Ict4 nr16

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16 | 2014

bridging the gap between technology & business

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. Mariano Corso: le priorità dei CIO nel 2014 . Martin Lindstrom: come costruire il successo di un brand . Ecommerce, una crescita inarrestabile . L’efficienza energetica in Italia



editoriale

competitività o ambiente, il dilemma dell’energia di

umberto bertelè presidente advisory board ict4executive

@umbertobertele

In un’Europa affaticata dalla crisi, il conflitto fra chi guarda agli aspetti economici e chi invece è sensibile all’ambiente - che aveva visto negli ultimi anni la netta prevalenza dei secondi - torna prepotentemente ad affacciarsi, come la stampa nazionale e internazionale mette continuamente in risalto. Sono due in particolare gli oggetti degli scontri: la definizione (da deliberare a breve) degli obiettivi energetici e ambientali dell’Unione Europea per il 2030, in linea o meno con lo spirito di quelli fissati per il 2020; lo sfruttamento o meno delle risorse energetiche disponibili in Europa, dal petrolio della Basilicata allo shale gas inglese e francese, per rilanciare le economie e ridurre la disoccupazione. Con una ulteriore componente in gioco nell’ultimo caso, che può pesare sulla bilancia favorevoli-contrari: come ripartire i frutti degli eventuali sfruttamenti, fra le imprese che estraggono il petrolio o il gas, gli stati nazionali, le regioni e gli altri enti locali. Il fronte pro-economia guarda con invidia a quanto accaduto negli Stati Uniti, dove nel giro di pochi anni (fra il 2005 e il 2012) il prezzo del gas per le imprese è sceso per l’effetto shale del 66 per cento, a fronte della crescita nell’UE del 35 per cento, facendo parlare addirittura di manufacturing renaissance; e dove si è seguita una politica molto meno prescrittiva in tema di promozione delle rinnovabili. Proprio il proseguimento della politica energetica attuale, che persegue la riduzione delle emissioni puntando soprattutto sulla crescita delle rinnovabili - attraverso l’imposizione di un target minimo per Paese - e dedicando una minore attenzione (come ben illustrato da Vittorio Chiesa nel suo articolo) all’efficienza energetica, è uno dei punti di maggiore conflitto nell’UE. Fra Paesi, con il Regno Unito (che sta accrescendo il ricorso al nucleare) fortemente contro e la Germania (che ha già deciso di spegnere i suoi reattori) viceversa a favore. Fra imprese: preoccupate le manifatturiere dei riflessi sui costi dell’energia di un potenziamento vincolante delle rinnovabili; su posizioni di netta contestazione le energetiche tradizionali come Eon, che (come visto anche nella realtà italiana) stanno fortemente soffrendo la fase di aggiustamento; viceversa favorevoli alla status quo quelle che, come Alstom e Vestas, sono prosperate in questi anni con la vendita di infrastrutture per le rinnovabili. Nell’opinione pubblica: con la posizione estrema di Greenpeace, che vorrebbe portare il target minimo nel 2030 al 45 per cento. Ma anche l’entità della riduzione delle emissioni da perseguire è oggetto di un duro confronto, che vede su fronti contrapposti - semplificando - i membri storici dell’UE e quelli entrati più di recente. Lo sfruttamento delle risorse energetiche esistenti è l’altro grande tema, più interno ai singoli Paesi che dispongono di tali risorse che non su scala comunitaria. Potrebbe sfruttare di più il suo petrolio l’Italia, terza in Europa per riserve accertate (1,4 miliardi di barili circa, contro i 3 del Regno Unito e i 7,5 della Norvegia), per far ripartire l’economia e per soddisfare gli impegni di riduzione del debito che ci siamo assunti con l’Europa. Un raddoppio per il 2020 dell’attuale produzione potrebbe portare ad esempio, come notava recentemente anche lo Wall Street Journal, a una riduzione del 25 per cento della nostra bolletta energetica: un obiettivo tecnicamente perseguibile, se si supereranno però le pastoie burocratiche e le resistenze tipo no Tav. Potrebbe sfruttare le riserve di shale gas il Regno Unito, che sembra stia cambiando (con le prime concessioni a Total) il suo atteggiamento sinora ostile e potrebbe farlo con prospettive maggiori (data la consistenza delle riserve) la Francia, se il bisogno di Hollande di far ridecollare l’economia lo spingesse ad abrogare la legge che vieta ogni esplorazione nel Paese.

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16 | 2 014

cover story

Le priorità 2014 per la direzione ICT

di Mariano Corso e Alessandra Luksch School of Management, Politecnico di Milano

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I progetti dei CIO

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Il punto di vista dell’offerta

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management

Come costruire il successo di un brand: viaggio nella mente del consumatore di Martin Lindstrom, brand consultant ed esperto di Marketing

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interviste Advisory Board Umberto Bertelè Presidente Advisory Board Giampio Bracchi Politecnico di Milano Carlo Alberto Carnevale Maffè Università Bocconi Maurizio Dècina Politecnico di Milano Giuliano Noci Politecnico di Milano Paolo Pasini SDA Bocconi Andrea Rangone Politecnico di Milano Francesco Sacco Università dell’Insubria - SDA Bocconi Gianluca Spina Dean - MIP Enzo Bertolini CIO Ferrero Group Nunzio Calì Deputy CIO Fiat Group Automobiles e CIO Fiat Group Purchasing Gianluigi Castelli Executive Vice President ICT ENI Pierluigi Curcuruto COO Intesa Sanpaolo Milo Gusmeroli Vicedirettore Generale Banca Popolare di Sondrio Massimo Milanta Direttore Generale di UniCredit Business Integrated Solutions Alessandro Musumeci Direttore Centrale Sistemi Informativi Ferrovie dello Stato Filippo Passerini President, Global Business Services and CIO Procter & Gamble Nader Sabbaghian Amministratore Delegato BravoSolution Raffaello Balocco Segretario Advisory Board

Emilceramica, quando il made in Italy conquista il mondo

Luca Majocchi, Amministratore Delegato Emilceramica

Al via il nuovo Green Data Center di eni

Michele Mazzarelli, Program Manager eni

Pagamenti NFC, è l’ora del decollo

40

Nicola Cordone, Vice Direttore Generale SIA

48 50

osservatorio

L’efficienza energetica: una leva competitiva per il “sistema Italia”

di Vittorio Chiesa, Simone Franzò e Marco Chiesa Politecnico di Milano - Energy&Strategy Group

L’ecommerce B2C italiano cresce del 18%

di Riccardo Mangiaracina, School of Management, Politecnico di Milano

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58

speciale “storage”

Storage, un mercato che cresce e innova sotto un diluvio di dati

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rubrica | ricerche e studi

69

rubrica | nomine

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rubrica | who’s who cio

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Cov e r s tory

di

Mariano corso

school of management politecnico di milano

Le priorità 2014 per la direzione ICT Anche quest’anno la School of Management del Politecnico di Milano ha indagato le priorità di investimento e di trasformazione organizzativa delle Direzioni ICT delle imprese italiane di grandi e medie dimensioni. Se lo scorso anno i budget erano in calo, quest’anno si registra una stabilità, con investimenti che si concentrano su Sistemi Gestionali, Business Intelligence e Analytics, Dematerializzazione, Mobility e CRM

Nonostante la crisi economica e sociale che continua ad attanagliare il Paese, non si ferma l’ondata digitale che sta “invadendo” le nostre vite e le nostre organizzazioni. Il governo ed il tessuto produttivo dell’Italia, però, non sembrano ancora comprendere come cavalcare quest’onda o lamentano la mancanza dei necessari strumenti e della giusta cultura. L’innovazione digitale, di conseguenza, stenta ancora a giocare un ruolo propulsivo per l’agognata ripresa nel nostro Paese. Permane infatti una sorta di Digital Divide culturale nelle imprese italiane, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, e ciò si traduce in un livello di investimento nell’innovazione basata sulle tecnologie digitali che resta troppo basso rispetto a quanto sarebbe necessario per allinearci ai Paesi più virtuosi. La Survey realizzata alla fine del 2013 dalla School of Management del Politecnico di Milano su un | 6 |

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campione di circa 200 aziende di medio grandi dimensioni mostra un budget ICT su fatturato che nel 2013 si è attesta al 2,5% di cui il 68% destinata a spese correnti e il 32% ad investimenti per nuovi progetti. Budget ICT stabili e ritorno all’outsourcing L’analisi dei trend per il 2014 porta a stimare una sostanziale stabilità: non ancora l’auspicata ripresa, dunque, ma certamente il segnale di un inversione di tendenza rispetto alla situazione dell’ultimo biennio, nel quale gran parte delle Direzioni ICT sono state impegnate in processi di profonda razionalizzazione interna, con significativi tagli nelle risorse a disposizione. Di qui in avanti, dunque, gli obiettivi dei CIO non saranno più focalizzati prevalentemente sul taglio dei costi interni dell’ICT, bensì sul contributo da dare all’innovazione del bu-


c ove r st o ry | L e p rio rità 2 01 4 p e r l a dire z io n e ICT

di

alessandra luksch school of management politecnico di milano

siness per rilanciare la competitività delle imprese anche in settori ed ambiti tradizionalmente lontani dall’Informatica tradizionale. Le Direzioni ICT devono cogliere questa occasione e fungere da stimolo e presidio di un processo di trasformazione digitale che deve coinvolgere tutte le Line of Business e l’intera organizzazione. Nel dettaglio, la survey mostra che i settori Finance, Media&Telco e Servizi dichiarano per il 2014 una leggerissima crescita del budget (intorno a +0,3%), mentre per l’Industria e le Utility&Energy si rimane in campo negativo con un calo dichiarato rispettivamente dello 0,3% e dell’1,4%. Per il 2014 si segnala anche una ripresa del ricorso all’esternalizzazione dei servizi ICT, con un 25% di aziende che dichiara un aumento della spesa in outsourcing, contro il 13% che indica invece una diminuzione, con differenti strategie nei diversi settori analizzati. Il trend di leggero aumento indica la volontà delle imprese di mantenere internamente solo le attività di valore e la necessità di aumentare il raggio d’azione del business spingendo l’acquisizione di competenze specifiche sul mercato o la ricerca di soluzioni di efficienza esterna.

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cover story | Le pr i or i tà 20 1 4 pe r l a d i r e z i one I C T

le priorità di investimento nel 2014 Quali sono le principali priorità di investimento per il 2014 (risposte multiple)? Sviluppo di sistemi di Business Intelligence e Analytics Sviluppo e rinnovamento sistemi gestionali e ERP

39% 35%

Sviluppo e rinnovamento dei sistemi CRM

31%

Digitalizzazione e dematerializazione di processi, documenti...

29%

Sviluppo di Mobile Apps per il Business

21%

Introduzione di device Mobili

18%

Sistemi di Collaboration e Social Software

17% 15%

Iniziative di Cloud privato

15%

Sistemi di Security, Compliance e Risk Management

13%

Sviluppo di nuove architetture di Information Management Sviluppo di iniziative di Marketing, servizi e CRM su canali Mobile Sviluppo di soluzioni di eCommerce e/o Mobile Commerce

13%

Fonte: Survey del Politecnico di Milano su 200 CIO

Sviluppo o rinnovamento dei Data Center

11% 9%

Sviluppo di progetti commerciali su canali web social

6%

Iniziative Cloud pubblico

6%

Tecnologie dedicate ai punti vendita

5%

Applicazioni di sensoristica avanzata

3% 0%

10%

In base alla loro propensione agli investimenti in ICT, le imprese del campione sono state suddivise in quattro cluster. • ICT Basic: sono imprese che continuano a investire in tecnologia solo lo stretto necessario con basso livello di innovatività. In questo cluster si colloca il 49% delle aziende del Panel, percentuale che sale al 62% per le imprese del settore Industria. • ICT Intensive: sono imprese caratterizzate da una forte enfasi sul miglioramento dell’efficienza nella gestione corrente dell’ICT a fronte di un mantenimento o lieve potenziamento degli investimenti. Qui si colloca il 28% delle aziende del Panel e

20%

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40%

50%

il 53% delle imprese del settore Utility-Energy, settore che è caratterizzato da notevoli investimenti, produttivi e finanziari, e da una forte attenzione all’innovazione dei servizi, delle modalità di erogazione e delle tecnologie utilizzate. • ICT Push: sono le imprese dove l’innovazione rappresenta la chiave per il successo, e gli investimenti in ICT sono frequenti e importanti. Qui troviamo l’11%delle aziende del Panel, il 42% delle Media&Telco. • ICT Extensive: sono imprese caratterizzate da ingenti spese correnti che assorbono la maggior parte del budget ICT. Il cluster ICT Extensive è poco rappresentato (12%) e senza alcuna connotazione settoriale.

C’è un’inversione di tendenza rispetto all’ultimo biennio. Le Direzioni ICT devono cogliere questa occasione e fungere da stimolo e presidio di un processo di trasformazione digitale che deve coinvolgere tutte le Line of Business e l’intera organizzazione | 8 |

30%


c ove r st o ry | L e p rio rità 2 01 4 p e r l a dire z io n e ICT

Le aree di investimento L’ambito di investimento più diffuso per il 2014 è quello della Business Intelligence e dei Big Data Analytics, priorità di investimento per quasi il 40% delle imprese del campione, con punte del 47% nel settore Finance. L’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence ha messo in luce come per due CIO italiani su 3 BI e Analytics siano un fenomeno destinato a cambiare o addirittura rivoluzionare il modo stesso di fare ICT nelle organizzazioni. La seconda priorità, con percentuali simili, ma con diffusione prevalente nei settori industriali piuttosto che nei servizi, sono i sistemi gestionali ERP, che oltre a diffondersi si arricchiscono sempre più di funzionalità social e accesso Mobile, offren-

do grandi possibilità di evoluzione dei sistemi ERP che aumentano la produttività delle persone. Terza priorità, particolarmente sentita nelle Media&Telco, ma anche nelle aziende del settore Utility&Energy, sono i sistemi di CRM, con particolare riferimento a quelli Multicanale. L’Osservatorio Multicanalità ha stimato come la popolazione multicanale sia ormai vicina ai 40 milioni, e sia una popolazione con buone disponibilità economiche, che spende in media tra il 15 ed il 30% in più rispetto ai consumatori tradizionali. Quarta priorità di investimento è la Digitalizzazione e dematerializzazione, particolarmente sentita nelle Utility&Energy e nel Finance. Si tratta di investimenti che, come ha da anni ampiamente documentato dall’Osservatorio Fatturazione Elet-

La Digital Business-Innovation Academy In ogni settore dell’economia, anche in quelli un tempo ritenuti tradizionali, l’innovazione digitale può trasformare processi, prodotti e servizi e relazioni con il mercato, giocando un ruolo propulsivo per il rilancio delle imprese del nostro Paese. Eppure sono ancora pochi i CEO ed i responsabili di Line of Business delle imprese italiane che hanno consapevolmente impostato una agenda concreta per la trasformazione digitale delle proprie organizzazioni. In questo panorama la Management Academy for ICT Executives, il programma culturale degli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano, cambia nome e potenzia le sue attività, diventando Digital Business-Innovation Academy. L’obiettivo è affiancare e sostenere tutti i decisori che, anche al di fuori delle tradizionali aree dei Sistemi Informativi, sono interessati a comprendere e valorizzare le opportunità del digitale per l’innovazione del loro business. Attraverso un calendario annuale di workshop e tavoli di lavoro, l’Academy propone confronti vivaci e produttivi sui principali temi dell’innovazione digitale delle imprese, coinvolgendo decisori della domanda e dell’offerta di nuove tecnologie e servizi, referenti delle Line of Business e rappresentanti delle istituzioni. A partire da Ricerche, Survey ed autorevoli testimonianze, verranno identificati, monitorati e discussi i principali trend tecnologici e le trasformazioni organizzative che stanno cambiando il modo di fare business nelle imprese. Gestita in collaborazione con Cefriel e con il patrocino di ASSI, Aused, CDTI, CIO AICA Forum e ClubTI, l’Academy nei suoi primi sei anni di vita ha già prodotto oltre 1350 ore di formazione, 43 Workshop riservati, 10 Report e 5 Convegni aperti, lavorando con oltre 1500 Executives delle principali imprese italiane. Il programma del 2014 prevede: • un ciclo di 9 Workshop ad invito, riservati al confronto tra i protagonisti dell’Innovazione Digitale • una piattaforma di formazione avanzata con un master ed oltre 20 moduli tematici • Ricerche sui principali trend negli investimenti e nell’organizzazione dell’ICT • un evento aperto di fine anno Grazie a questo programma la Digital Business-Innovation Academy si candida a costituire un punto di riferimento per la community dell’Innovazione Digitale italiana, fornire agli attori in campo gli strumenti necessari per affrontare nel modo più rapido e competitivo la sfida dell’economia digitale. Per informazioni: luksch@mip.polimi.it www.osservatori.net www.ict4executive.it

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cover story | Le pr i or i tà 20 1 4 pe r l a d i r e z i one I C T

In termini di struttura organizzativa, per i prossimi tre anni più di un quarto dei rispondenti alla Survey prevede uno snellimento del Nucleo Operativo delle Direzioni ICT a fronte di un aumento significativo nelle unità di Governance, Supply Management, Project Management e soprattutto Demand Management

Il 2013 è stato un anno molto faticoso per i CIO, sollecitati dal management a valorizzare numerose nuove opportunità

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tronica e Dematerializzazione, offre ritorni concreti ed interessanti con tempi di ripagamento spesso inferiori all’anno. Quinta e sesta priorità sono lo Sviluppo di Mobile App e l’introduzione di Device mobili per il business, trend ampiamente trasversale con 6 imprese su 10 che, secondo l’Osservatorio Mobile Enterprise, hanno introdotto o stanno introducendo Mobile App dedicate al business. Lo stesso Osservatorio mette in luce come l’introduzione di Device mobili continui ad essere una priorità con 6 imprese su 10 impegnate a sperimentare qualche forma di policy di BYOD (Bring You Own Device).

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Le sfide organizzative Pur ostacolata e resa meno efficace dalla mancanza di budget, di infrastrutture e di regia, il fenomeno della digitalizzazione diventa sempre più pervasivo e “liquido”, penetrando in ogni processo e spazio di relazione interno ed esterno all’organizzazione. L’impatto sull’organizzazione, i ruoli e le competenze delle Direzioni ICT è assai rilevante. In termini di struttura organizzativa, per i prossimi tre anni più di un quarto dei rispondenti alla Survey prevede un trend di snellimento del Nucleo Operativo delle Direzioni ICT (composto da ruoli tecnici, quali operatori, sistemisti e sviluppatori) a fronte di un aumento significativo nelle unità di Governance, Supply Management, Project Management e soprattutto Demand Management, quest’ultima prevista in crescita in ben il 32% delle imprese intervistate. Pur con le specifiche declinazione per settore, tra i ruoli in maggior crescita spiccano quelli dedicati alla Gestione dell’Innovazione, con il 37% delle risposte, seguiti dai Demand Manager, con il 27%, e gli esperti nella gestione delle soluzioni Mobile e dell’Enterprise Architecture, entrambi al 23%. Si tratta di ruoli chiamati ad affiancare le Line of Business, suggerendo opportunità di innovazione o aiutando ad anticipare possibili vincoli tecnologici dei progetti di trasformazione. Trasversalmente alla Direzione, le competenze che assumeranno un ruolo sempre più importante sono quelle di progetto e gestionali e, in modo molto particolare, quelle di Innovation Management riconosciute oggi particolarmente carenti dalla maggior parte dei CIO. Nonostante il clima complessivo di austerità e incertezza, in conclusione, i CIO percepiscono che il processo di progressiva digitalizzazione del business si sia definitivamente innescato e richieda loro di farsi promotori di quell’evoluzione culturale e organizzativa indispensabile alle imprese per garantirsi un ruolo nel nuovo panorama competitivo. Per questo motivo stanno cercando di dotare le Direzioni ICT dei ruoli e delle competenze indispensabili per accompagnare e gestire i percorsi di innovazione e trasformazione digitale.


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cover story | L’Age nda D i gi tal e 20 1 4 d e ll e i m pr e se ital ia n e

Gianluca Giovannetti

Direttore Sistemi Informativi, Organizzazione ed attuazione Strategia, Gruppo Amadori

«

È importante presidiare ambiti innovativi come Social e Mobile con nuovi ruoli e competenze, per creare una relazione positiva con il consumatore

Il Gruppo Amadori è uno dei principali leader nel settore agroalimentare italiano, un’azienda innovativa e un punto di riferimento per i piatti a base di carne. Con 7.200 dipendenti, il Gruppo ha investito oltre 40 milioni di euro principalmente nell’ampliamento e potenziamento della capacità produttiva degli stabilimenti di trasformazione, nel miglioramento e standardizzazione della qualità dei prodotti, nel settore sicurezza e ambiente e nell’aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili. Come reazione alla rivoluzione che la consumerizzazione dell’IT ha causato negli ultimi mesi, la Direzione ICT del Gruppo Amadori ha deciso di farsi promotrice di trasformazioni e cambiamenti all’interno dell’azienda. «Riteniamo da sempre importantissimo il tema dei ruoli e delle competenze, oggi ancor più rilevanti per presidiare ambiti innovativi quali Social e Mobile, così come quello Cloud» dichiara Gianluca Giovannetti, Direttore Sistemi Informativi, Organizzazione ed attuazione Strategia del Gruppo Amadori. «Si tratta di temi su cui sia l’ICT sia il Business si ritrovano coinvolti indipendentemente dalla propria volontà, e che è quindi imprescindibile

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affrontare». Ruoli e competenze nelle nuove tecnologie che vanno costruiti attraverso percorsi ad hoc, oppure acquisiti dall’esterno. «Amadori non ha una ricetta da suggerire: la nostra intuizione vincente è forse stata di investire pervasivamente nell’innovazione e di non allocare le risorse più giovani su attività troppo operative, in modo che fossero sempre pronte ad affrontare nuovi incarichi e sfide» spiega Giovannetti, che

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aggiunge: «privi di preconcetti e accompagnati attraverso un percorso adeguato, questi giovani ci hanno aiutato a costruire con il consumatore una relazione positiva». Accanto al tema dell’organizzazione, che prevede nel 2014 anche l’importante sfi-

da dell’internazionalizzazione della governance dell’ICT, per il Gruppo Amadori rimangono prioritari altri ambiti “caldi”, già affrontati lo scorso anno, quali la digitalizzazione dei processi, la costruzione di canali digitali per la relazione con il consumatore e il Social CRM.

Massimo Bollati

ICT & Digital Director, TNT Post L’impegno per il futuro è lo sviluppo di servizi digitali per i clienti che completino e arricchiscano il core business delle consegne TNT Post Italia, dal 1998 - anno della sua costituzione – è il primo operatore privato del mercato postale nazionale. Ha sede centrale a Milano, circa 2.000 addetti e una rete di oltre 300 filiali dirette e indirette distribuite sul territorio nazionale. È un’azienda dai connotati fisici, che vede nel network distributivo l’asse portante e il valore della società, ma il ruolo dell’ICT è determinante: le attività di consegna, infatti, si basano sui sistemi informativi che permettono, per ogni oggetto che viene portato al cittadino, il corretto monitoraggio di tutte

le fasi. «Nel corso degli ultimi due anni la richiesta di servizi digitali e multicanale da parte dei nostri clienti è cresciuta, diventando un elemento che qualifica il delivery tradizionale – racconta Massimo Bollati, ICT & Digital Director, TNT Post -. Siamo impegnati ad arricchire la nostra catena del valore con i servizi digitali, in un’ottica di completamento dei meccanismi di comunicazione e di trasferimento di informazioni, oltre che di oggetti fisici, ai nostri clienti». L’accelerazione verso il digitale è una direzione strategica


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Paolo Ciceri

Chief Information Officer, laRinascente

Le principali sfide per la direzione ICT sono il supporto all’apertura di nuovi department store e il CRM, alla scoperta del cliente

LaRinascente, con un secolo di storia alle spalle, conta nel 2013 11 punti vendita e un concept store, 60.000 metri quadrati di spazio commerciale, 29 milioni di visitatori, 5.2 milioni di

indicata dall’Amministratore Delegato della società, confermata anche dal nuovo impegno del CIO, che oggi si occupa in prima persona del mondo Digital in collaborazione con le Business Units. «Il nuovo impegno include il governo di attività aziendali che riguardano diverse funzioni, come il Digital Marketing, la parte digitale legata alle Operation, le iniziative di innovazione che nascono spontaneamente all’interno dell’azienda. L’obiettivo è dare una forma compiuta a tutte queste iniziative» conclude Bollati.

scontrini, 420 milioni di fatturato, 1.500 dipendenti. Nel 2011 è stata acquisita da Central Retail Corporation, gruppo thailandese leader del Sud-Est asiatico nel settore della distribuzione

e dei department store, con 66.000 dipendenti, mentre nel febbraio 2013 la Rinascente ha acquistato il department store danese Illum. Proprio il processo di internazionalizzazione rappresenta una delle priorità 2014 per laRinascente, sia dal punto di vista dell’intera azienda, sia dal punto di vista della Direzione ICT, guidata da Paolo Ciceri. «L’acquisizione del department store in Danimarca rappresenta per noi una sorta di “back to origin”: dobbiamo infatti affrontare nuovamente il tema dell’ERP, insieme alla modellazione dei processi, tutti elementi che conosciamo già ma che dobbiamo

applicare all’interno di un progetto piuttosto complesso», spiega il CIO della Rinascente. Il processo di internazionalizzazione, che richiederà nuovi skill sia in Italia sia all’estero, con la necessaria definizione di nuovi modelli di budget e modalità relazionali, avrà come obiettivo quello di mantenere le specificità del Paese di azione, coordinate attraverso la governance centralizzata in Italia. Il 2014 sarà inoltre un anno di continuità rispetto al passato, relativamente al progetto di CRM dell’azienda e a quello di sviluppo del nuovo punto vendita di Roma. «In poco più di un anno abbiamo raggiunto 700.000 clienti di Rinascente Card, e questo ci dà fiducia sul nostro modo di relazionarci con il consumatore», commenta il manager, che aggiunge: «il 2012 e il 2013 sono stati ampiamente dedicati all’engagement col cliente; quest’anno avremo quindi una base dati abbastanza ampia per poter elaborare dei modelli di gestione della relazione con il cliente e di analisi del dato ancora più innovativi rispetto a quelli utilizzati finora». Un’altra iniziativa rilevante è l’apertura del department store di Roma, che nasce in uno spazio ampio e che comporterà un notevole impegno nella gestione delle esigenze delle tre famiglie che si confronteranno al suo interno: il personale della Rinascente, i brand presenti nello store e i clienti.

