sono tra noi ...siamo noi
6 | 2015
SECURITY NELL’OCCHIO DEL CICLONE 2015
– Avete paura di un hacker? Non abbastanza...
– #Distriboutique, quando i reseller danno i voti
– Stampa 3D e le regole del canale
– Droni, opportunità o minaccia?
THE POWER OF PROTECTION
PROTEZIONE PRESENTE E SICUREZZA FUTURA Soluzioni di sicurezza Kaspersky per la grande azienda Un panorama di minacce sempre più sofisticate e complesse impone un approccio multilivello alla sicurezza IT, in cui una combinazione di tecnologie integrate fornisca funzionalità complete di rilevamento e protezione dalle minacce già conosciute... e da quelle ancora sconosciute.
kaspersky.it/enterprise #EnterpriseSec
Per tenere testa ai sofisticati livelli raggiunti oggi dalla cybercriminalità, sono necessari servizi di intelligence e tecnologie proattive per la sicurezza. La nostra conoscenza di alcuni degli attacchi più sofisticati del mondo, insieme alla nostra capacità di rilevarli, ci consente di essere in grado di proteggere la vostra organizzazione oggi e nel futuro.
E di to r i al e
Direttore Responsabile Digital4Trade
L’impresa di innovare, l’impresa di portare l’innovazione nelle aziende italiane, l’impresa di esserci con tutte le forze e gli strumenti possibili. L’impresa del valore e degli imprenditori dell’innovazione in tutte le loro forme, dimensioni, idee, velocità, problemi. A questa incredibile impresa è dedicato, sin dalla sua nascita, il progetto ICT4Trade. Carta, eventi, video, Web, Webinar… una piattaforma umile e coraggiosa che ha debuttato nel mezzo degli affollati padiglioni di Smau 2013 e da allora ha conosciuto una crescita “violenta”, travolgente, appassionante. Una crescita, una strada che, nel corso di questi due anni, ci ha portato in giro per l’Italia a tu per tu con il “canale”, quello vero, quello fatto di pochi effetti speciali e di molte persone, imprenditori, accenti, linguaggi e idee precise, particolari, complesse. Un patrimonio inestimabile di conoscenze, incredibili confronti, scambi sinceri e trasparenti che è oggi alla base di una decisiva evoluzione per questo multiforme progetto editoriale. Quello che avete tra le mani è il numero che segna l’inizio di una nuova stagione. La stagione di Digital4Trade e di un sistema editoriale che punta a cavalcare con ancora più decisione ed energia un’onda, quella della trasformazione digitale, che sta investendo ogni ambito della nostra vita personale, lavorativa e che, mai come oggi, necessita di essere interpretata e vissuta nella maniera più concreta e reale possibile da chi poi ha il compito di “scaricarne” a terra le reali potenzialità. Digital4Trade è un sistema interattivo in cui, sotto il rinnovato e più ampio cappello di Digital4, ciascuno si ritroverà e avrà spazio e voce a livello di tematiche, contenuti. Un sistema editoriale moderno, flessibile, che sarà fruibile e accessibile attraverso tutti i media possibili, digitali e non (cartaceo, online, video, social, mobile), facendo leva su contenuti di valore come approfondimenti, interviste, business case, Webinar, infografiche, video, white paper. Il prossimo decennio, siamo convinti, vedrà cambiamenti rapidi e di enorme portata di cui il digitale sarà protagonista assoluto in tutti i settori. Il nostro impegno sarà quello di fare da traino, da pungolo, da testimonianza, da specchio vero e sincero alla trasformazione digitale del Paese e del canale ICT. Buon viaggio!
www.digital4trade.it
Marco Maria Lorusso
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Altre forme di vita
6 | 2 015
Nell’occhio del ciclone
On Una Cisco innovativa e più umana
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Dell: così si opera in ambito client
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«Il firewall? Resta più importante che mai»
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Day Time Sicurezza 2015, nell’occhio del ciclone!
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La miglior difesa è... conoscere
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Avete paura degli Hacker? Non abbastanza...
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Tre cose che un buon reseller deve sapere sul Byod
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Prime Time digital4TRADE Testata di Digital360 S.r.l. Via Copernico, 38 20125 Milano Iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 Testi e disegni: riproduzione vietata Direttore Responsabile Marco Maria Lorusso marco.lorusso@digital4.biz Hanno collaborato Isabel Aranda, Primo Bonacina, Stefano Chiccarelli, Giuseppe Goglio, Fabio Lalli, Anna Ferrari, Alessio Pennasilico, Sara Porro, Antonio Serra, Paolo Sito, Gianluigi Torchiani
Stampa 3D, le regole della distribuzione
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#Distriboutique, i reseller promuovono i distributori
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Computer Gross e l’Oro di Napoli, «Ecco il Sud del valore!» | 46 Story Tellers #ConventionVar, «L’innovazione contamina il Paese»
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#HPIPC2015, il new style of IT a misura di canale
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EMC, più sostegno ai rivenditori entry level
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Arrow ECS Italia e la sostenibile rivoluzione del dato
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Tune Dire e fare marketing a prova di etica, una sfida possibile? | 64 Jeremy Rifkin: l’Internet delle cose ci porterà fuori dalla crisi | 66
Pubblicità mara.perego@digital4.biz Tel. 02.92852769
Al mercato dei droni serve un’iniezione di privacy
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E se gli hacker vengono arruolati dalle forze del bene?
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Progetto grafico Stefano Mandato
Pagamenti da mobile, IoT: le novità di Google I/O
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Impaginazione ADM Studio Sas Cologno Monzese (MI)
Off
Stampa Grafiche Cola Srl Lecco
i modelli di business
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I 10 errori da non fare a un evento
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CIO, prepariamoci al 2020!
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Una prigione può essere grande 7 cm x 14 cm?
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Per informazioni sugli abbonamenti abbonamenti@digital4.biz Tel. +39 02.92852785
Facebook, un impatto economico che trasforma
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On
Una nuova guida per Cisco, la scommessa client di Dell e la sostenibile centralitĂ del firewall in un mercato che viaggia a velocitĂ siderale come la sicurezza. La voce, le sfide, i consigli dei piĂš grandi protagonisti del mercato targato 2015
| ON
1 / Una Cisco innovativa e più umana
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Chuck Robbins, che da luglio sarà il nuovo CEO del gruppo americano, delinea la sua visione del futuro. Che vede ricco di grandi opportunità e nuove sfide
Chuck Robbins
www.digital4trade.it
Da luglio sarà il nuovo CEO di Cisco
Nel momento in cui la nostra industria attraversa il maggiore punto di rottura che abbiamo mai incontrato, non potrei essere più fiducioso della nostra capacità di vincere e più onorato dell’incarico che mi è stato assegnato. Sono entrato in Cisco 17 anni fa perché volevo far parte di un’azienda dove, dal mio punto di vista, le possibilità erano illimitate. Oggi sono, se possibile, ancora più convinto che quella società è Cisco. Nei 20 anni trascorsi la vision e la leadership di John Chambers hanno costruito una delle più importanti aziende al mondo, impegnata nei confronti dei propri clienti, azionisti, partner e lavoratori. Le opportunità che abbiamo davanti sono enormi e la capacità di giocare il ruolo di guida in questo prossimo capitolo ci fa sentire umili e profondamente motivati. Io sono concentrato nell’accelerazione dell’innovazione che i nostri clienti si aspettano da noi: il loro successo continuerà a guidarci. Voglio passare questi 90 giorni, prima che la mia nomina diventi effettiva, esclusivamente a parlare con il nostro team di leadership, i nostri dipendenti, i nostri clienti, i nostri partner, i nostri azionisti, i nostri analisti, per essere davvero sicuro che le teorie e le cose che ho in mente su quello che si dovrebbe fare siano corrette. Sarei un irresponsabile se non mi prendessi il tempo sufficiente per prendere le decisioni necessarie affinché la cultura che John Chambers ha contribuito a creare continui anche nel futuro. Oltre a ciò, dobbiamo concentrarci sull’allineamento delle nostre risorse con quelle che possono essere le migliori priorità per l’azienda. Le opportunità che abbiamo di fronte sono molto più grandi di quelle che abbiamo avuto nel passato, ma la maggiore sfida è quella di stabilire le priorità nella giusta maniera. Con chiarezza e onestà dobbiamo renderci conto di quello che facciamo bene, comprendere cosa potrebbe essere per noi un problema e cosa invece non lo è e, su questa base, prendere le decisioni corrette rapidamente. Infatti, credo nella chiarezza: la nostra strategia di comunicazione deve essere chiara e semplice, sia verso l’interno sia verso l’esterno. Quali penso che siano le caratteristiche principale di un leader? Penso che in questi tempi sia necessario avere alla guida delle organizzazioni dei leader umani, che siano cioè in grado di comunicare i loro intenti e la loro visione, ma che siano anche capaci di comprendere le necessità e i sentimenti delle persone. Come leader sono orgoglioso del team che abbiamo costruito, nonché del senso di famiglia che abbiamo creato in Cisco. Personalmente rido per un mucchio di cose, talvolta è anche importante non prendersi troppo sul serio. Lo stress e l’intensità del nostro lavoro sono tali che bisogna fare in modo di conservare la propria umanità.
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2 / Dell: così si opera in ambito client
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Il recente Dell Client Circle è stato l’occasione per spiegare ai partner il funzionamento di questo particolare mercato, come racconta Adolfo Dell’Erba, channel director Dell Sud Europa
Adolfo Dell’Erba
www.digital4trade.it
channel director Dell Sud Europa
La video-intervista ad Adolfo Dell’Erba
Il recente evento Dell Client Circle, organizzato a Milano insieme a Microsoft, si è rivelato un grande successo. È stata una bellissima giornata, ricca di partner e di argomenti, che è servita a raccontare al canale come e perché costruire valore intorno a sistemi hardware con un cuore Windows 10 non solo è possibile, ma fondamentale. È stato un momento di confronto interessante, abbiamo potuto condividere la nostra strategia di mercato che è evoluta nel corso degli anni, è cambiata ed è ora orientata in maniera decisiva al canale. Cosa significa nel concreto? Significa che abbiamo fatto spazio ai partner per operare sul mercato italiano, ma non solo (anche se in Italia questo concetto si applica particolarmente bene), tanto che abbiamo aumentato le risorse a supporto dei partner. Le risorse che, infatti, prima erano impegnate a vendere direttamente, sono ora impiegate a supporto dei nostri rivenditori, vogliamo che ci accompagnino in questo percorso di crescita che abbiamo intenzione di proseguire per i prossimi anni. È stato molto importante anche parlare del business client nello specifico, perché sinora avevamo illustrato in maniera diffusa le nostre soluzioni in ambito enterprise, ma non avevamo affrontato in profondità le nostre client solutions in ambito di canale. In seguito alla sterzata violenta di approccio del mercato era invece prioritario concentrarci su questi aspetti, che rappresentano una fetta importante del nostro fatturato. Nel corso del Dell Client Circle abbiamo dunque parlato di soluzioni client, della strategia di Dell e abbiamo presentato i nuovi componenti del team Dell che si affiancheranno ai partner a partire da quest’anno e poi, ultimo ma non meno importante, abbiamo presentato il nostro approccio al mercato. Siamo, insomma, riusciti ad affrontare insieme ai nostri partner tematiche di diversa natura, abbiamo parlato di strategia e dati di mercato. In particolare sono stati presentati numeri decisivi per comprendere le principali tendenze del mercato, che sono stati offerti da un ospite d’eccezione come Howard Davies, CEO e Co-founder di Context World (società di analisi specializzata sul canale informatico) che ha realizzato una mappatura esclusiva di come, quanti e quali sono le soluzioni client più acquistate e vendute oggi sul canale ICT in Italia e in Europa. Insomma, abbiamo cercato di lasciare degli appigli ai nostri partner sulle direzioni in cui si deve lavorare, così da essere efficaci nella conclusione delle vendite.
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3 / «Il firewall? Resta più importante che mai»
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Gil Shwed, CEO di Check Point, a oltre vent’anni dall’invenzione del firewall, racconta la sua visione sul futuro di questa tecnologia e in generale della sicurezza IT
Gil Shwed
www.digital4trade.it
CEO di Check Point
Sono passati ventidue anni dalla nascita di Check Point e dall’invenzione e dal brevetto nel 1993, da parte della società, della tecnologia “stateful inspection”, capace di monitorare le connessioni di rete e filtrare i pacchetti. Un anno dopo, nel 1994, viene rilasciato FireWall-1, il primo prodotto dell’azienda. In vent’anni l’azienda ha percorso un lungo cammino tecnologico, ma non per questo il firewall sta perdendo la sua forza e peculiarità nel mantenimento della sicurezza delle reti informatiche e dei dati degli utenti nonostante la sicurezza si sia evoluta grandemente negli ultimi 20 anni. Due cose, in particolare, sono cambiate: la prima è l’importanza della connettività Internet. Questa, in vent’anni, è diventata molto, molto più rilevante. Era qualcosa di marginale vent’anni fa oggi, invece, risulta “mission-critical”. Il secondo fatto è che anche le minacce si sono evolute. Se prima le tipologie di insidie che cercavano di colpire la rete erano più semplici, oggi le minacce sono dieci volte più sofisticate e stanno usando vettori d’attacco multipli. Ciò che è importante comprendere è che la protezione base del firewall resta ancora molto, molto importante. Oggi abbiamo però l’esigenza di virtualizzare la security, di virtualizzare i firewall. Le differenti aree virtuali del network possono essere controllate, fondamentalmente, attraverso un dispositivo su cui funzionano molteplici firewall, ciascuno in grado di amministrare con policy specifiche ogni diversa zona della rete. Ma, a seconda delle implementazioni, si possono anche immaginare scenari con data center in cui sono ospitate molte, diverse macchine virtuali, ciascuna da mantenere, appartenente a una differente zona della rete e dotata di meccanismi di controllo della sicurezza che risiedono nella virtual machine stessa. Per il prossimo futuro, invece, le sfide più ardue sono due. La prima è l’uso delle tecnologie per contrastare i sofisticati attacchi con vettori multipli. Per difendersi dalle minacce del malware APT (Advanced Persistent Threat) occorre adottare soluzioni adeguate e la tecnologia necessaria c’è in abbondanza, anche se la maggioranza delle aziende non la sta ancora utilizzando. L’altra sfida è rappresentata dai dispositivi mobile, che costituiscono tutti delle porte di accesso verso la rete e vanno messi in sicurezza. Ma c’è anche un terzo problema: le policy come strumento di rafforzamento della protezione. Credo che le politiche di sicurezza siano molto importanti all’interno di un’organizzazione. La sfida però è come creare e implementare policy di security semplici e ben comprensibili dagli utenti. Voglio dire che non serve sviluppare policy super sofisticate che nessuno è in grado di capire e padroneggiare. Serve, invece, creare policy semplici e capaci di determinare il massimo effetto sull’organizzazione.
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D i g i tal 4 Tr ade per S y m antec
Symantec e il senso, unico, della sicurezza —
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Focalizzati, specializzati, dedicati “unicamente” alla sicurezza e al suo eterogeneo universo. Viaggio alla scoperta della nuova Symantec, dopo l’annuncio della scissione dello scorso ottobre. Una società tutta da scoprire e destinata ad aprire nuove e decisive opportunità di business per il canale
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Symantec c/o Segreen Business Park Via San Bovio, 3 20090 San Felice di Segrate (MI) Tel. +39 02-0703321 Tel. +39 02-36013200 www.symantec.com
Dividersi per essere più forti. Dividersi per essere più agili, ma anche unici e focalizzati su aree di business sempre più complesse, articolate, impegnative, ma soprattutto cariche di potenzialità. Dividersi per riprendere a crescere come ha annunciato lo scorso mese di ottobre Symantec, o meglio, la vecchia Symantec, dalla quale nasceranno - a completamento dello spinoff previsto per la fine del 2015 - due società diverse, separate anche per la quotazione in Borsa. Una, Veritas Technologies Corporation, dedicata all’information management, una, Symantec, dedicata alla security. «Poiché i mercati della sicurezza e della gestione dei dati continuano a cambiare a un ritmo accelerato, è chiaro che il comparto sicurezza e quello storage affrontano opportunità di mercato e sfide uniche. È diventato chiaro che vincere sia nella sicurezza che nella gestione delle informazioni richiede strategie diverse, investimenti mirati e innovazione per il go-to-market», ha spiegato al tempo dell’annuncio Michael A. Brown, CEO di Symantec. Dividersi, dunque, per essere ancora protagonisti e rispondere con maggiore prontezza alle sollecitazioni di due mercati chia-
ve come lo storage e, soprattutto, la sicurezza. Una sicurezza che, dati alla mano, rappresenta oggi il cuore pulsante del motore che alimenta il business di moltissimi operatori di canale. Anche e soprattutto per questo diventa ora vitale capire come e in che direzione si svilupperà la “nuova” Symantec. «La differenza di specializzazioni e soprattutto di go-to-market necessari era chiara ed evidente da tempo. Chi oggi si occupa di information management deve guardare ai big data, chi parla di sicurezza deve pensare soprattutto ai cyber attacchi, alla protezione dei dati e a un mondo in fortissima evoluzione - ha raccontato Vittorio Bitteleri, head of sales and channel for Enterprise Security, Symantec -. Una differenza che rende questa divisione una scelta necessaria e anche di grande prospettiva per il mercato e per il canale in particolare. La nuova Symantec è infatti una società che torna alle sue origini e fa la scelta chiara di dedicare il 100% delle proprie risorse al mondo della security. Una focalizzazione che ci permette oggi di sviluppare molte più competenze dedicate, avere una maggiore rapidità di esecuzione e quell’agilità che oggi fa la differenza quando ci si trova ad affrontare
Nuove forme di partnership
Il senso di Symantec Alla luce di una simile scelta qual è dunque la strada che Symantec ha deciso di imboccare a livello di soluzioni e strategie di sicurezza? «Fondamentalmente - ha raccontato Bitteleri la nuova strategia si fonda su tre macro aree. La prima è quella che noi chiamiamo Threat Protection, ovvero la protezione dalle minacce APT (Advanced Persistent Threat). In questo caso l’obiettivo è quello di innalzare la protezione in tutti i punti di accesso delle aziende con nuove soluzioni ATP (Advanced Threat Protection): end-point, posta elettronica, server gateway, avendo in mente che l’antivirus non è più una risposta adeguata alle sfide di oggi. Il secondo pillar è la protezione delle informazioni, che vuol dire prestare sempre più attenzione alla verifica delle identità di chi accede ai dati critici. Un mercato, quello della sottrazione delle informazioni, che oggi ha raggiunto una dimensione difficile anche solo da immaginare. Terzo è poi il pillar che riguarda la cyber security: un mercato dal quale si attende una crescita di oltre il 50% a livello di opportunità indirizza-
bili. Un mercato in cui, oltre ai classici servizi di “alerting” a livello fisico, è prevista l’introduzione di soluzioni capaci di analizzare in maniera approfondita non solo ciò che accade all’interno del perimetro fisico classico delle infrastrutture IT, ma anche nell’underground tramite servizi di Human Intelligence.».
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Dalle parole ai fatti, cosa vuol dire però fare business con una simile società per un partner di canale e che tipo di caratteristiche è necessario avere per farsi trovare pronti? «La parola chiave, come anticipato, è specializzazione - ha spiegato Bitteleri - questo è l’aspetto abilitante del futuro sia nostro che dei partner che cerchiamo. Avremo sempre più bisogno di tecnologie e competenze puntuali, verticali, precise. Per questo motivo saremo sempre più attenti nel cercare partner e non semplici reseller, che abbiano la voglia e la forza di fare una scelta di campo molto precisa. Avere un’offerta generalista e occuparsi “anche” di sicurezza oggi infatti è un approccio che non fa il bene di un reseller e nemmeno dei suoi clienti che non trovano quello che cercano. La specializzazione invece è il “fil rouge” che unirà le strategie di Symantec e del suo canale da qui ai prossimi anni».
Una scelta vantaggiosa Nuove forme di vita dunque e nuove specializzazioni in un mercato però già denso di vendor, strade, idee… Anche per questo è necessario capire con più precisione che cosa rende davvero diverso il nuovo messaggio di Symantec e dunque “appetibile” per un rivenditore IT. «Sembra semplice, ma in realtà non lo è affatto ha risposto Bitteleri -. Oggi un nostro partner può trovare in Symantec quelle competenze e quella focalizzazione sui trend più importanti per i suoi clienti che non trova probabilmente su nessun altro player di mercato. Erogare servizi di remediation a vulnerabilità da noi segnalate sarà per loro sicuro motivo di nuovo business sui clienti esistenti, ma anche un modo nuovo per approcciare altri mercati. Scommettere su di noi è decisivo perché la riconoscibilità sul mercato è importante ma, soprattutto, perché rappresenta un’assicurazione per i rivenditori che sono oggi chiamati a riqualificarsi e a dimostrare ai clienti di essere in grado di offrire servizi innovativi e di rispondere in maniera pronta ed efficace a rischi e minacce senza precedenti. I partner, insomma, devono sapere esprimere valore sia a livello tecnologico sia a livello di modello di erogazione dei servizi, vedi il cloud; non essere in grado di rispondere oggi è un lusso che nessuno si può permettere».
D i g i tal 4 Tr ade per S y m antec
Vittorio Bitteleri, head of sales and channel for Enterprise Security, Symantec
Scopri il nuovo volto e le nuove strategie di canale firmate Symantec, collegati e guarda l’esclusivo video-reportage
www.digital4trade.it
tematiche come Cryptolocker o di attacchi sempre più mirati e tecnologicamente avanzati. Una focalizzazione che oggi ci permette di essere molto più “prossimi” rispetto ai partner e alle loro esigenze».
Day time
Sono tra noi... siamo noi. Hacker, attivisti, cyber criminali o semplici manager sbadati 20 15 formati? Chi minaccia il business e6 |poco delle imprese? Come e con quali strumenti il canale può e deve rispondere “presenteâ€??
Sono tra noi... siamo noi. Gli attacchi arrivano ormai da più fronti e non risparmiano nessun attore. Come si difendono le imprese? Come e che partita deve giocare il canale?
SECURITY TREND RICAVI Y/Y B2B SECURITY SUITE NELL’OCCHIO DEL CICLONE 50
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sono tra noi ...siamo noi
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Sicurezza 2015, nell’occhio del ciclone!
