestico, ma con la conoscenza e lo studio le
Ascoltano la musica e ballano con i coetanei nei bar dove sono i juboks.
le ragazze possono immaginare un futuro.
C In questi anni, l’avvento della TV, n 59
con
In questi anni, con l’avvento della TV, nascono le prime pubblicità televisive, e anche sui giornali compare una donna diversa, dinamica e moderna.
indossavano minigonne, i pantaloni, mostravano l’ombelico, gli abiti sono scollati.
I soggetti rappresentati quindi sono principalmente donne, talvolta in intimo, al fine di attirare più pubblico. In alcuni manifesti, viene associato Dio al corpo della donna.
Che viene usato come merce per la pubblicità. 60
La concezione cambia
dell’amore
In questi anni, i ragazzi hanno una concezione dell’amore molto più libera: si baciano ed escono insieme in pubblico, pur non essendo sposati. I ragazzi vogliono più libertà sessuale, cosa non accettata dagli adulti. A Milano, al Liceo Parini, scuola borghese, tre ragazzi fondano il giornalino “La Zanzara” dove vi sono interviste agli studenti della scuola che parlano di sessualità e verginità, della libertà, la moda, e in generale cosa pensano gli studenti…
Il processo agli studenti del Parini Ormai i tempi sono cambiati e le donne vogliono gli stessi diritti dell’uomo. Li otterranno partendo dagli anni ‘70
I genitori degli studenti leggono il
giornale e vanno dal preside che denuncia i tre ragazzi autori degli articoli. I tre finiscono in tribunale per il processo.
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1970: Legge sul divorzio. 1975: Riforma del diritto di famiglia (madre e padre hanno gli stessi diritti all’interno della famiglia). 1975: Consultori pubblici in cui le donne si prendono cura del proprio corpo, assistenza e conoscenza) 1978: Legge che legalizza l’aborto. Ora sta a noi mantenere e difendere quanto le donne hanno così faticosamente ottenuto.
Articolo di Rocco Cardinali Sebastiano Castagnetti Martina Oppici Emilia Palumbo Maddalena Rolli 3B 62
A LEZIONE DI INVESTIGAZIONE CON IL GENERALE LUCIANO GAROFANO
Sono tantissime le tracce che tutti noi lasciamo in ogni semplice gesto quotidiano, ed è proprio di questo che Luciano Garofano, il 23 maggio, ci ha parlato quando è venuto da noi, in 3B, per una lunga lezione sulla criminologia.
Ex generale dei RIS di Parma che ha lasciato nel 2009, Luciano Garofano iniziò a 25 anni a lavorare a stretto contatto con il DNA, il quale è stata una grande evoluzione nell’ambito scientifico e le tecnologie per lo studio e la scoperta sono notevolmente diverse rispetto al passato. Prima esisteva solo il metodo della polvere per rintracciare le impronte digitali mentre ora, come il generale ci ha mostrato, esistono le luci forensi che, attraverso l’ultravioletto, rintracciano le componenti grasse delle tracce lasciate; e il Luminol che, attraverso il 3-4 amino
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ftalidazine, rintraccia le macchie di sangue rendendole luminose.
