Digit4trade n 15 web

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LA GUIDA AI MIGLIORI PROGRAMMI PER I PARTNER, EDIZIONE 


Kaspersky per le aziende

Segui il leader. I partner Kaspersky Lab condividono il nostro successo Eugene Kaspersky ha fondato Kaspersky Lab 20 anni fa, e continua a essere il nostro CEO. Con lo stesso impegno di sempre ci dedichiamo allo sviluppo dei prodotti e al supporto al canale italiano. Scopri cosa significa lavorare con un vendor completamente dedicato ai partner grazie ad una strategia e una visione lungimiranti. Contattaci oggi stesso. Maggiori informazioni su www.kaspersky.it/partners Š 2017 AO Kaspersky Lab. Tutti i diritti riservati I marchi registrati e i marchi di servizio appartengono ai rispettivi proprietari.


Marco Maria Lorusso Direttore Responsabile Digital4Trade

marco.lorusso@digital4.biz @MarcoLorux

Loris Frezzato Caporedattore Digital4Trade

loris.frezzato@digital4.biz @lorisfrezzato

E di to r i al e

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Computer Gross compra Icos, dopo Attiva, ancora una acquisizione, ancora una mossa, decisa, verso il valore, le relazioni e quelle competenze che ruotano soprattutto intorno alla nuova stella polare del canale: il data center, i servizi ad esso collegati e, ovviamente, tutti i nuovi modelli di business. Nel momento in cui la densissima rivista che avete tra le mani va in stampa ci arriva la notizia di un nuovo cambio di passo verso la concentrazione della galassia distributori. Una notizia perfettamente in linea con la ricetta, il sapore, la formula che sono alla base di questo numero di Digital4Trade dedicato ai “nuovi” canali ICT, ai nuovi equilibri, modelli, programmi. Una notizia incredibilmente perfetta per fare da cappello a questo: “Cambiamo canale”. Un titolo che è anche il cuore, il motore scatenante dal quale, esattamente quattro anni fa in questi giorni, è scoccata la scintilla del progetto Dgital4Trade. Un progetto caparbio e testardo intorno al quale oggi, con grande orgoglio, ritroviamo amici, lettori attentissimi, esperti, curiosi… passione feroce. Elementi che ci spingono a schiacciare ancora forte sull’acceleratore dell’innovazione, delle idee, dei progetti, delle relazioni, del valore. Delle uniche cose che sappiamo fare insomma, del resto ci hanno disegnati così. Elementi intorno ai quali aziende come Computer Gross, non a caso, stanno costruendo il proprio futuro. Una Computer Gross che prima di tutti, in Italia, e con più decisione ha scelto di investire sul Data Center proprietario, su un programma dedicato al cloud, sul Market Place proprietario e sul programma Microsoft CSP. Ma non si tratta certo di un esempio isolato. Da tempo insieme a lei, con modalità diverse, ma con le stesse intenzioni e idee corrono forte realtà come Esprinet con V-Valley, Tech Data con l’operazione Avnet TS, Arrow ECS. Ma stiamo a oggi, al tempo dell’operazione Icos, un distributore che ha fatto da sempre la storia del canale informatico italiano, dalla collaborazione con eventi di punta come ICT Trade di Ferrara fino alle partnership salde e di grande importanza con vendor come Oracle e NetApp. Oggi è, ancora una volta, il tempo delle competenze, delle informazioni, del valore, non ci sono altre strade possibili, dunque avanti tutta, insieme, come sempre.

Comandamenti incisi sulla pietra, frutto dell’alleanza, del patto che definisce i rapporti degli uomini con il divino. Se si rispettano, vai liscio. Sennò fulmini, saette e cavallette. Certo, le tavole di Mosè erano, appunto, di pietra, materiale su cui è difficile apportare modifiche e ancora oggi gran parte del decalogo è, o si vorrebbe fosse, alla base della nostra convivenza civile. Portando la metafora a livelli meno elevati, ma estremamente concreti, l’esperienza insegna che lo stesso discorso non vale per i Partner Program dei vendor. Che poi, alla fine, sempre di decaloghi di buona convivenza e vantaggio reciproco si tratta, ma che vista la loro aleatorietà, viene da pensare che sia meglio usare la cera piuttosto che la pietra per stilarli. Da capire se le “correzioni”, a volte radicali e in contraddizione con le versioni precedenti, sono frutto di una visione strategica di un mondo che sta evolvendo e che necessita, giustamente, di essere supportato nel business con strumenti inediti o aggiornati, oppure se non sia un mero adeguamento alle nuove politiche del singolo vendor. Politiche dettate dall’esigenza di adattare (leggi: forzare) tutta la galassia di partner costruita negli anni, che ha “sposato” da tempo le vision comuni, verso nuovi percorsi, in linea con le decisioni organizzative, volte magari a sollevare le sorti di multinazionali non più sulla cresta dell’onda, invece che come trampolino per il trade verso ulteriori business. I partner devono essere allineati, ovvio. Ma più che alle logiche strategiche del vendor, dovrebbero esserlo alle dinamiche del mercato. E questo ritmo lo trovano loro stessi, ascoltando tutti i giorni le esigenze, difficoltà, aspettative e impedimenti dei loro clienti. Sì, anche con la loro scarsa cultura tecnologica. Ma è con questa realtà che devono fare i conti. Un decalogo che forse andrebbe scritto dal basso, raccogliendo dalla base le informazioni utili a sviluppare quelle regole di agreement che portino un vicendevole vantaggio. Una sorta di referendum sul canale che aiuti i vendor a trarre spunto nella redazione dei loro elenchi degli obblighi. E lasciando loro spazio e tempo per pensare a quali doveri assolvere in termini di supporto. Che non sono mai abbastanza o sono scarsamente adatti alle realtà locali. Digital4Trade ha aperto una piccola finestra e si offre da intermediario per portare i messaggi del canale ai vendor. E viceversa. In questo numero trovate un’inchiesta esclusiva lanciata sui system integrator, chiamati a giudicare i partner program dei vendor. Non si chiude qui, e invitiamo i lettori a mandare i propri, ulteriori, commenti. Chissà che le prossime tavole delle leggi siano meno delebili di quelle viste finora.

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Computer Gross compra Icos, Un referendum la distribuzione cambia... sulle tavole di Mosè e anche noi


1 5 | 2017 LA GUIDA AI MIGLIORI PROGRAMMI PER I PARTNER, EDIZIONE 2017 On

Non c’è mai stato un momento migliore per essere un system integrator... italiano

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Day Time

digital4tRadE è una testata di iCt and Strategy Srl, società del gruppo digital 360 Spa Via Copernico, 38 20125 Milano iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 testi e disegni: riproduzione vietata Direttore Responsabile Marco Maria lorusso marco.lorusso@digital4.biz Caporedattore loris Frezzato loris.frezzato@digital4.biz Redazione gianluigi torchiani gianluigi.torchiani@digital4.biz Hanno collaborato annalisa Casali, alastair Edwards, Nicoletta Boldrini, gabriele Faggioli, giorgio Fusari, Maria teresa della Mura, laura Zanotti, Stefano Mainetti, giuseppe goglio Pubblicità antonello.giusto@digital4.biz tel. 02.92852782 Cell. 339.3277976

in italia i data Center sono ancora in casa. Ma devono evolvere

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Come si diventa protagonisti della sicurezza

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#RobotNoPanic: come cambia il lavoro con la robotica

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google Mail contro Office 365, in italia chi vince?

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le 5 certificazioni giuste per i professionisti del cloud

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iPhone 8 e iPhone X. la rivoluzione apple nell’ai e VR

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Prime Time

Quello che i reseller italiani pensano... davvero

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Partner Program, obbligo o vera opportunità di business per il trade?

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Story Tellers

Michael dell: «Un buon anniversario, anche per l’italia»

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a inspire 2017, Microsoft è 365 per abilitare il workplace moderno

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HP Reinvent 2017: novità per il print e i pc e una University per il trade | 66

Progetto grafico Stefano Mandato

il VMworld 2017 si apre a “tutti i cloud”

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Impaginazione luca Migliorati

Huawei mette al centro della nuova strategia Cloud e ai

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HPE innovation lab, è il momento della distribuzione

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da ingram Micro un lab a misura di valore

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il valore Made in italy unisce Esprinet e HPE

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HPE innovation lab, il giorno di SiM Nt

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HPE innovation lab, eccellenza italiana che ora è anche iot

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l’approccio di Panda Security: un CSP che va ben oltre l’antivirus

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da Netapp soluzioni complete per le aziende “guidate dai dati”

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aMd rinasce con ZEN, architettura che strizza l’occhio ad ai e VR

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il mainframe iBM guarda al futuro

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Segreteria di redazione ilenia gemito tel 0292852785 info@digital4.biz Stampa tipolitografia Pagani s.r.l. Passirano, Brescia - italia Per informazioni sugli abbonamenti abbonamenti@digital4.biz tel. +39 02.92852785

digital360 opera nell’offerta B2B di contenuti editoriali, servizi di comunicazione e marketing, lead generation, eventi e webinar, advisory, advocacy e coaching, nell’ambito della trasformazione digitale e dell’innovazione imprenditoriale


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On

La consulenza e la conoscenza dei clienti è quello che dĂ valore alla semplice vendita. E che salverĂ il canale dalle nuove dinamiche, che vedono il prodotto come tale contare sempre di meno nell’economia complessiva


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«NoN c’è mai stato uN Alastair Edwards

momeNto migliore per essere uN system iNtegrator… italiaNo!» In esclusiva per Digital4Trade, Alastair Edwards, Chief Analyst di Canalys, racconta tutto sulla salute dei system integrator e dei distributori ICT europei con un occhio di riguardo per l’Italia dove, (a Venezia) per la prima volta nella storia, la società ha appena tenuto il più grande evento mondiale dedicato al Trade ICT Come può essere definito lo stato di salute del canale IT nell’area Emea? Ci sono senza dubbio molti elementi positivi, in particolare per effetto del rafforzamento di molte economie dell’UE (anche dell’Italia, anche se forse a un ritmo più lento). La crescita economica, ovviamente, contribuisce ad alimentare la domanda di prodotti e servizi IT. In effetti ben il 48% dei 191 partner di canale che abbiamo esaminato ha dichiarato che la loro attività è cresciuta del 10% o più nel secondo trimestre del 2017 e una tendenza simile è stata riscontrata nel primo trimestre dell’anno. Ma ci sono anche alcuni punti deboli con cui gli operatori devono fare i conti. Il Regno Unito si trova di fronte a una continua incertezza a causa della Brexit, mentre la spesa IT in area come Nord Europa, Europa Centrale e Orientale e Medio Oriente non è delle migliori, influenzando i partner che si rivolgono a questi mercati.

Non solo tecnologia ma anche consulenza

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Alastair Edwards Chief Analyst di Canalys

Ma in generale, il canale è in una posizione di forza per il futuro, come abbiamo avuto modo di raccontare più nel dettaglio in occasione dell’Emea Canalys Channel Forum 2017, che si è svolto dal 3 al 5 ottobre per la prima volta in Italia, nella prestigiosa cornice di Venezia, alla presenza di centinaia di partner e professionisti del settore IT. Poiché i clienti finali abbracciano sempre di più tecnologie digitali come IoT, hybrid IT, software defined infrastructure e analytics, ci sarà in futuro una maggiore domanda di calcolo, storage e rete, nonché di partner che siano esperti di queste nuove tecnologie. In buona sostanza le aziende stanno cercando di partner di canale che siano in grado di aiutarli a navigare in questo mare di complessità, consigliandoli sulla giusta strategia IT, In modo da integrare, gestire, monitorare e proteggere i propri ambienti IT. Ovviamente, oltre alle opportunità, ci sono anche molti ostacoli per il canale. Costruire nuove competenze per soddisfare le mutevoli esigenze dei clienti o per fornire nuovi modelli di consumo, mette infatti un’enorme pressione sui tradizionali modelli di business. Ma la capacità del canale IT di adattarsi alle nuove tecnologie e alle esigenze del settore è sempre stata uno dei suoi classici punti di forza. Dunque


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coloro che saranno più flessibili e in grado di adattarsi riusciranno a vincere anche questa sfida. Il canale può poi contare su un atteggiamento positivo della propria controparte, vale a dire i vendor: che sempre più spesso riconoscono il valore dei partner nel fornire soluzioni e servizi.

Dove posizionare gli investimenti

la capacità di fornire nuove tecnologie, aiutare i clienti ad abbracciare processi digitali, andando oltre la classica tradizionale integrazione hardware. Occorre comunque tenere a mente che, in questa fase, l’aspetto più importante per ogni partner di canale è la “rilevanza”, sia per i clienti finali che per i vendor. In un mondo di dati e di applicazioni dove le vendite della tecnologia non sono necessariamente effettuate dai tradizionali professionisti IT. Ciò significa che occorre posizionarsi molto di più come un consulente strategico per i propri clienti, in modo da essere in grado di parlare dei loro processi aziendali e di come questi siano strettamente legati agli investimenti tecnologici, piuttosto che parlare di funzionalità e prezzi del prodotto. Tutto ciò richiede nuove capacità di prevendita e consulenza, spesso difficili da trovare. L’altra raccomandazione che facciamo ai partner è quella di identificare con chiarezza le aree su cui dirottare i propri investimenti, in modo da sviluppare quelle competenze che possano differenziare sfruttando l’ampia gamma di tecnologie emergenti, come l’automazione, l’AI, la sicurezza, l’IoT. D’altronde, dal momento che l’infrastruttura diventa sempre più software defined, i tradizionali compiti del canale, come la configurazione hardware, stanno iniziando a diventare meno importanti.

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Questo comportamento è favorito anche da alcune mosse di mercato come l’acquisizione di EMC da parte di Dell, che ha reso molto più vasta l’attività dei rispettivi canali di partenza. E anche nel mondo del cloud, che pure è nato in gran parte con un modello di vendita diretto, i vendor stanno riconoscendo l’importanza dei partner indiretti, come dimostrano i casi di Microsoft, AWS, Google e IBM. In buona sostanza i vendor stanno cercando partner capaci di sostenerne la crescita nel lungo termine: si cercano dunque attori che abbiano



Day Time

Chi ha paura dell’Intelligenza Artificiale? I robot avranno certamente un impatto nella compagine lavorativa, ma soprattutto in direzione di un’evoluzione del ruolo dei lavoratori, sempre piÚ orientati a sviluppare idee e svincolati dalla routine


A rivelarlo è un sondaggio condotto da Digital 360 in collaborazione con Dimension Data, su un campione di 280 aziende italiane di medie dimensioni

In Italia i Data Center sono ancora in casa. Ma devono evolvere

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Laura Zanotti

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I Data Center, anche in un Paese come il nostro, sono sempre di più uno strumento chiave del business, anche se allo stesso tempo sono un asset critico da gestire. I dati parlano chiaro: a fronte di nuovi modelli tecnologici incentrati sul cloud e sulle logiche dell’as a service e del pay per use, 8 aziende italiane su 10 (83%) hanno ancora un data center in house, l’85% delle imprese ha bisogno di far evolvere l’infrastruttura IT in una chiave di maggiore razionalizzazione e agilità, quasi 7 su dieci (69%) hanno uno staff sottodimensionato rispetto alle esigenze e ai compiti associati alla governance. Il vero problema dei data center in Italia, infatti, è che sono infrastrutture che non hanno seguito un modello di sviluppo programmato e oggi sono il risultato di una crescita molto più addizionale che strategica. Questo è il motivo per cui tutte le aziende confermano di avere necessità di

cambiare, di rinnovare le macchine ma anche le modalità di gestione dei servizi. A rivelarlo una survey condotta da NetworkDigital360, in collaborazione con Dimension Data, su un campione di 280 aziende italiane di medie dimensioni (sopra i 250 dipendenti), operanti in vari settori industriali dal manufacturing (65%) al finance (10%), dal retail (20%) al chimico-farmaceutico (4%).

Data center, c’è voglia di cambiare

Gli analisti hanno sottolineato come per quasi 9 aziende su 10 (85%) il motivo principale che sta spingendo la revisione delle infrastrutture ICT esistenti sia la volontà di razionalizzare un installato eterogeneo, costituito da sistemi legacy e nuove soluzioni che progressivamente sono entrate in azienda per rispondere rapidamente alla domanda delle diverse LOB. Il resto delle risposte fotografa segnali di evoluzione e di cambiamento in relazione allo sviluppo del business. La reingegnerizzazione dei data center italiani, infatti, è funzionale alla crescita dell’organizzazione interna (22%), ad acquisizioni/merge e dismissioni di rami d’impresa (15%), all’apertura di nuove filiali (12%), o di nuove business unit (10%) e all’internazionalizzazione legata a delocalizzazione o apertura di sedi estere (6%). Solo l’11% delle imprese dichiara di aver bisogno di rinovare le proprie infrastrutture per adeguarle alla compliance normativa.


La volontà di sviluppare i servizi richiesti nel più rapido tempo possibile per garantire il time to market aziendale oggi spinge le imprese a rivedere la propria regia informatica. L’obiettivo? Presidiare la governance integrando applicazioni e sistemi secondo criteri di centralizzazione e omogeneizzazione più efficaci e con economie più lungimiranti e sostenibili. La ricerca ha messo in luce ulteriori aspetti che aiutano a capire quali sono i limiti di un approccio più evoluto: l’83% delle imprese italiane considera ancora il data center come un bene, ovvero un asset rigorosamente proprietario. Meno di 1 azienda su 10 (8%) ha terziarizzato la complessità del data center affidandola a un provider specializzato e meno di 1 su 10 (9%) ha spostato il proprio approccio da un concetto di possesso a un concetto di puro servizio affidando a un cloud provider la gestione in toto delle proprie infrastrutture ICT.

Service. Per due aziende su 10 (20%), invece, il cloud è inaccessibile perché le infrastrutture sono troppo obsolete per consentire una gestione on demand.

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Il data center come proprietà

L’outsourcing come possibilità

Al di là delle criticità legate alla gestione di server, storage e infrastrutture di rete fisiche e virtuali la survey ha messo in luce una grossa crisi interna allo staff ICT: quasi 7 aziende su dieci (69%) dichiara di essere sottodimensionato ma il 31% ha ovviato al problema grazie a risorse in outosurcing. La go-

vernance è ripartita tra chi si occupa di demand management (73%) che raccoglie informazioni dal business e le traduce in requisiti IT, una parte del personale (70%) che a causa della sempre più rapida obsoloscenza tecnologica dell’hardware e del software si occupa di gestire contratti diversificati con una molteplicità di fornitori per upgrade ed evolutive, personale prettamente tecnico e dedito allo sviluppo e alla programmazione (67%). A fronte di un 45% di aziende che non pensa di intervenire su un potenziamento dello staff IT, più di 3 su 10 (33%) affermano che ricorrerà all’outsourcing mentre 1 azienda su 10 sta formando il proprio personale e ancora 1 azienda su 10 provvederà al gap attraverso nuove assunzioni.

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Alla domanda “Valutando la possibilità di una migrazione delle vostre infrastrutture in cloud, quali delle seguenti opzioni terreste più in considerazione?” il 35% delle aziende pare sia più propensa a scegliere un modello ibrido, il 33% di cloud privato e il 20% di cloud pubblico. 8 su 10 scelgono la virtualizzazione mentre solo due aziende su 10 affermano di non essere minimamente interessate a spostare sulla nuvola le proprie infrastrutture e un’azienda su dieci confessa di non aver ancora preso posizione. In realtà l’indagine evidenzia come ci siano ancora moltissimi freni rispetto all’uso più intensivo e strategico della nuvola. L’orientamento delle risposte suggerisce che le imprese italiane nutrono ancora diverse riserve nell’affidare la gestione delle proprie infrastrutture completamente all’esterno del tradizionale aziendale. Le risposte, in vario modo, sono quasi tutte legate al timore di interrompere la business continuity. Al primo posto delle criticità per quasi 6 aziende su 10 c’è la paura di intaccare la sicurezza aziendale (59%) seguita, praticamente a pari merito (58%), dalla scarsa fiducia rispetto alle garanzie di una connettività tale da assicurare la business continuity erogata in cloud. La terza criticità, in ordine di spiegazione, è comunque correlata allo stesso tema: il timore di un’interruzione rispetto alla continuità operativa, indicata da quasi 5 aziende su 10 (49%). Per il 36% delle imprese la migrazione sulla nuvola delle proprie infrastrutture è frenata da problemi associati alla compliance, a pari merito con motivazioni legate alla paura di vedere aumentare i costi dell’As a

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Il cloud piace


Il ruolo di questa figura professionale è in crescita, così come le aspettative di retribuzione, di pari passo con l’importanza acquisita dal tema sicurezza

Come si diventa professionisti della sicurezza

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Gianluigi Torchiani

La sicurezza IT è un tema sempre più cruciale per la sopravvivenza delle imprese. Su questo non c’è dubbio, come hanno messo in luce i casi Wannacry e Petya. Dunque diventa sempre più decisivo affidarsi a professionisti della sicurezza in grado di affrontare il cybercrime senza affidarsi ai generalisti dell’IT. Ma chi sono queste persone? Come e dove si formano? L’abbiamo chiesto a Claudio Telmon, consulente nel campo della sicurezza da quasi quindici anni e membro del Comitato Direttivo del Clusit. Il primo punto da sottolineare è che la sicurezza IT è un tema trasversale che spazia dalla gestione del rischio a quella dei sistemi, passando per la sicurezza software e i penetration test. Dunque ci sono professionisti specializzati su alcune nicchie e altri che invece si occupano di sicurezza a 360 gradi. In entrambi i casi, per acquisire le competenze necessarie è possibile seguire due percorsi: il primo passa dalla laurea informatica, magari arricchita da uno dei tanti master o corsi di specializzazione ormai presenti in diverse università italiane. Oppure c’è la possibilità di imparare “all’antica” il mestiere: il caso tipico è quello di un professionista che già lavora nell’IT e decide di approfondire queste tematiche, frequentando uno dei numerosi corsi disponibili sulla sicurezza.

Retribuzioni in crescita ma…

«Al di là però della formazione in aula e in laboratorio, per affrontare la sicurezza bisogna avere una prospettiva soprattutto pratica sui problemi. Dando

per scontato che quando ci si trova in una specifica realtà aziendale bisogna anche scendere a dei compromessi», evidenzia Telmon. Quel che è certo è che, negli ultimi anni, la richiesta di professionisti della sicurezza è in aumento ed è oltre la disponibilità, complice anche la maggiore consapevolezza. Inoltre l’accresciuta dipendenza delle aziende dai sistemi informativi rende di per sé il tema più critico. Tutto ciò rende appetibile anche da un punto di vista economico questa professione: «Occorre però precisare che le aziende che assumono gli esperti di security sono poche, anche perché spesso non se ne ha bisogno in maniera continuativa. Dunque si tratta perlopiù di figure che lavorano in proprio». In questa fase in cui il mercato della sicurezza va espandendosi, un modo efficace per distinguersi è di investire su una certificazione internazionale. In materia di competenze sull’organizzazione della sicurezza delle informazioni il punto di riferimento è la Lead auditor ISO/IEC 27001, che è spesso richiesta per la partecipazione a numerosi bandi di gara. Per le competenze organizzative e tecnologiche c’è la CISSP - Certified Information Systems Security Professional, che attesta la conoscenza ad ampio spettro dei principi di progettazione e gestione dei sistemi di sicurezza IT. Una terza certificazione spendibile sul mercato è la CIFI (Certified Information Forensics Investigator), che è stata sviluppata per esperti di information forensic con esperienza pratica nello svolgimento di indagini in supporto alle forze dell’ordine.



Il sasso l’aveva lanciato Bill Gates. Nel corso di un’intervista, il fondatore di Microsoft aveva ipotizzato l’istituzione di nuove tasse sulla robotizzazione per sostenere i costi sociali della riduzione occupazionale. Ma senza attraversare l’Oceano, anche alle nostre latitudini la domanda di quali possano essere le implicazioni e le conseguenze di un’automatizzazione sempre più spinta della produzione è di estrema attualità. Per questo motivo abbiamo proposto una riflessione su questo tema, riunendo intorno a un tavolo un analista, Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Industria 4.0/SmartManufacturing, School of Management del Politecnico di Milano, un evangelista, Emanuele Madini, Associate Partner e Smartworking Evangelist di Partners4Innovation, e un rappresentante del mondo industriale, Michele Pedretti, Business Development Manager, Local BU Robotics di ABB.

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L’Industria 4.0 è davvero una minaccia per il lavoro?

È stato Giovanni Miragliotta a porre le premesse della discussione, mettendo in evidenza le questioni effettivamente aperte: l’impatto della quarta rivoluzione industriale sui livelli occupazionali e retributivi, i cambiamenti nelle attività lavorative e il contributo dell’uomo in un contesto di economia 4.0 e quali policy possono essere intraprese per con-

Nell’era dell’Industria 4.0, i robot e l’automazione industriale possono essere una minaccia o un’opportunità per il lavoro. Ne abbiamo parlato con analisti, esperti e con chi nell’industria ha esperienza diretta della trasformazione in atto

#RobotNoPanic: Come cambia il lavoro con la robotica dell’Industria 4.0

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trollare questo percorso evolutivo dirompente e con quali obiettivi. «In realtà - sottolinea Miragliotta -, non ci sono al momento evidenze certe su possibili impatti negativi dell’Industria 4.0 sui livelli occupazionali: al report del World Economic Forum, che nel 2015 preconizzava una perdita di 5 milioni di posti di lavoro, fanno infatti da contraltare ulteriori studi, come quelli di Boston Consulting Group e Roland Berger, che guardano la cosa da un punto di vista compensativo e ai posti di lavoro persi sulle linee di produzione mettono come contrappeso le crescite


A questo punto, è evidente che non si tratta di porre freni oppure ostacoli alla crescita dei livelli di automatizzazione, bensì di adottare un approccio differente che “alla gara contro le macchine sostituisca una gara con le macchine”. Per rimanere felicemente impiegati in futuro è necessario individuare come la propria professionalità possa essere arricchita, completata e innalzata dal contributo della robotica, nelle attività manuali, o dagli analytics e dall’intelligenza artificiale nelle attività a più elevato contenuto intellettuale. Per questo con gli Osservatori si è partiti ad analizzare le principali aree impattate dalla quarta rivoluzione industriale: Product Service Design management; Operations management; Supply chain management; Data Science management e IT-OT Integration management. E per ciascuna di queste aree si è cercato di capire in che modo le tecnologie digitali possono arricchire il set tradizionale di competenze, evidenziando dunque gli skill specifici e necessari per ciascun profilo professionale. Infine, per ciascun operatore, considerato il livello di partenza, viene tracciato il percorso formativo che possa consentire di raggiungere gli skill e le competenze individuate. «Queste capacità trasversali verranno potenziate dal corretto uso dell’automazione, ovvero da quell’automazione che non ci mette in una gabbia, che non ci distacca dal business di

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Con i robot e non contro di loro

un’azienda, ma che ci consente di percepire meglio, di arricchire la capacità di intervento». Il tema della trasformazione delle competenze in azienda è comunque cruciale e lo evidenzia Emanuele Madini, di Partners4Innovation. «Per gli entusiasti digitali, la grande onda è arrivata, le potenzialità tecnologiche sono infinite per lo sviluppo di nuove professionalità e per creare nuovi lavori. Per altri, tuttavia, la percezione è che questa più che una grande onda sia una tempesta perfetta». In realtà Madini, che lavora con le community dei direttori HR, nota per la prima volta un senso di consapevolezza da parte delle aziende che mettono finalmente al primo posto lo sviluppo di cultura e competenze digitali. Cosa possono dunque fare nei prossimi anni? L’investimento della digital transformation non è solo tecnologico, ma anche nel capitale umano, quindi è necessario ripensare la “people strategy” o, per meglio dire, la “people first strategy”. Ma tutto questo, come si declina in ambienti nei quali l’automazione e la robotizzazione conquistano sempre nuovi spazi? Perché il punto centrale resta proprio questo: pensare alla Human-Robot collaboration non come a una mera questione tecnologica, ma tenendo bensì conto dei contesti e delle organizzazioni nelle quali le macchine vengono inserite. Ed è qui che è arrivata in aiuto l’esperienza di Michele Pedretti e di ABB. «La robotica collaborativa - è stata la sua premessa - è una richiesta del mercato, non è una proposta delle aziende». Il motivo è chiaro: nel settore manifatturiero, si registra la crescita nella domanda di varianti di lotti e di produzioni, in una logica sempre più vicina alla produzione personalizzata. «Queste richieste del mercato condizionano le scelte tecnologiche sugli impianti. Così, per produzioni con un numero ridotto di varianti e un elevato volume di produzione si ricorre all’automazione, mentre all’estremo opposto, con elevata personalizzazione e bassi volumi di produzioni, le lavorazioni manuali sono quelle più indicate». In questo scenario, la robotica collaborativa è una necessità che consente di variare i prodotti, garantendo standard qualitativi elevati. C’è poi un secondo aspetto di cui tenere conto, ed è legato ai costi di produzione. «Al variare della produttività, della flessibilità, del numero di varianti o ancora dei lotti prodotti, la robotica collaborativa si colloca all’interno di un’area ben definita, tra il lavoro manuale e l’automazione robotica», riassume Pedretti, sottolineando come sia un’area in continua crescita, soprattutto nel nostro Paese dove c’è una manifattura estremamente importante.

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nell’ambito IT e data science, che rendono il saldo ampiamente positivo». Va riconosciuto, tuttavia, che la robotica è l’unico investimento che mostri una diretta correlazione negativa tra adozione e perdita di posti di lavoro.


Enrico Ariotti, Executive Director Macro Web Media MWM CED Private Cloud

Le aziende italiane che spostano il servizio mail sul Cloud usano più Google Mail oppure Exchange OnLine di Microsoft Office 365? Ma che tipo di aziende sono? Cosa fanno? Sono alcune delle domande a cui Data Hunter ha risposto grazie all’analisi di 500mila aziende. Data Hunter è un progetto sviluppato con il supporto del Private Cloud di MWMCED che si occupa di raccogliere numerosi dati per trasformali in informazioni inedite a supporto per il business. Ecco i numeri e il risultato raccontato in esclusiva per Digital4Trade da Enrico Ariotti, Executive Director di Macro Web Media MWM CED Private Cloud.