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Gianluigi Torchiani
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Kaspersky
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Altri
Symantec
Fonte: Context Panel Distributori Italiano
FONTE CONTEXT: PANEL DISTRIBUTORI ITLIANO
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Essere a conoscenza di un problema è il primo passo per risolverlo, afferma un motto abbastanza noto. Ma questa formula non sembra adattarsi al caso della sicurezza informatica: negli ultimi anni i temi del cybercrime sono diventati sempre più noti all’opinione pubblica e, inevitabilmente, sono entrati nell’agenda di molti Consigli di Amministrazione. Eppure, come segnalano i dati dell’ultimo rapporto Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, tutto questo non basta. Di fatto, a fronte di investimenti globali in sicurezza informatica in crescita (+8% nel 2014, nonostante il perdurare della crisi economica), il numero – – e la gravità degli attacchi continuano ad aumenAvete paura di un hacker? #Distriboutique, quando tare, in un contesto nel quale, per altro, si stima Non abbastanza... i reseller danno i voti che circa i due terzi degli incidenti non vengano – – nemmeno rilevati dalle vittime. Stampa 3D e le regole Droni, opportunità Il motivo è chiaro: l’esposizione della civiltà digidel canale o minaccia? tale globale ai rischi informatici aumenta più velocemente della capacità di protezione dagli attacchi. Attacchi che, come mette in luce lo studio dell’Associazione, hanno una natura diversificata: in particolare, nel 2014 le azioni a supporto di attività militari e paramilitari sono aumentate del 68% a livello globale rispetto all’anno precedente. Questo tipo di minaccia informatica, che mina l’integrità dei sistemi e del patrimonio informa-
TOTAL
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Kaspersky
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Trend Micro
| D a y Ti me
Q1-2014 VS Q1/2015 B2B ENDPOINT SECURITY
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Intel Security
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Altri
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software - va invece ricondotto ad attività cyber Fonte: Context Panel FONTE CONTEXT: PANEL DISTRIBUTORI ITLIANO Distributori Italiano criminali. Create infographics Le prospettive per il futuro non sono molto incoraggianti: la crescente collaborazione tra gruppi cyber criminali e gruppi terroristici o paramilitari dovrebbe favorire un incremento delle logiche estorsive per ragioni politiche ed economiche, con impatto sulle Istituzioni e sulla Pubblica Amministrazione, aziende e infrastrutture critiche. Ci si attende, inoltre, che le organizzazioni terroristiche utilizzino sempre più frequentemente le piattaforme di social networking come veri e propri campi di battaglia nei confronti dei Governi. I sistemi POS saranno invece sempre più bersagliati dai criminali e la possibilità di attacchi malware sarà molto elevata anche nei singoli esercizi commerciali. Un fronte molto caldo per la sicurezza sarà anche quello del mobile; gli esperti del Clusit evidenziano una crescente attenzione da parte di agenzie governative, spie mercenarie e criminali nei confronti di piattaforme quali iOS e Windows Phone. Tanto che i produttori di device mobili, gli sviluppatori di applicazioni e gli utenti dovranno rivedere le proprie strategie e i propri investimenti, ponendo l’accento sulla sicurezza e non più solo sugli aspetti marketing o di business.
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Symantec
www.digital4trade.it
tivo delle organizzazioni pubbliche e private, è in grado di apportare concreti rischi in ambito politico, economico e sociale anche a Paesi che non sono in stato di guerra. Il cosiddetto cybercrime, comunque, si conferma come causa principale di attacchi gravi a livello globale: il 60% di essi, infatti, va ricondotto a finalità criminali, in costante crescita negli ultimi anni (+41% rispetto al 2011). Nel corso del 2014, contestualmente alla forte espansione dei due fenomeni dell’Information Warfare e del Cybercrime si è osservata invece la tendenza alla diminuzione degli attacchi gravi con finalità dimostrative tipici dell’Hacktivism e una sostanziale stabilità degli attacchi relativi ad attività di spionaggio. Dati allarmanti arrivano dalle tecniche utilizzate per gli attacchi informatici: nel 2014 è cresciuto a tripla cifra (+122%) l’utilizzo di malware, reperibile a costi sempre più contenuti in un immenso mercato underground globale, mentre è in sensibile diminuzione l’utilizzo di SQL Injection. Gli attacchi DDoS (Distribuited Denial of Services) rimangono sempre lo strumento preferito da hacktivist, principalmente utilizzati per azioni dimostrative, ma ora iniziano a essere utilizzati anche per finalità estorsive. Ma chi sono le vittime? Secondo il rapporto Clusit un po’ tutti noi. Un quarto degli attacchi a livello mondiale è stato realizzato ai danni del settore governativo, di pari passo con la già menzionata crescita del fenomeno dell’Information Warfare. I servizi cloud, le banche, la sanità (settore che ha subito un incremento del 190% rispetto al 2013), fanno registrare il maggiore tasso di crescita nel numero e nella gravità degli attacchi. Nel 2014 è inoltre entrato prepotentemente nel mirino dei cyber criminali anche il mondo del retail: la grande distribuzione organizzata, le catene di punti vendita in franchising e i siti di e-commerce hanno infatti registrato globalmente perdite ingentissime, in alcuni casi nell’ordine delle centinaia di milioni di euro. Ovviamente, anche l’Italia non è immune dalle attività dei criminali informatici: secondo Clusit, nel 2014 gli eventi di sicurezza più gravi di dominio pubblico hanno interessato soprattutto le Forze dell’Ordine. Gli attacchi verso questi soggetti sono esclusivamente riconducibili al fenomeno dell’Hacktivism, che da solo rappresenta il 40% di tutti gli eventi di sicurezza in Italia. Il 60% degli attacchi, diretti a diversi settori - dallo sport alla moda, ai distributori di
| D a y Ti me
Ma non solo i vendor dovranno intensificare i propri sforzi in ambito sicurezza; tutti i soggetti dovranno prepararsi all’impatto, adottando logiche e strategie di Cyber Resilience. Tra gli altri soggetti che stanno giocando un ruolo crescente in ambito sicurezza c’è in Italia sicuramente la distribuzione, come confermano una serie di dati rilasciati dalla società di analisi Context, che ha mappato le vendite effettuate attraverso i distributori di prodotti come Anti Spam Monitor/Filtering, Anti Spyware/Adware, Antivirus, Internet Security, Mail Security, Mobile Security, Network Security, Security Suite. Secondo gli ultimissimi dati, relativi al primo trimestre 2015, la vendita di queste soluzioni attraverso la distribuzione è infatti in aumento, con il numero complessivo degli end-point (sia business sia consumer) che segna un +9% rispetto allo stesso
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Fonte: Context Panel Distributori Italiano
TOTAL END POINT SECURITY MARKET SHARE Q1/2015 5,8%
15,2%
28,7%
www.digital4trade.it
10,1%
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Intel Security
Kaspersky
Trend Micro
Altri
Symantec
FONTE CONTEXT: PANEL DISTRIBUTORI ITLIANO
periodo del 2014. A contendersi questo mercato sono soprattutto quattro vendor: Symantec (28,7%), Kaspersky (15,2%), Trend Micro (10,1%) e McAfee (5,8%), mentre a tutti gli altri produttori spetta circa il 40% della torta. Tutti i principali vendor, comunque, hanno manifestato una buona crescita nei primi tre mesi dell’anno. La situazione non è tanto dissimile se si va a osservare la situazione soltanto nel segmento business-to-business: anche in questo caso la leadership è di Symantec (28,2%) che tiene a distanza Trend Micro (12,5%, in forte sviluppo nell’ultimo trimestre), McAfee (6,1%) e Kaspersky (5,1%). Rispetto a un anno fa la crescita complessiva del mercato sicurezza B2B è stata dell’8%. Trend Micro si avvicina molto alle percentuali di Symantec quando si va invece a osservare il segmento B2B oltre i 1.000 end-point serviti. Symantec è invece leader indiscussa se il campo è allargato a tutte le aziende oltre i 100 endpoint. Tutto cambia, invece, se si va a osservare soltanto l’ambito B2C, con il gigante russo Kaspersky (anche in flessione) che controlla oltre la metà del mercato, mentre Symantec ne prende un altro 30%. Lo sviluppo del mercato è stato a doppia cifra per il comparto B2C, aumentato del 13% rispetto al primo trimestre del 2014.
Non ci sono esitazioni o dubbi, se un rivenditore cerca margini e valore, oggi, non domani, deve scommettere sulla sicurezza. Perché e come lo racconta Trend Micro in un viaggio al centro di una delle opportunità più grandi, ma anche sfuggenti, del mercato IT di oggi
D i g i tal 4 Tr ade per Tr end Mi cr o
«Cogliete l’attimo!», Trend Micro e la sicurezza del “Channel momentum” —
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Vietato parlare al futuro, il momento del canale, l’attimo del business, del valore che fugge, e che sfugge, è adesso e, per una volta, non domani. Non ci sono dubbi e nemmeno pericoli di fraintendimento, Trend Micro parla chiaro ai suoi partner e lo fa per mezzo dei suoi uomini chiave in Italia. Gastone Nencini, country manager e Maurizio Martinozzi, manager sales engineering. Il momento, come detto, è solenne. Temi come cryptolocker e gli ultimi feroci attacchi telematici su scala mondiale hanno colpito duro e messo veramente paura ad aziende e manager a ogni latitudine.
Gastone Nencini, country manager di Trend Micro Italia Maurzio Martinozzi, manager sales engineering di Trend Micro Italia
Una paura che ha scatenato un interesse e un’attenzione senza precedenti al tema della security e alle sue declinazioni più articolate, concrete ed efficaci. I dati, insomma, sono il petrolio del nuovo millennio, le imprese lo hanno capito anche sulla loro pelle e ora chiedono con forza soluzioni, ma soprattutto progetti e interlocutori seri a cui affidarsi. Le prospettive possono essere estremamente interessanti per quegli operatori di canale che proprio sulla sicurezza hanno da tempo costruito il loro go-to-market e la loro strategia. Tuttavia, per sua natura, l’attimo è fuggente
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Trend Micro Italy Edison Park Center Viale Edison, 110 Edificio C 20099 Sesto S. G. (MI) Tel. +39 02-925931 Fax +39 02-92593401
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CARPE DIEM
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È il tempo del canale, «Siamo sicuri!». I casi MAX-Italia e Infonet Caterina Bretti di mestiere fa la responsabile BU Security e BU Delivery manager di MAX-Italia, Gruppo HRI1. Una manager decisa, molto determinata e con un ruolo chiave all’interno di uno dei partner di riferimento per Trend Micro. «Trend Micro è un brand visionario - racconta Caterina Bretti - che, in qualche modo, anticipa i problemi sulle tecnologie e sulle varie piattaforme dei clienti. Un elemento chiave per noi, perché ci permette di essere sempre pronti e innovativi sul territorio. Un esempio in questo senso è stata la capacità di stabilire nei tempi giusti una partnership come quella con VMware, con tutto l’allargamento della sicurezza agli ambienti virtuali. È uno stimolo che ci trova d’accordo, anche per questo siamo partner Gold, vogliamo e abbiamo bisogno di formare costantemente le nostre persone in un mercato in rapidissima evoluzione. Quella del reseller è una vita difficile e se un vendor mi supporta fornendomi le conoscenze giuste, per me è un elemento chiave. Oggi, infatti, l’approccio dei clienti finali sta diventando sempre più complesso. Siamo già ben oltre il tema del classico perimetro da proteggere con gli antivirus, oggi le esigenze cambiano quasi senza che il management se ne renda conto…». Altre latitudini, ma stessa propensione al valore e alle soluzioni su misura, Dario Tecchio è sales & marketing director di Infonet Solutions, società con oltre vent’anni di storia alle spalle e sedi tra Padova e Milano. «È un momento decisivo in cui come operatori di canale non possiamo essere lasciati soli sul territorio. Non è per nulla facile, infatti, rispondere alle sollecitazioni che arrivano dalle imprese e ci portano a dover trasmettere una completezza di competenze e di approccio alla sicurezza per nulla banali. Oggi, infatti, bisogna sapere agire su più fronti, spesso molto diversi, dal perimetro al cloud passando per i device mobili e l’analisi in tempo più che reale delle minacce. Devo dire che questo è uno degli elementi chiave che ci unisce a un vendor come Trend Micro. Ospedali, grandi imprese investono in sicurezza e danno per scontato di indossare un vestito che li protegge in ogni fase, ambito, aspetto dei processi e delle attività svolte. E’ poi vero che c’è tanta ignoranza e poca consapevolezza sull’uso degli strumenti digitali, ma su organizzazioni di ampio respiro è quasi inevitabile che ciò accada. Cryptolocker è un esempio emblematico in questo senso; non si tratta di un virus, è l’uso che viene fatto di questa mail a diventare letale ma, in un simile ambito, è il canale che deve esprimere vero valore arrivando prima che la minaccia si scateni».
e coglierlo veramente è un privilegio aperto a molti, ma non a tutti. «È in atto una rivoluzione decisiva per il mercato e per il canale - racconta Gastone Nencini -. Rispetto al recentissimo passato l’approccio alla sicurezza è completamente cambiato. Fino a oggi noi tutti abbiamo parlato quasi sempre di attacchi mirati, di dati sensibili, critici, “verticalmente” sotto attacco. Una realtà vera, che c’è e continuerà a esserci ma, in parallelo, Cryptolocker è l’esempio di come poi il concetto di business dietro a un attacco informatico è diventato soprattutto di tipo generalista. In sostanza, non si mira più solo alla grande azienda per rubare un oggetto, un segreto, si sviluppa un attacco su scala vastissima e si sviluppa un meccanismo di “pizzo” elettronico. Ti blocco i dati e ti chiedo il riscatto per sbloccarli e lo chiedo a tutti, non solo ad alcune aziende. I pc, insomma, sono oggi quello che un tempo erano le cassette di sicurezza in banca. Dove c’è un dato c’è oggi, sempre, una possibilità di furto e rivendita sul mercato nero».
Ed è proprio questo il tema fondamentale. «In una situazione del genere il partner, il reseller, il system integrator ha un ruolo nevralgico e non è una frase fatta - continua Nencini -. Nelle aziende, infatti, c’è grossa ignoranza su questo tema e su come proteggersi. Il compito di un buon rivenditore è dunque quello di raccogliere i vari pezzi, parti di offerta del vendor e offrire un servizio completo. Per farlo serve però una capacità costante di rinnovare le proprie conoscenze, ma soprattutto l’intelligenza di non farsi ingolosire dalla massimizzazione del guadagno nel presente in favore di un rapporto a lungo termine e di un business ricorrente. In questo senso mi riferisco anche al tema del cloud e alla crescente richiesta di una logica di accesso a servizi ed esperienze di utilizzo. Attenzione però, non basta mettere in cloud le proprie licenze, sul piatto bisogna mettere le proprie competenze e servizi a valore, solo così il modello ha senso».
Caterina Bretti, BU Security e BU Delivery manager di MAX-Italia, Gruppo HRI1
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Dario Tecchio, sales & marketing director di Infonet Solutions
Un valore liquido, una tecnologia fuori dal comune
interagire con i malware, quasi di metterci allo stesso piano del lato oscuro della sicurezza e di analizzare, conoscerli prima degli altri. Un’abilità che ci permette di ragionare meglio sulle modalità di attacco e sulle vulnerabilità, fare correlazioni e, di conseguenza, fornire raccomandazioni e risposte con senso».
Cogli l’attimo del canale e della sicurezza, collegati e scopri gli strumenti, gli errori da evitare e le soluzioni su cui scommettere
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È il momento del canale, dunque, ma anche del cloud in tutte le sue declinazioni. «Proprio così - spiega Maurizio Martinozzi - il cloud è un nuovo modo di accedere ed erogare i servizi IT. Un paradigma che interessa clienti, rivenditori, ma anche le organizzazioni criminali e non potrebbe essere altrimenti. Lo stesso cloud che usa un’impresa, infatti, può essere utilizzato da un criminale informatico il quale può servirsi delle nuvole per entrare nei sistemi IT, evolvere l’attacco e carpire dati, informazioni, business. Un quadro semplice e di massima che serve però a capire come oggi le tecnologie di sicurezza convenzionali non siano adeguate alle tipologie di attacchi che si stanno delineando. La nuova e vera protezione deve seguire un processo evolutivo in linea con la stessa evoluzione degli attacchi». Adattarsi dunque, come un liquido intelligente e multiforme. Una strada complessa, sulla quale Trend Micro si è messa in cammino da sempre e sulla quale sta chiamando a raccolta il suo canale. «Esatto - aggiunge Martinozzi - è proprio questo il cardine della “nostra” Smart Protection Network. Si tratta di una tecnologia che, di fatto, mette a fattor comune la nostra capacità di
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L’occasione, il momento
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Security Evangelist presso Alba ST, membro del Consiglio direttivo di Clusit
Alessio L.R. Pennasilico, Security Evangelist presso Alba ST, membro del Consiglio direttivo di Clusit, è internazionalmente riconosciuto come uno dei maggiori esperti nazionali di sicurezza informatica. Abbiamo parlato con lui delle possibili strategie difensive e del ruolo del canale IT
La miglior difesa è... conoscere
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Nel nostro mercato esiste un’adeguata conoscenza dei rischi da parte delle aziende di media dimensione? Tendenzialmente no, anche se c’è da rilevare che il mercato è molto variegato. Nelle aziende piccole non c’è coscienza neppure dei rischi principali, questo è uno dei motivi per cui come Clusit cerchiamo di aumentare questo livello di consapevolezza. Nelle aziende più strutturate, invece, dove magari esiste uno staff IT dotato di competenze tecniche,
probabilmente si è in grado di bloccare almeno le tipologie di attacchi più diffusi. Al contrario nella piccola azienda, dove non esiste un informatico di professione, ma si chiede all’impiegato più “appassionato” di coordinare i sistemi IT aziendali, è possibile addirittura che i PC non siano dotati di antivirus e di sistemi di backup. Mentre, invece, in un’azienda di dieci persone o più, le competenze e le protezioni basilari possono anche esserci, ma magari non si è in grado di proteggersi contro attacchi troppo complessi e specializzati. Le principali minacce informatiche dipendono dai comportamenti stessi dei dipendenti? Assolutamente sì. Il comportamento sbagliato comprende sia le azioni in malafede (di chi vuole portare via dati alla propria azienda) sia gli errori in buona fede nell’utilizzo degli strumenti informatici. Banalmente entrare su siti non sicuri, oppure cadere nelle trappole del phishing e favorire l’ingresso nei sistemi informatici aziendali di pericolosi virus. Le minacce sono diverse, ma fanno tutte leva su un comportamento scorretto - spesso causato dalla mancanza di conoscenza - da parte degli utilizzatori finali. Infatti, uno degli aspetti su cui spingiamo molto, negli incontri con i top management aziendali, è quello di insistere sulla formazione del personale, proprio perché è così possibile scongiurare eventi importanti.
| D a y Ti me Anche dall’Internet of Things possono derivare rischi reali per la sicurezza? Esistono assolutamente dei rischi, come abbiamo scritto nel rapporto Clusit. Già oggi abbiamo visto televisioni e frigoriferi violati. Questo perché alla fine la smart tv non è una tv intelligente, ma di fatto un PC “più stupido” a cui è stato collegato un monitor enorme, che non ha niente a che vedere con la vecchia tv a tubo catodico. Se non si mettono le protezioni e le patch anche per questi dispositivi, c’è il serio rischio di essere infettati: abbiamo già assistito a casi di televisori che spediscono phishing, abbiamo già sentito un annuncio di Samsung che invita i propri utenti di smart tv alla cautela nei propri discorsi perché gli apparecchi sono dotati di apparati di riconoscimento vocale. Oppure Bmw che ha rilasciato una patch per proteggere le automobili connesse a
Qual è il ruolo che può giocare il canale IT nella difficile partita della sicurezza? Io metterei tutti insieme in questa partita: vendor, system integrator, rivenditori e consulenti. Quello che in questo momento è indispensabile fare è portare le aziende ad avere consapevolezza del problema ancora prima che si manifesti. Una volta che si è compreso il problema, infatti, scaturiranno le azioni necessarie. C’è qualcuno tra i vendor che fa un buon lavoro rispetto al canale, investendo molto, altri decisamente meno. Allo stesso modo ci sono alcuni system integrator che puntano a creare consapevolezza nel cliente e a studiare insieme a lui la soluzione più adatta, a fronte di altri che faticano di più. Purtroppo, in questa seconda categoria risiede la maggioranza degli attori presenti sul mercato; in compenso, però, c’è un discreto numero di aziende che sono forti sul tema sicurezza. Quale sarà il futuro della sicurezza informatica? Ci sono due scenari possibili. Il primo è quello nel quale non avremo modificato l’attuale livello di consapevolezza e il grado di protezione, cosa che ci porterà davvero in una situazione ingestibile, nella quale sarà sconveniente utilizzare Internet perché gli inconvenienti, gli agguati si ripeteranno troppo spesso e le nostre informazioni saranno alla mercé di tutti. L’altro scenario è quello di imboccare una strada di maggiore consapevolezza e maggiore organizzazione, che ci permetterà di tenere a bada almeno le minacce più diffuse e più evidenti e che ci causano i danni maggiori.
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Internet. Ci sono però molti altri attori che non si stanno preoccupando del problema. Qual è il guadagno per il cyber criminali? Ricordate il famoso film di Troisi e Benigni “Non ci resta che piangere”, quando ai due protagonisti veniva richiesto in continuazione “un fiorino”? Nel nostro caso la richiesta potrebbe essere “un bitcoin”: mi immagino un futuro nel quale il cybercrime potrebbe imporre la richiesta di un pagamento per continuare a usare l’oggetto connesso a Internet, che sia uno smartphone, un’auto...
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Quali sono le minacce che in questi mesi stanno più interessando le imprese italiane? In questi ultimi mesi stiamo assistendo a delle campagne molto significative, sia per diffusione che per qualità del tipo di attacco, di malware. Credo che tutti noi oggi abbiamo almeno un amico che si è preso Cryptolocker o una delle sue varianti. In questo momento c’è poi molto malware che gira per raccogliere i dati delle carte di credito eccetera. Sicuramente c’è poi anche una componente di attacchi verso le infrastrutture Web. Cosa si può fare? La base di partenza per difendersi deve essere sempre la consapevolezza, per le medie aziende è poi importante anche stabilire una strategia di difesa adeguata e perseguirla in maniera altrettanto adeguata. Questo consente, nonostante l’investimento iniziale, di risparmiare importanti somme di denaro. Una strategia di questo tipo passa innanzitutto dalle persone e poi dagli strumenti: siamo fortunati perché questi ultimi sono banali, ossia esistono e si possono acquistare sul mercato. Il punto è che trovare il prodotto giusto in grado di indirizzare le specifiche necessità di un’impresa non è un aspetto banale, soprattutto se non si ha consapevolezza del problema.
