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bridging the gap between technology & business
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. Umberto Bertelè: le opportunità della Disruptive Innovation . Chris Anderson: la nuova rivoluzione industriale . L’eredità del modello Olivetti nel management . La digital transformation di UniCredit
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L’innovazione dall'interno: creatività, ingegno e la storia di Apple
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JACQUES AT TALI Il mondo che verrà: società ed economia in movimento
Come far emergere il meglio da chi ti circonda
Dove nascono le grandi idee
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L’innovazione reinventata: rompere il nostro mondo iperconnesso
Come ricreare un modello di business e costruire un’azienda affascinante
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editoriale
Creare valore disgregando settori consolidati: il caso WhatsApp di
umberto bertelè presidente advisory board ict4executive autore di “strategia”
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“WhatsApp è riuscita a distruggere il mercato degli SMS in soli 4 anni: un’operazione che avrebbe richiesto in altri tempi tra i 20 e i 30 anni”, ha sostenuto uno dei principali operatori mondiali di venture capital, in occasione della recente acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook per 19 miliardi di dollari. Diciannove miliardi per una start-up nata nel 2009, che è riuscita in 4 anni - investendo pochi soldi (60 milioni di dollari) e con pochissime persone (55 in tutto), ma rinunciando quasi integralmente (dato il suo business model) ai ricavi - a superare la soglia dei 450 milioni di utilizzatori e dei 50 miliardi di messaggi processati al giorno: la più elevata velocità di crescita nella storia dell’economia mondiale. Al di là dell’entità della cifra pagata, è proprio la velocità con cui WhatsApp e le start-up sue concorrenti stanno disgregando un mercato ricco come quello degli SMS, con pesantissimi danni per gli operatori telecom che lo controllano, che a mio avviso merita riflessione. Anche perché si tratta di un mercato di nascita relativamente recente, sviluppatosi (fino all’avvento degli smartphone) con il diffondersi dei cellulari, e anche perché i soccombenti sono in larga maggioranza grandi imprese. Così come merita riflessione il fatto che i nuovi entranti - WhatsApp e le altre start-up - sottraggano alle imprese incumbent quote crescenti di mercato, ma non subentrino a esse (se non in minima parte) nei ricavi e nei profitti, perché offrono i servizi alternativi (quasi) gratuitamente. Una strategia che potrebbe apparire suicida, giustificata però dalla possibilità di quotarsi o di vendersi al miglior offerente, portando in dote la possibilità di fare profitti con la profilatura degli utilizzatori e/o contribuendo con la propria immagine a ravvivare quella dell’acquirente (come nel caso di WhatsApp e precedentemente in quello di Skype pagata 8,5 miliardi di dollari da Microsoft). Quali sono stati gli ingredienti alla base del fenomeno WhatsApp? Se ne possono evidenziare almeno cinque: • la possibilità nata con gli smartphone - il lancio dell’iPhone precede di due anni quello di WhatsApp - di un accesso in mobilità a Internet e quindi di un convogliamento alternativo dei messaggi attraverso Internet stessa. Un convogliamento, viceversa sbarrato ai cellulari, già sfruttato in precedenza per le chiamate telefoniche da Skype ma a partire dai PC; • la possibilità passando attraverso Internet di aggirare la politica di discriminazione dei prezzi in funzione degli utilizzi applicata dagli operatori telecom, offrendo un’alternativa a costo nullo (o quasi) con funzionalità più ampie: quale ad esempio l’inclusione nei messaggi stessi di foto; • la disponibilità crescente di banda larga (broadband), per i suoi riflessi sulla qualità dei servizi fatti transitare attraverso Internet; • la disponibilità di una infrastruttura sempre più consistente di cloud computing, che permette di memorizzare dati ed eseguire elaborazioni anche molto complesse in remoto: attribuendo di fatto alle app (quale la stessa WhatsApp è) il ruolo di comando, senza gravarle della pesantezza dei processi che esse stesse attivano e controllano; • il costo estremamente contenuto per la creazione e la diffusione di una app di così grande successo. La crescita di WhatsApp attraverso la disgregazione di un settore ricco come quello degli SMS è un caso esemplare di big-bang disruption, cioè il fenomeno, dilagante nell’economia, di sparizione di interi settori o comunque di stravolgimento delle loro logiche competitive per l’entrata in gioco di business model completamente (quale quello di WhatsApp) o parzialmente alternativi, resi possibili dalla più recente ondata di innovazioni tecnologiche e di investimenti infrastrutturali nell’ICT. Big-bang disruption è anche il titolo del recentissimo libro (di cui presto uscirà la versione italiana) di Larry Downes e Paul F. Nunes, i due studiosi che hanno evidenziato e razionalizzato il fenomeno. E alla big-bang disruption è dedicata la cover story di questo numero di ICT4Executive.
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cover story
Le opportunità della disruptive innovation
di Umberto Bertelè, School of Management, Politecnico di Milano
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management
Con il digitale, anche il manufacturing diventa fai-da-te di Chris Anderson, imprenditore, saggista e giornalista
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Adriano Olivetti, un’eredità preziosa e sempre più attuale
di Andrea Granelli, Presidente di Kanso e dell’Associazione Archivio Storico Olivetti
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HR oltre la crisi, le mosse dei Direttori delle Risorse Umane
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interviste
Advisory Board Umberto Bertelè Presidente Advisory Board Giampio Bracchi Politecnico di Milano Carlo Alberto Carnevale Maffè Università Bocconi Maurizio Dècina Politecnico di Milano Giuliano Noci Politecnico di Milano Paolo Pasini SDA Bocconi Andrea Rangone Politecnico di Milano Francesco Sacco Università dell’Insubria - SDA Bocconi Gianluca Spina Dean - MIP Enzo Bertolini CIO Ferrero Group Nunzio Calì Deputy CIO Fiat Group Automobiles e CIO Fiat Group Purchasing Gianluigi Castelli Executive Vice President ICT ENI Pierluigi Curcuruto COO Intesa Sanpaolo Milo Gusmeroli Vicedirettore Generale Banca Popolare di Sondrio Massimo Milanta Direttore Generale di UniCredit Business Integrated Solutions Alessandro Musumeci Direttore Centrale Sistemi Informativi Ferrovie dello Stato Filippo Passerini President, Global Business Services and CIO Procter & Gamble Nader Sabbaghian Amministratore Delegato BravoSolution Raffaello Balocco Segretario Advisory Board
La via di UniCredit verso il digitale
Massimo Milanta, Group Chief Information Officer UniCredit
La multicanalità del Gruppo Coin
Gianluigi Zarantonello, Responsabile Digital Marketing Coin
Dietro il successo di un sito di commercio elettronico
Alessandro Perego, Politecnico di Milano
MyBank, il bonifico per l’eCommerce è realtà
Antonella Vanara, Business Development Manager, SIA
Finmeccanica, l’innovazione è anche digitale
Marco Conte, Senior Vice President, Finmeccanica
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ADP, i paradigmi dei social network fanno evolvere i sistemi HR Nicola Uva, Strategic e Marketing Manager ADP
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osservatorio
Mobile, la chiave per un marketing davvero multicanale
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Internet of Things, l’Italia primeggia in ambito europeo
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Se parliamo di professionisti, in realtà parliamo di imprese di Claudio Rorato, Politecnico di Milano
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speciale “sanità”
Il digitale migliora i servizi e fa risparmiare miliardi
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speciale “fatturazione elettronica”
Fatturazione elettronica e dematerializzazione, nuovi modelli di relazione per imprese e PA
Documento digitale, la normativa italiana è completa
intervista a Giusella Finocchiaro, Professore Ordinario di Diritto Privato e di Diritto di Internet nell’Università di Bologna
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rubrica | ricerche e studi
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rubrica | nomine
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cov e r s tory
di
umberto bertelè
School of Management Politecnico di Milano autore di “strategia”
Le opportunità della disruptive innovation Interi settori dell’economia spazzati via in pochi anni, o completamente stravolti. È l’effetto dirompente dell’innovazione digitale, un big-bang che sta mietendo illustri vittime ma che è anche in grado di creare nuovi mercati altrettanto rapidamente, a volte anche con costi molto contenuti. L’analisi di Umberto Bertelè passa in rassegna i casi più significativi
L’enorme diffusione su scala mondiale di smartphone e tablet, la loro possibilità di offrire attraverso il meccanismo delle app - in connessione con gli altri attori degli ecosistemi costruiti attorno a essi - una varietà elevatissima di funzionalità negli ambiti più diversi, il basso investimento necessario per la creazione delle app stesse, le dimensioni raggiunte dall’infrastruttura cloud e la disponibilità crescente della banda larga, insieme con l’attitudine delle persone a rimanere sempre connesse: sono gli ingredienti che Larry Downes e Paul F. Nunes indicano come principali responsabili del fenomeno di Big-bang disruption, introdotto nell’editoriale (cui si rimanda) attraverso la presentazione del caso esemplare di WhatsApp, e titolo di un recente libro dei due studiosi. Un fenomeno dilagante nell’economia, che - mettendo in pista business model alternativi - può portare alla sparizione di interi settori o comunque stravolgerne le logiche competitive. Un fenomeno così a macchia d’olio e ramificato da far sostenere agli autori che | 6 |
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“today every business is a digital business”, ovvero che ogni attività economica può essere oggetto di riconcezione alla luce delle potenzialità offerte dall’ultima ondata di tecnologie digitali e dalle trasformazioni negli stili di vita da esse indotte. Un fenomeno favorito, come Downes e Nunes hanno ben evidenziato, non solo dal costo spesso molto ridotto ma anche dalla facilità e velocità con cui possono essere create le app: per la disponibilità in rete di una molteplicità di spezzoni di software utilizzabili gratuitamente e per la possibilità di procedere con gradualità nella loro messa a punto, testandone direttamente la validità in rete e modificandole (data la facilità di farlo) se necessario. Disruption: un termine non nuovo ma con un significato nuovo L’uso del termine disruption, molto onomatopeico e in grado di tramettere l’idea di un’onda mon-
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tante in grado di sbriciolare tutto quanto si trovi lungo il suo cammino, non è nuovo. Lo avevano utilizzato in particolare Bower e Christensen, nel loro famoso articolo “Disruptive Technologies: Catching the Wave” pubblicato su HBR quasi vent’anni fa, per illustrare un fenomeno diverso: quanto potesse essere devastante per le imprese incumbent di un settore non accorgersi dei rischi di lasciar crescere a livelli di scala elevati - nella fascia bassa del mercato - imprese portatrici di nuove tecnologie caratterizzate da costi bassi ma da prestazioni altrettanto basse, per poi soccombere a esse al migliorare delle prestazioni stesse. Mentre la disruption di cui parlano Downes e Nunes è spesso molto più radicale: non sono tanto le imprese leader in un’area di business a sparire (o quasi) in quanto scalzate e sostituite da altre, ma sono le aree di business stesse a perdere la loro ragion d’essere perché le funzionalità che le caratterizzavano vengono soddisfatte in modo diverso e a costi spesso nulli (o quasi). La qualificazione big-bang d’altra parte rende molto bene l’idea della velocità con cui, una volta messo in moto, il processo di disruption si realizza: una velocità che evoca quella che i matematici modellizzano con la teoria delle catastrofi.
L’orologio non serve più per leggere l’ora Alcuni casi di disruption in atto hanno avuto inizio prima dell’ultima ondata di innovazioni ICT, ma si sono rafforzati con l’avvento degli smartphone e dei tablet. La possibilità ad esempio di usare ora Skype anche in mobilità e la prospettiva che WhatsApp diventi concorrente di Skype promettono un futuro sempre più fosco per i ricchi ricavi da conversazioni telefoniche degli operatori telecom. Anche la crisi dell’uso dell’orologio per leggere l’ora - un’abitudine di antica data - ha avuto origine al tempo dei cellulari. I cellulari allora, e gli smartphone oggi, offrono naturalmente questa funzionalità, con la conseguenza che l’orologio non è morto, ma soddisfa prevalentemente bisogni diversi: può essere un gioiello (anche per gli uomini) o un accessorio di moda, può misurare prestazioni sportive o parametri di interesse medico, può in prospettiva giocare un ruolo rilevante nell’ambito delle cosiddette wearable technology. Si acquistano sempre meno macchine fotografiche digitali compatte La fotografia digitale ha ucciso in pochissimi anni Kodak, l’unica impresa (insieme con General Electric)
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cover story | Le oppor t u ni tà d e ll a d i s r u pt i v e in n ovat io n
figura 1 - Il crollo delle macchine fotografiche digitali compatte 50
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Gennaio
Andamento del titolo dei due leader giapponesi del settore nella prima metà del 2013, in confronto con l’indice della Borsa di Tokio. Nel trimestre aprilegiugno, le vendite di Canon sono calate del 26% rispetto all’anno precedente, quelle di Nikon del 30%
Febbraio
Marzo
Aprile
Nikkei 225
Maggio Canon
rimasta in vetta alla classifica per capitalizzazione per quasi tutto il secolo scorso, e l’ha uccisa senza che nessuno riuscisse a subentrarle nei rilevantissimi profitti che essa traeva dalle pellicole fotografiche. A pochi anni di distanza sono ora le macchine fotografiche compatte - un mercato controllato per quasi la metà da Canon e Nikon a livello mondiale - a essere sotto attacco (quasi un terzo di vendite in meno in un anno): non perché qualcuno voglia prendere il posto di Canon e Nikon, ma perché gli smartphone offrono la stessa funzionalità a un costo percepito come nullo e a un livello qualitativo che continua a crescere come conseguenza della guerra fra i produttori degli smartphone stessi. Gli smartphone rottamano i navigatori portatili Con una semplice app gli smartphone, naturalmente dotati del dispositivo GPS, si possono trasformare in navigatori portatili. Con un effetto disruptive per imprese come TomTom e Garmin che ne sono leader di mercato, ma senza subentrare nei loro ricavi e profitti: dal momento che le app sono scaricabili gratuitamente o a prezzo molto esiguo. È da notare che, come per le macchine fotografiche digitali compatte, ad essere colpiti dalla big-bang disruption siano anche in questo caso prodotti giovani: la nascita dei navigatori portatili risale infatti ai primi anni di questo secolo. Gli smartphone e i tablet rubano spazio alle console per videogame Più vecchie dei navigatori portatili, le console per videogame sembravano sino a pochi anni fa destinate a un futuro in crescita. Ma la comparsa sul mercato degli smartphone e dei tablet ha avuto un effetto disruptive sulle console portatili e rappresenta un freno significativo al raggiungimento dei livelli di vendite del passato
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Giugno
Luglio
Agosto
Nikon
anche per i nuovi modelli di Wii, PlayStation e Xbox. “Casual gamers are abandoning specialised hardware in favour of playing on phones and tablet computers, on which titles can be downloaded at a fraction of the cost”, scriveva recentemente il Financial Times dando notizia dei cattivi risultati rispetto alle attese di Nintendo. E una conferma viene dal fatto che il 70-80 per cento dei ricavi dalla vendita di app, circa 26 miliardi di dollari nel 2013, proviene proprio dai giochi. Sono sempre più in crisi i giornali e ci sono sempre meno edicole La crisi dei giornali è iniziata al tempo dei PC, ma si è acuita drammaticamente con la diffusione degli smartphone e dei tablet, che permettono anche in mobilità l’accesso in tempo reale all’informazione. Sono in forte calo nei paesi sviluppati le vendite della tradizionale carta stampata, compensate solo in parte dalla crescita delle copie virtuali. Cresce l’accesso ai siti, ma con una forte resistenza a pagare un servizio nato come gratuito. È in drastico calo la raccolta pubblicitaria. È una crisi che riguarda la natura stessa del prodotto giornale, che rischia di essere vissuto come obsoleto nel momento in cui va nelle edicole con le notizie - già diffuse in rete - del giorno prima. Non è un caso che tra i pochi giornali e settimanali che non hanno sofferto questa crisi, ma che l’hanno anzi cavalcata usando la rete per raggiungere (favoriti anche dalla lingua) nuovi lettori in tutto il mondo e riuscendo a farsi pagare gli accessi online, ci siano il Financial Times, The Wall Street Journal e The Economist: tutti riguardanti il mondo economico-finanziario, tutti ricchi di informazioni specialistiche e di commenti approfonditi. Mentre impressiona che sia in perdita da anni un giornale della notorietà del New York Times e come un altro famoso - lo Washington Post - sia stato acquisito a titolo personale, dopo anni di perdite, dal capo carismatico di Amazon Jeff Bezos.
