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Marco Maria Lorusso Direttore Responsabile Digital4Trade

marco.lorusso@digital4.biz @MarcoLorux

brother.it/L2000

Il cloud c’è. Ormai c’è. E se ne stanno accorgendo le aziende e, soprattutto (e finalmente) anche il canale. Dopo anni di aspettative, previsioni, rallentamenti e anatemi, il mercato legato ai servizi sulla nuvola è infine decollato e sta prendendo quota, mostrando la propria consistenza a dispetto del nome che lo definisce. Un mercato che sul lato business si è da sempre caratterizzato soprattutto in una forma di private cloud per poi aprirsi alle forme più o meno ibride. Una esternalizzazione dei propri asset che richiede flessibilità estrema, consentendo di valutare quali informazioni e applicazioni allocare sul public cloud e il grado di rischio - a volte solo percepito - di non averle in casa propria. Da qualche tempo i big vendor, paladini delle piattaforme proprietarie, hanno scoperto i vantaggi che derivano dall’apertura verso “altri cloud” che non fossero strettamente legati alla propria offerta. Amazon Web Services, Microsoft Azure, Google, IBM, HPE, ricorrono sempre più di frequente nelle partnership proprio per consentire ai clienti di aprirsi verso altri cloud, sciogliendoli, di fatto, dai vincoli del monobrand per andare nella direzione dell’ormai trasversale “multicloud”. Finalmente le aziende possono scegliere quale (e di chi) cloud utilizzare e per cosa: in genere, cloud privato per le applicazioni critiche, quello pubblico per applicazioni meno critiche per il business aziendale, mentre le forme ibride vengono sfruttate perlopiù per la tutela del parco installato. Un’ulteriore barriera all’adozione del cloud inizia, quindi, a essere abbattuta e le aziende possono liberamente scegliere dove, quanto, cosa e come andare sul cloud. Anche la sicurezza pare ormai avere perso quel potere frenante che aveva sul canale e sui clienti riguardo l’adozione del cloud. Cambia, ovviamente, il processo di vendita, e qui ancora qualche operatore del canale dovrà adeguare le metriche di compensazione della propria forza commerciale. Ma una cosa pare essere certa: la tanto paventata cancellazione della distribuzione dalla scacchiera del cloud pronosticata qualche anno fa dagli analisti non ci sarà. Vuoi che sia l’evoluzione e semplificazione dell’offerta, vuoi che sia un inizio di un percorso di un cambio di ruolo che i distributori hanno iniziato a intraprendere - proponendosi come marketplace per le offerte cloud, veri e propri hub dell’offering as a service - fatto stà che il canale potrà mantenere i rapporti con i propri fornitori a cui da tempo è abituato. In entrambi i casi, comunque, una cosa è certa: nessuno è esentato dallo sviluppare quelle competenze che lo allontanino dalla connotazione di venditore e che lo presentino al mercato come consulente per l’innovazione.

Loris Frezzato Caporedattore Digital4Trade

loris.frezzato@digital4.biz @lorisfrezzato

E di to r i al e

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Cercano, scelgono, scommettono, investono, comprano, (di tasca propria), server, smartphone, storage, pc, sensori, servizi, nuvole, software di ogni forma e densità. Fanno tutto questo e poi lo spiegano, lo mostrano, lo assemblano, lo rendono unico e lo portano, lo distribuiscono e installano nelle imprese, nelle città, nelle scuole, nei negozi, negli uffici in ogni Regione, Città, via, casa, ufficio da Selinunte a Pordenone… isole comprese. “È il mestiere del Trade, bellezza” direbbe qualcuno… è la vita che system integrator, sviluppatori, distributori, reseller, software house si sono scelti fin dalla loro nascita e che, fin dalla loro nascita hanno deciso di stampare a caratteri cubitali sul loro DNA. Un mestiere ma, soprattutto, un ruolo che, mettendo da parte ogni tipo di retorica, spesso, nei salotti buoni dell’innovazione digitale, tra un sermone accademico e un talk show infeltrito, viene derubricato velocemente alla voce “commerciale” “venditore”… vuoi mettere i massimi sistemi interstellari e il fascino del “vuoto” cosmico di tanti, troppi, dibattiti? Non c’è nulla di male in questo se non fosse che proprio il Trade è da tempo diventato il centro di gravità permanente di alcune delle più travolgenti rivoluzioni tecnologico/ culturali del nostro sistema economico/industriale. Non è questione di punti di vista ma di dati di fatto. Cos’è l’Industria o Impresa 4.0 se non un mondo di integrazione e costruzione di soluzioni a valore a cavallo tra l’informatica e l’elettronica? Chi ha il compito di mettere su strada una simile rivoluzione e di portarla nelle nostre imprese? Non c’è risposta, a queste come a mille altre domande, che possa prescindere dalla parola Trade. E allora facciamocene tutti una ragione, è da qui che il futuro del nostro Sistema Paese passa e passerà sempre di più nei prossimi mesi. Esageriamo? Facciamo così: vediamoci il 13 febbraio a Milano, al Marriot Hotel, per la quarta attesissima edizione di Day4Trade #D4T2018. Dalle 9,00 in avanti, ci troviamo per una giornata di festa, valore e incontro, tutto a base di Trade. Hackaton per premiare i migliori sviday4TradE luppatori di chatbot, i massimi esperti italiani a disposizione per capire cosa sono i Bitcoin, la Blockchain, come farci del business e ancora una guida definitiva al GDPR, alle cose da fare e agli errori da non commettere. Facciamo che ci vediamo lì e poi ne riparliamo!

Il cielo è sempre più a pecorelle. È il multicloud

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Caro Trade… Su la testa!


1 6 | 2017 LA MAPPA DELLE STORIE DI CHI, COME, DOVE E PERCHÈ È RIUSCITO A SBARCARE NEL MONDO DEL CLOUD MADE IN ITALY

SAVE BACKUP SHARE On data Center: un futuro sempre più cloud e hyperscale

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Day Time digital4tRadE è una testata di iCt and Strategy Srl, società del gruppo digital 360 Spa Via Copernico, 38 20125 Milano iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 testi e disegni: riproduzione vietata Direttore Responsabile Marco Maria lorusso marco.lorusso@digital4.biz Caporedattore loris Frezzato loris.frezzato@digital4.biz Redazione gianluigi torchiani gianluigi.torchiani@digital4.biz Hanno collaborato annalisa Casali, alastair Edwards, Nicoletta Boldrini, gabriele Faggioli, giorgio Fusari, Maria teresa della Mura, laura Zanotti, Stefano Mainetti, giuseppe goglio

Cloud Computing italia: il canale c’è e punta ai servizi. Ma chiede sicurezza

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tutti verso il cloud. Ma avete fatto i conti con il gdPR?

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Bitcoin, come funziona e cosa potrà diventare

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allarmi cyber security: la minaccia evolve

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deep Web cos’è, come entrare e cosa si rischia

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il consolidamento è una prova per il canale it

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OVH: la nuova sfida è diventare un cloud provider globale

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Cloud, una partita a cui partecipa anche l’italia

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Story Tellers

Sap Hana porta in azienda l’ERP del futuro. la scommessa di Elmec

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Fujitsu Forum: la trasformazione del canale tra acquisizioni di startup e verticalità

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Stampa tipolitografia Pagani s.r.l. Passirano, Brescia - italia

gdPR: Cloud migration e threat intelligenge. le sfide di Fortinet per l’Enterprise Security

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Per informazioni sugli abbonamenti abbonamenti@digital4.biz tel. +39 02.92852785

da Epson lavori in corso per la costruzione di un canale a valore

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la sfida di Check Point per fermare il nuovo contagio ransomware

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Cisco Partner Summit 2017. grandi annunci per i partner

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Commvault: il backup è solo una parte della strategia

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Meg Whitman: «lascio la guida nelle mani migliori, così antonio Neri ci porterà verso l’impresa del futuro»

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Mcafee: integrazione e apertura a beneficio del canale

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dell technologies apre la divisione iot e la arricchisce con un nuovo Partner Program

Impaginazione luca Migliorati

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il Polimi traccia la mappa dei provider di servizi in cloud in italia

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dell EMC, un anno dopo il quadro è positivo

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Dalla preistoria a oggi e con uno sguardo al futuro. L’evoluzione dei Data Center ha avuto un’accelerata che ne ha ribadito il loro ruolo centrale. Con tutte le sfumature, dall’iperconvergenza, all’hyperscale al software defined

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Al contrario di molte previsioni, il ruolo dei Data Center è più centrale che mai nell’IT moderno. Nuove strutture nascono, in linea con le nuove tendenze tecnologiche che ne stanno plasmando il cambiamento

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Gianluigi Torchiani

Massimo Ficagna Senior Advisor degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

Il mondo dell’Information Technology sta cambiando a velocità incredibili e mai viste in passato. Dunque non può essere immune da questa trasformazione la struttura che è alla base di buona parte delle operazioni informatiche, vale a dire il Data Center. Che molti hanno dato per morto in passato e che invece oggi appare più vivo che mai, come testimoniano le recenti inaugurazioni di nuove strutture. Come però ci ha raccontato Massimo Ficagna, Senior Advisor dell’Osservatorio Enterprise Application Governance della School of Management del Politecnico di Milano, ci sono indubbiamente una serie di trend, tecnologici e non, che stanno plasmando la natura stessa del Data Center. Anche se non in maniera tale da cambiare la tradizionale definizione di Data Center: «Si tratta, infatti, sempre di una struttura, intesa come facility, destinata a ospitare un insieme di risorse di calcolo, storage e di rete ed è dotata di tutti quei servizi di supporto che ne permettono di garantire il funzionamento (condizionamento, alimentazione elettrica, antincendio, sicurezza)». Secondo Ficagna i trend, anzi le determinanti del cambiamento che stanno interessando i Data Center, sono piuttosto chiare ed evidenti: innanzitutto si assiste a una grande crescita del volume dei dati e, di conseguenza, il carico elaborativo e di rete per elaborare questi dati aumenta in maniera esponenziale.

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Risorse da comporre in tempi rapidi

Il secondo fenomeno ha a che fare con il fattore temporale: in passato si potevano prendere tempi lunghi per aumentare le dimensioni dell’infrastruttura ed espandere il Data Center. Prima potevano servire mesi anche soltanto per acquistare un po’ di storage e server in più, mentre oggi il tema della digital transformation impone di fare tutto questo in ore o addirittura minuti. C’è la necessità dunque di un’estrema elasticità, per far scalare le infrastrutture verso l’alto o verso il basso a seconda del successo del proprio progetto o applicazione: il caso emblematico è quello di Pokemon Go, che ha avuto un picco enorme in occasione del suo lancio e nei mesi successivi ha subito un crollo, con una conseguente minore necessità di infrastruttura informatica alle spalle. Il terzo fenomeno è la progressiva esternalizzazione dei Data Center aziendali: un tempo questi erano

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I Data Center Hyperscale

Infine, c’è il fenomeno della glocality: da una parte c’è la concentrazione dei Data Center in strutture sempre più grandi, per sfruttare economie di scala (personale, acquisto di risorse hardware e software). D’altra parte, però, anche i grandi player del cloud stanno iniziando a realizzare delle strutture a livello locale, anche in Italia, perché una certa prossimità con il cliente può avere una sua ragion d’essere, anche per la semplicità di gestione di alcuni aspetti normativi. Accanto a questi quattro trend ce n’è un quinto che ormai è assodato, ovvero il fattore green, spinto dalla necessità di ottenere dei risparmi consistenti da un punto di vista economico. Un’altra tendenza collaterale rispetto alle quattro principali è la spinta alla realizzazione di Data Center di dimensioni sempre maggiori, i cosiddetti Hyperscale Data Center. La logica che c’è dietro è chiara: in linea di massima le strutture più grandi riescono a fare economie di scala maggiori, soprattutto per quanto riguarda i servizi standardizzati. Anche in Italia stanno nascendo alcuni Data Center importanti, a testimonianza che qualcosa si sta muovendo.

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un futuro sempre più ClouD e HypersCale

L’ottica Software Defined

Oltre a essere più grandi e più performanti, gli attuali Data Center sono sempre più software definend. «Software Defined Data Center significa sostanzialmente avere virtualizzato tutto: sia la parte di computing, che quella di storage che il networking. In questo modo è possibile attivare più velocemente le risorse che occorrono per un determinato progetto. In passato per costruire una nuova applicazione si aveva bisogno di un po’ di server, un po’ di storage e di rete: questo significava acquistare risorse hardware fisiche, configurarle e collegarle. Grazie alla virtualizzazione è possibile fare tutto ciò con pochi click, utilizzando delle interfaccie programmabili semplificate e unitarie dei tre mondi. Il maggiore beneficio sta quindi nella semplificazione, con vantaggi anche da un punto di vista di personale impiegato nella gestione», evidenzia Ficagna.

L’evoluzione futura dei Data Center

Ma quale sarà l’evoluzione del Data Center del futuro? «Quello che vediamo anche dai trend attuali, è che il Data Center sarà sempre più ibrido. In parte on premise in parte in cloud, con uno spostamento di questo mix progressivo verso la nuvola. Forse soltanto le aziende che sposano l’Industria 4.0 avranno bisogno ancora dell’on premise, perché qui esiste necessità di tempi di risposta davvero stretti. In generale ci sarà sempre più bisogno di efficienza, con un’automazione sempre più spinta, favorita anche da logiche come quella del machine learning» conclude l’esperto del Politecnico di Milano.

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Data Center:

tenuti nelle vicinanze dell’azienda, oggi invece - prima con l’outsourcing e poi con il cloud (pubblico e privato) - la tendenza è quella di portarli sempre più verso l’esterno, in strutture che vanno a gestire l’infrastruttura IT aziendale.


Day Time

Il canale italiano risponde all’appello del cloud computing. Ma ancora tante sono le questioni aperte da risolvere, soprattutto in tema di sicurezza. Le minacce sono ovunque e nel cloud possono potenzialmente trovare nuovi varchi d’accesso


Comprerebbe i servizi cloud?

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Si dai vendor

Si dal mio rivenditore a valore aggiunto (VAR)

7% 15%

Non ancora. Ho in programma di acquistare il prossimo anno

No, non sono interessato

38%

16% 24%

Si, dai distributori

luto mettere a confronto analisti e operatori del settore per discutere di Cloud Computing e dei riflessi in termini di sicurezza che la tendenza all’uso crescente dell’as a service e della collocazione sulla nuvola dei propri dati e informazioni comporta.

Il Cloud in Italia: la ricerca Context

«Il motore che tutto muove, oggi, è la digital transformation - dichiara Isabel Aranda, country manager di Context Italia -, che impatta sui diversi aspetti del business. Dalla domanda dei clienti, le dinamiche dei mercati, i servizi digitali e cloud, l’offerta dei vendor e i servizi erogati dai distributori fino al recruiting dei nuovi talenti e la capacità di attrazione e fidelizzazione di quelli più in grado di portare innovazione alle aziende oggi». La tassonomia dei servizi digitali in cloud si può semplificare in tre categorie: quelli che vanno dalla mobility fino alla Business Intelligence, quelli che portano dall’hardware al cloud e quelli focalizzati sulla sicurezza. E proprio su questa base è stato pensato il Channel Watch di Context, un survey che nel 2017 ha coinvolto 7.500 operatori del canale, interessando Europa, Turchia, Australia, Nuova Zelanda e Brasile. Di questi, 1.177 afferiscono all’Italia, soprattutto realtà di piccole dimensioni.

Il backup rimane in testa ai servizi

Come si poteva intuire, la gran parte dei dealer si concentra sulla vendita dei servizi di backup su cloud (57%), a seguire vanno bene le vendite di servizi di Web hosting e di e-commerce (36%) e i servizi IaaS di infrastruttura (33%). Nel paniere d’offerta dei reseller entrano anche i servizi di applicazioni business (29%) e quelli inerenti la sicurezza (25%) e virtual desktop (23%).

Le barriere alla vendita dei servizi

Che siano culturali o concrete, persistono in molti rivenditori di piccole dimensioni, ancora delle remore a includere i servizi cloud nella loro offerta. Il loro parere probabilmente si discosta da gran parte dei vendor e probabilmente da quello di alcuni analisti, ma una buona parte di loro (36%) è poco convinta che vi sia una domanda tale da giustificare l’investimento di portare a listino i servizi cloud e che la sicurezza non sia ancora in grado di garantire il cloud (27%).

| D a y Ti me

Quali categorie dei servizi cloud ha venduto ai Suoi clienti negli ultimi 6 mesi? 57% 36%

33%

29%

25%

23%

p e ni za ing ura ual k-u ost ce strutt rale licaziodali icurez virt Bac e b H er S top App azien We comm Infra gen s e D eE

17%

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CRM

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un anno (+60%) in parte cannibalizzando quelle di Internet Security (-11%) e comunque ben oltre antivirus (+8%), network security (+7%). Le soluzioni di risk & compliance sono invece aumentate del 25%. Estremamente attive negli investimenti presso il canale di soluzioni di security sono le aziende Enterprise, la cui spesa è

Principali barriere ai Servizi Cloud in Italia: la domanda e la sicurezza

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Proprio al panel italiano è stato chiesto che tipo di rapporto hanno i reseller con i servizi di cloud. Ne emerge che l’inclinazione ad acquistare servizi cloud interessa solo la metà del panel, ma per contro stanno facendo business vendendoli ai propri clienti. Il 54% non è interessato ad acquistarli, almeno fino al prossimo anno, mentre il restante è propenso a farlo, da più fonti: dai distributori (24%), dai vendor (15%) o dai VAR con cui maggiormente collaborano per le offerte a valore (7%).

Servizi di Cloud più venduti dai Rivenditori Italiani

Qual è il motivo principale per il quale non dovrebbe offrirle come parte del Suo portafoglio? 36%

La domanda non giustifica l’investimento

27%

Sicurezza

12%

Altro

8%

Complessità del prodotto

8%

Diritti di proprietà L’Interoperabilità tra il principale sistema interno del cloud

5% 3%

Fatturazione

2%

Restrizioni legali

Le vendite attraverso la distribuzione di Security Software crescono in Italia nel 2017, + 8,5% da gennaio a settembre Quarterly year on year Growth by Country

Un appello alla sicurezza

L’apertura al cloud computing comporta l’aumento dei perimetri aziendali e, per contro, l’innalzamento esponenziale dei possibili varchi d’accesso. Ormai molte sono le soluzioni di sicurezza cloud native o che contemplano nelle loro feature la copertura del cloud computing. Nell’ultimo anno il trend nelle vendite di software di sicurezza attraverso la distribuzione ha avuto una sensibile crescita in revenue: salendo dell’8,5% da gennaio a settembre di quest’anno. Nel Q3 la crescita è stata del 12 per cento. E proprio le Cloud Security Suite sono quelle che hanno avuto l’incremento maggiore nel giro di

Revenue EUR 14%

Italy Security Software

12%

Italy

10% 8% 6% 4% 2% 0% -2% -4% -6% Q3-16

Q4-16

Q1-17

Q2-17

Q3-17

aumentata in un anno del 44,4%. Bene anche le PMI, il cui budget di spesa è cresciuto del 9% e la parte Government, che cresce del 14,3 per cento.

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Isabel Aranda Country manager Context Italia

Rivenditori scettici, in ritardo a cogliere le onde innovative, timorosi di lasciare modelli tradizionali con i quali hanno gestito decenni di business. Storia passata, oggi il canale si scopre molto più dinamico di quanto solitamente si pensi e si è ormai allineato al ritmo della trasformazione digitale e delle nuove sfide che l’innovazione comporta. E la ricerca “rivenditori di cloud computing Italia” appare sempre più di frequente nelle query Web delle aziende nostrane. Lo conferma Context, società internazionale di analisi del mercato ICT, in una sua ricerca, mostrata in esclusiva in occasione di una Distriboutique organizzata dalla redazione di Digita4Trade, l’incontro a porte chiuse che ha vo-

Il survey di Context in esclusiva per #Distriboutique tasta il polso del trade sul tema dei servizi cloud e sui suoi aspetti legati alla sicurezza

Cloud Computing Italia: il canale c’è e punta ai servizi. Ma chiede sicurezza

| D a y Ti me | 12 | Loris Frezzato

Chi compra e chi vende servizi Cloud in Italia


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Anna Italiano Avvocato e Senior Legal Consultant di Partners4Innovation

Ci siamo, lo abbiamo detto e scritto più volte ma giova ribadirlo. Il General Data Protection Regulation (GDPR), ovvero il Regolamento UE n. 679/2016 sul trattamento e protezione dei dati personali, formalmente in vigore dal 24 maggio 2016, diventerà pienamente applicabile dal prossimo 25 maggio 2018. In mezzo a mille discussioni oggi uno dei temi di maggiore attenzione è e sarà sempre più il cloud computing. Per molti infatti sono proprio le nuvole il vero motore scatenante di tutto il “progetto” GDPR. Un progetto che, a livello europeo, è stato fortemente voluto proprio per facilitare ma anche regolamentare, a dovere, l’esternalizzazione di servizi, dati, infrastrutture tecnologiche. Non a caso, il GDPR stabilisce contenuti contrattuali specifici che devono connotare gli accordi tra ogni data controller (l’azienda o ente titolare del trattamento) che intende esternalizzare un trattamento di dati personali, e il data processor incaricato di detto trattamento (il fornitore di servizi esternalizzati, sia esso un outsourcer tradizionale o un cloud service provider).

Ma cosa prevede il GDPR su obblighi e responsabilità tra data controller e data processor?

In materia di formalizzazione scritta degli obblighi relativi all’esternalizzazione del trattamento dei dati personali le ipotesi prese in considerazione dalla

Il nuovo Regolamento Europeo, che sarà pienamente applicabile dal prossimo 25 maggio, stabilisce precisi obblighi e responsabilità di titolari (data controller) e incaricati (data processor) in caso di esternalizzazion e di un trattamento dati. Ecco di cosa tener conto nelle negoziazioni già da subito

Tutti verso il cloud ma avete fatto i conti con il GDPR? Ecco gli impatti sui contratti di outsourcing e servizi ICT

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normativa sono due: - Qualora il titolare affidi uno specifico trattamento a un responsabile; - Qualora un responsabile del trattamento affidi a un altro responsabile del trattamento l’esecuzione di specifiche attività di trattamento per conto del titolare. In entrambi i casi, il GDPR prevede che le parti siano tenute a stipulare un “contratto” o un “altro atto giuridico a norma del diritto dell’Unione o degli Stati membri” che vincoli il soggetto preposto alle attività di trattamento, definendone modalità, condizioni, durata, natura e finalità e chiarendo espressamente il tipo di dati personali trattati, le categorie di interessati, nonché gli obblighi e i diritti del titolare del trattamento.

Quali contenuti dovranno presentare gli accordi tra data controller e data processor?

L’art. 28, comma 3, del GDPR dispone che l’accordo vincolante per il responsabile del trattamento debba prevedere in particolare: - L’obbligo di trattare i dati solo in conformità alle istruzioni - che dovranno essere adeguatamente documentate - ricevute dal titolare, anche in ipotesi di trasferimento dei dati al di fuori dell’Unione Europea; - L’obbligo di garantire che le persone fisiche autorizzate alle attività di trattamento siano vincolate da


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obblighi di riservatezza, contrattualmente assunti o stabiliti per legge; - L’obbligo di adottare le misure richieste ai sensi dell’art. 32 del Regolamento, vale a dire le misure tecniche e organizzative a protezione dei dati ritenuti idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio insito nel trattamento; - Che in ipotesi di ricorso al subappalto - evenienza che richiede sempre una previa autorizzazione scritta da parte del titolare, sia essa specifica o generale - il responsabile: - Imponga al proprio subresponsabile, mediante un contratto o un altro atto scritto, gli stessi obblighi di cui all’art. 28.3 del GDPR contenuti nell’accordo tra il primo e il titolare del trattamento, in particolare sotto il profilo delle misure di sicurezza adeguate al trattamento; - Risponda direttamente nei confronti del titolare per eventuali inadempimenti della propria catena di subfornitura; - Qualora abbia ricevuto un’autorizzazione generale al subappalto, informi il titolare di eventuali modifiche in ordine alla modifica o alla sostituzione di taluno dei propri subappaltatori, dando così l’opportunità al titolare di opporsi a tali modifiche. - L’obbligo di assistere il titolare, mediante misure tecniche e organizzative adeguate, e nella misura in cui ciò sia possibile, nel dar seguito alle eventuali richieste degli interessati (accesso, rettifica, cancellazione, portabilità, opposizione); - Tenendo conto della natura del trattamento e delle informazioni a sua disposizione, l’obbligo di assistere il titolare: - Nell’assicurare protezione ai dati attraverso misure tecniche e organizzative adeguate, ai sensi dell’art. 32 del Regolamento; - Nel notificare all’Autorità eventuali data breaches occorsi, ai sensi dell’art. 33 del Regolamento; - Nel comunicare agli interessati gli eventuali data breaches occorsi, nei casi previsti dall’art. 34 del Regolamento; - Nell’effettuare la valutazione di impatto (impact assessment) richiesta dall’art. 35 del Regolamento; - Nel consultare l’Autorità, qualora la valutazione di impatto effettuata indichi che il trattamento presenterebbe un rischio elevato in assenza di misure adottate dal titolare del trattamento per attenuare il rischio. - L’obbligo di cancellazione o restituzione dei dati, su scelta del titolare, al momento della cessazione del rapporto, salvo che la legge non imponga specifici obblighi di conservazione;

- L’obbligo di mettere a disposizione del titolare tutte le informazioni necessarie a dimostrare il rispetto degli obblighi di cui al presente elenco; - L’obbligo di consentire al titolare di effettuare attività di audit, direttamente o per il tramite di terze parti all’uopo incaricate.

Quali responsabilità ha il data controller in ordine al ricorso a un data processor?

Il titolare del trattamento dovrebbe ricorrere unicamente a responsabili che presentino garanzie sufficienti, in particolare in termini di conoscenza specialistica, affidabilità e risorse, così garantendo la possibilità di mettere in atto misure di sicurezza adeguate alle esigenze di protezione espresse dal GDPR. Il ricorso, da parte del responsabile, a codici di condotta o meccanismi di certificazione può certa-

mente costituire un indice di garanzia e affidabilità. Il titolare avrà anche il dovere di fornire dettagliate istruzioni scritte in ordine alle modalità del trattamento.

Quali sono le responsabilità dirette del data processor alla luce del GDPR?

L’aggravamento della posizione del data processor e la sua maggiore responsabilizzazione costituiscono una novità assoluta introdotta dalla nuova normativa. A norma dell’art. 82 del Regolamento, e salvo che non dimostri che l’evento dannoso non possa essergli in alcun modo imputato, il responsabile risponde, in solido con il titolare e per l’intero ammontare, del danno cagionato da un trattamento non conforme a normativa se: - Ha agito in modo difforme o contrario rispetto alle istruzioni legittime ricevute dal titolare; - Non ha adempiuto agli obblighi che il GDPR pone direttamente in capo ai responsabili.