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«Non distraetevi, la sicurezza resti al centro!» — In mezzo a un mercato denso e affollato di novità ed evoluzioni profonde Check Point Software Technologies scommette sulla coerenza di un messaggio che da sempre vede nel canale e nel territorio i suoi assi portanti. «Così conquistiamo anche Pmi e Telco…»
Guarda e ascolta la video intervista con Massimiliano Bossi, nuovo riferimento del canale italiano firmato Check Point
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Check Point Software Technologies (Italia) Via Margherita Viganò De Vizzi, 20092 Cinisello B. (MI) Tel. 02-6659981 Fax 02-66599899 www.checkpoint.com info_it@checkpoint.com
Un moto perpetuo in continua, totale e profonda evoluzione ed espansione, dai big data al networking, passando per cloud, virtualizzazione, storage… La sicurezza, non c’è dubbio, e sono i dati a dirlo, è un po’ il centro di gravità permanente di molte idee, discussioni, processi che animano il mercato digitale a ogni latitudine. Un centro, un focus sul quale, nel tempo, un numero crescente di realtà nazionali, multinazionali si sono rivolte con modalità e strategie sempre nuove, diverse, spesso contrastanti. Una densità, una confusione che spesso ha messo in difficoltà, e non poco, il canale e tutti coloro che sono chiamati poi a tradurre sul territorio la massa di informazioni in arrivo da ogni direzione. «È abbastanza inevitabile - tono pacato e aria soddisfatta, racconta Massimiliano Bossi, fresco di nomina a channel sales manager di Check Point Italia - in un momento in cui i dati sono diventati il patrimonio più prezioso e anche ambito di ogni impresa, la loro protezione non può che essere un business di fortissimo richiamo per ogni azienda che opera nel mono digitale. Il tema è caso mai la capacità o meno di interpretare un simile segmento e soprattutto la capacità di ave-
re messaggi e idee coerenti». Retail, B2B, vendita diretta o indiretta, distribuzione, Var, rivenditori ecc. i modelli e le strategie di contatto con il territorio sono in effetti molte e disparate. «Vero anche questo - continua Bossi - ma è proprio in un simile contesto che bisogna avere la forza e la capacità di tenere la barra dritta». Dalle parole ai fatti, che tipo di scelta ha fatto Check Point? «Una scelta semplice e forse, anche per questo profondamente diversa - spiega Bossi -. La scelta, sulla base della storia e dei risultati ottenuti a livello globale, ma anche e soprattutto localmente, è quella prima di tutto, di essere ancora e soltanto una società di sicurezza, senza distrazioni di sorta. Secondo pilastro è poi quello che, anche per il 2015, ci vede puntare al 100%, senza nessuna deroga, sul canale. Vendor, distributore, rivenditore, questa la catena alla quale la nostra società si affida per portare il suo messaggio sul territorio, questa la strada che ci ha permesso di affermarci con forza sul mercato enterprise e questa anche la strada su cui stiamo scommettendo per ampliarci con forza anche sul mondo delle Telco e delle Pmi».
Massimiliano Bossi, nuovo channel sales manager di Check Point Italia
A caccia di valore e di partner Scommettere sul canale per Check Point vuole anche dire responsabilizzare e molto, tutte le realtà che entrano nella sua filiera. Anche per questo la ricerca di nuovi partner sta subendo un nuovo e più forte impulso. «Proprio così - dichiara Bossi - abbiamo introdotto anche una nuova figura dedicata allo sviluppo di nuove relazioni con i partner e di progetti di business con i distributori. Al suo fianco, oltre a me, Raffaella Zilli, che è distribution manager e tre partner manager sul territorio tra Milano e Roma. Cerchiamo rivenditori focalizzati sulla se-
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Proprio Telco e Pmi sono infatti due degli obiettivi chiave nel presente e nel futuro della multinazionale israeliana. Per questo sul tavolo, da inizio anno, sono stati messi investimenti e idee molto importanti. «Abbiamo introdotto una nuova struttura di vendita che prende il nome di Enterprise Account - racconta Bossi -. Si tratta di una struttura di contatto con il territorio che entra in gioco e si affianca ai channel account manager nel momento in cui è necessario trasferire all’utente finale una competenza verticale. Un modo, insomma, per rendere il messaggio ancora più forte, preciso, puntuale e per sostenere in maniera molto concreta e strategica il partner. Il tutto in un momento in cui le tecnologie e le esigenze delle imprese sono sempre più precise e articolate. In questo modo, poi, il partner ha la possibilità di focalizzarsi con ancora più forza sulle opportunità e di essere ancora più solido davanti ai propri clienti».
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La scommessa del territorio e delle competenze verticali
curity, una ricerca semplice sulla carta, ma molto complessa nei fatti proprio per l’elevatissima velocità evolutiva di un mercato sul quale l’improvvisazione non è ammessa. Non solo, oggi abbiamo una visione e una strategia solida anche in ambito Smb, abbiamo dunque bisogno anche di partner che siano capaci di aggredire questo mercato e abbian-o la volontà di scommettere sul mercato delle Telco e sui servizi gestiti come nuovo modello di business».
Strategie, idee ma è soprattutto la tecnologia il cuore, il motore evolutivo sul quale da tempo Check Point punta tutto per distinguersi sul mercato. Due, in particolare, sono oggi le stelle polari, gli assi portanti intorno alle quale si svilupperà tutta l’offerta e l’ingaggio dei partner. Da una parte la cyber security e tutto il focus sull’ evoluzione degli attacchi, mirati, complessi, difficili da rilevare. «Ognuno - spiega Bossi - deve avere gli strumenti per creare la propria difesa. La forza di Check Point sta proprio nella remediation, ovvero nel gestire gli end-point e
nella capacità di istruire tutti i componenti per risolvere il problema». La seconda chiave di volta del 2015 di Check Point è poi il mondo mobile. Un mondo sempre più centrale nelle strategie e nei processi aziendali. Un mondo al quale ora è possibile proporre una soluzione come Capsule. «Una semplice app scaricabile, ma in grado di creare sul dispositivo mobile un ambiente aziendale sicuro, che di fatto separa i dati di business dai dati e dalle applicazioni personali».
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Cyber security e mobile, queste le stelle polari
Stefano Chiccarelli Esperto di sicurezza informatica e amministratore delegato di Quantum Leap
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Chi c’è dietro gli attacchi informatici che colpiscono aziende ed enti governativi? Ne abbiamo parlato con Stefano Chiccarelli, storico esperto di sicurezza informatica e attualmente amministratore delegato di Quantum Leap
Avete paura degli Hacker? Non abbastanza...
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Cosa differenzia la scena hacker rispetto al passato? La parola hacker ha assunto una connotazione negativa negli ultimi quindici anni, ma in realtà identifica soltanto una persona estremamente competente nell’ambito dell’informatica. Sicuramente, la scena hacker negli ultimi anni è cambiata, con il fatto che ormai, grazie alla globalizzazione della rete, tutti possono avere accesso a determinate tecnologie, soprattutto
in quei Paesi dove la legislazione non è paragonabile a quella dei Paesi occidentali. Si tratta di un mondo variegato o coeso? La scena può essere divisa in alcuni grandi macro blocchi: il primo è quello del cybercrime, ossia tutte quelle attività fraudolente che portano a furti di dati, denaro o, comunque, a truffe che possono essere ricondotte a una criminalità di tipo tradizionale. Per esempio, le operazioni sulle banche, che hanno portato a immensi furti di denaro (c’è il caso recentissimo di una rete di hacker che aveva preso il controllo di buona parte delle banche mondiali, riuscendo a sottrarre almeno 300 milioni di dollari), ma anche operazioni come lo spam o il phishing. È importante sottolineare che esiste un legame tra la cyber criminalità e la criminalità di tipo tradizionale, anche perché per fare questo tipo di operazioni servono “teste di legno”, conti off-shore e anche persone senza scrupoli che in qualche modo riescano a far uscire il denaro virtuale dalla rete e trasferirlo al mondo reale. Poi c’è tutto il mondo dell’hacktivism ossia, l’utilizzo delle tecniche hacker per fare proselitismo sociale/politico. Si tratta anche qui di un fenomeno in forte espansione, che riceve spesso una forte copertura mediatica, grazie anche all’uso della Rete. In questi anni c’è una sigla che si è imposta all’attenzione del pubblico, ossia
L’incremento dei budget destinati alla sicurezza può essere valutato come un buon segnale? L’aumento dei budget aziendali per la sicurezza può essere un bene, ma non se questo budget è impiegato soltanto per acquistare l’ultimo prodotto di grido. Il budget dovrebbe infatti essere usato in maniera intelligente: una parte per l’acquisto di prodotti, un’altra per la formazione, un’altra per controlli periodici eccetera. Quindi, bisogna che i security manager investano bene i soldi che hanno a disposizione, visto che i problemi ce li abbiamo in casa e continuano ad aumentare.
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| D a y Ti me Che effetto hanno sulla sicurezza le nuove tecnologie come cloud e mobile? Le vulnerabilità stanno aumentando. La corsa allo sviluppo dei nuovi prodotti porta purtroppo i vendor a non curare lo sviluppo dei software in maniera non accurata, sempre più spesso le best practices non vengono seguite, perché il timeto-market è generalmente ritenuto più importante della sicurezza. Al momento la situazione non potrà che peggiorare, anche perché con la diffusione del cloud la distinzione tra l’aspetto personale e quello aziendale è diventato sempre più labile. Faccio sempre l’esempio della società X, che ma-
gari si è dotata delle migliori policy di sicurezza informatica. Quando però l’amministratore delegato si porta l’iPad aziendale a casa, appoggiandosi alla rete privata, diventa più vulnerabile e potrebbe perciò inconsapevolmente essere vittima di attacchi, con conseguenze anche per l’azienda. Più in generale, oggi stanno aumentando i vettori di attacco, che prima erano solo fisici, ovvero si doveva intervenire direttamente sul computer; ora invece i pericoli si sono moltiplicati grazie alla diffusione della rete e del cloud. Infatti, anche i vari report specialistici non fanno che confermare questa tendenza alla crescita degli attacchi anno dopo anno, anche perché le applicazioni non fanno che aumentare.
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il Collettivo Anonymous, ormai presente in molti Paesi, tra cui l’Italia. C’è poi il fenomeno del quale mi occupo personalmente, quello dei security researcher: stiamo parlando di figure, molto ricercate dalle aziende, che si occupano della produzione di strumenti e software di attacco e difesa informatica. C’è una parte del mondo degli hacker, insomma, che è legata all’ambito aziendale. Anche questo ambito ha avuto un forte sviluppo, ci sono delle persone giovanissime che vengono chiamate a lavorare in questo campo. Infine, c’è l’infiltrazione delle security agency nella scena hacker, che è stato ampiamente testimoniato dal caso Snowden.
Come fanno le imprese a valutare un security provider? Ecco le tre regole base
Tre cose che un buon reseller deve sapere sul Byod
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Il numero dei dispositivi personali, grandi e piccoli, utilizzati in azienda è in continuo e costante aumento, così come la pervasività delle nuvole e delle reti sociali. Sempre più spesso, perciò, si parla della necessità di mettere in sicurezza il Byod. Cosa significa concretamente? Si tratta di proteggere i dispositivi, le applicazioni, i dati e tutto il sistema di networking aziendale. Il percorso è lungo e più laborioso, e a volte ci vuole più di un prodotto per far quadrare tutti gli aspetti legati alla sicurezza. Per le aziende non è facile orientarsi in questo campo così nuovo, anche se può essere utile effettuare almeno tre domande a tutti i security provider che propongono soluzioni in ambito Byod.
2. I file che vengono visualizzati sul dispositivo mobile sono sempre memorizzati sul dispositivo stesso? Con alcuni dispositivi mobili succede che, al termine di una sessione remota, tutte le tracce del documento vengono rimosse dalla memoria e dal sistema di archiviazione. Con altri dispositivi, invece, può rimanere un qualche residuo, o il file stesso può essere accessibile da una app scaricata in precedenza sul dispositivo.
1. Il traffico tra i dispositivi mobili e la rete aziendale è criptato? Esistono app che utilizzano un protocollo di connessione SSL e provider che hanno un loro sistema di crittografia. Tuttavia, ci sono alcuni strumenti che non effettuano la crittografia di tutti i dati che vengono instradati sul Web. Si tratta di una funzionalità che può variare anche in base al tipo di dispositivo: molti dispositivi Android non hanno un sistema di crittografia a livello di apparecchio, per esempio. Esistono poi alcuni strumenti Byod che offrono una gestione dei certificati di codifica rispetto ad altri.
3. Si può cancellare da remoto tutte le tracce di un documento o della storia dal dispositivo di proprietà dei dipendenti, o disattivare il dispositivo se è andato perso o rubato? Una caratteristica spesso vantata da molti strumenti di sicurezza di rete è la possibilità di cancellare da remoto un telefono se è compromesso o, quanto meno, porre fine a qualsiasi tipo di accesso a Internet dal dispositivo. Ma come tutto ciò possa essere implementato e quale livello di coinvolgimento dell’IT sia necessario (per esempio, una chiamata di emergenza al vostro help desk) può variare da strumento a strumento.
La fusione con Sidin è in atto. Il distributore punterà su uno stretto rapporto con i reseller, con la proposizione di tecnologie innovative e un’intensa attività di formazione e consulenza
Maria Antonietta Vasi, responsabile BU Enterprise
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La nuova Exclusive Networks, un riferimento unico nel mondo security —
Katia Serpelloni, sales account manager
Exclusive Networks Group Italy Tel. +39 02-36538520 www.exclusive-networks.it informazioni@exclusive-networks.com Sidin Srl Via Umbria, 27/A 10099 San Mauro Torinese (TO) Tel. +39 011-27476 Fax +39 011-2747647 info@sidin.it
Lo scorso ottobre il panorama IT italiano è stato interessato dalla notizia dell’acquisizione di Sidin, uno dei maggiori VAD italiani per la sicurezza, da parte del Gruppo francese Exclusive. A distanza di alcuni mesi, la fusione Sidin/Exclusive Networks è in atto: il nuovo distributore porterà con sé gli aspetti migliori delle due realtà attuali e si posizionerà tra i principali player del settore security e data center transformation, diventando il punto di riferimento per i vendor che vogliano proporsi al mercato italiano e per i rivenditori che vogliano sfruttare il business del settore ICT in Italia. Il Gruppo Exclusive, infatti, può vantare una copertura e una scalabilità paneuropea, nonché una forte esperienza nello scouting e nel lancio di tecnologie innovative e all’avanguardia. Completano il quadro competenze tecniche e formative di alto livello (il Gruppo Exclusive è Authorized Training Center per la maggior parte dei brand distribuiti) e l’eccellenza nei servizi di supporto e assistenza (tra cui Passport - piatta-
forma dedicata ai servizi di pre e post vendita, assistenza e supporto telefonico 24/7). Sidin, ha dalla sua una lunga esperienza come distributore ICT (dal 1995), un database ricco e segmentato e una competenza formativa importante, oltre che una struttura ben organizzata e focalizzata alle vendite field account e inside sales team. La nuova Exclusive Networks punterà, dunque, a essere differente rispetto a tutti gli altri operatori presenti nel mercato security. «Exclusive Networks è un vero e proprio consulente strategico che offre al proprio partner una visione da implementare declinandola all’interno del suo contesto commerciale. Non siamo e non saremo mai un Broadliner, ma un partner consulenziale per i nostri rivenditori offrendo loro un portfolio di soluzioni all’avanguardia, un supporto tecnico-commerciale-marketing ad ampio spettro e consulenza strategica sulle nuove opportunità di business - ha raccontato Maria Antonietta Vasi, responsabile BU En-
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Rossella Barbieri, inside sales manager
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Chiara Di Iorio, corporate marketing manager Cristina Sordo, marketing manager Roberto Naretto, system engineer
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Walter Doria, technical manager
terprise dell’azienda -. Oggi Exclusive Networks non vende semplicemente un brand o una soluzione. Exclusive Networks vende integrazioni di soluzioni che possano realmente offrire un concreto valore aggiunto ai nostri partner e ai loro clienti». Il rapporto con i reseller è quindi posto al centro delle attività e massima attenzione è dedicata nel supportare i partner nello sviluppo di nuove opportunità di business: «Consulenza, formazione e gestione del credito sono da sempre i punti di forza di Sidin e, grazie all’acquisizione e alla forza del Gruppo Exclusive, acquistano nuova forza e nuovo valore. Penso per esempio a Passport, con strumenti dedicati a formazione e consulenza su tutti i brand distribuiti, e a ITEC, acquisizione recente del Gruppo in grado di fornire servizi professionali white-labelled comprendenti progettazione, implementazione e supporto tecnico di alto livello, su scala globale per gli utenti finali; tutti i servizi sono offerti per conto dei nostri partner di canale », ha spiegato Katia Serpelloni, sales account manager. Importante novità della nuova Exclusive Networks, diretta eredità di Sidin, è il consolidato gruppo inside che tratta soluzioni di security, wireless e networking già riconosciute e apprezzate dal mercato ora integrate con «le migliori tecnologie emergenti riconosciute dal mondo Enterprise, declinandole in modo tale da rispondere anche alle esigenze del mercato delle PMI. Penso, per esempio, al tema della gestione del credito su cui anche il Gruppo Exclusive si sta
focalizzando particolarmente, con la recente creazione di Exclusive Capital che offrirà a breve servizi di financing e leasing grazie a cui i rivenditori possono rispondere al mercato SMB italiano in modo strutturato», ha aggiunto Rossella Barbieri inside sales manager. La nuova organizzazione manterrà sempre alto il focus su un altro aspetto, da anni tratto distintivo del Gruppo Exclusive, ossia quello dello scouting di nuove tecnologie: «Exclusive Networks dedica molte risorse allo studio di soluzioni alternative, attraverso le quali i nostri partner possono distinguersi dalla massa e rendersi interessanti agli occhi dei propri clienti. Con le nostre proposte di soluzioni e strategie, offriamo così la giusta strada per il partner che decide di credere nell’alternativa e corre assieme a noi verso un futuro vincente», ha spiegato Walter Doria, technical manager. Particolare importanza sarà riservata anche al marketing, con attività non standard, ma calate sulle necessità del singolo reseller. Come ha raccontato Chiara Di Iorio, corporate marketing manager: «Il marketing deve essere sempre più un servizio per i nostri partner oltre che per la nostra forza commerciale interna. Verso il partner abbiamo il dovere di fornire validi e “personalizzati” strumenti per spingere e agevolare nuove opportunità di business». «Come Sidin abbiamo sempre avuto a che fare con un panorama piuttosto vario, piccoli rivenditori ma anche grandi system integrator - ha proseguito Cristina Sordo, marketing mana-
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pure tramite Webinar. I clienti si sono dimostrati interessati e curiosi, nonché pronti a partire, è un approccio che piace molto». Cosa renderà quindi speciale il “nuovo” distributore italiano? «Le due aziende che si sono fuse hanno entrambe un background molto importante, Sidin vanta un’ampia numerica clienti a elevata capillarità sul territorio, mentre Exclusive Networks concretizza la visione globale tipica della multinazionale, favorendo lo scambio interculturale tra diverse realtà presenti tra le country in cui è presente - ha concluso Roberto Naretto, system engineer -. Questo scambio continuo di vedute contribuisce ad arricchire reciprocamente il bagaglio culturale dell’intera azienda ai più alti livelli, garantendo ai nostri partner di trovare sempre presso di noi il meglio della tecnologia e delle competenze disponibili sul mercato».
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ger -. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato il nostro Crm interno e questo ci è stato molto utile in questo senso, per esempio per effettuare attività di comunicazione mirate in relazione alla tipologia del partner e ai suoi interessi. Abbiamo anche costruito un’area privata del sito Web, che è la vera interfaccia di comunicazione tra noi e i partner». La progressiva integrazione tra Sidin ed Exclusive Networks ha già prodotto alcune novità, come ha detto ancora Cristina Sordo: «Sinora come Sidin abbiamo lavorato con i partner con attività soprattutto basate sul Web. Exclusive Networks, invece, è abituata a lavorare più a contatto diretto con i partner, realizzando delle attività in collaborazione. Dunque, in questi mesi abbiamo già messo in piedi delle attività strutturate con i reseller, su loro precisa richiesta, che vengono poi svolte a livello locale op-
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Alias, un catalogo di soluzioni Storage e Backup di qualità — Il distributore ha costruito un’offerta a 360 gradi per permettere al canale di proporre soluzioni sia in ambito Pmi che enterprise
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Roberto Riccò è sales & marketing manager ma, soprattutto, tra i fondatori di Alias
Alias Sede Legale: Via San Francesco, 2 33100 Udine
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Sede Operativa: Via Postumia, 21 33100 Udine Tel. 0432-287777 Fax 0432-508305
Alias, distributore a valore aggiunto specializzato nella protezione dei dati, sta focalizzando sempre di più le sue attività nella proposizione di soluzioni, sistemi e servizi in ambito storage e backup professionale. Per questo motivo ha scelto un numero ristretto di partner tecnologici, hardware e software, conosciuti e referenziati in questi ambiti, sui quali ha costruito un’offerta a 360° per dare la possibilità al canale di proporre soluzioni di protezione dei dati flessibili e vantaggiose, semplici da gestire e performanti adatte al mercato delle Pmi ma anche al mondo Enterprise. Come racconta Roberto Riccò, direttore commerciale di Alias, tra i produttori software selezionati c’è Unitrends, uno dei pochi player sul mercato a proporre server di backup implementabili come software application, hardware appliance o virtual appliance cross-platform per ambienti fisici e virtuali e applicazioni. In listino c’è anche Retrospect, una soluzione software di backup per ambienti fisici multipiattaforma in versioni per Windows e MAC particolarmente adatta ad aziende in rapida crescita. Completa l’offerta Acronis, che propone backup e recovery scalabile, per semplificare la protezione
delle informazioni in architetture fisiche e virtuali, ottimizzata a livello di costi e prestazioni. I prodotti hardware sono incentrati sulla gamma di prodotti Qsan Technology che si compone di NAS Unified Storage e SAN iSCSI e Fibre Channel, che fanno fronte alle esigenze di svariati settori industriali e applicativi e offrono il miglior rapporto prezzo-prestazioni. In catalogo ci sono anche TandbergData e Overland Storage che propongono una gamma integrata di tecnologie e prodotti di storage basati su disco e nastro per l’accesso ai file in rete o localmente, l’archiviazione, la gestione e il backup dei dati on-site e off-site e Netgear con le soluzioni storage ReadyNAS e ReadyDATA. Alias ha puntato su questi brand perché ognuno di essi è caratterizzato da elementi chiave peculiari. Il distributore è così in grado di offrire al canale soluzioni end-to-end per la conservazione, protezione e archiviazione dei dati nel tempo capaci di risolvere ogni tipo di esigenza aziendale. L’obiettivo, oltre a quelli dell’efficienza di costo e della semplicità, è di offrire agli utenti una scalabilità senza interruzioni del loro ambiente e senza sacrificare la velocità e le prestazioni.