Tommy, come molti altri, sarebbe ancora irrisolto. Esiste una Banca Dati chiamata AFIS in cui sono raccolte tutte le impronte papillari per associarle a quelle trovate in una determinata persona. Il Generale ci dice che spesso chi viene indagato è subito visto come il colpevole e di solito questo è causato dai media, che “promuovono” le indagini e i sospetti, richiamando l’attenzione sul sospettato principale che viene subito accusato dal pubblico. Alcune volte può succedere che dei casi non vengano risolti, per problemi nelle indagini o perché non si trova il colpevole, ma dopo un po’ di tempo può accadere che questi stessi casi vengano riaperti, rimettendo in gioco tutti gli indizi e i sospetti; questi sono chiamati “cold case”. Nessun caso è semplice per i RIS di Parma, se pur esperti, ma il Generale Garofano ci racconta che quello che lo ha messo maggiormente in difficoltà è stato il caso di Erika e Omar, due fidanzati, ancora minorenni, che decisero di assassinare la madre e il
Il caso del piccolo Tommy Onofri è stato risolto dai RIS grazie ad un’impronta di Alessi, il suo assassino, trovata sul nastro adesivo, utilizzato per legare la famiglia, e questo usando la ninidrina, che mette in evidenza gli amminoacidi. Ciò ci fa comprendere quanto sia importante la scienza in questo ambito: come rintracciare le più piccole tracce,
invisibili e semplici, ma che riescono a risolvere un intero caso. Sicuramente, senza quelle, il caso di 65
fratello di lei. Finirono in prigione scontando però una pena lieve. Sono moltissime le tracce rinvenibili sulla scena del crimine o addirittura sul cadavere stesso, come ci ha raccontato il nostro ospite, e per scoprire il covo dove l’Onorevole Aldo Moro fu rinchiuso, i RIS analizzarono la sabbia ritrovata nei risvolti dei pantaloni della vittima.
● Tracce informatiche e telefoniche, quindi il rintracciamento del cellulare durante l’ora del crimine ● Tracce fisiche, cioè tutto ciò che riguarda il DNA Gli strumenti che i RIS hanno a disposizione non sono solo i Luminol e le luci forensi ma anche i Georadar che individuano corpi nel sottosuolo nel caso l’assassino avesse seppellito il cadavere per non lasciare nessuna traccia. Ecco di nuovo invece che le tracce ci sono e non possono sfuggire ai RIS. Anche i cani sono elementi indispensabili per le indagini, vengono allevati fin da cuccioli per le ricerca e il ritrovamento di persone, resti cadaverici e tracce di sangue. La passione di Garofano nacque quando, nel 1977, visitò per la prima volta la sede dei CIS, oggi RIS,
Il padre della criminalistica fu ufficialmente Edmond Locard che scrisse: «Quando due oggetti entrano in contatto, ognuno lascia sull’altro qualcosa di sé, quindi un individuo che commette un crimine lascia qualcosa di sé sulla scena del crimine e, parallelamente, qualcosa del luogo del delitto rimane sul reo» Le tracce rintracciabili sono: ● Tracce psicologiche, rapporto tra autore-vittima 66
e ci racconta che per lui fu amore a prima vista perché non voleva seguire la strada del padre come ufficiale dei Carabinieri ma il suo sogno era la ricerca. Sulla scena del crimine la BPA analizza e studia tutte la gocce e gli schizzi di sangue per verificare la traiettoria dello sparo e dove si trovava l’assassino durante l’azione. A questo punto si può affermare che il DNA ci dice “Chi” ha compiuto il crimine mentre la BPA ci dice “Come”.
Una slide del Generale per illustrarci come si muove un investigatore per portare avanti un’ indagine
Tutte le informazioni sulla criminalistica si trovano sul sito www.ACISF.it Gli alunni della 3^B sono stati affascinati dal lavoro del generale che hanno ringraziato al suo concedo. Luciano Garofano è venuto da noi anche perché sta scrivendo un libro su un fatto molto attuale e vicino a noi ragazzi, il cyber-bullismo che uscirà nelle librerie alla fine di questo mese. Sarà interessante leggerlo. Articolo di Emilia Palumbo 3B
INCONTRO CON L’AUTORE Valerio varesi Giornalista e scrittore di Gialli
Il 18 febbraio le classi 2A, C, E, e 3B hanno incontrato il giornalista e scrittore Valerio Varesi, una persona mite, apparentemente timida e semplice, insomma modesto. Egli è uno scrittore soprattutto di libri gialli, ambientati nelle periferie della città di Parma, dalle prime colline dell’Appennino alla bassa parmense. I suoi racconti gialli sono tutti incentrati sulle indagini del commissario Soneri (protagonista delle storie), il quale è sempre impegnato a risolvere casi di
omicidio mistero.