Ma Bitcoin come funziona? «Il limite più grosso sta oggi nelle performance della rete: mediamente si impiegano circa 10 minuti perché una transazione in Bitcoin si realizzi effettivamente. Si tratta di un tempo elevatissimo se si pensa al mercato reale, aspettare dieci minuti perché effettivamente vengano caricati dei soldi sul tuo portafoglio di Bitcoin è davvero tanto» commenta Portale. La lentezza è legata al funzionamento stesso della piattaforma e, in particolare, al ruolo dei Miner. I “minatori” sono coloro che accumulano criptovaluta nelle loro farm, computer interamente dedicati e adattati per questo scopo. I Miners approvano ogni giorno le transazioni in Bitcoin in cambio di una minima remune-

| D a y Ti me

Il Bitcoin è una moneta?

Insomma, la velocità dei Bitcoin non è ottimale e si sta cercando infatti di accelerare la velocità del sistema per far sì che la transazione possa avvenire nel minore tempo possibile. «È un elemento su cui c’è tanto da lavorare, occorre però considerare che le decisioni sui Bitcoin devono avere un consenso condiviso della comunità. Un altro punto di debolezza è la mancanza di una regolamentazione, che rende poco chiaro quali potranno essere le opportunità di questo fenomeno. Il problema più grosso, in questo caso, è capire se Bitcoin possa essere considerato o meno una moneta, oppure un bene/servizio. In questo ultimo caso occorrerebbe pagarci sopra l’IVA, cosa che naturalmente cambierebbe molto sulla opportunità di utilizzo. Insomma, l’elemento regolatorio potrà dunque influire sullo sviluppo, anche se da solo non è in grado di deciderne le sorti», evidenzia Portale.

Il futuro dei Bitcoin

Le criptovalute sorelle

Accanto a Bitcoin esistono nel mondo centinaia di altre criptovalute “sorelle”, differenti per pochi o molteplici aspetti. Nel 2017, in particolare, ne sono nate tantissime, tra cui Bitcoin Cash, ma nessuna per ora è riuscita a mettere in discussione la po-

razione, in Bitcoin appunto che va a coprire i costi per la disponibilità di capacità di calcolo che portano alla Blockchain. Ciascun Miner fa riferimento a uno o più nodi o blocchi che rappresentano i Libri Contabili o Ledger distribuiti (Distributed Ledgers) dove vengono esaminate, approvate e archiviate

Ma cosa attende nel futuro il mondo dei Bitcoin? «Sicuramente potrebbe aumentare il numero delle transazioni effettuate con questa valuta. Personalmente rimango con un punto di domanda: Bitcoin potrà essere utilizzata come strumento di pagamento per l’economia reale, cioè come valuta per comprare un vestito? Oggi piuttosto la vedo come uno strumento di investimento ad alto rischio. Non bisogna nascondere che così come è aumentato il valore potrebbe anche diminuire. Per quanto riguarda il presunto rischio bolla, personalmente non sono preoccupata delle oscillazioni della moneta, che ancora non ha trovato il suo equilibrio. D’altra parte questo effetto non è da escludere, anche Internet lo ebbe all’inizio per poi dimostrarsi una tecnologia capace di rivoluzionare completamente le comunicazioni. Anche se è difficile prevedere che la tecnologia Bitcoin e la Blockchain possano realmente essere una rivoluzione, sicuramente si tratta di qualcosa che vale la pena analizzare e studiare», conclude l’esperta del Polimi.

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Il fenomeno finanziario dell’anno ha molto a che fare con l’innovazione tecnologica. Stiamo parlando naturalmente dei Bitcoin che, alla fine del 2017, ha superato il valore di 11.000 dollari. Di fronte a questa corsa in molti hanno evocato il rischio bolla, ovvero il rischio di un valore gonfiato e a rischio di un repentino crollo. Ma il fenomeno Bitcoin come funziona? Valeria Portale, direttore della Ricerca Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano lo ha raccontato a Digital4Trade. «Il mondo del Bitcoin nasce nel 2008, ma è diventato effettivamente operativo nel 2009 con le prime transazioni. All’inizio è rimasto tutto abbastanza sotto traccia, con un utilizzo anche nel mercato illegale, motivo per cui è stato erroneamente associato al tema dell’illegalità. Ci si è accorti che poi dietro il Bitcoin esisteva una tecnologia (la Blockchain), basata sul consenso condiviso, che ha iniziato a incuriosire anche altri mercati. Negli ultimi mesi del 2017 c’è stato un vero e proprio exploit, per effetto della maggiore consapevolezza sulle reali opportunità delle criptovalute da un lato, maggiore interesse da parte degli investitori, senza dimenticare la fork di inizio agosto che ha migliorato alcuni aspetti tecnologici del Bitcoin».

La lentezza del sistema e i “minatori”

le transazioni in Bitcoin. A oggi la Blockchain è in grado di validare 7 transazioni ogni secondo, un numero molto limitato se paragonato ad esempio al numero di transazioni che vengono gestite sulle reti che gestiscono i pagamenti digitali: nel mondo delle carte si effettuano, infatti, oltre 30mila transazioni al secondo.

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Bitcoin, come funziona la regina delle criptovalute. E perchè la sua estrema volatilità non deve preoccupare più di tanto

Bitcoin, come funziona e cosa potrà diventare

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Gianluigi Torchiani

sizione di leadership di Bitcoin. «Non tutte sono valide allo stesso livello, ciascuna ha peculiarità diverse, Bitcoin è senz’altro quella che ha dimostrato la maggiore capacità di attrarre l’interesse del mercato, che ha favorito la sua crescita e il suo valore» evidenzia Portale.


aspetta a livello di cyber attacchi non è certo facile, ma sicuramente possiamo dire che cosa non abbiamo saputo fare in passato e ancora oggi non si fa per fermare i ransomware, per esempio.

Ma perchè questi malware sono così efficaci e come si spiega il caso del nuovo allarme Bad Rabbit?

«I ransomware hanno avuto successo e continuano ad averlo perché sono facili da preparare e molto remunerativi. Inoltre consentono di richiedere il riscatto in cryptocurrency, evitando quindi circuiti monetari facilmente tracciabili. Sono così efficaci perché gli utenti non utilizzano le tecnologie già disponibili per contrastarli come ad esempio il Kaspersky Anti-Ransomware Tool (che è addirittura gratuito) o il Kaspersky Endpoint Security che include il System Watcher. Quest’ultimi sono strumenti che, analizzando il comportamento dei processi, sono in grado d’identificare quelli che si comportano come ransomware, bloccarli e ripristinare i file appena cifrati. Inoltre questi attacchi causano danni perché gli utenti non eseguono il backup dei

«Bad Rabbit, così come NotPetya, sono casi a sé perché sono ransomware non lanciati da criminali generici ma da esperti di attacchi mirati che hanno voluto sabotare alcuni network aziendali. Bad Rabbit è stato distribuito attraverso attacchi di tipo watering hole, ovvero, gli attaccanti hanno compromesso vari siti Web leciti e li hanno modificati in modo tale da distribuire un malware che si presentava come “Adobe Flash Player”, ma che in realtà eseguiva il ransomware. La differenza principale tra Wannacry e Bad Rabbit/NotPetya sono i vettori di attacco, i target e i presunti autori. Il primo è stato progettato per propagarsi sulla rete Internet scansionando gli indirizzi pubblici alla ricerca di target vulnerabili, mentre i secondi sono stati lanciati contro target ben definiti e sono stati programmati per diffondersi solo nelle reti interne. Inoltre, Wannacry presentava delle similarità nel codice che fanno presupporre un collegamento con il gruppo Lazarus, mentre NotPetya mostra alcune caratteristiche che fanno supporre un collegamento con un altro gruppo, BlackEnergy. Dato che Bad Rabbit presenta varie similarità con NotPetya, si presume che i due malware siano stati creati dagli stessi autori».

Industria 4.0 e soprattutto Intelligenza Artificiale basano la loro forza dirompente proprio sulla mole enorme di dati che riescono a gestire. Quanto simili fenomeni complicano la situazione per chi “gioca” in difesa e quanto invece possono essere un valore aggiunto per trovare nuovi strumenti di protezione?

«L’intelligenza artificiale è soprattutto un vantaggio per chi si occupa di sicurezza informatica, in quanto l’elevato numero d’informazioni che dobbiamo analizzare quotidianamente è gestibile solo attraverso questo tipo di tecnologie. Sono particolarmente utili soprattutto per gli antivirus in quanto l’utilizzo di questi sistemi consente di ridurre sensibilmente il lavoro degli analisti e dare risposte più rapide contro sample dal comportamento palesemente malevolo».

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«Gli hacker e i cybercriminali si possono distinguere in due gruppi: quelli che cercano vantaggi economici e quelli che vogliono vantaggi “politici” come ad esempio ottenere informazioni segrete su governi. Gli obiettivi più sensibili sono le infrastrutture critiche che a volte diventano gli obiettivi di attacchi mirati sponsorizzati da governi. Gli obiettivi più deboli sono invece le PMI che non hanno strutture di security adeguate, personale con le necessarie competenze tecniche e budget da poter dedicare al necessario adeguamento».

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Bad Rabbit, di cosa si tratta e quanto è pericoloso questo malware? Come si sta diffondendo e cosa ha di diverso rispetto a Wannacry e NotPetya?

Ma cosa cercano oggi gli hacker e i cybercriminali e come lo cercano? Quali sono gli obiettivi più sensibili e deboli in questo momento? Quali le aziende meno protette?

Proviamo comunque a guardare al 2018. Sulla base di quello che è accaduto in questi mesi cosa ci aspetta e di cosa dobbiamo avere paura?

«Nel 2018 possiamo prevedere che la minaccia ransomware continuerà ad essere presente ed impatterà sempre di più dispositivi diversi dai pc, quali ad esempio gli smartphone. Prevediamo inoltre altri attacchi mirati portati avanti attraverso l’utilizzo di tecniche anti detection e di deception. In particolare, è probabile che continueremo ad osservare l’utilizzo di strumenti leciti per finalità malevole e l’utilizzo di minacce che noi definiamo ephemeral malware, ovvero, che lavorano solo nella memoria RAM e non vengono mai salvate nel filesystem».

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Giampaolo Dedola Security analyst del Great team di Kaspersky Lab

Cryptolocker, Bad Rabbit, NotPetya, virus ransomware e CTB locker. Ammesso che fosse mai finito, ci risiamo, un nuovo allarme contagio ha percorso tutta Europa e non solo. Nelle scorse settimane si sono susseguite nuove notizie di aziende che hanno subito attacchi e contagi telematici sempre più aggressivi e dannosi. Attacchi che, ancora una volta, sfruttano la mancanza di competenze in termini di cyber security, percezione del rischio e di aggiornamento dei sistemi IT all’interno di imprese di ogni dimensione. Il solito, insomma, ma un solito che nuoce sempre più gravemente alla salute del business. Anche e soprattutto per questo, in esclusiva, Digital4trade, ha provato a fare il punto della situazione, chiamando in causa Giampaolo Dedola, security analyst del Great team di Kaspersky Lab, tra i massimi esperti di sicurezza in Europa. Dal confronto che segue è scaturita un’intervista che è anche una guida pratica per capire un ransomware cos’è, come, dove e in che modo cominciare per provare a difendersi dai nuovi ransomware in arrivo e, soprattutto, per capire che cosa ci aspetta davvero. Dire che cosa ci

Cryptolocker, Bad Rabbit, NotPetya. L’allarme contagio non finisce e continua a interessare aziende di tutto il mondo. In esclusiva per Digital4Trade, Giampaolo Dedola, esperto di Kaspersky Lab, spiega cosa fare e come difendersi

Allarme cyber security: la minaccia evolve. Cosa c’è dopo Wannacry Bad Rabbit e Notpetya

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propri dati e quindi non sono in grado di recuperarli se vengono criptati».


Deep Web, Dark Web, TOR Browser: gli indirizzi, i sistemi di accesso, i mercati, i dati scambiati, i pericoli, i rischi, i numeri. Un viaggio nel cuore del “male” telematico da cui nascono attacchi e minacce reali e sempre più devastanti per privati e imprese

Deep Web cos’è, come entrare e cosa si rischia

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Marco Maria Lorusso

Deep Web, il Web profondo, occulto, o ancora Dark Web, il lato oscuro della Rete, dove tutto accade e dove si aggirano entità quasi mitologiche e, soprattutto, poco definite per consistenza e identità. Un tempo, nemmeno troppo lontano, la situazione era un po’ questa, a cavallo tra leggenda e fascinosa goliardata. Oggi la maschera del Web oscuro è ormai gettata e i contorni del fenomeno sono molto più definiti ma, non per questo, più rassicuranti. Anzi. Intanto è utile una definizione di massima del Deep Web, così da sfrondare il campo da fraintendimenti e per capire meglio il mondo della cybersecurity. A

fornircela è Pierluigi Paganini, esperto di sicurezza IT a livello internazionale, collaboratore del Clusit e Collaboratore SIPAF - Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali - Ministero dell’Economia e delle Finanze. «Negli ultimi anni spiega Paganini - si sente sempre più spesso parlare di Deep e Dark Web, termini spesso abusati e confusi e di consueto associati ad attività criminali. Con il termine Deep Web si indica l’insieme dei contenuti presenti sul Web e non indicizzati dai comuni motori di ricerca, mentre con il termine Dark Web si indica l’insieme di contenuti accessibili pubblica-


Detto delle darknet, vale la pena di capire quali sono e come funzionano. «Tra le darknet più popolari spiega ancora Paganini - annoveriamo la rete TOR (The Onion Router), The Invisible Internet Project (I2P), Freenet ed anoNet. Senza dubbio la rete TOR è la più popolare tra queste, tale infrastruttura consente di anonimizzare l’accesso a Internet dei suoi utenti e proprio le condizioni di pseudo-anonimato che offre la rendono attrattiva per organizzazioni dedite al crimine IT. Secondo i principali esperti di sicurezza mondiale il “Surface Web”, ovvero la rete visibile con contenuti che possono essere trovati utilizzando motori di ricerca come Google o Yahoo e soprattutto è sotto costante sorveglianza da parte dei governi - rappresenta il 4% dei contenuti del Web. Il Deep Web, conosciuto come “Invisible Web”, è, come detto, il contenuto che non può essere indicizzato dai motori di ricerca, e rappresenta il 96% dei contenuti. Le dimensioni sono dunque 500 volte quelle del Surface Web.

TOR browser, cos’è e come si entra

TOR è, dicevamo, un applicativo che consente di navigare sul Web in totale anonimato. Alla base di Tor Browser c’è una versione “particolare” di Mozilla Firefox impacchettata in modo tale da non rilasciare informazioni personali in Rete, durante la navigazione. Caratteristica che viene sfruttata dal crimine organizzato con, ancora, grande “successo” come confermato di recente all’Agi, dal Maggiore della direzione centrale per i Servizi antidroga, Giuseppe Grimaldi: «Le possibilità di essere scoperti sono ridotte. Non a caso uno zero-day in grado di controllare la rete TOR può essere pagato anche un milione di dollari». Il consiglio è quello di utilizzare StartPage (che è anche il motore di ricerca che parte in automatico una volta avviato TOR browser) o in alternativa DuckDuckGo.

TOR Browser, Darknet e Dark Web: chi li usa e cosa cerca

Detto di cosa è, come funziona e di come si accede al Deep Web, vale ora la pena di capire chi utilizza oggi questi sistemi e che tipo di mercato sia

Dark Web piazza ideale per il malware

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Le Darknet più note

collegato a un simile fenomeno. Un aiuto in questo senso arriva ancora una volta dal Clusit che ha recentemente sviluppato un’interessante analisi del fenomeno TOR. «Non esiste - spiegano dal Clusit - una vera e propria tipologia di utente, in quanto la popolare rete TOR è frequentata da attori diversi e per motivazioni distinte, dove si trovano anche hacktivist, script kiddies, giornalisti, dissidenti, terroristi e, molto probabilmente, agenzie di intelligence. La maggior parte delle transazioni effettuate nei principali black market sono relative alla vendita di sostanze stupefacenti e a servizi/prodotti per la realizzazione di frodi finanziarie». Per quanto concerne i reati perpetrati, si annoverano attacchi IT contro sistemi hardware e software, crimini finanziari, pedo pornografia. «Il Dark Web - spiegano dal Clusit - è un luogo interessante per le comunità di sviluppatori di malware e per i loro clienti. Le Darknet

sono utilizzate dagli sviluppatori di malware per celare le strutture di comando e controllo delle botnet e renderle resistenti alle operazioni delle forze dell’ordine. I Command & Control server occultati in reti come TOR e I2P risultano di difficile individuazione, garantendo maggiori possibilità di successo ai gestori delle botnet».

I servizi in vendita nelle Darknet

Le Darknet offrono comunque molto altro. «È infatti possibile fruire di numerosi servizi accessori, quali servizi di crypting e servizi di distribuzione del malware - racconta ancora il Clusit -. I crypting services sono essenziali per nascondere le principali componenti di un codice malevolo ai principali sistemi di sicurezza. Per fruire di tali servizi è sufficiente inviare il codice del malware a un servizio che provvede ad offuscarne le parti di interesse rendendone difficile l’analisi». Un mercato in crescita quindi, dove a preoccupare maggiormente le forze dell’ordine e l’Europol è la diffusione di servizi di malware-as-a-service, in cui gli utenti pagano per avere una propria versione di un codice malevolo. Ulteriore evoluzione della fabbrica del malware, che trova nel Dark Web la piazza più adatta alla vendita.

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mente che sono ospitati in siti Web il cui indirizzo IP è nascosto, ma ai quali chiunque può accedere purché ne conosca l’indirizzo. Elementi appartenenti al Dark Web sono anche i contenuti privati scambiati tra utenti all’interno di un network chiuso di computer, strutture definite come darknet».


Computer Gross: sempre più attenzione al valore Gianluca Guasti, marketing director di Computer Gross: Tutta la nostra azione è finalizzata a un ulteriore consolidamento della nostra posizione di leadership sulla componente a valore, dove possiamo esprimere supporto e servizi verso il canale, cercando di affiancare il partner quando è necessario. Con attività come formazione, attività di consulenza, progettazione, servizi, di pre e post sales, ecc, in maniera tale da indirizzare certe aree come quelle di IoT e security. Insomma le nostre direttrici di investimento sono chiare, anche se comunque assicuriamo sempre il compito storico del distributore su profondità panel e servizi di logistica.

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gando i principali attori del canale ICT italiano, prendendo come spunto i dati del Channel Watch di Context, la ricerca sullo stato di salute della distribuzione che annualmente la società di analisi realizza. Dando ormai per assodato e consolidato il cloud, è indubbio che gli operatori

Riccardo Fantoni, Marketing e communication manager di Icos: L’acquisizione da parte di Computer Gross? Sicuramente la stiamo vivendo in maniera positiva, nell’ottica di una proficua collaborazione. D’altronde l’intera operazione è stata dichiaratamente non ostile, come conferma il fatto che una parte del pacchetto azionario resterà nelle mani dell’attuale management. L’obiettivo è quello di dare continuità all’esperienza di Icos, valorizzando un brand che da 30 anni è presente sul mercato.

teCh data: attenzione ConCentrata sull’iot Vincenzo Baggio, vice president e managing director di Tech

Data Italia: L’acquisizione di Avnet Ts ci ha consentito di portare a bordo nuovi vendor, nuovi talenti e creare più distanza in Europa con resto dei competitor. Il processo di integrazione in Italia si è concluso definitivamente lo scorso 31 luglio. La nostra strategia? Senza dubbio per noi è importantissimo giocare ruolo nel volume, nel client, che è ancora rilevantissimo per i nostri rivenditori. D’altra parte stiamo continuando a puntare su cloud e IoT. Abbiamo anche costruito una squadra di specialisti, in Datech e Maverick, in grado di supportare il canale nei progetti a valore.

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LE V OC I DE I PROTAG ONIST I

iCos: un Cambiamento nel seGno della Continuità

Come sta cambiando il mondo IT per effetto dell’irrompere delle nuove tendenze tecnologiche e delle operazioni di concentrazione nel panorama della distribuzione, nazionale e locale? Intorno a questi temi si è sviluppato un survey esclusivo realizzato da Digital4Trade interro-

della tendenza al consolidamento: appena pochi giorni prima delle interviste era infatti arrivata la notizia dell’acquisizione di Icos da parte di Computer Gross. Per molti operatori del trade, il consolidamento incombe invece come una minaccia: l’incapacità economica e organizzativa di inseguire i nuovi trend tecnologici o di costruire nuovi servizi a valore rischia di andare a tutto vantaggio dei system integrator più coraggiosi e di grandi dimensioni. La vera sfida per il canale IT italiano, insomma, resta sempre quella del valore, termine ormai abusato nel settore ma che indica la capacità, ognuno con i suoi mezzi e le sue armi, di “andare oltre” le aspettative dei propri interlocutori e clienti.

trend miCro: nell’it serve più Collaborazione Alessandro Fontana, System Integrator Alliance Manager di Trend Micro: Il rischio di continuare a fare le stesse cose è quello di ottenere alla fine gli stessi risultati. La domanda da farsi è: perchè rivenditori e distributori dovrebbero scegliere proprio Trend Micro? La risposta deve essere: perché diamo valore. Troppe volte i clienti si lamentano del fatto che i vendor non riescono ad assicurare un adeguato livello di servizio, dunque senz’altro dobbiamo cercare di essere molto più presenti. Sul tema della poca trasparenza dei vendor, la risposta è nella collaborazione con i system integrator e i distributori, organizzando una strategia comune.

inGram miCro, un ruolo da distributore Globale Annalisa Acquaviva, Vendor Management Director di Ingram Micro Italia: I numeri del Channel Watch di Context

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Da una survey esclusiva tra i maggiori protagonisti del canale ICT italiano, emergono interessanti spunti e commenti dall’impatto delle nuove operazioni che hanno caratterizzato il mercato nazionale e sugli effetti dei nuovi trend tecnologici

Il consolidamento è una prova per il canale ICT

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Gianluigi Torchiani

dell’IT si stiano confrontando con fenomeni più recenti, quali IoT, Big Data, cognitive e machine learning. Anche se, al momento, la grande maggioranza del fatturato è ancora legata alle attività di tipo tradizionale, ossia alla vendita di hardware e software. C’è però un consenso condiviso sul fatto che sia decisivo presidiare in qualche maniera questi nuovi mercati, anche a costo di non vedere risultati immediati. Dunque servono investimenti, non certo sempre semplici da realizzare per un canale IT composto in Italia perlopiù da realtà di piccole dimensioni. Non a caso l’altro grande tema che ha toccato il survey è stato, dicevamo, quello


Michele Puccio, Sales Director di Arrow Electronics: ComputerLinks è ormai pienamente incorporata nella struttura di Arrow Electronics. Più di guardare a nuove acquisizioni pensiamo al nostro interno. Ormai, dopo cessione di Avnet TS, siamo rimasti l’unico distributore ad avere a bordo sia la parte di elettronica che quella di IT. Per questo motivo il nostro obiettivo è quello di diventare leader riferimento IoT. Sinora le nostre divisioni hanno operato in maniera abbastanza disgiunta, ma ora vogliamo sempre più presentarci come un’unica Arrow, altrimenti il valore che possiamo portare al mercato rappresenterebbe soltanto una parte del nostro potenziale.

MAuden: dA pArte dei vendor serve più chiArezzA

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Roberta Viglione, Presidente e AD di Mauden: Anche noi stiamo evolvendo, abbiamo iniziato la nostra trasformazione qualche anno fa, dalla pura system integration infrastrutturale abbiamo allargato il campo, cercando sempre di più di guardare alla digital transformation. Anche se per ora buona parte del nostro business arriva ancora dal mondo tradizionale, continuiamo comunque a investire in queste nuove aree. Per quanto riguarda il rapporto con la distribuzione, non abbiamo particolari richieste da fare: chiediamo competenze, velocità nelle risposte e un ampio numero di vendor a portafoglio.

Brevi, il vAlore stA nellA rete dei cAsh & cArry Marcello Molinari, marketing Manager di Brevi: Il concetto di valore, per quanto ci riguarda, è collegato ai nostri cash and carry: mettiamo in campo 28 punti di vendita a disposizione di 3.500 rivenditori, capaci di fornire prodotti immediatamente disponibili, servizi

Bludis, con i nuovi trend cAMBiAno gli interlocutori Maurizio Erbani, Direttore vendite & operations di Bludis: I dati di Context che sono stati presentati in occasione di Distriboutique sono molto interessanti. I numeri però vanno declinati su quello che poi ciascun distributore è capace di offrire. Noi con 23 anni di esperienza qualcosa abbiamo capito sul funzionamento del mercato, la nostra scelta è stata chiara, cioè quella di fare più valore che volume. L’irrompere di fenomeni come IoT cambiano completamente skill e servizi offerti, imponendoci di guardare anche al mondo dei sviluppatori e non soltanto più ai reseller.

v-vAlley, il vAlore coMe opportunità Paolo Filpa, Professional service manager di V-Valley: La strategia che ha deciso il gruppo Esprinet è quella di coprire più spazi laddove non eravamo presenti, sino ad arrivare al mondo valore con Edslan e Itway. Perché abbiamo fatto questa scelta? Perché come leader di mercato abbiamo il dovere di essere in tutti i settori, specie in quelle dove dovrebbero esserci maggiori margini. La sfida di V-Valley è appunto questa: generare valore, offrendo qualcosa di diverso all’interlocutore, a dei costi inferiori rispetto a quanto lui stesso possa percepire.

clever MoBile: il MoBile è un trend dA cogliere Antonio Serra, Sales & Marketing Director di CleverMobile Distribution: Noi siamo molto verticali su mobile e mobility con 5 vendor a portafoglio. In questa fase crediamo che ci sia davvero una grande trasformazione del mondo mobile, anche per effetto dei comportamenti delle nuove generazioni. Purtroppo ancora oggi il 65% degli acquisti dei rivenditori è guidato dal fattore prezzo. Solo i system

Bringtech: il know how deve avere un suo costo Gianluca Bencivenga, Bringtech Director: Come Bringtech abbiamo deciso di concentrarci solo sul cloud, senza perdere troppo tempo con il fattore prezzo. Al nostro interlocutore facciamo notare che il nostro know how ha un certo prezzo, come peraltro succede per qualsiasi altro professionista o servizio di altri settori. Bringtech ci è costata zero e oggi abbiamo a portafoglio diversi vendor, coprendo con il cloud anche l’area dei servizi alle imprese.