Prime Time
E se, per una volta, sono i rivenditori, i reseller, gli imprenditori dell’innovazione a dare i voti a distributori e vendor? Ecco come e cosa pensa veramente il canale della filiera, del supporto e degli strumenti di business a disposizione
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Stampa 3D, le regole della distribuzione
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Tech Data ed Esprinet raccontano le loro differenti strategie per emergere in questo mercato ricco di opportunità, soprattutto in prospettiva. I rivenditori sembrano pronti a cogliere questa opportunità
Uno dei temi tecnologici più caldi del momento è, senza dubbio, quello della stampa 3D. Oltre ai video e alle immagini che fanno restare i comuni utenti a bocca aperta, ci sono anche i numeri che raccontano di un mercato già molto attivo e rilevante. Secondo un recentissimo report diffuso da Canalys, per esempio, già alla fine del 2014 il mercato globale poteva vantare un giro d’affari annuo di 3,3 miliardi di dollari, dato che comprende le vendite delle stampanti e dei materiali e dei servizi a esse associati.
La stima per i prossimi anni è di un’ulteriore esplosione, tanto che il fatturato annuo dovrebbe raggiungere i 20,2 miliardi di dollari nel 2019, per un tasso di crescita annuo del 44%. Un livello che pochi altri comparti tecnologici possono vantare in questo momento. Ma in quali modalità gli attori della distribuzione italiana stanno investendo in questa tecnologia? La risposta di Renato Cosenza, marketing & communication e Datech director di Tech Data Italia è che: «La stampa 3D offre incredibili opportunità per gli utenti e per i rivenditori prima
marketing & communication e Datech director di Tech Data Italia
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Renato Cosenza
Silvia Barlassina
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business unit manager BU Peripherals di Esprinet
scia entry alla più professionale, pur rimanendo all’interno di un ambito non industriale. «La decisione di siglare accordi con più vendor è stata scelta per poter dare la giusta copertura in termini di modelli e prezzi. Stiamo lavorando in strettissima collaborazione con i nostri fornitori cercando di dare insieme risposte a un mercato che possiamo dire essere ancora nuovo per tutti. La giusta chiave di lettura risiede nella volontà di crescere insieme», puntualizza Silvia Barlassina. Tech Data ha invece puntato su Makerbot, con cui è stato siglato un accordo di distribuzione a livello europeo. «Avevamo bisogno di un prodotto che ci garantisse una qualità elevata, un investimento solido e sicuro per il futuro e prodotti adatti al mercato professionale. La scelta Makerbot è stata la naturale conseguenza di un’accurata selezione e ricerca di mercato in questa direzione - puntualizza Cosenza -. Abbiamo optato per un uni-
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ancora che per noi. Il punto fondamentale ed estremamente interessante è che stiamo parlando di una vera e propria rivoluzione tecnologica che può avere impatti fenomenali nel nostro modo di lavorare, progettare e produrre. La stampa 3D ha, già oggi, campi di applicazione in numerosissimi ambiti come l’orologeria, l’oreficeria, l’industria alimentare, l’ortodonzia e l’odontotecnica, nel campo medico, nel design, nella moda, nelle calzature e ancora, nel mercato dell’edilizia, nell’industria della produzione degli stampi, nell’elettrotecnica, nell’industria del mobile e potrei continuare. Il vero limite sarà solo la fantasia e la creatività e i rivenditori avranno infinite possibilità di fare impresa. Per quanto riguarda Tech Data, da tempo abbiamo una precisa strategia di approccio ai mercati verticali con divisioni specializzate che riescono a fornire competenza, professionalità e servizi ai nostri partner. La Datech, che rappresento, nell’area della progettazione e della grafica, o la divisione Azlan in ambito networking, sono esempi concreti e tangibili di questo approccio professionale. La stampa 3D per noi è un’area di sviluppo di business che abbiamo aggiunto a partire da quest’anno all’interno della Datech proprio per poterlo gestire con la filosofia del valore che fa parte del nostro DNA». Ottimista è anche Silvia Barlassina, nostra business unit manager BU Peripherals di Esprinet, che però vede una prospettiva soprattutto nel medio termine: «Le opportunità che abbiamo colto, ormai più di un anno fa, nell’avvicinarci al business della stampa 3D, sono state quelle di poter essere presenti nella gestione di un merceologico molto verticale e diverso dal mondo IT classico, di mantenere la nostra leadership nell’innovazione, ma soprattutto di anticipare i bisogni e le necessità dei nostri reseller creando valore aggiunto e cultura. A oggi possiamo dire che il business è ancora in fase di sviluppo, con un grande potenziale che ci aspettiamo si evolva e maturi nei prossimi 2-3 anni, ma che comunque per noi riveste un ruolo consistente, non solo in termini di fatturato (anche se in continua crescita), ma di tempo e risorse investite, di acquisizione di know how, di percezione da parte del mercato, di sinergie e collaborazioni esistenti e in definizione». La scelta di Esprinet è stata quella di puntare su tre marchi che trattano stampanti a tecnologia FDM (Fused Deposition Modeling) dalla fa-
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co fornitore per acquisire la giusta conoscenza e cultura del prodotto che ritengo necessaria per creare un canale specializzato che riesca a gestire bene il proprio business con il giusto ritorno degli investimenti richiesti. Il nostro è però un progetto di più ampio respiro che prevede competenza nell’ambito della stampa 3D e che in futuro potrà significare un allargamento dell’offerta. Stampa 3D significa anche software e applicazioni e noi abbiamo una particolare predisposizione ed esperienza per la vendita di soluzioni». Secondo il settore manifatturiero e, in particolare, l’area prototipazione rapida, per la possibilità di avere prototipi da testare prima di mandare i pezzi in produzione, rappresenta oggi l’area più vivace per il 3D. Un quadro su cui concorda la manager di Esprinet, secondo cui i settori più
dinamici oggi sono educational, progettazione (architetti, ingegneri), fashion e hobbistica. Ma come stanno reagendo i rivenditori a questa sfida? «Stiamo riscontrando un interesse notevole e crescente e stiamo costruendo un percorso dove le richieste di investimento vadano di pari passo con un’adeguata visibilità del ritorno dell’investimento nel breve-medio periodo», spiega Cosenza. «I nostri rivenditori hanno fin da subito rivelato entusiasmo verso questo settore e verso le opportunità che offre. Abbiamo potuto constatare direttamente questo interesse durante la recente fiera della stampa 3D tenutasi a Milano, in cui l’affluenza dei nostri reseller al nostro stand è stata davvero significativa. Le opportunità per i rivenditori sono di poter anticipare la concorrenza, creare valore aggiunto per la propria utenza, essere divulgatori di conoscenza e promotori di nuove aree di sviluppo. Essere pronti in questo segmento di mercato significa essere al fianco del proprio utente e poter fornire servizi aggiuntivi quali il post-vendita, per esempio, in un’ottica di maggiore partnership», evidenzia Silvia Barlassina. Non mancano però ostacoli nella distribuzione di questa tecnologia, seppure così innovativa e ricca di opportunità: «Vorrei cogliere l’occasione per essere estremamente chiaro su un punto. La stampa 3D ha tantissimi ambiti di applicazione, ma esistono differenti tecnologie che si differenziano per i materiali impiegati e il modo di trattarli, i tempi di produzione, il livello di precisione, l’area di stampa. Tutti questi fattori devono essere attentamente valutati per posizionare correttamente l’offerta. Per questo serve specializzazione e conoscenza. Un limite, ma anche una grossa opportunità», spiega il manager di Tech Data. Secondo Silvia Barlassina, invece, le barriere sono innanzitutto culturali: «Distribuire questa tecnologia significa porsi al di fuori di tutte le logiche e le dinamiche tipiche di un distributore IT. La maggiore difficoltà che abbiamo incontrato è stata quella di farci conoscere e accettare da produttori del tutto estranei al mondo IT e che ci vedevano con diffidenza. Sicuramente decidere di investire senza aver fin da subito dei ritorni in termini di fatturato è stata per noi una grande sfida. Privilegiare la progettualità per dei benefici a medio-lungo termine».
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Investimenti, persone, innovazione… L’obiettivo del vendor specializzato in sicurezza è migliorare la relazione con i propri partner, anche attraverso una presenza più capillare sul territorio
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«Il territorio, le persone, il valore», F-Secure e il potere del B2B —
F-Secure Italia Srl Via IV Novembre, 92 20021 Bollate (MI) Tel. +39 02-38093590 www.f-secure.it italy@f-secure.com
Una sicurezza sempre più a misura di canale: è questo l’obiettivo di F-Secure, azienda finlandese che ha oltre 26 anni di attività. Una sicurezza capace di sviluppare margini e opportunità concrete su canali di vendita da sempre vitali per un mercato come quello italiano. Ha il freddo del Nord nel DNA F-Secure ma, allo stesso tempo, un’idea e un’interpretazione del mercato della security che si adatta in maniera
sorprendente alle nostre latitudini italiane. La multinazionale, con una lunga storia di successo con le Telco in tutto il mondo, da tempo ha scelto di aumentare il proprio focus sul canale B2B. Una scelta strategica che si sposa perfettamente con la connotazione del mercato italiano. Valore, insomma, imprese e progetti complessi. Un valore e una coerenza che, in un mercato “affollato” come quello della security possono rappresentare elementi chiave di differenziazione per gli operatori di canale che sapranno farsi trovare pronti.
Collegati, clicca e guarda l’esclusivo video-reportage a tu per tu con Antonio Pusceddu, nuovo volto del canale targato F-Secure: il programma, le opportunità, gli obiettivi, gli strumenti in arrivo
Ma c’è di più. C’è, infatti, la volontà di cambiare passo con decisione soprattutto sul mondo delle imprese, scommettendo in modo forte sul territorio. Dalle parole ai fatti, come racconta Antonio Pusceddu, da pochi mesi Head of Corporate sales per l’Italia ed emblema della nuova stagione di F-Secure, l’intenzione della società, per il mercato italiano e per gli altri Paesi europei, è quella
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Un motore nuovo, un cambio di passo decisivo
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indiretta: tutto il business sul mercato italiano è basato sulla formula dell’indiretta lunga, che prevede anche la presenza del distributore accanto al rivenditore.
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Il programma di canale, regole, servizi, opportunità
Antonio Pusceddu, da pochi mesi Head of Corporate sales per l’Italia ed emblema della nuova stagione di F-Secure
di mettere in atto un’attività fortemente espansiva nel mondo dei canali B2B. Questa strategia si baserà su tre capisaldi: il primo è la volontà di investire sul territorio, ovvero sulla prossimità nella relazione con i partner. Il secondo punto è la centralità delle risorse umane, il terzo è la necessità di dirigersi verso l’eccellenza tecnologica, quest’ultima una vocazione connaturata al DNA di F-Secure.
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Le mosse, le scommesse sul territorio Per quanto riguarda in particolare la copertura del territorio, la società ha recentemente costituito due nuovi presidi nella Penisola, con l’inserimento di risorse dedicate operanti direttamente da Roma e Padova. L’obiettivo è di rendere ancora più frontale la relazione con i partner e con la clientela di canale. D’altra parte F-Secure, ormai da diversi anni, ha fatto una scelta di campo molto netta, quella della vendita
I partner possono contare sul supporto di un programma di canale strutturato, che offre vantaggi, servizi personali e strumenti all’avanguardia attraverso la condivisione di informazioni su tecnologia, vendite, marketing, assistenza e sicurezza nel cloud, in modo da ottenere il massimo dai prodotti e ottimizzare il business. Il Partner Program è suddiviso in tre livelli differenti. Il primo livello “Partner” è aperto a tutti e prevede un pacchetto di avvio con strumenti per fare business e formazione gratuita. I partner “Gold” dispongono in aggiunta di strumenti per il supporto nella loro attività di business e marketing, così come benefit per portare il business a un nuovo livello. I partner “Platinum”, invece, sono quelli che possono godere del maggior livello di supporto e di benefici. Più in generale, il Partner Program si basa su alcune caratteristiche principali. La prima, per l’appunto, è quella della prossimità territoriale: F-Secure mette a disposizione delle figure professionali che saranno i principali detentori della relazione con i reseller a 360 gradi. Inoltre, per i Partner certificati, il vendor offre un servizio di supporto tecnico specialistico pre-vendita per collaborare alla costruzione delle offerte più complesse. I rivenditori certificati hanno inoltre accesso a sofisticati strumenti di marketing digitale che includono integrazioni nel sito web e email marketing e che rendono possibile comunicare contenuti freschi con un impatto molto basso sulle strutture operative dei partner. F-Secure ha poi studiato un modello di creazione di lead, volto a creare opportunità commerciali nei confronti di aziende e clienti finali, che è già stato sperimentato con successo.
Privacy, innovazione, cloud, ecco le scommesse tecnologiche Ovviamente, le opportunità per i partner nascono innanzitutto dall’offerta di prodotto del vendor, che prevede sia un’offerta di cyber security tradizionale sia un insieme di soluzioni che guardano al futuro. Tutte le soluzioni di cyber-security proposte da
Business, una soluzione che integra in un solo servizio basato su cloud - attivabile, appunto, premendo un solo tasto sull’applicazione mobile - tre differenti tipi di protezione: le comunicazioni crittografate, la sicurezza della navigazione sul web e la gestione dei dispositivi mobili aziendali. Questo prodotto, annunciato ad aprile, è capace di associare alle tradizionali tematiche di sicurezza anche un concetto piuttosto innovativo come quello della protezione della privacy. Su questa tematica estremamente delicata F-Secure ha avviato un’importante campagna di investimenti anche in termini di comunicazione.
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F-Secure sono gestibili tramite Console, denominata Policy Manager per l’offerta client/server inclusa in Business Suite mentre Protection Service for Business è la soluzione basata su cloud. Quest’ultima è una soluzione di sicurezza chiavi in mano per le Piccole e medie imprese, mentre Business Suite è pensata per consentire al reparto IT di gestire in modo centralizzato le soluzioni antivirus e tutti i prodotti di importanza critica per la protezione dei contenuti e dell’azienda. Per quanto riguarda la parte più innovativa della sua offerta, F-Secure punta su Freedome for
aziende di implementare funzioni aggiuntive di sicurezza come la protezione da furti per garantire un lavoro più sicuro e protetto. «Le funzionalità antifurto permettono agli IT manager di effettuare determinate operazioni come il blocco dei dispositivi con codici di accesso generati casualmente, o cancellare dati in remoto - ha aggiunto Sebastian Neittamo, technical product manager di F-Secure -. È possibile anche vedere lo stato di sicurezza dei dispositivi, così da poter intervenire e risolvere il problema prima che causi un incidente di sicurezza».
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F-Secure, per rispondere alla crescente domanda che arriva dalle aziende e i suoi dipendenti in fatto di sicurezza verso i dispositivi mobile che sempre più vengono utilizzati, ha lanciato Freedome for Business, una nuova soluzione che garantisce protezione della privacy e della sicurezza che supporta i dispositivi Android e iOS. Freedome for Business è la versione per le aziende dell’app consumer Freedome, pensata per soddisfare le necessità di un business moderno. Mantiene l’interfaccia della versione consumer a un solo bottone e in più ha un set completo di funzionalità che aiuta le aziende a proteggere la sicurezza di reti e dati. Il software integra in un unico servizio di sicurezza basato su cloud 3 diversi tipi di protezione: comunicazioni crittografate, sicurezza del Web e delle applicazioni e gestione dei dispositivi mobili aziendali. «La tendenza attuale nella mobilità aziendale è permettere ai dipendenti di usare i loro dispositivi. È conveniente da un lato per le aziende ed efficiente dall’altro per i dipendenti - ha spiegato Pekka Usva, F-Secure vice president, Corporate Security -. Cercare di gestire tutti i differenti tipi di hardware e software pone sfide incredibili per la sicurezza, e offrire alle aziende una soluzione di sicurezza as-a-Service per la crescente flotta di dispositivi mobili aziendali è una grande opportunità per i nostri reseller. Freedome for Business sfrutta la stessa interfaccia intuitiva con un solo bottone che ha riscosso successo tra gli utenti consumer e la trasforma in una soluzione di sicurezza efficace per le aziende. Gli utenti possono semplicemente premere un bottone per attivare il software di sicurezza e poi mettersi al lavoro ». È possibile implementare Freedome for Business dalla suite di F-Secure Protection Service for Business. Si possono così crittografare le comunicazioni dei dipendenti e proteggere le loro applicazioni e la navigazione in Internet attraverso un solo bottone; l’app consente, inoltre, alle
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F-Secure mette in sicurezza il Byod
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#Distriboutique, i reseller promuovono i distributori
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Un giorno di straordinario valore, un tavolo di confronto concreto, aperto, sincero. Digital4Trade, in collaborazione con Context, ha organizzato la seconda attesa edizione di #Distriboutique
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COME VALUTATE LE PRESTAZIONI DEI VOSTRI DISTRIBUTORI 2% 1% 15%
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36%
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Eccellenti
Buone Soddisfacenti
Scarse
Inaccettabili
FONTE: CONTEXT CHANNEL WATCH
Create infographics I tre principali vendor sul mercato nazionale sono stati lo scorso anno HP (17%), Apple (13%) e Samsung (10%). Una forte crescita è stata registrata da Lenovo (+81% rispetto al 2013) e Oracle (+102%). I 5,2 miliardi di euro di giro di affari generati attraverso la distribuzione sono appannaggio soprattutto di comparti come Mobile Computing (23%), Telecommunications (11%, +69% sul 2013), Software & Licences (11%) e Printing Consumables (10%). Sulle ragioni dell’andamento positivo del mercato, molti distributori intervenuti nel corso di #Distriboutique hanno messo in luce la probabile influenza del cambio di strategia di diversi vendor, che hanno prefe-
Fonte: Context Channel Watch
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La distribuzione italiana può guardare con maggiore fiducia al 2015, dopo un 2014 anche più positivo delle aspettative ed è chiamata - in un modo o nell’altro - a confrontarsi con il fenomeno del cloud. Questi i principali spunti emersi dalla seconda edizione di #Distriboutique, la speciale tavola rotonda organizzata da Digital4Trade che rappresenta ormai un importante momento di confronto per i principali distributori nazionali. All’appuntamento hanno partecipato Vincenzo Baggio, AD Tech Data Italia; Gianluca Guasti, direttore marketing Computer Gross; Andrea Massari, AD Avnet Italia; Maria Antonietta Vasi, sales manager, Exclusive Networks (Sidin); Riccardo Fantoni, direttore marketing Icos; Franco Puricelli, AD Systematika Distribution; Cesare Valenti, executive vice president Itway; Roberto Riccò, direttore commerciale e fondatore di Alias; Rodolfo Casieri, direttore commerciale EDSlan; Riccardo Bosio, cloud sales manager Esprinet; Massimo Grillo, CEO di Horus Informatica e Mauro Bacchiocchi, sales director di Telecom Italia Digital Solutions. Il punto di partenza della discussione sono stati i dati presentati da Isabel Aranda, analista di Context, società di ricerche di mercato specializzata nel canale. Numeri che hanno confermato le notizie positive che già si erano parzialmente intraviste nei mesi scorsi. A livello europeo la distribuzione IT (sia per quanto riguarda il B2B sia il B2C), ha fatturato nel 2014 circa 60 miliardi di euro, il 4% in più rispetto al 2013. Decisamente meglio ha fatto la Spagna (+24%), ma anche l’Italia (+12,5%), per circa 5,2 miliardi di euro di giro d’affari nel 2014. Di questi, 946 milioni di euro sono stati originati dal mercato Enterprise, che ha segnato una crescita del +9% rispetto al 2013.
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QUALI GLI INCENTIVI DI VENDITA PIÙ GRADITI? 40
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23%
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Sconti e abbuoni Incentivi promozionali Logistica Gratuita Aumento linea di credito Bundle Nota di credito Voucher Viaggi Modalità di pagamento addizional... Altro
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Fonte: Context Channel Watch
rito delegare ai distributori il presidio di Stati Fonte CONTEXT CHANNEL WATCH particolarmente impegnativi e sfidanti - come
Create infographics quelli spagnolo e italiano - sotto numerosi punti di vista. Nel corso di #Distriboutique Context ha poi presentato in anteprima i risultati di una ricerca condotta presso 270 reseller e retailer italiani. La prima indicazione è che gli operatori del canale tendono a rifornirsi da più distributori: soltanto una ristretta minoranza, circa il 7%, si affida a un solo operatore. La maggioranza (26%), si affida a tre soggetti. In ogni caso, le principali indicazioni sono le aspettative sostanzialmente positive per il 2015 in termini di prospettive di affari e il giudizio estremamente lusinghiero nei confronti dell’attività dei distributori. La valutazione è infatti eccellente per il 36% del campione e buona per un altro 47%. In particolare, i punti di forza sono indicati nella velocità di consegna, nella trasparenza dei
prezzi, nelle comunicazioni veloci e nella disponibilità di prodotti. Gli unici possibili punti di debolezza sono indicati nel supporto tecnico e nella formazione. Cosa vogliono i rivenditori dai propri distributori? Come era prevedibile, puntano soprattutto a sconti e abbuoni, incentivi promozionali, logistica gratuita e a un aumento della linea di credito. Invece, un po’ a sorpresa i reseller hanno basse aspettative sulle prospettive della tecnologia mobile per i prossimi due anni: addirittura il 43% si attende ricavi pari a zero da questo segmento. Nel corso di #Distriboutique gli operatori del mondo della distribuzione si sono poi confrontati su uno dei più importanti trend tecnologici del momento, ossia il cloud: la maggioranza di loro ha provato in qualche modo a inserirsi in questo trend, che sta cambiando dalle fondamenta il funzionamento stesso del canale IT nazionale. Molti operatori hanno però ammesso l’esistenza di paure e ritardi, sia da parte dei rivenditori sia dei clienti finali, nell’affrontare il fenomeno cloud, anche per la presenza di alcune barriere tecnologiche (prima tra tutte la banda larga). Il momento attuale è quello, insomma, degli esperimenti, ma esiste la consapevolezza diffusa che la missione dei distributori sarà soprattutto quella di portare valore aggiunto e competenze per abilitare il cloud Made in Italy. Cercando di far digerire con gradualità questo passaggio ai reseller che, in buona parte, sono ancora resistenti e refrattari alla commercializzazione di questa tecnologia. Di questi e altri temi si parlerà nuovamente questa estate in occasione della terza edizione di #Distriboutique, dove interverranno anche alcuni tra i principali system integrator italiani.