Le aziende italiane utilizzano Google Mail o Microsoft Office365 come servizio di posta elettronica? Ecco la risposta in una mappa frutto dell’analisi di oltre 500mila aziende. Un lavoro senza precedenti in esclusiva per Digital4Trade

Google Mail contro Office 365, in Italia chi vince? La mappa delle mail su cloud

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Enrico Ariotti

Per la nostra comparazione abbiamo segmentato in tre fasce le aziende analizzate: A - Aziende che utilizzano Google Mail B - Aziende che utilizzano Exchange OnLine di Microsoft Office 365 C - Aziende che utilizzano server mail on premise e tutti gli altri fornitori di soluzioni mail in cloud La fotografia dei dati e delle informazioni è stata fatta a inizio 2017 e in base alla nostra analisi Google e Microsoft si attestano attorno al 6,5% della quota di mercato. Considerata la loro reputation in ambito cloud, la qualità dei servizi offerti e il costo competiti-


Come premesso, il resoconto prende in considerazione le aziende che utilizzano i servizi di Google Mail (poco meno del 5%) e quelli di Microsoft Exchange On Line di Office 365 (intorno al 2%). Più precisamente analizzeremo 26.110 con posta targata Google e 9.243 che si sono affidate a Microsoft (sempre e solo riferito ad Exchange on line, non Exchange tradizionale!) per un totale di 35.353 aziende. Abbiamo escluso dalla ricerca le aziende per cui Data Hunter non è riuscito ad ottenere un set completo di dati. Arriviamo quindi a un panel di 27.291 aziende. Che peso ha il numero di dipendenti presenti in azienda nella scelta della mail aziendale? Dalla nostra ricerca emerge che le aziende che utilizzano Google Mail sono le più piccole in quanto numero di dipendenti, con in media 23 impiegati, mentre Office 365 è utilizzata da aziende che ne hanno quasi il doppio (53). Nelle aziende con meno di 250 dipendenti, Google Mail si avvicina al 75%, esattamente il contrario di quello che accade per le imprese tra i 251 e i 1.000 dipendenti, dove Microsoft si aggiudica circa il 60% dei servizi di posta elettronica. Quota che sale (69,23%) nelle aziende con oltre 1.000 dipendenti. Considerando il dato sui dipendenti risulta abbastanza ipotizzabile una tendenza direttamente proporzionale del fatturato. E in effetti è così, ma anche in questo caso, l’analisi puntuale dei dati a nostra disposizione evidenzia alcuni dettagli estremamente interessanti a cui vale la pena dare un’occhiata. Partiamo dal fatturato medio: le aziende che utilizzano il servizio Google Mail fatturano in media 4 milioni di euro mentre le aziende che utilizzano Microsoft Exchange On Line di Office 365 ne fatturano quasi 4 volte tanto: 15 milioni e mezzo. Anche in questo caso, grazie al lavoro di Data Hunter, possiamo scendere in profondità e analizzare qualche dettaglio delle due aziende che detengono il primato nelle rispettive categorie. L’azienda al primo posto

| D a y Ti me Ma chi usa Google Mail e Office 365?

L’ultima analisi del rapporto di Data Hunter riguarda la distribuzione dei servizi in relazione alle attività economiche. Per stilare questa classifica abbiamo utilizzato i Codici Ateco. Il report evidenzia che due delle attività nei primi tre posti sono identiche in entrambi i servizi. E se non stupisce il fatto che al primo posto (sia per Google che per Microsoft) ci siano attività connesse all’ambito IT, è curioso il fatto che al terzo posto ci siano le attività legate ai servizi di alloggio e gli alberghi. Il secondo gradino del podio spetta invece alle attività commerciali: preferito il servizio di Google per i commercianti al dettaglio e quello di Microsoft per quelli all’ingrosso. Dati decisamente differenti invece nella comparativa tra i servizi di posta per alcune attività economiche: le aziende di e-commerce si trovano al quarto posto (2%) nella classifica di Google Mail. Per trovare la stessa categoria nella classifica di Exchange On Line Office 365 dobbiamo invece scendere fino al 27o posto (0,5%).

15.575.341 ¤

16.000.000

8.000.000 Google Exchange on line 0

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Un po’ di numeri sulle mail in cloud

per fatturato tra quelle che utilizzano Google Mail si trova nel settore della fabbricazione di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, e nel bilancio 2015, ha dichiarato più di miliardo e duecento milioni di euro. Tra le aziende fornite del servizio di posta di Microsoft invece, il primo posto spetta a una ditta di prodotti chimici di base, fertilizzanti, materie plastiche e gomma sintetica: il suo fatturato dichiarato per il FY 2015 si attesta sui 4 miliardi di euro.

4.355.427 ¤

2015

La scelta della mail in base al fatturato aziendale

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vo è ipotizzabile che buona parte del restante 93,5% prenderà in considerazione nel breve di spostare la posta elettronica su Google Mail o su Office 365. Non che ciò debba obbligatoriamente accadere, ma siamo altrettanto consapevoli che qualsiasi azienda li prenderebbe in considerazione in un’eventuale ipotesi di migrazione della propria posta elettronica. Data Hunter raccoglie ed elabora un’enorme quantità di dati e si è basata sui record MX di oltre 550.000 aziende italiane, dalle PMI (meno di 10 dipendenti) e aziende “monstre” (oltre il miliardo di euro e migliaia di dipendenti).


Nel mercato i professionisti in grado di padroneggiare la nuvola sono sempre più richiesti. Le cinque certificazioni migliori a partire da un’analisi Firebrand

Le cinque certificazioni giuste per i professionisti del cloud

| D a y Ti me | 20 | www.digital4trade.it

Gianluigi Torchiani

Il cloud ormai non è più soltanto una tecnologia sperimentale, su cui hanno scommesso pochi early adopter. Ormai stiamo parlando di una rivoluzione che sta trasformando il modo di lavorare di grandi, medie e piccole imprese, con tassi di crescita di anno in anno più elevati. L’affermazione della nuvola porta sicuramente tanti incassi ai big del settore ma non solo: per implementare il cloud all’interno delle specifiche realtà aziendali è infatti necessario avvalersi di un numero crescente di professionisti IT competenti in ambito infrastrutturale ma non solo. Che al momento sono sottodimensionati rispetto alle esigenze del mercato: un recente report (Microsoft Cloud Skills Report) ha evidenziato come il 40% delle aziende lamenti una carenza di queste figure professionali. D’altro canto questo significa che, a fronte di un’elevata domanda, anche le richieste salariali possono essere di un certo tipo. Naturalmente queste competenze non possono essere certo improvvisate ma, al contrario, vanno acquisite in maniera strutturata. La strada maestra, come sempre capita per l’IT, è naturalmente quella di possedere le necessarie certificazioni anche nel cloud. Il sito specializzato Cloud Computing Intelligence, sulla base dei dati forniti da Firebrand, ha identificato le cinque più importanti certificazioni in ambito cloud computing per il 2017.

Certified Cloud Security Professional

Tra le certificazioni cloud quella probabilmente più conosciuta è la Certified Cloud Security Professional (CCSP), che è supportata da due dei principali organismi no profit impegnati sul fronte della si-

curezza delle informazioni cloud: Cloud Security Alliance (CSA) e ISC2. In buona sostanza questo standard dimostra la conoscenza approfondita delle modalità di funzionamento delle applicazioni cloud, delle piattaforme e la capacità di assicurare sicurezza all’infrastruttura dati. Quest’ultimo punto è particolarmente delicato e importante perché, affidando i propri dati a una piattaforma esterna, i clienti finali esigono la massima protezione possibile. In vista dell’arrivo del GDPR


CompTIA Cloud +

Microsoft MCSE: Cloud Platform and infrastructure

In quarta piazza c’è la Microsoft MCSE: Cloud Platform and Infrastructure: questa certificazione attesta che il candidato ha le competenze necessarie per eseguire un data center moderno e altamente efficiente, ha esperienza in tecnologie cloud, gestione delle identità, gestione dei sistemi, virtualizzazione, archiviazione e rete, amministratore cloud, progettista cloud, specialista del supporto tecnico e analista della sicurezza delle informa-

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La seconda certificazione consigliata è invece CompTIA Cloud +, che non va confusa con Cloud Essentials, che si rivolge ai professionisti non IT.

rare nel cloud. In particolare si rivolge a tecnici, amministratori di rete e responsabili dell’implementazione di reti di medie/grandi dimensioni.

| D a y Ti me

nel maggio del 2018 questa certificazione porrà ancora più l’accento sulla conformità, i processi di audit e le questioni relative alla privacy. Una certificazione che interessa da vicino chi si occupa quotidianamente di sicurezza (Security Consultant, Security Manager, Security Auditor, Security Architect, Security Analyst, Security Systems Engineer) ma non solo (IT Director/Manager, Chief Information Security Officer, Director of Security, Network Architect).

Cisco CCNA Cloud

Tra le diverse certificazioni cloud, nell’ambiente IT è considerata piuttosto difficile da ottenere la Cisco CCNA Cloud (che prevede il superamento di due distinti esami), ma considerata la predominanza del vendor nel campo delle apparecchiature di rete si potrebbe rivelare un investimento utile per quei professionisti che puntano a lavo-

zioni. Prima di ottenere l’MCSE i candidati devono aver conseguito almeno una delle seguenti certificazioni MCSA: Windows Server (versioni 2012 o 2016), Cloud Platform e Linux su Azure.

AWS Certified Solutions Architect-Associate

Non poteva mancare, infine, una certificazione che interessa quello che è, senza ombra di dubbio, il maggiore player del mondo cloud, vale a dire AWS, con i suoi dodici miliardi di dollari di fatturato macinati nel 2016. In questo caso lo standard giusto è l’AWS Certified Solutions Architect - Associate, che è rivolto a persone con esperienza nella progettazione di applicazioni e sistemi distribuiti sulla piattaforma AWS. Non a caso, ottenendola si impara a progettare i sistemi AWS, nonché a spostare le applicazioni locali esistenti su questa piattaforma.

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Decisamente più robusta e orientata al personale tecnico è invece Cloud+, che si propone di formare queste figure professionali su concetti e modelli cloud, virtualizzazione, infrastruttura, gestione della rete, sicurezza, gestione dei sistemi e business continuity, dimostrando la capacità di implementare e mantenere le tecnologie basate sulla nuvola. Le altre tre certificazioni sono invece legate ad altrettanti vendor che, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con la nuvola.


SPECIALE

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Collegati allo speciale di Digital4Trade per sapere prezzi, data di uscita e tutte le caratteristiche di iPhone X, iPhone 8 e Apple Watch 3

iPhone X, iPhone 8 e ancora Apple Watch 3. Non è questione di hardware, prezzi o tempi. Il successo o meno dell’operazione X sarà la scommessa sull’Intelligenza Artificiale e sul Machine Learning

iPhone 8 e iPhone X La vera rivoluzione di Apple sta in AI e VR

| D a y Ti me | 22 | Marco Lorusso

«Bene, vediamo come funziona iPhone X, azioniamolo per la prima volta. Ecco basta guardarlo e lui, con Face ID, si sblocca, addio al touch ID» qualche istante di silenzio, una certa tensione e poi «Oh oh oh, credo che avremo bisogno di una soluzione di back up» via con un altro iPhone X e la demo parte finalmente. Lo scorso 13 settembre la messa cantata all’Apple Park che ha sancito il debutto dei nuovissimi Apple Watch 3, iPhone 8 e iPhone X non è stata il migliore dei battesimi per l’attesissimo Face ID, il sistema di riconoscimento facciale. Tuttavia, al netto della piccola indecisione e delle caratteristiche hardware e software, secondo gli analisti è proprio questo sistema di riconoscimento a fungere da ago della bilancia per il futuro di Apple e forse per gli equilibri più generali del mercato.

iPhone X, il motore è A11 Bionic

Il nuovo iPhone X viene dunque indicato come “il futuro dello smartphone”, soprattutto in ragione delle nuove funzionalità di riconoscimento facciale e di realtà aumentata. Caratteristiche e funzionalità che hanno come cuore il nuovo chip A11 Bionic, che integra il “motore neurale” di Apple (architettura a 64 bit e sensore di movimento M11 integrati), costituito da un paio di core di elaborazione dedicati alla gestione di “specifici algoritmi di machine learning” che sono alla base di varie funzionalità avanzate dell’iPhone X, tra cui Face ID, Animoji e realtà aumentata.

Un esempio di approccio all’AI

A oggi le funzionalità di AI sui dispositivi mobili sono state alimentate in gran parte dal cloud e dalla sua potenza di calcolo distribuita. Una modalità che consente di risparmiare la potenza della batteria dello smartphone evitando sforzi al processore ma, come contraltare, è una modalità meno conveniente (è ovviamente necessaria una connessione Internet) e meno sicura (i dati personali vengono inviati a server “esterni”). L’approccio di Apple all’Intelligenza Artificiale è invece tipico dell’etica e della strategia dell’azienda, concentrandosi sullo sviluppo di una AI sul dispositivo e non sul cloud. Se lo smartphone è dotato di hardware dedicato all’elaborazione AI, Apple invia meno dati al di fuori del dispositivo e protegge meglio la privacy degli utenti. Apple ha fatto dunque la sua mossa con iPhone X e ha messo su strada il suo tipico approccio “proprietario” anche all’AI (che per molti ha caratteristiche inferiori rispetto a quanto stanno già facendo Facebook, Google e la stessa Microsoft). Al di là delle modalità, però, se sistemi di Intelligenza Artificiale con il machine learning come Apple Face ID saranno in grado di apprendere, di seguire il nostro invecchiamento e di garantire sicuro e più immediato accesso a smartphone e ancora a sistemi di pagamento e di interazione, gli esperti di mercato parlano di scenari per certi versi ancora imprevedibili che porterebbero in soffitta strumenti come password e touch ID.


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Il canale evolve, il canale giudica. E il cambiamento piace. 1.000 dealer danno il voto ai distributori e al processo evolutivo a cui sono sottoposti. Mentre i system integrator fanno le pulci ai partner program dei vendor


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Quello che i reseller italiani

pensano‌ davvero www.digital4trade.it

di Marco Lorusso

In esclusiva per Digital4Trade i risultati di una delle piĂš grandi survey mai condotte sul canale ICT italiano. Context Channel Watch 2017 ha raccolto oltre 7mila risposte a livello europeo di cui piĂš di 1.000 solo in Italia. Un valore unico per capire cosa pensano reseller e system integrator italiani, come stanno affrontando il cloud, su quali soluzioni stanno investendo e chi sono per loro i distributori migliori


Bene i distributori, la concentrazione del mercato non ha influito «Siamo davvero molto soddisfatti - racconta Isabel Aranda, Country Manager di Context Italia - la survey ha raccolto un successo senza precedenti quest’anno, segno di una fortissima voglia di comunicare, confrontarsi e mettere a fattor comune le proprie esigenze da parte dei reseller italiani. Le risposte sono molte e sono arrivate per lo più da proprietari o amministratori delegati, dunque un campione di grande valore. I risultati emersi, infatti, sono molto interessanti a partire dalla prima e più spontanea delle domande sottoposte. Ovvero quanto sta realmente impattando sul loro business la forte concentrazione in atto sul canale dei distributori e su quello dei vendor». Dati alla mano, nel 40% dei casi i reseller non trovano variazioni di mercato a fronte della concentrazione in atto e, anzi, nel 35% dei casi si tratta per loro di una dinamica positiva (solo il 18% del campione parla di impatto negativo). Più nel dettaglio, per quanto concerne l’impatto diretto sul business, come normale, per il 63% dei reseller l’impatto è comunque con-

| Pri me Ti me

sistente se si parla di distributori, percentuale che scende al 59% se si parla di vendor.

Tempi nei pagamenti: la preoccupazione principale VIDEO

#DISTRIBOUTIQUE Guarda il video dell’evento nel corso del quale è stata presentata e commentata la ricerca Context

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A livello di andamento del business, nella maggior parte dei casi i reseller intervistati si dicono fiduciosi, con il 68% del campione che parla di un buon andamento nel 2016 che si protrarrà anche nel 2017. A livello di preoccupazioni invece, a dispetto di quanto si potrebbe immaginare, la questione finanziamento del proprio business (solo per il 24% il tema dei finanziamenti è una preoccupazione costante) è abbastanza sotto controllo (solo per il 29% ci sono difficoltà nell’ottenere prestiti bancari). In perfetta sintonia con il trend italiano a spaventare i rivenditori ICT sono soprattutto i ritardi nei pagamenti (indicati come un incubo da oltre il 72% del campione).

AMBIENTE AZIENDALE Come pensa che la Sua attività abbia operato nel 2016?

Come pensa che la Sua attività opererà nel 2017 rispetto al 2016?

68% 39% 20%

12%

MOLTO BENE

49%

BENE

NON BENE

12%

MIGLIORE

Numero di risposte: 1.043

UGUALE

PEGGIORE

Numero di risposte: 1.048

Fonte: CONTEXT

Vince la fidelizzazione, male però prezzi e formazione. Bene invece le consegne «La dinamica è ancora più chiara - spiega Isabel Aranda - se si va a guardare il dato relativo a quanti sono i distributori, in media, da cui si compra. Negli anni passati la media era soprattutto sui 4 distributori con un, non indifferente, 11% che parlava di più di 10 distributori attivi. Nel 2017 la concentrazione si è fatta sentire eccome su questo fronte mettendo l’acceleratore sul tema della fidelizzazione. Il 21% compra da tre distributori e il 17% del campion da due, mentre chi ha più di 10 distributori è sceso a quota 8%». In generale comunque le performance dei distributori vengono valutate molto positivamente, nel 45% dei casi i reseller definiscono “buone” le

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I distributori si sono ben mossi tra 2016 e 2017 a dispetto del consolidamento del mercato, il backup trascina i servizi cloud (su cui però la domanda è ancora relativa), gli Etailer cominciano a rappresentare più di una alternativa alla catena ICT tradizionale. Lo dicono oltre 7.500 interviste esclusive condotte a livello europeo di cui quasi 1.200 solo in Italia a stretto contatto con reseller, system integrator, Var. Certo i numeri non sono tutto ma spesso raccontano “quasi” tutto rispetto al valore, alla consistenza e alla rappresentatività di una ricerca. È sicuramente il caso dell’attesissimo Channel Watch 2017, l’inchiesta che ogni anno Context conduce a livello europeo per capire cosa pensano i reseller rispetto al mercato, dove stanno investendo e come valutano vendor e distributori. Una ricerca alla quale, da sempre, contribuisce con forza Digital4Trade alla luce del rapporto di partnership che la unisce proprio con Context fin dalla sua nascita.. Non potrebbe essere altrimenti dato che Channel Watch è ormai il riferimento assoluto rispetto alle vere dinamiche in atto sul Trade ICT e i risultati 2017, anticipati nei numeri, lo confermano.


| Pri me Ti me

ETAILER COME DISTRIBUTORI Lei acquista qualche volta dagli etailer piuttosto che attraverso i distributori?

NON SO

Qual è il motivo principale per l’acquisto tramite etailer? 62%

PREZZO

14%

25%

DISPONIBILITÀ DEL PRODOTTO

4%

VELOCITÀ DI CONSEGNA

48%

SI

SUPPORTO TECNICO

NO

PORTAFOGLIO PRODOTTI

2%

TRASPARENZA DEI PREZZI

1%

SPESE DI CONSEGNA

1%

ALTRO

1%

38%

Numero di risposte: 756

3%

COMUNICAZIONI VELOCI

1%

FACILITÀ DI FARE BUSINESS

0%

Numero di risposte: 271

Fonte: CONTEXT

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prestazioni complessive del proprio distributore di riferimento, con il 35% che si spinge a quota “eccellente”. Per quanto concerne i principali

punti di forza dei propri distributori principali, i reseller chiamati in causa non sembrano avere dubbi: la velocità di consegna è uno dei punti di forza più evidenti e apprezzati. Venendo invece alle note dolenti, in tema di punti deboli, a raccogliere più voti sono stati i prezzi e la formazione.

Serve più valore. E occhio al fenomeno Etailers

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Computer Gross e Brevi i migliori. Vince il canale Made in Italy Come da tradizione Context, nel suo Channel Watch ha anche chiesto ai reseller italiani quali, secondo loro, fossero i migliori distributori IT sia in ambito broadliner sia in ambito servizi. Il risultato è di rilievo soprattutto perché premia, in un mercato di grandi multinazionali americane e non solo, due realtà con DNA fieramente italiano. Per quanto concerne la parte broadline infatti a essere nominato distributore dell’anno è stato Brevi, storica realtà con il cuore e la cabina di regia a Bergamo saldamente nelle mani del signor Giambattista Brevi. Sulla parte servizi e supporto invece ad essere indicato come distributore dell’anno è stata Computer Gross. Il colosso di Empoli si è dunque aggiudicato l’ambito riconoscimento che sancisce proprio la capacità di esprimere valore concreto sul territorio.

«Anche in questo caso si tratta di un trend chiaro ma da seguire con grande attenzione per due motivi diversi - spiega Isabel Aranda -. Da una parte, per quanto concerne la formazione, si tratta di un forte richiamo alla necessità di più valore e di un ruolo più consulenziale da parte dei PERFORMANCE DEI DISTRIBUTORI Come valuterebbe le prestazioni complessive del Suo distributore principale? 50%

45%

45% 40% 35%

34%

30% 25%

19%

20% 15% 10% 5% 0

ECCELLENTE

BUONE

SODDISFACENTE

2%

0%

SCARSE

INACCETTABILE

Numero di risposte: 1.048

Fonte: CONTEXT

distributori. Non a caso abbiamo infatti deciso di verticalizzare l’analisi sugli ambiti formativi su cui i rivenditori si aspettano di più da un distributore e, nella maggior parte dei casi, la scelta


| Pri me Ti me

è finita su tematiche “vicine” al cloud e all’innovazione spinta come Hardware as a service (65% dei casi), Software as a service (42% dei casi), Infrastructure as a service (27%), con l’Internet of Things in crescita molto consistente (23%). Dall’altra parte, venendo al tema dei prezzi continua la manager di Context - i reseller, quando manca un vero ruolo a valore da parte dei distributori, si trovano oggi sempre più “attratti” da altre e nuove tipologie di attori che sul mercato, proprio sui prezzi e la disponibilità stanno facendo pesantemente la differenza. Si tratta degli Etailer (Amazon su tutti, per capirci) che, negli anni, stanno aumentano molto la propria area di influenza sui reseller». Sono il 38%, infatti, i reseller italiani che dichiarano di comprare spesso

Verso il cloud. Ma manca ancora la domanda Una parte non indifferente della ricerca, come è normale dati di mercato alla mano, è stata infine dedicata alla componente cloud anche sulla scia delle mosse, decise, che molti distributori hanno fatto, negli ultimi tempi, in questa direzione: da Computer Gross a V-Valley passando per Ingram Micro e Tech Data (con tutta l’operazione Avnet TS). I dati che emergono raccontano di una realtà ancora abbastanza acerba a dispetto di quanto ci si poteva immaginare. Il 24% del campione si è detto infatti pronto ad acquistare servizi cloud dai distributori, il 15% li comprerebbe dai vendor e oltre il 38% non è invece interessato o, nel 16%, non ha comunque

Il finanziamento è causa di preoccupazione per la Sua attività?

È una preoccupazione di tanto in tanto; 26%

Sì, è una preoccupazione costante; 24%

Quali sono le Sue maggiori preoccupazioni al momento per il finanziamento? Difficoltà a ottenere l’assicurazione; 3%

Altro; 3%

Difficoltà di ottenere prestiti bancari e crediti; 29%

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AMBIENTE AZIENDALE

La necessità di un aumento dei finanziamenti da parte dei produttori e grossisti; 22%

No, non è una preoccupazione al momento; 50%

Numero di risposte: 1.011

dagli Etailers e non dai distributori, con il 14% che risponde “non so”. «Il fenomeno degli Etailers spiega Aranda - lo avevamo visto emergere già diversi anni fa ma in molti casi pareva un fenomeno destinato a rimanere marginale, secondo molti operatori di mercato. Ora invece la quota di mercato comincia ad essere consistente e, soprattutto, ad affondare le proprie radici nella capacità che questi operatori hanno a livello di: prezzo (il 62% di chi li sceglie lo fa per questo) e disponibilità del prodotto (25%). Occorre dunque prestare molta attenzione a questa dinamica, da una parte si cerca più valore e specializzazione nei distributori, dall’altra, per coloro che non sapranno rispondere, la competizione degli Etailer si farà molto forte soprattutto su temi storicamente chiave come prezzi e magazzino».

Numero di risposte: 467

in programma di farlo. «A fronte di questi dati - conclude Isabel Aranda - siamo andati a fondo per capire quali sono i motivi che frenano la scelta del cloud. Nel 36% i reseller parlano di una domanda che ancora non giustifica l’investimento e nel 27% dei casi si parla di mancanza di sicurezza. Di positivo c’è la user experience, ovvero nella maggior parte dei casi chi sceglie il cloud valuta poi il servizio come eccellente. A livello di categorie di servizi cloud verso i quali ci si orienta, si torna al tema dell’immaturità del canale italiano che, al momento, nella maggior parte dei casi ha optato per Back-up, Web Hosting e infrastruttura generale, ancora lontani invece temi come desktop virtuali e CRM tanto per fare un esempio»

Ritardi di pagamento e il protrarsi del pagamento; 72%

Fonte: CONTEXT

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Inadempienza di pagamento; 35%


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Partner Program, obbligo o vera opportunità di business per il trade? I vendor lanciano o rinnovano periodicamente nuovi Partner Program, con l’obiettivo di agevolare i partner nelle loro attività di business. O con la volontà di uniformare e agevolare i rapporti col canale

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di Loris Frezzato

System Integrator e Partner Program dei vendor, un rapporto voluto o sopportato, talvolta pensato e imposto a livello internazionale senza alcuna possibilità di adattamento (almeno ufficiale) alle esigenze peculiari delle singole country. Altre volte strutturati con un backbone sul quale le diverse filiali possono lavorare per andare incontro in maniera più tailored secondo le particolarità dei mercati locali e del rapporto che hanno con i loro fornitori, i system integrator, appunto. Per quanto buoni e adatti possano essere, comunque, i partner program lasciano pur sempre un margine di miglioramento, ovviamente non comune a tutti, ma sul quale i vendor possono riflettere per effettuare quel fine tuning necessario affinchè gli sforzi per fornire strumenti di supporto e garantirsi per contro un canale qua-

lificato a rappresentarli sul mercato, ottengano i risultati sperati. Ossia: profittabilità reciproca e piena soddisfazione dei clienti finali.

Vendor, ascoltate i partner I vendor più “democratici” e avveduti, o almeno quelli che hanno forze e investimenti sufficienti per seguire da vicino i propri system integrator, tengono in grande considerazione il parere dei propri partner proprio nelle fasi preparatorie dei nuovi programmi o delle loro nuove release. Magari istituendo dei tavoli di lavoro congiunti, ascoltando quanto i system integrator necessitano per riuscire a essere veramente utili nel processo di innovazione dei loro clienti, ovviamente dal punto di vista tecnologico, ma soprattutto per tutta quella importantissima fetta di valore aggiunto che


| Pri me Ti me

sempre più le nuove tecnologie da un lato richiedono e dall’altro offrono come nuove fonti di business per il trade. Senza considerare il fondamentale aspetto della fidelizzazione dei clienti stessi, certamente alla tecnologia, ma ancor di più alle competenze e ai servizi di consulenza che i partner possono offrire loro, possibile unicamente con adeguata informazione e formazione e supporto che i vendor devono trasferire a quella che rappresenta, in tutto e per tutto - così giurano i più - la propria forza vendita qualificata sul mercato.

Un tavolo di lavoro che la redazione di Digital4Trade si è ben volentieri presa la briga di organizzare, invitando virtualmente a sedere alcuni dei maggiori system integrator italiani, chiedendo loro proprio cosa apprezzano di più nei partner program che i vendor propongono loro e su dove possono esserci margini di miglioramento. Giudizi che abbiamo chiesto di dare proprio sulla base delle singole esperienze e di quanto loro stessi raccolgono lavorando in field, vicino ai loro clienti e condividendo con loro le tante difficoltà e ambizioni di crescita.

crementare la velocità nell’ottenere risultati. In quest’ottica, andrebbero valorizzati i partner in base alle competenze acquisite e al potenziale nell’indirizzare le necessità dei clienti. Il criterio non può essere il raggiungimento di target di fatturato, spesso disegnati per mercati diversi da quello italiano. In tema di competenze, noi valutiamo favorevolmente i vendor che permettono di accedere alla (quasi) totalità della formazione tecnica e commerciale attraverso portali online che abilitano una maggiore flessibilità nella fruizione dei contenuti e nel raggiungimento di certificazioni. Altra area che può essere migliorata è quella relativa ai programmi di marketing congiunto, che spesso continuano a limitare il campo ad attività di promozione dei prodotti (es. telemarketing) e sponsorship di eventi. Un modello superato nell’ottica della promozione di messaggi più strategici di trasformazione”.

