Ottobre 2011

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ICS MAGZINE - Settembre 2011

di Federico Fasce MISSIONI URBANE: COME MIGLIORARE IL MONDO GIOCANDO

Augusto Pirovano

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RIVOLUZIONIAMOCI ICS SUMMIT 2011

di Franco Pomilio

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INTERNATIONAL COMMUNICATION SUMMIT: IL PERCHE’ DI UN EVENTO

di Francesco Pira

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L’EREDITA’ DI MCLUHAN

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VISIONI A CONFRONTO

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QUALE FUTURO PER LA CARTA STAMPATA?

di Mario Morcellini

Derrick de Kerckhove

di Vincenzo Boccia

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ARCHITETTI DEL SOCIALE

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CORRETTA, TEMPESTIVA E COMPLETA LA COMUNICAZIONE NELLE SITUAZIONI DI CRISI

Stefano Rolando

Jane McGonigal

Franco Pomilio

Mario Morcellini

Vincenzo Boccia

Stefano Rolando

Fabrizio Romano

Roberto Spingardi

Augusto Pirovano

Federico Fasce

Derrick de Kerckhove

Mihaela Gavrila

Davide Borrelli

Fabrizio Romano

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TRANSNAZIONALI PER VOCAZIONI

European Alternatives LENERGIA DELLA COMUNICAZIONE: IL NUCLEARE ALLA PROVA DELL’IMPEGNO CIVICO

di Davide Borrelli e Mihaela Gavrila

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LA MAPPA NON E’ IL TERRITORIO

di Roberto Spingardi e Giuseppe Zaccuri UNA TESI

di Agata Meneghelli

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DAI PERSUASIVE GAMES ALLA GAMIFICATION

Vincenzo Boccia, Dora Catano, Nicola Garibaldi, Maurizio Mancini, Paolo Vallonchini, Antonio di Leonardo, Simona Di Luzio, Fausto Lupetti, Antonia Magnacca, Mario Morcellini, Mihaela Gavrila, Davide Borrelli, Franco Pomilio, Ely Szaykowicz, Maria Grazia Mattei, Meet the Media Guru, comunicatoripubblici.it, Unità di Crisi della Farnesina, Associazione European Alternatives, il team di CriticalCity Upload.

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Jane McGonigal

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21 MILIARDI DI ORE: IL FUTURO E’ IN GIOCO

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THANKS TO

Indice

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IL FUTURO E’ IN GIOCO


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ENGAGEMENT COMMUNICATION

ludico, perfettamente esemplificato dal crescente fenomeno della gamification, al concetto di cittadinanza attiva e big society, dai modelli di partecipazione bottom – up fino all’uso di internet e social

media nelle nuove forme di mobilitazione politica. Una riflessione a più voci in preparazione del prossimo, straordinario ICS summit sulle “rivoluzioni” in atto, sulla liquidità della società e sui cambiamenti epocali di codici e linguaggi che pochi ancora conoscono, comprendono ed utilizzano.

Engagement uguale coinvolgimento: cosa di meglio per il futuro della comunicazione?

ICS CHAIRMAN PRESIDENTE POMILIOBLUMM

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Da qui lo sviluppo di un numero che di questo concetto intende esplorare alcune dimensioni chiave, dall’aspetto

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Engagement communication parte dal presupposto sopra accennato: nulla è più convincente di un’informazione cui partecipo, nessun messaggio è più efficace di quello che mi coinvolge e mi fa interagire.

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Se “tutto cambia” cambia anche l’interesse degli utenti di comunicazione, ormai veri e propri “infotainer” tra vecchi pc e nuove periferiche.

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Il moderno “USA imported” - ancora largamente utilizzato dai grandi gruppi della comunicazione, proprietari ognuno di 4-5 brand, un tempo fieri competitori impegnati ogni giorno in gare di creatività e strategia - è ormai non più in linea con i tempi, ma service necessario ed osmotico solo per grandissime conglomerazioni industriali.

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Tutto cambia e qualcosa sta sparendo: l’advertising.

