Ict4executive 21

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bridging the gap between technology & business

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. Umberto Bertelè e Umberto Zanini: un nuovo futuro per la finanza? . Jeremy Rifkin: Uscire dalla crisi con l’Internet of Things . Innovare per crescere. Le scelte di ABS Acciai . Italia Digitale, al via la Fatturazione Elettronica verso la PA .


26^ mostra convegno dell’innovazione nella pubblica amministrazione e nei sistemi territoriali

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editoriale

Finanza e politica nell’era dello smartphone di

umberto bertelè presidente advisory board ict4executive autore di “strategia”

@umbertobertele

Per un paio di scarpe da donna di Louis Vuitton si possono spendere anche più di 1000 euro, per uno di Bata ne bastano meno di 60. I prezzi degli smartphone ricordano sempre più quelli delle scarpe da donna: un iPhone6 Plus con 64 GB costa all’Apple Store quasi 1000 euro, un modello basico della Micromax (il brand indiano più famoso) circa 40. È anche per merito di questa gamma così ampia di prezzi che nel 2014 sono stati venduti nel mondo 1,2 miliardi di smartphone: una cifra impressionante per un oggetto tecnologico, molto più tipica dei prodotti di largo consumo. È impressionante il livello delle vendite, ma lo sono ancor più le conseguenze: sono più di 2 miliardi, e dovrebbero diventare 4 nel 2020, le persone interconnesse via Internet. “The smartphone is the defining technology of the age”, titolava The Economist qualche giorno fa, “è la tecnologia che caratterizza la nostra epoca”. Una tecnologia che ha alle spalle una infrastruttura - telecom e cloud - che fra il 2009 e il 2013 ha assorbito investimenti prossimi ai 2 mila miliardi di dollari. La coscienza che siamo di fronte a un processo che provoca cambi radicali nel nostro modo di vita e che mette a disposizione business model alternativi in quasi tutti i comparti dell’economia - con effetti di disruption sempre più diffusi - sta maturando e sta attirando, seppur con qualche ritardo, anche l’attenzione della politica: nello spingere verso interventi più robusti nell’ambito infrastrutturale quale precondizione per lo sviluppo dell’economia, come annunciato con grande enfasi dal primo ministro Li Keqiang in Cina (ove però lo sviluppo di Internet deve fare i conti con la censura) e da Matteo Renzi in Italia; ma anche per far passare misure che favoriscano lo status quo e che cerchino di bloccare l’avanzata apparentemente irresistibile dei grandi di Internet. Il mondo finanziario, alla perenne ricerca di occasioni, è stato il più veloce nel cogliere la portata del fenomeno e probabilmente è andato anche un po’ oltre. Qualche numero. Tre delle prime cinque imprese quotate a capitalizzazione più elevata - Apple, Google e Microsoft - fanno capo al mondo digitale. Alibaba, leader cinese nell’e-commerce, è la società che ha raccolto più soldi nella storia in fase di quotazione: 25 miliardi di dollari. Due startup non ancora quotate come Uber e Xiaomi - la prima leader mondiale nei servizi di ride-sharing e la seconda leader cinese negli smartphone - hanno ricevuto dal venture capital o da investitori singoli finanziamenti pari rispettivamente a 2,8 e a 1,4 miliardi. Una crescita inarrestabile? Probabilmente sì, ma con le leggi e i tribunali che stanno assumendo un peso sempre maggiore nel direzionarla e (come detto) spesso per cercare di ostacolarla. Tre esempi. Uber e la concorrente Lyft - in uno scontro che evoca quelli fra Marchionne e Landini - stanno fronteggiando nei tribunali californiani la richiesta degli autisti di essere assunti come dipendenti a tutti gli effetti, con il timore di una sconfitta che sarebbe esiziale per la loro valutazione. La Corte di Giustizia europea, sulla base della tesi che gli e-book sono servizi e non beni fisici, ne ha vietato l’omologazione al formato cartaceo ai fini dell’applicazione dell’IVA ridotta. La Cina, con la scusa di rafforzare la sicurezza delle banche, vorrebbe imporre ai produttori stranieri di software di rendere disponibili i loro codici per i controlli: una misura impossibile da accettare, interpretata quindi come volta a privilegiare l’offerta interna. È giusto o sbagliato l’intervento di leggi e tribunali? Se la nostra vita e le nostre economie sono sempre più destinate a dipendere dalle tecnologie digitali, io credo che sia ineludibile che ciò avvenga. Credo anche però che si debba procedere con grande attenzione, in un mondo in cui – proprio per le profonde interrelazioni – la qualità delle leggi e delle sentenze rappresenta sempre più un importante fattore competitivo. www.ict4executive.it

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cover story

Un nuovo futuro per la finanza?

di Umberto Bertelè e Umberto Zanini

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osservatori

Pagamenti digitali innovativi in Italia: 18 miliardi di euro nel 2014

di Giovanni Miragliotta, Politecnico di Milano

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Nasce Mobile4Innovation.it: il punto di riferimento per la Mobile Economy italiana

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reportage

Pagamenti digitali e NFC, la nuova era del “Mobile Lifestyle”

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Dal progetto al servizio, la Direzione IT cambia ruolo

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MANAGEMENT

Jeremy Rifkin: uscire dalla crisi con l’Internet of Things

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interviste

Innovare per crescere: le scelte di ABS Acciai

Alessandro Trivillin, Amministratore Delegato

Tecnologia ed energia, i due volti dell’innovazione di Enel Carlo Bozzoli, Head of Global ICT

Il Digital Marketing di Prénatal pensa alle future mamme

Marco Metti, Customer Marketing & e-Commerce Manager

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Maire Tecnimont, un progetto di innovazione nel Procurement per creare valore

Paolo Mondo, Group Procurement Vice President Advisory Board Umberto Bertelè Presidente Advisory Board Giampio Bracchi Politecnico di Milano Carlo Alberto Carnevale Maffè Università Bocconi Maurizio Dècina Politecnico di Milano Giuliano Noci Politecnico di Milano Paolo Pasini SDA Bocconi Andrea Rangone Politecnico di Milano Francesco Sacco Università dell’Insubria - SDA Bocconi Raffaello Balocco Segretario Advisory Board

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QVC, report “visual” per reagire ai trend di vendita in real time Giovanni Monopoli, Strategic Analysis & Financial Planning Manager

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ING, l’empowerment delle persone parte dal sistema di Performance Management

Chiara Zuccalà, Head of Human Resources

Digitalizzare la PA: si può fare se...

Carlo Mochi Sismondi, Presidente Forum PA

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speciale “fatturazione elettronica verso la pa”

Fattura elettronica alla PA: i benefici per le imprese

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rubrica | ricerche e studi

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rubrica | nomine

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cov e r s tory

di

Umberto Zanini

Dottore Commercialista e Revisore Legale @umbertozanini

Un nuovo futuro per la finanza? L’innovazione disruptive sta trasformando il settore bancario-finanziario. Start-up hi-tech, che utilizzano meccanismi peer-to-peer e che sanno fare un uso sapiente di tecnologie Cloud, Mobile e Social, accrescono rapidamente i capitali gestiti, minacciando di mettere a rischio modelli di business consolidati da anni. Un’analisi di Umberto Zanini e il commento, a seguire, di Umberto Bertelè

modelli alternativi e innovativi: altri attori entrano in scena Da poco sbarcate con successo alla Borsa di New York, le startup Lending Club e On Deck Capital testimoniano l’affermazione di un nuovo paradigma per i servizi finanziari che esclude le banche e poggia sulle tecnologie digitali di ultima generazione. Ecco come funziona e come si declina nei diversi ambiti di

Con la quotazione al New York Stock Exchange delle società Lending Club e On Deck Capital, in molti si stanno chiedendo se anche per le banche e gli istituti finanziari è oramai giunto il momento di fare i conti con nuovi modelli “disruptive” che stanno impattando su molti settori dell’economia e sono in grado di introdurre cambiamenti tali da mettere a rischio i tradizionali modelli di business. Costituita nel 2007 a San Francisco, Lending Club è un marketplace on-line di peer-to-peer len| 6 |

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Umberto Zanini

ding che consente di erogare prestiti direttamente tra privati senza alcun intervento da parte di intermediari bancari o finanziari, e lucrando una percentuale sul prestito elargito. Il richiedente il prestito (borrower) dopo essersi iscritto alla piattaforma inoltra la richiesta, la quale, congiuntamente a una serie di informazioni e dati sulla solvibilità del richiedente, viene inoltrata ai potenziali finanziatori (lender). Se la richiesta viene accettata, dopo aver raccolto i soldi dai diversi finanziatori (al fine


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di

umberto bertelè

School of Management Politecnico di Milano autore di “strategia” @umbertobertele

generare una riduzione dei margini, e che un aumento delle contestazioni da parte di clienti non soddisfatti potrebbe incidere sui costi. On Deck Capital è una società con sede a New York che dal 2007 elargisce prestiti a professionisti, piccoli imprenditori e PMI unicamente tramite un’apposita piattaforma web, che grazie a particolari algoritmi e sofisticate tecnologie è in grado di verificare velocemente l’affidabilità del richiedente ed elargire il prestito entro il medesimo giorno della richiesta. Quotata il 17 dicembre 2014 con una IPO che stabiliva un prezzo di 20 dollari ad azione e con una valutazione dell’azienda di ben 1,32 miliardi di dollari, a fine febbraio il valore delle azioni si è attestato sui 19 dollari (dati riferiti al 5 marzo 2015). Prendendo spunto da queste due IPO e considerando che ce ne sono altre in programma (come per esempio Prosper, diretta concorrente di Lending Club), per comprendere se e quali impatti ci potrebbero essere sul settore bancario e finanziario, è necessario introdurre il concetto di alternative finance e di innovative finance. L’alternative finance di ridurre il rischio il prestito è spalmato su una moltitudine di finanziatori), la piattaforma elargisce il prestito al richiedente, e inoltre provvederà ad incassare le rate del prestito per restituirle ai prestatori. Dall’inizio dell’attività, Lending Club ha consentito la elargizione di prestiti per oltre 6 miliardi di dollari, ed a detta dell’azienda i richiedenti il prestito hanno un tasso di interesse ridotto del 30% rispetto ai tradizionali prestiti. Quotata l’11 Dicembre 2014 con una IPO che stabiliva un prezzo di 15 dollari ad azione e con una valutazione dell’azienda di ben 5,4 miliardi di dollari, a fine febbraio il valore delle azioni si è attestato sui 20 dollari. Per completezza di informazioni, va rilevato che alcuni analisti hanno messo in dubbio la futura tenuta del modello del P2P lending, evidenziando che un aumento dei tassi di interesse potrebbe incrementare il rischio di insolvenza dei debitori, che una maggiore concorrenza nel settore potrebbe

Possiamo definire “alternative finance” quelle “soluzioni finanziarie basate su modelli alternativi ai tradizionali servizi offerti dal sistema bancario e finanziario e che consentono al finanziatore di poter interagire direttamente con il richiedente i fondi tramite appositi marketplace o piattaforme informatiche”. Il settore dell’alternative finance è quindi caratterizzato da servizi finanziari basati su nuovi modelli chiaramente distinguibili dai tradizionali, e distinti dai seguenti 3 fattori: • disintermediazione, che consente al finanziatore che elargisce i fondi di interagire direttamente con il richiedente senza necessità che vi siano terzi soggetti (e.g. banche) che si interpongono tra i due; • efficienza, tramite l’impiego massiccio della tecnologia (Cloud, Big Data, Mobile, Social www.ict4executive.it

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network) vengono ridotti al minimo i costi consentendo di offrire servizi low-cost accessibili in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo e con qualsiasi dispositivo; • trasparenza, che permette al finanziatore che elargisce i fondi di sapere a chi andranno i soldi e come verranno spesi. Sebbene il settore dell’alternative finance sia molto articolato nelle sue varie componenti, possiamo sintetizzare e distinguere almeno 5 tipologie diverse: 1. il peer-to-peer lending (P2P lending), ove i richiedenti i fondi sono privati che necessitano di un prestito per acquistare l’auto, ristrutturare la casa, sostituire i mobili, etc; 2. il peer-to-business lending (P2B lending), ove i richiedenti i fondi sono piccoli imprenditori, professionisti e PMI che necessitano del prestito per avviare una nuova attività, per ampliare l’attività esistente, per sostituire un vecchio macchinario, etc; 3. l’invoice trading, ove piccoli imprenditori e professionisti possono pubblicare le proprie fatture per poi cederle a finanziatori anche non istituzionali, consentendo di ottenere una immediata liquidità; 4. l’equity crowdfunding, ove i finanziatori investono denaro in una iniziativa imprenditoriale ricevendo in cambio una partecipazione azionaria o quota societaria dell’azienda;

5. il reward-based crowdfunding, ove i finanziatori investono denaro in uno specifico progetto ricevendo in cambio un prodotto oppure un servizio. È recente un interessante studio condotto dalla University of Cambridge e da NESTA (National Endowment for Science, Technology and the Arts) sulla diffusione dell’alternative finance in Gran Bretagna -Paese in cui è nata la prima piattaforma di P2P lending nel 2005 ed in cui i suddetti servizi, anche per merito di una normativa di favore, sono particolarmente diffusi- e da cui emerge che questo mercato è indubitabilmente in forte crescita, passando da 267 milioni £ del 2012 in termini di prestiti e finanziamenti elargiti, a 666 milioni di sterline del 2013 (+ 150%), e arrivando a una stima di 1,74 miliardi £ per il 2014 (+161%). Aspetto rilevante è poi l’impiego dell’alternative finance da parte delle PMI britanniche, dato che lo stesso studio stima che nel corso del 2014 oltre 1 miliardo di sterline sia stato elargito a circa 7.000 PMI tramite l’ausilio del P2B lending (749 milioni di sterline) e dell’invoice trading (270 milioni di sterline). È utile altresì evidenziare anche il benefico impatto sociale che è in grado di produrre, sia in termini di incremento dell’occupazione, sia di crescita del fatturato e degli utili (e quindi delle entrate fiscali). Con riguardo invece ai restanti paesi dell’Unione Europea, da rilevare il crescente utilizzo dell’alternative finance in paesi come l’Estonia, la Svezia,

Il mercato della finanza alternativa in UK

Q4 £ 553 m predicted

£ 1,74 billion

+161%

Q2 £ 409 m

£ 666 m

Q1 £ 312 m

£ 267 m

2012 | 8 |

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2013

2014

Fonte: Nesta and the University of Cambridge

+150%

Q3 £ 468 m


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l’Olanda, la Finlandia, la Francia e la Germania, mentre con riferimento all’Italia è chiara la forte arretratezza del nostro Paese che una recente ricerca condotte dalla Cambridge Judge Business School posiziona al 17° posto su 27 Paesi esaminati. L’innovative finance A caratterizzare l’innovative finance è l’impiego massiccio della tecnologia che consente di introdurre forti innovazioni nei servizi finanziari, senza però necessariamente impattare sul modello che caratterizza il servizio offerto. Anche in questo caso, così come per l’alternative finance e come è già avvenuto in molti altri settori, la componente di innovazione tecnologica è essenzialmente riconducibile a 4 fattori: • il Cloud, che consente sia di ridurre i costi IT che di abbattere una delle principali barriere che da sempre hanno frenato l’ingresso di nuovi operatori; • il Big Data, che consentono tramite sofisticate tecnologie e particolari algoritmi di estrarre dalla mole di dati attualmente disponibili, informazioni che permettono di affinare il grado di solvibilità di un richiedente il prestito oppure di migliorare la personalizzazione dei servizi finanziari da proporre ai clienti;

• il Mobile, che consente di offrire servizi del tipo A3 (anytime, anywhere, any device) e quindi accessibili in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo e con qualsiasi dispositivo, consentendo di ridurre o eliminare i costi connessi alle filiali dislocate sul territorio; • i Social Network, che consentendo agli utenti di potersi scambiare messaggi, notizie, informazioni, esperienze, foto, permette di proporre servizi con un alto livello di personalizzazione, oppure di impiegare la mappa delle relazioni per affinare il grado di solvibilità delle persone. Tutto ciò ha portato in pochi anni alla nascita di nuovi servizi in grado di impattare inesorabilmente sui tradizionali servizi bancari e finanziari, e che possiamo aggregare in almeno 5 aree: i prestiti, i pagamenti, l’advisory, il data analytics e la supply chain finance: 1. con riferimento ai prestiti, l’innovazione forse di maggior rilievo è quella dei prestiti immediati o payday loan, che consente di richiedere tramite apposita piattaforma on-line la elargizione di piccoli prestiti, che se concessi vengono accreditati in pochissimi minuti e devono essere restituiti in breve tempo, come per esempio un prestito di 200 euro da restituire in 10 giorni; 2. nell’ambito dei pagamenti, le più interessanti sono certamente le iniziative di mobile www.ict4executive.it

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payment, come il mobile POS e il mobile wallet; 3. con riguardo all’advisory, da evidenziare sono le suite di asset allocation e di financial advise di nuova concezione basate sui social network (alcune dei quali con milioni di utenti in centinaia di paesi) che consentono ai partecipanti di condividere oltre che le esperienze anche le strategie di investimento, consentendo di “copiare” le strategie dei migliori trader del network valutati in base ai risultati ottenuti in termini di rendimento del capitale investito; 4. nell’ambito del data analytics, le iniziative più interessanti sono concentrate nello sviluppo di tecnologie ed algoritmi di credit scoring basati sui Big data e sui social network, ed in grado per esempio di costruire e monitorare le relazione tra gli individui e le loro evoluzioni, dato che è sempre valido il proverbio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”, presuppone che se hai collegamenti con persone che sono buoni pagatori molto probabilmente lo sei anche tu, se hai collegamenti con persone che sono buoni risparmiatori molto probabilmente lo sei anche tu, etc. 5. supply chain finance, ove le innovazioni hanno l’unico obiettivo di migliorare le relazioni finanziarie tra fornitore ed acquirente, creando ambienti win-win convenienti ad entrambi.

settore dall’ingresso di nuovi concorrenti, consentendo a nuovi attori di entrare in scena e rimettere in discussione le posizioni acquisite. Mentre il cloud abbatte i costi di avvio di nuove iniziative, e il mobile consente di offrire servizi del tipo A3, i big data sono una straordinaria fonte da cui attingere utili informazioni al fine di affinare il grado di solvibilità oltre che personalizzare i servizi offerti, ed i social network aprono la strada a nuovi scenari nell’interazione con gli utenti e con le loro relazioni. Tutto questo sta producendo nuovi modelli di alternative finance e di innovative finance che oltre a sottrarre continuamente utenti alle banche, stanno mettendo in discussione la tenuta stessa dei modelli da sempre utilizzati, intaccando altresì le aree più interessanti da un punto di vista remunerativo, come per esempio l’advisory. È necessario quindi che il settore bancario prenda atto che nei prossimi anni sarà inevitabile un confronto sia con i modelli di alternative finance che di innovative finance, e anche se sarà in una prima fase forse meno impattante integrare alcune innovazioni in grado di efficientare gli attuali servizi senza intervenire a modificare gli attuali modelli, sarà più interessante osservare come impatteranno invece i servizi proposti dalle nuove iniziative di alternative finance.

Conclusioni L’impiego massiccio della tecnologia nel settore bancario e finanziario sta frantumando le barriere che da sempre hanno protetto gli operatori del

È utile comunque rilevare come questo percorso sia in realtà già iniziato, ed è il caso per esempio di quelle banche che nell’ambito dei prestiti offerti ai propri clienti già impiegano la tecnologia e l’efficienza di Lending Club esternalizzando l’intera gestione amministrativa dei prestiti, oppure di quei gruppi bancari che hanno dato vita a nuove realtà pensate esclusivamente per gli “utenti digitali” ed in grado di intercettare i “millennials” (quelli nati dopo il 1980) oppure gli utenti tecnologicamente evoluti che desiderano avere un ruolo più attivo nel gestire i risparmi. È necessario quindi che le banche e gli istituti finanziari inizino a comprendere quali potrebbero essere gli impatti derivanti dai nuovi modelli di alternative finance e di innovative finance, quale percorso potrebbero intraprendere per cogliere le opportunità che stanno arrivando da queste importanti innovazioni, quali servizi attualmente offerti potrebbero essere resi più efficienti. Da non dimenticare poi l’ulteriore rischio che potrebbe arrivare dalle grandi internet company, come Google, Apple, Facebook, Linkedin, Twitter in grado di calare i suddetti modelli su milioni di utenti tecnologicamente evoluti.

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Una vera minaccia per le banche? Anche se i cambiamenti in atto sono piuttosto profondi, i nuovi attori fintech che stanno entrando sul mercato probabilmente non riusciranno ad avere un impatto realmente disruptive e a prendere il posto degli incumbent. I pericoli maggiori per i grandi gruppi bancario-finanziari provengono, invece, dalle Over-The-Top di

Una delle più importanti caratteristiche dell’ultima ondata di innovazioni - nell’information technology e in Internet in particolare - è che essa permette la nascita di business model innovativi in quasi tutti i comparti dell’economia, anche in quelli apparentemente più lontani: stimolando la nascita di nuovi attori, provocando la morte di chi non è in grado di adattarsi, obbligando comunque gli incumbent a rivedere le proprie strategie e a ristrutturarsi. Il mondo bancario-finanziario, oggetto dell’ampio quadro presentato da Umberto Zanini, si è già trovato in passato in una situazione per certi versi simile: nei secondi anni ’90, prima dello scoppio della “bolla Internet”, quando fu concepita l’idea di una banca virtuale senza sportelli come contrapposta al modello di banca con una forte e costosa presenza sul territorio. La reazione allora ci fu, non indolore: le banche tradizionali riuscirono a evitare la disruption che le start-up dell’epoca promettevano, ma a prezzo di una ristrutturazione profonda (non ancora conclusa nel nostro Paese) che le obbligò a trasferire online molte delle operazioni con i clienti e ad avviare un processo di progressiva riduzione sia delle filiali fisiche sia dell’organico (divenuto in misura sensibile obsoleto). Che cosa accadrà questa volta? Non è banale prevederlo, ma voglio azzardare qualche ipotesi commentando i punti trattati da Umberto Zanini. P2P: disintermediazione o nascita di intermediari alternativi? Il mio primo commento riguarda le piattaforme P2P, il business model sicuramente più innovativo fra quelli presentati. Qual è il significato da dare al termine peer-to-peer, evocativo dei siti-pirata in cui si scambiavano canzoni e film negli anni ’90 o della finanza mutualistica del primo ‘900? Le startup che hanno creato le prime piattaforme hanno effettivamente utilizzato il termine P2P per marcare la loro differenza rispetto alla finanza tradizionale, di cui dichiaravano di volere la disruption, e la loro natura eversiva dell’ordine costituito; per dare un forte risalto all’effetto di disintermediazione che si otteneva facendo interagire direttamente chi prestava danaro con chi richiedeva prestiti.

umberto bertelè

Le strade poi si sono però separate. Alcune imprese sono rimaste fedeli alla concezione originaria (come l’inglese Zopa nata nel 2005), ma la maggior parte di quelle di maggiore successo - a partire da Lending Club - hanno di recente addirittura rinnegato, formalmente, la denominazione P2P lending a favore di marketplace lending. Perché? Perché sono società con un fortissimo orientamento alla creazione di valore, che si ispirano a modelli di successo quali quelli di Uber e Airbnb. Perché sono società che percepiscono “ricche” percentuali sulle transazioni effettuate attraverso le loro piattaforme - Lending Club preleva ad esempio il 5 per cento sui prestiti - e si pongono quindi più come intermediari alternativi che non come agenti di disintermediazione. Perché sono società che non hanno remore nell’accettare come finanziatori nelle fasi pre-IPO grossi nomi della finanza “tradizionale” come quello di Pandit (ex-CEO di Citigroup), né soprattutto nello stringere accordi con i grandi operatori “tradizionali” che volevano distruggere (come avvenuto con Goldman Sachs, Société Générale, Santander UK and Royal Bank of Scotland): accordi in cui offrono ai grandi operatori la possibilità di accedere attraverso le piattaforme a categorie di clienti - a bassa probabilità di default - che solo esse riescono a individuare mediante le modalità innovative con cui svolgono le istruttorie; accordi che permettono loro, che non dispongono del buffer costituito dai depositi bancari, di meglio calibrare l’offerta rispetto alla domanda di fondi. Perché sono società che non hanno remore nello stringere accordi anche con i grandi operatori della rete, le cosiddette OTT (Over The Top). Lending Club lo ha fatto ad esempio sia con Google sia con Alibaba, per reperire finanziamenti - attraverso la sua piattaforma - per i loro fornitori. Disruption o integrazione? I nuovi attori che stanno entrando sul mercato, usando la tecnologia come strumento per crearsi spazi in un comparto che nei paesi sviluppati è molto affollato, riusciranno ad avere un impatto realmente disruptive e a prendere il posto degli incumbent? www.ict4executive.it

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Io non credo che il comparto bancario-finanziario sia esposto a un livello di rischio paragonabile a quello dei produttori di macchine fotografiche (crollate per la concorrenza degli smartphone) o delle librerie (sotto attacco da parte dell’e-commerce e danneggiate dalla crescita degli e-book): anche perché l’alternative finance - quella delle piattaforme - è in competizione con la tradizionale solo in alcune fasce di mercato e deve una parte significativa della sua crescita al fatto di essere inclusiva, di essere capace cioè di allargare il numero dei potenziali fruitori (persone o piccole imprese) di servizi bancari. Ma mi aspetto cambiamenti comunque piuttosto profondi. In particolare che 1. qualcuna (molto poche) delle start-up riesca non solo a emergere ma a entrare nel novero delle maggiori imprese; 2. un numero più elevato di start-up sia oggetto di acquisizione da parte dei grandi gruppi bancariofinanziari e di integrazione (non sempre con successo dati i possibili divari culturali) nei loro portafogli; 3. diversi gruppi bancario-finanziari preferiscano invece introdurre in modo organico al loro interno i nuovi strumenti messi a disposizione dalla tecnologia, con un grado di successo che dipenderà dalla capacità di innovare anche l’organizzazione; 4. alcuni gruppi, per la scarsa qualità del loro management, non siano in grado di cogliere la necessità di adeguarsi al nuovo contesto e si avviino verso il declino. Più immediata la penetrazione nei Paesi in crescita Lo scenario è molto diverso nei Paesi in fase di crescita (come la Cina) o addirittura di emersione (come Kenya e Tanzania), ove il sistema bancario-finanziario è molto debole o quasi inesistente. In questi Paesi l’obiettivo di inclusione, del primo accesso cioè di larga parte della popolazione ai servizi bancariofinanziari (dai pagamenti al risparmio gestito), è pri-

Lo scenario è molto diverso nei Paesi in fase di crescita come la Cina. Alibaba, per esempio, ha avuto un fortissimo successo con le sue offerte online di gestione del risparmio: 80 milioni di clienti in meno di due mesi | 12 |

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oritario e gli stessi governi favoriscono le soluzioni a maggiore velocità di penetrazione. In Cina ad esempio Alibaba ha avuto un fortissimo successo (80 milioni di clienti in meno di due mesi) con le sue offerte online di gestione del risparmio e le altre due grandi OTT - Tencent e Baidu - lanciano prodotti simili. Più di recente Alibaba e Tencent hanno avuto l’autorizzazione del governo a occuparsi di credit rating (sfruttando le enormi quantità di informazioni di cui dispongono) per i consumatori e le piccole imprese. In Kenya e Tanzania è diffusissimo il servizio M-Pesa di money-transfer - alternativo all’uso del canale bancario (quasi inesistente) - lanciato da Vodafone nel 2007 e basato (con una tecnologia non particolarmente avanzata) sulla telefonia mobile. Situazioni simili si ritrovano nei Paesi meno avanzati dell’America Latina. Dalle OTT la concorrenza più pericolosa I pericoli maggiori per i grandi gruppi bancariofinanziari provengono però a mio avviso, anche nei Paesi più sviluppati, non dalle fintech ma dalle OTT. Non per tutte le attività, ma per alcune di quelle caratterizzate dai volumi maggiori. Non perché le OTT vogliano entrare in concorrenza diretta producendo “in casa” servizi concorrenti, ma perché - data la forte vicinanza con i consumatori finali e con le PMI - imprese come Apple, Google, Facebook e Amazon possono facilmente frapporsi fra utilizzatori e produttori dei servizi, assumendo un ruolo-guida (con i vantaggi economici che ciò comporta) nelle filiere. È quanto sta accadendo ad esempio nel comparto dei pagamenti, ove Apple - con la recente introduzione nell’iPhone6 della tecnologia NCF per effettuare i pagamenti stessi con lo smartphone - ha creato una aspettativa di successo tale da “obbligare” la quasi totalità delle carte di credito ad aderire al suo progetto, nonostante la “tosatura” dei margini che ciò comporta, e da spingere le grandi catene e i punti-vendita singoli a investire nelle apparecchiature necessarie per ricevere i pagamenti.