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Roberto Fonso

Direttore Information Technology Banca Popolare di Milano Serve puntare sulla flessibilità dell’ICT al servizio del Business per stare al passo con i cambiamenti, e avere la capacità di demandare alcune attività all’esterno, mantenendo internamente la governance

La Banca Popolare di Milano è una società cooperativa a responsabilità limitata fondata a Milano nel 1865, istituto di credito a capo del gruppo Bipiemme. È l’undicesima banca in Italia per capitalizzazione, quinta tra gli istituti popolari. BPM ha oltre il 70% delle proprie filiali concentrate in Lombardia e focalizza la sua attività sulla clientela retail, sulle piccole e medie imprese e sui prodotti di risparmio gestito. Anche la Banca Popolare di Milano nel 2014 si focalizzerà sulle quattro forze che stanno pervadendo il mercato e la società: la Business Intelligence, il Cloud, la Mobility e il Social. In particolare, se grande impegno sarà rivolto ai progetti in ambito retail a supporto della commercializzazione, già avviati nel 2013, la Banca si focalizzerà altrettanto intensamente sul tema della Business Intelligence

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e del Datawarehouse, nonché sullo sviluppo di una Intranet evoluta, in chiave 2.0. «Ci sono poi alcuni temi che sarà necessario affrontare per rimanere competitivi sul mercato, come quello della flessibilità dell’ICT al servizio del Business. Oggi il Business cambia sempre più velocemente e il rischio è che l’ICT non riesca a stare al passo né dal punto di vista tecnologico né dal punto di vista organizzativo», spiega Roberto Fonso, Direttore Information Technology della Banca Popolare di Milano. «Purtroppo è difficile trovare persone con competenze nelle nuove tecnologie da inserire in azienda, e senza dubbio l’istruzione universitaria e para universitaria ha il compito di formare queste figure professionali nel medio periodo per rispondere alle esigenze del mercato dei prossimi anni».

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Accanto a questo, il manager pone in evidenza anche il tema della commoditizzazione di alcune componenti informatiche, soprattutto quelle infrastrutturali, che fino a qualche mese fa erano considerate differenzianti. «Nel mondo bancario ci sono ambiti applicativi legati alla

Compliance alla normativa che potrebbero essere gestiti come commodity, delegando componenti prima gestite in-house. È importante avere la capacità di demandare alcune attività all’esterno, mantenendo internamente la governance delle stesse», conclude Fonso.

Antonio Samaritani

Direttore Sistemi Informativi e ICT, Regione Lombardia La Direzione ICT della Regione Lombardia comprende un’ampia gamma di attività: oltre alla responsabilità dell’area applicativa e infrastrutturale dei Sistemi, si occupa di definire e individuare le linee guida per lo sviluppo digitale del territorio, dei sistemi di telefonia e del supporto tecnico agli eventi istituzionali della Regione. Le attività operative vengono realizzate attraverso quattro contratti di outsourcing: il primo con Lombardia Informatica, la società in-house della Regione, per la gestione della parte applicativa e dei Data Center; un secondo con un carrier telefonico per la gestione della rete fonia e dati, e parte dell’assistenza multimediale agli eventi; un terzo per tutta la gestione del fleet management (postazioni di lavoro); infine con Consip per la fornitura degli apparecchi di

telefonia mobile. A fronte del Programma Regionale di Sviluppo che definisce le linee di azione della legislatura, per il 2014 Regione Lombardia ha definito le priorità di investimento per l’ICT. «Tra i temi di maggior interesse per il prossimo anno figura senza dubbio la Business Intelligence. In una logica di risorse scarse, fare efficienza e capire quali politiche incidano realmente sul cittadino è per Regione Lombardia di primaria importanza; la capacità di lettura dei dati si rivela quindi fondamentale e, in linea con questa visione - afferma Antonio Samaritani, Direttore Sistemi Informativi e ICT e vicario della Direzione Centrale che si occupa anche di Organizzazione e Personale di Regione Lombardia -. Già lo scorso anno abbiamo avviato il progetto di Database Welfare che collega tutti i sussidi erogati in ambito


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Daniele Orini

IT Manager di Decathlon Italia La catena retail dedicata agli sportivi si focalizza su iniziative Mobile e eCommerce, per servire e informare meglio la clientela fuori e dentro il punto vendita Smartphone e tablet per servire meglio i clienti, eCommerce con consegna a casa o in negozio, nuovi sistemi di pagamento, adozione intensa dell’RFId. È ricca di iniziative l’agenda dell’innovazione di Decathlon, la nota catena francese retail dedicata agli sportivi che produce direttamente l’ 80% degli articoli in commercio e che in Italia ha 85

punti vendita. A livello europeo, la società si conferma molto attenta all’utilizzo delle tecnologie digitali e alla presenza sul Web, nell’ottica di migliorare la relazione con i clienti, aiutarli nelle scelte e ampliare così le opportunità di vendita. «Siamo molto concentrati a sviluppare iniziative Mobile e di eCommerce», dice Daniele Orini,

IT Manager di Decathlon Italia. Molti sono i progetti già avviati o in fase di sperimentazione. A partire da una nuova App, evoluzione di quella informativa già disponibile da 4 anni, che permetterà ai clienti di acquistare i prodotti da smartphone e tablet. E per chi si trova già nel negozio, sono già disponibili QRcode che, se inquadrati,

Prioritaria la Business Intelligence, per capire quali politiche incidono realmente sul cittadino

welfare per rilevarne e monitorarne gli effettivi benefici». La condivisione di dati e del patrimonio informativo non riguarda solo la lettura dei fenomeni interni, ma è anche un elemento fondamentale per promuovere il territorio. Regione Lombardia ha aderito al progetto sull’ecosistema digitale di Expo 2015 che ha l’obiettivo di creare uno standard per la condivisione e l’interoperabilità dei web services che consenta di creare nuove app per veicolare e facilitare l’acces-

so ai servizi turistici e di infomobilità a supporto dell’enorme afflusso di visitatori previsto per l’occasione. «Investiremo molto in questo ambito creando web services e pubblicando il nostro patrimonio informativo per agevolare lo sviluppo di ulteriori servizi erogati attraverso soluzioni di Private e Public Cloud». Rimangono importanti, infine, le attività infrastrutturali - è in fase di completamento il sito di Disaster Recovery - e l’ambito Enterprise Application e ERP. È in corso infatti da parte

della Regione l’adeguamento alla nuova legge sui bilanci. «Quest’ultima prevede che la Pubblica Amministrazione modifichi i propri sistemi di contabilità finanziaria adottando un piano dei conti unico e armonizzato tra tutti gli enti, iniziativa che consente di fare benchmark tra le varie amministrazioni e che adotti un sistema integrato di contabilità economico –patrimoniale con logiche identiche a quelle della contabilità privatistica. Si tratta di un importante progetto a livello nazionale per il quale la Regione Lombardia sta partecipando alla sperimentazione nazionale» commenta Samaritani. A queste priorità d’azione e investimento per il 2014 si affianca anche un notevole impegno in ambito organizzativo, dove i temi del Demand e Supply Management e della Governance dell’ICT diventano sempre più pressanti.

permettono di ottenere informazioni sull’articolo. «Il nostro obiettivo è favorire la scelta, quella migliore per le esigenze del cliente. Non comunichiamo solo il prezzo ma una destinazione d’uso, il motivo dell’acquisto», spiega Orini. Nell’ottica dell’innovazione va anche il progetto che prevede l’adozione massiccia delle etichette RFId, previsto per il 2014: «Le metteremo nel 2014 sull’85% degli articoli, ovvero tutti tranne quelli voluminosi, metallici e a grande rotazione». Le etichette serviranno a favorire la logistica e la sicurezza: serviranno anche come antitaccheggio, per esigenze di inventario, e per il self check out degli articoli acquistati. Anche i progetti di fidelizzazione vanno verso gli smartphone. «Non stamperemo più le tessere fedeltà – rivela l’IT manager -. Già adesso è possibile visualizzare i codici a barre sullo smartphone e presentarlo in cassa». Il couponing è già stato dematerializzato: la società ha smesso di stampare volantini di carta. «Consegneremo degli smartphone Android ai venditori, che potranno consultare una versione Mobile del catalogo interno, che abbiamo sviluppato apposta, per dare al cliente le informazioni richieste. E in futuro sarà anche possibile effettuare il pagamento: stiamo valutando sistemi di Mobile POS. Con questo nuovo approccio, potremmo anche arrivare a eliminare la barriera casse, dislocando i punti cassa all’interno dei negozi», conclude il manager.

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Gloria Gazzano Direttore ICT, Snam

Prosegue la strada già imboccata per consolidare i Data Center e trasformare il patrimonio applicativo, mentre cresce l’investimento nella dematerializzazione, nella Security e nel Mobile

Con sede centrale a San Donato Milanese, Snam è un gruppo integrato che presidia le attività regolate del settore del gas in Italia e che comprende: Snam Rete Gas (trasporto del gas naturale); GNL Italia (rigassificazione del gas liquefatto); STOGIT (stoccaggio del gas); Italgas (vendita e distribuzione del gas). La direzione ICT, guidata da Gloria Gazzano, conta circa 120 risorse, che servono un gruppo di 6.000 persone, con un elevato volume di progetti gestiti: circa 300 all’anno. Negli ultimi anni le attività ICT sono state in larga misura dettate dalla necessità di rispondere alle grandi trasformazioni societarie e organizzative del Gruppo, rispettando vincoli temporali molto stringenti: il distacco dal Gruppo Eni e la riorganizzazione di 5 società. Dal 2013 Snam ha intrapreso il percorso di rinnovamento dei sistemi core, a partire da una rivisitazione globale dei sistemi commerciali e di manutenzione anche ai fini della “predictive maintenance”. «Nel 2014 proseguiremo la strada già imboccata della Infrastructure e Application Transformation, che è la nostra principale priorità di inve-

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stimento», spiega il Direttore ICT di Snam, che aggiunge: «si tratta di un progetto avviato nel 2012, che è stato determinante nel 2013 e che sarà ancora più significativo nel 2014 (pari al 17% degli investimenti), volto a consolidare i Data Center, ad adottare standard infrastrutturali e applicativi e a trasformare il patrimonio applicativo. Utilizzeremo la virtualizzazione in un Private Cloud per gli ambienti di sviluppo e test». Nel 2014 anche l’investimento nella digitalizzazione e dematerializzazione dei processi sarà in crescita rispetto all’anno appena trascorso (con una percentuale pari al 12%), così come quello nella CyberSecurity, che passerà dal 6% al 9% nel quadriennio 2014/2018. «Abbiamo deciso di incrementare ulteriormente gli investimenti sulla CyberSecurity in quanto nel contesto attuale è sempre più necessario difendersi da attacchi esterni, tenendo anche conto che l’attuale assetto societario ci sta rendendo potenzialmente più esposti» spiega Gazzano. L’investimento nella CyberSecurity ha un risvolto importante anche dal punto di vista organizzativo, in quanto

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si tratta di una tematica specifica che richiede competenze molto verticali «che in parte acquisiamo all’esterno da provider specializzati, ma su cui stiamo promuovendo una importante crescita professionale interna». Anche la Mobility vede un aumento degli investimenti, distribuiti in modo pervasivo nei vari progetti in cui Snam è impegnata in prima linea: dalla workforce alla dematerializzazione dei processi corporate. Quanto alla Business Analytics, ci siamo focalizzati sulle applicazioni “in memory”: «siamo passati dai cruscotti

ICT a quelli commerciali, di distribuzione e operation. Siamo molto soddisfatti di questo investimento, che, seppur tattico, sta portando ottimi risultati». In Snam Knowledge Management e Innovazione hanno un ruolo centrale. «È un tema che mi sta molto a cuore - conclude la manager. «Da quasi un anno ci siamo dotati della figura dell’Innovation Manager, e nel 2014 proseguiremo in questa direzione per sviluppare un modo innovativo di diffondere la conoscenza e creare canali diversi da quelli convenzionali di trasferimento di know how».


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un nuovo “stile” di IT per innovare il business

stefano venturi Amministratore Delegato gruppo HP Italia

Solo modernizzando e rendendo la struttura più agile attraverso la tecnologia le organizzazioni potranno contare su applicazioni di nuova generazione, servizi web e infrastrutture capaci di rispondere alle esigenze del mercato e dei consumatori. La sfida per i CIO, secondo HP, è quella di garantire anche all’interno delle aziende un’esperienza “innovativa” di utilizzo

Secondo HP, un nuovo paradigma,“un nuovo stile di IT” caratterizzerà in maniera sempre più profonda lo scenario di mercato anche nel 2014. Big Data, Sicurezza, Cloud e Mobilità sono i trend tecnologici al centro di tale trasformazione, partita dalle esigenze IT dei consumatori, con un impatto significativo sulle modalità di fruizione della tecnologia e sul modo in cui questa viene offerta e gestita. «Questo scenario si traduce in nuove sfide per aziende e CIO, come la definizione di nuovi modelli operativi e di business, nonché la necessità di un IT flessibile, accessibile ed efficiente, in grado di indirizzare i bisogni dei propri clienti. In questo contesto i player ICT hanno un ruolo centrale nell’offrire soluzioni innovative per supportare questo nuovo “stile” di IT», spiega Stefano Venturi, AD del Gruppo HP in Italia. Se si pensa alla crescita esponenziale del volume dei dati prevista nei prossimi cinque anni – che Gartner stima oltre l’800%, tanto da raggiungere un punto di saturazione degli ambienti Data Center – risulta evidente, secondo Venturi, come le organizzazioni saranno chiamate ad evolvere per poter gestire tali dati e contestualmente introdurre nuove applicazioni, come quelle per i Big Data e gli Analytics in ambito Cloud. In questo contesto, l’adozione di un approccio proattivo alla sicurezza risulta fondamentale per gestire adeguatamente il rischio e proteggere le informazioni sensibili, al fine di contrastare efficacemente il crimine informatico. Secondo l’indagine annuale condotta da Ponemon Institute, infatti, il costo degli | 18 |

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attacchi informatici è in costante crescita e registra un incremento del 78% rispetto ai dati rilevati quattro anni fa. Contestualmente all’impatto economico sulle aziende, negli ultimi quattro anni sono aumentati anche la frequenza e il tempo di risoluzione degli attacchi. «Solo una visione unitaria della protezione delle informazioni, che permetta contestualmente di gestire il rischio e la conformità, potrà aiutare le aziende a competere sul mercato», afferma Venturi. Spesso l’innovazione aziendale, di cui la security è un asset fondamentale, viene limitata dalle complessità di un IT obsoleto e da riduzioni dei budget destinati all’IT, perciò la sfida per i CIO è quella di garantire anche all’interno delle aziende un’esperienza “innovativa” di utilizzo della tecnologia, rispondendo all’esigenza di poter accedere alle informazioni ovunque ci si trovi e in qualsiasi momento. La chiave per affrontare questi complessi temi risiede nella semplificazione dell’IT, affinché questo possa giocare il ruolo di catalizzatore dell’innovazione e dell’intero business. I trend evidenziati rappresentano i temi chiave della strategia di HP, alla base del continuo sviluppo e dell’evoluzione della sua offerta. «Il nostro ampio portafoglio di soluzioni – che comprende device, Data Center, infrastruttura, software e servizi – è in grado di rispondere alle sfide imposte dal “nuovo stile di IT”, attraverso una modernizzazione che indirizzi l’innovazione, riduca i rischi di business e acceleri la profittabilità», conclude il manager.


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enormi opportunità dalla trasformazione digitale Big Data, Internet delle cose e consumerizzazione sono solo i principali esempi delle forze che stanno mutando la struttura e i contenuti della domanda espressa da consumatori e cittadini, obbligando le aziende a ripensare la propria proposizione. La consapevolezza, per fortuna, è piuttosto diffusa. Secondo IBM, una forte spinta è in arrivo dal “cognitive computing”

Quello della trasformazione digitale è un processo ineludibile, alimentato com’è da trend in crescita esponenziale - soprattutto i Big Data - e da fenomeni come l’Internet delle cose e la consumerizzazione dell’IT. «Pur tenendo a mente che ogni organizzazione ha necessità e obiettivi diversi, il convergere di un tale insieme di forze sta mutando la struttura e i contenuti della domanda espressa da consumatori e cittadini, ora caratterizzata da aspettative di nuovo tipo. Questo obbliga le aziende a ripensare la propria proposizione, a rivisitare i modelli operativi attraverso cui renderla percepibile, e a prestare un’attenzione diversa alle fasi di interazione con l’intero ecosistema di riferimento», spiega Nicola Ciniero, AD di IBM in Italia. Le opportunità di business in gioco sono enormi e la consapevolezza di ciò, per fortuna, piuttosto diffusa. E non solo a livello di CIO. Le indagini che IBM conduce periodicamente mostrano che anche i CEO, i CFO, così come i direttori delle Risorse Umane, quelli del Marketing e i responsabili della Supply Chain sono sempre più allineati nella percezione delle sfide. Essi si attendono una costante crescita della complessità e si rendono conto che gestire l’impatto dei Big Data attraverso sistemi di nuova generazione e software di analisi è ormai un imperativo. Ma non solo. Passi imprescindibili nell’attuale scenario sono riconosciuti nell’ingaggio dei clienti individualmente intesi - poiché ciò sostiene la fedeltà alla marca - nella crescita della multicanalità e nell’incremento delle competenze dei dipendenti, così

Nicola Ciniero presidente e amministratore delegato IBM Italia

come nel loro forte coinvolgimento. Ciò testimonia che un comune punto di vista sta convergendo verso un modello di “Customer Activated Enterprise”, cioè l’azienda dinamicamente configurata sul cliente e sulla tecnologia come elemento abilitante di ogni innovazione e cambiamento. «Anche per questo noi siamo convinti che la trasformazione digitale delle imprese abbia tutto il potenziale per sostenere il più grande flusso di investimenti in tecnologia dai tempi dell’ERP», afferma Ciniero. All’insieme delle esigenze messe in luce IBM risponde con un approccio olistico. Alla fase di coinvolgimento e ascolto del cliente si unisce infatti la disponibilità di competenze globali e locali – le quali attingono a un’incessante attività di ricerca – e un portafoglio d’offerta dedicato agli Analytics, al Cloud, alla connettività Mobile e al Social, così come ai sistemi cognitivi, macchine intelligenti che interagiscono con l’uomo e imparano operando. «Con le sue straordinarie capacità, Watson sta letteralmente trasformando settori come l’healthcare, il retail, la finanza e molto altro. L’annuncio dell’investimento da 1 miliardo di dollari per la nuova unità Watson Group - una nuova, concreta area di business - risale a pochi giorni fa», conclude il manager. www.ict4executive.it

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UNa via “democratica” all’enterprise computing

Aoungus Hegarty President area EMEA dell

Nel Vecchio Continente le aziende stanno sempre più “trasformando” l’IT per andare oltre il mainframe, affrontando sfide quali virtualizzazione, BYOD, Big Data e sicurezza. Dopo aver cambiato le regole del mercato nei PC, Dell oggi applica gli stessi concetti al networking, ai server e allo storage con l’obiettivo di “democratizzare” anche i settori high-end

Al Dell World 2013, Michael Dell ha sottolineato con forza i pilastri base sui quali le aziende dovranno costruire le propria strategia per gli anni a venire: Transform, Connect, Inform, Protect. Ad Aoungus Hegarty, President per l’area EMEA della società, abbiamo chiesto come si declineranno questi concetti in Europa, in un contesto di mercato difficile come quello attuale. «La strategia per l’Europa sarà la stessa - ha affermato Aoungus -. Dirò di più: ci sarà un’accelerazione. Nel Vecchio Continente le aziende stanno sempre più “trasformando” l’IT per andare oltre il mainframe (Transform), si trovano nella condizione di gestire client virtualizzati e temi quali il BYOD (Connect), devono prendere decisioni migliori attingendo al mare magnum dei Big Data (Inform) e mettere in sicurezza dati e risorse (Protect)». Il manager ha sottolineato come oggi stanno cambiando i ruoli decisionali di chi decide gli investimenti in IT: non è più solo il CIO. «Il punto è far capire a questi nuovi interlocutori come la tecnologia può aiutare il business delle aziende. Su questo bisogna lavorare molto perché non sono pochi quelli che vedono l’IT ancora come un costo, soprattutto fra le piccole e medie imprese», ha affermato. Dell si presenta oggi al mercato come un’azienda end to end. «I clienti rispetto al passato non vogliono parlare con 5-6 fornitori diversi di tecnologia, ma con uno solo. Di fatto stiamo applicando lo stesso concetto di quando siamo partiti con i PC. Venti anni fa ci chiedevamo: perché i PC devono essere così cari? | 20 |

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Come possiamo essere più competitivi per i clienti? Ecco queste domande le abbiamo portate in altri settori come lo storage, il networking, i server. Basti pensare al VRTX, un server che è veramente un datacenter “in a box” proposto a un prezzo molto competitivo. Stiamo insomma cercando di “democratizzare” il mondo dell’enterprise computing, dopo averlo fatto per quello dei PC. Sia chiaro, non stiamo diventando una software company. L’hardware continua a essere il nostro core business». Oggi Dell è un’azienda privata, una novità che secondo il manager è positiva: «Il delisting ci permette di guardare più al medio-lungo periodo senza essere oppressi dalla chiusura della trimestrale o da come reagiranno i mercati in base a una notizia o un rumor». Altra novità è l’attenzione alle startup: è stato annunciato un fondo di 300 milioni di dollari, pensato per chi vuole investire soprattutto in Cloud, Mobile, Big Data e security. Come consiglio alle aziende che oggi fanno fatica a restare competitive in un’economia in affanno, c’è quello dell’ascolto: «Bisogna ascoltare i clienti, capire che necessità di business hanno. Ma non solo, bisogna anche guardare al di dentro: come stanno andando le mie operation? La mia organizzazione è efficiente? La competenza delle persone della mia azienda va bene per i miei obiettivi? Queste sono alcune domande che mi farei. Per l’Italia in particolare, credo che Expo 2015 possa rappresentare un’occasione unica di rilancio. Ne sono convinto».


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Cloud e Mobility, Gestire e semplificare la trasformazione La visione di Fujitsu su due ambiti tecnologici in fortissima ascesa, che hanno dimostrato di poter portare molti benefici alle aziende, ma anche di essere molto complessi da governare. È in corso un momento di eccezionale evoluzione sia per i contenuti tecnologici sia per i modelli commerciali, organizzativi, e di delivery

Federico Francini Presidente e Amministratore Delegato Fujitsu Italia

Siamo in un momento interessante, con diverse tecnologie che stanno trasformando le aziende. Il Cloud computing è ormai una tecnologia matura, i cui benefici sono ben chiari agli addetti ai lavori, come dimostra anche una recente ricerca di Frost & Sullivan Stratecast, commissionata da Fujitsu, sui decision maker in ambito Cloud di diversi Paesi: oltre il 90% evidenzia una solida conoscenza di questa tecnologia. «Per gran parte delle aziende più avanzate, il Cloud è un valido alleato per affrontare le sfide di business e un catalizzatore di trasformazione nell’era del social, del Mobile e dei Big Data. Rimane però qualche dubbio da fugare. Il Cloud semplifica la vita a livello aziendale, ma è una tecnologia complessa», afferma Federico Francini, Presidente e Amministratore Delegato di Fujitsu Italia. La sfida nel 2014 verrà vinta da chi saprà essere un partner affidabile, in grado di ridurre la complessità per le aziende e permettere loro di scegliere le opzioni Cloud più adeguate. Un altro trend interessante è la consumerizzazione dell’IT, che ha portato molte aziende a offrire ai dipendenti l’accesso via mobile e in sicurezza ad applicazioni, comunicazioni e dati, con decisi miglioramenti della produttività. Da parte dell’impresa c’è quindi la necessità di gestire in maniera sicura ed efficace la mobilità e di dotarsi di soluzioni per supportare dispositivi, applicazioni, dati, reti. Soluzioni che permettano di creare un ambiente di lavoro più agile e innovativo, e in grado di integrare in tutta sicurezza i dispositivi personali con applicazioni e dati dell’azienda.

«Stiamo vivendo un momento di eccezionale evoluzione sia per i contenuti tecnologici sia per i modelli commerciali e organizzativi di riferimento. Questi fattori trasformano i modelli di delivery: da un lato gli aspetti di manutenzione delle tecnologie si arricchiscono di contenuti, muovendosi verso servizi di tipo gestito che includono elementi di processo, come il provisioning e la logistica. Dall’altro i modelli “as a service” aprono opzioni di sourcing alternative e potenzialmente molto vantaggiose», evidenzia Francini. La scelta di passare da un assetto in cui il sourcing si incentra sulla fornitura e manutenzione delle tecnologie, a uno basato su un contributo più profondo nella gestione della tecnologia (Managed Service) comporta sempre più un ridisegno dei processi. Fujitsu al proposito ha lanciato di recente la soluzione Managed Infrastructure Service Managed Mobile, piattaforma per la gestione dei servizi mobili che risponde a esigenze di sicurezza e conformità alle norme: due aspetti che finora hanno fortemente limitato l’adozione di modelli ‘Bring your own device’ (BYOD) e della mobilità aziendale. Fujitsu Managed Mobile consente di integrare modelli BYOD nelle strategie mobile delle aziende. Le informazioni risultano sempre e ovunque disponibili, tutelando la governance dell’azienda. La soluzione, di livello enterprise, altamente scalabile, garantisce la qualità del delivery tramite Fujitsu Managed Services, includendo la miglior amministrazione di sistemi Cloud sul mercato e un’assistenza 24x7 all’utente finale. www.ict4executive.it

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Trasformare il business con i Big Data La maggior parte delle aziende in Italia ha già intrapreso progetti di virtualizzazione e creato business abilitanti per il Cloud. Secondo l’AD di EMC Marco Fanizzi, ora è il momento dei Big Data Analytics, in grado di portare enorme valore aggiunto in termini di competitività e sicurezza Marco Fanizzi amministratore delegato emc

«Molte aziende italiane sono perfettamente consapevoli dell’enorme valore aggiunto in termini di competitività e sicurezza portato dalla tecnologia e la maggior parte ha già intrapreso progetti di virtualizzazione e creato business abilitanti per il cloud, arrivando addirittura a creare un’infrastruttura caratterizzata esclusivamente dal software. Questo approccio all’IT Transformation, in combinazione con i Big Data analytics, permetterà alle aziende italiane di crescere considerevolmente in agilità e competitività». È positiva la visione di Marco Fanizzi, Amministratore Delegato e Direttore Generale di EMC Italia, azienda che macina tassi di crescita a doppia cifra, con circa 500 dipendenti, e che ha ormai raggiunto il 30% di quota di mercato nell’External Storage Market (fonte IDC), ma che ha un raggio d’azione molto più ampio, grazie alle società collegate. Una visione che è confermata dai risultati di una survey commissionata dalla società che ha coinvolto 450 decision maker italiani che hanno partecipato lo scorso novembre all’EMC Forum, evento annuale dedicato a clienti e partner della società. Emerge un quadro in cui le aziende intervistate hanno ben chiara l’importanza della costante ricerca di innovazione tecnologia all’interno di una competizione sia locale, che globale: in uno scenario economico influenzato dalla crisi, il 72% considera i propri investimenti tecnologici come mezzo per raggiungere gli obiettivi di business e la grande maggioranza concorda sul fatto che, nelle aziende, il più grande ostacolo sia di natura culturale. | 22 |

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L’analisi dei dati fa la differenza sul mercato In particolare, appare sempre più nitida la percezione dei benefici di trasformazione insiti nei Big Data, in grado di apportare un sensibile miglioramento ai processi decisionali delle aziende. Per il 91% dei decision maker coinvolti, un migliore e più efficiente utilizzo dei dati a disposizione è un fattore chiave per prendere decisioni di business più efficaci. Inoltre, quasi il 40% degli intervistati dichiara che, grazie ai Big Data, la propria azienda è riuscita a ottenere significativi vantaggi competitivi sul mercato, rispetto ai concorrenti. In questo scenario, il 67% ritiene che le informazioni provenienti dai Big Data siano già oggi all’interno delle proprie aziende la base per prendere decisioni concrete per trasformare il business, mentre ben il 58% si dichiara convinto che le aziende che sapranno utilizzare al meglio questi strumenti saranno quelle in grado di distinguersi maggiormente in futuro. Il 62% concorda anche sul fatto che le tecnologie Big Data siano fondamentali per identificare e proteggere la propria azienda contro gli attacchi informatici. Di contro, emergono segnali contrastanti per quanto riguarda il tasso di adozione della tecnologia e i budget. Sebbene sia essenzialmente il budget a determinare le scelte aziendali (68%), il campione identifica in un ROI poco chiaro il principale elemento che blocca l’adozione di Big Data in azienda.