Enrico Brunero BU Manager Data Centres & ITaaS di Dimension Data Italia

Errevi System: “Partner Program necessari per fare ordine nel Far West di volumi e prezzi“ “Il valore dei Partner Program istituiti dai vendor sta essenzialmente nel ruolo “normativo” che essi giocano all’interno del mercato, in cui

è fondamentale la presenza di regole per poter essere competitivi e poter collaborare con soddisfazione. Se non esistessero, il business

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“Indubbiamente i programmi di canale continuano ad avere una valenza positiva. Tuttavia, i tool dei vendor più solidi, strutturati e affermati presentano un ampio margine di miglioramento. La realtà italiana è costituita ampiamente da piccole e medie aziende che vivono un momento di trasformazione delle proprie esigenze. I vendor possono raccogliere questa sfida accelerando la collaborazione con i partner con competenze da System Integrator e questo si traduce nella necessità di tool e meccanismi più evoluti rispetto a quelli tradizionali di protezione di Deal Registration. In questo contesto, supporti di questo genere possono addirittura tradursi in ostacoli al raggiungimento di obiettivi di crescita di partner che indirizzano verso i clienti soluzioni e servizi più che singoli prodotti. Oggi più che mai si impone un momento di riflessione e di confronto per aumentare l’efficacia delle attività di sviluppo congiunto e in-

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Dimension Data: “Nel Paese delle PMI la tradizionale Deal Registration può essere d’impaccio“


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potrebbe ridursi a una mera lotta di prezzo e volumi mettendo in ombra l’importanza delle competenze acquisite e del valore generato. Sicuramente il punto di forza dei Partner Program è dato dalla possibilità che offrono di qualificare i partner in funzione dei progetti realizzati e delle competenze certificate. Ciò su cui alcuni vendor dovrebbero lavorare sono però le soglie di fatturato imposte per i livelli di partnership, tarate spesso in funzione del mercato statunitense, ma di fatto poco adeguate alla realtà italiana. In alcuni casi, poi, il partner che per competenza viene chiamato

a implementare l’infrastruttura non è lo stesso che l’ha venduta e ciò evidenzia ancor di più il valore che la preparazione tecnica dovrebbe avere, rispetto ai volumi, nella qualificazione dei partner. Il più grande supporto che possono darci i vendor è la progettazione di azioni congiunte di sviluppo di new business. Inoltre è fondamentale che, attraverso le regole del Partner Program, essi garantiscano al partner la marginalità necessaria per remunerare e ricompensare il lavoro di prevendita svolto, le competenze, il rischio finanziario e tutto quanto messo in campo dal partner per vincere i deal”.

Agostino Vertucci CEO di Errevi System

3C Informatica: “Onerosi ma doverosi. Meglio pochi brand ma con forti skill“ “In via generale, i Partner Program dei vendor, con cui siamo certificati, sono utili e in alcuni casi possono aiutarci a fare la differenza, accreditandoci come partner specializzato in grado di garantire una maggiore qualità del servizio erogato al cliente. Ciò detto, va considerato che il livello di impegno per portare avanti un programma di canale nei migliore dei modi rappresenta un onere che pesa non poco sia in termini economici che di tempo; considerando che la tecnologia ci impone una formazione continua e, a prescindere dalle logiche di canale dei vendor, per la velocità di trasformazione e innovazione a cui siamo sottoposti l’impegno diventa doppio. Per tale motivo negli ultimi anni abbiamo voluto restringere il nostro portfolio di soluzioni scegliendo di trattare con meno vendor ma aumentando contestualmente gli skill su quelli scelti. I punti di forza di un partner program sono rappresentati principalmente dalla possibilità di poter effettuare Deal Registration e ottenere sconti aggiuntivi sulle opportunità che generiamo. I rebate annuali, per chi li offre, rappresentano anch’essi un aspetto positivo. Sulla formazione va fatto un distinguo, in quanto alcuni vendor hanno impostato politiche di canale che permettono di trarne un concreto aiuto mentre altri eccedono con troppi corsi a paga-

mento e/o obbligatori, quasi sempre in aula, in più giorni consecutivi e di più persone. Questo impegno per le risorse tecniche/sistemistiche risulta essere assai impegnativo e non sempre applicabile. Cercherei di rendere questo ultimo aspetto più “leggero” e meno vincolante. Margini di miglioramento ce ne sono, eccome. Inviterei innanzitutto a rivedere i target sia per il raggiungimento dei rebate sia per il mantenimento dei livelli di certificazione, cercando di considerare la peculiarità della nostra realtà italiana; la maggior parte dei vendor cerca di replicare modelli USA cambiando leggermente le stime per l’Europa. Il fatto è che la realtà italiana è composta da un tessuto imprenditoriale totalmente differente. Una vision improntata a considerare correttamente le PMI e un offering mirato su questo target risulterebbe certamente l’arma vincente per riuscire a calare proposizioni che tipicamente risultano accessibili soltanto alle aziende Enterprise”.

Adeguate i target al mercato italiano!

PierCarlo Bruno Amministratore unico di 3C Informatica Gruppo 3C


le invece deve essere supportato nelle attività, nei modelli di business, i vendor devono essere più presenti e non parlare solo di report, devono aiutarci a creare le case history, non limitarsi a chiederle quando abbiamo già fatto tutto e poi sfruttarle per arricchire la loro vetrina. Un difetto accumuna poi diverse software house italiane, che ancora puntano alla capillarizzazione dei rivenditori, con il concetto che più ce ne

Fausto Turco Amministratore delegato di Si-Net

Firma l’accordo e scappa. E il supporto?

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“I partner program sono molto differenti tra di loro e mettere a regime un programma ci vuole, effettivamente, il suo tempo. Chi la fa molto semplice, punta a ottenere la firma dell’accordo, per poi “dimenticarsi” del supporto e del tempo necessario per entrare a regime sulle nuove offerte. Un aspetto fondamentale in questo periodo di veloce trasformazione, e per il quale non si può trascurare il supporto necessario per introdurre nuove soluzioni. L’entusiasmo che ci spinge verso nuove soluzioni si scontra spesso con il rischio di “abbandono” e si continua a essere valutati solo sui numeri. Alcuni vendor, una volta firmato l’accordo, smettono di seguirci, dirottandoci, al bisogno, al supporto internazionale, spesso inadeguato alle logiche locali. Anche l’aspetto marketing viene spesso dimenticato. Organizzare un evento diventa difficile, se non investendo di tasca propria. Ovviamente non tutti i vendor sono così, e alcuni riescono a instaurare partnership che sono veramente a 360°, con il coinvolgimento anche dei distributori per definire business plan, eventi, campagne. Ma la gran parte dei vendor, sia internazionali sia italiani, hanno un modello di programma vecchio, che può beneficiare solo i grandi system integrator, mentre i piccoli vengono considerati solo per generare liquidità e numeri. Il cana-

| Pri me Ti me

Si-Net: “Il canale non si valuta solo sui numeri Date più supporto“

sono, meglio è. Una strategia non più adatta al mercato odierno, che porta alla perdita di valore per concentrarsi solo sul prezzo, spingendo a vendere sotto costo per arrivare al budget. Il canale e i programmi andrebbero quindi rivisti, puntando su altri parametri, che non siano solo i numeri, con investimenti che vadano oltre alle risorse commerciali ma favorendo l’integrazione dei partner per poter fornire soluzioni davvero complete ai clienti. Mentre con il modello attuale si divide sempre di più il canale e si perde competitività”.

“È indubbio che i partner program rappresentino per il vendor un modo per investire in ciò che si attende e pretende dai propri partner commerciali. Partendo da questo presupposto è naturale che il partner program non possa che restare un incentivo secondario rispetto agli obiettivi specifici del rivenditore, dal momento che il canale sceglie in base alle qualità

dei prodotti per ampliare il proprio portfolio da offrire ai clienti. Per noi operatori del canale, il materiale di comunicazione e di marketing costituisce sempre un supporto utile per risparmiare del tempo prezioso e agevolare le nostre attività. Un aspetto da migliorare è, invece, la generale mancanza di un atteggiamento proattivo da parte dei vendor in termini di lead ge-

Maurizio Sansone Managing director di Nicma Informatica

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Nicma: “I vendor riconoscano (e premino) il ruolo di Brand Ambassador del canale“


| Pri me Ti me

neration e formazione tecnica - che si auspica essere gratuita - e l’organizzazione di iniziative ed eventi sul territorio. I vendor hanno capito che i processi decisionali per l’acquisto sono radicalmente cambiati negli ultimi anni e si stanno adeguando per fornire direttamente i pro-

dotti all’end user; allo stesso tempo non stanno tuttavia innovando sul canale dei rivenditori, il cui ruolo sarà sempre più quello di brand ambassador. Un compito da parte del canale che tuttavia non viene riconosciuto e premiato dai vendor”.

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Plurimedia: “Via libera a una Open Organization che integri il canale“ “Plurimedia da anni è partner con le massime qualifiche per vendor internazionali, e i loro partner program sono tutti abbastanza allineati, trattandosi di attività e prassi ormai consolidate, che praticamente tutti i vendor applicano nelle loro strategie di canale. Partner program che certamente sono indispensabili, ma credo debbano essere un po’ ripensati per far fronte alle nuove esigenze imposte dalla Digital Trasformation in atto. La trasformazione digitale incide, infatti, anche sui modelli di business e dunque sui rapporti tra vendor, distributore e rivenditore, non solo sui prodotti e gli aspetti tecnici ed è per questo che i partner program dovrebbero essere aggiornati. In effetti i partner program, se ben pensati e gestiti, aiutano i vendor a fidelizzarsi presso i rivenditori, aggregandoli e creando comunità, esprimendo sicuramente un punto di forza nel-

la strategia di canale del vendor. Ritengo però sia fondamentale l’approccio corretto al canale da parte del vendor. Alcuni, infatti, percepiscono il canale come elemento da sfruttare per generare e acquisire opportunità. Altri, invece, hanno un approccio più nuovo fondato su quella che viene definita Open Organization, un innovativo modo di gestire il canale, estremamente valido ed efficace per entrambi i soggetti coinvolti. In sintesi, vorremmo che i concetti della Open Organization venissero applicati nella gestione dei rapporti con i partner, alla stessa stregua di come il vendor gestisce i rapporti tra i propri dipendenti. Un’organizzazione aperta è un’organizzazione vincente, perchè si basa sui caposaldi della cultura Open Source. E un’organizzazione vincente genera team vincenti, anche se di natura ibrida vendor-partner”.

Maurizio Galotti Marketing & vendite di Plurimedia

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Maticmind: “Il punto dolente delle certificazioni inadeguate“ “I partner program da un lato sono utili poiché consentono di sviluppare business, differenziarsi dalla concorrenza, accedere a sconti aggiuntivi e godere della protezione sui deal attraverso un livello avanzato di mutuo ingaggio. Dall’altra parte, sono invece piuttosto lontani dalla realtà italiana, in quanto pensati e tagliati su mercati di tipo diverso per volumi e requirement. In linea generale, il riconoscimento di rebate e fondi marketing per lo sviluppo del mer-

cato, il valore aggiunto collegato alla visibilità del brand del vendor e l’accesso a tool, risorse marketing e figure professionali dedicate sono i principali plus. Tra i punti di debolezza troviamo, invece, le certificazioni, soprattutto quelle di vendita e di prevendita, che spesso non sono riconosciute dal mercato o non sono propedeutiche al raggiungimento di un livello adeguato di competenze e la profittabilità che risulta macchinosa

Claudio Girlanda Application Solutions and Consulting BU manager di Maticmind


| Pri me Ti me

nel calcolo. In definitiva, quello che chiediamo ai vendor è trasparenza, lealtà, predicibilità, mag-

giore contestualizzazione al mercato italiano e semplicità”.

TT Tecnosistemi: “Vendor, segnalateci i lead definiti centralmente e cresceremo insieme“ zate sono sicuramente i suoi punti di forza. Da non trascurare nemmeno i programmi di comarketing che supportano e incentivano la proattività del partner. Per noi di TT Tecnosistemi un Partner Program è un patto di fiducia e alleanza, oltre che un’opportunità. Costantemente impieghiamo le nostre risorse per il conseguimento e il rispetto dei requisiti richiesti, con un forte sforzo in termini di tempo e focalizzazione. Per questo, a fronte di un impegno costante e misurato, ci aspetteremmo dalla maggior parte dei vendor di cui siamo partner una maggiore collaborazione nella segnalazione di lead nate a livello centrale, in modo da sviluppare sempre più il mercato in maniera congiunta”.

Chiara Guasti Marketing manager di TT Tecnosistemi

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“In generale i Partner Program rappresentano una fonte di arricchimento per le aziende italiane del trade, che imparano a confrontarsi con realtà fuori dai propri confini e coltivare mentalità dall’approccio globale. Sono inoltre un indispensabile stimolo per migliorare e tenere monitorate le performance secondo obiettivi chiari e definiti che però, a nostro avviso, per una maggiore efficacia dei programmi dovrebbero essere costruiti tenendo presente il mercato locale in cui il partner opera. I Partner Program permettono di accedere a numerosi vantaggi, che crescono in virtù del livello di specializzazione del partner. L’accounting su progetti e clienti, così come la possibilità di accedere a quotazioni personaliz-

Blueit: “Nella trasformazione, si rimettano in discussione anche le nuove logiche di canale “ lutazione dei partner che vadano oltre al volume, consapevoli che in un momento di grandi trasformazioni, come quello attuale, è importante considerare anche altri indicatori. Per noi essere aggiornati sulle evoluzioni tecnologiche e dei vantaggi da trarne è vitale. Ma bisogna andare oltre al tema delle certificazioni tecniche ed essere informati in modo strutturato sulle roadmap tecnologiche che i vendor intendono perseguire. I nostri clienti ci chiedono di aiutarli nella trasformazione digitale, pertanto abbiamo bisogno di visibilità per fare le scelte corrette. Sarebbe inoltre utile organizzare le logiche di canale in modo che ci sia spazio per un rapporto con gli operatori a valore, che i vendor ci riconoscessero questa peculiarità, che la facessero propria e la incentivassero in modo efficace. Dopo tutto questo momento storico mette tutto in discussione. Perché non anche le logiche di canale?”

Paolo Mazza amministratore delegato di Blueit

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“Blueit è nata come società di servizi e, essendo giovane, non ha una tradizione pluridecennale da reseller come la maggior parte degli operatori ICT italiani. Questo ci rende diversi nel rapporto con il mercato della domanda, ma anche diversa nei rapporti con il mercato dell’offerta. Per i vendor, più che un partner rappresentiamo noi stessi un cliente, poiché utilizziamo la loro tecnologia come strumento nei progetti di trasformazione dei nostri clienti. Ai clienti finali ci proponiamo infatti come Technology Advisor e non possiamo fare pressioni su un vendor specifico, se non legate ad argomentazioni di opportunità tecnica o di coerenza col percorso evolutivo del cliente stesso. Pertanto non è facile per i vendor identificare un modello di Partner Program che sia adatto a operatori non di volume, come è Blueit. Alcuni vendor stanno comunque iniziando a introdurre parametri di va-


D i g i tal 4Tr ade per Co m puter G r o ss

Context: Computer Gross miglior distributore a valore, «Premiata una strategia chiara e l’ascolto del canale»

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L’attesissimo Channel Watch di Context, che ha chiamato in causa un panel record di oltre 1000 reseller italiani, ha indicato il colosso di Empoli come migliore Distributore sulla parte servizi e supporto, valore puro insomma, che spinge vento forte nelle vele del team di Paolo Castellacci

Un percorso coerente, una conseguenza naturale e tanti puntini che si uniscono in un quadro di insieme su cui, con pazienza, Paolo Castellacci e il suo team lavorano da sempre. Computer Gross è il miglior distributore italiano in tema di servizi, supporto, sul valore insomma. A sancirlo non un comunicato stampa e tanto meno una campagna marketing ma i dati “grezzi”, come li chiama, con l’umile serietà di sempre Isabel AranVIDEO da, Country Manager di Context, del ChanCollegati e ascolta, guarda, vivi l’emozione nel Watch 2017. dei protagonisti di “Grezzo” in questo Computer Gross al caso però vuole dire momento del ritiro del premio di Context. esattamente puro, Scopri le idee, le strategie, reale, vero, traspagli obiettivi di Computer Gross rente perché arriva

da un campione, record, di oltre mille rivenditori italiani. Un campione senza precedenti, a conferma del ruolo ormai di riferimento assunto da Context sul canale ICT italiano ed europeo (la ricerca europea parla di oltre 7.500 risposte). Un campione “vero” dunque che ha voluto dare il proprio contributo alla nuova attesa edizione 2017 della survey che ogni anno Context sviluppa per capire “cosa pensano davvero i reseller”.

Computer Gross miglior distributore a valore, un premio Made in Italy

Le intenzioni di investimento, le aree di criticità, i prodotti più venduti, le performance finanziarie, le performance dei distributori e, soprattutto, la loro valutazione. Tante domande, moltissime risposte che vanno a comporre un ritratto mai così nitido e prezioso della reale situazione in cui versa il mer-


Paolo Castellacci,

D i g i tal 4Tr ade per Co m puter G r o ss

stimoli, con una modalità di confronto interessante, grazie anche ai dati Context che sono stati presentati, che sicuramente offrono spunti di qualità e utili per tutti - ha raccontato Gianluca Guasti, marketing director di Computer Gross -. In questa occasione è stato assegnato un Award a Computer Gross di cui andiamo orgogliosi, visto che si tratta di un premio che ci è stato riconosciuto dai partner stessi. Noi cerchiamo da sempre di ascoltarli, provando a raccogliere i loro

Presidente di Computer Gross

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cato ICT in Italia e sulle prospettive che ci attendono. Anche e soprattutto per questo, per Computer Gross si tratta di un riconoscimento che, tra i tanti, ha forse un valore tutto particolare. Un premio che, a livello generale poi, conferma anche l’unicità di un mercato in cui, in mezzo alle più grandi multinazionali americane e non solo, proprio le realtà con DNA italiano continuano a fare la differenza e a fare da traino. Un valore unico sul quale, non a caso, l’uomo simbolo di Computer Gross si è immediatamente soffermato. «Si tratta di un premio che vale doppio - ha infatti spiegato, orgoglioso, Paolo Castellacci, numero 1 di Computer Gross perché arriva dai nostri partner e dalle loro libere preferenze e perché premia una realtà italiana. Non solo, Context è una azienda conosciuta a livello internazionale e veder riconosciuta da loro la nostra offerta di servizi e di valore è il coronamento di una vocazione che ci distingue da sempre».

Premiato il supporto alla creazione di valore Come spesso accade con Paolo Castellacci quando ci si confronta sulla “sua” azienda, il discorso diventa poi una preziosa riflessione a 360° su come si sta muovendo tutto il mercato. «Non è solo una vocazione comunque - ha spiegato il manager -. In un mercato come quello della distribuzione, con la fortissima concentrazione in atto, a livello mondiale, il distributore ha senso solo se è capace di portare valore, servizi e supporto concreti ai reseller. Un supporto che va dalla complessità tecnologica del cloud fino ai riferimenti geografici dei cash & carry. Un simile riconoscimento ci dice che questa strategia trova riscontro e non possiamo che esserne tutti molto felici».

L’annuncio del premio è arrivato nel corso di #Distriboutique, “club” del valore organizzato ormai da anni da Digital4Trade in collaborazione con Context. Un club al quale Computer Gross ha creduto fin dalle prime edizioni. «Abbiamo partecipato con piacere all’evento #Distriboutique, per noi è sempre un orgoglio far parte di questo osservatorio privilegiato, che offre sempre nuovi

preziosi suggerimenti e di farli nostri e agire di conseguenza con delle azioni che permettano di migliorare il servizio che gli forniamo. Sicuramente non vediamo questo Award come un punto di arrivo ma, piuttosto, come un punto di partenza, con l’obiettivo di investire ulteriormente per fare in modo che il servizio sia sempre migliore e fare tesoro degli stimoli che ci arrivano quotidianamente».

Gianluca Guasti, Marketing Director di Computer Gross www.digital4trade.it

Un punto di partenza decisivo


D i g i tal 4Tr ade per Co m puter G r o ss

Computer Gross miglior distributore a zioni e competenze - spiega Gaini -. L’ascolto del valore, «consolidiamo un ruolo chiave» mercato e del canale ci permette di fare riflessioni

Francesco Gaini,

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Sales Director di Computer Gross

Lontano dalla retorica, il premio conferito da Context, ha dunque colpito nel segno di tutto il Gruppo Computer Gross proprio perché fa riferimento ad punto sul quale Paolo Castellacci insiste fin dalla nascita della società. «Mai come oggi - racconta Castellacci - il capitale umano, il capitale delle relazioni sono i valori più grandi soprattutto per un distributore che, prima e con più forza di tutte

Il valore che nasce dall’ascolto del mercato

Letizia Fioravanti, Director di Computer Gross www.digital4trade.it

importanti, di muoverci con decisione e coordinati in direzione delle più interessanti onde di business da condividere con i nostri clienti. Il mercato sta conoscendo evoluzioni tecnologiche sempre più articolate e complesse, complessità chiama in causa la parola competenza ed è da qui che parte ogni tipo di strategia per noi. Un approccio che i reseller apprezzano da sempre. Dal più piccolo al più grande degli operatori di canale Computer Gross risponde con team di lavoro professionali pronti ad affiancare il reseller in ogni fase della progettazione di soluzioni innovative ma, soprattutto capaci di offrire vantaggi concreti ai clienti». Del resto, per una realtà come Computer Gross, le direttrici di investimento sono chiare, sempre più specializzazione su mercati verticali, pur senza

le altre componenti del mercato, sta affrontando grandi trasformazioni organizzative e tecnologiche». Un capitale che, all’interno del colosso di Empoli, ha due riferimenti chiave come Francesco Gaini, Sales Director di Computer Gross e Letizia Fioravanti, Director di Computer Gross. «Valore per noi vuol dire formazione, attività di consulenza, progettazione, supporto, servizi a 360°, rela-

perdere di vista il compito storico del distributore su temi come profondità del presidio territoriale e servizi di logistica. «Soprattutto in questa fase di trasformazione per il mercato - racconta e conferma Letizia Fioravanti - la partita più importante va giocata sul pre e post vendita, su tutte le attività di supporto più strategiche per i reseller e sullo sviluppo di competenze importanti su mercati come Internet of things, sicurezza, big data, cognitive computing e ovviamente cloud computing, sul quale da tempo ci siamo mossi con decisione con il Data Center, il programma ArcipelagoCloud, il maket place proprietario. Proprio per questo, al nostro interno, abbiamo costituito una service unit che si chiama “Dream Team”: 20 persone che conoscono l’azienda a 360 gradi, si sanno muovere all’interno di Computer Gross, conoscono tutti i processi e sanno come interfacciarsi con i reseller non appena ci chiama in causa. Alle loro spalle ci sono poi altrettante persone che hanno contatto con i brand che distribuiamo e che hanno competenze specifiche da portare poi presso il reseller e, al suo fianco, anche dal cliente finale ove necessario»


D i g i tal 4 Tr ade per F-S ecur e

La migliore risposta alle minacce consiste nella loro previsione e mappatura Conosci il tuo nemico. Prevedere i comportamenti e i possibili danni delle vulnerabilità consente di affrontare il problema con gli strumenti adatti. E risolverlo in tempi stretti

Per maggiori informazioni su F-Secure RADAR: www.f-secure.com/it_IT/ web/business_it/radar

queste debolezze può ridurre la superficie d’attacco in modo anche molto significativo ed evitare di incorrere nei problemi critici per il business e la normale operatività che ne conseguono. F-Secure ha recentemente lanciato RADAR, una soluzione di gestione e scansione delle vulnerabilità che permette non

solo di ricercare le vulnerabilità ma anche di risolverle. Consente di identificare e gestire le minacce, mappando l’intera superficie attaccabile. Crea report personalizzati e assicura conformità alle normative (come PCI e GDPR).

RADAR offre alle aziende una panoramica completa delle loro reti, e mette in evidenza le vulnerabilità sfruttabili per la compromissione dei sistemi. Include varie opzioni di scansione per fornire un’analisi completa delle reti e classifica le vulnerabilità secondo i livelli di gravità. Si possono usare le scansioni per mappare i diversi sistemi integrati con la rete, controllare le applicazioni Web e individuare parti delle reti non aggiornate, senza patch o mal configurate. RADAR consente alle aziende di implementare misure di sicurezza che sono parte integrante di una strategia olistica sulla cyber security. Attraverso degli scan node, RADAR mappa tutti gli asset presenti in un sistema. Rileva tutto ciò che risponde a un indirizzo IP: server, desktop, router, stampanti, videosorveglianza e qualsiasi altro apparato connesso alla propria rete, anche nel caso si tratti di una Wireless LAN, e in qualunque luogo esso si trovi connesso. Una volta generata una panoramica di tutti gli asset presenti e attivi, procede ad esaminare tutte le potenziali vulnerabilità esistenti nella rete. RADAR fornisce anche strumenti di reportistica per creare dei ticket per le problematiche riscontrate. È quindi possibile assegnare la risoluzione di una vulnerabilità a operatori incaricati, fornendo in automatico link e documenti specifici sul problema rilevato. I manager dell’IT security devono valutare le vulnerabilità da più prospettive, se vogliono ottenere un quadro accurato dei rischi, minimizzare le minacce e assicurare la conformità. Una gestione delle vulnerabilità eseguita in maniera adeguata migliora la visibilità sull’atteggiamento dell’organizzazione verso le tematiche di sicurezza.

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Scansione e gestione in un’unica soluzione

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RADAR è la soluzione di F-Secure per la gestione e scansione delle vulnerabilità che permette non solo di ricercarle, ma anche di risolverle. Ogni 90 minuti viene identificata una nuova vulnerabilità e in media le aziende impiegano 103 giorni per correggerla. Il miglior modo di agire, quindi, è la prevenzione. Le vulnerabilità possono derivare da errori di configurazione, una gestione delle patch non appropriata, un’implementazione sbagliata, applicazioni Web non sicure, che lasciano i sistemi IT pericolosamente esposti a un attacco sia esterno che interno all’azienda. Comprendere e gestire in modo appropriato


D i g i tal 4Tr ade per Cl ev er Mo b i l e D i str i b uti o n

«La mobility rivoluzionerà il business dei System Integrator», la scommessa di CleverMobile Distribution Il debutto, pochi mesi fa, e ora l’impatto con il canale ICT. La ricetta “100% soluzioni e servizi di mobility” della nuova Business Unit di Clever Consulting sta chiamando a raccolta numerose realtà del mercato italiano

Distributori ICT, concentrazione. Ma attenzione al focus

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D i s t r i b u t i o n Antonio Serra, Sales and Marketing Director di CleverMobile Distribution

«Siamo il primo Ultra Value Added Distributor italiano creato esclusivamente per il mercato delle nuove soluzioni mobile». Una scelta di campo netta, chiara, ambiziosa con la quale poco prima dell’e-

«È vero - racconta oggi Serra - il canale dei distributori ICT in questi ultimi anni ci ha abituato a operazioni, anche clamorose, di fusione, acquisizione, che hanno dato vita a nuovi hub tecnologici e stanno determinando una forte concentrazione del mercato. Da una parte si tratta di una tendenza inevitabile dettata dall’evoluzione portata sull’intera filiera dal cloud computing e dall’IT come servizio. Dall’altra parte però si tratta di un fenomeno che spesso rischia di togliere ai reseller e ai system integrator (primi interlocutori di queste realtà), partner capaci di garantire un supporto verticale su tematiche che chiamano sempre più competenze molto precise».

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La scommessa di CleverMobile Distribution

CLEVER MOBILE DISTRIBUTION Via Terraggio, 11 20123 Milano Tel: +39 02 80509734 info@clevermobile.it www.clevermobile.it

state, in esclusiva per Digital4Trade, per voce di Antonio Serra, Sales and Marketing Director, faceva il suo debutto sul mercato CleverMobile Distribution. Una Business Unit, nuova di zecca, di Clever Consulting interamente dedicata alla distribuzione di soluzioni e servizi di mobility. Una notizia che confermava una volta per tutte la grandissima e sorprendente vitalità del canale ICT italiano dedito non solo a fusioni e concentrazioni, soprattutto nell’ambito dei distributori ICT, ma anche all’avvio di nuove avventure e all’apertura di nuove opportunità di business ad alto valore aggiunto per tutto l’ecosistema.

Ed è proprio in questo solco che si inserisce la scommessa di CleverMobile Distribution un “nuovo” distributore arrivato sul mercato italiano lo scorso maggio e già chiamato a raccolta da un numero molto importante di operatori di canale ad alto valore aggiunto. «Proprio cosi - spiega Serra la risposta del mercato rispetto al nostro messaggio è andata al di là di ogni aspettativa, moltissimi system integrator e reseller ci hanno contattato proprio perché alla ricerca di un partner affidabile ma soprattutto “verticalmente” in grado di supportarli nella sfida del mercato della mobility a livello enteprise. Un mercato in totale esplosione. Dopo l’onda della “consumerizzazione” e del “Byod”, che hanno portato molti dispositivi mobili personali in azienda, ora siamo al punto in cui clienti, manager, aziende pretendono di fare business con que-


I numeri di un Value Added Distributor

Le carte di CleverMobile Distribution

«Non a caso - racconta ancora Serra - uno degli argomenti più convincenti in questi mesi sono stati i nostri numeri: La società infatti, oltre a posizionarsi sul mercato come primo e unico Value Added

CleverMobile Distribution sta dunque girando l’Italia per incontrare i più importanti operatori di canale nazionale. Ma, dalle parole ai fatti, a livello di carte sul piatto

Distributor nazionale dedicato interamente alle tecnologie mobile di nuova generazione è anche primo distributore di MobileIron in Italia, che dal 2012 ad oggi è leader nel Gartner Magic Quadrant nel settore dell’Enterprise Mobility Management (EMM). Numeri che ci posizionano come interlocutore di primo piano per system integrator sempre più orientati, sulla spinta dei loro clienti, verso progetti «mobile first». Progetti che rendono più facile la vita di manager e line of business ma che hanno dentro di sè un motore complesso fatto di piattaforme tecnologiche che devono integrarsi, processi aziendali che vanno modificati e disegnati diversamente, sistemi di controllo mai sperimentati, piattaforme di protezione e gestione di quantità di dati in continua e inarrestabile crescita. Il mobile che entra nel mondo enterprise insomma, e lo travolge. Trattare di mobility non è infatti cosa per tutti. Conoscere a fondo le tematiche e le problematiche che un progetto di mobility porta

quali sono gli strumenti più convincenti? «Oltre alla nostra mission - spiega Serra - a catturare l’attenzione dei system integrator in questi mesi sono gli strumenti concreti che stiamo mettendo a loro disposizione: supporto prevendita e training commerciali dedicati; Centro di formazione tecnica autorizzato; Supporto tecnico localizzato e in italiano e servizi Premium Support; Consulenza specialistica per progettazione e integrazioni avanzate; Valore unico con approccio consulenziale e di livello enterprise». A distanza di quasi 5 mesi dal debutto quale dunque il primo bilancio, a che punto siete? «Non sono solo frasi fatte - conclude Serra - la risposta ricevuta dal mercato è davvero importante, sembra davvero ce ne fosse bisogno e soprattutto di essere arrivati al momento giusto. La risposta è talmente importante che proprio in queste settimane abbiamo anche deciso di organizzare anche un momento istituzionale di presentazione della società».