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Os s e r vato rio

di

giovanni miragliotta

SChool of management POLitecnico di milano

Pagamenti digitali innovativi in Italia: 18 miliardi di euro nel 2014 Gli italiani continuano ad amare il contante, ma crescono rapidamente le transazioni online e i pagamenti da Mobile: tramite smartphone, nel 2014 sono stati acquistati più di 3 milioni di biglietti, e pagati 2 milioni di servizi di car sharing e un milione di soste. La spinta decisiva a questo punto potrebbe arrivare da norme incentivanti ed educative verso esercenti e consumatori

Nel nostro Paese i numeri delle carte di pagamento in circolazione (97 milioni nel 2014, +4% rispetto al 2013) e dei PoS (oltre 1,65 milioni nel 2014) sono in linea con i riferimenti europei. Eppure, i dati dei prelevamenti indicano che gli italiani continuano ad amare il contante: siamo infatti ancora ben lontani dai livelli di diffusione dei pagamenti elettronici nel resto d’Europa. In questo quadro, è positivo osservare che la crescita dei pagamenti elettronici con carta è trainata dalla componente new Digital Payment ossia eCommerce, ePayment, Mobile Commerce, Mobile Payment (Remote e Proximity), Mobile PoS e Contactless Payment -, rispetto ai pagamenti tradizionali in negozio. Un fenomeno che a sua volta è spinto dalla componente Mobile (payment e commerce), che è aumentata addirittura del 55% rispetto al 2013. Complessivamente il mondo new Digital Payment, a fine 2014, ha raggiunto un valore di | 14 |

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transato di circa 18 miliardi di euro (+20% rispetto al 2013), contro i 128 miliardi di euro (+1,6%) dei Digital Payment più tradizionali, quelli effettuati con carta in negozio. Mobile, acquisti da remoto per oltre 2 miliardi L’eCommerce e l’ePayment sono cresciuti in doppia cifra, superando i 15 miliardi di euro nel 2014. L’eCommerce di prodotti, servizi e contenuti digitali nel 2014 è salito del 18%, con la quota parte di acquisti da Pc attraverso carte e wallet a 12,8 miliardi di euro, spinto dalla spesa in turismo e abbigliamento. Gli italiani che acquistano online sono ormai 16 milioni, il 14% in più rispetto al 2013. L’ePayment nel 2014 vale quasi 2,5 miliardi di euro, in gran parte pagamenti di ricariche e bollette. Ci attendiamo per i prossimi anni una crescita più significativa, trainata anche dagli ePayment


o s s e r vato r i o | Pag a me n t i dig ita l i in n ovat iv i in I ta l ia : 1 8 mil ia rdi di e uro n e l 2 0 14

verso le Pubbliche amministrazioni, sulla spinta del Decreto Sviluppo bis che le obbliga a ricevere pagamenti con strumenti elettronici. Il Mobile Remote Payment & Commerce invece è cresciuto del 55%, superando i 2 miliardi di euro nel 2014. Il Mobile Remote Payment & Commerce di contenuti digitali è incrementato del 20%, sorpassando i 760 milioni di euro, spinto dal mondo delle App, che rappresenta oltre il 38% di questo mercato. Mentre il Mobile Remote Commerce di beni e servizi addirittura raddoppia, da 610 milioni di euro a 1,2 miliardi, pari al 9% del totale transato via eCommerce (nel 2013 rappresentava il 4,5%). Questa dinamica si spiega da un lato con il crescente numero di esercenti che iniziano a vendere anche tramite App o Mobile site (circa 110 esercenti tra i primi 200 nell’eCommerce offrono una soluzione di Mobile Commerce, erano 75 nel 2013). Dall’altro con il cambio evidente di atteggiamento degli utenti, che non vedono più il Mobile solo come un canale per gli acquisti time-based o in mobilità, ma sempre più come uno strumento comodo anche per gli acquisti tradizionali (44% del transato, rispetto al 38% del 2013). Il Mobile Remote Payment di beni e servizi – in gran parte pagamento di biglietti di trasporto pubblico locale, parcheggi, ricariche telefoniche e bollettini – cresce e raggiunge i 160 milioni di euro. Le ricariche telefoniche rappresentano il 70% di que-

sto mercato (+22%), mentre i servizi di trasporto (biglietti dei bus, pagamenti delle soste e car sharing) quadruplicano, anche se in valore assoluto rimangono ancora marginali. Nel 2014 sono stati acquistati più di 3 milioni di biglietti, pagati oltre 2 milioni di servizi di car sharing e pagate un milione di soste attraverso il telefono cellulare. Si può fare di più, affiancando incentivi agli obblighi Nel 2017 i pagamenti con carta potranno crescere fino a 176 miliardi di euro (CAGR 7%) grazie al contributo dei New Digital Payment (CAGR 40%), in particolare del Mobile Payment & Commerce (CAGR 70%). Se nei prossimi tre anni i pagamenti con carta crescessero allo stesso tasso del 2014 – 3,5% annuo – varrebbero 162 miliardi di euro nel 2017. Uno scenario più ottimistico è tuttavia ipotizzabile se il new Digital Payment è stimolato da un sistema di incentivi da parte del governo e da una proposizione commerciale più decisa lato offerta. Stimiamo in tale scenario una crescita del mondo new Digital Payment da 18 miliardi di euro nel 2014 a 49 miliardi nel 2017 (28% del totale dei Digital Payment), di cui circa un quarto provenienti dal Mobile Payment & Commerce, in forte aumento (70% annuo). Molti studi nazionali e internazionali degli ultimi Molti studi degli ultimi anni hanno dimostrato che un alto uso dei pagamenti elettronici è correlato alla capacità di sviluppo economico di un Paese

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osservatori o | Pagam e nt i d i gi tal i i nnovat i v i i n I ta l ia : 1 8 mil ia rdi di e uro n e l 2 01 4

anni hanno dimostrato che un alto uso dei pagamenti elettronici è correlato alla capacità di sviluppo economico di un Paese, oltre agli effetti diretti di riduzione dei costi di gestione del contante (in Italia abbiamo stimato un costo di 9,4 miliardi di euro nel 2013) e di recupero dell’evasione fiscale (in Italia si stima un mancato gettito fiscale legato al contante di 40-50 miliardi di euro). Eppure, nonostante la dimostrata rilevanza dei pagamenti elettronici, le azioni intraprese fino a oggi dal governo italiano per promuoverne la diffusione – limite dei 1.000 euro alle transazioni in contante, obbligo di accettazione di pagamenti elettronici per Pubbliche amministrazioni ed esercenti – hanno avuto poco successo. Riteniamo quindi che serva un cambio di strategia, che affianchi degli incentivi agli obblighi di legge: incentivi sia per i cittadini sia per gli esercenti e le PA, oltre a un piano di educazione che sensibilizzi tutti all’utilizzo dei pagamenti digitali. Il ruolo cruciale dei Mobile POS I new Digital Payment possono contribuire ad aumentare l’uso dei pagamenti elettronici in due modi: abituando gli italiani a “estrarre” la carta più di frequente anche per transazioni di piccolo importo (tramite Mobile Payment & Commerce e Contactless Payment) e consentendo a qualsiasi esercente di accettare pagamenti (tramite i Mobile PoS). Proprio i pagamenti via cellulare possono giocare un ruolo rilevante per “educare” i consu-

matori grazie alla pervasività degli smartphone (in tasca a oltre 25 milioni di italiani, a fine 2014). Nel frattempo i Contactless Payment possono rappresentare una soluzione “ponte” verso il Mobile Proximity Payment. Nel 2017 prevediamo tra 30 e 36 milioni di carte contactless in circolazione (sono 12 milioni nel 2014) e tra 700.000 e 900.000 PoS contactless (sono 250.000 nel 2014) che arriveranno a intercettare tra 2,7 e 4,8 miliardi di euro l’anno in modalità senza contatto. Tale crescita dipenderà molto dall’azione di banche e circuiti nel promuovere la diffusione di carte e PoS contactless oltre che dall’investimento profuso nel completare il processo di educazione già avviato verso esercenti e consumatori. La diffusione dei Mobile PoS farà crescere nel 2017 il numero totale di PoS di un valore tra l’8% e il 15% (prendendo come riferimento i risultati ottenuti dal fenomeno all’estero). Il decreto denominato “Obbligo PoS”, in vigore dal 30 giugno 2014, è stato un primissimo passo, ma l’adesione a questi servizi da parte degli esercenti dipenderà molto dalle prossime azioni del governo (il decreto attuale non prevede sanzioni per chi non possiede un PoS) e dalla competitività e attrattività dell’offerta verso l’esercente target (ambulanti, medici, liberi professionisti, etc.) che oggi non è dotato di classico PoS. In funzione dell’efficacia di queste e altre azioni, prevediamo che nel 2017 ci saranno tra 130.000 e 240.000 Mobile PoS attivi, che permetteranno di intercettare tra 1,3 e 3,6 miliardi di euro di transato aggiuntivo.

mobile remote payment & commerce, raddoppio entro tre anni Valore transato Mobile Remote Payment & Commerce in Italia (2012-2017)

5.100 mln E 4.200 mln E

Fonte: Politecnico di Milano

2.200 mln E 1.380 mln E 800 mln E 2012 | 16 |

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2017



r e p or tag e di

Daniele Lazzarin

Pagamenti digitali e NFC, la nuova era del “mobile lifestyle” Il 2014 è stato un anno cruciale per il settore, mentre l’esperienza di comprare via Mobile inizia a essere davvero semplice e intuitiva. Questi i temi portanti di un convegno organizzato da ICT4Executive, che ha visto confrontarsi protagonisti del mercato come PosteMobile, BancoPosta, Visa, Mastercard e ATM Milano, con la partecipazione dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano

È un momento decisivo per i pagamenti digitali, e in particolare per quelli da smartphone: il 2014 è stato un anno cruciale, in cui tutti i colossi del settore – un nome per tutti: Apple – hanno fatto scelte fondamentali, e la tecnologia NFC s’è affermata come standard per l’ambito “contactless”, mentre l’esperienza di comprare via Mobile inizia a essere davvero semplice e intuitiva. Questi i temi portanti del convegno “Mobile Payment e Servizi NFC: si apre una nuova era”, che si è tenuto a Milano al Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia. L’evento, organizzato da ICT4Executive e moderato da Manuela Gianni, Direttore responsabile di ICT4Executive e di PagamentiDigitali.it, è stato un’interessante occasione di confronto tra aziende leader dell’ecosistema dei pagamenti in mobilità, che ha visto protagonista il Gruppo Poste Italiane, che con PosteMobile e BancoPosta è stato un apripista in Italia per i servizi di pagamento digitali – soprattutto | 18 |

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da Mobile – e abilitatore dell’ecosistema end-to-end, grazie anche alla rete di POS NFC di cui sono dotati tutti i 13mila uffici postali in Italia. «Creare consapevolezza e ampliare la gamma di servizi» Il convegno è stato aperto da Valeria Portale, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano – secondo cui il 2015 si delinea come l’anno dell’espansione dei pagamenti digitali, trainati soprattutto dal Mobile Payment. Le ricerche dell’Osservatorio infatti certificano come l’uso del cellulare per i pagamenti sia in costante crescita in Italia e nel mondo: nel nostro Paese il Mobile Payment & Commerce di beni e servizi nel 2014 è cresciuto del 55%, raggiungendo 2,2 miliardi di euro come volume transato. Grazie anche alla decisione di Apple di entrare nel mercato Mobile Proximity Payment, l’NFC (Near


r e p or tage | Pag a me n t i dig ita l i e N F C , l a n uova e ra de l “mo b il e l if e st y le”

Da sinistra: Manuela Gianni (PagamentiDigitali.it), Paolo Fiorino (ATM), Matteo Giordano (Visa Europe), Bruno Degiovanni (MasterCard) e Vlad Mihalca (PosteMobile)

Field Communication) è ormai una tecnologia consolidata per i pagamenti di prossimità e adottata da tutti i player del settore. I numeri degli smartphone abilitati alla tecnologia NFC (12 milioni) e dei POS NFC (250mila) in Italia a fine 2014 rappresentano una base abbastanza matura per la diffusione su larga scala dei servizi contactless. Ora che l’ecosistema si sta semplificando, ha spiegato Portale, è necessario creare consapevolezza nei consumatori, e ampliare sempre più il ventaglio dei servizi a corollario dei pagamenti Mobile. «I key message sono tre: il primo è che NFC rappresenta il futuro del proximity payment, Apple e Google hanno sfatato gli ultimi dubbi. Il secondo è che la user experience dev’essere semplice, intuitiva e immediata: l’esempio è Apple Pay in cui basta fotografare la carta per registrarla. Il terzo punto è che le banche mantengono un ruolo cruciale anche in tutte le principali “filiere” di pagamenti digitali».

Ha preso poi la parola Roberto Garavaglia, Consulente di Sistemi di Pagamento Elettronico e Responsabile editoriale del sito PagamentiDigitali.it, che ha chiarito gli scenari normativi e d’uso delle quattro modalità di Mobile Payment: App, SVA (moneta elettronica), credito telefonico, Mobile Wallet. L’impiego di credito telefonico in particolare, ha detto Garavaglia, presenta interessanti risvolti normativi. Banca d’Italia ha definito tre presupposti: l’acquisto deve riguardare beni o servizi digitali, l’operatore telefonico deve apportare valore aggiunto, e l’uso o consegna devono avvenire sullo stesso dispositivo. «In generale, la vera sfida per operatori e autorità di regolamentazione del mercato è conciliare nel modo migliore due aspetti contrastanti come la sicurezza e la semplicità delle transazioni via Mobile». PosteMobile: «Con la Super SIM un nuovo stile di vita mobile» PosteMobile nei Mobile Financial Services in Italia vanta oltre un milione di clienti abilitati e 1,3 miliardi di euro movimentati grazie a pagamenti e transazioni effettuate da Mobile, di cui 340 milioni solo nel 2014. Daniela Manuello, Responsabile Marketing di PosteMobile, ha illustrato il percorso di innovazioni dell’operatore telefonico del Gruppo Poste in ambito di Mobile Payment, dal 2007 fino al lancio, nell’ultimo trimestre del 2014, della nuova SuperSIM NFC. Uno strumento che, in collaborazione con BancoPosta, consente di digitalizzare più di 34 carte di pagamento nel mobile wallet dell’App PosteMobile, e integra soluzioni NFC per il trasporto pubblico a Milano e Torino. I nuovi servizi NFC si aggiungono ai Remote Financial Services che PosteMobile ha reso www.ict4executive.it

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reportage | Paga m e nt i d i gi tal i e N F C, l a nu ova e ra de l “mo b il e l if e st y l e ”

«I key message sono tre: l’NFC rappresenta il futuro del proximity payment, Apple e Google hanno sfatato i dubbi. La user experience dev’essere semplice, intuitiva, immediata. E le banche mantengono un ruolo cruciale anche in tutte le “filiere” di pagamenti digitali»

Daniela Manuello

ATM: con NFC la tessera del tram è nello smartphone

Responsabile Marketing di PosteMobile

disponibili già dal lancio. «PosteMobile già dal 2007 offre servizi innovativi, semplici e sicuri in mobilità – ha sottolineato Manuello –. La nostra grande intuizione già da allora è aver individuato in anticipo l’importanza e centralità del cellulare nella vita delle persone, incentivando un nuovo “mobile lifestyle”. La decisione di commercializzare dallo scorso ottobre esclusivamente SIM NFC, di abilitare nuovi servizi contactless, e di creare un mobile wallet dalla user experience semplice e intuitiva, sono la naturale evoluzione del nostro percorso innovativo». Lavinia Mancini, Responsabile carte di pagamento di BancoPosta, ha presentato i risultati raggiunti da Poste Italiane nell’ambito dei servizi bancari digitali, con specifico focus sui quelli da Mobile. «BancoPosta ha introdotto già nel 2003 la carta di credito prepagata PostePay, che ha avuto un ruolo critico nell’affermazione dell’eCommerce in Italia. Oggi PostePay rappresenta il 60% del mercato delle carte prepagate, e da poco abbiamo lanciato la nuova Carta Postepay Evolution, che fornisce nativamente servizi digitali esclusivi fruibili solo da App, come la microricarica gratuita, oltre ai pagamenti contactless sia con la carta sia da cellulare, mediante l’accordo con PosteMobile». | 20 |

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Il convegno si è concluso con una tavola rotonda con Bruno Degiovanni, Head of Business Development & Product Sales di MasterCard e Matteo Giordano, Digital Mobile Proposition Senior Manager di Visa Europe. Entrambi hanno confermato il trend di crescita dei pagamenti contactless in Europa e nel mondo, e l’importanza dell’ingresso di Apple che renderà questo mercato ancora più attrattivo. MasterCard e Visa hanno contribuito alla realizzazione dei nuovi servizi del wallet NFC del Gruppo Poste Italiane. «Un gruppo che comprende una banca, un operatore mobile e una rete di 13mila sportelli, la più grande in Italia: per questo vediamo tutta la catena del valore dei servizi di Mobile Payment e sappiamo che le partnership sono cruciali per completarla, perché questi servizi richiedono integrazione», ha detto Vlad Mihalca, Head of Mobile VAS Marketing di PosteMobile. Alla tavola rotonda è intervenuto anche Paolo Fiorino, Responsabile Sviluppo Software Sistema di bigliettazione magnetico ed elettronico di ATM Milano. Grazie al progetto con ATM, PosteMobile è stato il primo operatore mobile in Italia ad aver lanciato, lo scorso novembre, una soluzione NFC per i trasporti pubblici basata sul solo uso dello smartphone sia per digitalizzare la tessera trasporti nel dispositivo dell’utente, sia per l’acquisto e rinnovo degli abbonamenti dall’App PosteMobile. «Per la prima volta in un progetto di questo rilievo siamo partiti direttamente con il “prodotto finito” e non con una sperimentazione, e per la prima volta l’utente ha in mano un oggetto attivo, che può iniziare una transazione digitale: la nostra “smart card” è infatti un oggetto passivo che va caricato in una rivendita o presso un totem – ha detto Fiorino –. L’intenzione a questo punto è di estendere presto i servizi supportati dalla soluzione NFC anche al bike sharing e al car sharing».


PagamentiDigitali.it è il primo progetto editoriale italiano dedicato all’innovazione nel mondo dei pagamenti elettronici. Un punto di osservazione chiaro, autorevole e indipendente sui trend più attuali: contactless, Mobile POS, pagamenti tramite cellulare (remote e proximity), acquisti online (eCommerce ed ePayment), Wallet digitali e Mobile, servizi legati al pagamento (couponing e loyalty), normative italiane ed europee.

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manuela gianni

Jeremy Rifkin economista

Uscire dalla crisi con l’Internet of Things Nella visione di Rifkin, intervenuto di recente a un convegno a Cernobbio, la risposta per ricominciare a crescere e creare occupazione è la digitalizzazione delle tre infrastrutture chiave del sistema economico - comunicazioni, energia e trasporti - e la loro integrazione in una piattaforma IOT. «Con questo progetto potremmo creare lavoro per due generazioni: Germania, Danimarca, Cina lo stanno facendo. E l’Italia ha tutte le competenze necessarie»

Viviamo tempi difficili. La disoccupazione è alta, mentre il PIL è in calo in tutto il mondo - inclusi USA e Cina - e la produttività continua a scendere. Il mondo dipende dal petrolio, ma il prezzo del barile subisce oscillazioni imprevedibili e potenzialmente devastanti, come è già più volte accaduto in passato. Come uscire da questa situazione? Secondo l’economista Jeremy Rifkin, «la digitalizzazione e la Internet Of Things sono la risposta: possiamo recuperare efficienza perchè il modello avrà costi marginali tendenti allo zero». Quella dei costi marginali pari a zero è il punto di arrivo della teoria che Rifkin espone nel suo ultimo libro, dove tratteggia il futuro del mondo digitale e ipotizza un’infrastruttura unica alla base dei tre cardini intorno a cui ruotano tutte le economie: comunicazione, energia e trasporti. Secondo l’economista, stiamo vivendo la terza rivoluzione industriale, in grado di creare occupazione e crescita e di preservare le risorse del Pianeta. Ma bisogna agire subito. | 22 |

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Rifkin ne ha parlato di recente intervenendo a un convegno dedicato alla Digital Transformation e organizzato da Sap a Villa d’Este a Cernobbio, sul lago di Como, davanti a un “parterre de roi” di top manager di alcune delle più importanti imprese del Paese. «So che l’Italia può essere al fianco della Germania e della Francia per guidare l’Europa nel viaggio verso la Digital Europe - ha detto -. Ho incontrato il primo ministro italiano, che è quasi un nativo digitale, a Digital Venice l’anno scorso, durante il semestre di guida della UE. Gli ho detto che l’Italia digitale non dipende solo dalla banda larga, dal free wifi e dai Big Data. L’obiettivo deve essere digitalizzare le comunicazioni, l’energia e i trasporti». Ma Rifkin, che conosce bene l’Italia, è uno dei tanti stranieri che si domanda come mai un popolo di inventori, che eccelle da sempre in creatività, che arriva primo in tante occasioni, nella scienza come nell’arte e nel business, fatica a sviluppare progetti e a portarli a compimento. Non ha perso dunque


m a n ag e m e n t | Usc ire da l l a c risi c o n l’ I n t e rn e t o f T h in g s

Chi è Jeremy Rifkin Laureato in economia alla Wharton School della University of Pennsylvania, e in affari internazionali alla Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University, Jeremy Rifkin è presidente della Foundation on Economic Trends e autore di 19 libri sugli impatti economici, ambientali e sociali dei cambiamenti scientifici e tecnologici, alcuni dei quali – come “L’era dell’accesso”, “Economia all’idrogeno” e “La fine del lavoro” – sono best seller internazionali tradotti in oltre 30 lingue. Il più recente lavoro pubblicato è “La società a costo marginale zero”. Nell’ultimo decennio è stato consulente dell’Unione Europea e di capi di Stato come Sarkozy, Merkel, Socrates e Zapatero durante le rispettive presidenze dell’European Council, e lo è tuttora per la Commissione e il Parlamento Europeo. È l’ideatore del concetto di Terza Rivoluzione Industriale, che è stato adottato nel 2007 come piano d’azione dal Parlamento Europeo, presidente della società di consulenza TIR Consulting Group, nonché fondatore e chairman della Third Industrial Revolution Global CEO Business Roundtable, che comprende i CEO di cento multinazionali dei settori energia, costruzioni, edilizia, IT, trasporti e logistica. Dal 1994 è senior lecturer alla Wharton School della University of Pennsylvania, e tiene rubriche fisse su alcuni dei principali quotidiani e periodici mondiali, tra cui Los Angeles Times, Guardian, Handelsblatt, Le Soir, L’Espresso, El Mundo ed El País.

l’occasione per una strigliata: «Gli italiani sono sempre i primi, ma poi non riescono a crescere e rimanere in testa - ha detto -. È frustrante». IOT, alla base di energia, comunicazione e trasporti Nella visione di Rifkin, le tre infrastrutture chiave, comunicazioni, energia e trasporti avranno un cuore comune in una piattaforma Internet of Things. «Metteremo sensori ovunque, in ogni device, in ogni macchina, lungo tutta la value chain, al fine di restituire dati in real time nei tre componenti di ogni sistema economico. E questo in tutti i settori, nell’agricoltura, come nel retail o nell’industria». Tra quindici anni, ogni macchina sarà connessa dando vita a una sorta di “cervello globale esterno”. Secondo Rifkin, «è un enorme passo avanti per l’umanità». Ma come garantire che i governi o le multinazionali non sfrutteranno le informazioni? Cosa possiamo fare per assicurare la sicurezza? «Queste sono sfide enormi, che ci terranno occupati in battaglie sociali e politiche per numerose generazioni». Si tratta infatti di un sistema aperto: «Chiunque, attraverso la piattaforma dell’IoT, può entrare e

osservare con trasparenza ciò che sta succedendo nel sistema economico. La trasparenza permette un’apertura dei mercati e una crescita dello spirito imprenditoriale. Tutti noi abbiamo una value chain, come individui, come parte di una famiglia, come proprietari, come lavoratori. Significa che possiamo connetterci a questa emergente piattaforma IoT e guardare i dati, collegare la nostra value chain, incrementare in maniera importante la produttività e l’efficienza. Così, in una società completamente digitalizzata, i costi marginali, quelli per creare un’unità aggiuntiva di bene, andranno ridotti per essere competitivi e arriveranno anche a zero». Tra sharing economy e capitalismo Un altro grande tema è quello della sharing economy, che oggi è ibrida, perchè nata in seno all’economia capitalistica, con cui oggi convive. «Il capitalismo è il padre che cresce il figlio, ma in questo processo sarà il figlio a trasformare il padre: il capitale sarà totalmente riconfigurato e dovrà trovare nuovi modelli». È proprio la sharing economy a ridurre i costi marginali. «Il processo è iniziato 15 anni fa con Napster, il primo sistema peer-to-peer per la condivisione dei www.ict4executive.it

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management | Us ci r e dal l a cr i s i con l’ I nt e r ne t o f T h in g s

file a larga diffusione, e oggi oltre 3 miliardi di persone sono diventate “prosumer”: producono e consumano, condividendo ciò che producono tra loro: musica, video, corsi online... Si tratta di beni a costi marginali molto bassi, o nulli: non cambia nulla se vengono prodotti e condivisi con una sola persona o con un milione». Inoltre non c’è possesso ma uso. Con il car sharing, per ogni auto condivisa 15 sono eliminate dalla catena di produzione. Si prevede che arriveremo a eliminare l’80% delle auto, con un grande impatto sull’ambiente. «Nell’arco di tre generazioni nessuno più possiederà un’auto e sarà l’elettricità a farle muovere. E tra dieci anni le auto saranno prodotte con le stampanti 3D con materiali riciclati. La prima auto già esiste ed è una macchina italiana, creata da un’azienda locale». Sappiamo che ci sono aziende che hanno subito un duro colpo con la sharing economy, come l’industria della musica e della televisione, l’editoria .«Ma dalla sofferenza delle industrie tradizionali ci sono molte opportunità che emergono», ha ricordato. Un nuovo modello per l’energia: Power to the people La Germania è arrivata a produrre il 27% dell’energia da fonti rinnovabili, fra solare, eolico e geotermico; arriverà al 35% entro il 2020 e forse, entro il 2040, al 100%. «Milioni di persone producono energia elettrica per se stessi e la condividono, con notevoli risparmi, come avviene con i contenuti digitali». I costi di pannelli solari e turbine eoliche scendono con la stessa Legge di Moore, che vale per i processori. E sono costi una tantum. «Una volta ripagati gli investimenti iniziali, il costo marginale per produrre quell’energia è vicino allo zero. Il sole, il vento, il calore geotermico non presentano il conto. Certo, bisognerà sostenere il costo di infrastruttura per lo storage: ci sarà molto lavoro per le aziende». Sarà la fine delle Utility o delle grandi industrie automobilistiche? No, ma dovranno lavorare in un modo nuovo. La domanda ora è: chi aggregherà i servizi? L’industria tradizionale? O forse Amazon o Google? Sarà una battaglia piuttosto accesa. L’Europa ha le risorse: è una questione di priorità Dovremo necessariamente costruire questa nuova infrastruttura. Ma con quali soldi? «Sono andato più volte a Bruxelles a parlare con Juncker e altri funzionari dell’UE e mi hanno detto che l’idea che in Europa non ci sono soldi è un mito. | 24 |

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Nel 2012 nella UE sono stati spesi 741 miliardi in infrastrutture, investimenti sia pubblici che privati. Il problema è dove si investe. Basterebbe cambiare la priorità, indirizzando una quota pari al 25% verso le nuove infrastrutture, e potremmo ottenere la Digital Europe in 25 anni. L’intero sistema italiano può essere aggiornato in 25 anni portando elettricità da energie rinnovabili in ogni angolo del Paese, ammodernando ogni business e ogni edificio. Tutta la rete elettrica italiana deve diventare digitale. Questa è una grande opportunità di business ed anche di occupazione». Anche la rete di trasporti si deve trasformare: invece che sui combustibili fossili, deve essere basata sull’elettricità, creando in ogni distributore di benzina lungo la rete sistemi in grado di erogare ricariche elettriche. La stessa possibilità dovrà esserci in ogni parcheggio per auto ma soprattutto per camion; andranno messi anche sensori lungo tutta la catena logistica. «Riqualificare ogni azienda e ogni edificio comporterebbe innumerevoli opportunità lavorative: con un progetto di questo genere potremmo creare lavoro per due generazioni già domani. Germania, Danimarca, Cina lo stanno facendo: stanno già avviando la terza rivoluzione industriale. La Cina ha già speso 82 miliardi di dollari. Anche l’Italia ha tutte le competenze e le risorse necessarie: del resto, ad esempio, è seconda solo alla Germania per la produzione di acciaio». Preservare le risorse del pianeta Ultimo grande tema è quello del cambiamento climatico, un problema che terrorizza tutti, dice Rifkin: c’è il rischio di esaurimento dell’acqua dolce conseguente all’innalzamento della temperatura, e abbiamo visto i danni causati da fenomeni atmosferici sempre più estremi. E qual è il nesso con la digitalizzazione dell’Italia, dell’Europa e del mondo? «Se possiamo digitalizzare l’economia intera e la value chain in modo da arrivare a utilizzare in tempo reale i dati provenienti dall’ambiente e dal sistema economico, e se questi dati possono essere inseriti nei sistemi di comunicazione, energia e trasporto, ogni azienda, ogni famiglia, ogni quartiere, ogni casa potrà sviluppare la propria value chain e vedere un reale guadagno, utilizzando algoritmi e analytics per incrementare la loro efficienza aggregata e la loro produttività e al contempo ridurre il costo marginale». Anche per tutelare l’ambiente, dunque, l’obiettivo ultimo è arrivare a produrre a costi marginali quasi pari a zero. «In questo modo saremo talmente efficienti da ridurre l’utilizzo di risorse del pianeta».


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I N TE R V IS TA di

manuela gianni

Alessandro Trivillin Amministratore Delegato abs acciai

Innovare per crescere: Le scelte di ABS Acciai Sensori e telecamere lungo le linee, per monitorare in tempo reale la produzione e fornire le informazioni ai clienti. Investimenti cospicui in nuove tecnologie. Strumenti 2.0 per comunicare con i clienti, dalla definizioni delle specifiche fino alla spedizione dei prodotti. Ecco come la società friulana fronteggia i competitor asiatici e fornisce acciai speciali di alta qualità

Produrre acciaio in Italia è oggi una sfida difficile. Con le aziende cinesi e indiane non si può certo competere sui costi, ma è possibile farlo, con successo, su un altro piano: quello del prodotto di qualità e del servizio su misura. Significa vendere un acciaio non solo eccellente, ma realizzato ad hoc per le esigenze dei clienti. E questo è fattibile grazie a investimenti cospicui nell’innovazione tecnologica e una grande attenzione al capitale umano. Lo conferma la storia delle Acciaierie Bertoli Safau, nata 26 anni fa in provincia di Udine, in un momento di profonda crisi del settore, dalla fusione di due aziende con una lunghissima storia alle spalle. Contemporaneamente, nel capitale societario è entrato il Gruppo Danieli, di cui oggi ABS rappresenta la divisione Steelmaking, che conta oltre 1.300 dipendenti, 1.100 in Italia e 200 circa in Croazia, per un fatturato di 800 milioni circa, in crescita. «Spingere l’innovazione tecnologica, che non è solo impiantistica ma riguarda tutta l’azienda, per noi è stato fondamentale per restare competi| 26 |

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tivi. Il fatto che esistiamo ancora ne è la dimostrazione: ogni giorno sui giornali si legge di qualche azienda nel settore siderurgico che chiude o che è in difficoltà», dice Alessandro Trivillin, Amministratore Delegato dell’azienda dal 2011, il manager che ha saputo portare nel mondo siderurgico modelli e approcci di innovazione che in altri settori sono molto comuni, con un’attenzione al cliente da azienda retail. Dott. Trivillin, quanto è importante per lei l’innovazione? C’è uno slogan che normalmente utilizzo: “Non solo chi non innova è perduto, ma anche chi innova lentamente!”. Grazie all’innovazione dei processi produttivi, oggi si producono migliaia di tipologie diverse di acciai, che qualche anno fa non erano neanche concepibili: noi in questo momento stiamo già pensando ai prodotti dei prossimi 15 anni, che saranno totalmente diversi. Per questo, abbiamo avviato un programma di in-


IN T E RVISTA | In n ova re p e r c re sc e re : L e sc e lt e di A B S ac cia i

Chi è Alessandro Trivillin

vestimenti in Italia per 360 milioni di euro e ora siamo proprio a metà. Di questi, 220 milioni sono destinati a un impianto che non adotta l’ultimo step della tecnologia, ma è oltre: è un prototipo. È fondamentale, però, organizzare l’innovazione all’interno dell’azienda. In ABS da un anno e mezzo abbiamo creato un modello strutturato, suddividendolo in tre aree: innovazione di processo, innovazione di prodotto e tecnologie “non core”. Abbiamo un responsabile in ognuna di queste aree, con coordinamento centrale, per avere un filo conduttore unico. Esiste un board dedicato all’innovazione, con incontri periodici in cui vengono presentati i prodotti e i potenziali progetti. C’è molto metodo anche nell’innovazione, con una logica di project management: anche in questo campo, il 99% è sudore e solo l’1% ispirazione. Prima avevamo un approccio molto latino, creativo: facevamo comunque molta innovazione ma ci mancavano queste fondamenta solide dell’organizzazione. Quali sono gli obiettivi dell’innovazione in ABS? Da qualche anno abbiamo cercato di re-immaginare tutta l’azienda in una logica cliente-centrica. Nel mondo siderurgico, quello che domina sono gli impianti: siamo una realtà capital intensive, con milioni di euro di investimenti, quindi il focus è sempre stato su rendere più efficienti gli impianti. Abbiamo cambiato questa logica mettendo il cliente al centro e, partendo da qui, il primo trait d’union per andare a soddisfare le esigenze sono i processi innovativi. Il prodotto classico ormai arriva in nave dalla Corea, dall’India o dalla Cina. Noi dobbiamo fare qualcosa in più, differenziarci producendo acciai speciali destinati a nicchie particolari: guardiamo al singolo cliente, al suo specifico processo produttivo e andiamo a di soddisfare puntualmente le esigenze, con una produzione tailor-made. Senza la digitalizzazione e senza il supporto della tecnologia non saremmo riusciti a fare i passi che abbiamo fatto fino ad ora, ma specialmente non riusciremmo a fare i passi che abbiamo in previsione di fare nei prossimi anni. Ci può fare qualche esempio di questo approccio all’acciaio tailor-made? Un esempio molto semplice riguarda l’acciaio per i pistoni. Le compressioni dei motori negli anni ‘70 erano al massimo 110 bar, adesso sono più del doppio, con la prospettiva di arrivare a 270. Ecco, i pistoni devono essere fatti con acciai che hanno caratteristiche meccaniche inimmaginabili qualche anno fa.