Zucchetti Spa Via Solferino, 1 26900 Lodi Tel. 0371-594.1 market@zucchetti.it
Anche per le Piccole e medie imprese scegliere le giuste soluzioni informatiche può fare la differenza nel business quotidiano. Ne è un esempio il caso della Lavanderia Lombarda Industriale Service che, assumendosi il rischio del cambiamento in un ambito non core come quello IT, ha migliorato in modo significativo la propria attività. Come racconta Annalisa Parisse, amministratore delegato, questa impresa è specializzata nel trattamento della biancheria per alberghi e ristoranti, servendo circa 600 clienti, ognuno dei quali viene rifornito circa 2-3 volte la settimana. La principale necessità dell’azienda, da un punto di vista informatico, è la gestione delle bolle di consegna: Lavanderia Lombarda ha bisogno di avere i dati di rientro della biancheria sporca quasi in tempo reale, così da predisporre velocemente la partenza dei ricambi puliti per i clienti e questa operazione ha bisogno di un supporto informatico adeguato. «Già diversi anni fa era stato implementato un sistema gestionale personalizzato, che però creava degli intoppi. Poi è stato deciso il passaggio alla soluzione AS400 di IBM, proprio per passare a un sistema più diffuso. Ci siamo trovati bene con questo sistema, nonostante fosse privo di server. Non abbiamo riscontrato problemi particolari, ma
nel tempo abbiamo notato che si erano sviluppati sul mercato dei sistemi il cui costo era inferiore sia per la gestione delle macchine sia le licenze d’uso dei programmi e anche la modifica dei programmi risultava meno costosa». In particolare, attraverso il supporto della Albatro Software & Consulting è stata individuata una soluzione che permettesse all’azienda di svolgere al meglio il proprio lavoro. La scelta è ricaduta sul gestionale Zucchetti Ad Hoc Revolution, un software aziendale capace di gestire in maniera affidabile, performante e tecnologicamente avanzata aspetti come amministrazione, contabilità, controllo di gestione, vendite, acquisti, logistica e produzione. Questa soluzione ha comportato anche l’utilizzo di server dedicati. A due anni di distanza, l’investimento sta portando i suoi frutti, tanto che l’azienda ha potuto ottenere significativi vantaggi e risparmi e ha risolto completamente i problemi legati alla gestione delle bolle. Le circa venti persone che utilizzano il programma in azienda hanno svolto un’attività di formazione, a cura di Albatro Software & Consulting, della durata di pochi giorni grazie alla praticità d’uso del software Zucchetti. Il rivenditore si occupa anche della fase di supporto, intervenendo da remoto in caso di necessità.
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Il caso della Lavanderia Lombarda Industriale Service che ha cambiato soluzioni ottenendo risultati significativi in funzione del proprio business
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Gestionali Zucchetti, una scelta di valore —
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Computer Gross e l’Oro di Napoli, «Ecco il Sud del valore!»
Marco Lorusso
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Una giornata particolare. Una giornata di sole e relazione. Computer Gross ha tagliato il nastro del terzo cash & carry della sua nuova catena. A Napoli, centro nevralgico del suo business meridionale apre un centro polifunzionale destinato a diventare un riferimento per il territorio
Le voci, le aspettative e tutti i dettagli dell’evento in un esclusivo videoreportage. Collegati e scopri il nuovo cash & carry Computer Gross
«La catena risponde bene, ci siamo posti come obiettivo l’apertura di sei punti sul territorio in un anno. Questo è il terzo, il prossimo sarà a Verona, poi altri due in autunno e poi… e poi vediamo». Anche sotto il potente sole di Napoli i modi e il tono sono quelli di sempre, Paolo Castellacci, presidente di Computer Gross è fatto così, descrive e racconta progetti e risultati straordinari con una semplicità che non smette mai di stupire. Il tema ormai è conosciuto e seguito con grandissimo interesse a ogni latitudine del canale italiano. Una delle più importanti novità 2015 del colosso di Empoli è legata proprio all’idea e alla pratica di sviluppare una nuova catena di cash & carry sul territorio. Detto fatto, il 28 gennaio è così arrivato il debutto in “casa” a Firenze, poi Milano e ora Napoli. Una campagna tambureggiante che stupisce proprio perché riguarda un format “tradizionale” come il cash & carry reinventato però con una nuova e più forte connotazione legata al valore, al servizio, al supporto e alla prossimità.
Una rivoluzione semplice che ha conosciuto un nuovo capitolo proprio nel capoluogo Campano. Una scelta, quella di percorrere lo “Stivale” verso Sud e di scommettere fin da subito su Napoli, che ha richiamato l’attenzione degli operatori. «Nessuna sorpresa in questo senso - ha spiegato Castellacci -. Napoli è per noi un centro strategico di business. Da Firenze alla Sicilia sviluppiamo, infatti, il 50% del nostro fatturato e buona parte arriva dalla Campania. Nel pensare a una nuova tappa di questo percorso di ulteriore avvicinamento al territorio, alle città, ai Comuni e ai partner, Napoli era sicuramente ai primi posti della lista». Un’inaugurazione che è diventata una vera festa capace di chiamare l’attenzione di tutto il comune di Casalnuovo che ospita il centro. «Siamo davvero contenti per la riuscita dell’evento - ha detto Letizia Fioravanti, manager di Computer Gross -. Abbiamo incontrato clienti, partner storici, fornitori amici e grazie anche alla nostra partnership con l’Empoli Calcio siamo riusciti ad avere qui il portiere della “nostra” squadra Luigi Sepe. Un momento ludico molto apprezzato in una giornata di business, ma anche di grande emozione». «Nella pratica - ha detto la manager - l’idea è quella di dare vita qui a un vero polo multifunzionale capace di unire il cash & carry alla nostra filiale di Napoli. Inauguriamo, insomma, un nuovo punto di riferimento per il canale e i nostri fornitori. Un centro dotato di sala riunioni, sala conferenze, sistemi di video conferenza e tutto quanto crea uno spazio dove sarà possibile trovare le migliori soluzioni tecnologiche sul mercato, ma soprattutto la competenze, il confronto e il supporto tecnico che danno a questi cash & carry una dimensione completamente nuova per il canale».
D i g i tal 4 Tr ade per G DATA
G DATA pensa ai partner con un nuovo programma di canale — Il produttore tedesco ha lanciato il G DATA Benefits and Services. Ai rivenditori viene offerta una consulenza su misura
Il produttore tedesco che si occupa di soluzioni per la sicurezza IT ha varato il nuovo programma di canale G DATA Benefits and Services per offrire ai rivenditori supporto e consulenza dedicati a ogni livello di partnership commerciale. Il livello Basic (G DATA Security Partner) prevede le prestazioni offerte alle aziende che includono le soluzioni G DATA presso la clientela aziendale. In questo caso l’assistenza tecnica viene erogata per mezzo dei distributori certificati, i partner hanno a disposizione licenze NFR, corsi di formazione, promozioni dedicate e lead protection. Il passo successivo è quello dei livelli Silver, Gold e Specialist: i rivenditori che sceglieranno questi livelli di partnership potranno avvalersi di servizi aggiuntivi, interlocutori tecnici diretti presso il vendor a supporto dei servizi di assistenza tecnica già emessi dai distributori a valore, informazioni proattive per quanto riguarda minacce “in the wild”, priorità nell’invio di campioni di malware e interventi programmati on-site. I partner Specialist, inoltre, potranno usufruire di formu-
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G DATA www.gdatasoftware.com
le commerciali, servizi consulenziali e attività di marketing specifiche per il mercato verticale in cui lavorano. Infine, i rivenditori che indirizzeranno sul marchio G DATA il business realizzato sia in ambito consumer che presso la clientela aziendale, poi, avranno diritto a ulteriori incentivi. «Per i 30 anni di G DATA abbiamo deciso di innalzare ulteriormente lo standard dei servizi da noi erogati - ha commentato Giulio Vada, country manager di G DATA Italia -. I nostri clienti ricevono la migliore assistenza su misura, fruendo del supporto fornito dal team italiano: un notevole beneficio derivante dal consolidamento della presenza di G DATA sul territorio. Il nuovo programma di canale G DATA è una dimostrazione di fedeltà al mercato B2B italiano, che sempre più spesso lamenta l’assenza di contatti diretti o competenti presso i vendor». «Il nuovo programma partner - ha aggiunto Paola Carnevale, channel & corporate sales manager di G DATA Italia - accorda al rivenditore la possibilità di riconoscersi in un percorso di crescita specifico, volto al consolidamento dei forti rapporti di cooperazione esistenti. Nel contempo, esso consente a noi di mappare l’Italia con partner di riferimento, in un’ottica di maggior controllo del territorio e di gestione ottimizzata della domanda, in termini di generazione e incanalamento del business».
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Giulio Vada country manager di G DATA Italia
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Expo 2015, l’innovazione digitale come cuore e motore — Smart city, start-up e tecnologie di ultima generazione. Di tutto questo si parlerà il prossimo 18 giugno in occasione di EXPOInnovationLAB
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iniziativa a cura di
EDSlan spa Via Damiano Chiesa, 20 20871 Vimercate (MB) Tel. 039-699981 Fax 039-6999841 www.edslan.com
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MILANO 2015
NUTRIRE IL PIANETA ENERGIA PER LA VITA
Dopo un processo durato quasi dieci anni (era il 2006 quando si propose la candidatura), l’Expo 2015 di Milano è entrato finalmente nel vivo lo scorso primo maggio. La manifestazione, come noto, ha al suo centro il tema dell’alimentazione, ma non può essere certo tralasciato il suo legame strettissimo con l’innovazione. Basti pensare che Enel, partner ufficiale dell’evento, ha fatto dell’area Expo una vera e propria smart city, dotata di tecnologie all’avanguardia che caratterizzeranno le città del futuro: dai più moderni sistemi per la gestione e il controllo della rete elettrica, la smart grid, fino ad arrivare agli impianti di accumulo dell’energia elettrica, alle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici e all’illuminazione pubblica intelligente ed efficiente. Ogni padiglione ha poi a disposizione un sistema di Energy Management dedicato che rende partecipe il visitatore dell’utilizzo dell’energia e combina le più avanzate tecnologie. Per esempio, è possibile monitorare e controllare consumi e fabbisogno energetico, ottimizzare i flussi di energia e integrare gli impianti da fonte rinnovabile e i sistemi di accumulo. Tutte soluzioni, insomma, che prefigurano un vasto utilizzo delle
soluzioni Ict. Non a caso, oltre a Enel, figurano tra i partner tecnologici della manifestazione nomi del calibro di Telecom Italia, Cisco Systems, Accenture, Samsung e società specializzate come Banzai, Fabbrica Digitale, Best Union e tante altre. L’intera area di Expo 2015 è Open Wi-Fi e, più in generale, tutti i padiglioni sono dotati di tecnologie di ultima generazione. Occorre poi citare la presenza a Expo 2015 di ben 24 start-up italiane (qui l’elenco completo), attive nei settori Agrifood, life science, social innovation, industrial, smart cities, energy, environment. Queste giovani imprese sono state selezionate tra centinaia nel bando start-up per Expo, promosso da Regione Lombardia e Unioncamere e dedicato a start-up guidate da imprenditori under 35. Insomma, la tecnologia è di casa a Expo e, infatti, esistono dei team interni che sovrintendono al funzionamento degli apparati IT e digitali presenti nell’esposizione milanese. Il funzionamento di queste strutture è stato raccontato in due recenti interviste a CorCom da due persone che sovrintendono a questi aspetti della manifestazione: Guido Arnone, di-
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capaci di gestire fasi progettuali eterogenee. Due sono i fiori all’occhiello dell’innovazione digitale di Expo 2015, secondo il direttore technologies & digital Innovation: il virtual tour via Web di Expo, che consente una navigazione immersiva nella realtà virtuale, con tecnologia Oculus, per visitare padiglioni e spazio espositivo. Poi i totem interattivi, che consentono l’interazione attiva con i clienti durante la visita. Che Expo 2015 sia un evento a scadenza non spaventa Arnone, secondo cui l’esposizione offre ai professionisti del settore un’occasione per reinventarsi, capire come sta evolvendo il mercato e migliorare le proprie competenze. Di tutti questi temi legati all’innovazione si parlerà in occasione di EXPOInnovationLAB, l’apposito progetto di comunicazione sviluppato a partire da marzo da EDSlan e Digital4Trade, con il prestigioso patrocinio ufficiale di Expo 2015, che avrà il suo momento culminante nell’evento in programma il prossimo 18 giugno presso l’esposizione universale. In questa occasione interverranno per l’appunto Arnone e Vassallo, ma anche Fabio Lalli, CEO e fondatore di IQUII e grande esperto di Internet of Things; Gabriele Faggioli, legale, adjunct professor MIP-Politecnico di Milano e presidente del Clusit; Isabel Aranda, country manager di Context Italia e Sara Porro, food writer, collaboratrice di Dissapore.it. Un’occasione per tutti gli operatori del settore per capire, toccare con mano e provare a fare tesoro di spunti concreti per migliorare la propria vita e il proprio business.
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rettore technologies & digital Innovation di Expo 2015 e Luigi Vassallo, direttore dell’Information Technology. Vassallo ha spiegato come il team dell’area IT di Expo 2015 sia un gruppo ristretto con figure di alto profilo che hanno maturato esperienze specialistiche e di system integration, spesso in contesti di elevata complessità. La particolarità è data proprio da Expo 2015, che è una società con un termine temporale ben definito, ossia ottobre 2015. La sfida per il reparto IT è perciò soprattutto quella di gestire un’enorme complessità e un parco di fornitori eterogeneo; dunque, bisogna sapere affrontare la system integration sia sul fronte applicativo sia in area networking. Inoltre, occorre essere in grado di presidiare l’operatività giornaliera, poiché ogni dettaglio può diventare mission critical. Il vantaggio è di avere a disposizione partner del calibro di Telecom, Accenture, Cisco ecc. Tanto che, evidenzia Vassallo a CorCom, è stato messo in piedi - grazie al supporto del Security Operation Center di Telecom - un progetto di cybersecurity di primo livello. Secondo il direttore dell’Information Technology questa particolare esperienza sarebbe replicabile anche in aziende strutturate, si potrebbero creare team progettuali dedicati, con logiche premianti legate al raggiungimento dei risultati. Arnone ha invece raccontato i segreti del team digital, diviso in tre diverse aree di competenza: un team dedicato ai sistemi di back-end, uno sull’online e un terzo per il digitale sul sito espositivo. Tutti dotati di competenze orizzontali e
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Collegati e scopri il video-reportage realizzato da Digital4Trade per Expo 2015
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Itway Campus 2015: «Nutrire la mente, nutrire il valore e il business» — Il recente evento organizzato dal distributore è stato un’occasione di formazione, ma anche di riflessione
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Itway VAD Via Braille, 15 48124 Ravenna Tel. +39 0544-288711 Fax +39 0544-288788 www.itway.com
Giovanni Andrea Farina, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo Itway. In basso, lo chef Carlo Cracco.
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Una giornata all’insegna della formazione, ma non solo. Tutto questo è stato Itway Campus, il recente evento organizzato dal distributore Itway. L’obiettivo principale è stato naturalmente quello di fornire ai partner approfondimenti tecnologici a tutto tondo su temi quali la secu-
rity, il networking, la virtualizzazione e il cloud attraverso le competenze dirette con i player del mercato IT di riferimento. Inoltre, l’edizione di quest’anno è stata caratterizzata da una nutrita agenda di sessioni in plenaria e in parallelo per dare ai partecipanti la massima flessibilità nella scelta del loro percorso formativo che si snoda tra novità di prodotto, caratteristiche, funzionalità, politiche commerciali e DemoLab. Nel corso dell’evento è stata poi annunciata la nascita di iNebula connect, che prende il via da una partnership con Eurotech, società specializzata nella fornitura di sistemi embedded, piattaforme M2M (Machine-to-Machine) e soluzioni IoT (Internet of Things). Lo slogan portante dell’evento è stato, non a caso, “Nutri la mente”: infatti, è stato possibile ascoltare un intervento dello chef Carlo Cracco che ha tenuto un’interessante sessione sugli aspetti in comune a due mondi in apparenza così distanti come quello della cucina e l’IT. In entrambi i casi, la ricetta è quella di riuscire a coniugare innovazione, creatività e senso di gruppo.
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Sono distributori, system integrator, vendor... Sono aziende innovative che stanno cambiando volto alla propria idea di mercato. A tu per tu con le travolgenti evoluzioni che stanno investendo il canale
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#ConventionVar, «L’innovazione contamina il Paese»
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Tre giorni, oltre 1.000 persone tra reseller, Var, system integrator, clienti finali, manager, giovanissimi sviluppatori e una capacità, quella di fare rete, che continua a rappresentare un incredibile valore
Giovanni Moriani
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presidente di Var Group
All’Hotel Dante di Cervia la sala congressi, oltre 500 posti a sedere, è gremita, di corsa, trafelati, gli ultimi soliti ritardatari fanno alzare i poveri malcapitati dalle sedie per raggiungere spiccioli di angoli vuoti. Le luci si abbassano, parte una piacevole melodia e sul palco, un po’ a sorpresa, compare una ragazza con fascia in testa e scarpe comode che comincia a rovesciare, su quattro blocchi di tela neri, una serie di schizzi bianchi di vernice. Al di là dell’indubbio folklore, sulle prime è un po’ spiazzante. Sulla tela compaiono una serie di pennellate disordinate e, apparentemente casuali. Con il passare dei minuti però la ragazza prende velocità e quasi all’improvviso ci si accorge che i quattro blocchi in realtà sono una tela unica e che gli schizzi bianchi, prima casuali, ora compongono un ritratto perfetto di Leonardo da Vinci. Applausi, luci piene, comincia la sessione plenaria. Comincia, ma paradossalmente potrebbe già finire qui perché quello strano dipinto, e soprattutto la modalità attraverso il quale è stato realizzato, rappresenta forse la sintesi migliore del DNA più autentico di Var Group e di quello che questa tre
giorni romagnola ha lasciato nella mente di chi ha avuto la fortuna di partecipare.
La parte per il tutto
In italiano esiste una meravigliosa figura retorica, la Sineddoche, capace di esprimere il concetto mirabilmente, “la parte per il tutto”. System integrator, rete di imprese, distretto industriale, incubatore di talenti, start-up, agenzia di comunicazione, digital company. Ogni singola parte, ogni singola anima di questa italianissima società è ed esprime Var Group, ed è questo che è andato in scena a Cervia a metà maggio. Il tutto davanti a un pubblico foltissimo e altrettanto eterogeneo, clienti finali, manager, reseller, imprese del territorio, associazioni di categoria. Singole parti anche loro che hanno composto uno stupefacente insieme del quale nessuno è stato protagonista assoluto e unico. Sul palco, nelle sale, nell’innovativo Caffè Connect (che tramite app dedicata ha permesso di organizzare oltre 290 sessioni one-to-one in tre giorni), non sono svolazzate code di pavone, nessuno ha
Nessun protagonista, nessun gran celebratore a dare spettacolo insomma, ma tanti protagonisti, diversi, integrati, chiamati a mettere in comune esperienze, casi, progetti, criticità e successi. Sul palco e nelle varie sale si sono alternate alcune eccellenze del territorio italiano, dalla Marzocco con le sue macchine da caffè alla Nonno Nanni e i suoi prodotti alimentari, fino a Cantine Farnese, UniCredit, IMI Remosa…
Una maratona da record, l’#HackathonVarGroup
Ma il cuore più innovativo e stupefacente è stata la maratona dello sviluppo che si è svolta in parallelo all’evento. Un vero #Hackathon organizzato dalla società in collaborazione con Epson. Quattro gruppi di giovanissimi laureandi e laureati provenienti
| Story Tellers da tutta Italia. A loro è stato chiesto di sviluppare nuove funzionalità di un’applicazione per il picking di magazzino già realizzata da Var Group e basata sugli smartglass Epson Moverio BT-200. Gli Epson Moverio BT-200 tra gli smartglass oggi disponibili sul mercato sono i soli che permettono la realtà aumentata e presentano il più ampio potenziale di crescita, offrendo agli sviluppatori funzioni e caratteristiche uniche. Un tema preciso che ha scatenato un entusiasmo e una competizione senza precedenti. «I ragazzi sono arrivati da Milano, Bergamo e da tutti i più importanti atenei - ha spiegato Francesco Falaschi, Var Group - per 36 ore hanno sviluppato senza sosta facendo anche i turni per non dormire. Un entusiasmo contagioso». Alla fine l’ambito premio (una collaborazione con Var Group per un valore di 5mila euro e un buono complessivo per il gruppo pari a 2mila euro per i servizi di data center erogati dal cloud Var Group) è andato ai giovanissimi Hostbuters, ma il punto, il premio per tutti i partecipanti è stata una boccata di ossigeno purissimo. «Il valore più grande - ha raccontato ancora Moriani - è stato l’interesse e il contatto da generazioni lontanissime. Tra manager più o meno attempati e navigati del mondo Ict e giovanissimi ragazzi nati in piena rivoluzione digitale».
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Nessun protagonista, tutti protagonisti
Video, foto, voci e idee dall’edizione 2015 della Convention di Var Group a Cervia. Collegati e scopri il reportage esclusivo
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potuto mettersi in prima fila ma, molto più semplicemente, si è parlato di storie, persone, relazioni, casi concreti di innovazione ed entusiasmo contagioso. Un filo rosso che è tutto nei modi semplici, umili e decisi di un manager come Giovanni Moriani, presidente di Var Group. «Ci siamo presentati a Cervia con numeri davvero stupefacenti - ha raccontato quasi sorpreso il manager -. Il 2015 si sta rivelando un anno davvero importante durante il quale stiamo notando un desiderio fortissimo di innovazione espresso dalle imprese sul territorio. Ciò che più ci gratifica è che quell’idea di replicare nel mercato Ict il modello di rete, dei distretti e della capacità di mettere competenze e talenti a fattor comune tipicamente italiano, si sta dimostrando valido e molto efficace». Valido ed efficace vuol dire numeri record che parlano dei primi 4 mesi dell’anno chiusi con una raccolta ordini del più 21% e di una componente a valore aggiunto che cresce al doppio rispetto al business transazionale.