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BusineSs Analytics, dal realtime nuovi vantaggi Le soluzioni più recenti aiutano le imprese a risolvere i problemi di complessità e varietà delle informazioni da elaborare, riducendo il ‘time to information’. Molteplici gli ambiti di applicazione: nel marketing, in ambito finance e retail e in futuro nelle smart grid e nelle smart city Angelo Tenconi Analytics and Technology Director SAS Italia

L’anno appena iniziato non porterà cambiamenti rispetto al trend che da qualche tempo sta spingendo le aziende a utilizzare più diffusamente i Business Analytics, attraverso migliori correlazioni tra le fonti di dati interne e l’integrazione con quelle esterne. «Capacità che oggi sono potenziate dal realtime o quasi-realtime - spiega Angelo Tenconi, Analytics and Technology Director di SAS Italia -, dalla possibilità di elaborare i dati nelle vicinanze dei produttori o delle persone che ne fruiscono, abilitando applicazioni che non erano possibili nel passato». Le soluzioni attuali risolvono i problemi di complessità e varietà delle informazioni attraverso l’impiego esteso di automatismi. Rispondono inoltre alle nuove esigenze di “consumo” dei dati all’interno delle organizzazioni più moderne o delle aziende che hanno adottato nuovi modelli di servizio. «Situazioni in cui è fondamentale il ‘time to information’ - precisa Tenconi -, che richiede una più stretta correlazione tra la produzione delle informazioni analitiche e la gestione delle regole di business. Proprio questa è la prerogativa del nuovo SAS Decision Manager a cui si aggiungerà, nei corso dei prossimi mesi, SAS Visual Statistics per semplificare la fruizione da parte degli utenti finali». Quest’ultimo aspetto è infatti uno dei trend fondamentali dei Business Analytics. «Per questo sono importanti strumenti visuali adatti alle persone del business e non più soltanto ai guru informatici».Tra le applicazioni innovative c’è il marketing di prossimità. «Le tecnologie analitiche consentono di indirizzare l’offerta com-

merciale e le promozioni nei luoghi e nei momenti più adatti per il cliente, evitando fastidioso spamming. Questo è un aspetto importante in Italia per settori come il retail e il fashion». La capacità di elaborare in tempi rapidi grandi moli di dati è utile anche per le azioni commerciali delle aziende telco e utility. «Per esempio rende possibile creare offerte personalizzate più efficaci partendo dai dati d’uso del telefono, dei dispositivi mobili di un cliente. Terabyte e terabyte di dati possono essere facilmente collegati con i classici processi di marketing, in modo da tenere conto del profilo personale dell’utente, ma anche, per esempio, di quello dei suoi familiari». Altri ambiti d’applicazione riguardano la rilevazione e la prevenzione dalle frodi, «questo grazie alla possibilità di mettere insieme fonti dati differenti anche in mancanza di chiavi univoche, facendo correlazioni di tipo statistico». In generale, per l’anno appena iniziato, SAS prevede che le aziende continueranno a investire nei Business Analytics, in particolare nell’ambito finance e retail. Gli sviluppi più innovativi nel campo della sensoristica ne fanno prevedere nuovi sviluppi anche tra le aziende utility e in particolare nei campi delle smart grid e delle smart city. «Quest’ultimo tema potrà rappresentare un forte impulso in Italia in occasione dell’Expo di Milano. La tecnologia permetterà di offrire ai visitatori servizi innovativi e più integrati», conclude Tenconi. www.ict4executive.it

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ECOMMERCE B2C / Quanto vale l'e Commerce B2c in Italia nel 2013 e quali sono le potenzia lità di sv ilupp o nei prossimi anni? / Come sta evolvendo il Mobile Commerce in Italia? Come sono utilizzati i Social Network a supporto del processo di interazione con il consumatore?

LE DOMANDE CHIAVE A CUI GLI OSSERVATORI RISPONDONO

– ICT NELLE UTILITY – INTERNET OF THINGS – INTRANET BANCHE – MOBILE BANKING – MOBILE & APP ECONOMY – MOBILE ENTERPRISE – MOBILE MARKETING & SERVICE – MOBILE PAYMENT & COMMERCE – MULTICANALITÀ – NEW MEDIA & NEW INTERNET – SMART WORKING – STARTUP

MOBILE PAYMENT & COMMERCE

CLOUD & ICT AS A SERVICE / Qual è il mercato del Cloud Computing in Italia? / Come cambia la filiera dell’offerta con l’avvento del Cloud Computing?

MOBILE & APP ECONOMY

/ Quali sono i casi di successo di Mobile Payment in Italia e all’estero? / Quale ecosistema (ruolo di Telco, Banche e Provider) si affermerà in Italia per lo sviluppo del Mobile Payment?

/ Quanto vale il mercato delle Mobile Application in Italia? / Quali sono i comportamenti degli utenti che scaricano applicazioni dal telefonino?

BIG DATA ANALYTICS & BUSINESS INTELLIGENCE / Come si può innovare il Business con i Big Data? / Quali sono i benefici riscontrati nei casi di successo?

– SUPPLY CHAIN FINANCE P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O

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Il percorso verso i vantaggi di Cloud e mobility

roberto del corno Managing Director per Italia e Spagna dimension data

L’adozione delle tecnologie oggi non può portare significativi benefici senza una profonda revisione dei processi, dei ruoli e delle responsabilità. Per questo, le imprese richiedono un partner tecnologico che operi come consulente, in grado di valutare le reali esigenze, creare e implementare un piano di azione sostenibile, gestire la quotidianità e l’evoluzione delle infrastrutture

Stiamo assistendo anche in Italia al delinearsi di un’era tecnologica che poggia le proprie basi su nuovi paradigmi di fruizione dei servizi e che porta i decisori aziendali a dover rispondere a rinnovate esigenze di business e differenti logiche operative. «Prendiamo ad esempio la Mobility e il Cloud, di cui molto si è parlato nel 2013 e che senza dubbio rappresentano un importante fattore di innovazione - afferma Roberto Del Corno, Managing Director di Dimension Data per Italia e Spagna -. Per il 2014 ci aspettiamo che questi trend, che ad oggi sono nell’agenda di quasi ogni CIO ma che effettivamente trovano applicazioni pratiche ancora isolate, passino ad una successiva fase di maturazione: non ancora diffusione di massa, ma senz’altro adozione più massiccia da parte delle aziende». Un sistema avanzato di gestione della mobilità offre alle aziende e agli individui maggiore flessibilità e produttività, il Cloud Computing alta scalabilità ed efficienza. Ma entrambi non possono essere semplicemente “installati”. «Alla base dei significativi benefici che sono in grado di portare c’è una profonda revisione dei processi IT - prosegue il manager -. Non ultimo, l’affermarsi dei nuovi modelli porta con sè il rischio di una sottovalutazione della sicurezza in termini di disponibilità estesa e sovranità dei dati sensibili, governance, conformità, controllo delle risorse aziendali e valutazione dei rischi. Dal momento che ad essere coinvolti sono sia la sfera infrastrutturale che gli aspetti legati ai processi e all’organizzazione aziendale, abbiamo assistito e | 26 |

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stiamo assistendo a uno spostamento di ruoli, oneri e responsabilità all’interno dell’azienda». È proprio in questo contesto che le aziende come Dimension Data, che non producono tecnologia ma offrono servizi IT, stanno assumendo un ruolo fondamentale nell’interpretazione delle esigenze dei clienti. Presupposto di tutto ciò è l’evoluzione dal concetto di System Integrator a quello di partner tecnologico in grado di offrire risposte alle aziende non solo in termini di prodotto e integrazione ma, soprattutto, di consulenza e concreta valutazione delle reali esigenze, creazione di un piano di azione sostenibile, implementazione dello stesso e gestione della quotidianità nonchè del divenire delle infrastrutture. «I responsabili aziendali necessitano di una strategia IT la cui efficacia possa essere misurata in termini di riduzione dei costi e generazione di business e un system integrator, per poter essere considerato come vero partner tecnologico, deve essere in grado di supportarli in questa sfida», puntualizza Del Corno. Ad esempio, nel percorso verso il Cloud, Dimension Data si propone come partner in grado di ristrutturare l’infrastruttura IT in una logica in cui possano trovare spazio soluzioni hosted virtualizzate e modelli di Public e Private Cloud fino all’offerta di Managed Services disponibili a livello globale grazie agli 11 Data Centre dislocati in tutto il mondo. Non un prodotto “off the shelf” quindi, ma un percorso di trasformazione personalizzato, frutto di una esperienza ICT lunga trent’anni maturata in un contesto internazionale.


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eProcurement in Cloud, un’opportunità per tutte le aziende e le PA I processi di approvvigionamento rivestono un ruolo sempre più strategico e l’adozione di strumenti online innovativi aiuta le aziende a diventare più competitive e trasparenti. Ma in Italia c’è ancora molta strada da fare Nader Sabbaghian amministratore delegato BravoSolution

«Il ruolo della funzione acquisti deve diventare sempre più strategico, e il top management deve riconoscere questa trasformazione. Negli ultimi anni abbiamo visto grandi cambiamenti in Italia, ma c’è ancora molta strada da fare, soprattutto nel settore pubblico». È la vision di Nader Sabbaghian AD di BravoSolution, società italiana specializzata nell’ambito degli approvvigionamenti online con oltre 600 clienti in tutto il mondo che da anni registra tassi di crescita significativi. Il software della società permette di innovare i processi di acquisto e migliorare le performance in ottica di Spending Review, con ricadute positive che vanno ben al di là della riduzione dei costi. Un’opportunità per tutte le aziende e le pubbliche amministrazioni, che grazie a questi strumenti possono diventare più competitive e trasparenti. Come del resto hanno già fatto, grazie a BravoSolution, molte importanti realtà, fra cui Poste, Autogrill, Astaldi, Impresa Pizzarotti, Roche, Nivea, Banca d’Italia, Telecom, Aeroporto di Napoli, Ferrero, oltre ai Governi del Messico, del Regno Unito, di Dubai. Ma cosa significa far diventare strategica una funzione oggi spesso relegata a un ruolo troppo operativo? «Significa scegliere risorse di talento, investire negli strumenti digitali, dare più deleghe». All’estero questo sta avvenendo, c’è una forte spinta: un esempio è il Regno Unito, dove l’eProcurement è ormai adottato in tutti gli enti pubblici e dove ogni anno vengono premiati i migliori progetti, alla presenza del primo ministro.

La soluzione proposta da BravoSolution è fornita come software as a server. «Nel contesto attuale, il Cloud è la scelta ideale - sottolinea il manager -. I costi di avviamento sono bassi, quindi le aziende possono provare a usare il servizio coinvolgendo inizialmente poche persone. In genere si parte da processi semplici, ad esempio piccole gare, per poi arrivare a servizi più sofisticati, come l’analisi della spesa, il monitoraggio dei risparmi, la gestione dei contratti post aggiudicazione. Grande flessibilità, dunque. Inoltre, con il Cloud si ha a disposizione una tecnologia sempre aggiornata». Sebbene il Cloud si stia confermando come modello vincente, in Europa, e ancor di più in Italia, c’è ancora scetticismo. Ci sono miti che vanno sfatati, e il primo è quello della sicurezza dei dati. «È un falso mito - afferma Sabbaghian -. Attraverso il Cloud si possono gestire anche processi estremamente sensibili dal punto di vista della privacy, come quello degli acquisti: lo dimostra il fatto che le nostre soluzioni sono utilizzate dalla Banca D’Italia, dal Ministero della difesa in Inghilterra, e dall’IRS (Internal Revenue Services, l’ente che raccoglie i tributi) in Usa. Per garantire la sicurezza abbiamo molto investito nella tecnologia e abbiamo ottenuto certificazioni specifiche quali la ISO 27001». Altri falsi miti sono la possibilità di integrazione con i sistemi informativi preesistenti e la possibilità di personalizzazione. «Le nostre soluzioni sono sempre personalizzate in funzione dei processi e dei vincoli normativi dei clienti», conclude Sabbaghian. www.ict4executive.it

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A fianco delle PMI per aiutarle a crescere Agomir, che da oltre 30 anni supporta le aziende nel percorso di innovazione, inaugura una nuova sede all’avanguardia e prepara una versione completamente rinnovata del proprio software gestionale. L’AD Mario Goretti: «Chi investe per innovare i processi ne raccoglie i benefici» mario goretti amminIstratore delegato agomir

«Il momento è turbolento, ma questo non ha fermato i progetti in corso: il nostro DNA è il software e ci sta dando buone soddisfazioni, insieme ai servizi, la cui richiesta continua a crescere». Mario Goretti, Amministratore Delegato di Agomir S.p.A. (Gruppo G.R. Informatica), fa un bilancio degli ultimi mesi di attività della società lecchese, che da oltre trent’anni supporta le piccole e medie aziende nel percorso di innovazione, ascoltandone le esigenze e aiutandole a crescere, prodigandosi spesso per promuovere il ruolo che l’informatica può avere a supporto del progresso delle imprese. L’azienda opera a stretto contatto con il territorio, dove l’industria manifatturiera ha un ruolo determinante: non solo software, ma anche progettazione, installazione e manutenzione di sistemi hardware. «C’è ancora chi vede la tecnologia solo come un costo, ma ci sono anche tante PMI che grazie all’ICT stanno ottenendo grandi risultati. Vediamo ritorni sugli investimenti anche di 3-6 mesi: chi investe per innovare i processi ne raccoglie presto i benefici, soprattutto in termini di immediatezza dell’informazione, che è oggi un elemento determinante». Si tratta di quel gruppo di aziende illuminate che rappresentano il motore dell’economia italiana, che sanno essere veloci nel prendere le decisioni e trovare soluzioni ai problemi, che hanno il coraggio di provare nuove strade, e che possono affrontare le difficoltà del momento anche grazie a una struttura finanziaria solida, frutto di scelte oculate fatte in | 28 |

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passato.Per continuare a supportare al meglio i clienti nel percorso di innovazione, di recente Agomir ha messo in campo importanti investimenti. A partire da una nuova sede, inaugurata il 25 ottobre scorso, che ospita anche la nuova server farm e che rappresenta un fiore all’occhiello sul territorio: progettata con materiali e tecnologie ultra-green, mette a disposizione dei collaboratori spazi ampi e confortevoli, che hanno migliorato le condizioni di lavoro e portato entusiasmo nel team, circa 60 persone, cui se ne aggiungono 20 di Easynet, società partecipata. «Il nostro obiettivo è continuare a crescere anche attraverso acquisizioni, per conseguire rapidamente le competenze necessarie per poter rispondere alle necessità del mercato, sempre più esigente. E continuiamo a innovare: nei prossimi mesi presenteremo la nuova versione del nostro software gestionale che mette a fattor comune più di 30 anni di esperienza a fianco delle PMI, un importante progetto nato due anni fa». Si tratta di una soluzione web utilizzabile anche da smartphone e tablet, facilmente parametrizzabile e che pone particolare attenzione alla gestione della produzione su commessa. Il software è fornito anche in modalità Cloud. Un altro obiettivo importante per l’anno in corso è l’internazionalizzazione. L’azienda ha infatti stretto una partnership per distribuire in Turchia le proprie soluzioni di gestione documentale e manutenzione degli impianti, due prodotti di nicchia integrabili con il software gestionale delle imprese.


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un IT più semplice e flessibile per il rilancio delle pmi Per essere più competitive e affrontare con successo i mercati esteri le Piccole e Medie Imprese devono far evolvere i sistemi IT aprendoli verso l’esterno, attivare l’eCommerce, modificare i processi in chiave ‘social’ e utilizzare al meglio outsourcing e Cloud. Tutto questo è già possibile grazie a tecnologie abilitanti e alla competenza del partner

Lorenzo Sala amministratore delegato Nttagic

Le imprese devono oggi aprire maggiormente i loro sistemi IT a realtà ed interlocutori esterni, adottare processi ‘social’ e ridurre i costi attraverso outsourcing e Cloud. Questa è l’opinione di Lorenzo Sala, Amministratore Delegato di Nttagic, storico partner di Microsoft che fornisce alle PMI soluzioni integrate e project management. «Riceviamo molte richieste che riguardano l’ottimizzazione dell’IT e dei processi aziendali, passaggi obbligati per rendere l’azienda più flessibile, capace di aprire filiali estere e di sfruttare le opportunità dei servizi a noleggio. Richieste che si estendono all’outsourcing di applicazioni su server farm ed alla riqualificazione delle professionalità IT interne sui processi più utili nel supporto operativo agli utenti». Dal punto d’osservazione di Nttagic, le PMI che riescono a crescere meglio nell’attuale congiuntura sono quelle capaci di proporsi all’estero, hanno marchi forti e prodotti vincenti. «Mentre in passato l’internazionalizzazione si concentrava prevalentemente ai paesi dell’Europa, oggi si parla di Americhe e Asia - continua Sala -. Passi strategici che richiedono servizi IT non complessi, ampliabili con poco sforzo, come è il caso delle tecnologie ERP e CRM di Microsoft, che permettono facili implementazioni nelle filiali e bassi costi di gestione. Lo abbiamo fatto per molti clienti come, per esempio, con un’azienda di Bolzano leader nella produzione di sistemi per l’innevamento artificiale. In soli sei mesi ha attivato cinque filiali estere, integrandone le attività nel sistema gestionale centrale». Le sollecitazioni di mercato sulle PMI vanno oltre

l’internazionalizzazione. «Realtà eCommerce con nuovi modelli di vendita come Amazon o Yoox stanno creando fortissime pressioni sulle strutture tradizionali di canale nel retail dove concetti come il franchising stanno andando in crisi, spingendo molti produttori a riconsiderare la via diretta per mantenere visibilità e contatto verso i consumatori finali», spiega Sala. L’eCommerce rappresenta sicuramente per molte aziende una soluzione di rilancio, ma spesso i siti operano solo come vetrina o sono usati per svuotare i magazzini dalle vecchie collezioni. Per fare dell’eCommerce una fonte di ricavi primaria occorre altro. «La piattaforma deve essere collegata alla logistica e al mondo Social. L’azienda deve poter conoscere l’esperienza del consumatore prima e dopo l’acquisto, creare cluster d’interesse su cui indirizzare con efficacia le campagne. L’eCommerce funziona quando è connesso con il Digital Marketing, il CRM e l’intera impresa». Il nuovo scenario richiede cambiamenti nell’IT e nei ruoli delle persone, non più a presidio della gestione delle infrastrutture, bensì al supporto all’ottimizzazione dei processi, ricerca e scelta delle soluzioni più innovative ed efficaci. «È finito il tempo dei sistemi ‘fatti in casa’ a favore di un modello che vede l’IT aziendale più simile a una collezione di ‘app’ in grado d’interagire tra di loro in logica multi-canale e multidevice. Tutto questo è già possibile grazie a tecnologie abilitanti come l’XML, l’HTML5 e alla competenza del partner nel garantire interoperabilità e il supporto del cambiamento», conclude Sala. www.ict4executive.it

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piccole aziende e professionisti verso il Cloud Portare le pmi italiane e i professionisti ad adottare soluzioni Cloud significa trovare il linguaggio giusto per spiegare i vantaggi, fugare dubbi sull’affidabilità, superare le resistenze al cambiamento. L’esperienza della software house Passepartout, che ha portato tutti i 22mila clienti gestionali a beneficiare dei nuovi servizi

Il Cloud è un’opportunità per le aziende italiane, ma non è facile far comprendere i benefici reali e superare le resistenze al cambiamento, soprattutto in un momento di difficoltà economica come quello attuale. Ci è riuscita Passepartout, software house di San Marino da vent’anni sul mercato con le proprie soluzioni gestionali per PMI, trovando una via originale per raggiungere l’obiettivo. «Abbiamo migrato tutti i nostri 22 mila clienti gestionali e 60mila utenti su una piattaforma Cloud - afferma Barbara Reffi, Amministratore Delegato della società -. Grazie alla tecnologia che abbiamo chiamato “Undercloud”, infatti, tutti i clienti, che siano ospitati sulla nostra server farm, su server farm di terzi o addirittura sul proprio server in ufficio o nello studio, potranno utilizzare le soluzioni gestionali Passepartout attraverso qualsiasi dispositivo, pc o device mobile, e comunicare con i fornitori e i clienti». Un risultato che è frutto di scelte lungimiranti che risalgono a 4 anni fa, quando l’azienda, intuendo le potenzialità di questa tecnologia, scelse di imboccare con decisione la via del Cloud, orientando la ricerca e sviluppo dei prodotti, interamente realizzati nella propria sede, dove lavorano 130 persone, secondo il nuovo paradigma. Una scelta di campo non solo tecnologica, ma anche commerciale, che ha coinvolto l’intera rete di rivenditori della software house. «Il ruolo del canale si è trasformato – afferma Reffi – e noi abbiamo completamente cambiato la politica commerciale. Le nostre soluzioni Cloud sono

barbara reffi amministratore delegato passepartout

altamente personalizzabili e questo crea valore per il rivenditore». Parlare di Cloud a una PMI è anche un problema di linguaggio, perché l’interlocutore non è un esperto di tecnologia e può avere difficoltà a capire veramente di cosa si tratta. L’Italia è ancora indietro nell’adozione di queste soluzioni rispetto ad altri Paesi europei e agli Stati Uniti, e le imprese oggi fanno fatica a investire. «Ma questo significa anche che ci sono grandi opportunità per chi sceglie il Cloud - continua Reffi -: in fin dei conti, chi sa cavalcare la crisi può trovare grandi vantaggi. L’imperativo, sia per una PMI sia per uno studio professionale, è oggi la riduzione dei costi, e questo è il punto di ingresso per l’adozione della tecnologia. Ma il Cloud permette di cambiare i processi dentro l’azienda e l’interazione con i clienti e i fornitori. La diffusione dei device mobili ha molto aiutato a far comprendere i vantaggi della collaborazione». Per un commercialista, ad esempio, essere in contatto con il proprio cliente significa anche fidelizzarlo e poter offrire nuovi servizi, più consulenziali. Se poi è il cliente a inserire direttamente la prima nota, perché è in possesso del software che gratuitamente viene messo a disposizione delle aziende clienti del professionista, risparmia anche tempo. «Oggi il tempo è il valore assoluto per tutti noi – continua l’Amministratore Delegato -. Ridurre i tempi significa anche che invece di 100 clienti se ne possono avere 150». www.ict4executive.it

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m a n ag e m e nt

Come costruire il successo di un brand: viaggio nella mente del consumatore

di

Martin Lindstrom

brand consultant ed esperto di marketing

Le decisioni d’acquisto sono spesso irrazionali, e le indagini di mercato non bastano, spiega il “guru” Martin Lindstrom: occorre studiare molto da vicino i propri clienti-target, fino a capire gli effetti dei messaggi pubblicitari sul loro cervello con il neuro-marketing. Per scoprire, per esempio, che occorre “disintegrare” il logo in immagini, suoni, colori e forme. O che un’acqua minerale, per avere successo in Cina, deve sapere di erba

Perché un consumatore compra un certo prodotto o servizio? La capacità di rispondere a questa domanda determina il successo o il fallimento di enormi investimenti, e il danese Martin Lindstrom è uno dei maggiori esperti mondiali in materia. Recentemente Lindstrom ha tenuto al World Business Forum 2013 di Milano e al MIP-Politecnico di Milano la conferenza “Perché compriamo oggi: dentro la mente del consumatore”, di cui qui riportiamo una sintesi. Quanti di voi mentre sono sovrappensiero si ritrovano a picchiare con le nocche sul legno o sul metallo? Oppure, entrando in un bagno pubblico, evitano il primo cubicolo, scegliendo il secondo o il terzo? Queste sono solo alcune delle molte cose irrazionali che ogni giorno facciamo inconsciamente. Studi neurologici indicano che l’85% delle decisioni quotidiane è inconscio, e quelle d’acquisto non fanno eccezione. Ma noi pensiamo di essere | 32 |

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consumatori assolutamente razionali: per questo le ricerche di mercato, anche le più scientifiche e rigorose, a volte non funzionano. Un esempio è il Segway, il rivoluzionario “monopattino intelligente”, lanciato oltre dieci anni fa, dopo un rigoroso studio di fattibilità con indagini di mercato mirate, focus group e così via, che ha generato grandi aspettative. I produttori prevedevano di vendere 2,9 milioni di unità nei primi sei anni. Invece ne hanno consegnate 30.000. Questo lancio è stato studiato nei minimi particolari, tutto è stato fatto come dicono i manuali, sono sicuro anche che nei focus group hanno fatto le domande giuste alle persone giuste. Eppure c’è qualcos’altro, che porta il consumatore a decretare il successo o il fallimento di prodotti e brand in modo irrazionale, inconscio. Per questo l’indagine di mercato non basta: la gente a volte risponde una cosa, e poi ne fa un’altra. E spesso quest’in-


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Chi è Martin Lindstrom Inserito nel 2009 nella “World’s 100 Most Influential People” di Time, Martin Lindstrom studia i comportamenti del consumatore, le tecniche di convincimento dei brand, e gli effetti dei messaggi pubblicitari sulla mente (neuro-marketing). Si definisce “customer advocate” o “fan of the consumer”, e particolarmente interessato al tema della “manipolazione del consumatore”. È conferenziere, autore di libri (tra cui i bestseller “Buyology” e “Brandwashed”) e articoli su Wall Street Journal, Economist, New York Times, BusinessWeek, nonché consulente: ha lavorato tra gli altri per McDonald’s, Procter & Gamble, Microsoft, Walt Disney, GlaxoSmithKline.

coerenza non è voluta. L’unico modo per capirci di più è interagire con il consumatore: parlarci, viverci letteralmente insieme per qualche giorno, studiare i più piccoli dettagli nell’ambiente in cui agisce. Io lo chiamo “sleeping with the consumer”. Negli ultimi dieci anni ho intervistato migliaia di persone in tutto il mondo in questo modo. Ho anche fatto uno dei più grandi studi neurologici di Marketing, su 2.000 consumatori, per capire quali zone del cervello si attivano quando si viene sottoposti a messaggi pubblicitari o si decide un acquisto. Perché le donne amano le borse Vuitton Cosa abbiamo scoperto con questo studio? Che determinati tipi di reazione sono spesso associati a precise aree del cervello. Per esempio l’Area 10 di Brodmann, nella corteccia frontale, si attiva quando pensiamo che un prodotto sia “cool”, e possa quindi elevare la nostra immagine e status sociale. La parte destra della corteccia prefrontale mediale è collegata alla tendenza a collezionare e accumulare prodotti. Il “nucleus accumbens” gioca un ruolo importante per i meccanismi di dipendenza e gratificazione. Per il mio libro “Brandwashed” ho condotto una ricerca su 30 donne, chiedendo perché amassero tanto le borse Louis Vuitton. Metà di loro è stata solo intervistata, l’altra metà è stata anche sottoposta a risonanza magnetica funzionale (fMRI), una tecnica per studiare le reazioni della mente agli stimoli. Nelle interviste, tutte hanno sottolineato la qualità di questi prodotti (cuoio, chiusura zip, finiture, durata nel tempo, ecc.), ma in quelle sottoposte a risonanza la vista delle borse Vuitton attivava appunto l’Area 10 di Brodmann.