Alessandro Trivillin nasce a Treviso nel 1968 e si laurea in Economia Aziendale presso l’Università Cà Foscari di Venezia nel 1992. Nello stesso anno trova lavoro in Selina Spa (settore abbigliamento) e vi rimane fino al 1995 anno in cui si trasferisce in Fassa Bortolo (settore materiali per l’edilizia) per occupare, fino al 2007, il ruolo di Responsabile Amministrativo/Personale. Approda quindi in Acciaierie Bertoli Safau ricoprendo inizialmente il ruolo di CFO per essere nominato, pochi anni dopo, - nel 2011 Amministratore Delegato della stessa società. È un sostenitore dell’evoluzione quale concetto concreto da applicare quotidianamente sia nell’organizzazione del lavoro che nella crescita delle risorse umane. È sua ferma convinzione che la risorsa umana è l’asset centrale di ogni organizzazione e crede che solo attraverso l’evoluzione di competenze tecniche, organizzative e comportamentali delle persone si possano perseguire nuovi traguardi e compiere innovazione in azienda anche attraverso il supporto e l’ideazione di nuove tecnologie.

Un altro nostro cliente è leader mondiale nelle catene per l’ancoraggio delle piattaforme petrolifere, installate in tutti i mari del mondo. Con lui stiamo collaborando per sviluppare acciai diversi per ogni tipologia di sito, in base alla salinità, all’acidità e alla profondità del mare. Per produrre queste catene, che hanno un diametro di 5-6 metri, si utilizza una certa tipologia di acciaio nel fondale, dove vengono ancorate, mentre le caratteristiche sono diverse man mano che si va verso la superfice. Questo spiega bene cosa vuol dire tailorizzare al massimo il singolo prodotto del cliente. Un altro elemento importante sono i sensori: ne abbiamo migliaia nelle nostre fabbriche. Che dati raccolgono i sensori? E come li utilizzate? Sono centinaia gli elementi chiave che possono influenzare una buona colata di acciaio, la produzione dell’acciaio non è una scienza perfetta. Per questo, analizziamo migliaia di parametri. Qui si entra a pieno titolo nel mondo dei Big Data: la tecnologia ci permette analisi su grandi volumi di dati in tempo reale per essere vicino al cliente, dandogli comunicazione immediata sui suoi prodotti. Una delle nostre linee produttive è lunga più di un chilometro e ha molti sensori: ognuno di questi rappresenta un elemento importante per il cliente, perchè gli comunica che a quel punto del processo produttivo l’acciaio aveva determinate caratteristiche, informazioni che gli saranno utili in fase di lavorazione. Utilizziamo la soluzione Business Object per l’analisi dei dati, e adesso ci stiamo spingendo verso le analisi predittive. Stiamo anche installando una serie di fotocamere, www.ict4executive.it

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INTERVI STA | Innovar e pe r cr e s ce r e : L e s ce lt e di A B S ac c i a i

molto particolari, perché l’acciaio fonde a 1600°, per scattare fotografie del prodotto durante la lavorazione e, tramite un portale, renderle disponibili al cliente in tempo reale: questo, ripeto, mentre lo produciamo, non quando l’abbiamo spedito. Questo sistema facilita il tracking dei prodotti e agevola le logiche di just in time, per l’ottimizzazione del magazzino e la riduzione delle scorte. La digitalizzazione è fondamentale per essere vicini al cliente e competere col servizio. In generale, quanto è spinta la digitalizzazione dei vostri processi? Sono ormai 5-6 anni che lavoriamo in questa direzione, per eliminare la carta e ottimizzare i processi, e qualche risultato l’abbiamo ottenuto. Il primo passo è stato quello della certezza del dato: siamo partiti mettendo la base con un gestionale SAP. Il secondo passaggio, grazie alla piattaforma, è l’integrazione del dato, dall’inizio alla fine di tutti i nostri processi. Su questo stiamo lavorando, e aggiungiamo dei pezzi ogni anno. Va detto che la nostra filiera è un po’ particolare, abbiamo livelli di digitalizzazione completamente diversi. La nostra materia prima è il rottame e i nostri fornitori sono i rottamai: non possiamo chiedergli di usare piattaforme digitali per farci le offerte. Diverso se andiamo ad approcciare il leader mondiale nella produzione dei cuscinetti. Il mondo siderurgico non è brillantissimo nell’uso del digitale, quindi cerchiamo la contaminazione con altri settori. Per esempio, dal mondo della grande distribuzione abbiamo preso spunto per organizzare la gestione dei nostri terzisti. Ora ci stiamo focalizzando sulla digitalizzazione della relazione con il mercato. Cosa intende? È uno step in più rispetto al classico CRM: parte dai fabbisogni del cliente, dalla relazione iniziale, dal

momento in cui cominciamo a ipotizzare con lui lo sviluppo di un prodotto, fino alla messa a punto e la consegna finale. Ci sono migliaia di parametri che vanno a identificare un prodotto. Non usiamo più la carta, mandando un fax come si faceva qualche anno fa, ma creiamo una relazione 2.0, che si avvicina più a logiche di social network. Un altro aspetto fondamentale che contraddistingue ABS riguarda l’attenzione alle persone... Poniamo molta attenzione alle persone, per metterle nelle condizioni migliori di poter dare il massimo. E le piattaforme tecnologiche possono aiutare anche a raggiungere questo obiettivo. All’inizio dell’anno è iniziato un progetto per installare SuccessFactors, che sarà live a giugno: oltre alle anagrafiche, il primo modulo sarà quello della formazione. Poi c’è il tema della sicurezza sul lavoro, che a noi è molto molto caro. Abbiamo realizzato device wearable, indossati dai nostri dipendenti, che tramite appositi sensori sono in grado di rilevare se ci sono dei problemi: ad esempio se una persona cade, in caso di incidente, o se vengono rilevati dei gas, che a volte sono inodore ma pericolosissimi, viene generato un allarme. ABS fa parte del gruppo Danieli. Questo vi aiuta a essere innovativi? Il Gruppo Danieli rappresenta per noi una spinta fortissima per l’innovazione. Siamo un laboratorio di ricerca e uno showroom per il Gruppo. Succede che viene studiato con noi un nuovo impianto, e dopo due, tre, quattro anni di fine tuning viene venduto al nostro concorrente, magari a poca distanza. Questo ci obbliga a essere sempre un passo in avanti: possiamo usufruire delle migliori tecnologie al mondo per un periodo limitato, ma sappiamo che dopo queste passeranno al nostro concorrente.

Acciaierie Bertoli Safau: una storia che inizia nel 1800 ABS nasce nel 1988 dalla fusione di due acciaierie di lunga esperienza ed alta qualificazione, le “Officine Bertoli”, fondate nel 1813, e “Safau”, le cui origini risalgono al 1934. Oggi ABS rappresenta la divisione Steelmaking del gruppo Danieli, leader mondiale nella costruzione di impianti per l’industria siderurgica, che distribuisce il proprio acciaio di assoluta qualità in 41 Nazioni. La produzione è destinata all’industria automobilistica, mezzi pesanti, industria meccanica, energetica e petrolifera. Nel bilancio approvato a settembre 2014, i ricavi sono passati da 686,4 a 795,1 milioni di Euro, in crescita del 16 per cento rispetto al precedente esercizio. Il risultato netto di 28,2 milioni di Euro è più che raddoppiato. l numero dei dipendenti in forza al 30 giugno 2014 era di 1367 unità.

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Startup Boosting

MISSIONE

Giocare un ruolo sempre più attivo nello stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali in ambito digitale in Italia: è questo l’obiettivo che gli Osservatori Digital Innovation si pongono nella convinzione che ciò rappresenti un ingrediente fondamentale per il rilancio della nostra economia. Per questo motivo nasce il progetto Startup Boosting che intende identificare le idee di business e i progetti imprenditoriali più innovativi nei diversi settori digitali, che saranno supportati e seguiti nel loro sviluppo. CHI PUÒ PARTECIPARE

AMBITI DI APPLICAZIONE

Possono partecipare: • persone fisiche (singole o in gruppo) in possesso di un’idea di business fortemente innovativa; • aziende in fase di startup e con elevato potenziale di crescita; • imprese anche già avviate che abbiano sviluppato innovative idee di business.

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I candidati che supereranno il processo di valutazione: • saranno supportati nella messa a punto del progetto imprenditoriale, con l’obiettivo di accelerarne lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi di business; • avranno la possibilità di frequentare gratuitamente un percorso di alta formazione presso il MIP – la Business School del Politecnico di Milano – finalizzato ad accrescere le competenze e l’empowerment del gruppo imprenditoriale; • saranno supportati nella ricerca dei capitali di rischio necessari.

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• La partecipazione è gratuita. • Per iscriversi compilare il Form di registrazione sul sito www.startupboosting.com che include una breve descrizione del progetto imprenditoriale, in cui vengono messi in evidenza: prodotti/servizi innovativi erogati, mercato target, principali concorrenti, fatturato previsto e investimenti stimati (anche solo in modo approssimato). • Ogni mese vengono valutate le proposte pervenute.

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I N TE R V IS TA

Carlo Bozzoli

Tecnologia ed energia, i due volti dell’innovazione di Enel

Head of Global Information and Communication Technology ENEL

Il CIO Carlo Bozzoli, tornato all’ICT dopo un’esperienza di 6 anni nella Direzione Commerciale, racconta la riorganizzazione della sua Direzione e le sfide che lo attendono nei prossimi anni: «Come un navigatore GPS, il compito della Global ICT è aiutare il business a cogliere nuove opportunità, in tempi certi e con una velocità coerente»

Il Gruppo Enel ha recentemente vissuto una importante riorganizzazione interna, voluta dal nuovo Amministratore Delegato del Gruppo, Francesco Starace. È in questo contesto che, Carlo Bozzoli, che negli ultimi 6 anni ha lavorato alla Direzione commerciale di Enel Distribuzione Italia dopo un’esperienza di 9 anni nell’IT, è tornato all’”informatica” assumendo il ruolo di Head of Global ICT. In questi anni l’azienda ha assunto una forte caratterizzazione internazionale, e ciò ha comportato anche un nuovo assetto organizzativo dell’IT, funzionale al modello di business: le diverse aree di responabilità IT (demand, delivery e operations) sono state articolate a matrice, ossia da un lato per practice (strutturate come Direzioni globali) e dall’altro per le quattro geografie di riferimento (Italia, Spagna, Est Europa e America Latina). «La Direzione ICT è organizzata sulla base di questo modello, con decentramento dell’autonomia gestionale, in modo che i Manager abbiano una forte accountability geograficamente distribuita | 30 |

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su processi end to end», spiega Bozzoli, che aggiunge: «Abbiamo creato un’organizzazione molto semplice e ‘vicina’ al business, che consentirà di rispondere al meglio alle esigenze di business influendo positivamente sull’efficacia della catena di governo dell’IT e sul time to market. Il processo di cambiamento è stato recentemente completato e sta già dando i primi frutti, anche se prevediamo ancora di gestire un discreto change management nei prossimi mesi». Il Direttore della Global ICT di Enel paragona il compito del suo team a quello di un navigatore GPS che «aiuta il business a cogliere nuove opportunità, in tempi certi e con una velocità coerente». E per costruire quella che Bozzoli definisce «un’efficace customer intimacy con il business» la Global ICT ha tre obiettivi principali: «Migliorare la produttività delle persone e la loro connessione sia interna che esterna al Gruppo; incrementare efficacia ed efficienza nella gestione operativa dei nostri asset, dalla generazione


I NTE R V I S TA | T e c n o l o g ia e d e n e rg ia , i due vo lt i de l l’ in n ova z io n e di E nel

alle reti di distribuzione; sviluppare servizi innovativi per costruire un vantaggio competitivo sostenibile nei nuovi mercati e in quelli maturi». Il tutto usando la tecnologia per metterla al servizio dell’energia, il che significa confrontarsi con due mondi che per natura si evolvono di continuo e rapidamente. GLI OBIETTIVI PER IL FUTURO Le sfide principali per i prossimi tre anni della Global ICT sono la trasformazione delle Operations IT, la razionalizzazione del portafoglio applicativo, la Digital Transformation e il nuovo Modello di Servizio. La trasformazione delle operations IT, in particolare, è il primo importante pilastro su cui si fonderà l’azienda nei prossimi anni. «La strategia prevede la realizzazione di un modello ibrido che si apre alle soluzioni Cloud, consentendoci di trasformare parzialmente le operations in commodity con canoni meglio prevedibili e con maggiore possibilità di negoziazione: l’obiettivo principale è passare, nei prossimi 2-3 anni, da un modello delivery-oriented a un modello service-oriented», specifica il manager. A questo primo obiettivo si aggiunge la razionalizzazione del portafoglio applicativo, attualmente composto da circa 1.300 applicazioni, tramite l’omogeneizzazione dei processi e delle tecnologie, che faciliterà anche la suddetta trasformazione delle operations. Altro punto fondamentale è la Digital Transformation, «che per noi significa la digitalizzazione sia dei processi attraverso cui offriamo servizi al cliente finale sia dei nostri processi interni, basandoci sui principali trend tecnologici: Social, Mobile, Big Data e

Machine-to-machine». Determinante per il successo della nuova organizzazione la definizione del nuovo modello di servizio, che abilita ad una gestione ottimale dei servizi ICT basandosi sulle best practice di mercato. Dietro a una trasformazione così complessa cambia ovviamente anche l’ingaggio dei fornitori IT e delle terze parti, che richiede quindi un nuovo modello di Sourcing. «Stiamo rivedendo le modalità di gestione sia dei servizi sia dell’innovazione, per esempio attraverso progetti congiunti con università, incubatori e startup», conclude Bozzoli.

Enel, 61 milioni di utenti nel mondo Enel è una multinazionale dell’energia e uno dei principali operatori integrati globali nei settori dell’elettricità e del gas, con un particolare focus su Europa e America Latina. Il Gruppo opera in 32 Paesi su 4 continenti, produce energia attraverso una capacità installata netta di oltre 95 GW e distribuisce elettricità e gas su una rete di circa 1,9 milioni di chilometri. In Europa, Enel è la prima azienda elettrica in termini di reported EBITDA e, con 61 milioni di utenze nel mondo, il Gruppo registra la più ampia base di clienti rispetto ai suoi competitors europei (dati al 31 dicembre 2013). Quotata dal 1999 alla Borsa di Milano, Enel è la società italiana con il più alto numero di azionisti, 1,1 milioni tra retail e istituzionali. Il maggiore azionista di Enel è il Ministero dell’Economia e delle Finanze con il 25,5% del capitale. Nel 2013 Enel ha conseguito ricavi per circa 80,5 miliardi di euro; nel Gruppo lavorano circa 71.000 persone.

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I N TE R V IS TA di

Giorgio Fusari

intervista a

Il Digital Marketing di Prénatal pensa alle future mamme

Marco Metti

Customer Marketing & e-Commerce Manager Prénatal

La strategia del retailer punta sugli smartphone e su una comunicazione discreta ma rilevante per la clientela, utilizzando anche sms collegati a landing page e coupon digitali. Da tempo l’eCommerce affianca il canale di vendita fisico, con una stretta integrazione. L’esperienza raccontata da Marco Metti, Customer Marketing & e-Commerce manager della società

Il canale Mobile gioca un ruolo sempre più strategico anche in un’azienda come Prénatal, che ha la mission di soddisfare le esigenze di una tipologia di utenza con caratteristiche peculiari. In effetti, rispetto a mondi come la distribuzione alimentare o l’elettronica di consumo, in cui gli utenti hanno ampie esigenze d’acquisto e sono fidelizzabili lungo un periodo che può estendersi anche per svariati anni, Prénatal si rivolge a una clientela che tende a volatilizzarsi nel tempo. Così racconta Marco Metti, Customer Marketing & e-Commerce Manager della società, illustrando il percorso di evoluzione che il retailer sta compiendo. «I clienti a cui ci rivolgiamo sono le future mamme». Il picco di acquisti si verifica durante la gestazione, ma considerando anche la fase in cui il bimbo nasce e cresce, la finestra temporale complessiva in cui Prénatal ha la possibilità di vendere i propri prodotti ai clienti core target si estende al massimo entro 4-5 anni. Dopodiché, cessata l’esigenza di questi articoli, il negozio non viene più frequentato. | 32 |

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Di conseguenza, riuscire a raccogliere tutte le informazioni necessarie su quando, perché e come le gestanti comprano determinati prodotti è il principale punto di partenza per arrivare a esaudire le loro esigenze al meglio, agendo in modo mirato, evitando di arrivare all’ultimo momento, ma mostrandosi puntuali e, semmai, anticipando le richieste. Da questo punto di vista, lo smartphone permette a Prénatal di stabilire una relazione, una comunicazione col cliente più personalizzata. «Il Mobile è un’opportunità da cogliere. Focalizzando l’attenzione sulle clienti che hanno dai 27 ai 37 anni, e conoscendo l’impatto che su di loro ha la tecnologia, questo canale è particolarmente importante. Inoltre, la capacità di intensificare l’esperienza d’acquisto in negozio per noi è fondamentale, e qui le potenzialità dello smartphone sono molte. Ma per non rischiare di disperdersi, occorre essere rilevanti. Quindi cerchiamo di utilizzare il canale Mobile per fornire informazioni su prodotti o eventi importanti per le nostre future mamme, che sappiamo in


I NTE R V I S TA | Il Di g i ta l Ma rke t i n g di P ré n ata l p e n sa a l l e f ut ure m a mme

certi periodi hanno un’attenzione più spiccata per determinati acquisti o argomenti, rispetto ad altri». Si parla di ‘fashion news’, di robusta presenza nei social media, ma anche di modalità di approccio discreta, evitando di contattare le clienti in tutte le fasi della customer journey: «Cerchiamo di essere presenti al momento giusto, con l’offerta giusta: la contestualità delle comunicazioni è un elemento importante». Per attuare attività di CRM efficaci e sempre più contestuali, Prénatal ha lavorato soprattutto sui database ricavati dalle carte fedeltà, sfruttando la business intelligence per arrivare a una selezione accurata dei cluster di clienti, e alla fornitura di informazioni profilate. Da un sms al sito di eCommerce L’influenza sempre più intensa del fenomeno Mobile, e la continua emorragia di utenti dalle piattaforme PC verso questi dispositivi per un sempre maggior numero di operazioni online, da febbraio sta spingendo il retailer a trasformare anche la strategia di marketing basata sugli sms e le metodologie DEM (Direct Email Marketing). «Stiamo registrando un elevatissimo tasso di apertura delle DEM da tablet, e soprattutto da smartphone. Le DEM aperte su PC sono sempre meno». Prénatal ha quindi adattato la modalità di invio degli sms, inserendo al loro interno uno short link. Su mobile, infatti, la limitazione degli sms, che consentono di usare al massimo 160 caratteri, rende di fatto impossibile visualizzare messaggi elaborati, come un catalogo o un volantino, che possono essere di diverse pagine. Ma grazie alla presenza dello short link all’interno dell’sms, all’utente basta fare click sopra per essere reindirizzato verso una landing page in cui è caricato il catalogo o la promozione. Questi sono a loro volta cliccabili, e rimandano direttamente al sito di e-commerce, dove l’utente può effettuare l’acquisto. Ora Prénatal sta pensando all’ottimizzazione del sito web per il canale Mobile. Un’altra priorità è arrivare alla realizzazione e all’invio di DEM responsive, ossia messaggi in grado di adeguare e ottimizzare in automatico il loro formato e la visualizzazione delle informazioni in funzione del dispositivo su cui vengono aperti. In sostanza la tecnologia responsive è in grado di riconoscere il tipo di device (smartphone, tablet, phablet, PC, o quant’altro) e selezionare immediatamente la versione ideale del messaggio. Su smartphone è possibile anche scaricare coupon e buoni, che essendo identificati da un codice EAN possono poi essere riconosciuti e validati tramite lettura via scanner, una volta che ci si reca al punto cassa del negozio per utilizzarli.

Per quanto riguarda il sito di e-commerce, nato nel 2010, Metti ricorda che Prénatal è stato uno dei primi retailer tradizionali a volere con decisione e lungimiranza un sito di commercio elettronico da affiancare al canale di vendita tradizionale dei negozi. Oggi, tra le varie iniziative, in esso sono integrate modalità di acquisto sia di tipo ‘reserve & collect’, sia ‘pay & collect’. Nel primo caso, il cliente sul sito prenota solo i prodotti, che ritira e paga quando si reca al negozio. Nel secondo, l’utente acquista direttamente sul sito usando la carta di credito, poi passa nel punto vendita per prelevare la merce. In questo modo, conclude Metti, è possibile andare incontro a tutte le possibili esigenze e preferenze di pagamento.

«Cerchiamo di essere presenti al momento giusto, con l’offerta giusta: la contestualità delle comunicazioni è un elemento importante»

Prénatal, 350 negozi in 16 paesi Prénatal SpA è l’azienda leader in Italia nella distribuzione di prodotti per la futura mamma, il neonato e il bambino fino a otto anni. Dal primo negozio milanese aperto nel 1963, lo storico marchio per l’infanzia conta oggi 350 negozi in 16 Paesi. Con 50 megastore di oltre 1.000 metri quadrati, Prénatal si propone come “baby destination store”, un unico spazio dove poter trovare tutto ciò di cui la nuova mamma e il suo bambino hanno bisogno: un vasto assortimento di prodotti, dall’abbigliamento alla puericultura delle migliori marche specializzate, e tanti servizi (come la Lista Nascita, corsi ed eventi gratuiti). Con i suoi punti vendita Prénatal offre una shopping experience unica e coinvolgente. Non solo negozi, Prénatal è anche una community digitale con un portale e-commerce continuamente aggiornato e un’attiva presenza sui social network (Facebook, Youtube, Twitter e Pinterest) per comunicare con le clienti in modo immediato e favorire l’interazione con loro e tra loro.

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I N TE R V IS TA di

manuela gianni

Paolo Mondo

Maire Tecnimont, un progetto di innovazione nel Procurement per creare valore

Vice President Group Procurement Gruppo Maire Tecnimont

Il colosso dell’impiantistica ha deciso di adottare un tool di Supplier Relationship Management per la gestione dell’intero ciclo di acquisto. «Permetterà di ottenere massimo rigore e rapidità nel processo di gara, dagli allineamenti tecnici, alla negoziazione, alla selezione del fornitore. E i buyer sono chiamati a un ruolo sempre più proattivo, ingaggiando vendor e supply chain in anticipo rispetto al fabbisogno»

Una piattaforma digitale a supporto del processo di Procurement per creare valore attraverso una più efficiente ed efficace gestione delle relazioni con i fornitori. La sta implementando, con il supporto di BravoSolution, Maire Tecnimont, colosso dell’impiantistica attivo principalmente nell’industria degli idrocarburi che con oltre 4.300 dipendenti in circa 30 Paesi realizza complessi progetti a livello globale e che, come ci spiega Paolo Mondo, Vice President Group Procurement, ha deciso di puntare sull’innovazione per agevolare il lavoro dei propri buyer e operare in modo proattivo in un mercato dove la pressione competitiva è sempre più forte. Considerato il valore e la sofisticazione delle forniture gestite dalla società, la relazione con i fornitori è infatti un fattore chiave di competitività e “qualità” e va ben oltre gli aspetti puramente negoziali: qualificazione preliminare, monitoraggio delle performance, gestione dei contratti, analisi della spesa a consuntivo sono tutti aspetti che indiscutibilmente contri| 34 |

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buiscono al successo di un progetto e che impattano direttamente sull’EBITDA. Ingegner Mondo, qual è il ruolo del processo di Procurement in Maire Tecnimont? Per un’azienda che opera nel nostro settore, che sta oggi subendo una pressione competitiva molto elevata, non c’è funzione che sia in grado di creare più valore del Procurement. Basti pensare all’impatto che un punto percentuale di risparmio sulla spesa per Materiali e Appalti - che nel settore impiantistico rappresentano tra il 70% e il 90% dei ricavi - genera sull’EBITDA per ogni Miliardo di Euro di fatturato. Considerando anche solo due anni di realizzazione per un impianto, per ottenere lo stesso beneficio sui risultato aziendali (14 Milioni sul totale di due conti economici successivi) è necessario aggiudicarsi una gara del valore superiore a 100 Milioni con un margine di almeno il 14% ed escludendo ogni contingency. Da qui nasce la decisione di avviare un progetto


I NTE R V I S TA | M ai r e T e cni m ont, u n p ro g e tto di in n ova z io n e n e l P ro c ure m e n t p e r c re a re va l o r e

«Nel 2013 la società ha rivisto l’organizzazione e il processo di Procurement, introducendo un modello operativo a matrice focalizzato su due aree complementari: il progetto e il mercato della fornitura»

per rendere il processo più efficace, efficiente e integrato, attraverso l’adozione di un tool di Supplier Relationship Management per la gestione dell’intero ciclo di acquisto, coinvolgendo le diverse funzioni aziendali che hanno un ruolo nel processo. Che cosa acquistate principalmente? La voce di spesa più rilevante è rappresentata da macchinari e impianti ad alto contenuto tecnologico, come compressori, turbine, scambiatori, reattori, recipienti in pressione, forniti spesso da grandi gruppi internazionali specializzati nei vari ambiti, che producono in tutto il mondo. Acquistiamo poi impiantistica, strumentazione e componentistica elettrica - come trasformatori, quadri o cavi, sistemi di controllo -, e strutture e componentistica meccanica - come tubi, valvole, carpenteria -. Importante voce di costo sono poi gli appalti, tipicamente montaggi elettrici e meccanici e lavori civili e, infine, servizi di ingegneria e contratti di trasporto.

Come è organizzata la Funzione Procurement? Nel 2013, Maire Tecnimont ha rivisto l’organizzazione e il processo, introducendo un modello operativo a matrice focalizzato su due aree di presidio complementari: il progetto e il mercato della fornitura. Sulla dimensione di progetto opera il Project Procurement Management, allineato alle 4 linee di Business - Petrolchimica, Fertilizzanti, Oil & Gas e Power -, che ha l’obiettivo primario di coordinare tutta la struttura delle competenze del Procurement, dagli Acquisti alla Logistica all’Expediting e Collaudi, secondo i tempi di avanzamento del progetto, dalla fase di sviluppo commerciale e della proposta a quella esecutiva. Questi team - Acquisti, Logistica, Ispezione e Collaudi - rappresentano la dimensione di presidio del mercato della fornitura. In particolare i gruppi di acquisti sono chiamati non solo a gestire l’operatività ma anche e soprattutto a una attività di dise-

Un impianto di trattamento gas di recente completamento negli Emirati Arabi Uniti

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INTERVI STA | Mai r e T e cni m ont, u n pr oge tt o d i i n n ova z io n e n e l P ro c ure m e n t p e r c re a re va l o re

«Il ruolo e i compiti attesi dei buyer richiedono una crescita di professionalità, sia in termini di project management nel Procurement, sia di capacità di gestione delle categorie merceologiche e, soprattutto, della relazione con i fornitori»

gno e sviluppo strategico del mercato della fornitura attraverso un sourcing globale e la definizione di accordi quadro e partnership in anticipo rispetto ai progetti. A fianco di questo gruppo centralizzato, che opera dall’Italia e dall’India sul mercato globale, stiamo anche aprendo International Procurement Offices che operano in alcuni Paesi selezionati per sviluppare la conoscenza e il presidio dei mercati locali, e per supportare lo sviluppo commerciale della regione. Al momento abbiamo uffici negli Stati Uniti, a Houston, in Russia, a Mosca, e a breve anche in Egitto, al Cairo. Da dove nasce la decisione di utilizzare una piattaforma digitale a supporto del Procurement? Per rispondere alle sfide che il ruolo atteso dal Procurement è chiamato ad affrontare nel mutato contesto competitivo non è sufficiente adottare un nuovo modello di funzionamento. Per garantire il presidio sulle due dimensioni – progetto e mercato della fornitura –, il livello di conoscenza e la proattività attesa nell’anticipare analisi e qualifica, delineare strategie di mercato e sviluppare relazioni strategiche anche prima della fase di offerte è necessaria anche l’innovazione degli strumenti. Da qui nasce la decisione di adottare una piattaforma, che nelle nostre aspettative si qualifica anche come strumento per la crescita professionale e l’evoluzione del ruolo delle risorse. Dopo una valutazione molto rigorosa condotta insieme all’ IT sulla base sia delle caratteristiche funzionali sia di quelle tecnologiche, abbiamo selezionato la piattaforma di BravoSolution, che implementeremo in tutte le sue funzionalità: vendor management (inclusa qualifica dei fornitori), analisi della spesa, sourcing, contract management. BravoSolution ha inoltre dimostrato di avere un’ampia esperienza nell’implementazione di progetti complessi nel settore impiantistico e della produzione su commessa. Quali vantaggi vi aspettate? Innanzitutto, lo strumento consente la gestione flessibile ed efficiente del parco fornitori a partire | 36 |

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dalla fase di prequalifica fino alla valutazione delle loro performance nel corso della fornitura. Attraverso il portale aziendale, i fornitori potranno aggiornare in modo autonomo la propria anagrafica, le certificazioni e i dati economico finanziari. Cruciale è poi la gestione ordinata di tutta la contrattualistica, che consente efficacia in fase di esecuzione del contratto e supporta la standardizzazione e la rapidità di finalizzazione. Tutto questo aiuterà anche a creare una base di conoscenza condivisa, uno storico delle relazioni con i vendor, utile in particolare nelle fasi di on-boarding, oltre che nella valutazione delle performance e nelle attività di market intelligence. Sarà semplice e immediato sapere, ad esempio, a quali fornitori abbiamo assegnato determinati ordini, o quale volume di attività un vendor ha sviluppato, con quali prodotti e su quali progetti senza laboriose estrazioni dall’ERP aziendale. Il management e i buyer potranno avere immediatamente informazioni fruibili della propria attività. Inoltre, disporremo di uno strumento potente e veloce per le richieste di offerta e per le gare, incluse le aste online. L’uso della piattaforma permetterà di ottenere massimo rigore e rapidità nel processo di gara, dagli allineamenti tecnici, alla negoziazione, alla selezione del fornitore. Come cambierà il ruolo del buyer? Come accennato, il ruolo e i compiti attesi richiedono una crescita di professionalità, sia in termini di project management nel procurement, sia nella capacità di gestione delle categorie merceologiche sia, soprattutto, della relazione con i fornitori. I buyer sono chiamati a un ruolo sempre più proattivo, ingaggiando vendor e supply chain in anticipo rispetto al fabbisogno. Lo strumento è funzionale a tutto questo. Porterà inoltre a un incremento della conoscenza, grazie alla possibilità di condividere le informazioni attraverso tutte le funzioni aziendali, agevolando cosi la collaborazione nei processi decisionali.