D i g i tal 4Tr ade per Cl ev er Mo b i l e D i str i b uti o n

in sè, non è cosa per tutti. Conoscere i metodi di realizzazione e di risoluzione di tali problematiche non è cosa per tutti. La mobility fa parte del nostro quotidiano, personale e lavorativo. Noi di CleverMobile Distribution possiamo rendere questi aspetti un po’ più semplici, col nostro aiuto è possibile realizzare progetti complessi di : Inventory asset - Cyber Security in real time - Cost control in real time - File Sharing e Collaboration - Data Classification in mobility - Secure File Transfer».

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sti strumenti e di farlo in maniera sicura, protetta, efficace». Da una parte insomma c’è un’occasione senza precedenti per essere competitivi grazie all’utilizzo di tecnologie dirompenti che consentono collegamenti, comunicazioni, transazioni in tempo reale e da qualsiasi luogo, dall’altra, casi della cronaca alla mano, la necessità altrettanto vitale di vivere questo tipo di esperienze nella maniera più sicura e protetta possibile per non mettere a repentaglio business e reputation aziendale.


D i g i tal 4 Tr ade per Hp

HP invita i partner a “Re-Inventare” insieme il futuro Vogliamo essere sempre più vicino alle imprese con l’aiuto dei partner per Re-Inventare produttività, collaborazione, mobilità e sicurezza e offrire una experience unica alle aziende clienti. Per i partner tutto questo si traduce in nuovi servizi a valore in grado di aprire nuove vie e opportunità di business

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Durante l’attesissimo HP Reinvent, l’evento che annualmente riunisce i partner dell’ecosistema globale di HP in quello che è il più esteso World Partner Forum della multinazionale, quest’anno tenutosi nella splendida cornice della città di Chicago, HP ha condiviso con i propri partner vision e strategie aziendali. «Insieme ai nostri partner stiamo Re-Inventando il futuro trasformando il cambiamento in opportunità», sono state le parole del Presidente e CEO di HP, Dion Weisler. «Insieme a loro lavoriamo alla progettazione di prodotti, soluzioni e modelli di business che consentano di offrire un’esperienza unica per ogni azienda cliente e aprano le strade

Tino Canegrati,

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Amministratore Delegato HP Italy

HP ITALY Srl via Carlo Donat Cattin, 5 20063 Cernusco sul Naviglio (MI) www.hp.com

a nuove opportunità di crescita». Nella vision di HP, Re-Inventare il futuro significa anche trovare nuove vie per fare business in modo nuovo, soprattutto legate ai modelli cloud e “as a service” che scardinano le logiche di vendita tradizionali ridefinendo la capacità concorrenziale di un partner.

Re-Inventare il futuro partendo dalla formazione del canale

Per non lasciare vuoto il richiamo e stimolare i partner a Re-Inventare davvero il loro futuro e quello delle aziende clienti, HP ha lanciato un nuovo esclusivo programma di formazione, HP University, che consentirà ai migliori partner di ampliare le proprie capacità non solamente sul piano della conoscenza delle tecnologie e delle soluzioni HP, ma anche sul piano delle competenze in ambito amministrativo e commerciale. «L’HP World Partner forum 2017 si conferma un appuntamento davvero strategico per HP, in cui condividere con i partner la visione del futuro e gli scenari di innovazione», dice Tino Canegrati, Amministratore Delegato HP Italy. «In un mondo in costante cambiamento, il digitale rappresenta un abilitatore e fattore di crescita per le organizzazioni di ogni dimensione. Come HP vogliamo essere trusted advisor per


D i g i tal 4 Tr ade per Hp

i nostri clienti e supportarli in questa evoluzione. È un percorso in cui i nostri partner giocano un ruolo centrale e insostituibile nel portare la tecnologia HP vicino alle imprese, per migliorare la loro customer experience. Questa fase di trasformazione vede le competenze come snodo chiave e la creazione di HP University rappresenta un tassello importante per la nostra strategia».

prossimo anno saranno formazione, sviluppo e, naturalmente, crescita». Nell’attuale ambiente di lavoro collaborativo, la mobilità ha trasformato il modo di lavorare delle aziende ma spesso la stampa non si è evoluta con la medesima velocità e ancora oggi è dif-

Re-Inventare l’experience, la mobilità e la sicurezza per creare nuove opportunità con i servizi gestiti

Marco Lanfranchi,

La sicurezza e la produttività degli ambienti di lavoro (dalla stampa ai Pc) sono i filoni che hanno fatto da sfondo agli annunci di prodotto, ma l’attesa da parte dei partner è stata ripagata soprattutto per l’ampio ventaglio di opportunità di business che si apre per loro nell’ambito

della ridefinizione dei processi di stampa e dei servizi gestiti. «Il mercato sta evolvendo rapidamente e oggi guarda anche a nuove modalità di business e di fruizione dell’IT, come i servizi gestiti», condivide Marco Lanfranchi, Direttore Canale e SMB di HP Italy. «Siamo contenti di come il canale in Italia ci sta aiutando a supportare i clienti nella trasformazione digitale; continueremo a puntare sui nostri partner per gli obiettivi di sviluppo e di crescita del prossimo anno, sia nei segmenti tradizionali che in quelli più innovativi, grazie anche ad annunci di prodotti e soluzioni ad alto tasso tecnologico. Le nostre parole chiave per i programmi del

ficile stampare documenti lontano dal proprio ambiente di lavoro o da un dispositivo mobile. Re-Inventando i processi di lavoro per la trasformazione digitale, le nuove soluzioni HP sono progettate per agevolare al massimo la stampa, migliorando la resilienza, la collaborazione e la mobilità, offrendo ai partner interessanti strumenti per lo sviluppo ed il rilascio di nuovi servizi in grado, per esempio, di ridefinire in toto le logiche e le operazioni delle attività di manutenzione, aprendo la strada per la manutenzione predittiva abilitata da tecnologie per le analisi avanzate interamente sviluppate all’interno dei laboratori HP.

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Direttore Canale e SMB di HP Italy


D i g i tal 4Tr ad per P anda S ecur i ty

Il Programma di Canale di Panda Security per creare un nuovo business.100% cloud Gli strumenti a supporto per il canale che il vendor di sicurezza mette a disposizione vanno dalle piattaforme online da gestire in autonomia a un team di persone dedicate. Tutto tagliato secondo le diverse caratteristiche dei partner

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La priorità assoluta per Panda Security è quella di aiutare i propri partner a conservare e a far crescere il numero dei clienti, di incrementare i loro business, attraverso la miglior tecnologia per la sicurezza in Cloud. Ed è in questa direzione che il programma di canale ha l’obiettivo di consolidare la strategia dell’azienda che punta ad avere partner selezionati ma competenti, attraverso un modello di business che sfrutti le capacità di erogazione di servizi, piani di lead generation congiunti, strumenti di vendita, assistenza diretta sia per il partner che per il cliente finale, sessioni tecniche e corsi di formazione gra-

PANDA SECURITY ITALIA www.pandasecurity.com Viale Enrico Forlanini, 23 20134 Milano Tel: +39 02 8732 3210

tuiti. Studiato per andare incontro alle necessità specifiche di business, tanto che ogni livello è stato pensato per essere tagliato su misura in base alle caratteristiche, capacità di crescita e grado di competenza di ogni singolo partner. A differenza di ciò che oggi offre il mercato, il programma unisce tre reali vantaggi. Innanzitutto, il partner può amministrare in modo autonomo e centralizzato il servizio erogato al proprio cliente utilizzando la piattaforma Panda Security Partner Center che consente di gestire la sicurezza e l’intero cilo di vita del cliente. In secondo luogo il partner ha a disposizione un portale dedicato il Partner Portal, sempre aggiornato che contiene gli strumenti di vendita, marketing

e di supporto tecnico in sostegno all’intero canale distributivo. In fine il programma porta con sé la possibilità di elaborare dei Piani Commerciali ad hoc per l’incremento del business sia del distributore che del rivenditore. Per Panda Security l’assistenza tecnica è una priorità che viene gestita e fornita direttamente dalla sede italiana. Nell’elaborazione di questo progetto per il Canale, Panda Security non ha lasciato nulla al caso. Grazie alla lunga esperienza maturata in un percorso che dura da più di 25 anni, l’azienda ha analizzato in modo approfondito l’evoluzione e l’attuale frontiera dei profili professionali che operano in questo settore e che rappresentano la conseguenza di profondi cambiamenti sia del mercato, dell’approccio alla vendita ma anche delle problematiche più strettamente connesse alla trasformazione del malware. Il programma di canale di Panda Security dunque è da considerare più come un’ampia e dettagliata piattaforma di supporto declinabile e scalabile che pone l’attenzione anche verso tre specifici ambiti di intervento, oltre a quello che riguarda il reseller più tradizionale. Il primo è quello che interessa i Managed Service Provider (MSP) e i Managed Security Service Provider (MSSP) che hanno la necessità di seguire da vicino il proprio cliente o l’insieme dei clienti dalla gestione delle licenze, allo status di sicurezza del parco tecnologico, alla completa visione delle esigenze tecniche. Il secondo è il Cloud Service Provider (CSP), una categoria in grande crescita, che ha la possibilità di fornire soluzioni in Cloud senza investimenti iniziali in infrastrutture. In questo modo il CSP viene messo nelle condizioni ottimali per poter monitorare in tempo reale la sicurezza dei clienti, fornendo servizi proattivi attraverso l’acquisto dei servizi cloud in modalità pay-peruse. Non ultimo è l’ambito dei System Integrator che possono trarre beneficio dalle tecnologie di sicurezza in cloud di Panda Security, per arricchire la loro offerta di servizi.


D i g i tal 4 Tr ade per Leno v o

Specializzazione e competenza, la soluzione Lenovo per la digital transformation

Channel sales manager di Lenovo Italia

La soluzione per il canale

LENOVO (Italy) S.r.l Segreen Business Park Via San Bovio, 3 Edificio 20090 SAN FELICE Segrate (MI) Tel + 39 02 21080601 +39-800-820094 Fax -39 02 21080699

Un rinnovamento profondo e al tempo stesso urgente. Con la stessa determinazione trasmesso anche al canale. La recente riorganizzazione all’insegna dell’engagement è infatti solo un primo passo verso un deciso cambio di ritmo. «Secondo me è anche una grande opportunità per rilanciare i rapporti con le grandi utenze aziendali e svincolarsi dalla consumerizzazione - rilancia la Channel sales manager -. Dover completare grandi trasformazioni, velocemente e con un impatto importante, mette i nostri dealer in condizione di potersi distinguere puntando sulle com-

Sentirsi speciali Di fronte a uno scenario complesso ed esigenze con un’elevata componente di personalizzazione, la specializzazione diventa facilmente protagonista. Da qui scaturiscono le due linee di certificazione parallele tra aree PC e server. Un messaggio prontamente raccolto dai diretti interessati. I partner Platinum ammontano infatti a una trentina, con una maggiore propensione verso le tematiche PC. Una proporzione simile al livello Gold, dove però le adesioni hanno raggiunto e superato quota settanta. Completano il quadro i cinquanta partner Silver, dove invece la competenze risultano più bilanciate. Mentre il canale è impegnato in questo cambio di passo, Lenovo non perde però tempo e guarda già oltre, per preparare i livelli successivi. «Dobbiamo dedicarci maggiormente a tutto quanto riguarda la mobility e più attenzione ai mercati verticali - conclude Truzzolillo -. Tra questi, confermo le grandi prospettive nella realtà virtuale e nella realtà aumentata, dove presto vedremo applicazioni importanti in ambito B2B».

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Enza Truzzolillo,

La prossima tappa dell’evoluzione IT va in direzione della trasformazione digitale. Una nuova sfida, un ulteriore innalzamento nel livello dell’asticella, al tempo stesso un’opportunità di rilancio. «Per protagonisti storici del mondo IT come noi, è un mercato già noto - spiega Enza Truzzolillo, Channel sales manager di Lenovo Italia -. Possiamo contare su grandi potenzialità e siamo certi di garantire un impulso importante, grazie soprattutto alla capacità di contare su prodotti pensati come elementi di soluzioni in risposta ai bisogni dei nostri clienti». Il punto cruciale della strada giusta per affrontare la digital transformation è una visione abbastanza ampia da andare oltre il semplice intervento sull’infrastruttura hardware. Entrano infatti in gioco i processi aziendali, se si vogliono raggiungere quegli obiettivi di velocità e flessibilità indispensabili per poter puntare senza preoccupazione a una competitività a lungo termine.

petenze. Nello scenario competitivo nel quale ci troviamo ormai da tempo, può diventare un fattore di sopravvivenza». Progettualità e consulenza formano quindi il vero valore aggiunto spendibile di fronte al cliente, con un’attenzione particolare alla specializzazione. Valutazioni ponderate, frutto di una strategia messa a punto dopo una ricerca interna condotta tra i partner, dove è emersa una richiesta di supporto nel disegnare le nuove infrastrutture. Da qui è facile arrivare alla nuova organizzazione del programma di canale, ribattezzato proprio Partner Engage Program. «Una parola chiave, Engage, che promette e chiede di lavorare insieme e insieme essere protagonisti nel portare business a valore verso i clienti finali».

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Un ricco catalogo di prodotti deve essere solo il punto di partenza per affrontare un cambiamento dove la differenza si gioca sulla capacità di capire le esigenze dei clienti e rispondere con progetti su misura


D i g i tal 4 Tr ade per Fo r ti net

Il Security Fabric di Fortinet è una piattaforma a servizio dei partner Le nuove minacce del cybercrime impongono agli operatori di canale un affinamento della propria strategia. Il vendor di sicurezza li affianca con un efficace Partner Program e una chiara strategia

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Il panorama della sicurezza informatica è decisamente cambiato negli ultimi anni, come conseguenza delle minacce sempre più raffinate e invasive del cybercrime. Lo hanno dimostrato in maniera palese i clamorosi attacchi ransomware che sono balzati agli occhi dell’opinione pubblica nella prima parte del 2017, primi tra tutti

Cesare Radaelli,

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Senior director channel account di Fortinet Italia

FORTINET ITALIA Centro Torri Bianche Palazzo Tiglio 20871 Vimercate (MB) Tel.: +39 039 687211

Wannacry e NotPetya, ma anche i tanti piccoli pericoli che le imprese devono affrontare quotidianamente. La potenza di fuoco raggiunta dai cybercriminali è tale da aver indotto un vendor del settore come Fortinet a un perfezionamento della propria strategia, naturalmente in concerto con i propri partner di canale, che sono poi quelli che si trovano ad affrontare le concrete problematiche sul campo. Gli ultimi report di sicurezza rilasciati dal vendor confermano, senza ombra di dubbio, che si sta assistendo a un incremento piuttosto eleva-

to del numero di attacchi. Che, in buona parte, si scatenano durante il weekend, al di fuori del normale orario lavorativo, a dimostrazione del fatto che il cybercrime lavora 24 ore 24 ed è anzi ancora più attivo quando le aziende sono potenzialmente più vulnerabili. Non solo: i codici dei nuovi malware introducono come elemento di novità uno dei trend tecnologici del momento, quello dell’intelligenza artificiale. Questo significa che sempre più spesso il malware riesce ad adattarsi al peculiare ambiente in cui si va a installare, modificandosi a seconda delle circostanze. Tutto questo, è facile da capire, alza l’asticella della pericolosità del malware, racconta Cesare Radaelli, Sr Director Channel Account di Fortinet Italia: «I partner devono essere in grado di affrontare queste fenomenologie, da un lato applicando le basi della security, che vanno rispettate e portate avanti in modo rigoroso. D’altra parte occorre supportare il cliente nell’attività di continuo aggiornamento delle soluzioni tecnologiche in campo. Anche perché molto spesso questi malware sfruttano vulnerabilità vecchie, talvolta addirittura datate. Questo a dimostrazione del fatto che il patching dei sistemi deve assolutamente essere preso in considerazione e mantenuto nel tempo».

La strategia del Security Fabric Secondo Fortinet, però, è necessario un passaggio in più dal punto di vista degli operatori di canale: il partner deve infatti essere in grado di aiutare il cliente ad affrontare una strategia di introduzione della sicurezza in maniera completa e pervasiva. «I nostri partner stanno cercando di mantenersi aggiornati sui nuovi trend del mondo security. Sono convinto che possano mettere in atto un ulteriore salto qualitativo, andando a industrializzare i servizi di sicurezza da


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Fortinet, Exclusive Networks: «Ci sono alcuni partner che hanno già raggiunto il massimo livello di certificazione che noi proponiamo, ovvero l’NSE8. Si tratta di un programma complesso e impegnativo, ma che dà la garanzia ai clienti di un’elevata qualità e affidabilità. Manteniamo anche tutta una serie di promozioni che aggiorniamo costantemente, legate alla spinta di prodotti e tecnologie consolidate sul mercato (wi-fi e non solo). Stiamo poi lanciando delle iniziative legate al concetto di Security Fabric che permet-

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proporre al cliente. Inoltre, occorre che mantengano elevato il livello di formazione che consenta loro di interagire con le aziende e, al tempo stesso, di affrontare le minacce sempre più raffinate e in costante crescita. La sicurezza non fa parte del core business dei clienti ma resta un elemento fondamentale perchè questi possano operare sul mercato. Il partner deve avere dunque la capacità di subentrare alle aziende clienti al di fuori degli orari lavorativi canonici, nella logica dei cosiddetti servizi gestiti», evidenzia Radaelli. Ovviamente il bouquet di servizi proposti dai partner deve poggiare su un solido impianto tecnologico. La soluzione proposta da Fortinet è quella del Security Fabric, una strategia onnicomprensiva che punta a ottimizzare la gestione dei sistemi di sicurezza e massimizzare il livello di protezione attraverso un unico sistema di orchestrazione. Dando così vita a una protezione in grado di far dialogare tutte le componenti dell’ecosistema, di identificare minacce avanzate e di affrontarle e mitigarle in tempo reale. Dunque il Fabric, oltre ai classici firewall su cui si fonda l’esperienza Fortinet, si estende a soluzioni che assicurano la sicurezza della posta elettronica, della componente web e delle applicazioni wi-fi, anche attraverso l’impiego della tecnologia Sandbox, che permette di bloccare persino le minacce ancora non note.

Il vantaggio, dal punto di vista degli operatori di canale, è proprio quello di poter costruire servizi più o meno complessi sulla base di questa piattaforma. Oltre alla base tecnologica, un ulteriore punto di forza per l’attività dei partner è rappresentato dal Partner Program del vendor, ormai operativo da due anni e mezzo: tra i suoi elementi fondamentali ci sono le competenze, che sono sempre più importanti per riuscire a erogare tutti quei servizi a cui si è fatto accenno in precedenza. In Italia le certificazioni sono erogate direttamente dal Training center del distributore di

teranno ai nostri partner di ottenere delle agevolazioni anche di tipo economico. Sicuramente confermeremo anche per il prossimo trimestre il nostro programma che consente di effettuare attività di vulnerability assessment in maniera molto semplice, con il supporto di una reportistica in italiano molto chiara e completa. In questo modo partner e cliente hanno la possibilità di capire quali sono le aree su cui intervenire per migliorare i propri livelli di sicurezza», conclude Radaelli.

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I vantaggi per gli operatori di canale


D i g i tal 4 Tr ade per O K I

Nella sfida con i grandi nomi, Oki sa come lasciare il segno Specializzazione, competenze mirate e prodotti unici sono la strada scelta per affrontare un mercato della stampa dove i grandi marchi sono abituati a dettare legge

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Pensare di affermarsi in un mercato come quello della stampa affrontando di petto i grandi nomi del settore senza poter contare sulle stesse risorse, difficilmente può tradursi in un successo. Mettendo in campo competenza e visione non è però difficile trovare spazi. «Oki è sinonimo di colore, il DNA dell’azienda intorno al quale ruota tutta la nostra strategia - spiega Romano Zanon,

Romano Zanon,

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General Manager South Regional Marketing, OKI Europe Ltd

OKI SYSTEMS ITALIA SPA Via Milano, 11 20084 Lacchiarella (MI) Tel: 02 900261 www.oki.com/it

General Manager South Regional Marketing, OKI Europe Ltd -. Ci rivolgiamo soprattutto al mondo delle piccole e micro aziende, dove ci è più facile cogliere opportunità e individuare nicchie nelle quali far emergere i nostri punti di forza». Uno di questi, intende capitalizzare il grande patrimonio di conoscenze acquisito nella tecnologia laser, senza tuttavia rinunciare a scommettere sulle evoluzioni della stampa a getto d’inchiostro. «Ci stiamo riorganizzando in due segmenti - prosegue Zanon -. Office Printing è quello più tradizionale, chiamato a reggere il peso della trasformazione, mantenere solide

le fondamenta dell’azienda e permettere di investire altrove. Industry Printing, il più recente, vuole mettere a frutto l’acquisizione di Seiko nel grande formato». Qui in particolare, viene inserito anche uno dei plus di Oki. Il modello con stampa a cinque colori, dove alla quadricromia tradizionale si può aggiungere il bianco o il trasparente, utile a ottenere effetti altrimenti realizzabili solo con tecnologie più costose e complesse. «Inoltre, a breve inseriremo una stampante per etichette adatta anche all’utilizzo in-house - sottolinea Zanon -. Intendiamo puntare molto sulla personalizzazione e l’apertura verso nuove opportunità di stampa». Un’attività espressamente mirata a cercare di distinguersi dall’offerta di massa, mantenendo però viva l’attenzione verso i segnali del mercato. «Emerge l’avanzamento ormai inarrestabile del colore anche in ufficio - riflette il General Manager -. Dopo il rallentamento negli anni della crisi, ora ha ripreso vigore ed è ormai prossimo a superare il monocromatico. Parliamo però sempre più di multifunzione, perchè la stampante singola è in declino inesorabile». Da tenere in considerazione, anche la crescente attenzione al mondo office da parte dei produttori di modelli inkjet. Una partita ancora tutta da giocare, dove però al momento le soluzioni a toner restano le preferite.

Fiducia e specializzazione Una serie di considerazioni intorno alle quali Oki ha inevitabilmente ridisegnato anche la propria strategia di canale, rimanendo però ancorata a punti fermi. «Da tre anni abbiamo una politica consolidata, definita Shinrai, dal giapponese “fiducia”. La nostra organizzazione non prevede, infatti, concessionari e utilizza una suddivisione del canale per specificità». La qualifica di Executive identifica chi si occupa dei prodotti dedicati al mondo office, con le


Oki fanno riferimento a un team interno di assistenza telefonica. Il rapporto diretto tra azienda e partner non preclude comunque la possibilità di iniziative dirette da parte dei distributori. Esprinet, Ingram Micro, Computer Gross, Xpres e Ima sono quindi liberi di operare con partner non categorizzati. «Il canale si completa con gli Industry Printing. Una classificazione unica sotto la quale rientrano le arti grafiche, dal grande formato alla stampante per etichette in arrivo per il 2018». Senza distinzione, tutti possono contare sulle varie risorse messe a disposizione da Partnernet, la sezione dedicata del sito Web con documentazione e strumenti per la realizzazione di materiale di marketing o per promuovere offerte, sia su propria iniziativa sia personalizzando quelle aziendali. Per le arti grafiche inoltre, più spazio a formazione e workshop, particolarmente apprezzati dagli operatori. «Siamo in una fase di raffinamento. Restiamo sempre aperti a nuovi partner, anche se la priori-

C542 E MC573, NOVITÀ IN CASA OKI

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tà è individuare i necessari aggiustamenti, capire cosa non funziona e potenziare quanto va bene - conclude Zanon -. Non abbiamo la potenza di fuoco dei grandi marchi, quindi dobbiamo puntare su chi è pronto a capire i nostri prodotti e farli apprezzare, mettendo in risalto le caratteristiche uniche. Realtà presenti, capaci di proporre e anche di criticare prendendo iniziative. Pronti a muoversi anche senza aspettare la domanda».

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competenze necessarie anche a soddisfare la domanda di servizi di stampa gestiti. I Premium partner sono invece una rete di estrazione più orientata all’IT e più attenta al transactional business. In totale, 400 realtà a cui si aggiungono i business partner, ai quali non è richiesto un livello minimo di impegno. Fermo restando l’accesso alle promozioni e alle altre risorse predisposte per il canale, al posto di un account personale in

OKI ha recentemente rinnovato il suo portfolio di stampanti e multifunzioni a colori. I nuovi modelli rendono la stampa professionale a colori di qualità accessibile alle aziende di ogni dimensione consentendo di stampare tutto ciò che serve internamente e on demand. Tra le novità, C542 e MC573, stampante e MFP Smart che portano per la prima volta la stampa intelligente e la gestione dei documenti al formato desktop. Le aziende possono così accelerare il loro percorso verso la digitalizzazione, aumentare la produttività e la reattività con una resa dei colori eccezionali.

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Nella foto, il modello MC573


D i g i tal 4 Tr ade per G DATA

Il canale e la sicurezza: l’approccio disruptive di G DATA

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Di pari passo con l’evoluzione tecnologica, il mercato IT è in continua trasformazione, ancor di più se guardiamo al settore della sicurezza informatica; allora perché non trasformare il concetto stesso di IT security e il modo di proporre soluzioni per la sicurezza endpoint, valorizzando persone e professionalità dei partner?

È ormai giunto il momento di rompere gli schemi e le consuetudini, di rinnovare il modo di proporre la security, tramite un approccio che possa soddisfare i clienti e far crescere i dealer, vivendo la sicurezza informatica come un processo e non come un prodotto a tutti i livelli. Questa la visione di G DATA, che scommette tutto sulla varietà della propria rete commerciale, di cui incentiva fortemente la formazione trasversale, arma formidabile che consente al dealer di essere preparato e proposi-

tistica, retaggio dell’ormai sorpassata vendita di “scatole”, trasformando il business della sicurezza in strumento operativo quotidiano.

tivo sul mercato. Una visione che il vendor porta a compimento senza tralasciare alcuna tipologia di rivenditore. Dai più piccoli ai più grandi, tutti beneficiano di un programma partner che non si limita a determinare categorie in cui “inquadrare” il rivenditore ma è un vero e proprio carnet di servizi tramite cui gli aderenti possono creare valore aggiunto e instaurare un rapporto duraturo con il vendor, che fa della relazione personale con i partner la propria missione. Un programma partner che traguarda il semplice prodotto o la mera scon-

sempre privilegiato partner evoluti, in grado di riconoscere nello sfruttamento dei trend tecnologici più innovativi la chiave di volta delle proprie attività commerciali. Una creatività che G DATA favorisce tramite un approccio “disruptive” applicato ad un programma partner costruito attorno alla creazione di nuove opportunità di business per il canale, con l’obiettivo di assicurare margine e guadagno ai partner che comprendono l’importanza di affiancare propri servizi a valore al prodotto. Ne è un esempio “Switch & Profit”, una formula com-

Grandi o piccoli che siano, Ma evoluti!

Ad oggi, il canale G DATA include system integrator, installatori e consulenti, managed service provider e PC shop al servizio sia dei liberi professionisti sia dell’utenza consumer. Indipendentemente dalla tipologia o dimensione del rivenditore, l’azienda ha

Giulio Vada

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Country Manager G DATA Italia

G DATA ITALIA Via Persicetana Vecchia 26, 40132 Bologna


100% e Specialist. Le nuove categorie di partner G DATA

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Un altro esempio di una visione del canale fuori dalle righe è l’introduzione di due nuove classificazioni che vanno ad aggiungersi al ventaglio di certificazioni “basic”, “silver”, “gold”, al fine di

rivenditore serva un’utenza consumer, assicura al partner un rimborso per la perdita di guadagno se il cliente rinnova la licenza presso un altro rivenditore. Infine, a differenza di quanto fin troppo spesso avviene, a detta dei numerosi rivenditori “scottati” che si rivolgono al vendor, G DATA protegge concretamente i progetti presentati dal partner secondo il criterio “first come, first serve”. Quale che sia la qualifica cui ambisce il partner G DATA, l’azienda crede in un approccio paritario, che offra un punto d’appoggio sia a realtà consolidate e articolate, sia a startup e realtà in fase di sviluppo. Il vendor fornisce approfondimenti sui trend globali di mercato e sugli argomenti di sicurezza più rilevanti, attraverso workshop di security awareness e assessment, aggiornamenti sugli

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merciale rivoluzionaria con cui G DATA semplifica il passaggio a soluzioni di security G DATA da piattaforme di altri competitor, che testimonia quanto il vendor investa nel canale: oltre alla normale scontistica, i rivenditori godono di un margine extra garantito per tutto il periodo della migrazione. G DATA si fa infatti carico di tutti i costi della migrazione che altrimenti graverebbero sul rivenditore e/o cliente finale.

adempimenti normativi, nonché corsi di orientamento per le figure addette alla vendita o all’assistenza tecnica.

G DATA Total Control Business Facendo capo alla necessità ormai impellente di integrare la sicurezza informatica nel risk management aziendale, rinunciando a un approccio che trasforma la tutela delle risorse e dei dati critici in una cacofonia di strumenti privi di possibilità di correlazione, G DATA ha lanciato una nuova soluzione che oltre a proteggere le organizzazioni contro le minacce informatiche restituisce allo staff IT (che si tratti del personale dell’azienda acquirente o del managed service provider) la piena visibilità dello stato operativo proprio parco installato e dei dispositivi collegati alla rete aziendale. G DATA Total Control Business semplifica la gestione centralizzata del patching, delle policy di sicurezza e di eventuali criticità, attraverso una dashboard che presenta i dati raccolti su tutti i sistemi in maniera correlata e intuitiva, fornendo al team IT una base ideale per velocizzare il processo decisionale e la manutenzione dei client, dispositivi mobili inclusi.