Fonte: Six Financial Information
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La crisi dei giornali tradizionali apre ovviamente lo spazio alla nascita di start-up: a giornali con redazioni estremamente leggere, che operino contemporaneamente per la carta e per la rete, o a giornali o blog solo online quali l’Huffington Post (uno dei siti più visitati al mondo). La crisi della carta stampata ha ovviamente colpito il terminale ultimo della catena distributiva, le edicole: a Milano, negli ultimi anni, circa un terzo di esse ha interrotto l’attività. Sono sempre più in difficoltà le librerie È con il lancio vent’anni fa dell’attività di e-commerce di Amazon che la tradizionale distribuzione dei libri attraverso le librerie e le loro catene ha iniziato a entrare in crisi: una crisi acuitasi con il lancio nel 2007 (lo stesso dell’iPhone) dell’e-reader Kindle di Amazon e con la diffusione degli e-book - resi fruibili su tutti i supporti (PC, smartphone, tablet e e-reader) - che nel 2011 negli Stati Uniti hanno superato addirittura in copie le vendite in formato cartaceo. È fallita nel 2011 Borders, la seconda grande catena di librerie statunitense. È in difficoltà la prima, Barnes & Noble, nonostante il tentativo di contrattaccare Amazon entrando con Nook negli e-reader: come testimonia la perdita cumulata di 700 milioni di dollari attesa per il prossimo triennio. Soffrono le librerie italiane. Ma anche le catene retail tradizionali soffrono la concorrenza dell’e-commerce “The customer who visits the discounter’s giant stores and the customer who orders online from Amazon are increasingly the same person”, notava
recentemente The Wall Street Journal evidenziando le difficoltà che anche Target (73 miliardi di dollari di ricavi e circa 40 di capitalizzazione) - uno tra i principali retailer tradizionali statunitensi - stava incontrando con il suo e-commerce, aperto per cercare di controbattere la concorrenza sempre più forte di Amazon (figura 2). Una concorrenza resa particolarmente insidiosa dal cosiddetto effetto showrooming, dalla crescente tendenza cioè dei consumatori a usare i punti di vendita fisici come showroom in cui visionare i prodotti, acquistandoli però direttamente online se ne esiste la convenienza (verificata leggendo con lo smartphone i codici QR). Anche Wal-Mart, il più grande retailer tradizionale su scala mondiale (con oltre 2 milioni di addetti, 476 miliardi di dollari di ricavi e 240 di capitalizzazione), è costretto a vedere sempre più Amazon come un rivale diretto. Mentre infatti cinque anni fa era solo un quarto dei suoi clienti che effettuava acquisti anche da Amazon, ora questa percentuale - secondo Bloomberg Businessweek - è salita al 50 per cento. Musica, film e televisione La crisi degli editori musicali, attaccati dai siti pirati, è addirittura anteriore allo scoppio della bolla Internet. E di poco posteriore è il lancio da parte di Apple nel 2001 dell’iPod, e insieme a esso dell’innovativo store iTunes per il download a prezzo contenuto dei brani musicali: previo accordo con gli editori, che la considerarono come il male minore dopo il fallimento della vendita diretta attraverso propri siti. Un’operazione che come noto introdusse l’idea innovativa di costruire attorno al bene fisico venduto (allora l’iPod e successivamente l’iPhone e l’iPad) un ecosistema in grado di moltiplicarne le funzionalità e uno store in cui poter effettuare
figura2 - Il successo di Amazon
Fonte: Kantar Retail ShopperScape, ottobre 2012 - settembre 2013 The Wall Street Journal
Nordstrom
Percentuale di clienti di alcuni noti retailer statunitensi che hanno anche visitato il sito di Amazon nelle stesse quattro settimane dell’indagine
Toys ‘R’ Us Best Buy Barnes & Noble Macy’s Target Home Depot Kmart Wal-Mart Dollar General 0%
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I periodi di cambiamento rappresentano anche grosse opportunità per riposizionarsi nel nuovo contesto. Occorre però che siano perseguite con grande determinazione, concentrando le risorse ove si vede un futuro e non dissipandole con grande facilità acquisti (allora di brani musicali e nel seguito principalmente di app) anche di piccola entità. Un’operazione disruptive per i profitti degli editori musicali, che avevano però come alternativa quella di essere travolti dai siti pirata, e viceversa molto favorevole - a differenza di diversi casi visti in precedenza - per le casse di Apple. Gli anni più recenti hanno visto lo streaming, un business model che come noto sostituisce alla vendita di brani musicali la possibilità di un loro ascolto per un numero limitato o (a pagamento) illimitato di volte, rubare sempre più spazio al download. Un cambiamento legato in larga misura all’entrata prepotente sul mercato di start-up - quali Spotify, Deezer, Rdio e Pandora - che offrono il loro servizio, con modalità molto articolate, su tutti gli apparati mobili (attraverso app) oltre che sui PC. Il modello streaming ha un successo crescente anche per i film, favorito dalla disponibilità da un lato di una banda sempre più larga e dalla crescente diffusione dall’altro dei tablet e degli stessi PC. Nella lunga strada dalle videocassette allo streaming - passando per i DVD e il download - si è affollato, a partire dalle provenienze più diverse, il novero dei distributori. Che ora comprende ad esempio nel nostro Paese tra gli altri le grandi del mondo Internet e dei videogame (Apple con iTunes, Microsoft con Xbox Video, Sony con PlayStation 3 Video Store e Google), gli operatori telecom (Telecom Italia con Cubovision e Fastweb con Chili-TV) e gli operatori televisivi (Mediaset e a breve Sky); mentre non sono ancora presenti due operatori di grandissima rilevanza come Amazon e Netflix, che si muovono a cavallo fra il cinema e la televisione, con la continua tentazione di affiancare al loro ruolo di canali di vendita quello di produttori. In generale la televisione è considerata da anni, dalle grandi del mondo Internet, come una delle più promettenti aree di futura espansione: da conquistare attraverso la vendita di contenuti, ma anche di dispositivi hardware (quali l’Apple TV Box, il Chromecast di Google o l’Xbox One di Microsoft) in grado di facilitare allo stesso tempo la connessione e l’acquisto dei contenuti stessi. Così come si cerca di sfruttare - Google in particolare - la tendenza di molti giovani ad abbandonare la televisione a favore dei dispositivi mobili: i ricavi pubblicitari di YouTube, arricchita a tale scopo di contenuti professionali, hanno superato nel 2013 la so| 10 |
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glia dei cinque miliardi e mezzo, con un incremento del 50 per cento rispetto all’anno precedente. Useremo sempre più lo smartphone anche per pagare? Le prospettive di disruption non risparmiano nemmeno il mondo bancario-finanziario. Vi sono elevate probabilità che una quota crescente di pagamenti - per gli acquisti nei negozi e nelle grandi catene - passi nel prossimo futuro attraverso lo smartphone. I business model in gara per un mercato potenzialmente molto ricco sono molteplici e di diversa natura sono gli attori economici che li propongono: da una parte gli operatori telecom (in alleanza con le banche), che vogliono sfruttare le tecnologie NFC (presto disponibili su larga parte degli smartphone) per raccogliere direttamente gli ordini di pagamento ed essere leader di filiera; dall’altra le grandi di Internet, quali Google e eBay con PayPal, che propongono sistemi che dirottino su Internet gli ordini, per essere esse stesse a intercettarli e ad attivare filiere (almeno in parte) diverse. Ma anche la gestione del risparmio può diventare preda di nuovi attori. È quanto sta accadendo ad esempio in Cina, ove stanno entrando con successo nel settore - approfittando della scarsa efficienza del sistema bancario - i cloni locali di Amazon, Facebook e Google: rispettivamente Alibaba, Tencent e Baidu. Nuovi business model per la sanità e per la formazione? I costi sempre più alti della sanità - per l’invecchiamento della popolazione e (negli Stati Uniti) per l’estensione dell’assistenza a oltre 30 milioni di persone voluta da Obama - rappresentano una potente spinta a cercare business model nuovi, meno costosi ma con livelli di servizio adeguati: ad esempio promuovendo l’assistenza domestica rispetto al ricovero ospedaliero, con un controllo a distanza del possibile insorgere di situazioni critiche per gli assistiti. Una strada che smartphone e cloud, con l’ausilio di sensori in grado di monitorare lo stato di salute, possono in molti casi soddisfare, ma che comporta cambiamenti radicali - spesso disruptive - nell’organizzazione dei servizi e delle strutture sanitarie.
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Analogamente qualcosa si sta muovendo anche nel campo della formazione, notoriamente uno dei comparti ove minore è stata la crescita della produttività per la difficoltà di conciliare l’industrializzazione dei processi di formazione con il mantenimento di un loro buon livello qualitativo. L’entrata in campo da un lato dei MOOC-Massive Open Online Courses, corsi online aperti pensati (da alcune dei più famosi atenei mondiali) per una formazione a distanza di un numero elevato di utenti, e le sperimentazioni dall’altro poste in essere da molte business school (tra cui il nostro MIP) per accrescere la flessibilità di fruizione, potrebbero non solo avere effetti disruptive sull’organizzazione, ma cambiare anche profondamente le logiche di competizione (ad esempio nella direzione di una globalizzazione crescente). Le potenzialità maggiori - in particolare nel nostro Paese - si hanno però nella pubblica amministrazione, che potrebbe fare passi da gigante (in termini di produttività e di sburocratizzazione dei servizi ai cittadini e alle imprese), sfruttando l’ultima ondata di innovazioni tecnologiche ma anche recuperando i ritardi nell’adeguarsi alle ondate precedenti: con una fortissima resistenza al cambiamento esercitata però dalle strutture esistenti, per gli effetti disruptive che si potrebbero avere sull’occupazione e più ancora sugli assetti di potere. Anche l’auto diventa connessa Gli esempi forniti riflettono solo una parte di ciò che sta succedendo. Non ho parlato ad esempio della disruption delle agenzie di viaggio tradizionali, non ho parlato della concorrenza che un sito come Airbnb (che offre case private o stanze in ben 34 mila città o paesi) porta alla fascia media e bassa delle strutture alberghiere, non ho parlato delle trasformazioni nell’organizzazione interna delle imprese, non ho parlato delle potenzialità che si aprono con la crescita dell’Internet of things o con lo sviluppo delle tecnologie 3D. Un ultimo accenno lo voglio però dedicare all’auto, il prodotto industriale per eccellenza, che si avvia a essere sempre più connessa e che sta diventando un oggetto di grande interesse - come la televisione - per imprese apparentemente lontane come Apple e Google. È recente l’annuncio della collaborazione di Apple con Ferrari, Mercedes e Volvo e di Google con Audi e altri gruppi automobilistici: al momento per facilitare ai guidatori lo sfruttamento dei servizi offerti dagli smartphone durante la guida, ma con una ovvia possibilità di nascita di nuovi servizi atti a rendere più sicura la guida. È recente l’annuncio che Google, come sul versante automobilistico BMW, ha messo a punto un sistema sperimentale che permette all’auto di funzionare senza guidatore. È significativo che sia girata la notizia, anche se se ne ignora la consistenza, di una possibile acquisizione da parte di Apple di Tesla: os-
sia della start-up più innovativa nel mondo dell’auto, guardata con attenzione dal mercato finanziario (che le attribuisce una capitalizzazione di 30 miliardi di dollari), che si propone di mettere sul mercato auto elettriche con prestazioni molto superiori rispetto a quelle sperimentate finora. Le opportunità Il titolo di questa cover story parla di opportunità. Perché? Perché i periodi di cambiamento comportano naturalmente grossi timori guardando a tutto ciò che è oggetto di disruption, ma rappresentano anche grosse opportunità per riposizionarsi nel nuovo contesto. Occorre però che le opportunità siano perseguite con grande determinazione, concentrando le risorse ove si vede un futuro e non dissipandole - al di là di quanto richiesto per rendere la transizione meno dolorosa e socialmente più accettabile - per tenere artificiosamente in vita realtà destinate a sicura morte. È un grosso problema per il nostro Paese, che spesso sembra più puntare alla conservazione del passato che non alla costruzione del futuro, che (come ho scritto altre volte) privilegia gli zombie rispetto alle start-up.
I timori per l’occupazione e per la sopravvivenza della classe media Come sempre accade nei periodi caratterizzati da forti ondate innovative, all’interesse o addirittura all’entusiasmo per le nuove modalità di vita che ci vengono offerte (ben testimoniate dalla velocità con cui i social network hanno cambiato le nostre abitudini), si contrappongono le preoccupazioni per la tenuta dell’occupazione e - in questo caso specifico - per il rischio che le posizioni messe più a rischio dalle nuove tecnologie intelligenti siano proprio quelle tipiche della classe media. E non a caso questo è stato uno dei temi centrali dello World Economic Forum di Davos di quest’anno. Due i principali timori, al di là del problema di gestire con ammortizzatori sociali la fase di transizione: • che occorra un certo numero di anni prima che emergano nuove attività capaci di creare occupazione; • che si radicalizzi la distanza fra le componenti più ricche e più povere della popolazione, già accentuatasi in questi anni nei paesi a maggiore sviluppo come conseguenza della globalizzazione, mettendo a rischio la stessa democrazia (che ha nella classe media il pilastro fondamentale). Sono timori non del tutto infondati, non facili da superare - in un contesto di economia aperta - con provvedimenti redistributivi assunti unilateralmente dai singoli Paesi. La speranza ovviamente è che siano timori eccessivi, alimentati da un contesto di crisi che favorisce il pessimismo. www.ict4executive.it
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m a n ag e m e nt
di
con il digitale, anche il manufacturing diventa fai-da-te
Chris Anderson
imprenditore, saggista e giornalista
Dopo il best seller “The Long Tail”, Chris Anderson si è concentrato nel suo ultimo libro sul fenomeno dei “maker”, apripista di una nuova rivoluzione industriale in cui ciascuno presto potrà progettare un prodotto, stampare in 3D il prototipo, e farlo fabbricare in volumi di massa tramite servizi cloud. Un fenomeno che l’ex direttore di Wired sta vivendo direttamente, visto che ha fondato e dirige un’azienda che produce droni
Già direttore di Wired Magazine dal 2001 al 2012, e autore del best seller “The Long Tail”, Chris Anderson è uno dei più ascoltati esperti degli impatti delle tecnologie avanzate sull’economia. Nel 2012 ha pubblicato “Makers: The New Industrial Revolution”, i cui temi sono stati al centro del suo intervento al World Business Forum 2013 di Milano, di cui qui riportiamo una sintesi. Negli anni ‘50 la trasmissione broadcast di radio e TV ha dato origine a un modo nuovo per raggiungere le persone e comunicare con loro: sono nati così i “mass media”, e i contenuti indifferenziati pensati per il consumatore medio. Alla fine del 20° secolo però l’evoluzione tecnologica ha messo in forte crisi questo modello, dimostrando che non siamo un’unica massa, non esiste un consumatore medio, e ognuno ha una sua identità e propri gusti. Un esempio è YouTube: ciascuno di voi può girare un video, postarlo e conquistare potenzialmente | 12 |
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milioni di spettatori, e viceversa trovare filmati anche sugli interessi più ristretti e specialistici. Questo è ciò che definisco “The Long Tail”, una sorta di onda lunga nei consumi influenzata da due fattori principali: l’aumento della disponibilità di qualcosa e la diminuzione dei costi di ricerca di quella cosa. Abbassare i costi di creazione/distribuzione vuol dire offrire più varietà, e questo a sua volta significa soddisfare gusti e preferenze di un maggior numero di persone, e quindi delle nicchie di domanda, che assicurano margini più alti della media. La stampa 3D cambierà le vite dei nostri figli Tutto questo si deve all’evoluzione tecnologica, che sta aprendo la strada a un’imminente nuova rivoluzione industriale. La prima è stata legata alla meccanica, alla catena di montaggio e alla produzione di massa, e ha avuto un impatto anche sull’a-
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Chi è Chris Anderson Chris Anderson è diventato famoso come Editor in Chief di Wired Magazine, che ha diretto dal 2001 al 2012, ottenendo molti premi sia per la rivista (“Magazine of the Decade” da AdWeek nel 2009), sia personalmente (Time l’ha inserito nei “100 most influential people in the world” nel 2007). In precedenza aveva lavorato per le riviste Nature e Science, e dal 1994 al 2001 per The Economist, di cui è stato inviato a Londra e Hong Kong, e US Business Editor a New York. Nel 2004 ha scritto il best seller “The Long Tail”, sull’importanza economica delle nicchie di domanda, e nel 2009 “Free”, sui modelli di business basati sull’offerta gratuita di prodotti e servizi, mentre “Makers: The New Industrial Revolution”, di cui si parla nell’articolo a fianco, è del 2012. Nel novembre 2012 Anderson ha lasciato Wired per dedicarsi a tempo pieno a 3D Robotics, impresa specializzata nella produzione di droni, che ha fondato nel 2009 e di cui è CEO. Vive a Berkeley, California, con la moglie e cinque figli.
spettativa di vita delle persone che è fortemente aumentata. Le fabbriche hanno infatti spinto le persone a spostarsi dalle campagne alle città, il cui aumento della popolazione ha reso necessaria la costruzione di infrastrutture (acquedotti, fognature, reti elettriche e di trasporto) che hanno migliorato la qualità della vita. La seconda rivoluzione invece è stata digitale: la diffusione di pc, stampanti, internet, ha “democratizzato” gli strumenti di creazione dell’informazione. Con il web l’atto industriale della stampa è stato sostituito dal clic sul tasto del browser. Tutti lo possono fare, liberando la ricchezza e la diversità della creatività e raggiungendo potenzialmente più persone di una casa editrice. Infine è arrivata la terza rivoluzione industriale, che combina digitale e meccanico e introduce la rivoluzione delle stampanti 3D. L’avvento del pc ha cambiato le nostre vite: la stampante 3D lo farà con quelle dei nostri figli, perché quello che immaginano potrà essere concretizzato subito.
in piccoli gruppi per raccogliere le idee, adesso lo possiamo fare assieme in grandi comunità sul web. Oggi anche le persone comuni possono riuscire: non serve avere grandi mezzi, bastano grandi idee. Oggi con una app per smartphone possiamo fotografare la realtà, caricare le immagini sul cloud e inviarle a una stampante 3D in che può ristampare in qualunque colore o dimensione o materiale l’og-
Se uniamo le potenzialità della stampante 3D con quelle del web, possiamo davvero realizzare qualunque cosa, e dare forma a un’idea di qualcuno dall’altra parte del mondo semplicemente ricevendo il suo file e stampandolo a casa nostra. Questo è ciò che si chiama “cloud manufacturing”. Anche la creatività è stata rivoluzionata. Prima si creava da soli nei propri garage o ci si riuniva www.ict4executive.it
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management | Chr i s A nd e r s on: con i l d i gi tal e a n c h e il ma n u fac t u rin g div e n ta fa i- da - t e
baba in Cina e MFG.com negli USA, che mettono in contatto i singoli maker con fabbriche che accettano ordini da chiunque, e sulla base del progetto che gli si manda possono produrre migliaia di pezzi.
getto che abbiamo fotografato. E se oggi questo tecnicamente riguarda solo l’involucro degli oggetti, domani sarà possibile anche per la parte meccanica interna: potremo fare ogni cosa in autonomia, potremmo riprodurre e modificare la realtà. Riassumendo la storia degli ultimi vent’anni abbiamo quindi due fasi: il decennio passato è servito a cercare nuovi modelli sociali e innovativi sul web, mentre i prossimi dieci anni serviranno a tradurli nel mondo reale. «Cosa insegna L’esperienza di mio nonno» Insomma, se fino a pochi anni fa la rivoluzione digitale era confinata agli schermi dei computer, oggi ci permette di fabbricare oggetti reali. Oggi sul nostro tavolo da lavoro possiamo avere strumenti che prima erano accessibili solo con grandi capitali – stampanti 3D, programmi CAD, piccole schede di controllo “open source” come Arduino, che è stata inventata in Italia -, e accedere alla conoscenza di migliaia di persone nelle comunità web, scambiando pareri e consigli. In questo modo possiamo per esempio fabbricare un prototipo di un drone quando pochi giorni prima non sapevamo niente di droni: molti definiscono tutto questo la rivoluzione dei “maker”. Ma si può anche chiudere il cerchio, passando dal “digital prototyping” al “digital manufacturing”, grazie al cloud computing. Negli ultimi anni sono comparsi dei marketplace online, come Ali| 14 |
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Tutto questo l’ho provato direttamente. Ho scritto il libro “Makers” anche sulla base della mia esperienza personale. Sono partito da quanto è successo a mio nonno. Era tecnico degli effetti sonori a Hollywood, ma il suo hobby era il fai-da-te, e così un giorno, negli anni ’40, è arrivato a mettere a punto il prototipo di un ingegnoso sistema di irrigazione automatica per giardini. A questo punto però non ha potuto far altro che brevettare la sia invenzione, e sperare. Ha iniziato a girare fino a quando ha trovato un’azienda che ha comprato il suo brevetto, e ha prodotto in massa il suo sistema di irrigazione, rendendolo ricco. Mio nonno però è stato uno dei pochi fortunati. A quei tempi, e fino a pochi anni fa, a un inventore era completamente precluso il passaggio alla produzione di massa e alla distribuzione, a meno di non disporre di grossi capitali e mettere su un’azienda diventando imprenditore. Molti, per questo, hanno visto vanificate le loro idee. «Un hobby che è diventato il mio lavoro» Così qualche anno fa, per toccare con mano come il digitale ha cambiato le cose, e capire direttamente questo movimento dei maker di cui iniziavo a sentir parlare, ho deciso di provare a fare la stessa cosa che ha fatto mio nonno. Sono andato a qualche evento, ho parlato con persone appassionate dell’argomento e mi sono studiato cosa si diceva sulle web community, e sono riuscito a costruire un sistema di irrigazione, che si chiama OpenSprinkler: è controllato da una scheda Arduino e può connettersi in rete, accedendo per esempio a siti di previsioni meteo per capire quando avviarsi automaticamente. E’ stato facile, non ho avuto bisogno di fare brevetti, e se volessi
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«Droni, imminenti gli utilizzi commerciali» Chris Anderson ha rinunciato al ruolo di Editor-in-Chief di Wired, una delle riviste di tecnologia più celebrate nel mondo, per dirigere 3D Robotics, azienda che produce droni (velivoli senza pilota) e che ha co-fondato nel 2009. Tutto è iniziato dalla passione per gli aerei telecomandati, che ha condotto Anderson a creare DIY Drones, un forum online sviluppato in un weekend e poi diventato la più grande comunità open source per i fan dei droni, gli aerei senza equipaggio. Su DIY Drones, Anderson ha conosciuto Jordi Muñoz, il cofondatore di 3D Robotics, un programmatore messicano all’epoca appena ventunenne. 3D Robotics sviluppa tecnologie di pilotaggio automatico e piccoli aerei ed elicotteri multirotore che volano da soli e vengono guidati per scattare foto e girare video. La ricerca e sviluppo è a San Diego, il montaggio a Tijuana, in Messico ma a soli 20 minuti di distanza. L’azienda piace ai venture capital, avendo riscosso 35 milioni di dollari di finanziamenti in varie tranche. Secondo Anderson, presto i droni verranno usati da un’ampia gamma di settori, da TV e compagnie cinematografiche alle forze dell’ordine, dalle imprese di trasporto a quelle agricole. «10 anni fa, i droni erano tecnologie militari costosissime e spesso secretate: oggi sono alla portata di tutti. La Federal Aviation Administration è stata incaricata dal Governo USA di definire un Regolamento per i loro usi commerciali, e stima che per il 2020 nei soli cieli statunitensi ce ne saranno oltre 30mila di aziende pubbliche e private, senza contare quelli delle singole persone».