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I N TE R V IS TA di

daniele lazzarin

Giovanni Monopoli Strategic Analysis & Financial Planning Manager QVC Italia

QVC, report “visual” per reagire ai trend di vendita in real time Un progetto per mettere a disposizione del top management e di diverse figure di business informazioni immediate dal punto di vista grafico, comunicativo e di tempistica. «Conosciamo la storia degli acquisti di tutti i clienti, e possiamo valutare il gradimento dei prodotti proposti mentre vanno in onda i nostri show in diretta: per questo per noi la business intelligence è ancora più cruciale che per un classico operatore di retail»

«QVC è un retailer molto speciale: rispetto a un operatore tradizionale che necessita delle carte fedeltà per legare gli acquisti ai clienti, noi conosciamo tutta la storia d’acquisto di ogni cliente, possiamo collegare ogni ordine a chi l’ha fatto e viceversa, e inoltre possiamo reagire in tempo reale alle performance di vendita durante i nostri show in diretta: per questo per noi la business intelligence, in termini di capacità di analisi dei dati e di tempistica ed efficacia nella presentazione dei report, è ancora più cruciale che per il retail classico». Così Giovanni Monopoli, Strategic Analysis & Financial Planning Manager di QVC Italia, inquadra la forte centralità delle attività di “conoscenza del cliente” nella sua azienda: «Il 95% del fatturato proviene da clienti consolidati, il nostro non è certo un modello di vendita “mordi e fuggi”». QVC Italia è una delle più interessanti storie di successo recenti nel nostro Paese, dove in meno di 5 anni (ha aperto le attività nell’ottobre 2010) ha già raggiunto 630 dipendenti grazie all’innovativo modello | 38 |

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di retail multimediale (attraverso 17 ore di diretta TV al giorno, ma anche tramite contact center di proprietà, streaming sul sito web e i social network) della multinazionale USA, declinato però con una forte autonomia locale nelle scelte strategiche, in particolare per i brand e prodotti da proporre. Un centro di eccellenza per l’analisi strategica In questo contesto, la funzione presieduta da Monopoli ha due aree di attività. Una è il classico financial planning, il controllo di gestione con budgeting e forecasting. «La strategic analysis invece supporta tutta l’attività di business in termini quantitativi (reporting, analisi e pianificazione): invece di distribuire analisti di business nelle varie funzioni aziendali, qui è stato creato un Centro d’eccellenza unico sull’analisi strategica». Come moltissime aziende, QVC Italia ha diversi si-


I NTE R V I S TA | QVC , re p o rt “v isua l” p e r re ag ire a i t re n d di v e n dita in re a l t i m e

stemi come fonti dei dati per la business intelligence, e qualche anno fa ha iniziato ad adottare le tecnologie di SAS per integrare le varie fonti, e creare metriche univoche e set di report: la tappa più recente di questo percorso è un progetto da poco iniziato e incentrato sulle soluzioni di Data Visualization del fornitore americano. «Quest’iniziativa nasce dalla necessità di automatizzare le fasi di aggiornamento dei dati e distribuzione dei report: vogliamo migliorare il processo precedente, in cui i dati sono importati in excel e aggiornati, e i report vengono inviati via email. La nuova soluzione infatti copre in automatico e rapidamente tutto il processo aggiornando i dati e presentando i report via web con visualizzazioni ricche e immediate dal punto di vista grafico e comunicativo: una caratteristica cruciale, tenuto conto che tra gli utenti finali ci sono top manager e figure di business». Il progetto è un’iniziativa di QVC Italia («ma anche in altre parti del gruppo si stanno valutando soluzioni “visual”), e ha visto l’interazione di funzioni e figure molto diverse: «Il mio team è stato lo sponsor di business, che ha richiesto e fortemente voluto questa soluzione, poi l’implementazione è stata gestita dal nostro dipartimento IT, coinvolgendo gli analisti di business come utenti che definiscono i report, e gli utenti finali, in tutto una cinquantina». Tra questi, continua Monopoli, ci sono, oltre appunto ad analisti e top management, i buyer, i planner, i coordinating producer e i supervisori del contact center. «I primi sono le figure che selezionano i prodotti e seguono gli accordi con i relativi fornitori, e necessitano di aggiornamenti sui risultati delle vendite e delle promozioni dei singoli brand e prodotti, e quindi report su dati giornalieri o orari». I planner invece selezionano quali prodotti mandare in onda nei vari show, e quindi necessitano di elaborazioni addirittura in tempo reale. «Le nostre trasmissioni sono in diretta, quindi è importante vedere mentre la vendita è in onda le reazioni dei clienti. Un’altra peculiarità del nostro business, rispetto al classico mondo del retail, è che noi possiamo reagire davvero in tempo reale: se vediamo che un prodotto non vende come previsto possiamo sostituirlo velocemente, dandogli meno minuti di visibilità del preventivato, oppure può accadere il contrario». Altro tipo di utente, continua Monopoli, è il coordinating producer, legato direttamente agli show, che coordina le strategie di vendita e quindi deve conoscere molto bene i profili dei clienti per decidere come presentare al meglio ogni prodotto. «E poi ci

70 milioni di euro investiti in Italia Fondata nel 1986 da Joseph Segel, QVC è il secondo canale USA per dimensioni, e propone un modello di retail multimediale per la vendita di prodotti incentrato sui tre principi che riproduce nello stesso nome (Quality, Value, Convenience) e sulla centralità del cliente. Dopo il successo negli USA, l’azienda ha iniziato a espandersi all’estero, in Inghilterra, Germania, Giappone, Italia e Cina; in Francia aprirà nel prossimo trimestre. Oggi ha nel mondo 17.500 dipendenti e serve 13,4 milioni di clienti, con un fatturato globale 2014 di circa 8,8 miliardi di dollari. In Italia QVC ha aperto nell’ottobre 2010, investendo nel lancio 65 milioni di euro (e altri 5 poi per il centro logistico aperto nel 2013 presso Piacenza), e ora ha 630 dipendenti. Trasmette su digitale terrestre, satellite (Sky e tivùsat) e web per 17 ore di diretta al giorno, 7 giorni su 7, 364 giorni all’anno dagli studi di Brugherio (MB) proponendo gioielli, moda e accessori, bellezza, casa, cucina, elettronica, di rinomati brand per circa la metà italiani (47%) e per il resto internazionali.

sono i supervisor di call center, che devono conoscere le situazioni dei singoli clienti per dar loro la migliore customer experience sia in termini di supporto durante l’acquisto che nel post vendita». «Ci aspettiamo un salto di qualità» Il progetto è ancora agli inizi: la soluzione è stata installata a fine gennaio, e in questo momento è in corso un’analisi completa di tutti i tipi di report prodotti dall’ottobre 2010, per definire una scala di priorità della migrazione sulla nuova soluzione, su cui comunque nel tempo QVC conta di portare quasi tutti i report. «Ci aspettiamo un salto di qualità nella fruizione della business intelligence nella nostra azienda. Per ora abbiamo già avuto modo di notare la facilità di creazione di nuovi report, e anche la velocità di reazione del sistema grazie alla tecnologia in-memory». Tra gli sviluppi in vista per il futuro, conclude Monopoli, c’è sicuramente l’estensione della data visualization ai dispositivi mobili («la piattaforma mobile che usiamo attualmente non è supportata, ma in prospettiva è certamente un discorso interessante»), e l’implementazione anche della parte di “data exploration” della soluzione: «Abbiamo iniziato a valutarla, è molto utile la possibilità di evidenziare molto velocemente tendenze inaspettate attraverso correlazioni tra variabili: si può avere una prima idea di un fenomeno in corso, da approfondire poi attraverso un’analisi più strutturata». www.ict4executive.it

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I N TE R V IS TA di

paola capoferro ronchetta

ING, l’empowerment delle persone parte dal sistema di Performance Management Per sviluppare, motivare e responsabilizzare le risorse umane, da gennaio è attivo un sistema basato su un approccio bottom-up: «È il dipendente ad avviare sia il processo di assegnazione degli obiettivi, sia quello di valutazione. La tecnologia ha avuto un ruolo cruciale, perché tutto il processo è gestito online e tutto è tracciato, in un’ottica di completa condivisione e con l’ulteriore beneficio di avere eliminato l’uso della carta»

ING Direct è sempre stata sinonimo di innovazione – sin dal suo approdo in Italia 15 anni fa - e questo aspetto continua ad essere parte integrante del suo DNA. La strategia di ING Group, uno dei più importanti gruppi bancari e assicurativi al mondo, in particolare parla fortemente di empowerment e punta a mettere il cliente al centro offrendogli gli strumenti per essere sempre un passo avanti nella vita e nel business. Ma per il Gruppo è fondamentale che tutto questo si rifletta anche al proprio interno: il concetto di empowerment è diventato quindi uno dei capisaldi anche quando si tratta della gestione dei 750 dipendenti italiani. Non è infatti un caso che per il terzo anno consecutivo ING Bank in Italia abbia ricevuto la certificazione Top Employer, che testimonia quanto un adeguato trasferimento della cultura aziendale sia in grado di creare una forte identità e senso di appartenenza delle persone, nonché un ambiente di lavoro stimolante e positivo. «Quello che ci aspettiamo dalle nostre persone è che | 40 |

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pensino fuori dagli schemi, guardando avanti, mantenendo sempre il cliente al centro: questo è un elemento di cultura aziendale, che deve essere riconoscibile in tutti coloro che lavorano da noi e che da’ un forte senso di identità», spiega Chiara Zuccalà, Head of Human Resources di ING Bank Italia. «Nel gruppo ING a livello globale, le politiche HR sono tutte orientate a favorire lo sviluppo del capitale umano come elemento chiave per raggiungere risultati di business eccellenti. Siamo fermamente convinti che questi non si raggiungono solo attraverso scelte commerciali aggressive o innovative, o attraverso i prodotti o la tecnologia, ma sicuramente attraverso le persone». E proprio con l’intento di sviluppare, motivare e responsabilizzare le risorse umane, dal primo gennaio 2015 è attivo in ING un nuovo sistema di Performance Management. «L’approccio del nuovo sistema è bottom-up: è infatti il collaboratore ad avviare sia il processo di assegnazione degli obiettivi, sia quello di valutazione a metà


I NTE R V I S TA | I NG, l’ e m pow e r m e n t de l l e p e rso n e pa rt e da l si st e ma di P e rf o rma n c e M a n ag e me nt

e a fine anno partendo dalla propria autovalutazione. Questo compito quindi non spetta più in prima battuta al capo», sottolinea Zuccalà. «L’obiettivo è chiaro: responsabilizzare il singolo individuo rispetto al contributo che può e che deve dare per raggiungere gli obiettivi della Banca tutta». Ogni dipendente ha obiettivi individuali o di team e più aree condividono gli stessi obiettivi: «Questo approccio favorisce molto l’allineamento all’interno dell’organizzazione verso una direzione chiara e comune. Inoltre stiamo lavorando all’introduzione di un nuovo modello di leadership comune a tutti all’interno del mondo ING, che punta su Responsabilità, Collaborazione e Coraggio di essere sempre un passo avanti. Anche questo è un elemento chiave per rafforzare la cultura di chi lavora in ING, a prescindere da quale sia il Paese o la business unit in cui opera». Il progetto di rinnovo del sistema di Performance Management rientra nel più ampio progetto di standardizzazione di processi e sistemi HR avviato dall’intero Gruppo ING, che punta ad avere una sempre più snella, efficiente ed omogenea customer experience nei cinque continenti, anche in virtù del fatto che c’è forte spinta alla mobilità interna delle persone. Per questo anche l’Italia sta adottando lo standard che allinea in tutti i Paesi le stesse tempistiche di processo, la stessa scala di valutazione e le stesse competenze di leadership. A sviluppare le linee guida del progetto sono state le funzioni HR e di Project Management locali, insieme alle analoghe strutture a livello Corporate. La tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale, perché tutto il processo è gestito online. «In questo processo tutto è tracciato, a partire dalle eventuali modifiche degli obiettivi laddove siano necessarie, fino ai feedback e gli scambi di vedute fra capo e collaboratore. Tutto in un’ottica di completa condivisione. Inoltre in questo modo siamo riusciti a eliminare completamente l’utilizzo della carta.» Essendo poi il sistema internet-based è possibile accedervi in maniera sicura anche quando si è fuori dalla propria sede in qualunque momento della giornata, anche da device mobili, utilizzando le proprie credenziali. «In questo modo si possono verificare i propri obiettivi con la massima flessibilità, che in accordo con la nostra politica di empowerment si traduce in una modalità self service molto esplicita». Una modalità che in fondo, continua Zuccalà, è la stessa con cui ING caratterizza anche il rapporto con i clienti, che interagiscono con la banca al 95% attraverso canali digitali, attraverso il sito e le App». «La stessa logica vale internamente: non deve essere necessario avere un’area HR che ti deve seguire passo passo nell’intero processo, ma questo deve essere semplice, lineare e ben supportato dalla tecnologia, al punto da permettere a ciascuno di completare i vari

Chiara Zuccalà Head of Human Resources di ING Bank Italia

passaggi in modo completamente autonomo». Questo ovviamente non significa che la funzione HR rinunci al suo ruolo di garante e “supervisore” del processo di Performance Management: «Il nostro compito – conclude Zuccalà - resta fondamentale: non semplicemente per monitorare lo stato di avanzamento lavori, ma soprattuto per concentrare la nostra attenzione sulla qualità degli obiettivi assegnati e sui risultati che questa politica produce».

ING, la cultura del digital e direct banking ING è un’istituzione finanziaria globale di origine olandese che offre prodotti bancari in più di 40 Paesi tra Europa, America del Nord, America Latina, Asia. Ha una base clienti di oltre 32 milioni di persone e impiega oltre 52.000 dipendenti. ING Bank è presente in Italia con le attività di Commercial Banking dal 1979 e di Retail Banking dal 2001. A livello globale la divisione Commercial Banking di ING è leader nella finanza specializzata e nei mercati finanziari. Fornisce servizi a imprese di grande dimensioni, multinazionali, istituzioni finanziarie, organizzazioni governative e sovra-governative. La divisione di Retail Banking, nota con il marchio ING DIRECT, è la prima banca on line per numero di clienti sia a livello Europa che Italia, dove conta su 1 milione di clienti e un volume di attività di oltre 20 miliardi di euro. Offre una gamma mirata di prodotti bancari semplici, trasparenti e a condizioni economiche competitive, soddisfando le principali esigenze di finanza personale di famiglie e risparmiatori. Opera sia attraverso canali digitali, web e mobile, dove si svolge il 95% dell’operatività della clientela, sia attraverso filiali di nuova generazione in aree mirate sul territorio nazionale. Grazie al modello “self-first, advice when needed”, ING DIRECT ha contribuito nel corso degli anni allo sviluppo di una più solida cultura del digital e direct banking in Italia e allo sviluppo di un mercato bancario più dinamico e attento alle reali esigenze dei risparmiatori. www.ict4executive.it

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Speciale “fatturazione elettronica verso la PA”

di

Paolo Catti

school of management politecnico di milano

Fattura Elettronica alla PA: i benefici per le imprese La nuova procedura, obbligatoria dal 31 marzo, consentirà ai fornitori di avere certezza che gli Enti abbiano ricevuto le fatture e permetterà di calcolare i tempi di pagamento a partire da una data certa. Interessanti sviluppi si prevedono anche sul fronte B2b: molte imprese potrebbero scoprirsi in grado di inviare anche tutte le loro fatture attive nel formato strutturato, risparmiando tempi e costi del processo

La Fatturazione Elettronica è una delle colonne dell’Agenda Digitale Italiana. È un’innovazione dalle molteplici implicazioni. È una grande opportunità, per imprese e Pubbliche Amministrazioni italiane. È un’occasione di crescita per l’intero Sistema Paese. E nel 2014, la Fatturazione Elettronica ha anche superato il suo primo grande “esame”: dal 6 giugno è già diventato obbligatorio, per tutti i fornitori, inviare Fatture Elettroniche agli Enti della PA Centrale. DAL 31 MARZO BENEFICI IMMEDIATI E PIÙ A LUNGO TERMINE Il quadro normativo si è andato ulteriormente completando. Ne è un efficace esempio la pubblicazione di alcune risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate a seguito dell’emanazione del Decreto Ministeriale del 17 giugno 2014 in tema di Conservazione Digitale “Modalità di archiviazione documentale a fini fiscali” - obbligata nel caso di Fatturazione verso la | 42 |

PA e decisamente raccomandabile in generale come sostitutiva degli archivi fiscali, per via dei risparmi che può portare. Attraverso queste risoluzioni sono stati chiariti definitivamente alcuni aspetti legati alla modalità di assolvimento dell’imposta di bollo per il periodo transitorio e all’eliminazione dell’obbligo di invio all’Agenzia delle Entrate dell’impronta dell’archivio informatico già conservato. Sempre in tema di Conservazione, è stato pubblicato anche l’elenco ufficiale dei Conservatori Accreditati da AgID: tra questi, le PA potranno scegliere i fornitori cui affidarsi per il servizio di Conservazione Digitale. In questo percorso, siamo ormai prossimi a un’altra data “epocale” nella rivoluzione digitale che il nostro Paese sta lentamente ma inesorabilmente affrontando: il 31 marzo di quest’anno scatta l’obbligo di Fatturazione Elettronica verso tutti gli Enti della PA italiana, che si estenderà anche a tutti i Comuni, alle Province, alle Regioni, alle Università, agli Enti della Sanità ecc. Peraltro, lo scorso 9 marzo è stata pub-


Speciale “fatturazione elettronica verso la PA”

blicata una Circolare interpretativa del Dipartimento delle Finanze che ha definito, con maggiore chiarezza, il “perimetro” delle Amministrazioni coinvolte dall’obbligo di Fatturazione Elettronica. Proprio al fine di supportare le PA in questo percorso di cambiamento e per aiutarle ad arrivare “preparate” a questa importante scadenza, l’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione ha sviluppato – in collaborazione con AgID, Forum italiano Fatturazione Elettronica e eProcurement e Forum PA – il Quaderno del Fare … BENE Fatturazione Elettronica nelle PA. Un compendio sintetico, ma completo, di “istruzioni per l’uso” pensato per le PA che guardano alla Fatturazione Elettronica come a un’occasione per recuperare produttività e crescere in efficacia, permettendo di andare a concentrare le (sempre poche) risorse a disposizione dove veramente servono. Il cambiamento riguarda profondamente la PA, tuttavia l’obbligo di Fatturazione Elettronica ricade sulle imprese. Tutti i fornitori che fatturano alla Pubblica Amministrazione devono dotarsi di sistemi, servizi o soluzioni per comporre una fattura in formato elettronico strutturato (XML Tracciato FatturaPA), firmarla digitalmente, inviarla al Sistema di Interscambio (il nodo centrale che riceve e smista le fatture dirette a ogni PA) e provvedere alla conservazione esclusivamente in modalità digitale. Adottare questa procedura, in modo consapevole, per i fornitori significherà anche ottenere non pochi benefici. In primo luogo, i fornitori riceveranno le notifiche sull’esito dell’emissione, da cui deriva la certezza che la PA abbia ricevuto o meno la fattura (oggi questa certezza non c’è). Nel caso la fattura consegnata non presenti errori nei suoi contenuti, i fornitori hanno piena certezza sulla data a partire dalla quale si possono calcolare i tempi di pagamento della PA (oggi, questa data è per lo meno aleatoria). Una volta

cinque fasi per un ciclo dell’ordine digitale Con la seconda scadenza dell’obbligo per la Fatturazione Elettronica si aprono interessanti prospettive, soprattutto dal punto di
vista dell’evoluzione digitale in Italia. Evoluzione che, secondo l’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione del Politecnico di Milano, può seguire un percorso logico in cinque “passi” che coinvolgono la PA, le imprese e – più in generale – l’intero Sistema Paese: 1. dal semplice “fare” Fatturazione Elettronica al “fare bene” Fatturazione Elettronica, sia dal punto di vista delle PA sia da quello dei loro fornitori, per massimizzare il beneficio raggiungibile; 
 2. dal “fare bene” Fatturazione Elettronica all’integrare la fase di Fatturazione con quella di Pagamento, per ridurre i tempi e/o abilitare modelli efficaci per l’accesso al credito; 
 3. dall’integrazione Fatturazione-Pagamento alla copertura più ampia di tutto il ciclo dell’ordine, per estendere le opportunità della Digitalizzazione all’intero processo di relazione clientefornitore; 
 4. dalla copertura dell’intero ciclo dell’ordine all’utilizzo della Fatturazione Elettronica come strumento di semplificazione per abbattere i costi della burocrazia che gravano sulle imprese (per esempio, legati a comunicazioni e adempimenti); 
 5. dalla semplificazione burocratica all’apertura culturale verso nuovi modelli organizzativi e nuovi modi di lavorare abilitati dall’adozione delle tecnologie digitali, per rendere sempre più concreti e infrastrutturali i propositi dell’Agenda Digitale Italiana. Tutto questo ovviamente avrà delle ripercussioni da un lato sui processi delle imprese - che devono adottare un nuovo modello per emettere e archiviare le fatture – dall’altro sulle PA, che devono gestirne la ricezione, la verifica e la conservazione.

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Speciale “fatturazione elettronica verso la PA” scaduti i termini di pagamento, inoltre, se la fattura risulta approvata, sarà possibile richiedere la certificazione del credito e successivamente smobilizzarlo attraverso servizi bancari, per via dell’integrazione tra il Sistema di Interscambio e la Piattaforma per la Certificazione dei Crediti (finora, scaduti i tempi di pagamento, si comincia a contare i giorni che passano, sperando che siano pochi). L’aver inviato la Fattura Elettronica alla PA, potrebbe anche stimolare una ragionevolissima “epifania digitale”: molte imprese potrebbero scoprirsi in grado di inviare fatture in formato elettronico strutturato e potrebbero quindi valutare l’opportunità di farlo per tutte le loro fatture attive, non solo quelle dirette alla PA. Risultato? Che in ingresso, lato passivo, molte imprese si troverebbero a ricevere, con frequenza potenzialmente crescente e volumi sempre più ampi, fatture in formato elettronico strutturato. Beneficio? Lo stesso – potenziale – che hanno tutte le PA: dotarsi di quanto occorre per integrare le fatture nei rispettivi Sistemi, evitando così le lungaggini della digitazione a sistema o, peggio ancora, della gestione cartacea delle approvazioni al pagamento o dell’archiviazione del cartaceo. Questo

fenomeno potrebbe contribuire ad aumentare la gestione elettronica del ciclo passivo, consentendo alle imprese più “smart” e pronte di risparmiare non pochi tempi e costi del processo. Qualche esempio di imprese che attorno al tracciato FatturaPA stanno già rivedendo i processi lato attivo ma anche passivo, in previsione di quanto accadrà il 31 marzo, già ci sono: citiamo A2a, Enel, Ferservizi e Telecom Italia. La speranza è che questa opportunità possa essere compresa e quindi colta da un numero crescente di imprese. E proprio sul fronte della Fatturazione B2b, sempre quest’anno, il quadro normativo potrebbe anche presentare ulteriori sviluppi. Nella Delega Fiscale, il documento con cui “il Parlamento rimanda al Governo il compito di intervenire sul sistema fiscale per renderlo equo, trasparente e orientato alla crescita”, l’articolo 9 spinge verso la semplificazione fiscale attraverso lo stimolo all’estensione della Fatturazione Elettronica nei rapporti tra imprese (appunto, la “Fattura B2b”). L’opportunità per le imprese, in questo caso, sarebbe legata anche all’incentivo per stimolare la diffusione delle Fatture B2b: la riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti.

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u Regioni e Province autonome u Province u Comuni, Comunità Montane, unioni di Comuni e loro consorzi e associazioni u Università e Istituti di Istruzione Universitaria Pubblici

u Aziende Sanitarie Locali, Aziende Ospedalieri, Policlinici, Agenzie Regionali Sanitarie, ecc. u Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura e Unioni regionali u Altre PA locali (Agenzie ed Enti regionali, ecc)

u Organi costituzionali e di rilievo costituzionale u Enti pubblici nazionali non economici (AIFA, AgID, ecc.) u Società in conto economico consolidato (Anas, Equitalia, ecc) u Enti e Istituzioni di ricerca pubblici (ASI, CNR, ecc)

u Federazioni nazionali, Ordini, Collegi e Consigli professionali u Autorità amministrative indipendenti (AGCOM, AEEG, ecc.) u Altre PA (Enti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali, Istituti Zooprofilattici Sperimentali, Automobile Club Italia)

u Ministeri (compresi uffici, unità organizzative locali e Istituti di Istruzione), Presidenza del Consiglio dei Ministri e Avvocatura dello Stato u Agenzie Fiscali u Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza Sociale (INPS, INAIL, ecc) u Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare

u 3 Agenzie Fiscali u 22 Enti di Previdenza u 13 Ministeri u ~ 9.000 Istituti di Istruzione Statale Comprese le unità organizzative locali afferenti ai Ministeri (es. Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco)

~ 10.600

~ 1.650

~ 9.050

Fonte: Politecnico di Milano

6 giugno 2014

31 marz0 2015

LE SCADENZE PER L’OBBLIGO DI FATTURAZIONE ELETTRONICA VERSO LA PA E I 21.300 ENTI COINVOLTI


Speciale “fatturazione elettronica verso la PA”

Invoice Xchange, una piattaforma integrata per gestire, via web, il processo di fatturazione elettronica

Dall’entrata in vigore del nuovo obbligo di fattura elettronica PA, lo scorso 6 giugno, sono state inviate circa 2 milioni di fatture elettroniche. Si stima che nel 2015, quando l’obbligo sarà esteso a tutte le PA locali, il numero di fatture elettroniche inviate alla Pubblica Amministrazione raggiungerà i 60 milioni. «L’obbligo rappresenta una delle più importanti rivoluzioni nei rapporti tra Pubblica Amministrazione e fornitori degli ultimi anni - afferma Claudio Vigasio, Presidente di Able Tech -. Grazie a soluzioni come Invoice Xchange (IX) di ARXivar, la piattaforma di Document & Process Management di Able Tech, è possibile gestire i nuovi rapporti con la PA in modo semplice, integrato e sicuro». Invoice Xchange (IX) di ARXivar è stata ideata per fornire un servizio che permetta di gestire con un’unica piattaforma il processo di creazione, firma, trasmissione e conservazione delle fatture elettroniche. A differenza di altre soluzioni per l’invio delle Fatture PA, il servizio IX di ARXivar mette a disposizione delle aziende un portale Web personalizzato che acquisisce i documenti fattura da diverse fonti. Può interfacciarsi con il gestionale, recuperare i documenti direttamente da una semplice cartella del PC, o prevedere il caricamento manuale di ogni singola fattura. Per permettere la creazione delle fatture nel nuovo formato XMLPA il servizio Invoice Xchange offre una vasta gamma di soluzioni. Se l’utente non dispone di un software gestionale per creare le sue fatture può ad esempio utilizzare il software XML Creator, scaricabile gratuitamente dal sito https://ix.arxivar.it/ che permette di inserire manualmente i dati fattura in campi predefiniti e creare un file

attraverso un portale Web personalizzabile, è possibile acquisire i documenti da diverse fonti, come il gestionale o una semplice cartella del PC. È previsto anche il caricamento manuale

Claudio Vigasio Presidente Able Tech

XML. Se l’utente ha un gestionale che però produce solo fatture in PDF, il servizio Invoice Xchange può trasformarle in un file XML. Il servizio si occuperà anche di verificare, completare il file con le informazioni del soggetto trasmittente, far firmare le fatture mediante un servizio di firma remota e inviarlo al Sistema di Interscambio (SDI). Dal portale sarà possibile controllare in ogni momento l’effettiva consegna della fattura alla Pubblica Amministrazione e consultare tutte le notifiche provenienti dal Sistema d’Interscambio e dalla PA. Le funzionalità del portale IX non finiscono qui. Grazie al servizio IX-C.E. per la conservazione elettronica, è possibile assicurare la conservazione a norma delle fatture sia in house che in outsourcing. Entro 24 ore dall’invio della fattura al SdI, IX-C.E assicurerà la conservazione elettronica delle fatture trasmesse. Sicurezza, facilità d’uso e di adattamento ma soprattutto mobilità. Il Portale IX permette, infatti, di ricercare e consultare le fatture emesse, corredate dai messaggi e dalle notifiche del SdI, non solo dal computer aziendale, ma da qualsiasi device mobile. L’interfaccia responsive si adatta a qualsiasi schermo rendendo la navigazione e la ricerca facile e su misura allo schermo del device utilizzato.

p er u lt er i o r i i n f o r m a zioni...