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valorizzare la natura del rivenditore e la sua specializzazione. Parliamo dei “partner 100%” il cui business copre sia l’utenza consumer sia l’utenza business, e dei “partner specialist”, la cui operatività è verticalizzata. In entrambi i casi G DATA offre strumenti su misura, ritagliati sulle esigenze del partner, oltre naturalmente al supporto commerciale e tecnico ad hoc sul territorio, a bonus incentivanti, a fondi co-marketing e ad attività di lead generation, appannaggio di tutti i partner G DATA. Altro punto dolente del mercato della security è la tendenza a fare “shopping” delle piccole aziende o della clientela consumer, che passa dall’uno all’altro rivenditore con molta facilità, specie se il rivenditore ha difficoltà a monitorare le scadenze delle licenze e/o a mantenere un contatto puntuale con il proprio cliente. G DATA tutela gli interessi del partner, fornendo strumenti che informano il rivenditore sulle licenze in scadenza, e, qualora il


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In un mondo della sicurezza che cambia pelle, Trend Micro ha una strategia chiara per i partner Profittabilità e bontà dell’offerta tecnologica, in questa fase particolarmente orientata al cloud, sono i motivi che spiegano il successo del vendor nel canale italiano

serie di investimenti sul canale. Occorre innanzitutto precisare che Trend Micro è una società che da sempre adotta un modello di vendita 100% indiretto, in maniera chiara e trasparente. Questo significa che i partner sanno già in partenza che gli investimenti effettuati con Trend Micro saranno riconosciuti. Ovviamente anche a livello di offerta c’è da parte nostra una costante attenzione all’innovazione tecnologica, che rimane un aspetto cruciale. Non a caso Trend Micro è da 30 anni presente in questo settore. Attualmente le nostre nuove tecnologie XGen permettono di lavorare in un’ottica di sicurezza integrata, consentendo così ai partner di avere una visione completa di come gestire la protezione dei propri clienti. In questa fase abbiamo un focus molto importante verso il passaggio al cloud: sono pochi i fornitori che riescono a essere così completi da questo punto di vista, il nostro punto di forza sono le alliance ad alto livello che abbiamo messo in piedi (con nomi del calibro di Microsoft, Amazon e VMware), che garantiscono delle opportunità di business per i partner. In questo modo siamo capaci di accompagnare i partner a fornire dei progetti di sicurezza più ampi rispetto alla tradizionale vendita del software, nonché capaci di adattarsi a qualsiasi tipo di piattaforma».

che recentemente ha ottenuto per l’ottava volta la valutazione “5-Star” da CRN, all’interno della 2017 Partner Program Guide. In particolare Trend Micro è stata premiata per gli investimenti relativi all’offerta in programma, la profittabilità per i partner, i training, il supporto educativo, le risorse marketing, di supporto vendite e comunicazione. Come racconta Martina Mulas, Sr. Manager, Strategic Partners & Channel Trend Micro Southern Europe, «Per mantenere questo elevato livello di riconoscimento effettuiamo costantemente una

Un programma ad hoc per il cloud

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Cosa chiede un partner a un vendor, specie in un settore sottoposto a cambiamenti delicati come quello della sicurezza? Oltre alla bontà della soluzione tecnologica, gli operatori del canale hanno un estremo bisogno di chiarezza, nella politica commerciale così come nelle strategie. È così che si può spiegare il successo di un vendor come Trend Micro nel mondo del Trade,

Martina Mulas, Senior Manager, Strategic Partners & Channel Trend Micro Southern Europe

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TREND MICRO Italy S.r.l. Edison Park Center Viale Edison 110 - Edificio C 20099 Sesto San Giovanni (MI) Italia Telefono: +39 02 925931 Fax: +39 02 92593401 E-mail: sales@trendmicro.it Internet: www.trendmicro.it

Una strategia che, nel tempo, ha consentito a Trend Micro di acquisire nuovi partner e di continuare a lavorare con quelli storici, presenti cioè dall’inizio delle attività sul mercato italiano. Il vendor di sicurezza ha relazioni ogni anno con circa 2.000 partner, che effettuano cioè almeno un ordine all’anno e che, in buona parte, lavorano sul mercato SMB. Ci sono poi una cinquantina di operatori, di livello Silver e Gold, che sono seguiti direttamente da quattro responsabili territoriali


di conseguenza, con degli sconti d’acquisto che sono basati sui livelli raggiunti e un rebate che viene pagato direttamente da noi e che può arrivare sino al 5%. A questo si aggiunge la deal reagistration, che protegge il partner che ha effettuato degli investimenti per trovare nuove opportunità di mercato. Dal nostro punto di vista profittabilità e bontà dell’offerta sono i motivi principali per cui i partner continuano a sceglierci».

dedicato a quei partner che non sono dei veri e propri attori di sicurezza, ma che la utilizzano come parte integrante dei propri progetti. La particolarità è che questi attori possono godere della cybersecurity di Trend Micro pagando soltanto il consumo reale di utilizzazione del servizio.

in un mercato come quello della sicurezza, già di per sé sottoposto a numerosissimi cambiamenti, primo tra tutti l’irrompere del fenomeno cloud: «Gli operatori di canale stanno investendo tanto, dunque vogliono contare su un operatore che non cambi strategia di continuo. Hanno poi bisogno di sapere quali saranno le evoluzioni delle nostre tecnologie anche in futuro, in modo da poter essere sicuri delle proprie scelte. Anche perché parliamo di investimenti importanti: i nostri partner si stanno aggiornando, ad esempio chiedendo sempre più formazione sul lato cloud. Tantissimi rivenditori, non solo provenienti dal mondo enterprise ma anche da quello SMB, stanno riconvertendo la propria offerta verso un modello a consumo con pagamento mensile», conclude Mulas.

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di Trend Micro. A completare il quadro ci sono i tre distributori operativi nella Penisola, ovvero Arrow, Computer Gross ed Esprinet, che sono tutti Authorised Training center, ovvero autorizzati da Trend Micro a fornire i più elevati livelli di certificazione. I distributori hanno poi il cruciale compito di assistere da vicino i rivenditori impegnati nel complicato mercato SMB. Questi partner possono comunque contare anche su un programma marketing centralizzato, su una serie di webinar organizzati in lingua italiana e degli incentivi dedicati. Non bisogna poi dimenticare che Trend Micro da due anni ha attivato, all’interno del suo Partner program, il suo Cloud service program,

L’importanza della formazione

I punti di forza di Trend Micro Ma quali sono i punti di forza del Partner Program di Trend Micro? Come spiega Mulas, «I programmi di canale hanno una base abbastanza comune, a partire dai livelli di accreditamento delle competenze. Occorre però rilevare che Trend Micro ha sempre riconosciuto una profittabilità diversa rispetto alla concorrenza, legata all’investimento effettuato dal partner. Gli operatori che investono in Trend Micro hanno la possibilità di guadagnare

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Insomma, un modello chiaro e senza sorprese di sorta, che può assicurare al mondo del canale quella tranquillità necessaria per restare a galla


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Guida al GDPR: come proteggere i dati ed evitare brutte sorprese. I consigli di Veritas e V-Valley

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A pochi mesi dall’entrata in vigore del GDPR, il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati, le imprese devono attrezzarsi per esserne conformi. Ecco una guida esclusiva alle soluzioni offerte, firmata Veritas in collaborazione con V-Valley, per evitare brutte sorprese e assicurare una completa trasparenza nella gestione dei dati. Il 25 maggio 2018, nell’Unione Europea, entrerà definitivamente in vigore il GDPR (General Data Protection Regulation), il regolamento europeo generale sulla protezione dei dati, destinato a cambiare per sempre la gestione dei dati nel Vecchio Continente. Le aziende saranno chiamate a rispondere in prima persona della protezione delle informazioni e della privacy dei propri utenti, pena sanzioni e multe in caso di inadempimento. I dati, punto molto delicato e vero e proprio patrimonio intangibile di tutte le organizzazioni, sono sempre più nel mirino di cybercriminali e hacker di tutto il mondo. Nel 2016 il numero di violazioni dei dati e della privacy pare sia salito del 40% rispetto all’anno precedente. Ecco perché le organizzazioni sono tenute, dal GDPR, a seguire rigorose linee guida per la gestione dei dati.

Linee guida del GDPR

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Tra i principali focus del GDPR, vi è l’ACCOUNTABILITY & GOVERNANCE, che impone alle aziende di mantenere tutta la documentazione relativa

alle attività di elaborazione dati, attuando misure che ne dimostrino la conformità. Previste poi una serie di limitazioni allo storage: i dati aziendali non possono essere conservati per più tempo di quanto necessario, in relazione allo scopo degli stessi. Molto importante, inoltre, è il tema della Breach Notification: una violazione interna all’azienda deve essere segnalata alle autorità di vigilanza competenti entro 72 ore dalla presa coscienza da parte dell’organizzazione. La mancata conformità a queste disposizioni potrà comportare ammende fino a 20 milioni di euro o sino il 4% del fatturato annuo.

Sanzioni del Regolamento europeo: Timori e Opportunità.

Il GDPR non deve essere vissuto dalle aziende soltanto in termini sanzionatori: le organizzazioni in grado di mettere in atto i controlli appropriati (basati sulle informazioni) per garantire la salute dei propri dati, saranno in grado di accelerare la propria trasformazione digitale. Dall’altro lato, invece, le aziende che rinunciano alla conformità


La protezione dei dati

Ovviamente poi c’è il tema della protezione vera e propria: il GDPR imporrà alle organizza-

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zioni l’obbligo generale di implementare misure tecniche e organizzative per dimostrare di aver considerato e integrato la protezione dei dati in tutte le attività di raccolta e di elaborazione degli stessi. Veritas in questo ambito può disporre di piattaforme come NETBACKUP, INFOSCALE e VERITAS RESILIENCY PLATFORM, le quali offrono un’efficace difesa senza interrompere l’attività aziendale. Inoltre, l’integrazione con i Cloud Service Provider assicura un’ampia copertura di protezione per ambienti ibridi. Per quanto riguarda il monitoraggio, DATA INSIGHT ed ENTERPRISE VAULT di Veritas permettono di effettuare analisi aggregate dei dati, in modo da individuare file rischiosi e agire rapidamente di conseguenza. Non solo: le visualizzazioni del comportamento degli utenti identificano eventuali comportamenti anomali e consentono la rimozione in un solo clic. Insomma, l’obiettivo del nuovo regolamento europeo è quello di garantire un approccio strutturato, da parte delle organizzazioni, nei confronti della protezione dei dati. Un aiuto concreto, come abbiamo visto, arriva dall’ampio portafoglio di soluzioni Veritas, che offre strumenti e servizi personalizzati per rispondere alle diverse esigenze derivanti dal GDPR.

360 Data management per il GDPR

Veritas ha adottato un approccio unico per la fornitura di strumenti efficaci, che soddisfino i più ampi requisiti relativi al GDPR. La “360 Data Management for GDPR” di Veritas, fornisce un approccio olistico, integrato alla conformità. Mappando i mandati normativi critici ai componenti della soluzione di base, Veritas stabilisce una roadmap di conformità con i fondamentali di privacy-by-design incorporati. Collegando ogni componente di questo framework, il valore derivato dalla localizzazione, ricerca, ridimensionamento, protezione e monitoraggio dei dati personali, garantisce che le organizzazioni di tutte le dimensioni dispongano di una conformità aziendale a portata di mano.

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normativa si troveranno esposte a rischi e, nella maggior parte dei casi, saranno costrette a fronteggiare le conseguenze di una vera e propria crisi informativa. Tutto questo è ben noto a un gruppo attivo nel mondo dell’Information Management come Veritas, che propone alle aziende una serie di soluzioni per essere conforme alla normativa. Per esempio il GDPR è molto esigente in materia di localizzazione, ovvero sapere in ogni momento dove risiedono i dati personali detenuti da un’organizzazione. La creazione di una mappa dati che mostri dove vengono memorizzate queste informazioni, chi vi ha accesso, per quanto tempo vengono mantenute e come vengono movimentate, risulta fondamentale per capire come l’azienda è in grado di elaborare e gestire i dati personali. Qui intervengono le soluzioni Veritas, Information Map e Data Insight, che individuano tipo di file, proprietà, età e posizione degli stessi in meno di 24 ore, oltre a elaborare un’immagine in tempo reale dell’ambiente che permette un monitoraggio continuo. Altro punto critico riguarda la ricerca dei dati: i residenti dell’Unione Europea potranno richiedere la visibilità di tutti i dati personali detenuti dalle aziende inviando una specifica richiesta (Subject Access Request). La risposta di Veritas sta nella eDISCOVERY PLATFORM, che grazie al suo potente motore di indicizzazione è in grado di rilevare attributi espliciti ed impliciti di dati personali. Inoltre, l’apprendimento automatico consente di individuare elementi rilevanti e simili per una revisione completa dei dati. Altro pilastro del GDPR è la cosiddetta minimizzazione dei dati, che prevede che le organizzazioni riducano la totalità dei dati personali memorizzati. Qui Veritas offre soluzioni come Enterprise Vault ed Enterprise Vault.Cloud che, attraverso la classificazione dei diversi contesti, politiche flessibili e variabili, facilitano la conservazione e la cancellazione delle informazioni.


D i g i tal 4 Tr ad per R eeVo

Nel cloud ReeVo i partner trovano solo certezze, per sè e per i clienti ReeVo, è il primo cloud vendor 100% Italiano, 100% Canale e 100% White Label. Oggi la realtà lombarda è affermata per la qualità e l’affidabilità dei servizi grazie ai quali i rivenditori del canale ICT, reseller, system integrator e Var possono rendere agevole il passaggio di architettura nelle aziende

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Lasciato alle spalle il periodo di incertezza iniziale del mercato italiano, il Cloud Computing è decollato senza esitazioni, grazie anche a chi ha saputo adattare per tempo le proprie strategie sul fronte dell’offerta. «Fin dalla nascita di ReeVo la politica commerciale è stata chiara e trasparente: 100% canale; già questa ritengo sia la caratteristica principale che ci differenzia da altri competitor che fanno del canale un’alternativa alla vendita diretta sull’utente finale - spiega Salvatore Giannetto, presidente di ReeVo Cloud -,

Salvatore Giannetto,

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presidente di ReeVo Cloud

REEVO CLOUD Via Aristotele, 9 20861 Brugherio (MI) Tel 039.287.3925 www.reevo.it

orientandoci senza esitazione verso il canale come unico target di riferimento». Interlocutori unici della società milanese sono, infatti, i rivenditori di servizi basati sul Cloud, liberati così dalle responsabilità legate a un data center. «Possiamo contare su un’offerta ampia - prosegue Giannetto -. Da una parte, diverse configurazioni di IaaS, dall’altra la componente in forte crescita di Backup e Disaster Recovery». Questo è il segnale più interessante in arrivo dal mercato. Sia da clienti che hanno sperimentato in prima persona i rischi di strategie non abbastanza accorte sia per una loro maggio-

re sensibilità, cresce l’esigenza di come mettere al sicuro i propri dati, con garanzia di poterli recuperare. Inoltre anche per chi ha già investito in infrastruttura on-premise si apre comunque uno scenario importante, quello dell’Hybrid Cloud. Lo scopo è sempre lo stesso, mettere in sicurezza la propria infrastruttura IT utilizzando un data center certificato, ma che permetta un rapido passaggio alla nuvola. «L’Hybrid Cloud viene visto come un ponte per il passaggio al Cloud, - continua Giannetto – un primo approccio per chi vuole espandere la propria infrastruttura utilizzando servizi Cloud. Tramite il servizio Cloud Colocation di ReeVo il cliente posiziona all’interno del data center la propria infrastruttura che viene nativamente integrata all’infrastruttura ReeVo Cloud così da garantirsi l’utilizzo di servizi Cloud in totale sicurezza ed in perfetta armonia con i suoi sistemi attuali. «Vogliamo essere la cassaforte dei dati delle aziende italiane - sottolinea Giannetto -. Lasciamo però massima libertà d’azione ai nostri partner, con la possibilità di mettere il proprio marchio nell’offerta verso l’utente finale». Un vantaggio anche di fronte alla necessità di realizzare progetti caratterizzati da un elevato livello di personalizzazione. Sia per difendere gli investimenti recenti sia per il persistere di considerazioni di natura emotiva, quasi tutte le aziende prediligono infatti una transizione graduale e quindi la scelta di un cloud ibrido.

Liberi di marchiare

La garanzia White Label è uno dei punti cardine di ReeVo. Una strada vista con piacere tanto dal rivenditore in grado di presentarsi al cliente finale con una proposta completa e affidabile, quanto dall’utente con la possibilità di contare su unico interlocutore. «Il partner copre progettazione, assistenza e installazione - ribadisce Giannetto -. Noi


nel marketing una grande differenziante verso i competitor che hanno una vendita diretta, infatti a completare il supporto c’è un’attività di lead generation gestita da ReeVo, ma destinata per intero a procurare nuove opportunità ai partner. La strategia ReeVo continua a fornire ottimi riscontri. «La sensibilità sui dati è ormai elevata - conclude Giannetto -. Qualsiasi azienda ha capito l’importanza di metterli in sicurezza. Soprattutto, cresce l’attenzione verso il cloud non solo come luogo sicuro e remoto, ma anche come garanzia di disponibilità al momento opportuno».

D i g i tal 4 Tr ad per R eeVo

ci dedichiamo all’infrastruttura. Il partner esegue la transizione al cloud, noi abbiamo il dovere di fornire le garanzie di sicurezza». Garanzie sotto forma di tre data center di livello TIER IV e III in Italia. Ubicati tra Milano e Roma tutti i data center hanno rigide certificazioni per garantire privacy e sicurezza secondo gli standard del nostro Paese. Un’infrastruttura proprietaria realizzata con brand di riferimento come HPE, Cisco System e NetApp, «Sul fronte hypervisor abbiamo utilizzato Microsoft già nel 2003, quando poteva apparire una scelta azzardata. Questo ci ha permesso di distinguerci e diventare un punto di riferimento. Oggi, la nostra infrastruttura viene erogata sia su ambiente Microsoft Hyper-V che VMware ».

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Un canale frutto di un accordo strategico tra ReeVo e i partner con i quali creare vere e proprie soluzioni ‘made in cloud’ che permettono di agire con efficacia in ogni attività marketing e commerciale a supporto del canale stesso. «Prendiamo molto seriamente l’accordo con il canale - afferma Giannetto - e siamo molto attenti nel lavorare per la sua tutela e per la generazione del suo business, e questo ci posiziona tra i primi vendor Cloud in Italia. Il canale di ReeVo è composto da system integrator medio-grandi, abituati a proporre soluzioni di infrastruttura o software house pronte a passare dalla vendita del supporto fisico al concetto di servizio a canone. «Superiamo le cento realtà - puntualizza Giannetto -. Il nostro rapporto di canale è talmente forte che ben tre dei più grandi distributori italiani hanno richiesto di poter commercializzare le nostre soluzioni cloud. V-Valley, Tech Data e Ready Informatica ci aiutano anche nelle attività di presales con alcuni partner, mentre altri ci coinvolgono direttamente». Per tutti, la possibilità di contare su una serie di strumenti a supporto, sin dalla fase di preventivo. Un configuratore aiuta nel mettere a punto l’offerta completa su misura, mentre un affiancamento diretto è pronto a intervenire nel momento di perfezionare il listino finale. L’adesione al programma nei livelli Silver, Gold e Platinum dipende dall’impegno in termini di certificazioni e proposizione commerciale. «Puntiamo molto sull’attività di co-marketing, su webinar ed eventi, per aiutarli a passare dalla pura vendita di hardware al modello di servizio a canone e trasmettere il messaggio al cliente finale». Anche

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Un canale strutturato



Story Tellers

Non ci si può permettere di essere miopi per cogliere i segnali di business da trasferire al canale. I vendor guardano lontano adattando il supporto al trade e rinnovando tecnologie e strategie. E le illustrano nelle loro Partner Conference mondiali


| Story Tellers

Michael Dell, si regala un “buon” anniversario… che fa felice l’italia

Un anno, 365 giorni, tanto? Poco? Per uno dei più grossi colossi nella storia del mercato ICT il primo anniversario è sicuramente molto importante e a ribadirlo è il suo timoniere in persona, Michael Dell. Lo stesso Dell che qualche settimana fa è sbarcato in Italia per fare il punto della situazione a partire, come sempre, dal canale e dai partner

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Marco Lorusso

Michael Dell

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CEO di Dell

Oltre 138mila dipendenti in tutto il mondo, la presenza in 14 Paesi e poi il Canale… già il canale, un motore senza precedenti con una benzina fatta da ricavi per oltre 35miliardi di dollari. La somma dell’operazione Dell + EMC è più o meno questa, una somma che, negli ultimi due anni, ha cambiato gli equilibri e le proporzioni del mercato. Una somma che esattamente 12 mesi fa ha generato un risultato come quello di Dell Technologies, la più grande società tecnologica privata del mondo. La società, “madre” di brand quali Dell, Dell EMC, VMware, Pivotal, RSA, SecurWorks e Virtustream… che ha integrato la forza vendita di Dell e EMC e creato un canale Dell Technologies da 35 miliardi di dollari, con l’aggiunta di 10.000 nuovi clienti al portafoglio Dell EMC. Un anniversario doppio dunque, i due anni dall’annuncio dell’operazione Dell + EMC e l’anno di vita per Dell Technologies, che ha spinto Michael Dell in persona a fare le valigie e girare il mondo per raccontare come, dove e a che punto siamo. Un viaggio che, proprio nei giorni scorsi ha fatto tappa in Italia dove, uno dei più importanti uomini nella storia del mondo ICT ha incontrato direttamente i vertici della società in Italia ma, soprattutto, i più importanti partner di canale, per ribadire, una volta per tutte, la centralità assoluta proprio di system integrator e distributori nella catena che muove il valore della società.


Nessuna sorpresa… una grande sorpresa

Un quadro generale “sfidante”, come dicono gli americani, ma anche positivo e ricco di opportunità dunque. Un quadro all’interno del quale si inserisce la progressione di Dell Technologies in

| Story Tellers solo 12 mesi. [SE1]Michael Dell ha più volte ribadito un concetto semplice, ovvero che la sorpresa più grande è che con[SE2] Dell Technologies non ha avuto sorprese. Più volte gli uomini della società hanno spiegato che fin dall’inizio era stato previsto che potessero esserci alcuni problemi e, d’altronde, non poteva essere altrimenti date le infinite implicazioni di un accordo così gigantesco. Ma, a dodici mesi di distanza i giudizi di dipenden-

Da sinistra a destra Filippo Ligresti e Marco Fanizzi, rispettivamente anime del motore commercial ed enterprise di Dell EMC

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Rivivi il Dell EMC Channel Business Forum, dal viaggio in compagnia di Adolfo Dell’Erba con il racconto, esclusivo di tutte le fasi di nascita e sviluppo del canale Dell EMC, fino al racconto dell’evento

ti e clienti sono “tutti piuttosto positivi” e oltre le “aspettative”. L’aspetto ancora più significativo, ha raccontato Dell anche nel corso del recente VMworld di Vegas, è che lo stato patrimoniale della nuova compagnia è solido, anche per le tante attese sinergie - su cui alla fine si è fondata l’intera scommessa Dell EMC Emc - che sono arrivate più velocemente di quanto si potesse pensare un

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Prima di entrare nel dettaglio dei numeri e dei traguardi raggiunti dalla “sua” nuova creatura, Michael Dell ha però più volte voluto sottolineare la forza della rivoluzione digitale in atto e gli effetti positivi, anche e soprattutto su un Paese come l’Italia. Il CEO ha parlato del suo il privilegio di avere avuto un posto in prima fila durante un’era di incredibili progressi tecnologici. Un’era durante la quale, per esempio dal 1985 al 2005, mentre il personal computer e i server proliferavano come modello universale per il potere di calcolo accessibile, la povertà mondiale è stata dimezzata. Un’era che ci ha portato l’innovazione di oggi, il cui potenziale è ancora in parte poco conosciuto. Le forze del cloud computing, i big data e la mobility stanno trasformando milioni di vite e imprese in tutto il mondo, secondo Michael Dell, e ancora non abbiamo visto il “grosso” delle rivoluzioni. Una vera rivoluzione tecnologica che sta rianimando gradualmente le economie e la società stessa, Italia compresa, a cui Dell è particolarmente legato e attento visto che al recente Dell EMC World di Las Vegas proprio l’Italia è stata inserita tra i 4 “grandi” Paesi di riferimento in Europa per Dell EMC ed è stato il secondo Paese, dopo la Francia, tra quelli “toccati” da Michael Dell nel suo viaggio europeo. Per mantenere gli effetti benefici di questa innovazione, però, secondo il CEO è necessario che le aziende assumano grandi rischi e abbiano coraggio. Sono necessarie visione e impegno. La cosa più importante che un’azienda possa fare oggi è investire e innovare per aiutare i clienti a “farcela”. I dati dei principali ricercatori dicono che ormai oltre il 90 per cento delle imprese pensa al futuro in ottica di trasformazione digitale e questo, secondo Dell non può che essere un bene anche per il lavoro. Un riferimento preciso questo agli impatti che fenomeni come Intelligenza Artificiale e robotica si teme possano avere proprio sul “lavoro” umano un riferimento preciso al fatto che da sempre la tecnologia distrugge posti di lavoro con una mano e ne crea nuovi con un’altra.

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Italia fidati del digitale! Non ci ruberà il lavoro


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anno fa. Ma c’è di più, Dell è infatti tornato su un punto vitale da sempre per lui, quello del vendor end to end, un approccio che ha permesso ai clienti di accorgersi rapidamente dei benefici di avere a che fare con un’azienda con un catalogo più ampio, piuttosto che trovarsi ad avere a che fare con vendor di più piccole dimensioni. Le aziende oggi vogliono avere a che fare con un numero ristretto di vendor. Qui può appunto intervenire il portafoglio di Dell Technologies, che può coprire tutto ciò di cui gli acquirenti hanno necessità.

L’organizzazione italiana dal mondo “Commercial” al mondo “Enterprise”

«I numeri ci danno ragione»

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infatti nuovi partner ma più vendite, più valore, più collaborazione - ha chiarito Dell’Erba -. Il lavoro che dobbiamo fare, insieme, è quello della collaborazione e della formazione. Non c’è mercato migliore dell’Italia per essere un operatore di canale, non c’è azienda migliore di Dell EMC, in questo momento, per cogliere nuove opportunità di business. Dalla nuova generazione di server lanciata a Las Vegas passando per l’integrazione e la collaborazione con tutte le componenti del sistema Dell Technologies, su tutte VMware, fino ad arrivare ai sistemi client e ovviamente lo storage, mercato dal quale, nella parte finale dell’anno ci aspettiamo moltissimo». Una società che, come ha raccontato Dell nei giorni scorsi, ha numeri che nessuno può vantare. Quest’anno. infatti, si celebrano 20 anni di presenza nel mondo workstation prendendo la leadership del settore nel secondo trimestre 2017. Sul mercato pc siamo terzi come unità vendute ma primi al mondo per revenue».

Ma, da buon uomo “informatico” sono i numeri a mettere lo sprint all’umore Michael Dell. Un buon umore che ha caratterizzato tutta la missione “italiana” di Dell. Una missione durante la quale il CEO è entrato nel vivo di tutte le operazioni in atto nel nostro Paese e ne ha condiviso idee, strategie, obiettivi. «Fa parte di noi, fa parte di un approccio da sempre aperto e trasparente - racconta Adolfo Dell’Erba, simbolo della svolta “indiretta” avviata da Dell circa 9 anni fa e alla guida del nuovo canale di Dell EMC Italia -. Dal clamoroso successo del Dell EMC World di Las Vegas, alla recente edizione 2017 del Dell EMC Channel Business Forum svoltosi a Courmayeur (evento che ha chiamato in causa oltre 70 tra i più importanti system integrator italiani di Dell EMC) fino alla visita di Michael in Italia, abbiamo scommesso forte sull’ascolto diretto e sincero di tutto il canale. Non cerchiamo

La visita di Michael Dell in Italia, cosi come i due giorni, estivi, di confronto con 70 tra i più importanti system integrator italiani in Valle D’Aosta, sono state anche due occasioni decisive per permettere a partner e clienti di entrare nel vivo della nuova organizzazione italiana della società e, soprattutto, del modo, nuovo, di valorizzare competenze e capacità di presidiare il territorio. Non a caso, in entrambe le occasioni tra i momenti più attesi e seguiti c’è stato sicuramente quello che ha visto la presenza contemporanea sul palco di Marco Fanizzi e Filippo Ligresti. I due top manager, precedentemente alla guida delle country italiane di EMC e Dell e ora chiamati a guidare le due anime della nuova Dell EMC, ovvero l’anima Commercial, (sistemi client, settore pubblico…) affidata a Ligresti e l’anima Enterprise (grandi clienti, soluzioni enterprise) affidata invece a Fanizzi. «Ligresti e Fanizzi sono stati ospiti miei e dei partner soprattutto - ha spiegato Dell’Erba - e con loro abbiamo voluto davvero raccontare nel dettaglio come lavorano le due divisioni, come si possono intersecare e come possono collaborare. C’è stata una grande interazione come speravamo e una grande voglia di approfondire tematiche chiave come, l’ingaggio del canale sui grandi clienti privati, le possibilità di sviluppo di business in ambito storage soprattutto per il canale di de-


I due manager hanno accettato di buon grado il confronto e non si sono sottratti anche alle domande più complesse nel segno di una volontà, più volte ribadita, di far funzionare quella che è la macchina più potente del mercato IT. «Ci sono rallentamenti e inevitabili complessità da superare frutto di due storie e due modi di stare sul mercato diversi - ha spiegato Fanizzi - ma parliamo di una trasformazione e di una complessità evolutiva non solo nostra ma di tutto il mercato che ha oggi nuove regole e dinamiche. Un mercato aggressivo su cui mai come oggi il ruolo dei partner a valore è destinato a fare la differenza. Stare oggi in questa nuova organizzazione vuol dire soprattutto ascoltare mercato, clienti e partner, per questo io e Filippo, siamo qui per raccontarci, confrontarci e soprattutto mettere a fattor comune esperienze e competenze». Sulla stessa linea d’onda anche Ligresti che ha anche rilanciato sulla necessità di cambiare passo a livello di competenze, «Per cogliere le nuove opportunità di ingaggio serve un forte investimento su partnership e conoscenza dell’offerta» - ha spiegato il manager facendo riferimento al mondo client su cui il canale EMC può cogliere importanti opportunità e al mondo storage cu sui il canale Dell ha ora la possibilità di cambiare passo. Da parte dei partner la richiesta, accolta, e più forte è stata quella di essere ancora più partecipi delle strategie Dell EMC nell’ottica di dare un contributo ancora più concreto per facilitare la fusione che, per tutti, è una grande opportunità. Sulla scia delle magie viste a Las Vegas in molti hanno chiesto poi un rilancio sul tema dell’IT transformation e su come rendere l’IT pronta per sfide come IOT, Social, Big data e Analytics.