produrlo in massa potrei mettermi in contatto con qualche fabbrica via internet. Insomma, rispetto ai tempi di mio nonno il gap tra invenzione e produzione di massa non esiste più. Se ho potuto farlo io, può farlo chiunque. Il passo successivo l’ho fatto un giorno in cui insieme ai miei figli ho montato un modellino di aereo, che continuava a schiantarsi contro gli alberi. Come potevo farmi perdonare come padre di questo “fallimento”? Ho pensato a tutta la tecnologia che c’è dentro uno smartphone: sensori, GPS, wireless, memoria. C’è tutto ciò che serve per pilotare un oggetto, e ora questi componenti sono alla portata di tutti: non per niente una delle tipologie di oggetti più amati dai maker sono i droni. Così ho deciso di creare una community online che parlasse di droni, e l’ho chiamato “DIY Drones”. Cinque anni dopo, DIY Drones ha 45mila utenti registrati, due milioni di page view al mese e 100mila commenti all’anno. Non solo: attraverso DIY Drones ho conosciuto Jordi Munoz, con cui ho co-fondato 3D Robotics, un’azienda che produce droni per usi civili. Ho iniziato confezionando i prodotti in casa insieme ai miei figli, mentre ora
3D Robotics ha 150 dipendenti e due stabilimenti: da hobby, è diventato il mio lavoro principale (vedi BOX «Droni, imminenti gli utilizzi commerciali»). Micro-manufacturing, italiani in prima fila Che cosa significa tutto questo? Il mio libro ha come sottotitolo “The New Industrial Revolution” perché quello di cui ho parlato finora può cambiare la produzione industriale di massa, proprio come il web ha cambiato i mass media. Oggi grazie al digitale anche una sola persona può padroneggiare tutte le fasi del ciclo di sviluppo e fabbricazione di un nuovo prodotto. O se vuole, può creare un’impresa senza ricorrere a banche e venture capital, grazie al crowdfunding, a realtà come Kickstarter e Quirky. E proporre i suoi prodotti a tutto il mondo attraverso piattaforme come Etsy, che fanno incontrare offerta e domanda di nicchie anche piccolissime. Nei prossimi dieci anni, quindi, grazie alla progettazione open source e alla produzione fai-da-te, milioni di micro-manifatture faranno ripartire l’economia globale. E voi italiani, con il vostro talento per il design, e lo spirito imprenditoriale dimostrato dal gran numero di piccole e medie imprese, potete essere in prima fila: non è un caso che Arduino sia nato qui. www.ict4executive.it
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m a n ag e m e nt di
Andrea Granelli
presidente di Kanso e dell’Associazione Archivio Storico Olivetti
Adriano Olivetti un’eredità preziosa e sempre più attuale Una cultura manageriale meritocratica ma inclusiva, una visione internazionale con un forte radicamento al territorio di origine, una straordinaria capacità di fare innovazione, la centralità dell’educazione, non solo tecnica ed economica, ma anche umanistica. Sono alcuni aspetti del lascito del grande imprenditore italiano che oggi sarebbe utile recuperare, come molte aziende hanno fatto
Osserva lo psicoanalista Massimo Recalcati sul suo ultimo libro “Il complesso di Telemaco” che «l’eredità è un movimento singolare e non una acquisizione che avviene per diritto… e vuol dire ricevere non tanti beni ma una visione del futuro, da reinterpretare e attualizzare allo Spirito del tempo». I diseredati – coloro che non ereditano – sono infatti «caratterizzati non da povertà, ma da ‘assenza di futuro’». L’ereditare non è dunque la ricerca di una rassicurazione identitaria, la presenza di un filo genetico, non è ripetizione passiva e infinita del già stato, ma è piuttosto «un salto in avanti, uno strappo, una riconquista pericolosa”, vero e proprio “retrocedere avanzando”». Qual è dunque l’eredità di Adriano Olivetti oggi? Quali aspetti sono ancora oggi vivi e soprattutto significativi? Come può, questa eredità, essere acquisita e integrata con coerenza in aziende con storie diverse che operano addirittura in altri | 16 |
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settori ? Nelle pagine successive due importanti aziende italiane – Zambon Farmaceutica e Loccioni – raccontano casi concreti: modalità con cui hanno fatto tesoro di questo lascito e lo hanno reinterpretato in funzione della loro storia aziendale, del contesto in cui operano, delle caratteristiche personali dei loro leader. È un’eredità ricchissima: pensiamo per esempio alla cultura del design, che ha visto coinvolgere in Olivetti straordinari designer e che ha consentito di realizzare e commercializzare con successo – nell’arco di 45 anni – sette prodotti che hanno vinto il Compasso d’Oro (dalla Lettera 22 di Marcello Nizzoli del 1954 all’Artjet 10 di Michele De Lucchi del 2001). Pensiamo alla visione architettonica e urbanistica, dove grandi architetti internazionali hanno realizzato uffici, fabbriche, negozi che hanno fatto la storia dell’architettura mondiale. E l’azienda non si è limitata a scegliere le archi-star: il dialogo tra la committenza e gli architetti era in-
m a nage m e n t | a dria n o o l iv e t t i, un ’ e re dità p re z io sa e se mp re p iù at t ua l e
La cultura del design in Olivetti è sempre stata fortissima: in 45 anni sono stati realizzati e commercializzati con successo sette prodotti che hanno vinto il Compasso d’Oro
tenso e fruttuoso. Nel discorso di inaugurazione del rivoluzionario stabilimento di Pozzuoli, Adriano Olivetti afferma per esempio: «Abbiamo voluto anche che la natura accompagnasse la vita della fabbrica. [...] La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza». (Adriano Olivetti, Ai lavoratori di Pozzuoli, 1955). Ma gli aspetti principali che forse soprattutto oggi sarebbe utile recuperare sono: una cultura manageriale meritocratica ma inclusiva, una visione internazionale – quasi universale – con però un forte radicamento e attaccamento al territorio di origine, una straordinaria capacità di fare innovazione, ottenuta anche contaminando diversi contesti, saperi e uomini, e che non si accontentava mai dei risultati raggiunti. E infine la centralità dell’educazione – non solo tecnica ed economica, ma anche umanistica. www.ict4executive.it
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management | ad r i ano ol i v e t t i , u n’ e r e d i tà pr e z io sa e se mp re p iù at t ua l e
Le scienze umane – oggi abbandonate dalle aziende che li considerano residui del passato – erano invece un’asse portante dell’educazione olivettiana. Permettevano di comprendere l’uomo, di coglierne le preferenze estetiche, di rassicurarlo di fronte al timore e alla potenziale “incomprensibilità” che ogni prodotto fortemente innovativo tende sempre a generare. Ettore Sottsass, uno dei grandi designer che ha lavorato per Olivetti, affermò per esempio in un’intervista: «Per rendere più comprensibili i nuovi prodotti tecnologici … si deve trovare una nuova forma che, per sua natura, sia più simbolica e meno descrittiva». Uno degli eredi olivettiani che ha saputo usare con grande abilità questa cultura umanistica appli-
Enrico Loccioni
«Solo attraverso le persone, la cultura, la qualità della vita, la bellezza, un’impresa può davvero generare ricchezza» «Ho conosciuto la portata rivoluzionaria del modello Olivetti attraverso la conoscenza diretta di Alessandro Sartor e Francesco Novara. Ho capito come un sogno imprenditoriale sia una forza propulsiva per migliorare la qualità della vita delle persone, delle famiglie, della comunità; come il profitto sia un dovere, perché se non crei ricchezza non la puoi distribuire». Sono le parole di Enrico Loccioni, Presidente del Gruppo Loccioni, specializzato nello sviluppo di sistemi automatici di misura e controllo, con installazioni in oltre 40 paesi del mondo e circa 70 milioni di euro di fatturato. Ha circa 370 addetti ed è terza classifi-
enrico loccioni presidente, gruppo loccioni
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cata da Great Places to Work tra le PMI dove si lavora meglio in Italia, oltre che unica italiana sul podio. «È grazie alla ricchezza che perseguiamo caparbiamente, andando a cercare lavoro in tutto il mondo per svilupparlo sul territorio, che possiamo continuare ad offrire, anche in questi anni difficili, opportunità di lavoro e di crescita a tanti giovani laureati e diplomati; sforzandoci senza sosta, come ci insegna la lezione di Adriano, di vedere l’invisibile, di cogliere al volo le opportunità, di ascoltare i mercati, mettendoci continuamente in gioco, con coraggio», afferma Loccioni. L’imprenditore spiega che da Olivetti ha imparato che è solo attraverso le persone, la cultura, la qualità della vita, la bellezza, che un’impresa può davvero generare ricchezza. Sono molti i progetti del Gruppo che si ispirano all’esperienza di Adriano: dall’integrazione con la scuola nel progetto Bluzone, alla dimensione ludica come forza creativa e innovativa con la Play Factory (un’organizzazione orizzontale, in cui si cresce per merito e passione), dalla formazione allargata alle famiglie dei collaboratori, alla qualità degli ambienti di lavoro, dalla promozione e cura del territorio con il progetto LOV, alla riqualificazione di due chilometri del fiume Esino. «Guardare al modello Olivetti significa per noi andare a cercare in quell’esperienza potente di pensiero e di concretezza i semi del futuro che gli Olivetti hanno lasciato per noi», afferma Enrico Loccioni.
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Elena Zambon
«Valorizziamo l’ambiente di lavoro sia negli spazi, dalla “Officina della Kreatività” alla palestra, dalla sala lettura alla mensa, sia con conferenze e approfondimenti culturali» Un’azienda che ha fatto del lascito olivettiano uno dei suoi driver strategici più importanti è Zambon, gruppo chimico-farmaceutico, nato 108 anni fa a Vicenza, ed oggi forte di 21 filiali all’estero e prodotti venduti in 73 Paesi con un fatturato di circa 550 milioni di euro (2012). Il riferimento della famiglia Zambon a Olivetti è prima di tutto nei termini usati: gli oltre 2600 dipendenti sono “collaboratori” ed HR sta per “Human Relations”, non Human Resources. Etica e business vanno di pari passo al punto che tutti i manager, oltre dal sistema di gestione dei risultati MBO, vengono valutati anche da un “Performing Coaching Dialogue” in cui si analizza soprattutto come si sono raggiunti gli obiettivi rispetto ai valori etici dell’azienda. «Da quasi una decina d’anni - spiega Elena Zambon - abbiamo creato un programma chiamato “Benvivere” che mira a valorizzare l’ambiente di lavoro sia negli spazi, dall’Officina della Kreatività, alla palestra, dalla sala lettura alla moderna mensa “Kitchen Open Air”, e realizzati in tutte le sedi del gruppo, sia con conferenze e approfondimenti culturali organizzati durante l’orario di lavoro a beneficio di tutto il personale. Dal mese di settembre, nello stabilimento di Vicenza è attiva la Health and Quality Factory, realizzata con un investimento di 40 milioni di euro e disegnata dall’architetto Michele De Lucchi. Uno spazio di 43.000 metri quadrati
elena zambon presidente, gruppo zambon
per migliorare i luoghi di lavoro, dedicato alle attività di formazione interna ed al contempo aperto al mondo scientifico, in modo da ridurre il gap tra mondo universitario e fabbrica». L’insegnamento di Adriano Olivetti è infine presente nella cura del territorio. Dal 2008 la famiglia ha istituito a Vicenza la Fondazione Zambon Open Education (Zoé), che punta, tra le altre attività, alla crescita scientifica e culturale del territorio vicentino per migliorare la consapevolezza e la comunicazione nel campo della salute.
cata all’innovazione è certamente Steve Jobs. Nel 2010 – durante la Apple World Wide Developers Conference – il fondatore di Apple afferma infatti: «We’re not just a tech company ... The reason Apple is able to create products like the iPad is because we’ve always tried to be at the intersection of technology and liberal arts». Visto lo straordinario aumento della complessità e delle opportunità offerte dalle tecnologie digitali, non più solo hardware e software, ma connettività, sensoristica, contenuti multimediali, strumenti diagnostici – il recupero delle competenze umanistiche, e il loro riavvicinamento al mondo delle imprese, può forse essere una delle lezioni più importanti che la storia olivettiana ha lasciato alle nuove generazioni. www.ict4executive.it
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I N TE R V IS TA di
manuela gianni
Massimo Milanta Group Chief Information Officer UniCredit
La via di UniCredit verso il digitale La tecnologia è essenziale per differenziarsi sul mercato. Massimo Milanta, UniCredit Group CIO, fa il punto sulle importanti iniziative del gruppo italiano per sostenere la trasformazione, fra cui l’adozione della firma digitale, lo sviluppo di App, l’introduzione di tool per la gestione della finanza personale, le attività di CRM sui Social Media e le iniziative nel mondo dei Big Data
Le banche sono state tra le prime a utilizzare le tecnologie digitali per innovare i beni e servizi offerti alla clientela, in particolare con l’Internet Banking, oltre che per l’automazione dei processi. Eppure, rispetto a quelle che erano le aspettative 10 anni fa, il settore non è sempre riuscito a tenere il passo della rapidissima trasformazione che l’innovazione digitale ha portato in tutti gli ambiti della nostra vita professionale e privata. Per questo UniCredit ha deciso di rilanciare, avviando nuove iniziative strategiche basate su una stretta collaborazione tra la Direzione ICT e il business. A evidenziarlo è Massimo Milanta, CIO del Gruppo bancario italiano con circa 148mila dipendenti, oltre 9mila filiali e attività in 17 Paesi, ospite del primo Workshop inaugurale della Digital BusinessInnovation Academy 2014 del Politecnico di Milano. «La banca digitale non è ancora realtà, in particolare in Italia», afferma Milanta. «In percentuale, le persone che comprano prodotti bancari online sono | 22 |
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relativamente poche rispetto a chi compra merci di altro tipo, e sono comunque meno al confronto con altri Paesi. Credo che ci sia stato un ritardo nel cogliere l’opportunità, non tanto da parte dei clienti, quanto del mondo bancario. Per questo negli ultimi anni in UniCredit c’è stato un importante dibattito su come trattare il tema della digitalizzazione dell’offerta commerciale. L’innovazione digitale per noi è diventata concreta perché non è solo uno strumento per cambiare il nostro modello di offerta globale e per automatizzare i processi, ma è necessaria per differenziarci sul mercato». Tre aree di intervento Nella vision di UniCredit, la digitalizzazione deve avvenire su tre livelli. Innanzitutto nei processi interni, per l’ottimizzazione della macchina operativa. «Ancora oggi ci sono prodotti che, per diversi motivi, si vendono attraverso canali
IN T E RVISTA | L a v ia di Un ic re dit v e rso il dig ita le
digitali ma per la lavorazione in back office richiedono interventi manuali, rallentando il time to market», spiega Milanta. C’è poi il tema della multicanalità, ovvero la possibilità di vendere i prodotti attraverso tutti i canali e device disponibili, con nuove modalità di interazione con la clientela. A questo proposito è stato avviato, per esempio, un nuovo servizio di Home banking semplificato pensato per un pubblico over 60, ma molto usato anche dai giovani. L’aspetto più interessante, però, è l’opportunità di creare un valore differenziante. «Nel mondo globale di Internet non basta essere efficienti nei servizi e presidiare i canali, perché i prodotti di pagamento stanno diventando una commodity. Per tale ragione è importante interrogarsi su quale sarà il valore aggiunto di un istituto bancario fra qualche anno e cosa lo differenzia dagli altri attori digitali. Credo che la risposta sia la customer knowledge, l’expertise di analisi di credito e di investimento. La creazione del valore deve infatti nascere e fondarsi sulla comprensione profonda della grande quantità di dati di cui si dispone». Gruppo molto articolato, UniCredit ha scelto di non avere un unico piano digitale, ma di attivare un ventaglio di iniziative come l’adozione della firma digitale, lo sviluppo di App, l’introduzione di tool per la gestione della finanza personale, e l’attività di CRM
sui Social Media. Un altro esempio è la revisione dei processi di vendita con l’obiettivo di rendere digitale il processo end to end. Altre iniziative molto significative sono state avviate nel mondo dei Big Data. «Gli istituti bancari subiscono una fortissima pressione regolatoria che chiede un dettaglio enorme nella reportistica; UniCredit sta cercando in parallelo di creare valore da questa conoscenza, estrarre cioè informazioni analitiche sui comportamenti dei clienti e sulla gestione del rischio». Un maggiore orientamento al digitale richiede infine una nuova visione e una trasformazione organizzativa. «In un periodo complesso come quello attuale - spiega Milanta - è necessario un nuovo modo di operare, con competenze mirate e una governance sempre più efficace. Stiamo creando un cammino insieme al business, che inizia laddove si generano le idee: è un cambiamento epocale». Tra i compiti del CIO, in questo contesto, c’è dunque quello di governare l’evoluzione combinando l’execution e la gestione strategica dell’ICT e delle operations, in modo da supportare la trasformazione del business, garantendo il rispetto delle normative e la gestione del rischio.
Chi è Massimo Milanta È nato a Genova nel marzo 1963, dove si è laureato in Ingegneria Elettronica con specializzazione in Informatica. Nel 1989 inizia la sua carriera professionale presso Andersen Consulting (oggi Accenture), dove ha gestito progetti ICT per 15 anni nel team IT e nella Divisione Banking. In quegli anni ha contribuito allo start-up delle prime aziende di banking online sul mercato italiano, alla definizione di un nuovo sistema di core banking per un consorzio di 17 banche, ed è stato Responsabile delle iniziative IT di Accenture per il Gruppo Intesa. Nel 1999 inizia la sua lunga collaborazione con il Gruppo UniCredit, partecipando a molti progetti IT, quali la configurazione dell’architettura multicanale di Banca Xelion e di Bank Pekao (Polonia). Nel 2000 è nominato Partner di Accenture – Responsabile dell’Architettura Tecnica del Gruppo per i mercati finanziari in Italia, Europa dell’Est, Grecia, Turchia e Medio Oriente – e Partner Responsabile di tutte le attività IT per il Gruppo UniCredit. Nel 2004 entra a far parte di UniCredit Global Information Services come Responsabile del Nuovo Programma di integrazione IT in Europa e, dopo la fusione con il Gruppo HVB, è nominato Responsabile di UniCredit per l’integrazione ICT nella Divisione GBS, coordinando il Programma di Integrazione ICT del Gruppo.
