ICT4Executive n6

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Executive BRIDGING THE GAP BETWEEN TECHNOLOGY & BUSINESS

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. Andrea Rangone: Favorire le start up digitali per far crescere l'economia . Nassim Taleb: Incertezza e Risk Management . Intervista a Massimiliano Rega, Direttore Service & Delivery, Sky: Innovare le Operations con la tecnologia . Editori e media tra Web, Mobile App e Tablet


Impresa Semplice è un marchio Telecom Italia

La Nuvola Italiana. Il cloud computing di Telecom Italia. A portata di mano anche delle piccole e medie imprese.

Impresa Semplice Il braccio destro che fa per me.

FISSO

MOBILE

INTERNET

chiama il

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SOLUZIONI IT


editoriale

quotazioni alle stelle per i social network valore reale o nuova bolla? di

umberto bertelè presidente advisory board ict4executive

Nata nel marzo 2010, Lashou.com - copycat cinese di Groupon (che aveva cercato lo scorso anno di acquisirne il controllo valutandola 500 milioni) - ha avuto una valutazione implicita, in occasione del suo ultimo fundraising, di 1,1 miliardi di dollari: a fronte di un fatturato annuo in forte crescita, ma che a dicembre superava appena i 150 milioni. Groupon, un social network un po’ anomalo, è di soli due anni più vecchia. La sua idea di business è di organizzare acquisti collettivi scontati reclutando via rete - fra i soci - i clienti di volta in volta interessati alle operazioni. Ha rifiutato lo scorso anno di vendersi a Google per 6 miliardi di dollari e sembra puntare - forte del recente fundraising di 950 milioni e dei 2.700 dipendenti nel mondo - a un IPO fra i 15 e i 20 miliardi. Zynga, una social gaming company fondata nel 2007, è passata da una valutazione implicita di 5 miliardi nell’ottobre 2010 a una di 9 nel febbraio 2011. Cifre che impallidiscono a fronte di quelle - ben note - di Facebook, nata nel 2004: 50 miliardi di valutazione implicita all’inizio dell’anno, in un finanziamento organizzato da Goldman Sachs; 70 miliardi negli scambi sul mercato secondario dei mesi successivi; oltre 100 miliardi, secondo il Wall Street Journal dei primi di maggio, il possibile valore per un IPO all’inizio del 2012, a fronte di un fatturato atteso di circa 4 miliardi e di un ebidta di quasi 2. Accanto a Facebook almeno altri due social network, Twitter e LinkedIn, vedono lievitare il loro valore: 8-10 miliardi per Twitter (oggetto del desiderio di Google e Facebook), che a fine 2010 valeva meno della metà; “solo” 2 per LinkedIn, prossima alla Borsa. E nel frattempo hanno iniziato a quotarsi le brutte copie di Facebook. Il primo IPO - al Nasdaq - è quello di Renren, social network cinese nato nel 2005, valutato ben 72 volte il suo fatturato 2010 di 76,5 milioni: nonostante una perdita nello stesso anno di 64,2 milioni e una trasparenza nella comunicazione assai dubbia. Siamo di fronte a una nuova bolla dopo quella del 2000? È parere unanime che, a differenza degli ultimi anni ’90, si abbia a che fare con imprese nel senso più completo del termine, dotate di una strategia definita e strutturate in corrispondenza. I grandi dubbi riguardano invece il valore a esse attribuito, che sembra fortemente influenzato dall’abbondanza di soldi “a caccia di investimenti”, figlia della politica monetaria espansiva (soprattutto statunitense) e dalle aspettative di inflazione. La mia sensazione è che saranno molto poche le imprese in grado di mantenere in prospettiva (o addirittura migliorare) l’attuale valutazione e che il mercato viceversa punirà duramente quelle che non si dimostreranno all’altezza delle aspettative: sintomatico il caso di MySpace, nata un anno prima di Facebook e acquistata dopo due anni di vita da Murdoch per più di 500 milioni (una cifra all’epoca di grande effetto), messa ora in vendita a un quinto del prezzo di acquisto. Non è peraltro solo il mondo dei social network che genera start up a getto continuo. Ci sono gli smartphone e i tablet, con il loro corredo di App; c’è il Cloud Computing, con le rilevanti potenzialità del cosiddetto Software as a service. Se ne parla meno, semplicemente perché la destinazione finale è spesso l’acquisizione da parte di grandi gruppi invece che la Borsa: come accaduto ad Android, nata come start up indipendente e poi cresciuta prepotentemente in seno al compratore Google. Fra chi manca all’appello, almeno per il momento, gli italiani. Ma le potenzialità ci sono e la speranza è che si sia in grado di creare le condizioni perché le cose possano cambiare presto.

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cover story Favorire le start up per far crescere l’economia di Andrea Rangone, Politecnico di Milano

Advisory Board Umberto Bertelè Presidente Advisory Board Giampio Bracchi Politecnico di Milano Carlo Alberto Carnevale Maffè Università Bocconi Maurizio Dècina Politecnico di Milano Giuliano Noci Politecnico di Milano Andrea Rangone Politecnico di Milano Francesco Sacco Università dell’Insubria - SDA Bocconi Gianluca Spina Dean - MIP Federico Barilli Direttore Assinform Alberto Felice De Toni Presidente Associazione Italiana Ingegneria Gestionale Stefano Pileri Presidente Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici Enzo Bertolini CIO Ferrero Group Nunzio Calì Deputy CIO Fiat Group Automobiles e CIO Fiat Group Purchasing Gianluigi Castelli Executive Vice President ICT ENI Pierluigi Curcuruto COO Intesa Sanpaolo Milo Gusmeroli Vicedirettore Generale Banca Popolare di Sondrio Massimo Milanta Amministratore Delegato UniCredit Global Information Services Alessandro Musumeci Direttore Centrale Sistemi Informativi Ferrovie dello Stato Filippo Passerini President, Global Business Services and CIO Procter & Gamble Mauro Viacava CIO Barilla Holding Pierfilippo Roggero Senior Vice President Southern and Western Europe Fujitsu Technology Solutions Nader Sabbaghian Amministratore Delegato BravoSolution Raffaello Balocco Segretario Advisory Board

Italiani che fanno nascere le imprese nel Digitale

di Manuela Gianni

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interviste

L’eccellenza di Sky Italia nelle Operations

Tecnologia italiana per i Giochi Olimpici di Londra 2012

Nader Sabbaghian, Amministratore Delegato di BravoSolution

Innovazione nella Supply Chain del farmaco

Alessandro Perego intervista Stefano Novaresi, Direttore Centrale Operations, Gruppo Comifar e Vice Presidente, Consorzio Dafne

Massimiliano Rega, Direttore Service & Delivery, Sky Italia

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management

Incertezza e Risk Management

Nassim Taleb, Professor of Risk Engineering, NYU

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osservatorio

L’evoluzione di editori e media tra Web, Mobile App e Tablet

di Giovanni Toletti, Politecnico di Milano

La normativa italiana per il digitale evolve con il “nuovo” CAD

di Giusella Finocchiaro, Avvocato e Ordinario di Diritto di Internet e di Diritto privato nell’Università di Bologna

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speciale “fatturazione elettronica”

La Fatturazione Elettronica in Italia

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speciale “cloud”

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rubrica | ricerche e studi

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rubrica | nomine

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rubrica | who’s who cio

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cov e r s t o ry

di

Favorire le start up per far crescere l’economia

andrea rangone

coordinatore osservatori ict&management school of management politecnico di milano

Come in tutte le economie mature, per sostenere lo sviluppo economico e creare nuova occupazione l’Italia dovrebbe puntare maggiormente sulle nuove imprese, soprattutto quelle che nascono nei mercati hi-tech più avanzati. Serve un maggiore impegno da parte della classe politica, del sistema educativo e delle istituzioni finanziarie. Serve un ecosistema che attivi anche da noi - come in altri Paesi - un circolo virtuoso

La correlazione tra start up, sviluppo economico e occupazione Da troppi anni ormai il sistema economico del nostro Paese appare ingessato e incapace di aprirsi alle nuove opportunità offerte dai settori più innovativi, hi-tech. Abbiamo un PIL che stenta a crescere, un tasso di disoccupazione giovanile molto elevato e un’economia focalizzata soprattutto sui settori maturi, che strutturalmente perdono occupazione. Una situazione che si è accentuata durante la difficile crisi economica che stiamo faticosamente tentando di superare. In questo scenario, un contributo importante alla crescita economica e all’occupazione può provenire dalla nascita di nuove imprese. L’esperienza delle economie più avanzate dal punto di vista dell’innovazione e dell’imprenditorialità mostra chiaramente come una componente consistente della crescita del PIL e dell’occupazione sia legata alla nascita e allo sviluppo delle nuove im| 6 |

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prese. In questi Paesi, la crisi ha paradossalmente portato ad un’accelerazione di queste dinamiche. Un recente studio della Kauffman Foundation evidenzia che, ad esempio, il tasso di start up negli Stati Uniti è cresciuto in questi ultimi anni: diventare imprenditori è stata la risposta di milioni di statunitensi ai tagli di occupazione effettuati da molte grandi imprese. Il record è stato ottenuto proprio nel 2010, con lo 0,34% del totale degli adulti che hanno avviato un’impresa, di qualsiasi tipo, per una media di 565mila start up nate ogni mese. Tra gli ambiti più promettenti per far attecchire e crescere le nuove imprese c’è sicuramente quello del digitale - delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione - un settore che sta vivendo proprio in questi ultimi anni una fortissima accelerazione. È in questo mondo che sono nate le storie imprenditoriali più di successo, con dinamiche di crescita incredibili e importanti ricadute sull’occupazione.


c ov e r s t o ry | Favo r i r e l e sta rt u p p e r fa r c r es c e r e l’ e c o n o mia

La nuova “new economy” Facebook - con la sua quotazione recentemente lievitata a oltre 100 miliardi di dollari - è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più esteso. L’elenco di società nate negli ultimi anni con valori “ufficiosi” di svariati miliardi di dollari è molto lungo: Groupon, iniziativa nata nel 2008 che ha lanciato online un innovativo sistema di coupon promozionali digitali, è valutata intorno ai 25 miliardi di dollari; Twitter, nata nel 2006, che ha inventato un nuovo modo di concepire i social network basato su brevissimi messaggi, varrebbe 8-10 miliardi; Zynga, società che offre videogiochi fruibili su piattaforme di social networking è valutata 7-9 miliardi. Linkedin, prossima all’IPO, oltre 2 miliardi. E poi Tumblr, che ha inventato un nuovo format di blog multimediale; Dailybooth e Path, due social network basati su foto e geolocalizzazione; Square, che opera nell’emergente mercato del mobile payment; Color, un’applicazione mobile di condivisione delle foto: tutte aziende nate negli ultimi anni con investimenti elevatissimi. Esempi di una molteplicità di start up che nascono ogni mese per operare negli infiniti meandri del mondo digitale, finanziate - ciascuna - dai Venture Capitalist con decine e decine di milioni di dollari.

A prescindere dalle discussioni riguardanti la correttezza o meno di queste quotazioni, una cosa è certa: testimoniano che la “new economy” - per riprendere un’espressione molto di moda nella seconda metà degli anni 90 durante il boom di Internet - è più florida che mai. E se oggi sono le tecnologie “social” e “mobile” ad essere al centro dell’attenzione di imprenditori e investitori, non mancano certo all’orizzonte nuove frontiere: dal Semantic Web alla Augmented Reality, dal Cloud Computing all’Internet of Things. E in Italia? In questo scenario che ruolo sta giocando il nostro Paese? Purtroppo molto marginale. Le ricerche internazionali ci posizionano in fondo alle classifiche per tasso di imprenditorialità, dietro la maggior parte dei paesi europei: Regno Unito, Francia, Germania sono nettamente avanti all’Italia per numero di fondi di Venture Capital, capitale investito in start up, numero di imprese finanziate. Anche la Spagna che ha un economia ben più piccola della nostra è più avanti. Ma perché? Quali sono i motivi di questa situazione? Non è certo un problema di intraprendenza, di competenze, di creatività e forse nemmeno di mentalità.

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cover story | Favo r i r e l e sta rt u p p e r fa r c r esc e r e l’ e c o n o m i a

L’Italia è in fondo alle classifiche per tasso di imprenditorialità, dietro la maggior parte dei Paesi europei: Regno Unito, Francia, Germania sono nettamente avanti per numero di fondi di Venture Capital, capitale investito in start up, numero di imprese finanziate

La storia del nostro Paese dimostra chiaramente come è proprio grazie all’imprenditorialità diffusa che siamo riusciti nel secolo scorso a diventare una grande economia mondiale. Inoltre la nostra cultura è imbevuta di inventiva e arte dell’arrangiarsi, che sono elementi positivi per l’imprenditorialità. E non mancano nemmeno esempi concreti che dimostrano chiaramente che anche in Italia si possono creare start-up di successo: aziende come Yoox, leader mondiale nell’eCommerce di grandi marchi dell’abbigliamento, quotata nel 2009; Volagratis, uno dei principali operatori europei nel settore dei viaggi online; Gioco digitale, pioniere in Italia nel settore dei giochi online (venduta a Bwin nel 2009); Venere.net, specializzata nella preno-

Start up Boosting, un’iniziativa della School of Management del Politecnico di Milano Una risposta alla esigenza di maggiore imprenditorialità in Italia viene dalla School of Management del Politecnico di Milano. Di recente gli Osservatori ICT & Management - gruppo di ricerca attivo da oltre dieci anni - hanno avviato Start up Boosting, una nuova iniziativa mirata a stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali basate sull’innovazione, facendo leva sull’esperienza decennale nell’analisi di casi reali di utilizzo delle tecnologie digitali e nel supporto allo sviluppo del business di numerose start up, divenute poi imprese di successo.
Attraverso il succedersi di una serie di Call 4 Ideas collegate ai diversi Osservatori, Start up Boosting vuole identificare le idee di business e i progetti imprenditoriali più innovativi, che saranno supportati e seguiti nel loro sviluppo dalla School of Management del Politecnico di Milano.
I candidati che supereranno il processo di valutazione saranno supportati nella messa a punto del progetto imprenditoriale, con l’obiettivo di accelerarne lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi, nonché di aumentarne l’attrattività sul mercato dei capitali di rischio (Venture capitalist e Business Angel). Avranno inoltre la possibilità di frequentare gratuitamente un percorso di alta formazione presso il MIP, la Business School del Politecnico di Milano, e saranno supportati del team degli Osservatori nella ricerca dei capitali di rischio necessari. Per informazioni www.osservatori.net | 8 |

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tazione degli hotel, venduta nel 2008 ad Expedia; BravoSolution e iFaber, oggi tra i principali player mondiali nei servizi B2b; Buongiorno, quotata, leader mondiale nei contenuti e servizi mobile. L’ecosistema che non c’è Ma sono - purtroppo - ancora troppo poche. Qual è il motivo per cui nel nostro Paese non si riesce ad aumentare la dimensione quantitativa di questi fenomeni imprenditoriali? La risposta sta nella mancanza di un reale ecosistema. Si tratta forse di un termine - ecosistema - inflazionato, roboante, dal significato spesso vuoto, ma temo che di questo si tratti. È necessaria, infatti, un’azione sistemica per cercare di avviare anche in Italia quel circolo virtuoso che in altri Paesi è attivo da tempo: che parte dalla messa in gioco di risorse e investimenti consistenti per generare un numero crescente di iniziative di successo, che a loro volta fanno aumentare ulteriormente gli investimenti e così via. Parlo di un’azione sistemica perché le risorse da mettere in gioco sono di natura molto diversa e provengono da soggetti molto diversi: • i decisori politici, che devono dedicare maggiore attenzione a questo tema e investire maggiori risorse (le modalità sono molteplici, come dimostrano casi di successo a livello internazionale: dall’esenzione fiscale degli investimenti in start up, all’indirizzamento di risorse finanziarie pubbliche anche in questa direzione, da specifiche normative che favoriscano l’afflusso anche di risorse private in questo ambito ad una normativa giuslavoristica ad hoc per le nuove imprese; • il sistema educativo, in particolare universitario e post-universitario, che deve investire maggiormente nella messa a punto di percorsi formativi – che sono anche percorsi culturali – in grado di fornire ai giovani più strumenti per intraprendere la via imprenditoriale; • le istituzioni finanziarie, che devono mettere a disposizione ben più risorse. È incredibile la pochezza di investimenti effettuati fino ad ora dal mondo finanziario italiano nel suo complesso nei fondi di Venture Capital rispetto a quanto è accaduto in altri paesi europei. Su quest’ultimo punto speriamo che l’attuale scenario internazionale - che sta vivendo un forte incremento del fund raising da parte dei fondi di Venture Capital (negli Stati Uniti più 76% nel primo trimestre 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010) possa influenzare positivamente anche il clima in Italia.


cover story di

manuela gianni

italiani che fanno nascere le imprese nel Digitale La parola a sette fra i maggiori esperti di start up del nostro Paese, per aver vissuto l’esperienza in prima persona e per aver avviato e finanziato tante avventure imprenditoriali nel mondo di Internet e dei new media

Malgrado la scarsa disponibilità di risorse finanziarie e di investitori istituzionali, anche in Italia esistono diverse iniziative interessanti focalizzate nel supportare lo sviluppo di start up innovative nel mondo del digitale, soprattutto nelle primissime fasi di vita. Nelle pagine successive presentiamo alcune fra le più attive nel panorama attuale e diamo la parola a chi le ha create e le porta avanti: sette esperti che, per mestiere, passano al setaccio ogni anno centinaia di idee di business di aspiranti imprenditori, alla ricerca di quelle vincenti. In vari modi e con approcci differenti, si adoperano affinchè le proposte selezionate prendano forma, attraverso consulenza, supporto operativo e - soprattutto - finanziamenti, anche di modesta entità, ma decisivi. Si parte dalla creazione dell’azienda, si prosegue aiutando i giovani imprenditori a capire se il business model funziona e se c’è un mercato per crescere, si investe per spiccare il salto, oppure si chiudono

i battenti. Sono poche quelle che diventano multinazionali di successo, ma sono numerose quelle che riescono ad avviare il volano della crescita, creando posti di lavoro qualificati e tanta soddisfazione. Certo, si può fallire, fa parte delle regole del gioco. Ma il fallimento è positivo per molti aspetti. Chi si mette in gioco dimostra coraggio, impara dai suoi errori, fa un’esperienza che può condividere. Il contributo di questi imprenditori è prezioso per permettere all’Italia di accelerare il percorso di innovazione e di crescita, diffondere la cultura dell’online, far crescere nuove imprese hi-tech, puntando sui giovani e sulla loro capacità di interpretare in modo innovativo il mondo digitale e le sue incessanti evoluzioni. A loro abbiamo chiesto chi sono e come operano, e in che modo il nostro Paese potrebbe incentivare la nascita di start up per allinearsi alle best practice europee, quali Francia, Germania e UK, cosa ci manca e cosa si dovrebbe fare. www.ict4executive.it

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cover story | ita l i a n i c h e fa n n o n a s c e r e l e i mp r e s e n e l D i g i ta l e

Claudio Giuliano Innogest SGR Claudio Giuliano è fondatore e Managing Partner di Innogest SGR, il più grande fondo italiano di Venture Capital (in particolare per seed ed early stage) con un patrimonio amministrato di 80 milioni di euro. Ingegnere torinese con un MBA all’INSEAD di Fontainebleau, prima di fondare Innogest Giuliano ha lavorato come manager in HewlettPackard, come consulente strategico in Bain & Co ed è stato Associate Director presso lo European Technology Fund del Carlyle Group. Per le mani sue e dei suoi collaboratori passano circa 500 business plan all’anno, focalizzati sui settori ad alta tecnologia, in particolare ICT, meccanica, Biomedicale ed energia: di tutte queste proposte, sono tre o quattro quelle selezionate e finanziate. Fra queste citiamo Silicon Biosystems, Erydel, Igea, TheBlogTv, Noodls, Cascaad e MBooster.

«Il nord Italia è in realtà una delle macroregioni più imprenditoriali d’Europa - esordisce Giuliano -, ma si tratta spesso di un’imprenditorialità low tech, per esempio nei settori metalmeccanici, dove spesso l’imprenditore, pur di grandissimo valore e dinamismo, non è neppure laureato. Quando invece guardiamo i giovani laureati delle facoltà scientifiche, questi non sembrano motivati a fondare società hi-tech: troppo spesso aspirano piuttosto al posto fisso in azienda». Le università hanno in questo le loro responsabilità, ma si tratta solo di una delle molte facce di una realtà complessa da analizzare». Prosegue Giuliano: «C’è molto da fare a livello di capitali: è ovvio che oggi l’Italia ha un sistema di venture capital sottodimensionato rispetto al PIL del Paese e che la domanda di

fondi è ben superiore a ciò che il sistema riesce a finanziare. Serve un input forte, per creare un ecosistema di operatori specializzati in diversi settori, che portino a fattor comune esperienze, competenze e network di relazioni». Giuliano sottolinea che i fondi di Venture Capital sono qualcosa di ben diverso da una banca o da un amico che presta i soldi per avviare un’attività. «Significa affidarsi a persone che hanno specifiche competenze per supportare la crescita, perché lo fanno di mestiere, vi si dedicano a tempo pieno, e perchè hanno a cuore il successo dell’iniziativa, dato che hanno deciso di investirci». Ma una buona idea, i soldi e una valida consulenza non bastano, come invece pensano molti giovani imprenditori. Bisogna anche saper essere aperti al confronto, in un mercato che nell’hi-tech

è mondiale, attingendo dalle esperienze di altri imprenditori, manager ed esperti. E serve spirito di sacrificio e continua attenzione al dettaglio: «Nella Silicon Valley ci sono un sacco di esempi di successo, ma si dimentica che ci si arriva lavorando sodo, in modo quasi paranoico, alla ricerca dell’eccellenza,

entrando sempre in maggior profondità nei problemi, non accontentandosi di soluzioni superficiali, ricercando incessantemente il confronto con chi è portatore di punti di vista diversi. È qualcosa che non si insegna sui banchi di scuola, ma che si apprende dall’esempio di chi sta attorno ed ha avuto successo».