Protezione e sicurezza per i partner

Opportunità, partnership e business dunque. Tre elementi che Dell EMC intende “regalare” al suo canale attraverso un meccanismo di protezione e tutela della vendita “indiretta” sempre più chiaro e preciso.

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Fanizzi = Enterprise Ligresti = Commercial

Come anticipato da Michael Collins, VP Channel EMEA di Dell EMC nei mesi scorsi, sono state rilanciate e ribadite, anche nelle scorse settimane, le iniziative che prevedevano l’impossibilità di fare offerte “dirette” su alcune linee di prodotto chiave come lo storage, su cui nei 36 mesi precedenti sono state fatte offerte da parte dei partner, e sono state estese, e con modalità ancora più allargate e in via di definizione, anche alla parte client, server, networking… «Il messaggio chiaro è – spiega Dell’Erba – “Cari Partner andiamo a

conquistare nuovi clienti insieme”. Una missione entusiasmante credo per noi e per ogni reseller, per noi perché c’è la possibilità di conoscere e incontrare nuovi partner che arrivano dalle varie componenti della nostra nuova organizzazione, incontri che portano valore, esperienze incredibili, conoscenze. Per i partner perché Dell Technologies è una opportunità di business senza precedenti, Dell EMC, RSA, VMware, Pivotal… mondi integrati, complementari, ricchi di valore e tecnologia dirompente». Per farlo, come raccontato da Veronica Repetto, alla guida del marketing di canale Dell EMC, sono stati anche approntati piani di marketing congiunto con i partner. «Piani che ci porteranno a supportare il nostro canale sul territorio in questa delicata e vitale ultima parte dell’anno».

Adolfo Dell’Erba, regista e guida del canale Dell EMC in Italia

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rivazione Dell e ancora la capacità di preservare l’approccio relazione e a valore soprattutto per chi, come i partner EMC lavorano da tempo proprio con le grandi imprese e su soluzioni di fascia alta».


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Satya Nadella CEO di Microsoft

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La Digital Transformation evocata dal vendor passa per una riorganizzazione della propria offerta, in veste cloud. Presentato Microsoft 365, nelle due versioni Enterprise e Business, che include Office 365, Windows 10, Enterprise Mobility + Security. Al trade +50% di opportunità rispetto alla vendita del solo Office 365

Loris Frezzato

Si è svolta a Washington, nel mese di Luglio, Microsoft Inspire 2017, la convention annuale che il vendor di Redmond dedica ogni anno ai propri partner worldwide. Il tradizionale WPC ha, infatti, cambiato nome da quest’anno e ha dedicato tutto il look and feel della manifestazione al cloud. Nuvole ovunque, dunque, dove appare il brand, ad accogliere gli oltre 17.000 partner provenienti da tutto il mondo a indicare una svolta decisiva del proprio modello di business. Una svolta che si è concretizzata con una raffica di annunci, fin dal primo giorno, quando dal grande palco montato al centro dello stadio che ospita i keynote plenari, il benvenuto alla platea è arrivato da Satya Nadella, CEO di Microsoft. «Il 95%

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A InspIre 2017, MIcrosoft è 365 per AbIlItAre Il workplAce Moderno

delle entrate di Microsoft arriva attraverso l’ecosistema dei partner - ha esordito -, un network che cresce ad alta velocità, con oltre 6.600 partner nuovi che si aggiungono ogni mese. Un’indiretta che complessivamente genera 17 milioni di posti di lavoro, e molti di loro, ben 64.000, sono orientati al cloud. Più di quanti ne abbiano AWS, Google e Saleforce messi insieme». Numeri di tutto rispetto, quindi, su cui il vendor vuole indirizzare il proprio concetto di modern workplace, parte di una strategia che combina il mobile first e il cloud first, guide, insieme, per la digital transformation. Combinando i concetti del Multidevice, Intelligenza Artificiale e del serverless, ossia total cloud. Ingredienti essenziali per l’Intelligent Cloud. «La Digital Transformation abilita e potenzia i dipendenti, ingaggia i clienti, ottimizza le operazioni e trasforma i prodotti - riprende Nadella -. E per ottenere tutto ciò interveniamo in varie aree che passano, appunto, per il modern workplace, connesso ed esteso alle business application, alle application & infrastructure, fino ai Data e all’Intelligenza Artificiale».

Microsoft 365: un workplace moderno con soluzioni integrate Secondo la vision di Microsoft, il modern workplace è in grado di trasformare operazioni di routine in pensieri creativi; di tradurre la creatività individuale


Le business application evolvono: Dynamics 365 sales si aggancia all’AI L’analisi dei dati, che rende il workplace moderno e intelligente, si estende, come è naturale, anche alle soluzioni di gestione, toccando Dynamics 365, che si evolve in un vero e proprio sistema di intelligence che integra sales operations, persone, customer support e field operation. Insomma: le suite monolitiche diventano modulari e moderne business app, mentre i silos disconnessi di dati diventano connessi per alimentare l’Intelligenza Artificiale. «Si va delle semplici vendite a una vendita relazionale, sfruttando

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gli elementi dell’analisi dei dati e dell’AI - commenta ancora Nadella -. Con l’amministrazione dei dipendenti che si trasforma in un vero e proprio ingaggio di talenti». Argomenti ovviamente traducibili in opportunità per i partner, che otterrebbero un’estensione del proprio offering e nuove argomentazioni a valore per i propri clienti.

Azure sulla strada verso l’hybrid cloud Infine, Microsoft Inspire 2017 è stato il palcoscenico per l’annuncio di Azure Stack, un’estensione di Azure che attraverso la collaborazione di partner hardware quali Dell EMC, HPE e Lenovo, stanno promuovendo il concetto di cloud ibrido, svincolandosi dalla diatriba tra cloud privato e pubblico ed estendendo produttività, intelligenza e sicurezza, nella direzione di quell’Intelligent Cloud che guarda all’IoT, e che promuove il passaggio dalla virtualizzazione verso container e microservizi; dai database disparati verso un network di dati connessi e dai Big Data e machine learning verso il cognitive computing. Al quale si agganciano le applicazioni con Hololens, declinabili in ogni ambito, dal manifacturing all’education all’healthcare, con un forte impatto a livello di community e di ecosistema, studiando e prevenendo effetti di malattie, virus, prima che si espandano. E non si tratta di cose da poco, dal momento che l’Intelligent Cloud fa intravvedere opportunità per 4.500 miliardi di dollari.

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in un lavoro di team dinamico e agile; di articolare differenti tool e sistemi in soluzioni integrate e coerenti tra di loro e, per contro, espandere i problemi di sicurezza del singolo a livello aziendale. Per questo motivo si è pensato a un’integrazione di diverse soluzioni attraverso la presentazione di Microsoft 365, il quale include Office 365, Windows 10 ed Enterprise Mobility + Security. Il “pacchetto” si declina in due versioni: Enterprise e Business. «Si tratta di pacchetti di soluzioni che sono in grado di garantire creatività, teamwork, semplicità e, soprattutto, sicurezza - riprende il CEO -. Le opportunità per i partner da Microsoft 365 sono enormi. Nell’Enterprise sono già chiare, ma gli stessi vantaggi li possono ottenere anche coloro che affrontano le SMB, per le quali abbiamo realizzato una versione ad hoc».

Guarda l’intervista video a Fabio Santini

In concomitanza con Inspire 2017 sono stati resi noti i nuovi riferimenti per le divisioni in cui oggi Microsoft organizza la propria strategia di vendita, con Vincenzo Esposito che assume la responsabilità del mercato Enterprise dei grandi clienti, mentre Fabio Santini prende il timone della divisione One Commercial Partner Organization e SM and Corporate Organization, ossia l’organizzazione che da un lato gestisce l’ecosistema dei partner e dall’altro garantisce il business proveniente dalle piccole e medie imprese. «One Commercial Partner è il nome della nuova organizzazione che raggruppa tutti i team che precedentemente lavoravano con i partner - spiega Santini -. Questo perché se un tempo le distinzioni tra le varie categorie di partner era molto netta e necessitava di singole strutture per gestire le differenti figure, oggi diventa più difficile distinguere i partner in base alle loro attività. Diventava quindi impossibile chiedere al partner di

rapportarsi con diverse organizzazioni, proponendo, piuttosto, un’unica struttura che lo segue indipendentemente dal business che lo caratterizza». Conseguenza della trasformazione del vendor è anche l’adeguamento del Partner Program, delle certificazioni, delle competenze e degli incentivi, che si orienteranno sui quattro cluster sui quali Inspire 2017 ha tanto insistito: Modern Workplace, Business Application, Applications & Infrastructure e Data & AI. Ma la Digital Transformation si fa anche con strumenti concreti. Prodotti. Anzi, no. «Non parliamo più di vendita di prodotti o soluzioni, ma piuttosto di pacchetti che permettano ai nostri partner di andare dai clienti a risolvere i loro problemi - sottolinea Santini -. Da qui la volontà di costruire sinergie tra i prodotti che abbiano in comune una forte componente tecnologica, come è Microsoft 365, che combina Office 356, Windows 10, la parte di enterprise mobility e la relativa

Fabio Santini, responsabile della divisione One Commercial Partner Organization e SM and Corporate Organization di Microsoft Italia

sicurezza. Ambiti da cui, singolarmente, non si può prescindere se si vuole essere credibili nel proporre innovazione ai clienti».

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Fabio Santini a capo del canale italiano di Microsoft


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HP Reinvent 2017: novità del mondo PRint e Pc e una nuova univeRsity PeR i PaRtneR

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Nicoletta Boldrini

Si è recentemente tenuto a Chicago l’HP Reinvent 2017, l’annuale convention mondiale dedicata ai partner di HP, come di consueto ricca di annunci. Due i filoni tematici predominanti: i device (PC desktop, notebook, 2-in-1 tablet, workstation, ecc) e la stampa, accompagnati trasversalmente dal focus sulla sicurezza, uno dei temi portanti della strategia HP. Tra le novità da segnalare, la nuova linea dei PC “premium” con nuovi device ultraslim e la prima linea all-in-one sviluppata per la collaboration; filone quest’ultimo che ha dato origine anche ai

Soluzioni tecnologiche per consentire ai partner di erogare servizi innovativi nell’ambito della gestione, della manutenzione e diagnostica predittiva e della sicurezza dei dispositivi HP. Tra gli annunci della convention di Chicago il nuovo programma di education HP University

nuovi display e ha contribuito al rafforzamento della partnership con Microsoft per estendere la collaboration tramite Skype for Business su tutto il portafoglio prodotti di HP. Degno di menzione l’annuncio di DaaS - Device as a Service, una soluzione che permette ai partner di gestire ambienti multi-device e multi-OS (anche di terze parti) sfruttando deep insights grazie a un motore analitico sviluppato interamente da HP. La grande potenza di questo engine si intuisce e concretizza attraverso gli innumerevoli servizi che i partner possono costruire su di esso, per esempio nell’ambito della manutenzione preventiva e della diagnostica predittiva. DaaS si presenta come un modello di “computing consumption”, tipico del cloud, attraverso il quale semplificare la fornitura dei device ai lavoratori e la gestione del ciclo di vita dei servizi ad essi associati. Lo sforzo della semplificazione è stato fatto anche dal punto di vista amministrativo e della contrattualistica (HP ha pensato a tre modelli di erogazione con prezzi definiti “a pacchetto”).


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HP ha atteso il palco dell’HP Reinvent 2017 per presentare ai partner il nuovo programma di training. Si chiama HP University e viene presentata come soluzione one-stop per aiutare gli oltre 18mila partner globali ad ottimizzare e innovare il proprio business. Il programma unifica servizi di education per rafforzare le competenze di vendita, training tecnici di prodotto e certificazioni anche nell’ambito della gestione della contrattualistica. Formazione ad hoc per migliorare le competenze legate ai processi di vendita, training tecnici sui prodotti, percorsi di certificazione dedicati anche a coloro che si occupano di amministrazione e contrattualistica per sviluppare una reale proposta “as a service”. Questi i pilastri portanti di HP University, un programma globale che prevede corsi online e formazione in aula in oltre 170 Paesi e localizzati in 11 lingue. La proposta di HP si articola con formazione seguita da coach, incontri face-to-face e percorsi online; per lo sviluppo e il miglioramento delle competenze di vendita sono previsti corsi ad hoc (in aula e one-to-one) per sviluppare una più ampia cultura dei partner sulle competenze di base di HP ma, soprattutto, per stimolare la proposta della multinazionale legata a Security, Device-as-a-Service (DaaS), Mobility e Managed Print Services.

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Fedele alla propria vision che vede la sicurezza come pilastro portante della strategia di business e dello sviluppo dei prodotti, HP ha scelto Chicago per lanciare HP Connection Inspector, un’avanzata funzionalità di sicurezza integrata creata da HP Labs per consentire alle stampanti di contrastare gli attacchi del malware attraverso funzionalità di monitoraggio del traffico del network (ove sono collegate le stampanti) e di correzione automatica, ed HP Roam, una nuova soluzione aziendale per la stampa protetta sul cloud. Ma la novità più interessante, dal punto di vista della strategia aziendale, riguarda sicuramente la nascita di un vero e proprio Security Advisory Board costituito da esperti mondiali e “white hats” hacker (gli hacker dal cappello bianco, quelli che mettono a disposizione le loro esperienze e competenze per la sicurezza informatica e per contrastare il cybercrime). Compito primario di questo “concilio ristretto” di super esperti sarà non solo monitorare ed analizzare le minacce informatiche ma anche trasferire ad HP tutte le informazioni, le raccomandazioni e le linee guida per continuare a migliorare la sicurezza “by design” sia dei propri prodotti sia dei servizi.

Nasce la HP University

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Focus sulla sicurezza, dal Printing all’Advisory Board


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Il VMworld 2017

sI apre a “tuttI I cloud”

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Loris Frezzato

Le tecnologie VMware tendono a far colloquiare i diversi cloud dei partner tecnologici, privati o pubblici. Tra le novità presentate a Barcellona i sistemi di workspace e infrastrutture iperconvergenti. Con particolare attenzione alla security Il VMworld arriva in Europa dopo poco più di un mese dall’edizione statunitense e, come tradizione, riempie le sale della Fiera di Barcellona. Ben undicimila le presenze al VWworld Europe 2017, arrivato alla sua decima edizione, ripartite tra aziende clienti finali e partner provenienti dal Vecchio Continente. Al CEO di VMware, Pat Gelsinger il compito di fare gli onori di casa e di illustrare le nuove strategie, avvalorate da altrettante nuove tecnologie e partnership strategiche, che stanno interpretando il concetto di digital transformation del vendor: «L’IT è ormai stato elevato a paradigma del business e la nostra strategia punta ad aiutare i clienti a sviluppare le applicazioni che pos-

sono trasformare il loro business - ha dichiarato in apertura -. La vision di VMware prevede la possibilità per gli utenti di utilizzare ogni tipo di device, il che comprende qualsiasi oggetto che sia connesso, estendendo quindi i confini all’infinito mondo dell’IoT; ogni application, indipendentemente che siano tradizionali, cloud native o SaaS e, soprattutto, attraverso ogni cloud, dal private al public, migrando vicendevolmente secondo le singole esigenze dei clienti».

Partnership con le Telco

Su queste premesse, i riscontri sono molteplici e su più fronti, a partire dalle Telco, per la costruzione di un network dinamico e software driven


Un “bollino” per il cloud dei partner cloud “verified”. Per la creazione di una galassia di private cloud, public cloud, ecosistemi IoT, mobile, desktop e telco network connessi tra di loro, attraverso la piattaforma di rete virtualizzata VMware NSX «in grado - secondo Gelsinger - di trasformare il concetto di Data Center in un Centers of Data». Ambienti connessi e integrati che non possono, ovviamente, prescindere dalla sicurezza. E infatti VMware in questa edizione del VMworld pone

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un accento particolare a questo tema, arrivando a definire il concetto di “Cyber Hygiene”, che si concretizza con la presentazione di VMware Appdefense, in grado di catturare, identificare e agire di conseguenza agli attacchi, in maniera automatica e orchestrata, grazie anche all’ecosistema integrato dei tanti vendor di sicurezza partner tecnologici di VMware.

VMware differenzia il trade:

Se dal punto di vista delle tecnologie VMware si sta spingendo verso una forma di multicloud, sul fronte canale il vendor ha invece inteso effettuare una netta divisione, passando da un modello di gestione unificato delle tante anime del trade che gravitano intorno alle piattaforme del vendor, verso una separazione in due divisioni: «È stato effettuato uno split dell’organizzazione del canale in due anime - dettaglia Roberto Schiavone, Sales Manager Alliance and Channel VMware Italia -, ossia da una parte i partner transazionali e dall’altra coloro che influenzano progetti e business, vale a dire i system integrator, i system outsourcer e le alleanze tecnologiche. Un cambiamento necessario dall’evoluzione della stessa domanda del mercato, che chiede sempre più consulenza, imponendoci di proporci con un canale che sia sempre più a valore, impegnato in progetti che stanno diventando pervasivi. Da qui la necessità di seguire maggiormente i partner che si occupano di progetti strategici sui clienti». Un percorso che a livello italiano VMware aveva già anticipato, con investimenti partiti già dall’inizio dell’anno proprio sui system integrator, raddoppiando di fatto le risorse del vendor che lavorano in quell’area. «Già avevamo una persona che seguiva i system integrator globali - specifica il manager -, alla quale ora abbiamo affiancato anche una persona per i system integrator locali, oltre a un’altra che segue i service provider. Per un totale di 3 persone che lavorano nell’area che non è più, quindi, quella tradizionale di rivendita semplice». Il supporto al canale perciò è organizzato per supportare un’offerta che risulta essere sempre più ricca e che richiede competenze e investimenti in specializzazione da parte dei partner, ma che VMware intende ripagare. Gli ultimi aggiornamenti dei partner program vanno infatti in questa direzione, soprattutto quelli inerenti la virtualizzazione di rete e dello storage,

migliorati al punto che riservano fino al 30% di sconto aggiuntivo per i partner che iniziano a lavorare su questi nuovi prodotti. Una forma che viene estesa anche ai grossi contratti ELA (Enterprise License Agreement), dove è stato portato dal 3 al 7% il rebate sui nuovi prodotti. «Altro punto fondamentale e dirompente nelle strategie di canale è l’accordo con Amazon Web Services, che cambia le carte in tavola dell’offerta e del rapporto con i partner - continua il manager -, comportando un cambiamento nel modo

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team dedicati per Rivenditori e per System Integrator e Alliance

Roberto Schiavone Sales Manager Alliance and Channel di VMware Italia di porsi sul mercato, vendendo servizi VMware basati su infrastruttura AWS. E per fugare i timori sulla, inevitabile, disintermediazione del canale, spingiamo i partner ad affrontare il mercato con nuovo atteggiamento, proponendosi ai clienti con servizi per l’evoluzione dell’IT in direzione del cloud, e di orientarsi verso la vendita dei servizi cloud. Ci sarà sempre bisogno del partner che effettui la vendita, aumentando il mercato e aprendo nuove opportunità per il trade. Una forma di proposizione di servizio a consumo che è stata introdotta ora negli USA e che arriverà il prossimo anno anche in Europa».

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basato su infrastruttura convergente in cloud. Su questo fronte, il primo grosso nome internazionale che ha aderito è Vodafone Group, ma i lavori fervono per sviluppare anche accordi con Telco locali nelle varie country. Ma i vantaggi si estendono anche al singolo utente, con l’obiettivo dichiarato dal vendor di connettere le persone. Attraverso le app. Da qui la prospettiva di un nuovo ambiente di collaboration mediante VMware Workspace ONE, basata su app e identità dell’utente, management, security e utilizzabile sia da desktop sia da mobile. Ma non di un solo cloud si vuole occupare VMware, che attraverso VMware HCX estende di fatto scalabilità delle applicazioni mobile, garantendone la trasportabilità nelle fasi di migrazione dall’on premise verso ambienti cloud di altri partner. Una mossa che va proprio nella direzione di agevolare la costruzione di cloud privati, stringere accordi con i maggiori provider del cloud, espandere il programma per i Cloud Provider e il relativo portfolio di servizi cloud. E conseguenza di tale vision è la concretizzazione dell’annunciato accordo con AWS per la creazione di un cloud ibrido, ma anche l’estensione ad altri partner tecnologici. La certificazione VMware Cloud Verified estende, infatti, la numerica “dei cloud” che gravitano intorno a VMware, apponendo il suo “bollino” a partner quali Fujitsu, IBM Cloud, OVH, Atos, CenturyLink, Rockspace e Virtustream. Per ora. Con la conseguente possibilità di estendere i servizi cloud di VMware verso tutti i diversi


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Il gruppo cinese, nel corso del suo evento Huawei Connect che si è svolto a settembre a Shanghai, ha annunciato l’ingresso ufficiale nelle arene del cloud pubblico e dell’intelligenza artificiale

Huawei mette al centro della nuova strategia cloud e ai

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Gianluigi Torchiani

Il recente Huawei Connect 2017 di Shanghai è stato teatro di due annunci piuttosto importanti, che per certi versi cambiano le prospettive stesse dell’azienda cinese. Il primo ha riguardato il cloud e, probabilmente, non avrebbe potuto essere altrimenti, dato che lo slogan che ha caratterizzato l’evento è stato estremamente chiaro, vale a dire “growth with the cloud”. Vero è che la nuvola è da anni presente nella strategia di Huawei, spingendo verso il modello hybrid e open (come dimostra la partecipazione al progetto OpenStack come platinum member) con la ricerca di partnership soprattutto nel mondo carrier e Telco e anche in maniera indiretta, attraverso la fornitura delle infrastrutture hardware necessarie al funzionamento stesso del cloud. Ma con l’ulti-

Guo Ping, Rotating CEO di Huawei

mo annuncio, Huawei entra in una nuova fase, attraverso la proposizione di un proprio servizio di public cloud, che aspira a diventare, nel giro di pochi anni, uno dei primi cinque al mondo, in collaborazione con i suoi partner storici. D’altronde la convinzione della compagnia cinese è che nel prossimo futuro si assisterà a un’ulteriore concentrazione degli operatori a livello globale, dunque l’obiettivo è salire su questo treno in corsa senza perdere altro tempo, dal momento che i clienti del gruppo hanno già imboccato questa strada a livello infrastrutturale. Come ha raccontato a Digital4Trade Stefano Andreotti, senior Channel Manager di Huawei Enterprise BG Italia, una delle caratteristiche del modello cloud di Huawei sarà la sicurezza, tanto che una fetta consistente degli investimenti del gruppo sarà dedicata proprio all’area cybersecurity.

L’hardware come punto di forza Il punto di forza, però, nessuno nel gruppo lo nasconde, risiede proprio nell’hardware prodotto dalla stessa Huawei (server, storage, reti, ecc), che potrebbe permettere a partner e service provider di chiudere il cerchio del cloud rivolgendosi a un unico interlocutore, con economie di scala piuttosto evidenti. In Italia il focus rimarrà quello del private cloud, ma è chiaro che la possibilità


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focalizzata sul mondo dell’intelligenza artificiale. La scommessa di Huawei, in questo caso, è che le competenze e le risorse cloud del gruppo siano in grado di garantire buona parte di quella domanda di AI che il mercato richiede. I Big Data elaborati dall’hardware e dal software Huawei, ad esempio, promettono di essere in grado di fornire servizi al mondo finanziario per ridurre le frodi. Più in generale, la compagnia di Shenzen nel corso del Huawei Connect 2017 ha fatto ampio sfoggio delle sue capacità di cavalcare buona parte dei trend tecnologici che caratterizzano

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del cloud pubblico, specie per certi workload, è destinata a cambiare molte carte in tavola, dunque sarà comunicata in maniera adeguata ai partner italiani nei prossimi mesi. Come accennato in precedenza, comunque, Huawei non intende andare da sola “alla guerra” in questo mercato, ma intende conservare tutte le alleanze strette in questi anni. Per la precisione le grandi Telco partner come Deutsche Telecom presteranno a Huawei i data center necessari per erogare ai clienti Extra cinesi i propri servizi di cloud pubblico. Persino con Microsoft, che

Le novità per i Solution Partner pone l’obiettivo di rendere più facile la vita e il lavoro ai partner. In particolare si cercherà di facilitare soluzioni innovative per i clienti finali, come quelle che sono già sviluppate da alcuni anni negli Open Labs del gruppo (destinati a diventare 24 entro il 2020). La promessa del vendor cinese è

pure ha interessi enormi nel cloud pubblico con Azure, la partnership continuerà, ed è anzi stato annunciato la disponibilità di una serie di servizi in cooperazione (tra cui per Sql Server) attraverso il nuovo Huawei Cloud.

Il nuovo mercato dell’Intelligenza artificiale Strettamente collegato al tema cloud è quello dell’altro annuncio, dedicato alla nascita della sua Innovative Enterprise Intelligent solution

di facilitare questi processi tutt’altro che semplici con chiare regole di ingaggio e tutta una serie di benefici, tra cui 70 milioni di dollari in fondi di co-marketing già disponibili per il 2017. È stato anche semplificato il processo di certificazione e reso più chiaro il marketplace delle soluzioni.

l’IT negli ultimi anni: dalla robotica all’Iot, senza dimenticare il mondo smart city, dove in effetti Huawei appare veramente avanti rispetto alla concorrenza, grazie alle sue piattaforme potenzialmente in grado di catturare e registrare tutto quello che succede in una grande metropoli. Lo stesso target della multinazionale cinese sembra essersi innalzato rispetto al passato, con i grandi attori del mondo industriale e finanziario sempre più nel mirino, senza dimenticare naturalmente il settore pubblico.

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Nel corso del Huawei Connect 2017 di Shanghai è stata annunciata un’importante novità, destinata a coinvolgere ISV, system integrator, indipendent hardware vendor e consultant partner del vendor asiatico. Huawei ha infatti lanciato un nuovo solution partner program che si


D i g i tal 4 Tr ad per I ng r am Mi cr o

Arriva Ingram Micro Showcase 2017 torna lo spettacolo dell’innovazione e delle opportunità 16 novembre 2017 presso il MiCo di Milano. L’incontro con il canale ICT è fissato, l’appuntamento con il meglio delle tecnologie digitali e con uno dei più grandi eventi italiani B2B a livello tecnologico è in calendario. Ecco tutto quello che c’è da sapere

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Come il Natale, la Pasqua o Ferragosto… anche quest’anno torna, con l’energia di sempre, lo Showcase di Ingram Micro. Un evento che è parte integrante della storia dell’intero ecosistema di vendita di tecnologie ICT in Italia, un evento che, di fatto, è ormai uno dei più importanti riferimenti per reseller, system integrator, sviluppatori, software house che cercano contatti diretti con vendor, distributore e ancora con specialisti e prodotti

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INFO

Scopri tutti i segreti di Show Case 2017, collegati allo speciale dedicato

da toccare, testare, capire. Tutto insieme, tutto in un incredibile giorno che, per quest’anno sarà il prossimo 17 novembre. Dove? Presso gli spazi del MiCo di Milano dalle 9 alle 18, solo innovazione pura. Ingram Micro Show Case, lo spettacolo dell’esperienza globale. «Ingram Micro - spiegano dalla società - mette tutta la sua “Global Experience”, gli strumenti e le tecnologie di ultima generazione a supporto dei propri clienti, dando loro la possibilità di stringere nuovi legami, generare nuove opportunità di business e fidelizzare i propri clienti». Showcase non è, quindi, una semplice esposizione di prodotti, ma una concreta opportunità d’incontrare direttamente gli specialisti del settore per conoscere e approfondire i più innovativi servizi tecnologici vivendo un’esperienza unica nel suo genere. Ingram Micro Showcase, nel cuore del

Distributore 2.0. Dopo l’edizione record del 2016, che ha celebrato anche i 25 anni di vita per Ingram Micro Italia, questo è dunque l’anno del giro di boa, l’anno che, in mezzo a un fiume in piena di soluzioni e tecnologie dirompenti, metterà in mostra il concetto di Distributore 2.0 su cui da tempo le persone di Ingram sono al lavoro. Dal recente lancio dell’HPE Innovation Lab presso la propria sede (progetto di eccellenza globale che HPE ha lanciato cin i migliori partner sul territorio italiano) fino all’Ecosystem of Cloud capace di interconnettere oltre 200.000 service provider e partner con le più innovative tecnologie Cloud, le piattaforme Odin e Ensim di proprietà di Ingram Micro e il più ampio catalogo di soluzioni e servizi appartenente ai principali vendor sul mercato. Un ruolo dunque che ha sempre più a che fare, oltre che con la fondamentale logistica, anche e soprattutto con la capacità di generare valore tangibile, sul territorio e insieme ai rivenditori, sfruttando le più moderne infrastrutture tecnologiche. Soluzioni dunque ma anche opportunità di business puro, contatti e relazioni… lo Showcase di Ingram Micro, quest’anno animato dallo slogan “Sharing our Global Experience” è l’evento più importante di questa seconda parte del 2017. Un evento che tutti coloro che di mestiere sviluppano business e ricavi attraverso le tecnologie ICT non possono in alcun modo perdere. Showcase dove, come, quando! Appuntamento dunque per il 16 Novembre presso il MiCo Via Gattamelata 5 Milano - Gate 14 e 15 con orario continuato dalle ore 9 alle ore 18


Distributore, system integrator, vendor... il canale ICT, tutto, si è dato appuntamento a Rimini per l’attesa due giorni del Tech Data Channel Summit. Un evento chiave per scoprire il volto, nuovo, della multinazionale americana dopo l’operazione Avnet TS. Un volto fatto della pasta del valore

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Il mercato corre, il canale non può frenare

Collegati e rivivi il #TDChannel17 grazie all’esclusivo social report

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«Il puzzle dell’IoT, del cognitive computing e dell’Industria 4.0 si risolve solo facendo squadra sul canale . Altri modi non ci sono - ha spiegato Baggio -. Il ruolo dei system integrator diventerà sempre più importante». Siamo insomma di fronte a un mercato che cambia a velocità sempre crescente e mischia le carte del business. Un mercato che sta esercitando una pressione crescente sul canale. «Come Tech data ci siamo mossi prima e con più decisione di molti altri competitor, portando a termine un’operazione per noi fondamentale come l’integrazione con Avnet TS». «Si è trattato e si tratta - ha aggiunto non a caso Riccardo Nobili, Azlan Director di Tech Data Italy, l’uomo del valore che ha il compito di guidare

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la divisione Enterprise di Tech Data Italia - non certo di un’operazione fatta per ammassare prodotti o tecnologie. Di fronte al cloud che cambia i modelli di vendita, del concetto di logistica e di soluzione, per un distributore la strada obbligata è quella delle competenze e della specializzazione. Una strada che abbiamo imboccato con decisione grazie all’operazione Tech Data + Avnet TS». «Grazie all’integrazione di professionalità e competenze preziose - ha

spiegato ancora Baggio - abbiamo ora un team agile capace di indirizzare mercati nuovi e in fase di esplosione come lo smart manufacturing o l’Intelligenza Artificiale. Un fenomeno che, tra chatbot e Machine Learning, è destinato a cambiare il mondo dei pagamenti digitali e della vendita».