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«Cambiamo forma alle infrastrutture IT… con il canale» — EMC, Avnet TS e la sostenibile rivoluzione della Converged Infrastructure
Le infrastrutture convergenti sono una delle novità tecnologiche più importanti e profonde che stanno investendo il data center e le infrastrutture IT. Come e perché sono una preziosa opportunità di business per il canale lo scoprirete collegandovi e assistendo all’intenso live streaming organizzato da Digital4Trade in collaborazione con Avnet TS e EMC
Avnet TS Italia Via Gozzano, 14 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tel. +39 02-618 604 1 Fax: +39 02-618 604 5 www.ts.avnet.com/it
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EMC italy.emc.com
Le esigenze di business sono in continua evoluzione e cambiano ogni giorno, ora, secondo. Sotto la spinta continua imposta da fenomeni e strumenti digitali, mai cosi pervasivi, manager e imprese sono oggi alla ricerca di strade e strumenti per costruire ambienti IT semplici e soprattutto capaci di mutare dimensione e direzione con grande flessibilità e rapidità. Rispondere veramente a simili sollecitazioni oggi vuol dire orchestrare le risorse, automatizzare l’infrastruttura andando oltre la logica del singolo prodotto e facendo convergere networking, storage, cloud e virtualizzazione… In questo contesto si parla sempre più delle cosiddette infrastrutture convergenti o iper convergenti, capaci di gestire la complessità dei tradizionali silos IT (hardware, storage, networking, ecc.) attraverso un’unica piattaforma. Infrastrutture con un cuore complesso insomma, ma che per immediatezza e semplicità si propongo di rivoluzionare il modo di creare e fornire soluzioni in ambito data center. La strada in questo senso sembra abbastanza segnata e per gli operatori di canale è tempo di cambiare passo. Non ha dubbi, Stefano Mainetti, co-direttore dell’Osservatorio Cloud & Ict as a service del
Politecnico di Milano, «la cloud journey delle aziende italiane è in atto con conseguenze molto importanti. In particolare, infatti, la maggioranza degli investimenti sono diretti verso le cloud enabling infrastructure, con complessivi 860 milioni di euro investiti nel 2014 (+28% sul 2013). Infrastrutture abilitanti che trovano proprio nell’automazione e nella sintesi delle soluzioni convergenti un alleato molto prezioso».
Il canale a valore la leva strategica In questa rivoluzione è fondamentale il ruolo del canale, che deve rappresentare il punto di contatto tra i vendor e gli utenti finali, offrendo anche un supporto alla gestione di questi servizi. Due attori sono significativamente impegnati in una simile partita attraverso una solida partnership: un vendor come EMC e un distributore a valore aggiunto come Avnet TS. Come racconta Ruggero Citterio, account systems Engineer di EMC: «Le possibilità offerte dalle infrastrutture convergenti sono molteplici. Le soluzioni EMC nascono per rispondere a bisogni dei clienti, tra cui quello di ridurre i costi e avere a disposizione le migliori soluzioni possibili. In questo ambito noi abbiamo due
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affianchiamo ai fornitori per cercare di aiutare i nostri partner a portare sul mercato le soluzioni IT maggiormente strategiche, come appunto le converged infrastructure. Per fare il partner di innovazione, occorre avere competenze e risorse di un certo tipo, che non tutti i distributori hanno. In particolare nelle converged infrastructure noi abbiamo un ruolo importante per tutti i servizi che siamo in grado di fornire, ad esempio nel supporto pre e post vendita, oltre che per effetto della relazione stretta che abbiamo con i nostri vendor. Tutto questo ci mette in condizione di poter offrire un certo tipo di vantaggio ai nostri rivenditori e anche di implementare le soluzioni di infrastruttura convergente nel miglior modo possibile. Siamo poi l’unico distributore dotato di un centro di competenze in Europa, fattore che facilita il time-to-market nell’implementazione delle soluzioni».
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proposte principali, VSpex e VBlock. Con VSpex, sostanzialmente andiamo a proporre - attraverso la nostra rete di partner - un’architettura di riferimento semplice, efficiente e flessibile, basata sulle più avanzate soluzioni storage e di backup di EMC abbinate alla migliore tecnologia in ambito virtualizzazione, server e networking di aziende Partner quali Brocade, Cisco, Citrix, Intel, Microsoft e VMware». I partner utilizzano questa base per erogare una soluzione e riuscire a creare un’infrastruttura convergente in tempi molto rapidi, senza problemi per il cliente finale, in pratica pronta per l’uso. VBlock, invece, è veicolata da un’apposita società che prende il nome di VCE, le cui iniziali richiamano i brand di riferimento: VMware, Cisco ed EMC. «Si tratta della prima soluzione convergente sul mercato che ha avuto un successo consistente, perché l’infrastruttura è davvero gestita da un software come se fosse un unico prodotto. Il portafoglio è ampio, in grado di coprire ambienti diversi. VCE gestisce tutte le fasi, dunque il cliente ha ben pochi aspetti di cui si deve preoccupare. Accanto a queste due soluzioni, rivolte soprattutto al mercato enterprise, EMC ha messo in campo anche VSpex Blue, in grado di indirizzare le necessità di aziende medio-piccole. In buona sostanza permette di virtualizzare il più possibile di un’infrastruttura IT, accompagnandola con una soluzione di management». Ma anche i distributori hanno un ruolo nella costruzione delle infrastrutture convergenti, come racconta Marco Taluzzi, Converged & Infrastructure BU manager di Avnet TS: «Noi ci
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#HPIPC2015, il new style of IT a misura di canale Un evento inedito e un brand chiave per gli equilibri del mercato. Un brand, HP, nel pieno di una decisiva fase evolutiva che vede nel canale la sua chiave di volta. Tutto sulla prima edizione dell’HP Italian Partner Conference Meg Whitman
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CEO di HewlettPackard Enterprise
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«Non è retorica, ma davvero sono sorpreso ed emozionato, mi sembra di essere tornati al clima effervescente del mercato di qualche anno fa, ai prodotti, all’innovazione… Sento un entusiasmo contagioso», trafelato, mentre estrae una penna dalla borsa e, contemporaneamente spalanca la grande porta della sala plenaria, un incravattatissimo manager griffato HP si lascia scappare queste poche parole quando si rende conto che si trova fianco a fianco con la delegazione dei giornalisti. Poche parole che tornano però subito alla mente, a poche ore di distanza dalla chiusura dei lavori della prima, attesa HP Italian Partner Conference. Una due giorni riminese fortemente voluta dal management della divisione Enterprise Group proprio
Stefano Venturi amministratore delegato Gruppo Hewlett-Packard in Italia e Corporate vice president Hewlett-Packard Inc.
per dare seguito ai decisivi messaggi lanciati, non più tardi di un mese fa, a Las Vegas da Meg Whitman in persona. Il momento, infatti, lo sanno anche i muri, è più che solenne, dal prossimo 1° novembre la HP così come l’abbiamo conosciuta fino a oggi non esisterà più. Esisteranno due società diverse, Hewlett-Packard Enterprise, focalizzata su servizi, cloud e data center (guidata dalla stessa Whitman e che ha già presentato il suo nuovo logo) e HP Inc., più focalizzata sui sistemi client, sulle stampanti e sui servizi a esse collegati. Una separazione già analizzata e discussa a ogni latitudine, una separazione che va però raccontata, digerita e trasferita nei suoi obiettivi e nelle sue più ghiotte opportunità anche sul territorio e, in particolare, in un mercato, quello italiano, dove da sempre il colosso di Palo Alto ha un ruolo chiave e dove il canale, in particolare, rappresenta uno dei più potenti motori di business. Ed è stata proprio questa l’idea alla base della decisione di organizzare una versione italiana dell’evento mondiale. Una versione nata con un cuore Enterprise, ma sviluppate e aperta ben presto a tutto l’ecosistema HP, dai partner strategici, come Microsoft, Plantronics, Polycom, Veeam ecc. alla divisione PPS della stessa società. Quella Personal and Printing Sy-
Sono system integrator, reseller, Var, sono distributori ed erano tanti, tantissimi ad affollare le sale del palazzo Congressi di Rimini. Sono imprenditori e stanno cercando di capire come e perché affrontare la separazione di HP in due società diverse. In questi tre intensi reportage, tre video-pillole in cui NPO, TT Tecnosistemi e V-Valley, direttamente da Rimini e Las Vegas, raccontano la propria esperienza e le proprie personali sensazioni.
cerca e sviluppo. Quattro sfide che riusciremo ad affrontare in maniera più precisa ed efficace proprio alla separazione e alla capacità, di due aziende diverse, di essere più focalizzate e presenti. Quattro sfide che vogliamo affrontare con i nostri partner, con il canale e con l’utilizzo di una vera piattaforma di idee e tecnologie condivise. Siamo nell’era della condivisione e solo con un approccio open è possibile affrontarla».
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«La separazione di HP? Noi ci stiamo preparando così...», le voci del canale
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stem Group che a fine anno sarà la nuova HP Inc. insomma. Un’idea decisamente buona dato che a varcare la soglia del palazzo dei congressi di Rimini sono state le teste pensanti di oltre 300 tra distributori, reseller, system integrator. Tutti contagiati da una voglia, neanche troppo nascosta, di capire, parlare, confrontarsi e studiare. Numeri alla mano, comunque, erano oltre 100 i manager HP presenti a testimonianza della voglia di esserci e, nel caso, rispondere a tutte le domande e necessità. Ad aprire le danze ci ha pensato ovviamente il timoniere di HP in Italia, Stefano Venturi, amministratore delegato Gruppo Hewlett-Packard in Italia e Corporate vice president Hewlett-Packard Inc. «Lo volevamo e lo abbiamo fatto - ha spiegato Venturi -. Non c’era modo migliore e più concreto per ribadire quanto la catena del valore e dei partner sia importante per noi soprattutto in questa fase. Una fase che ci porterà tutti dal new style of IT al new style of business. Un business fatto sempre più di esperienze, servizi, consulenze e digitale. Un business che si affronta solo e soltanto con nuove competenze e nuove idee. Cloud, mobility, big data, security sono questi i pilastri del nostro presente e del nostro futuro. Sono queste le aree alle quali abbiamo dedicato un aumento di oltre il 10% negli investimenti in ri-
La cronaca: video, social, una tempesta multimediale Venendo alla cronaca della due giorni, collegandovi ai due QRCODE che seguono potrete accedere ai due esclusivi video reportage che Digital4Trade ha realizzato nel corso dell’evento In questo secondo video è invece Marco Lanfranchi, PPS channel sales director HP Italia a raccontare come l’anima “client” di HP, che sfocerà nella nuova HP Inc., intende raccontarsi e sviluppare business con i partner.
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In questa prima video-intervista è Paolo Delgrosso, (padrone di casa, tra i più convinti sponsor dell’evento), channel and SMB sales director di Enterprise Group HP Italia e anima della HP IPC di Rimini, a raccontare i primi feed back sull’evento, ma soprattutto sulle certificazioni e i nuovi programmi, come Navigator lanciati a Las Vegas.
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EMC, più sostegno ai rivenditori entry level In occasione dell’EMC World, il vendor ha ridefinito la sua strategia complessiva, così da affrontare al meglio le nuove sfide poste dalla trasformazione digitale Philippe Fosse
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vice president, Emea channel EMC
Il mondo cambia e tira aria di rinnovamento anche in EMC, come messo in luce dall’ultima edizione dell’EMC World di Las Vegas a cui hanno preso parte quasi 40.000 partecipanti provenienti da 99 Paesi. Il vendor, infatti, ha colto l’occasione per annunciare nuove piattaforme e importanti novità riguardanti l’intero portafoglio di prodotti EMC XtremIO, EMC VMAX3, VCE, EMC VNX, EMC Data Domain ed EMC Data Protection Suite. A spingere l’azienda a questo rinnovamento è la trasformazione digitale che sta investendo il pianeta. EMC stima che entro il 2020 oltre 7 miliardi di persone saranno collegate con Internet mediante 30 miliardi di dispositivi. Persone, aziende e oggetti comunicheranno, negozieranno e concluderanno transazioni dando vita a un mondo all’insegna del business digitale. Per prepararsi adeguatamente a questa rivoluzione, EMC ha messo sul piatto le sue novità in ambito infrastrutturale e, non a caso, lo slogan portante della manifestazione è stato “Redefine Next”. Da un punto di vista tecnologico la multinazionale dello storage ha posto molta enfasi sulla versio-
ne 4.0 di XtremIO, un aggiornamento software destinato agli array XtremIO v3.X, concepito per trasformare le applicazioni dei data center con servizi di copia in-memory che permettono di razionalizzare e automatizzare interi workflow: dallo storage alle applicazioni, passando attraverso l’hypervisor. XtremIO, secondo la società, è stato in soli 18 mesi di commercializzazione, il prodotto più venduto nella storia di EMC. I cambiamenti interessano ovviamente anche i partner di canale: in particolare, i rivenditori entry level nell’area Emea vedranno estendersi il programma di EMC. Il partner program garantirà una serie di riconoscimenti a supporto delle vendite di soluzioni entry level, il che significa che i reseller avranno diritto a un incentivo di 400 dollari per ogni singola vendita dopo aver raggiunto un totale di sei (incentivo che nel 2014 era di 300 dollari). Inoltre, i riconoscimenti verranno assegnati su base mensile, trimestrale e semestrale a chi avrà venduto più unità entry level o ai partner che avranno realizzato la miglior crescita percentuale nella propria Regione. «EMC si impegna a spingere la crescita in tutti i segmenti di business - ha dichiarato Philippe Fosse, vice president, Emea channel EMC - sulla scia del successo dell’Entry Level Programme dello scorso anno che ha permesso al business del canale di EMC di crescere 8 volte più velocemente rispetto al resto del mercato anno su anno e di ottenere una quota di mercato del 13%. Siamo lieti di espanderci ulteriormente anche quest’anno e di offrire nuovi incentivi a un maggior numero di nostri rivenditori. Ci auguriamo, inoltre, che l’estensione di questo schema si riveli tanto popolare quanto lo è stato agli inizi, appena lanciato il piano incentivi».
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Arrow ECS Italia e la sostenibile rivoluzione del dato
alle esigenze di gestione e protezione dei dati aziendali». «Arrow è un player chiave tra i nostri distributori, con grandi competenze nel settore dello storage - spiega Rodolfo Falcone, country manager della filiale italiana di Commvault -. Per noi i Vad rivestono un ruolo fondamentale, soprattutto sul mercato italiano, grazie alle loro capacità di ampliare la nostra presenza globale e l’abilità di tradurre la nostra tecnologia in benefici di business concreti per loro attraverso ritorni incrementati, e per i loro clienti ». «Arrow, affermata nel mercato della security, era in cerca di un vendor in grado di integrare la propria offerta infrastrutturale - aggiunge Walter Simonelli, country general manager di Hitachi Data Systems Italia - e viceversa HDS ha trovato nel distributore a valore aggiunto una comprovata esperienza e presenza radicata sul territorio, elemento che ci consentirà di perseguire l’obiettivo comune, ovvero quello di crescere».
Arrow ECS Italia, Commvault e Hitachi Data Systems Italia. Tutti insieme, tutti in un esclusivo videoreportage. Collegati e scopri la nuova dimensione del valore
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Verso i dati, oltre la sicurezza, verso un approccio più ampio e integrato al valore, al business e al canale. Arrow Italia ha dato da tempo il via a una nuova decisiva stagione presentando al proprio canale due nuovi brand di grandissimo “peso” come Commvault e Hitachi Data Systems Italia. Due brand per altro uniti anche da una partnership strategica per la distribuzione in Italia delle soluzioni di storage tecnologicamente avanzate dedicate alle infrastrutture IT aziendali. «Quando avviamo una nuova distribuzione, mettiamo sempre a disposizione le nostre competenze e la nostra esperienza di distributore a valore aggiunto per supportare il vendor in ogni attività commerciale, tecnica e di marketing spiegano dalla multinazionale della distribuzione IT -. L’obiettivo comune è di ampliare l’ecosistema di rivenditori e clienti interessati alle tecnologie, per metterli a conoscenza delle potenzialità e dei vantaggi che possono ottenere adottandola, e creare quindi nuove occasioni di business. Crediamo che la collaborazione con Hitachi Data Systems Italia possa creare interessanti opportunità, per ampliare il nostro raggio d’azione e rafforzare ulteriormente la nostra offerta». Una collaborazione che, come anticipato, è stata annunciata a fine 2014 a distanza di poco tempo da quella con Commvault per la distribuzione sul territorio italiano della suite software Commvault Simpana. «Siamo soddisfatti della collaborazione siglata con Commvault - racconta Federico Marini, managing director di Arrow ECS Italia - che ci consente di arricchire la nostra offerta e di garantire ai nostri reseller soluzioni e tecnologie performanti, pronte a rispondere in modo adeguato
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Oltre la sicurezza, verso i dati, lo storage con la “solita” attenzione per il valore e le competenze. La filiale italiana del distributore IT avvia una nuova stagione aprendo a due brand come Hitachi Data Systems Italia e Commvault
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Veeam e Systematika, «La rivoluzione del data center ha il canale nel motore» — Il vendor specializzato nelle soluzioni per la piena disponibilità dei centri dati e il suo storico distributore raccontano cosa sta alla base dell’intesa. E spiegano il ruolo dei partner
Collegati, scopri l’esclusiva video intervista con Veeam e Systematika, guarda e ascolta le regole per trasformare il data center dei tuoi clienti
Veeam Software Italia Piazzale Biancamano, 8 20121 Milano Tel. +39 02-62033004 Fax +39 02-62034000
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Systematika Distribution Via Padre Luigi Sampietro, 110 21047 Saronno (VA) Tel. +39 02-96410282 Fax +39 02-96703113 info@systematika.it
Metti insieme uno dei vendor più innovativi del panorama IT con un distributore a elevato tasso di specializzazione e capace di fornire valore aggiunto. Il risultato è la partnership tra Veeam Software e Systematika Distribution, un’alleanza che da diversi anni sta creando opportunità e business per tutti i partner sparsi sul territorio nazionale. Come racconta Lara Del Pin, channel manager di Veeam Software: «Veaam con Systematika ha un rapporto ormai di lunga data poiché è stato il primo distributore che ci ha portato in Italia. Con loro il lavoro è sicuramente a valore e di qualità, Systematika è anche un nostro aggregator e fa parte del programma VCP dedicato ai cloud provider sul territorio italiano. Inoltre, è nostro training center, dunque eroga per conto di Veeam tutta la formazione dedicata agli end-user ma, soprattutto, ai nostri partner che desiderano investire in competenze tecnologiche. Inoltre, ha una forza vendita che possiede una competenza davvero elevata nelle soluzioni. Quindi, non è certo un “box mover”, ma un attore che ha nel suo DNA la capacità di dare ai nostri partner i migliori consigli per rendere efficace il proprio business. Chiaramente, c’è molta soddisfazione reciproca
per questa collaborazione». Come spiega Franco Puricelli, sales manager & business development di Systematika Distribution, la strategia di Systematika è chiara e semplice allo stesso tempo: «Essere un distributore a valore oggi significa curarsi di molteplici aspetti, anche perché le cose sono cambiate nel tempo. Oggi al distributore a valore è richiesta una proposta efficace dal punto di vista delle tecnologie e posizionabile sul mercato, fatta di servizi che non siano in sovrapposizione con quelli forniti dai partner, ma che sia in qualche misura a supporto del business del canale stesso. Importante è anche avere un’attenzione sempre più forte alle componenti economiche e finanziarie che sono ormai parti integranti dei progetti e non più elementi separati. Per noi essere un distributore a valore significa fare tutto ciò e Systematika da anni cerca di farlo al meglio, perché riteniamo che il distributore a valore nella filiera sia ancora una figura di riferimento importante». Parte della strategia sono ovviamente anche le proposte delle soluzioni che vengono selezionate da Systematika con un attento lavoro di scouting: «Tutte le soluzioni che portiamo sul mercato pensiamo sempre che possano essere un’opportuni-
tà sia per noi sia per i nostri partner - prosegue Puricelli -. Siamo più pionieri che follower, dunque, non c’è certezza dei risultati né dei tempi per ottenerli. Il nostro ruolo, però, ci viene riconosciuto sia dai produttori che dal mercato e quindi, alla fine dei conti, penso che la scelta che abbiamo effettuato anni fa sia stata corretta, perché siamo riusciti a portare sul mercato nazionale diversi produttori di successo con buoni risultati». Uno di questo vendor vincenti è sicuramente Veeam Software, che da anni sta osservando tassi di crescita a doppia cifra la cui formula del successo la spiega Lara Del Pin: «L’evoluzione dei data center è guidata dalle modalità di utilizzo dei dati da parte gli utenti dei servizi informatici. Gli utenti, prima di essere utenti aziendali, sono delle persone e sono dunque abituati a usare il cloud. Di conseguenza si aspettano di trovare la stessa facilità di accesso alle informazioni che riscontrano nei servizi per uso personale anche quando operano in un contesto aziendale. Questo spinge le aziende a rendere i dati più fluidi e fruibili, ma occorre non dimenticarsi che ne va anche assicurata la sicurezza e la piena disponibilità. Veeam si pone proprio come produttore di tecnologie abilitanti per implementare l’availability dei data center. Dunque, quello di cui noi ci occupiamo è di rendere questi dati affidabili da un punto di vista informatico, accessibili e protetti». Le proposte Veeam stanno incontrando il favore del mercato anche perché le aziende vogliono essere sicure di implementare delle soluzioni nei propri data center che siano una garanzia, che abbiano cioé dei tempi di implementazione e di partenza predicibili e certi e che facciano sostanzialmente quello che viene promesso.
«Ci poniamo come un vendor in grado di fornire delle soluzioni affidabili e testate, ma al tempo stesso visionarie. Come? Ascoltando le necessità dei nostri 135.000 clienti a livello mondiale e grazie a una particolare attenzione alla ricerca e sviluppo. Insomma, cerchiamo di proporre sempre qualcosa che sia a vantaggio del business del cliente», aggiunge Lara Del Pin. Per riuscire a realizzare tutto questo il vendor ha deciso di puntare fortemente sul canale, anche perché la sua area di interesse spazia dai piccoli clienti a quelli di fascia enterprise, servendo tutti i diversi mercati verticali. «Veeam sicuramente non potrebbe esistere se non tramite il canale. Il nostro successo non sarebbe stato possibile senza i nostri partner, che hanno la particolarità di essere distribuiti sul territorio e dunque conoscono al meglio il proprio mercato di riferimento, integrando diverse tecnologie a vantaggio del cliente finale. Questa impostazione ci ha garantito una capillarità e copertura del mercato che sarebbe stata impensabile approcciandolo in modo diretto. I partner ci scelgono perché siamo un brand tecnologico semplice e affidabile. Siamo affidabili perché abbiamo sempre una strategia di go-to-market che prevede in tutti i casi la presenza di un partner, e avranno sempre in noi un alleato e mai un competitor. A partire dal 2011 abbiamo introdotto un programma di canale che si basa su alcuni semplici punti: in particolare chiediamo investimenti in tecnologia e knowout. Inoltre, investiamo molto in comunicazione, che costituisce un aspetto importante perché spesso l’implementazione delle nostre soluzioni parte proprio da una richiesta del cliente finale», conclude il channel manager di Veeam Software.