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Os s e r vato rio di
Mobile, la chiave per un Marketing davvero multicanale
daniele lazzarin
marta valsecchi school of management Politecnico di Milano
Il Mobile Advertising in Italia cresce del 129% e supera i 200 milioni di euro, mentre moltissimi utenti smartphone mostrano grande interesse per la pubblicità e le promozioni ricevute sui propri device. «La trasformazione delle abitudini dei consumatori impone un ridisegno completo dei punti di contatto con il cliente, in cui il Mobile gioca un ruolo cruciale». I responsi del nuovo Osservatorio Mobile Marketing e Service del Politecnico di Milano
La rivoluzione Mobile in Italia conta ormai su numeri di massa: 37 milioni di smartphone, e 27 milioni di persone che li usano per navigare su internet almeno una volta al mese, ma il 73% (quasi tre su quattro) naviga ogni giorno, in media per 75 minuti: una quantità di tempo che in un solo anno è cresciuta del 25%. A tutto ciò corrisponde una buona predisposizione dei consumatori in mobilità per l’interazione con il mondo del business: il 71% usa lo smartphone all’interno dei negozi, soprattutto per confrontare i prezzi (42%) o cercare più informazioni sui prodotti (25%), il 47% ha ricevuto buoni sconto su Mobile e, tra questi, quasi la metà ha valutato l’esperienza molto positiva (dando un voto da 9 a 10), mentre l’85% ricorda di aver visto annunci pubblicitari su smartphone e il 51% li ha cliccati almeno qualche volta. Un trend, quest’ultimo, che trova conferma nell’esplosione del mercato del Mobile Advertising, che in un anno è quasi rad| 24 |
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doppiato nel nostro Paese (+129%) superando i 200 milioni in valore. Questi i principali dati, molto confortanti, della nuova edizione dell’Osservatorio Mobile Marketing e Service della School of Management del Politecnico di Milano, recentemente presentato al Campus Bovisa dell’ateneo milanese in un affollato convegno. Dati che però, avvertono i ricercatori del Politecnico, devono segnare un momento di discontinuità: è il momento in cui occorre smettere di considerare il Mobile come un canale a sé stante, e sfruttarne appieno le caratteristiche del tutto uniche all’interno di una nuova e completa strategia di relazione con il cliente. Un mezzo che potenzia tutti gli altri «La trasformazione delle abitudini dei consumatori indotta dal Mobile impone a sempre più aziende un ridisegno completo dei punti di contatto con
o s s e r vato rio | Mo b il e , l a c h iav e p e r un Ma rke t in g dav v e ro m ult ic a n al e
il cliente, dal punto vendita, ai canali promozionali, ai mezzi pubblicitari – ha detto alla presentazione del report Giuliano Noci, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service –. E all’interno di tale ridisegno il Mobile gioca un ruolo chiave per la sua pervasività sia in termini di diffusione, sia di contesti e momenti d’uso (lo smartphone è sempre con noi), ma soprattutto per la sua capacità di potenziare gli altri mezzi. Ma per realizzare appieno i benefici potenziali dalle iniziative Mobile diventa necessario inserirle in una più ampia strategia multicanale». Se questo “mobile CRM” è ancora un traguardo da raggiungere in gran parte dei casi, però, la ricerca mostra chiaramente un crescente interesse e livello di adozione da parte delle imprese in Italia di iniziative Mobile in tutto l’ambito che va dalla pubblicità (Mobile Advertising) alle promozioni (Mobile Promotion) all’uso di App e Mobile site, interni o di terze parti. «L’impatto della diffusione del Mobile passa così dai consumatori alle aziende e a tutto l’ecosistema dei servizi di marketing e comunicazione, imponendo a centri media, concessionarie, editori e agenzie di comunicazione un ripensamento del ruolo, dell’offerta di contenuti editoriali, dell’integrazione tra questi e i contenuti pubblicitari e della continuità di esperienza su più mezzi, nonché dei rapporti tra i diversi attori», ha osservato Andrea Boaretto, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service.
settore, Google e Facebook da soli rappresentano circa il 70% dell’intero mercato, con gli altri che, pur crescendo a due cifre, rappresentano ancora quote piuttosto piccole: altri ad-network, player specializzati in Mobile Advertising, concessionarie degli editori premium. Per quanto riguarda invece la Mobile Promotion, le aziende stanno sfruttando – o progettando di sfruttare – le opportunità di dematerializzazione (volantini, cataloghi, carte fedeltà, coupon), personalizzazione, e “gamification” offerte dal Mobile. «Ad oggi, solo poco più del 10% dei Retailer italiani che hanno sviluppato un’App ha già inserito servizi di Mobile Couponing, ma ci aspettiamo nel 2014 un allargamento dell’offerta – ha spiegato Marta Valsecchi, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service –. Non si tratta solo di dematerializzare i Coupon, ma di ripensare, grazie al Mobile, i modelli di distribuzione degli stessi, alla luce delle opportunità offerte dal Mobile: personalizzazione delle offerte,
Cresce l’impatto del Mobile couponing Scendendo più in dettaglio nel mercato del Mobile Advertising, nel 2013 in Italia il valore è cresciuto del 129%, raggiungendo così i 204 milioni di euro. Un dato che, scorporando la quota relativa alla messaggistica, rappresenta il 10% di tutti gli investimenti pubblicitari su internet. Incrementi impressionanti si registrano in particolare sia per la componente di Display Advertising (+127%), sia per quella di Keyword Advertising (+237%), mentre per quanto riguarda i player del
«Il 71% usa lo smartphone all’interno dei negozi, soprattutto per confrontare i prezzi o cercare più informazioni sui prodotti, il 47% ha ricevuto buoni sconto su Mobile e, tra questi, quasi la metà ha valutato l’esperienza molto positiva» www.ict4executive.it
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osservatori o | M ob i l e , l a chi av e pe r u n M ar k et in g dav v e ro m ult ic a n a l e
«Il Mobile impone a centri media, editori, concessionarie e agenzie di comunicazione un ripensamento del ruolo, dei contenuti editoriali e della loro integrazione con quelli pubblicitari, della continuità d’esperienza su più mezzi, e dei rapporti tra i vari attori»
Unieuro, coupon digitali per superare il volantino e affrontare i player online «Il Mobile sta cambiando l’ecosistema del mondo retail, ed è importante capire come utilizzarlo». Così Gianmarco Molinari, direttore marketing di Unieuro, introduce il progetto che la catena hi-tech italiana sta sperimentando per rimpiazzare il tradizionale volantino promozionale. «Il volantino è un sistema ben collaudato per portare i clienti in negozio – continua Molinari –: raggiunge il 90% delle famiglie nel bacino d’utenza, sia pure al prezzo di centinaia di milioni di copie stampate (la redemption è del 2-3%) e i prodotti promo generano un 40% del fatturato a cui, se va bene, si “attacca” un 10% di servizi e accessori a più alti margini». Molinari guarda al mercato USA e alla crescente battaglia di prezzi tra i player dell’eCommerce e i punti vendita fisici. «È una battaglia impari per chi, come noi, ha i costi fissi dei negozi, e mette in discussione la sopravvivenza del nostro modello di business, a meno che non si riesca a far valere il punto di forza rispetto all’online: la superiore “customer experience” che il cliente può avere nel negozio». Per Unieuro la sostenibilità futura del proprio business passa quindi da promozioni digitali più mirate, che valorizzano il punto vendita e la capacità di aiutare i clienti con consigli e servizi appropriati. «Il volantino con le promo non può reggere il confronto con i prezzi dei player online. Con il Mobile e sistemi CRM più evoluti possiamo invece evitare di regalare promozioni a chi non le cerca, e mandare coupon a utenti che possono essere realmente interessati». In questo modo, il negozio può contingentare gli sconti, controllare meglio i budget e puntare sulla customer experience. «Il coupon arriva sul telefonino del cliente, e lo conduce al punto vendita: in questo modo contiamo al momento di ottenere una marginalità netta pari almeno al volantino. Già dalla prima esperienza registriamo una redemption molto alta, 14-15% tra gli utenti che scaricano l’App per generare i coupon, risultato che contiamo di migliorare ulteriormente».
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geo-localizzazione in prossimità o dentro il punto vendita». Evidentemente, continua Valsecchi, questo richiede un ripensamento complessivo delle strategie di marketing legate a promozioni e fidelizzazione, e quindi importanti investimenti: «Ma visti i cambiamenti in atto tra i consumatori nel processo d’acquisto, in alcune aziende in particolare, tali dinamiche sono inevitabili». Quanto alla Gamification, cioè la capacità di indurre i consumatori a determinati comportamenti (condivisioni su social network, check-in in punto vendita, ecc.) premiandoli con punti fedeltà, il report parla ancora di sperimentazioni e adozioni a rilento. Retail e Largo Consumo, approcci diversi Infine un ultimo punto riguarda l’approccio delle aziende ai “Mobile Asset”, e cioè App e Mobile Site. Per interagire con i consumatori è sempre più diffuso il ricorso a una o entrambe queste soluzioni, con penetrazioni in alcuni settori – come il Retail – già oltre il 50%. Gli obiettivi sono molto vari, e per dimostrarlo i ricercatori propongono un confronto tra il mondo Retail e i produttori del Largo consumo. Per quanto riguarda il primo, vi è una forte focalizzazione sui servizi di pre-vendita, come store locator, volantino e catalogo prodotti; il 100% delle App e dei Mobile site include almeno uno di questi servizi. Ancora ridotto invece appare l’uso di servizi di dematerializzazione delle Loyalty card e di Couponing. Al contrario, il Largo consumo (dove la penetrazione di App e Mobile site si “ferma” al 36%) si pone per lo più obiettivi di entertainment e condivisione social. Quasi la metà delle App sviluppate per questo settore, infatti, punta a far condividere dei contenuti tra gli utenti, e quasi il 30% offre attività di gaming, mentre decisamente più ridotta risulta l’offerta di contenuti informativi e di servizio.
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CA per la mobility: una suite per gestire in sicurezza device, app, email e contenuti
Coronando gli investimenti in ambito Mobile avviati da oltre un anno, sia in termini di sviluppi interni che di acquisizioni, CA Technologies ha recentemente presentato “Enterprise Cloud for Mobility”, prima piattaforma cloud per la gestione completa della mobility aziendale. Oltre a suite per governare lo sviluppo delle App in azienda (CA Mobile DevOps), e le interazioni Machine-to-Machine degli oggetti connessi (Enterprise Internet of Things), la nuova piattaforma di CA si incentra sulla suite CA EMM (Enterprise Mobility Management), pensata per gestire e proteggere dispositivi, App e contenuti in mobilità. Come le altre suite della piattaforma, EMM si basa sull’esclusiva tecnologia CA Smart Containerization che, a differenza delle classiche tecniche di “containerizzazione” legate ai device, permette di gestire sicurezza, performance, compliance e supporto di ciascun dispositivo, contenuto o email, salvaguardando nel contempo la qualità della user experience. I componenti di EMM sono quattro, tutti già disponibili in software-as-a-service, e adottabili anche singolarmente. CA MAM (Mobile Application Management) è il modulo focalizzato sulla sicurezza e gestione delle Mobile App. Le funzioni gestionali consentono il controllo centralizzato di deployment, accessi e usi delle App sui device mobili in azienda, e forniscono report analitici per utente, dispositivi o gruppi logici. Le funzioni di sicurezza comprendono autenticazione, encryption, singlesign-on, accesso VPN ad App interne o di terze parti, e possibilità di aggiungere un layer di gestione a qualsiasi App senza toccarne il codice (App Wrapping).
Presentata al Mobile World Congress di Barcellona, la suite EMM (Enterprise Mobility Management) si basa su quattro componenti sia in softwareas-a-service che on-premise focalizzati sui principali ambiti dell’ecosistema mobile aziendale, e fa leva sull’esclusiva tecnologia Smart Containerization
CA MCM (Mobile Content Management) consente di accedere in sicurezza ai contenuti mediante sicronizzazione dei file, creazione di repository di contenuti aziendali e integrazione fra store su cloud accessibili in funzione delle policy definite. Tra le principali funzioni ci sono Unified content access, sincronizzazione di folder su desktop e cloud store, collaborazione, notifiche real-time di attività su contenuti, policy di storage, autenticazione AD/LDAP e comunicazione client/server SSL-based. CA MEM (Mobile Email Management) offre un accesso sicuro all’email aziendale, attuando controlli in base a profilo, gruppo d’appartenenza e policy aziendali per proteggere le informazioni sensibili nei messaggi. Le principali caratteristiche sono la capacità di proteggere l’ambito Mobile email senza influire sulla user experience, il controllo dei contenuti esportati verso sistemi cloud o spediti via email, la Multi-factor authentication, e la possibilità di bloccare un’email anche dopo la ricezione del destinatario. CA MDM (Mobile Device Management) infine prevede ogni funzionalità di provisioning, sicurezza e gestione dei Mobile Device, con deployment delle Mobile App in automatico o tramite un App store aziendale. Le funzioni salienti sono Device configuration management, gestione del ciclo di vita delle App nell’Enterprise App Store, portale self service con visibilità completa sui device usati in azienda e possibilità di localizzarli e bloccarne contenuti e funzioni da remoto, e implementazione di politiche BYOD (Bring Your Own Device), con controllo di App, contenuti ed email personali e aziendali.
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I N TE R V IS TA di
Alessandro Longo
intervista a
Gianluigi Zarantonello Responsabile Digital Marketing coin
La multicanalità del Gruppo Coin La strategia digital del Gruppo, che comprende le insegne Coin, OVS, Upim, Excelsior Milano, Iana e Eat’s, punta ad arricchire l’esperienza del cliente nei negozi attraverso diverse iniziative online, con il risultato di migliorare la conoscenza e la percezione dei vari brand. Ce ne parla Gianluigi Zarantonello, Responsabile Digital Marketing
Integrare il mondo online e offline, in una filosofia di multicanalità piena, per reinventare il rapporto con i clienti. È la strategia che sta dietro alle iniziative di Digital Marketing del Gruppo Coin, come ci racconta Gianluigi Zarantonello, il responsabile di questo settore. Gruppo Coin è il più grande retailer di abbigliamento italiano, con una quota di mercato pari al 7.42%. È presente sul mercato con i marchi OVS, Coin, Upim, IANA, Bernardi ed Excelsior Milano. Conta 1.100 negozi in Italia e 162 all’estero, con una superficie totale di vendita di 840.000 mq. Coin è uno dei gruppi retail che più ha puntato sull’ambito multicanale, maturando anche alcune best practice nel corso degli anni. Proviamo a riassumere: qual è lo spirito di fondo della vostra strategia digital marketing? L’obiettivo è arricchire con il digitale l’esperienza nel negozio in modo coerente. Il cliente può conoscere così non solo il prodotto, ma anche il conte| 28 |
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nuto e l’esperienza di shopping del negozio, prima ancora di entrarci fisicamente. E in che modo? Per prima cosa, presentiamo il nostro negozio sul web rendendolo interessante con contenuti di qualità, suggerimenti, idee dal mondo. Diamo così al cliente il modo di orientarsi all’interno di un contenitore così vasto con una selezione piacevole e mirata di temi. L’altro pilastro è l’accesso ottimale ai siti su tutte le diverse piattaforme, anche tablet e cellulare. Senza che l’esperienza si interrompa o abbia intoppi. Questo per quanto riguarda i siti. Ma con quali iniziative specifiche esprimete la vostra strategia? Con diverse applicazioni. Lo scopo è dare sempre un beneficio reale al cliente, non tecnologie che siano innovazioni fini a sé stesse. Per esempio consentiamo da tempo di dematerializzare la carta fedeltà. L’utente deve solo fotografarne il bar code, con una nostra
IN T E RVISTA | L a mult ica n a lità de l G ruppo C oin
app, o sottoscriverne una ex novo all’interno dello smartphone. Poi si ritrova caricata sull’app la carta fedeltà e la può utilizzare in negozio come se fosse fisica. Mi sembra insomma che perseguiate un’idea di fusione tra i mondi fisici e online, per il rapporto con il cliente... Sì, non vediamo il digitale come qualcosa di separato dai negozi fisici. Un altro esempio in questo percorso: tutto quello che il cliente acquista sull’eCommerce OVS con la propria fidelity card fa guadagnare punti glam, come se fosse nel negozio fisico. Idem quando si spendono i punti: online o in store, la scelta è assolutamente neutrale rispetto allo strumento e genera lo stesso effetto nel sistema di CRM. Questa fusione tra i due mondi viene poi facilitata e seguita dalle scelte tecnologiche. Prima le diverse divisioni agivano in modo verticale, adesso usiamo sempre più strumenti comuni, adottati a livello corporate. Così risparmiamo e guadagniamo in efficienza. Una volta che un marchio matura una best practice, poi diventa più veloce ed economica anche l’adozione in altri negozi del gruppo. Quali sono le altre iniziative più particolari? Se andiamo un po’ indietro nel tempo, un’iniziativa interessante ha riguardato Foursquare, nel 2010. Chi diventava “mayor” di un nostro negozio, su quel servizio, riceveva una carta fedeltà Coin gratuita, entrando nel nostro circuito CRM. Sempre quell’anno abbiamo provato il crowdsourcing: abbiamo chiesto alla community online di mandare proposte per ridisegnare il logo di Upim, catena appena acquisita. Quella vincitrice è diventata in effetti l’attuale logo del marchio. Oppure: il giorno di S. Valentino 2013 abbiamo pubblicato sul sito di Coin e di Vanity Fair un video, formato dai messaggi d’amore registrati dai clienti attraverso una particolare applicazione che li montava tra loro per formare una storia. Sempre a fine 2013, con OVS, abbiamo testato dei bar code dinamici nelle mail: per tutti coloro che avevano comprato online per un certo valore è stato inviato un buono con bar code univoco, spendibile nei negozi fisici. Di nuovo, per la persona la scelta di comprare o interagire online e offline deve essere libera e priva di vincoli, mentre per noi questa interazione tra i due canali è fonte di arricchimento della conoscenza del cliente.
Più in generale poi, vogliamo capire se possiamo costruire un profilo cliente e una relazione migliori sommando all’interazione mobile quella, sempre digitale, fatta all’interno del negozio. Sono progetti riservati e non posso entrare nei dettagli, ma l’obiettivo principale è avere strumenti che colpiscano ma che abbiano anche un’utilità tangibile per noi e soprattutto per il cliente. Parliamo di costi e benefici. Quanto avete investito? È un valore che si situa sotto al 10 per cento del valore di marketing complessivo, ma che è usato in modo sempre più efficace grazie alle ottimizzazioni. Quanto ai vantaggi: di certo il digitale è uno strumento di “drive to store”, per portare clienti da internet al negozio. Su delle iniziative mirate di e-mail marketing, su un target molto profilato, abbiamo più volte sperimentato livelli di ROI eccellenti nei ricavi diretti. In generale però è difficile oggi quantificare univocamente i ritorni di quello che è un canale sempre più intersecato con il lavoro dei colleghi del trade marketing, del CRM e di varie altre aree, anche se stiamo lavorando per affinare gli strumenti di misurazione. Oggi dunque il digital è una leva fondamentale di un percorso più ampio e coerente di posizionamento e di miglioramento continuo.