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Speciale “fatturazione elettronica verso la PA”

Fattura elettronica obbligatoria: il ruolo dell’Industria Finanziaria

Il processo di ammodernamento della Pubblica Amministrazione ha raggiunto un altro importante traguardo: l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti degli Enti e delle PA locali. Si ricorda infatti che, in applicazione delle disposizioni normative della Legge Finanziaria del 2008 in tema di fatturazione elettronica, i due successivi decreti attuativi ne avevano definito modalità e tempi di applicazione, con un coinvolgimento graduale di tutte le Amministrazioni ed Enti Pubblici. Dopo le PA Centrali, nei confronti delle quali l’obbligo di fatturazione elettronica è ormai in vigore dallo scorso 6 giugno 2014, è ora la volta di quelle locali, per le quali invece lo sarà a partire dal 31 marzo. Sino ad oggi, con il coinvolgimento delle sole PA Centrali, il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate ha già ricevuto e trasmesso oltre 2,2 milioni di fatture elettroniche, senza evidenziare significativi problemi tecnici, con una percentuale di fatture scartate (pari a circa il 16%, nel mese di gennaio) dovuta prevalentemente a errori formali nella predisposizione dei documenti. Cosa che dimostra che inviare e gestire una fattura elettronica non è un processo complesso anche se necessita sicuramente di un adattamento iniziale da parte degli operatori e della PA. «L’Industria Finanziaria e il Consorzio CBI, da sempre impegnato sul fronte della fatturazione elettronica e presente ai principali tavoli di lavoro nazionali e internazionali sul tema, sono pronti ad affrontare questa sfida e lo sono già da tempo», sottolinea Liliana Fratini Passi, Direttore Generale del Consorzio CBI. «Già da dicembre 2013 - continua la Fratini Passi - è in-

p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...

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si conferma l’impegno del consorzio CBI nel percorso di innovazione del paese. Già da dicembre 2013 è disponibile la funzione “Fattura PA”, che consente a ciascun Istituto Finanziario Consorziato di colloquiare con il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate

Liliana Fratini Passi Direttore Generale Consorzio CBI

fatti disponibile la funzione CBI “Fattura PA” realizzata dal Consorzio CBI per consentire a ciascun Istituto Finanziario Consorziato di colloquiare con il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate per l’invio di Fatture Elettroniche per conto dei propri clienti aziende creditrici e la ricezione di fatture elettroniche per conto delle proprie clienti Pubbliche Amministrazioni debitrici». «In funzione della propria offerta commerciale, inoltre, gli Istituti Finanziari possono abbinare alla veicolazione della fattura ulteriori servizi finanziari a valore aggiunto, quali anticipi fatture, generazione e riconciliazione dei pagamenti, certificazione crediti e ancora altro». Ciò a conferma dell’impegno che l’Industria Finanziaria sta mettendo in campo per contribuire in maniera fattiva alla modernizzazione e all’efficientamento dell’intero Sistema Paese. «Con questo ulteriore passaggio - afferma la Fratini Passi - i numeri e i volumi sulla fattura elettronica sono sicuramente destinati a crescere in modo notevole. Il prossimo passo si auspica possa essere quello di un’adozione diffusa della fattura elettronica anche nel mercato B2B, fungendo da volano per i processi di dematerializzazione e digitalizzazione dell’intero ciclo ordine, fatturazione e pagamento».


Speciale “fatturazione elettronica verso la pa”

Digitalizzazione dei processi o dei documenti?

La trasformazione in corso del mercato, ma soprattutto dell’approccio alle informazioni degli “umani”, oggi impone di affrontare il tema della digitalizzazione partendo dai processi piuttosto che dai documenti, agendo su: organizzazione, comportamenti, tempi e stili di gestione. «Siamo tutti singolarmente coinvolti in un’accelerazione digitale senza precedenti, ma le imprese non stanno cogliendo a pieno il cambiamento in atto adeguando i loro processi operativi. Hanno fatto step “abbordabili” cogliendo benefici tattici su EDI, GED, home banking, per arrivare a PEC e fatture in pdf», afferma Piergiorgio Licciardello, Business Developer di Di.tech, azienda leader nei sistemi informativi e nella consulenza strategica ed operativa per la distribuzione, i produttori di beni di largo consumo e gli operatori logistici. Se prendiamo ad esempio l’EDI, spiega il manager, rileviamo una buona diffusione della fatturazione e del ciclo ordini e conferme; viceversa, «per i documenti di consegna (DesAdv e RecAdv, nel linguaggio della GDO) dopo anni siamo ancora al “palo”. Il fornitore è poco motivato a sostenere costi per aggiornare i propri sistemi e affiancare i documenti digitali a quelli cartacei nella fase di transizione. Il suo processo migliorerebbe sensibilmente con il ricevimento del RecAdv». Per il distributore, invece, il valore dal DesAdv è oggi quasi teorico, perché i suoi processi di ricevimento merce sono disegnati a partire dalla carta (DDT ed etichette logistiche), quindi l’utilizzo del documento digitale produce benefici limitati se non irrigidimenti. Chi ha ridisegnato i propri processi di ricevimento contando sulla disponibilità del DesAdv ne ha tratto grandi benefici in efficienza e qualità dell’informazione: è il caso ad

le imprese italiane, in particolare quelle del largo consumo, finora non hanno saputo adeguare i processi operativi per cogliere a pieno i vantaggi della dematerializzazione: sono state fatte solo scelte tattiche e limitate. l’obbligo di fatturazione elettronica va letto come uno stimolo ad agire

Piergiorgio Licciardello Business Developer Di.tech

esempio di Conad per le piattaforme freschi. Le normative sul DDT e sul diritto del trasporto, presentate spesso come un vincolo, sono più un alibi per non affrontare il cambiamento che un vero limite», prosegue Licciardello. Se invece parliamo di fatturazione, l’articolo 62 ha introdotto de-facto l’obbligo di trasmissione elettronica tracciabile delle fatture tra produttori e distributori. La scelta più semplice per molti è stata la trasmissione via PEC: certezza di consegna e riduzione dei costi postali. «In realtà ha creato costi aggiuntivi in software, il PEC Manager, e confusione nell’operatività. Nelle affollate caselle PEC arrivano documenti PDF che ai fini del trattamento vengono stampati. Anche dove è già presente l’archiviazione documentale spesso non ci si risparmia neppure la successiva scansione, perché il documento archiviato “deve” riportare timbri, firme, note ecc.. Non aver scelto la fatturazione EDI è un’occasione persa per tutti». Una volta tanto, dunque, lo Stato è stato rapido e concreto. Siamo cittadini contenti almeno per questo? «Ovviamente no - conclude il manager-. Molte imprese vivono questa innovazione come l’ennesimo lacciuolo anziché accoglierla come stimolo a fare lo stesso nella propria impresa. Quante aziende retail della GDO ad esempio hanno piani per digitalizzare sia i DDT che le fatture agli affiliati?».

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Speciale “fatturazione elettronica verso la PA”

L’arte di tradurre le fatture elettroniche delle multinazionali nella “lingua” della PA

La fatturazione elettronica in Italia sta compiendo il salto decisivo verso la diffusione sistematica, grazie soprattutto alle scadenze imposte dalla normativa, tra cui, proprio in questi giorni, l’estensione dell’obbligo di fatturazione digitale anche verso gli enti locali della PA. Il numero di realtà che propongono soluzioni software e servizi in questo campo sta quindi crescendo, e diventa sempre più difficile per ciascuno far emergere la propria offerta. Un aiuto viene dalla vasta gamma di problemi specifici che le aziende utenti si trovano a dover affrontare nel passaggio alla fatturazione digitale. Fornire una soluzione efficace per una di queste è un ottimo modo per differenziarsi, e su questo scommette Ifin Sistemi con alcune caratteristiche peculiari della sua suite Invoice Channel. Un esempio è il modulo Ifin Translator, che risponde a una tipica criticità creatasi con la normativa di fatturazione elettronica obbligatoria verso la PA. Questa infatti impone che la fattura sia un file XML con requisiti ben precisi: è l’unico formato accettato dal Sistema di Interscambio di Sogei, a sua volta l’unico strumento verso il quale si possono inoltrare le fatture verso gli enti pubblici. Il sistema fatturante del fornitore deve perciò produrre la fattura per la PA in tale formato, ma cosa accade se non è in grado di farlo? Come far dialogare sistemi che non parlano la stessa “lingua”? È qui che interviene Ifin Translator, che “traduce” qualsi-

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La legge impone di inviare le note digitali agli enti pubblici in un preciso formato XML, ma molte realtà non possono adattare i propri sistemi fatturanti. Per questo Ifin Sistemi propone Ifin Translator, «ideale anche per centri servizi, studi professionali, “postalizzatori”, banche e assicurazioni»

Leonardo Anselmi Project Manager Ifin Sistemi

Giovanni Maria Martingano Amministratore Ifin Sistemi

asi formato di fattura in quello standard accettato da Sogei. 10mila fatture tradotte in 6 mesi «È un problema molto diffuso in Italia, un tipico caso è quello delle filiali locali di multinazionali estere che emettono fatture nel formato del sistema informativo centrale della casa madre, tipicamente implementato e gestito negli Stati Uniti piuttosto che in Germania, Regno Unito o addirittura India – spiega Leonardo Anselmi, Project Manager Ifin Sistemi –. Da una parte per avere a che fare con


Speciale “fatturazione elettronica verso la PA” la PA italiana ormai l’XML per il sistema di Sogei è l’unica strada, dall’altro adattare il sistema fatturante può richiedere un intervento anche di 50 o 100mila euro, e spesso la multinazionale in Italia non ha un business verso la PA così importante da giustificare un investimento del genere». Ifin Translator, continua Anselmi, è in grado di tradurre nell’XML di Sogei una vasta gamma di input, per esempio spool di stampa, testi, estrazioni di database, formati EDI e PDF. «Ma “tradurre” non è sufficiente: il modulo compie un vero processo, effettuando una serie di controlli di coerenza e correttezza dei dati e di sequenzialità delle fatture, integrando il file con altri eventuali dati necessari, che preleva da apposite librerie e dizionari, aggiungendo dove è richiesto anche allegati, e quindi inviando il tutto al Sistema Sogei». L’intero processo è tracciabile in ogni dettaglio, e gestibile attraverso un’interfaccia semplice per l’utente, e un ciclo automatico che può processare grandi volumi in modo massivo. «Un nostro cliente ad esempio nei primi sei mesi di fatturazione digitale alla PA ha tradotto 10 mila fatture». Oltre alle filiali di multinazionali, sottolinea Anselmi, Ifin Translator è molto utilizzato per esempio dai centri servizi, che emettono fatture per conto di aziende di tutte le dimensioni, dalla multinazionale alla piccola realtà che per motivi economici o di complessità tecnologica non vuole adattare il suo gestionale solo per mandare poche fatture all’anno a Sogei. «Ma è molto apprezzato anche da studi di professionisti, e da “postalizzatori”, che vedono nella fatturazione elettronica conto terzi verso la PA l’evoluzione del loro lavoro classico di stampa e invio delle fatture. E anche da realtà bancarie e assicurative, che a tendere sono interessate a workflow ancora più integrati – che arrivino a gestire anche le fasi di pagamento e incasso –, ma che in questo modo cominciano a fornire ai loro clienti il servizio di fatturazione elettronica». conservazione, la certificazione di Agid Al di là del modulo Ifin Translator, aggiunge Giovanni Maria Martingano, Amministratore di Ifin Sistemi, «in generale la suite Invoice Channel è stata sviluppata con due linee guida principali: l’estrema facilità d’uso per l’utente finale, e la completezza, cioè la capacità di coprire in tutti i tipi di scenari l’intero ciclo della fatturazione elettronica, fino anche alla conservazione digitale a norma, grazie all’integrazione nativa con l’altro nostro prodotto Legal Archive, per cui abbiamo tra l’altro appena ottenuto l’accreditamento come conservatore certificato presso AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale». Per esempio è possibile trasmettere automaticamente in volumi massivi le fatture direttamente dal sistema fatturante al sistema Sogei, oppure ovviamente tradurle come spiegato in precedenza, o ancora compilarle o modificarle a mano, con un’interfaccia di gestione, o caricarle via web da XML. Il sistema permette poi di effettuare controlli capillari sulle fatture, notifi-

care cambi di stato e riscontri dal Sistema di Interscambio, e integrare fasi e attività per automatizzare ulteriormente i processi. «Per esempio la fase di firma digitale e l’invio verso Sogei sono integrati con retry automatici. Se ci sono difficoltà nella firma o nella trasmissione, il sistema ritenta un numero importante di volte senza allertare l’operatore: lo fa solo quando veramente ce n’è motivo». «l’idea è semplificare la vita al reparto amministrativo» Tutto viene tracciato in automatico, le fasi della fattura, e le notifiche collegate, fino al versamento, quando la fattura viene messa nello stato “conservato”, e si possono ottenere statistiche su fatture, loro stati, spedizioni, notifiche e tutto ciò che concerne il processo. L’utente può filtrare in modo molto rapido per stato, tipo documento, metadati, visualizzando la fattura in un modo più semplice rispetto all’accesso diretto al file XML. «Abbiamo pensato anche alla PA, sviluppando anche tutta la parte passiva della fatturazione elettronica dal punto di vista dell’ente pubblico che riceve la fattura, ma tornando ai fornitori della PA abbiamo cercato di andare incontro anche a realtà con sistemi fatturanti molto complessi e pesanti – conclude Martingano -. L’idea è semplificare la vita al reparto amministrativo, anche grazie al lavoro che facciamo prima di iniziare a lavorare alla configurazione del software: abbiamo sempre puntato fortemente sull’approccio “sartoriale” alle esigenze del cliente, che si esprime in molti modi, dall’analisi di fattibilità, al project management, alla competenza delle persone che mettiamo in campo».

Ifin Sistemi, 2500 clienti nel mondo della dematerializzazione Fondato nel 1981, il gruppo Ifin ha sede a Padova ed è specializzato nella gestione documentale nel senso più lato. Negli anni ha costituito un ampio portafoglio di soluzioni dall’archiviazione al content management, dalla conservazione digitale alla fatturazione elettronica, e oggi è uno dei principali player nel mondo della dematerializzazione, con oltre 2500 clienti nei settori automotive, commercio, industria, bancario, assicurazioni, sanità, PA e servizi. All’interno del gruppo operano Ifin Sistemi, che fornisce soluzioni di Document Management, fatturazione elettronica e conservazione digitale ad aziende private e pubbliche; Ifin Med, che offre soluzioni di gestione documentale e conservazione digitale per il mondo clinico/sanitario; e IfinConsulting, che eroga servizi di consulenza normativa e formazione.

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josh, una risposta complessiva alle esigenze di digitalizzazione

La fattura elettronica è solo una componente di una più ampia rivoluzione digitale che interessa in prima persona la PA ma coinvolge pesantemente anche le imprese, che subiscono un obbligo, e devono dotarsi di sistemi per la produzione e invio della fattura e per la sua archiviazione e conservazione. Emettere fatture elettroniche alla PA comporta la loro conservazione digitale, con nuove regole tecniche non dissimili da quelle applicabili per la conservazione sostitutiva dei documenti analogici, che vengono trasformati in digitale mediante scansione. «Certo, per le fatture la conservazione è un obbligo, per gli altri documenti solo una facoltà, ma adottare un approccio omogeneo, per gestire e conservare digitalmente tutte le fatture, non solo quelle per la PA, e gli altri documenti correlati, porta grandi vantaggi operativi. Infatti, avere documenti simili su diversi sistemi documentali o alcuni addirittura ancora nei faldoni, sarebbe più che un efficientamento, un rallentamento al lavoro quotidiano», afferma Giovanni Marrè, AD di it Consult. L’opportunità dunque è quella di trasformare un onere burocratico, potenzialmente molto costoso sul piano organizzativo, in occasione di miglioramento. Da un lato, utilizzare soluzioni come josh Archive!, che gestiscono e associano in fascicoli i diversi documenti collegati, ad esempio, a un ordine, trasforma l’obbligo della fattura PA da una incombenza, talvolta gestita come eccezione, in una occasione per semplificare e velocizzare non solo la consegna, ma anche tutte quelle altrimenti costose operazioni di ricerca, verifica e prelievo del documento (per richieste di pagamento, contestazioni, liquidazioni etc..). Dall’altro lato, l’emissione di una

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La fattura elettronica è il risultato di un vero e proprio processo che è opportuno gestire con strumenti adeguati, all’interno di un sistema di gestione documentale. in questo modo per le aziende è davvero possibile “cambiare marcia” e ottenere grandi vantaggi

giovanni marrè AD it Consult

fattura alla PA è un processo articolato, con diverse fasi, a partire dalla generazione nell’ERP, fino alla consegna via PEC allo SdI, passando per la firma digitale. Allora l’utilizzo di josh, lo strumento con cui è possibile disegnare i processi - come fossero diagrammi di flusso - coinvolgendo però le singole persone con attività da eseguire sul loro browser, aumenta la rapidità di emissione e la completezza delle informazioni disponibili. E, in generale, introduce una nuova modalità di gestione per processi che può estendersi non solo a quelli operativi come questo, ma anche a processi più strategici, come lo sviluppo di un nuovo prodotto, portando incrementi di efficienza consistenti e indicatori di performance che guidano gli ulteriori miglioramenti che questo approccio è in grado di innescare. Dotarsi quindi di sistemi di archiviazione e conservazione documentale insieme a sistemi di gestione dei processi apporta benefici molto importanti, non solo per i risparmi diretti legati all’eliminazione della carta, ma soprattutto per la possibilità di digitalizzare i processi che davvero consente di “cambiare marcia”, di ottenere maggiori risultati economici con sforzi inferiori, proprio perché fa governare direttamente, senza intermediari, quei processi che consumano e producono informazioni, modificandoli in autonomia quando occorre.


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Fattura elettronica obbligatoria, l’accordo tra InfoCert e Oracle

InfoCert, una delle maggiori Certification Authority a livello europeo per la firma digitale, ha siglato un accordo con Oracle Italia per l’integrazione del proprio servizio Legalinvoice PA Enterprise con la piattaforma Fusion Middleware e i sistemi gestionali E-Business Suite e JD Edwards del fornitore software californiano. «Nei tre mesi successivi alla scadenza del 6 giugno, per la fatturazione elettronica obbligatoria alla PA, c’è stato un gran fermento di player che si sono affacciati e poi sono scomparsi da questo mercato», osserva Claudio Scaramelli, Direttore Vendite Top Clients di InfoCert. «Per noi questo transitorio ha favorito la forte crescita del portafoglio clienti, che ha raggiunto quota 15.000: se ne aggiunge circa un centinaio al giorno. Di conseguenza aumenta anche il numero medio di fatture prodotte in un mese: ora sono 25.000». La soluzione di InfoCert consente la gestione dei processi di fatturazione elettronica e del dialogo con il sistema di intescambio di Sogei, supporta la fatturazione sia attiva che passiva, e fornisce i servizi di Firma Digitale, di Posta Elettronica Certificata e di Conservazione Digitale a norma, obbligatoria per la FatturaPA, per cui InfoCert ha ricevuto recentemente l’accreditamento come conservatore presso l’Agenzia per l’Italia Digitale. «Nel momento in cui abbiamo sviluppato la soluzione di fatturazione elettronica - sottolinea Scaramelli -, ci siamo chiesti come potevamo semplificare il processo di integrazione da parte dei clienti, soprattutto coloro che avevano già un sistema ERP». E proprio in questo quadro rientra l’accordo raggiunto con Oracle, volto a favorire un’integrazione “nativa” della soluzione InfoCert nella piattaforma middleware e nei sistemi gestionali del fornitore california-

Con l’integrazione del servizio Legalinvoice PA Enterprise dell’autorità di certificazione nei prodotti software del fornitore californiano nasce una soluzione che semplifica e ottimizza i processi, per un forte passo in avanti nella digitalizzazione

mauro cimatti Direttore Vendite Oracle Fusion Middleware Oracle Italia

Claudio scaramelli Direttore Vendite Top Clients InfoCert

no, attraverso i workflow applicativi e tutta la sua famiglia di soluzioni, per semplificare e ottimizzare i processi. Secondo Mauro Cimatti, Direttore Vendite Oracle Fusion Middleware di Oracle Italia, «l’accordo con InfoCert facilita l’adozione in Italia della fatturazione elettronica, che rappresenta un significativo passo in avanti verso la digitalizzazione dei processi. Oracle Fusion Middleware è la piattaforma Cloud per la digitalizzazione che rappresenta sempre di più un punto di riferimento per i sistemi informativi aziendali, allo stesso tempo le Oracle Applications si stanno diffondendo nel mercato italiano, pertanto contiamo di dare un forte contributo alla realizzazione di questo progetto».

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CORSI BREVI IN

DIGITAL INNOVATION Direzione: Mariano Corso, Andrea Rangone WWW.MIP.POLIMI.IT/ICT

I corsi brevi Digital Innovation di MIP Politecnico di Milano affrontano i temi chiave dell'innovazione digitale nelle Imprese e nella Pubblica Amministrazione, come leva di innovazione strategica e fonte di differenziali competitivi. Realizzati in collaborazione con CEFRIEL, i corsi brevi attingono al know how degli Osservatori Digital Innovation e sono una delle iniziative della Digital Business-Innovation Academy della School of Management del Politecnico di Milano.

Strategia e Governance dell’ICT Contratti per l’acquisto di Servizi Informatici Organizzazione e Processi dell’ICT ICT Privacy & Compliance ICT Strategic Sourcing Technology-Enabled Business Models ICT Digital Forensics Modelli e Strumenti per la Social Enterprise Fatturazione Elettronica e Conservazione Digitale Cloud e Architetture Orientate ai Servizi per l’Adaptive Enterprise Analytics - Enabled Business Transformation Digitalizzazione dei Processi di Filiera: l’Extended Enterprise

Big Data Analytics & Business Intelligence Innovare il Business con le più Avanzate Soluzioni Mobile & Wireless Consumer Analytics Canali Digitali e Nuovi Paradigmi di Marketing New Media & New Internet Change Management Knowledge & Community Management La gestione della Sicurezza informatica oggi Fondamenti di Sistemi informativi Il Mobile, il Payment e il Cloud: le moderne sfide per la sicurezza la Governance e gli Economics dell'Information Security


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Fatturazione Elettronica: non solo software. indipendenza, formazione e competenza

È più importante dematerializzare un processo che un documento: in quest’ottica, la fatturazione elettronica verso la PA può essere vista come l’inizio di un percorso. E le PMI come le Software House hanno bisogno di risolvere subito e in modo pratico le problematiche connesse al cambiamento digitale. «Vogliamo avere un rapporto diretto, un approccio consulenziale puro dove il cliente è il centro delle nostre attività. Non basta semplicemente un software per avere una soluzione di fatturazione elettronica, conservazione sostitutiva o firma digitale: le soluzioni e i processi sono più importanti dei prodotti di digitalizzazione», dice Nicola Savino, fondatore e CEO di Seen Solution Srl, esperto delle tematiche della digitalizzazione e dematerializzazione e Responsabile della Conservazione Sostitutiva e Digitale per diverse aziende e multinazionali. La digitalizzazione è diventata il suo lavoro ma anche la sua passione, come dimostra il Blog “www.nicolasavino.com” a cui dedica tempo e risorse per divulgare i vantaggi della dematerializzazione e della digitalizzazione. Un’Area Riservata sul web All’inidirizzo “www.forzadigitale.it” Seen Solution mette a disposizione un accesso a un’Area Riservata dove i clienti possono trovare: • oltre 10 Webinar sulla conservazione e fatturazione elettronica; • oltre 100 risposte alle domande più frequenti sulla dematerializzazione;

Le imprese devono oggi puntare alla totale Dematerializzazione dei processi aziendali. Con questo approccio, seen solution fornisce soluzioni e consulenza per la fatturazione, la conservazione sostitutiva e la firma digitale

Nicola Savino Presidente e CEO Seen Solution Srl

• tre Bonus in regalo. Seen Solution Srl ha individuato e propone ai propri clienti le soluzioni più facili, più efficaci e più sicure per rendere la vita lavorativa digitale dei clienti la più profittevole possibile. gestire il cambiamento «La nostra azienda - afferma Savino - rappresenta oggi il tipo di business aziendale a cui appoggiarsi e da cui farsi seguire (e sostenere) per gestire correttamente il cambiamento. Ci proponiamo come una società attenta a rispondere alle esigenze che punta a trasferire ai clienti il proprio know-how e la propria forte competenza nei processi di digitalizzazione. Un’azienda di consulenza direzionale e system software integrator, certificata ISO 9001:2008 per progettazione e sviluppo di sistemi ICT per la conservazione e gestione dei processi documentali». Con questo approccio, la società fornisce ai clienti soluzioni avanzate e agili per il mondo dell’Information e Digital Management ed è specializzata nella gestione delle informazioni digitali, nei servizi di consulenza in Fatturazione Elettronica, Conservazione Sostitutiva-Digitale e Compliance Privacy.

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Pagamenti e fatture, per la PA digitale un circolo virtuoso

La strada tracciata dal Governo per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana è ormai chiara e prevede due elementi cardine: il nodo per i pagamenti, cui si stanno attestando anche banche, Poste, GDO, tabaccai, payment institution etc., e il Sistema di Interscambio (SdI). Si tratta di sistemi che centralizzano i flussi, piattaforme standard e interoperabili che permetteranno a tutte le PA, centrali e locali, di ricevere sia i pagamenti riguardanti le posizioni debitorie di cittadini e imprese, sia le fatture in formato elettronico. Il 2015 è dunque un anno cruciale per la digitalizzazione della PA, perchè prevede due scadenze importanti: il 31 marzo, la seconda tappa fissata per l’obbligo di invio di e-fatture alla PA, e il 31 dicembre, termine ultimo per gli enti locali e regionali per predisporre sistemi di pagamento elettronici ad uso dei cittadini per multe, ticket sanitari, bolli auto e via dicendo. Non è un percorso facile, perchè cambiare procedure e abitudini consolidate richiede certamente qualche sforzo iniziale. Ma è anche un’opportunità, o meglio una necessità del Paese, soprattutto se si considerano questi come tasselli di un mosaico di più ampio respiro. Uno scenario che analizziamo con Claudio Mauro, Head of Client Team della Divisione Public Sector di SIA, società che ha un ruolo primario nel passaggio all’Italia digitale avendo un’ampia esperienza in ambito bancario, nelle mondo delle imprese e più di recente anche nella PA.

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Il 2015 è un anno cruciale, con due scadenze importanti: oltre a quella del 31 marzo che estende l’obbligo della Fatturazione Elettronica agli enti locali, entro il 31 dicembre la PA dovrà consentire ai cittadini di effettuare pagamenti digitali. Due tasselli dello stesso mosaico

claudio mauro Head of Client Team Divisione Public Sector SIA

Qual è la situazione sulla Fatturazione Elettronica, quando manca ormai pochissimo alla scadenza di fine marzo? Gli ultimi dati disponibili, in costante crescita, parlano di oltre 2 milioni e 600mila fatture transitate dallo SdI, il Sistema di Interscambio: è un risultato importante, tenendo presente che non ci sono state e non ci saranno proroghe, come molti attendevano. Il quadro normativo è completo e la tecnologia è pronta. C’è però ancora da fare, perchè non tutte le PA si sono adeguate, soprattutto quelle locali. Ma il treno è partito e non vediamo motivi perchè si possa fermare. L’obbligo normativo va visto come un’opportunità per rendere le organizzazioni più efficienti, per monitorare, integrare e riconciliare le informazioni tra lo SdI e i sistemi della PA. E il passo successivo sarà estendere questa logica al mondo delle imprese, al B2B: così si innescherà un circolo virtuoso che coinvolgerà davvero tutti gli stakeholder. Ci sono rischi per i ritardatari? Chi arriva all’ultimo momento sarà costretto a scegliere soluzioni minime e limitate solo a un upgrade dei sistemi di contabilità in uso. Questo approccio non


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migliorerà i processi, anzi potrebbe portare a un aggravio di ulteriori attività: ad esempio, se il numero di fatture scartate risultasse elevato sarebbe necessario effettuare delle riconciliazioni manuali. In queste situazioni crediamo sia opportuno affidarsi a servizi in outsourcing. Quali sono i vantaggi rispetto a una soluzione sviluppata internamente? Considerato che i sistemi informativi delle singole PA sono molto eterogenei, perchè sono nati in modo non coordinato, le soluzioni interne richiedono specifici interventi di adeguamento e non replicabili. In questo scenario, la logica di servizio è vincente in quanto è unica, standardizzata, non invasiva e interoperabile. Su queste basi SIA ha sviluppato un servizio di fatturazione elettronica che gestisce tutte le tematiche legate all’invio, alla ricezione delle notifiche e al monitoraggio delle diverse fasi operative. Il vantaggio sta nella rapidità e nella semplicità dell’attivazione della soluzione. Un esempio virtuoso è il progetto che abbiamo realizzato per la Regione Lombardia, in collaborazione con Lombardia Informatica, per erogare il servizio di fatturazione elettronica a tutte e 50 le aziende sanitarie che inviano e ricevono e-fatture, con notevole riduzione dei costi e dei tempi di pagamento verso i fornitori. Il

progetto è stato attivato in tempi record: in meno di due mesi il sistema era già operativo. E per le imprese, soprattutto PMI? L’approccio migliore è quello della cooperazione. Un esempio è quello di Assosoftware che utilizza la piattaforma di SIA come hub per gli associati. Ed è altrettanto importante il ruolo delle banche che offrono servizi di fatturazione elettronica alle proprie imprese clienti. Si avvicina anche la scadenza del 31 dicembre che prevede la possibilità ai cittadini di pagare la PA in modo digitate. Cosa proponete in questo ambito? SIA ha sviluppato anche una soluzione che permette ai cittadini di pagare in modo rapido e sicuro imposte e tributi in multicanalità utilizzando tutti gli strumenti più innovativi disponibili sul mercato (smartphone, tablet, etc.). Anche la PA ne trae vantaggio in quanto può analizzare in tempo reale i flussi di incasso, avere tramite un unico cruscotto la rendicontazione integrata con i dati previsionali suddivisi per voci di bilancio e la riconciliazione giornaliera dei flussi contabili. Fatturazione elettronica e pagamenti digitali sono le due componenti di “SIA EasyCity”, la piattaforma innovativa di SIA - unica in Italia - che permette di collegare imprese e cittadini alla Pubblica Amministrazione, coprendo l’intero ciclo finanziario con una serie di servizi integrati.