D i g i tal 4Tr ade per Veeam S o ftw ar e/ S y stem ati ka
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Franco Puricelli, sales manager & business development di Systematika Distribution
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Lara Del Pin, channel manager di Veeam Software
D i g i tal 4 Tr ade per B r ev i
«Così si costruiscono i PC Made in Italy», Brevi e il caso Winblu —
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Oltre 20mila unità all’anno e una produzione italiana, fatta in uno stabilimento che è un’eccellenza nel settore. Viaggio esclusivo a Calto, nei pressi di Rovigo, dove il distributore pensa, produce e assembla i suoi computer Winblu, un caso di eccellenza tutto da analizzare
Marcello Molinari, marketing manager Brevi Spa Michele Pavani, responsabile tecnico Winblu Cinzia Caberletti, responsabile qualità Winblu
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BREVI Via Orio al Serio, 20 24050 Grassobbio Tel. 035-309411 Fax 035-525002 info@brevi.it
Cartina alla mano e scarpe comode, Digital4Trade si è messa nuovamente alla ricerca delle più interessanti e strategiche storie di successo del canale IT di casa nostra. Storie che vanno conosciute, analizzate e raccontate, perché dire e fare innovazione digitale anche in Italia, è davvero possibile. Storie come quella di Winblu, fiore all’occhiello “atipico” di un distributore storico come Brevi. Marchio che rappresenta ormai un simbolo del-
la capacità e della voglia di produrre computer anche nel nostro Paese. Viaggio esclusivo a Calto, nei pressi di Rovigo, dove Marcello Molinari, marketing manager Brevi Spa, Michele Pavani, responsabile tecnico Winblu e Cinzia Caberletti, responsabile qualità Winblu, ci raccontano come e perché si affrontano i colossi multinazionali puntando sulle competenze, la differenziazione e il valore, quello vero.
Tune
Il marketing può essere anche etico? I droni sono un’opportunità o una minaccia? E se gli hacker fanno i bravi? Le risposte dei più grandi esperti di mercato... e una guida alle travolgenti innovazioni di Google I/O
Questa parola viene spesso associata a operazioni commerciali di facciata o al limite della correttezza. Ma è possibile adottare queste tecniche prestando attenzione agli aspetti etici
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Co m uni caz i o ne di ser v i z i o
Dire e fare marketing a prova di etica, una sfida possibile?
Paolo Sito
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Vulcanico MBA Marketing Manager di Asystel Italia- Esperto di Strategia
Sarà certamente capitato anche a voi. Avrete sicuramente sentito, o forse anche usato, espressioni del tipo: “Questa è un’operazione di solo marketing” riferite a fenomeni commerciali abbastanza effimeri. Per esempio, il cantante che grazie a una campagna particolare riesce ad avere successo giusto il tempo di una canzone. Quante volte, seguendo una presentazione, avrete ascoltato a un certo punto della conversazione l’oratore pronunciare questa frase: «Questa è una slide di puro marketing». Una frase del genere, quasi sempre, si traduce in un unico modo: si tratta di un consiglio subliminale a non prenderla sul serio o almeno a non tenerne in gran cura perché molto spesso quello che viene rappresentato in quella slide o non è vero oppure, nel migliore dei casi, contiene informazioni che sono da prendere con le molle. Non una cosa totalmente falsa, ma un’informazione che, prendendo spunto da qualche caratteristica peculiare, la enfatizza surrettiziamente in modo da renderla fondamentale, di sicuro unica e introvabile in qualsiasi altro concorrente. Insomma, un’informazione che agli effetti reali si dimostra assolutamente inutile. Si tratta di una frase che viene detta solo per fare “un po’ di marketing”. Il fatto che molto spesso tali frasi vengano pronunciate da persone che lavorano proprio nel marketing, rende la cosa assolutamente grottesca. È quasi come dire che il proprio lavoro consiste nell’inventarsi delle cose molto border-line tra il falso e l’inutile. Insomma, una specie di imbroglio. È quindi lecito chiedersi cosa sia il marketing e di che genere di mestiere si stia parlando. Chi sono le persone che “fanno marketing”? Si tratta di illusionisti o di professionisti? Il marketing è una disciplina nata negli anni ‘60 quando l’espansione dei mercati di vendita e il miglioramento delle infrastrutture logistiche ha posto alle aziende il problema di come attrezzarsi per far conoscere il proprio prodotto e soprattutto come renderne più facile la vendita. È interessante sapere che il Prof. Giancarlo Pallavicini, un italiano, in un articolo apparso nel 1959 sulla rivista “L’economia”, parlò per la prima volta di alcuni concetti di gestione aziendale che hanno costituito le basi della teoria di Marketing Management ripresa in seguito dal certamente più noto Philip Kotler. Certo è che a Kotler è da attribuire il merito di aver diffuso una schematizzazione del processo di marketing nelle famose 4 P: • Product - Prodotto • Price - Prezzo • Placement - Distribuzione • Promotion - Comunicazione
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Suor Cristina
Si tratta quindi della disciplina che si interessa delle attività da svolgere per “portare sul mercato” un nuovo prodotto o soluzione. Si parte dalla definizione delle caratteristiche del prodotto, per poi passare all’individuazione della migliore proposizione di prezzo che il mercato può recepire contestualmente alla determinazione della modalità di distribuzione più congeniale, al fine di renderlo disponibile al mercato identificato e soprattutto come farlo conoscere a quest’ultimo. Si tratta dell’insieme di attività che sono indispensabili alla vendita di un prodotto e che possono essere pianificate e svolte in tantissimi modi coinvolgendo sterminate risorse, sia in termini di persone sia di capitali, oppure essere realizzate con semplicissime riunioni tra amici. In ogni caso devono essere svolte prima che qualsiasi prodotto o soluzione venga proposta al mercato. Sia che si tratti dell’apertura di una nuova gelateria oppure della commercializzazione di una sofisticata apparecchiatura elettronica, tutti fanno del marketing. Volendoci focalizzare su questa materia si potrebbe parlare di altre attività che allargano ulteriormente il perimetro di interesse di questa disciplina e quindi parlare di marketing analitico, marketing strategico, marketing operativo. Sono tutti esercizi che comportano studi e conoscenze di ambienti operativi e degli attori che in tali ambienti operano sia con ruoli attivi (industrie, istituzioni, culture) sia con ruoli passivi (mercati cui presentare le proprie proposte commerciali). In ogni caso è certamente l’attività di comunicazione quella più conosciuta tra le funzioni associate alle tematiche del marketing tanto che spesso quasi si identifica totalmente con essa. È qui che il marketing rischia di confondersi con la pubblicità che molto spesso significa decantare doti non proprio reali e annunciare promesse che non sempre si possono mantenere. Non dovrebbe essere così, perché è chiaro che relegare al marketing solo questo ruolo non solo produce un senso di sfiducia verso questa disciplina di per sé abbastanza complessa, ma nello stesso tempo comporta un’altra disdicevole pratica: se fare marketing significa fare pubblicità, allora si può anche pensare che qualsiasi metodo per abbellire il nostro prodotto sia ammesso, anche quello che risulta non proprio ineccepibile. Ho letto ultimamente un bellissimo libro di Giuseppe Morici, president della Regione Europa nel Gruppo Barilla, che già dal titolo di grande effetto marketing cerca di riabilitare la materia affinché le si possa attribuire il ruolo che le spetta. Fare marketing rimanendo brave persone parla proprio di questo. Facendo riferimento all’aspetto comunicativo del marketing ne definisce i parametri etici che un’attività di questo genere deve rispettare. Gli esempi forniti ne danno un quadro esemplare. Presentare la banca che applica protocolli complessi anche per la gestione di semplici pratiche come la grande amica dal sorriso sempre disponibile, non è fare buon marketing: è prendere in giro la gente. Così come proporre la Coca Cola come la bevanda ideale per le cene familiari non è eticamente corretto: una bevanda gasata ed estremamente ricca di zuccheri non è in linea con i più elementari dettami della dietetica, quindi un simile messaggio oltre che falso ha anche l’aggravante di essere nocivo per la salute. Come spiega Morici, questo non vuol dire che Coca Cola non possa fare della pubblicità, ma è giusto che comunichi delle storie vere, utili a inquadrare nel modo corretto il messaggio promozionale che dovrà risultare chiaro, corretto e soprattutto veritiero. Il vero marketing, dice Morici, «crea, ricorda, incanta, racconta, coinvolge, stimola, migliora. E soprattutto, nel più profondo rispetto del presente e del passato, si prende cura del futuro». Giusto perché tutto non sia solo un’operazione di solo marketing.
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Jeremy Rifkin: l’internet delle cose ci porterà fuori dalla crisi
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Nella visione dell’economista, intervenuto di recente a un convegno a Cernobbio, la risposta per ricominciare a crescere e creare occupazione è la digitalizzazione
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Jeremy Rifkin
Viviamo tempi difficili. La disoccupazione è alta, mentre il PIL fatica a ritornare ai livelli pre-crisi. Il prezzo del barile subisce oscillazioni imprevedibili e potenzialmente devastanti, come è già più volte accaduto in passato. Come uscire da questa situazione? Secondo l’economista Jeremy Rifkin: «La digitalizzazione e la Internet of Things sono la risposta: possiamo recuperare efficienza perché il modello avrà costi marginali tendenti allo zero». Rifkin ne ha parlato di recente intervenendo a un convegno dedicato alla Digital Transformation e organizzato da SAP a Villa d’Este a Cernobbio, sul lago di Como. Nella visione di Rifkin le tre infrastrutture chiave, comunicazioni, energia e trasporti, avranno un cuore comune in una piattaforma Internet of Things. «Metteremo sensori ovunque, in ogni device, in ogni macchina, lungo tutta la value chain, al fine di restituire dati in real-time nei tre componenti di ogni sistema economico. E questo in tutti i settori, nell’agricoltura come nel retail o nell’industria», ha proseguito Rifkin. Tra quindici anni, ogni macchina sarà connessa dando vita a una sorta di “cervello globale esterno”. Secondo Rifkin, «è un enorme passo avanti per l’umanità». Insomma, dovremo necessariamente costruire questa nuova infrastruttura. Ma con quali soldi? «Sono andato più volte a Bruxelles a parlare con Juncker e altri funzionari dell’UE e mi hanno detto che l’idea che in Europa non ci sono soldi è un mito. Nel 2012 nella UE sono stati spesi 741 miliardi in infrastrutture, investimenti sia pubblici che privati. Il problema è dove si investe. Basterebbe cambiare la priorità, indirizzando una quota pari al 25% verso le nuove infrastrutture, e potremmo ottenere la Digital Europe in 25 anni». Ma come garantire che i Governi o le multinazionali non sfrutteranno le informazioni? Cosa possiamo fare per assicurare la sicurezza? «Queste sono sfide enormi, che ci terranno occupati in battaglie sociali e politiche per numerose generazioni», ha aggiunto Rifkin. Si tratta infatti di un sistema aperto: «Chiunque, attraverso la piattaforma dell’IoT, può entrare e osservare con trasparenza ciò che sta succedendo nel sistema economico. La trasparenza permette un’apertura dei mercati e una crescita dello spirito imprenditoriale. Significa che possiamo connetterci a questa emergente piattaforma IoT e guardare i dati, collegare la nostra value chain, incrementare in maniera importante la produttività e l’efficienza. Così, in una società completamente digitalizzata, i costi marginali, quelli per creare un’unità aggiuntiva di bene, andranno ridotti per essere competitivi e arriveranno anche a zero», ha poi concluso Rifkin.
Il vendor della security ha annunciato l’acquisto della società che opera nel campo del networking Wi-Fi intelligente. L’obiettivo è aumentare la sicurezza di rete in azienda
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Fortinet acquisisce Meru Networks e punta sul mondo Enterprise —
Bami Bastani, presidente e CEO di Meru Networks
una connettività continua e in ogni luogo - ha dichiarato Ken Xie, fondatore, chairman e CEO di Fortinet -. Prevediamo che questo acceleri la nostra spinta innovativa grazie all’offerta di nuove soluzioni e servizi per aiutare le aziende di ogni dimensione a implementare, gestire e proteggere reti wireless nell’era mobile. Riteniamo che l’ampliamento della nostra piattaforma di sicurezza end-to-end incrementerà le nostre opportunità di crescita e offrirà benefici ai nostri clienti e partner a livello globale». L’acquisizione di Meru Networks, inoltre, porterà in dote a Fortinet un importante team di esperti e ricercatori che contribuiranno ad accelerare la strategia del vendor nella protezione e nella gestione di dispositivi cablati e wireless; inoltre, oltre 33 brevetti di Meru Networks andranno ad aggiungersi agli oltre 210 già esistenti di Fortinet. «Prevedo che l’unione tra Fortinet e Meru rafforzerà la nostra posizione nel mercato wireless Enterprise, rispondendo all’esigenza dei CIO di garantire una connettività sicura e continua ai propri lavoratori mobile - ha detto Bami Bastani, presidente e CEO di Meru Networks -. L’esclusività della tecnologia di Meru e il suo posizionamento come unica soluzione wireless SDN certificata ONF offrirà una gamma più ampia di soluzioni per i team di vendita e i nostri partner di canale». La chiusura dell’intera operazione di acquisizione è prevista per il terzo trimestre fiscale 2015.
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Fortinet Centro Torri Bianche Palazzo Tiglio 20871 Vimercate (MB) Italy www.fortinet.com
L’accesso alla rete per mezzo di dispositivi portatili non registrati e non affidabili crea tuttavia notevoli rischi per la sicurezza, esponendo le aziende alle più pericolose cyber-minacce che abbiano mai dovuto fronteggiare. È perciò di fondamentale importanza che ci sia una convergenza tra sicurezza e wireless, così da assicurare una struttura di rete sicura e integrata, capace di assicurare la protezione delle informazioni trasmesse e una gestione efficiente della rete e dei dispositivi. In questa direzione si è mossa Fortinet, azienda da anni impegnata nel mercato della security attraverso soluzioni di sicurezza per la rete che ha recentemente siglato un accordo vincolante che prevede l’acquisizione di Meru Networks, società che opera nel campo del networking Wi-Fi intelligente. Questa operazione permetterà a Fortinet di crescere nel settore Enterprise, ampliando il suo portfolio di soluzioni wireless a un mercato il cui valore si stima sia intorno ai 5 miliardi di euro. Oltre alle soluzioni wireless security, gli access point FortiAP e le appliance di sicurezza integrate FortiWiFi per filiali e piccole aziende, il vendor potrà proporre anche le soluzioni Wi-Fi intelligenti di Meru, ampliando la sua offerta e soddisfacendo così le esigenze di un mercato sempre più alla ricerca di soluzioni innovative. «L’acquisizione di Meru Networks si inserisce nella nostra vision globale che prevede la combinazione di una robusta sicurezza di rete con
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Ken Xie, fondatore, chairman e CEO di Fortinet
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Al mercato dei droni serve un’iniezione di privacy
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Il settore è in forte espansione. Proprio per questo motivo, spiega Alessandro Cecchetti di Colin & Partners, è necessaria una regolamentazione normativa, così da non vanificare gli investimenti delle imprese
Alessandro Cecchetti
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Colin & Partners
La crescita esponenziale del mercato dei droni ormai è un fatto noto. Le premesse per ulteriori sviluppi sono evidenti, sia in ottica di creazione di posti di lavoro sia dal punto di vista imprenditoriale. Le aziende, sempre più consapevoli delle potenzialità di tali congegni, intendono ricorrere all’utilizzo dei SAPR (Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto) per supportare esigenze contingenti connesse al settore ricoperto; molteplici e flessibili, infatti, gli utilizzi in grado di rispondere trasversalmente alle richieste dei vari manager aziendali. I droni sono, per esempio, un supporto innovativo al marketing, alla promozione turistica e anche alla brand awareness sia di società che di enti pubblici. Il loro utilizzo interessa anche l’agricoltura, la cartografia o l’analisi del territorio effettuata da imprese che intendano pianificare investimenti o programmare le manutenzioni alle infrastrutture proprietarie. C’è da dire però che, se gli impieghi impazzano, la regolamentazione a supporto scarseggia, soprattutto per quanto riguarda i dati personali direttamente o indirettamente trattati con i droni. Una tematica che interessa sempre di più il mercato e che sarà protagonista del convegno “Droni: la normativa per spiccare il volo. Potenzialità e impatto sulla privacy” organizzato da Colin & Partners, in collaborazione con Assinform, che si svolgerà a Roma il 16 giugno prossimo e coinvolgerà, tra gli altri, anche l’Autorità per la protezione dei dati personali. Per capire meglio l’attuale scenario e le prospettive del comparto, abbiamo rivolto qualche domanda ad Alessandro Cecchetti di Colin & Partners, avvocato ed esperto in diritto delle nuove tecnologie che da tempo segue con interesse gli sviluppi del mercato dei Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto. Perché l’incertezza normativa è dannosa per il settore droni? Perché condiziona il mercato ed espone, potenzialmente, l’azienda utilizzatrice a dei risvolti critici che non solo possono compromettere l’investimento fatto, vanificando le risorse impiegate, ma addirittura sottoporla a danni di immagine. Per fare un esempio, si pensi a un piano marketing effettuato anche mediante un drone: il trattamento dei dati acquisiti potrebbe essere contestato dal soggetto ripreso o dal Garante, così da provocare una sanzione dotata di un ampio regime di pubblicità e di certo pregiudizio. È quanto accaduto a Google con Street View, un servizio in qualche modo assimilabile per le implicazioni privacy. Oltre al danno di immagine, la san-
Cosa succede fuori dai nostri confini? La sete di regole dettagliate aumenta, sia in Europa che Oltreoceano: le indicazioni dell’Information and Privacy Commissioner dell’Ontario, le richieste di Amazon alla Federal Aviation Administration, gli input del Gruppo di Lavoro ex art. 29 e le risultanze del 54esimo meeting di Berlino, fino ad arrivare alla recente “Dichiarazione di Riga sui droni civili” tenutasi a marzo. In Lettonia il Commissario europeo per i Trasporti Violeta Bulc ha dettato le linee programmatiche per la prossima regolamentazione europea promessa entro il 2016, così che, anche dal punto di vista della privacy, gli usi dei droni effettuati dalle aziende avvengano nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali degli individui e in modo certo.
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Non c’è il rischio di spaventare le aziende in questo modo? La norma non deve necessariamente essere ostativa, e anche se manca una regolamentazione specifica, a oggi le aziende possono attingere agli spunti normativi che variamente, anche se solo per alcuni aspetti, possono applicarsi ai dati personali rilevati con il drone. Il Codice Privacy e i suoi principi in primis, ma anche il Provvedimento in materia di videosorveglianza, seppur declinato rispetto alle peculiarità dell’apparecchio, e incrociato con i riscontri del Garante alle verifiche preliminari richieste anche da Google. Inoltre, il Provvedimento in materia di amministratori di sistema ed, eventualmente, lo Statuto dei Lavoratori.
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zione è stata di un milione di euro. Probabilmente un esborso non previsto in fase di investimento.
In conclusione, non resta che sottolineare come una corretta attenzione da parte del legislatore rappresenti un vantaggio nel permettere di ponderare scelte e pianificare investimenti ancora più consapevoli, contribuendo allo sviluppo di un settore che non può far altro che decollare.
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L’Europa si sta muovendo quindi, l’atteso Regolamento comunitario sulla tutela dei dati personali, fornirà degli strumenti utili a disciplinare anche i droni? Sulla spinta del Regolamento sulla Data Protection di prossima entrata in vigore, i principi della Privacy by Design e della Privacy by Default sono indubbiamente un ottimo punto di partenza per andare a disciplinare la materia droni, posto che interessano la tecnologia utilizzata, le pratiche commerciali e la progettazione di strutture e infrastrutture. È giusto sottolineare che, già di per sé, il trattamento dovrebbe essere improntato al principio di minimizzazione, rispetto alla qualità e alla quantità dei dati acquisiti col drone, alla data retention, ma anche al contenimento soggetti interni ed esterni autorizzati dal titolare a trattare i dati. In ragione delle finalità perseguite dovrebbero essere previste delle privacy mask o l’offuscamento dei volti o delle targhe eventualmente riprese, prediligendo un grado di risoluzione basso - magari in modo da rendere il dato anonimo - limitando la memorizzazione dei dati ai soli istanti necessari per l’effettivo raggiungimento delle finalità di trattamento.
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E se gli hacker vengono arruolati dalle forze del bene?
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Lo speciale incontro tra “hacker” e professionisti del settore health ha portato a risultati concreti anche nell’edizione itaIiana di un evento che si è tenuto di recente al Polihub di Milano
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Sara Porro, food writer collaboratrice di Dissapore.it
Il termine hacker gode di pessima stampa, eppure la cultura dell’hacking un termine che risale agli albori dell’era del computer, negli anni ’50 - vuole indicare soprattutto la capacità di applicare creatività e immaginazione alla soluzione di un problema - un altro modo per dire quello che è indicato dall’espressione inglese “think outside the box”: affrontare i problemi sperimentando idee innovative attraverso prototipazione e test rapidi. Tre anni fa, un gruppo di canadesi ha deciso di dimostrare come l’approccio di hacking potesse essere messo a servizio delle forze del bene: possono degli hacker trovare soluzioni innovative per i problemi di salute? Così è nato Hacking Health, che si è diffuso in breve tempo a livello internazionale. In poco più di due anni, questa piattaforma ha realizzato una ventina di eventi nel mondo che si sono tradotti in più di 450 progetti. Come funziona? Si chiude in una stanza un gruppo di hacker insieme ad altri professionisti (medici, farmacisti, designer) e dopo 48 ore di lavoro serrato - quella che in gergo si definisce un hackathon, dalla fusione di “hacking” e “marathon” - ci si ritrova con centinaia di idee innovative: prototipi, abbozzi di start-up, servizi digitali... L’edizione italiana si è tenuta nelle scorse settimane a Milano, e - come si dice con un tic linguistico ormai inestirpabile - “in linea con Expo” il tema è stato il rapporto tra cibo e salute. Presso il Polihub, incubatore di start-up del Politecnico di Milano, hanno lavorato oltre 50 partecipanti divisi in 9 team composti da operatori sanitari, sviluppatori, designer, nutrizionisti e pazienti che hanno proposto soluzioni applicabili nella vita di tutti i giorni. Per i più giovani, gli sforzi si sono concentrati su applicazioni che motivassero ad adottare uno stile di vita sano e condiviso con i coetanei. Qualche esempio? Il progetto che ha ottenuto più riconoscimenti è stato “Re-ability”: si tratta di un’applicazione digitale basata sul riconoscimento motorio tramite sensore, in grado di aiutare i pazienti oncologici, neurologici e con problemi ortopedici a svolgere correttamente da casa gli esercizi prescritti dal fisioterapista. Progettata per essere usata in modo intuitivo e semplice, “Re-ability” permette inoltre al medico di monitorare in tempo reale l’andamento del proprio paziente.