In futuro che cosa possiamo aspettarci? Nei prossimi mesi vorremmo testare nuovi strumenti di interattività in negozi di particolare rilevanza per noi. www.ict4executive.it
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I N TE R V IS TA di
manuela gianni
intervista a
dietro il successo di un sito di commercio elettronico
alessandro perego
responsabile scientifico dell’osservatorio ecommerce b2c politecnico di milano
Nel mercato italiano c’è ancora molto spazio per le aziende che decidono di aprire un negozio online: l’eCommerce vale appena il 3% del totale delle vendite retail. Prezzi vantaggiosi, ampiezza della gamma e livello di servizio al cliente sono gli aspetti chiave che distinguono i migliori player. Secondo Alessandro Perego del Politecnico di Milano, «Arricchire l’esperienza di acquisto nel punto vendita in ottica multicanale è una grande opportunità per i retailer tradizionali»
L’eCommerce in Italia cresce a un ritmo del 20% circa da diversi anni e ha raggiunto a fine 2013 i 12 miliardi di euro. Ma il mercato è ancora molto piccolo: vale appena il 3% del totale delle vendite retail. La stima è dell’Osservatorio eCommerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano Politecnico di Milano e Netcomm, che da oltre 10 anni fotografa dettagliatamente il mercato e ne analizza le dinamiche. Secondo Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio, il principale ostacolo non sono i consumatori italiani, nonostante il ritardo del Paese nell’innovazione digitale, piuttosto un’offerta ancora poco sviluppata. Avete analizzato dettagliatamente l’offerta italiana. Quali sono le caratteristiche che rendono vincente un sito di commercio elettronico? I migliori player del mercato puntano su tre elementi, in particolare: il vantaggio di prezzo, l’ampiezza della gamma e il livello di servizio. Da un’analisi che abbiamo | 30 |
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condotto per comparare i prezzi tra online e offline, emerge una differenza di prezzo a favore dell’online in tutti i principali settori merceologici: -25% nell’abbigliamento, -15% nelle assicurazioni e nell’editoria, -10% nell’informatica ed elettronica di consumo e nel turismo. Fa eccezione solo il grocery, dove a incidere negativamente vi sono le spese di spedizione. L’ampiezza di gamma in molte delle migliori iniziative online è decisamente più ampia rispetto a quella presente in negozio. E il cliente oltre a poter scegliere tra una ricca varietà di articoli ha la possibilità di accedere facilmente a ciò che sta cercando grazie a motori di ricerca interni e a una navigazione ben progettata. Molto importante è anche il livello di servizio al cliente, inteso come supporto durante il percorso di acquisto, determinante per limitare il tasso di abbandono, a cui si aggiungono strumenti di pagamento adeguati, poiché l’attenzione del cliente alla sicurezza è molto elevata, e l’erogazione di un servizio di consegna a casa.
I NTE RVISTA | die t ro il succe sso di un sit o di c o mme rc io e l e t t ro n ico
L’eCommerce B2c in Italia è molto meno sviluppato rispetto ai principali mercati internazionali. Quali sono le motivazioni principali? Credo che l’elemento più importante sia legato all’attuale offerta online, ancora poco sviluppata in alcuni comparti merceologici, in particolare l’alimentare, dove sostanzialmente opera solo Esselunga che peraltro ha una copertura limitata del territorio, e l’abbigliamento. Sono due categorie che pesano per quasi 200 miliardi di euro nel paniere di acquisto degli italiani. In generale, la presenza dei retailer tradizionali è ancora inadeguata. Arricchire l’esperienza di acquisto nel punto vendita, in ottica multicanale, è una grande opportunità per i retailer tradizionali, che come già dimostrato all’estero in mercati molto più maturi del nostro, possono giocare un ruolo essenziale nel trainare la crescita dell’ecommerce. Un secondo fattore decisivo è l’ulteriore sviluppo dei paradigmi del new internet, basato sui nuovi device, smartphone e tablet in primis, che creano nuove occasioni di acquisto. L’eCommerce attraverso lo smartphone continuerà a crescere a ritmi molto interessanti anche nei prossimi anni. Gli acquisti via tablet valgono circa due volte quelli via smartphone, ma il tablet è usato perlopiù a casa, come alternativa al pc.
trasporti Alitalia, Trenitalia e Volagratis). Approcciare i mercati stranieri però risulta ancora difficoltoso: nonostante l’attrattività e qualità dei prodotti offerti, i retailer sono generalmente sprovvisti del know how e degli strumenti per affrontare questioni che riguardano ad esempio i sistemi di pagamento, la logistica distributiva, le abitudini di acquisto degli utenti, la comunicazione online. Per questo, credo che potrebbero giocare un ruolo importante le piattaforme aggregatrici dell’offerta che ad oggi incidono per circa il 20% dell’export. Quali sono gli strumenti di pagamento più utilizzati? Oltre il 92% del transato eCommerce avviene tramite carte di credito/prepagate o PayPal. Sono però in arrivo delle novità L’introduzione di strumenti innovativi, come, ad esempio, MyBank e la soluzione di Sofort - che consentono di utilizzare il bonifico bancario direttamente nel processo di acquisto online – o la soluzione di pagamento online proposta dal circuito nazionale PagoBancomat, potrà allargare la base di potenziali utilizzatori (oggi circa 14 milioni di italiani). l’andamento delle vendite ecommerce b2c per i prodotti e i servizi (milioni di euro) 12.000
L’eCommerce è anche un’opportunità per l’export. Chi sono le aziende italiane che vendono di più all’estero? Si tratta perlopiù di aziende del settore dell’abbigliamento, del turismo e, in misura inferiore, al Made in Italy alimentare, come olio e vino. Stiamo parlando di specialisti come yoox.com, di case di moda come ad esempio Armani, Diesel, Gucci, LaPerla, Prada, Tod’s, di Boutique tradizionali come Giglio e LuisaviaRoma e di retailer come Benetton, Intimissimi, Prenatal. Nel turismo ci sono operatori attivi nella prenotazione sia di camere d’albergo come Venere, sia di biglietti per i
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Fonte: Politecnico di Milano-Netcomm
Quali sono i settori merceologici prevalenti nel marcato online? Il settore in cui l’ecommerce B2c ha raggiunto la diffusione più elevata è il turismo, con un tasso di penetrazione superiore al 20%. Si vendono perlopiù biglietti per i treni e aerei, camere di albergo e pacchetti viaggio. Abbiamo poi un gruppo di tre settori, editoria, assicurazioni e informatica ed elettronica di consumo, in cui l’eCommerce ha raggiunto tassi di penetrazione pari al 3,8, al 4,2 e al 7,5% rispettivamente. In generale, si conferma per il quinto anno consecutivo il trend iniziato per cui nei settori di prodotto l’eCommerce cresce a un ritmo superiore rispetto ai settori di servizio, con i prodotti che arrivano a pesare per quasi il 40% delle vendite
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I N TE R V IS TA di
manuela gianni
intervista a
MyBank, il bonifico per l’eCommerce è realtà
antonella vanara
Business Development Manager Divisione Financial Institutions di SIA
Oggi è possibile pagare gli acquisti on line con un bonifico autorizzato in tempo reale attraverso il proprio home banking, senza la necessità di digitare i dati personali. Una garanzia di sicurezza in più per i consumatori e un’opportunità per agevolare lo sviluppo del mercato italiano del commercio elettronico. Ne parliamo con Antonella Vanara di SIA, società che ha un ruolo chiave nello sviluppo del servizio
Per pagare gli acquisti on line in assoluta sicurezza oggi c’è una possibilità in più: un bonifico autorizzato in tempo reale attraverso il proprio home banking, senza cioè la necessità di digitare i dati personali. Si chiama MyBank, e dal punto di vista dell’utente è un pulsante riconoscibile sul sito di eCommerce, accanto a quelli tradizionali delle carte di credito e di PayPal, che sono al momento gli strumenti più diffusi. Il servizio, messo a punto da EBA Clearing, è stato lanciato a livello europeo circa un anno fa, e da poco in Italia sta raggiungendo una diffusione interessante, sia lato banche sia lato merchant. Il nuovo servizio colma un gap importante e avrà un ruolo significativo per lo sviluppo del commercio elettronico, perché accresce la fiducia dei consumatori verso i pagamenti online, garantendo quella sicurezza che rappresenta uno dei principali freni all’acquisto. Facciamo il punto con Antonella Vanara, Business Development Manager di SIA, società | 32 |
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che ha un ruolo tecnologico di primo piano nello sviluppo del servizio. Quanto è diffuso oggi MyBank? Esercenti e istituti finanziari stanno progressivamente aderendo, ma la diffusione del servizio è già marcata: sono circa 140 le banche che oggi lo offrono e altre si stanno attrezzando. Al momento, la maggior parte sono italiane e fra queste ci sono i principali gruppi, ma anche piccole banche locali che utilizzano la tecnologia di SIA. Il nostro Paese è quello che ha manifestato da subito notevole interesse. In Italia, infatti, non esisteva un sistema per gli acquisti basato su bonifico online, contrariamente all’estero: in Olanda ad esempio c’è il servizio iDEAL, che però è attivo solo a livello domestico. MyBank, invece, è un’iniziativa pan-europea che permette, quindi, a clienti e merchant di “dialogare” indipendentemente dalla loro nazionalità.
IN T E RVISTA | My B a n k, il bon if ico p e r l’ e C omm e rc e è re a ltà
«Esercenti e istituti finanziari stanno progressivamente aderendo, ma la diffusione del servizio è già marcata: sono circa 140 le banche che oggi lo offrono e altre si stanno attrezzando»
Il servizio è nato nel momento giusto, in concomitanza con l’avvio della SEPA, l’Area Unica dei Pagamenti in Euro, che ha permesso la standardizzazione dei sistemi di pagamento a livello europeo. Prima di questa armonizzazione, infatti, ogni Paese dell’unione utilizzava un proprio sistema di bonifico nazionale e non sarebbe stato possibile realizzare MyBank. Tra le aziende che hanno già aderito c’è Enel, che permette ai propri clienti di pagare online le bollette del gas e dell’elettricità con una soluzione semplice e sicura, grazie al supporto tecnologico di UniCredit e SIA, a cui si sono aggiunti recentemente Alpitour e Zurich.
Quali sono i vantaggi per consumatori e merchant? L’online banking è un ambiente sicuro e questo rassicura i consumatori, che non devono inserire i propri dati personali per pagare gli acquisti effettuati su Internet. Per questo, si prevede che MyBank agevolerà la diffusione dell’eCommerce, in particolare in Italia dove è ancora bassa rispetto ad altri Paesi. La peculiarità del sistema, infatti, è che l’identificativo dello strumento di pagamento viaggia solo all’interno del sistema bancario e non su altri canali: il consumatore non deve inserire nulla eccetto le credenziali dell’home banking, viene riconosciu-
e-convergence: l’infrastruttura tecnologica di sia per pagamenti online e mandati elettronici tramite mybank
Acquirente/Debitore
PC/Smartphone
Online Banking SIA offre la soluzione integrabile con l’online banking della banca dell’acquirente/debitore
Validation Service Banca dell’Acquirente/Debitore
Esercente/Creditore
SIA è provider tecnologico di MyBank per la gestione dell’anagrafica centralizzata delle banche aderenti
Sito Internet SIA eroga il servizio per l’esercente/creditore
Directory POS virtuale/ gateway
SIA gestisce la piattaforma STEP2 di EBA Clearing
STEP 2
Archivio mandati
SIA eroga il servizio di gestione del database dei mandati elettronici
SIA eroga il servizio per la banca dell’esercente/creditore
Routing Service Banca dell’Esercente/Creditore
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INTERVI STA | MyBank , i l bo ni f i co p e r l’ e Comme r c e è re a ltà
«Crediamo che nell’ambito dell’eCommerce e mCommerce, in forte crescita e con diversi soggetti che si sono progressivamente affermati, sia giunto il momento per le banche di riconquistare un ruolo centrale di gestori trusted dei sistemi di pagamento»
to dalla sua banca, che a quel punto scambia le informazioni relative al pagamento con la banca dell’esercente. Peraltro MyBank detta regole piuttosto stringenti per l’autenticazione nell’ambito dell’online banking, tanto che alcune banche hanno dovuto adeguare i loro sistemi per supportare il servizio, garantendo un livello di sicurezza superiore e comune per tutti. Qual è il ruolo di SIA? Abbiamo una doppia funzione. Da un lato un ruolo istituzionale: come partner tecnologico di MyBank, gestiamo la directory centralizzata, unica in Europa, che contiene le informazioni relative alle banche aderenti al servizio. Dall’altro, SIA è un facilitatore tecnologico per banche e merchant, certificato da MyBank. Abbiamo sviluppato appositamente una piattaforma denominata e-Convergence che mette in comunicazione gli esercenti e le istituzioni finanziarie aderenti, nei rispettivi ruoli, ovvero del buyer e del seller. E tale infrastruttura costituisce anche la base per avviare altri servizi innovativi, come ad esempio l’eMandate. Come funziona l’eMandate? Il servizio sostituirà gli attuali mandati cartacei per la domiciliazione bancaria delle bollette. In Italia è l’alternativa al modulo di autorizzazione di addebito in conto SEPA (ex RID) che oggi viene sottoscritto da un utente quando vuole addebitare ad esempio una bolletta sul proprio conto corrente bancario. Attualmente il processo richiede la firma di un modulo cartaceo presso la banca o il creditore, con la conseguenza di allungare i tempi di scambio delle informazioni tra il biller e l’istituto di credito. Con l’eMandate di MyBank, l’addebito diretto delle bollette sul conto corrente bancario risulterà
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decisamente più facile ed immediato: serviranno pochi click online per attivare, in tempo reale e senza doversi recare in banca, l’addebito delle utenze dal proprio home banking. Al cliente, infatti, basterà navigare ad esempio sul sito della società telefonica dove troverà un modulo elettronico in parte precompilato; a questo punto verrà indirizzato al suo home banking e autorizzerà elettronicamente il modulo tramite MyBank. In questo modo la conferma arriverà immediatamente all’azienda, azzerando i tempi, eliminando gli errori di trascrizione e senza digitare nulla. L’avvio è previsto entro la prima metà del 2014. SIA ha terminato a metà febbraio i test ed è pronta ad affiancare le banche e le aziende che vorranno aderire al servizio. Come si inquadrano questi servizi nella strategia SIA per l’eCommerce? La nostra strategia punta su una vasta gamma di servizi di pagamento per l’eCommerce e il Mobile Commerce, supportando banche, esercenti e consumatori, allo scopo di promuovere sempre più i pagamenti elettronici e offrire la massima libertà di scelta di strumento e di canale. E sempre con un respiro europeo, anche perché con Internet non ci sono più confini. Tra i progetti più innovativi abbiamo sviluppato un digital wallet in modalità “white label”, un vero e proprio “portafoglio virtuale” contenente strumenti di pagamento, coupon, titoli di viaggio, a cui si può accedere da pc o da smartphone e che può essere collegato a banche e circuiti di pagamento assicurando l’interoperabilità. Crediamo che nell’ambito dell’eCommerce e mCommerce, in forte crescita e con diversi soggetti che si sono progressivamente affermati, sia giunto il momento per le banche di riconquistare un ruolo centrale di gestori trusted dei sistemi di pagamento.
PagamentiDigitali.it è il primo progetto editoriale italiano dedicato all’innovazione nel mondo dei pagamenti elettronici. Un punto di osservazione chiaro, autorevole e indipendente sull'evoluzione di Mobile Payment, identificazione elettronica e servizi online trusted, carte di pagamento e altri sistemi innovativi per il retail, eCommerce, servizi di couponing, loyalty e normative. Notizie, approfondimenti, interviste e case history, selezionati da un team di esperti e rivolti a un pubblico di utenti finali, esercenti, Telco, banche, istituti di pagamento, circuiti, PA e technology provider.
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I N TE R V IS TA
intervista a
Marco Conte
Senior Vice President Communication and Image finmeccanica
Finmeccanica, l’innovazione è anche digitale Tutti i siti Web delle società del grande gruppo industriale italiano si basano ora su una piattaforma condivisa che rende più coerente e trasparente la comunicazione verso il mondo esterno. Al contempo, è stato lanciato il portale interno, My Finmeccanica, comune a tutte le aziende del Gruppo, improntato in un’ottica di collaborazione web 2.0. Marco Conte, Senior Vice President Communication and Image, spiega gli obiettivi e l’evoluzione dei progetti
L’innovazione di Finmeccanica, il principale gruppo industriale italiano, passa anche dal digitale. Il Gruppo ha avviato due anni fa un grande progetto che lo pone all’avanguardia nell’utilizzo dei nuovi strumenti di comunicazione e che si sviluppa su un doppio binario: da una parte si indirizza verso il mondo esterno, con un network di siti web multilingua che forniscono informazioni aggiornate su corporate, team, mercati ed eventi; dall’altra punta a innovare in un ottica partecipativa il portale intranet di Gruppo, chiamato MyFinmeccanica, per agevolare gli scambi informativi tra i 68mila dipendenti della multinazionale. Il progetto prevede a regime un sistema di 50 siti che afferiscono allo stesso repository e circa 80 profili gestiti sui social network; l’obiettivo è razionalizzare la web presence su scala globale, costruendo una web digital identity per rilanciare l’intero universo digitale del Gruppo ed evidenziare il ruolo fondamentale di Finmeccanica nell’evoluzione del sistema dell’aerospazio, della difesa e sicurezza e dei trasporti a livello | 36 |
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mondiale. La numerosità delle aziende appartenenti al Gruppo e la diversità dei settori in cui queste operano, infatti, aveva fatto emergere l’esigenza di una presenza sul web innovativa, riconoscibile e conforme alle linee guida individuate dalla corporate. «I nuovi canali di comunicazione ci rendono più aperti e trasparenti verso l’esterno - sottolinea Marco Conte, Senior Vice President Communication and Image. Rappresentano una sorta di collante di Gruppo, in linea con la strategia e la missione di Finmeccanica. È una trasformazione culturale importante, che ha visto il coinvolgimento entusiasta dei dipendenti nei diversi Paesi in cui il Gruppo è presente: oggi tutti possono essere contributori e fruitori e collaborare in modo più dinamico. Siamo estremamente soddisfatti dei primi risultati, che ci incoraggiano a traguardare obiettivi ancora più sfidanti». Ogni società coinvolta ha avviato il progetto di migrazione del proprio sito verso la nuova piattaforma, cogliendo l’occasione anche per rivederne le logiche,
IN T E RVISTA | F in m e c c a n ic a , l’ in n ova z io n e è a n c h e dig ita le
Il Gruppo Finmeccanica Finmeccanica è il principale gruppo industriale italiano, leader nel campo delle alte tecnologie, e si posiziona tra i primi dieci gruppi al mondo nel settore dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza. Quotato alla Borsa di Milano, con ricavi pari a circa 17 miliardi di euro, oltre 68.000 dipendenti, 150 sedi operative e commerciali e 345 siti produttivi in 50 paesi del mondo, Finmeccanica è un Gruppo internazionale e multiculturale con una presenza significativa nei suoi quattro mercati domestici: Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Polonia. Il Gruppo è attivo nei settori degli elicotteri (AgustaWestland), dell’Elettronica per la Difesa e Sicurezza (Selex ES, DRS) e dell’Aeronautica (Alenia Aermacchi) – che ne rappresentano il core business – e vanta un posizionamento significativo nello Spazio (Telespazio, Thales Alenia Space), nei Sistemi di Difesa (Oto Melara, WASS, MBDA), e nei Trasporti (Ansaldo STS, AnsaldoBreda, BredaMenarinibus). Finmeccanica basa il suo successo sull’eccellenza tecnologica, che scaturisce da cospicui investimenti in Ricerca & Sviluppo (pari al 12% del fatturato), e sull’impegno costante teso a sviluppare e integrare le capacità, il know-how e i valori delle proprie società operative.