inspiegabili,
carichi
di
Egli dichiara che effettivamente, il fatto di lavorare come giornalista, lo 68
aiuta nell’inventare le sue storie, perché, trovandosi spesso a dover scrivere articoli su omicidi, riesce maggiormente ad avvicinarsi alla realtà. Varesi è una persona con “una doppia personalità”: è tanto timido quando si trova a dover parlare in pubblico, quanto preciso, esauriente e fantasioso quando scrive uno dei suoi racconti. Le sue sono storie inventate, ma che prendono spunto dalla realtà. Egli ha fatto l’esempio di un racconto scritto un po’ di tempo fa, che tratta del caso di una signora uccisa nella sua casa, nei pressi dell’Ospedale Maggiore; quella donna è esistita veramente, venne davvero uccisa a casa sua e non si seppe mai chi fosse l’assassino. Varesi con i suoi racconti fa ipotesi su come possa essere andata la
storia, inventa indizi e crea situazioni particolari che porteranno alla soluzione dell’omicidio, e tutto questo lo vive attraverso il
personaggio del commissario Soneri. In seguito al successo dei racconti con protagonista Soneri, ne è stata fatta una serie televisiva, divisa in più puntate molto fedeli ai racconti dello scrittore.
Il commissario Soneri è stato interpretato dall’attore Luca Barbareschi, molto famoso e apprezzato, che però ha l’abitudine di mettere buona parte del suo carattere solare ed estroso nel personaggio che recita, ma nel caso del commissario Soneri, si è tenuto alle caratteristiche del personaggio.
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Il nostro autore ha scritto anche libri sulla Resistenza, come il romanzo “La Sentenza”, in cui la storia è ambientata nel periodo della seconda guerra mondiale e i protagonisti sono partigiani e nazifascisti. L’ambiente però è sempre Parma e i luoghi che l’autore ama di più.
Articolo di Maddalena Rolli 3B
Che dire, Valerio Varesi è un autore eccezionale, avvicinato alla scrittura e al mondo dei libri sin da piccolo. Continua a scrivere tutt’ora e finché avrà ancora la fantasia necessaria, ci dice che continuerà a pubblicare libri. Sicuramente ha tante cose da dire e da raccontare, ed è stato per noi ragazzi davvero un grande onore incontrarlo e poter parlare così liberamente con lui.
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parte, scoprendone il significato e la sua influenza sulla vita.
IL LABORATORIO TEATRALE DELLA 2^G Dall’inizio di Febbraio la classe 2^G ha partecipato ad un progetto teatrale, guidato dalle professoresse Franca Guerra ed Elisabetta Rapacciuolo; questo laboratorio non è servito solo per preparare lo spettacolo di fine anno scolastico, ma è stato anche utile per scoprire emozioni, ricordi o modi di essere di ciascun ragazzo della classe. Le preparazioni allo spettacolo sono cominciate verso febbraio con lezioni con le quali imparavamo a sfruttare al meglio lo spazio sul palco e la nostra voce. Queste quattro o cinque lezioni ci avevano deluso perché pensavamo di cominciare subito a recitare, ma come abbiamo notato alla fine sono state molto utili. Il nostro spettacolo -Travellers. viaggiatori nel tempo- non è uno dei soliti con un copione ricco di dialoghi tra i personaggi, è - invece - un copione nato da parti di testo prese da un tema sul viaggio fattoci scrivere dalla professoressa Guerra e parti in lingua straniera guidate dalla professoressa Rapacciuolo. Ogni alunno si è impegnato a migliorare costantemente la propria
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Durante i primi mesi, abbiamo sperimentato esercizi per ambientarci nel mondo teatrale e confrontarci l’uno con l’altro (questo, poi, è stato il tema principale del nostro spettacolo). Dopo vari mesi di lavoro ed esercizi, abbiamo imparato ad esprimere le nostre emozioni ed i nostri sentimenti, mettendo in evidenza i particolari essenziali per creare un vero e proprio spettacolo.