MacroweB Media: l’iot può essere un rischio per la distriBuzione Enrico Ariotti, Ceo di Macroweb Media: Lo studio di Context è senza dubbio molto importante per posizionare i nostri prodotti sul mercato. Qui ci scontriamo con giganti del calibro di Amazon, ma i clienti che hanno bisogno di un supporto continuo ci continuano a scegliere. L’avvento dell’IoT? Vedo un rischio per i distributori IT, che su questo tema potrebbero essere sopraffatti da quelli legati alla distribuzione dei materiali elettrici.

infoteaM, la partita si gioca insieMe ai vendor Federica Alberti, marketing specialist presso Infoteam: Come Infoteam abbiamo un target di clienti medio piccoli, vale a dire la classica manifattura veneta. Si tratta di aziende che guardano naturalmente al fattore prezzo ma anche al servizio e alla fiducia che aziende come la nostra riescono a trasmettere. Per quanto riguarda il rapporto con i vendor cerchiamo di giocare la partita insieme, scegliendo le migliori tecnologie per i nostri clienti.

centro coMputer, nuove logiche coMMerciali per hardware e software Roberto Vincenzi, vicepresidente di Centro Computer: Lavoriamo con medie e grandi imprese, siamo soddisfatti poiché siamo reduci da 3 anni dove abbiamo

ottenuto grandissimi risultati, con importanti investimenti sul personale, in particolare nell’ambito dei servizi a valore, con l’assunzione di personale sistemistico in progetti cloud e non cloud. Vero è che la maggioranza del business arriva ancora dall’area tradizionale, ma ormai la vendita di pc, stampanti e software si basa sul modello del costo operativo, poiché rendiamo possibile il noleggio ai nostri clienti.

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integrator più grandi possono permettersi investimenti con tempi di ritorno più lunghi. Il rischio è poi quello di arrivare in ritardo e non essere pronti a fornire quel valore aggiunto che chiede il mercato.

diMension data, la scelta è di portare più servizi a valore Enrico Brunero, ITaaS SU Manager di Dimension Data Italia: In questo momento convivono due anime nei system integrator di fascia medio alta. Da una parte serve continuare ad avere vendite importanti sulla parte tradizionale, dall’altra c’è una forte attenzione ai servizi a valore. Occorre poi considerare che molti vendor consolidati propongono tecnologie semplici e facili da installare. La nostra politica è perciò quella di spostare investimenti e fatturato nell’erogazione di servizi che liberano le aziende dalla routine nelle operations.

Blueit: una divisione “digital” per rispondere alle nuove sfide

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Arrow: elettronicA e it unite per servire l’iot

e personale qualificato. Non voglio andare controcorrente, ma in questo momento siamo concentrati soprattutto sui fondamentali come prezzo, servizio e disponibilità. Per noi il valore è intrinseco a questo modello di business, che comporta un maggiore sforzo, ma che ci ripaga in termini di risultati e di relazioni.

Massimo Gerini, Vendor & Alliance Manager Blueit: Dai servizi IT, arriva il 90% del nostro fatturato. Ci fa dunque piacere sapere che i distributori parlino di valore, che per noi rappresenta il pane quotidiano. Guardiamo alle nuove tecnologie, ma siamo bombardati da una quantità incredibile di informazioni, abbiamo perciò la necessità di selezionarle sulla base delle esigenze del cliente finale. Ora tra l’altro il panorama si è complicato con irrompere di fenomeni come IoT e analytics. Abbiamo perciò creato una nuova società apposita, ribattezzata B.digital, che ha dentro persone con competenze nuove e dedicate.

pluriMedia: il canale deve lavorare in una logica di coMMunity Maurizio Gallotti, fondatore Plurimedia: La logica del canale va rivista nei concetti di base. Cosa vuol dire oggi valore? Potrebbe essere la formazione, ma occorre considerare che Internet può fornire degli approfondimenti incredibili a proposito. A una realtà come la nostra piuttosto serve un aiuto concreto su marketing e sales, perché da soli non abbiamo la forza per sviluppare il mercato. Quello che credo è che sempre di più bisogna lavorare in una logica di comunità, così da attingere alle competenze di nuovi e diversi operatori.

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mi hanno positivamente colpito e testimoniano come il ruolo del distributore stia profondamente cambiando, anche se naturalmente poi ogni distributore ha le sue peculiarità. Sono convinta che la nostra acquisizione da parte di HNA ci darà un vantaggio su scala globale. Punteremo sempre di più sui servizi a 360 gradi e sull’innovazione. Ingram Micro ha poi l’obiettivo di ampliare la sua gamma prodotti e vendor, non soltanto attraverso nuove acquisizioni ma anche grazie a nuovi accordi, sfruttando la nostra capacità di essere un distributore globale.


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Vere e proprie cattedrali dei dati, i Data Center custodiscono i dati e le informazioni delle sempre più numerose aziende che si affidano al cloud. Il canale dei system integrator scopre di avere doti da service provider e punta a un’offering as a service


29%

In Cloud in Italia, un “PaaS” per il futuro

79%

Non a caso, l’intera survey prende il titolo di “Un PaaS per il futuro”, un titolo che racconta della

LA METODOLOGIA DEL CENSIMENTO PAAS

SOFTWARE

Più di 250 addetti

Tra 50 e 250 addetti

Tra 10 e 50 addetti

Meno di 10 addetti

48%

Come detto poi, il secondo filone della ricerca ha chiamato in causa un campione di oltre 300 operatori di canale composto come indicato in tabella a fianco. Per quanto concerne i servizi cloud offerti, come in parte anticipato nelle precedenti edizioni, continua a prevalere la componente di software as a service su cui insiste il 79% del campione, seguita dalla parte Platform con il 48%. Uno sbilanciamento che ha portato i

38%

PIATTAFORMA

| Pri me Ti me

La mappa dell’offerta cloud e SaaS made in Italy

L’OFFERTA DEI SERVIZI CLOUD

INFRASTRUTTURA Campione: 325 operatori di canale

Il SaaS al top dell’offerta di cloud services

L’OFFERTA DEI SERVIZI SAAS ANALISI BUILDING BLOCKS OFFERTA

COMPRENSIONE UTILIZZO PIATTAFORME

Il censimento PaaS ha analizzato 80 attori di cui 7 leader di mercato e 73 considerati di nicchia

È stato definito uno schema delle pricipali componenti di servizio alla base di un’offerta PaaS

Per ognuno degli 80 player, è stato analizzato il portafoglio d’offerta seguendo il framework architetturale elaborato in precedenza

È stato effettuata un’analisi dei marketplace dei provider per identificare quali servizi applicativi vengono sviluppati utilizzando le piattaforme

CRM Enterprise Content Management eProcurement

BI & Analytics

SCM

ERP / Gestionale

Sicurezza Project Management Gestione RU

IL CENSIMENTO DEI SERVIZI PAAS

eCommerce e pagamenti Collaboration e portatili

UCC Specializzazione per settore

Posta elettronica

Office Automation

Offerta attuale

Componenti di servizio Platform Foundation

Analytics Developer Security Tools

Integrazione Internet of Things

Monitoring

Integrazione Mobile

Api DBMS Migration Tools Management

Bassa

Bpm

Campione: 73 Player PaaS

Cognitive Computing

Alta

Specializzazione di processo

Servizi verticali

40%

Strumenti di supporto

Campione: 257 operatori che offrono servizi SaaS

DEFINIZIONE BUILDING BLOCKS

15%

IDENTIFICAZIONE TOP PROVIDER PAAS

0%

Detto dei numeri di massima però, come anticipato, ad impreziosire ulteriormente la ricerca di quest’anno ci hanno pensato due survey esclusive che molto raccontano di come il cloud sta veramente cambiando il mercato e, soprattutto, il modo di pensare, sviluppare e vendere soluzioni e servizi ICT. Un tema da sempre centrale per Digital4Trade che, da tempo, ha anche sviluppato la più ampia mappatura dei data center Italia e dei provider di servi cloud, qui il documento esclusivo.Venendo alla survey, si parla di un doppio tavolo di lavoro, da una parte i ricercatori hanno analizzato e mappato tutta l’offerta internazionale di servizi PaaS, Platform as a Service e dall’altra hanno intervistato circa 325 operatori italiani del canale ICT (ISV, system integrator, VAR, Distributori ICT, Distributori Informatica ecc) per capire da loro come, cosa e perché stanno scommettendo sulle nuvole come nuovo modello di business.

OPERATORI

centralità della componente Platform a livello cloud. Una componente che viene raccontata in tutte le sue declinazioni nella Mappa che segue. I ricercatori hanno raggruppano tutti gli elementi alla base delle offerte PaaS dei top Provider internazionali, evidenziando strumenti di supporto, componenti di servizio, Platform Fondation

ricercatori ad approfondire ovviamente il sotto campione di coloro che puntano sul SaaS. Qui in pagina la fotografia sull’offerta SaaS in Italia che evidenzia una forte concentrazione sulla parte BI & Analytics sia a livello di offerta attuale sia a livello di allargamento previsto del paniere in ottica di una maggiore marginalità.

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In Cloud in Italia, oltre i numeri la mappa del PaaS

33%

Qui una recente survey sull’evoluzione cloud dei system integrator italia e qui di seguito la struttura del censimento a livello PaaS.

Alta

In cloud l’Italia ormai ci è andata “con tutte le scarpe” come si dice, anche se le PMI ancora stentano. La foto è arrivata dai ricercatori dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano. Una foto che parla, chiaro, di una progressione 2017 che si stima genererà un +18% negli ultimi 12 mesi, che tradotto in soldoni fa un valore di 1,978 miliardi di euro. Più nel dettaglio dei servizi di Cloud Computing, tra quelli forniti da provider esterni (AWS, Google, Microsoft Azure e altri) e “ibridi” (provider pubblici e privati), si parla di un mercato da 978 milioni, in crescita del 24%.

Bassa

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di Marco Maria Lorusso

21%

RILEVAZIONE SULLA FILIERA DELL’OFFERTA CLOUD

325

e Integrazione. A livello di componenti di servizi, come evidente, nelle offerte dei provider prevale la parte di Analytics, BPM e Internet of Things mentre a livello di supporto i provider puntano ovviamente su Tool di sviluppo e Monitoring.

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La nuvola spicca il volo in Italia, oltre 2 miliardi di euro secondo il Politecnico di Milano. Una ricerca impreziosita da una mappa esclusiva sui provider di PaaS e sui system integrator e reseller italiani che si affacciano sul cloud

17%

Introduzione prevista

| Pri me Ti me

Il Polimi traccia la mappa dei provider di servizi in cloud in Italia

SURVEY CAMPIONE DI ANALISI


Business Process Management

Funzionalità abilitanti l’IoT

Data Governance

Sviluppo applicazioni Web & Mobile

Strumenti di supporto

Gestione Operations applicazioni

Componenti di servizio

Monitoraggio e ottimizzazione risorse

DBMS

Platform Foundation

Data Analysis

Integrazione

Data Preparation API Management Semplificazione dello sviluppo

2%

Gestione sicurezza

50%

5%

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L’OFFERTA DEI SERVIZI PAAS

La trasformazione del canale ICT e le competenze richieste Ultima delle aree di attenzione della ricerca è stata poi la parte di evoluzione a livello organizzativo e strutturale del canale ICT. Passare da una vendita di prodotti fisici a una proposa di servizi a consumo, come detto più volte, vuol dire evolvere non solo la proposta commerciale ma l’intera organizzazione interna, dalle fatture ai processi finanziari fino alle competenze. Interessante in questo senso come il campione abbia avviato, nel 52% dei casi, cambiamenti a 360° in tutte le aree aziendali.

È deciso: si va verso l’hybrid cloud

Cambiamenti non necessari o comunque ancora da avviare in tutte le aree Cambiamenti focalizzati soprattutto nelle attività soprattutto processo commerciale

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21% 10%

Cambiamenti focalizzati soprattutto nelle Operations

17%

Cambiamenti avviati a 360 gradi in tutte le aree aziendali

52%

LE COMPETENZE CRITICHE PER IL SUCCESSO DELL’OFFERTA CLOUD

Capacità di integrare i servizi Cloud con i sitemi dell’azienda Capacità di gestire la privacy e la sicurezza dei dati

38% 32%

Capacità di supportare il cliente in tutto il processo di Cloud Migration Capacità di integrare i servizi Cloud di diversi fornitori

29% 22%

Flessibilità contrattuale

26%

21%

Tempestività a fronte di richieste impreviste Trasparenza nella misura delle prestazioni in termini di SLA e QoS

Windows Server: Power your business

52%

Specializzazione di dominio e competenze di business

Ampiezza del portafoglio offerta

Chi va in cloud insomma ci crede e ha già scommesso concretamente. A livello di competenze critiche per il successo dell’Offerta Cloud secondo gli operatori italiani al primo posto c’è la capacità di integrare i servizi cloud con i sistemi interni all’azienda. Orizzonte Ibrido dunque, sul quale servono però competenze e capacità di integrazione vera. Al secondo posto, come sempre, tutta la parte di gestione privacy e sicurezza dei dati.

Offerta attuale

Campione: 295 operatori di canale

Sviluppo integrazioni

FUJITSU Server PRIMERGY e Windows Server 2016

12% 11%

Campione: 325 operatori di canale

Creazione di Blockchain Network

34% 56% 34%

Aumentate significativamente

22%

Aumentate in maniera limitata Invariate

Iperconvergenza, qualità e affidabilità: i Server PRIMERGY e Windows Server 2016 sono la perfetta combinazione per vincere le sfide del futuro. Cosa stai aspettando? Info:

COME IL CLOUD CAMBIA LE RELAZIONI LUNGO LA FILIERA

Campione: 325 operatori di canale

Funzionabilità abilitanti l’Artificial Intelligence

Una combinazione perfetta Campione: 156 operatori che offrono servizi PaaS

20%

Introduzione prevista

| Pri me Ti me

L’OFFERTA DEI SERVIZI PAAS

www.fujitsu.com/windowsserver2016 Numero verde: 800 466 820 customerinfo.point@ts.fujitsu.com blog.it.fujitsu.com © Copyright 2017 Fujitsu Technology Solutions Fujitsu, il logo Fujitsu e i marchi Fujitsu sono marchi di fabbrica o marchi registrati di Fujitsu Limited in Giappone e in altri paesi. Altri nomi di società, prodotti e servizi possono essere marchi di fabbrica o marchi registrati dei rispettivi proprietari e il loro uso da parte di terzi per scopi propri può violare i diritti di detti proprietari. I dati tecnici sono soggetti a modifica e la consegna è soggetta a disponibilità. Si esclude qualsiasi responsabilità sulla completezza, l’attualità o la correttezza di dati e illustrazioni. Le denominazioni possono essere marchi e / o diritti d’autore del rispettivo produttore, e il loro utilizzo da parte di terzi per scopi propri può violare i diritti di detto proprietario.


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OVH: la nuova sfida è diventare un cloud provider globale

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di Gianluigi Torchiani

ti per 1,5 miliardi di euro già programmati per il periodo 2016 -2020 e a un migliaio di nuove assunzioni già programmate. Nel mirino, in particolare, c’è il mercato del cloud, un’area che già oggi rappresenta la metà del fatturato della società transalpina e, sicuramente quella che attualmente contribuisce maggiormente alla crescita. L’aspettativa di OVH, però, è che la rivoluzione del cloud sia appena all’inizio e che, dunque, nei prossimi anni assisteremo a una vera e propria Legacy Migration, offrendo così notevoli opportunità anche all’ecosistema di partner. L’obiettivo, in questo senso, è di diventare un vero e proprio global hyperscale cloud provider, andando a sfidare sul proprio terreno i giganti della nuvola d’Oltreoceano, quali AWS, Google e Microsoft (in questo caso senza però interrompere la collaborazione sui software della casa di Redmond). Una sfida che il fondatore definisce eccitante, facendo appello sulle radici europee di OVH ma senza nascondere

la vocazione ormai internazionale. Innanzitutto guardando al mercato americano, dove è stata costituita un’apposita società raccogliendo anche l’eredità nel cloud di VMWare (con cui l’alleanza tecnologica resta comunque molto stretta),

In Italia un ruolo sempre più importante dei partner OVH pensa in grande come ha dimostrato il recente #OVHSummit di Parigi, in cui l’azienda si è posta come obiettivo strategico quello di diventare un partner globale del cloud. Ma anche in Italia le cose stanno andando particolarmente bene, come ci ha raccontato Dionigi Faccenda, Sales and Marketing Director di OVH Italia: «OVH Italia nasce nel 2008. Oggi stiamo avendo una crescita enorme, paragonabile se non maggiore a quelle registrate dal gruppo nel suo complesso a livello internazionale. In particolare sul private cloud viaggiamo a ritmi del +50%, mentre sul public siamo addirittura a un +200%. Questo significa che l’adozione del cloud in Italia è ormai ben vista da piccole e medie imprese. Noi ci rivolgiamo infatti a imprese di tutte le dimensioni, ma occorre considerare che l’Italia è la patria delle Pmi che, per quanto ci riguarda, ci stanno dando grandi soddisfazioni». Su questa tipologia di aziende OVH opera in maniera diretta, ma sul livello enterprise, quando c’è maggiore esigenza di integrazione delle applicazioni aziendali, entrano in gioco i partner, che in Italia pesano circa per il 30% sul fatturato. Una opzione

che, vista la necessità di espansione ribadita a Parigi, sarà sempre più perseguita da OVH. Un esempio della collaborazione con i partner è il caso di Skybackbone, società IT di Carpi specializzata nel mondo dell’Outsourcing, che è uno dei principali partner di OVH a livello nazionale: «Abbiamo approcciato OVH perché dopo tanti anni di lavoro con player tradizionali (Telco o altro) cercavamo un player di livello internazionale, perché il nostro mercato è fatto da medie e grandi imprese che magari hanno l’headquarter in Italia ma che hanno anche filiali sparse nel mondo. E OVH ha questa grande capacità di riuscire a raggiungerle con reti molto veloci. L’altro fattore è stata la grande qualità dei loro servizi tecnologici, che ci hanno favorito anche nei confronti dei nostri clienti finali», evidenzia Luca Bulgarelli della direzione commerciale. In buona sostanza Skybackbone compra all’ingrosso capacità elaborativa da OVH e la rivende al dettaglio per i clienti finali, aggiungendoci dei servizi a valore aggiunto. Ma perché OVH e non un altro cloud provider? Per Skybackbone tra i punti di forza ci sono la reversibilità e l’assenza di vendor lock in.

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OVH, nel corso del suo summit annuale, ha confermato l’intenzione di competere con i giganti del cloud. Per farlo saranno costruiti nuovi Data Center a livello globale Diciotto anni sono un traguardo importante nella vita delle persone, un’età che segna ufficialmente l’ingresso nel mondo degli adulti. Ma è un traguardo che significa molto anche per OVH, società francese fondata per l’appunto 18 anni fa dai fratelli polacchi Klaba e rapidamente diventata una delle realtà più innovative del mondo dell’IT, come ha dimostrato nei mesi scorsi la clamorosa acquisizione degli asset cloud di VMware. Non a caso il claim della quinta edizione dell’OVH Summit 2017è stato “Next Level”, poiché l’obiettivo dichiarato è quello di accelerare la crescita, cogliendo tutte le opportunità della trasformazione digitale. Non che i risultati ottenuti sinora siano da disprezzare, anzi: già oggi OVH non è più una startup ma una vera e propria multinazionale, con 2.000 collaboratori sparsi in 19 Paesi a livello globale, una crescita che viaggia a ritmi del +30%. Ma per il futuro si punta decisamente più in alto, appunto al next level, grazie anche a investimen-

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il maggiore a livello globale e atteso in ulteriore progresso nel prossimo futuro. Inoltre, l’obiettivo è passare nel giro di pochi anni dagli attuali 27 a ben 50 Data Center nel mondo, che copriranno vecchi e nuovi mercati. La domanda che si potrebbero fare potenziali clienti e partner è, naturalmente, su quale tipologia di cloud ha scelto di investire OVH. E la risposta della società francese è chiara: su un cloud libero (freedom è stata un’altra delle parole ricorrenti dell’#OVHSummit) e Open, fondato da un punto di vista tecnologico su OpenStack e non solo. Proprio nell’ottica di chiarire definitivamente questa strategia a clienti e partner, è stato messo a punto un vero e proprio brand dedicato, OVHCloud, rivolto alle imprese che non vogliono subire la trasformazione digitale e coglierne le opportunità. L’intera offerta di soluzioni OVH sarà poi completata da OVHspirit (rivolta all’hosting) e OVHmarket (i servizi di connettività e telecomunicazione).


Enter: Cloud Open a servizio dei partner

La viva voce di quattro operatori del settore evidenzia come ormai il mondo Data Center parli la lingua del cloud. Grazie a investimenti sempre più importanti nella Penisola

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di Gianluigi Torchiani

Da un punto di vista tecnologico buona parte delle resistenze nei confronti del cloud sono state superate, come testimoniano i tassi di crescita a doppia cifra che interessano ormai da qualche anno anche l’Italia. Resta però da sfatare un’altra leggenda urbana, anzi due: che la nuvola sia soltanto un affare dei grandi player americani d’Oltreoceano e che il mondo del canale resti sostanzialmente tagliato fuori da questa partita. Due miti che, in nessuna maniera, corrispondono alla realtà: Digital4Trade ha sentito alcuni operatori Made in Italy attivi in questo mondo (Enter, Reevo, Var Group ed Elmec) e l’impressione principale che se ne ricava è anzi quella di un’intensa attività e di investimenti estremamente importanti, accelerati in particolare negli ultimi tempi. Con il cloud che è

diventato ormai il cuore fondante della strategia di questi provider, indirizzando anche tutte le scelte di carattere tecnologico messe in atto o programmate per il futuro. Alla base del cloud, ovviamente, c’è il caro e vecchio Data Center, che rimane la base indispensabile e insostituibile per implementare questa tecnologia, con gli operatori nazionali che si sono dimostrati capaci di cavalcare tutti i trend più importanti che riguardano questo mondo. Rendendo possibile a una nutrita schiera di partner di canale, perlomeno quelli più pronti a offrire qualcosa di diverso ai propri clienti finali, ad appoggiarsi alle proprie spalle per erogare servizi ad alto valore aggiunto. A dimostrazione che la nuvola può essere fatta - e bene - anche a migliaia di chilometri dalla West Coast.

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a cui partecipa anche l’Italia

velocizzare il go-to-market ma complica ulteriormente il ruolo dell’IT che non può prescindere dalla capacità di gestire e integrare tutti i sistemi». Tutti questi investimenti possono rivelarsi molto utili anche per l’ecosistema dei partner: oltre all’offerta di managed service per l’infrastruttura che va dalla gestione ordinaria, al disaster recovery, Elmec propone una serie di servizi di IaaS, PaaS (SAP Hana, Microsoft SQL Server, Managed Backup) e un open-LAB su piattaforma Openstack. Quest’ultimo si rivela un framework interessantissimo per quei partner applicativi che vogliono testare i codici in un ambiente cloud sicuro, scalabile e con una potenza di calcolo praticamente illimitata.

Mariano Cunietti, CTO di Enter

Interamente incentrata sul cloud è la proposta del provider italiano Enter che, come racconta il suo CTO Mariano Cunietti, «In quanto naturale evoluzione disintermediata dei tradizionali servizi di Data Center, è il presente e il futuro della nostra strategia. Dal 2011 abbiamo investito tutti i nostri sforzi, economici e non, nello sviluppo di un’offerta cloud che fosse open source ed europea. La competizione con i colossi globali oggi si fa stando vicini al cliente in un’ottica di prossimità, intercettando problemi e difficoltà ad accedere a un sapere che non è sempre lineare. Il solo modo di sviluppare le applicazioni per il cloud è radicalmente diverso da quanto si faceva prima, e non è facile per molti accedere alle nuove metodologie. Noi proponiamo sia gli strumenti (lo IaaS in primis) ma anche il supporto in fase di design, migrazione, esercizio in ottica di learn by doing. Poi, una volta trasferito il know-how, è il cliente che decide se può e vuole continuare a fidarsi di noi o se preferisce fare da solo. Ad oggi, tutti i nostri clienti hanno scelto di restare con noi». Una strategia,

quella cloud di Enter, di cui possono giovarsi numerosi partner, che possono accedere a tutti i servizi tradizionali e fondamentali di un Data Center: computing (inteso come istanze virtuali, container o bare metal), storage (block e object), networking. Ma anche a quelli evoluti come firewall, bilanciatori, sistemi di caching distribuito, monitoraggio, alerting, telemetria, database etc etc. Lasciando naturalmente il giusto spazio all’autonomia dei system integrator: «Noi forniamo i mattoncini e l’esperienza su come usarli. Poi è come il Lego: non c’è limite alla creatività!», conclude Cunietti.

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Cloud, una partita

Marco Lucchina, CTO e Business Director di Elmec

Dal design all’implementazione, fino alla gestione completa dell’infrastruttura IT di un’azienda: è questa la proposta di Elmec in ambito Data Center e cloud. Come racconta Marco Lucchina, CTO e Business Director Elmec, il gruppo eroga i suoi managed service in oltre 100 Paesi nel mondo: dalle operation più comuni (event & incident management, backup, update) sino ai piani di disaster recovery e business continuity. Tutto l’ambiente è certificato sia da HPE che da SAP, passaggio chiave per i sistemi che ospitano gli applicativi core delle aziende. Il tutto condito da un approccio estremamente orientato al cloud: «Il cloud naturalmente è fondamentale, le nostre infrastrutture sono progettate allo stato dell’arte, ma l’approccio che abbiamo in Elmec non abbraccia l’idea del selfservice. Punta piuttosto sulla gestione complessiva delle operation dell’architettura di un cliente: la situazione reale delle PMI italiane richiede un partner che gestisca l’infrastruttura e non solo architetture solamente scalabili. Una strategia che includa l’adozione del cloud implica la scelta del SaaS come modello di fruizione; questo permette

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Elmec : cloud e SaaS a servizio del cliente


Le nuove implementazioni della soluzione del vendor proteggono anche i DevOps, ottimizzando la protezione automatizzata per l’intero ciclo di vita

Al giorno d’oggi le aziende costruiscono e distribuiscono applicazioni in maniera sempre più veloce, dal cloud ai container. Ogni ostacolo al ciclo di vita DevOps, però, può creare blocchi e rallentamenti a un’intera azienda. Per supportare le organizzazioni in questo delicato contesto, Trend Micro, leader globale nelle soluzioni di sicurezza informatica, annuncia un ulteriore sviluppo della sua soluzione di Hybrid Cloud Security. Questa implementazione migliora la protezione automatizzata che Trend Micro può garantire in tutto il ciclo di vita DevOps

Salvatore Giannetto, presidente di ReeVo Cloud

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Var Group: una rete di servizi orchestrata dal cloud La rete di Data Center proprietari è il fattore principale che consente a un operatore come Var Group di competere alla pari nella complicata arena del cloud. Come infatti racconta Marco Sestini della Direzione Servizi Cloud Var Group, «Oggi Var Group eroga i propri servizi grazie a un Data Center che si trova nella sua sede principale di Empoli, mette a disposizione altri 5 Data Center dislocati in tutta Italia e altri oltre i confini nazionali. In questo modo siamo in grado di orchestrare risorse delegate a partner internazionali e di avere un’offerta di cloud ibrido, grazie anche alle competenze acquisite con Microsoft Azure e Oracle Cloud. Var Group propone in questo ambito un’offerta a valore, perché non si basa solo sulla fornitura di asset e software, ma permette agli imprenditori di delegare la gestione dei processi strategici della loro organizzazione». Le infrastrutture e le competenze dell’operatore permettono infatti di fornire in modalità as a service servizi di base come HaaS, SaaS, DaaS, IaaS, PaaS (Hardware, Software, Data, Infrastruttura e Piattaforma), servizi di sicurezza evoluti, applicazioni proprietarie, ERP nazionali e internazionali, fino ad arrivare alla totale gestione di sistemi informativi e di processi aziendali in outsourcing. Il

cloud, insomma, gioca un ruolo fondamentale nella strategia di Var Group: «Stiamo utilizzando le infrastrutture e le competenze sviluppate in questo ambito per fornire un contesto che permetta alle aziende di accedere a progetti innovativi e calarli nei propri processi aziendali: Internet of Things, Big Data, Realtà Aumentata, Realtà Virtuale, Chatbot, Intelligenza Artificiale. Per questo abbiamo sviluppato XNova, che fornisce tutti gli strumenti necessari, una visione globale e una piattaforma abilitante per guidare e integrare le soluzioni più evolute a beneficio del business, utilizzando il Data Center come base per i nuovi progetti. Il tutto muovendosi all’interno delle piattaforme standard di mercato», conclude Sestini. Marco Sestini, Direzione Servizi Cloud di Var Group

TREND MICRO Italy S.r.l. Edison Park Center Viale Edison 110 - Edificio C 20099 Sesto San Giovanni (MI) Italia Telefono: +39 02 925931 Fax: +39 02 92593401 E-mail: sales@trendmicro.it Internet: www.trendmicro.it

ed è resa possibile dall’acquisizione dell’azienda canadese Immunio e da uno sviluppo tecnico interno. In questo modo, Trend Micro migliora anche le capacità di security specifiche per i container, consentendo la scansione dell’immagine dei container, che permette di identificare e risolvere le criticità di sicurezza prima del rilascio della produzione. I clienti potranno scansionare le immagini nel registro container, in questo modo il team di sviluppo potrà risolvere le criticità prima della distribuzione e applicare capacità di protezione runtime in base ai risultati. Le nuove capacità Trend Micro si adattano perfettamente al ciclo di vita DevOps. Immunio consente di rilevare e proteggere dalle vulnerabilità delle applicazioni mentre lo scanner dell’immagine dei

D i g i tal 4 Tr ade per Tr end Mi cr o

esempio di questa politica è il percorso - in via di conclusione - che porterà all’ottenimento di importanti certificazioni tra le quali ISAE 3402 e la SSAE 1. A vantaggio del canale ReeVo può mettere sul piatto una serie di servizi Cloud (Hybrid Cloud, IaaS, Disaster Recovery, Backup e Replica, Storage as a Service, sicurezza gestita) che possono essere rimarchiati se il partner presenta la necessità di realizzare un proprio servizio cloud da immettere sul mercato con il proprio logo.

container permette di pubblicare e proteggere dei container sicuri. Tutte queste capacità permettono di avere applicazioni sicure e resilienti, oltre a migliorare decisamente le operazioni run-time, sia on-premise che nel cloud pubblico. Molte aziende che hanno già implementato dei progetti DevOps avanzati stanno utilizzano Trend Micro Deep Security in maniera automatizzata, per usufruire di una protezione server e delle applicazioni.