Insomma, le donne nelle interviste razionalizzavano parlando di qualità, ma in realtà erano attirate dalla “coolness” del marchio. Questo evidenzia uno dei principali meccanismi di preferenza dei brand: il consumatore è portato a fidarsi di altri consumatori, delle loro opinioni e scelte, e specialmente delle persone che lo circondano nella vita quotidiana. Ecco perché, tra l’altro, hanno tanto successo le varie liste “Top 10” e “Top 100”. Per studiare questo fenomeno, ho condotto un esperimento trasferendo una famiglia-modello, i Morgenson (in realtà erano attori), in una cittadina della California, e riempiendo la loro casa di prodotti di dieci brand. Hanno condotto una normale vita sociale, in tre mesi hanno frequentato la loro casa 129 persone, che hanno avuto a che fare con altre, e così via. Direttamente o indirettamente il “passaparola” ha coinvolto 12.302 persone, e il 16% in quei tre mesi ha comprato almeno uno dei dieci brand che avevamo piazzato nella casa. Ogni brand ha due gruppi target Questo meccanismo va sfruttato nel Marketing, ma in che modo? I grandi brand hanno milioni di clienti, ma il target primario è molto più ristretto: per McDonald’s sono le famiglie, non i teenager. Per Apple sono i designer, i creativi. Per Facebook sono gli studenti, e per Nike gli atleti. Il fatto è che è sbagliato rivolgersi a tutti. Il messaggio primario va rivolto a un gruppo molto preciso e mirato, detto “aspirational group”, che è in grado di influenzare un gruppo molto più ampio www.ict4executive.it

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management | Com e cos t r u i r e i l s u cce s s o d i un b ra n d: v iag g io n e l l a me n t e de l c o n sumat o re

boro, il fuoristrada per Camel, e così via), o persino codici a barre, apparentemente inutili, sulle vetture da gara - per generare dei messaggi subliminali e stimolare la voglia di fumare. Io chiamo questo meccanismo “smash the brand”: si va oltre il logo, evocando nel consumatore un brand tramite un ecosistema di simboli, icone, suoni, immagini, colori, forme, cioè di “smashables”. Posso farvi vedere un video di un minuto e mezzo in cui non si nomina mai Coca Cola, né si vede il suo logo, ma decine di “smashables” vi faranno venire voglia di bere una Coca: la forma della loro iconica bottiglietta di vetro, l’onda bianca su fondo rosso, persino il rumore della lattina stappata e della bibita versata nel bicchiere. Perché gli auricolari Apple sono bianchi

Oggi il logo è un concetto superato, dice Lindstrom: si evoca nel consumatore un brand tramite un ecosistema di simboli, icone, suoni, immagini, colori, forme e comportamenti

(“target group”), che è quello che genera il volume di vendite. Più è ristretto e ben definito l’aspirational group, maggiore sarà il successo: è uno dei paradossi del Marketing. Di conseguenza vanno condotte due campagne distinte, con tempi diversi, prima rivolgendosi ai componenti del gruppo “aspirational”, che io chiamo “magnets”, e poi, dopo alcuni mesi, al secondo gruppo, i “takers”. Bisogna dare il tempo ai “magnets” di conoscere il prodotto o servizio, e diffondere le loro opinioni verso i “takers” attraverso i vari canali, tra i quali stanno diventando cruciali i social network. E ora parliamo dei comportamenti legati a un’altra area del cervello, il “nucleus accumbens”, detto anche “craving spot” (l’angolo dei desideri, ndr). Ho fatto un esperimento su un certo numero di fumatori, e ho notato che la loro reazione è negativa di fronte ai logo dei produttori di sigarette, ma ci sono dei simboli “indiretti” che stimolano il loro nucleus accumbens invogliandoli a fumare, quando hanno la “guardia abbassata”. Quali? In Formula 1 i produttori di sigarette non possono esporre i loro logo, ma hanno escogitato altri modi sottili - accostamenti di colori, personaggi, oggetti (il cowboy per Marl-

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E Apple? Pensate agli auricolari: i cavetti sono sempre stati neri, ma Apple li ha fatti bianchi. Oggi se esibite dei cavetti bianchi significa che siete un utente Apple: in tasca avete un iPhone, un iPod o un iPad, anche se non si vede. Insomma, il successo di un brand si misura anche dal numero di simboli che ci spingono inconsciamente a pensare a esso, e i brand tentano di mostrarci sempre più di questi simboli, in ogni momento e circostanza. È un meccanismo legato anche all’uso quotidiano di dispositivi come computer e smartphone, che sta cambiando la fisiologia dell’essere umano, spingendolo verso il multitasking: secondo recenti ricerche il consumatore medio può gestire 1,3 canali di comunicazione contemporaneamente, ma per le ultime generazioni la media sale a 1,4. Io chiamo i ragazzi di oggi “instant gratification generation”: hanno bisogno di stimoli continui, e i colossi del largo consumo ne approfittano attuando un “24/7 branding”. Una leva formidabile: la nostalgia Non è continuo solo il “bombardamento”, ma anche il monitoraggio. C’è bisogno di capire sempre più profondamente il consumatore, e le corde da toccare per influenzarlo. Un modo efficace di far scattare il meccanismo di gratificazione per esempio è la nostalgia, le “rosy memories”. Sappiamo che l’uomo “seleziona” solo i ricordi positivi delle esperienze passate, e se si riesce a riprodurne le condizioni l’effetto è dirompente, perché si rivivono tutte le emozioni di quella volta. È per questo che tutti abbiamo dei film preferiti che rivediamo decine di volte. Vi faccio un esempio di come questo possa influire sulle strategie di Marketing. Qualche anno fa sono stato chiamato da Danone: il loro marchio Evian (acqua minerale) andava bene in tutto il mon-


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«CEO, dormite con il consumatore» “Dormire con il consumatore” è uno degli slogan preferiti di Martin Lindstrom, che lo spiega con un esempio. «Una volta sono stato chiamato nelle Filippine da uno dei maggiori produttori locali di caffè: avevano un calo delle vendite nella stagione delle piogge, nonostante un costoso spot pubblicitario che mostrava una famiglia felice che sorseggiava caffè in casa mentre la pioggia picchiettava su tetto e finestre. Così sono volato a Manila, e ho passato dieci giorni nelle case di cinque famiglie in diverse zone del Paese, vivendo in pratica insieme a loro. Una notte mi sono accorto che il rumore della pioggia sul tetto di lamiera di una di queste case era completamente diverso da quello dello spot, che era sintetizzato artificialmente negli “studios” di Hollywood. Lo spot quindi, con il suo audio non naturale, non evocava nulla nel consumatore filippino. La compagnia lo ha cambiato e le vendite sono aumentate istantaneamente del 19%». La morale, conclude Lindstrom, è semplice: «Raccomando sempre ai CEO: trascorrete un paio di giorni in casa dei consumatori che formano il vostro “core target”. O almeno mandateci le persone coinvolte nello Sviluppo e nel Marketing dei vostri prodotti».

do tranne che in Cina. Ho fatto molte interviste, la gente mi rispondeva “l’acqua Evian sa di acqua”. Cosa significa? Vent’anni prima la Cina era essenzialmente un Paese rurale, la gente viveva in campagna, estraeva l’acqua dal pozzo, la filtrava e la beveva. Il problema era che l’acqua Evian era troppo filtrata: non riusciva ad attivare il ricordo dei bei tempi della vita in campagna. Così Danone ha trovato una sorgente in Cina che lascia un sottile retrogusto di erba e terra anche dopo il filtraggio, e ha aumentato enormemente le vendite diventando il terzo player del mercato.

a ridurre il consumo di alcol nel Paese. Il primo problema era che in Russia ci sono tremila marche di vodka. Come farne emergere un’altra con successo? Ho iniziato a fare interviste, sono andato anche in Siberia, ho sentito gente di tutte le età. Ho imparato che i russi bevono la vodka in gruppo, con un rituale in cui tutti si scolano l’intero bicchiere in una volta. Ma in realtà molti odiano la vodka, soprattutto perché la qualità media è bassa, e 50 ml bevuti tutti insieme bruciano tantissimo. Un’altra cosa che ho appreso dalle interviste è che tra i popoli più ammirati dai russi ci sono i finlandesi.

La vodka fa convivere etica e Marketing

Occorreva quindi “brandizzare” un nuovo modo di bere la vodka: far accettare l’idea di bere a piccoli sorsi, e quindi di meno. Abbiamo così pensato di lanciare un nuovo marchio finlandese (in realtà il liquore è prodotto in Russia e imbottigliato in Finlandia), con una pubblicità che mostrava che in Finlandia è “virile” bere la vodka in bicchieri piccoli, e a sorsi. Il risultato? Il nuovo marchio è ora il terzo sul mercato russo della vodka, ma quello di cui vado più orgoglioso è che in questi due anni la percentuale di uomini russi che bevono alcolici a sorsi è salita dallo 0,7% al 17%. Stiamo contribuendo a cambiare il modo in cui la gente beve, in un Paese in cui l’alcolismo è una piaga sociale, e una delle prime cause di morte.

Spero di avervi dato un’idea di come vanno oggi le cose nel Marketing. Ma il quadro non è ancora completo. Ritengo infatti che il tema della correttezza e dell’etica in questo campo sia ormai di primo piano, e che i grandi brand debbano darsi delle linee guida di comportamento. Alcune tecniche che ho raccontato sono al limite della correttezza verso il consumatore, e la “potenza di fuoco” delle multinazionali è immensa. Ma Internet e i social network attualmente sono una cassa di risonanza potentissima: può nascere una “wikileaks” dedicata alle scorrettezze dei grandi brand, e già oggi l’indignazione veicolata da Twitter e Facebook è in grado di influire pesantemente sull’immagine anche di una compagnia globale. Marketing ed etica quindi possono convivere, come dimostra quest’ultimo caso. Un paio d’anni fa sono stato chiamato in Russia da un’azienda governativa che mi ha posto due obiettivi in conflitto: creare un nuovo brand di vodka, e contribuire

Vi lascio con una frase di Benjamin Franklin, che sintetizza efficacemente tutto ciò che ho detto: “Se mi dici una cosa, la dimenticherò. Se me la mostri, potrei ricordarmela. Se mi coinvolgi, la capirò”. Insomma, più studi il consumatore, lo coinvolgi, ascolti i segnali che manda, e più apprezzerà il tuo brand, restandogli fedele nel tempo. www.ict4executive.it

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Startup Boosting

MISSIONE

Giocare un ruolo sempre più attivo nello stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali in ambito digitale in Italia: è questo l’obiettivo che gli Osservatori Digital Innovation si pongono nella convinzione che ciò rappresenti un ingrediente fondamentale per il rilancio della nostra economia. Per questo motivo nasce il progetto Startup Boosting che intende identificare le idee di business e i progetti imprenditoriali più innovativi nei diversi settori digitali, che saranno supportati e seguiti nel loro sviluppo. CHI PUÒ PARTECIPARE

AMBITI DI APPLICAZIONE

Possono partecipare: • persone fisiche (singole o in gruppo) in possesso di un’idea di business fortemente innovativa; • aziende in fase di startup e con elevato potenziale di crescita; • imprese anche già avviate che abbiano sviluppato innovative idee di business.

MOBILE APPS FA C E B O O K E C O S Y S T E M E-COMMERCE B2C MOBILE MARKETING & SERVICE SOCIAL MEDIA & WEB 2.0

COSA OFFRE

I candidati che supereranno il processo di valutazione: • saranno supportati nella messa a punto del progetto imprenditoriale, con l’obiettivo di accelerarne lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi di business; • avranno la possibilità di frequentare gratuitamente un percorso di alta formazione presso il MIP – la Business School del Politecnico di Milano – finalizzato ad accrescere le competenze e l’empowerment del gruppo imprenditoriale; • saranno supportati nella ricerca dei capitali di rischio necessari.

ICT SECURITY D I G I TA L M E D I A & T V N F C & M O B I L E PAY M E N T ICT IN SANITÀ CLOUD COMPUTING & ICT AS A SERVICE FAT T U R A Z I O N E E L E T T R O N I C A E D E M AT E R I A L I Z Z A Z I O N E

MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE

• La partecipazione è gratuita. • Per iscriversi compilare il Form di registrazione sul sito www.startupboosting.com che include una breve descrizione del progetto imprenditoriale, in cui vengono messi in evidenza: prodotti/servizi innovativi erogati, mercato target, principali concorrenti, fatturato previsto e investimenti stimati (anche solo in modo approssimato). • Ogni mese vengono valutate le proposte pervenute.

GIOCO ONLINE

MOBILE BUSINESS

ENTERPRISE 2.0

AUGMENTED REALITY

U N I F I E D C O M M U N I C AT I O N & C O L L A B O R AT I O N E - P R O C U R E M E N T & E - S U P P LY C H A I N

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BUSINESS INTELLIGENCE AND ANALYTICS SEMANTIC WEB E-GOVERNMENT

INTERNET OF THINGS D I G I TA L M A R K E T I N G


publiredazionale

Mobyt sbarca sul WEB con ADV Service Online

Con il lancio del nuovo servizio, efficace e di semplice utilizzo, Mobyt entra nel campo dell’advertising online. Efficace perché ADV Service Online consente di creare una campagna pubblicitaria online geolocalizzata. In questo modo si colpisce un target molto selezionato, si incrementa il tasso di conversione e si ottimizzano i costi. Allo stesso tempo, la pagina sarà aperta a tutto schermo in modalità full screen riproducendo gli effetti della tv e generando un alto impatto in termini di ricordo del brand. Questo garantisce una grande visibilità in tempi brevi al minor costo per visita sul mercato. È di estrema semplicità, grazie alla piattaforma web Mobyt Multilevel, che consente di gestire tutta la campagna da un unico ambiente intuitivo e facile da utilizzare: a partire dalla creazione della pagina pubblicitaria, alla definizione dell’area geografica, alla condivisione sui canali social, come Facebook e Twitter. Lo stesso pannello, inoltre, dà accesso anche alle tradizionali campagne via SMS. Una semplificazione per i clienti attuali e futuri che hanno a disposizione in un unico ambiente più canali e quindi più leve per raggiungere i propri utenti. Il servizio, con le sue caratteristiche esclusive, è pensato per le nuove esigenze di tutti gli operatori economici: sia per le grandi aziende con un forte legame sul territorio sia per le PMI, piccoli esercenti,

la società, leader in italia nel settore dei servizi di messaggistica SMS per le aziende, propone un nuovo servizio di advertising online che consente di creare in modo semplice una campagna pubblicitaria online geolocalizzata

giorgio nani Amministratore Delegato Mobyt

venditori al dettaglio e online. Gli investimenti, infatti, sono alla portata di tutti. RISULTATI POSITIVI A poche settimane dal lancio, ADV Service Online ha già dato dimostrazione di apprezzamento da parte di quanti lo hanno utilizzato. Risultati che confermano che la direzione intrapresa dall’azienda guidata dall’Amministratore Delegato, Giorgio Nani, è corretta. Lo stesso Nani ha commentato: «Per noi lanciare questo nuovo servizio è stato un passo importante, perché per la prima volta abbiamo cominciato a muoverci su un terreno diverso da quello dei servizi SMS. Una scommessa che sta già dando i suoi frutti e che comunque, secondo la nostra visione, non poteva che essere vincente. Infatti, l’evoluzione tecnologica degli smartphone, che ormai tutti abbiamo in tasca, fa sì che SMS, Mobile Marketing e Online Advertising convergano sempre più verso un unico dispositivo. Ed è solo l’inizio. Essere presenti sul mercato con un’offerta integrata, quindi, per noi non è solo una grande opportunità di business, ma anche una scelta strategica che, siamo certi, ci ripagherà ampiamente già nel prossimo futuro».

p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...

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Innovazione a misura di business

AGENDA DIGITALE

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IDENTITÀ DIGITALE

BYOD

Milano, 1 - 2 aprile 2014 Atahotel Executive, viale don Luigi Sturzo 45 www.omat360.it/mi14 Dal 1990, OMAT è riconosciuta dal mercato come la principale mostra convegno italiana dedicata alla gestione delle informazioni digitali e dei processi aziendali. Area expo, convegni e laboratori studiati per mettere in contatto organizzazioni pubbliche e private con i fornitori più innovativi. Il futuro della tua azienda è nelle tue mani: partecipa a OMAT come espositore o sponsor. Per info: omat@iter.it

OMAT è un progetto ITER - via dei Valtorta 6, 20127 Milano - tel 02.28.31.16.1 - fax 02.28.31.16.66


publiredazionale

Softec, obiettivo di crescita del 30%, dopo un 2013 ricco di novita’

Nei suoi 15 anni di storia, Softec ha sempre lavorato per essere identificata come la “Digital Company” per eccellenza, il punto di riferimento per le imprese che vogliono fare della rete un fattore di successo. «Vorremmo che i clienti ci cercassero per la nostra capacità di garantire presenza, visibilità in rete e un ritorno degli investimenti grazie alle nostre tecnologie proprietarie che abbiniamo ai più moderni strumenti di marketing», spiega Maurizio Bottaini, CEO e President, in quest’intervista. «Nel 2013, oltre a realizzare progetti di successo, abbiamo delineato un assetto imprenditoriale che ha ampliato notevolmente i margini di crescita della società: infatti, dopo esserci quotati su AIM Italia – Mercato Alternativo del Capitale di Borsa Italiana, abbiamo acquisito due delle principali agenzie italiane specializzate in Digital Marketing (BBJ-Web Agency e Redation) per offrire alle aziende un portfolio integrato di servizi e soluzioni tutti correlati tra loro». Inoltre Softec con Silvio Bertani Group ha avviato un progetto internazionale nel settore logistica, costituendo a Londra la Holding WDCInternational: «Crediamo che quello dei trasporti sia un settore molto recettivo verso i servizi e soluzioni per la mobilità che sviluppiamo da anni, e sicuramente sarà un canale per aumentare le nostre trattative commerciali». L’azienda sta poi acquisendo il controllo di WitID.com, un acceleratore d’impresa con sede a Londra. «L’obiettivo è dotare le start-up, e in generale le aziende che vogliono lanciare progetti innovativi in rete, degli strumenti tecnologici e di marketing necessari per avere successo. Infine abbiamo aperto una sede a San Paolo in Brasile per continuare a internazionalizzare la nostra offerta».

Acquisizioni, partnership strategiche e commerciali, nuove sedi, team da fare invidia ai Più grandi centri di ricerca internazionali, progetti di successo. L’Obiettivo? Fare del “bene” ai propri clienti grazie all’assetto imprenditoriale giusto e ai migliori strumenti del “Marketing Digitale”

Maurizio Bottaini CEO & President Softec

Un’azienda che vuole competere sul mercato internazionale, continua il CEO di Softec, deve saper definire una buona strategia di crescita e cogliere tutte le opportunità che si incontrano sul percorso. «Per essere leader non basta essere i più bravi, occorre l’assetto imprenditoriale giusto, ottima visibilità, struttura aziendale forte e soprattutto una visione strategica. Poi ci sono le persone che sono la nostra forza. Noi, che facciamo dell’Innovazione l’asset principale, abbiamo riunito in Softec un team di professionisti dedicato alla ricerca di nuovi scenari e allo sviluppo di servizi all’avanguardia. Ci avvaliamo tra l’altro della collaborazione dei principali enti di ricerca sul territorio, tra cui le Università di Firenze, Siena e Pisa, il CNR di Pisa e il Politecnico di Milano». In termini di risultati, anche il 2013 è stato positivo: «Dovremmo chiudere l’esercizio in crescita di oltre il 50% rispetto al 2012, a dimostrazione che le scelte strategiche adottate hanno portato i frutti auspicati». Quanto al 2014 appena iniziato, «il piano strategico e il nuovo assetto dovrebbero portarci a un’ulteriore crescita stimata del 30%. È un obiettivo ambizioso, che speriamo di raggiungere grazie alla nostra capacità di apportare valore aggiunto per i nostri clienti, che per noi è sinonimo di “felicità”».

p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...

www.s ofte c s pa.c om

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I N TE R V IS TA di

manuela gianni

intervista a

Emilceramica, quando il made in Italy conquista il mondo

Luca Majocchi

Amministratore delegato Emilceramica

Con 180 milioni di euro di fatturato, per la gran parte realizzato all’estero, il Gruppo emiliano è leader nel settore delle piastrelle, grazie alla combinazione di artigianalità, design raffinato e tecnologia d’avanguardia: un mix che consente di ottenere un prodotto di grandissimo valore, che non teme concorrenti a “basso costo”. Intervista all’Amministratore Delegato Luca Majocchi

Tradizione e innovazione, design sofisticato e altissima qualità. C’è tutto questo nelle piastrelle di Emilceramica, e gli architetti di tutto il mondo sanno che solo in Italia può nascere un prodotto così bello e robusto. Un esempio dell’eccellenza che il Paese sa esprimere, dell’unicità che ci distingue nel mondo, del successo che possiamo ottenere. Dott. Majocchi, il “made in Italy” gode ancora di buona salute? Penso di sì: l’Italia resta ancora competitiva. Certamente la crisi ha portato sofferenza e molte aziende purtroppo hanno chiuso o sono state ridimensionate. Però oggi se prendiamo le classifiche del WTO siamo la seconda economia manifatturiera più competitiva del mondo, dopo la Germania. Lo siamo in settori tradizionali, come la meccanica. Ma soprattutto nell’arredo casa, nel tessile, nell’abbigliamento, e in prodotti di base quali ad esempio le ceramiche – che è il settore a cui appartiene Emilceramica –, o l’ali| 40 |

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mentare evoluto. Insomma, c’è molto made in Italy in giro per il mondo. Il settore ceramico italiano ha subito una grande trasformazione, ma Emilceramica ne è uscita vincente. Ci racconta cosa è successo? Il settore ha avuto effettivamente un grande shock a partire dal 2008. La produzione nel distretto di Sassuolo, che poi è l’area principale, è diminuita di circa il 30%. Contemporaneamente però c’è stata una rivoluzione tecnologica, con l’adozione del digitale per la grafica delle piastrelle, che si è innestata su un’industria già notevolmente avanzata da questo punto di vista. Questo ha radicalmente trasformato il settore e ha permesso alle aziende innovative come Emilceramica di realizzare prodotti ad altissimo valore aggiunto, che hanno mantenuto un grande appeal a livello internazionale. Utilizzando le più sofisticate fra queste tecnologie, realizziamo prodotti che sono venduti in tutto il mondo a prezzi molto più alti di


I NTE R V I STA | E mil c e ra mic a , q ua n do il ma de in I ta ly c o n q uista il mo n do

Chi è Luca Majocchi Luca Majocchi è Amministratore Delegato di Emilceramica da aprile 2012. La sua carriera manageriale inizia nel Gruppo Pirelli, per poi proseguire in McKinsey & Co. e in Credito Italiano, dove entra come Direttore Marketing Retail, fino a diventare Direttore Generale. Nel 2000 viene nominato Vice Direttore Generale del Gruppo Unicredito Italiano, responsabile della Divisione Banche Italia e, infine, AD di UniCredit Banca. Dal 2003 al 2009 è Amministratore Delegato del Gruppo Seat Pagine Gialle. Nel 2009 fonda Meccano, di cui è Consigliere Delegato. Classe 1959, Luca Majocchi è Laureato in Fisica e ha conseguito un Master presso il Politecnico di Milano.