Gianluca Dettori dPixel Pioniere italiano di Internet, Gianluca Dettori è oggi presidente di dPixel, società di consulenza specializzata nel Venture Capital tecnologico da lui fondata qualche anno fa nella convinzione che anche in Italia è possibile dar vita ad aziende hi-tech competitive a livello internazionale, come dimostrano numerosi casi di successo. Il suo intenso percorso professionale è tutto all’insegna dell’innovazione digitale e delle start up. Dopo la laurea in Economia a Torino, ha mosso i primi passi in Olivetti, lanciando il portale Italia On Line (divenuto poi Libe-

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ro), per poi passare in Lycos Bertelsmann per preparare il debutto in Italia del motore di ricerca. Nel 1999, con il compagno di università Franco Gonella, tuttora socio, ha fondato Vitaminic, la prima piattaforma italiana per la distribuzione di musica digitale, portandola alla quotazione di Borsa nel 2000 e alla fusione con Buongiorno nel 2003. Ha iniziato ad occuparsi di Venture Capital tecnologico dieci anni fa, e ha finanziato diverse iniziative fra cui Vivaticket, Crowdengineering, Im3D, Sitonline, SmartRM, Banzai, SEOlab, Kiver, Sounday, Ibrii, Liquida e Urbissimo.


c ov e r s t o ry | i ta l i a n i c h e fa n n o n a s c e r e l e i m p r e s e n e l D i g i tale

Diana Saraceni 360° Capital Partners

Diana Saraceni è cofondatrice e General Partner di 360° Capital Partners, società di Venture Capital che investe in aziende dai contenuti innovativi su tutto il territorio europeo, in particolare in Italia e Francia. Il team di professionisti che ci lavora ha investito in più di 70 aziende, seguendole poi nella crescita e al momento dell’exit. Attualmente la società gestisce un fondo superiore ai 100 milioni di euro e valuta ogni anno circa 1200

opportunità di investimento. Laureata in ingegneria e con un MBA conseguito alla Luiss di Roma, Diana Saraceni è entrata nel mondo del Venture Capital oltre 10 anni fa, e in precedenza ha lavorato alla Lazard Investment Banking - dove faceva parte del Technology Team e seguiva principalmente transazioni di fusione e acquisizione e operazioni di prima quotazione - e come consulente in A.T. Kearney a Milano e Londra. Si è occupata e si occupa di

dPixel ha sede a Milano e San Francisco, opera principalmente sul territorio italiano, ma effettua investimenti anche negli Stati Uniti e in Europa. «Siamo in una fase di crescita - spiega Dettori -, con l’obiettivo di portare il portafoglio a oltre 30 partecipazioni in 7 anni. Valutiamo circa 700 iniziative l’anno: c’è un potenziale enorme, è il risultato di un sistema universitario che produce tantissimo sapere. Ma siamo storicamente poco capaci di portarlo sul mercato: occorrono investitori specializzati dotati di capitali e capacità decisionali». Dettori è anche

impegnato in prima linea in Working Capital, il progetto lanciato da Telecom Italia due anni fa per finanziare ricercatori e start up e di cui dPixel è advisor. «Quest’anno Telecom Italia dovrebbe allocare 2milioni e mezzo di premi ed investimenti. Abbiamo selezionato 60 iniziative: in parte sono progetti di ricerca, altri sono imprenditori che ricevono un finanziamento per avviare la start up». Secondo Dettori, perchè l’imprenditorialità possa crescere il nostro Paese ha bisogno soprattutto di investimenti. «Quello che ci manca davvero sono dei fondi strut-

seguire aziende del settore del green, dei dispositivi medici, dell’ICT e del retail: fra queste le italiane CO.Import, Mutuionline, Electro Power Systems, Biolase e NSE. Lavorando sia in Italia sia in Francia, Diana Saraceni conosce bene le differenze fra le due realtà: «La Francia è il Paese europeo in cui il Venture Capital è più sviluppato - spiega - e questo perchè c’è stata una precisa volontà politica, che ha per esempio introdotto l’obbligo per le assicurazioni e le banche ad investire nei fondi». Un intervento forte, che era necessario per vincere i timori delle istituzioni finanziarie verso questa categoria di asset, che spaventano perchè il rischio sul singolo investimento è alto ed è difficile percepire quanto sia moderato invece

il rischio a livello complessivo di fondo di investimento; rimane nella mente degli investitori che molte start up falliscono e comunque spaventa che i ritorni siano nel lungo periodo. Il bilancio della Francia appare oggi molto positivo: «Questa spinta ha dato possibilità a molti imprenditori di sviluppare progetti interessanti, ha aumentato il numero di imprese, lo sviluppo dell’industria, dell’innovazione e dell’occupazione». Secondo Diana Saraceni, se il mercato del Venture Capital francese è oggi forse troppo competitivo, quello italiano è ancora troppo piccolo: «qui è molto più difficile chiudere un deal». Cosa manca dunque in Italia per accelerare la nascita di start up? «Per prima cosa la cultura. Gli studenti universi-

tari generalmente non sanno come si avvia un’azienda e i pochi che lo sanno difficilmente conoscono i fondi di Venture Capital, ma solo quelli di buy-out, ovvero quelli che comprano aziende già avviate. Il concetto di imprenditorialità in Italia gode di una reputazione negativa, mentre nella Silicon Valley chi apre una start up è visto come un eroe nazionale e chi ci va a lavorare accetta volentieri uno stipendio più basso e una buona dose di rischio pur di possedere una parte dell’azienda, di costruire qualcosa. La prospettiva di un progetto forse vincente, che potrebbe permettergli di diventare ricco e di successo, li esalta, mentre in Italia chi cambia lavoro per una start up pensa piuttosto al rischio di fallire e ai benefit che sta lasciando, come l’auto aziendale». Messaggi che vanno dati ai più giovani, perchè lo spririto imprenditoriale può davvero essere la risposta all’assenza di sbocchi lavorativi dei nostri giorni.

turati di venture capital: le aziende non si costruiscono con la sola volontà. Se hai un’idea innovativa e vivi in Italia, è difficile anche trovare i primi 150mila euro per partire: assumere le prime tre persone, andare online con una beta, iniziare a fare i primi ricavi». Negli ultimi tempi, però, le cose stanno cominciando a muoversi: se dopo lo scoppio della bolla Internet del 2001 abbiamo avuto in Italia un periodo di calma piatta, si assiste ora a un dinamismo crescente. Ecco perchè con più fondi e una forte volontà politica si potrebbe rilanciare l’imprenditorialità italiana.

Gli esempi all’estero non mancano, e Dettori li conosce bene, anche per aver partecipato - unico italiano - al Kauffman Fellow Program, un percorso di formazione per venture capitalist dell’università di Stanford, insieme a 400 colleghi di 20 nazionalità. «Il ruolo della politica deve essere quello di orchestrare le attività dei diversi operatori affinchè possano collaborare al meglio. Esistono diversi esempi a livello internazionale che dimostrano come questo modello organizzativo funzioni: un caso è il Cile, dove da vent’anni il governo

porta avanti iniziative per sviluppare l’imprenditorialità, non solo tecnologica, e i risultati si vedono. Potrebbe farlo anche la regione Lombardia, che è un’eccellenza e ha tutte le carte in regola per diventare un hub dell’innovazione». Se i capitali sono necessari, è altrettanto necessario che vengano assegnati secondo modalità adeguate: «in Cile il progetto coinvolge la Stanford University, il MIT, la London School of Economics e i principali fondi di Venture Capital, che fanno da advisor: sono loro che decidono su chi investire».

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cover story | ita l i a n i c h e fa n n o n a s c e r e l e i mp r e s e n e l D i g i ta l e

Mario Mariani The Net Value

Riccardo Donadon H-Farm H-Farm opera a livello internazionale in ambito Web, Digital e New Media con il doppio ruolo di incubatore e investitore. Il progetto è nato nel 2005 su iniziativa di Riccardo Donadon, attuale Amministratore Delegato con alle spalle una lunga esperienza nel creare aziende di successo nel mondo digitale. Nato a Treviso, dopo studi classici ed alcuni esami in Psicologia, Donadon ha dato vita a uno dei primi progetti di ecommerce in Italia, Mall Italy Lab, cresciuto all’interno del gruppo Benetton e ceduto nel 1998 ad Infostrada, e nel 1998 ha fondato E-Tree, la più importante web agency italiana successivamente ceduta nel 2000 al gruppo Etnoteam dopo aver conseguito ricavi annuali per 13 milioni di euro, con un organico di 160 dipendenti. Per H-Farm, Donadon ha scelto una sede spaziosa immersa nel verde a Ca’ Tron, ai margini di una storica tenuta agricola di 1.200 ettari affacciata sulla laguna di Venezia. Ogni anno qui vengono valutate più di 200

proposte e le iniziative selezionate iniziano un percorso di incubazione che va mediamente dai 36 ai 48 mesi. In Italia, nel corso dei primi 5 anni H-Farm ha creato oltre 200 posti di lavoro, sviluppando knowledge nel territorio e credibilità nel mercato. In questi anni di attività ha esteso il raggio d’azione aprendo sedi in USA, India e UK e ha finora investito più di 8 milioni di capitali privati nello sviluppo di nuove attività imprenditoriali. Ad oggi il portafoglio conta 22 start up, di cui tre già cedute con successo. Fra queste H-art, web agency acquisita per 5 milioni di euro dal gruppo WPP, leader globale nel mercato dell’Advertising. «Il tema del sostegno all’imprenditoria è particolarmente complesso da affrontare da una prospettiva sistemica - esordisce Donadon -. Le dinamiche dello sviluppo imprenditoriale sono bottom up: la scintilla dell’iniziativa economica parte sempre da un individuo, ovvero dall’imprenditore che dà impulso alla nascita di una nuova iniziati-

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va: al Sistema Paese spetta, invece, il compito di creare un contesto favorevole allo sviluppo del progetto, un ecosistema in cui l’impresa possa crescere, cambiare, rinnovarsi, vivere o - perché no? - morire seguendo il suo percorso fisiologico». Occorre promuovere la consapevolezza delle potenzialità di Internet come strumento di business: a chi opera nel mondo del Digital è richiesta molto spesso un’attività di formazione e divulgazione per far percepire la rete come un importante opportunità di sviluppo economico, in contrapposizione a una visione del Web come strumento di “entertainment” o, comunque, appannaggio di una nicchia di geek. Ovviamente molto sta già cambiando, con la crescita delle generazioni di nativi digitali, ma ancora non si percepisce appieno l’imprenditoria digitale come uno dei motori dell’innovazione. Secondo Donadon, «un’impresa che investe in asset digitali acquisendo una start up tecnologica dovrebbe poter beneficiare

della stessa tipologia di agevolazioni che consentono di defiscalizzare gli investimenti in macchinari ed impianti industriali: limitare ai soli investimenti “materiali” il concetto di accrescimento degli asset di un’azienda è ormai anacronistico». Più che di mancanza di capitali per l’innovazione, poi, non si è ancora affermata una mentalità da investitori: «troppi fondi, sia pubblici che privati, destinati all’innovazione e al sostegno dell’imprenditoria sono allocati in iniziative che, seppur lodevoli, sono spesso ammantate di una mentalità assistenzialista, mentre è al contrario importante sottolineare l’efficacia e la redditività di questi investimenti». La ricaduta sociale positiva è un’ovvia conseguenza di un sistema di investimento stabile, liquido e soprattutto finanziariamente attraente, mentre non è vero il contrario: finanziare l’innovazione non è un lavoro da farsi “a fondo perduto”, le eccellenze devono emergere in un contesto competitivo.

Mario Mariani ha dato vita all’incubatore The Net Value due anni fa, mettendo a disposizione degli aspiranti imprenditori l’esperienza maturata in 15 anni di lavoro con le start up del mondo di Internet e dei Nuovi Media. Cagliaritano, laureato in Economia e con un master in “Management dell’Innovazione Tecnologica” ottenuto presso la Scuola Superiore di Studi Sant’Anna di Pisa, Mariani ha infatti partecipato alla nascita di uno dei primi Internet Provider italiani, Video On Line (venduta poi a Telecom Italia e divenuta Tin. it) e successivamente, nel 1998, alla costituzione di Tiscali, ricoprendo nell’azienda incarichi di crescente responsabilità fino alla nomina, nel luglio 2006 ad Amministratore Delegato di Tiscali Italia. The NetValue è una Digital Media Nursery, ovvero una struttura organizzata all’interno della quale aspiranti imprenditori con idee giudicate interessanti vengono ospitati


e aiutati a concretizzare la proposta e il business. Spiega Mariani: «Ho scelto di lavorare a Cagliari non solo perchè è la mia città, ma perchè c’è un humus imprenditoriale e di competenze tecniche tale da renderlo un luogo favorevole». Qui sono nati infatti CRS4, centro di ricerca che si occupava di Internet quando ancora non esisteva per come la conosciamo oggi, il primo sito web italiano, il primo quotidiano ad andare

online in Europa, l’Unione Sarda, la prima web radio, Radio X, e poi Tiscali. L’ospitalità offerta dall’incubatore è per un periodo di tempo limitato, da 6 mesi a 1 anno e mezzo. «I primi anni di un’azienda sono delicatissimi - evidenzia Mariani - e si fanno tipicamente molti errori, che possono essere evitati con i consigli di un team di esperti che questi errori li ha già fatti in passato». L’incubatore dà alle aziende

la possibilità di esprimersi in maniera autonoma, fornisce spazi attrezzati per lavorare e consulenza. Solo le idee ritenute particolarmente valide ricevono anche un finanziamento ed un supporto più attivo. Nell’arco di due anni sono passate da qui una quindicina di aziende: alcune non ci sono più, altre sono un po’ cresciute e si sono trasferite in una propria sede, qualcuna sta avendo un buon successo. Fra queste Paperlit.com, nata da un gruppo di italiani in Silicon Valley che ha sviluppato una piattaforma, portata poi in Italia, che oggi veicola 200 giornali sui device mobili, ovvero smartphone e tablet, e Money360, partecipata dai fondi Annapurna Ventures e Vertis, che a regime avrà una cinquantina di dipendenti. «L’Italia è un Paese di innovatori e di grandi creativi: iniziative vincenti anche a livello internazionale ne sono sempre nate e ne nasceranno anche in futuro. L’incubatore

the

c ov e r s t o ry | i ta l i a n i c h e fa n n o n a s c e r e l e i m p r e s e n e l D i g i tale

DIGITAL MEDIA NURSERY

però è dimensionato per le dinamiche italiane: considerando le differenze culturali e socio economiche, non possiamo pretendere che le nostre start up seguano le stesse logiche della Silicon Valley, dove tutte aspirano alla quotazione in Borsa». Si può anche fallire, certo: fa parte delle regole del gioco ed è comunque un arricchimento personale. «Diverse iniziative sono morte dopo aver sperimentato per sei mesi un Business Model. Se non funziona, si chiude e ci si mette a fare altro: è comunque un’esperienza utile. Negli Stati Uniti, i ragazzi che vengono assunti da imprese come Microsoft o Facebook hanno sempre all’interno del loro CV un paio di tentativi in start up». Secondo Mariani, se è vero che le nuove genera-

zioni aspirano ad un posto di lavoro tranquillo piuttosto che avventurarsi in qualcosa di rischioso, è altrettanto vero che in Italia fare impresa è difficile, perchè vanno affrontate complesse tematiche burocratiche e amministrative. «Per un’azienda appena nata, con poco capitale, il primo anno rappresenta uno scoglio da superare: il tasso di mortalità è altissimo. È l’organizzazione del sistema fiscale che spesso determina la non sopravvivenza, perchè si fa difficoltà ad incassare le fatture e le tasse vengono chieste in anticipo, impedendo di creare quel volano che permette negli anni successivi di avere un’azienda un po’ più stabile. Se ci fosse un sistema meno penalizzante, sicuramente ci sarebbero più iniziative».

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Massimiliano Magrini Annapurna Ventures L’Italia è oggi un Paese dalle potenzialità inespresse, un territorio che per ragioni culturali, giuridiche e storico-economiche non riesce a sfruttare appieno lo spirito imprenditoriale presente al suo interno. Ma questa condizione può essere superata: l’economia mondiale si sta evolvendo rapidamente e, nonostante la recente crisi finanziaria, sono numerose le opportunità a cui agganciarsi. Ne è convinto Massimiliano Magrini, che nel 2009 ha fondato Annapurna Ventures, società di Venture Capital e

Incubator, sulla scorta di una lunga esperienza nel settore dei media digitali: dopo aver lavorato con Publitalia, Rusconi ed il Sole 24 Ore, Magrini ha riconosciuto il potere rivoluzionario dei motori di ricerca ed ha promosso la start up di Altavista in Italia, approdando nel 2002 a Google per guidare il lancio dell’azienda nel mercato italiano. Obiettivo di Annapurna Ventures è trasformare idee innovative nell’ambito dei Web Services, del Mobile e del Software in imprese di successo.

«Lo sviluppo dei settori ad alto tasso di innovazione - servizi Web e Mobile, cleantech, biotecnologie, nanotecnologie, tecnologie biomediche - è particolarmente promettente - afferma Magrini -. I settori ad alta crescita, per via della loro architettura di rischio-rendimento, sono storicamente legati allo sviluppo del Venture Capital. È stato dimostrato da numerosi stu-


cover story | ita l i a n i c h e fa n n o n a s c e r e l e i mp r e s e n e l D i g i ta l e

di, ad esempio dalle ricerche condotte dalla Kauffmann Foundation, che le “Venture backed companies”, le aziende nate grazie all’apporto di capitale di rischio, hanno una maggiore performance in termini di redditività e contribuiscono in maniera significativa all’economia nel suo complesso, creando ricchezza e nuovi posti di lavoro». Tuttavia, nel rapporto “The Global Venture Capital and Private Equity Attractiveness Index 2009-10”, realizzato dalla IESE Business School in collaborazione con Ernst Young, l’Italia è collocata al ventinovesimo posto nella classifica mondiale per attrattività del suo sistema economico nei confronti di tali forme di investimento, e la principale

minaccia per il mercato del capitale di rischio consiste proprio nel limitato ruolo del venture capital. Infatti, il caso italiano si caratterizza per lo scarso volume di investimenti in venture capital, specialmente se comparato con altri Paesi europei come Francia e Germania. Secondo l’ultima analisi del mercato italiano creata dall’AIFI (Associazione italiana del Private Equity e del Venture Capital) in collaborazione con PricewaterhouseCoopers, nel 2010 in Italia sono stati effettuati 106 investimenti nell’ambito early stage per un ammontare complessivo di 89 milioni di euro, una cifra molto contenuta. Tutto ciò, secondo Magrini, è legato alle tradizionali debolezze del contesto

italiano: difficoltà nell’indirizzare il risparmio privato verso investimenti produttivi, architettura del sistema fiscale, peso rilevante dei settori maturi esposti alla concorrenza internazionale, struttura inefficiente del mercato del lavoro, scarsa attrattività per gli investitori stranieri e ridotta penetrazione di Internet. Ma ciò non significa che le tutte le porte siano chiuse. «Il sistema Venture Capital ha vissuto diverse incarnazioni in varie aree del mondo. Come noto, il modello di maggiore efficacia è rappresentato dalla Silicon Valley, un caso di successo che ha prodotto numerosi tentativi di imitazione. Tuttavia, spesso non è stato possibile riprodurre da zero il

livello di strettissima interazione presente in California, dove a pochi chilometri di distanza si trovano i maggiori fondi di venture capital, le sedi delle principali imprese innovative ed una rete di centri accademici capaci di produrre talenti tecnici dotati di elevato spirito imprenditoriale». Ci sono invece dei casi di “sviluppo ibrido” nei quali un sistema dell’innovazione basato su realtà private, capace di reggersi in modo indipendente, è stato lanciato grazie a efficaci politiche pubbliche. La creazione di un ecosistema dell’innovazione è di fondamentale importanza per la tenuta economica e per lo sviluppo dell’Italia: una sfida che il Paese può e deve affrontare con successo.

enrico gasperini Gruppo Digital Magics

Il Gruppo Digital Magics nasce nel 2004 per iniziativa di Enrico Gasperini, imprenditore pioniere in Italia nello sviluppo di nuovi modelli di marketing e comunicazione applicati ai media digitali, da sempre impegnato nella diffusione della cultura dell’online. Laureato in Scienze dell’Informazione con una specializzazione in Computer Science, Gasperini inizia già negli anni 80 la sua attività imprenditoriale nel mondo del digitale e nel 1988 fonda Inferentia che pochi

anni dopo diventa la prima new media agency in Italia, specializzata nell’offerta di servizi di marketing e comunicazione per l’online advertising, realizzando progetti innovativi riconosciuti a livello internazionale e quotandosi in Borsa nel 2000. Nel ruolo attuale di Venture Partner di Digital Magics, Gasperini si occupa di sviluppare e finanziare nuove iniziative nel mercato digitale, con partner industriali e finanziari. Le start up del net-

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work sono specializzate nella nuova comunicazione e nella produzione e distribuzione di contenuti interattivi, formati originali e advertising per le piattaforme digitali: Broadband, Mobile, i-TV. «Nel nostro Paese siamo all’emergenza in quanto a ritardo sull’innovazione - esordisce Gasperini - rischiando di non cogliere l’unica opportunità per superare la crisi e per creare nuovi posti di lavoro». Per sviluppare l’imprenditorialità serve dunque un impegno collettivo, per mettere a fattor comune, in modo strutturato, il contributo di ogni attore rilevante del sistema di valore sia privato che pubblico: è necessario cioè «coordinare idee, persone, capitali, partner, università, istituzioni, per aggredire un mercato che è per definizione globale». A partire dallo Stato e dalle istituzioni finanziarie: «condizioni più favorevoli, dalla burocrazia alle tasse, per la nascita di nuove imprese; condizioni di accesso privilegiato al credito e alle commesse pubbliche, sostegno alla nascita di

operatori finanziari di venture capital e private equity». Secondo Gasperini, oggi abbiamo condizioni e opportunità di farlo almeno nell’industria di Internet, che è ripartita per l’impulso finanziario degli USA. E dove i gruppi industriali nei settori tradizionali, che devono necessariamente innovare con l’arrivo dei mercati digitali, possono finanziare e trarre grandi benefici dallo sviluppo di un ambiente locale favorevole all’accelerazione. Insomma occorre una vera e propria agenda digitale, da realizzarsi con la massima priorità. E in assenza di risorse centrali o di fondi occorre attivare policy che incentivino la cooperazione e il network tra gli attori. «Nella nostra esperienza di startupper, ad esempio, la politica di networking

ha determinato la nascita di un ambiente favorevole di investimento, dove nel corso dell’ultimo quinquennio Digital Magics ha contribuito ad avviare 25 start up investendo circa 15 milioni di capitale proprio o di terzi, inclusi i proventi derivati dalle cessioni». Fra i finanziatori delle aziende ci sono primari gruppi industriali e finanziari, nonchè numerosi business angel». Le start up del network Digital Magics ad oggi presidiano le principali aree del mercato online italiano. Dalle piattaforme di online advertising, al publishing, ai servizi di marketing al commercio elettronico. Tra le principali: 4WMarketplace, Bibop, Digital Bees, Easy Baby, LiveXtention, Red – NessunoTV, SingRing, SportXtention, Telecom Design e TheBlogTV.



I N T E R V I S TA di

manuela gianni

Massimiliano Rega

L’eccellenza di Sky Italia nelle Operations

Direttore Service & Delivery Sky Italia

L’impiego di tecnologie a supporto della comunicazione e della formazione permette alla pay-tv digitale di gestire in modo ottimale la capillare rete esterna di tecnici e di centri servizi, che oggi contribuisce in maniera determinante alle vendite di Sky oltre a gestire l’attivazione dei clienti in tempi drasticamente inferiori al passato. Ne parliamo con Massimiliano Rega, il manager che guida la Direzione Service & Delivery e che ha messo a punto i nuovi modelli organizzativi

Entrato in Sky nel 2004, quando la pay-tv digitale del gruppo Murdoch iniziava a muovere i primi passi nel mercato italiano, Massimiliano Rega è il manager che ha messo a punto in questi anni tutti i processi operativi della società, introducendo significative innovazioni nella gestione. Come responsabile della capillare rete degli installatori, ha coordinato e coordina l’attivazione del servizio televisivo per tutti i clienti, oggi quasi 5 milioni, non solo per quelli nuovi ma anche per quelli già acquisiti che desiderano ad esempio i servizi HD/MySky. Ingegnere, 42 anni, laureato presso l’università di Roma Tor Vergata, Rega ha frequentato corsi di specializzazione a Chicago e a Parigi, iniziando poi la carriera professionale in SNCF Francia. Ha lavorato in Telecom Italia e come Strategy Senior Manager di Accenture, che ha lasciato per entrare in Sky come Service & Sales Operations Manager. Nel 2007 ha assunto l’incarico attuale, estendendo negli anni le aree di responsabilità. | 16 |

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Ingegner Rega, quali sono le sue attuali aree di responsabilità come Direttore Service & Delivery? Gestisco le operazioni di Sky, ovvero tutta la filiera dell’attivazione dei servizi al cliente, a partire dall’inserimento dell’abbonamento: i processi di installazione delle parabole, i processi di logistica, approvvigionamento e Supply Chain di decoder, smart card e apparati per l’installazione; i servizi di post vendita, ovvero la risoluzione di problemi tramite il centro di assistenza tecnica, la riparazione dei decoder, le manutenzioni e l’assistenza. Coordino inoltre la rete dei Centri Servizi Sky, che sono circa 600, e dei 3500 installatori autorizzati distribuiti su tutto il territorio. Sono anche responsabile della gestione commerciale e delle vendite del canale tecnico, dal momento che in Sky le Operations contribuiscono alle revenue, e dello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative, quali l’adozione della fibra ottica nel collegamento fra l’antenna satellitare e il cliente. Infine, ho la responsabilità dell’implementazione dei processi di Sales, Operation, Supply Chain e supporto al field in maniera concurrent.