Deep Security

Deep Security è la soluzione Trend Micro che include un insieme intelligente di tecniche intergenerazionali di difesa dalle minacce per proteggere i server, che comprende funzioni anti-malware e di prevenzione dalle minacce (IPS) per rilevare e fermare gli attacchi sofisticati. Come parte della strategia di sicurezza XGen, Deep Security 10 aggiunge nuove caratteristiche inclusa la prevenzione dei cambi di software non autorizzati grazie al controllo delle applicazioni. La nuova funzione di controllo applicazioni è stata pensata per il cloud ibrido e protegge i server da attacchi sofisticati come quelli ransomware, perfino quando le applicazioni cambiano costantemente e i carichi di lavoro elastici sono distribuiti negli ambienti virtuali e cloud. Deep Security 10 si focalizza sul migliorare ulteriormente l’abilità nel rilevare le minacce sconosciute e supporta l’integrazione con la sandbox di Trend Micro Deep Discovery. Deep Security è ottimizzata per VMware, AWS e Microsoft Azure e fornisce una visibilità completa che permette la protezione automatica dei server. L’ultima release comprende dei miglioramenti nella gestione e nell’integrazione, come una connessione più veloce per i carichi di lavoro AWS e Azure, insieme al supporto per l’ultima versione dell’account Azure e Azure Resource Manager v2 (ARM). La soluzione va oltre i carichi server e protegge anche i container Docker con funzioni antimalware, IPS e controllo delle applicazioni.

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ReeVo si definisce come cloud provider, dunque è evidente che la nuvola costituisce il cuore della sua strategia. «Molti competitor si ritrovano spazi data center inutilizzati e iniziano ad approcciare un’offerta Cloud per “riempirli” oppure come aiuto nella proposizione della loro tradizionale offerta di connettività. ReeVo è 100% cloud perché ha come business l’erogazione di servizi cloud e lavora quotidianamente per portare innovazione e sicurezza. Utilizzando un’infrastruttura di proprietà all’interno di una rete di 3 Data Center dislocati sul territorio italiano e 5 Cloud HUB su territorio internazionale», evidenzia Salvatore Giannetto, presidente di ReeVo Cloud. In particolare il servizio Hybrid Cloud è dedicato a chi necessita di espandere la propria infrastruttura fisica utilizzando servizi Cloud. Di recente gli investimenti messi in atto da ReeVo sono stati per il 70% rivolti verso l’ambito sicurezza e protezione dei dati, così da garantire anche la disponibilità al momento opportuno. Un

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Da Trend Micro arriva la nuova Hybrid Cloud Security

ReeVo: un approccio 100% Cloud


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Il contatto e la collaborazione con i maggiori player e brand mondiali, il marketplace proprietario, il Data Center proprietario, un team di specialisti in grado di mettere a disposizione competenze e

Gianluca Guasti,

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Marketing Director di Computer Gross

COMPUTER GROSS Via del Pino, 1 50053 Empoli (FI) Tel: 0571 9977 www.computergross.it

supporto. Non c’è una sola dimensione o declinazione del cloud computing nel cuore di Computer Gross cosi come non c’è un solo cloud nel cuore di imprese e manager italiani. Una simmetria perfetta quella tra il colosso della distribuzione e le aziende italiane che, da sempre, rappresenta il tratto più unico e vincente di un modo di “stare” sul mercato con pochi paragoni. Prima ancora che dalla tecnologia infatti la forza e il motore propulsivo di Computer Gross arrivano da una abilità tutta speciale di percepire, capire, ascoltare e decifrare gli umori, il DNA, i punti di forza e le esigenze più impellenti degli imprenditori sul nostro territorio. Tutto, da Catania a Pordenone, isole comprese.

La richiesta di Multicloud

Un’abilità mai così preziosa in tempi in cui, dati dell’Osservatorio Cloud and ICT as a Service del Polimi alla mano, più che dalla sirene del marketing e dagli ultimi ritrovati tecnologici, le imprese e i manager italiani vengono attratti dalla flessibilità, dalla riduzione dei costi e dalla scalabilità che possono derivare da un accostamento intelligente di forme diverse e tattiche di piattaforme cloud. Ci sono investimenti fatti da tempo in infrastrutture proprietarie, ci sono servizi cloud che permettono di scalare e abbattere i costi di acquisto di software e backup, per esempio, e ancora ci sono ambienti ibridi in cui i due mondi già convivono. In un simile scenario le imprese chiedono sempre più di “navigare” con semplicità gestendo e prendendo solo il meglio di ogni ambiente. C’è chi lo chiama multicloud, chi preferisce il concetto di ibrido di nuova generazione ma, nella sostanza, quello che conta è che si tratta di una richiesta non banale che chiama allo scoperto e mette in discussione l’intero ecosistema dell’offerta. Prima di tutto perché ne afferma, ora più che mai, la centralità a livello di supporto e integrazione, dopo anni in cui con l’avvento del cloud si temeva una progressiva disintermediazione della filiera. Secondariamente perché rispondere davvero vuole infatti dire mettere sul piatto competenze evolute per gestire contemporaneamente ambienti proprietari, pubblici, ibridi dando agli utenti un’esperienza di utilizzo costante, ma anche avere la capacità di costruire un hub multiforme e per nulla banale di offerte e servizi complementari.

D i g i tal 4Tr ade per Co m puter G r o ss

«A fronte di un mercato che cambia con grande velocità nei modi e nei tempi di acquisto e accesso alle soluzioni tecnologiche è inevitabile che anche l’ecosistema dell’offerta sia chiamato a cambiare forma e dimensione - racconta Gianluca Guasti, Marketing Director di Computer Gross - , come Computer Gross ci siamo mossi da tempo, con decisione e coraggio in questa direzione facendo investimenti e accettando scommesse complesse come la costruzione di un Data Center proprietario qui a Empoli, il lancio di un programma ad hoc Arcipelago.Cloud o come l’investimento puntuale in una piattafoma di automazione dell’ accesso e la gestione del cloud come il MarketPlace. Tutto questo genera una “federazione” di più cloud in cui Computer Gross diventa centro stella di valore capace, a seconda delle esigenze del partner, di costruire soluzioni basate sui servizi cloud dei vendor che collaborano con noi, di integrare questi servizi con altri servizi derivanti dal nostro Data Center proprietario e di gestire il tutto con una piattaforma automatizzata che permette di controllare in maniera puntuale e semplice tutta la fatturazione e i livelli di utilizzo dei vari servizi».

Un cloud “solo” per il canale

E proprio le logiche del canale sono un altro tratto distintivo e rigoroso del modo di interpretare il cloud da parte di Computer Gross. Proprio le nuvole sono state, per molto tempo, “spauracchio” per distributori e system integrator temevano di perdere il contatto con il mercato a scapito di una forma di contatto “diretto” tra fornitore di servizi e cliente finale. I numeri e i fatti, come anticipato, stanno invece dimostrando che proprio nella filiera del cloud il valore delle abilità tecnologiche e di supporto di un partner diventano decisive. Anche e soprattutto per questo Computer Gross, sin dai suoi primissimi passi in direzione del cloud ha chiarito con nettezza la volontà di costruire una strategia he avesse come unico destinatario proprio il partner. «Per noi questa è la base e il punto di partenza di ogni ragionamento, continua Calosi -. Il mondo del cloud oggi sta raggiungendo dei livelli di

arCipelaGo

Scopri il cloud di Computer Gross, collegati ed entra nella nuvola del valore

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Il colosso della distribuzione si prepara per il 2018 scommettendo forte sulla sua offerta, sempre più articolata e complementare, di cloud di ogni forma e dimensione. Pubblico, Privato, ibrido… una trasformazione vitale e strategica, prima che tecnologica, su cui Computer Gross è arrivata ancora una volta per prima

La svolta di Computer Gross

Distribuire il cloud… una dimensione nuova e “Ibrida”

Eccola dunque la nuova dimensione “ibrida” del distributore, in cui più anime convivono e si integrano in maniera flessibile e, soprattutto al servizio dei partner. Una dimensione nuova su cui Computer Gross intende investire con forza nel 2018. «Proprio così - racconta Tommaso Calosi, Arcipelago Cloud Business Lead presso Computer Gross Italia - distribuire il cloud oggi è per Computer Gross una priorità che ci consente di proiettare verso il futuro il concetto stesso di distribuzione. I rivenditori e i vendor ci chiedono ogni giorno di ottimizzare i processi rendendoli più snelli e più dinamici per seguire un business che diventa ogni giorno più fluido, e per questo il cloud è il modello perfetto. Oggi il concetto stesso di distribuzione si evolve. Sono i vendor per primi ad apprezzare che il distributore si doti di competenze che consentano di creare una sinergia unica che si esprime nei confronti del canale come un rapporto di partnership. Collaboration Value si evolve in questa direzione, come un’estensione stessa del vendor che supporta i partner sui loro progetti rispettando appieno le logiche di canale».

Tommaso Calosi, Arcipelago Cloud Business Lead presso Computer Gross Italia

complessità, di cambiamento continuo e di ricchezza dell’offerta che il mondo dell’IT tradizionale non era abituata a percepire e assorbire. Un cambiamento che richiede compagni di viaggio competenti e affidabili cui affidarsi e che, ancora una volta, rimette al centro il ruolo di distributori, system integrator. Per questo motivo Computer Gross svolge per il canale una funzione innanzitutto abilitante. Attraverso i nostri programmi di education e le nostre Service Unit ci prefiggiamo lo scopo di fornire un ruolo di consulenti specializzati sempre a fianco dei nostri partner».

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D i g i tal 4Tr ade per Co m puter G r o ss

«Una federazione di cloud e valore per guidare il canale tra le nuvole» Computer Gross e la strategia “ibrida” che trasforma la distribuzione


I sistemi integrati Fujitsu aiutano a superare senza intoppi i punti critici della migrazione di architetture IT in un’ottica di trasformazione digitale. In particolare, evidenti i vantaggi in ambienti SAP Hana

upgrade da un prodotto all’altro, oppure annullare i servizi, il tutto in modalità pay-per-use. Tra i diversi profili di operatori del canale, un grande impatto in termini di benefici si può immaginare per i System Integrator, per esempio, che non dovranno più anticipare il costo di acquisto delle licenze in caso di

offerto. Panda Security, da 25 anni propone le più avanzate soluzioni tecnologiche di sicurezza, è stata la prima azienda che, già nel lontano 2007, ha spostato l’intero portfolio di prodotti nel cloud, rendendo così possibile rispondere a queste esigenze.

replacement massivi, così come per gli operatori del mercato SMB sarà possibile acquistare sul venduto, migliorando di fatto il flusso di cassa.

Nell’impegnativo scenario di adozione del cloud nelle architetture IT aziendali, velocità dei cambiamenti e complessità stanno crescendo in misura inversamente proporzionale al tempo disponibile. Poter quindi contare su un aiuto in grado di riunire più problematiche in un unico approccio è una necessità prima ancora di una scelta. La risposta Fujitsu è racchiusa nel portfolio PRIMEFLEX, una serie di sistemi Integrati grazie ai quali rispondere alle esigenze degli utenti in modo più rapido ed efficiente, semplificando ulteriormente i compiti in cinque aree principali: virtualizzazione, cloud privato, Big Data, high performance computing e ambienti SAP. La gamma

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La sicurezza nel marketplace

PANDA SECURITY ITALIA www.pandasecurity.com Viale Enrico Forlanini, 23 20134 Milano Tel: +39 02 8732 3210

Il recente accordo con Computer Gross riguardante il marketplace del distributore, Arcipelago Cloud, consente ora a Panda Security di proporre un’ulteriore opportunità al Canale dei propri partner: attraverso questa piattaforma, completamente integrata, si potrà, infatti, gestire l’intero ciclo di vita del cliente in maniera diretta, flessibile e semplificata. Una volta scelto il prodotto, sarà possibile ordinare le quantità necessarie, modificarle in qualsiasi momento, fare

Riscontri facili come bere un caffè

Antivirus e non solo L’offerta CSP di Panda Security copre un portfolio completo di soluzioni Cloud based, che vanno dall’antivirus tradizionale, fino alla famiglia Adaptive Defense, un sistema basato su tecnologie di analisi del comportamento. Questa tecnologia permette alle aziende di classificare il 100% dei processi interni in esecuzione, garantendo attraverso innovative tecnologie di EDR e machine learning una visibilità completa e un controllo assoluto di tutto quello che accade all’interno dell’infrastruttura aziendale.

PRIMEFLEX comprende sistemi pre-integrati e pretestati progettati per una varietà di necessità specifiche. Ogni sistema combina infatti server, storage, connettività di rete e software in un modello all-inone. Le soluzioni sono disponibili sia nella versione ready-to-run sia come architetture di riferimento personalizzabili. In particolare, uno degli aspetti più delicati riguarda la sfida per i Big Data. Alle già non indifferenti capacità di raccogliere e memorizzare i dati con adeguati sistemi di networking e storage, si affianca la difficoltà nel trasformarli in valore. Per esempio, basti pensare come una vettura di Formula Uno in pista generi almeno 1 GB/s. di dati, mentre i sensori di un nuovo motore a getto producano circa 10 GB/s di dati. Per elaborare questo enorme volume di informazioni in modo economicamente conveniente e veloce, tante aziende adottano la piattaforma SAP HANA per i dati di business intelligence strutturata e Hadoop per trattare quelli non strutturati. Per questo, Fujitsu ha lavorato a stretto contatto con SAP per ottimizzare il proprio sistema integrato PRIMEFLEX for Hadoop allo scopo di supportare SAP HANA Vora in modo nativo.

FUJITSU ITALIA Via Giovanni Spadolini, 5, 20141 Milano MI Tel: 800466820 http://www.fujitsu.com/it customerinfo.point@ ts.fujitsu.com http://blog.it.fujitsu.com/

I benefici di PRIMEFLEX si stanno già rivelando un ottimo alleato per affrontare senza incertezza la trasformazione digitale. Come insegna l’esperienza di Caffè Moak, muoversi per tempo e con le giuste scelte permette anche a un’organizzazione cresciuta dalla dimensione locale a quella internazionale di mantenere controllo ed efficienza. Nata nel 1967, oggi l’azienda attiva nel settore della torrefazione e distribuzione del caffè è presente in oltre 50 Paesi. Di fronte a un sistema IT ormai obsoleto, nel 2016 Caffè Moak ha colto l’occasione per affrontare senza esitazioni la trasformazione digitale adottando un ambiente SAP HANA. Non è stato necessario molto tempo per capire come le soluzioni Fujitsu offrissero il miglior rapporto prezzo/prestazioni. Tuttavia, le esigenze di Caffè Moak non si limitavano ovviamente alla pura sostituzione dell’ormai obsoleta architettura blade. Puntavano invece ad assicurare scalabilità e continuità necessarie a supportare

la crescita. Il progetto ha portato a un’architettura mista fisica-virtuale costruita intorno a PRIMEFLEX for SAP HANA, composta da quattro Fujitsu Server PRIMERGY RX2540 (di cui uno dedicato al supporto dell’ambiente fisico SAP), uno Fujitsu Storage ETERNUS DX200 e un’appliance di backup ETERNUS CS200c. L’intera operazione di trasformazione è stata portata a termine in pochi mesi. Oltre a questo però, particolarmente apprezzata dai dirigenti del’azienda siciliana si è rivelata la scalabilità, utile per assicurare alcuni anni di autonomia senza interferire con crescita e internazionalizzazione. In particolare, tra i miglioramenti più apprezzati un forte progresso delle prestazioni dell’ambiente di BI. I dati in precedenza cristallizzati al giorno precedente sono diventati disponibili praticamente in tempo reale. Nella prima fase, sono già oltre cento gli utenti che si affidano ai servizi erogati dall’ambiente SAP HANA su architettura Fujitsu.

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La sicurezza degli host è un fattore fondamentale per la tranquillità lavorativa delle imprese, che per questo pretendono un’offerta di sistemi sempre più all’avanguardia, in grado di alzare il livello di protezione dei dati ma che allo stesso tempo permettano di migliorare la qualità e flessibilità del servizio

D i g i tal 4 Tr ade per Fuj i tsu

L’ingresso nel marketplace Arcipelago Cloud di Computer Gross consente ai system integrator di velocizzare la proposizione di servizi di sicurezza basati su cloud alle aziende. Un’offerta CSP che va dall’antivirus alle soluzioni avanzate basate sul machine learning

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Sulla strada verso il cloud, l’iperconvergenza PRIMEFLEX rimuove ogni ostacolo

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Panda Security: una grande opportunità per i Cloud Service Provider


David Gubiani

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Security Engineering Manager Italy di Check Point Software Technologies

Può un vendor di sicurezza rimanere insensibile alla maggiore trasformazione tecnologica di questi tempi, ovvero il cloud? No di certo: ecco perché Check Point Software Technologies è da anni in prima fila per aiutare i propri clienti finali a proteggersi dagli attacchi del cybercrime anche quando scelgono di affidarsi al cloud. Come racconta David Gubiani, Security Engineering Manager Italy di Check Point Software Technologies, è infatti indubbio che il cloud stia profondamente

cambiando l’intero panorama della sicurezza informatica: «Il cloud sta modificando il modo di lavorare delle aziende e, di conseguenza, sta trasformando anche il lavoro dei vendor di sicurezza come Check Point. In quest’ottica il nostro compito è quello di fornire ai nostri utenti lo CHECK POINT SOFTWARE TECHNOLOGIES (ITALIA) stesso livello di sicurezza “tradizionale” anche in un Data center che non è di loro proprietà. QuinVia M. Viganò De Vizzi, 93/95 20092 – Cinisello Balsamo di dobbiamo essere in grado di fornire del valore (MI), Italy aggiunto, ovvero delle soluzioni di sicurezza che Tel: +39 02.6659981 siano adeguate e che siano possibilmente gestiFax: +39 02.66599899 bili allo stesso modo con cui si gestisce la securiinfo_it@checkpoint.com

ty on premise. Sotto questo punto di vista, quindi, il cloud è senz’altro per noi un’opportunità». Da un punto di vista tecnologico le soluzioni Check Point sono concepite per garantire lo stesso livello di sicurezza presente nei Data Center aziendali: «Abbiamo delle soluzioni che sono pronte e sono costruite appositamente sia per il Public cloud che per il Private cloud, che poi spesso sono le evoluzioni delle tradizionali famiglie di sicurezza esistenti nell’on premise. In particolare, proponiamo sul mercato la famiglia vSec, che permette di proteggere il cloud a 360 gradi attraverso un’unica console di gestione, fornendo al cliente le stesse garanzie e gli stessi livelli di sicurezza che oggi può avere in casa, con le medesime modalità procedurali», evidenzia Gubiani. Tutto questo va a vantaggio dei responsabili della sicurezza, spesso alle prese con troppi prodotti e console di gestione, che hanno l’esigenza sia di semplificare il lavoro e ridurre i costi operativi, nonché di dispiegare le misure di protezione in maniera coerente ed efficace. Ovviamente la parte infrastrutturale che riguarda il cloud non è di competenza di Check Point Software. Questo spiega perchè il vendor israeliano in questi anni abbia investito molto nelle relazioni con i cloud provider e nel relativo sviluppo di prodotti: «Abbiamo sviluppato degli accordi con tutti i principali cloud provider, dunque le nostre soluzioni si possono trovare nei principali cloud market place a disposizione dei clienti finali, che possono acquistarle allo stesso modo con cui acquisiscono la propria porzione di spazio sulla nuvola. Parliamo pertanto di nomi AWS, Microsoft Azure, Oracle, Google e quant’altri, che sono tutti nostri partner tecnologici. Stiamo progressivamente allargando la nostra offerta anche su cloud provider minori che stanno prendendo sempre più piede. Ovviamente queste soluzioni sono integrate e integrabili con i prodotti on premise installati fisicamente sul sito del

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D i g i tal 4 Tr ade per Ch eck P o i nt

Lo stravolgimento delle architetture IT dettato dal cloud non può naturalmente risparmiare il canale, vero e proprio punto di collegamento tra produttori e utenti. «Anche i partner sono chiamati a reimpostare la propria offerta di servizi e soluzioni, per essere pronti a rispondere alle esigenze dei clienti e migliorare il servizio - spiega Gubiani -. Mi riferisco in particolare alla consulenza, fondamentale per accompagnare l’utente lungo l’intero percorso a tappe dettato dal cloud computing». Un’adeguata preparazione è infatti indispensabile per supportare non solo

condo terreno di sfida, ulteriormente incalzato da una nuova ondata di grossi cambiamenti. « Non dobbiamo dimenticare le opportunità che si presentano grazie alla crescita delle infrastrutture “mobile”- ricorda il manager di Check Point - Alle quali bisogna aggiungere l’IoT, che inizia a prendere piede. Sono tutti aspetti importanti an-

Il cloud come opportunità

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Il vendor di sicurezza può mettere in campo una famiglia di soluzioni che consentono di garantire la sicurezza nel cloud. Ed è pronto a giocare anche la partita dell’IoT

Dal cloud ad IoT passando per il mobile, sicuri di farsi trovare pronti

chi ha già avviato nuovi progetti o intrapreso un percorso di migrazione, ma soprattutto per assistere le aziende che ancora non hanno capito come muoversi, in modo da aiutarle a individuare il proprio percorso. In poche parole: il canale nella nuova era della sicurezza informatica deve possedere adeguate competenze. Un cammino lungo il quale i partner incontrano anche un se-

che per la sicurezza e, di conseguenza, sono per noi nuove opportunità». Una serie di cambiamenti utili anche per rimettere in discussione architetture ormai consolidate da lungo tempo e aumentare i relativi livelli di sicurezza. «Siamo tra i protagonisti nel mercato da ormai più di venti anni - ricorda Gubiani -. Siamo in grado di offrire un portafoglio di soluzioni

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Check Point: così si affronta la sfida del cloud


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Dietro i ransomware, sono tante le sfide, tutte da vincere

Ovviamente sono diversi i fronti sui quali un fornitore di soluzioni per la sicurezza è chiamato a confrontarsi in questo periodo. Tutti, impegnativi e potenziale fonte di grossi problemi per gli utenti, senza alcuna eccezione. Il livello di attenzione resta quindi costantemente ai massimi livelli, e non potrebbe essere diversamente per riuscire a difendere la qualità del proprio marchio. Non si può certo dunque non parlare della minaccia che sta maggiormente interessando il pianeta sicurezza: «Il ransomware continua a essere una piaga enorme - ammette Gubiani -. In tema di sicurezza potremmo addirittura definirla la vera e propria piaga attuale. Costringe l’utente a pagare un riscatto e in genere i cybercriminali sono abbastanza furbi da chiedere cifre tutto sommato basse, inducendo quindi a cedere e di conse-

Le minacce informatiche sono in continuo aumento e l’IT deve trovare un modo per proteggere i dati preziosi e abbassare i costi. VMware vSAN™ 6.6 aiuta l’IT a modernizzare l’infrastruttura con una soluzione per l’infrastruttura iperconvergente (HCI) leader nel settore, che offre la prima soluzione per la sicurezza HCI nativa, TCO ridotto per la protezione del sito e le operation di routine e prestazioni ottimizzate per i carichi di lavoro di nuova generazione.

VMware vSAN, la promessa, possibile, di un Data Center moderno a basso costo

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VMware vSAN permette infatti di accelerare la modernizzazione dell’infrastruttura per trasformare l’IT in un vantaggio strategico e conveniente per l’azienda. Offrendo le soluzioni di Infrastruttura iperconvergente (HCI) leader del settore, vSAN aiuta i clienti a trasformare il proprio data center senza rischi, a controllare i costi IT e a scalare in base alle esigenze future dell’azienda.

se business critical, desktop virtuali o applicazioni di nuova generazione.

Perché utilizzare VMware vSAN? Oggi tutte le iniziative aziendali possono essere paragonate a uno o più progetti IT. Per effetto della digital transformation in corso, l’IT deve adottare un approccio più semplice e conveniente alla propria infrastruttura di data center, un approccio che non richieda nuova formazione e nuove competenze. In qualità di unica piattaforma di Software-Defined Storage nativa per vSphere, vSAN aiuta i clienti a

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Moderni, veloci, scalabili e, soprattutto sicuri, a prova di ransomware, GDPR e di attacco mirato. Tutto insieme, tutto in un’unica infrastruttura. È cosi che deve assolutamente essere il Data Center del futuro che è presente al tempo della digital transformation. Un futuro che VMware ha da tempo messo nel mirino e avvicianto a clienti e partner grazie a una soluzione che sta cambiando gli equilibri del mercato.