quelli dei nostri concorrenti cinesi e indiani, o dei produttori a basto costo in Turchia e Polonia. È un caso che definirei “di scuola”, in cui un’innovazione, fatta tra l’altro su tutte le componenti della filiera, ha permesso di restare competitivi proprio grazie all’unione di un’idea, un design e una tecnologia per realizzarlo. Oggi sono ancora gli italiani a realizzare le piastrelle più belle e anche più costose. Il vostro dunque è un prodotto di fascia molto alta. Che differenze di prezzo riuscite a ottenere rispetto ai concorrenti cinesi o indiani? Nel mondo vengono prodotti ogni anno oltre 10 miliardi di mq di piastrelle che vengono vendute mediamente a 2/3 euro al metro quadro, considerando anche i mercati interni di Cina, India e Brasile, che sono quelli a più basso costo. Gli italiani esportano a circa 12 euro a mq, Emilceramica circa a 18. È chiaro che si compete con un prezzo di 18 euro contro 3 solo se la qualità del prodotto, sia in termini estetici sia costruttivi, è decisamente superiore. Quanto vale la vostra quota di export? È una percentuale molto alta. Il Gruppo fattura 180

milioni, di cui 160 dalla vendita di piastrelle e la restante parte attraverso una società che si occupa di trading di materie prime. Circa il 90% delle piastrelle viene venduto in giro per il mondo. Abbiamo anche una fabbrica in Ucraina che vende specificatamente sul mercato locale e in Russia. Innovazione per voi significa dunque creatività, artigianalità e tecnologie. Come si combinano i tre fattori? È un processo molto particolare, probabilmente comune ad altri settori del Made in Italy. Realizziamo elementi estetici particolarmente raffinati, perché una piastrella non è più semplicemente la vecchia terracotta. Oggi si riproduce il legno pregiato, la pietra ricca o il marmo, con una grandissima qualità estetica e sofisticate caratteristiche tecniche: la piastrella dev’essere perfettamente piana, geometricamente precisa anche su grandi dimensioni. Questo è molto difficile da ottenere, e servono artigiani con grande creatività e manualità, con un senso estetico raffinato, e in grado di usare tecnologie avanzate. Per riprodurre il legno, ad esempio, si utilizzano foto ad alta risoluzione, con tecnologie come Photoshop per

«L’adozione della tecnologia digitale per la grafica delle piastrelle ha radicalmente trasformato il settore e ha permesso alle aziende innovative come Emilceramica di realizzare prodotti ad altissimo valore aggiunto» www.ict4executive.it

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INTERVI STA | Emi l ce r am i ca, q u and o i l m ad e i n I ta ly c o n q uista il mo n do

«Serve un artigiano con grande creatività e manualità, che sia in grado di usare una tecnologia avanzata. È questa simbiosi tra macchine e persone particolarmente competenti che permette di fare un prodotto così bello, che nel resto del mondo non riescono a copiare»

l’acquisizione e la lavorazione immagini. Ma poi solo un designer estremamente raffinato è in grado di realizzare un prodotto bello, che non è solo una riproduzione fotografica dell’oggetto di partenza. Allo stesso modo, il processo produttivo ha una componente umana particolare, a partire dal disegno: bisogna pilotare le macchine che lo realizzano fisicamente sulla ceramica. Anche questo processo non può essere completamente automatizzato, ha una regolazione fine che è fatta da una persona che deve saper tenere conto di molte variabili: la quantità di materia prima, la temperatura nei forni, che sono lunghi 150 metri e scaldano a oltre 1200 gradi eccetera. È questa simbiosi tra macchine e persone particolarmente competenti che permette di fare un prodotto così bello, che nel resto del mondo non riescono a copiare. Qual è secondo lei il ruolo dell’ICT oggi in azienda e cosa ci si aspetta da un CIO? Innanzitutto bisogna definire quale sia effettivamente il perimetro perché in generale l’IT gestionale sta un po’ cambiando. Oggi tutta la tecnologia digitale che abbiamo messo nelle fabbriche non sta nel budget

del responsabile IT ma in quello del capo degli stabilimenti. A mio avviso sta diventando meno importante l’informatica gestionale all’interno dell’impresa – quindi quella che tipicamente elabora i dati interni sia a livello amministrativo che di controllo di gestione – e più importante l’informatica verso l’esterno – e quindi ad esempio tutto ciò che riguarda le catene logistiche che diventano globali, l’integrazione con le aziende di trasporto, le comunicazioni con i clienti, i magazzini virtuali: una nave ormai è una parte del magazzino. Il secondo cambiamento riguarda l’IT di fabbrica, che sta diventando più importante. Molto spesso i CIO hanno poca conoscenza del business, per cui è più facile portare un capo di produzione a vedere una nuova macchina digitale piuttosto che il capo dell’IT, per il semplice fatto che conosce il processo anche se non comprende la tecnologia. La sfida principale per i CIO è proprio questa: immergersi di più nel business e capire che questi cambiamenti della filiera logistica verso l’esterno e dell’IT che va nelle fabbriche sono fondamentali. Il CIO che è in grado di parteciparvi resta a bordo, altrimenti diventa una figura un po’ marginale all’interno del top management.

Il Gruppo Emilceramica Nata nel 1961, Emilceramica S.p.A. ha sede a Fiorano Modenese ed è un gruppo industriale produttore di superfici ceramiche per ogni tipo di esigenza abitativa e architettonica. Emilceramica Group è caratterizzata da due stabilimenti produttivi in Italia, una superficie complessiva di 450.000 mq, una capacità produttiva di 8,5 milioni di metri quadrati e oltre 6.500 articoli a catalogo. Il gruppo comprende anche un’azienda in Ucraina, Zeus Ceramica, con una produzione di 4,5 milioni di metri quadrati. Il fatturato consolidato realizzato nel 2012 è stato di 170 milioni di euro, raggiunto con l’apporto in Italia di 545 dipendenti e con una copertura commerciale in oltre 70 Paesi, per un export del 77%. Emilceramica Group è presente a livello internazionale con 6 marchi - Emilceramica, Ergon, Provenza, Viva, Zeus Ceramica, e Acif – e con le organizzazioni EmilAmerica sul territorio americano (con ufficio, 35 dipendenti, 3 magazzini), EmilBrasil (con ufficio, 4 dipendenti e un magazzino), EmilRussia (con presidio commerciale locale, 2 dipendenti), ed EmilAsia con presidio commerciale locale e 3 dipendenti.

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Os s e r vato rio

L’efficienza energetica, una leva competitiva per il “sistema Italia”

Vittorio Chiesa (foto), Simone Franzò e Marco Chiesa

di

Politecnico di Milano - Energy&Strategy Group

Una ricerca realizzata dall’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano delinea lo stato dell’arte del sistema energetico italiano e le prospettive attese, evidenziando le notevoli opportunità di risparmio che si potrebbero cogliere con l’utilizzo di tecnologie già largamente disponibili. Un tema di rilevanza strategica, perché il prezzo dell’energia elettrica è oggi un evidente “freno” alla competitività delle nostre imprese nel mercato globale

Il sistema energetico nazionale è contraddistinto da alcune caratteristiche strutturali che lo rendono oggetto di grande interesse da parte dell’opinione pubblica, in virtù dell’impatto che esse hanno sulla competitività del tessuto industriale nazionale ed, in ultima analisi, dell’intero sistema Paese. Si fa riferimento, in particolare, alla forte dipendenza dall’importazione di fonti fossili (pari a circa l’81% del fabbisogno energetico nazionale) ed all’insufficiente sicurezza di approvvigionamento dei vettori energetici nei momenti di punta (in particolare per il gas naturale), fattori che sono alla base del notevole spread nei prezzi dei vettori energetici che le imprese ed i cittadini italiani scontano rispetto agli omologhi dei principali Paesi europei. La strategia energetica nazionale La Strategia Energetica Nazionale, elaborata dai Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nel marzo 2013, | 44 |

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dopo una lunga gestazione che ha preso le mosse nell’estate del 2012 ed una pluriennale “assenza” dal dibattito pubblico nazionale, evidenzia in maniera chiara le sopracitate criticità, ponendo le basi per il loro superamento al fine di rilanciare la capacità dell’Italia di competere all’interno dello scenario internazionale e di garantirgli una crescita sostenibile. Uno degli aspetti più interessanti che emergono dal documento riguarda il fatto che il tema dell’efficienza energetica è elevato a prima “priorità d’azione” all’interno del quadro di azioni che l’Italia è chiamata ad intraprendere in ambito energetico, nella misura in cui la promozione degli interventi di efficienza energetica contribuisce in maniera forte al raggiungimento dei sopracitati obiettivi, indirizzando il Paese sulla via del superamento degli obiettivi fissati a livello europeo dal famoso “Pacchetto 20-20-20”. A supportare questa visione, la recente approvazione della nuova Direttiva europea 2012/27/UE sull’efficienza energetica, entrata in vigore il 4 dicembre 2012 e che dovrà


o s s e r vato r i o | L’ e ff ic ie n z a e n e rg e t ic a : un a l e va c o mp e t it iva p e r il “sist e ma I ta lia”

essere recepita da parte degli Stati Membri entro il 5 giugno 2014, stabilisce un quadro comune di misure volte alla promozione dell’efficienza energetica nei Paesi dell’Unione Europea al fine di raggiungere l’obiettivo principale dell’Unione relativo all’efficienza energetica entro il 2020 e di porre le basi per ulteriori miglioramenti dell’efficienza energetica oltre questa importante “milestone”. la dinamica dei Consumi energetici Guardando ai fabbisogni energetici che caratterizzano il nostro Paese, si stima che al 2012 gli impieghi finali di energia in Italia sono stati pari a circa 130 Mtep, ripartiti per la maggior parte fra i settori trasporti (30%), industria (24%), residenziale (22%) e servizi (14%). Osservando la dinamica dei consumi registrata nell’ultimo decennio, si nota un costante trend di crescita dei consumi nei primi anni del 2000 fino al 2005, seguito da una decisa inversione di tendenza tra il 2005 ed il 2012, con un’unica eccezione verificatasi tra il 2009 ed il 2010. La maggior parte di questa riduzione dei consumi è ascrivibile al settore industriale (-20% tra il 2005 ed il 2012), mentre gli altri settori hanno registrato variazioni minime. Questa dinamica non è, purtroppo, ascrivibile in primis all’efficientamento energetico dei diversi comparti industriali, viceversa è l’effetto della marcata contrazione

dei volumi produttivi che si è registrata negli ultimi anni a seguito del perdurare della crisi economica. Nonostante gli indubbi progressi mostrati negli ultimi anni dal settore industriale italiano in tema di efficienza energetica, il tema è reso quanto mai attuale, e per certi versi ineludibile, dal fatto che gli utenti industriali italiani scontano un notevole spread sul prezzo di acquisto dei vettori energetici (in particolare di energia elettrica) rispetto ai principali competitor europei. Prendendo come termine di paragone la Germania, le ultime rilevazioni statistiche di maggio 2013 mostrano che il prezzo di acquisto dell’energia elettrica che un utente industriale italiano di medie dimensioni (avente un consumo elettrico annuo pari a 2 GWh) è superiore del 45% rispetto ad un omologo tedesco, (Fonte: Eurostat). Questa situazione rappresenta un evidente “freno” alla competitività delle imprese nazionali, con particolare riferimento alle imprese per le quali l’energia rappresenta una voce di costo rilevante all’interno della struttura di costo aziendale, incidendo di conseguenza sulle marginalità che esse sono in grado di generare. La Tabella 1 mostra l’intensità energetica dei diversi settori industriali italiani, intesa come rapporto tra il costo della “bolletta energetica” ed il fatturato aziendale, dalla quale si può notare che mediamente l’energia pesa per il 2,4% sul fatturato

Nel 2012 gli impieghi finali di energia in Italia sono stati pari a circa 130 Mtep, ripartiti per la maggior parte fra i settori trasporti (30%), industria (24%), residenziale (22%) e servizi (14%)

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osservatori o | L’e f f i ci e nz a e ne r ge t i ca: u na l e va c o mp e t it iva p e r il “sist e ma I ta l ia”

tabella 1 - Intensità energetica dei principali settori industriali in Italia

Fonte: Politecnico di Milano

Settore

Intensità energetica

Prodotti per l’edilizia

8,2%

Vetro e ceramica

6,2%

Metallurgia

5,9%

Carta

5,5%

Chimica e petrolchimica

2,2%

Agroalimentare

2,1%

Meccanica

1,3%

Media industria

2,4% complessivo dell’industria, con punte superiori all’8% nel caso delle imprese afferenti al settore dei prodotti per l’edilizia. La convenienza delle tecnologie per l’efficienza energetica A partire da queste premesse, la terza edizione dell’Energy Efficiency Report delinea lo stato dell’arte e le prospettive attese dell’efficienza energetica nel nostro Paese, declinando il tema negli ambiti residenziale, industriale, dei servizi e della Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di analizzare la convenienza economica dell’adozione delle tecnologie per l’efficienza energetica per i diversi soggetti investitori ed il potenziale di mercato associato a tali interventi. Le simulazioni effettuate - rimandando al Report (scaricabile al sito http://www.energystrategy. it/report/eff.-energetica.html) per i dettagli circa le tecnologie e gli ambiti di applicazione analizzati - mostrano che, guardando alla convenienza economica delle tecnologie per l’efficienza energetica lungo l’intera vita utile, la massima parte di queste (fatta eccezione per le chiusure vetrate e le superfici opache) risulta economicamente sostenibile in tutti gli ambiti d’applicazione, anche in assenza di incentivi. Ciononostante, dal confronto con gli operatori del settore emerge una forte barriera all’adozione delle tecnologie per l’efficienza energetica, che fa riferimento al tempo di ritorno dell’investimento, giudicato spesso eccessivo dai soggetti investitori: le elaborazioni quantitative mostrano che il tempo di pay-back calcolato per le diverse tecnologie è in media ampiamente superiore ai valori “soglia” ritenuti accettabili dai diversi potenziali investitori (ossia 1-2 anni in ambito industriale, 2-3,5 anni in ambito terziario e Pubblica Amministrazione, 4-6 anni in ambito residenziale), fatta eccezione per alcune soluzioni e tecnologie analizzate, quali illuminazione, aria compressa, inverter, UPS e sistemi di gestione dell’energia in ambito industriale, illuminazione, inverter, sistemi di building automation, UPS e cogenerazione negli

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altri ambiti. In secondo luogo, tenendo conto dei regimi incentivanti a supporto della diffusione delle soluzioni per l’efficienza energetica, emerge che nella maggior parte dei casi il loro impatto sul tempo di ritorno degli investimenti non è tale da far raggiungere la convenienza economica a quelle tecnologie che di per sé non lo sono, ad eccezione della cogenerazione in ambito industriale, la quale gode dei Titoli di Efficienza Energetica cosiddetti “TEE-CAR”, introdotti per supportare specificamente questa tecnologia, e dei motori elettrici negli altri ambiti, grazie ai Titoli di Efficienza Energetica. Le opportunità di risparmio per il sistema Paese Passando alle potenzialità di risparmio energetico che possono essere conseguite a livello nazionale grazie alla realizzazione degli interventi di efficienza energetica, sulla base dell’applicabilità delle tecnologie dei diversi ambiti di mercato, della convenienza economica e dei relativi trend di mercato, si stima che in Italia da qui al 2020 si possa conseguire un risparmio medio pari a circa 96 TWh all’anno, di cui 21 TWh elettrici (pari a circa il 6% del consumo elettrico nazionale) e 75 TWh termici (pari a circa l’11% del consumo termico nazionale), la massima parte del quale (54%) associato al settore residenziale. Confrontando questi dati con l’obiettivo fissato dalla Strategia Energetica Nazionale, sarebbe possibile raggiungere oltre la metà dell’obiettivo globale, con un contributo “variabile” da parte dei diversi settori, rispettivamente pari al 75% dell’obiettivo fissato per l’industria, l’intero obiettivo fissato per il residenziale ed il 60% dell’obiettivo fissato per i servizi e la Pubblica Amministrazione. Si tratta di un risultato indubbiamente positivo, se si considera che le tecnologie e gli ambiti analizzati all’interno del Rapporto non rappresentano la totalità delle iniziative che possono essere intraprese a livello nazionale in tema di efficienza energetica. È interessante tuttavia sottolineare che permane nel nosto Paese un forte potenziale inespresso di efficientamento energetico, basti considerare che un’adozione massiccia delle tecnologie per l’efficienza energetica oggetto del Rapporto darebbe luogo ad un risparmio energetico quasi triplo, nell’ordine dei 300 TWh all’anno. Lo sfruttamento di questa notevole potenzialità diventa ancora più “urgente” se si pensa agli effetti positivi che si genererebbero sulla depressa economia italiana, con un giro d’affari stimabile nell’ordine dei 30 miliardi di euro all’anno da qui al 2020 (pari a circa l’1,5% del Prodotto Interno Lordo), a fronte dei “soli” 7 miliardi di euro all’anno che ci si attende da qui al 2020 sulla base del grado di penetrazione atteso delle diverse tecnologie energeticamente efficienti. A questo proposito, come sottolineato all’interno della


o s s e r vato r i o | L’ e ff ic ie n z a e n e rg e t ic a : un a l e va c o mp e t it iva p e r il “sist e ma I ta lia”

Strategia Energetica Nazionale, sarebbe quanto mai opportuno sfruttare la leadership industriale del nostro Paese in alcune delle filiere afferenti al mondo dell’efficienza energetica. Un quadro normativo confuso Se si guarda alle determinanti di questo ampio potenziale inespresso, emerge in primo luogo la non ampia diffusione della “cultura” dell’efficienza energetica tra i player della filiera dell’efficienza energetica, a partire dai potenziali adottatori quali imprese industriali e privati cittadini, su cui ha giocato e gioca un ruolo non trascurabile il perdurare della crisi economica, che si riverbera da un lato sulla capacità di spesa di questi soggetti e dall’altro lato sui tempi di ritorno degli investimenti che questi soggetti sono disposti ad accettare, che come visto in precedenza non sono coerenti con i tempi di ritorno tipici che caratterizzano gli investimenti in efficienza energetica. In secondo luogo, il quadro normativo nazionale a supporto della diffusione degli interventi di efficienza energetica, nonostante abbia mostrato negli ultimi anni rilevanti progressi ed un impatto non trascurabile su quanto ad oggi realizzato, presenta tuttavia alcune contraddizioni che rallentano la marcia del nostro Paese verso una maggiore “virtuosità” in tema di efficienza energetica. Dall’analisi dei diversi provvedimenti emerge infatti una parziale sovrapposizione dei meccanismi incentivanti, che rischia di generare confusione tra i soggetti che potrebbero usufruirne ed una dispersione degli sforzi da parte del legislatore, ed in secondo luogo l’instabilità nel tempo dei sistemi di incentivazione, che non permette agli operatori della filiera una programmazione ad ampio respiro delle loro strategie di business. Da ultimo, ma non meno importante, all’interno dell’attuale quadro normativo nazionale sono presenti alcuni provvedimenti che, seppur nelle intenzioni non riguardino direttamente l’efficienza energetica, di fatto riducono l’”appetibilità” degli interventi di efficientamento energetico. Si fa riferimento, ad esempio, al cosiddetto Decreto “energivori” del 5 aprile 2013, che prevede una riduzione degli oneri generali

di sistema per i soggetti industriali ad elevata intensità energetica. Il provvedimento, se da un lato risulta indubbiamente funzionale a ridurre il gap del costo dell’energia sostenuto dalle imprese italiane rispetto a quelle europee migliorandone la competitività, dall’altro lato risulta un “disincentivo” che può frenare la diffusione delle tecnologie di efficienza energetica, se si considera ad esempio che l’incremento del tempo di pay back per i motori elettrici ad alta efficienza, una delle principali tecnologie per l’efficienza energetica specialmente in ambito industriale, è stimabile fino ad oltre il 10%. Serve un’azione di sistema In conclusione, il tema dell’efficienza energetica deve rappresentare, e già in parte rappresenta, una priorità strategica per il Paese. Tuttavia, affinché le potenzialità si traducano in risparmi energetici e volumi d’affari “concreti”, è necessario uno sforzo congiunto da parte dei diversi stakolders. Da un lato, il legislatore è chiamato a definire un set di regole coerente con le priorità strategiche del Paese e le esigenze dei diversi operatori coinvolti; tuttavia sono i potenziali investitori, ossia le imprese ed i privati cittadini, ad essere in primo luogo chiamati a farsi convinti promotori della realizzazione degli interventi di efficienza energetica. Se non è ragionevole prefigurare nel breve-medio periodo una netta evoluzione “culturale” da parte di questi attori, è indubbiamente sugli aspetti economici della questione che bisogna far leva affinché si inneschi un “circolo virtuoso” nel nostro Paese in tema di efficienza energetica. Dalle analisi è emerso infatti che, per esempio, l’adozione in ambito industriale delle tecnologie per l’efficienza energetica economicamente sostenibili avrebbe un impatto in termini di riduzione della bolletta energetica stimabile mediamente tra il 3% ed il 25%, determinando un incremento delle marginalità da pochi punti percentuali fino ad oltre il 25%. Numeri che, al di là dell’attenzione, indubbiamente lodevole, verso il tema della sostenibilità ambientale, dovrebbero spingere qualsiasi decisore “razionale” ad effettuare tali investimenti.

Il legislatore è chiamato a definire un set di regole coerente con le priorità strategiche del Paese e le esigenze dei diversi operatori coinvolti. Tuttavia sono i potenziali investitori, ossia le imprese ed i privati cittadini, ad essere in primo luogo chiamati a farsi convinti promotori della realizzazione degli interventi www.ict4executive.it

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I N TE R V IS TA di

manuela gianni

intervista a

Michele Mazzarelli Program Manager green data center eni

Al via il nuovo Green Data Center di eni Inaugurata vicino Pavia la nuova struttura di 5.200 metri quadri che, a regime, ospiterà tutti i sistemi informatici centrali della multinazionale. Rappresenta un’eccellenza italiana sia per il livello di efficienza energetica raggiunto, tra i più elevati al mondo, sia per l’innovazione IT, in particolare per l’utilizzo della virtualizzazione e l’automazione della gestione operativa

Il Green Data Center inaugurato recentemente da eni in provincia di Pavia rappresenta un’eccellenza italiana da almeno due punti di vista: l’elevato grado di efficienza energetica raggiunto, fra i più alti al mondo per strutture di queste dimensioni, e l’utilizzo avanzato delle tecnologie digitali, in particolare la virtualizzazione e l’automazione della gestione operativa dei sistemi informatici ospitati. Si tratta di un Data Center di ridondanza a livello TIER IV che occupa uno spazio di 5.200 metri quadrati e comprende sei sale IT, nelle quali saranno ospitati a regime tutti i sistemi informatici di elaborazione centrale eni. L’indice PUE (Power Usage Effectivenes) annuale è inferiore a 1,2, un risultato che lo pone all’avanguardia nel mondo e che è stato ottenuto grazie alla combinazione virtuosa di tre ambiti di innovazione, come spiega il Program Manager Michele Mazzarelli: «L’architettura complessiva, sia del palazzo che degli impianti, che è stata pensata apposta per contribuire all’efficienza. | 48 |

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I camini di 30 metri, che raffrescano con la tecnica del freecooling: il calore viene smaltito sfruttando anche l’effetto camino, dimezzando l’esigenza di sistemi di ventilatori. Infine, i gruppi di continuità (UPS), necessari per stabilizzare la corrente, che sono stati sviluppati appositamente per eni con una logica completamente nuova e oggi sono diventati prodotti di mercato: sono sempre in stand by e si accendono solo quando avviene una rilevante discontinuità di alimentazione elettrica». Automazione e insourcing Attualmente eni è impegnata nella progressiva migrazione delle applicazioni nel nuovo Data Center, che ospita un’infrastruttura virtualizzata su cui poggerà la quasi totalità degli applicativi, con un notevole incremento di efficienza, disponibilità e qualità del servizio offerto agli utenti. La virtualizzazione consente un accesso “on demand” ai servizi IT, grazie al middleware che rende disponibile in


IN T E RV ISTA | A l v ia il n uovo G r e e n Data C e n t e r di eni

La fonte di energia del Data Center Il Green Data Center di eni è stato costruito nei pressi della Centrale elettrica Enipower di Ferrera Erbognone (vicino alla Raffineria eni di Sannazzaro de’ Burgondi) in provincia di Pavia, un’area di proprietà eni di forte interesse strategico, che, soprattutto, rende disponibile la rilevante quota di potenza elettrica richiesta. La Centrale, con i suoi 3 generatori da circa 300 MW e il doppio collegamento a 380 kV alla rete nazionale Terna, rappresenta la fonte di alimentazione energetica (ridondata) del Data Center; è inoltre garantito un controllo integrale e completamente interno eni della trasformazione elettrica dalla produzione al consumo finale nel Data Center. L’immediata prossimità con la Centrale consente anche di ottenere un importante risultato in termini di efficienza energetica, in quanto elimina la quota di dispersione derivante dal trasporto su rete elettrica geografica (pari al 5-6%, secondo l’Autorità per l’energia).

modo dinamico la potenza di calcolo dei server alle varie applicazioni, organizzate in cluster. La macchina dedicata a un singolo applicativo, dunque, diventa un’eccezione. Questo importante passaggio ha reso necessario un lungo e complesso lavoro di razionalizzazione delle applicazioni: circa 150 sono state eliminate, molte di più sono state modificate o sostituite. E per la gestione di queste applicazioni sui nuovi server è stato messo a punto uno schema operativo, battezzato eni Dynamic Infrastructure, che prevede un elevato livello di automazione. «In funzione delle esigenze delle applicazioni le macchine virtuali si attivano e si spengono in modo automatico, con tempi di reazione migliori rispetto al passato, senza intervento manuale. Ad esempio quando gli utenti superano una determinata soglia o quando le richieste aumentano, il middleware attiva in automatico nuove macchine virtuali, magari recuperando risorse da un’altra applicazione in quel momento più scarica», spiega Mazzarelli.

La realizzazione del nuovo Data Center ha avuto poi in eni un notevole impatto organizzativo. «Abbiamo optato per un insourcing di competenze che in passato avevamo delegato ai fornitori, per poter avere al nostro interno il governo dei sistemi. Sono state fatte 70 nuove assunzioni legate alle infrastrutture che il nuovo data center ospita, ed è stato realizzato un programma di formazione specialistica per le persone molto impegnativo», conclude il manager.