Fatturazione elettronica e pagamenti digitali sono le due componenti di “SIA EasyCity”, piattaforma che copre l’intero ciclo finanziario della PA

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SIAV, dalla fatturazione alla PA a quella tra aziende il passo è breve

«La fatturazione alla PA è un’ottima occasione per cogliere i vantaggi della dematerializzazione, e il mercato dimostra l’importanza di queste tecnologie come opportunità di crescita per il Paese», spiega Alfieri Voltan, presidente di Siav, una delle più importanti aziende italiane nel settore Enterprise Content Management, con più del 20% del mercato, oltre 3000 installazioni all’attivo e 60 nuovi clienti nel 2014; Siav è anche l’unica azienda Italiana del settore presente nel Gartner Magic Quadrant da 6 anni. «Da 25 anni ci occupiamo di gestione dei processi documentali, in house e in outsourcing, e abbiamo fatto tesoro di questo know-how per costruire soluzioni di fatturazione alla PA semplici da usare e di minimo impatto organizzativo». Chi vuole gestire l’invio “in house” ha a disposizione un modulo della piattaforma ECM di Siav, Archiflow, che carica le fatture dal sistema ERP e gestisce in modo automatico le comunicazioni con SdI. L’utente può visualizzare le fatture, verificarne lo stato, apporvi la firma digitale e consultare le notifiche inviate da SdI. Chi deve gestire le fatture in ingresso utilizza un ulteriore modulo che mette a disposizione un iter approvativo, adattabile alle esigenze dell’ente, per la risposta ai fornitori. Il modulo si occupa poi delle comunicazioni con SdI e della interazione con il sistema contabile. «Uno dei grandi vantaggi di queste soluzioni è che Archiflow permette di includere la fatturazione alla PA in un più ampio contesto organizzativo - aggiunge Voltan - in cui la comunicazione con SdI è solo uno dei numerosi passaggi che com-

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le soluzioni della società, disponibili in house e in outsourcing e utilizzate da oltre 3000 clienti in Italia, possono essere facilmente estese allo scambio di fatture in ambito B2B, con tutti i vantaggi che derivano da una completa dematerializzazione, ottenuta inoltre utilizzando una unica applicazione software

alfieri voltan Presidente Siav

pongono i processi di vendita e di acquisto; processi che possono essere interamente gestiti da Archiflow, all’interno di fascicoli in cui archiviare tutta la documentazione». A chi invece preferisce una soluzione in outsourcing, Siav offre un servizio completo per gestire le comunicazioni con SdI e la conservazione a norma, tramite un portale web con cui il cliente può consultare tutte le fatture, firmarle e verificarne lo stato. «Siav ha molto investito per fornire servizi di qualità, è certificata ISO 9000 e 27001, ed è tra i 13 player presenti nella lista dei Conservatore accreditati da AgID» spiega Voltan. Un elemento distintivo delle soluzioni di fatturazione alla PA di Siav è l’uso della PEC, che è poco invasiva e familiare a tutti, offre garanzie intrinseche dal punto di vista legale, è facile da tracciare e monitorare, ed è estremamente flessibile. Grazie a queste peculiarità chi sceglie le soluzioni Siav ha a disposizione un canale che può essere facilmente esteso allo scambio di fatture in ambito B2B, con tutti i vantaggi che derivano dalla possibilità di una completa dematerializzazione, ottenuta inoltre utilizzando una unica applicazione software. «In attesa che il Governo estenda la fatturazione elettronica ai rapporti tra privati, molte aziende hanno adottato le nostre soluzioni basate sulla PEC per l’invio e la ricezione delle fatture in formato elettronico in ambito B2B», conclude Voltan.


Speciale “fatturazione elettronica verso la PA”

Tesisquare, la fattura elettronica verso la PA è un anticipo di futuro

«Il 2014 ha segnato un cambiamento fondamentale nella diffusione della fatturazione elettronica, visto l’obbligo di legge. In generale è una transizione di successo, anche grazie al forte contributo sia dell’Agenzia delle Entrate, sia di Agid». Questo il parere di Fabrizio Baldan, Product and Presales Consultant di TESISQUARE®, che in questo mercato offre la soluzione di e-Invoice to Finance. «Per il 2015 prevediamo un’ulteriore accelerazione, perché la scadenza del 31 marzo estende l’obbligo anche ai fornitori degli enti locali, per cui il numero delle aziende interessate aumenterà fortemente: sarà l’anno della “confidenza piena” nelle tecnologie di fatturazione elettronica, e della diffusione di massa anche di tendenze più generali, come la dematerializzazione e l’efficientamento dei processi». Le principali criticità emerse finora nei progetti riguardano sia le tecnologie sia l’impatto organizzativo. «Ci sono due situazioni tipiche. La prima riguarda le aziende che hanno già affrontato progetti di dematerializzazione e utilizzano già flussi elettronici, EDI o altro, per interagire con clienti e fornitori. Queste non hanno difficoltà tecnologiche e devono concentrarsi solo sul change management di processo. La seconda riguarda le realtà che pur dotate di sistemi gestionali anche complessi, finora non hanno mai avuto necessità di comunicare con i clienti con tracciati informatici strutturati, e pertanto devono affrontare il cambiamento supportati da funzioni IT a volte all’estero, cosa che aumenta la complessità di progetto data la differenza di normative». In generale, continua Baldan, «le aziende che hanno affrontato l’obbligo anche come un’opportunità hanno risposto in tempi adeguati, con l’IT in un ruolo propositi-

«Le realtà che hanno visto l’obbligo anche come un’opportunità hanno risposto in tempi adeguati, con l’IT in un ruolo propositivo. Il 2015 sarà l’anno della confidenza piena nelle tecnologie e della diffusione di massa anche della dematerializzazione e dell’efficientamento dei processi»

Fabrizio Baldan Product and Presales Consultant TESISQUARE

vo, costruendo con il proprio provider una vera partnership di intenti». Un caso molto interessante è quello di Ferservizi, società di servizi del Gruppo Ferrovie, che si è dimostrata una delle realtà italiane più avanzate nella fatturazione elettronica. «Essendo già in grado di fatturare verso il sistema d’interscambio con il corretto formato XML, Ferservizi ha chiesto il nostro aiuto per estendere la fatturazione elettronica a tutto il ciclo attivo, anche verso le realtà private. Attualmente emettono tutte le fatture con un unico formato digitale, ma non solo: stanno estendendo l’approccio anche al ciclo passivo e lo fanno chiedendo ai loro fornitori di inviare le fatture già in formato XML PA o tramite il nostro aiuto, con la “traduzione” dei formati dei fornitori». In conclusione, commenta ancora Baldan, lo scenario è positivo e ci sono i germogli per la diffusione della fatturazione elettronica tra realtà private. «Chi ha fatto “mente locale” sui benefici non può essere contrario. L’efficienza che un progetto di dematerializzazione è in grado di offrire è innegabile, e dalla sola fatturazione può estendersi ai processi della supply chain. Inoltre l’investimento è recuperabile in un solo anno, il tutto è tracciabile nei dettagli e i dati ricavabili sono utilissimi per il miglioramento continuo dei processi».

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I N TE R V IS TA di

manuela gianni

Carlo Mochi Sismondi Presidente FORUM PA

Digitalizzare la PA: si può fare se... Negli ultimi tempi l’Italia ha fatto passi avanti importanti, ma la strada non è in discesa: per raggiungere la meta è necessario ora mettere in campo azioni che permettano di superare ostacoli culturali e interessi costituiti. «Ma non possiamo né tirarci indietro né fallire: questo passaggio è l’unico che ci potrà permettere di imboccare la via di una ripresa stabile e fondata su reali opportunità per i nostri ragazzi»

Diversi progetti sul tavolo, alcuni già ben avviati come la Fatturazione Elettronica obbligatoria, e tanti ostacoli ancora da superare. L’obiettivo della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana appare oggi una mèta più vicina rispetto al passato, ma «non è scontata e nessuno ce la regalerà senza il nostro fattivo impegno», dice Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FORUM PA. Per questo “Si può fare se” è lo slogan scelto quest’anno per l’evento, che si terrà al palazzo dei Congressi di Roma dal 26 al 28 maggio prossimo. Per vincere le resistenze al cambiamento e raggiungere gli obiettivi servono azioni concrete e non banali, come ci spiega Mochi Sismondi in questa intervista. A giorni scatta la seconda fase della Fatturazione Elettronica verso la PA. Al di là dei risparmi derivanti dalla riduzione di carta e dal recupero di efficienza, quali saranno le conseguenze di questa importante trasformazione? | 58 |

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Dal prossimo 31 marzo in effetti tutte le amministrazioni pubbliche saranno coinvolte nell’obbligo di accettare solo fatture elettroniche da parte dei loro fornitori. L’esperienza fatta nella prima fase dell’iniziativa, che coinvolgeva solo le amministrazioni dello Stato, ci dimostra che il successo è possibile, ma non scontato. Ma è un successo assolutamente necessario per allineare l’Italia ai nostri competitor europei: oltre ai citati benefici di efficienza e di riduzione della carta e quindi minore impatto ambientale, tale innovazione ha infatti almeno tre effetti fondamentali, decisivi per accelerare il percorso di digitalizzazione della PA e, con essa, dell’intero Paese . Il più importante è la nuova possibilità che la PA avrà di tenere sotto controllo le spese e le situazioni debitorie. Il balletto delle cifre che possiamo vedere ogni volta che si citano i debiti della PA è una chiara dimostrazione di quanto ci sia bisogno di dati certi e stabili, presi direttamente alla fonte. Questa possibilità di controllo e di misurazione rende anche fattibile


IN T E RVISTA | dig ita l iz z a re l a pa : si p uò fa re s e. . .

una reale accountability delle amministrazioni che, già cominciata con iniziative istituzionali importanti come ‘www.soldipubblici.gov.it’ e ‘www.opencivitas.it’, ha ancora profondi limiti sia di aggiornamento tempestivo sia di ampiezza del perimetro pubblico coinvolto. Un secondo effetto è la riorganizzazione dell’intero flusso documentale che la Fatturazione Elettronica renderà necessario e che fungerà da “killer application” per la dematerializzazione dei processi di gestione dei documenti in tutto il loro ciclo di vita, dalla loro creazione alla loro archiviazione e conservazione a norma. Infine l’obbligo della Fatturazione Elettronica verso la PA potrà dare un deciso impulso al processo di aggiornamento tecnologico delle nostre imprese, soprattutto le PMI, che scontano un pesante ritardo rispetto a tutti i Paesi europei. Certo dover emettere una fattura elettronica non implica necessariamente introdurre le moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione in azienda, ma può costituire uno stimolo importante, specie se si attiveranno tutti i necessari supporti, per intraprendere un percorso necessario che ostacoli culturali, generazionali o economici avevano reso difficile. Nel recente passato sono stati approvati diversi provvedimenti nell’ambito dell’Agenda Digitale Italiana e ora stanno prendendo corpo varie iniziative, come lo SPID, l’Anagrafe Nazionale, il nodo pagamenti. C’è tanta carne al fuoco: si riusciranno a superare le inevitabili difficoltà organizzative e le resistenze al cambiamento? Proprio perché l’obiettivo è ambizioso e i progetti sul tavolo sono tanti e complessi, abbiamo proposto come hashtag di FORUM PA 2015 lo slogan ‘#sipuòfarese’ che conferma il nostro lavoro per l’innovazione, sottolineando la necessità di porre un’azione tra noi e una meta che è sì possibile, ma non è scontata e che nessuno ci regalerà senza il nostro fattivo impegno. Vediamo di esaminare quindi con questo spirito positivo, ma non ingenuo, quelle che sono le condizioni necessarie per superare gli ostacoli a cui la sua domanda fa riferimento. Noi crediamo che, affinchè si possano vincere le resistenze al cambiamento, che derivano sia da ostacoli culturali sia dalla difesa di interessi costituiti e di spazi di potere, siano necessarie condizioni di contesto non banali. 1. La coraggiosa attuazione di un profondo processo di rinnovamento della macchina pubblica con una decisa ripresa del turnover che permetta l’im-

missione di nuove e più giovani professionalità nell’amministrazione italiana, che è la più vecchia del mondo e del tutto squilibrata verso professionalità giuridico-amministrative. 2. Una nuova alleanza pubblico-privato che vada al di là delle buone intenzioni ed entri pesantemente nei meccanismi del Procurement pubblico di innovazione e delle convenzioni. L’opportunità data dalle nuove direttive europee emesse lo scorso anno e dal disegno di legge delega sugli appalti pubblici incardinato recentemente al Senato sono occasioni che non possiamo assolutamente perdere. 3. Una grande attenzione alla coerenza e alla costanza negli sforzi. Il nostro Paese ha già visto su questo tema troppi “stop and go” per potersi permettere altri tentennamenti. Ormai, con i documenti sul piano per la crescita digitale e sulla banda ultra larga, cosa fare è chiaramente delineato. Si tratta ora di individuare chiaramente governance e ruoli per tutti gli attori pubblici e privati e di partire subito e non mollare sino a che non si siano raggiunti risultati percepibili dai cittadini e dalle imprese in termini di crescita del loro benessere equo e sostenibile. 4. Un impegno molto più forte del passato sulla crescita delle competenze digitali di tutte le componenti: dei cittadini e delle PMI che fanno ancora una grande fatica a usare i servizi di egov e che in tal modo ci relegano agli ultimi posti in tutte le classifiche europee; degli operatori della PA che possono usufruire di una quantità di formazione che è tra le più basse in Europa e che continua a essere decisamente sotto la soglia di quell’1% del monte salariale che pure era stato fissato come minimo già dal 2001; dei vertici politici e amministrativi la cui a volte imbarazzante “ignoranza digitale” costituisce un limite oggettivo a molte politiche ed è una delle cause della mancata percezione di quella “emergenza digitale” che pure tutte le statistiche del “Digital Agenda Scoreboard” chiaramente mostrano. Nel complesso, però, c’è stato un cambio di passo nell’ultimo anno, una maggiore attenzione verso i temi del digitale nella PA. È ottimista per il futuro? L’ottimismo della volontà è per me un impegno di vita, ma è anche suffragato dalla universale condivisione della necessità di questo passaggio che è l’unico che ci potrà permettere di imboccare la via di una ripresa stabile e fondata su reali opportunità per i nostri ragazzi. La strada non è in discesa, ma non possiamo né tirarci indietro né fallire. www.ict4executive.it

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Speciale “Collaborative Business Solutions”

Per migliorare i processi la collaborazione va integrata

nei sistemi informativi

Velocità di comunicazione, interazione continua, condivisione e riuso della conoscenza sono fattori sempre più determinanti per garantire all’azienda produttività ed efficacia di esecuzione. L’Osservatorio Collaborative Business Application degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano presenterà il 25 marzo la seconda edizione della Ricerca sul fenomeno

In un contesto dinamico come quello attuale, le continue evoluzioni tecnologiche hanno un impatto sempre più rilevante sulle modalità di lavoro all’interno delle aziende. Espressioni largamente diffuse negli ultimi anni come ICT Consumerization, Cloud, Mobile e Big Data, non sono semplici mode, ma fenomeni che stanno facendo emergere stili di lavoro innovativi e sempre più collaborativi. Il cambiamento in atto pervade non solo gli strumenti ICT adottati dalle organizzazioni, ma anche i modi di interagire tra le persone e il modo di governare i processi di business. Velocità di comunicazione, interazione continua, condivisione e riuso della conoscenza sono sempre più fattori determinanti per garantire all’azienda produttività ed efficacia di esecuzione nell’operatività quotidiana. Le organizzazioni sono dunque chiamate oggi a comprendere come poter unire processi e collaborazione all’interno di sistemi organizzativi e tecnici in grado di orchestrare prescrittività e adattabilità. Sotto queste premesse l’Osservatorio Collaborative Business Application degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano ha dato il via alla seconda edizione della Ricerca sul fenomeno, il cui obiettivo è quello di comprendere come migliorare le performance dei processi aziendali integrando negli usuali sistemi informativi gli strumenti che abilitano la collaborazione e la comunicazione in azienda. I moderni sistemi di “Collaborative Business Solutions” nascono quindi dall’integrazione di funzioni di produttività

individuale, supporto alla collaborazione e supporto transazionale. L’importanza della Business Collaboration nelle aziende ha avuto un primo riscontro anche nelle attività di Ricerca, dove sono state registrate, rispetto alla prima edizione, più del doppio delle risposte al questionario di raccolta dati. Quest’anno la rilevazione ha coinvolto anche la Piccole e Medie Imprese (PMI) per capire come realtà con maggiore dinamicità e capacità di adattamento stanno interagendo con il fenomeno della Business Collaboration. Anche l’analisi delle iniziative collaborative realizzate dalle aziende fa registrare risultati positivi, soprattutto nel segmento relativo alle grandi imprese, dove in confronto ai risultati della Ricerca 2013 sono in aumento sia il numero di iniziative (ormai in corso o in valutazione in più di metà delle organizzazioni) che il livello di soddisfazione degli utenti, oltre il 90%. I risultati completi della Ricerca 2014-2015 saranno divulgati nel Convegno conclusivo del 25 marzo 2015, presso il Campus Bovisa del Politecnico di Milano. Il Convegno, organizzato in tavole rotonde tematiche, prevede la partecipazione di aziende che hanno affrontato con successo la tematica al proprio interno e dei principali protagonisti del mercato dell’offerta, partner dell’Osservatorio. L’evento sarà l’occasione di divulgazione, discussione e confronto sull’importanza strategica della collaborazione nelle aziende come fattore determinante per garantirne l’efficienza e la competitività. | 61 |


Speciale “Collaborative Business Solutions”

Top Consult, processi più veloci ed efficienti con l’utente collaborativo

Aziende e organizzazioni di oggi hanno bisogno di utenti “collaborativi”, che usino strumenti basati su tipici meccanismi “social” - gruppi di lavoro, bacheca, notifiche - per dar vita a processi più veloci ed efficienti. Processi, sia strutturati che non strutturati, che possono così essere tutti tracciati, eliminando passaggi “estemporanei” difficilissimi da controllare, come email e telefonate. Così si può spiegare il concetto di “utente collaborativo” che Top Consult ha introdotto con Pratiche Collaborative e Workflow Collaborativo, i nuovi moduli del suo sistema “TopMedia Social NED”, che agiscono in stretta sinergia con il modulo Groupware già sul mercato. L’utente collaborativo nella visione di Top Consult sfrutta il modulo Groupware nei processi non strutturati, per creare, condividere e archiviare documenti nei gruppi di lavoro di cui fa parte. Nei processi strutturati, invece, con i nuovi moduli l’utente opera in modo più evoluto gestendo in forma collaborativa anche i passaggi di pratiche, attività e informazioni entro flussi formalizzati come un ciclo di vendita o d’acquisto, o la realizzazione di una commessa. «L’obiettivo di base è evitare l’uso dell’email entro l’organizzazione – racconta Pier Luigi Zaffagnini, Amministratore di Top Consult -: perciò abbiamo sviluppato il modulo Groupware, che crea un social network aziendale protetto, dove si possono formare team di lavoro temporanei che usano un ambiente di Authoring e condivisione di documenti, comunicando tramite l’interfaccia “Bacheca”, che traccia le attività, note e chat di tutti i partecipanti». Groupware, continua Zaffagnini, è l’ideale per gestire processi non strutturati, tipicamente di ricerca e sviluppo o marketing, ma l’idea nuova di Top Consult è che le fun-

pe r u lt er i o r i i n f o rma zioni...

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Pratiche Collaborative e Workflow Collaborativo, i nuovi moduli della suite TopMedia Social NED, permettono grazie a funzioni social - gruppi di lavoro, bacheca, notifiche - di gestire meglio flussi d’attività strutturati e non, rendendoli tracciabili ed eliminando l’uso interno dell’email

Pier Luigi Zaffagnini Amministratore Top Consult

zioni di questo modulo possono supportare anche i processi strutturati, già formalizzati entro il gestionale o l’ERP. «Per esempio per il ciclo passivo nel sistema informativo tutto parte dall’input dell’ordine, ma le attività precedenti – come la definizione della Richiesta D’Acquisto (RDA), o la selezione dei fornitori – sono gestite in modo informale, con telefonate ed email». Discorso simile per i workflow: se il manager che deve approvare un acquisto ha un dubbio, chiama il buyer al telefono o gli scrive una mail, e così il passaggio decisivo non è tracciato nel sistema. «Per questo abbiamo pensato di definire una gestione delle pratiche e una dei flussi d’attività nei processi strutturati che sfruttano le funzioni del Groupware: da qui sono nati i due nuovi moduli». I vantaggi, conclude Zaffagnini, sono evidenti. «Da una parte l’utente rimane sempre collegato ai colleghi coinvolti nei suoi stessi progetti e attività, e quindi aggiornato in tempo reale su ciò che succede, cosa che accelera il processo e massimizza l’allineamento di tutti i partecipanti. Dall’altra il sistema traccia tutto ciò che succede: passaggi, interventi, attività, con i relativi tempi e documenti associati. Questi nuovi moduli sono un altro esempio di come la nostra suite TopMedia Social NED ha rivoluzionato il modo di fare gestione documentale».



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PRES, il valore della formazione nell’ICT

Formazione e certificazione: oggi due parole chiave sempre più rilevanti per chi opera a livello tecnico e manageriale nel mondo ICT. Lo sa bene PRES che, oltre alla tradizionale attività di System Integration, da anni fornisce consulenza e servizi di training specializzati nel settore Information & Communication Technology. «Le crescenti esigenze di formazione - spiega Cinzia Galofaro, Education Manager di PRES - nascono in primo luogo dall’intensificarsi del ritmo con cui i principali Vendor IT lanciano sul mercato nuove release e nuove soluzioni, imponendo di fatto una necessità di aggiornamento pressoché costante». Mantenersi aggiornati sulle novità significa infatti rafforzare le competenze, aumentare la produttività e la capacità di innovazione, senza contare le positive ricadute che una miglior preparazione determina sulla capacità di incentivare la persona a crescere, nonché sull’effettivo e oggettivo riconoscimento del suo valore professionale sul mercato, che diventa elemento di differenziazione e di arricchimento personale. «Oggi il mercato è estremamente esigente e richiede persone molto qualificate», sottolinea Galofaro, ricordando alcune conclusioni di un recente studio Assinform, l’associazione italiana per l’information technology, secondo cui in Italia il settore ICT registrerà una crescente domanda di competenze, con le assunzioni di figure ’high skill’ che rappresenteranno quasi il 72% del totale. «Come emerge dai dati pubblicati da Assinform, le aziende ricercano figure formate e certificate. Secondo la maggioranza delle aziende

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www.pres.it www.presformaz io n e .it | 64 |

come cambiano le esigenze delle aziende e la richiesta di competenze e certificazioni: «La formazione ICT È una leva fondamentale per aumentare la competitività delle aziende e la loro capacità di sfruttare a pieno le potenzialità offerte dall’innovazione tecnologica»

Cinzia Galofaro Education Manager Pres

intervistate, la laurea non garantisce una formazione adeguata per il ruolo da svolgere. La quota di laureati per i quali le imprese ritengono necessaria una formazione integrativa nell’ambito IT è pari al 90% degli assunti». A questa situazione si aggiunge uno scenario del mondo del lavoro in cui le organizzazioni che operano in ambito IT, per partecipare a gare pubbliche e private, devono ottemperare al soddisfacimento di sempre più stringenti requisiti tecnici e di compliance. «Sempre più aziende ci chiedono di formare il personale e di certificare le competenze. Da una parte il numero di gare pubbliche e private che hanno come prerequisito le certificazioni è in costante aumento, dall’altra le aziende hanno compreso che investire sulle competenze del personale significa investire sulla performance, sulla motivazione e sulla retention». Certificazioni: i titoli più richiesti Le analisi evidenziano le diverse aree in cui la richiesta di certificazioni è particolarmente elevata. In prima posizione si collocano le certificazioni per i prodotti e le soluzioni Cisco, che gravitano in particolare attorno al mondo del networking.


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«Oggi il mercato è estremamente esigente e richiede persone molto qualificate. Le imprese ritengono necessaria una formazione integrativa nell’ambito IT per il 90% dei laureati assunti»

Seguono le certificazioni per gli ambienti server Microsoft e Linux, quest’ultimo basato soprattutto sulla piattaforma di Red Hat. Un altro settore molto importante è rappresentato dalle certificazioni per le attività di sviluppo in ambiente Oracle Java, nonché l’area Oracle database. Un quarto ambito chiave è costituito dalle certificazioni per il framework ITIL (Information Technology Infrastructure Library) e l’IT service management. «Sono sempre di più le organizzazioni, soprattutto i reparti IT delle grandi aziende, che devono poter fare affidamento su processi definiti e strutturati. Per questo motivo scelgono standard di riferimento come ITIL. In quest’ultimo anno abbiamo notato un notevole incremento in questo settore, probabilmente dovuto anche al fatto che le certificazioni richieste prevedono sempre più spesso questo tipo di qualifica». docenti con esperienza sul campo Per diventare docente PRES non basta avere una conoscenza teorica delle materie insegnate o essere esperti di metodologia didattica: serve possedere esperienza diretta sul campo con i prodotti e le soluzioni dei Vendor. «Avere solo una conoscenza teorica della particolare tematica poteva andar bene vent’anni fa. Oggi occorre essere esperti della materia. Il valore aggiunto proviene proprio dall’esperienza che il docente ha maturato sul campo e che trasferisce agli allievi», spiega la manager.

diretto con il docente e con gli altri partecipanti». ELearning e Virtual Learning Classroom, conclude Garofalo, offrono il massimo ritorno sull’investimento quando sono utilizzati in modo complementare all’erogazione in aula.

PRES, System Integrator e specialista della Formazione All’attività di progettazione e realizzazione di soluzioni ICT, svolta dalla divisione System Integration, PRES affianca quella di formazione dei professionisti del settore con percorsi ufficiali e certificati. Attraverso i tre Learning Center di Torino, Milano e Roma, PRES offre percorsi formativi dei principali Vendor (Cisco, Oracle, Microsoft, IBM, HP e molti altri), fornendo competenze e know-how di alto livello. La società si posiziona anche come il primo testing Center Thomson Prometric in Italia ed è centro accreditato Pearson Vue. Nelle sedi di Milano, Torino e Roma, i candidati possono formare le proprie competenze e sostenere direttamente i test di certificazione. Con 27 anni di esperienza nel mondo dei training in area IT, PRES Formazione può contare su oltre 100 docenti certificati, più di 1.000 corsi a catalogo, 15 aule formazione e 3 Testing Center.

Aule e virtual learning Alla formazione tradizionale in aula si affiancano sempre più spesso metodologie virtuali, in particolare le Virtual Learning Classroom (in cui l’apprendimento avviene in modalità sincrona) e l’e-Learning (in cui avviene in modalità asincrona). «Molte aziende continuano a preferire la formazione in aula grazie al profondo coinvolgimento che l’allievo sperimenta durante il corso e alla possibilità di interagire in modo | 65 |


Os s e r vato rio di

manuela gianni

Nasce il punto di riferimento per la mobile economy italiana Ad aprile va online un nuovo progetto editoriale di ICT4Executive interamente dedicato alla Mobility: dal Marketing alla Supply Chain, dall’Internet of Things alla Sicurezza, dalla Sales Force Automation al Custom Care. Un web magazine autorevole, completo e innovativo nel formato, pensato per informare e consigliare manager e imprenditori che stanno affrontando l’inevitabile trasformazione del business nell’era degli Smartphone, delle App e dei Wearable

Sette anni fa nasceva Wireless4innovation.it, il primo progetto editoriale italiano interamente focalizzato sulla Mobility per il business. L’iPhone era appena nato, ma già allora ci era chiaro che i cellulari e le tecnologie wireless, dal Wi-Fi all’RFId, stavano trasformando il nostro modo di vivere e lavorare, aprendo possibilità fino a quel momento sconosciute. Eppure, nessuno sospettava che la trasformazione, che già allora appariva profondissima, era solo all’inizio, e che in pochi anni avrebbe avuto l’accelerazione e la portata che stiamo vivendo oggi. Non potevamo immaginare, ad esempio, che la diffusione degli smartphone nell’arco di pochi anni avrebbe superato quella dei pc: e il sorpasso è avvenuto proprio qualche mese fa. Non potevamo prevedere che le Mobile App avrebbero dilagato, fino a raggiungere la cifra stellare di tre milioni, con 150 miliardi di download, | 66 |

www.ict4executive.it

cambiando per sempre il modo di usufruire delle applicazioni anche sui desktop. Non avremmo mai creduto a chi ci avesse detto che l’Italia, che da sempre fa fatica a tenere il passo dell’innovazione tecnologica, nel 2015 avrebbe avuto 30 milioni di Mobile Surfer e nemmeno che l’Internet of Things sarebbe diventata una realtà, mentre sono già 6 milioni gli oggetti intelligenti connessi nel nostro Paese, e continuano a crescere. Ancora, non pensavamo che Smartphone e tablet avrebbero trasformato il lavoro a 13 milioni di persone: tanti sono oggi i Mobile Worker, quasi il 54% di tutta la forza lavoro italia (si veda la figura con le stime del Politecnico di Milano). Ci sono figure che “tipicamente e tradizionalmente” operano in mobilità, come ad esempio chi si occupa di vendite e promozioni o di manutenzione e assistenza al cliente; accanto a questi,


o s s e r vato r i o | Nas ce M ob i l e 4innovat io n . it il p un t o di rif e rim e n t o p e r l a m o b il e e c o n o my

però, si trovano sempre più spesso anche manager, top manager, consulenti e imprenditori che frequentemente svolgono ormai diverse attività in mobilità. Molti altri lo sono occasionalmente: nei trasferimenti, da casa, fuori dall’orario di lavoro.

che consentono alle Direzioni ICT di monitorare e gestire centralmente, da un unico punto di controllo, tutto l’ecosistema Mobile sviluppato e le sue evoluzioni.

I benefici della Mobile Enterprise

È in questo contesto che nasce il nuovo portale Mobile4innovation, naturale evoluzione di Wireless4innovation, da cui trae le proprie radici per dar vita a un’iniziativa moderna e innovativa, nel formato e nei contenuti. Il sito è responsive, per essere consultato da ogni device in qualsiasi momento, ed è stato ridisegnato con una grafica e un’impostazione nuove e di facile fruizione, con una forte connotazione social. Sarà arricchito quotidianamente con news, interviste, approfondimenti e video realizzati da un’equipe di esperti giornalisti, con la collaborazione di una rete di consulenti, docenti e specialisti del settore. Le tematiche trattate sono organizzate secondo i trend più interessanti e attuali: Mobile App; Mobile Internet; Mobile Marketing & Advertising; Mobile Device; Internet of Things; Wearable; Mobile Worker Force; Mobile Security.