I N T E R V I S TA | L’ e c c e lle n z a d i S k y Ita l i a n e lle O p e r at ions

In termini di risorse, il mio gruppo conta circa 400 dipendenti, oltre a 5000 persone esterne, fra rivenditori, installatori, outsources di logistica e front end. Qual è il ruolo delle tecnologie ICT a supporto della gestione di un’organizzazione capillare e complessa quale quella di Sky? Nella gestione del Field Service in organizzazioni complesse, come la nostra, per ottenere un vantaggio competitivo è fondamentale innanzitutto la comunicazione con la rete dei collaboratori, fatta di Centri Servizi Sky, installatori, aziende partner. Il modello, basato sul lavoro in partnership, ha portato alla crescita dell’intero mercato, come dimostrano i risultati ottenuti in questi anni, e sono convinto che consentirà di crescere ulteriormente. Per costruire questo dialogo costante necessitiamo di sistemi informativi all’avanguardia, efficaci ed efficienti, che funzionino in real time e che coprano tutto il processo che va dall’order entry fino all’attivazione. Le modalità di comunicazione con gli installatori sono su tre livelli. Il primo è operativo, attraverso un sistema transazionale Siebel. Il secondo livello è rappresentato dal portale tecnico-commerciale, dove ogni giorno comunichiamo agli installatori cosa devono fare e dove possono

trovare tutte le informazioni relative alle procedure tecniche e di vendita, grazie a una piattaforma XWiki, costruita sul modello dell’enciclopedia online wikipedia. Abbiamo poi attivato un forum online, attraverso il quale l’installatore può comunicare con la nostra direzione. Automatizzando il processo, con il supporto dei sistemi informativi, in questi anni si è ottenuta una drastica riduzione dei tempi di attivazione: siamo passati da oltre 20 giorni dello start up ai 5 di oggi. Ogni contratto sottoscritto da un cliente arriva immediatamente nelle mani dei nostri installatori. Con i 150 che sono dipendenti di Sky siamo in contatto diretto attraverso il Blackber-

ry, con gli altri tramite mail. Alcuni però non usano il pc, quindi ogni mattina inviamo gli ordini di lavoro al centro servizi locale, che lo stampa e lo consegna agli operatori sul territorio che possono così iniziare le installazioni. Per gestire al meglio una struttura capillare che si basa fortemente sull’outsourcing, accanto a un efficace sistema di comunicazione serve anche molta formazione e su questo siamo molto impegnati. Abbiamo attivato tra l’altro un canale televisivo dedicato: attraverso i sistemi informativi comunichiamo agli installatori cosa fare, con la televisione spieghiamo come fare. In che modo utilizzate la televisione per la formazione degli installatori? In collaborazione con la struttura Risorse Umane, abbiamo messo a punto un percorso formativo, chiamato “Impronta Digitale”, per fornire ai partner nuove e sempre più aggiornate leve tecniche e commerciali, finalizzate a gestire a 360 gradi la relazione strategica con il cliente. Questi contenuti sono stati prima resi fruibili sul canale 995 Sky Service e successivamente su Selection On Demand, il servizio che permette anche di salvare i programmi, in questo caso le lezioni, sul proprio decoder. Su “Impronta Digitale” On Demand gli installatori posso-

no vedere pillole video: interviste ai manager, video commerciali e altri contenuti interessanti per il loro lavoro, per esempio inerenti l’utilizzo di dispositivi anticaduta. Ha accennato al fatto che in Sky le Operations sono anche un canale di vendita e contribuiscono quindi alle revenue. I tecnici sono dunque diventati anche venditori: come siete arrivati questo interessante risultato? L’area Service & Delivery non solo ha in carico l’installazione tecnica, ma ha anche l’abilità di stipulare nuovi contratti o fare l’upgrade di quelli esistenti. Si tratta di www.ict4executive.it

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INTERVISTA | L’ecc elle n z a d i S k y Ita l i a n elle Op e r at io n s

Sky in Italia e nel mondo Sky, la pay tv digitale italiana, è nata il 31 luglio 2003 da un’idea molto semplice: proporre ai telespettatori italiani i migliori contenuti televisivi nazionali ed internazionali. A marzo 2011, il numero degli abbonati è di 4 milioni e 920 mila. La platea televisiva è stimata in oltre 14 milioni di telespettatori e secondo i dati Auditel lo share medio della piattaforma ha superato l’8%, un dato quattro volte superiore a quello registrato nei primi mesi di trasmissione. Fin dalla sua nascita, Sky ha avviato una solida politica di investimenti e ha coinvolto molti partner italiani nella realizzazione del progetto editoriale. La piattaforma digitale si avvale infatti della professionalità di numerosi editori di canali tematici, ma anche di case di produzione coinvolte nella realizzazione di programmi e nuovi format per i canali di cinema, sport e news. Grazie a questo sforzo produttivo la piattaforma trasmette ogni anno, al netto delle repliche e delle attività di autopromozione dei canali, oltre 39 mila ore di programmi televisivi autoprodotti. L’offerta televisiva di Sky comprende oltre 190 canali tematici e pay per view che offrono una grande scelta, di qualità, con una programmazione studiata per tutta la famiglia, e con in più 80 canali audio tematici e radio digitali. Dal lancio della piattaforma, l’offerta che Sky propone ai propri abbonati è cresciuta costantemente, arricchendosi di oltre 90 nuovi canali. Sky è la prima e unica televisione italiana a trasmettere in Alta Definizione con un pacchetto di trentasei canali, ed è stata la prima televisione italiana a trasmettere live in 3D. Grazie a My Sky HD, il decoder dotato di hard disk, consente di registrare i propri programmi preferiti, di metterli in pausa in diretta e riprenderne la visione con la massima flessibilità. L’offerta Sky è ricevibile anche via IP-TV, e una selezione di canali appositamente studiati è diffusa attraverso servizi di Tv Mobile. Sky Italia fa capo al 100% a News Corp., una delle più grandi media company al mondo, con un fatturato di oltre 32 miliardi di dollari e attività nei settori cinema e intrattenimento, televisione, tv via Cavo, tv via satellite, editoria quotidiana e periodica e libri.

un’innovazione strategica che ha reso la rete esterna di tecnici e di centri servizi in grado di contribuire in maniera determinante alle vendite di Sky. Siamo partiti da zero e i risultati ottenuti sono impressionanti: la rete gestisce oltre un milione di interventi annui ed è uno dei primi canali di vendita di Sky, superiore a quello dei grandi centri commerciali. Si tratta di un modello unico nel panorama italiano e forse europeo: il mondo Telco in passato ha provato a sviluppare un modello “tecnico-commerciale”, ma con risultati relativi di gran lunga inferiori. Il punto di partenza è stato proprio la comunicazione intensa con gli installatori, cui abbiamo fornito molta formazione ad hoc e naturalmente incentivi alla vendita di nuovi abbonamenti: i tecnici non sono venditori, ma se gli forniamo le informazioni giuste, possono diventarlo, e questo ci permette di ottimizzare il servizio al cliente e di sfruttare la potenzialità commerciale sul territorio. Abbiamo per esempio realizzato delle pillole video dedicate alla vendita, che permettono all’installatore di mettere subito in pratica con il cliente quello che ha visto. Utilizziamo la tecnologia per compensare la mancanza di skill di vendita, comunicando all’installatore cosa fare e come farlo. In compenso, una volta formati da un punto di | 18 |

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vista commerciale, gli installatori sono molto più efficaci nella vendita grazie alle loro competenze tecnologiche e alla loro capacità di fornire servizi di alta qualità ai clienti. Abbiamo anche intenzione, in futuro, di fornire agli loro un Tablet, strumento ideale per la vendita: non solo possono visualizzare l’ordine di lavoro in tempo reale, ma quando sono dal cliente possono ad esempio mostrare demo e illustrare nuovi servizi da proporre. Per migliorare la relazione fra i Sistemi Informativi e le altre aree di business utilizzate una metodologia specifica, chiamata “concurrent”. In cosa consiste e quali sono i vantaggi che ne derivano? Una situazione che può verificarsi nelle aziende è che i Sistemi Informativi non sempre riescono a tenere il passo del business. Le promozioni di marketing e i cambiamenti tecnologici hanno come risultato una notevole pressione sulle Operations. Per questo motivo, Sky ha creato un team interno, dove lavorano persone con una lunga esperienza nei processi della Direzione Service & Delivery, chiamato Concurrent Processes Unit e dedicato in maniera specifica a creare un collegamento tra creazione delle promozioni e sviluppo delle innovazioni,


I N T E R V I S TA | L’ e c c e lle n z a d i S k y Ita l i a n e lle O p e r at ions

Sky ha creato un team interno, la Concurrent Process Unit, dedicato in maniera specifica a creare un collegamento tra i processi operativi e lo sviluppo di promozioni e innovazioni. L’obiettivo è assicurare l’allineamento continuo e reagire tempestivamente ai cambiamenti e i processi operativi. Il team valuta le idee promozionali che stanno per essere realizzate, modifica i flussi dei processi operativi adattandoli alle caratteristiche delle nuove promozioni, fornisce alla Direzione IT le specifiche per modificare i sistemi, verifica le procedure e i processi e, infine, nel periodo di lancio della promozione, supporta il personale di vendita su tutto il territorio nazionale. Inoltre, il team raccoglie in tempo reale tutti i problemi che vengono dal campo, con un call center e front end dedicato ai partner, per l’installazione, l’attivazione, le vendite e il supporto alla logistica, ed è quindi in grado di dare un feedback in maniera tempestiva alle Direzioni Marketing e IT, in modo da modificare immediatamente i processi, e se necessario anche a livello IT. Per assicurare l’efficacia è necessario però che tutti parlino un linguaggio comune, che è dato dall’attitudine commerciale che pervade tutti i processi e che assicura che le persone di questa unità di collegamento capiscano perfettamente le caratteristiche delle promozioni di Marketing. In questo modo, la rete di distribuzione e installazione è stata in grado di assorbire facilmente la rivoluzione tecnologica che ha portato dal decoder normale all’HD e ora al MySky HD, proprio grazie alla relazione continua tra tecnologia, Marketing e Supply Chain. L’unità dedicata ha l’obiettivo di assicurare l’allineamento continuo e garantisce la possibilità di reagire ai cambiamenti con uno straordinario tempismo. Abbiamo così aiutato i Sistemi Informativi a diventare un vantaggio competitivo.

Da qualche tempo avete introdotto l’utilizzo della fibra ottica. Quali sono i vantaggi? Sky Italia non solo è impegnata sul fronte dei contenuti televisivi, ma anche su quello tecnologico e di potenziamento delle infrastrutture di distribuzione dei segnali digitali. Il servizio al cliente e l’innovazione sono fattori fondamentali della competizione: nella mia area, infatti, c’è un team che è incaricato di guidare l’introduzione di nuove tecnologie sul mercato italiano. Sky ha deciso di investire sulla fibra ottica per permettere a tutti i propri clienti di fruire della vasta gamma di servizi innovativi dell’offerta, dal My Sky HD al Multivision, dalla Digital Key a Sky on Demand, il tutto con la qualità dei segnali in alta definizione e in 3D. La fibra è molto più sottile del cavo coassiale ed è ideale quando negli edifici non c’è spazio sufficiente per far passare i cavi nelle canaline, una situazione comune in Italia, dove ci sono molti palazzi storici e degli anni 60 e 70 che rendono difficile il cablaggio. La fibra ci permette di fornire nei condomini accesso completo a tutti i servizi, in alta qualità, con un cavo solo e una sola parabola, superando le problematiche connesse alla installazione di impianti satellitari e riducendo le tempistiche. A differenza degli operatori di telecomunicazioni, che entrano nelle case con la fibra dal basso, noi arriviamo dal tetto, utilizziamo cioè il satellite per la trasmissione del segnale e dall’antenna scendiamo con la fibra dentro casa. La fibra è destinata ad essere la tecnologia del futuro anche per gli impianti di ricezione satellitare.

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m a n ag e m e nt

di

Nassim Taleb

professor of risk engineering new york university

Incertezza e RISK MANAGEMENT Gli eventi inattesi, i cigni neri, sono per definizione imprevedibili: non c’è modo di sapere in anticipo quando avverranno, ma hanno un impatto enorme. Viviamo in un mondo dominato dagli estremi, dove l’eccezione è tutto, eppure si pretende di misurare i rischi e la probabilità degli eventi futuri, pensando che qualcosa non accadrà perchè non è mai accaduta in passato

Ho scritto Il cigno nero perché le persone non riescono a comprendere le dinamiche degli eventi casuali. Per definizione, non c’è alcun modo di prevederli o di conoscere in anticipo quando accadranno: basta pensare all’idea che degli aeroplani possano schiantarsi su New York.

dopo in Australia. Non importa quanti cigni bianchi tu possa avere osservato. Tutta quest’esperienza non ti aiuta a prevedere quanti potresti incontrarne di neri e quando. Non puoi pensare che qualcosa non accadrà perché non lo hai mai visto capitare in passato.

Un ex analista di Lehman Brothers pretendeva di poter misurare il rischio. Si può misurare un tavolo, un oggetto, la temperatura. Ma come si può pretendere di misurare la probabilità di un evento futuro? Quello che facciamo è effettuare una stima. È differente.

È interessante come qualcosa che si riteneva inimmaginabile diventi prevedibile quando poi capita per davvero. Per questo motivo esistono gli economisti. Loro capiscono tutto. Dopo che tutto è successo. In realtà, di centinaia di migliaia di economisti, giornalisti, uomini d’affari, esperti, solo pochissimi hanno realmente visto arrivare la crisi. E tuttavia, il giorno dopo la crisi milioni di economisti hanno tutti una teoria del perché sia capitato. Dopo che un fatto si è verificato ecco che è prevedibile. Dopo sì che c’è sempre una spiegazione plausibile. Quando scrissi il libro pensai: quello in cui viviamo è un mondo in cui non è richiesto di

Cos’è un cigno nero? Il termine fu coniato dal poeta romano Giovenale. All’epoca i cigni neri non erano conosciuti, così utilizzò per primo l’espressione “impossibile come un cigno nero”. Questo modo di dire fu spazzato via quando l’uccello in questione fu scoperto per la prima volta secoli | 22 |

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occuparsi dei cigni neri. Capii però che in realtà c’erano anche mondi in cui i cigni neri hanno un ruolo predominante. Immaginiamo due mondi, Mediocristan ed Estremistan. A Mediocristan i cigni neri non hanno grande importanza. Immaginiamo di mettere 1.000 persone su una bilancia e di individuare la più pesante di tutto il gruppo. Quanto rappresenta del totale? Lo zero virgola? A Mediocristan, se abbiamo un campione numericamente abbastanza consistente, diverse osservazioni del campione non fanno molta differenza. Uno shock in un portafoglio diversificato non comporta un grosso pericolo. Quando mangio, quante calorie posso consumare avendo appetito? Diciamo 4.000. Quante calorie assumo in un anno? Diciamo 800.000. Di fatto, per quanto mi ingozzi, stasera farò un’assunzione di cibo modesta rispetto al valore sull’anno. Potrò sempre mettermi a dieta e recuperare la forma. Ma se parliamo di ricchezza e non di peso, questo ragionamento non vale. Quando ero un trader sono andato in Borsa a Chicago e un vecchio collega mi ha detto: quel signore è Joe. Joe ha guadagnato 7 milioni in 7 anni, poi ha perso 7 milioni in 7 secondi. Ora abbiamo capito che ricchezza e chili non sono la stessa cosa, come a Mediocristan sarebbero portati a pensare. Parliamo allora di ricchezza e non di peso: selezioniamo un campione rappresentativo della ricchezza di tutto il mondo. Prendiamo l’uomo più ricco, anziché il più pesante. Quanto, della ricchezza totale, costui rappresenta? Uno zero virgola? No. Moltissimo. Ecco, questo è Estremistan, il posto dove noi viviamo. L’economia mondiale “abita” ad Estremistan. Gli economisti del governo americano non capiscono la differenza. Il nostro mondo è dominato dagli estremi, l’eccezione è tutto. Possiamo fare altre esempi. Ogni anno vengono pubblicati 20.000 nuovi titoli in lingua inglese. Quanti di questi rappresentano almeno

Chi è Nassim Taleb Nassim Nicholas Taleb è autore di libri fondamentali nel campo della probabilità, dell’assenza e dell’analisi del rischio: Fooled by Randomness e il fenomeno editoriale Il cigno nero, come l’improbabile governa la nostra vita, cui ha fatto seguito Robustezza e fragilità. Che fare? Il Cigno nero tre anni dopo. Saggista, epistemologo, ricercatore ed esperto di finanza, Taleb è una voce autorevole nel campo del risk management. Casualità e incertezza sono per lui un’ossessione. È Visiting Professor alla London Business School, tra i direttori del Decision Science Laboratory e Distinguished Professor di Risk Engineering al Polytechnic Institute della New York University. Dopo oltre vent’anni di lavoro sui derivati di istituti finanziari come CSFB, UBS, BNP-Paribas e Bankers Trust, Taleb ha rivolto la sua attenzione alle ricerche in ambito psicologico, filosofico, finanziario e innovativo. Taleb ha conseguito una laurea e un master all’Università di Parigi e ha completato i suoi studi con un MBA conseguito alla Wharton School della University of Pennsylvania.

metà del venduto? A volte 10. Alcuni anni 5. Altri 35. Dipende se una signora inglese che scrive libri per bambini quell’anno è stata attiva. In Borsa in America, abbiamo 12.000 società quotate. A rappresentare metà del capitale sono di solito fra le 50 e le 400. Per governare un mercato di questo tipo, dobbiamo perciò utilizzare dei mezzi speciali. Se a Mediocristan abbiamo delle oscillazioni, delle variazioni regolari, in Estremistan si verificano dei picchi. Ciò mi ricorda il problema del tacchino, che viene nutrito amorevolmente tutto l’anno dal suo macellaio, poi, due giorni prima del Giorno del Ringraziamento, accade un evento incredibile. Una vera sorpresa per il tacchino, non certo per il macellaio. Per il tacchino, è certamente un cigno nero. Noi non siamo tacchini. Ma lo siamo stati

Il poeta Giovenale usò per primo l’espressione “impossibile come un cigno nero”, perchè gli antichi romani non li avevano mai visti. Molti secoli dopo, vennero scoperti in Australia

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Per gestire i cigni neri, Madre Natura ha disegnato l’homo sapiens con due polmoni e due reni. Un economista lo riformerebbe, dicendo che c’è ridondanza, e che un polmone e un rene possono essere messi sul mercato per generare liquidità. Ma per l’uomo, in pratica, è come essere assicurato

in passato. In finanza, se produco valore per 10-11 anni consecutivamente, mi farò certo apprezzare. Poi un giorno accade un evento di grande portata, imprevedibile. “Caro investitore, questi eventi sono stati una sorpresa per te come per noi”, si legge in lettere pubblicate 10 anni fa. Come potete constatare, non vi è stata una grande evoluzione linguistica di recente. Perché il sistema bancario ha perso tra i 3 e i 5 miliardi di dollari, cioè più di quanto abbia mai guadagnato nella storia? Il vero motivo è che gli operatori hanno un incentivo annuale per generare profitti, ma quando perdono denaro nessuno glielo chiede indietro. Il capitalismo non significa fare profitti senza mai avere delle perdite. L’asimmetria, semmai, è che le perdite dovrebbero sempre corrispondere ai profitti. In realtà, questo non è il caso di un sistema come il nostro. Nel 1982, a fronte delle perdite subite, le banche americane furono nazionalizzate da Ronald Reagan. Non è un comportamento tipico dell’America, ma vista la situazione optarono per la prima volta per questa soluzione. Nel 1991 ci fu un’altra grave crisi, quella delle dotcom. E poi il 2007-2008. Ben Bernanke pensò che non vi fosse rischio nel sistema usando il metro di Mediocristan. Alan Greenspan andò al Congresso degli Stati Uniti a dire che eventi simili non erano mai avvenuti in passato… Certo. Qualsiasi grande evento nella storia non ha precedenti. Come ha scritto Lucrezio “ma è così anche per un fiume che appaia il più grande a chi non ne abbia visto prima un altro ancora più grande”. Perché è avvenuta la crisi e quali ne sono state le ragioni? Possiamo vivere in un mondo più sicuro, al riparo dai cigni neri in un mondo così complesso, dove Internet ha abbattuto qualsiasi distanza? Dobbiamo anzitutto evitare l’indebitamento, che invece è in pericolosa ascesa. Al debito, non piace l’imprevedibile. Se ho un progetto in cantiere che penso potrà rendermi il 6% una volta a regime, posso prendere a prestito al 4% per finanziarlo, e in futuro avrò vita facile. Ma se mi indebito troppo e a causa di un evento imprevisto il mio guadagno | 24 |

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non va oltre l’1%, è la bancarotta. Meno siamo in condizione di prevedere, meno debiti dovremmo contrarre. I RISCHI DEI SISTEMI OTTIMIZZATI e specializzati Dovremmo anche stare attenti ai sistemi ottimizzati, prendendo esempio da Madre Natura. Per gestire i cigni neri, ha disegnato l’homo sapiens con due polmoni e due reni. Un economista lo riformerebbe, dicendo che c’è ridondanza, e che un polmone e un rene possono essere messi sul mercato per generare liquidità. Ma per l’uomo, in pratica, è come essere assicurato. In più, siamo onnivori, mentre gli elefanti banchettano solo a insalata e i leoni a carne. Noi non siamo specializzati, e così dovrebbero essere le nostre attività. Tutto il nostro operato è improntato all’ottimizzazione. Ma più si costruisce un sistema ottimizzato, più esso risulta vulnerabile. Nella storia del pensiero economico le teorie di Ricardo sul vantaggio comparativo occupano un posto particolare: anche se si produce vino o abiti meglio del vicino, converrebbe specializzarsi nel prodotto rispetto al quale si gode di un vantaggio comparato. Il problema è che concentrandosi su pochi prodotti aumenta la fragilità. Trovo contrario all’etica insegnare la teoria del vantaggio comparato senza mostrare agli studenti immagini dell’Irlanda dopo la carestia delle patate, quando milioni di persone sono morte e altri milioni hanno dovuto emigrare in America. Serve a rendersi conto di che cosa può provocare una monocultura. Pensiamo a certe antiche civiltà dell’America Latina: basta un raccolto cattivo per compromettere tutto. Così, ogni volta che si opta per l’iperspecializzazione, è importante essere ben consci dei rischi. Se uccidiamo un elefante, in qualche parte del mondo, non distruggiamo l’economia elefantina. Ma in presenza di evidenti interconnessioni, il sistema viene scosso, come quando il 14 settembre 2008 abbiamo ucciso un’azienda, la Lehman Brothers ed è iniziata la crisi economica. La natura ci fornisce molti esempi di ridondanza, di mancanza di iperspecializzazione e della necessi-


S S E R VAT O R I . N E T

ict & management

PROSSIMI EVENTI LA SCHOOL OF MANAGEMENT

GLI OSSERVATORI ICT & MANAGEMENT

La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management, dell’economia e dell’industrial engineering che il Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse strutture interne e consortili. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS.