Più servizi senza tralasciare il volume «In assenza di idee chiare e mosse decise - ha spiegato ai partner Baggio - il modello del canale e del distributore così come lo abbiamo conosciuto fino a ieri entra in discussione. Se invece abbiamo, come stiamo facendo noi, la forza di rispondere con investimenti precisi in competenze, aree di business dedicate e su tutto ciò che ruota intorno al Data Center, il distributore è e resta un faro insostituibile per vendor, system integrator e reseller».

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Vincenzo Baggio, vice president e managing director di Tech Data

Essere un distributore ICT al tempo del cloud, dei social networks, del mobile e dell’intelligenza artificiale, esserlo e farlo da protagonista, da ago della bilancia e del valore, che unisce vendor, distributore e cliente finale. Astenersi perditempo: la sfida è cruciale. Questione di predisposizione al cambiamento, questione di capacità di adattamento e, soprattutto di fare scelte coraggiose. Ed è proprio dal coraggio e dall’innovazione che Vincenzo Baggio, timoniere di Tech Data Italia, ha voluto cominciare per dare il benvenuto agli oltre 130 partner presenti a Rimini in occasione del Tech Data Channel Summit. Davanti a loro il nuovo team di Tech Data Italia, dopo l’acquisizione della divisione Technology Solutions di Avnet e dopo i recenti annunci circa la nuova organizzazione della società. Davanti a loro due mezze giornate tra incontri con alcuni vendor chiave: Microsoft, IBM, Red Hat, AWS, Kaspersky Lab, Epson, Cisco, Dell EMC, HPE, Lenovo, Intel, Veritas, RSA. E approfondimenti pratici molto verticali su opportunità di business come il GDPR, nuovo regolamento per la gestione dei dati che entrerà in vigore dal prossimo maggio 2018, grazie anche alla presenza di un legale di fama nazionale come Guglielmo Troiano, del gruppo Digital360.

D i g i tal 4 Tr ade per Tech D ata

Tech Data Channel Summit, i giorni del valore, nuovo, e del canale


D i g i tal 4 Tr ade per HP E

«Cari partner, specializzatevi… per essere davvero speciali!» Meg Whitman e il “caso Italia”

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Quella che ci siamo appena lasciati alle spalle è stata un’estate da record per la filiale italiana di HPE. Nel corso del suo HPE Italian Summit e HPE Reimagine di Bologna i massimi vertici mondiali della società hanno voluto essere presenti in prima linea per dare alcuni messaggi chiave soprattutto ai partner di canale. Ecco perché e quali

Meg Whitman, CEO di HPE

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#HPEItalianSummit e #HPEReimagine Due giorni, due eventi unici per HPE. Un’area espositiva di oltre 3.000mq e un evento italiano che è un’eccellenza, unica, a livello europeo. Rivivi qui l’appuntamento più importante dell’anno per Hewlett Packard Enterprise

«È tempo di essere speciali… e per esserlo serve specializzazione!». Un gioco di parole che di gioco ha molto poco e di serio ha moltissimo. Un “gioco” intorno al quale si è sviluppata la clamorosa presenza di Meg Whitman, CEO di HPE, alla due giorni di HPE Italian Summit e HPE Reimagine di Bologna, l’evento top per i clienti e i partner del vendor in Italia. Due giorni di incontri, e relazioni senza precedenti (vedi il QRCode qui di fianco per rivivere tutta la diretta) che, al di là della pura cronaca, hanno appunto lasciato in dono una serie di messaggi chiave per tutto il mercato ICT di casa nostra.

La lezione di Meg Whitman

Quella di Meg Whitman a Bologna è stata giustamente vista come una presenza importante, un significativo segnale di attenzione nei confronti della rete dei partner italiani e così è stato dato l’altissimo livello di attenzione e conoscenza del nostro Paese sfoggiato dalla manager americana. Arrivata a Milano dove ha incontrato un piccolo gruppo di clienti italiani, Meg Whitman si è poi spostata, in

Frecciarossa, verso Bologna. 45 minuti sul palco e poi una tavola rotonda a porte chiuse con una ventina tra i principali partner italiani. Ma, come detto, al di là dei selfie di prammatica con Stefano Venturi, guida di HPE in Italia, Meg Whitman, una volta sul palco ha “regalato” consigli e indicazioni molto preziose anche rispetto alla strategia verticale e sempre più specializzata della multinazionale americana. «I punti chiave della strategia della nuova HPE ha spiegato Whitman - sono l’Hybrid IT, l’Intelligent Edge, i nuovi servizi erogati via Pointnext. Con focus importanti sul cloud e sulle opportunità legate all’Internet delle Cose». Per quanto riguarda il cloud, obiettivo è ribadire l’importanza dell’hybrid IT quando arriva il momento di cambiare passo. Whitman lo definisce il Cloud Cliff, il limitare di una scogliera, oltre il quale c’è il salto nel vuoto. «Forse - ha raccontato la manager - noi lo definiamo un punto di non ritorno ed è quello in cui il solo public non basta a sostenere le richieste di un business crescente. E, non sembri un paradosso, al Cloud Cliff rischiano di affacciarsi anche socie-


Il CEO di HPE ha mostrato di conoscere il momentum che l’Italia sta attraversando e non è un caso che riferendosi all’IoT abbia parlato dell’opportunità della digital transformation nel manifatturiero. «Sono tutte opportunità da cavalcare, a patto di avere le competenze giuste. Per questo l’invito ai partner in sala è quello di specializzarsi, focalizzarsi e soprattutto di concentrarsi su quelle competenze che possono rappresentare un elemento di differenziazione rispetto ai loro competitor». Un altro omaggio ai progetti sviluppati in Italia, Whitman lo ha fatto con due riferimenti diretti e precisi: il primo è al progetto Innovation Lab (vedi lo speciale da pagina 82 di questa rivista), il secondo è il gruppo di lavoro sulle smart city, costituito a Firenze con la collaborazione di Computer Gross, TT Tecnosistemi e Var Group. Non c’è stata però solo la presenza di Meg Whitman, a rendere unica l’estate italiana 2017 e a offrire ai partner indicazioni mai cosi chiare per lo sviluppo di business nella parte finale dell’anno. In Italia non hanno voluto mancare infatti altri due manager di respiro internazionale, arrivati con il preciso compito di incontrare il canale “nostrano” di HPE: Carlo Giorgi, omologo di Paolo Delgrosso a livello EMEA (capo dunque del canale), e Denzil Samuels, Chief Channel Officer, al seguito di Meg Whitman nel suo tour europeo.

Abbiamo avuto modo di incontrarli entrambi, ecco cosa ci hanno raccontato

Mercato e canale italiani, ha spiegato Giorgi, in fondo stanno affrontando le stesse sfide in corso anche negli altri Paesi europei. «Certo, il canale e il mercato italiani sono molto più frammentati a causa della forte presenza di piccole e medie imprese distribuite su tutto il territorio. Per questo in Italia il peso dei distributori è così importante: per presidiare i reseller più piccoli, che stanno comunque crescendo sulle aree più innovative del mercato. E, rispetto al resto d’Europa, l’Italia è probabilmente più lenta sul cloud e nel passaggio dall’on premise all’Hybrid IT, probabilmente per carenze di tipo infrastrutturale».

D i g i tal 4 Tr ade per HP E

Dal canto suo, Denzil Samuels ha sottolineato come ormai la svolta sia avvenuta: «Per mesi siamo stati coinvolti nelle operazioni di spin & merge, ora però è arrivato il momento di focalizzarci sulla crescita di HPE e sui tre pillar, Hybrid IT, Intelligent Edge e Servizi». Sono tutti business ad alti margini, precisa Samuels: non che il business transazionale non interessi più, anzi. «Ma i nuovi business stanno diventando leve per nuove revenue». Samuels racconta di nuovi tool sviluppati per i partner, in primis Seismic, un tool di marketing e vendita che contiene, localizzati anche in italiano, una serie di documenti, guide paper a supporto di tutto il cliclo di vendita, dalla preparazione del deal in avanti.

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IoT sì. Ma solo per partner “speciali”

La svolta è Hybrid IT

«Usate i dati per costruire valore»

Certo, la nuova HPE ha un focus importante sui dati, ma Samuels centra il punto: «Vogliamo mostrare ai partner non uno shift verso i dati, ma come da quei dati si traggano gli insights che portano alle azioni. Se un partner riesce ad andare da un cliente e mostrare come potete trarre valore dai suoi dati, facendo capire i benefici possibili, allora la strada è spianata». I partner diventano abilitatori della business transformation. Un po’ come è successo con Home Depot, negli Stati Uniti. «Il personale di vendita perdeva un sacco di tempo per dare indicazioni ai clienti su dove si trovassero l’uno o l’altro prodotto, trascurando attività a maggiore valore aggiunto. Ora, grazie alle tecnologie Aruba e a Wayfinder, il problema è stato risolto con un guadagno di produttività notevole: dal 43 a oltre l’80 per cento».

Meg Whitman fianco a fianco con Stefano Venturi nel corso del suo soggiorno italiano

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tà nate digitali». Meg Whitman ha citato Dropbox, ma ha citato anche un caso tutto italiano, quello di Yoox-Net à Porter, che ha dovuto ripensare tutta la propria infrastruttura per sostenere la crescita del proprio business.


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Digital Transformation: la nuova strategia Almaviva Gli attuali trend tecnologici stanno cambiando radicalmente i modelli di business aziendali. Almaviva risponde con piattaforme innovative e soluzioni capaci di apportare vantaggi competitivi come dimostrano i casi di successo

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La digital transformation non è più soltanto uno slogan, ma è in pieno atto. Tanto da investire con forza le fondamenta di tutte le organizzazioni, che sono chiamate a reinventare il proprio modello di business e le relative infrastrutture Francesco Barbieri, Head of Cloud and Digital Transformation Practice di Almaviva

2.900 persone dedicate e un fatturato annuo di 380 milioni di euro, orientata prevalentemente a seguire il mondo large enterprise. La sfida di Almaviva è abilitare un vero e proprio Digital Change e traghettare i clienti verso il Modern IT. Con questo obiettivo l’Azienda ha ulteriormente intensificato i propri sforzi e rinnovato la propria strategia, come racconta Francesco Barbieri, Head of Cloud and Digital Transformation Practice di Almaviva. «Quello che abbiamo sviluppato negli ultimi 8 mesi è un vero e proprio cambiamento copernicano nel modo di pensare l’Information Technology in senso ampio. Abbiamo creato una divisione dedicata alla Digital Transformation, con l’intento di portare ai clienti una visione nuova dell’IT, sia negli obiettivi che nelle modalità con cui si affrontano i processi di sviluppo delle applicazioni».

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Applicazioni più aperte

ALMAVIVA Sede legale e uffici 00137 Roma Via di Casal Boccone, 188-190 tel. (39)-06.39931 fax (39)-06.39935775

informatiche per stare al passo con il cambiamento. Una rivoluzione che va adeguatamente sostenuta e stimolata, in modo da rendere questo percorso il più lineare possibile e una reale opportunità per l’operatività aziendale. È questo il compito che storicamente si è dato un operatore come Almaviva, che da sempre accompagna i processi di digitalizzazione e innovazione tecnologica del Paese, in particolare in alcuni mercati verticali come Pubblica Amministrazione Centrale e Locale, Transportation, Homeland Security & Difesa, Agricoltura, Banche & Assicurazioni. Una realtà che, per quanto riguarda il solo settore IT, può contare su circa

La strategia Almaviva si basa su una considerazione tanto semplice quanto innovativa: siamo nell’era del digitale assoluto. Se un tempo l’IT doveva confrontarsi unicamente con il sistema informativo aziendale, oggi il Digital Change coinvolge l’intera organizzazione aziendale. A partire dalla customer experience, ovvero come l’utente percepisce la fruizione dei servizi IT. In secondo luogo è ormai impensabile non interagire con quello che Almaviva chiama il Physical Smart World, vale a dire il mondo degli oggetti connessi, che permettono di ottenere preziose informazioni. Infine si deve ragionare in ottica di ecosistemi, perché le aziende hanno sempre più spesso la necessità di dialogare in modo efficiente ed efficace con altri soggetti pari, che possono concorrere al successo del proprio business. E’ quindi superato il concetto di classiche applicazioni verticali chiuse in se stesse. La logica dell’IT del futuro prevede piuttosto la costruzione di piattaforme aperte e tarabili


Al di là delle formule e delle strategie, nel concreto Almaviva si è dimostrata capace di accompa-

tori di nicchia. Abbiamo ad esempio ideato una piattaforma di tracciabilità della filiera vitivinicola: tramite un tag NFC dietro la bottiglia del vino, il consumatore con il suo smartphone può così conoscere la storia della bottiglia dalla raccolta del chicco d’uva sino all’imbottigliamento. Chiaramente questo procedimento è applicabile a qualsiasi filiera del food, permettendo un controllo di ogni fase produttiva e impedendo le frodi». Almaviva sta poi lavorando con i suoi clienti grazie all’Iot in ambito industriale, in particolare con la realizzazione di una serie di progetti sulla manutenzione predittiva e sulla quality prediction. Dal punto di vista del machine learning, invece, la percezione di Barbieri è che «stia cambiando profondamente il modo in cui vengono oggi fatte le IT Operations, che sinora erano affidate a sistemi di monitoraggio statici in grado di individuare i danni una volta già accaduti. Gra-

gnare effettivamente i clienti nel delicato processo di trasformazione digitale: «La blockchain è un nostro fiore all’occhiello, senza paura di smentita posso dire che siamo quelli che hanno il maggiore numero di casi effettivamente realizzati in Italia. L’investimento che abbiamo effettuato in questo ambito ci ha permesso di creare una business unit con circa 20 professionisti dedicati. Oltre il 90% dei progetti realizzati sinora può essere ricondotto al mondo del tracking & control, in linea con le richieste del mercato, il resto riguarda set-

zie al machine learning e agli algoritmi è invece oggi possibile attuare delle sofisticate tecniche di “clustering” che consentono di individuare potenziali situazioni di pericolo prima che il problema si manifesti, aumentando così la resilienza dei sistemi». Insomma, grazie alle competenze certificate in casa, alla profonda conoscenza dei trend tecnologici che sviluppano la domanda (cloud, Iot, blockchain), nonché alle partnership consolidate, Almaviva sta guidando i clienti di tutti i settori lungo la strada della digital transformation.

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Casi concreti di successo in IoT, machine learning e blockchain

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(Hybrid integration platform), che consentano lo sviluppo delle applicazioni più adatte all’attuale contesto tecnologico e di business, in piena ottica DevOps. Oltre al Modern IT, più strettamente legato al mondo applicativo, Almaviva contempla nella sua strategia altri tre pilastri per abilitare la trasformazione digitale nelle grandi organizzazioni. In primis si punta a considerare le infrastrutture in ottica cloud native o, comunque, ad assicurare alla modernizzazione di quelle già esistenti. Importante è poi la creazione di processi più agili e robotizzati sia in termini di IT che di business. Infine il tutto va affiancato con una grande attenzione all’interoperabilità.


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#CampusVE, la velocità del valore che trasforma il canale ICT Un format storico e atteso da tutto il mondo dei system integrator, dei Var, dei reseller. Un evento che continua a macinare record. Il Campus di Itway Vad/Mosaico è tornato con una formula rinnovata e in un contesto, Esprinet, completamente ridisegnato

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Foto di gruppo del team Mosaico con, al centro, il campione Marco Melandri, ospite dell’evento

Un format atteso da tutto il mondo dei system integrator che continua a macinare record. Il Campus di Itway Vad/Mosaico è tornato con una formula rinnovata e in un contesto, Esprinet, completamente ridisegnato. Ci sono formule che, a dispetto dell’età, continuano a mietere successi e nel mondo ICT di casa nostra, da sempre, il Campus di Itway Vad (oggi Mosaico e parte del Gruppo Esprinet) è un appuntamento al quale chiunque abbia come missione quella

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Rivivi il Campus attraverso il social report esclusivo

di sviluppare business con l’innovazione ICT difficilmente rinuncia. È stato così anche nei giorni scorsi quando il Campus è tornato on the road al fianco di V-Valley, EDSlan e all’interno del Gruppo Esprinet. Una dimensione che ha convinto gli oltre 300 reseller presenti all’Hotel Enterprise di Milano. Una dimensione che, mai come quest’anno, ha saputo unire la densità dei contenuti a un approccio diretto, concreto e anche accattivante con la presenza di Marco Melandri, campione italiano di motociclismo, nato a Ravenna (come Mosaico) e in sella a un’altra eccellenza italiana come la Ducati nel mondiale Superbike.

Esprinet, un Campus da record

Un contesto e una dimensione nuova si diceva, quella del Gruppo Esprinet, che lo scorso anno, proprio di questi tempi, ha rilevato il ramo VAD dal Gruppo Itway andandolo a posizionare, all’interno del suo

hub del valore al fianco di V-Valley e di EDSlan. Un contesto in cui Itway Vad (oggi Mosaico) rappresenta il cuore che genera valore, soprattutto in ambito sicurezza, software di gestione server, open source (grazie alla partnership strategica con Red Hat) e, ancora, virtualizzazione. Tornando alla cronaca, la giornata si è sviluppata, come da tradizione, lungo i binari degli incontri verticali e formazione anche hands on a tu per tu con i più importanti vendor ICT. Ma, come è normale, tra i tanti centri di gravità dell’evento, al fianco di Security, GDPR, Virtualization, Smart working, Open Source, Cloud Computing, Networking, Enterprise Software, c’è stata la voglia di fare il punto sul posizionamento di Mosaico nel mondo Esprinet e, soprattutto, sulle prospettive future. A farlo, con la disponibilità, la competenza e l’approccio diretto di sempre ci ha pensato Luca Casini, Direttore Commerciale di V-Valley affiancato da Silvio Calcina, Direttore Commerciale di Mosaico. «Con l’integrazione di EDSlan e Itway Vad in un Gruppo come Esprinet in Italia, ha preso vita e forma un fornitore di soluzioni end to end globali - ha raccontato Casini -. Un Hub del valore al servizio dei rivenditori. Una struttura grande e piccola a piacere perché capace di scalare e costruire flessibilmente offerte e progetti che integrano virtuosamente sistemi client, soluzioni mobile, accessori, tecnologie che vanno dal networking alla digital home passando per il datacenter, i server, lo storage, la rete, la security, il cloud, la videosoreglianza, la telefonia su IP, le UCC, l’identificazione automatica, la progettazione ambientale dei datacenter, il cabling, gli UPS e i Rack». «Itway Vad, oggi Mosaico, ha portato in dote una squadra di 33 specialisti che hanno competenze, esperienza e abilità nel parlare la lingua del rivenditore, un patrimonio importante - ha raccontato Silvio Calcina -. Non solo, Itway Vad/Mosaico vanta innanzitutto un brand estremamente conosciuto e radicato come quello del Campus. Un format di incontri formativi che ogni anno chiama a raccolta i più importanti system integrator italiani e che oggi ha confermato di essere più vivo che mai».


Per il gestionale arriva l’integrazione con Prestashop, la piattaforma opensource per lo shop online. Con pochi click viene aggiornata la gestione degli articoli e delle vendite

EVOLUTION Lungomare Adriatico, 28 30015 Chioggia (VE) Tel. +39 041 5543800

online. Evolution ha sviluppato il bridge di connessione che permette di interfacciarsi, grazie all’API key generata da Prestashop, al database dell’e-shop. Come da tradizione, il nuovo strumento è già compreso nel gestionale Evolution senza costi aggiuntivi per gli utenti in possesso della licenza d’uso del programma in quanto le migliorie e gli aggiornamenti fiscali vengono rilasciati gratuitamente per tutti gli utilizzatori del software. Grazie a questa funzionalità si potranno gestire tutti gli articoli e le vendite dello shop direttamente dal gestionale con pochi clic. Nel negozio online sarà infatti possibile importare tutti gli articoli, appartenenti alle categorie scelte per l’e-commerce, presenti in Evolution

con relative schede prodotto, codici prodotto, foto, giacenze e prezzo. Non c’è alcun limite per il catalogo prodotti da importare per cui si possono creare negozi con migliaia di articoli che saranno integralmente gestiti dal lato del software gestionale Evolution: dall’aggiornamento prezzi alla disponibilità del prodotto.

Dopo aver sincronizzato gli articoli presenti in Evolution con quelli dell’e-commerce, verrà avviata l’automazione che verifica, in base ad un timer preimpostato, la giacenza di magazzino di Evolution. Se verrà modificata la quantità di ma-

gazzino di un prodotto tramite acquisto o vendita sul gestionale questa verrà aggiornata anche sull’e-commerce e viceversa. Inoltre, quando verrà registrata una vendita sul negozio online, questa ed il rispettivo cliente saranno importati automaticamente in Evolution. Per il cliente verrà creata la relativa scheda nell’anagrafica Clienti con i dati presenti nel suo account sul negozio mentre l’ordine verrà caricato nelle Vendite dove si potranno gestire tutte le fasi della preparazione della merce venduta (ordine, evasione dell’ordine parziale o completa tramite ddt o fattura, packing list, stampa etichette). Evolution. La vera automazione inizia ora!

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Tutto in tempo reale

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Da oggi Evolution può connettersi ad una delle piattaforme di e-commerce più amate dal Web per semplicità e design: Prestashop. L’interfaccia utente semplice e intuitiva, l’aspetto estetico rivolto a migliorare l’esperienza di acquisto digitale, la comunità di programmatori e Web designer attiva attorno al prodotto, lo rendono uno dei migliori prodotti opensource e gratuiti sul mercato digitale per realizzare il proprio negozio

D i g i tal 4 Tr ade per E v o l uti o n

Evolution 4.1 si connette al tuo e-commerce


D i g i tal 4 Tr ad per G etac

Non solo hardware per i partner di Getac L’azienda, specializzata in rugged device, estende l’offerta a soluzioni personalizzate e assicura con una garanzia unica sul mercato a copertura dei guasti accidentali

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Il mercato dei device “rugged”, ovvero quei prodotti progettati per chi lavora al di fuori di un contesto protetto come quello di un ufficio è in forte sviluppo, perché cresce la consapevolezza, tra gli addetti ai lavori del settore IT, che scegliere il giusto device, che garantisca un flusso lavorativo senza interruzioni, può tradursi spesso in vantaggio competitivo. Il concetto “rugged”, ovvero “robusto” oggi si evolve e Getac, multinazionale specializzata nella produ-

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GETAC ITALIA Palazzo Cassiopea 3 Centro Direzionale Colleoni Via Paracelso 26, 20864 Agrate Brianza (MB) http://it.getac.com/index. html Sales-Getac-Italy@getac. com Tel: +39 039 617720

zione e commercializzazione di computer e tablet rugged fin dal 1989 e presente in Italia dal 2010, si presenta sul mercato con un’ampia gamma di PC e tablet affidabili, dalle funzionalità avanzate con tecnologie Hardware e Software integrate, soluzioni di montaggio, servizi pre e post vendita, che rispondono ai più alti requisiti richiesti oggi dai clienti. In fase di pre vendita, Getac offre assistenza e consulenza sia nella fase di acquisto, che nella fase di sviluppo e progettazione. I dispositivi hanno un ampio ventaglio di opzioni e accessori per personalizzare la richiesta di implementazione della dotazione IT di un cliente e lo assiste per trovare la soluzione più idonea alle sue esigenze garantendo altissimi standard qualitativi, durevolezza e alte prestazioni. Offre inoltre il programma di Buy Back che consente di valorizzare le dotazioni IT esistenti. Getac crede fermamente an-

che nella qualità dei servizi post vendita, consapevole del fatto che, una cattiva gestione dell’assistenza tecnica in caso di rottura di un device, si traduce spesso in un allungamento dei tempi di inattività e spese non preventivate. Proprio per risolvere questa problematica e assicurare la copertura dei danni accidentali e dei guasti, Getac ha lanciato la garanzia Bumper-to-Bumper, una vera e propria novità sia nel mercato italiano che in quello internazionale. Chi sceglie Getac lavora spesso in ambienti difficili, non protetti o in situazioni estreme e non può permettersi lunghi periodi di inattività causati dalla rottura del proprio device, essenziale quindi poter contare in caso di guasto su servizi post vendita di alto livello qualitativo. Chi acquista infatti un prodotto Getac fully rugged, ha diritto ad una garanzia standard “Bumper to Bumper” di 3 o 5 anni (a seconda del modello), che copre non solo i guasti ma anche i danni accidentali ed è estendibile per i due anni successivi. La garanzia prevede inoltre il servizio Pack & Collect senza costi aggiuntivi, un processo di riparazione completamente gestito da Getac con la sicurezza di avere ricambi originali e la sostituzione del prodotto gratuita in caso di irriparabiltà del device stesso. Getac è responsabile di tutto il processo di assistenza e riparazione, che va dalla diagnostica alla riparazione del prodotto stesso e la gestione è affidata esclusivamente a tecnici professionisti o centri di assistenza qualificati: per attivare il servizio, basta inviare la richiesta di assistenza al Getac Service System, che ritirerà entro 24 ore il prodotto da riparare. Urti, agenti chimici, polvere, sabbia, acqua e temperature sotto lo zero sono tutti elementi esterni che possono compromettere il flusso lavorativo, per questa ragione, scegliere un device rugged risulta essere la soluzione vincente. I mercati ai quali Getac si rivolge sono numerosi: logistica, automazione, settore sanitario e militare, forze di polizia e enti governativi, settore industriale, manufatturiero e petrolchimico, tutti settori che richiedono soluzioni e servizi personalizzati e know how.


Marco Coppolino, CIO di Consys.it SRL

CONSYS.IT Via Magenta, 77/5 20017 Rho (MI) Tel: 02 9350 7379

Quando è stato annunciato ad agosto 2017, ci si è chiesti subito come mai nessuno ci aveva ancora pensato. Vista la semplicità dell’idea, infatti, sembra essere un servizio che sia esistito da sempre. In effetti l’idea è semplice: analizzare in modo giornaliero i dati provenienti da management e gateways (logs di sistema inclusi) per consentire un supporto completamente proattivo, prevenendo quindi tutti gli eventuali problemi che possono portare a down della struttura. Il tutto con l’esperienza e la conoscenza del prodotto che solo un vendor può avere. I dati raccolti, debitamente consolidati, correlati e analizzati, possono evidenziare problemi di qualsiasi natura, come ad esempio: • Problemi di comunicazione gateway/management • Livelli di patching non allineati o inadeguati • Messaggi particolari nei log di sistema • Sistema non ottimizzato (SecureXL/ CoreXL disabilitati) Ciascun problema viene classificato in termini di criticità e corredato da azioni di remediation, che vanno dalla segnalazione dell’articolo di knowledgebase relativo, all’apertura automatica di un Service Request, al contatto, nei casi più gravi, di un System Engineer della TAC all’utente finale (nel caso di Direct Support) o al CCSP. La raccolta giornaliera di tutte queste informazioni può comportare inoltre l’emissione di una serie di report personalizzati

che illustrano la situazione dell’infrastruttura, ma soprattutto che evidenziano potenziali comportamenti che possono portare a disservizi. Il servizio, acquistabile on-top a tutti i Direct o Collaborative Support, viene offerto in tre modalità distinte: • Standard PRO: Supporto 5x9 • Premium PRO: Supporto 7x24x365 • Elite Pro: Supporto 7x24x365 con possibilità di intervento onsite L’attivazione è pressoché immediata, attraverso la modifica delle policy e la configurazione del servizio sul cloud. Check Point PRO Support, unito ai servizi di supporto Consys.it Bronze, Silver e Gold, unisce le potenzialità di un supporto proattivo con gestione di tutte le segnalazioni, nonché di tutti i Ser-

vice Request, da parte di una squadra di helpdesk avente a disposizione tutti gli strumenti ed il know-how che solo un partner Four-Star con esperienza ventennale può avere.