Il lavoro è stato sempre costante ed impegnativo, anche se inventare e preparare uno spettacolo richiede concentrazione e impegno, particolari di cui a volte eravamo privi; ma nonostante tutto siamo riusciti ad arrivare all’obiettivo di
creare uno spettacolo basato sulle nostre esperienze personali interpretate tramite il viaggio. Alla fine di questo percorso meraviglioso, abbiamo capito il significato di recitare e abbiamo imparato ad esprimere le nostre emozioni e ad aprirci con gli altri, attraverso l’incontro.
Ci siamo resi conto che se si lavora bene, in gruppo, il viaggio per “Itaca”- anche se ancora molto lungo - sarà molto più semplice.
Articolo di Anna Ardizzone Emma Fantini Elena Sequino 2G
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LA FRA SALIMBENE ALLA SCALA DI MILANO
E AL MUSEO DEL 900
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Il 19 Febbraio cinquantacinque alunni selezionati di quattro classi sorteggiate, 3B, F e D, si sono recati a Milano per assistere allo spettacolo “Lo Schiaccianoci” presso il Teatro alla Scala e visitare il Museo del 900 in Piazza Duomo. Il Museo del Novecento è una galleria predisposta all’esposizione di opere d’arte del XX secolo , ospitato all’interno del Palazzo dell’Arengario e del Palazzo Reale di Milano. E’ stato inaugurato il 6 dicembre 2010, a seguito di lavori di ristrutturazione. Sono esposte circa 400 opere di differenti periodi artistici, ma la poca disponibilità di tempo ci ha permesso di osservare in modo particolare opere Futuriste, altre relative al Neoplasticismo, altre ancora del Neodadaismo e Astrattismo.
balcone” di Giacomo Balla, “Forme uniche nella continuità dello spazio” di Umberto Boccioni.
I quadri più rilevanti sono stati “Il quarto stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo, “Ragazza che corre sul 75
Hanno particolarmente attirato l’attenzione due opere nettamente
originali: “Il soffitto spaziale” di Lucio Fontana e “Merde d’Artiste” di Piero Manzoni.
“Il
soffitto spaziale” venne realizzato nel 1956 appositamente per la sala da pranzo dell’Hotel del Golfo all’isola d’Elba sotto forma di affresco. Anni dopo i proprietari della struttura alberghiera fecero applicare l’intervento conservatore dell’opera mediante il taglio dell’intero pacchetto portante. Il risultato finale è oggi visibile al Museo del 900 nelle vesti di “scultura da soffitto”. Nel 1961 l’autore Piero Manzoni sigillò 90 barattoli di latta, identici a quella per la carne in scatola, ai quali applicò un’etichetta tradotta in varie lingue “Merde d’Artiste, contenuto netto gr. 0”. Con quest’opera così provocatoria, Manzoni voleva svelare il meccanismo e le contraddizioni del sistema dell’arte contemporanea contrastando l’assurdità artistica in quanto qualsiasi prodotto veniva premiato e considerato arte non per 76
il suo valore, o ciò che suscitava, ma solo dalla notorietà dell’artista. Al termine della visita guidata attinente ai programmi scolastici eseguiti dalle classi, e dopo una breve sosta pranzo, l’intero gruppo si è recato al Teatro alla Scala di Milano per assistere al balletto.
ampliato le loro conoscenze artistiche, tornando a casa ancora emozionati per l’atmosfera sognante che solo alla Scala ,regno della danza,si può respirare.
Il corpo di ballo e l’orchestra “Teatro alla Scala di Milano”, portavano in scena “Lo Schiaccianoci” di Tchaikovsky secondo la coreografia di Nacho Duato. La trama è stata mantenuta
Articolo di Vittoria Mattioli e Alice Becchetti 3D
inalterata, come anche i personaggi, al contrario la musica è stata lievemente tagliata. In scena vi sono giocattoli che si animano, lotte tra il protagonista e il re dei topi, il viaggio di Clara con un susseguirsi di famosi walzer e di danze da paesi lontani. Gli alunni sono stati davvero entusiasti della visita che ha
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POLIS IL TEATRO PER LE 2A-2E
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Dal mese di ottobre, le classi 2°A e 2°E sono state protagoniste di un percorso teatrale, tenuto dalla regista
come le manifestano. Il progetto, infatti, aveva lo scopo di creare una cittĂ interiore, Polis, il titolo
Elisa Cuppini.