Gli Osservatori ICT & Management della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative nell’ambito delle ICT: B2b – eProcurement e eSupply Chain, Banche 2.0, Business Intelligence, Canale ICT, Cloud & ICT as a Service, eCommerce B2c, eGovernment, Enterprise 2.0, eProcurement nella PA, Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Gestione Strategica dell’ICT, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT & Business Innovation nel Fashion-Retail, ICT & PMI, ICT Accessibile e Disabilità, ICT in Sanità, ICT nel Real Estate, ICT nelle Utility, ICT Strategic Sourcing, Information Security Management, Intelligent Transportation Systems, Internet of Things, Mobile & Wireless Business, Mobile Internet, Content & Apps, Mobile Finance, Mobile Marketing & Service, Multicanalità, New Media e New Internet, New Slot & VLT, New Tablet & Business Applications, NFC & Mobile Payment, RFId, Social Network, Unified Communication & Collaboration. OSSERVATORIO HR INNOVATION PRACTICE

14 GIUGNO 2011

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2011

Politecnico di Milano Aula Rogers Campus Leonardo Via Ampère 2, Milano

Durante il Convegno verranno presentati i risultati della nuova Ricerca che ha coinvolto i Direttori HR delle principali aziende operanti in Italia con l'obiettivo di: identificare le priorità di investimento della Direzione HR; comprendere l’evoluzione del ruolo e delle competenze della Direzione HR; illustrare l’evoluzione dei processi di gestione e sviluppo delle Risorse Umane grazie all’utilizzo di strumenti ICT innovativi; approfondire i nuovi modelli organizzativi e le scelte di Outsourcing. Seguiranno la consegna dei premi “HR Innovation Award” alle aziende che hanno innovato i processi di gestione e sviluppo delle Risorse Umane attraverso iniziative di introduzione di strumenti ICT e una tavola Rotonda a cui prenderanno parte alcuni dei principali attori dell’Offerta in ambito HR.

OSSERVATORIO CANALE ICT

21 OTTOBRE 2011

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2011

Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano all’interno di SMAU 2011, verranno presentati i risultati della nuova Ricerca volta ad analizzare e valutare approfonditamente il ruolo che gli operatori del Canale ICT stanno giocando e potrebbero giocare in relazione al nuovo paradigma di erogazione di soluzioni hardware e software abilitato dal Cloud Computing. Alla presentazione dei risultati seguirà una Tavola Rotonda a cui parteciperanno alcuni tra i principali player del settore ICT.

SMAU 2011 Fieramilanocity Milano

OSSERVATORIO ENTERPRISE 2.0

26 OTTOBRE 2011

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2011 Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano

Durante il Convegno verranno presentati i risultati della nuova Ricerca che ha coinvolto i CIO e i Responsabili delle Line of Business delle più importanti aziende operanti in Italia con l'obiettivo di: rilevare l’andamento degli investimenti, le priorità e gli scenari evolutivi di medio periodo; valutare lo stato di diffusione e di maturità di strumenti, applicazioni e nuovi device (tablet, slate pc, smartphone, etc.); analizzare gli impatti delle iniziative Enterprise 2.0, evidenziando la cultura organizzativa, la strategia di adozione, i modelli di leadership, i sistemi di Governance, le policy di utilizzo e i benefici rilevati; approfondire l’impatto sui processi di business e sui modelli di servizio delle principali Direzioni aziendali (Marketing, Commerciale, Comunicazione Interna, Operations, Acquisti, Amministrazione e Controllo). La presentazione dei risultati della Ricerca sarà seguita da una Tavola Rotonda a cui prenderanno parte alcuni dei Responsabili dei Sistemi Informativi e delle Line of Business che si sono resi protagonisti di iniziative di eccelenza nell’ambito Enterprise 2.0.

OSSERVATORIO ECOMMERCE B2C

NOVEMBRE 2011

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2011

Politecnico di Milano

Durante il Convegno saranno presentati i risultati della nuova Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Netcomm, che si è posta i seguenti obiettivi: fornire la valutazione preconsuntiva del mercato italiano dell’eCommerce B2c nel 2011; fornire la valutazione del consuntivo del 2010; analizzare puntualmente tutte le principali evoluzioni strategiche in atto.La presentazione dei risultati della Ricerca sarà seguita da una Tavola Rotonda durante la quale interverranno alcuni dei principali operatori dell’eCommerce B2c italiano.

P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O

w w w. o s s e r v a t o r i . n e t


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Come si fa generare ricchezza senza pericolo? Piuttosto che avere un portafoglio di 100 euro con un non ben identificato rischio medio, meglio investirne 80 a rischio zero e 20 a rischio massimo

tà di evitare le cose di dimensioni troppo grandi. In Africa osservando gli elefanti, si nota nei branchi la presenza di soggetti anziani, matriarche non più feconde, che però godono di grande autorità. Il motivo è che non potendo scrivere hanno bisogno di figure di esperienza per poter tramandare i paradigmi. La parola “senatus” in latino vuol dire vecchio, “sheick” in arabo vuol dire uomo anziano: gli antichi rispettavano la saggezza tacita. Se visitate una libreria in America e cercate lo scaffale tematico per management e business, troverete titoli che cominciano tutti con “Come...”; Come diventare miliardari, come avere successo… Non ci sono prove empiriche che funzionino. Gli autori non sono quasi mai la prova vivente. Avete piuttosto mai trovato dei libri intitolati “Come mi sono impoverito”? Evitare di fare errori è uguale a fare soldi e per giunta è anche più facile da realizzare. Non perdere un milione di dollari equivale a guadagnarne uno. Se convincete una persona a smettere di fumare, avrete salvato più vite di tutto il sistema della ricerca e di quello della prevenzione. Il consiglio negativo – non fare qualche cosa – è stato un tabù per molto tempo. I medici hanno continuato ad uccidere i pazienti fino a quando non hanno cominciato a scambiarsi raccomandazioni sul non fare. Agli inizi del Novecento, entrando in un ospedale, si quadruplicavano le possibilità di morire e non è stata la penicillina a cambiare le cose. Così, gli elefanti anziani sanno spiegare agli altri animali cosa non devono fare. Soltanto la religione è riuscita a imporre con successo consigli negativi. I 10 comandamenti per buona parte sono cose da non fare. Nel nostro mondo servono regole, ma serve anche l’autorevolezza per farle applicare. Questa è la conoscenza euristica che viene dalla società. Tramandare i consigli da una generazione a un’altra. | 26 |

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Evitare i debiti. Come si fa allora generare ricchezza senza pericolo? Piuttosto che avere un portafoglio di 100 euro con un rischio medio, investiamone 80 a rischio zero, e 20 a rischio massimo. Così si sarà assai più robusti. Camminare lentamente è meglio che fare delle corse. Forti di un 80% di investimento che, comunque vada, vi darà da mangiare, vi consente di rischiare senza troppe paranoie e senza farvi spaventare dalle incertezze. La paranoia è la migliore gestione del rischio. Immaginiamo due fratelli in due divisioni di business analoghe: uno è iperprudente, e guadagna 2 dollari per azione, l’altro è spregiudicato, corre rischi e guadagna il doppio, 4 dollari per azione. Chi sopravviverà sul mercato secondo voi dopo 20 anni? Il primo o il secondo? Il secondo no, statene certi, perché ci sarà prima o poi un dissesto. Un cigno nero. Eppure il mercato azionario ama proprio lui. Se il fratello non fallisce, comprate la sua attività. La gente sottovaluta il valore di avere della liquidità quando gli altri sono troppo indebitati. La ricchezza dei Kennedy deriva dall’avere avuto liquidità disponibile durante la Grande Depressione, che gli ha permesso di comprare case. I paranoici non soltanto sopravvivono ma prosperano. Saranno ancora lì quando tutti gli altri saranno stati decimati. Come dice il banchiere: i buoni prestiti sono quelli che vengono stipulati in tempi difficili.

Estratto dall’intervento di Nassim Taleb in occasione del World Business Forum 2010. Il World Business Forum riunisce annualmente i maggiori esperti mondiali di management e i leader del nostro tempo per riflettere sui temi strategici per il futuro del business. L’ottava edizione italiana si terrà il 9 e 10 novembre 2011 a Milano: Tony Blair, Joseph Stiglitz, Daniel Goleman, Charlene Li tra gli speaker più attesi. Tutti i dettagli su www.wbfmilano.com


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O s s e r vat o rio

di

L’evoluzione di editori e media tra web, mobile app e tablet

giovanni Toletti

School of Management Politecnico di Milano

Il 2010 è stato l’anno del cambiamento nel mondo dei New Media: la diffusione degli smartphone, il boom degli Application Store e il debutto dell’iPad - e più in generale dei nuovi Tablet hanno introdotto un nuovo paradigma multi-device centrato su Applicazioni e Facebook. Per gli investitori pubblicitari emergono numerose opportunità, ma occorre ancora lavorare molto per definire un modello di successo

Nel 2010 il mercato complessivo dei Media (stampa, radio, tv, Internet e Mobile) ha fatto registrare una discreta crescita rispetto all’anno precedente (+3,6%), arrivando a superare i 17 miliardi di euro, ma, soprattutto, ha invertito il trend negativo del 2009 (-10%) che era stato causato dalla riduzione degli investimenti pubblicitari in seguito alla crisi economica. Questo risultato è l’effetto di diverse dinamiche, come emerge dalla ricerca 2010/2011 dell’Osservatorio New Media & Tv, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con il Cefriel. Sul fronte della pubblicità, cresce bene la raccolta televisiva sia sui canali tradizionali sia su quelli “all digital” (+6%), così come registra un’ottima performance la radio (+12%), mentre continua la contrazione (seppur in modo più contenuto rispetto all’anno precedente) della raccolta pubblicitaria sulla stampa (-4%). Sul fronte dei ricavi pay, la stampa recupera poco più dell’1% rispetto al 2009, mentre i ricavi delle pay Tv continuano a crescere (+6%). | 28 |

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Al di là dei numeri però, è il “nuovo” Internet la vera rivoluzione che ha caratterizzato nel 2010 il mondo dei Media. Il tradizionale paradigma di Internet – PCcentrico, Web-centrico e Google-centrico – sta radicalmente cambiando: oggi è sempre più multi-device (Tablet, PC, Tv), Application-centrico (su Smartphone, Tablet, PC, Tv) e Facebook-centrico. Questa forte discontinuità rappresenta una eccellente opportunità per creare un ecosistema nuovo che, sulla scorta dell’esperienza del “vecchio” Internet, eviti di ripeterne gli errori (ad esempio, la battaglia sul valore dei Cpm, il costo dell’advertising ogni mille visualizzazioni). Attraverso le sue manifestazioni più innovative (Tablet, Applicazioni, Mobile/Smartphone, Connected Tv, Social Media), il “nuovo” Internet dovrà infatti essere capace di generare ricavi più consistenti rispetto a quanto sia stato in grado di fare nei suoi 18 anni di vita quello “vecchio”. Al giorno d’oggi, infatti, i ricavi generati dal mondo Internet pesano ancora in maniera limitata sul mercato Media complessivo (solo il


os s e r vator i o | l’ e vo lu z i o n e d i e d i t o r i e me d i a t r a we b , m o b il e a pp e ta b let

6,5%): troppo poco per compensare la riduzione dei mercati Media più tradizionali (stampa in particolare); troppo poco per consentire di ripagare adeguatamente gli investimenti della molteplicità di player – e degli editori in particolare – che operano online (Google ovviamente è l’eccezione che conferma la regola); troppo poco rispetto a quanto accade negli altri Paesi evoluti. Oggi iniziano a svilupparsi, in particolare tra gli investitori pubblicitari, numerose opportunità grazie ai nuovi device (Smartphone e Tablet) e alle Applicazioni, ma occorre ancora lavorare molto per definire un ecosistema di successo. È interessante notare come il “nuovo” Internet abbia alcune caratteristiche molto più “all’italiana” del “vecchio” Internet, dato che al PC vengono affiancati molti altri device e paradigmi più consoni alle nostre caratteristiche: Smartphone (di cui siamo i primi acquirenti), Tv (di cui siamo fruitori incalliti), Tablet (acquistati anche per “effetto moda”, fenomeno italianissimo), Applicazioni (che potrebbero superare il problema italiano della banda larga), Social Network (il tempo speso dagli italiani su Facebook è secondo solo a quello degli australiani). Può darsi dunque che sappia adattarsi meglio al contesto nazionale. La rivoluzione in atto I trend principali che hanno caratterizzato il mondo Internet nel 2010 sono quattro: due evolutivi rispetto al 2009 e due portatori di un’importante discontinuità paradigmatica che ha portato allo sviluppo di quello che possiamo definire il “nuovo” Internet. I due trend evolutivi sono la diffusione dei Social Media e la proliferazione dei contenuti video. Nel 2010 abbiamo assistito ad un notevole sviluppo dei Social Media in Italia, anche superiore a quello registrato in altri Paesi. Sono infatti circa 21 milioni gli utenti registrati ad almeno un Social Network, pari ad oltre l’80% di tutti gli utenti Internet attivi italiani. Il ruolo dominante è svolto ovviamente da Facebook che, a fine 2010, ha sfiorato i 18 milioni di utenti, arrivando a coprire oltre il 90% dei giovani italiani tra i 13 e i 24 anni ed il 63% di quelli tra i 25 ed i 30 anni. Ciò dimostra una spiccata attitudine degli italiani a questa nuova forma di interazione e comunicazione. Allo sviluppo dei Social Media ha contribuito anche la forte diffusione nel nostro Paese del Mobile Internet: secondo comScore, già oltre 4 milioni di italiani dichiarano di accedere ai Social Network da Mobile.

Nel 2010 abbiamo inoltre assistito alla proliferazione dei contenuti video, che vengono oramai utilizzati da qualsiasi editore presente online per arricchire la propria offerta. Un dato Nielsen indica come gli utenti unici mensili che fruiscono in Italia di video online siano, a fine 2010, quasi 15 milioni, pari al 60% degli utenti Internet. La discontinuità paradigmatica è invece da mettere in relazione a due fenomeni: il lancio dell’iPad, e dei nuovi Tablet più in generale, e la diffusione degli Application Store. Sono questi i due fenomeni che, insieme, stanno cambiando il mondo di Internet con il “vecchio” Internet che sta cedendo il passo al “nuovo”, multi-device, Application-centrico e Facebookcentrico. Il lancio dell’iPad è stato accolto dal mercato con notevole entusiasmo, facendo registrare nel 2010 buoni volumi di vendita. Ma al di là di questi numeri positivi, che certamente continueranno a crescere anche nel 2011, il vero snodo di lungo termine risiede nel ruolo che i nuovi Tablet riusciranno a ritagliarsi tra Notebook, Netbook e il sempre più effervescente mondo degli Smartphone. Si potrebbe pensare ad un processo di sostituzione; è probabile invece che, almeno a livello di massa, i Tablet conquisteranno una propria “nicchia di mercato” – potenzialmente anche cospicua – legata soprattutto alla fruizione di contenuti multimediali (informazioni, giornali, riviste, video, libri, immagini, giochi, ecc.) senza necessariamente prendere il posto di un altro device. Un altro importante snodo legato ai nuovi Tablet è la loro effettiva capacità di generare ricavi dalla vendita di contenuti pay; operazione che finora non ha avuto successo nel mondo dell’Internet “tradizionale” basato su Pc. È chiaro che queste nuove piattaforme, fortemente legate al paradigma delle Applicazioni da loro abilitate, offrono all’utente un’esperienza di fruizione

I ricavi generati da Internet pesano solo il 6,5% sul mercato complessivo: troppo poco per compensare la riduzione dei mercati più tradizionali, stampa in particolare; troppo poco per ripagare adeguatamente gli investimenti della molteplicità di player che operano online www.ict4executive.it

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o sservato ri o | l’ e volu z i o n e d i e d i t o r i e m e d i a t r a w e b , mo b i l e a pp e ta b l e t

dei contenuti multimediali più ricca e immediata prestandosi molto più facilmente all’offerta di contenuti premium. Nonostante molti editori si stiano già muovendo in questa direzione, per ora il mercato è in una fase embrionale di sperimentazione e apprendimento che non consente ancora di identificare chiaramente le reali potenzialità di business per questi device. Il fenomeno degli Application Store, nato in ambito Smartphone, sta fortemente contaminando tutti gli altri canali digitali: nuovi Tablet, Pc e Tv. Uno dei vantaggi del paradigma delle Applicazioni rispetto al più tradizionale paradigma del Browsing risiede in una maggiore facilità di adozione di modelli pay per l’erogazione dei contenuti, sostanzialmente per tre ragioni di fondo. Innanzitutto le Applicazioni, avvalendosi di un’architettura client/server con una componente anche locale, migliorano in molti casi l’usabilità e la user experience, fornendo, quindi, una qualità percepita dei contenuti e del servizio più alta rispetto al Web “tradizionale”. La seconda ragione è che le Applicazioni sono device specific e quindi, agli occhi del cliente, sembrano avere un valore aggiunto maggiore rispetto ai siti Web. Infine, le Applicazioni fanno leva su un ecosistema (incentrato sull’owner di un sistema operativo) capace di gestire end-to-end il canale di delivery dei contenuti, dalla pubblicazione fino al pagamento del consumatore finale. Basti pensare alle strategie recentemente annunciate da Apple (con il proprio sistema di In-app Billing) e da Google (con il sistema One Pass) di completo presidio commerciale di qualsiasi tipo di servizio pay erogato tramite le Applicazioni. Tali strategie sanciscono la nascita, per la prima volta dall’avvento di Internet, dei mega store

di contenuti digitali (una sorta di grande distribuzione digitale). È evidente, però, che questo nuovo paradigma Internet basato sulle Applicazioni non è esente da elementi di criticità: la proliferazione di walled garden incentrati sui diversi gestori degli Application Store (e in particolare sugli owner dei sistemi operativi); la capacità di continuare nel futuro a garantire una buona usabilità degli Store che includono già oggi centinaia di migliaia di Applicazioni; lo strapotere che stanno assumendo Apple e Google in questo nuovo mondo, evidentemente visto con timore da tutti gli altri player (operatori Telecom, Content provider, Media company, produttori di hardware, ecc.). Altre novità ci attendono in futuro: l’arrivo dell’HTML5, ad esempio, potrebbe riportare alla ribalta il “vecchio” mondo del Web. Il nuovo linguaggio dovrebbe portare al superamento dei limiti del browsing tradizionale, avvicinando la navigazione all’esperienza innovativa delle Application con il beneficio di conservare una piattaforma universale (non walled garden). Le testate periodiche su Web e iPad L’Osservatorio New Media & Tv ha condotto una ricerca specifica finalizzata a comprendere come, in Italia, l’editoria periodica stia affrontando il mondo Internet, sia su Web che sui nuovi Tablet (in particolare iPad). Sono state censite circa 1.000 testate a diffusione nazionale e con periodicità almeno bimestrale. Dopo 18 anni di sviluppo del Web, quasi una testata su due (48%) non ha un sito direttamente riconducibile alla testata stessa e nel 32% dei casi analizzati è addirittura l’Editore a non avere nessu-

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Buona

13

multicanale vere

21

saltimbanchi

Bassa Molto bassa Senza app

Valutazione presenza su ipad

Fonte: School of Management, Politecnico di Milano (analisi su 1000 testate a diffusione nazionale)

Elevata

presenza su ipad e web delle testate periodiche italiane

386

397

182 web centriche

belle addormentate

Ferme al palo Senza sito

Molto bassa

Bassa

Valutazione presenza sul Web www.ict4executive.it

Buona

Elevata


os s e r vator i o | l’ e vo lu z i o n e d i e d i t o r i e me d i a t r a we b , m o b il e a pp e ta b let

na presenza online. Quasi 2 testate su 3, di quelle con un sito web dedicato, hanno una presenza online che può essere considerata di basso valore dal punto di vista dell’usabilità, della ricchezza informativa e della presenza di servizi di community. Molti siti non presentano nemmeno un modello per la generazione dei ricavi ben definito. In sintesi, meno di una testata su cinque ha una presenza sul Web che può essere ritenuta soddisfacente. Al desolante scenario proposto dal Web, si contrappone lo sviluppo molto effervescente, seppur ancora embrionale, delle Applicazioni su nuovi Tablet (che costituiscono una piattaforma particolarmente adatta a riproporre l’esperienza di lettura dei periodici). Alcune testate periodiche hanno infatti lanciato - e molte stanno sviluppando - un’Applicazione per iPad. Nel gennaio 2011, dopo pochi mesi dal lancio in Italia di questo nuovo device, già il 4% dei periodici censiti ne aveva già attivata almeno una. Nella maggior parte dei casi, l’Applicazione sviluppata è una mera trasposizione su iPad della testata cartacea, ma non mancano tuttavia editori che hanno realizzato o stanno sviluppando Applicazioni differenti: alcune di esse presentano contenuti multimediali che arricchiscono la versione su carta; altre non sono legate ad una specifica property, proponendo contenuti eterogenei (approfondimenti, giochi, guide Tv, ricettari, ecc.) indirizzati ad uno specifico target di mercato. Mettendo in relazione la presenza su Web e su iPad delle testate periodiche italiane è possibile fare alcune interessanti considerazioni. Come ci si poteva aspettare i cluster più numerosi sono quelli delle testate “Ferme al palo” che non hanno cioè una presenza né su Web né su iPad e delle testate “Belle addormentate” che hanno una presenza su Web, ma di scarsa qualità, e che non si sono ancora cimentate con l’iPad. È anche nutrito, fortunatamente, il numero di testate “Web centriche” che, dopo 18 anni dalla nascita del Web sono riuscite a sviluppare una buona o ottima presenza sul Web senza per ora dedicarsi all’iPad. Sono solo 21 le testate “Multicanale vere” (come ad esempio Quattroruote, Panorama, e L’Espresso) che stanno portando avanti in parallelo esperienze molto interessanti sia sul Web che sull’iPad. Esistono, infine, 13 testate (“Saltimbanchi”) che non hanno prima maturato una esperienza sul Web e che hanno invece approcciato il mondo digitale direttamente coi Tablet, spinte forse dall’“effetto moda”, ma anche dalle nuove opportunità aperte da questi nuovi device. Questo atteggiamento, da un lato, è molto positivo perché consente comunque a testate prima solo cartacee di affacciarsi sul mondo digitale, ma, dall’altro può essere foriero di pericoli per testate che, senza nessuna precedente esperienza su Web, tentano un salto mortale sviluppando immediatamente Applicazioni su iPad.