«In funzione delle esigenze delle applicazioni le macchine virtuali si attivano e si spengono in modo automatico, con tempi di reazione migliori rispetto al passato, senza intervento manuale». www.ict4executive.it

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I N TE R V IS TA di

manuela gianni

Nicola Cordone Vice Direttore Generale SIA

Pagamenti NFC, è l’ora del decollo Dopo numerose sperimentazioni e vari annunci di partnership tra Telco, banche e circuiti, in Italia è arrivato il momento delle offerte commerciali ai clienti: si potrà pagare avvicinando lo smartphone ai POS contactless, che si prevede diventeranno più di 300mila nei prossimi mesi. Ne parliamo con Nicola Cordone, Vice Direttore Generale di SIA

C’è grande fermento in Italia intorno ai sistemi di pagamento NFC: tutto è pronto per il decollo e questo sembra essere davvero l’anno decisivo. Nel frattempo, si stanno facendo strada altre soluzioni innovative di Mobile Payment, come il “digital wallet”. Facciamo il punto con Nicola Cordone, Vice Direttore Generale di SIA, società che riveste un ruolo determinante nell’abilitare l’ecosistema dei player. Negli ultimi mesi si sono moltiplicati le sperimentazioni e gli annunci di accordi fra i vari player. Quando arriverà il decollo commerciale? Il 2014 sarà l’anno chiave. Partiranno le prime iniziative commerciali e ci sono tutte le premesse perchè possano riscuotere un notevole successo. Per giungere a questo risultato è stato fondamentale creare e sviluppare un ecosistema dei pagamenti contactless tramite cellulare: un lavoro faticoso, che ha impegnato SIA nell’ultimo anno e mezzo da cui sono nati 8 progetti pilota in Italia con circa 1.000 utenti coinvol| 50 |

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ti. Le sperimentazioni hanno dimostrato che il modello è vincente, tanto che oggi lo stiamo proponendo anche all’estero. È tutto pronto per il decollo, sia lato domanda sia lato offerta. Gli smartphone abilitati e le nuove SIM NFC sono disponibili sul mercato, mentre i POS contactless continuano a diffondersi rapidamente: ne sono già stati attivati 150mila e si stima diventeranno circa 320mila entro la fine del 2014. Molti di questi sono già installati e saranno operativi a breve. È un mercato che si sta aprendo e su cui aziende importanti come Poste Italiane, Lottomatica, Sisal, BNL POSitivity e Setefi stanno investendo molto. Le Telco sono già preparate al debutto commerciale con Vodafone e Telecom Italia tra le prime a partire, e a seguire arriveranno anche gli altri operatori. Al loro fianco le banche, che hanno partecipato ai piloti tra cui figurano BNL, Intesa Sanpaolo, Mediolanum, UBI, CartaSi e Compass. Un esempio di quello che ci aspetta è rappresentato da Smartpass di Vodafone, una carta prepagata NFC


IN T E RV ISTA | Pag a me n t i N F C , è l’ o ra d e l d e collo

«La soluzione SIA prevede che la carta di pagamento venga virtualizzata sul cellulare e associata a quella fisica, in modo che l’utente possa usare lo stesso PIN e ricevere un unico estratto conto. Se un cliente cambia operatore potrà tranquillamente continuare a usare il servizio»

lanciata in collaborazione con CartaSi, SIA e MasterCard che può essere virtualizzata sul telefono. Nel frattempo, l’interesse nei confronti dei Mobile Payments è cresciuto come confermato dagli utenti che hanno sperimentato i servizi e che si dichiarano molto soddisfatti: da una nostra recente survey emerge che questa modalità di pagamento è gradita al 94% degli intervistati. Occorre anche sottolineare che i cellulari NFC non saranno solo utilizzati per le transazioni, ma anche per molte altre applicazioni, come il Mobile ticketing nel settore trasporti, le soluzioni loyalty e couponing per la GDO e i buoni pasto. Qual è l’aspetto vincente dell’ecosistema che siete impegnati a creare rispetto ad altri servizi analoghi? Per prima cosa va detto che tutte le sperimentazioni avviate sono di grandissima utilità, perché in questa fase iniziale è necessario creare il mercato e far conoscere il nuovo strumento a utenti ed esercenti. Tuttavia alcune di queste soluzioni non sono interoperabili, a differenza dell’infrastruttura progettata e realizzata da SIA, in collaborazione con le altre realtà che fanno parte dell’ecosistema, che è aperta a tutte le istituzioni finanziarie e agli operatori telefonici. La nostra soluzione consente, infatti, di “virtualizzare” - indipendentemente dalla Telco - le carte di pagamento sulla SIM del cliente, che può così effettuare transazioni contactless presso i punti vendita abilitati. La carta virtualizzata sul cellulare può essere associata a quella fisica, in modo che l’utente possa usare lo stesso PIN e ricevere un unico estratto conto. Inoltre, la personalizzazione avviene “over the air” dopo che la SIM è stata consegnata. Se un cliente cambia operatore, quindi, potrà tranquillamente continuare a usare il servizio. Un altro aspetto importante riguarda la tecnologia che abbiamo scelto di utilizzare e che si basa su uno standard internazionale: l’NFC permette infatti di effettuare pagamenti anche all’estero, attraverso tutti i POS compatibili con i sistemi PayPass di MasterCard

e PayWave di Visa. Durante le nostre sperimentazioni sono stati effettuati pagamenti in circa 20 Paesi.Il modello collaborativo italiano sta cominciando ad avere successo anche a livello continentale: abbiamo da poco vinto una gara per un progetto che coinvolgerà alcune nazioni del centro Europa e allo studio ci sono ulteriori iniziative. Che ruolo ricopre SIA nell’ecosistema? Siamo l‘abilitatore dei pagamenti NFC e mettiamo in collegamento banche, Telco e imprese, garantendo la piena interoperabilità. Grazie al nostro ruolo di TSM Trusted Service Manager - il cittadino può usufruire di un servizio che è disponibile qualunque sia l’operatore telefonico, la banca, il cellulare NFC e lo strumento di pagamento scelto, che si tratti di carta di debito, credito o prepagata sia MasterCard che Visa. Il nostro obiettivo è fornire servizi sempre più innovativi e contribuire a trainarne lo sviluppo nel mercato nazionale e internazionale.

Il punto di vista degli utenti italiani Lo scorso ottobre SIA ha presentato i risultati di una ricerca effettuata su un gruppo selezionato tra esercenti e utenti che hanno partecipato ai primi progetti pilota di pagamenti con cellulari NFC. Ebbene, questa modalità è risultata gradita dal 94% degli utenti, usata dal 91% per effettuare tra i 4 e i 10 pagamenti al mese in prevalenza presso centri commerciali e supermercati (71%), ristoranti (44%), bar, edicole e tabacchi (29%). Il 76% degli acquisti ha riguardato importi al di sotto dei 25 euro. Tra le caratteristiche più apprezzate dei pagamenti elettronici via NFC c’è la velocità (59%), la praticità/comodità (47%) e infine la possibilità di eliminare contante e carte dal portafoglio (21%). L’88% degli utenti vorrebbe usare questo sistema per pagare i servizi di trasporto, il 76% vorrebbe che fosse utilizzabile al posto di altri documenti personali quali codice fiscale/tessera sanitaria o il badge aziendale. Il 73% lo userebbe per carte fedeltà e buoni sconto.

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INTERVI STA | Paga m e nt i N FC, è l’ o r a d e l d e collo

«I pagamenti online effettuati attraverso lo smartphone sono ancora poco intuitivi: inserire il numero di carta in uno schermo piccolo non è agevole e poi c’è il tema della sicurezza. Crediamo che la soluzione possa essere il cosiddetto “digital wallet”, un portafoglio virtuale che permette di utilizzare diversi strumenti di pagamento e altri servizi inserendo semplicemente user e password»

Qual è invece il vostro impegno per i sistemi di pagamento via cellulare da remoto, che stanno crescendo molto soprattutto per l’eCommerce? Già oggi è possibile effettuare pagamenti online attraverso lo smartphone, ma risultano ancora poco intuitivi: inserire il numero di carta in uno schermo piccolo non è di certo agevole e l’utente si trova spesso ad abbandonare la transazione. C’è poi anche il tema della sicurezza da tenere in grande considerazione. Per questo crediamo che la soluzione possa essere il cosiddetto “digital wallet”, un portafoglio virtuale che permette di utilizzare diversi strumenti di pagamento - come le carte o il conto corrente - e altri servizi, inserendo semplicemente user e password fornite al

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momento della registrazione. SIA ha sviluppato un proprio digital wallet in modalità “white label”, che può, quindi, essere collegato a tutte le banche e ai circuiti di pagamento assicurando l’interoperabilità. In un mercato come quello dell’eCommerce che è in forte crescita e dove i newcomer come PayPal si sono imposti, è giunto il momento che le istituzioni finanziarie riconquistino il loro ruolo naturale, offrendo soluzioni sicure e semplici da utilizzare e che diano benefici all’utente finale. Sono in arrivo altre novità? Attiveremo prossimamente un servizio di trasferimento di denaro “person to person” da cellulare, per scambiare piccole somme fra due persone, o anche per pagare alcuni servizi, come ad esempio il taxi. Dallo stesso dispositivo mobile, tramite l’infrastruttura di SIA, sarà possibile abilitare le ricariche di carte telefoniche o prepagate, i pagamenti di bollette domestiche, bollo ACI, ecc., gli stessi servizi che sono già disponibili ai terminali ATM o tramite home banking. Continuiamo inoltre a supportare MyBank, la soluzione paneuropea di EBA Clearing, che rappresenta un modo alternativo di fare acquisti online con un bonifico istantaneo sicuro direttamente dal sistema di home banking dell’utente. In Italia, molte corporate stanno iniziando a proporla ai propri clienti come ad esempio Enel che permette di pagare le bollette di gas ed energia elettrica tramite MyBank, in collaborazione con SIA e Unicredit. Siamo convinti che semplificare la vita dei cittadini significhi proporre una pluralità di canali e strumenti innovativi sempre disponibili e offrire quindi massima libertà di scelta.


4 Edizione a

le nuove minacce del cyberspazio

in collaborazione con AFCEA

roma 15/16 aprile 2014 scuola Trasporti e materiali - città militare “la cecchignola” www.tecnaeditrice.com


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Novità nel mondo SAP: punto ONE diventa VAR-ONE e passa alla rivendita diretta

Proprio in questi giorni il canale SAP in Italia registra una fondamentale novità: punto ONE, distributore di SAP Business One (la soluzione SAP per le piccole e medie aziende), cambia nome e modello di business, diventando VAR-ONE. Ad Alberto Frambrosi, Amministratore Delegato punto ONE (ora VARONE), abbiamo chiesto di spiegare i motivi di questa scelta e le sfide che oggi comporta la commercializzazione di un prodotto come SAP Business One. «Per una serie di fattori, sia di carattere strategico del vendor, che vede il prodotto crescere a tassi impressionanti, sia relativi alla struttura ormai consolidata della rete di reseller punto ONE sul territorio, abbiamo deciso con SAP di passare da distributore a rivenditore, acquisendo il ruolo che nell’ecosistema SAP è denominato “Master Var”, spiega Frambrosi. Con VAR-ONE quindi cambia il modello di go-tomarket. «Fino a ieri punto ONE acquisiva licenze da SAP e le consegnava al partner, che le declinava sul territorio al cliente finale, corredandole di servizi e competenze. Da oggi VAR-ONE si rivolgerà direttamente al mercato, mentre i partner assumeranno il ruolo di agenti, ovvero di EBM (Extended Business Member), secondo la definizione del PartnerEdge, l’ecosistema di canale SAP valido in tutto il mondo». Nasce quindi un Master Var italiano che, sottolinea Frambrosi, è il più grande partner SAP d’Europa, e tra i primi al mondo: un operatore di respiro in-

p er u lt er i o r i i n f o rm a zioni...

www.var- on e .i t

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Punto ONE, distributore italiano del pacchetto per pmi SAP Business One, a capo di un network di 40 partner, assume il ruolo di “Master Var”. «Puntiamo sul modello a rete, sulla collaborazione internazionale, sul cloud e sull’in-memory di SAP HANA», spiega l’ad Alberto Frambrosi

Alberto Frambrosi AD var-ONE

ternazionale con più di 1000 clienti attivi, oltre 200 tecnici certificati SAP, 70 consulenti specializzati. «VAR-ONE porta avanti l’approccio peculiare di punto ONE nel panorama dei VAR italiani ed europei, basato su un network di 40 software house, di cui oltre venti con laboratorio interno, che mettono a fattor comune competenze, tecnici certificati e aree dedicate di sviluppo». La copertura di tutto il territorio nazionale (e quindi la vicinanza al cliente), una gamma d’offerta molto ampia e le competenze tecnologiche dei laboratori di sviluppo in numerosi settori di mercato, rappresentano i veri punti di forza di VAR-ONE. «I partner con le loro diverse specializzazioni si completano facendo nascere soluzioni adatte a settori peculiari del mercato italiano; attraverso collaborazione e scambio di competenze danno vita a vere suite dedicate a segmenti e ambiti applicativi non presidiati direttamente da SAP». Questo vale anche a livello internazionale; VARONE ricerca nell’ecosistema SAP mondiale soluzioni


publiredazionale «La nostra è l’unica server farm certificata SAP in Italia, con vincoli stringenti e altissimi livelli di prestazioni e sicurezza: il dato è molto più sicuro in una struttura del genere piuttosto che nel server sotto il tavolo dell’imprenditore»

SAP based che coprano settori specifici non presidiati in Italia. «Entriamo così in relazione con partner SAP statunitensi, canadesi o svedesi, localizziamo la loro soluzione in termini di lingua e adattamenti funzionali alla realtà italiana, e la proponiamo in Italia attraverso il nostro network. Viceversa, attraverso gli operatori esteri dell’ecosistema SAP, valorizziamo a livello internazionale le competenze e le soluzioni d’eccellenza dei nostri partner italiani».

Per quanto riguarda il cloud, «SAP che propone una soluzione in questa modalità pensata per le piccole e medie aziende è una novità enorme – sottolinea Frambrosi -. Abbiamo firmato un contratto internazionale con SAP corporation, che ha previsto anche la certificazione ai massimi livelli di qualità della nostra server farm; il grande investimento fatto in questo progetto dimostra quanto crediamo nell’erogabilità on demand di una soluzione ERP di SAP».

L’approccio a rete, osserva Frambrosi, è quello ottimale per affrontare sfide e criticità della vendita in Italia di SAP Business One. Una soluzione che da una parte ha un target potenziale di migliaia di PMI, ciascuna con le sue peculiarità di business, e dall’altra propone tecnologie sempre più avanzate e complesse da supportare, come l’in-memory computing e il Cloud computing.

Sul cloud, riconosce Frambrosi, ci sono ancora molti pregiudizi, per esempio c’è ancora diffidenza sul trattamento dei dati strategici nelle server farm, e quindi all’esterno dell’azienda utente. «La nostra è l’unica server farm certificata SAP in Italia, con vincoli estremamente stringenti, e altissimi livelli di prestazioni e di sicurezza: è dimostrabile che il dato è molto più sicuro in una struttura del genere, piuttosto che nel server sotto il tavolo dell’imprenditore».

«L’in-memory computing è un vero e proprio punto di discontinuità tecnologico per i sistemi ERP: la possibilità di lavorare direttamente in memoria consente non soltanto di trattare enormi volumi di dati in tempi ridotti di uno o due ordini di grandezza, ma consente anche la gestione di interi processi d’impresa con livelli di efficienza prima impossibili». Nello specifico, la piattaforma in-memory di SAP si chiama HANA, e SAP Business One in particolare è disponibile sia direttamente con database HANA, sia con la possibilità di sfruttare l’in-memory computing solo per i workload analitici, attraverso un’appliance a parte. «Fin da subito abbiamo creduto in questo progetto; abbiamo, infatti, diversi laboratori che lavorano solo su HANA: è una tecnologia che sta diventando ormai alla portata anche delle piccole e medie aziende, che beneficeranno soprattutto delle funzionalità di simulazione, fino a ieri riservate solo a chi poteva permettersi strutturazioni a livello di base dati estremamente impegnative».

Un altro pregiudizio indica il software as a service come adatto solo a imprese start-up o a divisioni e filiali di grandi imprese. «Per smentirlo, posso citare un contratto importante che abbiamo firmato con una media impresa, che ha ridisegnato completamente il sistema informativo con cui gestisce dall’Italia quattro filiali estere: quindi non solo piccole aziende, ma anche imprese medie e grandi che davanti all’esigenza di rimodellare un sistema ricorrono al cloud». In meno di due mesi a partire dalla certificazione della server farm, VAR-ONE ha conquistato oltre 60 clienti in modalità cloud. «Stimiamo che il volume delle entrate da abbonamenti cloud entro due anni sarà paragonabile a quello da licenze on premise. È un obiettivo molto ambizioso, considerata l’immaturità del mercato italiano sull’on demand, che cercheremo di raggiungere promuovendo la disponibilità e i grandi vantaggi dell’offerta SAP in cloud», conclude Frambrosi.

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PROSSIMI EVENTI LA SCHOOL OF MANAGEMENT

La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management, dell’economia e dell’industrial engineering che il Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse strutture interne e consortili. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS. Dal 2009 è nella classifica del Financial Times delle migliori Business School d’Europa.

GLI OSSERVATORI ICT & MANAGEMENT

Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative nell’ambito delle ICT: Agenda Digitale, Business Intelligence, Canale ICT, Cloud & ICT as a Service, eCommerce B2c, eGovernment, eProcurement nella Pubblica Amministrazione, Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Gestione dei Processi Collaborativi di Progettazione, Digital Business-Innovation Academy, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT & PMI, ICT Accessibile e Disabilità, ICT in Sanità, ICT nel Real Estate, Innovazione Digitale nel Retail, ICT nelle Utility, Internet of Things, Intranet Banche, Mobile Banking, Mobile & App Economy, Mobile Enterprise, Mobile Marketing & Service, Mobile Payment & Commerce, Multicanalità, New Media & New Internet, Smart Working, Startup, Supply Chain Finance. OSSERVATORIO INTERNET OF THINGS

6 FEBBRAIO 2014

Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2013-2014 Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, verranno presentati i risultati della nuova Ricerca dell'Osservatorio, che si è posta i seguenti obiettivi: comprendere come il paradigma dell’Internet delle Cose possa impattare nella progettazione e nell’erogazione di servizi che toccano i cittadini e le aziende pubbliche e private; stimare la diffusione e il valore di mercato in Italia, individuando i trend più rilevanti; identificare gli ambiti applicativi più dinamici ed i principali progetti portati avanti in Italia e all'estero; approfondire il valore e i modelli di business di varie soluzioni nel contesto delle Smart City; approfondire in casi reali le opportunità offerte dalla presenza di una “Smart Urban Infrastructure” (SUI), ovvero una infrastruttura di comunicazione Internet of Things condivisa a livello urbano in grado di supportare molteplici servizi per la Smart City; analizzare il ruolo giocato dalle startup nel processo di innovazione. La presentazione dei risultati sarà seguita da una Tavola Rotonda durante la quale interverranno alcuni rilevanti operatori del settore (Telco, Service & Technology Provider, Utilities, ecc.) ed esponenti di rilievo di città italiane che hanno intrapreso il cammino verso le Smart City. OSSERVATORIO MOBILE PAYMENT & COMMERCE

20 FEBBRAIO 2014

Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2013-2014 Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, verranno presentati i risultati della nuova edizione dell’Osservatorio, che si è posta i seguenti obiettivi: monitorare il mercato nazionale e internazionale attraverso un’analisi dell’offerta e dei principali trend; stimare il valore del mercato nel 2013 in Italia (Mobile Remote Payment, Mobile Commerce e Mobile Proximity Payment), monitorare l'evoluzione dei principali parametri (numero POS contactless, numero di carte contactless, utenti possessori di telefoni NFC) e prevedere la crescita per i prossimi tre anni; identificare e analizzare i servizi di Mobile Proximity Commerce legati al processo d’acquisto che potrebbero portare valore (es: Mobile Couponing, Mobile Ticketing); coinvolgere attivamente gli esercenti per comprendere le loro esigenze e le loro priorità in ambito Mobile; analizzare il punto di vista del consumatore, investigando il grado di interesse all’adozione e le eventuali barriere; approfondire il tema del Mobile Wallet, studiando l’offerta internazionale e la User Experience offerta; monitorare l’evoluzione dell’offerta di Mobile POS in Italia e nel mondo, studiando i business model sottesi; comprendere criticamente le dinamiche in atto nello scenario nazionale e internazionale delle startup di Mobile Payment & Commerce. I risultati sono stati discussi con i principali player della filiera (Telco, Banche, Service & Technology Provider, ecc.). Durante l’evento verranno presentati i risultati della Ricerca sul consumatore realizzata in collaborazione con Doxa.

P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O

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publiredazionale

Appoint, Il gestionale in un’App

Per i clienti dei propri gestionali B.Point, Wolters Kluwer Italia ha sviluppato APPoint, una business application che consente di accedere, attraverso tablet, a tutto il patrimonio di informazioni contenuto all’interno del sistema informativo, installato e gestito on-premise o anche in Software As A Service. Usabilità, completezza e semplicità sono le tre caratteristiche chiave di APPoint. L’App è disponibile per le principali piattaforme mobili oggi presenti sul mercato (iOS, Android, Windows 8) e offre agli utenti le stesse funzionalità presenti nel software gestionale: Wolters Kluwer Italia ha infatti sviluppato un “rendering engine” che attraverso l’utilizzo delle più moderne tecnologie, in particolare HTML, permette l’accesso al sistema con la medesima User Interface, senza che l’utente debba “imparare” a utilizzare nuove operatività o nuovi flussi. «L’errore più frequente quando si pensa ad applicazioni business in mobilità è quello di cercare di individuare le funzionalità che potrebbero essere utili quando si è al di fuori dello studio o dell’azienda, andando di fatto a limitare il ventaglio di applicazioni fruibili, con il rischio di non poter rendere disponibile ciò che serve in un preciso momento o situazione», afferma Sergio Boaretto, Chief TAA Application Officer di Wolters Kluwer Italia. Altra caratteristica chiave è la semplicità. Professionisti, consulenti e imprenditori non sono tenuti a conoscere nel dettaglio le caratteristiche e i flussi del software gestionale utilizzato all’interno dei loro uffici, ma tutti loro hanno la necessità di rispondere

wolters kluwer italia ha sviluppato Una business application che consente di accedere da qualunque tablet a tutto il patrimonio informativo racchiuso nel software gestionale. È disponibile per tutti: clienti, aziende, professionisti ma anche clienti dei professionisti

ai loro clienti in tempi rapidi, attingendo in modo semplice e veloce a tutta quella “intelligenza” che è custodita all’interno del gestionale utilizzato. Da qui la decisione di costruire uno strato di interfaccia sopra il rendering engine che, attraverso un design molto essenziale, ed un paradigma di navigazione dashboard oriented, diverso dai tradizionali menu delle funzioni, consente di individuare le informazioni giuste con pochi movimenti all’interno della App. Le opportunità di collaborazione attraverso il cloud Attraverso il Cloud, è facilmente possibile estendere l’utilizzo della App anche ai clienti dei commercialisti e consulenti del lavoro che utilizzano il software Wolters Kluwer Italia. Si crea così l’opportunità di collaborare realmente, fornendo contenuti, scambiando documenti, recuperando e inserendo a sistema le informazioni direttamente là dove nascono. È anche possibile per i professionisti erogare nuovi servizi a valore aggiunto, con applicazioni più complesse quali quelle legate al mondo contabile, fiscale e/o giuslavoristico.

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Os s e r vato rio di

Daniele Lazzarin

Riccardo Mangiaracina school of management politecnico di milano

L’eCommerce B2c italiano cresce del 18% Continua l’espansione del settore: salgono a 11,3 miliardi di euro le vendite dei siti italiani, trainate dagli acquisti da Mobile, cresciuti del 254% nella componente smartphone. Segni positivi per tutti i comparti, dall’abbigliamento (+30%) al turismo (+13%), che mantiene la più grande quota di mercato (43%). Tutti i responsi dell’Osservatorio 2013 di Netcomm e Politecnico di Milano

Anche nel 2013 l’eCommerce B2C in Italia mostra buoni tassi di crescita: più 18% se consideriamo le vendite da siti italiani verso consumatori italiani e stranieri, per un valore complessivo di 11,3 miliardi di euro; più 15% se consideriamo gli acquisti dei clienti italiani da siti italiani e stranieri, per un valore totale di 12,6 miliardi. Ancora più alta (circa il 20%) la crescita dei “Web shopper” (coloro che hanno acquistato online almeno una volta negli ultimi 3 mesi), arrivati a più di 14 milioni: in pratica un utente internet italiano su due. Sono solo alcuni dei responsi del ricchissimo report 2013 dell’Osservatorio eCommerce B2C di Netcomm e School of Management del Politecnico di Milano, giunto ormai alla dodicesima edizione. «I web shopper italiani sono cresciuti in due anni del 55%, e in particolare quelli che hanno comprato online prodotti di abbigliamento (inclusi accessori, borse, scarpe) sono cresciuti di oltre un milione di | 58 |

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unità negli ultimi 12 mesi. In generale, circa il 12% delle transazioni sono originate via Mobile App o su siti per dispositivi mobili, mentre il gradimento dell’esperienza d’acquisto è molto alto: il 90% dei consumatori dà un voto superiore a 7 allo shopping online», spiega Roberto Liscia, Presidente di Netcomm. Nonostante questi dati, nello scenario internazionale l’Italia resta indietro rispetto ai principali Paesi europei avanzati, dove le crescite annue sono leggermente inferiori, ma i valori assoluti dell’eCommerce B2c sono molto più alti (Regno Unito 66 miliardi, Germania 40, Francia 26). Stesso discorso per la penetrazione dell’eCommerce B2c (incidenza sul totale della spesa retail del consumatore), che in Italia raggiunge il 3% nel 2013 (era 2,6% nel 2012), grazie alla crescita delle vendite online, e alla congiuntura negativa dei canali offline (-1,5% atteso per il 2013), ma è del 14% nel Regno Unito, dell’8% in Germania e del 6% in Francia.


o sse rvat o rio | L’ e C o mme rc e B 2 c ita l ia n o c re sce de l 18%

I margini di sviluppo sono ampi: per esempio molti retailer tradizionali ancora non vendono online. Nella Top 10 degli operatori eCommerce italiani, sette sono “dot com”, e solo tre hanno anche punti vendita fisici: Esselunga, Media World, e LuisaviaRoma. In UK è il contrario

«La crescita del 2013 è legata a tre fattori principali – spiega Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio eCommerce B2c -. Il primo è la crescita strutturale di alcune grandi Dot-com (ad esempio Banzai Commerce, Dalani, eDreams, Expedia, yoox.com, Venere, Volagratis), dei due principali marketplace (Amazon ed eBay) e dei club online (ad esempio Amazon Buyvip, Privalia, SaldiPrivati, vente-privee.com)». Poi ci sono i risultati incoraggianti di alcuni retailer tradizionali (ad esempio Benetton, Diesel, Esselunga, iKea, Intimissimi, Marcopoloshop, Media World, Profumerie Douglas, Saturn, Unieuro) che hanno già negli anni precedenti creduto nel canale online e hanno sviluppato interessanti progetti multicanale onlinerete fisica (tra cui lo “scegli e ritira”, il ritiro sul pick up point, la consegna del reso in negozio, ecc.).