del corso, dove i ragazzi potevano liberamente immaginare un insieme di ambienti migliori, diversi da quelli della realtĂ . Durante la recitazione in genere, bisogna dimenticare la propria personalitĂ , mentre i ragazzi hanno fatto leggermente fatica a lasciarsi
I ragazzi si sono cimentati in esercizi che spingono gli alunni a scavare dentro di loro e lasciarsi andare, senza avere nessun pregiudizio su come gli altri vedono le emozioni che provano e
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andare, non riuscendo a scordarsi il fatto che nel teatro non si è più una classe, ma un gruppo di persone che lavorano su se stesse nel rapporto e nel rispetto dell’altro. La maschera che ognuno di noi crea, durante il laboratorio teatrale si è costretti a rimuoverla e a scoprire il nostro vero volto. Il problema del mascheramento non è attuale. La teoria pirandelliana, infatti, afferma che ognuno di noi crede di avere un carattere ben definito ed
sollecitazioni della regista, i ragazzi sono riusciti nel loro intento a giungere allo scopo dell’esercizio. Intervistando la regista, abbiamo capito che lo scopo di questo laboratorio non era uno spettacolo finale, ma esercizi sulla propria
personalità con il fine di creare rapporti migliori all’interno della classe, favorire il rispetto reciproco, esaltare le capacità più intime di ogni alunno. Dopo aver parlato con gli alunni, abbiamo capito che avrebbero preferito un laboratorio teatrale più tradizionale, con recite, dialoghi e eventualmente un riscontro finale con un pubblico. Non a tutti i ragazzi questa esperienza è piaciuta molto, probabilmente per il fatto che non hanno preso seriamente il vero significato del progetto, almeno per alcuni di loro; altri invece, si sono resi da subito disponibili ad
unico ma, a causa del condizionamento della società si cercano dei filtri per rapportarsi con gli altri, quindi cambiando il nostro vero IO. Questo ha creato problemi di giudizi e paure negli alunni. Un esercizio proposto da Elisa per conoscere le varie composizioni di se stessi, è stato cambiare posizione ogni 10-15 tempi, a seconda del sentimento che si provava momentaneamente. Dopo diversi tentativi e diverse 80
apprendere questo nuovo modo di esprimersi, e i loro sforzi hanno prodotto bellissimi risultati e grandi soddisfazioni. Concludendo, fare un progetto così può veramente aiutare chiunque a capire quanto è importante essere se
stessi, togliersi le maschere che da sempre hanno coperto ciò che in realtà abbiamo sempre voluto nascondere.
Articolo di Angelica Eguia, e Martina Oppici Foto di Riccardo Oddi 3B
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Nell'ambito del progetto " Il giornale ( Gazzetta di Parma) in classe" la classe 2B si è esercitata nella scrittura dell' articolo di cronaca, dell'intervista e della recensione. La seguente recensione è stata scritta dall'alunno Giovanni Scati e riguarda un film visto in orario scolastico.