Il Tablet rappresenta una piattaforma particolarmente adatta a riproporre l’esperienza di lettura dei periodici. Diverse le testate italiane che hanno già sviluppato o stanno sviluppando un’Applicazione

Occorre comunque sottolineare come la strada per l’individuazione di un modello di business vincente sull’iPad sia ancora lunga e difficile. Un esempio è dato da “The Daily”, la testata interamente pensata e realizzata per iPad, frutto della cooperazione tra due colossi come News Corp. ed Apple. Lanciata a fine gennaio 2011 è stata subito etichettata come rivoluzionaria, ma ha già riscontrato molti problemi. Non sono bastati 100 giornalisti dedicati e costi relativamente bassi per riuscire a rientrare nelle spese; il modello di business basato su subscription a prezzi modici (39,99 dollari l’anno) per ora sembra essersi rivelato fallimentare. Solo 5 mila utenti hanno sottoscritto l’abbonamento, quando il numero di utenti obiettivo per raggiungere il pareggio era fissato a quota 750 mila. Sembra non piacere agli appassionati informatici e ai ricercatori delle notizie dell’ultima ora, che rappresentavano proprio il target di riferimento. L’esempio del “The Daily”, che sia di successo o meno, rappresenta comunque un primo passo verso nuove forme di editoria e sottolinea, ancora una volta, come nel “nuovo” Internet non basti più essere una semplice Media Company. La vera sfida digitale è diventare Media Entrepreneur: rifuggire dalle “mode” e dalle “one best way”, cercando di costruire autonomamente la propria strada digitale, mettendo in crisi – se necessario – la propria identità “tradizionale”, cercando nuovi format e nuovi modelli di business, ma mantenendo il focus sulle risorse e competenze chiave sviluppate. Occorre, quindi, puntare su una strategia veramente multicanale, che sappia abbracciare le molteplici piattaforme disponibili, con elementi trasversali, ma anche peculiarità verticali, per poter sfruttare i canali digitali e riuscire allo stresso tempo ad aggiungere valore al canale offline tradizionale. www.ict4executive.it

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I N T E R V I S TA di

manuela gianni

Nader Sabbaghian

Tecnologia italiana per i Giochi Olimpici di Londra 2012

Amministratore Delegato BravoSolution

Per l’organizzazione dell’evento sono stati assegnati appalti per oltre 10 miliardi di euro, interamente gestiti attraverso la piattaforma di eSourcing erogata in modalità SaaS (Cloud) dalla multinazionale italiana BravoSolution. Una scelta che ha permesso di accelerare i tempi, ridurre i costi, garantire trasparenza, azzerare i contenziosi e rendere il processo d’acquisto chiaro e semplice. Ne parliamo con Nader Sabbaghian, Amministratore Delegato della società

Il 27 luglio 2012 le telecamere di tutte le televisioni mondiali si accenderanno per riprendere la cerimonia d’inaugurazione dei Giochi Olimpici di Londra, che si concluderanno il 12 agosto. L’organizzazione dell’evento, avviata cinque anni fa, prevede appalti per una cifra superiore a 10 miliardi di euro, tutti assegnati attraverso la soluzione tecnologica dell’italiana BravoSolution, che con oltre 400 clienti in tutto il mondo è al secondo posto nel ranking mondiale del settore. Per la costruzione dei nuovi impianti sportivi, delle strade e di tutto quanto necessario, compreso l’acquisto di materiali e servizi che verranno utilizzati nei giorni dei Giochi, il comitato organizzatore ha deciso infatti di affidarsi a processi gestiti via Web, una scelta che, come ha dichiarato, David Higgins, Chief Executive dall’Olympic Delivery Authority fino al 2010, ha permesso a “tutti i fornitori di avere l’opportunità di partecipare alle gare, garantendo un processo chiaro, semplice e sempre coerente”. | 32 |

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Di questo successo hi-tech italiano e dei vantaggi delle soluzioni di acquisto online nella Pubblica Amministrazione abbiamo parlato con l’Amministratore Delegato di BravoSolution, Nader Sabbaghian, manager iraniano di nascita, italiano d’adozione e laureato negli Usa al MIT di Boston. Per un progetto così ampio e complesso il Regno Unito ha scelto di gestire unicamente online i bandi di gara. Quali solo le motivazioni alla base di questa decisione? L’utilizzo di tecnologie all’avanguardia era funzionale alla rilevanza strategica che ha avuto il processo di acquisto e ha consentito di rispondere a molteplici esigenze: velocità, riduzione dei costi, tracciabilità, trasparenza delle decisioni e condivisione delle informazioni. La principale value proposition della gestione online delle gare è stata l’accelerazione decisionale: il comitato organizzatore era alla ricerca di una soluzione che permettesse di rispettare le tempi-


I N T E R V I S TA | T e c n o l o g ia i tal iana p e r i G i o c h i Olim p i c i d i L on d ra 2012

«Non c’è stata una singola trattativa gestita in modo tradizionale. Inizialmente sono stati assegnati gli appalti delle grandi infrastrutture e ora si è partiti con gli acquisti più operativi come le divise, le apparecchiature sportive, i servizi di manutenzione e di pulizia, la logistica in previsione degli ospiti, il catering»

stiche previste, dal momento che la “macchina” delle Olimpiadi non consente alcun margine di ritardo. Per raggiungere questo obiettivo, il primo passo è la contrattualizzazione del rapporto con i fornitori: ecco perché il processo di approvvigionamento è stato prioritario rispetto agli altri. Procedure che con il cartaceo richiedono settimane o addirittura mesi, online possono essere effettuate in pochissimi giorni. Inoltre, questo meccanismo ha permesso di ottenere un risparmio stimato in 1,2 miliardi di euro, che non è poco se si considera che il budget complessivo è di 10,3 miliardi. A questo si deve aggiungere il beneficio associato alla possibilità di comunicare just in time, tramite il portale dei Giochi, con i fornitori, tracciando anche l’avvenuta lettura delle comunicazioni a loro inviate. Oltre agli obiettivi di efficienza e controllo dei tempi è, infatti, entrata in gioco in maniera preponderante anche la volontà di ridurre il rischio di contestazione da parte dei fornitori, che rappresenta una problematica tipica dei grandi bandi pubblici. Cosa implica il rischio di contenzioso nella gestione degli appalti pubblici e in che modo l’eProcurement consente di ridurlo? La contestazione da parte del fornitore può arrivare a causare la sospensione dell’aggiudicazione del contratto fino alla risoluzione delle irregolarità per vie legali, con effetti fatali e ritardi incompatibili con le scadenze prefissate. In cinque anni di gare per le Olimpiadi 2012 abbiamo avuto zero contenziosi, perché la documentazione prodotta online e la tracciabilità sono stati tali da bloccare sul nascere le contestazioni, talvolta anche strumentali. Quello dell’enorme mole del contenzioso, che finisce per bloccare appalti e per provocare il ritiro di finanziamenti già erogati, è un problema grave per

l’Italia: ne ha parlato di recente anche il ministro alle infrastrutture Matteoli. Il meccanismo di gestione online dei bandi di gara è stato utilizzato proprio per tutti gli acquisti? Non c’è stata una singola trattativa gestita in modo tradizionale. Inizialmente sono stati assegnati gli appalti delle grandi infrastrutture e ora si è partiti con gli acquisti più operativi come le divise, le apparecchiature sportive, i servizi di manutenzione e di pulizia, la logistica in previsione degli ospiti, il catering. Su alcuni dei più grandi progetti, come ad esempio l’Aquatic Center e lo stadio Olimpico, anche ai General Contractor aggiudicatari è stato imposto l’obbligo di un processo trasparente e garante delle pari opportunità per la scelta dei rispettivi sub appaltatori. Ovvero, i General Contractor hanno dovuto indire i bandi per l’assegnazione dei lavori alle imprese attraverso le medesime procedure online. Dal punto di vista dei fornitori, ci sono vantaggi nell’eProcurement? I fornitori sono stati contenti di questa modalità. A loro è stata offerta da subito la possibilità di candidarsi alle gare e quindi di profilarsi senza aspettare di essere chiamati, semplicemente inserendo sul sito i propri ambiti di competenza e i prodotti e i servizi offerti, con grande trasparenza. Il sistema ha poi provveduto in automatico ad avvisarli quando sono stati indetti dei bandi compatibili col loro profilo. Era importante che i soldi venissero investiti a vantaggio dell’economia nazionale, evitando che finissero nelle mani di poche multinazionali. La volontà politica di rendere il business delle olimpiadi maggiormente accessibile ai fornitori, in particolare alle PMI, ha dato uno sprint alla scelta della nostra tecnologia. www.ict4executive.it

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INTERVISTA | Tecn ol og ia i tali ana p e r i G i o c h i Ol i mp i c i d i L on d ra 2 0 1 2

Acquisti telematici per oltre 10 miliardi di euro I Giochi Olimpici del 2012 prevedono una spesa per la Pubblica Amministrazione stimata in oltre 10,3 miliardi di euro, interamente veicolata per via telematica attraverso appalti online. Sono oltre 20.000 i fornitori abilitati all’utilizzo della piattaforma tecnologica fornita dalla società italiana BravoSolution e accessibile da un portale dedicato. Per lo svolgimento delle gare, a Londra è stato realizzato un nuovo Villaggio Olimpico con alloggi per 23.000 atleti, completo di ristoranti, negozi, centro sanitario, che dopo i Giochi verrà riconvertito in 2.800 unità abitative. Tra gli altri impianti, sono stati realizzati anche un nuovo stadio da 55.000 posti, l’Acquatic Center e uno Stadio per il basket con capacità di 12.000 persone. Le gare d’appalto online sono state utilizzate anche per le infrastrutture, ad esempio per la costruzione di rampe autostradali, e per acquisti di tutto il materiale e i servizi necessari per l’evento, come l’abbigliamento degli atleti, le pulizie e i servizi di traduzione. La spesa per l’evento viene gestita essenzialmente dall’Olympic Delivery Authority (ODA), ente responsabile della progettazione e costruzione, di edifici e infrastrutture e che, dopo i Giochi, si occuperà di gestire la riconversione, dal London Organising Committee for the Olympic Games (LOCOG), struttura responsabile di tutti gli aspetti di accoglienza relative ai giochi (e quindi di tutti relative approvvigionamenti quali servizi di trasporto, cibo, assicurazioni…) e dai principali General Contractor incaricati della realizzazione dei progetti strategici, quale l’Acquatic Center. Il portale consente ai potenziali fornitori di vedere le gare pianificate, di registrarsi per segnalare il proprio interesse, e di gestire l’intero processo di gara, dalla condivisione di tutta la documentazione fino alla raccolta delle offerte, all’assegnazione e alla pubblicazione dell’esito delle gare. Una volta conclusi i Giochi, anche le gare per riconversione verranno gestite tramite il portale.

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Quali sono i punti di forza che hanno portato il governo UK a scegliere BravoSolution come partner tecnologico? Il governo Regno Unito utilizzava già le nostre soluzioni, dato che nel 2004 ci siamo aggiudicati il bando di gara indetto dall’allora Cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown per modernizzare la Pubblica Amministrazione, in cui la gestione elettronica degli approvvigionamenti era una un aspetto chiave. Questa esperienza ha contato molto nel processo di selezione del provider che avrebbe fornito la tecnologia per l’assegnazione degli appalti per London 2012. Poche settimane dopo l’assegnazione della gara la nostra soluzione - che si basa su una logica Cloud - era già online, configurata e personalizzata, anche in termini di “brand” per le esigenze del cliente. La rapidità di implementazione è sicuramente uno dei fattori che ha fatto propendere per la nostra soluzione. BravoSolution è fornitore di diverse Amministrazioni Pubbliche nel mondo. Ci può fare un altro esempio di Paese all’avanguardia in questo ambito? Stiamo lavorando bene con il governo centrale del Messico, dove l’anno scorso siamo stati selezionati come provider. Già il 20% degli acquisti pubblici era gestito per via elettronica, e l’obiettivo a seguito dell’adozione della nostra piattaforma è di arrivare al 70%, della spesa pubblica nel giro di 2 anni. Il tema è così tanto sentito dal Paese che il presidente Calderòn ha presenziato all’evento del lancio della piattaforma, dando obiettivi precisi ai suoi ministri e al governo. In Italia solo il 4% della spesa pubblica passa dal Web. Perché così poco? Questo è un quesito importante che dovrebbe essere al centro della attenzione degli Amministratori Pubblici e dei politici del nostro Paese. Non si capisce come mai, nonostante i progetti di razionalizzazione della spesa nazionale siano partiti nel 1998/1999, quindi quasi 5 anni prima dell’esperienza nel Regno Unito, ci si trovi oggi con una differenza di risultati ingiustificabile: in UK ad oggi quasi il 50% della spesa transita da soluzioni trasparenti ed efficienti ed in Italia nemmeno la decima parte.


I N T E R V I S TA | T e c n o l o g ia i tal iana p e r i G i o c h i Olim p i c i d i L on d ra 2012

«In UK ad oggi quasi il 50% della spesa pubblica transita da soluzioni Web trasparenti ed efficienti, mentre in Italia siamo al 4%, nemmeno la decima parte: una differenza ingiustificabile. Nel comparto privato, invece, la situazione è migliore: nell’edilizia ad esempio le aziende italiane sono molto più avanti rispetto a quelle inglesi e anche americane» Forse la risposta si trova nella scarsa efficacia, nonostante gli abbondanti stanziamenti ed investimenti, di quei soggetti che sono stati incaricati dal Ministero dell’Economia di guidare il cambiamento e l’innovazione all’interno dei processi di acquisto degli Enti pubblici. Sono convinto che i benefici che diamo al governo inglese sarebbero altrettanto interessanti per il governo italiano, sia per i fornitori che per i contribuenti. Faccio presente che nella relazione con il Governo UK una parte significativa del nostro compenso era legato al successo e alla diffusione dell’uso delle tecnologie online. Ciò significa che l’Amministrazione Pubblica del Regno Unito ha investito risorse solo a condizioni di ridurre il rischio di insuccesso del progetto, evitando così lo spreco di risorse pubbliche. Siamo riusciti a lavorare al meglio delle nostre potenzialità laddove la spinta all’innovazione è partita dai vertici del governo nazionale, dove abbiamo trovato delle persone che spontaneamente hanno recepito i benefici di queste soluzioni e si sono dimostrati determi-

nati ed interessati ad investirci. È solo una questione di volontà La situazione è migliore nel settore delle aziende private? Sì, nel comparto privato l’Italia ha una posizione significativa in quest’area di innovazione, e in parte, questo è legato anche al forte ruolo di driver dell’innovazione che BravoSolution ha svolto negli ultimi 10 anni e alla nostra capacità di creare il mercato e di fare cultura: il cambiamento richiede un lavoro quotidiano di adattamento e rimozione degli ostacoli al nuovo. Alcuni settori si sono mostrati particolarmente ricettivi in questo senso, ad esempio l’edilizia, dove le aziende italiane sono molto più avanti rispetto a quelle inglesi e anche americane. Siamo riusciti a diventare un punto di riferimento perché le aziende verificano i benefici ottenuti, in termini efficienza del processo e di razionalizzazione della spesa, riducendo sprechi e inefficienze, aspetto che negli ultimi anni è diventato pregnante.

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Speciale “fatturazione elettronica”

La FATTURAZIONE ELETTRONICA in Italia I modelli di applicazione sono tre, con gradi di adozione differenti: la Conservazione Sostitutiva, la Fatturazione Elettronica “pura” a norma di legge e la Veicolazione Elettronica delle fatture e di altri documenti del ciclo dell’ordine

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L’applicazione dei principi della Fatturazione Elettronica si declina in modelli attuativi assai diversi tra loro: la Conservazione Sostitutiva delle fatture o di altri documenti, la Fatturazione Elettronica “pura” a norma di legge e la Veicolazione Elettronica delle fatture e di altri documenti del ciclo dell’ordine (per un approfondimento su queste e altre tematiche si rimanda alla ultime ricerche dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, disponibili sul sito www.osservatori.net).

conservazione fisica dei documenti e di reperimento degli stessi in caso di necessità. L’approccio è poco o per nulla orientato a considerare la fattura come parte di un processo commerciale. Questo rappresenta, da un lato, un sostanziale punto di forza della Conservazione Sostitutiva rispetto a modelli più complessi: i benefici sono conseguibili “facilmente”, anche senza particolari modifiche al processo. Dall’altro, tuttavia, la limitatezza del perimetro rappresenta anche un vincolo: i benefici netti, infatti, al più possono valere 1-2 euro per fattura.

La Conservazione Sostitutiva porta essenzialmente benefici legati alla dematerializzazione del documento Fattura - e, per estensione logica, anche di altri documenti - che grazie alle disposizioni normative del 2004 (e alle successive integrazioni) può essere conservata nel solo formato digitale senza necessariamente archiviare anche l’originale cartaceo. La sorgente dei benefici è prevalentemente la riduzione dei costi di

Nel caso dei modelli di Fatturazione Elettronica “pura” a norma di legge - caratterizzati dal fatto che la fattura nasce, viene trasmessa, ricevuta e conservata esclusivamente in formato elettronico - subentra, invece, la prospettiva di processo. I benefici - tra i 5 e i 10 euro per fattura - sono, infatti, strettamente dipendenti dalla qualità dell’interazione con i propri partner di filiera, siano essi clienti o fornitori.

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Speciale “fatturazione elettronica” Il terzo modello, infine, comporta l’estensione delle logiche della Fatturazione Elettronica pura all’intero ciclo commerciale, idealmente dalla stipula dei contratti alla chiusura dei pagamenti. Ai benefici collegati all’automazione del processo in questi casi si aggiungono i benefici legati al miglioramento della qualità e, quindi, alla riduzione dei costi di gestione delle inaccuratezze. In valore assoluto, i benefici netti possono valere da 25 fino anche a 65 euro per ciclo (cioè un ordine che diventa un documento di consegna o un DDT, una fattura e infine un pagamento) in funzione del settore considerato e del grado di copertura del ciclo stesso. La diffusione in Italia Sono poche le aziende in Italia che già hanno sviluppato o stanno per implementare modelli di Fatturazione Elettronica “pura” a norma di legge che comprendono accordo tra le parti, scambio di fatture firmate digitalmente e conservazione a norma delle fatture in solo formato digitale. Sono, invece, circa 4.000 le imprese che hanno adottato o stanno applicando modelli di Conservazione Sostitutiva delle Fatture o di altri documenti a valenza fiscale o civilistica, quali scritture contabili, contratti, documenti di trasporto. La dinamica è molto sostenuta in termini di tassi percentuali di crescita anno su anno, anche se il livello di adozione in assoluto è ancora limitato. Sono poi decisamente più numerose - circa 60.000 - le aziende che scambiano fatture in formato elettronico strutturato – in reti gestite da

associazioni di filiera o create da grandi imprese: è questo uno dei fenomeni più interessanti, per numero di imprese coinvolte e per “vicinanza concettuale” alla Fatturazione Elettronica “pura” a norma di legge. I modelli adottati sono diversi – dalle relazioni bilaterali guidate da un’azienda leader di filiera, alle reti intermediate da un’associazione di filiera o da uno o più provider di servizi EDI - e lo scambio in formato elettronico coinvolge le fatture o alcuni dei documenti del ciclo dell’ordine. La dinamica di crescita del fenomeno è sostenuta, sia grazie alla continua estensione delle comunità EDI sia in virtù dell’azione di alcune imprese medio-grandi. Sono quindi numerosi i casi di aziende che partecipano a sistemi di interscambio di fatture in formato elettronico senza però aggiungere la componente della Conservazione Sostitutiva. Una situazione quest’ultima concettualmente davvero “a un passo” dalla Fatturazione Elettronica a norma di legge. I motivi di questo “paradosso” vanno ricercati, da un lato, nel reale salto culturale che distingue i modelli che prevedono la Veicolazione Elettronica delle fatture - e necessitano di un accordo con soggetti esterni all’organizzazione - dal modello più elementare di sola Conservazione Sostitutiva - gestibile semplicemente all’interno di ciascuna organizzazione. Dall’altro lato, alcuni requisiti procedurali previsti dal quadro normativo per attuare il modello della Fatturazione Elettronica pura costituiscono un fattore di inibizione verso quelle organizzazioni che già attuano modelli di Veicolazione Elettronica delle fatture con una qualche forma di accordo tra le parti.

Oltre la Fattura L’ultima ricerca dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano ha esteso il suo ambito di analisi con l’obiettivo di verificare le potenzialità della dematerializzazione in ambiti diversi rispetto alla sola fatturazione e al ciclo commerciale ordine-pagamento ai quali ha dedicato, fino a oggi, la gran parte delle sue attenzioni. In particolare, sono tre le aree - più o meno contigue rispetto alla Fatturazione Elettronica - sulle quali sono state concentrate le attività di ricerca dell’edizione 2011. • Financial Value Chain – un’analisi esplorativa con imprese, banche, esperti e operatori ICT, finalizzata all’approfondimento dei processi chiave del ciclo fatturazione-pagamento in senso “ampio”, per comprendere le possibilità di aumentare il grado di integrazione e collaborazione tra Imprese e Sistema

Bancario nei processi di pagamento ed erogazione del credito. • Gestione Documentale Allargata – lo studio delle opportunità di dematerializzazione in processi diversi dal ciclo ordine-pagamento che mira all’identificazione delle tipologie di documenti più interessanti da dematerializzare e all’approfondimento di 4 tipologie di documenti: libri e scritture contabili, contratti, fascicoli assicurativi e fascicoli doganali. • eSupply Chain Collaboration – un’analisi, attraverso lo studio degli esempi di maggiore interesse, dei progetti di collaborazione B2b tra partner di filiera in cui le logiche dell’integrazione e della dematerializzazione coinvolgono processi diversi da quello ordine-pagamento (ad esempio il pre-vendita, il post-vendita, la pianificazione della domanda e delle produzione, lo sviluppo nuovi prodotti, il marketing, la tracciabilità, ecc.).

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Speciale “fatturazione elettronica”

La gestione della fatturazione semplice ed efficace di esker

La Fatturazione Elettronica, quella “vera” per intenderci, ha sicuramente le caratteristiche per poter aiutare le aziende in un futuro dove qualunque cliente avrà adottato sistemi digitali per la ricezione e la conservazione dei documenti fiscali. In un futuro…. Oggi la situazione è molto diversa. Le aziende devono adattarsi alle esigenze dei propri clienti e, salvo rarissimi casi, non sono in grado di forzare alcun metodo di dialogo particolare. Ecco quindi che la sola Fatturazione Elettronica oggi non risolve la necessità di rendere più efficace, snello ed economico il flusso della fatturazione attiva. Ed è qui che può intervenire Esker con la propria soluzione denominata “Accounts Receivable On Demand” (AROD) che, in modalità SaaS, può erogare un servizio di gestione automatizzata della Fatturazione Elettronica in grado di adattarsi perfettamente alle necessità di qualunque cliente rendendolo indipendente nella scelta del metodo per il dialogo tra il cliente ed il fornitore. Il tutto raggiungendo immediatamente l’obiettivo della dematerializzazione totale della fatturazione clienti. Come funziona l’AROD di Esker? Dal lato “fornitore” si pone praticamente come una stampante, ricevendo il flusso di stampa delle fatture ed inviandole al centro servizi di Esker. Il primo passaggio, se necessario, sarà legato alla generazione del layout del documento finale da inviare ai clienti. La prima volta che un cliente riceve una fattura da parte del servizio Esker AROD viene generata una lettera di benvenuto in cui si assegna uno username e si invita ad accedere ad un portale dedicato (ovviamente personalizzato con logo del fornitore) all’interno del quale ha modo di se-

la soluzione “Accounts Receivable On Demand” (AROD), erogata in modalità Software as a Service, permette in tempi brevi di attivare un servizio di gestione automatizzata della Fatturazione Elettronica in grado di adattarsi alle necessità di qualunque cliente

Giovanni gavioli Country Manager Esker Italia

lezionare il metodo preferito di trasporto delle proprie fatture tra la postalizzazione cartacea, trasferimento elettronico (semplice pdf allegato ad email), fatturazione elettronica, portale o fax, specificando i dati corretti del destinatario, che da quel momento riceverà le fatture di propria competenza attraverso il canale prescelto. Ovviamente il cliente ha la possibilità di modificare in qualunque momento la preferenza, o i parametri a essa legati, senza che per questo debba intervenire il fornitore. Tutti i clienti potranno accedere alle proprie fatture online sul portale di Esker AROD, eventualmente scaricandole di nuovo, per un periodo di due mesi dalla data di emissione. Il fornitore ha comunque la possibilità di allungare il periodo di messa a disposizione sul portale fino ad un massimo di 10 anni. Attraverso Esker AROD è possibile soddisfare in modo totale le esigenze dei propri clienti arrivando alla dematerializzazione completa del processo fatturazione attiva in tempi brevissimi e pagando solo ciò che effettivamente viene utilizzato. Il ritorno economico che ne deriva sarà naturalmente proporzionato al livello di adozione da parte dei clienti finali dei metodi di trasporto digitali; in base alla nostra esperienza, al primo invio dal 40% al 60% dei clienti sceglie un mezzo digitale per ricevere le fatture, influenzando da subito positivamente il ritorno della soluzione Esker.

p e r u lt e r i o r i i n f o rmazioni...