ad esempio l’alberatura del sito, lo stile di comunicazione, i contenuti. Una redazione digitale, creata all’interno della direzione comunicazione della holding, ha il ruolo di coordinare i vari contributi pubblicati dai professionisti delle diverse società del Gruppo, condividendo con i diversi referenti un piano editoriale. La soluzione permette anche di attivare un progetto web per esigenze particolari, ad esempio a supporto di campagne prodotto in tempi molto brevi: è il caso del sito di AgustaWestland dedicato al mercato norvegese (http://no.agustawestland.com), che è stato realizzato in soli 20 giorni, dalla creazione alla pubblicazione. Sul fronte della comunicazione interna, MyFinmeccanica è il primo mezzo di scambio di informazioni tra i dipendenti del Gruppo, unendo così in un unico portale tutte le aziende e le loro sedi nel mondo: accesso a news ed eventi, strumenti di collaborazione web 2.0, condivisione dei contenuti e gestione del proprio network di contatti aziendali. Uno strumento importantissimo, che garantisce condivisione della conoscenza, relazioni e contatti. La nuove potenzialità offerte da My Finmeccanica hanno permesso di sviluppare iniziative e linguaggi volti a rafforzare una cultura di gruppo condivisa. Gli impieghi dalla nuova piattaforma sono molteplici e su scala molto ampia. Un esempio è il Premio Innovazione, che dal 2004 si rivolge a tutti i dipendenti spingendoli a presentare idee innovative relative alle aree di business presidiate dalle diverse Società del Gruppo. Negli anni, la partecipazione al Premio è cresciuta in termini quantitativi
e qualitativi, e molti progetti si sono poi trasformati in reali applicazioni industriali, spesso generando una domanda di brevetto. La soluzione tecnologica La piattaforma si basa su una soluzione integrata di Enterprise Content Management System in tecnologia Alfresco, e su Liferay per la parte di Visual Presentation, soluzione che consente di realizzare progetti web con layout complessi. Tale architettura permette la gestione di una sola piattaforma per la redazione distribuita worldwide, assicurando un’altissima riusabilità e condivisione dei contenuti, alti livelli di performance e adeguati livelli di sicurezza. Sono anche supportati i paradigmi collaborativi del web 2.0. «Per lo sviluppo ci siamo avvalsi del supporto di professionisti esterni, ma molto è stato fatto internamente: nel Gruppo, in particolare in Selex ES, possiamo disporre di professionalità altissime nelle tecnologie digitali», sottolinea Conte. In particolare, Selex ES si è occupata della predisposizione dell’architettura complessiva, dei servizi di sicurezza e dell’infrastruttura di rete. Men at Work, Gold Partner Alfresco, è stato selezionato come partner tecnologico per gli sviluppi e le customizzazioni di Alfresco e Liferay, supportando il Gruppo sin dalle prime fasi di rilancio digitale, integrando le piattaforme e personalizzandole in base alle esigenze. A Selex ES è stata affidata la consulenza specialistica nell’installazione e nel tuning delle performance della piattaforma Liferay. www.ict4executive.it
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m a n ag e m e nt di
Paola Capoferro Ronchetta
HR oltre la crisi, le mosse dei direttori delle risorse umane C’è chi istituisce gli account di area, i referenti delle Line of Business nell’ufficio del personale. E chi crea una intranet per condividere e dare voti sulle idee di sviluppo. La tecnologia aiuta, ma “spesso si afferma troppo velocemente rispetto alla capacità di sviluppare competenze”. Le opinioni di Ansaldo Energia, Credito Valtellinese, Cloetta e Unicredit
Negli ultimi anni la crisi ha radicalmente cambiato il mondo economico, le pratiche di business e le stesse aziende, chiamate a trovare delle chiavi di lettura del nuovo scenario ispirandosi a quattro parole chiave: semplificare, organizzare, innovare e crescere. Questo è quanto emerso dalla tavola rotonda “Come semplificare i processi organizzativi a supporto dell’innovazione e della crescita”, che – nel corso di un evento evento organizzato da Business International - Fiera Milano Media, in collaborazione con ADP – ha messo a confronto Responsabili HR e Amministratori Delegati di alcune tra le più interessanti realtà italiane. Semplicità e coinvolgimento: gli obiettivi di Ansaldo Energia «Ansaldo Energia ha tante comunità al suo interno: ingegneri, tecnici, personale nei tanti cantieri all’estero. Compito dell’HR è trovare un trait d’union tra queste diverse anime, conciliandole con il contesto organizzativo, il territorio e i mercati internazionali. Il mondo è | 38 |
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complesso e la sfida è semplificare cercando le relazioni tra fattori diversi». Questo è il punto di partenza per Andrea Del Chicca, Direttore Risorse Umane di Ansaldo Energia. La società genovese – recentemente acquisita dal Fondo Strategico Italiano di Cassa Depositi e Prestiti e di cui Finmeccanica detiene il 15% – è uno dei “fiori all’occhiello” del settore metalmeccanico italiano nell’ambito power generation, con 160 anni di storia, e una presenza internazionale che consta di 3.000 persone, di cui mille ingegneri e mille tecnici qualificati. Per semplificare i processi sono stati quindi istituiti i gestori HR di area, veri e propri referenti della Line of Business nell’ufficio del personale. Inoltre, per rafforzare il coinvolgimento, il 50% del premio annuale è stato legato ai risultati della funzione d’appartenenza, e non solo a quelli aziendali. «Per noi questo è il modo migliore per rendere i lavoratori più consapevoli e remare tutti dalla stessa parte. Noi come funzione HR abbiamo il compito di valorizzare il senso, il significato
m a nage m e nt | H R o lt re l a c risi, l e mo sse de i dire t t o ri de l l e riso rse uma ne
e l’utilità del contributo individuale indicando la direzione». E per farlo occorre anche aiutare le persone a comunicare su più livelli e mettere a fattor comune conoscenze e obiettivi: «Perciò in Ansaldo è stata introdotta una piattaforma di knowledge sharing, che consente ai diversi team di ingegneria di prodotto, di impianto, di service e di ricerca e sviluppo di condividere know how e di giocare come un’unica squadra verso un chiaro obiettivo». Credito Valtellinese, nuove strade per il change management Con 4300 dipendenti, 540 filiali e 105 anni di storia, oggi Credito Valtellinese si trova a «dover fare i conti con un mondo completamente diverso da quando lavorare in banca era un privilegio», secondo Mauro Selvetti, Vice Direttore Generale del Gruppo. «I nostri dipendenti hanno in media 43 anni d’età e 20 d’anzianità, quindi l’imprinting è quello del contesto bancario di diversi anni fa. Ma oggi è tutto diverso, e la vera sfida è cambiare la testa delle persone». Per chi come CreVal gestisce principalmente informazioni, la tecnologia è fondamentale. «Concordo con chi dice che c’è troppa tecnologia, l’importante è saperla utilizzare: se è vero che consente di recuperare efficienza riducendo i costi, è anche vero che libera risorse-uomo che vanno riallocate per generare nuovi ricavi». Due le principali iniziative lanciate per cambiare il modo di pensare e lavorare. Sul filone social è stato creato un sito per la condivisione e il voto delle idee di business, per far emergere quelle più meritevoli di realizzazione, e magari anche problemi d’efficienza da approfondire. «L’accoglienza è stata buona: dopo 4 ore dal rilascio erano già stati registrati oltre 2000 contatti». Il secondo progetto è caratterizzato dallo slogan “abbiamo messo la filiale nel taschino”. «I capi filiale sono stati dotati di uno smartphone da cui possono gestire anche processi aziendali core (autorizzazioni tassi, sconfini sui conti, delibere di fidi), in modo da essere operativi ovunque si trovino, senza dover essere davanti al PC», sottolinea Selvetti. Unicredit: «I dipendenti non devono subire l’informazione dall’HR» Per Marco Russomando, HR-Head of Global Mobility and Benefits di Unicredit, «la conoscenza si sviluppa intorno alle aziende e non solo dentro. Inoltre oggi le tecnologie si affermano troppo velocemente rispetto alla nostra capacità di sviluppare competenze: il telefono ci ha messo quasi 40 anni a raggiungere 50 milioni di utenti, la TV 13 anni, internet 4 anni, Facebook in meno di anno ha superato 100 milioni di utenti. Perciò occorre un nuovo modello organizzativo solido e allo stesso tempo flessibile per far leva sulla continua innovazione che però tenga conto dell’impatto sociale di un
Andrea Del Chicca Direttore Risorse Umane di Ansaldo Energia
Mauro Selvetti Vice Direttore Generale di Credito valtellinese
gruppo come Unicredit, caratterizzato da forti diversità legate anche alle varie fusioni degli ultimi anni». Definire delle politiche HR che coniughino le esigenze di oltre 50.000 dipendenti in Italia, 150.000 nel mondo (17 Paesi) non è semplice, anche a causa della velocità delle informazioni, «che nelle multinazionali è sottostimata: si deve uscire da una logica HR e comunicare in modo semplice, chiaro, trasparente, come se si facesse una campagna commerciale con messaggi che catturano l’attenzione e rispondano ai bisogni dei colleghi. I dipendenti non devono subire l’informazione dall’HR». In quest’ottica la tecnologia è un asset straordinario. Soprattutto in un contesto di globalizzazione dove ormai è normale lavorare con persone dall’altra parte del mondo senza conoscerle. Da qui è nata l’idea di “Idea Management”, un vero incubatore di idee in logica bottom up. La comunità commenta le idee, e quelle più votate sono presentate ai management committee, che valutano se realizzarle. «Ad esempio è successo che un collega in Romania ha proposto un’idea che è piaciuta molto, e ora segue il progetto lavorando in Italia nella funzione strategica di riferimento, insieme a persone di livello superiore all’Amministratore Delegato del suo Paese». www.ict4executive.it
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management | HR olt r e l a c r i s i , l e m os s e d e i d ire t t o ri de l l e riso rse uma n e
Più flessibilità e autonomia: lo smartworking conviene a tutti 37 miliardi di euro. A tanto ammonterebbero le riduzioni di costi se le imprese italiane adottassero modelli di lavoro orientati allo smart working e all’impiego di soluzioni ICT. E’ quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. Ma come si può risparmiare una cifra del genere, pari a una grossa Finanziaria? «Grazie all’aumento della produttività e della qualità del lavoro delle persone, alla riduzione dei costi di gestione, e migliorando nel contempo la soddisfazione e il coinvolgimento dei dipendenti”, osserva Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio. Ma cosa vuol dire lavorare in modo intelligente? «Il fenomeno è complesso - spiega Corso -. Se metti allo stesso tavolo un CIO, un direttore risorse umane, diversi manager di linea, ti rendi conto che ciascuno parla di una cosa diversa”. Facciamo quindi un po’ di chiarezza. Secondo l’Osservatorio, per smart working si intende l’uso di “modelli organizzativi non convenzionali caratterizzati da maggior flessibilità e autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti di lavoro, alla ricerca di nuovi equilibri fondati su una maggior libertà e responsabilizzazione dei lavoratori”. Modelli, quindi, che presuppongono l’uso di tecnologie
digitali e policy innovative. In particolare l’Osservatorio si focalizza su 4 leve principali: • Policy organizzative, ovvero le linee guida relative alla flessibilità di orario, luogo e strumenti di lavoro • Comportamenti e stili di leadership, legati alla cultura dei lavoratori e al loro modo di vivere il lavoro, e all’approccio dei “capi” all’esercizio dell’autorità e del controllo • Layout fisico degli spazi di lavoro, che condiziona efficienza, flessibilità e benessere delle persone e ne può orientare e facilitare, o meno, la collaborazione; • Tecnologie digitali che possono ampliare e rendere virtuale lo spazio di lavoro, abilitare e supportare nuovi modi di lavorare, facilitare la comunicazione e la collaborazione fra figure interne ed esterne all’azienda. In questo percorso occorre avere la “cultura” di superare stereotipi tradizionali (gerarchia, subordinazione, standardizzazione dei compiti) per adottare un modello diverso dove primeggiano concetti come la responsabilizzazione diffusa, la collaborazione, la flessibilità adattativa e la valorizzazione dei talenti individuali.
Unicredit però ha lavorato molto anche sulle diversità culturali, «perché non ci interessano solo i risultati, ma anche come vengono raggiunti, e i comportamenti adottati dai colleghi». Tra gli strumenti si sta valutando un progetto di social recognition, dove le persone possono esprimere apprezzamento positivo - il “like” - sui comportamenti degli altri colleghi. «Si tratta di integrare la nostra strategia di total value affiancando agli strumenti retributivi modalità nuove per riconoscere e valorizzare, in un’ottica social e di gaming, le competenze e le azioni più distintive; riconoscimenti che, per molti colleghi, generano un valore percepito davvero importante. Le potenzialità della social recognition Giorgio Boggero Amministratore Delegato e Presidente Sud Europa di Cloetta
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sono moltissime: con questo strumento ad esempio si possono cogliere le sinergie tra funzioni per rafforzarle ulteriormente favorendo le interazioni tra le stesse e, di qui, la qualità delle nostre attività interne e verso la clientela», conclude Russomando. Cloetta punta su fiducia e trasparenza Il Gruppo dolciario Cloetta - multinazionale svedese presente in più di 50 Paesi con i marchi Saila, Sperlari, Galatine e Dietorelle – da sempre considera le persone come l’ingrediente cruciale per il successo. «Le risorse umane e un buon CFO sono due pilastri senza cui è impossibile crescere in modo profittevole», conferma Giorgio Boggero, Amministratore Delegato e Presidente Sud Europa di Cloetta. «L’HR è una parte fortemente integrata e integrante dell’azienda: è un vero business partner, un supporto strategico». Il successo poi passa anche per la semplificazione dei processi interni, per essere più snelli, più veloci nel decidere, più efficaci. «Per questo ho introdotto un modello basato sulla delega: controllo solo quando si avvicinano le scadenze dei progetti. Non c’è intrusione nella gestione: è un modello basato sulla fiducia, sul “trust”, e sulla trasparenza bidirezionale». E su fiducia e trasparenza è basato anche il sistema di sharing istantaneo di Cloetta. «Tutti lo possono usare liberamente, caricarvi contenuti e commentare. Sarebbe un paradosso avere un sistema chiuso o accessibile solo da alcune funzioni», osserva Boggero.
intervista
ADP, I PARADIGMI DEI SOCIAL NETWORK FANNO EVOLVERE I SISTEMI HR I meccanismi di condivisione delle conoscenze, collaborazione a distanza, gestione di gruppi, valutazione e comunicazione tipici dei principali siti social possono essere utili anche nell’ambito dei sistemi informativi di gestione delle risorse umane, spiega Nicola Uva, Strategy e Marketing Director di ADP «Qualsiasi innovazione in azienda per avere successo e creare un cambiamento positivo nell’organizzazione stessa deve essere accettata dalle persone, altrimenti fallisce: noi ci occupiamo di aiutare le aziende a gestire il capitale umano, e in particolare a far sì che l’innovazione entri attraverso l’adozione di soluzioni tecnologiche avanzate». Così Nicola Uva, spiega la mission di ADP, di cui è Strategy e Marketing Director: «Oggi in ambito HR le aziende devono affrontare grandi sfide: da una parte la nuova generazione di lavoratori (Millenials) che pensa, opera, si relaziona con paradigmi completamente diversi, dall’altra una generazione che rimane in azienda molto più a lungo, grazie anche all’allungamento dell’aspettativa di vita e alle nuove leggi sul lavoro. A ciò occorre aggiungere la velocità dell’evoluzione tecnologica, le rivoluzioni in corso nella relazione tra persone e lavoro, con la diffusione di orari flessibili, lavori fuori ufficio, benefit personalizzati». In che modo le aziende possono affrontare queste sfide facendo leva sulla tecnologia applicata? «ADP crede che diversi paradigmi del mondo dei social network possano essere utili - spiega Uva -: parlo di meccanismi di condivisione delle conoscenze, collaborazione a distanza, valutazione, gestione dei gruppi attraverso strumenti che consentono di semplificare l’interazione tra le persone e gestire al meglio le risorse nonché l’introduzione dell’autocontrollo attraverso gli obiettivi». Un’altra area interessata dalla “contaminazione social” è quella della valutazione. «Pressochè tutte le aziende hanno sistemi retributivi legati agli obiettivi: il proble-
nicola uva Strategy e Marketing Director ADP
ma è che è molto forte la componente soggettiva, legata alla valutazione del proprio superiore; e si tratta di un processo chiuso all’interno dell’azienda stessa», spiega Uva. L’idea quindi è di arricchire questo processo mutuando paradigmi social, permettendo a utenti esterni (clienti, consumatori, fornitori) di valutare, con meccanismi semplici come i “like”, i servizi utilizzati. «ADP sta lavorando per integrare i sistemi classici di valutazione con questi nuovi elementi». Infine una terza area d’evoluzione delle soluzioni ADP riguarda i Big Data. «Oggi nei sistemi HR le aziende hanno molti tipi di informazioni sui loro dipendenti (anagrafica, attività, competenze, ecc.), ma non quelle relative al comportamento. Ma abbiamo sistemi che se applicati, ad esempio al flusso delle email, ci permettono di approfondire questo aspetto: non parlo di analizzare i contenuti o l’ora di invio delle email, ma di utilizzare tecniche di Social Network Analysis per studiare le interazioni tra gruppi». In questo modo si ottengono rappresentazioni grafiche che mostrano dinamiche interessanti e spesso inaspettate: per esempio che due gruppi di lavoro hanno interazioni troppo deboli, o che un altro comunica troppo poco con l’esterno. «Questa è un’analisi di Big Data, su dati non strutturati, e l’output è molto rilevante: è accertato da vari studi che le persone che comunicano di più sono quelle con migliori performance, e con sistemi che integrano metodologie classiche di valutazione e strumenti di social network analysis, posso appunto correlare l’attitudine alla comunicazione e il livello delle prestazioni». www.ict4executive.it
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Os s e r vato rio di
daniele lazzarin
giovanni miragliotta school of management politecnico di milano
Internet of Things, l’italia primeggia in ambito europeo Il valore del mercato nel nostro Paese raggiunge 900 milioni, in crescita dell’11%, mentre gli oggetti connessi salgono a 6 milioni. L’area Smart Car esplode (+35%), lo Smart Metering e Asset Management nelle utility si conferma, e lo Smart Home & Building si estende alle applicazioni consumer. Luci e ombre dal comparto Smart City, che rimane il più ricco di opportunità. Tutti i responsi dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano
Il 2013 ha confermato i segnali incoraggianti per il mercato italiano dell’Internet of Things (IoT): in un anno infatti il valore di questo mercato è cresciuto dell’11%, salendo a 900 milioni di euro, mentre gli oggetti dotati di SIM e connessi via rete cellulare – dalle automobili ai lampioni, dagli ascensori alle gambling machine – sono aumentati del 20%, raggiungendo i 6 milioni di unità. Sono essenzialmente tre gli ambiti applicativi che più contribuiscono a questi andamenti, in decisa controtendenza rispetto al mercato ICT complessivo (in calo di oltre il 4%). Il più consolidato è lo Smart Metering (telelettura dei consumi con contatori “intelligenti”) e Asset Management nel settore utility, che è un’eccellenza italiana a livello internazionale. Quello più in crescita è lo Smart Car, con oltre 2,5 milioni di auto connesse e un fatturato in crescita del 35%, e quello più in espansione in termini di applicazioni è lo Smart Home & Building in cui, accanto | 42 |
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alle classiche soluzioni di domotica e automazione industriale, iniziano a emergere molte soluzioni per il comfort e la sicurezza rivolte direttamente al consumatore. L’ambito con le maggiori potenzialità, in termini sia di benefici sia di ampiezza delle applicazioni, è però quello delle Smart City, che per ora in Italia registra molte iniziative sperimentali ma pochi progetti consolidati e dai ritorni certi, specialmente di illuminazione pubblica e di raccolta dei rifiuti. Sono questi i principali responsi del terzo rapporto dell’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, presentato ieri presso l’ateneo milanese e realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano e con il supporto di Accenture, Engineering, Siemens, Snam, Telecom Italia, Vodafone, Ariston Thermo, Cisco Systems, Enel ed Ericsson.
o s s e r vato rio | In t e rn e t o f T h i n g s, l’ i ta l i a p rim e g g i a i n a mbi t o e uro peo
«Un mondo difficile da delimitare, ma su cui l’interesse cresce continuamente: lo confermano gli stanziamenti di fondi nazionali ed europei, il numero di startup in Italia e all’estero, e gli analisti internazionali»
Oggetti “smart”, uno su due è un’automobile «L’Internet of Things si conferma un percorso di sviluppo tecnologico articolato, con innumerevoli ambiti di applicazione e diverse tecnologie abilitanti – ha detto Alessandro Perego, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things -. Un mondo, quindi, difficile da delimitare, ma su cui l’interesse cresce continuamente: lo confermano gli stanziamenti di fondi nazionali ed europei, il numero di startup in Italia e all’estero, e i responsi degli analisti, come Gartner, che ha inserito l’IoT tra i “Top Ten Strategic Technologies Trend” per il 2014, stimando che nel 2020 gli oggetti connessi nel mondo saranno 26 miliardi, per un valore di mercato di 1900 miliardi di dollari, mentre IDC per lo stesso anno prevede dati di quasi un ordine di grandezza superiori: 212 miliardi di oggetti per un valore di mercato di 8900 miliardi di dollari».