Next Stop: IoT Sempre alta è l’attenzione anche nei confronti del mobile, la cui facilità d’uso sembra troppo spesso andare a scapito della sicurezza. «L’adozione è in continua crescita, ma non altrettanto la sensibilità verso la necessità di proteggere dispositivi e dati». Nel frattempo, all’orizzonte si sta già materializzando un nuovo fronte, la cui portata potenziale non permette esitazioni. Stiamo parlando dell’Internet of Things (IoT), che impone la necessità di proteggere dal cybercrime il crescente numero di dispositivi connessi alla rete. «Dal punto di vista delle soluzioni, siamo certamente già pronti anche per IoT. Il vero problema in questo caso è culturale. Spesso, quando questi sistemi vengono inseriti in un’azienda, non sono sotto il controllo diretto del responsabile IT». Anche dove l’approccio arriva da un mondo diverso da quelli affrontati finora in tema di sicurezza, l’obiettivo primario è sensibilizzare sulla continuità delle architetture. «Una sfida al momento molto più culturale che tecnologica. Dobbiamo convincere le figure responsabili di IoT ad adottare le stesse misura di procedure e sicurezza ormai universalmente utilizzate per i server e ogni altro elemento di un’infrastruttura informatica».

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Iperconvergenti e sicuri, ecco i Data Center del futuro! La scommessa possibile, di VMware vSAN

guenza continuare a essere ricattati». In favore di chi sfrutta i ransomware, la possibilità di attaccare aziende o privati senza distinzione e contare sulla sensazione di impotenza e smarrimento di chi viene colpito. Contrariamente alla maggior parte delle notizie più diffuse però, quello che spesso molti ignorano, è la presenza di una soluzione. Una via di uscita senza cedere a una serie di richieste che rischia di ripetersi senza tregua. «Non si possono affrontare con strumenti generici, ne serve uno specifico - spiega-. Noi siamo in grado di contare su SandBlast Agent, una soluzione decisamente innovativa al cui interno c’è proprio anche un modulo anti-ransomware. Permette non solo di bloccare un attacco, ma anche di intervenire e recuperare i dati già eventualmente cifrati. Aspetto molto importante, agisce in tempo reale, quindi senza perdere la disponibilità dei dati».

VMware vSAN, dalle parole ai fatti vSAN, nativo per l’hypervisor leader del mercato, fornisce storage sicuro e ottimizzato per flash per tutti i carichi di lavoro vSphere cruciali. vSAN si basa su server e componenti x86 standard di settore che consentono di ridurre il TCO fino al 50% rispetto allo storage tradizionale. Fornisce l’agilità necessaria per scalare facilmente l’IT e offre la prima crittografia HCI nativa del settore. I nuovi e migliorati cluster estesi e le operazioni intelligenti a un clic riducono ulteriormente i costi per una protezione conveniente dei siti (50% in meno rispetto alle tradizionali SYSTEMATIKA DISTRIBUTION soluzioni leader del settore) e una gestione quotiVia Luigi Sampietro, 110 diana semplice. Grazie alla perfetta integrazione 21047 Saronno (VA) con VMware vSphere® e con l’intero stack VMware, Tel: 02 9641 0282 Email: info@systematika.it vSAN è la piattaforma di storage più semplice per le macchine virtuali, sia che vengano eseguiti databawww.systematika.it Scopri la guida esclusiva ai vantaggi dell’ultima versione di VMware vSAN collegati e guarda il video webcast

passare all’infrastruttura iperconvergente (HCI) senza rischi, riducendo al contempo i costi IT e fornendo una soluzione agile e pronta per i futuri cambiamenti a livello di hardware, cloud e applicazioni. vSAN offre storage sicuro e ottimizzato per flash con la prima soluzione di crittografia HCI nativa del settore, a costi estremamente ridotti rispetto allo storage dedicato tradizionale o ad altre soluzioni per l’infrastruttura iperconvergente meno efficienti. vSAN raggruppa in pool lo storage collegato ai server per fornire un datastore condiviso ad alta resilienza, ideale per qualsiasi carico di lavoro virtualizzato, tra cui applicazioni business critical, desktop virtuali, IT remoto, DR e infrastruttura DevOps.

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ampio come pochi altri possono vantare. Inoltre, con buona probabilità siamo gli unici a coprire ogni aspetto dell’infrastruttura». Proprio la crescita dell’offerta, e della varietà di moduli per la sicurezza oggi presenti in un’organizzazione di medie dimensioni, mette in risalto un altro importante fattore distintivo di Check Point Software. «Mettiamo a disposizione un’unica console dalla quale poter gestire ogni aspetto della sicurezza, sia locale sia in cloud. Un’architettura all’avanguardia, a tutto vantaggio anche dei partner, nel proporre una soluzione completa come solo noi possiamo vantare». Elementi distintivi nell’offerta richiedono naturalmente anche strumenti adeguati messi al servizio dei partner. La copertura in termini di formazione è in constante aggiornamento, così come la continua assistenza per scacciare ogni dubbio legato all’offerta da proporre al cliente finale. Tutto in un ‘ottica di spirito di gruppo orientato a migliorare la qualità del servizio reso. L’insieme si fonda su un programma di canale ormai consolidato, con solide fondamenta ma al tempo stesso con l’occhio sempre attento ad apportare i dovuti aggiustamenti per garantire il perfetto allineamento con il mercato. «A gennaio 2018 annunceremo qualche piccola novità in tema di formazione e riconoscimento del livello di business. Niente stravolgimenti però, solo qualche aggiustamento, perchè al momento tutto ha dimostrato di funzionare al meglio e anche i partner hanno manifestato apprezzamenti».


Il provider francese sta scalando le classifiche del public cloud, grazie alle particolari caratteristiche del suo modello di business. Che i partner possono sfruttare con successo

tri EDI per ogni cliente associato ad uno dei Service Provider EDI italiani. È possibile assegnare ad ogni punto vendita del cliente, i parametri EDI Mittente, EDI Cliente ed EDI Destinatario, specifici per quella determinata destinazione merce. I documenti di trasporto creati da Evolution per i clienti della GDO saranno generati come bolle elettroniche nel formato EDI DESADV con i

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La grande distribuzione dimostra un crescente interesse alla creazione di marchi commerciali propri grazie a legami con piccole e medie imprese e al commercio di prodotti locali del territorio di riferimento. Queste nuove politiche commerciali della GDO hanno favorito il rapporto con piccoli fornitori rendendo necessario per questi ultimi adeguarsi a nuovi sistemi informatici, in grado di generare

EVOLUTION srl Lungomare Adriatico, 28 30015 Chioggia (VE) Tel. +39 041 5543800

ed esportare tracciati o flussi di documenti nella piattaforma Euritmo - espressamente - richiesta dalle grandi catene di negozi e supermercati. Euritmo è la soluzione Web-EDI studiata per lo scambio elettronico dei documenti commerciali a portata di tutte le aziende, grandi e piccole. Lo standard EDI, infatti, è stato sviluppato nell’ottica di standardizzare le modalità di comunicazione tra i partner commerciali, con minori costi e senza più errori. In EVOLUTION 4.1 sono stati implementati i campi che permettono la configurazione dei parame-

seguenti dati: data consegna, codice fornitore, codice EAN dell’articolo per i prodotti a peso fisso, codice articolo fornitore, descrizione articolo, quantità consegnata per ogni articolo ed il tipo cessione (vendita, omaggio, etc). Le bolle elettroniche saranno, così, pronte per l’invio ai clienti della GDO attraverso il flusso EDI. Questa funzionalità è già compresa gratuitamente nel programma e costituisce un tratto distintivo di Evolution, perché non comporta spese aggiuntive per gli utenti, che avranno come unico costo quello di associarsi ad uno dei provider EDI.

OVH ITALIA Via Leopoldo Cicognara, 7 20129, Milano – Italia Tel. +39 02 5560 0423 www.ovh.it

Da qualche tempo a questa parte il cloud, nelle sue differenti modalità (private, Hybrid e public), è uscito dalla sua fase “sperimentale” ed è diventato una tecnologia standard con cui tutte le organizzazioni, grandi e piccole, possono e devono confrontarsi. Vuoi per i risparmi in termini di costi o per i benefici da un punto di vista di scalabilità e flessibilità, ormai i tassi di adozione della nuvola viaggiano stabilmente a doppia cifra, anche in Italia. La domanda che ovviamente i clienti finali si fanno prima di affrontare il “cloud journey”, è a quale fornitore affidarsi,

to) permette a OVH di gestire l’intera catena del valore, dalla progettazione dei data center all’assemblaggio dei server, passando per il supporto. Una proposizione che, a differenza di altri attori, non taglia fuori il canale dei system integrator ma anzi ne valorizza il ruolo, consentendo ai partner di supportare al meglio i propri clienti grazie a servizi all’avanguardia, costruiti sulla base del cloud OVH ma che possono essere ulteriormente personalizzati e arricchiti. Occorre infatti considerare che il provider transalpino si rivolge a imprese di tutte le dimensioni, privilegiando un approccio diretto con le piccole e medie imprese, che di norma hanno meno necessità di servizi specialistici. Ma a livello enterprise, quando c’è una maggiore necessità di

vista la marea di offerte e vendor ormai presenti sul mercato. Un nome, alternativo a quello dei giganti d’Oltreoceano, che sta guadagnando uno spazio importante sul mercato è senza dubbio OVH, società francese presente in forze anche in Italia. Il cui servizio di Public cloud, secondo una recente ricerca comparativa effettuata da Cloud Spectator offre il miglior rapporto performance/prezzo in Europa e il secondo in Nord America. Il risultato ottimale trova spiegazione nel business model rivoluzionario di OVH, capace di combinare innovazioni tecnologiche come il raffreddamento liquido dei server, che consente al gruppo di eliminare la climatizzazione nei propri data center. sInoltre la strategia di integrazione verticale (grazie a 27 data center di proprietà, in costante aumen-

integrazione delle applicazioni aziendali, il lavoro di integrazione dei partner gioca un ruolo chiave e decisivo. Secondo OVH, infatti, un partner tecnologico qualificato come managed service provider è in grado di aiutare a colmare le carenze di competenze che le imprese ancora presentano, supportandole nell’utilizzo più efficace del cloud, nonché occupandosi della migrazione e della gestione dei sistemi. Tipicamente i partner OVH sono infatti capaci di offrire servizi on premise, help desk e consulenza e rappresentano una sorta di anello di congiunzione della catena di valore tra il cloud provider, cioè OVH, e l’utente finale. La strada della collaborazione con i partner di canale, vista la volontà di espansione del gruppo su scala nazionale e internazionale, sarà sempre più perseguita da OVH nel prossimo futuro.

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La grande distribuzione diventa a portata di clic per le piccole e medie imprese che vogliono mettere i propri prodotti sugli scaffali dei supermercati

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OVH, un cloud su misura per il canale

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EVOLUTION integra il tracciato EDI nel suo gestionale


Oltre l’internet delle cose, oltre i big data e il cloud, oltre tutto, al tempo della digital transformation c’è una partita che ogni system integrator è chiamato a giocare. È la sfida dell’Enterprise of Things, su cui CleverMobile Distribution ha già investito con soluzioni e competenze dedicate. La voce di Antonio Serra, Sales and Marketing Director, di Clever Mobile Distribution

Un aspetto, naturalmente (più giusto dire tecnologicamente) che diventa il punto di congiunzione di questo nuovo paradigma. Enterprise of Things. Per capirlo a fondo, davvero, partiamo dall’assunto che la mobility è basata su strumenti che fanno parte della nostra vita comune: smartphone, tablet e notebook e non solo. Ovviamente sono soltanto i primi che ci vengono in mente, ma sono

Si stima che ogni giorno vengano connesse alla rete dieci milioni di “cose”, accelerando esponenzialmente il livello di interazione, e di conseguenza della vulnerabilità. Il tratto distintivo di CleverMobile Distribution sta nella capacità di saper individuare in anticipo le più innovative tecnologie e soluzioni emergenti nell’ambito dell’Enterprise mobility. Le scelte sono rafforzate dal saper sviluppare best practice per la loro adozione all’interno del contesto aziendale e sociale. Gli accordi di di-

anche fotocamere, smartwatch, navigatori, automobili, elettrodomestici, e tanti altri “oggetti” che always on modificano i nostri modi comportamentali. Questi end point sono i gangli di una rete che permetterà di mettere a fattor comune quello che la Digital Trasformation o l’Industria 4.0 saranno in grado di generare. Enterprise of Things è il paradigma che “spariglia” le carte, è la convergenza tra mobile e IoT. È quell’integrazione che abiliterà l’essere umano all’uso cosciente, incosciente, diretto e indiretto delle tecnologie che imporrà una mutazione sociale, economica e psicologica di cui già si vedono i cambiamenti.

stribuzione nazionale con i principali vendor di mercato hanno permesso a CleverMobile Distribution di costruire un’offerta di soluzioni completa, granulare e scalabile, in grado di rispondere alle tantissime varianti che questo segmento di mercato offre. CleverMobile agisce attraverso una rete di Partner qualificati, certificati e distribuiti nel territorio. La sfida è aperta, l’utilizzo di strumenti e tecnologie abilitanti riduce lo spazio, velocizza il tempo, aumenta la produttività e la sicurezza, modifica il nostro vivere e cambia il setup umano. Francesco Bacone diceva: “scientia est potentia”.

Il cuore è l’Enterprise of Things

CLEVER MOBILE DISTRIBUTION Via Terraggio, 11 20123 Milano Tel: +39 02 80509734 info@clevermobile.it www.clevermobile.it

ruolo o contesto sociale esso ricopra. Internet of Things trasforma le imprese e i loro metodi produttivi, modificando anche il modello del business. L’industria 4.0 pare sia la quarta rivoluzione industriale che affonda le radici del suo sviluppo su concetti concreti quali: l’utilizzo delle informazio-

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| 52 | Antonio Serra, Sales and Marketing Director di CleverMobile Distribution

Internet of Things (IoT), sta emergendo prepotentemente dimostrando di essere uno dei fenomeni più significativi del nostro tempo. Collegare le persone alle cose e viceversa, sarà la nuova frontiera per l’essere umano a prescindere dal

Oltre l’IOT verso l’interazione Uomo/ Macchina Ma c’è di più, ed è un “di più” che ha la forma e la dimensione, chiave, dell’interazione tra uomo e macchina. Ma andiamo con ordine. Intanto partendo da un dato di fatto: le fabbriche stanno cambiando, il lavoratore sta cambiando, usa tecnologie indossabili (wearable device) come gli smartglass per ricevere o mandare informazioni durante lo svolgimento del suo lavoro, o semplicemente per confermare la presa di materiale (pick list) in una linea produttiva. Il nuovo lavoratore usa lo smartwatch come strumento di rilevamento presenze, verifiche produttive, come sonda del suo stato di salute o come strumento di warning nel caso di allarmi in fabbrica o più in generale nel posto di lavoro. Questi sono alcuni esempi di utilizzo che confermano l’orientamento della fabbrica moderna e del suo lavoratore. Le aziende stanno cambiando, saranno sempre più digitali e interconnesse. È tempo della Digital Trasformation. Le nuove tecnologie avranno un impatto profondo anche nel sociale. Immaginate cosa è possibile ottenere già oggi attraverso la stampa 3D, la robotica, le comunicazioni, la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale, sono tutte tecnologie entrate in azienda in modo pervasivo. Ma quando pensiamo che tutto sia stato risolto, analizzato e in-

D i g i tal 4Tr ade per Cl ev er Mo b i l e D i str i b uti o n

Il ruolo, nuovo e unico, di CleverMobile Distribution

ni (i dati), che passano attraverso i Big Data, IoT, Cloud Computing.

D i s t r i b u t i o n

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tegrato, ecco che spunta una nuova visione, un aspetto, chiave, di cui non si era tenuto conto in precedenza.

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Canale e Digital Transformation, la risposta è nell’Enterprise of Things. CleverMobile Distribution e il valore, nuovo, della distribuzione


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L’uso di servizi e applicazioni basati su cloud sta interessando sempre più aziende per gestire un business snello ed efficiente. Un tempo appannaggio delle grandi imprese che esternalizzavano servizi IT a partner specializzati, ora il cloud è considerato una soluzione accessibile per le aziende di tutte le dimensioni per massimizzare l’IT e rimanere competitivi. Sia le piattaforme IaaS che SaaS sono molto richieste da imprenditori e team IT; è quanto emerge da un’indagine realizzata da Kaspersky Lab in collaborazione con B2B International. Quando si tratta di IaaS, la

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metà (49%) delle imprese e il 45% delle PMI afferma di star cercando di esternalizzare a terzi l’infrastruttura e i processi IT, con il 49% delle aziende che convengono sul fatto che la riduzione dei costi è il principale fattore trainante quando si deve decidere di esternalizzare a fornitori di IaaS. Per quanto riguarda il SaaS, il 78% delle aziende di tutti i settori utilizzano già almeno una forma di cloud e il 75% sta progettando di spostare un maggior numero di applicazioni nel cloud in futuro. I servizi cloud offrono alle imprese la flessibilità di crescere senza doversi preoccupare dei costi e della manutenzione dell’infrastruttura IT. Tra i servizi più utilizzati, si evidenzia la posta elettronica (52%), seguita da software di collaborazione (48%), gestione delle risorse umane (48%) e strumenti finanziari e contabili (47%). «Non c’è da stupirsi che la sicurezza delle informazioni in-the-cloud sia ancora una delle principali preoccupazioni per coloro che fru-

iscono di servizi in hosting, con il 59% delle aziende che ritengono che l’outsourcing e i servizi ospitati in cloud possano introdurre nuovi rischi per la sicurezza. Ma ciò che è scioccante è che, nonostante queste riserve, molte imprese non stanno ancora prendendo sul serio la sicurezza cloud, indipendentemente dal luogo in cui i propri dati sono salvati», ha commentato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab. Questa incertezza sta portando a un “cloud zoo”, lasciando le aziende in una “giungla” senza controllo e visibilità sui loro dati o il controllo su quelli dei loro clienti, e questo potrebbe essere un problema in termini di adeguamento al GDPR. In particolare, il cloud ibrido risulta essere un ambiente cloud critico per la sicurezza. Essendo dinamico necessita di una soluzione di sicurezza che si adatti rapidamente al panorama operativo in continuo cambiamento mentre si evolve e si adatta. Per far fronte a queste problematiche Kaspersky Lab offre la soluzione Hybrid Cloud Security che garantisce una straordinaria protezione multilivello per il cloud ibrido: ovunque si elaborino e archivino i dati aziendali critici, su un cloud privato o pubblico o su entrambi, è in grado di offrire una perfetta combinazione di sicurezza agile ed efficiente, proteggendo i dati dei clienti contro le più avanzate minacce presenti e future, senza compromettere le prestazioni dei sistemi.

Alfa Group mette la nuvola in sicurezza Alfa Group è un Platinum Partner di Kaspersky Lab, con cui collabora ormai da anni. «La particolare natura del cloud ibrido è oggi una delle sfide più impegnative nel campo della sicurezza IT. E non solo in ottica GDPR, che impone di garantire la protezione dei dati in tutti gli ambienti, inclusi quelli in cloud. Alfa Group lavora accanto alle PMI e alle grandi imprese da oltre vent’anni e nel campo delle soluzioni cloud offre un ampio spettro di soluzioni, sia per l’infrastruttura in sè e sia, grazie alla tecnologia di Kaspersky Lab, per la sicurezza. Con Hybrid Cloud Security possiamo assicurare un altissimo livello di protezione su tutte le piattaforme eterogenee utilizzate dalle aziende e garantire, allo stesso tempo, performance, flessibilità ed efficienza» ha dichiarato Dario Lauricella, CEO di Alfa Group.

D i g i tal 4 Tr ade per TI M

Con TIM OPEN, l’azienda punta a offrire strumenti innovativi non solo al mondo dell’IT ma anche alle banche pronte ad accogliere il paradigma dell’open banking Lanciata da poco più di un anno, TIM OPEN è la piattaforma B2B - rivolta a sviluppatori, startup e operatori IT italiani – che permette di configurare in modo semplice e rapido la propria applicazione cloud e di renderla disponibile alle imprese e ai potenziali clienti attraverso i canali di TIM, dal marketplace TIM Digital Store agli agenti di vendita presenti sul territorio. Un innovativo modello di business per facilitare l’incontro tra la domanda di applicazioni digital, di cui le aziende necessitano

per il loro business, e l’offerta. TIM OPEN offre i principali strumenti per lo sviluppo software: dalle risorse infrastrutturali ad alta qualità, erogate attraverso i Data Center nazionali di TIM, alle funzionalità di gestione ordini, promozione e fatturazione. A queste si è aggiunto recentemente il nuovo TIM OPEN API Store, un portale che mette a disposizione le API (Application Programming Interface) di servizi TIM accanto a quelle di altre aziende. Un catalogo sempre più ricco di “microservice” utilizzabili da chi sviluppa software per migliorare e rendere più efficaci le proprie applicazioni, per esempio attraverso la gestione delle credenziali di autenticazione, come le one time password, la geolocalizzazione, l’invio di SMS e l’analisi del

sentiment nel mondo digital. Tra i settori che possono beneficiare di questi servizi c’è sicuramente quello bancario, in uno scenario in cui le modalità di banking sono sempre più “mobile” e “open”, anche in vista dell’entrata in vigore della nuova direttiva sui pagamenti. «Le API rappresentano un’importante opportunità per arricchire l’offerta di strumenti rivolti alla community degli sviluppatori: proponiamo alle aziende soluzioni già disponibili in forma di “semilavorato” e che sono facilmente integrabili nei processi per i clienti finali - spiega Francesco Pagliari, Responsabile Platform & Marketplace di TIM - In ambito finance c’è forte interesse verso questi nostri servizi, già in fase di test presso un istituto di credito». In particolare, le API possono contribuire sul versante della sicurezza: ad esempio è possibile attivare una serie di meccanismi informativi volti a limitare i fenomeni di frode legati al furto di identità o a valutare meglio i fattori di rischio di una transazione quando il cliente è in mobilità, conoscendone la posizione. Questi microservice possono essere integrati quindi nelle app di mobile banking o sui portali online. «Ma l’effetto network del modello “aperto” su cui si basa TIM OPEN è in grado di creare ulteriori opportunità. Anche le stesse banche possono esporre i loro servizi applicativi da offrire verso l’esterno tramite API: il mondo bancario può diventare quindi un partner attivo che arricchisce questo catalogo ampliando i canali distributivi dei suoi prodotti. Così come la possibilità di generare e monetizzare nuove idee stimolando anche i giovani sviluppatori attraverso la promozione di Hackathon», aggiunge Pagliari. Il primo TIM OPEN Hackathon, svoltosi a Milano a novembre e incentrato su soluzioni per il mondo assicurativo/bancario/legale, ha visto la partecipazione di 65 sviluppatori provenienti da diversi Paesi che in 30 ore hanno ideato oltre 10 soluzioni innovative utilizzando le API presenti su TIM OPEN API Store.

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I servizi cloud offrono alle imprese la flessibilità di crescere senza doversi preoccupare dei costi e della manutenzione dell’infrastruttura IT ma non bisogna perdere il controllo sui dati

Da TIM una piattaforma “aperta” ai diversi business

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D i g i tal 4Tr ade per K asper sky Lab

I benefici del cloud senza rinunciare alla sicurezza


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Infrastrutture innovative e iperconvergenti, le nuove frontiere della stampa che punta con vigore verso i servizi, Internet of Things e, ovviamente sicurezza, in tutte le sue sfaccettature: dai ransomware al GDPR. Questi i temi su cui i vendor prospettano business futuri per il trade

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Il Dell EMC Forum 2017 è stato l’occasione per fare un bilancio dello stato di salute del vendor a un anno dal merger. In salute anche i partner

Dell eMC, un anno Dopo il quaDro

è positivo

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Gianluigi Torchiani

Un anno fa, per la prima volta, Dell ed EMC si presentavano congiuntamente a clienti e partner al Dell EMC Forum 2016. Allora non era ancora chiaro l’assetto organizzativo che il nuovo gruppo avrebbe assunto in Italia e, al di là dell’ottimismo dichiarato, era evidente che la fusione tra due colossi dell’IT di questo tipo nascondesse non poche incognite. Dodici mesi dopo, in occasione del Dell EMC Forum 2017, è stato possibile tracciare un primo bilancio di questa avventura e le sensazioni sono del tutto positive. Innanzitutto Dell EMC Italia, prima tra tutti i Paesi europei, è ormai riunita sotto un’unica sede, in via Spadolini a Milano, presso quella che era la sede della sola EMC. Come ha spiegato Marco Fanizzi, Vice President & General Manager Enterprise Sales di Dell EMC Italia, «a un anno dal merge la situazione è assolutamente positiva, sia a livello corporate che italiano. L’Italia è un punto di snodo importante, dove tante società stanno investendo, ci sono aspettative elevate dal punto di vista del sistema Paese».

Aziende italiane avviate verso la trasformazione digitale

A questo proposito Dell EMC ha realizzato una ricerca sulla trasformazione digitale delle imprese italiane di grandi dimensioni: ben il 71,6%, infatti, ha intrapreso un piano di Digital Transformation e le principali leve di questo piano sono la digitalizzazione e l’automazione dei processi e delle operation (per le aziende del settore servizi) e dei processi di produzione e di logistica (per le aziende manifatturiere). Rimane poi circa un 10% di aziende che non ha ancora predisposto un piano di trasformazione digitale e la maggior parte di queste non intende farlo, almeno non nel breve periodo.

La contaminazione tra Dell ed EMC

Insomma, come ha riassunto Filippo Ligresti, responsabile settore Commercial di Dell EMC Italia, «In Italia stiamo vedendo una grandissima voglia di digital, anche se c’è ancora poca comprensione sul come». Un contesto, comunque, tutto sommato positivo, che Dell EMC sta riuscendo a cavalcare in maniera ottimale, come testimoniano i dati snocciolati dal management italiano: sia a livello globale che nazionale il gruppo sta guadagnando market share in aree cruciali come server e pc. Una crescita che è anche merito del connubio tra le due realtà preesistenti: nel secondo trimestre dell’anno le aree che fanno capo alla ex Dell sono state capaci di mettere a segno una crescita sostenuta nel comparto pubblico nazionale, un tempo bastione

La salute di Dell EMC è testimoniata anche dai numeri del canale: a livello globale la previsione è di un’ulteriore crescita del peso dell’indiretta entro la fine dell’anno fiscale, che arriverà a quota 43 miliardi di dollari, rispetto ai 35 miliardi di dollari del 2016. Adolfo Dell’Erba, responsabile di canale di Dell EMC Italia, reduce dal Dell EMC Emea Partner Conference, che ha visto riuniti 350 partner, ha potuto tracciare un quadro confortante, con il 77% dei partner che hanno guadagnato di più rispetto all’anno precedente. L’aspetto più significativo è che sembra essere sostanzialmente riuscita la scommessa che stava alla base di Dell EMC, ovvero che i partner provenienti dall’una o dall’altra azienda allargassero la propria offerta alle soluzioni della nuova “sorella”. Se infatti prima mediamen-

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La crescita del canale Dell EMC

te un partner vendeva 1,6 line of business oggi il dato è salito a 2,4, a testimonianza di un maggiore sfruttamento dell’offerta del vendor. Per quanto riguarda l’Italia, ha puntualizzato Dell’Erba, l’aspettativa per il prossimo futuro è quella di incrementare il numero dei partner certificati (al momento 76) e di avere un maggiore peso dei servizi, grazie alla prossima presentazione di un’unica offerta hardware+servizi che sarà in capo ai distributori.