Una delle cose che più sorprende quando si parla di Mobility è la pervasività: non c’è una singola attività della catena del valore di un’impresa operante in qualunque settore che non sia impattata in modo massiccio, e che, di conseguenza, non sia potenzialmente reingerizzabile, attraverso la Mobility. In altre parole, non esistono attività o settori che non possano trarne benefici. Una recente survey degli Osservatori del Politecnico di Milano fa chiaramente vedere come stia crescendo all’interno delle aziende la consapevolezza: il 63% dei CIO delle grandi imprese italiane prevede che il tema della Mobility sarà importante o molto importante per la propria azienda negli anni a venire. E questo perchè le soluzioni sono in grado di modificare, anche radicalmente, le modalità di accesso alle informazioni, impattando su abitudini, modelli di relazione e strumenti tradizionali. Cardine sostanziale della Mobile Enterprise è il “paradigma” composto da un inscindibile trinomio che si compone di nuovi Mobile Device, Mobile BizApp e piattaforme di Enterprise Application Store

un nuovo web magazine

Vi invito dunque a seguirci su Mobile4innovation. it e a farci conoscere le vostre opinioni. Buona lettura!

Aumento medio di produttività quantificato sulla base della retribuzione media della singola categoria, accettando evidenti logiche di semplificazione

i mobile worker nel nostro paese e la diffusione dei mobile device ca. 650.000

10%

60% Manutentori e installatori

ca. 770.000

12%

60% Autisti

ca. 780.000

5%

70% Postini

Camerieri e commessi

ca. 110.000 50%

7%

ca. 1.400.000

15%

25% Imprenditori e Top manager

ca. 900.000

2%

70% Medici e infermieri

Fonte: Politecnico di Milano

Agenti di vendita

Recupero medio di produttività

ca. 680.000 5%

13%

Diffusione Mobile Device www.ict4executive.it

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n or m ativ e

di

Gabriele Faggioli

legale, Partner4innovation di

Annamaria Italiano

Avvocato, Partner4innovation

La Cina detta le regole ai fornitori di software Una nuova serie di vincoli, ufficialmente motivati con l’esigenza di garantire la Cybersecurity, ostacola le aziende straniere che vendono sistemi informatici alle banche del Paese del Dragone. Protestano i colossi dell’IT, che vedono così chiudersi un mercato che fa gola a tutti. D’altro canto, le aziende informatiche cinesi non sembrano ancora in grado di soddisfare le richieste del settore finanziario

Alla fine dello scorso anno la Cina ha emanato nuove norme in ambito sicurezza informatica che impongono alle aziende che forniscono prodotti software al settore finance – in gran parte statunitensi ed europee – di rilasciare il proprio codice sorgente al governo di Pechino, adottare un sistema crittografico stabilito dalle autorità nazionali e inserire sistemi di “backdoors” sulle proprie infrastrutture hardware e software. L’obiettivo è quello di permettere alle autorità un agevole e penetrante controllo, anche da remoto, sui sistemi informatici forniti e sulle informazioni in essi contenute. Tali nuove regole si inscrivono in un più vasto progetto perseguito dal Governo Cinese, formalmente finalizzato a potenziare e rafforzare la cybersecurity dei più importanti settori dell’economia nazionale, ma sostanzialmente volto a creare un sistema autarchico di approvvigionamento del software. | 68 |

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Solo software “made in China” Basti pensare che fin dai primi mesi del 2014 il Governo Cinese aveva dichiarato di voler rimpiazzare, entro un paio d’anni a livello desktop ed entro 3-5 anni a livello Mobile, tutti i sistemi operativi esistenti con un sistema operativo basato su Linux, in tutto e per tutto “made in China”. E così, durante lo scorso anno, alcuni colossi nel panorama dei vendor, tra cui Microsoft e Apple, sono stati depennati dalla lista dei fornitori della pubblica amministrazione cinese stilata dal Ministero delle Finanze e dalla commissione governativa che si occupa di Riforme e Sviluppo. Tale scelta è stata motivata, agli occhi dell’opinione pubblica, sulla base di esigenze di sicurezza e risparmio energetico (che hanno indotto le autorità cinesi a vietare, per esempio, l’installazione sui terminali pubblici del nuovo sistema operativo Windows 8, nel timore che una futura interruzione


n o rm at iv e | L a C in a de t ta l e re g o l e a i f o rn it o ri di so f t wa r e

degli aggiornamenti, come accaduto per Windows XP, possa comportare rischi di vulnerabilità dei sistemi). In questo contesto, con il dichiarato obiettivo di rendere “sicuro e controllabile” il 75% dei prodotti informatici utilizzati da istituzioni e apparati governativi cinesi, intervengono adesso le nuove stringenti prescrizioni rivolte ai fornitori che approvvigionano il settore bancario. Come riportato da “The New York Times” un paio di settimane fa, ad esse si somma un progetto di legge antiterrorismo che si spinge anche oltre, imponendo alle aziende IT che operano in Cina di conservare i dati relativi a utenti cinesi su server posti all’interno dei confini nazionali e che possano essere controllati dalle autorità locali. Le reazioni delle software house internazionali Com’era facile immaginare, le misure adottate dal Governo di Pechino hanno scatenato la reazione delle aziende straniere produttrici di tecnologie IT, secondo le quali la politica protezionistica adottata dal Paese avrà come effetto non solo quello di avvantaggiare i providers locali, ma anche quello di costringere i produttori di nuove tecnologie che operano a livello globale a creare prodotti significativamente differenti a seconda del Paese cui essi saranno destinati. Con la finalità di ammorbidire la tendenza autarchica di Pechino, lo scorso 28 gennaio diciotto

organizzazioni economiche statunitensi, tra cui la Camera di Commercio degli Stati Uniti, hanno indirizzato al comitato per la cybersicurezza del Partito Comunista Cinese una lettera con la quale si chiede di posticipare l’entrata in vigore delle nuove normative relative all’approvvigionamento IT del settore bancario, considerate eccessivamente intrusive sotto il profilo della sicurezza informatica e poco rispettose della legislazione statunitense in materia di proprietà intellettuale. E se, per un verso, il mercato cinese presenta potenzialità di crescita troppo importanti per essere ignorate dall’industria occidentale (secondo il gruppo di ricerca IDC, solo nel 2015 la Cina spenderà 465 miliardi di dollari nel settore ICT, con un’espansione attesa del mercato “tech” cinese pari a ben il 43% del mercato mondiale di tale settore), per altro verso, gli obiettivi di estromissione straniera perseguiti dal Governo di Pechino si scontrano con l’immaturità della produzione informatica nazionale (sempre secondo IDC, il settore bancario cinese, che spende annualmente miliardi di dollari in hardware e software per gestire efficientemente le proprie transazioni commerciali, non potrà fare immediatamente a meno dei fornitori stranieri, poiché le aziende IT cinesi non riescono ancora a produrre le infrastrutture di fascia alta di cui il settore bancario necessita). Non resta che attendere gli esiti di questo braccio di ferro oriente-occidente che coinvolge rapporti diplomatici, forze di mercato e colossi del settore IT.

Trattamento dei dati personali e cloud computing: emanato il nuovo standard ISO 27018 Nel mese di agosto dello scorso anno, l’International Organization for Standardization ha emanato una nuova certificazione – l’ISO/IEC 27018:2014 – che presuppone e si affianca ai precedenti standard ISO/IEC 27001 e ISO/ IEC 27002 in materia di gestione della sicurezza delle informazioni e viene specificamente indirizzata ai service provider di Public Cloud. La finalità dichiaratamente perseguita da tale Standard è quella di creare un set di regole, procedure e controlli attraverso cui i fornitori di servizi Cloud che, ai sensi della normativa europea in materia di privacy, agiscano in qualità di “data processor”, possano garantire il rispetto degli obblighi di legge in materia di trattamento dei dati personali, fornendo al tempo stesso ai potenziali Cloud service consumers un utile strumento comparativo per esercitare i propri diritti di verifica e audit rispetto ai livelli di compliance normativa

assicurati dal fornitore. L’ISO 27018 richiama e specifica le best practices già enucleate dall’ISO 27002 in materia di security policy, sicurezza organizzativa, fisica ed ambientale, gestione della continuità operativa, controllo degli accessi e sicurezza del personale, stabilendo inoltre, in aggiunta a queste, una serie di misure e controlli ulteriori non necessariamente destinati a tradursi in clausole contrattuali (la trasposizione dei contenuti dello Standard è, infatti, rimessa all’iniziativa del Cloud provider che vi aderisce, trattandosi di misure non cogenti, ma destinate a trovare applicazione su base volontaria); ciò nondimeno è ragionevole prevedere che l’adesione alla Certificazione costituirà un surplus distintivo rispetto alla generalità dei servizi offerti sul mercato, contribuendo alla diffusione di prassi contrattuali e commerciali “virtuose” e conformi alla normativa di legge. www.ict4executive.it

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«Attenzione al lato oscuro del software», COMPAREX e la sfida della gestione delle licenze

In tempi di cloud, virtualizzazione e, soprattutto di immediatezza di accesso agli applicativi attraverso ogni tipo di device, per le aziende diventa sempre più complicato gestire in maniera puntuale ed efficace tutte le licenze software in proprio possesso, che possono essere centinaia se non migliaia e, soprattutto, di forme e tipologie diverse. Tanto che, nel peggiore dei casi, possono essere spesi milioni di dollari per correggere i problemi di conformità. Un tema, una criticità sul quale da sempre ha costruito il proprio DNA e la propria strategia una società come COMPAREX, uno dei principali fornitori di servizi IT in Europa, specializzato, ovviamente, nella vendita di licenze, servizi SAM e consulenza tecnica di prodotto. Una società con cuore a Lipsia ma con una presenza storica e di rilevo in Italia e che, proprio attraverso i successi raccolti nel nostro Paese, sta sviluppando un approccio molto innovativo alla gestione del parco software aziendale. «La rapidità di accesso, i nuovi canali di distribuzione delle applicazioni, la necessità di rispondere in tempo reale ad esigenze che poi si rivelano meno prioritarie del previsto - racconta Roberto Brioschi, Vice President Italy, France and Spain di COMPAREX -, sono elementi che portano oggi i manager a investire su nuovi applicativi e nuove licenze che poi, nel tempo scopriamo essere inutilizzate e fonte di costi importanti. Un problema che con l’avvento del cloud e della virtualizzazione ha subito un’accelerazione dando vita ad ambienti software ibridi in cui è complesso districarsi tra contratti internazionali, sistemi di fatturazione e

Il proliferare di software di forme, dimensioni e soprattutto licenze eterogenee sta generando nelle imprese criticità a livello di costi ed efficacia dei processi. Un problema su cui Comparex ha da tempo basato il suo DNA attraverso una strategia molto precisa e un’offerta di successo

Roberto Brioschi Vice President Italy, France and Spain di COMPAREX

licenze eterogenee. Secondo un recente studio IDC l’85% delle imprese risulta non essere compliant a livello di licenze, il 63% delle quali sono state “verificate” dai produttori ed il 56% ha dovuto emettere ordini aggiuntivi». «Ci siamo dunque trovati nella necessità di andare oltre il ruolo di fornitori di software in favore di un approccio consulenziale che ci permettesse di gestire a 360 gradi il tema delle licenze; un servizio che oggi ha un nome preciso: SoftCare - spiega Brioschi -. Si tratta infatti di un approccio a valore che ha come cuore pulsante la capacità di fornire, consigliare e orchestrare il parco installato dei nostri clienti attraverso tre pilastri: SAM2GO; Arbitrage e COMPAREX Online. In modalità as a service, SAM2GO è un servizio di Software Asset Management che riduce i rischi di non-compliance. Grazie a un consolidato rapporto con i principali fornitori di software a livello mondiale, Arbitrage permette di accedere in modo automatico alle migliori condizioni di acquisto realizzando significativi risparmi. COMPAREX Online infine permette di interfacciarsi con i sistemi di procurement, aumentando l’efficienza dei processi di acquisto dei clienti».

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r e p or tag e

Dal progetto al servizio, la direzione IT cambia ruolo Le potenzialità del Software as a Service sono state al centro di una tavola rotonda che ha coinvolto i CIO di alcune importanti realtà aziendali e della PA. Ne è emerso un quadro incoraggiante, sebbene ancora caratterizzato da una generale prudenza, che vedrà il responsabile IT nel ruolo di direttore d’orchestra, vero broker ICT, capace di indirizzare con maestria e autorevolezza le linee di business verso l’esternalizzazione delle soluzioni

Innovare o conservare? Software as a Service o infrastruttura interna? Consapevoli del fatto che, nel mondo IT - come nella vita - non è mai tutto o bianco o nero, emergono gli interrogativi, le riflessioni, ma anche le volontà innovanti dei CIO rispetto alla rivoluzione del Cloud, lungo tutti i processi aziendali, siano essi strategici o meno, e alle impattanti ricadute di una rinnovata forma mentis sul proprio ruolo manageriale. In questo contesto, ICT4Executive lo scorso 5 marzo ha riunito intorno a un tavolo sette Chief Information Officer di importanti realtà aziendali, due esponenti del Politecnico di Milano e tre rappresentanti di BravoSolution, fornitore di soluzioni as a service nell’area Procurement. Un utile osservatorio sulla posizione e sulla “sensazione” dei responsabili IT rispetto allo stato di adozione di tale modello, alle difficoltà tecniche, strategiche, ma anche culturali legate a un concetto, quello di Cloud, semplice da spiegare, un po’ meno, sembra, da valorizzare in tutte le sue potenzialità e possibili sfaccettature. | 72 |

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E se, come raccontato da Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico Osservatorio Cloud & ICT as a Service del Politecnico di Milano, l’apertura alle soluzioni applicative è positiva ed evidenti sono i segnali di cambiamento e di maturità espressi dai CIO, la strada è ancora lunga da percorrere, sebbene ricca di opportunità. Minori pensieri legati all’integrazione, tangibilità, sicurezza dei dati e maggiore spinta innovativa che già nel 2013 avevano portato a una crescita del 30% della spesa italiana dedicata al Cloud rispetto all’anno precedente. La sfida parte dall’ibrido Su un mercato italiano del Cloud Computing dunque in crescita, soprattutto a livello infrastrutturale, è necessario procedere nell’integrazione di un portafoglio applicativo in modalità as a service. Trova perciò terreno fertile il Cloud ibrido, ma emerge nel contempo la necessità di un approccio graduale, che


r e p o rtag e | Da l p ro g e t t o a l se rv iz io , l a d ire z io n e I t c a mb ia ruo l o

parta ad esempio dalla posta elettronica, per giungere all’office automation e a processi critici come gli acquisti o la gestione dei fornitori. Ecco la sfida dei player del mercato, che, attraverso soluzioni competitive e innovative rappresentano un forte driver di cambiamento. Cambiamento che non è legato solamente al business aziendale, bensì anche, e soprattutto, al ruolo del CIO, abilitatore di innovazione, chiave di volta dell’apertura verso un nuovo modello organizzativo, capace di passare dalla creazione di un progetto interno al consumo di un servizio, da valutare nel dedalo delle offerte sul mercato. Il tutto dimenticando il tradizionale modello dell’Erp “su misura” basato sulle esigenze del singolo cliente, e pensando, invece, a un pacchetto applicativo che implementa best practice consolidate a cui adattarsi, ed evitando rischiose e costose personalizzazioni. Un modello a cui guarda con attenzione Lorenzo Anzola, Corporate IT Director di Mapei, multinazio-

nale che vanta impianti e filiali a livello globale ma che concentra il comparto IT nell’head quarter di Milano. «Per le caratteristiche peculiari di Mapei, la nostra impostazione potrebbe essere vista come una sorta di Cloud privato. Viviamo l’as a service innanzitutto come entità erogatrice del servizio, con un help desk attivo 24 ore al giorno, sette giorni su sette. Tuttavia siamo anche fruitori di as a service, ad esempio per la posta elettronica o, sul mercato americano, per applicativi in ambito marketing e commerciale. La tendenza, comunque, è quella di avanzare in maniera graduale, anche perché i processi business critical comportano alcune complessità, anche a livello di differenze normative e di costumi dal punto di vista territoriale. Per questo motivo, può risultare difficile integrare soluzioni in modalità as a service in un unico passaggio». Medesimo approccio per Davide Nebbia, IT and Organization Director di Corneliani, noto marchio italiano dell’alta moda uomo, che, impegnato in una riqualificazione in ottica strategica del ruolo dell’IT in azienda, sta introducendo il Software as a service a partire dalla posta elettronica e dagli strumenti di collaboration. «Abbiamo intrapreso un percorso che inizialmente porterà fuori dal perimetro dell’impresa le attività non centrali per il business, mentre è più difficile sbilanciarsi verso un’esternalizzazione del dato, vero asset aziendale, anche se poterne mantenere il controllo interno pur affidandone la gestione in esterno, rendendolo facilmente migrabile, comporterebbe una maggiore agilità operativa». Un Cio sempre più abilitatore di innovazione Antesignano dell’as a service, sebbene non in versione Saas, è Marco Ravasi, South Western Europe Information Systems Sales Domain Leader di Danone, che fin dai suoi albori apprezza questa modalità di fruizione. «L’evoluzione verso l’adozione di software in Cloud per supportare processi di business è però ancora in divenire - ha specificato il manager - anche se un primo progetto molto importante sta vivendo le fasi finali. La cessione di processi veramente critici registra ancora molto scetticismo e, spesso, si è trattenuti dalla necessità di assicurare il processo di business. Non è solo un gap legato al SaaS, ma anche www.ict4executive.it

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reportage | Dal pr oge t t o al s e r v i z i o, l a d i r e z i o n e I t c a mb ia ruo l o

Da sinistra a destra: Gabriele Delconti (BravoSolution), Lorenzo Anzola (Mapei) Ezio Melzi (BravoSolution), Gianni Rizzetti (BravoSolution)

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alla propensione al cambiamento delle persone e dalla disponibilità di alcuni management ad accettare soluzioni di mercato che non siano “customizzabili” fin nei minimi particolari». Decisamente aperto alle potenzialità del Software as a service è Stefano Perfetti, IT Manager per l’area Corporate, Marketing e Vendita di A2A, multiutility nel settore dell’energia e dei servizi di pubblica utilità, che, alla ricerca di una maggiore efficienza dei processi, ha sviluppato iniziative in diversi ambiti aziendali quali gli acquisti, la formazione, il marketing e la vendita. «Le “opportunità di automazione” possono essere colte in modo innovativo ed efficace, ferma restando la necessità di intraprendere un percorso equilibrato e rispettoso del contesto e degli investimenti già sostenuti, sia come infrastrutture che piattaforme applicative, valutando attentamente l’effettivo vantaggio economico dato dall’esternalizzazione. Rispetto ai tradizionali modelli di valutazione delle modalità di sourcing (make vs. buy, in house vs. outsourcing/BPO), il Cloud consente di sofisticare l’approccio ed esternalizzare solo le componenti tecniche di servizio, mantenendo in azienda le competenze pregiate, che rappresentano il reale vantaggio competitivo. In questa attività di ridisegno dei processi aziendali, il responsabile IT è chiamato a interpretare un ruolo profondamente diverso rispetto al passato: questo nuovo modo di fare IT consente al CIO di evolvere da ricercatore di efficienza ad abilitatore di nuovi modelli di business, da “braccio operativo” a “mente operativa”, sempre più in simbiosi con la guida dell’azienda». Pensiero perfettamente condiviso da Luca Ballerio, Central Director - Strategic Business Modelling & Chief Information Officer di Epta Refrigeration, multinazionale italiana specializzata nella refrigerazione commerciale per la Distribuzione Organizzata: «Il concetto di Cloud trova applicazione nel nostro Gruppo sin dal 2002, in quando da una unica location (server farm in Milano, ndr) eroghiamo servizi ICT a livello mondiale, 24 ore al giorno tutto l’anno. Da qualche anno utilizziamo anche servizi forniti da provider terzi cui accediamo attraverso la rete pubblica e, tuttavia, la fruizione di questi servizi ha evidenwww.ict4executive.it

ziato nel tempo due criticità, rispettivamente legate alle diverse infrastrutture di networking presenti nei Paesi del mondo in cui siamo presenti e alle modalità di trasferimento di dati e procedure nel momento in cui si decide di chiudere il rapporto. Per le imprese che puntano a crescere anche attraverso acquisizioni, poi, diventa essenziale dotarsi di processi, procedure e servizi standardizzati per contenere l’inevitabile aumento di complessità. Il Software as a aervice può consentire di portare all’esterno parte della complessità pur mantenendo all’interno il supporto dei processi mission critical. Sicuramente interessanti sono i servizi dedicati alla logistica, al procurement e alla certificazione dei fornitori. Ma la vera tendenza del Saas è il grosso cambiamento che sta apportando nel rapporto tra CIO e linee di business, sempre più spesso popolate da figure cresciute nei sistemi informativi e, proprio per questo, capaci di coniugare sensibilità sui processi con un profondo bagaglio di conoscenza degli strumenti informatici e delle opportunità che da questi possono “derivare” nella gestione e sviluppo del business». Cambiare la metafora del sorpasso Anche nell’esperienza di Ezio Melzi, Consigliere Delegato di BravoSolution Italia, il Software as a service rappresenta per i responsabili dei sistemi informativi non solo un vantaggio in termini di flessibilità, sicurezza dei dati e integrazione dei sistemi, ma anche di affermazione della leadership della funzione. “Oltre al fatto che le nuove piattaforme permettono di fruire in forma di servizio, di soluzioni per gestire processi aziendali critici, come il procurement , questa impostazione rappresenta per i CIO una grande opportunità di innovazione e un modo per ribaltare la “metafora del sorpasso”. In molte aziende, infatti, le linee di business si stanno rapportando sempre più spesso in modo diretto con i fornitori per quanto riguarda le scelte tecnologiche. Per confrontarsi con questi nuovi interlocutori, vendor e società di system integration stanno arricchendo le fila delle proprie risorse specialistiche con personale dotato di competenze sia IT che di processo. In questa situazione


r e p o rtag e | Da l p ro g e t t o a l se rv iz io , l a d ire z io n e I t c a mb ia ruo l o

fluida i CIO continueranno a essere protagonisti delle strategie aziendali nella misura in cui sapranno essere portatori di innovazione, anticipando le esigenze del business. Un “sorpasso” che la disponibilità di soluzioni as a service rende più facile. In particolare la gestione della relazione con i fornitori è un processo che sta diventando sempre più critico, soprattutto quando riguarda i fornitori strategici, che rappresentano un asset dell’azienda che va monitorato, misurato, migliorato. Si tratta di un processo che vive ‘naturalmente’ su Internet e che quindi si adatta bene alle caratteristiche di una piattaforma As a service per la sua gestione efficace senza, però, dover rinunciare alle necessarie integrazioni con i sistemi ERP». Il punto di vista accademico sembra proprio concordare con la tendenza a una crescente maturità mostrata dai CIO e al ruolo prorompente che il Sofware as a service riveste per il cambiamento della direzione IT, ma non solo. Daniele Marazzi, ricercatore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, ha infatti portato all’attenzione i risultati di una ricerca realizzata con i direttori degli acquisti e delle vendite, per capire la loro percezione dell’IT e della digitalizzazione dei processi. «In molti si sentono protagonisti della scelta, considerando l’It di supporto al business. Sentiment predominante è, comunque, la necessità di collaborare per garantire una visione trasversale dell’azienda. I CIO, dunque, per non essere relegati a un ruolo di mero osservatore, devono cogliere in modo proattivo l’opportunità del Saas, considerando il cambio di para-

digma in corso, in cui non si parla più di tecnologia ma di funzionalità». Gli IT manager non devono farsi trattenere nemmeno dal punto di domanda dell’exit strategy, che, spesso, rappresenta un freno all’adozione del modello as a service, ma che in realtà esiste anche per soluzioni “on premises”. «Il buon esito della scelta di soluzioni Saas - ci ha tenuto a precisare Gianni Rizzetti, Senior Vice President R&D di BravoSolution - dipende anche dal provider che eroga il servizio e dalla sua volontà e capacità di proporre modalità di attivazione e uscita dei clienti che siano adeguate alle esigenze del mercato as a service». Un altro ostacolo che, a seconda delle capacità del partner, può venire superato, è quello di mettere a disposizione una soluzione as a service che l’utente esperto possa configurare a seconda delle esigenze della propria azienda (settore/ dimensione/caratteristiche) in modo efficace e semplicemente utilizzando una interfaccia utente. Se, poi, la una soluzione totalmente as a service potrebbe non essere la risposta ottimale in alcuni contesti, Gabriele Delconti, Chief Technology Officer di BravoSolution non ha dubbi nell’affermare che può esserlo Il cloud ibrido, in cui è la sola componente applicativa ad essere erogata as a service, con tutti i vantaggi del caso, mentre le componenti infrastrutturali hardware o di data center trovano una soluzione ottimale introducendo la modalità Appliance gestita in cloud, a sua volta declinabile in “Virtual Appliance”, per preservare o fare leva su infrastrutture hardware esistenti, magari già nella forma di

Nelle foto, da sinistra a destra, prima fila: Giuseppe Ceglie (Lombardia Informatica) e Davide Nebbia (Corneliani), Graziella Dilli (Arpa Lombardia), Luca Ballerio (Epta Refrigeration). Seconda fila: Stefano Mainetti (Politecnico di Milano), Stefano Perfetti (a2a), Marco Ravasi (Danone)

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reportage | Dal pr oge t t o al s e r v i z i o, l a d i r e z i o n e I t c a mb ia ruo l o

Conoscere le caratteristiche intrinseche ai processi, condividere le responsabilità con le linee di business, porre il dato al centro, individuare quali aspetti esternalizzare in Cloud, saper creare le giuste roadmap: queste sono le nuove regole Saas per i CIO IaaS, oppure sotto forma di Appliance hardware vera e propria, per ottimizzare l’utilizzo di infrastrutture di data center esistenti o per rispondere a normative o policy di security che richiedono una precisa (nel senso di fisica) collocazione del dato. Un’opportunità per la Pubblica amministrazione

Per il CIO si prospetta un nuovo ruolo: abilitatore di innovazione, chiave di volta di una nuova organizzazione

Interessata alle potenzialità del Software as a service anche la Pubblica amministrazione, rappresentata al tavolo di discussione da Giuseppe Ceglie, Responsabile Dipartimento Esercizio di Lombardia Informatica, e da Graziella Dilli, CIO di Arpa Lombardia. «In qualità di società della Regione Lombardia dedicata all’erogazione dei servizi ICT, gestiamo circa

300 servizi per i cittadini, le aziende e il Governo della Regione - ha spiegato Ceglie -. Negli ultimi due anni è stato sviluppato un progetto per l’erogazione dei servizi ICT in modalità IaaS, che stiamo proponendo anche in ottica di erogazione per conto di altre realtà regionali più innovative, mettendo a fattor comune le infrastrutture e il livello dei servizi ICT di fascia enterprise di Lombardia Informatica». A fargli eco, confermando l’interesse verso il Cloud, la collega Dilli: «Arpa Lombardia è caratterizzata da una grande propensione alla tecnologia. I dati da mettere a fattore comune con altri enti sono molteplici, motivo per cui è stato avviato un percorso volto a soddisfare i bisogni di integrazione e ottimizzazione di applicativi importanti. Il primo passo è quello di mettere in outsourcing l’infrastruttura tecnologica, ma la strada va in direzione del Cloud, da intraprendersi però in maniera graduale, data la tipicità dei sistemi che caratterizzano la nostra attività. Anche nel nostro caso si è partiti dalla posta elettronica, e man mano che si renderanno disponibili altri servizi mirati, a costi accettabili, valuteremo il da farsi». Lo strategic sourcing è nelle corde del Cio Conoscere le caratteristiche intrinseche ai processi, essere pronti a condividere le responsabilità di scelta con le linee di business, porre il dato al centro della propria attenzione, individuare con attenzione quali aspetti esternalizzare in cloud, saper creare le giuste roadmap e definire con lucidità i parametri, e non la customizzazione, sono dunque le nuove regole Saas per i CIO, che deve mantenere il ruolo operativo di chi è capace di effettuare scelte di portafoglio, anche coraggiose. Le riflessioni sviluppate dalla tavola rotonda organizzata da ICT4Executive hanno, dunque, portato a tratteggiare un quadro nuovo, che ha per protagonista il responsabile dei sistemi informativi, ormai lanciato sulla strada della trasformazione, cosciente delle proprie abilità di execution e consapevole che esternalizzare gli asset che non garantiscono vantaggio competitivo, su processi maturi, consente all’azienda di mantenere all’interno energie irrinunciabili. (A.Z.)

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PROSSIMI EVENTI LA SCHOOL OF MANAGEMENT

La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management, dell’economia e dell’industrial engineering che il Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse strutture interne e consortili. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS. Dal 2009 è nella classifica del Financial Times delle migliori Business School d’Europa.

GLI OSSERVATORI DIGITAL INNOVATION

Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative nell’ambito delle ICT: Agenda Digitale, Big Data Analytics & Business Intelligence, Canale ICT, Cloud & ICT as a Service, Cloud per la PA, Collaborative Business Application, Digital Innovation Academy, Digital M&A, eCommerce B2c, eGovernment, eProcurement nella PA, Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Gestione Progettazione e PLM, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT & PMI, ICT & Professionisti, ICT Accessibile e Disabilità, ICT nel Real Estate, Information Security & Privacy, Innovazione Digitale in Sanità, Innovazione Digitale nel Retail, Innovazione Digitale nel Turismo, Innovazione Digitale nelle Utility, Internet of Things, Intranet Banche, Mobile & App Economy, Mobile Banking, Mobile Enterprise, Mobile Marketing & Service, Mobile Payment & Commerce, Multicanalità, New Media & New Internet, Smart Manufacturing, Smart Working, Startup, Supply Chain Finance. OSSERVATORIO GIOCO ONLINE

9 APRILE 2015

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014-2015 Politecnico di Milano Aula Rogers Campus Leonardo Via Ampère, 2 Milano

La Ricerca – promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (AAMS) e da Sogei – si è posta i seguenti obiettivi: misurare il mercato – spesa, fatturato degli operatori e prelievo erariale – nelle sue articolazioni (diverse tipologie di gioco, aree geografiche, fasce di movimentazione e di bilancio, ecc.); studiare il comportamento dei consumatori nei confronti dei giochi online, misurandone il numero e studiandone il profilo socio-demografico; analizzare la struttura dell’offerta e comprendere le strategie di diversi player del settore; misurare l’offerta sui nuovi canali (Smartphone, Tablet, Connected Tv e Social Network) ed approfondire il loro ruolo nell’evoluzione del settore; confrontare il mercato italiano con i principali mercati esteri regolamentati tratteggiare i principali trend in atto e i possibili scenari evolutivi.