L’azienda ha ampliato le funzionalità integrate dell’Endpoint Data Protection Solution Set e ha poi annunciato la nuova soluzione Commvault File Sharing
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Rama Kolappan, senior director and head of Commvault Information and Mobility Management business unit
proprietà dei dati o introdurre nuove soluzioni. Questo approccio centralizzato al data management è particolarmente importante nelle aziende altamente regolamentate quali quelle dei servizi finanziari e la sanità in cui conformità, eDiscovery e sicurezza sono critiche. «Non è un segreto che l’IT sta perdendo il controllo sui dati aziendali a causa di scarsa data governance e a un crescente affidamento a soluzioni di file sharing poco sicure - ha affermato Rama Kolappan, senior director and head of Commvault Information and Mobility Management business unit -. Grazie a Commvault File Sharing e a Edge Drive gli utenti hanno la possibilità di condividere, collaborare ed essere produttivi ovunque nel mondo, senza compromessi in termini di sicurezza e conformità». «Commvault File Sharing e la sua funzionalità Edge Drive rispecchiano la domanda del mercato di disporre di piattaforme di collaborazione sicure e scalabili che abilitano gli utenti a condividere facilmente i contenuti tra dipendenti e non, soddisfando i requisiti di protezione, ripristino e compliance imposti dall’IT - ha detto Liz Conner, research manager IDC -. Commvault consente quindi di riportare il controllo in azienda con funzionalità di condivisione e collaborazione sicure che aggiungono valore strategico alla soluzione di data protection».
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CommVault Italia Centro Direzionale “Delta” - 5º Piano Via Margherita Viganò De Vizzi, 93/95, 20092 Cinisello B. (MI) Italia Tel. +39 342-3417132
Nonostante l’uso sempre più frequente di servizi di condivisione file favorisca nuovi livelli di collaborazione, questo comporta alcuni costi aggiuntivi: i file e i dati non vengono sottoposti a backup e non sono soggetti alle stesse discipline di gestione considerate di routine negli ambienti aziendali. Ne risulta che CIO, compliance e risk officer sono sempre più preoccupati circa il rispetto dei requisiti legali e di conformità. Per affrontare in maniera adeguata il problema Commvault ha annunciato una serie di novità allo scopo di permettere agli utenti di archiviare, accedere e condividere i file in maniera più sicura. In particolare, grazie all’ampliamento delle funzionalità integrate nell’Endpoint Data Protection Solution Set, è possibile avere a disposizione una soluzione enterprise file sync and share che può essere un’alternativa a quelle esistenti, così che i dati sensibili rimangano al sicuro in conformità con i requisiti di business. Commvault Endpoint Data Protection Solution Set può essere dunque utilizzata come complemento o anche per ridurre i rischi di servizi cloud esistenti, garantendo che i dati condivisi tramite OneDrive, Drobox o altri siano visibili all’IT e adatti per attività di ricerca ed eDiscovery. Ma non solo; per rispondere al bisogno di CIO, compliance e risk officer a proposito del rispetto dei requisiti legali e di conformità, Commvault ha lanciato Commvault File Sharing, una soluzione che porta i dati sotto il totale controllo dell’IT senza compromettere l’usabilità. A differenza di molte soluzioni di condivisione file che richiedono costi e sforzi di integrazione aggiuntivi con strumenti di terze parti per rendere i dati ricercabili in silos diversificati a scopi di litigation o audit, la funzionalità file sync e share di Commvault abilita ricerche enterprise-wide. Ospitati sul ContentStore, il repository unico e integrato di Commvault, è possibile accedere ai file da parte di utenti interni ed esterni per favorire la produttività e la collaborazione senza rinunciare alla
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Commvault mette in sicurezza la condivisione senza rinunciare alla conformità —
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Pagamenti da mobile, IOT: le novità di Google I/O
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Dall’annuale conferenza degli sviluppatori, che si è svolta di recente a San Francisco, arrivano novità importanti per l’intero ecosistema digitale
L’attesa era tanta e le sorprese non sono certo mancate: Google I/O, l’annuale conferenza degli sviluppatori di Google che si è tenuta a fine maggio a San Francisco, è stato un evento chiave per tutto l’ecosistema digitale e per il mondo dell’offerta. Quattro sono le novità principali della manifestazione, ma la prima è sicuramente Android Pay. I sistemi di pagamento da mobile sono infatti da tempo la destinazione Paradiso di molti grandi player del mercato, su tutti il grande competitor Apple che ha da mesi alzato il sipario su Apple Pay. Pronta la risposta. Sul palco ecco piombare Android Pay: basato su tecnologia NFC e preinstallato sui device che montano Android 4.4 KitKat, permetterà di effettuare un pagamento avvicinando lo smartphone al lettore. Un sistema sul quale Big G ha scommesso pesante stringendo già accordi con le più importanti compagnie telefoniche americane (T-Mobile, Verizon e At&T). Il servizio sarà attivabile con carte di credito Visa, Mastercard, American Express e Discover. Google ha poi deciso di puntare forte sull’Internet of Things: Google Brillo, in arrivo entro il 2015, è infatti un sistema operativo specificatamente dedicato all’IoT che permetterà agli sviluppatori e ai produttori di creare dispositivi connessi fra loro. Brillo si propone di funzionare soprattutto per i dispositivi meno potenti (dunque non per il settore industriale o l’automotive), come le lampadine intelligenti o telecamere di sicurezza ed essere estremamente leggero (si parla di 64 o 32 MB), proprio per non pesare sul funzionamento. Insieme a Brillo verrà introdotto anche Weave, e cioè il protocollo (un set di API per lo sviluppo) che consentirà agli oggetti connessi di comunicare tra loro. Un altro grande protagonista della manifestazione è stato Android M, la nuova versione del sistema operativo per smartphone. Disponibile in release per gli sviluppatori, quello che secondo gli analisti si chiamerà “MilkShake”, scommetterà forte sul sistema di pagamento integrato, sulla batteria, sulla gestione delle applicazioni (che saranno altamente settabili dall’utente) e sulla batteria. La funzione Doze ottimizzerà infatti il dispendio energetico. Grazie all’Usb Type C, gli smartphone Android potranno diventare anche fonte di ricarica per altri dispositivi. Infine, a San Francisco è stato presentato Google Photos, che offrirà infatti spazio gratuito illimitato (le foto devono però essere di risoluzione pari o inferiore a 16 megapixel e i video fino a 1080p). Apertura totale anche ai competitor con disponibilità anche su iOS, oltre che su Android e sul Web.
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Facebook come strumento di business per il canale e il CIO al centro di un cambiamento di pelle senza precedenti. Gli strumenti e le bussole pi첫 affidabili per provare a imboccare e capire le strade e, soprattutto, le onde migliori
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1 / Facebook, un impatto economico che trasforma i modelli di business
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La stima di Deloitte è di 220 miliardi di dollari a livello globale. Il successo di questo social media sta contribuendo ad abituare le persone a essere connesse in mobilità, trasformando lo smartphone in uno strumento indispensabile di relazione e accesso
Fabio Lalli Attualmente CEO e fondatore di IQUII, una digital company specializzata in marketing digitale, sviluppo di applicazioni per mobile, Internet of things e Wereable. Sono co-autore del libro “Geolocalizzazione e mobile marketing” e “Wereable: Connect You with everything”. Ho iniziato a lavorare nell’IT/digital nel 1999. Dal 2010 sono il fondatore e presidente dell’Associazione Indigeni Digitali. Nel 2011 ho ideato il progetto Followgram, una delle maggiori piattaforme al mondo legate a Instagram, utilizzata da oltre 2,5 milioni di utenti e molti brand internazionali. Insegno e ho tenuto alcune docenze presso IlSole24Ore, La Digital Accademia di HFarm, lo IULM e alcune università italiane sui temi inerenti il mobile marketing, social media e personal branding. Vivo la rete e il digital costantemente.
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Recentemente è stato presentato un report di Deloitte UK sul tema Facebook e gli impatti economici su Italia, Europa e mondo. Proprio su questo tema, sono stato invitato a partecipare, come relatore, al convegno “L’impatto economico di Facebook in Italia: nuove opportunità per la crescita delle PMI, del lavoro e dell’economia”. Il mio obiettivo è stato quello di illustrare in che modo lo sviluppo dei social media e delle applicazioni mobile stia profondamente rivoluzionando la vita delle persone. Oggi, l’accesso alle informazioni e il loro utilizzo, la condivisione di interessi e attività personali, la socializzazione dei percorsi di acquisto e molte altre abitudini sono cambiate radicalmente, generando grandi sfide non solo per le grandi aziende, ma anche per le PMI. Sulla base dei dati Deloitte, l’impatto economico di Facebook a livello globale è di 227 miliardi di dollari, di cui 6 miliardi in Italia, con un indotto complessivo per l’occupazione italiana di circa 70mila unità. Il secondo punto preso in esame dal report Deloitte è l’indotto generato dallo sviluppo di applicazioni connesse a Facebook. Dal 2007, anno di lancio della piattaforma dedicata ai developer, l’azienda ha permesso la realizzazione di app e servizi in grado di estendere l’esperienza del social networking al di fuori di Facebook. Negli USA, l’80% delle app più redditizie per iOS e il 90% di quelle per Android integrano funzionalità legate al social network. Più in generale, è stato stimato un business di 29 miliardi di dollari legato a prodotti in ambito musicale, ludico e turistico. In questo caso, l’area che ne ha beneficiato maggiormente è stata l’Emea, con una stima di 13 miliardi e 270.000 lavori creati. Il digitale, insomma, facilita e incoraggia lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, abbatte i confini linguistici e geopolitici, stimola i processi di innovazione e favorisce la creazione di nuovi posti di lavoro, soprattutto tra i più giovani. I vantaggi sono numerosi ma, per poter essere colti appieno, vanno ridefiniti due aspetti fondamentali del rapporto tra utenti e brand: il concetto di esperienza utente e i modelli organizzativi e di business dei vari player. Il mobile sta contribuendo a delineare nuove relazioni tra persone, brand, servizi e oggetti, creando una dimensione sempre più connessa e sempre più estesa. La possibilità di utilizzare lo smartphone come strumento di interazione diretta con i brand, i servizi online e gli oggetti, genera opportunità di business uniche e irrinunciabili per i player. La dinamicità di questa nuova era lancia una sfida virtuosa alle organizzazioni: rinnovare i processi operativi, alla luce dei nuovi trend e attraverso
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l’applicazione di nuovi modelli di business e tecnologie evolute, è una fase cruciale che apre alla possibilità di creare nuovo valore sul mercato. Le organizzazioni si confrontano con un ambiente caratterizzato da costanti cambiamenti; questi influenzano la loro capacità di attuare processi operativi in grado di fare propri i nuovi trend attraverso la sperimentazione e l’applicazione di nuovi modelli di business e tecnologie capaci di offrire nuovo valore al mercato. Allo stesso tempo, il digitale ridisegna all’interno delle aziende il ruolo di persone, mansioni e responsabilità. L’impatto del mobile è evidente fin nelle piccole cose: da coloro che hanno fatto proprio l’approccio Byod (Bring Your Own Device) per bypassare i limiti interni di strumenti e infrastrutture, fino a chi prende su di sé la responsabilità di cambiare mentalità per adattarsi con maggiore rapidità ai cambiamenti portati dai vorticosi ritmi del digitale. I dati che emergono nel report di Deloitte sono del resto molto evidenti: la maggior parte degli utenti di Facebook utilizza regolarmente l’applicazione mobile. Facebook, di fatto, sta contribuendo ad abituare le persone a essere connesse in mobilità, trasformando lo smartphone in uno strumento indispensabile di relazione e accesso. Di conseguenza, la capacità delle aziende di essere presenti nel momento in cui le persone si attivano grazie al mobile è diventato un asset indispensabile per far crescere il business. Inoltre, la capacità di governare i processi di Digital Transformation, anticipando le evoluzioni del mercato e le necessità degli utenti in base ai loro comportamenti, farà la differenza. Diventa in questo modo determinante analizzare e ripensare l’intera esperienza dell’utente, compresi tutti i punti di contatto con brand e prodotti. È sul mobile che si gioca la partita più importante per i brand: oggi è fondamentale non restare indietro, prendere posizione, attivarsi in modo proattivo e affrontare il mercato in modo strutturato, affrontando i cambiamenti con flessibilità, velocità e adattabilità.
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2 / I 10 errori da non fare a un evento Riuscire a organizzare un appuntamento ufficiale non è semplice. Ma ci sono almeno dieci aspetti che devono assolutamente essere evitati
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3 / CIO, prepariamoci al 2020!
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In questo momento di grande trasformazione tecnologica sono destinati a mutare anche i ruoli all’interno dell’azienda
Primo Bonacina
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Mi occupo di informatica da oltre 30 anni. Ho lavorato con ruoli di responsabilità per molte aziende, spesso multinazionali. Tra le più note: 3Com, Tech Data, Magirus (ora Avnet), Microsoft, Acer. Nel 2014 ho fondato un’azienda di consulenza operativa, commerciale e manageriale (PBS - Primo Bonacina Services: http://www. primobonacina.com/)
Tutto evolve. E anche l’IT nelle aziende ha subito di recente importanti cambiamenti generati da un’interessante mix di fattori in realtà in conflitto tra loro, ovvero, la necessità di accrescere l’empowerment degli utenti aziendali e delle business unit e, per contro, le richieste indirizzate al CIO di una maggiore sicurezza delle informazioni aziendali e di una maggiore reattività e orientamento al business e ai clienti da parte del suo dipartimento IT. Combinate questa miscela contraddittoria col fatto che gli utenti aziendali sono spesso a casa propria consumatori “non tradizionali” di tecnologia (e quindi hanno le proprie opinioni) e con l’azione dei fornitori di tecnologia, che cercano di guadagnare sempre maggiore spazio in azienda. Aggiungeteci poi i Chief marketing officer (CMO) che magari vogliono poter acquistare in autonomia soluzioni Web da agenzie specializzate, e il risultato è un ambiente IT continuamente sotto stress e alla ricerca di una qualche “normalizzazione”. E, sperando che questa recessione finisca e che ci sia un tanto auspicato rimbalzo (cosa che fuori dall’Italia è avvenuto da tempo), come potrebbe essere fatto questo nuovo “ambiente normalizzato” che deve fare i conti con tecnologie, come il mobile e il cloud, che passano dallo stato di trend emergenti a diventare parte essenziale della vita dell’azienda?
Regola numero 1: ricordarsi che il back office è un malato che non muore mai…
Alcuni futurologi hanno predetto la scomparsa di alcuni dei principali fornitori IT, i cui complessi sistemi fanno muovere oggi la maggior parte delle transazioni delle grandi aziende. Tuttavia, queste previsioni sottovalutano anni di investimenti che circondano la precedente generazione di sistemi aziendali. Per farla breve, migliaia di sistemi hardware e software che erano stati pensati per avere una vita di al massimo 10 anni si trovano ancora in funzione 30 o 40 anni più tardi, così come la generazione di sistemi ERP installati nel 1990. La realtà è che anche le migliori e più innovative tecnologie non possono sostituire facilmente sistemi che si sono evoluti nel corso dei decenni. Ciò che è invece in forte trasformazione è il modo di estrarre dati da questi sistemi e di interagire con loro. In precedenza, il voler lavorare su sistemi e database complessi comportava una formazione specialistica di alto livello e diversi mesi di esperienza specifica per raggiungere un qualche grado di produttività. Oggi, usando nuovi front-end pensati per il mobile, i quali forniscono un’interazione limitata tramite un’interfaccia semplificata, un qualsiasi utente potrà prendere un telefono o un tablet ed essere quasi immediatamente produttivo. Analogamente, anni di ordini e fatture di vendita elaborati attraverso un ERP
Una nuova prospettiva per i CIO
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tradizionale diventeranno risorse preziose non appena sottoposti a nuovi modelli analitici basati su front-end progettati in ottica big data, i quali potranno aiutarci a predire i cicli di vita dei prodotti o delle vendite.
Gradualmente vedremo i CIO rientrare in uno dei seguenti due campi: • Una parte di loro deciderà di limitarsi a presiedere le tecnologie IT, ed eventualmente diventeranno gestori di fornitori esterni di cloud e sicurezza. • L’altro campo darà in gran parte in outsourcing le attività di gestione IT e cercherà di essere visto in azienda come il “campione della produttività”. Si porrà a disposizione degli altri dirigenti nella costruzione di soluzioni rivolte alla clientela. Questi CIO potrebbero lavorare un giorno col CMO per produrre un’applicazione smartphone orientata al consumer e il giorno dopo aiutare il COO a costruire un tool basato su tablet per ottimizzare il magazzino. In entrambi i casi, la tecnologia diventerà così integrata e prevalente nella vita aziendale che i migliori CIO avranno ampie opportunità di dimostrare il loro valore e di evidenziare l’importanza del loro ruolo.
Da tempo il modello standard per la sicurezza informatica e per l’erogazione di servizi IT aziendali è stata la creazione di reti aziendali sicure. Si è pensato che si potessero erigere muri tecnologici intorno all’impresa tramite una serie di robuste porte chiuse e, una volta che qualcosa era passato attraverso quelle porte, questo era poi libero di vagare in modo quasi indisturbato. Come abbiamo imparato, quelle mura oggi vengono violate in modo relativamente semplice e nemmeno i dispositivi e gli utenti all’interno della rete possono più essere considerati completamente attendibili. Abbiamo quindi visto uno spostamento verso la costruzione di muri di difesa intorno alle applicazioni, il che comporta la necessità di spostare la sicurezza dal livello aziendale a quello della singola soluzione software. La maggior parte delle aziende può infatti accedere ai servizi che vanno dalla posta elettronica al CRM su rete Internet pubblica e vedremo questa transizione continuare attraverso una sempre maggiore prevalenza in aziende di servizi cloud orientati ai mobile worker. Piuttosto che cercare di gestire i dispositivi, la soluzione consisterà nel proteggere gli ambienti applicativi. Inoltre, spostare la sicurezza lontano dal livello del dispositivo consente agli utenti di lavorare con strumenti di loro scelta. Se il vostro ERP è accessibile tramite un browser basato su cloud, l’IT non deve preoccuparsi se si sta utilizzando un tablet, un MacBook o un Windows Phone per accedere al servizio.
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2020: la fine delle reti aziendali così come le abbiamo conosciute
In questa fase di evoluzione, questo è il momento perfetto per i responsabili IT che vorranno ridefinire il loro ruolo e cercare altri alleati al di fuori dei settori tradizionali del back-office quali l’amministrazione e la finanza e le operation. Mentre il continuo cambiamento tecnologico e organizzativo può portare disagio alle persone e rendere vecchi modi di fare presto obsoleti, il nuovo modo di concepire l’IT presenterà interessanti opportunità per gli IT leader che sapranno navigare le nuove tendenze con successo. Avete idee al riguardo? Simili o diverse? Se è così, vi do il benvenuto sul mio blog (http://www.primobonacina.com/).
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In conclusione
Ti to l i di co da
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4 / Una prigione può essere grande 7 cm x 14 cm ?
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I neuroni che formano la corteccia cerebrale possono avere connessioni con neuroni di altre aree della corteccia stessa. Molte delle stimolazioni sensoriali offrono le emozioni, le percezioni e ciò che condiziona le nostre azioni quotidiane
Antonio Serra
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Sales & marketing di Texor
Innovazione e nomadismo spingono all’utilizzo dei dispositivi mobili, delle app e qualsiasi altro oggetto tecnologico entrato ormai nel nostro quotidiano in modo pervasivo. Mediamente, possediamo sei dispositivi digitali. La Rete diventa sempre più il centro nevralgico del nostro modo di agire. Nella Rete passano le nostre emozioni, le decisioni, l’apprendimento e la conoscenza. Osservatevi e osservate con attenzione chi vi circonda. In ogni momento c’è sempre un oggetto connesso alla Rete che riceve o invia qualsiasi tipo di informazione. Quando accendiamo la luce nelle nostre case non ci chiediamo da dove arriva l’elettricità, perché è diventata parte di noi stessi. È impensabile immaginare la nostra vita senza la corrente elettrica. Lo stesso sta accadendo con le nostre protesi tecnologiche, non ci si accorge più dell’uso che ne facciamo, ogni nostro comportamento è condizionato da loro. Alla base delle nostre vite - tecnologiche e non - ci sono algoritmi. Ogni azione che facciamo sul Web, ma anche fuori, è costruita su algoritmi complessi che inconsciamente (per noi) ci dicono cosa fare, prevedono cosa faremo, informano altri delle nostre possibili azioni e a loro volta suggeriscono comportamenti. Queste forze “distruttive” ci obbligano e generano spinte inarrestabili inviluppando il nostro vivere fino a dipenderne totalmente, finché ci condurranno a esserne “prigionieri” come in un bozzolo. Forse non ci siamo accorti, ma le nostre vite vivono dentro oggetti grandi mediamente 7 cm x 14 cm. Attorno a noi stanno avvenendo cambiamenti sociali radicali. Sempre più frequentemente si sgretolano quelle logiche produttive, propositive, relazionali a cui eravamo abituati. Il cloud, i social network, i big data e la Rete in generale sono gli artefici di tutto questo. Provate a immaginare come sarà e come condizionerà il nostro fare, l’Internet of Things. Ogni cosa sarà connessa, in casa, in auto, in ogni luogo, generando un volume di dati misurabili in Brontobyte, comprimendo sempre più il tempo e lo spazio, in certi casi sino ad azzerarli. L’essere umano è bombardato da informazioni utili e futili, comunicare attraverso le sinapsi tecnologiche è diventato importante come bere, mangiare e respirare. Questa “deriva” digitale spinge verso nuovi modelli di business che, inizialmente destabilizza, ma poi genera nuovi ecosistemi produttivi. Modificando le nostre abitudini relazionali consolidate. Tutto questo farà parte dell’organizzazione globale sociale fino a “scomparire”, cioè lo utilizzeremo, ci saremo dentro come in un brodo primordiale, senza rendercene conto… come la corrente elettrica. Nessuno sarà in grado di opporsi, pena il travolgimento o l’isolamento. Per questo è necessario essere disposti al cambiamento governandolo a proprio favore.
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