Dell Technologies apre la Divisione ioT e la arricchisce con un nuovo parTner program Si ritorna al “distributed computing”, questa volta però con una missione differente: consentire alle aziende di trarre reali vantaggi dall’IoT spostando i dati lungo cloud e sistemi core. Una visione che necessita di un ecosistema adeguato di partner «Oltre un miliardo di dollari di investimenti in ricerca e sviluppo nei prossimi tre anni per rendere concretizzabili i progetti IoT delle aziende». È con questa ferma dichiarazione che Michael Dell, Chairman e CEO di Dell Technologies, ha spiegato al pubblico riunito a New York (alcuni partner e clienti, analisti e giornalisti) la visione dell’azienda che intende dare una forte accelerata alla proposta in ambito IoT.

IQT: la visione di Dell Technologies sull’IoT Un evento il cui claim è stato in realtà IQT come sorta di mix tra IoT e Huge Intelligence, dove Q ed I richiamano subito alla mente il quoziente intellettivo. Il perché lo si è compreso nella spiegazione di Michael Dell stesso che ha evidenziato il focus dell’azienda, in particolare della nuova Divisione IoT: «Gli innumerevoli device e sensori connessi di cui siamo ormai circondati raccolgono elevatissi-

me quantità di dati che devono poi essere anche trasferiti e memorizzati. Si stanno ormai creando enormi repository di dati con costi per la loro analisi che diventano quasi proibitivi. Secondo la nostra vision, queste problematiche vanno risolte “distribuendo” l’analisi il più possibile a livello di edge, riducendo così il traffico sul cloud e rendendo molto più facile la gestione e l’analisi dei dati anche a livello core (cioè nelle infrastrutture IT centralizzate)». Una visione che deve poi trovare concreta attuazione, dato che l’obiettivo dell’azienda è «supportare le imprese nell’identificare i corretti use case dell’IoT nonché sviluppare la roadmap tecnologica attraverso la quale avviare percorsi di trasformazione digitale che non riguardano l’IT ma il business», sono le parole del CEO. «l’IoT sta fondamentalmente cambiando le nostre vite, come operano le organizzazioni e come il mondo lavora».

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di EMC. Viceversa, la ex EMC ha ottenuto risultati lusinghieri nel comparto privato, a testimonianza di una contaminazione fruttuosa per entrambe le parti.


Sul palco: Ray O’Farrell General manager della divisione IoT di Dell Technologies

provengono da tutte le linee tecnologiche confluite nella multinazionale dopo la grande acquisizione di EMC, che significa quindi Dell, Dell EMC, Pivotal, RSA, Secureworks, Virtustream e VMware.

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In particolare, queste le tecnologie che andranno a comporre l’offerta IoT: • da Dell arriva l’hardware degli Edge Gateways; • da Dell EMC arrivano i server PowerEdge C Series, migliorati nelle funzionalità per le componenti di batch training e Machine Learning che diventano parte delle infrastrutture core distribuite; • sempre da Dell EMC anche le componenti storage e analytics con Dell EMC Isilon e Elastic Cloud Storage per il file ed object storage e le analytics tramite HDFS - Hadoop Distributed File System; • la gestione di tutti i device e Edge gateways è affidata alla piattaforma VMware Pulse IoT Control Center; • Pivotal Cloudry Foundry (PCF) e Pivotal Container

Sap Hana porta in azienda l’erp del futuro. la ScommeSSa di elmec

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Oltre ad arricchire l’offerta tecnologica specifica per l’IoT, Dell Technologies ha sfruttato il palco di New York per presentare al pubblico alcune nuove iniziative di sviluppo, rese possibili attraverso l’ecosistema di partner: • Progetto Nautilus di Dell EMC: soluzione software che abilita la raccolta e l’interrogazione in realtime dei flussi di dati provenienti dai gateway IoT; i dati possono poi essere raccolti ed archiviati in cloud o nei sistemi core (su infrastrutture di file storage e ad oggetti) per analytics più approfondite; • Progetto Fire: una piattaforma iperconvergente parte della famiglia di soluzioni IoT di VMware Pulse - che incorpora funzionalità di gestione, computing locale, storage e applicazioni IoT (come le analitiche in real-time); diventa una sorta di infrastruttura “ready-to-use” per progetti IoT grazie alla quale integrare software, dati e servizi lungo tutta la “catena” (edge, core, cloud); • Progetto IRIS (da RSA): in questo momento è ancora parte dei laboratori di ricerca e sviluppo RSA ma andrà ad integrare l’offerta Dell Technologies portando funzionalità analitiche specifiche per la sicurezza, in particolare per il monitoraggio delle minacce al di fuori dell’edge; • Progetto Worldwide Herd: soluzione per l’analisi dei dati geograficamente “dispersi” ma che non possono essere spostati per motivi di sicurezza o compliance. «L’interoperabilità è il focus principale nel costruire un ecosistema di partner inclusivo e collaborativo», spiega Cheryl Cook, Vice President, Global Channel Marketing di Dell EMC. «Standardizzazione e tecnologie open devono quindi essere alla base affinché un progetto IoT possa non solo risultare efficace ma anche “prendere forma” in tempi rapidi. Per dare un contributo concreto a questi aspetti abbiamo intensificato la nostra partecipazione attiva a EdgeX Foundry, l’Industrial Internet Consortium (IIC) e all’OpenFog Consortium». «La nascita di una divisione ad hoc per l’IoT porta con sé anche un nuovo partner program - prosegue Cook - che coinvolgerà sia gli OEM (con i quali verranno sviluppate piattaforme ed architetture pre-integrate in modo da accelerare lo sviluppo di progetti IoT) sia il canale (dai distributori alle software house fino ai system integrator). Il mio obiettivo personale, in questa visione, è creare una community solida e competente sul fronte IoT che sia in grado di rendere concreta l’innovazione per le aziende».

Quali vantaggi offre Sap HANA e cosa vuol dire affrontare una migrazione verso questo sistema e su che tipo di infrastrutture e piattaforme occorre scommettere. Una strategia che il managed service provider italiano ha da tempo intrapreso con numeri già importanti Marco Maria Lorusso

Sap HANA, il cloud, il Data Center, il futuro delle imprese e l’ERP che cambia forma e connotati. La rivoluzione è partita da Elmec, uno tra i maggiori managed service provider di soluzioni IT in Italia, che ha da tempo avviato strategie precise in questa direzione. Strategie che oggi sono a un punto, decisivo, di svolta. La piattaforma HANA di Sap è un data warehouse per l’elaborazione di grandi volumi di dati in tempo reale. Il motore abilitante di tutto è il concetto dell’in-memory computing, che permette l’elaborazione di enormi quantità di dati in tempo reale nella memoria principale del server per fornire risultati immediati come analisi e transazioni. Il

che significa che grazie a Sap HANA, le applicazioni possono accedere direttamente ai dati dalla memoria invece che leggere le informazioni dal disco e caricarle in memoria per ogni singola operazione. Un vantaggio per imprese che si trovano a gestire grandi quantità di informazioni in tempo reale e provenienti da dispositivi e fonti di ogni forma e dimensione. Informazioni che poi devono essere processate e messe a disposizione dell’ERP, ovvero uno dei cuori del business aziendale. Per questo motivo sono molte le realtà che stanno guardando a Sap HANA, ma il “replatforming” verso Sap HANA,

così come la migrazione dei dati, possono essere un percorso lungo e complesso. Inoltre, non sempre le competenze necessarie per questo passaggio sono reperibili all’interno delle aziende.

La scommessa di Elmec Il passaggio a Sap HANA porta dunque a dei vantaggi competitivi, ma è un processo lungo e delicato perché comporta il cambio della piattaforma e in alcuni casi dell’infrastruttura con cui è gestito il core business. In azienda spesso è necessario affidarsi a competenze esterne specifiche per realizzare questa transizione e l’acquisto delle infrastrutture risulta essere oneroso. Ed è proprio in questo solco che si inserisce la strategia su cui, da tempo, ha deciso di investire Elmec. Per rispondere a questa esigenza infatti, Elmec Informatica è stata selezionata da Sap Italia per diventare VAR, ha ampliato la propria offerta da IaaS “Sap HANA ready” a PaaS, fornendo ai propri clienti una soluzione all-in-one che comprende anche il database Sap HANA. «Con la tecnologia HPE e i nostri servizi gestiti, ci proponiamo di accompagnare il cliente in ogni fase del passaggio di piattaforma a Sap HANA, un processo particolarmente delicato che richiede risorse e competenze specifiche non facili da trovare per le aziende. Il nostro obiettivo è, quindi, quello di supportare il ruolo strategico dell’IT delle aziende, gestendone la complessità» spiega Marco Lucchina, Business Director e CTO di Elmec. Grazie alla possibilità di attivare una POC presso il Data Center Elmec, l’azienda può verificare quali siano le sue reali necessità senza investimenti aggiuntivi in macchinari, e utilizzare Sap HANA in ambiente multitenant. Oltre a sgravare l’azienda dai costi dell’hardware, il supporto degli oltre 300 tecnici specializzati di Elmec permette di ridurre i tempi delle operazioni di replatforming, garantendo standard di sicurezza altissimi.

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L’attuazione di questa visione, da cui deriva la strategia della nuova divisione IoT - la cui guida è affidata a Ray O’Farrell, CTO di VMware ed ora anche General Manager della IoT Division di Dell Technologies - si concretizza con «un’architettura tecnologica di distributed computing che unifica IoT e Artificial Intelligence, portando l’intelligence a livello di edge e rendendo interoperabile i sistemi lungo tutta la catena architetturale, dagli edge gateway fino agli ambienti cloud passando per i sistemi core dei data center aziendali», spiega O’Farrell. Una strategia che rende subito evidente un fatto importante: l’offerta IoT di Dell Technologies è il derivato di un perfetto mix di soluzioni e servizi che

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Iniziative e progetti di sviluppo che includono i partner

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Distributed computing: pilastro portante della strategia IoT


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All’edizione 2017 del Fujitsu Forum, anche quest’anno a Monaco di Baviera, abbiamo incontrato il responsabile del canale Dave Hazard. Per la digital transformation del trade «servono competenze verticali (business e tecnologiche) e crescita, impensabile però per via organica» Nicoletta Boldrini

One Galaxy, partnership per l’innovazione Nella foto, da sin:

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Dave Hazard, VP and Head of Channels&Sales Operation EMEIA producy business di Fujitsu e Pascal Bonnau, Global Strategic Alliance Manager di Econocom

“Human Centric Innovation” ma con una focalizzazione sulla “Digital Co-creation”: sono stati questi i fili conduttori del Fujitsu Forum 2017 di Monaco. Dietro questi slogan l’idea di fondo è unire le competenze e le tecnologie di Fujitsu con il know-how specifico delle aziende clienti per disegnare e creare soluzioni innovative coerenti con le necessità reali del mercato della domanda (cioè delle aziende e dei partner di canale, soprattutto distributori e system integrator). Il tutto guardando in particolare a progetti complessi che oggi sempre più spesso abbracciano IoT, Intelligenza Artificiale, Cloud e sicurezza.

multiple e tecnologie diversificate». Entrando più nel dettaglio di come si sostanzia oggi la relazione tra Fujitsu e i propri partner, Hazard ribadisce che l’impegno maggiore è orientato verso i VAD - Value Added Distributor insieme ai quali la multinazionale sta cooperando in ambiti quali virtualizzazione e automazione dei sistemi, Cloud Computing, sicurezza, Enterprise Business Wearable e Workplace Safety (per esempio nell’ambito manifatturiero con l’impiego di sensori IoT e device indossabili di tipo enterprise). «Abbiamo un team dedicato per il mondo cloud, soprattutto per aiutare i distributori a costruire un’offerta concreta in ottica hybrid cloud», ricorda Hazard.

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A spiegare cosa significa in concreto è Pascal Bonnau, Global Strategic Alliance Manager di Econocom: «Il mondo IT oggi è molto complesso e tutti sono alla ricerca di agilità; noi l’abbiamo interpretata creando un modello di business che chiamiamo “One Galaxy”: al centro c’è il pianeta Econocom (dove risiedono le proposte core dell’azienda) attorno alle quali ruotano come satelliti realtà più picco-

nuovi ambiti di sviluppo legati all’Internet of Things. Tuttavia, ritengo che il ruolo dei distributori sia determinante perché di fatto sono coloro che possono modellare quegli ecosistemi multipartner necessari ad avviare, seguire e supportare progettualità complesse che richiedono competenze e discipline

Il cambiamento del canale

«Ciò che ci chiedono, in generale, le aziende è maggiore agilità», è la prima considerazione di Dave Hazard, Vice President and Head of Channel & Sales Operation - EMEIA Product Business di Fujitsu. «Quello di cui c’è bisogno per dare seguito alle richieste delle aziende sono sistemi ed infrastrutture dinamiche con elevati livelli di automazione per rendere le risorse fluide e agili in funzione dei workload che sono chiamate a supportare». Dal punto di vista progettuale, «molto spesso agiamo noi stessi in qualità di system integrator: abbiamo nostre competenze interne sia lato hardware e infrastrutture sia a livello applicativo - fa sapere Hazard - operiamo come system integrator soprattutto quando “dialoghiamo” direttamente con le aziende e sviluppiamo progetti complessi, per esempio nei

L’esempio virtuoso della partnership tra Fujitsu ed Ecoconom

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la trasFormazione del canale tra acquisizioni di startup e verticalità

Se da un lato però, il canale deve iniziare ad abbracciare le tendenze in atto (IoT, Intelligenza Artificiale, Wearable Device e nuove Workstation, ecc.), identificando le vie più efficaci per “comporre” un’offerta - e in quest’ottica il cloud è l’elemento della “componibilità” nella visione e nella proposta di Fujitsu - dall’altro lato anche Fujitsu ha un “obbligo morale” nei confronti dei partner: «Soprattutto lato Analytics, con l’arrivo dell’Intelligenza Artificiale, dobbiamo prevedere programmi di formazione ad hoc per consentire ai partner di proporre le corrette e più efficaci soluzioni alle aziende», ha ammesso Hazard. «Ad oggi, abbiamo aggiunto 10 nuovi “accreditation program” che introducono set di competenze verticali (incentrate sul concetto di soluzioni e non sulle singole tecnologie); dal pun-

piano del cambiamento che sta vivendo e deve affrontare il canale Hazard è molto diretto: «Trovo il consolidamento in atto nel canale una buona cosa; la crescita organica, soprattutto per i reseller, è troppo complessa e richiede tempi lunghi che oggi il mercato non concede».

to di vista più tecnologico, abbiamo speso circa 1 milione di euro per migliorare i livelli di automazione dei sistemi con l’obiettivo di rendere più agile la “componibilità” delle risorse rispetto alle applicazioni (per esempio quelle di Data Analytics)». I prossimi investimenti stanno andando nella direzione delle Live Chat, dei Chatbot, dei Virtual Assistant (quindi sul fronte Artificial Intelligence): «i prossimi mesi lavoreremo per integrare queste tecnologie in “pacchetti di soluzioni” che si compongono della parte di AI già inseriti all’interno dei sistemi e delle infrastrutture più adatte al loro corretto ed efficace funzionamento (sistemi cioè in grado di reggere algoritmi di Machine Learning che richiedono enormi capacità computazionali e nuove architetture storage dove, ancora una volta, è il cloud a dare quegli elementi di flessibilità e scalabilità necessari)». Sul

le, più agili, con le quali creiamo sinergie per creare servizi ad hoc sulle tecnologie emergenti (satelliti che entrano nella galassia Econocom sia tramite acquisizione sia mediante partnership strategiche in progetti IT complessi)». «Abbiamo rapporti con distributori e reseller ma su progetti complessi preferiamo avere un contatto diretto con il vendor perché il progetto va modellato sull’azienda e questo richiede mix di competenze che troviamo nella collaborazione tra le nostre persone e quelle del vendor», aggiunge Bonnau, lanciando un po’ tra le righe un indiretto messaggio per quella parte di canale dedicato alla rivendita che deve fare un salto di trasformazione per poter sopravvivere in questo contesto di grandi movimenti tellurici che stanno, di fatto, cambiando la mappa geografica e tecnologica del canale mondiale.

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Fujitsu Forum:

Le nuove vie di crescita


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Loris Frezzato

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Guarda la videointervista a Filippo Monticelli, sr Regional Director Italy e Malta di Fortinet

Si fa presto a dire virus. La sicurezza ormai si svincola dalla presa in considerazione unicamente del singolo attacco, ma si estende a un complesso di soluzioni, orchestrate tra di loro, che agiscano concertamente, che considerino tutti i possibili varchi e definendo processi per la messa in sicurezza e la predittività. Si complica, infatti, sempre di più il mondo della protezione, e la sua evoluzione, parallela a quella delle azioni del cybercrime, sta progressivamente aumentando la velocità. Di questo mondo si è parlato al Fortinet Security Day. Anzi: “Days”, al plurale, visto che le giornate che il vendor ha dedicato ai propri partner e clienti sono state due, una a Roma e una a Milano, per confrontarsi sui nuovi scenari della sicurezza IT . Due eventi gemelli che hanno avuto come schema comune gli interventi di scenario e di business del management di Fortinet, le vision dei maggiori esperti internazionali del vendor, il valore aggiunto portato in casa dai partner tecnologici, sponsor degli incontri, con Tufin, VMware e SentinelOne e l’esperienza diretta delle aziende finali, «Cresce la consapevolezza delle persone e delle aziende in tema di sicurezza - osserva Filippo Monticelli, senior Regional Direc-

tor Italy & Malta di Fortinet -. Le persone e i loro dati saranno sempre al centro dell’attenzione, sia da parte del cybercrime sia da parte di chi le deve proteggere, e in questo contesto la tecnologia avrà un ruolo sempre maggiore, mobilitando l’Intelligenza Artificiale e le altre nuove tecnologie a disegnare nuovi panorami, con dinamiche che cambieranno anche gli equilibri nel mondo del lavoro e nel loro approccio. L’obiettivo che Fortinet si è posta è di mettere al sicuro la digital transformation dei propri clienti, per questo riteniamo che sia importante periodicamente incontrarci, confrontarci e osservare insieme come prevedere quello che verrà e come poterlo affrontare nel modo migliore». Un momento che per Fortinet è anche occasione di parlare del successo della strategia intrapresa, con un fatturato che lo scorso anno ha raggiunto 1,2 miliardi di dollari e che anche quest’anno si annuncia essere molto positivo e in crescita, con l’hardware che rimane fondamentale, ma dove la componente software e servizi la sta facendo ormai da padrona. Una crescita costante e solida, con una buona parte delle entrate che vengono destinate alla ricerca e sviluppo. Un trend positivo che ha portato Fortinet

Due appuntamenti, a Roma e a Milano, per illustrare a partner e clienti i nuovi scenari degli attacchi e le nuove strade che bisogna seguire per assicurare una protezione che con la Security Fabric Fortinet estende ai partner tecnologici

Una Security Fabric per creare un ecosistema per la sicurezza IT

Un’evoluzione e un investimento che ha portato l’azienda a lanciare, lo scorso anno, il messaggio del Fortinet Security Fabric, l’approccio architetturale volto a rispondere in maniera dinamica e flessibile ai cambiamenti dell’infrastruttura IT. Un concetto che ora, dopo il rilascio delle API, sta rapidamente evolvendo nella creazione di un vero e proprio

ecosistema, che coinvolge partner tecnologici, come Tufin, SentinelOne e VMware. Una galassia che coinvolge tanti altri nomi, tanti vendor Fabric Ready, per la creazione di un sistema integrato di soluzioni che interagiscono sotto un unico cappello di orchestration. «L’85% delle aziende a livello internazionale e l’81% di quelle italiane sono state vittime di data breach negli ultimi 2 anni - allerta Monticelli -. E per quanto riguarda nello specifico i ransomware, questi hanno colpito il 55% delle imprese worldwide, e il 50% delle società nostrane. La messa in sicurezza degli ambienti business non può più essere rimandata e bisogna affrontarla facendo alcune considerazioni. Innanzitutto che l’enterprise security è un investimento progressivo, che deve procedere

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Guarda la videointervista a Cesare Radaelli, sr director channel account di Fortinet Italia

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intelliGenCe. le sfiDe Di foRtinet PeR l’enteRPRise seCuRity

in base alla sua evoluzione, e questa, in definitiva, deve essere considerata la vera sfida. La seconda è legata alla migrazione al cloud, che deve essere mantenuta con altri criteri di sicurezza. Come terzo aspetto c’è l’appuntamento dell’attuazione del GDPR. A questi si aggiunge l’importanza crescente che si conviene dare alla Threat Intelligence come elemento predittivo e, infine, la necessità di ridurre le soluzioni “point solutions”». Fortinet si sente dunque chiamata a dare delle risposte alle criticità di questa evoluzione della sicurezza e delle nuove architetture, che vedono una progressiva convergenza dei network e delle tecnologie e su cui il vendor sta sviluppando piattaforme adatte. A partire dal Public Cloud, un fenomeno “riscoperto” dall’ambito business dove proprio la security rischia di frenarne l’adozione. «Bisogna affrontare il tema con serenità - avverte Monticelli - assicurandosi della copertura dei cloud provider. Un compito che Fortinet assolve, sia su AWS sia Azure, mentre con Google e con Oracle stiamo lavorando in modalità BYOL (Bring Your Own Licence), con un portfolio di piattaforme ineguagliabile». Segue, dicevamo, l’adeguamento al GDPR, il quale si prevede avrà un impatto sia sulle scelte tecnologiche sia sui processi delle aziende. Sul lato della Threat Intelligence i numeri parlano, invece, da soli: si contano 375.000 network intrusion al minuto e 60.000 tentativi di connessione da botnet al minuto nelle reti delle aziende. E i laboratori di Fortinet sono continuamente allertati, proprio per fornire Threat Intelligence su tutti i componenti delle varie soluzioni di sicurezza. Infine, il valore aggiunto della Security Fabric, che punta alla creazione di una costellazione di soluzioni integrate che portino all’ampliamento del fronte di difesa, per una piattaforma senza colli di bottiglia, autoadattativa, flessibile e modulare. Una modularità a cui contribuiscono i partner di Fortinet, numerosi e distinti in base alle diverse tecnologie (SDN e virtualizzazione, cloud, endpoint, management, SIEM, identity management, IoT e OT) i quali attraverso il Fabric Ready Program, accedono a vari gradi di test per potere utilizzare le API di Fortinet e sviluppare verticalizzazioni specifiche nei vari mercati. Il vendor ha inoltre attivato una certificazione incrociata con i propri partner tecnologici sulle compatibilità reciproche, in modo da agevolare il raggiungimento di status di Fabric Ready.

Filippo Monticelli Senior Regional Director Italy e Malta di Fortinet

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GDPR: ClouD miGRation e thReat

a raddoppiare il proprio giro d’affari nell’arco degli ultimi 3 anni. «Una crescita che ci ha consentito di posizionarci come primo vendor per appliance distribuite - continua Monticelli -, con ben 3 milioni di apparati installati a livello worldwide. Un parco che fornisce informazioni utili, fungendo da sonde per la raccolta di informazioni utili per analizzare il panorama degli attacchi e rispondere con le adeguate e più efficienti risposte».


Da Epson lavori in corso pEr la costruzionE Di un canalE a valorE Loris Frezzato

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Guarda la videointervista a Massimo Pizzorci

Canali complementari per la vendita di soluzioni di stampa al B2B. Una scelta ben misurata quella di Epson, che all’interno della propria strategia di go-to-market completamente dirottata sul trade, ha deciso di coinvolgere diverse tipologie di partner, in base alle loro attitudini e in funzione del target di clienti di riferimento. Ma un messaggio, importante e chiaro il vendor ha voluto dare ai partecipanti della propria Top Business Partner Convention, organizzata nella prestigiosa cornice di Borgo Egnazia, in Puglia: “Epson è con e per il canale, al 100%”, lasciando intendere che altrettanto non fanno altri competitor.

Un mercato nuovo che nasce dai servizi Messaggio che si accompagna a un altro input, che può sembrare un ossimoro, ma che invece tale non è: il mercato delle stampanti, quello tradizionale, tende a calare in termini di volumi, e diventa un’opportunità per il canale. Capito bene, opportunità, certo, per quei partner che vorranno orientare la propria offerta verso i servizi di stampa gestiti, gli MPS (Managed Print Service). Un business che Epson certo non trascura, e che contribuisce al raggiungimento di un fatturato che a livello worldwide è di 8,6 miliardi di euro, mentre in Italia tocca i 220 milioni «e dal quale ci aspettiamo crescite importanti per i prossimi anni, dell’ordine di 30 o 40 milioni ulteriori» come annuncia Massimo Pizzocri, amministratore delegato di Epson Italia e VP prodotti consumer Europa. Che prosegue: «Una crescita importante che pensiamo avverrà principalmente nell’ambito della stampa gestita, per la quale Epson sta attivando un duplice canale, sia quello dei Copy Dealer, sia quello dei Corporate Reseller di provenienza IT. Un cammino che vogliamo fare insieme ai nostri partner, convinti che questa sia la strada giusta per incontrare le esigenze future del mercato». Un quadro confermato anche dall’analisi di Sergio Patano, senior research and consulting manager

Più B2B nel focus di Epson «In Europa abbiamo realizzato una crescita di 100 milioni di euro anno su anno - interviene Ernest Quingles, VP Business di Epson Europa -, ma vogliamo aumentare in maniera significativa la nostra presenza nell’ambito business. Una strategia per la quale abbiamo bisogno assoluto del nostro canale di partner, al quale indirizziamo interamente le vendite dei nostri prodotti che, ricordo, non sono solo nell’area printing». Epson infatti declina la propria offerta in quattro divisioni: la

Puntare ai servizi per distinguersi dai competitor

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I momenti di business e di networking che hanno caratterizzato l’evento Epson

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Ma, tornando al printing, è proprio qui che il vendor intende aumentare la propria percezione in ambito B2B, andando ad arricchire la propria offerta con nuove macchine per il mercato Office. «Le potenzialità che derivano dal mercato della stampa da ufficio in Italia consistono in ben 3.000 milioni di euro - dichiara Flavio Attramini, head of business sales di Epson Italia -, opportunità che giriamo totalmente al nostro canale di partner. Un

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divisione di stampa, forse la più nota; quella relativa alla Visual Communication che copre , tutto il portfolio, dall’home cinema fino al professional display; la divisione Wearable, dove spiccano gli occhiali intelligenti Moverio per la realtà aumentata; e la Robotica, nella quale Epson vanta un primato mondiale attraverso i robot Scara.