Scendendo nel dettaglio dei 6 milioni di oggetti connessi, ben il 47% di essi fa capo all’ambito Smart Car: nella stragrande maggioranza (95%) si tratta di autoveicoli dotati di box GPS/GPRS per applicazioni di localizzazione e registrazione dei parametri di guida a scopo assicurativo. Segue, con circa 1,6 milioni di oggetti connessi (26%), lo Smart Metering e Smart Asset Management nelle Utility, con forti crescite soprattutto nei contabilizzatori di calore e nello Smart Metering gas (rispettivamente +57% e +37% rispetto al 2012). Si consolida anche lo Smart Asset Management in contesti diversi dalle Utility, principalmente per il monitoraggio di gambling machine e ascensori (10% del totale degli oggetti connessi), mentre più graduale risulta la crescita di Smart Home & Building (9% degli oggetti totali), Smart Logistics (5%) e Smart City & Smart Environment, con il 2% degli oggetti connessi.
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È il sito di riferimento per il Mobile Business: migliaia di news, centinaia di casi di studio italiani, articoli di approfondimento firmati dai più autorevoli esperti italiani e internazionali e interviste ai CIO delle più importanti imprese del nostro Paese. Tra i temi trattati: Mobile Internet, Mobile Office, Supply Chain, Mobile Marketing, Payment, Field Force e Work Force Automation, RfId e molto altro.
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il confronto diffusione - valore di mercato Ripartizione per ambiti applicativi nel 2013 Fatturato totale 2013: 900 milioni di euro Numero di oggetti connessi nel 2013 tramite rete cellulare: 6 milioni 1%
Smart Car Smart Home & Building
1%
Smart Metering & Smart Asset Management nelle Utility
2%
7%
10%
8% 31%
5%
Smart Logistics 47%
13% 26% 19%
Smart City & Smart Environment
21%
Altro
9% Valore di mercato
smart home, 3 milioni di oggetti nel 2016 Lo Smart Car è l’ambito che cresce di più anche in termini di fatturato (31% del valore totale del mercato, +35% rispetto al 2012), superando quest’anno lo Smart Home & Building (21%). A breve distanza troviamo l’ambito Smart Metering e Smart Asset Management nelle Utility (19%), seguito dalle applicazioni di Smart Logistics per il trasporto (13%) e dalle altre applicazioni di Smart Asset Management (8%). Il 73% del valore di mercato (circa 660 milioni di euro) deriva da soluzioni basate solo su rete cellulare (Smart Car, Fleet Management, molte applicazioni di Smart Asset Management), mentre il restante 27% è legato invece a soluzioni “miste”, che usano le reti cellulari insieme a diverse tecnologie di campo, quali PLc − Power Line communication (nella maggior parte delle applicazioni di Illuminazione intelligente), e radio (Wireless M-Bus per i contabilizzatori di calore, Zigbee in alcune recenti applicazioni di Illuminazione intelligente, Bluetooth in ambito eHealth, ecc.). «Tirando le somme, l’Italia in ambito IoT mostra una crescita rilevante anche in ambito europeo, dove si colloca ai primi posti per numero di oggetti dotati di SIM, e si profilano diverse linee di tendenza molto interessanti anche per i prossimi anni – ha spiegato Giovanni Miragliotta, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Internet of Things insieme ad Angela Tumino -. In ambito Smart Car per esempio stimiamo che nel 2016 le macchine connesse in Italia saranno circa il 20% del totale del parco auto,
Smart Asset Management
Diffusione
con un significativo aumento di veicoli “nativamente connessi” anche grazie allo stimolo della normativa eCall, secondo la quale da ottobre 2015 tutti i nuovi modelli dovranno poter effettuare chiamate automatiche di emergenza». In ambito Smart Home & Building invece, ha aggiunto Miragliotta, sarà determinante l’impatto della tecnologia Bluetooth Low Energy (BLE), che abilita la connessione di oggetti intelligenti di uso quotidiano e dispositivi mobili in ambito domestico. «Oggi circa l’1% delle abitazioni in Italia è dotato di dispositivi di telecontrollo del riscaldamento e/o antintrusione, ma con l’affermarsi delle tecnologie wireless all’interno dell’abitazione e la crescente disponibilità di dispositivi BLE si arriverà a più di 3 milioni di oggetti domestici connessi nel 2016 in Italia: il problema quindi sarà garantire l’interoperabilità tra soluzioni di fornitori diversi, sia in fase di sviluppo e configurazione che nella gestione degli oggetti intelligenti».
Nel 2016 in Italia sarà connesso il 20% del parco auto, anche grazie alla norma eCall: dal 2015 i nuovi modelli dovranno poter fare chiamate automatiche d’emergenza
Smart City, l’illuminazione intelligente fa da traino Infine un elemento centrale del rapporto di quest’anno è un’indagine su 116 città (51 in Italia, 65 all’estero), per un totale di 258 applicazioni Smart City abilitate dalle tecnologie IoT. L’illuminazione pubblica “intelligente” (telemonitoraggio e telecontrollo dei lampioni) risulta l’ambito trainante, con il 13% delle applicazioni totali (30% delle città), per un totale di oltre 400.000 lampioni connessi a fine 2013 e 12 milioni di euro di valore (18% del valore complessivo dei progetti Smart City in Italia). www.ict4executive.it
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Robot assistenti e spugne nanotech: l’IoT al servizio dell’uomo
roberto cingolani direttore scientifico istituto italiano di tecnologia di genova
Sanità, ambiente, alimentazione: secondo Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, bisogna concentrarsi su applicazioni IoT immediatamente utili L’Internet of Things (IoT) è considerato degli ambiti tecnologici più “avveniristici”, ma dovrebbe concentrarsi su applicazioni immediatamente utili, supportando un nuovo welfare per i Paesi avanzati, il miglioramento delle condizioni di vita nel resto del mondo, e la sostenibilità ambientale di ogni attività umana. È la lezione di Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, intervenuto al recente “Internet of Everything Italian Forum”, organizzato a Milano da Cisco Systems. «Da una parte c’è un 20% di umanità composto da società ricche che invecchiano, e hanno bisogno di un nuovo welfare - nano-medicine, screening predittivi avanzati, tecnologie per l’assistenza -, dall’altra per i Paesi emergenti dobbiamo inventarci medicinali a basso costo, diagnostica portatile, strumenti per trasferire tecnologie e aumentare la qualità di vita tramite igiene, alimentazione, cultura». In quest’ottica, le tecnologie per potabilizzare l’acqua sono per esempio di estrema importanza. «Per sopravvivere una persona ha bisogno di 5 litri al giorno, una famiglia statunitense ne consuma 350, ma una africana ne ha a disposizione solo 20», ha detto Cingolani, mostrando una spugna nano-tech, basata su un brevetto italiano, capace di separare l’acqua da oli e metalli pesanti. «Questo è il classico esempio di alta innovazione tecnologica concretizzata in un oggetto molto utile, di bassissimo costo e riciclabile». Per la parte “ricca” dell’umanità invece, la ricerca in ambito IoT si sta concentrando su cose totalmente diverse: «Avremo farmaci chemioterapici in miniatura che colpiscono una sola cellula tumorale, e anticorpi personalizzati per riscrivere sequenze del DNA». E inoltre robot a supporto delle terapie di riabilitazione domestiche, e in generale “compagni per l’uomo”, con mansioni di assistenza agli anziani, housekeeping, disaster recovery, divertimento ed educazione, ha spiegato Cingolani. Sviluppi estremamente interessanti, ma limitati dalla capacità computazionale. Oggi parlare di robot intelligenti come l’uomo non ha senso: «In un secondo, un computer fa 2 milioni di operazioni, un uomo ne può fare un miliardo di miliardi: il silicio non ci porterà mai a questi livelli, ci vogliono tecnologie diverse, magari basate sullo scambio di ioni in acqua, come avviene nella mente umana».
Seguono le applicazioni di raccolta rifiuti per l’identificazione dei cassonetti e il supporto alla tariffazione puntuale (13% delle applicazioni, 28% delle città). Si diffonde una progressiva multifunzionalità, con oggetti che condividono la dotazione tecnologica tra più applicazioni: oltre il 30% dei progetti avviati in Italia e all’estero dal 2012 tocca almeno due ambiti applicativi, il 12% almeno tre.
«Sulla Smart City in Italia siamo ancora nella fase iniziale – ha detto Perego -: continuano purtroppo a incidere negativativamente gli effetti della crisi economica, in particolare modo sulla capacità di spesa delle Pubbliche Amministrazioni, ma un elemento positivo è che sempre più spesso emerge una “regia comune” cittadina, entro cui si inseriscono diverse applicazioni avviate anche da attori distinti». www.ict4executive.it
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SDN, una rete a supporto del business
«In Hp Networking crediamo che il Software-Defined Networking sia la più importante innovazione nel mondo del networking dopo il protocollo Ethernet e una grande opportunità per i nostri clienti». Lo afferma Massimo Palermo, Country Manager HP Networking Italy, al quale abbiamo chiesto di spiegare i vantaggi di questo nuovo modo di concepire le reti aziendali. Perché oggi è necessario ripensare l’architettura delle reti locali? La necessità di rispondere rapidamente alle mutevoli condizioni del business sta provocando un’enorme domanda di banda, creando una pressione sul network mai riscontrata prima. Le architetture di rete convenzionali non sono più adeguate, perché non sono in grado di adattarsi dinamicamente ai cambiamenti di traffico, delle applicazioni e della domanda degli utenti. Pensiamo all’esplosione dei Big Data, alla tendenza a fruire dei contenuti in mobilità e soprattutto all’avvento dei servizi Cloud e dell’IT-as-a-Service. Un Infrastructure-as-a-Service ad esempio crea parecchi problemi alla rete se è non adeguatamente progettata e dimensionata. Secondo recenti previsioni di Gartner, entro il 2015 circa il 50% dei progetti cloud avrà problemi di performance dovuti alle limitazioni della rete. È per rispondere a queste nuove richieste che l’industria ha creato l’architettura Software-Defined Networking (SDN) e sta sviluppando gli standard ad essa associati.
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HP è pioniere del nuovo paradigma Software-Defined Networking, un’innovazione di grande portata che fornisce la flessibilità e l’intelligenza necessarie alle moderne applicazioni, dal Cloud ai Big Data
Massimo Palermo Country Manager HP Networking Italy
Quali sono gli aspetti più rilevanti del nuovo paradigma? Gli utenti, in base alle esigenze delle applicazioni, possono definire funzionalità e flussi di traffico e decidere come questi devono essere riconosciuti e gestiti dalla rete. Per realizzare gli obiettivi di allineamento al business, le applicazioni devono poter “parlare” in qualche modo con gli switch, devono poter addirittura “programmarli”, riservando ad esempio le risorse adeguate per il tempo necessario a eseguire task particolarmente critici dal punto di vista del business. SDN promette quindi di trasformare i network tradizionali in piattaforme flessibili e intelligenti, in grado di allocare le risorse dinamicamente e quindi creare rapidamente servizi on demand. Tutto questo si traduce in minori opex e capex ma soprattutto in una migliore esperienza per l’utente. Questa convinzione è confermata dalle previsioni di crescita che secondo IDC porteranno il valore del mercato SDN dai 200 milioni di dollari del 2013 ai 2 miliardi nel 2016. HP sta contribuendo in maniera significativa e con grosso anticipo rispetto agli altri competitor, offrendo una soluzione end to end completa, che va dal Data Center al Campus ed al branch office.
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«Una rete più flessibile ed agile rappresenta un differenziante competitivo forte in quanto permette di focalizzarsi sui servizi e sullo sviluppo di applicazioni. Allo stesso tempo permette di liberare risorse critiche - umane, finanziarie, organizzative - da destinare all’innovazione» Qual è in definitiva l’impatto sul business di questo nuovo approccio? Grazie ad SDN ora la rete permette di parlare lo stesso linguaggio e di seguire la logica e le esigenze del business in modo dinamico. Una rete più flessibile ed agile rappresenta un differenziante competitivo forte in quanto permette di preoccuparsi meno dell’hardware e di focalizzarsi sui servizi e sullo sviluppo di applicazioni. Allo stesso tempo permette di liberare risorse critiche - umane, finanziarie, organizzative - da destinare all’innovazione. La nostra mission è quella di aiutare i clienti ad accelerare la creazione di servizi di nuova generazione eliminando la complessità, mettendoli in condizione di costruire una rete semplice, programmabile e scalabile che sia allineata alle esigenze delle applicazioni di business che stanno sempre più dettando il passo della trasformazione dell’ICT. A che punto è il percorso di adozione in italia? Sulla base della nostra esperienza quotidiana purtroppo riscontriamo che il livello di adozione in Italia è ancora inferiore rispetto ad altri paesi. Essendo lo sviluppo iniziale di SDN basato principalmente intorno alla virtualizzazione, gli early adopter e quindi i principali beneficiari sono sicuramente i cloud provider su larga scala, i service provider e le aziende con significativi datacenter. Ma anche le aziende stanno muovendo i primi passi, in particolare in ambito bancario/finanziario e nella pubblica amministrazione, per cogliere i benefici in termini di sicurezza o di unified communication. Qual è il punto di partenza proposto da HP? Mettiamo a disposizione dei clienti servizi mirati sulla strategia SDN e organizziamo dei transformation experience workshops, che prevedono in primis una valutazione congiunta sull’impatto che il cambiamento può avere su persone, processi e tecnologie. In seguito, forniamo un network provisioning assessment, volto a verificare le reali capacità di provisioning del cliente e a capire i benefici in termini di business. Riteniamo che l’adozione di SDN sia la costruzione di un viaggio, suggeriamo quindi ai nostri clienti di adottare un approccio a fasi che abbia come primi step la creazione di un Lab con il controller SDN & gli switches
OpenfLow per poi proseguire con i test delle prime applicazioni SDN.. Presso i nostri demo center è possibile verificare questo approccio. Cosa differenzia l’offerta di HP Networking sul mercato? Riteniamo che anche nel caso della rete, come avvenuto per server e storage, saranno le applicazioni a fare di SDN una tecnologia ampiamente utilizzata. SDN però può portare reali benefici solo se sarà costruito su un sistema totalmente e realmente aperto. Per questo motivo HP ha sviluppato, oltre al portafoglio di soluzioni SDN più completo del settore, il primo ecosistema SDN aperto di classe enterprise, che mette a disposizione delle aziende e dei partner un ambiente in cui allineare rapidamente la rete alle esigenze del business e delle applicazioni. Di recente abbiamo lanciato l’HP SDN Developer Kit (SDK) e HP SDN App Store, due soluzioni che favoriscono nuove opportunità di business per i partner e che offrono ai clienti un modo semplice per acquistare e distribuire i servizi di rete. Inoltre, considerando le implicazioni in termini di persone e processi, HP ha lanciato anche un percorso formativo SDN Learning Journey e una SDN Certification, che faranno parte del programma HP ExpertOne. Open standard e interoperabilità multivendor hanno caratterizzato da sempre l’approccio di HP differenziandone la value proposition sul mercato. Grazie anche a questo approccio HP Networking sta guadagnando clienti: il business networking di HP è in crescita in un contesto economico e di mercato oggettivamente difficile. Quali opportunità per i vostri partners emergono dal paradigma SDN? HP SDN App Store realizza un marketplace aperto in cui i partner dell’ecosistema possono vendere le proprie applicazioni SDN ai clienti che le possono implementare nella loro rete in pochi clic. Per i partner ciò costituisce quindi una ricca opportunità di innovazione e differenziazione per migliorare il loro conto economico, per fidelizzare ulteriormente i propri clienti ed attrarne di nuovi. | 49 |
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Sky Germania, la TV va su Mobile, su Web e su Console grazie a protagonisti italiani
Al momento nel settore TV l’erogazione di contenuti su web e dispositivi mobili è certamente il miglior esempio del legame tra tecnologie innovative ed esigenze strategiche di business. Nel caso di Sky Deutschland, il “braccio” tedesco del gruppo News Corp/21st Century Fox di Rupert Murdoch, questo obiettivo è stato realizzato con il progetto Sky Go, che ha avuto due protagonisti italiani: il CIO Mauro Di Pietro Paolo, e il system integrator principale: FINCONS GROUP. Ne abbiamo parlato appunto con Di Pietro Paolo, Senior Vice President IT di Sky Deutschland (d’ora in poi per comodità Sky Germania). «Sky è la principale pay-TV in Germania e Austria, dove abbiamo circa 3,7 milioni di abbonati, con un fatturato 2013 di 1,55 miliardi di euro e circa 2.000 dipendenti. Eroghiamo i contenuti via satellite, ma anche via cavo, internet e reti mobili – spiega Di Pietro Paolo –. Abbiamo sempre puntato sull’innovazione, e Sky Go, pur non essendo un servizio a pagamento (è gratuito per i clienti premium) è il più importante negli ultimi anni, perché consente di fruire di contenuti TV sui canali più innovativi, anche on demand e in live streaming». Il progetto Sky Go è iniziato nel 2010, e il focus era sul canale web per PC, ma Sky Germania ha puntato da subito su una piattaforma “Multi-Screen”, in grado di gestire la distribuzione di contenuti anche verso altri dispositivi, come smartphone (iPhone), tablet (iPad), console di gioco (Xbox 360).