D i g i tal 4 Tr ade per Co nsy s.i t

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Con PRO Support il vendor di sicurezza anticipa il cliente nelle fasi di troubleshooting L’analisi giornaliera dei dati diventa proattiva e stila una classifica delle problematiche

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Il supporto di Check Point diventa proattivo


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Speciale #Hpeinnolab

HPE InnovatIon Lab, è IL momEnto dELLa dIstrIbuzIonE

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Il cammino delle inaugurazioni dei 19 Lab HPE sul territorio ha raggiunto nuove strategiche tappe. È ora il momento del coinvolgimento dei distributori, per la creazione di 4 HPE Innovation Lab al servizio del canale. Un progetto italiano che sta facendo letteratura nella strategia che il vendor rivolge al canale dei partner e che ha avuto elogi direttamente da Meg Withman nel corso della sua visita italiana all’evento bolognese dedicato ai partner Marco Maria Lorusso

da Ingram mIcro un Lab a mIsura dI vaLorE Giorgio Rovatti

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Business Manager Value at Ingram Micro Italia

Il bello di un progetto come l’HPE Innovation Lab è che, nonostante sia cominciato ormai da mesi e stia toccando puntuale le più importanti geografie italiane, ha costanti elementi di diversità. «Non potrebbe essere altrimenti - racconta Paolo Delgros-

so, numero uno del canale HPE in Italia e anima del progetto -: si tratta di un’idea italiana, fatta di creatività, concretezza e voglia di cambiare passo». La stessa voglia che, dopo le 15 inaugurazioni dei Lab dei più importanti system integrator italiani, proprio nelle scorse settimane ha avviato la fase due del progetto, che porterà all’inaugurazione dei 4 Lab presso i distributori della multinazionale americana. A varare questa nuovo inizio è stata Ingram Micro con un evento che ha chiamato a raccolta numerosi reseller, attirati proprio dall’idea alla base di questo nuovo spazio: la distribuzione 2.0 che, con reseller e vendor crea partnership a 360° con un focus totale sui clienti finali. «Con questa prima inaugurazione dell’Innovation Lab presso un distributore - racconta Delgrosso - apriamo una nuova strada per questo progetto. I Lab si aprono ai clienti fina-


questo spazio ora c’è un supporto concreto per essere competitivi a tutti i livelli».

La scommessa del distributore 2.0

Un’investitura ufficiale e importante per i distributori, che ha trovato Ingram Micro nel pieno della trasformazione in ottica valore. «Esattamente - racconta Giorgio Rovatti, Business Manager Value di Ingram Micro Italia - il taglio del nastro dell’Innovation Lab di Ingram arriva a coronamento di un anno di lavoro che ci ha portato a ricostruire un team. Una riorganizzazione nel segno della vicinanza con il territorio, con i partner, con i vendor. Essere distributore 2.0 per noi vuol dire più sinergia con tutte le componenti della catena e un ruolo che non è più legato al tradizionale concetto di supply chain. Distributore 2.0 si concretizza con un progetto come gli Innovation Lab e vuol dire partnership vera, ovvero progetti in cui insieme ai partner pensiamo, incontriamo, creiamo valore per i loro clienti».

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L’inaugurazione dell’HPE Innovation Lab di Ingram Micro Italia

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li ma anche ai partner che non hanno risorse per un simile ambiente di test e che nel distributore incontrano un investimento fatto di spazi e tecnologie innovative. Uno spazio dove i partner possono formarsi, testare ma anche invitare i clienti per progettare insieme la loro infrastruttura IT futura, fatta di iperconvergenza, cloud ibrido, nuovi sistemi storage, network». Una distribuzione che si è messa in discussione aderendo a questo progetto. Ma in cambio HPE cosa chiede? «Siamo molto contenti della risposta, immediata e convinta che i nostri distributori stanno dando a questo progetto - racconta il manager -. Una risposta premiata dal seguito di tanti partner che hanno voluto conoscere questo spazio a loro dedicato. Per quanto concerne il ruolo che ci aspettiamo da realtà come Ingram, nessuno come loro ha, per ampiezza e valore delle relazioni, numeri così sul canale. Il distributore, per HPE è vitale per aiutare i reseller, spesso piccoli, che cercano però innovazione di valore sui propri clienti. Grazie a

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Speciale #Hpeinnolab

Il valore made In Italy unIsce esprInet e Hpe

questa vocazione allestendo il suo Lab su un Truck mobile che monta le nostre più innovative tecnologie e quelle dei tanti vendor che collaborano con noi per raggiungere partner e clienti ovunque, creando eventi ad hoc, demo room e momenti di incontro per toccare con mano il futuro. Esprinet è nostro partner di lunga data, che ha investito nel valore con V-Valley, una scelta in sintonia con quanto stiamo

Alessandro Cattani CEO e AD di Gruppo Esprinet insieme a Stefano Venturi (a dx), AD di Hewlett Packard Enterprise Italia

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«Abbiamo la responsabilità di aiutare gli imprenditori, sul territorio, a trasformare le imprese, i clienti, il Paese, a partire dall’area geografica in cui operano. Per questo l’ingresso di Esprinet e in particolare di V-Valley nel progetto HPE Innovation Lab assume una valenza decisiva per tutto il canale». Alessandro Cattani, numero uno del Gruppo Esprinet, saluta così l’ingresso della “sua” azienda nel cammino degli HPE Innovation Lab. Un cammino che ora ha visto il turno di V-Valley, anima a valore del Gruppo Esprinet che incrocia le strade di un progetto di eccellenza made in Italy come l’HPE Innovation Lab con quelle di Esprinet, azienda che proprio grazie all’anima italiana si è affermata come riferimento europeo nella distribuzione IT. Non a caso, all’inaugurazione si sono dati appuntamento i vertici delle due società. «Gli HPE Innovation Lab sono laboratori dove si fa innovazione vera per creare un ecosistema virtuoso che permetta alle imprese di affrontare la Digital Tranformation - ha spiega Stefano Venturi, guida di HPE in Italia -. V-Valley ha preso alla lettera


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Speciale #Hpeinnolab

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L’inaugurazione dell’HPE Innovation Lab nel Truck di V-Valley

laborano con noi, tra Microsoft, Red Hat, Schneider Electric, VMWare, Plantronics, Veeam». Soddisfatto anche Paolo Delgrosso, responsabile del canale HPE ma, soprattutto, ideatore, del progetto HPE Innovation Lab: «In poco più di sei mesi abbiamo girato l’Italia inaugurando oltre 15 Lab più quelli dei distributori presso i quali ora stanno partendo tante attività ed eventi. Quello di oggi è un nuovo passo che dimostra la versatilità del progetto, declinato sulle strategie di un distributore che si muove insieme ai reseller, e perché prende forma lontano dallo spazio fisico e vicina a quell’innovazione a km0 che è proprio nel DNA del progetto».

HPE InnovatIon Lab, IL gIorno dI SIM nt

Antonello Giordano CEO di SIM NT

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facendo noi oggi. La nuova HPE è infatti sinonimo di valore sotto forma di iperconvergenza, IT Ibrido, soluzioni innovative come Synergy, Simplivity, Aruba Networks». «Siamo pronti a partire - ha confermato Luca Casini, Presidente e Direttore Commerciale di V-Valley -. Per noi l’HPE Lab corrisponde completamento di una strategia che da sempre ci vede al fianco dei nostri partner. Con loro sviluppiamo idee e innovazione. Questo Lab “on the road” sarà un simbolo concreto del valore che mettiamo a loro disposizione per costruire business. C’è spazio per 20 posti e una dotazione tecnologica in cui le soluzioni HPE si integrano con altri brand che da sempre col-

«l’IoT è un presente che trasforma il nostro modo di vivere, lavorare, fare business e comunicare. Affrontarlo non è una sfida per mediocri ma per imprese che scommettono su competenze e valore reale, tangibile». Antonello Giordano, CEO di SIM NT, è un manager che conosce molto bene il territorio, la Puglia, in cui da tempo si trova a guidare la sua impresa con idee chiare e sguardo rivolto in avanti. Un territorio vivo, ricco di eccellenze pubbliche e private che cercano nell’innovazione digitale un nuovo motore per essere più competitive. Una richiesta a cui SIM NT ha deciso di rispondere grazie all’adesione al progetto HPE Innovation Lab, che ha fatto dunque tappa nella sede del system inte-

grator barese diventato così primo e unico anello “pugliese” nella catena dei 19 Lab su cui tanto sta scommettendo la multinazionale americana, in Italia, in questo 2017. «Il mercato - spiega Giordano - chiede competenze e prossimità. Noi da tempo mettiamo sul campo una serie di iniziative concrete, a partire dal progetto del Digital Innovation HUB (DIH) aperto in collaborazione con Confindustria Bari». Per la cronaca, Il DIH Apulia è una struttura che si prefigge di operare a supporto delle PMI pugliesi con l’applicazione dei paradigmi delle tecnologie digitali in linea con le strategie Comunitarie, Nazionali e Regionali di Industria 4.0, in particolare dell’IoT e del Cyber Physical Systems (CPS). «Abbiamo un tessuto industriale composto da numerose aziende pubbliche - ha sottolineato Mariarosaria Scherillo, Presidente Sezione Terziario Innovativo e Comunicazione, Confindustria Bari BAT, intervenuta all’evento - ma anche private che stanno cercando partner di prossimità in grado di mostrare loro ciò che oggi è in grado di offrire e garantire al loro business l’innovazione digitale. Dall’automazione del ciclo produttivo, della fabbrica fino alla digitalizzazione dei processi e l’automazione del data center». Prossimità che, non a caso, è la pasta di cui è fatto lo stesso progetto HPE Innova-


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L’inaugurazione del Lab HPE Innovation di SIM NT

HPE InnovatIon Lab, L’EccELLEnza ItaLIana è ancHE un ProgEtto mondIaLE Iot

Maria Teresa Della Mura

Secondo HPE, una delle sfide più difficili quando si parla di progetti IoT è riuscire a unire infrastrutture esistenti e nuovi hardware e software in un’unica soluzione coesa, in grado di rispondere agli obiettivi del progetto stesso. Una sfida non da poco, dal momento che nella quasi totalità dei casi si tratta di ambienti eterogenei e multivendor, per i quali sono richieste competenza ed esperienza di alto livello. Per aiutare i partner e clienti ad affrontare questa sfida, HPE ha deciso di dare vita a una rete di Innovation Lab dedicati al mondo IoT. Una denominazione che richiama da vicino la rete degli Innovation Lab aperti in Italia in collaborazione con i partner e del tutto simile a questi nella loro concezione: gli IoT Innovation Lab di HPE sono luoghi nei quali è possibile sia comprendere quale sia l’innovazione possibile guidata dall’IoT, sia progettare, sviluppare e testare soluzioni e applicazioni in autonomia, oppure con il supporto degli esperti e dei partner della società. Gli HPE IoT Innovation Lab si trovano al momento a Houston, Grenoble, Bangalore e Singapore, presentati come un luogo di sperimentazione per gli uomini dell’IT e dell’OT. Sono organizzati in zone per attività “hands on”, in base ai casi d’uso. Si parla infatti di “Edge Experience Zones” per le aziende del mondo Oil and Gas, Manufacturing, Engineering, Healthcare, Retail. Così, nella zona Smart City Expe-

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ci era concesso solo nella nostra sede di Cernusco sul Naviglio. Dall’iperconvergenza al cloud ibrido oggi le imprese pugliesi hanno la possibilità, nuova, di toccare con mano questi paradigmi e di capire come possono rappresentare un volano vitale per la costruzione dell’industria 4.0. Questo è uno spazio progettato per essere un luogo di incontro più che di prodotto. Un luogo in cui pensare e condividere progetti di innovazione, uno spazio delle idee. Da oggi è al servizio di questa Regione e su di esso scommetteremmo con attività mirate».

rience si parla di soluzioni per la gestione del traffico e dei parcheggi, con applicazioni di video analytics e data anlytics, o di soluzioni per la gestione delle inondazioni, sviluppate in collaborazione con Microsoft, che ha messo a disposizione la sua piattaforma Azure. Il tutto, naturalmente, orchestrato e gestito con la Universal IoT Platform di HPE. Nell’area Industrial IoT, le soluzioni presenti sono indicative delle collaborazioni che HPE ha in essere con realtà quali GE, o con National Instruments, PTC, SAP Leonardo, Deloitte. Obiettivo è dimostrare l’effettiva integrazione tra IT e OT. Vi sono ambienti per il test dei POC e per la misurazione dei benefici, così da garantire una sperimentazione efficace e sicura.

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tion Lab. «Questa apertura - racconta Paolo Delgrosso - è molto importante perché va a coprire un territorio per noi fondamentale come la Puglia. Un territorio su cui da tempo, come abbiamo visto, SIM NT opera in maniera molto efficace. Insieme a questo tipo di realtà stiamo seminando valore e opportunità di business in questi mesi. Proprio il concetto dei Km0 è la chiave di volta per capire la natura del progetto Innovation Lab. Grazie a strutture innovative come quella di SIM NT oggi ci è possibile fare anche in Puglia quello che un tempo

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Speciale #Hpeinnolab


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L’approccio di panda aLLa Sicurezza: un cSp che va ben oLtre L’antiviruS Non (più) di solo antivirus vive la protezione aziendale. Focus su soluzioni che ottimizzino i processi per la sicurezza, ormai sotto attacco da più fronti

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Loris Frezzato

Gianluca Busco Arrè

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country manager di Panda Security

Il prodotto per la sicurezza è il farmaco che cura l’infezione, ma la guarigione e lo stato in salute necessita l’adozione di stili di vita sani, consoni all’ambiente e di continui controlli. Ma, sempre stando sulla metafora, oggi è meglio prevenire che curare. Anche nella sicurezza IT, infatti, virus e antivirus sono solo una parte del male e della relativa soluzione, mentre gran parte della cura è dovuta alla prevenzione e all’integrazione di diverse soluzioni, per un approccio il più completo possibile alla protezione. Una profilassi, questa, adottata da Panda Security e dal proprio canale, con una strategia basata sull’interazione tra detection, response e di management delle componenti di sicurezza: «L’obiettivo è assicurare al cliente la migliore protezione per i propri sistemi e per fare questo ormai l’antivirus da solo non basta più - conferma Gianluca Busco Arrè, country manager di Panda Security per l’Italia -. Infatti, anche il nostro mix d’offerta si sta adeguando, vertendo sui componenti di Adaptive Defence. Da un lato la parte EDR, unici al momento a disporne. Dall’altro, invece, i clienti ci stanno chiedendo tecnologie di gestione dei sistemi, anche per il fatto che, nonostante le minacce si stiano evolvendo su altri fronti, gli attacchi che sfruttano le vulnerabilità di sistema continuano a persistere». Per questo Panda si propone con la soluzione di IT Systems Management, che assicura il controllo delle macchine dei clienti. Bisogna, insomma, pensare a un nuovo modo di difendersi ma anche a come intervenire sui processi aziendali, come del resto è previsto dal GDPR, per il quale Panda Security sta predisponendo appositi moduli per la sua corretta gestione. Si può, infatti, anche fornire una tecnologia spettacolare, ma ci vuole il supporto di una struttura aziendale del cliente che abbia un minimo

di processo in essere «e oggi attraverso i nostri servizi siamo in grado di indirizzare i clienti sui comportamenti da tenere in caso di incidente o attacco - riprende il country manager -. Un servizio che facciamo sia direttamente sia con i nostri partner. I percorsi di formazione gratuiti che saranno erogati per il canale sono infatti pensati in quest’ottica. La componente formativa è nostra responsabilità e attraverso i partner, o noi direttamente, offriamo al cliente il progetto chiavi in mano, fatto di soluzione e formazione, tutto all’interno delle tecnologie Panda. Valore e margine che i nostri partner possono aggiungere alla vendita della soluzione».

Il cattivo esempio che fa cultura In ogni modo, la sensibilizzazione dovrebbe essere maggiore che in passato, vista l’eco mediatica che hanno avuto gli attacchi Wannacry e NotPetya di questi ultimi mesi, e Busco Arrè tiene a sottolineare che «Nessuno dei nostri clienti che ha utilizzato Adaptive Defense è stato colpito da alcun incidente. Un messaggio che stiamo incoraggiando i nostri partner a portare ai loro clienti. Certo è che non ci sono scusanti per non tenere aggiornati e in sicurezza i propri sistemi aziendali, e un buon sistema di sicurezza deve prevedere l’aggiornamento dei sistemi. Da questo punto di vista, anche il fatto di essere un vendor di cloud security ci fa gioco. Il cloud, infatti fa parte della nostra strategia e tecnologia, non solo accessibile da web ma, non avendo alcuna componente infrastrutturale, tutte le nostre tecnologie sono integrate attraverso il cloud, e i nostri system integrator possono usufruire di queste tecnologie per offrire servizi. Un’ottica che a breve ci porterà a essere il primo e unico vendor di security a offrirci in modalità CSP (Cloud Service Provider)».


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Da Netapp soluzioNi complete per le azieNDe “guiDate Dai Dati” I dati sono il nuovo tesoro che le imprese possono sfruttare per creare opportunità di business e migliorare l’efficienza: lo spiega Marco Pozzoni, country sales manager di NetApp Italia presentando le ultime novità tecnologiche e la strategia imprenditoriale, definita “data fabric”, del vendor. Una strategia che mette al centro, appunto, i dati, gestendoli in sicurezza, indipendentemente che siano on-premise, su cloud privato, pubblico o ibrido e mira a lasciare all’utente ampia libertà di scelta sulla modalità di utilizzo e consumo delle tecnologie e servizi di storage che meglio soddisfano le specifiche esigenze.

Marco Pozzoni

Tre pilastri per unificare i dati

Country sales manager di NetApp Italia

Nella foto, il nuovo sistema iperconvergente NetApp HCI

La strategia data fabric, continua Pozzoni, poggia su tre pilastri per unificare la gestione dei dati. Il primo è sfruttare la potenza del cloud ibrido, per accompagnare il cliente verso la “forma” di nuvola che meglio risponde alle proprie necessità: per esempio, l’offerta NetApp OnDemand, mira a fornire la flessibilità tipica del cloud in ambienti on-premise, rendendo disponibile l’infrastruttura on-premise di NetApp attraverso un modello a consumo: l’utente ha il controllo dell’infrastruttura, di proprietà di NetApp, e paga mensilmente la capacità di storage utilizzata. Il secondo pilastro è la costruzione del data center di prossima generazione, facendo leva sia sulla gamma di array “all-flash” della serie SolidFire, sia sull’offerta di infrastruttura convergente FlexPod, cui si aggiunge la soluzione di infrastruttura iperconvergente NetApp HCI. Quest’ultima, disponibile a fine anno, fornisce risorse di calcolo, storage e networking e, rispetto alle soluzioni classiche, permetterebbe di scalare in maniera indipendente e granulare le risorse di elaborazione e di storage, aggiungendo all’infrastruttura solo ciò che serve.

NetApp HCI consente di eseguire molteplici applicazioni con prestazioni garantite, automazione ed efficienza elevate, funzionalità di replica, protezione dati e servizi di alta disponibilità. Il terzo pilastro è la modernizzazione dello storage e della gestione dei dati, perseguibile, ancora una volta, attraverso soluzioni come la serie di array all-flash SolidFire. Ma, sempre in quest’area, è disponibile anche la nuova versione del software ONTAP (9.2), in grado di migliorare le prestazioni dei sistemi all-flash, oltre che l’efficienza e lo spostamento dei dati nel cloud. I tre pilastri strategici illustrati, chiarisce Pozzoni, permettono di volta in volta di declinare tutto il portafoglio di soluzioni di NetApp nei vari

settori di mercato, con l’obiettivo di aiutare le imprese nella fase di transizione verso la trasformazione digitale, a prescindere da dove si trovano nel percorso di migrazione. Un compito non facile, sottolinea il manager, perché NetApp oggi si proietta in un settore dello storage dove l’hardware non è più al centro della strategia, che si arricchisce di componenti software e servizi cloud. «Quindi non possiamo muoverci da soli, ma abbiamo necessità di un ecosistema di partner forte e competente, su cui stiamo costruendo professionalità, anche cercando nuove partnership». Tra queste, in particolare, l’espansione della collaborazione con Microsoft, per facilitare e accelerare il percorso di migrazione delle organizzazioni verso il cloud ibrido.

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Giorgio Fusari

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Nuovi modelli di consumo cloud-like per lo storage, l’infrastruttura iperconvergente NetApp HCI, e il rafforzamento della collaborazione con Microsoft per il cloud ibrido, riposizionano la strategia del vendor. Senza dimenticare i partner, essenziali per la trasformazione digitale


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AMD rinAsce con Zen,

l’ArchitetturA versAtile che striZZA l’occhio AD Ai e vr

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Rinnovato l’interesse verso i data center e sfida alla concorrenza sul terreno dell’HPC. La spinta del vendor arriva anche dalle nuove opportunità che emergono dalla “rivoluzione IoT”

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Annalisa Casali

Chi ricorda AMD lo fa soprattutto parlando di Athlon, il processore “da record” che tra il 2000 e il 2005 aveva levato il sonno ai dirigenti Intel. Poi anni di alterne vicende e, negli ultimi semestri, il colpo di coda. Una nuova CEO, Lisa Su, e una nuova strategia, tutta incentrata sul ruolo di Zen, architettura versatile e altamente performante presentata ufficialmente 4 anni fa ma i cui primi frutti vedono la luce solo di recente. AMD ha deciso, così, di ributtarsi nel mercato delle CPU con soluzioni che presentano il giusto mix di numero di core, funzionalità all’avanguardia e prezzi concorrenziali. «Ero e sono convinto che questa società dovesse tornare alle sue radici, ovvero all’HPC (High Performance Computing - ndr) e alla grafica professionale - spiega Jim Anderson, Senior VP e General Manager del Computing & Graphics Business -. Il lavoro di ricerca e sviluppo fatto è davvero maniacale, tanto che Zen Core è, oggi, l’architettura più performante per i compu-

ter commerciali, con un 270% in più di prestazioni rispetto alla famiglia di prodotti precedenti, grazie al miglioramento dell’architettura stessa, che ha aumentato la potenza complessiva di ben il 70%». La società vanta, oggi, un’offerta che si rivolge a tre segmenti: data center, grafica professionale e clienti finali. Epyc è la gamma di processori destinati a equipaggiare l’hardware dei data center. Si tratta di strumenti molto potenti, con un numero elevato di core (fino a 32) e sono stati pensati per bilanciare in modo ottimale le risorse di elaborazione dati, così da garantire prestazioni elevate su tutte le possibili applicazioni aziendali. Inoltre, offrono funzionalità di sicurezza “integrata” nel microprocessore (in silicon). Per tutti questi motivi rappresentano una soluzione ottimizzata, in particolare, per gli ambienti HPC e lo storage ad alte prestazioni, garantendo - assicurano i vertici AMD - consumi e spese operative ridotte.

Un occhio di riguardo all’intelligenza artificiale

Radeon PRO è la gamma recentemente annunciata di schede grafiche per workstation pensate per il mondo del gaming/entertainment, la grafica professionale e la ricerca scientifica. Radeon PRO Vega è l’offerta indirizzata ai cosiddetti “mainstream user”, cioè gli utenti che quotidianamente operano con i software di analisi dati e collaborazione remota e creano contenuti grafici più o meno complicati. A questa si affianca la versione VR Ready di Radeon PRO, studiata appositamente per ottimizzare le prestazioni delle applicazioni


yte di dati in pochissimo tempo, creando video compressi ad altissima qualità (fino a 8K), con la garanzia di un rendering fotorealistico. Proprio l’accelerazione delle attività di rendering (che notoriamente “ingolfano” la cache) è al centro delle novità introdotte con l’applicazione Radeon ProRender, tecnologia che risulta particolarmente apprezzata dagli operatori dei settori aerospaziale, edilizia/costruzioni e media/entertainment. Infine, Ryzen è la famiglia di CPU destinate all’utenza aziendale, per equipaggiare desktop, workstation e notebook per i settori education e PA. AMD ha già rilasciato Ryzen 7, primo processore basato su architettura Zen sul mercato, e Ryzen 9 Threadripper, la CPU ad alte prestazioni per le applicazioni di rendering 3D. Con nuovi spazi che si

Client Business Unit -. Abbiamo lavorato molto per migliorare le performance delle CPU Ryzen PRO rispetto alla concorrenza, riuscendo a ridurre anche i consumi». I Ryzen PRO integrano la tecnologia AMD SenseMI, che permette di distribuire in maniera intelligente e automatizzata la capacità di clock; oltre alla cifratura a 128 bit “in silicon”, grazie alla tecnologia proprietaria GuardMI. Nella fascia alta dei nuovi prodotti, Ryzen 7 PRO è un processore a 8 core indicato per gestire i carichi di lavoro che richiedono un consumo intensivo di risorse computazionali, come l’editing o la renderizzazione di immagini e filmati 3D, con soluzioni che si rivolgono direttamente ai comparti dell’elaborazione delle immagini mediche, al mondo dei centri di ricerca e al settore oil&gas/estrattivo.

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aprono anche per effetto della progressiva svolta IoT delle aziende, dove le applicazioni legate alla realtà virtuale, immersiva e aumentata, così come all’AI, spingono le prestazioni di desktop, server e workstation oltre i limiti, fino a rappresentare dei veri e propri colli di bottiglia per le CPU. Ed è proprio al segmento dell’HPC e dell’High End Desktop che punta la società per guadagnare terreno nei confronti delle rivali storiche. Nelle scorse settimane è stata presentata anche la versione Pro di AMD Ryzen per desktop e notebook commerciali, in virtù degli accordi OEM che legano AMD ad HP, Dell e Lenovo. «Si tratta di prodotti che superano di diversi ordini di grandezza le prestazioni delle generazioni precedenti dei nostri processori e anche quelle dei concorrenti - spiega Kevin Lensing, Corporate VP e GM della

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che strizzano l’occhio all’IoT e, più precisamente, all’intelligenza artificiale e alla realtà virtuale o aumentata, che stanno vivendo un momento d’oro. «C’è sempre più interesse da parte dei consumatori finali verso la realtà virtuale, principalmente nel gaming, ma anche nelle applicazioni commerciali. E se negli USA il fenomeno è già evidente, soprattutto nel settore della sanità privata, si tratta di una tendenza destinata a espandersi e consolidarsi nel corso dei prossimi anni anche nel resto del mondo», spiega Nick Pandher, Direttore Market Development per le soluzioni Radeon. I team di ricerca della società hanno lavorato a quella che Pandher definisce una «implementazione a livello server della realtà virtuale». Questo per l’azienda si traduce nella Interactive Virtualization, ovvero nella possibilità di spostare terab-


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Il maInframe IBm guarda al futuro

Con la presentazione della Serie Z 14, il sistema di IBM entra nella Next Generation e si ripropone come pilastro dell’economia moderna, guardando ad analytics, sicurezza, blockchain e aprendo ai partner le API per lo sviluppo

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Loris Frezzato

Enrico Cereda AD e presidente di IBM Italia

Il mainframe ha fatto la storia dell’economia italiana e ancora oggi, dopo 53 anni, ha ancora tanta, rinnovata, energia, per guardare al futuro. E IBM al futuro guarda con la presentazione della nuova famiglia Z 14, a tre anni dalla Serie Z 13, adottando il concetto di trust che le consente di arricchire funzionalità e di estendere lo sguardo verso blockchain, analytics e conseguente machine learning e con la garanzia di sicurezza assoluta. «I nostri competitor periodicamente annunciano la morte del mainframe - dichiara Enrico Cereda, AD e presidente di IBM Italia -. Nel frattempo il mainframe IBM prosegue senza sosta la sua corsa, da ben 53 anni e con crescente energia guarda al futuro. Il mainframe oggi è utilizzato da gran parte dei nostri più grandi clienti e attraverso di esso passa l’87% delle transazioni con carte di credito e gran parte delle operazioni bancomat, con sempre più aziende che vi spostano i propri carichi di lavoro da piattaforme distribuite. Tutte le banche e tutte le Telco lo usano, a riprova della sua alta affidabilità, potenza di calcolo e sicurezza, in assoluta sintonia col mondo cloud».

Sul fronte della sicurezza i nuovi mainframe possono vantare una criptazione completa dei dati che vi transitano o risiedono, elevando la security garantita e ponendo i sistemi IBM al top in termini di protezione. Ma si aprono anche all’intelligenza aumentata, candidandosi, dicevamo, per essere abilitanti il machine learning, forti di quella gran mole di dati che riescono, ora, a immagazzinare in funzione degli oltre 30 Terabyte di archiviazione disponibile e a far poi passare al vaglio degli analytics, grazie ai processori specializzati per la parte computazionale, integrando tecnologie esistenti con quelle nuove, consentendo di raggiungere prestazioni per carichi Java del 50% superiori rispetto agli x86.

Total encryption e analytics che promuovono la blockchain I dati, quindi sono tanti e tanto più spazio di archivazione è destinato a loro dalla nuova generazione di mainframe IBM. Dati che il vendor ora vuole, oltre che analizzare, trasformare in conoscenza. Un processo possibile solo attraverso l’indirizzamento e gestione del flusso delle informazioni e attraverso la loro condivisione e correlazione. In parole povere è il concetto di blockchain che caratterizza gli Z Series, che IBM sponsorizza attraverso il progetto Fabric per fare in modo che la blockchain technology sia abilitante al business, oltre che cross industry. Una blockchain che è integrata in cloud. Anzi, è “cloud dotato di tecnologia”. L’invito è quindi di sfruttare appieno le potenzialità dei nuovi mainframe, approfittando delle nuove funzionalità offerte dal potenziamento delle capacità di calcolo presenti nella Serie 14. potenzialità ancora più evidenti attraverso il concetto di connected mainframe, che apre all’integrazione con l’universo dei partner IBM, dagli integratori dediti alla vendita ma, soprattutto, con gli sviluppatori, verso i quali sono state aperte le API e la fruizione di dati e programmi.



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