Massimo Pizzocri Amministratore delegato di Epson Italia e VP prodotti consumer Europa

canale di rivenditori IT, copy dealer e corporate dealer che sempre più si trovano a doversi confrontare con una concorrenza agguerrita, fatta anche di fornitori d’ufficio, distribuzione o vendor diretti. Sono tanti, infatti, gli operatori interessati al printing e possono, a lungo andare, rappresentare una minaccia. Per questo chiediamo al nostro canale di differenziarsi puntando ai servizi gestiti». E proprio a riprova della selezione mirata che è stata fatta sul canale, Epson ha deciso di identificare 10 corporate dealer per lavorare su una proposizione di It as a Service, 30 copy dealer specializzati sui Managed Print Service e 40 rivenditori B2B focalizzati sulle PMI. Su questa impronta è stato anche affinato l’Epson Plus Partner Program, che da quest’anno ha voluto suddividere l’offerta per il business tra soluzioni transazionali e quelle a valore, garantendo su quest’ultime extra margini di almeno il 20 per cento.

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Il gruppo cinese, nel corso del suo evento Huawei LaConnect totale dedizione al trade il vendora la esprime con lo sviluppo e che si è svolto a settembre Shanghai, supporto di un canale di corporate dealer IT del orientato ha annunciato l’ingresso ufficiale nelle arene cloud ai servizi, che affianca network di Dealer Copy e di Rivenditori B2B per le PMI. pubblicoaeun dell’intelligenza artificiale E intanto guarda con fiducia a un futuro fatto di inkjet

di IDC, che alla convention di Epson sottolinea il momento di profonda trasformazione che sta vivendo il mercato in generale, compreso quello della stampa. «Siamo nel mezzo della “terza piattaforma”, che integra cloud, mobility, social business e big data. Un panorama che abilita produzione e scambio di informazioni a miliardi di persone e che sarà di base per la creazione di strumenti e soluzioni per la realtà aumentata, intelligenza artificiale, next generation security, IOT, robotica, 3D printing e sistemi cognitivi. Ingredienti nuovi che contribuiranno a una, nuova, trasformazione digitale, la quale è chiamata a impattare positivamente sulle aziende». Una trasformazione che scombinerà le carte nell’offering del printing. Con un mercato che IDC osserva essere in contrazione, sia in quantità, sia in valore, orientandosi verso l’utilizzo di stampanti di gruppo, ma dove si vedono incrementi interessanti nella sua componente inkjet. Per più motivi: prezzo, facilità di utilizzo, basso TCO, accesso a Internet e al cloud. Ma il trend è, appunto, verso la stampa gestita, con un mercato dei MPS che in Italia arriva intorno ai 500 milioni di euro, mentre quelli di base (BPS) sfiora i 900 milioni. Entrambi destinati a crescite nei prossimi anni. Servizi per i quali l’interlocutore preferenziale rimane essere il canale, in particolare le IT Service Company e i System Integrator, più vicini al territorio rispetto ai vendor, in grado di intervenire direttamente sul cliente. «Certo è che il canale deve evolvere per riuscire a stare al passo con le nuove dinamiche del mercato - riprende Patano -, in direzione di una maggiore specializzazione sui mercati verticali o sulle specifiche tecnologie. È necessario cambiare modello, da deal a relazione con il cliente e trasformarsi da rivenditore puro di prodotti a fornitore di servizi a tutto tondo».


Per fermare iL nuovo Contagio ransomware Roma e Padova, le tappe del roadshow di Check Point Italia che ha chiamato a raccolta clienti e partner da tutta Italia. Dai Ransomware al fenomeno cloud “sicuro” un progetto per spiegare come e perchè la security non è un costo Marco Maria Lorusso

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La sicurezza, il futuro, gli strumenti digitali, i ransomware, gli hacker, gli attacchi mirati, il furto di informazioni e quegli errori che imprese e manager continuano, ripetutamente, a commettere. Il circolo “vizioso” è da anni tutto qui ma, non per questo, a oggi, smette di procurare più di un mal di pancia a innumerevoli realtà di business del nostro territorio e non solo. Un circolo che, una volta per tutte, un vendor come Check Point ha cercato prima di tutto di raccontare e poi di “scardinare” nel corso dell’edizione 2017 di Check Point Experience. Un format internazionale che, nelle scorse settimane, ha fatto tappa prima a Roma e poi a Padova chiamando a raccolta un folto pubblico di clienti finali e operatori di canale, system integrator, distributori, sviluppatori. Tutti alla ricerca di risposte, per sè e i propri clienti, di fronte al mistero della persistenza dei ransomware e dei danni, tremendi, che sono capaci di arrecare. «Ci sono clienti finali, partner di canale, ci sono moltissime persone - spiega sor-

David Gubiani Security Engineering Manager Italy at Check Point Software Technologies

ridendo Roberto Pozzi, Check Point Regional Director Southern Europe at Check Point Software Technologies -. Si tratta di un appuntamento chiave perché ci permette di confrontarci con un mercato molto attento, che mai come oggi è affamato di sicurezza. CIO, CSO, CEO, system integrator, di fronte alla sfida di abilitare solo i vantaggi della digital transformation in azienda, hanno ormai chiaro il concetto che proprio la security è un passaggio non solo obbligato, ma vitale». Un passaggio verso il futuro, dunque, che però deve fare i conti con un presente ben poco tranquillizzante «È proprio così - racconta il manager -, da Wannacry a Cryptolocker ci sono aggiornamenti quotidiani su situazioni di attacco e di danno al business. Non è allarmismo ma va chiarito che mai come oggi nessuno è davvero al sicuro senza un’adeguata formazione e dotazione tecnologica. I ransomware sono nati e si stanno riproducendo proprio per colpire grandi masse di aziende e individui facendo poca distinzione tra grandi, medie e piccole imprese. Sono e siamo tutti nel mirino, questo deve essere chiaro. Anzi, sono le nostre informazioni private, personali e lavorative ad esserlo, e hanno un valore che spesso supera e di molto quello del denaro».

Prevention piuttosto che remediation Ma come risponde Check Point, da sempre focalizzata sullo sviluppo e l’innovazione tecnologica

insieme ai partner, verso le soluzioni ma soprattutto le metodologie di sicurezza. Si lavora ancora troppo sulla remediation, ma occorre fare un passo verso la prevenzione. Un discorso tecnologico ma soprattutto di competenze e consulenza che deve arrivare da noi e dai nostri partner di canale sul territorio».

Così i Ransomware ci fanno male. Così si può resistere Formazione e prevenzione, dunque, prima di tutto, proprio per provare a resistere all’ondata del pizzo digitale che continua a rinvigorirsi e a fare danni con cadenza ormai mensile. «Basti pensare alla progressione del 2017 - racconta David Gubiani, Security Engineering Manager Italy at Check Point Software Technologies -, da Wannacry a NotPetya a più riprese sono arrivate ondate di attacchi su larghissima scala che hanno bloccato privati e ospedali interi allo stesso tempo». Già ma anche se la domanda sembra banale, perché continua questo incredibile successo a fronte di una genesi e di una storia conosciuta ormai da anni? «Semplice - sorride amaro Gubiani - perché le persone e le aziende non si proteggono e poi perché è quasi impossibile, una volta infettati, debellare un ransomware a meno che non si paghi il riscatto e, ovviamente, a meno che non ci siano back up puntuali in azienda. Cosa rarissima per altro. Per dare qualche dato, il

| Story Tellers Roberto Pozzi Check Point Regional Director Southern Europe at Check Point Software Sotto: Massimiliano Bossi

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La sfida di CheCk Point

numero degli attacchi di ransomware è raddoppiato a livello mondiale nei primi sei mesi del 2017 rispetto al 2016, ma il 99% delle organizzazioni non ha ancora messo in atto le tecnologie base per prevenire questi tipi di attacchi. Purtroppo si tratta di minacce che potrebbero essere evitate se si applicassero le opportune misure di sicurezza». E quindi? Ci rassegniamo? «Assolutamente no spiega il manager -. La prima azione è sicuramente la formazione, ma non quella tradizionale. Serve una formazione di valore che coinvolga le aziende nel sensibilizzare i dipendenti sull’evoluzione delle minacce e sui comportamenti da tenere nell’utilizzo degli strumenti digitali. Check Point ha sviluppato tecnologie, soluzioni che possono prevenire le infezioni ransomware e, ovviamente, soluzioni evolute che permettono ai clienti contagiati di avviare il ripristino delle macchine, nella condizione antecedente l’infezione, in tempo breve. Ovviamente non bastano i tradizionali antivirus, servono tecnologie evolute e ampie come, per esempio, Check Point Infinity, una piattaforma di sicurezza smart che offre, allo stesso tempo, una threat prevention di ultima generazione per network, cloud e mobile».

Channel & Territory Sales Manager at Check Point Software Technologies

#CPX17, la strategia di canale: «nessuna improvvisazione sulla security» Tecnologia, formazione, consulenza e supporto sul territorio. Tre elementi che trovano sintesi perfetta, in un mercato come quello italiano, proprio nella centralità del ruolo del canale e dei system integrator. Un ruolo a cui, non a caso, da tempo Check Point affida il 100 per cento del business. «Il nostro percorso sul canale è partito da tempo e ci ha sempre regalato grandissime soddisfazioni - spiega Massimiliano Bossi, Channel & Territory Sales Manager at Check Point Software Technologies -. Nel momento in cui sono arrivato in Check Point abbiamo dato una spinta nuova e ulteriore alle nostre politiche di ingaggio e coinvolgimento del canale. Abbiamo allineato tutti i nostri partner sulle evoluzioni del mercato e reclutato una serie di realtà molto importanti nell’ambito della system integration italiana. Realtà che ancora non erano parte del nostro patrimonio di canale. Una campagna di ingaggio a valore che, in questi ultimi due anni, ci sta regalando grandi soddisfazioni proprio per la fiducia e il livello di interesse che simili realtà hanno trovato nella nostra idea di mercato. A fronte del quadro che stiamo raccontando e che vediamo in Italia - spiega Bossi - non siamo interessati alla numerica e al volume dei partner. Oggi più che mai siamo alla ricerca di partner con grandi competenze e abilità di affiancare i clienti spiegando, sviluppando, integrando progetti evoluti e complessi. Il panorama che stiamo affrontando non tollera e ammette improvvisazioni sulla security. Nel corso del 2018 guarderemo poi con interesse crescente a interlocutori di canale che abbiano anche la capacità di gestire ambienti cloud privati e pubblici, una componente ormai parte delle infrastrutture di moltissime realtà di business».

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sul fronte sicurezza? «Abbiamo una posizione di leadership di mercato che ci viene certificata da terze parti molto autorevoli - spiega Pozzi - e che ci responsabilizza. L’obiettivo è quello di agire sul mercato come consulenti a 360°. In una situazione in cui mancano soprattutto conoscenza e percezione del rischio, i clienti vanno accompagnati,


conciliaRe PRivacy e SecuRity L’evento organizzato da Systematika è stato l’occasione per capire dove le aziende italiane sono ancora in ritardo negli adempimenti alla nuova normativa sulla privacy. Ma intervenire è possibile

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Gianluigi Torchiani

Franco Puricelli Director, Sales Manager & Business Development di Systematika Distribution

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Il countdown è già cominciato: alla scadenza del 25 maggio 2018, data in cui entrerà in vigore il nuovo Regolamento europeo sulla privacy, meglio noto come GDPR, mancano soltanto pochi mesi. Cosa occorre fare per evitare le sanzioni previste dal regolamento? Come mettere in atto solo le mosse veramente utili per prepararsi all’arrivo del nuovo regolamento europeo per la gestione di dati e privacy? A queste e tante altre domande si sono trovate tantissime risposte in occasione di #GDPRevolution, uno speciale evento organizzato dal distributore Systematika, con la partecipazione di alcuni dei maggiori esperti di sicurezza e diritto informatico. Come ha spiegato in aperture dei lavori Franco Puricelli, Director, Sales Manager & Business Development di Systematika Distribution, il distributore si è ritagliato un ruolo soprattutto da aggregatore. Mettendo insieme vendor e competenze che possono risultare decisive per i partner che vogliono affrontare le sfide imposte dal prossimo arrivo della normativa europea. Sfide che non sono di poco conto, come ha spiegato Guglielmo Troiano, Senior Legal Consultant, Partners4Innovation, anche perché le aziende appaiono in ritardo in maniera preoccupante nel percorso di compliance. A novembre 2017, secondo una ricerca condotta dagli Osservatori del Politecnico di Milano, ben il 51% delle aziende non aveva ancora stanziato un budget dedicato al GDPR. Ecco perché, come ha ricordato, Luca Bechelli, membro del Comitato Direttivo del Clusit ed esperto di sicurezza, esiste il rischio concreto di non farcela. Il tempo che manca alla scadenza è infatti davvero molto poco e il panorama attuale è caratterizzato da una forte e continua crescita degli attacchi del cybercrime, anche

per effetto di forti carenze interne alle aziende relativamente alla formazione. Ci sono però quattro adempimenti obbligatori che devono,essere messi in atto da tutte le organizzazioni da qui a maggio: garantire il diritto degli utenti all’accesso, nonché quelli alla rettifica e alla cancellazione. Importantissimo è anche assicurare la portabilità e la Data Retention. Fortunatamente per i partner e gli ope-

Paolo Marsella, CEO di Aditinet

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ratori coinvolti nel GDPR, i tre vendor coinvolti da Systematika in #GDPRevolution sembrano avere chiaro come affrontare la materia. Per VMware la sicurezza deve essere intesa by design, con un layer di virtualizzazione che permette di far lavorare in maniera sinergica prevenzione, identificazione e risposta. Hitrust ha invece costruito una piattaforma specializzata in materia di trattamento dei workload, che permette ai clienti di mantenere il pieno controllo sui dati, in particolare sulla loro ubicazione. Da Cohesity, invece, arriva una piattaforma di secondary storage che può rivelarsi estremamente utile per adempiere agli obblighi del GDPR.

ADITINET CONSULTING SpA www.aditinet.it Uff. Agrate Brianza (MB) Tel: +39 039 5965.582 Uff. Roma Tel +39 06 45439.252

Primo partner italiano ad avere portato le soluzioni di Palo Alto nel mercato nostrano e primo system integrator ad essere certificato come centro autorizzato per il supporto tecnico. Aditinet è abituata ad essere ai primi posti nell’interazione con il vendor di sicurezza californiano, ma oggi ancor più, visto che in pochi mesi Palo Alto l’ha insignita del riconoscimento come “Miglior Partner Italiano”, che a dire il vero il system integrator è abituato da anni a ricevere. Ma quest’anno a questo prestigioso premio si sono aggiunti quello di “Miglior Partner per il Sud Europa” e quello di “Miglior System Engineer. Orgoglio, ovviamente, ma anche la consapevolezza di avere una missione da svolgere: estendere l’offerta Palo Alto in Italia ed evangelizzare il mercato sulla Enterprise Security Platform del vendor, che va ben oltre il concetto, ormai inadeguato, del semplice firewall. Aditinet nasce nel 2004 ed è evoluta rapidamente fino a oggi, che conta complessivamente una cinquantina di persone, con un’attività di recruiting incessante, sia sul fronte commerciale sia su quello tecnico. «In parallelo stiamo rafforzando il nostro team servizi - annuncia Paolo Marsella, CEO di Aditinet -. Il Network Security Operation Center di Aditinet è infatti uno di quegli strumenti da cui prevediamo arriverà una buona parte della crescita del nostro business per i prossimi anni. Servizi che offriamo oggi a circa 150 clienti, che pongono attenzione alla protezione continua dei dati e all’alta affidabilità. Per queste realtà, avere specializzazioni in tutte le tecnologie che oggi compongono l’offerta sicurezza, diventa difficile da gestire. Per questo ci offriamo, con i nostri servizi, di prendere in carico la gestione della loro sicurezza in tutte le fasi e secondo le richieste spe-

cifiche del cliente». Stretto, fin dall’inizio, il rapporto con Palo Alto, di cui Aditinet è stato primo partner in Italia, quando ancora il vendor non era presente con una propria filiale. «Nel tempo siamo diventati anche centro autorizzato di supporto tecnico - puntualizza Marsella - oltre ad assumere un ruolo di evangelizzatore del brand sul mercato italiano, basato sull’intuizione di dover andare più in profondità nell’analisi del traffico, per poter identificare e distinguere meglio la vera navigazione Web dalle altre applicazioni. Una distinzione che un firewall tradizionale non può invece fare. Da qui il concetto di Next Generation Firewall, con un livello di filtro accurato e la possibilità per il cliente di adottare delle politiche di sicurezza molto più precise rispetto a un firewall tradizionale». Aspetti, questi, che hanno pian piano suscitato l’interesse del mondo universitario, grandi imprese e banche. Oggi ancora di più, a seguito dell’interesse di Palo Alto per gli ambienti cloud e quelli virtualizzati. Un passaggio importante perché si passa dalla fornitura di apparati hardware custom a quella di soluzioni software, as a service o in forma di virtual machine. Sempre in versione on premises o su cloud. Una road map verso il cloud che accompagna parallelamente anche la direzione presa da Aditinet, il che comporta anche una scelta di ottimizzare i costi che il cliente deve sostenere, soprattutto in vista della crescente complessità nella gestione della protezione aziendale. Nell’ottica del concetto più ampio della Threat Intelligence. «La threat intelligence, riesce a dare alle organizzazioni più attente una risposta a quali dati dell’azienda, dei manager o delle sue figure chiave, sono già usciti e che già circolano nel dark web - spiega il CEO -. I prodotti di sicurezza tradizionali si devono occupare di difendere l’azienda dall’esterno: bloccare o allertare quando qualcuno cerca di inserirsi. Mentre dati sensibili dell’azienda, o di un suo manager, possono già essere in rete e essere oggetto di scambi o trattazioni di denaro. Aditinet è in grado di intercettarli e bloccarli. Immergendosi dentro il deep Web».

D i g i tal 4 Tr ade per Adi ti net

Anche quest’anno Aditinet porta a casa il premio come miglior system integrator italiano per Palo Alto, ma per la prima volta è stato anche eletto come primo partner dell’area Sud Europa. Impegno nella Threat Intelligence con servizi a valore

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La sicurezza di Aditinet: una piattaforma che va oltre al firewall

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#GDPRevolution, SyStematika SPieGa come


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Il pericolo multe è stato l’elemento che sinora ha più trainato le discussioni relativamente all’entrata in vigore del GDPR, prevista per il 25 maggio 2018. Ma a pochissimi mesi da questa data occorre cercare di andare oltre l’elemento “paura”, provando a scoprire quali possano essere le opportunità per partner e

di ogni individuo, spinto dalla necessità di armonizzare le differenti legislazioni dei diversi Paesi membri dell’UE, come ha messo in evidenza l’avvocato Elena Bassoli, Presidente ANGIF. Come ha riassunto in apertura dell’evento Antonella Baldassarre, Marketing Communication Manager di Tech Data Italia, «Il GDPR è importante perché interessa il 100% delle aziende e non soltanto quelle dell’Information Technology. Quindi si tratta sicuramente di un impegno, ma che rappresenta anche un’opportunità di

D i g i tal 4 Tr ade per Tech D ata

#noicheilGDPR, uno speciale evento organizzato dal distributore presso la Microsoft House ha spiegato agli operatori di canale quali siano le mosse da fare per trasformare la nuova normativa europea sulla privacy in una opportunità per il canale

di mantenere il pieno controllo sul dato. In questo senso il consiglio che il vendor fa al suo canale è di non considerare il GDPR soltanto come un obbligo di legge ma, piuttosto, come un passaggio culturale di estrema importanza, in cui possono rivelarsi proficue le sinergie che possono crearsi anche tra brand di diversa estrazione. Un’impostazione apprezzata anche da Nicola D’Ottavio Channel Team Leader & Distribution Success Manager Italy di ‎Veritas Technologies, che ha messo in evidenza anche come non si possa pensare di ridurre la normativa al passaggio iniziale, per quanto importante, dell’assesment: c’è infatti la necessità di fornire al cliente delle soluzioni complete per gestire al meglio l’intero ciclo del dato. I prodotti Veritas sono in grado di intervenire su peculiari aspetti come localizzazione, minimizzazione, protezione e monitoraggio. Infine Nicola Fusco, COO & VP International Operations di Arcadis group ha invece evidenziato come la GDPR imponga la collaborazione da parte di tutti i livelli aziendali. Per aiutare questa evoluzione Arcadis Group, in collaborazione con ANGIF, ha dato il via ad un piano di sviluppo e

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D i g i tal 4 Tr ade per Tech D ata

GDPR, Tech Data mostra la strada ai partner

strategia in ambito GDPR, basata su poche semplici mosse: Identificare il dato, saperlo gestire e garantirne la sicurezza. Tra le tecnologie della casa di Redmond che aiutano la compliance aziendale alla GDPR c’è sicuramente Microsoft 365, una suite che è in grado di tenere insieme soluzioni correlate ai device Windows 10 con le componenti di identitiy, security e collaboration. In quest’ottica possono essere visti anche servizi come Azure, SQL e Dynamics. Oltre alla casa di Redmond, ci sono una serie di altri vendor distribuiti da Tech Data che possono apportare un contributo decisivo in chiave GDPR. Tra questi c’è sicuramente Kaspersky Lab e le sue soluzioni di sicurezza evolute, che possono aiutare il canale a cogliere i 3,5 miliardi di euro di opportunità previste dal GDPR da qui al 2020, come ha ricordato Giampiero Cannavò, Head of Channel B2B Italy di Kaspersky Lab Italia. L’importante per i rivenditori è riuscire a fornire risposte immediate ai propri clienti e Kaspersky Lab, che da poco ha festeggiato i suoi 20 anni di attività, si è dimostrata capace di evolversi in parallelo al mutare delle minacce del cybercrime, mettendo a

Sul palco, Antonella Baldassarre Marketing communication manager di Tech Data Italia

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TECH DATA ITALIA Via L. Tolstoi, 65, 20098 San Giuliano Milanese MI Telefono 02.98495.1 Fax 02.98495.201 Email info@techdata.it

canale. E’ stato questo l’obiettivo di #noicheilGDPR, uno speciale evento organizzato congiuntamente da Tech Data e Microsoft in collaborazione con Arcadis Group, Kasperky Lab, Qnap, Veritas, Zyxel e l’Associazione Nazionale Giuristi Informatici e Forensi (ANGIF), per mostrare al mondo del Trade quale sia la strada da seguire per implementare al meglio il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali. Il punto di partenza, ovviamente, non può che essere la normativa stessa: il GDPR che, è bene ribadirlo ancora una volta, impone nuove regole a tutte le organizzazioni che offrono beni e servizi alle persone che vivono nell’Unione europea o che raccolgono e analizzano dati relativi ai residenti, indipendentemente da dove tali dati risiedano. Un importante passo in avanti per la tutela della privacy

business, in quanto le infrastrutture di tutte le aziende dovranno essere adeguate per il trattamento e la sicurezza dei dati». In questo contesto il ruolo di Tech Data è quello del distributore di nuova generazione, ovvero capace di “collegare i punti”, connecting the dots come si dice in inglese. «Si tratta dunque di offrire ai nostri partner una soluzione completa, non una singola offerta di prodotto, composta da più attori e vendor a nostro catalogo, che siano in grado di fornire un apporto utile per mettere in regola i clienti dal punto di vista della protezione dei dati e di sicurezza. Tech Data riesce a rendere disponibile tutto questo con un’unica soluzione, mettendo in collegamento i punti tra tutti i vendor che distribuiamo», evidenzia Baldassarre. Uno di questi è senza dubbio Microsoft, che ha sviluppato una precisa

disposizione soluzioni capaci di prevedere, rilevare e reagire alle minacce in modo effettivo, flessibile e affidabile. La nuova normativa europea coinvolge anche un vendor come Zyxel sotto molteplici aspetti, ma la vera sfida dal punto di vista dei dati è quella di riuscire a proteggere e a gestire in maniera adeguata le reti wireless. Come ha evidenziato Marcello Pistidda, Pre Sales Engineer di Zyxel, in ottica GDPR occorre garantire accesso sicuro ai dati con servizi Utm e protezioni perimetrali, che possono rivelarsi indispensabili per non incorrere in perdite di dati. A tutto campo è invece l’azione di QNAP che, come ha raccontato Alvise Sinigaglia, Italy Business Development Manager, oltre all’hardware e al suo fondamentale ruolo di backup, può mettere sul piatto una serie di applicazioni che consentono al cliente finale

di attività su scala nazionale, mediante il quale le Imprese italiane potranno avvalersi di un supporto completo “ICT Legal” per conoscere ed approfondire la disciplina del nuovo regolamento europeo. Un dibattito, insomma, estremamente ricco, da cui è scaturita una ricca sessione di domande, orientate intorno a un filone comune: ovvero sino a quando si spinge la responsabilità del titolare dei dati per il #GDPR? La risposta è che la normativa non richiede l’impossibile ma solo l’applicazione delle migliori miPer ulteriori informazioni sure. Insomma, #noicheilGDPR è stato un evento a sul GDPR e scaricare la guida 360 gradi che ha messo in luce tutte le sfaccettature di Tech Data visitate la pagina: della nuova normativa Ue, che non è soltanto multe www.tdblog.it/noicheilgdpr e disposizioni, ma un vero e proprio viaggio ricco di opportunità a disposizione di quei partner che ci vorranno scommettere.

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La tavola rotonda che ha coinvolto rappresentanti di Zyxel, Kaspersky Lab, Veritas, Qnap e Arcadis


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GDPR privacy… niente paura, però. «A questo punto dell’anno non ci sono tanti giri di parole da fare, o con il GDPR si parte subito o si arriva pericolosamente lunghi». Diretto, pratico,

di Faggioli, tra i massimi esperti di diritto informatico in Italia, giurista europeo, presidente del Clusit e CEO di Partners4Innovation. Una figura a cui Arrow ECS, in collaborazione con Trend Micro, Symantec, Huawei, Splunk, Netapp, Mobile Iron ed F5Networks, ha chiesto di fare, live, il punto della situazione, definitivo, sul GDPR sulle cose da fare assolutamente, sulla relazione GDPR privacy e sugli errori da evitare e sulle aspettative da avere. Intorno a Faggioli, i brand partner di Arrow ECS hanno costruito un reticolato, fitto e pratico, di soluzioni in grado di accelerare e facilitare il percorso di avvicinamento.