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(Editoriale di Franco Pomilio)


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JANE MCGONIGAL

DI ORE: IL FUTURO ARG DESIGNER

E’ IN GIOCO

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21 MILIARDI

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E SE GiocARE FoSSE un MoDo PER MiGlioRARE il MonDo? SE inVEcE Di ESSERE “tEMPo PERSo” ci AiutASSE A VincERE lE GRAnDi SFiDE DEl PRESEntE? PARtE DA qui JAnE McGoniGAl, PER MoStRARE coME il GAMinG PoSSA ESSERE unA FoRMiDABilE lEVA Di EnGAGEMEnt, FontE Di PotEnziAlità PRoDuttiVE E cREAtiVE inESPRESSE. RiBAltAnDo i PREGiuDizi lEGAti Al Gioco E FAcEnDonE, SEnzA MEzzi tERMini, “unA quEStionE SERiSSiMA”

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INSTITUTE FOR THE FUTURE


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21 MILIARDI DI ORE: IL FUTURO È IN GIOCO

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* Trascrizione dell’intervento tenuto da Jane McGonigal il 3 maggio 2011, a Milano, in occasione di Meet the Media Guru, pubblicato per gentile concessione di Maria Grazia Mattei. Il video dell’intervento è disponibile sul sito www.MEETThEMEDIAGURU.oRG

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acciamo un esperimento. Potrà sembrarvi insolito, ma provate ugualmente a farlo. Nella prossima ora, mentre seguite le mie parole, provate in primo luogo a prendere i giochi sul serio. Non scherzo: credo si debba essere serissimi sull’approccio al gaming. E dopo averci provato, alla fine di questa chiacchierata, vi chiedo di immaginare, ciascuno di voi, di poter creare un gioco che possa cambiare la vita di qualcun altro per sempre. Immaginate di poter giocare a un gioco che risolverà le sfide più importanti del mondo – fame, povertà, cambiamento climatico, i conflitti che sono ancora vivi e attivi in giro per il mondo – oppure, perché no?, un gioco che potrebbe farvi vincere un premio Nobel. Non scherzo: credo si debba essere serissimi nell’approccio al gaming. E io lo sono davvero. Anche nel mio ultimo libro, da poco pubblicato anche in Italia (n.d.r. La Realtà in gioco). Perché i giochi sono davvero diventati una sfida centrale per la nostra vita di oggi. Attualmente, in tutto il pianeta, spendiamo circa 3 miliardi di ore a settimana a giocare con i videogiochi. È una quantità di tempo enorme. Per comprenderlo, proviamo a contestualizzarlo, confrontiamolo con qualche altro dato. Clay Shirky, uno dei più grandi esperti di “crowdsourcing”, ha calcolato il numero di ore che le persone hanno impiegato in totale per creare e implementare l’enciclopedia online Wikipedia così come è oggi. 100 milioni di ore, tanto ci è voluto per scrivere tutti gli articoli, apportare le varie modifiche, scrivere i codici di programmazione. Questo significa che le ore trascorse a giocare ai videogiochi in una settimana sono circa 30 volte in più rispetto a quelle che sono state impiegate per realizzare Wikipedia, dal giorno in cui era solo un’idea nella mente di qualcuno fino a raggiungere lo stato attuale. Pensate: se prendessimo solo il 10% di questo tempo, se cioè ogni nove ore passate a giocare ne dedicassimo una ad affrontare

Jane McGonigal, figura chiave dell’Institute for the Future di Palo Alto, è oggi una delle più note designer di Alternate Reality Games

Il gioco ci consente di scatenare la nostra naturale capacità di essere più curiosi, più ottimisti, più determinati e collaborativi, più insistenti e ambiziosi: in sintesi, persone di grande successo

un problema, una sfida comune, potremmo creare ogni settimana l’equivalente di due Wikipedia! È evidente da questi numeri che il gaming rappresenta un grandissimo potenziale. Un potenziale che può essere impiegato per fare del bene. È questo l’obiettivo, la posta in gioco. Qualcuno si infastidisce quando cito questi numeri. Ribattono che giocare è tempo perso, uno spreco terribile per la società, per i bambini, per l’economia. Altri sostengono, invece, che questi giochi dovrebbero farci paura, perché rappresentano una specie di droga: iniziamo a giocare, ci lasciamo assorbire dalla sfida e dal divertimento e ci dimentichiamo della “vita vera”. Osservando il dato da un’altra prospettiva, invece, mi sono chiesta: 3 miliardi di ore spese a giocare sono un investimento mostruoso; ne vale davvero la pena? O meglio, come possiamo fare in modo che ne valga la pena? Che sia un investimento ben speso? Io credo di sì, che ne valga la pena. E se pensate che non sia così, farò del mio meglio per farvi cambiare idea, per convincervi che il tempo passato a giocare non è sprecato. RIPENSARE LA PRODUTTIVITÀ In Italia, sono circa 250 mila le persone che giocano ai videogiochi per circa 40 ore a settimana, come fosse un vero lavoro. Di loro spesso si pensa che lo fanno in modo così compulsivo perché non sono bravi a far altro, perché hanno fatto una scelta di chiusura e di estraniazione dal mondo. Se davvero fosse così, sarebbe davvero triste, tremendo. Ma se non fosse così? Se invece di giocare perché non sappiamo fare nulla nella vita, noi giocassimo per rendere migliore questa vita? Se giocare fosse un modo per apprendere nuove abilità, per raggiungere obiettivi personali, risolvere i problemi del pianeta? Se fosse una sorta di “ritorno virtuale” a scuola? I giochi potrebbero davvero rappresentare una possibilità di