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i n fo @ es k er . it


Speciale “fatturazione elettronica”

la rete CBI sempre più a misura di imprese e Pubblica amministrazione

Mentre continuano ad aumentare le aziende che utilizzano i servizi di corporate banking interbancario (oltre 850 mila), tramite i 680 istituti finanziari consorziati (95% del sistema bancario italiano, Poste Italiane S.p.A. e CartaLis), il Consorzio CBI - Customer to Business Interaction ha sviluppato un nuovo Servizio di Nodo CBI per rispondere alle esigenze della Pubblica Amministrazione di dematerializzazione dei processi interni e semplificazione del rapporto con cittadini e imprese. Il Nodo CBI consente l’accesso diretto alla rete CBI da parte della Pubblica Amministrazione Centrale per la gestione di pagamenti e la ricezione di informazioni da e verso l’intero Sistema Bancario. «In particolare - spiega Liliana Fratini Passi, Direttore Generale del Consorzio CBI - il Servizio di Nodo CBI permette di definire standard di sistema in linea con le esigenze della PA, al fine di definire un modello efficiente di cooperazione tra Sistema Bancario e Pubblica Amministrazione Centrale, facilitando l’accesso ai servizi bancari di incasso e pagamento ed informativi non solo agli enti stessi ma anche ai cittadini e alle imprese». Nel rapporto tra banche e pubbliche amministrazioni il CBI può rappresentare un contributo importante di semplicità ed efficienza nella gestione della comunicazione con il sistema bancario e di flessibilità del servizio rispetto alle esigenze specifiche del comparto pubblico. «Non bisogna inoltre dimenticare – prosegue il Direttore Generale - che l’architettura CBI già permette alle aziende utenti di scambiarsi documenti strutturati (Business-to-Business), in particolare la Fattura Elettronica, e non strutturati, come per esempio file pdf, attraverso le rispettive ban-

Il consorzio ha sviluppato un servizio di nodo che consente alla PA centrale l’accesso alla rete CBI per la gestione di pagamenti e la ricezione di informazioni da E verso l’intero Sistema Bancario. sempre più numerose le imprese che utilizzano il servizio di corporate banking interbancario

Liliana Fratini Passi Direttore Generale Consorzio CBI

che d’accesso». Il servizio di trasmissione delle Fatture Elettroniche tramite CBI, in linea con i lavori internazionali, è interoperabile anche con i sistemi già esistenti e in uso presso comunità consolidate; pertanto potranno essere usati tutti gli standard attualmente disponibili, sia quelli di sistema sia quelli proprietari (Edi, UN/Edifact, Indicod, standard proprietari,ecc.). Infine, in linea con la legge Finanziaria 2008, il CBI si propone come importante canale di veicolazione della Fattura Elettronica verso la Pubblica Amministrazione (Business-to-Government), permettendo il coinvolgimento della PA in qualità di utente, per la gestione documentale e i servizi di incasso e pagamento, e in qualità di terza parte erogatrice di servizi alla comunità delle imprese CBI. «Per capire i molteplici vantaggi dei servizi CBI – conclude Liliana Fratini Passi – diamo appuntamento alle imprese a Milano, il prossimo 30 maggio, e a Roma, il prossimo 8 luglio in due importanti momenti di confronto». SAVE THE DATE Convegno “Migliorare la competitività delle imprese Italiane: i servizi CBI a supporto dell’operatività finanziaria” • Milano - 30 maggio 2011, via Olona 2 • Roma - 8 luglio 2011, Piazza Venezia 11 Iscrizioni gratuite Info su www.cbi-org.eu

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Speciale “fatturazione elettronica”

Gestione elettronica e organizzata dei documenti per Samsung Electronics Italia

Nata come piccola società di esportazione coreana, Samsung è oggi una delle principali società di elettronica nel mondo. In Italia dal 1991, Samsung Electronics Italia opera nei mercati dell’audio-video, degli elettrodomestici, del condizionamento dell’aria, delle telecomunicazioni e dell’informatica. A fronte di un aumentato carico di lavoro - in particolare in termini di fatture gestite annualmente (circa 200.000) - la Direzione AFC di Samsung ha deciso di introdurre una nuova soluzione di gestione documentale per rispondere meglio alle rinnovate esigenze: reperire i documenti in modo rapido e sicuro e condividerli internamente tra le varie funzioni aziendali, fruire di un servizio in grado di rispondere a eventuali richieste normative andando a sostituire i documenti cartacei con quelli elettronici. L’occasione è stata colta anche dalla direzione IT per ottimizzare i processi EDI attivi ormai da qualche anno. Le richieste delle due direzioni hanno previsto l’introduzione di una soluzione di gestione documentale - da poter poi convertire in conservazione a norma, che rispondesse ai requisiti di legge -, nonché il coinvolgimento di un partner esterno per tutte le attività non legate al core business aziendale capace di gestire un progetto di dematerializzazione dei documenti partendo da un unico file di input proprietario prodotto da Samsung e in grado di arrivare alla veicolazione del dato al destinatario finale. Per la completa integrazione di processo, Samsung ha deciso di adottare la soluzione e-Integration - il Gateway Collaborativo Integrato del Gruppo Tesi –

La soluzione e-Integration del Gruppo Tesi consente il recupero immediato e la conservazione sostitutiva di Fatture attive e note di credito, snellendo i processi e riducendo i costi

che consente la gestione elettronica e organizzata dei documenti del ciclo ordine-pagamento, attraverso l’adozione graduale di vari moduli (EDI-webEDI, Gestione Documentale, Conservazione Sostitutiva, Fatturazione Elettronica). L’obiettivo è poter recuperare le fatture attive e le note di credito, attivare il servizio di gestione documentale, passare alla conservazione delle fatture attive e delle note di credito. La partenza del progetto ha previsto il reperimento da parte della Direzione IT di Samsung dei documenti pregressi archiviati e, insieme con la Direzione AFC, dei range di numerazione e delle tipologie di documenti oggetto del servizio. Contestualmente Tesi ha predisposto una procedura per la conversione in formato PDF, le procedure per la creazione degli indici di ricerca, la configurazione e l’attivazione centrale della procedura di controllo di continuità di protocollazione, la configurazione e l’alimentazione del sistema di gestione documentale e successivamente di conservazione a norma. La soluzione gestisce 200.000 fatture all’anno e 400.000 pagine. I vantaggi che ne derivano sono svariati e spaziano dalla riduzione degli spazi fisici di archiviazione della carta, con la conseguente riduzione dei costi, all’integrazione con i sistemi ERP, al risparmio dei costi di gestione e di fruizione del documento, al miglioramento dei processi e della qualità del sistema, grazie all’utilizzo dei documenti per interagire con operatori interni ed esterni alle aziende e di un sistema documentale che mette a disposizione in modo rapido e organizzato tutta la conoscenza aziendale agli utenti che ne hanno diritto.

p e r u lt e r i o r i i n f o rmazioni...

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soluzione di scambio elettronico di fattura


Speciale “fatturazione elettronica”

Dalla gestione cartacea alla gestione evoluta

Easy Fattura è il sistema di gestione elettronica delle fatture che permette ai clienti, attraverso la piattaforma web di Intesa Sanpaolo, di esternalizzare presso la banca il processo di fatturazione passando da una gestione cartacea ad una evoluta, con un notevole risparmio dei costi e dei tempi di processo. Easy Fattura consente infatti alle aziende di razionalizzare i processi interni affidando a Intesa Sanpaolo, unico interlocutore, l’intero ciclo di fatturazione, ivi incluse le incombenze e la responsabilità del processo di conservazione sostitutiva a norma. Il servizio offerto dalla Banca é modulabile e scalabile in base alle necessità aziendali. Le principali funzionalità di Easy Fattura sono: • Acquisizione delle fatture nel formato standard XML/CBI o, in alcuni casi, nel formato scelto dall’azienda. • Invio delle fatture personalizzate per singolo destinatario: posta cartacea, e-mail, CBI, LINKS, portale Guest dedicato alle controparti non clienti Intesa Sanpaolo. • Portale Guest che permette ai nostri clienti di dialogare con i propri debitori inviando le fatture e attivando i processi di approvazione o di disputa

p e r u lt e r i o r i i n f o rmazioni...

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Il servizio Easy Fattura consente di razionalizzare i processi interni affidando a Intesa Sanpaolo, unico interlocutore, l’intero ciclo di fatturazione, incluse le incombenze e la responsabilità del processo di conservazione sostitutiva a norma

• Generazione delle disposizioni di incasso e pagamento. • Tracciabilità dei cambiamenti di stato delle fatture. • Gestione collaborativa del processo di disputa. • Gestione elettronica del fascicolo relativo alla fattura. • Ricerca on-line dei documenti. • Conservazione a norma di legge delle fatture con relativi allegati, dei libri e registri contabili. • Presentazione delle fatture da smobilizzare in modalità telematica (anticipo su fattura) Easy Fattura è basata sul concetto “Pay per Use”: il servizio consente l’utilizzo graduale e modulare delle funzionalità, minimizzando gli impatti organizzativi e informatici a prescindere dalle dimensioni aziendali. Attraverso Easy Fattura: • le PMI possono accedere a soluzioni tecnologiche tipicamente indirizzate alle grandi aziende; • le grandi aziende possono trovare soluzione a specifiche esigenze; • le community possono accedere a soluzioni di integrazione personalizzate.


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I N T E R V I S TA

di

Innovazione nella Supply Chain del farmaco

alessandro perego

School of Management Politecnico di Milano

La filiera della distribuzione farmaceutica è tra le più avanzate per integrazione, efficienza, tempestività e trasparenza, riuscendo a conciliare le esigenze di controllo della spesa con quelle di disponibilità e sicurezza per i cittadini. Ne parliamo con Stefano Novaresi, Direttore Centrale Operations del Gruppo Comifar, distributore che rifornisce just in time gran parte delle oltre 17mila farmacie italiane, e Vice Presidente del Consorzio Dafne

Stefano Novaresi è uno dei massimi esperti italiani di Supply Chain Management nel settore farmaceutico. Ingegnere laureato al Politecnico di Milano nel 1990, si è successivamente specializzato presso la SDA Bocconi di Milano e l’Ashridge Business School di Londra, e ha in seguito maturato una lunga esperienza sul campo, ricoprendo tra l’altro incarichi di rilievo in AILOG (Associazione Italiana di Logistica e Supply Chain Management), di cui è stato Vice Presidente, nel Comitato Tecnico del GIRP (Groupement International de la Répartition Pharmaceutique - Brussels) e nel Consiglio Direttivo di ADF, Associazione Distributori Farmaceutici. Dal 1998 è Direttore Centrale Operations e membro del Management Board del Gruppo Comifar, principale distributore farmaceutico italiano, dove è entrato nel 1991. Nel suo incarico attuale ha la responsabilità a livello nazionale delle Operations comprendenti Logistica, Approvvigionamenti e Stock Management, Servizi e Acquisti generali, Innovazione, Qualità, Safety e Security. In altre parole, Novaresi gestisce la macchina operativa | 44 |

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dell’azienda, che si avvale di 28 unità distributive dislocate in tutta Italia per svolgere quotidianamente il servizio di consegna just in time ad oltre 13mila farmacie (sono quasi 18mila in tutta Italia), anche più volte al giorno, con un numero di consegne giornaliere che supera le 22mila. Un servizio di grande rilevanza per la salute, di cui tutti noi usufruiamo inconsapevolmente quando in farmacia chiediamo un farmaco che, se non presente in quel momento, ci viene reso disponibile in poche ore dalla richiesta. Ingegner Novaresi, qual è il ruolo di un distributore farmaceutico come il Gruppo Comifar nel sistema sanitario e in particolare nella filiera del farmaco? Il Gruppo Comifar svolgendo l’attività di “grossista farmaceutico”, oltre a fornire numerosi servizi a supporto dell’esercizio professionale del farmacista, garantisce alle farmacie italiane un affidabile servizio just in time, ovvero è in grado di evadere gli ordini nel giro di poche ore (da 1 a 3 per le consegne svolte nella stessa giornata),


I N T E R V I S TA | I n n ova z ion e n e l l a S upply C h a in d e l fa rmaco

Intervista a

stefano novaresi Direttore Centrale Operations Gruppo Comifar Vice Presidente Consorzio Dafne

una rilevanza economica notevole ove quindi la gestione degli aspetti economico finanziari è altrettanto rilevante: la spesa sanitaria in Italia supera i 100 miliardi di euro l’anno, e 12 miliardi di euro l’anno riguardano la spesa farmaceutica convenzionata ovvero quella a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Il mercato farmacia assume una dimensione che è poco più del doppio con un sellout di 25 miliardi di euro.

gestendo un rilevante numero di referenze che sfiora le 100mila unità. In tutti i processi aziendali, sia all’interno che nella relazione con i business partner, l’utilizzo della tecnologia è molto spinto, al fine di ottenere elevati gradi di efficienza ma anche di accuratezza: offriamo performance molto elevate e livelli di errore bassissimi grazie agli alti livelli di automazione delle nostre unità distributive. In aggiunta, sempre grazie all’utilizzo di sistemi ICT all’avanguardia, rendiamo disponibili alle farmacie una serie di servizi per lo svolgimento della loro attività: si pensi per esempio ai canali telematici che permettono scambi informativi veloci o ai sistemi per rendere visibile la disponibilità prodotti e la gamma gestita piuttosto che le informazioni a carattere normativo relativamente ai prodotti venduti, etc. La filiera distributiva del farmaco è a tutti gli effetti parte integrante del Sistema Sanitario Nazionale e nella Sanità l’obiettivo - estremamente ambizioso e delicato è garantire il benessere e la salute di tutti noi, senza però trascurare che si tratta di una vera e propria industry con

Quanta importanza riveste l’ICT per la sicurezza e tempestività del servizio? Le tecnologie ICT nell’ambito della distribuzione farmaceutica, e ancora di più nell’area della Sanità in generale, rappresentano uno strumento formidabile per porre al centro il paziente e dare supporto in termini di connettività, velocità, robustezza, conservazione dei dati e gestione della privacy, in ambiti che sembrano slegati tra di loro, ma che in realtà sono diverse facce di un sistema che si sta delineando in chiave operativa: dalla gestione documentale nei cicli logistico/commerciale/ amministrativo alla tele diagnostica alla telemedicina fino alla digitalizzazione delle cartelle cliniche e del fascicolo sanitario. Nella filiera del farmaco l’ICT fornisce un importante supporto per garantire l’efficienza, la trasparenza e la tracciatura dei flussi, un aspetto rilevante anche per la garanzia dell’appropriatezza, ovvero della correttezza delle somministrazioni e quindi la farmacovigilanza, e per il controllo anti frode e contraffazione, poiché gli interessi economici in gioco sono elevatissimi e i farmaci possono essere oltremodo pericolosi se non gestiti correttamente. Si devono fare i conti con spinte per certi versi opposte: da un lato l’attenzione al business, che punta naturalmente verso un aumento dei volumi venduti, dall’altro la gestione sempre più oculata dei budget di spesa sanitaria ed anche la salvaguardia dei pazienti tenendo conto delle valutazioni di tipo clinico e provvedendo ai già citati strumenti di farmacovigilanza. È comunque importante sottolineare che in Italia il sistema di distribuzione dei farmaci è tra i più regolati ed i più efficienti d’Europa, e infatti il problema dei farmaci contraffatti è veramente basso, tendente a zero, a differenza di quanto avviene invece in Paesi meno avanzati ove tale aspetto risulta essere ancora una piaga da sanare. L’ICT svolge poi un ruolo determinante per tenere sotto controllo tutte le componenti finanziarie che caratterizzano un business veloce, con volumi elevati. Nel caso del distributore intermedio, che acquista e rivende prodotti farmaceutici e parafarmaceutici, la gestione otwww.ict4executive.it

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INTERVISTA | Innova zion e n e l l a Supply C h ai n d e l fa rmaco

timale dei processi di approvvigionamento, di acquisto dai produttori e di vendita ai clienti è un fattore competitivo fondamentale per gestire in modo ottimale il capitale circolante e per operare in un settore altamente competitivo ove non esiste una esclusiva di prodotto, ma vige una competizione basata su elementi di servizio ed elementi commerciali. I sistemi informativi devono essere quindi sufficientemente potenti per gestire, nel caso di Comifar, ad esempio oltre il milione di righe d’ordine che quotidianamente riceviamo secondo “ondate” che si concentrano in porzioni ridotte della giornata, in concomitanza con la chiusura delle farmacie. Abbiamo perciò bisogno di sistemi in grado di elaborare velocemente questi volumi in ingresso caratterizzati da notevoli picchi e dare viceversa delle risposte immediate ai sistemi informatici dei nostri clienti. Qual è stato il percorso di innovazione nella filiera farmaceutica, in Italia e nei Paesi più avanzati? Nell’utilizzo delle tecnologie informatiche le farmacie ed i grossiti farmaceutici in Italia sono stati dei veri e propri precursori. Sin dalla metà degli anni ottanta erano in grado di colloquiare tra loro, attraverso sistemi telematici, gestendo in maniera immediata ed automatica gli ordini inviati ai centri distributivi per la successiva consegna. Il servizio ora è ancora più veloce e si è complicato per il costante aumento delle referenze trattate e dei servizi fruibili grazie ai web services. Con l’avvento di Internet è stato possibile semplificare la connettività, aumentando la quantità delle informazioni scambiate e quindi la fruizione delle stesse. Sempre più nel corso degli anni, infatti, ha prepotentemente trovato conferma la necessità di gestire in maniera automatizzata non solo il ciclo logistico-commerciale, ma anche tutta quella mole di informazioni che oggi sono indispensabili per lo svolgimento delle attività delle farmacie, che sono diventate dei veri e propri presidi a

Il gruppo Comifar Il Gruppo Comifar è il principale operatore della distribuzione farmaceutica italiana, con una quota di mercato di oltre il 21%. Offre un servizio di elevata qualità alle oltre 13.000 farmacie clienti, quotidianamente e più volte al giorno, con un numero di consegne giornaliere che supera le 22mila. Nato da una storica azienda milanese fondata nel 1944, “Comifar”, il Gruppo ha vissuto una significativa crescita con l’ingresso nel 1996 del capitale di Phoenix, principale gruppo europeo di matrice tedesca che opera nella distribuzione farmaceutica. A partire da questa data infatti si sono susseguite una serie di acquisizioni e oggi il Gruppo è composto oltre che da Comifar Distribuzione anche da Grossfarma, Difarma, Spem, Farcopa e AFAM. Può contare su 28 unità distributive collocate capillarmente su tutto il territorio nazionale, circa 100.000 referenze gestite, oltre 2500 collaboratori e un fatturato annuo di 2,6 miliardi di euro.