GDPR privacy, siete pronti? Ora o mai più perché non c’è più tempo

Gabriele Faggioli, Giurista, CEO di P4I - Partners4Innovation, Presidente Clusit

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esplicito, Gabriele Faggioli ha aperto così l’atteso appuntamento romano con #Ready4GDPR, l’evento fortemente voluto da un distributore come Arrow ECS Italia e dedicato a system integrator, sviluppatori, VAR, CIO, IT manager. Dopo il successo della tappa milanese svolta ad aprile, è dunque tornato l’appuntamento con la guida pratica al nuovo regolamento europeo per la gestione dei dati. Un appuntamento chiave, a pochi mesi dal fatidico 25 maggio 2018 (data di entrata in vigore definitiva della normativa) e, come detto, centrato per gran parte sulla figura

Nel disegno di un simile evento proprio la figura dei distributori di informatica e, in particolare, del distributore a valore diventa la chiave di volta, il punto di contatto strategico tra le competenze verticali di una figura come Faggioli, le soluzioni dei vendor ICT e il valore dei system integrator sul territorio. «È proprio così - ha spiegato Stefano Rossini, Division Manager Infrastructure at Arrow ECS in apertura di evento davanti a un pubblico di oltre 100 persone -, il GDPR è un tema davvero critico e delicato sul quale servono soprattutto competenze e capacità di analisi. Due ingredienti che le aziende di piccole e medie dimensioni, così tipiche del nostro tessuto industriale, fanno molta fatica a sviluppare e assemblare. In un simile scenario proprio il canale, i VAR, i reseller, i system integrator sul territorio hanno davanti a sè una strada spianata fatta di valore, relazioni ad alto tasso di consulenza e soprattutto opportunità di business. Serve però chiarezza lato

GDPR, nato per esternalizzare Prima di entrare nel dettaglio di cosa cambierà a maggio 2018 e di come arrivare pronti, Faggioli ha però voluto chiarire la natura del nuovo regolamento. «Non si tratta di una legge punitiva e tantomeno di una normativa nata per sanzionare o rendere processi più rigidi - ha spiegato il giurista -. In realtà il GDPR nasce proprio considerando il panorama ormai incontrollabile di cyber attacchi e minacce, sempre più gravi, al patrimonio informatico e alla privacy di manager e imprese. Da Wannacry a Crypoltocker, considerando però la dimensione media delle aziende, è difficile che le imprese riescano con mezzi e competenze proprie a tenere il passo di un’evoluzione così dirompente delle minacce. Anche e soprattutto per questo è la stessa Unione Europea che spinge verso l’esternalizzazione di una parte dei sistemi di gestione delle informazioni critiche verso fornitore che hanno risorse e strutture per assicurare protezione e gestione efficace, il tutto attraverso paradigmi sempre più “oliati” e diffusi come il cloud. Esternalizzare, però, vuole dire portare a un nuovo li-

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vello il tracciamento del dato, della sua privacy e per questo l’Unione Europea ha voluto mettere a disposizione del mercato uno strumento di tutela come il GDPR».

Ecco cosa accadrà il 25 maggio 2018 In una slide Faggioli ha voluto rappresentare poi, nel dettaglio, cosa accadrà realmente il 25 maggio 2018 in un momento in cui, spesso, «si parla con toni quasi da terrore e panico di una data in cui in realtà non accadrà nulla rivoluzionario, a patto però che alcuni percorsi e strade siano già stati imboccati»

GDPR privacy ecco come imboccare la strada della compliance Anche e soprattutto per questo, sempre in onore di un approccio forzatamente pragmatico, che Arrow ECS ha voluto e ottenuto, da tutti gli speaker, Gabriele Faggioli ha poi raffigurato il percorso di adeguamento che, mai come in questo momento, «è urgente avviare».

Un percorso costituito da 9 passi di massima che vanno dalla creazione del registro dei trattamento alla valutazione dei rischi passando per la valutazione di impatto, individuazione dei ruoli, processo di data breach, modifica della documentazione, gestione dei diritti degli interessati, formazione e ovviamente nomina del DPO. Sull’ormai leggendario Data Protection Officer, Faggioli si è soffermato a lungo spiegando che non si tratta solo di una figura legal, ma di un vero e proprio nuovo manager che deve sommare competenze IT a competenze legali.

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Dopo il grande successo dell’appuntamento romano del progetto “GDPR”, fortemente voluto da Arrow ECS Italia e alcuni dei suoi principali brand, ecco alcuni punti chiave su cui il canale deve, ancora, riflettere per non perdere il treno con la nuova normativa. La voce di Gabriele Faggioli, presidente del Clusit e giurista di fama internazionale, come special guest

offerta e soprattutto la capacità di assemblare soluzioni integrate, complementari e funzionali rispetto al percorso di adeguamento. Questo progetto nasce proprio con l’intento di creare un ecosistema di tecnologia e business intorno al GDPR». Detto fatto, la parola è passata a Gabriele Faggioli che ha innanzitutto chiarito e fatto il punto della situazione anche in virtù della sua collaborazione con i ricercatori degli Osservatori del Politecnico di Milano. «I dati attuali - ha spiegato Faggioli - ci raccontano di percentuali molto basse di adeguamento e soprattutto conoscenza del GDPR. Ora più che mai, però, è tempo di fare formazione e di permettere alle aziende di partire con il percorso di adeguamento che, ovviamente, non si fermerà il 25 maggio 2018 e, per le cose che il regolamento chiede siano fatte entro quella data, rischia di essere già tardi».

ARROW ECS www.arrowecs.it nfo.ecs.it@arrow.com Via Lancia 6/A 39100 Bolzano Tel:+39 0471 09 91 00 Via Fratelli Cervi, 1/D 20063 Cernusco sul Naviglio (MI) Tel:+39 02 9290 9000

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GDPR e privacy, niente paura è una grande opportunità. Ecco le cose da fare #ready4GDPR


conferenza con i nuovi sistemi Cisco Spark Room 70 (a singolo o doppio schermo), anch’essi con sistemi di Intelligenza Artificiale integrati, come quelli nelle quadruple fotocamere 5K che non solo consentono il riconoscimento facciale ma aiutano anche a definire in modo automatico e dinamico la visualizzazione degli schermi per una user experience più immersiva e naturale.

c’è un cloud ci dev’essere connessione, utilizzo semplificato delle risorse (che significa anche management) e protezione. In più, se non si ha ben chiaro il percorso di trasformazione, servono i servizi di consulenza», dice Gori.

ci su cui viene ridefinito il programma di canale: innanzitutto il focus sul costruire e riconoscere le competenze, con una semplificazione del portfolio legato alle specializzazioni tecnologiche e una maggiore focalizzazione sulle verticalizzazioni di business iniziando da Manufacturing, Healthcare e Retail. Quindi, il tema delle incentivazioni sul refresh tecnologico, attraverso la semplificazione della deal registration e nuovo programma di incentivi con focus particolare sul refresh e la migrazione tecnologica. Infine, la ridefinizione del Lifecycle selling e gli incentivi per i servizi a reddito ricorrente. In questo caso si entra nelle competenze di vendita, amministrazione, contrattualistica. L’idea di Cisco è dare ai partner tutti gli strumenti di formazione (compresa la consulenza) necessari a migliorare le capacità di vendita, soprattutto di progetti, soluzioni e servizi.

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ni a tutti gli ambienti. «Ogni cloud provider ottimizza i servizi per i propri ambienti, naturalmente, ma poi le aziende si ritrovano con policy, sicurezza e database eterogenei che devono essere gestiti. C’è bisogno di una sorta di “ambiente consistente” che integri tutti gli altri e semplifichi la loro gestione», commenta Fabio Gori, Senior Director, Head of Cloud Marketing di Cisco. Ed è proprio qui che si innesta la strategia di Cisco che sul fronte multicloud ha sviluppato una proposta “a pacchetto” (Advisor, Protect, Connetc, Consume) tenendo conto di ciò che concretamente serve alle aziende e di come i partner possono costruire i propri servizi per darvi risposta: «Dove

Un canale che cambia con un programma tutto nuovo Non è lo spot per il lancio di una nuova trasmissione televisiva, è la grande rivelazione del Cisco Partner Summit 2017 di Dallas. Tre le direttri-

cisco partner summit 2017

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Cisco ha da tempo intuito la necessità di un cambiamento nella propria strategia ma, soprattutto, nel valore della proposta verso l’ecosistema di partner. Al Partner Summit si sono visti i risultati: importanti annunci di prodotti e servizi e un nuovo Partner Program

di Nicoletta Boldrini

A Dallas, durante il recente Cisco Partner Summit 2017, si sono visti concretamente i risultati del profondo percorso di cambiamento che Cisco sta affrontando da qualche anno, non soltanto per lo sforzo verso la semplificazione del programma di canale - a favore di servizi più adatti e in linea con un sistema di partner anch’esso in forte evoluzione - ma anche per la revisione della strategia basata su pochi e chiari pilastri: innanzitutto la revisione del network verso un modello “intuitivo” (i cui must diventano sicurezza e analytics) e l’approccio concreto al multicloud con importanti alleanze con i cloud service provider e la massima apertura sul fronte della programmabilità dei servizi (tramite API).

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Il network è pervasivo ma deve cambiare e diventare intuitivo Come sempre in questi eventi, la prima intensa e ricca giornata è stata dedicata a vision e strategia, raccontate dai top executive dell’azienda, Chuck Robbins, CEO di Cisco in prima battuta: «Il comune denominatore del digital world è il network che sta assumendo un ruolo determinante, soprat-

tutto nell’ambito degli ambienti multi-cloud dove per i partner si aprono incredibili strade di nuova reddittività», ha esordito Robbins. «Questo “protagonismo” del network svela però la sua sfida, deve essere reiventato sulla base di alcune importanti direttive: innanzitutto la sicurezza, che deve essere by design, intelligente, integrata come pilastro fondate del network stesso; quindi l’intuitività, con la rete che deve essere sempre più agile, flessibile, intelligente, “autonoma”; la rete deve inoltre abbracciare il mondo multi-cloud semplificando la gestione, migrazione, integrazione; deve poi essere l’elemento che consente di liberare il potere dei dati (che ovviamente transitano sulla rete, dall’edge fino al core passando per cloud); infine, deve “pensare” agli utenti e avere come filo conduttore la qualità della customer experience».

Dalla multicloud nasce la nuova capacità di proposta dei partner (e di Cisco) Networking, security, analytics e management. Questo è ciò che chiedono le aziende e i partner a una realtà come Cisco e vogliono che siano comu-

L’Intelligenza Artificiale di Cisco si chiama Cisco Spark Assistant Sul palco di Dallas - per voce di Rowan Trollope, SVP e GM, Application Group di Cisco - arriva l’annuncio di Cisco Spark Assistant, la Cognitive Collaboration basata su assistenza vocale virtuale (di livello enterprise) e funzionalità e tecnologie di Intelligenza Artificiale come Machine Learning, riconoscimento vocale, comprensione del linguaggio naturale, gestione delle conversazioni/dialoghi e capacità di rispondere alle domande. Insieme a Cisco Spark Assistant, Trollope presenta anche le ultime novità hardware sul fronte della video-

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grandi annunci per i partner


In occasione di CommvaultGo 2017 il software vendor ha ribadito la sua strategia focalizzata sul data management. Prevista un’espansione del numero dei partner al di fuori degli Stati Uniti Gianluigi Torchiani

I dati sono ormai in maniera unanime definiti come il nuovo oro dei tempi moderni: la capacità da parte delle organizzazioni di riuscire a governare la vera e propria esplosione di dati innescata da fenomeni come l’IOT è infatti considerata come il reale valore aggiunto dei tempi moderni. Uno scenario che calza a pennello per un vendor come Commvault, nato nell’ambito del backup ma da alcuni anni proiettato a inseguire una strada diversa, che può essere intesa come data management. Una strategia che è stata ribadita ancora una volta in occasione di #CommvaultGo 2017, l’evento globale che si è svolto lo scorso novembre a Washington, alla

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Commvault:

il baCkup è solo una parte della strategia

presenza di oltre un migliaio di persone tra clienti e partner. Il punto di partenza espresso dal Ceo di Commvault, Bob Hammer, è che sia necessario passare dall’era dell’Information Technology a quella della Data Technology, avviando una vera e propria Data transformation. Ancora oggi, infatti, molte aziende non hanno il pieno controllo sui propri dati, che invece dovrebbero essere il più possibile accessibili. D’altra parte è chiaro che il tradizionale approccio alla gestione, cioè sostanzialmente quello di tenerli chiusi al riparo in un cassetto, non funziona più, non solo a causa delle esigenze di business ma per effetto dei grandi cambiamenti tecnologici.

Quattro driver che cambiano il mondo dei dati

In particolare secondo Commvault sono quattro i driver che stanno cambiando il mondo dei dati: l’avvento dell’Hybrid IT, l’accresciuta minaccia del cybercrime, la necessità della compliance normativa e il boom degli analytics, che impone sostanzialmente la disponibilità dei dati per le ricerche in qualsiasi momento, senza alcun tipo di vendor lock in. Per rispondere a tutte queste novità, la ricetta di Commvault è quella di coniugare in maniera efficace le giuste dosi di flessibilità e potenza, in modo da assi-

L’importanza dei partner per la strategia di Commvault

Un riconoscimento è ovviamente arrivato anche per l’ecosistema di partner Commvault, che secondo Hammer sono parte integrante della forza di Commvault sul mercato. Che incoraggia i partner con diversi prodotti Channel Friendly e ha ora intenzione di espandere ulteriormente la propria rete di partner in alcune regioni, specie nel mondo orientale. Per il futuro, oltre a guardare sempre di più al mondo analytics, Commvault ha in effetti in programma di rafforzare la propria presenza al di là degli Stati Uniti.

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CommvaultGo 2017, Day 1: il commento di Digital4Trade

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Nuove alleanze ma non solo

La vera differenza rispetto ad altre piattaforme similari secondo Hammer risiede nell’l’Universal dynamic index, vale a dire la capacità di individuare i dati a qualsiasi livello siano collocati.

CommvaultGo 2017, Day 2: il commento di Digital4Trade

Commvault, la Data Technology passa dalle alleanze La Data Technology è il futuro dell’Information Technology, ma in un mondo IT sempre più complicato è difficile raggiungere da soli questo traguardo. Ne è ben consapevole Commvault, che alle storiche alleanze con aziende del calibro di Microsoft e AWS ha progressivamente aggiunto nomi come Cisco, Google e Red Hat. La strategia, per chi come Commvault rimane sostanzialmente un software vendor, è per certi versi obbligata: in un mondo dove le imprese sono sempre più abituate a ragionare in ottica multicloud e ibrido, è controproducente legarsi esclusivamente a questo o quell’altro fornitore di tecnologia o di workload. Perché le soluzioni Commvault, per il backup ma, come detto in preceden-

za, non solo, possono essere utili a tutti i vendor di tecnologia e workload, in maniera tale da migliorare sicurezza, flessibilità e automazione dei dati dei clienti finali. D’altra parte la stessa Commvault, per fare spazio alle proprie soluzioni, ha inevitabilmente la necessità di allearsi con chi in questo momento ha in mano le carte del mercato. In questo senso va chiaramente la partnership stretta con un nome del calibro di Google in ambito cloud, un’area su cui Mountain View sta crescendo particolarmente in questo periodo. Grazie alla loro partnership strategica, Commvault e Google Cloud permetteranno alle aziende di trasformare il loro business adottando un’unica soluzione per una

gestione olistica dei dati. Altra alleanza importante è quella che è stata già annunciata a CommvaultGo tra Commvault e Cisco per il comparto Hyperscale: come ha spiegato nel suo discorso Cynthya Johnson, VP, Global Data Center Sales di Commvault, al centro di questa inedita partnership ci sono i dati. Vero e proprio sangue vitale delle organizzazioni, oggi non ancora adeguatamente sfruttati. Da qui l’appliance pensata in comune tra Cisco e Commvault, che andrà a indirizzare nello specifico le necessità del mid market. Alla base dell’Appliance c’è il Commvault hyperscale software, realizzato in stretta collaborazione con una vecchia conoscenza del mondo IT come Red Hat.

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curare ai clienti soluzioni performanti ma anche facili da governare e sviluppare. La risposta sviluppata in questi anni da Commvault, archiviato il classico brand Simpana e sulla base dei feedback dei clienti finali, è la Commvault Data Platform: una piattaforma onnicomprensiva per la gestione dei dati, in cui il backup rappresenta soltanto un elemento, affiancato ad altri altrettanto importanti (R, Dev/Test, Archive, Compliance, eDiscovery, Migration, Analytics).


Meg Whitman

In mezzo a una ondata di annunci, dal Cloud all’Industrial IOT, i fari più abbaglianti all’evento mondiale del vendor tenutosi a Madrid, erano rivolti verso il tema dell’avvicendamento al timone di HPE

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Marco Maria Lorusso

Meg Whitman CEO di Hewlett Packard Enterprise

Antonio Neri Presidente di Hewlett Packard Enterprise e futuro CEO

«Abbiamo corso e ora siamo diversi, migliori, pronti per accompagnare l’enterprise “of the future” verso la più grande rivoluzione tecnologica mai vista. Per farlo, per raccogliere il mio testimone non potevo scegliere persona migliore». Ad Hpe Discover 2017 Meg Whitman affronta così la platea di partner e clienti di ogni parte del mondo, tutti curiosi di capire come si svilupperà il nuovo corso del vendor. Un nuovo corso che ha il volto di Antonio Neri, attuale presidente e futuro CEO. Un nuovo

corso che, dopo le grandi manovre strategiche guidate dalla manager ha e avrà ora un’impronta più marcatamente tecnologica. «Stiamo affrontando la più grande rivoluzione tecnologica di sempre ha spiegato Meg Whitman prima di lasciare il palco ad Antonio Neri - l’esplosione digitale e l’inarrestabile produzione di dati e informazioni che ne è scaturita sta cambiando le imprese e ne determinerà il DNA futuro. Imprese che la nuova HPE di oggi, più flessibile, veloce, focalizzata, ha ora le carte in regola per accompagnare sul mercato. Il presente e il futuro infatti, è ormai chiaro e comprende il multicloud, in cui imprese e manager devono essere accompagnati con piattaforme di automazione e “as a service” per orchestrare e scalare le proprie infrastrutture IT a seconda dei carichi di lavoro, delle esigenze, dei progetti, della criticità dei dati gestiti. Poi c’è la potenza di calcolo, la necessità di gestire, in tempo reale, sempre più dati, di analizzarli, metterli al servizio del business e, da qui, si arriva all’Intelligenza Artificiale, che sarà parte integrante di tutte le aziende del futuro». Presente e futuro che poggiano per gran parte sul concetto di ecosistema, fatto di partner, di vendor complementari e alliance storiche, che, tatticamente, si integrerà con la nuova HPE dando vita a soluzioni innovative e su misura per target di mercato precisi, clienti, opportunità.

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Dal multicloud al super computing

A Meg Whitman dunque il compito di tracciare la strada, gli obiettivi che HPE può e deve raggiungere, ad Antonio Neri invece, il compito di mettere su strada una simile strategia dando concretezza al tutto. A partire dall’annuncio di Hpe OneSphere «La prima soluzione di gestione multicloud completa-

| Story Tellers Andrea Monaci Marketing Director Cloud EMEA di HPE

Hpe Discover, le nuvole prima Di tutto. «clouD28+ è l’opportunità più granDe per i system integrator» Ad Hpe Discover 2017, i numeri prima di tutti, anzi, il cloud prima di tutto. A Madrid il cloud ibrido e le opportunità di business che sono in grado di abilitare sul canale dei system integrator sono stati i focus più forti. Il management di HPE infatti ha fatto il punto sui circa due anni di vita di Cloud28+, la piattaforma cloud, la “federazione” di imprese attive nella nuvola, per creare una sorta di App store europeo dei servizi cloud, ora scalato a livello mondiale e diventata «la più grande community indipendente al mondo, che promuove i servizi cloud e la condivisione di conoscenze. Si rivolge a clienti finali, fornitori di servizi cloud, fornitori di soluzioni, ISV, integratori di sistemi, distributori ed enti governativi che si occupano di accelerare l’adozione del cloud nelle imprese». Una scommessa vinta e che ora è pronta al salto di qualità, con l’ecosistema al centro. «Su Hpe cloud28+ abbiamo a bordo circa 700 partner in 60 diversi Paesi, 400 Data Center in 33 Paesi, 4.300 clienti finali, 24.000 service provider inseriti nel catalogo mondiale e la presenza in 12 segmenti verticali», sorride convinto Andrea Monaci, Marketing Director Cloud, Europe, Middle East & Africa di HPE, al fianco di

Xavier Poisson, VP Worldwide Service Providers business and Cloud28+ di HPE davanti a giornalisti e analisti nel corso del pre-evento di HPE Discover dedicato al “loro” Cloud28+.

Collaborazione e flessibilità

«Cloud28+ - spiega Monaci - è una community di partner HPE verificati e una piattaforma commerciale per favorire lo scambio di conoscenze sul cloud e trovare la giusta combinazione di soluzioni IT ibride. Si tratta di un ecosistema composto da partner sparsi in tutto il mondo che collaborano per favorire l’innovazione e lo sviluppo di conoscenze reciproche, accelerando nuove prospettive commerciali. Una rappresentazione concreta di come e in che direzione proprio la digital tran-

sformation sta cambiando gli equilibri, i ruoli e i modelli di business “tradizionali” del canale indiretto. Questo è un momento di grande evoluzione per tutti e con la nostra piattaforma siamo nella posizione migliore possibile per offrire ai partner uno strumento di business senza precedenti. Serve però cultura, formazione e condivisione di competenze, esperienze. Per questo stiamo promuovendo tutte le esperienze di business più importanti abilitate da Cloud28+». Un concetto questo, su cui gli stessi analisti di IDC sono stati chiamati sul palco a dare un contributo approfondito. «La filiera, così come la disegnavamo fino a ieri, sta cambiando - ha spiegato Carla Arend, Program Director di IDC - ci sono le agenzie digitali, ci sono le start up cloud, i marketplace dei distributori, i system integrator, i provider di servizi cloud, c’è un ecosistema nuovo che necessita di nuove e più fluide dinamiche di collaborazione. Competizione e collaborazione hanno perimetri sempre più sfumati e, in questo senso, i system integrator si stanno muovendo con coraggio. È però giusto puntare sulla formazione e sulla condivisone di esperienze: da qui passa un’evoluzione culturale inevitabile».

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neLLe Mani MigLiori, così antonio neri ci porterà verso L’iMpresa deL futuro»

cente lancio della “new compute experience” e dei nuovi server Gen 10 e che ora ha conosciuto nuovo slancio con la presentazione della piattaforma Superdome Flex. «Una piattaforma - ha spiegato Neri - che ci avvicina ancora di più alla realizzazione della nostra visione legata al progetto The Machine. Superdome Flex è stata infatti disegnata secondo i principi del Memory-Driven Computing e offre vantaggi unici nell’indirizzare e gestire carichi di lavoro “data-intensive” attraverso una potenza di calcolo mai sperimentata prima. Una potenza che mette al servizio delle imprese tutti i vantaggi più reali e concreti dei Big Data».

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Meg WhitMan: «Lascio La guida

mente SaaS - ha spiegato Neri -. Una piattaforma che consente alle imprese di “navigare” con agilità tra le nuvole “on premise” tra i servizi di cloud pubblico e ancora tra le infrastrutture software defined e di cloud ibrido con immediatezza. Si tratta di un portale as a service che permette di accedere alle risorse IT con grande velocità a prescindere dalla tipologia di infrastruttura cloud in cui ci si trova». Dopo il grande focus sul modello di business legato al cloud e ai nuovi attori della filiera, annunci tecnologici e di piattaforma. Ma uno dei maggiori focus della nuova HPE sarà proprio sul super computing e sulla potenza di calcolo. Una strada già inaugurata da tempo con il progetto The Machine, con il re-


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McAfee: integrAzione

e AperturA A beneficio del cAnAle Il vendor, nel corso del suo evento EMEA, ha ribadito la sua formula basata sull’integrazione con altri vendor, persino concorrenti. Ai partner chiede un maggiore impegno e punta l’attenzione sul cloud

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Gianluigi Torchiani

David Small responsabile per le vendite di canale per l’area EMEA di McAfee

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La separazione da Intel, dopo alcuni anni di non semplice unione, aveva fatto molto scalpore qualche tempo fa. Ora McAfee, uno dei brand più riconoscibili nel panorama della security, sembra avere imboccato una strada chiara sul mercato, che passa innanzitutto dalla forza del canale e del suo ecosistema. Nel corso del suo evento dedicato a partner e clienti dell’area EMEA, che si è svolto a fine novembre ad Amsterdam, la parola ricorrente è stata senza dubbio “Together”. La convinzione di McAfee, infatti, è che in un mercato della sicurezza così frammentato e particolare sia impossibile fare tutto da soli. Anche perché molto spesso la realtà con cui ci si confronta è fatta da aziende che, nel corso degli anni, hanno già effettuato importanti investimenti in security, magari affidandosi a vendor diversi, e a cui non si può certo chiedere di ripartire da zero ogni volta. Un ruolo chiave, dunque, è affidato al vasto ecosistema di partner, che raggruppa soggetti molto diversi tra di loro: solution provider, service provider, system integrator, Oem, ma non solo. Nell’ottica dell’integrazione, la grande scommessa di McAfee risiede nella Security innovation alliance, nella quale sono coinvolti diversi vendor, anche di sicurezza: un nome su tutti la “rivale” israeliana Check Point. Recentemente sono poi arrivati a bordo dell’alleanza nomi del calibro di IBM e Cisco, con cui sono state avviate iniziative di integrazione delle piattaforme.

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Le mosse in ambito cloud

Guarda il commento video in diretta del nostro inviato nei giorni dell’evento

Ovviamente questa impostazione consente a McAfee di essere presente nella rivoluzione che più sta cambiando il mondo della sicurezza, vale a dire il cloud: la soluzione McAfee cloud workload security, sviluppata per la sicurezza della nuvola, si trova a bordo dei due mag-

giori servizi cloud, vale a dire AWS e Azure. Inoltre ad Amsterdam è stata ufficializzata l’acquisizione di Skyhigh Networks, un cloud access security broker specializzato per l’appunto nella sicurezza sulla nuvola. Un’operazione che dovrebbe permettere a McAfee di rafforzare ulteriormente la propria posizione in questa cruciale area di business. In precedenza si è parlato non a caso di soluzioni e non di prodotti, perché l’imperativo che il vendor sta cercando di trasmettere ai propri partner è quello di andare oltre la semplice vendita di “scatole”, fornendo soluzioni che possano aiutare i clienti a governare i rischi (dal momento che eliminarli del tutto è impossibile) e a cogliere le opportunità della digitalizzazione. In generale, comunque, McAfee non ha risparmiato lodi al suo canale di vendita, da cui passa il 100% del fatturato EMEA. Vero e proprio moltiplicatore di business, specie quando capace di intercettare le esigenze del cliente. Il consiglio è anche quello di guardare sempre più ad aree come Big Data e Analytics, nonché allo sviluppo delle applicazioni, tutti settori che hanno estremo bisogno di essere messe in sicurezza. Una strategia che, come ha ricordato David Small, responsabile delle vendite di canale per l’area EMEA, per il momento sta pagando, tanto che il gruppo sta crescendo in maniera significativa, in particolare proprio in EMEA.


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