In origine, insomma, era questo il senso della mia ricerca: come essere davvero produttivi, come passare il tempo producendo i

«lavorare « lavorare è più divertente del divertimento»

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- Accomplishment: quarto e ultimo punto è cercare di portare a termine molte azioni, realizzare il più possibile: superare degli ostacoli, raccogliere sfide, vincerle, in modo che a fine giornata possiamo dire di aver fatto del nostro meglio, di aver impiegato tutte le abilità per cercare di fare qualcosa a cui fino a qualche tempo fa nemmeno pensavamo, o che pensavamo fosse impossibile. Niente di clamoroso o particolare, semplicemente qualcosa di cui alla fine essere orgogliosi, di cui possiamo dire “è fatta” e che, arrivando a compimento, ci restituisca un senso di profonda realizzazione.

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- Meaning: produrre significato, senso. Avere l’idea di poter realizzare qualcosa che sia più grande di noi, qualcosa che possa rappresentare, ad esempio, una storia incredibile, divertentissima, qualcosa di cui sentiamo di poter far parte, che sentiamo di poter raggiungere. E magari sentirci eroici. Questa potrebbe essere una terza grande modalità iper-produttiva di passare il nostro tempo: quello che io chiamo “obiettivo eroico”.

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- Positive Emotion: più “emozione positiva”. E con questo non intendo semplicemente crearsi la propria felicità, andarsene in giro con il sorriso stampato in faccia, ma produrre più curiosità, più orgoglio, più gratitudine, e, perché no, più decisione e determinazione nel realizzare qualcosa. Questo è un modo giusto di passare il nostro tempo.

- Relationship: produrre relazioni più forti e solide con le persone ci permette di rendere più piacevole e produttivo il tempo passato insieme. Il tempo speso con le persone che stimiamo, a cui teniamo, è sempre tempo ben speso: se stiamo bene, non stiamo lì a sbirciare l’orologio in attesa di potercene andare, anzi sentiamo che ogni minuto è un buon investimento.

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rafforzare le nostre capacità di essere più determinati, più curiosi, più collaborativi. È questa l’idea portante del mio libro, la stessa che potete trovare nella maggior parte dei giochi che creo. Negli ultimi mesi ho girato parecchio in tutto il mondo e durante uno di questi viaggi qualcuno mi ha detto che giocare ai videogiochi è la cosa più produttiva che possiamo fare per impiegare il nostro tempo. Condivido in pieno. Giocare è un’attività talmente produttiva che, secondo me, come ho detto durante una nota trasmissione televisiva americana, invece di giocare semplicemente per 3 miliardi di ore a settimana, dovremmo farlo almeno per 21 miliardi di ore a settimana. Mi direte: perché proprio 21 miliardi di ore? È un dato che ho ricavato stimando l’impiego di una sola ora di gioco al giorno moltiplicata per circa 3 miliardi di persone, quindi circa la metà delle persone che abitano il pianeta. Al di là della provocazione, il dato mi serve a far capire quanto possa essere produttivo giocare con i videogiochi o crearne di nuovi. A patto che, ovviamente, si trovi un modo per produrre e giocare insieme, per passare il proprio tempo in modo piacevole, ma anche utile. Per fare questo, però, occorre prima di tutto cambiare il concetto di produttività. Un paio di anni fa ho passato un periodo particolare: ho battuto la testa a causa di un incidente e mi è comparso un bel bernoccolo, che per circa sei settimane non mi ha permesso di fare nulla. Stavo scrivendo il libro, ma non riuscivo né a leggere, né a scrivere; non potevo camminare, né correre, non riuscivo a stare con le persone e avevo un costante senso di oppressione e dolore. In quel momento non riuscivo a fare nulla e ripensavo a tutto quello che normalmente facevo per essere produttiva, come alzarmi, vestirmi, fare ginnastica, accendere il computer, camminare ecc. Allora mi sono chiesta: cosa vuol dire davvero “produttività”? E mi sono resa conto che molti di noi non pensano alla produttività nel modo giusto o nel modo migliore possibile. Produciamo per gli altri quello che pensiamo sia importante per gli altri, ma ci siamo mai veramente chiesti cosa vogliamo produrre? Come vogliamo passare le nostre giornate, producendo più oggetti, più cose, più servizi? Ponendomi queste domande mi sono resa conto che sono quattro le cose per cui vale davvero la pena investire il tempo della nostra vita. Non è semplicemente il fatto di produrre più e-mail o lavare più panni. Non è questo che ci rende più positivi. Piuttosto, secondo me dovremmo produrre quattro fattori, sintetizzabili attraverso un acronimo, PERMA:

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POWER TO THE PEOPLE

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PRoFILo

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Esperta in game design e rete nonché figura chiave dell’Institute for the Future di Palo Alto, Jane McGonigal è considerata uno dei personaggi emergenti della Silicon Valley. Il suo lavoro e la sua ricerca sviluppano l’idea di unire il potenziale motivazionale del gioco e la connettività del web per concretizzare le grandi potenzialità che i processi di collaborazione diffusa offrono in termini di creazione di valore sociale ed economico. Ph.D. a Berkeley in performing studies, McGonigal è attualmente una delle più note designer di Alternate Reality Games (ARG), giochi collaborativi che utilizzano il web e la tecnologia mobile per coinvolgere i partecipanti non solo online, ma anche nel mondo reale. I suoi studi e progetti sul tema sono stati ripresi dalle principali riviste americane e come esperta di giochi è stata più volte premiata dalla International Game Developers Association e dalla International Academy of Digital Arts & Sciences. ha da poco pubblicato “Reality Is Broken: why Games Make Us happy and how They Can Change the world”, tradotto in italiano da Apogeo con il titolo “La realtà in gioco. Perché i giochi ci rendono migliori e come possono cambiare il mondo”.

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21 MILIARDI DI ORE: IL FUTURO È IN GIOCO

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Una riflessione a parte va dedicata alla comunità dei gamers, alle persone che giocano. Si è calcolato che nelle società occidentali, in Paesi come gli Stati Uniti o come l’Italia, arrivato a 21 anni un ragazzo avrà passato in media circa 10mila ore a giocare a videogiochi online, al pc o via cellulare. È davvero molto tempo, considerata la giovane età; per intenderci, è più o meno la stessa quantità di tempo che avrà trascorso a scuola, in classe, impegnato a scrivere, studiare matematica, algebra o letteratura. Considerazioni di questo tipo suggeriscono che lo strumento del gaming possa essere applicato in modo altamente fruttuoso anche in campo scolastico e formativo, per obiettivi didattici e di training. Immaginiamo di poter prendere anche solo il 10% dei 3 miliardi di ore di gioco giornaliere di cui parlavo e di riuscire a convincere le persone, soprattutto i più giovani, a impiegare questo tempo in un gioco il cui scopo sia veramente importante per loro, oltre che per il resto del pianeta: in questo modo centinaia di migliaia di persone crescerebbero sviluppando una vera e propria abilità specifica al gaming, e dunque una serie di skills quasi sconosciuti, o comunque poco sviluppati, nelle generazioni precedenti. Ma quali sono queste abilità specifiche? A parte la capacità di produrre i quattro risultati prima elencati, cosa concretamente siamo in grado di implementare a partire da questi giochi per rendere il mondo un posto migliore? Ecco le mie idee. Io credo prima di tutto che i gamers del futuro diventeranno molto bravi ad affrontare “ostacoli non necessari”, espressione che peraltro a mio parere rappresenta la migliore definizione di gioco. Pensateci bene: quando giochiamo non pensiamo alla grafica, al 3D, all’intelligenza artificiale, alla realtà virtuale, non pensiamo allo score, a vincere; al contrario, siamo completamente protesi a misurarci con degli ostacoli non necessari che, in qualità di volontari, proprio come seguendo una “missione”, cerchiamo di superare. La definizione è abbastanza particolare e merita di essere esplorata un po’ più in profondità. E per comprendere la sua portata generale, non prendete come esempio un computer game, ma un gioco qualsiasi, tradizionale. Magari uno sport, come il golf. L’obiettivo del golf è quello di prendere una pallina e farla cadere in una piccola

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Facciamo un esperimento: provate a prendere i giochi sul serio