I fattori di crescita Varie dinamiche però fanno pensare positivamente, e tra queste vanno citati gli ancora ampi margini di sviluppo in chiave eCommerce di mercati fondamentali per l’economia italiana, come l’alimentare e l’abbigliamento, e l’esplosione del Mobile Commerce. Due fattori, questi, che possono favorire lo sviluppo di strategie multicanale da parte di molti operatori tradizionali per ora non attivi in termini di vendite online. Non è un caso che nella Top 10 dei merchant italiani, sette sono “dot com” (Amazon, eBay, Banzai Commerce, iBS. it, Privalia, vente-privee.com, yoox.com), e solo tre (Esselunga, LuisaviaRoma e Media World) sono imprese tradizionali: nel Regno Unito per esempio la proporzione è esattamente rovesciata.

la distribuzione delle vendite online b2c per comparto merceologico (2006-2013) 5.032

5.754

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mln E Altro

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1%

Grocery

11%

11%

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Editoria

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Assicurazioni

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Informatica ed elettronica

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Abbigliamento Turismo

2006

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Fonte: Osservatorio eCommerce B2c, Netcomm-Politecnico di Milano

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osservatori o | L’e Com m e r c e B 2c i tal i ano c r e sc e de l 1 8 %

Il terzo fattore citato da Perego è l’impetuosa crescita del Mobile Commerce, che nel 2013 ha superato il mezzo miliardo di euro di transato solo da smartphone, di cui circa 350 milioni di pura crescita (oltre il 20% della crescita annua dell’intero ecommerce B2c italiano), a cui si aggiunge un miliardo di euro di vendite via tablet. Le tendenze comparto per comparto Articolando il dato generale del mercato tra vendita di prodotti e di servizi emerge un’altra anomalia dell’eCommerce italiano. I servizi infatti pesano per il 61% delle vendite (turismo 43%, assicurazioni 10%, altri servizi 8%), e i prodotti per il 39% (abbigliamento 12%, informatica-elettronica

Acquisti da Mobile, è un vero boom Con una crescita addirittura del 254% in un anno per la componente da Smartphone, il Mobile Commerce è stato il fattore più dinamico dell’eCommerce B2c in Italia nel 2013, secondo l’Osservatorio eCommerce B2c di Netcomm e della School of Management del Politecnico di Milano. Su un totale di vendite al consumatore finale da parte di siti di eCommerce operativi in Italia di 11,3 miliardi di euro (+18%), la componente comprata tramite Mobile Site o Mobile App per Smartphone è passata da 144 milioni di euro nel 2012 a 510 milioni nel 2013, pari al 4,5% delle vendite online totali. Le vendite via mobile si dividono quasi equamente tra prodotti e servizi. Nel 2013 il mobile ha mostrato interessanti dinamiche non solo quando l’istante di acquisto conta (campagne di vendita sui club online, coupon, aste su eBay, ecc.), ma anche per le vendite il cui esito è svincolato dal momento in cui avvengono. Lo Smartphone, scrive l’Osservatorio, è sempre acceso, in tasca o in borsa, e in grado di riempire tempi morti ed estendere ulteriormente le opportunità d’acquisto, anche grazie a processi più semplici rispetto a quelli dei siti web. E infine con ottime potenzialità di integrazione con i punti vendita, dove può supportare il cliente nel percorso di shopping. Lato offerta, i merchant stanno concentrando sempre più gli sforzi di marketing e comunicazione sul canale Mobile, meno affollato e quindi più economico rispetto al Web, dove invece i costi d’acquisizione del cliente sono molto cresciuti. Quanto al Tablet, gli acquisti valgono circa un miliardo di euro (il doppio di quelli via Smartphone), di cui un terzo circa tramite Mobile App sviluppate ad hoc dai merchant, due terzi mediante browsing sul sito di eCommerce. L’immediatezza d’uso del dispositivo (always on), favorita dallo schermo touch ad alta risoluzione, e la sua portabilità, forniscono al Tablet molte più occasioni d’uso rispetto al Pc. La composizione del paniere d’acquisto è in linea con l’eCommerce nel suo complesso, con turismo e abbigliamento che pesano per il 40% e il 20% rispettivamente.

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11%, editoria 3%, grocery 1%, altri comparti, incluso il c2c, 12%). Anche se il complesso dei servizi cresce meno di quello dei prodotti (13% contro 25%), la situazione italiana si conferma quindi disallineata rispetto ai principali mercati stranieri, dove il peso dei prodotti prevale su quello dei servizi, con valori compresi tra il 65 e l’80%, sottolinea Riccardo Mangiaracina, Responsabile dell’Osservatorio eCommerce B2c. Scendendo nel dettaglio dei singoli comparti, il settore principale per l’eCommerce B2c si conferma il turismo, con un tasso di penetrazione (incidenza dell’eCommerce sulle vendite totali) superiore al 20% e un transato online di circa 5 miliardi (+13%), di cui il 75% proveniente dalla vendita online di biglietti di trasporti, quasi il 25% dalla prenotazione di hotel, e una quota residuale dai pacchetti viaggio. L’abbigliamento è il secondo settore per valore di transato (1,37 miliardi), e il primo per crescita (+30%), con ulteriori ampi margini, visto che il tasso di penetrazione è solo del 2,5%. Poi c’è un gruppo di tre settori - editoria, assicurazioni e informatica-elettronica - in cui l’ecommerce ha raggiunto tassi di penetrazione pari al 3,8, al 4,2 e al 7,5% rispettivamente, con tassi di crescita annui però molto diversi: 20% per l’informatica, 14% per le assicurazioni, 6% per l’editoria. Infine, con tassi di penetrazione trascurabili (sotto l’1%) ci sono il grocery e l’arredamento, caratterizzati da dinamiche molto diverse. Nel grocery (i beni che si vendono al supermercato, per intenderci) la crescita è dell’11%, con un valore assoluto di pochi milioni di euro, davvero impressionante se consideriamo che questo settore è al primo posto nella spesa degli italiani. Nell’arredamento invece vi è stato un incremento significativo del transato (oggi pari a 70 milioni di euro), grazie al contributo sia dei grandi retailer (ad esempio Ikea o Mondo Convenienza) sia di startup innovative (ad esempio LoveTheSign e Lovli). Scontrino medio e concentrazione del mercato Lo scontrino medio in generale registra una leggera crescita (la gran parte dell’incremento del mercato ecommerce B2c però è dovuto all’aumento del numero di ordini), e vale 490 euro nelle assicurazioni, 280 nel turismo, 240 nell’informatica ed elettronica di consumo, 195 euro nell’abbigliamento, 125 euro nel grocery, e poco più di 40 euro nell’editoria. Oltre il 90% del valore delle vendite viene transato mediante carta di credito (71%) o PayPal (21%),


o sse rvat o rio | L’ e C o mme rc e B 2 c ita l ia n o c re sce de l 18% I “Web shopper” italiani, cioè coloro che negli ultimi tre mesi hanno effettuato almeno un acquisto online, sono ormai oltre 14 milioni: il 20% in più rispetto a un anno fa

La concentrazione del mercato resta alta: i primi 20 operatori di eCommerce rappresentano da soli il 70% dell’intero mercato, e i primi 50 arrivano all’89%, lasciando poco più del 10% alle altre decine di migliaia di iniziative. Nella Top 20, l’unica “new entry” è NPV (treni Italo), nella Top 50 i nuovi nomi sono Dalani, Euronics, e Olio Carli, mentre oltre i primi 50 i nuovi ingressi più importanti sono Benetton, Ikea e Trenord. Le nuove entrate nel complesso sono poche: una quindicina in tutto, la maggior parte nell’abbigliamento (ma alcuni anche nell’arredamento, nel Fai-da-te e nella Profumeria). Si osserva invece un buon fermento imprenditoriale, con oltre 30 startup italiane finanziate da investitori istituzionali negli ultimi due anni, prevalentemente nei comparti abbigliamento e prodotti tipici (alimentari e vini).

ni, Diesel, Gucci, LaPerla, Prada, Tod’s), boutique tradizionali (Giglio, LuisaviaRoma) e retailer (ad esempio Benetton, Intimissimi, Prenatal). Nel turismo ci sono operatori specializzati in prenotazione di hotel (Venere) e di biglietti di viaggio (Alitalia, Trenitalia, volagratis). Nel made in Italy alimentare emergono sia merchant che vendono vini (ad

il mobile commerce in italia (componente da smartphone)

Fonte: Osservatorio eCommerce B2c, Netcomm-Politecnico di Milano

mentre cala ancora l’incidenza degli altri strumenti, dal bonifico bancario al pagamento alla consegna.

510 mln E 4,5% eCommerce

+255%

Export e Import Interessante anche approfondire l’Export e l’Import. Per l’Export (consumatori stranieri che comprano su siti italiani) parliamo di circa 2 miliardi di euro (+28%): prevalgono abbigliamento (32%), turismo (55%) e Made in italy alimentare. Tra i principali esportatori nell’abbigliamento troviamo pure player come yoox.com, case di moda (Arma-

144 mln E 74 mln E

+94%

1,5% eCommerce

0,9% eCommerce 2011

2012 www.ict4executive.it

2013 | 61 |


osservatori o | L’e Com m e r c e B 2c i tal i ano c r e sc e de l 1 8 %

Si paga (quasi) solo con carta o PayPal Il report dell’Osservatorio eCommerce B2C di Netcomm e School of Management del Politecnico di Milano approfondisce anche il tema degli strumenti di pagamento e delle frodi. Nel primo caso, si conferma che la stragrande maggioranza delle transazioni di pagamento dell’eCommerce B2C avviene tramite carta di credito o PayPal. Questa componente infatti passa dal 91% del 2012 al 92% del 2013, e all’interno di essa aumenta il peso dei pagamenti con PayPal, dal 18% del 2012 al 21% del 2013, e diminuisce, dal 73% al 71%, il peso della carta di credito. Tra gli altri strumenti di pagamento, in calo anche il bonifico bancario (dal 5 al 4%), mentre restano stabili il contrassegno con il 3%, e il finanziamento con l’1%. Le altre forme di pagamento si possono definire ormai trascurabili. Per ora resta inapprezzabile il peso dei nuovi strumenti di pagamento (carte di debito del circuito nazionale, servizi come Mybank o Sofort), che potrebbero giocare un ruolo importante per la crescita dell’eCommerce in Italia. I nuovi Wallet (Google Wallet, Master Pass) potranno, insieme con PayPal, essere gli strumenti preferenziali per gli acquisti via mobile, vista la loro immediatezza. Quanto alle frodi, di cui molto si è parlato in questi anni come primo motivo di diffidenza verso gli acquisti online, secondo i ricercatori dell’Osservatorio incidono pochissimo sull’eCommerce italiano. Le frodi, intese come disconoscimenti delle transazioni da parte dei titolari delle carte di credito, valgono nel 2013 lo 0,13% del transato eCommerce, pari 15 milioni di euro. Il prezzo da pagare per la sicurezza è il blocco e la verifica di circa il 2% degli ordini, la maggior parte dei quali nel settore del turismo. Le vittime delle frodi, sottolineano i ricercatori, non sono in questo caso i clienti, comunque rimborsati dopo aver disconosciuto la transazione, ma i merchant, che se non hanno adottato un sistema “3D secure”, non riceveranno il corrispettivo dovuto per la vendita del bene.

esempio Giordano Vini e Wineshop) sia produttori (ad esempio De Cecco, Olio Carli, Parmashop, Venchi). Le difficoltà in questo campo sono soprattutto legate alle specificità dei mercati di sbocco (sistemi di pagamento, logistica distributiva, comportamenti d’acquisto, comunicazione online), su cui possono giocare un ruolo importante le piattaforme aggregatrici dell’offerta che a oggi incidono per circa il 20% dell’export. Quanto invece all’Import (acquisti di consumatori italiani su siti stranieri) vale 3,44 miliardi di euro (+13%), di cui il 70% sono acquisti di biglietti aerei low cost (EasyJet e Ryanair in primis), il 10% acquisti dalle Dot com dell’abbigliamento (Asos, Zalando), e il 7% acquisti su siti generalisti (ad esempio Amazon, eBay). I driver per il salto di qualità In conclusione, quali possono essere quindi i fattori chiave per un ulteriore “salto” che possa portare l’eCommerce B2c in Italia ai livelli dei Paesi più avanzati? «Uno è l’integrazione dell’esperienza di acquisto con una soluzione mobile in ottica multicanale – spiega Perego -. Chi, tra i merchant, ha | 62 |

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attivato iniziative multicanale basate su una reale integrazione tra i canali - negozi, online, mobile e social - in grado di sfruttare le peculiarità di ciascun canale e metterle a complemento dell’altro, sta conseguendo benefici importanti in termini di fatturato aggiuntivo». Da un lato infatti aumenta la spesa del cliente già acquisito che, grazie alle nuove occasioni d’acquisto su Web e su Mobile, e alla possibilità di acquistare comunque online quanto il prodotto non è presente o è esaurito sul punto vendita, spende fino al 10-20% in più di prima. Dall’altro si acquisiscono nuovi clienti grazie alla maggior copertura geografica, e all’estensione degli orari d’apertura (24/7) rispetto a quelli classici del negozio. «Infine - conclude Perego - crediamo che saranno sempre più determinanti nel trainare l’eCommerce quei modelli di business volti a fornire al cliente un vantaggio economico. Abbiamo assistito al boom dei siti di Couponing, delle vendite a tempo, degli outlet online, dei comparatori di prezzo, ma ci sono altri modelli in fase di sviluppo, per esempio quelli che promuovono la condivisione delle risorse (casa vacanza, auto, ecc.) o il riuso di prodotti, tipicamente nel fashion».



Speciale “storage”

storage, un mercato che cresce e innova sotto un diluvio di dati Nel corso dei prossimi cinque anni molte aziende avranno bisogno di rivedere le scelte fatte per dotarsi delle capacità necessarie per condurre il business. È necessario adottare sistemi per elaborare informazioni testuali, video, provenienti da social network o altre fonti classificate come Big Data, e ridurre gli spazi e l’energia impegnati per il Data Center e i relativi costi. L’accesso ai dati è in crescita anche da parte di applicazioni tradizionali come gestionali e CRM, oggi integrati con funzioni di Business Analytics e utilizzati da un maggior numero di funzioni aziendali e utenti, grazie al real time e a interfacce adatte ai non addetti ai lavori

Il mercato mondiale dei sistemi di storage ha superato la quota di 6 miliardi di dollari ed è in crescita anno su anno del 2% circa. Lo spiega in un proprio report Gartner, commentando che pur non trattandosi di una crescita sostenuta, questa non ha mai subito interruzioni per 15 trimestri consecutivi. Secondo la società di ricerche, molte delle applicazioni più innovative dei sistemi IT, in particolare nell’ambito dell’analisi dei dati, stanno mettendo sotto pressione i sistemi esistenti. Nel corso dei prossimi cinque anni molte aziende avranno quindi bisogno di rivedere le scelte fatte nell’ambito storage, ma anche quelle che riguardano architetture server e reti, per dotarsi delle capacità necessarie per condurre il business, oltre che per ridurre spazio ed energia impegnati per il Data Center e i costi relativi. Man mano che le aziende rendono le applicazioni interne più accessibili a clienti e partner esterni via Web, oppure adottano sistemi per elaborare informazioni testuali, video, provenienti da social network o altre fonti classificate come Big Data, diverrà importante adegua| 64 |

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re gli array di dischi e l’intero data center. L’accesso ai dati è infatti in crescita anche da parte di applicazioni tradizionali come gestionali, CRM oggi integrati con funzioni di Business Intelligence/Business Analytics e utilizzati da un maggior numero di funzioni aziendali e utenti grazie al real time e a interfacce adatte ai non addetti ai lavori. La possibilità di trarre informazioni utili al business sollecita l’interesse delle aziende verso fonti dati disponibili sia all’interno sia all’esterno dell’azienda, e quindi per l’utilizzo di strumenti che consentono di sfruttare e correlare dati strutturati e non strutturati tra cui documenti, e-mail, video e altre fonti solitamente non considerate fuori dall’uso specifico. Nelle previsioni di IDC per l’anno 2014, la spesa mondiale per le tecnologie e i servizi che riguardano i Big Data supererà a livello globale i 14 miliardi di dollari con una crescita del 30% anno su anno. Lo sviluppo di nuove piattaforme per lo streaming in tempo reale e quindi per un maggiore uso del video si affiancherà a quello di nuove piattaforme Cloud per sfruttare informazioni di


Speciale “storage”

fornitori esterni e data-broker specializzati. In generale IDC prevede una forte crescita d’interesse per nuovi servizi analitici, oltre che per l’integrazione tra le applicazioni d’impresa e i social network (per il 2017 IDC prevede che l’80% delle Fortune 500 avrà delle comunità online di clienti contro l’attuale 30%). Sempre secondo IDC, Data Center e Cloud resteranno tra le componenti cruciali per le imprese. Mentre da una parte crescono i Data Center dedicati a erogare servizi Cloud, dall’altra il mercato di server, storage e networking sarà sostenuto dagli acquisti dei service provider che prediligeranno le soluzioni più altamente modulari, efficienti, basate su hardware commodity. I fornitori IT dovranno quindi confrontarsi con una differente domanda e forzati ad adottare strategie che porranno le tecnologie Cloud in prima linea. Nel recente rapporto di Forrester Research

sui trend per il 2014 e oltre, è citato lo sviluppo dell’Internet delle cose (Internet of Things) o altrimenti dei nuovi sensori, che aiuteranno l’acquisizione automatizzata di informazioni utili per il monitoraggio ambientale, della security, come anche dei comportamenti degli acquirenti all’interno di un centro commerciale per gli scopi d’elaborazione e previsionali più diversi. Sul fronte delle infrastrutture si sottolinea la relazione tra le nuove modalità di collaborazione e comunicazione d’impresa e le esigenze infrastrutturali. Queste ultime, secondo Forrester, potranno trovare risposta nelle Converged infrastructure e nelle Software-defined networks, fino all’emergente Software-defined Data Center, come nuovo modello organizzativo per la gestione di infrastrutture intelligenti in cui l’IT sarà veloce, semplice ed economica per una grande varietà di carichi di lavoro.

L’uso degli Analytics in Italia riguarda essenzialmente dati strutturati Oggi le organizzazioni si trovano a dover gestire una quantità di dati sempre maggiore e di elevata complessità data la loro provenienza dalle fonti più disparate. L’Osservatorio sui Big Data Analytics & Business Intelligence promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, ha analizzato le tipologie di dati interessate dall’utilizzo di sistemi di Big Data Analytics & Business Intelligence in una Ricerca presentata di recente e focalizzata sulle medie e grandi organizzazioni che ha coinvolto 184 imprese e Pubbliche Amministrazioni con due survey indirizzate a CIO e CMO. Emerge che le iniziative di Basic & Advanced Analytics possono riguardare l’elaborazione di dati di diversa natura. • Dati strutturati, le cui sorgenti primarie sono tipicamente rappresentate dai sistemi transazionali, altamente performanti per la gestione di informazioni organizzate secondo schemi di database predefiniti. Si tratta di dati facilmente manipolabili poiché memorizzati in modo strutturato. L’analisi evidenzia che, tra i dati prevalentemente utilizzati nei sistemi di BDA & BI, vi sono le tabelle, i record e le documentazioni di office automation nel 69% dei casi, i dati geografici nel 21% e i dati correlati ad eventi come messaggi real-time nel 17%. Meno utilizzati, invece,

risultano i dati di telecomunicazioni (13%) e quelli Machine-to-Machine (10%), generati da trasmettitori, sensori (wifi, bluetooth, RFID, NFC) e misuratori digitali. • Dati semi-strutturati e destrutturati, ovvero informazioni prive di schema che non possono essere adattate a un database relazionale (immagini, contenuti video, file di testo, blog e social network), o per le quali esiste una struttura irregolare o parziale (XML e standard simili), ma non sufficiente per permetterne la memorizzazione e gestione da parte dei Database Management System (DBMS) relazionali. Tra le tipologie di dati semi-strutturati e destrutturati maggiormente utilizzati, il 39% delle organizzazioni dichiara di utilizzare XML e standard simili, il 26% email e file di testo e il 14% log web e clickstream. Coerentemente con lo scenario internazionale, in Italia il volume complessivo di dati che le organizzazioni utilizzano nei propri sistemi di BDA & BI è in crescita sia per i dati strutturati (+19% sul 2012) che per i dati destrutturati (+28% sul 2012). Tuttavia, ad oggi, sebbene recenti studi indichino che i dati destrutturati rappresentano il 90% dei dati disponibili nelle aziende, i dati realmente utilizzati nei sistemi di BDA & BI dal campione intervistato sono per l’84% dati strutturati. www.ict4executive.it

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Speciale “storage”

LA SEMPLICITà PER IL “NEW STYLE” DELLO STORAGE

Secondo IDC, ogni giorno si aggiungono 2,2 milioni di terabyte al conto totale delle informazioni memorizzate nei sistemi IT; quantità che cresce in modo esponenziale se si tiene conto che il 90% delle memorie è occupato dai dati creati nel corso degli ultimi due anni. Tutti questi dati rappresentano un capitale aziendale, grazie a nuovi strumenti analitici in grado di ricavarne trend e altre indicazioni di grande utilità per il business. Sono però anche una fonte di grattacapi per l’IT, a cui si richiede di preservarli e gestirli nel modo più efficace con risorse che non crescono di pari passo. Per HP, la soluzione è rappresentata da un’architettura storage scalabile e unitaria in grado di supportare tutte le tipologie di applicazioni, come ci spiega Yari Franzini, Country Manager BU Storage di HP Italia, in questa intervista. Perché la crescita dei dati comporta la necessità di rivedere le architetture di storage? Perché gli scenari futuri vedono lo storage sempre più “divorato” da applicazioni che sfruttano i Big Data, il Cloud e la virtualizzazione, mentre gli attuali sistemi sono stati ingegnerizzati quando queste esigenze non c’erano. Con il risultato che le aziende si ritrovano in casa sistemi complessi da gestire, non scalabili e differenziati per esigenze di prestazioni o di capacità. L’approccio semplificato che portiamo avanti prevede il posizionamento di archittetture “polimorfiche” (una per le applicazioni e l’altra per la protezione e archiviazione dei dati), capaci di adattarsi alle

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La semplificazione è una priorità per aziende di ogni dimensione, che devono affrontare la crescita della mole di dati, ma anche nuove esigenze applicative e analitiche. HP incentra la sua strategia su tre pilastri: semplicità, versatilità ed efficienza

Yari Franzini Country Manager BU Storage HP Italia

esigenze del Cliente seguendone la sua evoluzione. Tali tecnologie, attraverso avanzati software di ottimizzazione, sono inoltre in grado di ridurre drasticamente le capacità in gioco (di oltre il 50%), cosa che gli storage tradizionali non sono in grado di fare. Non solo: secondo IDC, nei prossimi due anni circa un terzo degli investimenti IT infrastrutturali riguarderanno soluzioni con sistemi convergenti, in cui server, storage e networking sono integrati in un unico insieme e gestiti da un unico cruscotto. Tale approccio permette di semplificare drasticamente la gestione ed evitare al cliente di spendere tempo per attività di system integration tra le varie componenti: in questo ambito lo storage ricopre un ruolo fondamentale. HP è l’unica azienda presente sul mercato capace di posizionare un’unica soluzione convergente, open e mono-brand. Sembra un problema anche la gestione dei dati. Come lo si affronta? Servono analisi caso per caso, per capire come sono usati i dati nei processi di business e quale è il loro ciclo di vita. L’attività di consulenza si traduce in un progetto e in un percorso di ottimizzazione che garantisce la continua corrispondenza tra esigenze


Speciale “storage”

che cambiano. L’attività di assessment rende possibile classificare i dati in funzione delle criticità e delle necessità d’uso e quindi creare un’unica interfaccia di gestione. La classificazione dei dati, inoltre, permette di evidenziare la bontà della gestione in atto, il rispetto dei Service Level Agreement da parte dei sistemi storage disponibili: flash, primario, secondario o Cloud. Quali vantaggi offre questa architettura unificata sul fronte applicativo e dei servizi? Permette di sfruttare servizi IT di terzi con la consapevolezza di quali dati si stanno esternalizzando, quindi minimizzando i danni nel caso di perdite accidentali da parte del fornitore. Per questo è importante l’uso di protocolli standard che facilitino l’interconnessione tra Cloud privato e pubblico. Inoltre, un’architettura innovativa aiuta a rispondere alle differenti esigenze applicative: sistemi Big Data e simili possono recuperare più velocemente le informazioni da elaborare, per esempio, per le analisi di previsione. Abbiamo su questo tema un approccio completo che utilizza la nostra piattaforma Autonomy come repository software dei dati e che sfrutta le integrazioni native con lo storage per ottenere alte prestazioni di ricerca. Si tratta di una soluzione adatta anche per le piccolo e medie imprese? Certamente. PMI o anche startup che hanno esigenze ridotte e poche applicazioni si avvantaggiano di un’architettura che garantisce la crescita delle performance mediante scale-out, allungandone dunque la vita utile. Spesso le aziende sono costrette a gestire migrazioni che sono sempre molto complesse per via della criticità dello storage e della dipendenza dalle applicazioni. Il discorso vale anche per chi oggi non ha alcuna esigenza di uno storage dedicato, e può quindi fruirne attraverso la virtualizzazione. Il Software Defined Storage (SDS) è una innovazione che riguarda in particolare le applicazioni delle PMI e che consente di sfruttare comuni server x86 per avere le funzionalità avanzate di una architettura storage anche laddove non è giustificato l’investimento in un hardware dedicato, oppure è possibile sfruttare le capacità di server già esistenti, per esempio, nei branch office. Riteniamo questa una killer application per molte realtà, grazie agli sviluppi sulla tecnologia frutto dell’acquisizione da parte di HP nel 2008 di LeftHand. Il SDS si affianca alle soluzioni HP sul fronte del Cloud e nell’abilitazione di nuovi servizi. Tra questi sta riscuotendo successo il backup in Cloud.