Al cinema :“In un mondo migliore” Recensione
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Elias e Christian “In Un mondo migliore è un film di Susanne Bier ambientato in Africa e in Danimarca in un tempo abbastanza recente che tratta diversi temi e rappresenta situazioni che si possono incontrare nella vita di oggi. Il tema sicuramente più importante del film è la violenza presentata sia nel mondo degli adulti, sia nel mondo dei bambini. Su questo fronte Elias, un ragazzo timido e indifeso, è vittima di bullismo e verrà poi difeso da Christian, di carattere aggressivo e giustiziere. I due diventeranno perciò grandi amici. Un altro aspetto che si nota è il fatto che i due protagonisti stanno attraversando grandi difficoltà familiari: Christian è traumatizzato dalla morte della madre, mentre Elias è disorientato per il fatto che i genitori sono sul punto di divorziare. Ciò provoca loro molta solitudine, soprattutto a Christian, che si trova a doversi fidare solo del padre che lui accusa di aver voluto la morte della madre. La vicenda inizia con Christian che si è appena trasferito in Danimarca con il padre. Andando a scuola Christian
nota che Elias è vittima di alcuni bulli che lo aggrediscono sia verbalmente che fisicamente.Un giorno Elias stava per essere picchiato nel bagno della scuola da un ragazzo di nome Sofus, Christian allora prende le sue difese bastonando e minacciando con un coltello il suo aggressore. Christian si fa quindi amico Elias. I tre verranno poi interrogati dalla polizia e, in seguito faranno “pace”. Il giorno successivo la famiglia di Elias , insieme a Christian, si reca al parco per comprare un gelato e il padre,vedendo che il fratello minore di Elias si stava picchiando con un altro bambino interviene e li separa. Lars però,il padre dell’altro bambino, si arrabbia con il padre di Elias e lo schiaffeggia senza motivo. Christian, essendo un bambino, che non perdona, convince Elias a fabbricare una bomba insieme a lui per distruggere la macchina di Lars. Però quando la bomba sta per scoppiare Elias si butta per salvare un bambina che era nei pressi dell’ordigno, ferendosi però gravemente a causa del fuoco. Elias finirà all’ospedale e Christian si pentirà....
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Elias e sua madre
Il film vuole sicuramente farci capire che, se alla violenza si risponde con altra violenza ,non si arriva da nessuna parte. L’aggressività di Christian è dovuta alla morte della madre; la regista vuole trasmettere il messaggio che se viene a mancare una persona a noi cara, il dolore che proveremo sarà immenso.“In un mondo migliore” è un film, a mio parere, interessante perché tratta temi reali e attuali. La regista ha scelto bene i personaggi : due bambini accomunati da simili situazioni
Un film che non si vede tutti i giorni.
Articolo di Giovanni Scati Impaginazione: Giovanni Scati e Riccardo Tran 2B
famigliari, ma di carattere completamente diverso.
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mozzafiato, tipici della regione, abbiamo raggiunto la nostra destinazione: Il castello del Buonconsiglio, presso la città di Trento. Facendoci largo tra teche di vetro, quadri e affreschi, abbiamo potuto contemplare l’ arte di quel periodo godendoci tutte le sue sfaccettature: dalle sculture di legno intagliato, ai manoscritti fino ai sarcofagi egiziani. Come addio al museo, aggiungerei splendido addio, abbiamo avuto un’ ora di svago per pranzare, avvolti dal profumo delle rose, del gelsomino e della lavanda racchiusi nel giardino del castello.
Il 17 maggio, le classi 3B, 3E, 3D sono giunte a Trento per trascorrere tre giorni di pura cultura artistica, storica, e infine scientifica con la visita del MUSE. Questa è una città legata al passato (famosa per Concilio che venne tenuto per ben venti anni al tempo della Controriforma Luterana)la cui rotta punta verso il futuro e l’ innovazione. Mantiene le tradizioni e conserva gelosamente la propria storia e i reperti legati ad essa. Questa è stata la meta della gita scolastica tanto attesa e desiderata. Dopo lunghe ore di viaggio e panorami 85
Al pomeriggio, abbiamo completamente abbandonato l’arte e il vecchio, aprendo la mente al nuovo, alla scienza e all’ architettura moderna superando le porte del Muse: il piÚ famoso museo della scienza di Trento e addirittura di tutta Italia.
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Il museo, strutturato in cinque piani, esponeva numerose tipologie di animali tassidermizzati. Dalle aquile agli stambecchi; dai corvi alle civette
hanno per sopravvivere. Non è mancato il momento divertente della sperimentazione delle macchine fisiche che sfatano anche il mito del fachiro che dorme su un letto di chiodi‌
fino ai pesci e alle rane. Tutta la fauna e la flora era disposta nei rispettivi piani a seconda dell’ altitudine del loro habitat e delle esigenze che
Articolo Margherita Cavalieri Tito Vicini 3D
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notizie FLASH
del iI quadrimestre
Febbraio Ecco le nostre strepitose ragazze
Laboratori che passione
Marzo
Qui non si scherza…si fa il PANE!