OSTACOLI NON NECESSARI

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migliori risultati. Ora, mentre scrivevo il libro sul gaming, ho incontrato Martin E. P. Seligman, il padre della psicologia positiva, il primo che una quindicina di anni fa ha affermato che gli psicologi non devono solo occuparsi di patologie della mente, ma devono anche studiare come le persone possono crescere in modo sano e positivo, essere la versione migliore possibile di se stessi, dando significati importanti alle parole, alle sensazioni, in modo da arricchire sempre di più la propria vita. Seligman stava osservando e mettendo insieme tutto il materiale raccolto in quindici anni di ricerca sulla psicologia positiva per poter scrivere Flourish (letteralmente “crescere rigogliosamente”). Ci siamo incontrati proprio quando stava terminando i capitoli dedicati alle quattro condizioni che ci servono per essere felici. Ci siamo confrontati, fino a contaminarci a vicenda: lui parlava della felicità degli esseri umani, io di videogiochi. Alla fine lui mi ha fatto notare come i giochi creino esattamente tutti quei fattori di cui vi ho parlato finora: una vita soddisfacente e ricca di relazioni, una vita piena di significato, fatta di realizzazioni. Giocare, sotto questo aspetto, appare realmente come il modo più produttivo di passare il proprio tempo, perché ci aiuta a realizzare quello che davvero ci serve per vivere una vita straordinaria. Pensateci: i giochi producono in noi emozioni positive, quando giochiamo siamo pieni di ottimismo, di curiosità, di voglia di andare avanti (positive emotion); creano rapporti, perché possiamo benissimo giocare con molte altre persone e la ricerca scientifica dimostra che tendiamo ad apprezzare di più le persone con cui giochiamo o abbiamo giocato (relationship); i giochi, inoltre, sono fondamentali nel creare significato (meaning), ci sono delle colonne sonore che al risveglio, la mattina, ci fanno ballare, sentire sensazioni profonde, ci fanno venire la pelle d’oca, replicando la stessa emozione in milioni e milioni di gamers, che stanno diventando una comunità che comprende milioni di persone sparse in tutto il mondo; infine, i giochi, portano alla realizzazione (accomplishment), perché realizzarsi vuol dire superare un ostacolo, accettare la sfida, arrivare alla fine della manche e portare a termine l’obiettivo.

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L’obiettivo del golf è quello di prendere una pallina e farla cadere in una piccola buca. Se il golf non fosse un passatempo, bensì un vero e proprio lavoro, in che modo cercheremmo di realizzare l’obiettivo? Come ci comporteremmo per far finire la pallina nel buco?

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La creatività insomma nasce dalla difficoltà: giocare bene non è una cosa facile, non è un’attività rilassante. C’è chi pensa che i giocatori siano pigri, ma è vero esattamente il contrario. Spesso anzi ci mettiamo a giocare, magari mentre siamo in treno o attendiamo l’inizio di una conferenza, proprio perché preferiamo fare qualcosa piuttosto che stare inerti e rilassati. Prendiamo come esempio uno dei giochi online più popolari del momento, Farmville, che è pieno di ostacoli assolutamente non necessari: c’è gente che non avrebbe mai piantato un seme nel proprio giardino ma

È evidente con questi numeri che il gaming rappresenta un grandissimo potenziale che può essere un impiegato per fare del bene. È questo l’obiettivo, la posta in gioco

UNO STRESS POSITIVO Lo psicologo Brian Sutton-Smith ha formulato una delle più belle affermazioni sul gioco: “il contrario del gioco non è il lavoro, ma la depressione”. Secondo la definizione clinica, la depressione è una patologia che si basa su due fondamenti: prima di tutto, chi soffre di depressione risente di una mancanza di energie, non riesce a far nulla; inoltre è pessimista rispetto alle sue capacità, non crede più in se stesso. Se ora provate a rovesciare queste caratteristiche otterrete sensazione di ottimismo e rinvigorimento delle energie. Due sensazioni tipiche che si provano giocando. Non a caso i giocatori sono famosi per essere ottimisti. Ci sono dei motivi biochimici per cui queste sensazioni si verificano. Il vocabolo appropriato utilizzato dagli scienziati “eustress”: di derivazione greca è formato da eu, che sta per benessere (pensiamo ad euforia), più stress, dunque “stress positivo”. È una bella definizione, perché in genere si sente parlare di stress sempre in termini negativi: lo stress è esaurimento, una pressione

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rapporti più forti, senso di realizzazione, obiettivi eroici e un senso di compimento, di realizzazione a fine giornata. Se sommassimo il numero complessivo di ore passate a giocare World of Warcaft, lanciato appena 10 anni fa, raggiungeremmo un totale di circa 6 milioni di anni: in termini evolutivi, è il tempo che è passato da quando i nostri antenati hanno iniziato a camminare su due piedi (a quel tempo zampe...). Una comparazione paradossale, certo, ma mi piace farla perché fa percepire davvero l’ordine di grandezza in cui ci muoviamo, l’enormità dell’investimento temporale legato al gioco. Altri esempi: Bejeweled 3,2 milioni di anni di tempo di gioco; Halo, 250 mila anni, e Rock band, 57 mila anni – a cui, confesso, credo di aver contribuito con almeno un paio di settimane piene… La verità è che abbiamo bisogno di queste “difficoltà gratuite”, le ricerchiamo per l’effetto positivo che hanno su di noi e sulla nostra personalità. Perché altrimenti, centinaia di migliaia di persone a fine giornata, magari stanche, invece di rilassarsi decidono di continuare a lavorare duro, di mettersi alla prova, ancora, in modo non necessario, attraverso il gioco?