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supporto della salute e del benessere del cittadino garantendo, grazie alla loro capillare distribuzione territoriale, il presidio del territorio configurandosi talvolta come il primo punto di consulto in caso di piccoli disturbi di salute. Solo con l’utilizzo di database, piattaforme informatiche e di connettività altamente professionali e qualificati è possibile supportare l’erogazione di un servizio soddisfacente e di qualità, in uno scenario che sempre più vede la farmacia come attore erogatore di “servizi” e non solo come punto di distribuzione del farmaco. Lei ha partecipato attivamente ai lavori del Consorzio Dafne, di cui è Vice Presidente, che ha avuto un ruolo importante nella Supply Chain farmaceutica creando collegamenti telematici diretti e standard condivisi per la collaborazione tra Industria Farmaceutica e Distribuzione Intermedia. Qual è la situazione attuale? Il processo di automazione dell’ordine del farmaco è stato accompagnato anche, e necessariamente, da un miglioramento della comunicazione a monte con i fornitori, ovvero le case farmaceutiche e i produttori di parafarmaci. È qui che gioca un ruolo di primo piano il Consorzio Dafne, comunità operativa B2b, nata nei primi anni novanta, con l’obiettivo di creare e sviluppare progetti di reciproco interesse e promuovere partnership tra tutti gli altri attori della Supply Chain farmaceutica, attraverso l’integrazione e lo scambio di flussi informativi in un linguaggio comune. Ad oggi la comunità in Italia è seconda solo all’automotive, con un transato di oltre 25miliardi di euro, al Consorzio appartengono 64 aziende farmaceutiche che rappresentano oltre il 96% del mercato di riferimento, la quasi totalità degli oltre 100 distributori intermedi e 33 depositari - ovvero gli operatori della Logistica Primaria - in veste di partner. Se il primo ambito di progettualità nei primi anni 90 è stato il ciclo dell’ordine nelle sue componenti di “ordine” e “conferma d’ordine”, successivamente grazie ai progetti che mi vedono quale project leader ovvero “Logistica Collaborativa” e “Fatturazione Elettronica”, quest’ultimo in collaborazione con Intesa Sanpaolo, si è allargato il focus ampliando la dimensione della collaborazione per quanto concerne il ciclo logistico commerciale aggiungendo “DDT” elettronico e “Notifica di Ricezione merci” e a partire dal 2008 con l’attivazione delle prime aziende - ancora poche a onor del vero - operanti in regime di fatturazione elettronica a norma. Il Consorzio Dafne offre agli attori della filiera l’opportunità di dematerializzare l’intero ciclo dell’ordine, dall’invio del documento ordine fino al pagamento ottenendo consistenti vantaggi. Secondo le stime dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica, i benefici per un’azienda che si integra, a partire da una situazione di gestione dei documenti in maniera tradizionale, sono pari a una riduzione media del 70% dei costi totali del ciclo, che includono la manodopera, la trasmissione, i materiali e lo spazio. È importante nota-


I N T E R V I S TA | I n n ova z ion e n e l l a S upply C h a in d e l fa rmaco

re che questi progetti si rivolgono non solo al rapporto tra produttori-depositari e grossisti, ma anche al mondo della sanità pubblica ovvero gli ospedali. Un’iniziativa rilevante per la filiera è il progetto di logistica collaborativa. Di cosa si tratta? Nei primi Anni novanta le uniche documentazioni informatiche disponibili erano l’ordine e la conferma d’ordine. Visti i volumi della documentazione, intorno al 2005 è stato avviato il progetto di logistica collaborativa che ha completato il ciclo con le bolle elettroniche e le notifiche di ricevimento merce, per raggiungere una maggiore efficienza degli scambi, eliminando le inaccuratezze e le attività manuali, rendendo così disponibili le informazioni in maniera automatizzata e compatibile con i sistemi di gestione aziendale. Il progetto ha anche permesso di sistematizzare la raccolta degli indicatori per la misurazione del livello di servizio dei logistic provider e dei trasportatori, che spesso è alla base dei corrispettivi che vengono pagati. Oggi il 60% dei volumi transitano verso i distributori intermedi attraverso l’invio elettronico della bolla. Il progetto non si rivolge solo ai distributori intermedi ma anche agli ospedali che hanno a loro volta la necessità di gestire i propri cicli di approvvigionamento. Anche gli enti ospedalieri hanno infatti l’opportunità di trasmettere ordini e ricevere conferme d’ordine, DDT e fatture in formato elettronico standard (secondo uno dei protocolli Dafne). Sono oggi 85 fra Regioni, Aree Vaste, ASL e Aziende ospedaliere gli enti attivi nello scambio informativo con le aziende del Consorzio aderenti al progetto. Come ogni innovazione la sua introduzione è stata accolta da un iniziale scetticismo: abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare per cambiare le condotte aziendali e convincere dell’effettivo valore della nuova soluzione attraverso esempi pratici di implementazione. Dafne si è anche avventurata nell’ottimizzazione del ciclo amministrativo con il progetto di fatturazione elettronica. Qual è la situazione attuale? Siamo partiti nel 2008 con una soluzione di fatturazione elettronica e conservazione sostitutiva in collaborazione con Intesa Sanpaolo, tra i primi implementatori il Gruppo Comifar e Novartis, e oggi abbiamo 6 aziende attive in regime di fatturazione elettronica a norma di legge ( la fattura rimane dematerializzata per tutto il suo ciclo di vita) e altre 5/6 in progress. L’ostacolo che viene spesso richiamato quale freno all’adozione di queste buone pratiche è l’attesa della definizione di un quadro normativo italiano, il cosiddetto decreto attuativo tanto atteso, e la necessità di avere una spinta a livello di PA centrale che purtroppo ancora manca. Il settore farmaceutico infatti è molto legato alla Pubblica Amministrazione e sicuramente un intervento normativo darebbe un grande impulso alla fatturazione elettronica. La spinta ci auspichiamo possa venire anche dal recente lavoro che Dafne sta svolgendo con i partner per ren-

Al Consorzio Dafne, l’associazione di filiera che fa della collaborazione la sua mission, appartengono 64 aziende farmaceutiche, la quasi totalità dei distributori intermedi e 33 operatori della Logistica Primaria. La comunità è seconda solo all’automotive

dere disponibili funzionalità aggiuntive innovative: la fatturazione elettronica diviene elemento necessario per accedere per esempio ai servizi di riconciliazione automatica nei sistemi di pagamento/incasso e al bonifico XML a iniziativa del beneficiario. In un quadro d’insieme è opportuno vedere la fatturazione elettronica quale elemento all’interno di servizi di Financial Value Chain ancora oggi poco presenti e sicuramente poco percepiti dalle imprese italiane. Nel passato avete sperimentato l’impiego delle tecnologie di identificazione in radiofrequenza con la collaborazione dell’RFId Solution Center del Politecnico di Milano. Quali sono oggi le prospettive di impiego di queste tecnologie nella filiera del farmaco? Le tecnologie di identificazione tramite radiofrequenza, seppur utilizzate ancora limitatamente in ambito farmaceutico, risultano essere estremamente promettenti. Ne abbiamo esplorato l’utilizzo con due test svolti alla fine del 2007 e alla fine del 2008. La prima sperimentazione ha previsto l’applicazione di tag RFId alle confezioni secondarie dei farmaci, sui cartoni che contenevano i prodotti, per verificare gli ambiti in cui l’identificazione di prodotto era possibile, anche in considerazione del fatto che alcuni farmaci sono liquidi e che i blister contengono alluminio. La nostra intenzione era vedere dove effettivamente la tecnologia è applicabile per aumentare le efficienze almeno in una parte del processo. Ci siamo focalizzati sulle fasi di ingresso e controllo delle merci e abbiamo riscontrato valori assolutamente significativi di affidabilità, e questo ci ha portato alla seconda sperimentazione che ha messo alla prova lo scambio reale tra un nostro fornitore tramite il suo depositario, e un nostro magazzino nel processo di consegna merci. I risultati ottenuti sono stati incoraggianti sia in termini di affidabilità sia di benefici raggiungibili in termini di re-design di processo con i relativi saving nell’ordine del 90%! Anche se non è stato sufficiente a convincere la community a operare in questo senso, visto che il test è rimasto tale, la tecnologia RFId resta forse l’unica modalità con cui poter fare una tracciatura puntuale su processi così veloci come quelli del farmaco nei suoi vari passaggi compreso quindi quello del grossista: non escludo la possibilità di future nuove collaborazioni con RFid Center. www.ict4executive.it

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Speciale “cloud”

Cloud Computing, un modo nuovo di fare external sourcing

L’External Sourcing (o outsourcing), che una volta era una eccezione, diventerà una regola. Per capire come questo cambiamento influenzerà le imprese, consideriamo l’evoluzione dell’outsourcing nel tempo. Una volta i servizi di magazzino, telefonia, spedizioni erano gestiti dalle imprese in modo diretto. Oggi sarebbe inusuale per una impresa non utilizzare fornitori di servizi per queste attività. E non ci viene in mente di chiamarli servizi “outsourced”, sono semplicemente erogati da fornitori esterni. Lo stesso si può dire per i servizi Cloud. Molte, se non tutte, le funzionalità IT nei prossimi 10 anni saranno usate dalle imprese sotto forma di servizi esterni e ci sembrerà così normale che non li definiremo servizi in “hosting” o “outsourced”: se pensiamo a salesforce.com, non lo immaginiamo certo come un outsourcer. Il Cloud Computing implica nuove modalità per le operazioni IT che le aziende possono usare per conseguire un miglioramento complessivo della propria RTI (Real Time Infrastructure) sia in termini di costi che di qualità e disponibilità. Con l’aumentare del numero di servizi basati su tecnologie Cloud, i service provider saranno chiamati a mettere in atto strategie che tengano conto dei cambiamenti del mercato in termini di volumi, tipologia di azienda e di utilizzatori. Le soluzioni external sourced aiutano in diversi modi a soddisfare le necessità delle aziende. La possibilità di pagare in base all’uso, la flessibilità dei contratti e degli impegni, il nuovo e semplice modo di impiego di prodotti e soluzioni IT sono certamente tutti fattori positivi. Anche nell’area del Customer Interaction Manage-

p e r u lt e r i o r i i n f o rm azioni...

int er ac t i ve me d i a www. i m net. c o m | 48 |

Interactive Media, specialista delle tecnologie vocali, già da diversi anni offre servizi hosting per lo sviluppo e l’esercizio di soluzioni IVR e di recente ha creato due nuove offerte in modalità web service, per lo sviluppo di applicazioni e per la creazione di un portale vocale

ment le soluzioni external sourced possono fornire un contributo rispetto a diverse esigenze. • Esigenze temporanee: quando l’azienda ha bisogno di alcuni servizi per un tempo limitato o in modo occasionale è conveniente fare ricorso ad un fornitore esterno. • Esigenze tecnologiche: il ricorso all’esterno per l’impiego di determinate tecnologie, mitiga costi e rischi. Non occorre fare acquisti, pensare al dimensionamento, addestrare o assumere risorse specialistiche. • Esigenze commerciali: informazioni e servizi che l’azienda mette a disposizione dei propri clienti sono erogati in modalità self-service (ad esempio sul sito web oppure tramite un portale vocale) e necessitano di una specifica flessibilità operativa (capacità, modifica, aggiornamento). Oggi questo approccio vale soprattutto per le aziende medio piccole, ma in futuro sarà comunemente adottato da tutte le organizzazioni, utilizzando a questo scopo dei fornitori esterni. Ma l’external sourcing comporta una serie di sfide da considerare e gestire, quali disponibilità e personalizzazione dei servizi, sicurezza e privacy. In architettura Cloud nascono ulteriori temi cui prestare attenzione come la localizzazione fisica, integrazione e protezione di dati e applicazioni. Il Cloud Computing non è la panacea di tutti i problemi dell’outsourcing, però permette di conseguire una serie di benefici: non è più necessario acquistare prima e poi passare in hosting un prodotto IT (sarà semplicemente un servizio da comprare), l’im-


Speciale “cloud” Esigenze commerciali Esigenze tecnologiche Esigenze temporanee Campagne di marketing Sondaggi e Televoto Variazioni di dimensionamento delle piattaforme IT

Applicazioni CRM Servizi di Call Center Utilizzo di tecnologie specifiche (riconoscimento vocale, text-to-speech) Voice Portal, Web site, Help Desk

pegno per mettere in linea un nuovo prodotto/servizio è minore, la decisione di aumentare o diminuire le risorse utilizzate (elasticità) può essere presa dall’azienda in modo unilaterale senza dover rinegoziare il servizio con il fornitore. Soluzioni vocali external sourced Nell’ambito del Customer Interaction Management le soluzioni di self service tipo Voice Portal sono concettualmente equivalenti ai Web Portal (entrambe sono “self service”). Le motivazioni per l’outsourcing di servizi web o voce sono simili: nessun investimento di capitale iniziale per l’infrastruttura, semplificazione nello sviluppo e utilizzo degli strumenti, indipendenza dallo staff tecnico interno. Inoltre, l’obsolescenza delle tecnologie correlate viene ad essere un problema non dell’azienda ma del fornitore di servizio che deve mantenere aggiornate le proprie tecnologie per garantire servizi efficaci, efficienti, in linea con le aspettative del mercato. Perché pensare ad un Voice Portal/IVR external sourced? A parte i vantaggi ereditati da una tale tipologia di soluzione (vedi box “Benefici”), ve ne sono altri che nascono dalle peculiarità dei servizi vocali. • Tecnologia: non si è limitati a un IVR “vanilla”; si possono anche sfruttare applicazioni avanzate, come le funzioni di riconoscimento vocale, senza la complessità intrinseca dei sistemi in-house. • Integrazione nel web: le tecnologie vocali si possono integrare con gli esistenti sistemi Web (Avatar, web voice). • Competitività: si risparmia sui costi di Customer Care; l’accesso alla tecnologia IVR consente anche alle piccole/medie imprese di competere e di offrire elevati livelli di servizio senza un grande investimento. Prodotti e Soluzioni IM external sourced Secondo Gartner c’è un crescente interesse per le piattaforme come servizio (PaaS) perché le imprese dovranno riprogettare le soluzioni permettendo ai loro utenti interni di creare applicazioni e servizi ottimizzati per il cloud. Interactive Media, che già da diversi anni offre servizi hosting per lo sviluppo e l’esercizio di soluzioni IVR, ha creato due offerte external sourced in modalità web service.

Applicazioni di self-service Punti vendita e orari di servizio Garanzia del prodotto e informazioni sulla sicurezza Promemoria per gli appuntamenti Informazioni ai dipendenti Pagamenti e informazioni operative Acquisizione dati di ordine e stato delle consegne

• Piattaforma IM.Meltemi SDP per lo sviluppo e l’esercizio di applicazioni vocali: un web service che in Cloud si può collocare a livello PaaS, in linea con quanto rilevato da Gartner. • IM Voice Portal, un template personalizzabile: una soluzione per realizzare un portale vocale aziendale la cui personalizzazione può essere fatta dall’azienda stessa (mediante il web service IM.Meltemi) oppure commissionata a sviluppatori esterni. In architettura Cloud, il portale vocale si presenta come livello SaaS (Software as a Service).

IM hosted/cloud services IM Voice Portal

Saas End Users

IM Moltemi SDP

PaaS

Platform & IP conn

IaaS

Application Developers

Enterprise Architects

I benefici dell’External Sourcing Dimensionamento: sintonizzare facilmente le risorse necessarie in base ai volumi di traffico e alla loro variabilità (elasticità). Disponibilità: i servizi possono essere attivati in funzione delle necessità, si può attivare un servizio o disattivarlo, se necessario, anche a breve o lungo termine. Business Focus: concentrazione sul proprio business e sui clienti; nessun impegno per gestire la tecnologia della soluzione. Obsolescenza: il servizio è sempre basato sulla soluzione con tecnologia up-to-date. | 49 |


Speciale “cloud”

Cloud computing: consigli prima degli acquisti

Non molto tempo fa l’acquisto di servizi cloud veniva raccontato come una cosa semplicissima, un clic e via, senza formalità e contratti. Incredibile, vero? E infatti lo è. L’acquisto di un servizio cloud è simile a quello di altri servizi IT, e c’è molto da fare tra l’avvio della relazione commerciale e il momento in cui il cliente può serenamente attivare il servizio. Il contratto è fondamentale: crea la fiducia tra le parti, è elemento chiave nella negoziazione, ed è alla base della due diligence durante l’approvvigionamento. Cambia il modo di valutare la sicurezza del fornitore: ora l’analisi del rischio non è solamente tecnica e richiede l’allineamento di diversi fattori. Anche le iniziative di cloud più semplici possono inciampare sulla conformità normativa, sul trattamento dei dati personali, o sui livelli di servizio. Per un’azienda di dimensioni medie o grandi è opportuno indirizzare quanto segue. 1. Due diligence legale • Definire ruoli e responsabilità secondo quanto previsto dalla legge. Il cliente deve identificare i requisiti normativi e il fornitore deve collaborare per assicurare la conformità a norme quali: la protezione dei dati sensibili secondo quanto prevedono la UE, la normativa italiana, e le regole del settore industriale; l’accesso alle informazioni da parte degli organi di controllo e della magistratura; la capacità di stabilire la posizione fisica delle informazioni nei data center. • Responsabile della conformità è in ultimo il cliente. Ciò va evidenziato stabilendo diritti, obblighi e intenzioni. • Vanno specificati i prerequisiti che consentono alle parti di rispettare i propri impegni, le condizioni per rescindere la fornitura se necessario, e i modi per ri-

prima di firmare sulla linea tratteggiata, è opportuno definire esplicitamente gli obblighi del fornitore in funzione del nostro profilo di rischio, e validare accuratamente gli elementi del servizio. Vale anche per il cloud l’antica massima: caveat emptor!

Marco Bresciani Responsabile Global Information Risk, Privacy and Strategy, Accenture

prendere possesso di dati e applicazioni. 2. Due diligence di sicurezza • Le affermazioni del fornitore sulla sicurezza del servizio vanno verificate con una validazione formale, che può essere basata su standard quali ISO 27000, su norme governative o di settore, o su criteri interni. • Tale due diligence va eseguita prima della firma del contratto, ed eventualmente ripetuta periodicamente. L’obiettivo è validare come il fornitore indirizza eventi quali la fuga di dati sensibili, la perdita di integrità delle informazioni, o l’indisponibilità del servizio. • Poiché il fornitore sosterrà dei costi aggiuntivi, è necessario concordarne i modi, i tempi e gli impegni in modo esplicito e verificare quanto può generare aumenti dei costi del servizio. 3. Esercizio e monitoraggio della sicurezza • I processi di esercizio sono importanti quanto i controlli tecnici. È necessario validare periodicamente l’architettura tecnologica, i flussi informativi e lo stato di salute complessivo. • Va concordato il modo con cui il fornitore dà evidenza dello stato di sicurezza del servizio cloud, con quale reportistica e livello di dettaglio. • Il monitoraggio del livello di sicurezza fornisce inoltre l’opportunità di utilizzare le informazioni raccolte, e cambiare dinamicamente le difese dell’azienda.

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Organizzazione di diverse tipologie di evento (tavola rotonda a porte chiuse, evento open, smart meeting, webinar, ecc.) in una formula “chiavi in mano”, a supporto delle attività di lead generation.

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EVENT

L’ESPERIENZA DIVENTA MULTICANALE Strategie e strumenti per la creazione di valore KEYNOTE SPEAKER

Prof. Giuliano Noci

Ordinario di Marketing presso il Politecnico di Milano

PARTNER

WHEN

WHERE

08 Marzo 2011 10:00 – 13:00

Spazio Chiossetto Via Chiossetto 20, Milano

DESCRIPTION

AGENDA

ICT4Event, in collaborazione con Oracle, è lieta di invitarla alla tavola rotonda “L’esperienza diventa multicanale: strategie e strumenti per la creazione di valore” che si rivolge ad un numero selezionato di Responsabili Marketing delle maggiori imprese italiane. La tavola rotonda, presieduta dal Prof. Giuliano Noci della School of Management del Politecnico di Milano, si focalizzerà sui temi del Customer Experience Management e della Multicanalità, la cui valenza strategica si sta sempre più affermando all’interno di qualsiasi impresa, grazie all’evoluzione delle esigenze dei clienti, alla diffusione sempre maggiore di dispositivi mobili Smartphone, Tablet PC, Pad, ecc. - e alla possibilità per l’impresa di sfruttare soluzioni basate sui paradigmi del Web 2.0, che consentono una partecipazione attiva dei propri clienti nel processo di co-creazione del valore.

PER MAGGIORI INFORMAZIONI

GIULIANO NOCI è ordinario di Marketing presso il Politecnico di Milano. Dal 2007, è opinionista del TG1, TG2, SkyTg24 e Radio24. L’ultimo suo libro si intitola “Open Marketing: costruire con il cliente un’esperienza multicanale” e si propone di evidenziare i principali cambiamenti indotti nel processo di marketing dalla crescente pervasività delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e dalla sempre maggiore rilevanza giocata dal cosiddetto fenomeno del Web 2.0.

Progettazione della strategia di comunicazione multicanale verso un target selezionato da un database di oltre 400.000 contatti.

10.00_

Registrazione e welcome coffee

10.15_

Benvenuto di Oracle

10.30_

L’esperienza diventa multicanale: strategie e strumenti per la creazione di valore Prof. Giuliano Noci, School of Management Politecnico di Milano

11.15_

Dibattito e confronto con i partecipanti

13.00_

Fine dei lavori e light lunch

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Ideazione e realizzazione di contenuti a valore (presentazioni, realizzazione di casi di studio, ecc.) grazie ad una partnership con i migliori docenti universitari ed analisti delle differenti tematiche.

PER INFORMAZIONI | tel. +39 02 36 57 88 71 | info@ict4executive.it | www.ict4executive.it |


O s s e r vat o rio

di

La normativa italiana per il digitale evolve con il “nuovo” Cad

giusella Finocchiaro

Avvocato e Ordinario di Diritto di Internet e di Diritto privato nell’Università di Bologna

A fine gennaio sono entrate in vigore le modifiche al Codice dell’amministrazione digitale, che introduce novità legislative in materia di documento informatico, firme elettroniche e conservazione. Un passo importante nel complesso percorso normativo che accompagna il passaggio del Paese dalla carta al digitale, ma che è ancora in cerca di stabilità

Il nuovo Codice dell’amministrazione digitale (CAD) è entrato, come è noto, in vigore il 25 gennaio 2011. Il CAD comporta alcune modifiche normative in un settore che, di per sé, è estremamente complesso. Certo il percorso legislativo non è semplice, per una molteplicità di ragioni. In primo luogo, per la complessità intrinseca della materia, che necessariamente coniuga profili giuridici ed aspetti tecnologici; inoltre, per l’inevitabile interazione - non sempre agevole - con la normativa dettata dall’Unione Europea, la quale come è noto, nel 1999 ha effettuato scelte di segno opposto rispetto a quelle effettuate dal legislatore italiano del 1997; ed infine, per la difficoltà a recepire nell’impianto sistematico del codice civile sulla forma e sulla prova i nuovi concetti di firma e di documento, i quali recano un nome che solo apparentemente è il medesimo, ma disciplinano realtà ontologicamente differenti. E probabilmente la più grave difficoltà è quella di ordine culturale: passare dalla carta al digitale, attribuendo anche a quest’ultimo valore giuridico. | 52 |

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Approfondiamo alcune fra le principali novità del Codice dell’amministrazione digitale. La firma elettronica avanzata La più importante è certamente quella che riguarda la firma elettronica avanzata. Il nuovo Codice dell’amministrazione digitale introduce, infatti, un nuovo, quarto, tipo di firma che può essere apposta con mezzi informatici: la firma elettronica avanzata. Si tratta di una firma elettronica con alcune caratteristiche di sicurezza. La definizione precisa è “un insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico che consentono l’identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati”. Nella definizione di firma elettronica avan-


os s e r vato r io | LA NOR MATIVA ITALIANA PER IL DIG ITALE EVOLVE CON IL “N UOVO ” CA D

zata non si fa riferimento al certificato, né al dispositivo sicuro. Questi continuano a caratterizzare la firma elettronica qualificata e la firma digitale, non appena la definizione di quest’ultima verrà opportunamente integrata. I documenti informatici con firma elettronica avanzata, firma elettronica qualificata, firma digitale, hanno la medesima efficacia probatoria, quella prevista dall’art. 2702 del codice civile per la scrittura privata. Come nel Codice previgente, l’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria. Gli atti con firma elettronica digitale e qualificata possono integrare la forma scritta, anche nei casi previsti dall’art. 1350 c.c., 1° comma, nn. 1-12. I problemi? Non si conosce a priori la sicurezza della firma elettronica avanzata. Le opportunità? Nuove possibilità di firme. Per esempio, la One Time Password utilizzata da alcune banche o la firma autografa apposta su tablet, verificate alcune proprietà ed alcune caratteristiche del sistema di firma e di gestione documentale adottati. Ciò che emerge chiaramente è che la firma elettronica avanzata richiede un sistema, tecnologico e contrattuale, che completi quegli aspetti che nella definizione della firma elettronica avanzata e pertanto nelle caratteristiche della medesima non sono presenti. In altri termini, mentre la firma digitale è autosufficiente, la firma elettronica avanzata richiede l’inserimento in una costruzione complessiva. Conservazione digitale Il Codice finalmente conferisce al responsabile della conservazione un ruolo anche con norme di rango primario, mentre prima il responsabile era riconosciuto nella sola delibera CNIPA. Inoltre, si prende atto implicitamente che la conservazione digitale è un processo complesso e articolato, del quale le norme disegnano solo la cornice. Il processo inizia con la produzione del documento informatico e deve essere definito, in tutte le sue fasi, con opportune procedure, dal soggetto interessato a conservare. Per la conformità del processo alle norme, dispone ora il Codice, potrà essere richiesta una certificazione specifica. Infine, si introduce la figura del conservatore accreditato, con un ampio rinvio alle norme sul certificatore. Copie e duplicati Si è parlato molto delle novità del CAD concernenti le copie e i duplicati. Sono state introdotte molte nuo-

ve disposizioni, ma soprattutto un nuovo sistema probatorio. Le nuove definizioni sono le seguenti. La “copia informatica di documento analogico” identifica un file che ha lo stesso contenuto del documento analogico da cui è tratto. La “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico” può essere il file (ad esempio, il documento .pdf, .jpg o .tiff) che risulta dalla scansione del documento analogico da cui è tratto, rispetto al quale appare identico, come forma e come contenuto. La “copia informatica di documento informatico” identifica un file che ha il medesimo contenuto dell’originale, ma un diverso formato: ad esempio, il documento .pdf che risulta dalla conversione di un file .doc. o .txt. Infine, il “duplicato informatico” identifica un file del tutto identico all’originale: ad esempio, la copia .doc di un file .doc Le nuove definizioni sono dettate all’art. 1 e dovrebbero guidare l’interprete all’esatto inquadramento dell’efficacia probatoria, prevista dagli artt. 22 e ss. Fatto salvo il caso in cui siano accompagnati da un’attestazione di conformità, in questi articoli si dispone che copie e duplicati se prodotti conformemente alle regole tecniche e se non disconosciuti, hanno comunque efficacia probatoria. Benché questi articoli rimandino sostanzialmente alle regole tecniche di futura emanazione, tuttavia introducono già un regime probatorio diverso rispetto al passato e conferiscono comunque a copie e duplicati un valore giuridico non trascurabile. Si ricorda, peraltro, che con il recente d.p.c.m. 2 marzo 2011, si è ribadito che la conservazione digitale per fini tributari resta disciplinata dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 23 gennaio 2004. Conclusioni Le valutazioni sul nuovo CAD sono complesse e articolate e richiederebbero più ampie riflessioni. Certo è che la materia del documento informatico, delle firme, della conservazione digitale, ormai avrebbe bisogno di stabilità e di consolidamento, anche normativo, per consentire un definitivo sviluppo del settore. www.ict4executive.it