Il nostro Riccardo Oddi campione regionale di Corsa Campestre
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Anche noi ci siamo
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aprile
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ci stiamo preparando‌
Finalmente ci siamo! Piazza del Plebiscito a Napoli
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LA NOSTRA SCUOLA PER LA PACE 96
LA NOSTRA SCUOLA PER LA PACE 97
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ASSISI 99
ACCENDIAMO LA
LAMPADA DELLA 100
PACE
MAGGIO PER CONCRETIZZARE LA PACE MERENDA SOLIDALE
MERENDA SOLIDALE PER NUTRIVIDA ALLA SALIMBENE Nutrivida è un'associazione voluta da una coppia di San Paolo per fronteggiare la piaga della denutrizione infantile nelle favelas. A partire dai primi anni del Duemila il progetto della Nutrivida è sostenuto anche da una ONLUS delle suore francescane angeline. Oggi il centro Nutrivida è in grado di seguire una settantina di bambini che hanno alle spalle una situazione di degrado economico e sociale: sono figli di prostitute, alcolisti, hanno fratelli nelle gang del posto o, essi stessi hanno già partecipato a riti di iniziazione delle bande. A Nutrivida questi bambini non sono solo nutriti ma sono anche seguiti dal punto di vista medico, educativo e scolastico e, soprattutto, imparano che un' altra realtà è possibile e che 101
attraverso la scuola e l'educazione possono costruirsi un futuro diverso. Quello della merenda solidale oltre ad essere un momento per informare e sensibilizzare i ragazzi sul tema della cooperazione e solidarietà internazionale è il primo passo di una collaborazione con i volontari di questa associazione che realizzano dei progetti di cittadinanza globale nelle scuole Le classi organizzatrici 1^A 2^C 2^F 2^G
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IL PROGETTO TEATRALE DELLA FRA SALIMBENE Finalmente l'18 maggio, al Teatro al Parco di Parma, i ragazzi delle 2D e G hanno recitato "Il mondo è di chi cammina" e "Travellers. Viaggiatori nel tempo", di cui hanno curato con le loro proff anche i testi. Questi, molto toccanti, incentrati sul viaggio, lo sradicamento dal luogo di origine, la crescita verso l’adolescenza, hanno coinvolto emotivamente il pubblico, composto da ragazzi provenienti da più scuole di Parma e Provincia, dai loro genitori, proff e amici.
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La magnifica 2D al Teatro al Parco il 18 maggio con “Il Mondo è di chi cammina”
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e la bravissima 2G, in… “Travellers, Viaggiatori nel Tempo”
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Maggio musicale: saggio di chitarra
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Per ascoltare vai sul Sito
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I poeti premiati al concorso di poesia della Dante Alighieri Ecco i premiati al 42° Concorso per una lirica inedita della Società Dante Alighieri sul tema “Libro”: Rachele Molinari (classe 1F)Medaglia d’Oro, Andrea Goni (classe 1F)-Medaglia d’Argento, Vittorio Silvestrini (classe 1F)-Diploma di merito, Virginia Dondi (classe 1F)-Diploma di merito, Lavinia Bizzocchi (classe 1B)Diploma di merito. La premiazione è avvenuta giovedì 19 maggio 2016, durante la “Giornata della Dante”, presso la Sede delle Feste di Palazzo Sanvitale. Bravissimi i nostri ragazzi che hanno saputo interpretare il tema in modo personale, ricco ed espressivo: il libro come espressione di sé e del mondo che ci circonda, come finestra aperta alla sapienza e all’immaginazione, come metafora di vita e passione, il libro come ingresso in un mondo tutto nuovo, come racconto di noi.
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I vincitori del Concorso Storia di Parma
Primo premio 2D e terzo premio 2E La Fra Salimbene sempre sul Podio! 113
E fINIAMO IN bELLEzzA…IL MAGGIO DELLA Fra salimbene
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