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IL BELLO DEL LAVORO

passa ore ed ore coltivando pomodori nella sua fattoria virtuale, creando a poco a poco un sistema iper-elaborato la cui gestione gli richiede un sacco di tempo. Poi ci sono grandi giochi come Call of Duty, un caso davvero interessante. I videogiochi violenti infatti ci danno un particolare tipo di brivido, legato al fatto di poter sparare, ferire, addirittura uccidere. Ma anche in questi giochi vengono continuamente inseriti nuovi ostacoli non necessari, che aumentano l’adrenalina dei giocatori. Call of Duty, poi, è incredibilmente cooperativo: si può agire da soli, certo, ma la parte migliore del gioco richiede che si collabori con qualcun altro, che si cerchi un compagno di squadra e si mettano insieme le proprie forze per vincere. E sono comunque questi ostacoli non necessari a rendere il tutto più affascinante e sfidante. Ma “l’ostacolo necessario” che ha avuto forse il maggior successo tra i gamers di tutto il mondo è World of Warcraft. Qualsiasi giocatore, interrogato a riguardo, vi dirà infatti che il vero divertimento inizia al livello 80. Questo significa che per arrivare alla parte divertente si è disposti a giocare per circa 500 ore: incredibile. Come dire che la parte davvero piacevole del gioco è il lavoro che si fa per arrivare a quel livello. “Lavorare è più divertente del divertimento”, sosteneva del resto il drammaturgo Noel Coward. Ed è per questo che i giochi difficili hanno sempre avuto successo: è un grande lavoro che tuttavia noi vogliamo fare, perché produce emozioni positive, e dunque anche

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buca. Se il golf non fosse un passatempo, bensì un vero e proprio lavoro, in che modo cercheremmo di realizzare l’obiettivo? Come ci comporteremmo per far finire la pallina nel buco? Probabilmente ci chineremmo per raccoglierla e la porteremmo in mano, passo dopo passo, verso la buca, ponendola all’interno. Oppure addirittura per essere più efficienti e superproduttivi inventeremmo una macchina per portare la pallina nella buca, minimizzando lo sforzo e massimizzando il risultato. Quello che ci piace del gioco è proprio questo senso di sfida legato agli ostacoli e il senso di curiosità che generano, il fatto di chiederci se saremo abbastanza bravi da superarli, incentivati dall’aumento graduale del livello di difficoltà e dunque anche di creatività. Alla base c’è il desiderio, tipico dell’essere umano, di migliorare, di acquisire nuove abilità ed è proprio la presenza di ostacoli fini a se stessi che permettono questo incremento di capacità. Soprattutto, sono questi ostacoli non necessari che ci rendono creativi, perché ci costringono a ingegnarci per fare qualcosa che non avevamo mai fatto prima. Il punto però è che dovremmo essere creativi non solo verso noi stessi, ma anche verso gli altri. È, questo, un aspetto importantissimo. Ripensiamo all’esempio del golf: quello che ci piace è anche la possibilità di giocare con qualcun altro, per potersi confrontare, osservare come gli altri superano gli ostacoli per poi magari copiare la sua idea, oppure migliorarla, condividerla, se si gioca in una dimensione collettiva. Anzi, spesso i veri grandi progressi in una disciplina non si devono ai grandi campioni, ma alla community di giocatori che nel corso di anni e anni, con la pratica e la condivisione, hanno contribuito a migliorarla.

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I ricercatori di Stanford e Harvard hanno condotto degli studi che dimostrano che, se giocando proviamo queste emozioni anche solo per 90 secondi, queste rimangono in noi per tutte le 24 ore successive, lasciando perdurare i

The Lost Ring-McDonald’s e i Giochi Olimpici del 2008 Un alternative reality game (ARG) su scala mondiale sponsorizzato da McDonald’s. Il primo ARG multi-lingue veramente globale che ha coinvolto oltre 2 milioni di giocatori in più di 100 nazioni. E’ stato promosso da McDonald’s per avvicinare l’audience giovane che non gradisce le forme tradizionali di marketing. Il gioco è culminato in un evento in occasione delle olimpiadi di Pechino ed è stato definito da Adweek, una delle principali riviste mondiali di marketing e pubblicità, come l’idea più brillante dell’anno. I Love Bees-Microsoft e Halo 2 Un gioco partecipativo di massa ideato per il lancio del video game halo 2. I Love Bees è stato un incredibile successo di marketing: oltre 250.000 persone hanno visitato il sito di ilovebees nel giorno del lancio (agosto 2004) ed oltre 500.000 sono ritornate in occasione di ogni successivo aggiornamento delle pagine. Il gioco si è sviluppato nell’arco di tre mesi e ha visto la partecipazione di migliaia di persone, complessivamente il sito ha totalizzato oltre 3 milioni di visitatori . I Love Bees More ha ricevuto numerosi premi ed ha fatto da apripista nella diffusione degli ARG per il marketing dei video game. www.ilovebees.com