Si può calcolare il ROI di un’architettura di storage? In una recente implementazione in una azienda del manufacturing si è passati da quattro architetture storage di riferimento a una sola. Sono stati ottenuti benefici in termini di SLA e di prestazioni, oltre che nella facilità di gestione. Le aziende che ancora oggi hanno sistemi distinti per lo storage midrange ed enterprise sostengono costi più alti rispetto a chi ha un’unica infrastruttura. Meglio ancora se è possibile integrare anche la gestione di networking e server. A seconda dei business è possibile quantificare i vantaggi legati a finestre temporali più ridotte per il backup e il restore: in alcuni casi reali fino al 70%. Un vantaggio altrettanto importante che deriva dall’utilizzazione di una singola infrastruttura è la maggiore facilità di ricerca e analisi delle informazioni. Tra i nostri clienti internazionali c’è, per esempio, Dreamworks che sfrutta le nostre soluzioni per archiviare i dati della propria produzione creativa per poterli recuperare e rielaborare in nuovi progetti per film di animazione. Ogni progetto è diverso per tipologia di cliente e di industry, è per questo motivo che HP adotta un approccio consulenziale in grado di fornire un’analisi sull’ROI specifica per ogni singolo cliente. Altri fornitori parlano di architetture convergenti, cosa vi caratterizza? Il mercato dei converged system è in crescita. Rispetto ad altri fornitori, HP ha in casa tutte le competenze che occorrono, comprese quelle server e networking. Da anni lavoriamo sui temi dell’integrazione oltre che sulle nuove tecnologie sia attraverso acquisizioni sia R&D. Oltre alla tecnologia, un’altra caratteristica che ci contraddistingue è la nostra capacità di supportare i clienti con servizi consulenziali e legati a tematiche Cloud, sia direttamente sia attraverso il fondamentale supporto della nostra rete di partner. L’aspetto consulenziale è fondamentale, infatti qualora un un cliente riscontri anomalie con i suoi dati serve andare oltre l’aspetto IT e considerare applicazioni e processi, e di conseguenza le implicazioni di business che tali problemi potrebbero generare. HP, a differenza delle storage company tradizionali, non necessita di stringere alleanze tecnologiche con terze parti. Nonostante la difficile situazione economica il mercato dello storage ha un forte tasso di crescita anche nel nostro Paese, confermato dalle esigenze espresse dal mondo finanzario, dalla digitalizzazione della PA attraverso l’Agenda Digitale e dalla presenza sempre più forte di service provider. La crescita nello storage ci dà la certezza di avere una buona strategia, apprezzata anche in Italia, tra le migliori country dell’area Emea. | 67 |


Speciale “storage”

L’ottimizzazione dello storage per la gestione del “servizio”

C’era una volta l’IT a silos. Tante piccole (o grandi) torri che parlavano poco fra loro e quando lo facevano bisognava passare da alchimie di vario tipo. La stessa virtualizzazione era una soluzione piuttosto artigianale e gestita non in modo sistemico. Si accendevano “virtual machine” come lampadine in base alle esigenze ma non c’era il “controller” delle virtual machine: quante sono? Servono ancora? Chi le amministra? Questo proliferare di sistemi “virtuali” alimentava una Torre di Babele che paradossalmente richiedeva più alchimie di prima. «Oggi la componente di gestione della virtualizzazione è ancora in difficoltà - spiega Ivan Renesto, Enterprise Field Marketing Manager di Dell. Definizione dell’ambiente, spostamento del workload, corretta inputazione del servizio al centro di costo interno sono attività che si fanno ancora con soluzioni ad hoc, non molto industrializzate». C’è ancora molto margine di miglioramento ed è lì che sta andando l’IT. «Chi oggi gestisce i server, lo storage, il networking, domani andrà a gestire i servizi, dovrà amministrare i workload. Come cliente mi aspetto di avere sistemi in grado di autoconfigurarsi sulla base del workload, non il contrario». Tutto questo si inserisce nel filone del “Software Defined”, ovvero l’idea di gestire le risorse (reti, storage, datacenter) attraverso l’astrazione da un livello base di funzionalità hardware a un’applicazione software. Si parla quindi di SDN (Software Defined Networking), SDS (Software Defined Storage) o addirittura SDDC (Software Defined Data Center). L’idea di

p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...

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L’IT ruoterà sempre più intorno al concetto di “workload”. E chi oggi gestisce storage, server e networking domani gestirà applicazioni software che si accorgono in automatico se le prestazioni non sono adeguate e che “decidono” quale infrastruttura usare

Ivan Renesto Enterprise Field Marketing Manager Dell

base è automatizzare e ottimizzare il più possibile, agendo su tutte le componenti IT a supporto dei servizi: server, storage, network. Un esempio a livello storage è rappresentato dalla tecnologia Fluid Cache di Dell, che consente un’impressionante accelerazione applicativa sia in ambienti single-server, sia in presenza di una SAN, facendo tiering automatico dei dati a livello di Storage Area Network. Come funziona? Il Fluid Cache for SAN porta i dati che vengono maggiormente richiesti in un sistema di caching su memoria a stato solido (e quindi molto veloce) condiviso dai server attraverso un network dedicato. In questo modo si minimizza la necessità di trasferire il dato non solo in lettura ma (e questa è la cosa importante) anche in scrittura. Secondo i dati forniti da Dell, un sistema di questo genere raggiunge i 5 milioni di IOPS (Input/Output Operations per Second). La SAN riveste quindi un ruolo chiave nell’infrastruttura IT moderna, e poter effettuare tiering anche tra diverse tipologie di dischi SSD (Single Level Cell e Multi Level Cell) rappresenta un plus che le soluzioni Dell Compellent sono in grado di fornire, garantendo efficienza ed economie di Data Center senza precedenti.


rubrica | ricerche e s tud i a cura di

paola capoferro ronchetta

le tecnologie Big Data saranno una priorità di intervento per il 40% dei CIO italiani I numeri, gli strumenti, le strade per capire e affrontare il fenomeno nella nuova ricerca dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano Walmart gestisce più di un milione di transazioni della propria clientela ogni ora, Google nel lontano 2008 già affermava di elaborare 20 petabyte di dati al giorno, AT&T possiede un database di 312 terabyte che memorizza 1.9 trilioni di record di conversazioni telefoniche. Le tecnologie Big Data sono una delle evoluzioni più profonde e decisive in atto nel mondo IT. «Un trend – ha dichiarato Carlo Vercellis, il Responsabile Scientifico Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano, nel corso della presentazione dell’ultima ricerca – destinato a rimanere e a incidere profondamente sulla nostra vita di tutti i giorni e sul nostro modo di lavorare». La ricerca di quest’anno ha messo in luce come, quando, e perché mettere una simile marea di informazioni al servizio del business, mostrando come il fenomeno dei Big Data sia una grandissima opportunità che continuerà a svilupparsi e a offrire la possibilità di mettere in correlazione e analizzare dati di ogni forma e dimensione, raggiungendo una capacità predittiva sempre più efficace e performante. Non è un caso che il 40% dei CIO chiamati in causa nella ricerca abbia indicato

nel 2014 come priorità di intervento proprio l’area Big Data Analytics e Business Intelligence (BDA & BI). L’Osservatorio parla di uno “Tsunami Perfetto” che sta portando i Big Data ad affermarsi come uno dei trend più importanti per il destino delle imprese, alimentato da quattro fenomeni convergenti: tecnologie di elaborazione e storage sempre più potenti e meno costose, device mobili nelle mani di ciascuno di noi, social networking sempre più diffuso in modo capillare e massiccio, e cloud computing. In questo scenario, i Big Data hanno tre origini principali: le transazioni originate dall’utilizzo di trilioni di dispositivi da parte degli individui (carte di credito, smartphone, tablet, carte fedeltà, ecc.); le interazioni e i messaggi che si sviluppano attraverso le reti sociali e il web 2.0; e le rilevazioni svolte da innumerevoli sensori digitali presenti negli oggetti che utilizziamo quotidianamente. Dal punto vista degli 84 CIO di organizzazioni medio-grandi che hanno partecipato alla ricerca, è fondamentale che le imprese facciano proprio questo tema per far evolvere il loro modello di business (62%), e addirittura il 5% di essi ritiene possa es-

sere una nuova rivoluzione che cambierà il modo di fare l’IT. Una discreta parte degli intervistati si dichiara ancora curiosa di sperimentare, ma attende di capire meglio di cosa si tratti (17%), oppure attende in modo reattivo che vi sia una specifica richiesta all’interno dell’organizzazione (8%). In visione prospettica, le aree di evoluzione dei sistemi di BDA & BI che secondo i CIO avranno un impatto significativo nelle loro organizzazioni nei prossimi 3 anni sono le soluzioni di Mobile Analytics nel 58% dei casi - che rendono possibile l’utilizzo di dashboard e report interattivi anche in mobilità - e il paradigma della Self-service BI (50%), che consente agli utenti mobili di creare analisi personalizzate senza il coinvolgimento del reparto IT. Altri ambiti di evoluzione particolarmente interessanti risultano essere gli Analytics-In-Memory (48%), l’Operational Intelligence (44%) e la Sentiment Analysis e Brand Reputation su reti sociali (30%), che grazie a un elemento comune connesso alla lettura ed elaborazione real time di dati e informazioni provenienti dall’azienda o dal contesto esterno supportano decisioni tattiche o strategiche connesse al business.

58%

Mobile BI e BA 50%

Self-service BI

48%

Analytics in-memory

44%

Operational intelligence 30%

Sentiment analysis e brand reputation su reti sociali 19%

Collaborative BI Integrazione dei sistemi di analytics con applicazioni CEP*

14%

Cloud BI

14% 13%

Database “Big data ready” derivati da file system open-source

Interesse prospettico

8%

Sistemi di BI Open-source *CEP, Complex Event Processing

Fonte: Politecnico di Milano

l’evoluzione dei sistemi di big data analytics & bi

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20%

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RUBRICA | ricerch e e studi

Censimento Istat: «Siamo in un Paese di aziende conservatrici» A metterlo nero su bianco il 9° Censimento generale dell’industria e dei servizi, che evidenzia come quasi il 64% delle imprese appartenga a questo gruppo. Il restante 36% si divide in “dinamiche tascabili”, “aperte”, “innovative” e “internazionalizzate spinte” L’Istat ha definito l’Italia un Paese di aziende “conservatrici” nel 9° Censimento generale dell’industria e dei servizi. Secondo l’Istituto, infatti, quasi il 64% delle aziende italiane è ancora caratterizzate da un profilo strategico semplice - pochi piani e per lo più difensivi -; da bassa propensione all’innovazione - innova circa il 20% delle imprese -; e da un

interesse spiccato per i mercati locali (circa il 67%). Per quanto riguarda le restanti imprese, l’Istat ha effettuato una clusterizzazione in quattro tipologie. Le “dinamiche tascabili”, che sono poco meno del 20% delle imprese, hanno un profilo strategico articolato che punta su diversificazione produttiva e nuovi

Internet of Things, una nuova economia: nel 2020 varrà 1900 miliardi di dollari 30 miliardi di oggetti connessi cambieranno processi e modelli di business in tutti i settori, con benefici particolarmente significativi nel manufacturing, nella sanità e nelle assicurazioni. Le previsioni di Gartner

Nei prossimi anni il mercato delle tecnologie digitali mostrerà segni di notevole dinamica grazie soprattutto al comparto Internet of Things (IoT), che creerà letteralmente una nuova economia. Questo il parere di Gartner, espresso al recente evento Symposium/ITexpo della società a Barcellona per bocca di Peter Sondergaard, Senior Vice President e Global Head of Research. «Le entrate incrementali generate dai fornitori di Internet of Things supereranno i 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2020. Metà di questa cifra proverrà da start-up, e l’80% sarà generata da servizi, e solo il 20% da prodotti. L’IoT è un mercato strategicamente importante, accelererà rapidamente e creerà sia fatturato che efficienze di costo». Nel 2009 secondo Gartner nel mondo esistevano 2,5 miliardi di dispositivi connessi

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a internet (connected device), per lo più telefoni, pc e tablet, ma nel 2020 ce ne saranno oltre 30 miliardi, di varietà molto più ampia. Il valore aggiunto sarà di 1.900 miliardi di dollari nel 2020, di cui il 15% nel manufacturing – si potrà per esempio tracciare con estrema precisione il flusso dei materiali nella supply chain, ottenendo efficienze di costo -, un altro 15% nella sanità - vari dispositivi indossabili (wearable) per le persone anziane rileveranno cadute e anomalie dei valori corporei inviando all’occorrenza alert via e-mail o sms a strutture di pronto soccorso -, e l’11% nelle assicurazioni: i sensori nelle auto del prossimo futuro potranno rilevare il profilo di rischio di chi si siede alla guida “confezionandogli” all’istante una polizza su misura.

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prodotti: esprimono un’elevata propensione innovativa (52%), ma sono ancora prevalentemente legate al mercato locale (55,8%). Le “aperte” - poco più del 7% delle imprese - hanno una presenza piuttosto elevata di imprese industriali (il 42,7%), forte internazionalizzazione (quasi il 70% opera sul mercato estero), apertura verso nuovi mercati (circa una su due) e capacità di attivare relazioni con altre imprese (100%). Inoltre vantano una forte propensione innovativa (59,1%). Il terzo gruppo delle “innovative” comprende il 7% delle imprese, connotate appunto da comportamenti innovativi, forte propensione alle relazioni di collaborazione, orientamento al mercato domestico, alla competitività di prezzo e alla qualità del prodotto. Infine ci sono le “internazionalizzate spinte” – rappresentate dal 2,6% delle imprese e che per metà fanno parte dell’industria –, che hanno apertura massima verso l’estero, capacità di attivare relazioni, propensione a innovare. Le strategie di queste imprese puntano soprattutto sull’aumento della gamma di prodotti e sull’accesso a nuovi mercati.


RUBRICA | ricerc h e e studi

Politecnico di Milano: il “trinomio” dell’Enterprise Mobility nelle aziende italiane è già realtà Si conferma in continua ascesa la diffusione nelle imprese del nostro Paese di Mobile Device, App, ed Enterprise App Store. I responsi di un sondaggio dell’Osservatorio Mobile Device e Business Apps La diffusione dei nuovi Mobile Device – Smartphone e Tablet in primis – l’avvento delle App e lo straordinario successo degli Application Store stanno definendo uno scenario di opportunità molto interessante per imprese e organizzazioni italiane. L’Enterprise Mobility infatti rappresenta una leva per recuperare efficienza ed efficacia nei processi di business, attraverso un nuovo ecosistema Mobile, caratterizzato dal trinomio che comprende appunto i nuovi Mobile Device, che grazie alle specifiche caratteristiche hardware introducono nuove modalità d’utilizzo e nuove funzionalità, le Mobile Business App, che supportano in modo puntuale e intuitivo specifiche attività e processi direttamente in mobilità, e le piattaforme di Enterprise Application Store, che

consentono alle Direzioni ICT di controllare e gestire centralmente, da un unico ambiente dedicato, tutto l’ecosistema mobile dell’azienda. Un aggiornamento su questi trend viene da un sondaggio su 18 aziende utenti e 6 rappresentanti dell’offerta presentato dall’Osservatorio Mobile Device e Business App del Politecnico di Milano, con risultati che, seppur non statisticamente rilevanti, confermano il buon approccio del mondo aziendale italiano evidenziando diversi spunti interessanti. In prima battuta emerge che per quanto riguarda i nuovi Mobile Device, ben 13 esponenti della domanda su 18 hanno già introdotto i dispositivi tablet a supporto dei processi di business, e altrettanti hanno optato per gli smartphone “tradizio-

nali”. Interessante l’adozione a breve termine (decisione già presa) dei “Phablet”, cioè gli smartphone con display superiore a 5 pollici, indicati da 8 manager su 18, e di notebook convertibili e tablet “piccoli” (da 7 pollici), in entrambi i casi scelti da 6 manager su 18. Le Mobile Business App di Personal Productivity sono già state introdotte da 10 ICT Manager su 18 (e altri 2 lo faranno a breve), e ben 7 hanno già un Enterprise Application Store per distribuire e gestire le App in azienda. Sempre sul fronte Mobile Device emerge un forte interesse, sia dal mondo della domanda sia da quello dell’offerta, per i nuovi Device Wearable, che per la maggior parte dei partecipanti al Workshop potranno giocare un ruolo importante in ambito Business.

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r u b r ic a | n om in e Matteo Marini Amministratore Delegato Abb

Gianfranco D’Amico Amministratore Delegato Bonduelle Italia Passaggio del testimone al vertice di Bonduelle Italia: Umberto Galassini, Amministratore Delegato della filiale italiana lascia l’incarico nelle mani di Gianfranco D’Amico. Originario di Roma, ma da tempo residente a Monza, 44 anni, D’Amico vanta una vasta esperienza nel settore alimentare provenendo da Danone Italia, dove negli ultimi tre anni ha ricoperto il ruolo di Sales Vice President.

Avvicendamento alla guida di Abb Italia. Matteo Marini è infatti il nuovo Amministratore Delegato di Abb SpA e Country Manager di Abb Italia, assumendo anche il ruolo di responsabile della Mediterranean Region, che ha la sua sede in Italia e di cui fanno parte, oltre al nostro, 17 Paesi tra cui Francia, Spagna, Grecia, Turchia, Portogallo, Paesi Balcanici, Malta, Israele e Maghreb. Marini, nato nel 1965, ha conseguito una laurea in Economia presso l’Università Bocconi di Milano. La sua carriera in Abb ha inizio nel 1991 e si sviluppa in Italia, Cina e Regno Unito con diversi incarichi manageriali nell’ambito del Marketing e della gestione delle vendite di prodotti, sistemi e servizi destinati al mondo dell’energia. Nel 2006 assume il ruolo di Responsabile mondiale della rete di vendita delle divisioni Power Products e Power Systems, nonché della funzione Marketing and Sales della divisione Power Products. Nel 2009 gli viene affidata la responsabilità di Division Manager per la divisione Power Products in Italia e nella Regione Mediterranea e assume la posizione di Senior Vice President di Abb SpA. Da marzo 2012 ricopre anche la carica di Presidente di Anie Energia, l’associazione che all’interno di Confindustria rappresenta le aziende che producono, distribuiscono e installano componenti e sistemi per la generazione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica.

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Dopo la laurea a pieni voti in Economia e Commercio conseguita all’Università di Salerno, e un’esperienza come Credit Analyst presso Nissan Italia, nel 1996 è entrato nella rete commerciale di Danone Italia, per poi andare a ricoprire mansioni di crescente responsabilità all’interno delle strutture marketing e vendite sia presso la filiale italiana, sia presso la sede di Parigi della multinazionale agro-alimentare.

Cristina Scocchia Amministratore Delegato L’Oréal Italia Dopo tredici anni al vertice e circa trenta di carriera complessiva interna, Giorgina Gallo lascia la filiale italiana del gruppo L’Oréal. Dall’1 gennaio è stata sostituita da Cristina Scocchia, nominata Amministratore Delegato di L’Oréal Italia. Scocchia, quarant’anni, arriva a capo di L’Oréal Italia a coronamento di una brillante e rapida carriera internazionale, sviluppatasi principalmente nel settore bellezza. Negli ultimi sedici anni, infatti, ha ricoperto in Procter & Gamble incarichi di crescente responsabilità internazionale

fino a raggiungere il ruolo di leader delle Cosmetics International Operations. Come riconoscimento per il suo contributo negli anni, a Giorgina Gallo è stata conferita la carica di presidente onorario della filiale italiana di L’Oréal.

Massimo Oldani Amministratore Delegato Guaber Importante cambio ai vertici di Guaber. Massimiliano Oldani è il nuovo Amministratore Delegato della filiale italiana del gruppo Spotless, presente da oltre 40 anni sul mercato italiano con i marchi Grey, Acchiappacolore, Coloreria Italiana, Vape, Vim, Ballerina, Drago, Dueci e Fito. Entrato in Guaber nel 2009, Oldani prima di assumere il nuovo incarico è stato

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Chief Financial Officer e Responsabile della gestione di importanti progetti di acquisizione del gruppo in diversi paesi europei. Classe 1970, laureato in Economia all’Università Cattolica di Milano, Oldani ha vissuto una significativa esperienza nel Gruppo Unilever, dove ha ricoperto incarichi di rilievo nell’area Finance in diversi paesi europei.


RUBRICA | nomine

Aldo Bisio Amministratore Delegato Vodafone Italia

Sergio Grasso Amministratore Delegato Fratelli Guzzini Sergio Grasso è stato nominato Amministratore Delegato di Fratelli Guzzini, azienda nota nell’ambito della produzione di articoli casalinghi di design e materiali pregiati. Fratelli Guzzini, insieme a iGuzzini illuminazione e Teuco, fa parte del Gruppo Fimag, la holding industriale che riunisce le partecipazioni della famiglia Guzzini nelle varie società operative, e alla cui guida come Presidente e Amministratore Delegato dallo scorso maggio è stato chiamato Andrea Sasso. Sergio Grasso prende il posto dell’AD uscente, Adolfo Guzzini, che rimarrà a far parte del Cda, insieme a Manuela Guzzini, Giacomo Santucci e al presidente Domenico Guzzini. Il manager, 43 anni, proviene dal gruppo Candy Hoover, dove ricopriva il ruolo di Direttore Mercato Italia. Ha al suo attivo una lunga esperienza in ambito nazionale e internazionale all’interno del mercato technical retail, avendo ricoperto incarichi in Merloni Elettrodomestici/ Indesit Company e Bialetti Industrie. Laureato in Economia aziendale all’Università Bocconi di Milano, Grasso è consigliere nel direttivo Confindustria Ceced Italia, capo gruppo Confindustria Ceced Italia per i grandi elettrodomestici, membro del Cda di Ecodom (Consorzio Italiano Recupero e Riciclaggio Elettrodomestici).

Aldo Bisio è il nuovo Amministratore Delegato di Vodafone Italia. Bisio succede a Paolo Bertoluzzo, CEO di Vodafone Italia e Sud Europa, che dal 1° ottobre ha assunto il ruolo di Chief Commercial and Operations Officer del gruppo Vodafone. In precedenza, Bisio era dal 2010 Amministratore Delegato del gruppo Ariston Thermo, azienda internazionale leader nel settore del riscaldamento degli ambienti e dell’acqua, dove è entrato nel 2008 come Direttore Generale. Nato a Genova, laureatosi in ingegneria meccanica, Bisio ha fatto le prime esperienze lavorative in Ibm e Olivetti. In seguito ha ricoperto la carica di Partner in McKinsey, dove ha trascorso gran par-

te della propria vita professionale - occupandosi in particolare dell’industria delle telecomunicazioni -, e il ruolo di Direttore Generale in Rcs Quotidiani.

Gregg Bertoni CEO Qvc Italia

Dal 1° gennaio 2014 Gregg Bertoni è il nuovo CEO di Qvc Italia, divisione italiana del retailer multicanale (TV e e-commerce), presente nel nostro Paese da ottobre 2010. Il nuovo CEO ha maturato esperienze manageriali in tre differenti mercati globali: Usa, Uk e Italia. Entrato in Qvc Us nel 1995, nel 2002 passa a Qvc Uk, dove assume crescenti responsabilità nel team merchandising, incluso il ruolo di Director of merchandising ad interim. Nel 2010, Bertoni è stato una delle prime figure dirigenziali coinvolte nel lancio della startup di Qvc Italia come Vp merchandising. In questo ruolo ha contribuito in maniera decisiva allo sviluppo della gamma prodotti e al raggiungimento di

un livello elevato di fedeltà dei clienti. Da maggio 2012, ricopre il ruolo di Chief Merchandising Officer di Qvc Italia. Qvc è il secondo canale televisivo americano per dimensioni, con un fatturato di circa 8,5 miliardi di dollari. La società, fondata nel 1986 negli Stati Uniti e specializzata nella vendita televisiva, oggi opera come retailer multimediale globale con oltre 11,5 milioni di clienti nel 2012 nel mondo negli Usa, in Gran Bretagna, Germania, Giappone, Italia. Qvc Italia, con il suo canale dedicato allo shopping, ambisce a sottrarre quote di mercato ai grandi retailer. Si trova sul digitale terrestre al canale 32, su Sky al canale 475 e sul web all’indirizzo qvc.it.

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r u b r ic a | who’ s who cio Andrea Favati Direttore dell’Information Technology, Gruppo Rina

Andrea Favati è il Direttore dell’Information Technology del Gruppo Rina. Il Gruppo opera a livello internazionale con oltre 150 uffici in 53 Paesi e offre servizi di classificazione, certificazione, collaudo, ispezione e ingegneria in ambito navale, energia, trasporti e infrastrut-

ture, ambiente e innovazione. In questo quadro l’Information Technology ha un ruolo fondamentale nello sviluppo delle attività del Gruppo Rina, in quanto fattore abilitante in termini di efficienza, di integrazione e di innovazione di processo aziendale. Favati, origini fiorentine, genovese di adozione, 61 anni, è laureato in Economia all’università di Firenze. Ha maturato tutta la propria esperienza lavorativa nell’organizzazione e nell’Information Technology – gestendo anche progetti complessi di trasformazione aziendale –, con responsabilità crescenti in aziende di diversi settori: telecommunication (Sip), cruises (Costa), food (production & distribution), energy (Nira poi Ansaldo), manufacturing (Morteo).

Marco Farinetti IT Manager, MyChef Ristorazione Commerciale

Gabriele Tubertini è Direttore Sistemi Informativi e Innovazione Tecnologica di Coop Italia, la centrale di acquisto e di marketing delle Cooperative di Consumo. Prima di entrare in Coop Italia, nel settembre 2011, ha ricoperto il ruolo Operations, Technology & Claims Director di RSA Italia. In precedenza è stato Direttore Sistemi e Processi di Granarolo (Bologna) e Diretto-

re Operation di Mercato Impresa (Milano), start up Internet del Gruppo UBI. Laureatosi in economia e commercio all’Università degli Studi di Bologna, Tubertini ha iniziato la sua carriera in Accenture lavorando come consulente su progetti internazionali per clienti quali Piaggio, RAI, Agip, Q8, Pirelli, Benetton e Vodafone.

Marco Farinetti, nato a Rho (MI) nel 1975 è IT Manager di MyChef Ristorazione Commerciale Spa del Gruppo Elior. MyChef Ristorazione Commerciale è fra le società leader di questo settore in Italia. Sviluppa un volume d’affari di 120 milioni di euro, servendo 90 milioni di clienti in 150 punti di ristoro, con una crescita media annua superiore al 20% e con risultati di redditività ai primissimi posti delle classifiche di settore. Farinetti ha assunto l’attuale ruolo di IT Manager nel 2003, implementando un sistema casse e gestionale unico per tutti i punti vendita e guidando un processo di informatizzazione e innovazione tecnologica continuo negli anni. Partecipa in seguito a numerosi progetti volti all’ottimizzazione dei processi, all’innovazione tecnologica e alla sicurezza dell’infrastruttura informatica. Grazie al supporto dell’IT, MyChef è stata tra le prime società di ristorazione in Italia a dotare tutti i punti vendita della tecnologia di pagamento contactless e NFC, e ad avviare il processo di certificazione PCI-DSS, sintomo del fatto che l’innovazione informatica è stata da sempre uno dei punti fermi del processo di continua crescita.

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hanno collaborato

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è una testata di ICT and Strategy S.r.l.

Paola Capoferro Ronchetta, Daniele Lazzarin, Piero Todorovich, Vincenzo Zaglio

Stefano Mandato

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mara.perego@ict4executive.it - Tel. 02.36.57.88.71

ADM Studio Sas - Cologno Monzese (MI)

Gabriele Tubertini Direttore Sistemi Informativi e Innovazione Tecnologica, Coop Italia

Via Durando, 239 - 20158 Milano Iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 Testi e disegni: riproduzione vietata.

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Direttore responsabile

Illustrazioni di Fabio Margarita

Manuela Gianni (manuela.gianni@ict4executive.it)

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