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r u b r i c a | r icerche e studi a cura di

paola capoferro ronchetta

Il CIO nelle Utility, un ruolo in trasformazione. Una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano In uno scenario in profonda trasformazione come quello attuale, le Direzioni ICT possono giocare un ruolo “chiave” sia come abilitatori del cambiamento delle imprese sia come strumento di governo. Ma nelle Utility del nostro Paese le Direzioni ICT sono in grado di affrontare queste sfide? Per comprenderlo l’Osservatorio ICT nelle Utility della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori. net) ne ha analizzato nel dettaglio il ruolo, anche come supporto all’innovazione di business, coinvolgendo 73 Utility, di cui 17 grandi (con fatturato superiore ai 500 milioni di euro l’anno) e 56 medio-piccole (con fatturato inferiore ai 500 milioni di euro l’anno). Come già avvenuto in altri settori, anche nelle Utility l’ICT sta diventando sempre più spesso un driver strategico di innovazione del business, in grado di portare vantaggi competitivi. Un dato di

fatto che è stato confermato anche da più di due terzi dei CIO, che vedono il ruolo attuale dell’ICT a supporto dell’innovazione dei processi come “Rilevante” o “Molto Rilevante”. Questa percezione cresce per più del 90% dei CIO se si valuta il ruolo delle ICT in un “prossimo futuro”, evidenziando come, nelle Utility, il ruolo delle ICT a supporto dell’innovazione dei processi tenda a rafforzarsi ulteriormente. Andando poi più in profondità è importante analizzare quali siano le strategie in atto, l’organizzazione e la governance delle direzioni ICT per capire la reale considerazione che la tecnologia ha a livello aziendale. Dalla ricerca dell’Osservatorio emerge che se nelle Grandi Utility il CIO ha mediamente più di 46 anni, è laureato, ha un contratto da Dirigente e ha un bagaglio di esperienze professionali esclusivamente sviluppato in area ICT principalmente nel settore telco

e della consulenza, nelle Medio-Piccole Utility - coerentemente con una struttura organizzativa che riconosce un peso limitato alle ICT - il CIO ha meno di 45 anni, non sempre è laureato, di solito non è un Dirigente e nel 50% dei casi proviene da percorsi professionali non strettamente ICT. In entrambi i casi generalmente i CIO riportano direttamente all’amministratore delegato o al direttore generale. Per quanto riguarda le dinamiche di acquisto, oltre il 40% delle Grandi Utility dedica più della metà del proprio budget all’acquisto di servizi ICT – in linea con il periodo di transizione e cambiamento proprio del settore che ha la necessità di rispondere velocemente sia al Business sia alle esigenze di piena compliance con le normative – con una forte tendenza a “esternalizzare” lo sviluppo delle applicazioni e la gestione delle infrastrutture. Tra le Medio-Piccole Utility, invece,

le barriere che ostacolano l’ict nel supportare l’innovazione di business È la direzione ICT che deve imparare a giocare un ruolo più proattivo e rilevante

29% 31% 27%

Sono assenti meccanismi di “governance” adeguati

23% 27%

Fonte: Osservatorio ICT nelle Utility, Politecnico di Milano

La struttura organizzativa dell’impresa è inadeguata

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15%

C’è scarsa sensibilità sull’ICT e poca “visione” da parte del Vertice C’è “chiusura” da parte 0% dei colleghi delle Line of Business Le ICT hanno un ruolo marginale nel business

38% 36%

71% 45%

0%

0%

38%

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33%

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Altro 0% 0%

Base empirica:

71% 82%

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14 CIO (grandi) www.ict4executive.it

20%

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31 CIO (Medio Piccole)

il ricorso all’outsourcing è decisamente più limitato: in 3 casi su 4 l’outsourcing intercetta meno del 30% del budget e in circa un terzo di questi casi solo un 10% del già esiguo budget ICT è dedicato all’acquisto di servizi ICT. Questa scelta evidenzia come il ruolo strategico dell’ICT sia ancora poco percepito e prevalga una cultura del “fai da te” più orientata a coprire esigenze di breve periodo che a creare un’infrastruttura ICT – integrata, flessibile e scalabile – in grado di supportare l’innovazione nei processi del Business. Questa condizione è probabilmente riconducibile a due fattori: da un lato, la limitata dimensione di queste imprese, che ha portato allo sviluppo di soluzioni ICT verticali e non particolarmente complesse (ancorché poco scalabili e non flessibili); dall’altro, la presenza di un vertice, tradizionalmente di stampo politico, poco orientato alla competitività e all’innovazione di business.


RUBRICA | rice rc h e e studi

IT in ripresa nel 2011. Assinform ed EITO concordi nel prevedere una lieve crescita del mercato italiano sul 2010 L’IT in Italia è in ripresa, anche se a un passo più lento rispetto ai Paesi esteri. Questo quanto emerge dall’anteprima dei risultati del Rapporto Assinform 2011 (Associazione Italiana per l’Information Tecnnology), realizzato in collaborazione con Net Consulting e presentato all’inizio di marzo. Nel 2010 si è registrata una contrazione del mercato più contenuta rispetto a quanto avvenuto nel 2009, il periodo “nero” della crisi che ha investito il nostro Paese, con una domanda di IT che ha recuperato 6,7 punti percentuali passando dal -8,1% al -1,4%. Ancora più confortante e indice di una probabile inversione del trend negativo è la stima del mercato 2011 che secondo Assinform vedrà un incremento del +1,3%. I dati 2010 confermano tuttavia la persistenza del gap tra l’Italia e gli altri Paesi della UE – la media europea

si è attestata intorno all’1,2% nel 2010 con un picco della Germania del 2,6% -, gap ancora più ampio se si guarda al mercato globale, cresciuto del 4,9%. Il risultato italiano è stato trainato da un risveglio nella domanda di tutte le componenti dell’IT. In dettaglio, il mercato dell’hardware ha recuperato ben 17,6 punti percentuali rispetto all’anno precedente, con una crescita nella vendita di personal computer (+15,7%) e il boom dei nuovi device (come i tablet), con oltre 400mila unità vendute, presso imprese e individui. Il quadro che emerge dal Rapporto è concorde con quanto denunciato dai sottoscrittori dell’appello per dare all’Italia un’Agenda Digitale (www.agendadigitale. org - vedi anche l’intervista a Francesco Sacco); ancora una volta infatti viene ribadito come nel nostro Paese si ricorra troppo poco all’inno-

L’ascesa inarrestabile dei “Media Tablet” travolge anche l’area business. Un’analisi di Gartner È arrivata l’era dei Tablet, divenuto oggetto di culto dal lancio dell’iPad avvenuto ad aprile 2010. Sono 300.000 i Tablet di Apple venduti fino ad oggi in Italia, 15 milioni quelli venduti a inizio 2011 nel mondo e oltre 600.000 iPad2 venduti negli USA nel fine settimana di lancio sul mercato lo scorso marzo. L’avvento dei Tablet ha di fatto offerto al pubblico una nuova famiglia di terminali pensati appositamente per la fruizione di contenuti multimediali da Internet e un grande numero di applicazioni, e che ha comportato la trasmigrazione del concetto di Application Store dal mondo degli Smartphone al mondo dei Tablet. Il fenomeno è così tanto esplosivo che ha impatti non solo sull’area consumer ma anche sull’area business. Secondo una recente ricerca

di Gartner ormai anche i CIO devono prendere coscienza del fenomeno “Media Tablet”, modo in cui vengono definiti gli iPad e affini, di cui si prevede che nel corso del 2011 saranno distribuite approssimativamente 69 milioni di unità nel mondo. I Tablet presentano una reale opportunità di rinnovo per il business e i CIO sono costretti non solo a prendere atto che è arrivato il tempo di esplorarne gli usi ma anche di accettare che l’uso e lo stile delle tecnologie in ambiente lavorativo ormai viene dettato dall’evoluzione del profilo privato e dal loro utilizzo delle tecnologie personali. I Media Tablet sono in grado di fornire dati e informazioni di vario genere in un nuovo modo, in maniera più personalizzata, comportando un conseguente vantaggio competitivo per le aziende

pioniere nel loro utilizzo. Per Gartner però i terminali di nuova generazione non possono sostituirsi ai laptop o agli smartphone ma rappresentano piuttosto un complemento di entrambi. Per esempio, rispetto ai laptop hanno una modalità di avvio istantanea che consente di fruire immediatamente e ovunque dei contenuti di cui si necessita, rendendo ancora più “mobile” il lavoro. Gli impieghi possono essere i più svariati e spaziano dall’uso come piattaforma di business analytics e performance dashboard per i sales manager all’utilizzo dei medici e degli infermieri nella fase di diagnosi e somministrazione della cura al letto del paziente. Trattandosi di una “novità” gli impatti sono ancora imprevedibili e potrebbero sconfessare le aspettative.

vazione tecnologica e come, secondo quanto dichiarato anche dal presidente Assinform Paolo Angelucci, l’IT sia sottovalutato in ambito politico e nei circoli decisionali e, perciò, incapace di funzionare, come avviene nei principali Paesi, da leva strategica di crescita e produttività delle imprese, oltre che di efficienza e razionalizzazione della spesa pubblica. A confermare la preview dei risultati di Assinform, c’è anche il rapporto divulgato dall’European Information Technology Observatory (EITO) in occasione del CeBit di Hannover, in cui sono stati

presentati i dati previsionali sull’andamento del mercato IT per l’anno in corso. Anche per l’associazione internazionale, infatti, il mercato IT in Italia registrerà una crescita, insieme con la Spagna e la Gran Bretagna, nell’ordine del 2%, a fronte di una media per l’area europea del 3% con Germania e Francia a far da capofila con aumenti vicini al 4%. Per quanto riguarda i Paesi extraeuropei, se negli Usa la crescita si attesterà sempre sul 4% saranno i paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) a registrare un bel balzo in avanti con un incremento dell’11%.

In aumento le esportazioni in Italia. Il Mezzogiorno riduce il gap con le regioni settentrionali. Una Ricerca Istat Il 2010 è stato l’anno della ripresa delle esportazioni nel nostro Paese. Secondo quanto emerge dall’ultimo rapporto ISTAT sul tema, il trend positivo ha interessato tutte le regioni italiane con rialzi a cifra doppia. Al primo gradino del podio c’è l’Italia insulare – che con l’incremento delle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati ha raggiunto un +51,7% - seguita dall’Italia centrale (+17,2%) e meridionale (+15.9%), che hanno registrato aumenti superiori alla media nazionale. Andando più in profondità, i maggiori incrementi delle esportazioni per le regioni che contribuiscono di più ai flussi commerciali verso l’estero interessano la Sardegna, la Sicilia, il Lazio, la Puglia, il Trentino-Alto Adige e l’Abruzzo. Dall’analisi dei flussi è emerso inoltre che nel Mezzogiorno – che detiene la quota inferiore sul totale dell’export italiano - le esportazioni sono aumentate del 27%, rivolgendosi soprattut-

to verso i paesi extra Ue con variazioni particolarmente significative per Russia, paesi Mercosur (America del Sud) e Turchia. Un incremento interessante è stato registrato, per quanto riguarda l’area Ue, anche per le esportazioni verso la Spagna. Per tutte le altre regioni l’incremento maggiore riguarda principalmente le esportazioni verso i Paesi dell’Unione Europea. Dal punto di vista dei prodotti e della regione di origine delle esportazioni, incrementi significativi si sono avuti dalla Lombardia per metalli di base e prodotti in metallo (esclusi macchine e impianti), sostanze e prodotti chimici, computer, apparecchi elettronici e ottici, macchinari ed altri apparecchi; dalla Sicilia e dalla Sardegna coke e prodotti petroliferi raffinati; dall’Emilia Romagna e dal Veneto macchinari ed altri apparecchi; dal Lazio articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici; dal Piemonte mezzi di trasporto esclusi gli autoveicoli.

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r u b r i c a | n omine Bruno Lescoeur Amministratore Delegato di Edison Bruno Lescoeur è il nuovo Amministratore Delegato di Edison, l’azienda che da 130 anni produce energia elettrica e fornisce gas per le imprese e le famiglie nel nostro Paese. Edison impiega circa 4.000 persone con attività e uffici rappresentanza in diversi Paesi europei, in Africa (Costa d’Avorio, Algeria, Senegal) e in Medio Oriente (Egitto). Lescoeur è nato a Parigi nel 1953. Ha studiato e conseguito titoli in tre dei grandi istituti che tradizionalmente formano la classe dirigente transalpina. Si è infatti laureato all’Ecole Polytechnique, all’ENSAE, ossia l’Ecole Nationale de la Statistique et de I’Administration Economique e infine all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi. È entrato in Electricité de France (Edf) nel 1978. Dal 1987 è stato a capo di una divisione territoriale dell’ente elettrico, quella di Mulhouse. Tre anni dopo, nel 1990, ha iniziato

ad occuparsi di questioni internazionali e ha seguito la trattativa per la riorganizzazione della presenza di Edf in Gran Bretagna. Dal 1993 al 1998 è stato il responsabile finanziario di Edf. Nel 1999 è nominato presidente e CEO di London Electricity Group e nel 2002 è tornato in Edf con incarichi operativi: Vice Presidente esecutivo con delega sul settore Produzione e Ingegneria. Dal 2004 si è occupato di affari internazionali, con il titolo di Vice Direttore generale della holding internazionale Edf Energy Plc. Incaricato dello sviluppo delle attività del gas del gruppo Edf nel 2008, ha negoziato l’accordo di cooperazione con Gazprom per l’ingresso di Edf nel progetto del gasdotto Southstream. Nell’aprile 2010 è stato nominato senior executive vice-president, membro del nuovo Comitato di Direzione del Gruppo.

Giancarlo Galeone Amministratore Delegato del Gruppo Ferretti Giancarlo Galeone è stato nominato Amministratore Delegato del Gruppo Ferretti, noto a livello mondiale per la progettazione, la costruzione e la commercializzazione di motor yacht di lusso. Nato a Stoccolma nel 1961, si è laureato nel luglio del 1987 in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Bologna. Galeone inizia la propria carriera professionale presso una società metalmeccanica di Ravenna, in qualità di responsabile

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amministrativo, per fare poi il proprio ingresso nel 1991 nel Gruppo Ferretti, dove ricopre ruoli di crescente responsabilità, fino a diventarne Amministratore Delegato dal 1995 al 2005 e Vice Presidente dal 2005 al 2006. Nel 1996 Galeone diventa altresì azionista del Gruppo Ferretti, grazie ad un’operazione di Management Buy Out (MBO). Dal 2006 al 2009 si occupa di investimenti diretti e assistenza alle società in

operazioni di finanza straordinaria. Nel 2009, partecipa alla ristrutturazione del debito del Gruppo Ferretti, divenendone altresì membro del Consiglio di Amministrazione. Dal 2004, Giancarlo Galeone è inoltre membro dell’Advisory board di Alma Graduate School, consorzio tra Università di Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Fondazione Guglielmo Marconi per la gestione di corsi post universitari.


RUBRICA | nomine

Francesco Caio Amministratore Delegato di Avio

Angelo Fumagalli Amministratore Delegato e Direttore Generale di Schindler Italia

Il Consiglio di Amministrazione di Avio, azienda nata nel 1908 che opera nel settore aerospaziale a livello mondiale, ha nominato Francesco Caio nuovo Amministratore Delegato. Caio, 53 anni, vanta una vasta esperienza internazionale e prima dell’attuale carica è stato il Vice Presidente Investment Banking Europe di Nomura e consigliere non esecutivo di Invensys, Indesit e Il Sole 24 Ore. Nella sua carriera ha ricoperto numerosi ruoli direttivi in gruppi operanti nel settore delle telecomunicazioni, tecnologia e beni di consumo, quali Cable & Wireless, Merloni Elettrodo-

mestici (ora Indesit), Olivetti e Omnitel (primo operatore mobile privato in Italia, ora Vodafone Italia). Nel suo nuovo ruolo di Amministratore Delegato, Francesco Caio assumerà le responsabilità da Alan Bowkett, Presidente del Gruppo Avio, che è stato alla guida della Società dopo la scomparsa del precedente Amministratore Delegato Orazio Ragni, nell’ottobre 2010. Bowkett continuerà a coprire il ruolo di Presidente non esecutivo. Nato a Napoli, Caio si è laureato in Ingegneria al Politecnico di Milano e nel 1985 ha conseguito un MBA presso l’Insead di Fontainebleau.

Angelo Fumagalli è il nuovo Amministratore Delegato e Direttore Generale di Schindler Italia, azienda che opera nel settore degli ascensori

e scale mobili. Dall’inizio di aprile, Fumagalli è al timone della consociata italiana – con sede in provincia di Milano – del gruppo multi-

nazionale, che attualmente conta 1.100 dipendenti ed è presente con una rete capillare su tutto il territorio nazionale attraverso 13 filiali e 16 uffici territoriali. Nato a Bergamo nel 1960 e laureato in Ingegneria Nucleare presso il Politecnico di Milano, Angelo Fumagalli è entrato in Schindler Italia nel giugno 2009 con l’incarico di Direttore Operativo per il Nord Italia, dopo un’esperienza ventennale in Schneider Electric, dove ha ricoperto posizioni di crescente responsabilità: Direttore Commerciale Italia dal 2004, Country Manager Ungheria dal 2001 al 2003 e precedentemente Direttore di Business Units, Marketing Operativo e Logistica.

Ossama Bessada Amministratore Delegato di Wind Telecomunicazioni Ossama Bessada, 39 anni, è il nuovo Amministratore Delegato di Wind Telecomunicazioni dal 27 aprile 2011. Il manager, che vanta oltre 15 anni di esperienza nel campo delle tlc, ha ricoperto da aprile 2009 la carica di Chief Operating Officer di Wind, guidando le unità commerciali, tecnica, IT, R&S, strategia operativa, affari regolamentari e relazioni isti-

tuzionali. Precedentemente è stato Chief Commercial Officer di Orascom Telecom Holding. Ossama Bessada ha una laurea in ingegneria delle telecomunicazioni e ha conseguito un Master in Business Administration presso “The American University” a Il Cairo. Parla correntemente la lingua inglese e araba, e ha nozioni di italiano e francese.

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r u b r i c a | who’s who cio Carla Masperi, CIO Fondazione San Raffaele del Monte Tabor

Paolo Manzoni cio, Gruppo A2A

Paolo Manzoni, classe 1957, ricopre il ruolo di Direttore Information & Communication Technology del Gruppo A2A dalla sua costituzione nel 2008. In precedenza ha ricoperto analoghe responsabilità in Edison dal 1998. Da allora ha seguito l’evoluzione del processo di liberalizzazione del mercato dell’energia in Italia, vivendo l’evoluzione dei processi di business in relazione al divenire delle normative di

settore guidando la trasformazione ed evoluzione dei sistemi informativi lungo tutta la catena del valore del business energia e utilities. In Edison prima e quindi in A2A ha vissuto significative esperienze nella convergenza dei sistemi informativi in conseguenza di operazioni di M&A. Recentemente è stato nominato anche Presidente del CdA di Selene. Seguendo attentamente an-

che l’evoluzione della tecnologia informatica, ha guidato processi di trasformazione delle infrastrutture HW/SW e operativa delle organizzazioni ICT - anche attraverso l’implementazione di differenti modelli di sourcing - al fine di cogliere le migliori sinergie e opportunità di innovazione, favorendo al contempo lo sviluppo e la specializzazione delle competenze con particolare enfasi per quelle funzionali alla governance dei sistemi informativi e ai ruoli di collegamento tra il core business e le tecnologie/servizi informatici. Laureatosi in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano nel 1981, dopo aver svolto il servizio di leva come ufficiale di complemento, ha iniziato l’attività lavorativa nel 1983 in IBM, prima nell’ambito dell’Information System interno e quindi nella Global Service Division con responsabilità di grandi progetti di Systems Integration per clienti industriali.

Carla Masperi, laurea in Economia e Commercio all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, inizia la sua attività in IBM ricoprendo diverse posizioni nell’ambito dei servizi professionali e delle vendite. Prosegue la sua carriera professionale in SAP dove, con responsabilità manageriali crescenti, rimane per dieci anni maturando una significativa esperienza in progetti di rinnovamen-

Carlo Polese ricopre il ruolo di CIO Corporate di Parmalat dal giugno del 2007. Laureato in Giurisprudenza all’Università di Genova, ha svolto per circa dieci anni attività di docenza e ricerca dapprima presso l’Istituto di Metodi Quantitativi dell’Università Bocconi e successivamente presso l’area Sistema Informativi della SDA-Bocconi. Dal 1990 ha abbandonato l’ambito accademico per svolgere le proprie attività direttamente

in azienda e in particolare, a partire dal 1998, ha ricoperto la posizione di CIO in diverse aziende del settore dei beni di largo consumo conducendo progetti di trasformazione dei processi e di gestione del cambiamento organizzativo. Il Gruppo Parmalat fattura circa 4 miliardi di euro, opera nel settore del latte e dei suoi derivati e delle bevande a base di frutta ed è presente con i propri marchi in tutto il mondo.

Carlo Polese, CIO Corporate, Parmalat

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è una testata di ICT and Strategy S.r.l.

Paola Capoferro Ronchetta, Andrea Ferretti

Stefano Mandato

Via Schiaffino, 25 - 20158 Milano Iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 Testi e disegni: riproduzione vietata.

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Direttore responsabile Manuela Gianni (manuela.gianni@ict4executive.it)

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to di sistemi informativi aziendali. Dopo una permanenza nel gruppo Reply, attualmente è CIO della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor. La Fondazione è in particolare conosciuta per l’ospedale San Raffaele, un Istituto di Ricovero e Cura a carattere scientifico di alta specializzazione per le più importanti patologie, nonché centro di ricerca per la medicina molecolare, il diabete e le malattie metaboliche, le biotecnologie e le bioimmagini. Carla Masperi è entrata in Fondazione con l’obiettivo di guidare il processo di rilancio dei sistemi informativi interni attraverso un delicato processo di trasformation e change management. Le iniziative si sono concentrate sul consolidamento delle scelte che hanno portato all’implementazione del nuovo sistema informativo ospedaliero, sull’introduzione e sul miglioramento dei servizi rivolti agli utenti oltre che una completa rivisitazione dell’infrastruttura tecnologica.

impaginazione ADM Studio Sas - Cologno Monzese (MI)

Stampa Arti Grafiche Amilcare Pizzi Spa - Cinisello Balsamo (MI)

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