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World Without Oil-il mondo senza petrolio Il primo ARG sviluppato per risolvere un problema reale-la possibilità di una crisi petrolifera globale e protratta. Il gioco delinea le condizioni realistiche di una crisi petrolifera e chiama in causa i giocatori perché si immaginino e descrivano quali sarebbero le loro condizioni di vita in tale contesto. www.worldwithoutoil.org

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Urgent Evoke-crash course per cambiare il mondo Una piattaforma collaborativa promossa dal world Bak Institute per stimolare i giovani di tutto il mondo ad affrontare i più gravi problemi dell’umanità: povertà, fame, energia e sviluppo sostenibile, accesso all’acqua, diritti umani, salute, educazione. www.urgentevoke.com

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I gamers che giocano online sono circa 800 milioni nel mondo. Negli ultimi anni soltanto in Cina si sono aggiunti 145 milioni di gamers. È un numero enorme di persone, che possono impegnarsi per un mondo migliore. Noi pensiamo che il gioco possa avere un ritorno sulle emozioni positive e quando giochiamo possiamo prefiggerci obiettivi più ambiziosi. Ecco alcuni esempi dei giochi sviluppati negli ultimi anni da Jane Mc Conigal:

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10. gioia 9. sollievo 8. amore 7. sorpresa 6. orgoglio 5. curiosità 4. vibrazioni 3. meraviglia 2. felicità 1. creatività.

PRoGETTI

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inutile che riceviamo quando qualcuno vuole che facciamo qualcosa per la quale pensiamo di non avere abbastanza tempo, o sufficiente capacità per farlo. O semplicemente non vogliamo farlo... Situazioni che ci riempiono di rabbia, risentimento, ansia. Quando siamo sotto stress negativo facciamo fatica a respirare, il cuore batte forte, c’è una gestione particolare dell’adrenalina, i centri dell’attenzione diventano acuti. Gli scienziati sono stati molto sorpresi nello scoprire che, quando decidiamo di accettare una sfida, di fare volontariamente qualcosa di difficile, in quel momento in noi si verificano gli stessi cambiamenti fisiologici: il cuore inizia a battere forte, respiriamo più velocemente, c’è flusso ematico negli emisferi celebrali. E tuttavia, siccome è una scelta che abbiamo fatto consapevolmente, decidendo di procurarci questo stress, invece di subirlo come rabbia o frustrazione, il risultato è un’eccitazione positiva, attiva. Abbiamo voglia di fare, siamo focalizzati sull’obiettivo e sappiamo di potercela fare: siamo reattivi, pronti e ci sentiamo bene proprio perché siamo noi a scegliere il nostro stress. L’eustress ha un effetto molto importante: migliora le nostre probabilità di successo. Non solo ci fa sentire energici e ottimisti, ma ci rende migliori in quello che stiamo facendo. E questo per due motivi. Prima di tutto, impostiamo per noi obiettivi più difficili, perché ci sentiamo carichi, fiduciosi e di conseguenza il nostro livello di aspettativa diventa più alto, pensiamo agli obiettivi più grandi, ai risultati migliori che possiamo ottenere. Secondo punto: diventiamo più piacevoli agli occhi degli altri, perché è bello avere vicino persone positive, propositive e piene di ottimismo. Le persone che passano molto tempo in questo stato di eustress sono persone di grande successo, che si sono imposte obiettivi elevati, che stanno bene con gli altri e sugli altri esercitano un fascino percepibile. Pensate allora di poter applicare questa forza, questa positività per risolvere problemi come il cambiamento climatico, la fame, la povertà. Tutto quello che dobbiamo fare è imparare a riconoscere queste emozioni positive per promuoverle, incentivarle. Una delle ricerche che preferisco ha individuato ed elencato le 10 più potenti emozioni positive che si sviluppano giocando, che sono, in ordine decrescente:


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ICS MAGZINE - Settembre 2011