OSSERVATORIO INTERNET OF THINGS

14 APRILE 2015

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014-2015 Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano

La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, si è posta i seguenti obiettivi: analizzare l’evoluzione dello scenario applicativo in Italia, individuando i progetti più interessanti e strutturando un confronto con l’estero; stimare la diffusione e il valore di mercato dell’Internet of Things in Italia; monitorare la frontiera dell’innovazione, analizzando le startup più interessanti in Italia e all’estero; approfondire le principali evoluzioni normative che possano influenzare il processo di diffusione dell’IoT, con particolare attenzione allo Smart Metering gas; comprendere il ruolo dell’IoT nella realizzazione delle Smart City, analizzando lo stato dell’arte delle soluzioni e il valore generato in specifici ambiti applicativi (es. valore del traffico e dell’inquinamento, risparmi da efficienza energetica, etc.); effettuare un censimento dei progetti simili a una Smart Urban Infrastructure (SUI) realizzati in Europa e nel mondo; approfondire il valore delle soluzioni IoT per il mondo consumer, con particolare enfasi su Smart Home e wearable objects, elaborando una survey ad hoc sul consumatore finale da realizzare in collaborazione con Doxa; monitorare l’evoluzione delle soluzioni tecnologiche e dei relativi standard in grado di supportare l’Internet of Things, ed effettuare uno scouting delle piattaforme IoT, ripartendo la classificazione per funzionalità offerte e mercato di riferimento; comprendere il ruolo che può giocare l’IoT per Expo Milano 2015 e per i temi ad esso correlati (es. agricoltura sostenibile, tracciabilità di filiera, etc.); porre le basi per l’avvio di progetti pilota.

OSSERVATORIO GECO (GESTIONE PROGETTAZIONE E PLM)

6 MAGGIO 2015

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2013-2014 Politecnico di Milano Milano

La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, è stata realizzata con la collaborazione e il sostegno di partner e sostenitori industriali. La proposta di attività per il secondo anno di vita dell’Osservatorio si è basata su due principi: i) un principio di continuità della tematica di ricerca. La ricerca condotta nel 2012-2013 ha avuto natura esplorativa e ha aperto numerosi fronti di possibile approfondimento, cui dar seguito con una seconda fase di studio. Tale seconda fase è servita in particolar modo a supportare alcuni risultati principali con una certa rilevanza statistica, aumentando il numero di rispondenti e riducendo lo spessore di approfondimento. Metodologicamente questo principio di continuità ha aperto la strada a due modalità di studio: la conduzione di una survey estensiva e la realizzazione di alcuni mirati casi di studio; ii) un principio di miglioramento della visibilità dell’Osservatorio GeCo. La ricerca condotta nella prima edizione dell’Osservatorio ha raggiunto un buon livello di visibilità, come è facilmente testimoniabile dal numero di partecipanti all’evento finale e agli eventi collaterali. Si è cercato comunque di aumentare la visibilità sui media (almeno quelli di settore), razionalizzando anche gli sforzi profusi in eventi e seminari, cercando di raggiungere l’intero territorio nazionale (e non solo quello lombardo), senza dimenticare la dimensione internazionale.

P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O

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r u b r ic a | r ice rche e st u d i a cura di

paola capoferro ronchetta

Istat: nelle imprese italiane mobile, erp e cloud in forte ascesa, a rilento l’ecommerce Il report 2014 sulle realtà con oltre 10 addetti evidenzia tra l’altro crescite delle connessioni Mobile Broadband, della diffusione dei software CRM e della fatturazione digitale, non adatta però all’elaborazione automatica. Il 70% ha un sito web e il 32% usa i social L’Istat ha diffuso il report 2014 sulla diffusione delle tecnologie dell’informazione e comunicazione nelle imprese italiane con almeno 10 addetti, da cui si deducono anche alcune tendenze notevoli delle piccole aziende, in particolare sull’impiego di specialisti ICT, sul Cloud Computing e sull’eCommerce. Per chiarezza useremo l’espressione “piccole imprese” per la fascia 10-49 addetti, e “grandi imprese” per le realtà con oltre 250 addetti. Per cominciare, a fine 2014 oltre il 98% delle imprese con almeno 10 addetti disponeva di una connessione a Internet, di cui il 95% a banda larga fissa o mobile. La percentuale con connessione Mobile broadband in particolare rispetto al 2013 è cresciuta di oltre 10 punti, dal 49,8% al 60%. Le connessioni “fast broadband” (almeno 30 Mbit/s) sono presenti in una grande impresa su tre, e in poco più di una piccola impresa su dieci (11,9%). Quasi il 70% del campione inoltre dispone di un sito web, e meno del 32% usa i social media. Questi dati salgono rispettivamente all’89% e al 52% per le grandi imprese. In particolare il 28,5% delle piccole imprese usa almeno un social network (un profilo aziendale su Facebook, o su un sito di condivisione di contenuti multimediali, come YouTube, Flickr, Picasa, SlideShare), e il 6% un blog aziendale. Per quanto riguarda il commercio elettronico, i dati sono aggiornati al 2013, e si registra un leggero aumento delle imprese che hanno venduto online i propri prodotti o servizi (da 7,6% nel 2012 a 8,2% nel 2013), e una leggera diminuzione di quelle che hanno acquistato (dal 41,7% al 39,6%). Le piccole imprese, in particolare, pur essendosi dotate per la maggior parte di siti web (67,4%), ancora non colgono le opportunità offerte dalla vendita online: solo l’11,5% ha attivato sistemi di raccolta ordini sul proprio sito e il 7,3% ha effettivamente venduto via web o altre reti. Quest’ultimo dato sale al 26% nel caso di imprese grandi. In ambito Mobile, anche l’Istat confer-

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ma la notevole crescita in ambito aziendale. Il 66,8% delle imprese (in forte aumento rispetto al 53,1% del 2013) dichiara di aver fornito ai propri addetti dispositivi portatili, quali computer o smartphone, dotati di connessioni mobili per scopi lavorativi. Tale percentuale si riduce all’aumentare della quota di addetti coinvolti: il 38,1% delle imprese fornisce dispositivi mobili per scopi lavorativi a più del 10% degli addetti e il 19,5% a più del 20%. Nel complesso, la percentuale di interessati è il 13,9% del totale, con un lieve aumento rispetto all’anno precedente (12%). Interessante anche lo spaccato sulla fatturazione elettronica. La percentuale di chi fattura solo su carta è relativamente bassa (8,2%) ma lo è anche quella di chi emette fatture elettroniche in formati adatti all’elaborazione automatica (5,4%), mentre è molto diffusa (56,7%) la fatturazione digitale non adatta all’elaborazione automatica, cioè in formati come pdf, jpg, tif, email. Prosegue ad alti ritmi la crescita nell’adozione di software per la raccolta e condivisione di informazioni sulla clientela (CRM) - dal 23% nel 2013 fino al 28,2% nel 2014 -, e soprattutto del software ERP, dal 27,2% del 2013 al 37,2% del 2014. La minor dimensione di impresa spiega i più bassi investimenti delle PMI rispetto alle grandi imprese nel caso dell’adozione di software ERP, di soluzioni RFID, dell’impiego di personale specializzato in sistemi ICT. In quest’ultimo caso la presenza di specialisti ICT aumenta di pari passo con le dimensioni delle imprese. Nella fascia 10-49 addetti solo l’11% delle aziende impiega questo tipo di professionisti; si sale al 35% per le realtà tra 50 e 99 addetti, al 58% per quelle tra 100 e 249, e al 74% per quelle oltre 250. Per le tecnologie meno legate al livello di complessità organizzativa, le imprese preferiscono investire negli strumenti ICT finalizzati a risparmi di costo e miglioramenti di efficienza, come nel caso del Cloud Computing, utilizzato in qual-

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che forma dal 40,1% delle imprese del campione, percentuale che sale al 47,4% nella fascia delle grandi imprese. Cloud, visioni diverse tra PMi e grandi imprese I servizi di Cloud acquistati più di frequente sono e-mail (34,5%), software per ufficio (16,5%), applicazioni per finanza e contabilità (13,4%), servizi di archiviazione (12,7%), hosting di database (11,1%), applicazioni CRM (5,8%) e utilizzo di potenza di calcolo per eseguire software (3,2%). Se gli ultimi quattro servizi sono utilizzati con più frequenza dalle imprese con almeno 250 addetti, la posta elettronica in Cloud è il servizio più diffuso al diminuire della dimensione aziendale. Tra i fattori che limitano l’uso di servizi Cloud tra chi li usa già, quelli con i maggiori scostamenti tra imprese grandi e piccole sono per ragioni opposte il rischio di violazione della sicurezza (27,3% delle imprese grandi, 19,7% delle piccole), e la conoscenza non adeguata di questi servizi (13% delle grandi imprese e 22% delle piccole). Le grandi imprese inoltre sono più sensibili a problemi come la difficoltà di trasferire dati in caso di recesso del contratto con il fornitore (25,5%), e l’incertezza del quadro legislativo, specie nei casi di controversie (24,7%) e dell’ubicazione dei dati (19,8%). Invece i problemi di accesso ai dati o al software in Cloud (13%) e gli alti costi d’acquisto dei servizi (17%) sono comuni a tutte le imprese. Tra i fattori che ostacolano l’uso di servizi Cloud da parte di chi non li usa ancora, la conoscenza insufficiente dello strumento è indicata dal 31,6% di piccole imprese contro il 14,5% delle grandi, per le quali invece l’ostacolo maggiore è il rischio di violazione della sicurezza (30,8%). Infine tra i benefici il 40,1% delle grandi imprese dichiara come maggior vantaggio la scalabilità dei servizi, mentre le più piccole ne indicano tre: riduzione dei costi, flessibilità, e facilità di implementazione.


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RUBRICA | ri cerch e e s t u d i

Sempre più mobile la pubblicità in italia: spesi 300 milioni nel 2014 Le comunicazioni su smartphone e tablet sono cresciute del 48% in un anno: ora valgono il 15% di tutta la pubblicità online. In ulteriore ascesa anche Mobile Promotion e Couponing. I risultati dell’Osservatorio Mobile & Marketing del Politecnico di Milano II numeri della “rivoluzione Mobile” in Italia sono sempre più impressionanti: la navigazione da Smartphone ha superato quella da Pc – 15 milioni di italiani si connettono a Internet ogni giorno via Mobile per 90 minuti in media, contro i 13 milioni che si collegano con il personal computer desktop, in media per 70 minuti. E tre “mobile surfer” su quattro utilizzano il loro smartphone anche durante lo shopping, per informarsi dentro e fuori i punti vendita. Questi dati fanno capire l’enorme opportunità del Mobile in chiave business. E in effetti le aziende italiane mostrano finalmente di comprendere che il Mobile è non solo un canale formidabile per supportare le politiche di relazione e fidelizzazione dei consumatori, ma che è anche in grado di “rafforzare” gli altri canali, nell’ambito di una strategia “omnichannel”. In quest’ottica si capisce la crescita di investimenti e l’attenzione dei vertici

aziendali anche per tutto l’ambito del Mobile Marketing e Service. Nel 2014 in Italia il mercato della pubblicità su smartphone e tablet (Mobile Advertising) è cresciuto del 48% e ha superato i 300 milioni di euro: si tratta del 15% del valore della pubblicità su internet, e del 4,5% di tutti gli investimenti pubblicitari fatti in Italia l’anno scorso. Soltanto due anni prima, nel 2012, il Mobile Advertising era il 5% dell’Internet Advertising, e l’1% del valore del mercato pubblicitario in Italia. In cinque anni (vedi grafico in fondo all’articolo) questo mercato è decuplicato, passando dai 33 milioni del 2009 ai 302 appunto del 2014. Sono questi alcuni dei moltissimi riscontri del nuovo report dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano, presentato al Campus Bovisa dell’università milanese nel corso di un affollatissimo convegno. Il problema a questo punto però, sottolineano i ricer-

catori del Politecnico di Milano, è che non basta concepire lo smartphone come un altro schermo dove “colpire” il cliente: occorre un’esperienza di marca attrattiva e omogenea lungo tutto il processo d’acquisto, che garantisca un reale valore aggiunto al consumatore, per convincerlo a scaricare e utilizzare la Mobile App della marca. dal retail all’automotive: Come si muovono i diversi settori «Alcuni settori economici hanno già maturato una vision strategica e l’hanno resa operativa, primi tra tutti i “pure player” del mondo eCommerce, nei quali il Mobile guida le scelte di investimento in termini di sviluppo, design, usability – ha detto Andrea Boaretto, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service -. I Retailer tradizionali, invece, stanno valutando come invogliare i propri clienti nell’uso delle App, e stanno lavorando al potenziamento

Mobile Advertising: la dinamica del mercato complessivo Dati espressi in milioni di E

302

+48%

204

Fonte: Politecnico di Milano

+129%

89 +55%

16 2006

+71%

28 2007

+17%

+3%

+12%

+53%

32

33

38

2008

2009

2010

57

2011

2012

2013

2014*

* Dati a pre-consuntivo sul mese di dicembre | 80 |

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RUBRICA | ric e rc h e e st u di

della shopping experience dei consumatori particolare dentro il punto vendita. Le aziende produttrici del largo consumo usano il Mobile per conoscere i clienti e iniziare a costruire una relazione costante con loro, mentre per le imprese di servizi (Finance/Banking, Telco e Utility) il Mobile assume un duplice ruolo strategico di acquisizione nuovi clienti e supporto al customer care. Nel settore Automotive invece il paradigma dell’Internet of Things, delle Connected Car, rende lo smartphone uno strumento di vera e propria interazione col veicolo». Tornando al mercato Mobile Advertising, la forte crescita è certamente un segnale positivo, ma l’Osservatorio rimarca anche la forte concentrazione a livello sia di offerta sia di domanda. Sul lato offerta, tre quarti del mercato sono nelle mani di Google e Facebook, che nel complesso crescono di quasi il 60%. Sul lato domanda, oltre il 60% degli investimenti viene da aziende che fanno vendita diretta tramite il canale Mobile.

«La maggioranza degli investimenti su Mobile – ha detto Marta Valsecchi, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service – è legata a obiettivi di performance, cioè lead generation, download di App, iscrizione a newsletter. Nel 2014 sono cresciuti anche gli investimenti con obiettivi di branding, con campagne che utilizzano formati molto avanzati come Video e Rich Media». Un altro trend emergente è lo sviluppo del Programmatic Advertising anche su Mobile, cioè l’automatizzazione tramite soluzioni software del processo di vendita/acquisto di spazi pubblicitari, che si sta sviluppando in termini di investimenti ad hoc e in una logica di pianificazione multicanale. «Ma l’ambito di innovazione più rilevante è, a nostro avviso, la possibilità di sfruttare le enormi potenzialità di profilazione del Mobile non disponibili su altri canali: per esempio il geo-behavioral targeting», ha detto Valsecchi.

Mobile couponing, l’88% dei consumatori È interessato Per quanto riguarda la Mobile Promotion, retailer e industria di marca confermano l’interesse per l’utilizzo di leve sul canale Mobile, in particolare del volantino e dei coupon dematerializzati. Nel primo caso sono circa 5 milioni gli italiani che sfogliano volantini digitali, di cui il 50% lo fa esclusivamente via Mobile. Lato offerta, circa tre quarti dei Retailer Grocery hanno già inserito il volantino nella propria Mobile App. Anche sul Mobile Couponing si riscontra un interesse altissimo dei consumatori: l’88% dei Mobile Surfer si dice, infatti, molto interessato a usarli. D’altra parte per i retailer il 2014 è stato un anno di sperimentazione sul fronte Mobile Couponing, nella definizione di una strategia di Mobile Marketing più ampia. Infine anche il volume degli SMS inviati dalle imprese ai propri database clienti nel 2014 sono cresciuti del 17%, arrivando a superare i 2,6 miliardi.

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CALENDARIO 2015

I Workshop e Webinar possono essere visti in diretta Web e on demand (successivamente alla diretta). Tipologia

Titolo

Data

Area tematica

11 Webinar

Percorso sulla sicurezza IT e privacy

marzo

Sicurezza IT e privacy

10 Webinar e Percorso sul Social Media Marketing 3 Worskhop

marzo

Social Media Marketing

Webinar

La Fatturazione Elettronica obbligatoria verso tutta la PA: obblighi, impatti e benefici

10 marzo

Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione

Webinar

Smart working: elementi giuslavoristici essenziali

17 marzo

Compliance

Workshop

Extended Supply Chain Management

24 marzo

Smart Manufacturing

Workshop

Illeciti interni e attività di ricerca di evidenze probatorie: aspetti normativi

30 marzo

Compliance

Workshop

Additive Manufacturing (Stampa 3D)

7 aprile

Smart Manufacturing

Webinar

Mobile Payment & Commerce 2014: le novità dell’ultimo anno dall’HCE all’Apple Pay

10 aprile

Mobile Payment & Commerce

Workshop

Gli audit dei software vendor: come gestirli al meglio

13 aprile

Compliance

Workshop

La proposta di Regolamento Europeo in tema di eIAS

22 aprile

Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione

Webinar

Documento informatico e firme elettroniche: novità e elementi legali

24 aprile

Compliance

Webinar

La gestione dei controlli IT in azienda: il punto della situazione sotto un profilo legale

11 maggio

Compliance

Webinar

Virtual currency: fra disruption e regulation una soluzione alternativa … non solo per i pagamenti

13 maggio

Mobile Payment & Commerce

Webinar

Cloud e nuove regole ISO

22 maggio

Compliance

Webinar

Internal Recruiting: canali e modalità di gestione

giugno

HR Innovation Practice

Webinar

Le nuove regole in materia di e-commerce

3 giugno

Compliance

Workshop

Il riuso di soluzioni ICT negli enti locali e in sanità

11 giugno

eGovernment

Webinar

Welfare aziendale e Smart Working

luglio

HR Innovation Practice

Webinar

Come monitorare e misurare i benefici dello Smart Working?

8 luglio

Smart Working


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RUBRICA | ri cerch e e s t u d i

GArtner: mobile, video e iot presto decisivi nell’assistenza ai clienti L’interazione con interlocutori umani rimarrà strategica, ma sempre più interventi di supporto partiranno da oggetti “intelligenti” connessi a internet. Inoltre crescerà fortemente l’utilizzo di soluzioni di video chat La customer experience, e in generale la valorizzazione del rapporto con il cliente, acquista sempre più peso nelle scelte aziendali, ma se i servizi e l’assistenza al cliente su piattaforma Mobile lasciano a desiderare, tutta la strategia di CRM aziendale ne risulta compromessa. Lo sostiene Gartner, che ha emesso un report focalizzato proprio sul Mobile Customer Service, e più precisamente su come si svilupperà nei prossimi anni questo componente sempre più decisivo delle strategie di marketing di moltissimi comparti. «L’impressione generale dell’azienda deriva dalla qualità del servizio offerto al cliente: è questo che distingue una società da un’altra - dice Michael Maoz, Vice Presidente e Analista di Gartner -. Tradurre questo concetto generale e dipartimentale dell’impegno sui clienti in indicazioni operative per tutta l’azienda significa trasformare la definizione di servizio clienti da funzione a sè stante a obiettivo aziendale esteso a tutti i “touch point” con cui il cliente si interfaccia con il business». E in particolare al canale Mobile, per cui il settore IT dovrà cercare soluzioni innovative e utilizzare la soddisfazione del cliente come metro di giudizio per scegliere i progetti giusti. Entro il 2017, un terzo di tutte le interazioni con i consumatori avverrà ancora per mezzo di un intermediario umano. La tendenza generale è di automatizzare e gestire il più possibile le interazioni di assistenza e supporto al cliente. Tuttavia il ritmo di aumento dei canali di scelta (sensori, assistenti virtuali, ricerca avanzata, chioschi, online video chat) e la spinta alla personalizzazione del supporto richiederanno ancora professionisti molto qualificati di Customer Service. Nel 2014, quasi il 60% delle interazioni ha richiesto l’intervento di un supporto umano. Secondo Gartner la percentuale si dimezzerà nei prossimi 24 mesi, con la diffusione dell’uso di strumenti selfservice, community, allarmi e dispositivi mobili. «Le aziende devono concentrarsi

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su quali fasi e attività, in una strategia di “superior customer experience”, possono beneficiare dell’intervento di una persona - prosegue Maoz -. È importante chiedere il parere dei clienti e degli stakeholder interni come quelli nei settori marketing, vendite, assistenza clienti e inventario/trasporti/fatturazione: l’intervento di chi si occupa del rapporto con i clienti può fare la differenza tra una vendita e una mancata vendita, l’accettazione di un’offerta e il suo rifiuto, tra una customer experience di qualità o meno». Altro aspetto importante che modificherà la relazione con il cliente è l’Internet of Things. Entro il 2018, il 5% degli interventi di customer service verrà iniziato da dispositivi connessi a Internet, rispetto allo 0,02% del 2014. Gli oggetti “intelli-

genti” connessi a internet, a parte PC, tablet e smartphone, saliranno a 26 miliardi di unità nel 2020: una casa potrebbe avere più di 500 oggetti intelligenti collegati in una Internet of Things “personale”. Ruolo fondamentale assumeranno anche le tecnologie di video chat, che offrono i vantaggi sia dei servizi automatizzati sia di quelli personalizzati. La terza predizione di Gartner riguarda proprio questo argomento: più di 100 delle 500 più grandi aziende di tutto il mondo introdurranno soluzioni di video chat entro il 2018 per le interazioni con i clienti. La tendenza è spinta dalla crescita dei dispositivi mobili e dall’urgenza di sempre più imprese di fornire un servizio cliente personalizzato come elemento di differenziazione competitiva.

traffico mobile: decuplica in 5 anni con M2M, Cloud e video Entro il 2019 gli utenti mobile saranno 5,2 miliardi (rispetto ai 4,3 miliardi nel 2014) e i device mobili 11,5 miliardi. I dati del Visual Networking Index Global Mobile Data Traffic Forecast di Cisco Il traffico sulle reti mobili continua ad aumentare, ma l’affermazione su larga scala delle comunicazioni tra oggetti “intelligenti” (M2M, machine to machine) darà un’ulteriore spinta in questo campo. La conferma viene dal Visual Networking Index Global Mobile Data Traffic Forecast 2014-2019 di Cisco Systems, secondo cui appunto l’adozione di dispositivi sempre più potenti e di connessioni M2M associata a reti cellulari più veloci segneranno una significativa crescita del traffico mobile. Se nel 2014 l’88% del traffico dati mobile globale ha riguardato funzionalità avanzate di elaborazione/multimediali e una connessione almeno 3G, entro il 2019 crescerà fino al 97%, complici la crescita di smartphone e tablet, il ritorno dei computer portatili in veste mobile, e le applicazioni M2M. Entro il 2019, le reti 3G supporteranno il 44% dei dispositivi e delle connessioni mobili di tutto il mondo, mentre il 4G il 26% delle connes-

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sioni, generando tuttavia il 68% del traffico. Si prevede quindi che il traffico crescerà in misura esponenziale, arrivando a 292 exabyte entro il 2019 (30 exabyte nel 2014), con una crescita di 10 volte in cinque anni, e di 292 volte rispetto al traffico IP fisso e mobile prodotto nel 2000. Secondo Cisco, inoltre, entro il 2019, gli utenti Mobile saranno 5,2 miliardi (rispetto ai 4,3 miliardi nel 2014), cioè il 69% della popolazione mondiale, e gli apparati abilitati al mobile saranno circa 11,5 miliardi, inclusi 8,3 miliardi di dispositivi mobile personali e 3,2 miliardi di connessioni M2M (7,4 miliardi complessivi del 2014). Inoltre si prevede che la velocità delle reti mobili a livello globale crescerà di 2,4 volte raggiungendo 4.0 Mbps nel 2019 e il video rappresenterà il 72% del traffico dati mobile globale (55% nel 2014). Infine anche il traffico Cloud Mobile crescerà di circa 11 volte raggiungendo, nel 2019, 21,8 exabyte al mese.


RU B |RICA | n o mine rubrica nomin e

Flavio Cattaneo Amministratore Delegato, Ntv

Flavio Cattaneo è il nuovo Amministratore Delegato di Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori), la compagnia ferroviaria dei treni Italo. Dopo una carriera passata nel settore pubblico, Cattaneo approda quindi nella società Nuovo trasporto

viaggiatori di Luca Montezemolo e Diego Della Valle. Cattaneo, laurea in architettura al Politecnico di Milano e un passato da imprenditore nel settore dell’edilizia, è stato tra l’altro per due anni, dal 2003 al 2005, Direttore Generale della Rai. Subito dopo è diventato Amministratore Delegato di Terna, la società nata nel 1999 dalla scissione di Enel e che si occupa della gestione delle infrastrutture nazionali di trasporto e dispacciamento dell’energia elettrica. Proprio nei quasi dieci anni in cui è stato a capo della Spa statale in particolare ha conseguito interessanti risultati di prim’ordine, con i conti costantemente in crescita.

Belén Frau Amministratore Delegato, Ikea Italia Dal 1 marzo, Belén Frau è il nuovo amministratore delegato di Ikea Italia, dopo aver guidato per quasi quattro anni il marchio in Spagna, in un periodo e in un mercato particolarmente difficili. Spagnola, 40 anni, sposata con tre figli, subentra a Lars Petersson, che dal primo gennaio è diventato il nuovo retail manager di Ikea USA, il secondo mercato al mondo per il Gruppo, forte di 40 punti vendita e contraddistinto da un alto potenziale di crescita. Laureata in Scienze Economiche, dopo sette anni in Deloitte, Belén è entrata in Ikea nel 2004 nel negozio di Bilbao, prima nel ruolo di business navigator, poi come deputy store manager e quindi store manager. Nel 2011 ha infine assunto il ruo-

lo di retail manager per l’organizzazione iberica. Grazie alle sue doti di leadership e a una marcata apertura culturale ha saputo affrontare le molte sfide legate alla contingenza economica in Spagna, aprendo tre nuovi punti vendita. In questi anni ha sempre dimostrato una grande attenzione nello sviluppo del business, soprattutto attraverso le persone. Belén Frau assumerà in Italia la responsabilità di una rete commerciale di 21 punti vendita (Ikea è presente nel nostro Paese da 25 anni), forte del contributo di oltre 6.000 collaboratori diretti e capace di generare un giro di affari di 1,554 miliardi di euro e un indotto sull’economia italiana calcolato in 21.000 posti di lavoro e in oltre un miliardo di valore aggiunto.

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r u b r ic a | who’ s who cio Giuliano Pozza, Direttore Sistemi Informativi Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus Inoltre Pozza e il suo team si occupano, in collaborazione con altre funzioni aziendali, di supportare l’analisi degli impatti organizzativi e delle ottimizzazioni di processo legate ai progetti IT. La gestione del servizio informatico riguarda tutte le 30 sedi e i circa 30 ambulatori di Fondazione sparsi su 9 regioni italiane per un totale di circa 3.000 utenti attivi. Attraverso la collaborazione con la Direzione Generale, la Presidenza e le altre Direzioni (Centrali e di Polo), la Direzione Sistemi Informativi definisce gli obiettivi strategici dei Sistemi Informativi, le esigenze evolutive, le risorse necessarie e gli impatti organizzativi, sintetizzati nel Piano Strategico – Organizzativo dei Sistemi Informativi di Fondazione. Pozza - laureatosi in Ingegneria Elettronica (indirizzo di Bioingegneria) presso il Politecnico di Milano nel 1994, dal 1998

al 2007 ha ricoperto in Accenture il ruolo di Project Manager con competenze tecniche e di mercato specificamente nella aree Sanità e Industria Farmaceutica. Ha anche seguito alcuni progetti in ambito non profit per la Fondazione Italiana Accenture (www. navigabile.it). Ad agosto 2007 approda all’Istituto Clinico Humanitas con il ruolo di responsabile dell’area applicativa e successivamente riveste il ruolo di CIO per la sede Humanitas di Rozzano, che lascia nel 2011, anno in cui approda in Fondazione Don Gnocchi. Pozza è appassionato di tiro con l’arco, di montagna, di lettura e di scrittura. Ha recentemente pubblicato, insieme al CIO del Beth Israel Deaconess Medical Center John D. Halamka, un romanzo breve sulla cyber security e il ruolo del CIO intitolato “The Fifth Domain”, disponibile su Amazon.

Marco Moretti è il nuovo Group CIO di A2A. Entra così nella multiutility che nel 2013 ha registrato un fatturato di 5,6 miliardi di euro, quotata alla Borsa Italiana, secondo operatore elettrico italiano con oltre 10 GW installati, protagonista nel settore ambientale con 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti trattati, dei quali oltre la metà per produrre energia elettrica, tra i principali operatori in Italia nel teleriscaldamento con 2.382 GWh venduti ai clienti finali, e nel gas con oltre 2 miliardi di metri cubi distribuiti. La carriera di Moretti, classe 1969, inizia nel 1994, al termine dell’università, in Arthur Andersen Consulting (oggi Accenture), in cui acquisisce molteplici competenze nel campo dell’energia. Nello specifico ha gestito diversi progetti di Business Process

Reengineering e System Integration presso i più grandi operatori nazionali e internazionali, nelle diverse aree della catena del valore energy: vendita e trading di elettricità e gas (contact center, reti vendita, sistemi di fatturazione e incassi credito, unbundling, risk management); power generation (real time operation e manutenzione centrali elettriche); distribuzione (manutenzione e asset management rete gas, elettricità, acqua e teleriscaldamento). All’inizio del 2007 diventa responsabile IT in Energie Investimenti (JV GazDeFrance, oggi GDF SUEZ e CAMFIN) gestendo l’avviamento di Italcogim Energie, diventato il terzo operatore gas con cinque miliardi di metri cubi di gas venduto a 1.000 clienti business e oltre un milione di clienti diffusi.

Nel 2009 viene promosso ICT Head di GDF SUEZ Energia Italia, ricevendo tra l’altro il compito di consolidare le attività italiane del Gruppo, nella produzione elettrica (6 GW di capacità installata, 20 TWh prodotti in 7 impianti), nelle vendite (oltre un milione e trecentomila clienti gas ed energia elettrica) e nella distribuzione (14.000 km di rete gas in 470 concessioni) e stoccaggio gas e GNL.

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hanno collaborato

progetto grafico

è una testata di ICT and Strategy S.r.l.

Eliana Bentivegna, Paola Capoferro Ronchetta, Daniele Lazzarin, Marco Maria Lorusso, Giorgio Fusari

Stefano Mandato

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mara.perego@ict4executive.it - Tel. 02.36.57.88.71

ADM Studio Sas - Cologno Monzese (MI)

Direttore responsabile

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Manuela Gianni (manuela.gianni@ict4executive.it)

Illustrazioni di Fabio Margarita

Grafiche Cola Srl - Lecco

Giuliano Pozza è il Direttore Sistemi Informativi (CIO) di Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, una delle principali realtà italiane attive in ambito socio-sanitario. Il suo ruolo prevede la definizione, condivisione e attivazione dei meccanismi di Governance dei Sistemi Informativi, l’allineamento Strategico tra i Sistemi e il piano Strategico di Fondazione e il Program Management dei progetti di IT Transformation in corso.

Marco Moretti Group CIO A2A

Via Durando, 39 - 20158 Milano Iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 Testi e disegni: riproduzione vietata.

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