21 MILIARDI DI ORE: IL FUTURO È IN GIOCO

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loro effetti positivi anche mentre siamo impegnati a fare tutt’altro. Dobbiamo quindi capire, una volta per tutte, che è l’essere persone felici che ci rende persone di successo, e non il contrario. Quando proviamo emozioni positive, costantemente, su base regolare, i voti a scuola cominciano ad aumentare, siamo più apprezzati dagli altri, riusciamo a raggiungere meglio i nostri obiettivi, abbiamo più soddisfazioni sul lavoro, magari persino un aumento...e anche i matrimoni risultano molto più lunghi! A noi americani invece hanno sempre detto il contrario: che per essere felici dobbiamo trovare lavoro, sgobbare tutta la vita, fare denaro per godere alla fine della felicità. Non è così: la scienza ribalta questa convinzione: per avere successo il modo migliore è sentire emozioni positive perché ci rendono più desiderosi, più ambiziosi, più piacevoli agli altri. Morale: eustress, giusto stress.

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LA FORMULA DEL SUCCESSO

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C’è un vero e proprio logaritmo, un’espressione matematica sul rapporto tra felicità e successo: si chiama “rapporto 3 a 1”. Ci dice quante sono le emozioni positive che ci servono per avere più successo. Per neutralizzare ognuna delle emozioni negative che proviamo abbiamo bisogno di tre emozioni positive. Se arrivate al punto di ribaltamento, la carriera migliora, il matrimonio va meglio, sarete persone di successo. Tuttavia esiste un limite: se si arriva ad accumulare 13 emozioni positive per una sola emozione negativa, raggiungendo dunque un rapporto di 1 a 13, il “castello” crolla e si finisce per scollegarsi dalla realtà. Alla gente non piacerete più. Insomma, non andate troppo in alto nella piramide, state attorno al rapporto 3 a 1. L’approccio scientifico è importante: sapere che il gioco produce 10 emozioni positive e che queste sono riproducibili ovunque, ci permette di intervenire sui nostri stati negativi, modificandoli. Se siete in ospedale per un intervento e magari siete in attesa, mettervi a giocare con un dispositivo palmare magari farà scendere la vostra ansia e con ogni probabilità l’intervento stesso andrà meglio. I soldati in guerra, quando nel tempo libero riuscivano a giocare, reagivano meglio alla situazione, superando la depressione, l’ansia, la paura. Queste emozioni inoltre sono contagiose, sin senso sia positivo che negativo. Lo scorso anno i media hanno dato molto risalto alla

LEGENDA · 31 miliardi di ore: il tempo passato a giocare con videogiochi ogni settimana in tutto il mondo · 250 mila: le persone che in Italia giocano ai videogiochi per circa 40 ore a settimana · 6 milioni di anni: il numero complessivo di ore passate a giocare a World of Warcraft in dieci anni

nuova scienza della “connettività sociale”, secondo la quale ad esempio l’obesità si “condivide” nelle reti sociali: ingrassate voi, ingrassano gli altri; divorziate voi, divorziano gli altri. La stessa cosa succede con la solitudine. In modo particolare, però, sono le emozioni quelle che vengono disseminate, e in modo molto specifico. Quando sentite un’emozione, sei altre persone che incontrate, con cui condividete qualcosa, si prendono carico di quell’emozione e, a loro volta, la “passano” ad altre sei, e via discorrendo, arrivando a “contagiare” più di 200 persone. Le emozioni dunque si diffondono formando una rete come quella neurale. Il gaming dunque fa bene non solamente per cambiare la vostra vita ma anche quella di centinaia di persone vicine a voi. Ultima teoria molto interessante: le emozioni positive ci rendono superresistenti. Le persone che vivono secondo il rapporto 3 a 1, o anche superiore, vivono all’incirca 10 anni più degli altri. Sarete come un superbug che diffonde un vettore contagioso e che nessuno potrà uccidere... I gamers che si fanno assorbire da queste emozioni positive e le condividono con gli altri raggiungeranno una maggiore longevità. Per concludere. 3 miliardi di ore spese a settimana nel gaming: ne è valsa la la pena? Spero di aver mostrato con queste riflessioni che la risposta è “sì”. Il gioco ci consente di scatenare la nostra naturale capacità di essere più curiosi, più ottimisti, più determinati e collaborativi, più resistenti e ambiziosi: in sintesi, persone di grande successo. Tutti questi elementi ci rendono persone “empowered”, in grado cioè di superare ogni ostacolo e di vivere con più energia e ottimismo nella comunità. I gamers che giocano online sono oggi circa 800 milioni in tutto il mondo. Negli ultimi anni soltanto in Cina se ne sono aggiunti 145 milioni. È un numero enorme di persone, che possono impegnarsi per un mondo migliore. E se questo può avvenire anche solo per una parte di questa incredibile platea, per me non c’è dubbio: ne vale la pena.



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