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Il progetto “Sky Go” della pay-TV tedesca (3,7 milioni di abbonati), per erogare contenuti su iPhone, iPad e Xbox 360 è stato affidato all’italiana FINCONS GROUP, e gestito da un Vice President IT pure italiano, Mauro Di Pietro Paolo, che ne parla in questa intervista
Mauro Di Pietro Paolo Senior Vice President IT di Sky Deutschland
«All’epoca è stata fatta una Request for Proposal, ed è stato invitato anche il Gruppo FINCONS perché era già fornitore di Sky Italia – spiega Di Pietro Paolo –. In genere lavoriamo molto con società italiane, perché le offerte economiche sono piuttosto competitive rispetto alle società tedesche. Ma nel caso particolare è stato cruciale anche un aspetto tecnico: FINCONS GROUP proponeva un pacchetto unico basato sulla suite di Polymedia – poi adottata anche da Sky Italia –, mentre gli altri system integrator proponevano invece soluzioni basate su diversi software, che richiedevano una fase d’integrazione in più». Dal punto di vista tecnologico, il servizio Sky Go di Sky Germania si basa quindi sulla suite Polymedia, che integra funzioni di archiviazione dei contenuti nei vari formati, Content e Asset Management multi-screen, e un set di applicazioni multi-canale (TV tradizionale, on demand di contenuti live e di archivio, web, mobile, ecc.). Al di sopra di Polymedia, il Gruppo FINCONS ha sviluppato ad hoc un layer applicativo per gestire accessi clienti, multidevice, flussi di trasmissione in parallelo e “geoblocking” (blocco della diffusione di contenuti fuori dal Paese di pertinenza), e un ulteriore
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Il principio generale è stato di non snaturare i sistemi esistenti né quello nuovo, introducendo solo le customizzazioni davvero necessarie. «Le più importanti riguardano l’erogazione su internet di contenuti on demand in funzione dei diritti di trasmissione» “strato” di front-end che comprende le applicazioni per distribuire i contenuti sui vari dispositivi. Il tutto è integrato attraverso un approccio SOA sia con gli altri sistemi di Sky sia con provider di servizi esterni. La sfida però, sottolinea Di Pietro Paolo, non riguardava solo l’ambito tecnologico, ma anche i criteri di governance dello stesso progetto, e la gestione degli impatti del nuovo servizio su processi e struttura aziendale. «Cercavamo un modo per andare “live” in tempi veloci, che si integrasse facilmente nella nostra architettura, senza creare nuovi layer tecnologici e duplicare qualcosa che avevamo già». Il principio generale quindi è stato di non snaturare i sistemi esistenti né quello nuovo da implementare, introducendo solo le customizzazioni davvero necessarie nei punti giusti. «Le personalizzazioni più importanti riguardavano la gestione dell’erogazione su rete internet, in particolare di contenuti on demand». Per esempio Sky doveva poter trasmettere un certo contenuto su un canale e nel contempo oscurarlo su un altro, in funzione dei diritti di trasmissione. «Per un certo contenuto, a volte abbiamo diritti per il web ma non per l’iPad, o per l’iPad via wi-fi ma non via 3G: queste informazioni dovevano essere disponibili in tempo reale in un unico punto per semplificare la definizione del palinsesto». Un altro obiettivo era proporre livelli di performance d’eccellenza anche se i nuovi device e le modalità di fruizione rendono la domanda meno prevedibile. «Nella TV tradizionale i picchi di traffico sono soprattutto in prima serata e per gli eventi sportivi. Con un tablet invece, anche se sto vedendo una partita di calcio, fare “zapping” su altri canali in parallelo è questione di un attimo». La nuova piattaforma ha ovviamente avuto impatti anche sui processi interni, di IT e di redazione. «Riguardo all’IT, abbiamo dovuto organizzarci per assicurare un presidio sulle 24 ore, con nuovi servizi di supporto e competenze. Ora ci servono persone con una visione d’insieme su un quadro molto più complesso di prima, e capaci di capire, quando c’è un problema, se la causa è il back-end, l’encoder, la Content Delive-
ry Network, l’internet provider, la rete mobile o altro ancora». Quanto alle redazioni, «non abbiamo voluto creare nuovi team editoriali, abbiamo fatto in modo di minimizzare lo sforzo aggiuntivo chiesto a quelli esistenti con piccole customizzazioni al sistema». Il criterio insomma, è di sfruttare al massimo ciò che è già in casa: la stessa piattaforma tecnologica è stata pensata in modo da essere sempre pronta ad accogliere nuove funzioni e nuovi canali, man mano che raggiungono una certa diffusione e popolarità. Una conferma viene da due recenti novità, sempre realizzate insieme a FINCONS GROUP: un’App per offrire SkySport News su Android («è stato un lavoro molto semplice, perché tutti i contenuti erano già nel back-end e sono stati sfruttati i layer che già funzionano per gli altri canali») e di Snap by Sky, una videoteca online accessibile da web, Samsung TV e dispositivi iOS (iPad, iPhone e iPod Touch) anche a chi non è abbonato Sky: «Snap è basato sullo stesso backend di Sky Go – conclude Di Pietro Paolo –: il progetto è stato molto complesso, ma sviluppato tecnicamente in soli 3 mesi».
Chi è FINCONS GROUP In oltre 30 anni di collaborazione, in Italia e all’estero, con i Media Player leader dei principali Paesi europei, FINCONS GROUP ha condotto progetti innovativi e all’avanguardia. Il Gruppo supporta, con collaborazioni continuative e di successo, broadcaster e publisher quali Sky Deutschland, Sky Italia, Fox Italia, RAI Radio Televisione Italiana, Publitalia, Mediaset, Mondadori e RCS Media Group. La profonda comprensione del mercato media ha portato negli ultimi anni il Gruppo FINCONS a focalizzare il proprio offering su tematiche emergenti come la convergenza broadcast/broadband, che introduce esigenze nuove e prioritarie sui processi core legati alla gestione diritti, gestione palinsesto (lineare e non lineare), gestione offerta, content management e distribution, advertising sales. Il Gruppo, oltre a una BU Media dedicata, ha forti competenze anche in ambito Energy, Utilities, Financial Services, Transportation, Manufacturing.
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Speciale “sanità”
sanità, il digitale migliora i servizi e fa risparmiare miliardi Servizi self service online, sistemi di front-end presso le strutture sanitarie, e soluzioni ICT per la medicina sul territorio e l’assistenza domiciliare promettono in Italia riduzioni di costi potenziali di 3,53 miliardi per le aziende del settore e di 7,44 miliardi per i cittadini. Ma diffusione e uso sono ancora bassi. I responsi di un’analisi dell’Osservatorio ICT in Sanità del Politecnico di Milano
In ambito sanitario tre tipi di tecnologie digitali possono essere leve fondamentali per aumentare il livello di soddisfazione del cittadino: i servizi diretti verso gli assistiti (prenotazione online delle prestazioni, download dei referti, ecc.), i sistemi di front-end presso le strutture sanitarie (casse automatiche, gestione elettronica delle code, ecc.), e le soluzioni ICT per la medicina sul territorio e l’assistenza domiciliare. Secondo l’Osservatorio ICT in Sanità del Politecnico di Milano queste soluzioni, oltre a benefici di efficacia e qualità del servizio, consentirebbero anche forti risparmi sia per le strutture sanitarie sia per il cittadino, rispettivamente di 3,53 e di 7,44 miliardi di euro. La strada però è ancora lunga: per l’Osservatorio il livello di diffusione e utilizzo da parte dei cittadini è ancora limitato. I sistemi di prenotazione via web sono presenti solo nel 23% delle strutture, il download dei referti nel 29% e il pagamento via web delle prestazioni nel 25%. E i cittadini che nel 2012 hanno prenotato, pagato e scaricato referti via web sono stati rispettivamente solo il 7%, il 6% e il 13% degli assistiti. Eppure, se diffusione e utilizzo aumentassero, la consegna dei referti via web e la prenotazione online delle prestazioni potrebbero generare risparmi per le strutture sanitarie rispettivamente di 370 e 160 milioni, e per i cittadini rispettivamente di 4,6 miliardi e 640 milioni in termini di costi di spostamento evitati. Più diffusi sono invece i sistemi di front-end che nella struttura sanitaria supportano l’accoglienza, l’instradamento e la comunicazione verso gli utenti. Se| 52 |
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condo l’Osservatorio nel 2012 il 79% delle strutture ha investito in questi sistemi, per un valore di 31 milioni. I servizi più presenti riguardano la gestione intelligente delle code (78% delle aziende del campione) e la gestione dell’attesa delle visite (63%). In alcuni casi è stata riscontrata una riduzione dei tempi di attesa dal 25% al 50%, con tempi medi inferiori ai 10 minuti. Ma le soluzioni di front-end possono consentire anche alla Direzione Strategica di controllare le attività relative ai flussi degli assistiti, permettendo analisi accurate sui livelli di servizio e sui “colli di bottiglia”, e la pianificazione di azioni correttive. Quanto infine alle soluzioni ICT per la medicina sul territorio e l’assistenza domiciliare, l’Osservatorio rileva per lo più progetti sperimentali, con investimenti, nel 2012, solo del 32,6% delle strutture sanitarie, per un valore di 9 milioni. I servizi più presenti sono di Tele-monitoraggio (23% del campione), mentre le soluzioni di Tele-assistenza e Tele-soccorso per segnalare emergenze e di Tele-diagnostica a casa del paziente sono offerte solo dal 9% e dall’8% delle strutture. In un Paese come l’Italia, però, dove nel 2012 il 38,6% della popolazione era affetto da almeno una patologia cronica, per questo tipo di soluzioni le prospettive non possono che essere buone. La deospedalizzazione legata a queste tecnologie può ridurre i costi di degenza delle strutture sanitarie di circa 3 miliardi, mentre i risparmi per i cittadini, se anche solo la metà dei pazienti cronici utilizzasse questo tipo di servizi, sarebbe di 2,2 miliardi l’anno.
Speciale “sanità”
L’efficienza delle strutture sanitare comincia con un networking affidabile
Allied Telesis, il Vendor giapponese che da oltre 25 anni si occupa di Networking, ha recentemente messo a punto un innovativo framework che aiuterà le aziende a ridurre fino al 60% la complessità e i costi relativi alla gestione della rete. A fronte della riduzione dei costi e dell’aumento della produttività dello staff IT, Allied Telesis offre alle aziende sanitarie e soprattutto agli ospedali l’opportunità di ottimizzare e migliorare i servizi, limitando le inefficienze dovute a ritardi, errori o costi eccessivi. Le risorse IT possono da oggi essere impiegate in iniziative strategiche, invece che in attività di routine. L’innovativa tecnologia si chiama Allied Telesis Management Framework (AMF), e mette a disposizione dei propri clienti Enterprise alcuni dei vantaggi della tecnologia SDN (Software Defined Networking), che sono principalmente legati all’automazione di alcune operazioni e alla semplificazione della configurazione e del management delle reti, senza dover rinnovare interamente l’hardware. Le caratteristiche principali dell’Allied Telesis Management Framework sono la gestione centralizzata, l’auto-backup e l’aggiornamento automatico delle configurazioni, il provisioning automatico e l’auto-recovery, che rendono la rete plug-and-play e la sua gestione zero-touch. Grazie ad AMF è oggi possibile la gestione integrata di tutta la rete aziendale, con il beneficio immediato di ridurne la complessità, oltre che i tempi e le risorse necessarie al suo management, da cui risulta un’evidente riduzione del Total Cost of Ownership. Allied Telesis ha sviluppato AMF per garantire la gestione centralizzata di un’intera rete da un singolo dispositivo, attraverso una semplice ed intuitiva Command Line In-
Allied Telesis ha messo a punto un innovativo framework che permette di ridurre complessità e costi, assecondando i cambiamenti della struttura sanitaria, Migliorando le cure e ottimizzando i processi
terface (CLI). Adottando l’AMF si arriva a gestire la rete come un singolo dispositivo virtuale. Il back up dei file di configurazione e dei file del firmware sono automaticamente eseguiti con regolarità e sono disponibili per la rigenerazione dei dispositivi guasti; inoltre le modifiche di configurazione possono essere effettuate su più dispositivi contemporaneamente. Questa combinazione di funzionalità consente a AMF di ridurre le spese di funzionamento della rete, riducendone la complessità di gestione e automatizzando molte operazioni di routine.
L’esperienza del Dallas Medical Center Il caso del Dallas Medical Center dimostra come una rete affidabile valorizzi l’eccellenza di una struttura ospedaliera, rinomata per la cura al paziente e lo staff efficiente. La struttura è stata costruita nel 1973, conta 155 posti letto e diversi reparti, dalla chirurgia alla radiologia, alla medicina interna. Quando è stato acquisito dal gruppo Physicians Synergy Group (PSG), il Dallas Medical Center aveva un’infrastruttura IT costosa e obsoleta. Allied Telesis, dopo aver analizzato le specifiche esigenze del cliente, ha predisposto un piano accurato e ha coordinato una serie di attività, dal disegno della nuova rete ai servizi professionali, fino alla predisposizione di monitoraggio e back-up 24/7 dei servizi ICT. La nuova infrastruttura IT è stata installata in 48 ore, senza alcuna interruzione delle attività ospedaliere. La collaborazione fra Allied Telesis e Dallas Medical Center si è rivelata un successo, con una notevole riduzione dei costi totali della struttura.
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L’innovazione digitale a supporto del mondo Fashion & Retail
Il mercato del Fashion & Retail, di grande importanza per l’economia del nostro Paese, è da sempre particolarmente dinamico e negli ultimi tempi sta attraversando una fase di profondo cambiamento. La competizione si fa sempre più accesa su scala internazionale, con la necessità di migliorare le performance e ridurre i tempi di risposta al mercato. Fusioni e acquisizioni cambiano il panorama rapidamente: nuovi brand, cambi di sede, aperture di nuovi punti vendita si succedono senza sosta. E per le aziende italiane, che devono fronteggiare la contrazione dei consumi interni, è fortissima l’esigenza di conquistare nuovi mercati ad alto tasso di crescita, come ad esempio la Cina e il Brasile. C’è poi l’innovazione tecnologica che impone alle imprese ulteriori cambiamenti: i nuovi canali digitali, in particolare l’eCommerce ed i Social Network, sono un’opportunità da non perdere, ma pongono nuove sfide al business per tutte le imprese, anche per quelle con prodotti di alta gamma, contrariamente a quanto un tempo creduto. Il superamento di queste sfide richiede un forte cambiamento nella gestione dei processi aziendali e, soprattutto, una grande attenzione sia a temi da sempre critici per il mercato del fashion - quali il marketing e la gestione del brand - sia alle strategie di gestione dell’intera supply chain, proprio in coerenza con le scelte di marketing e di brand. Anche per questo, molte aziende del settore hanno scelto di investire nella gestione diretta dei punti vendita, in modo da poter trasmettere al meglio i valori del
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Per le aziende del settore, un sistema informativo allo stato dell’arte può essere la chiave per affrontare un mercato sempre più esigente, aiutandole a ridurre il time to market, ottimizzare i processi, aumentare l’efficienza e garantire elasticità
ALESSANDRO TIEZZI Amministratore Delegato DFG-Dynamics Fashion Group, Gruppo NTTAGIC
brand e gestire l’immagine attraverso il contatto diretto con il consumatore, piuttosto che affidare la distribuzione a catene esterne. In questo scenario, un utilizzo sapiente delle tecnologie diventa sempre più importante, innanzitutto per favorire a monte lo scambio informativo con i fornitori, avere maggiore visibilità sui piani di produzione e ottimizzare gli assortimenti. O a valle con i retailer, per la visibilità tempestiva sui dati delle vendite, la raccolta ordini e via dicendo, in una prospettiva di collaborazione estesa a tutta la filiera, dal cliente finale al fornitore di materie prime. Solo in questo modo è possibile garantire la flessibilità e l’efficienza che l’attuale scenario del mercato richiede. «In un contesto caratterizzato da un calo costante degli acquisti, ridurre il time to market, ottimizzare i processi, aumentare efficienza ed elasticità e ridurre al minimo gli errori sono esigenze sempre più pressanti - afferma Alessandro Tiezzi, Amministratore Delegato DFG, centro di competenza dedicato ai settori Fashion, Textile e Luxury del gruppo NTTAGIC, system integrator che da molti anni sup-
advertorial Le soluzioni NTTAGIC per il Fashion & Retail NTTAGIC è uno dei principali e storici partner di Microsoft, conosciuto per innovazione, competenze e servizi a valore aggiunto per i clienti, attraverso soluzioni integrate e project management: soluzioni ERP e CRM, sistemi di Business Intelligence e Performance Management, Knowledge Management, portali Intranet ed Extranet, servizi in cloud. DFG - Dynamics Fashion Group è il centro di competenza NTTAGIC dedicato ai settori fashion, textile e luxury. L’esperienza trentennale in progetti a fianco delle imprese del settore Moda e Tessile ha portato una profonda conoscenza dei processi tipici di questi settori, consentendo di individuare le esigenze specifiche di ogni singola realtà e di poter proporre soluzioni innovative in grado di apportare benefici concreti: miglioramento nell’efficienza e nella capacità di controllo aziendale, aumento della competitività e riduzione dei costi gestionali. Navitex - Microsoft Dynamics NAV for Fashion & Textile è la verticalizzazione per il settore della soluzione ERP
porta le aziende del settore e ha fra i suoi clienti molti noti brand in Italia e all’estero. - Nell’abbigliamento, come nelle calzature la filiera è lunga, e deve essere sincronizzata al meglio grazie all’impegno da parte di tutte le aziende coinvolte. La sola strada è quella dell’innovazione dei Sistemi Informativi, che devono supportare i cambiamenti e le evoluzioni aziendali in atto, senza minimamente rallentarne il ritmo, ma anzi facilitando l’intero processo». NTTAGIC, da sempre legata a Microsoft e alle sue tecnologie di avanguardia, si propone sul mercato con una suite di soluzioni integrate, scalabili, tecnologicamente avanzate e già installate presso decine di clienti in Italia e nel mondo. Le piattaforme standard di Microsoft, in particolare Dynamics AX, Dynamics NAV, Dynamics CRM, Microsoft BI, sono state utilizzate dalle aziende del gruppo NTTAGIC per realizzare soluzioni verticali che inglobano decenni di know-how ed expertise specifica del settore. «L’ERP può diventare il motore su cui basare il cambiamento, guidando il percorso delle aziende verso una maggiore efficienza e competitività. La copertura funzionale, il know-how e l’esperienza nell’implementazione, il supporto delle più avanzate tecnologie, l’integrazione nativa con i sistemi complementari come quelli di Business Intelligence e il
Microsoft Dynamics NAV. Il sistema copre le esigenze tipiche delle aziende del settore Tessile e Moda, sia commerciali sia di produzione e logistica avanzata. Le funzionalità sono completate da una suite retail, CRM e BI che copre tutti i processi in modo integrato. Per le medie e grandi catene di negozi, Dynamics LS Retail e Dynamics AX Retail sono le soluzioni leader per base installata e sono utilizzate dalle più grandi catene internazionali e nazionali. Per piccole e medie catene di negozi, Cocai Retail - basato su tecnologia Microsoft Azure - consente di sfruttare tutti i vantaggi del cloud e delle tecnologie web/mobile (tablet, smartphone...). Anche Microsoft Dynamics CRM è declinato per le aziende del fashion, retail e luxury per permettere un efficace controllo delle vendite ed una costante interazione coi clienti finali. La Business Intelligence su piattaforma standard Microsoft completa la suite, supportando le aziende nell’analisi dei dati e nel velocizzare i processi decisionali.
CRM e con la suite Office, sono driver fondamental1 per la velocizzazione dei progetti, la loro semplificazione e il raggiungimento completo dei risultati attesi», sottolinea Tiezzi. I vantaggi ottenibili dall’integrazione dei sistemi attorno all’ERP sono molteplici. Per ogni azienda e ogni progetto i benefici possono variare in funzione delle priorità e dei punti di partenza: alcuni esempi concreti sono il calo delle scorte di magazzino, la riduzione del lead-time, la diminuzione dei resi cliente, la riduzione delle spese di trasporto. Aggiunge Giuseppe Ghisoni, Account Manager NTTAGIC: «Conosciamo molto bene le esigenze specifiche del mondo fashion e retail e sappiamo che per soddisfare pienamente i clienti occorre prima di tutto parlare la loro lingua: per questo all’interno del nostro gruppo operano consulenti senior con esperienza decennale. Le nostre soluzioni coprono al meglio le funzionalità di base, ad esempio l’assegnazione a ogni prodotto delle caratteristiche come taglia/colore, varianti, eccetera. E non solo: in questi anni di esperienze e progetti con clienti importanti e riconosciuti in certi casi come “trend setters”, le società del Gruppo NTTAGIC hanno messo a punto sofisticate soluzioni e best practices che sono state incorporate nel software standard. In questo modo riusciamo a facilitare e velocizzare la realizzazione dei progetti». | 55 |
Speciale “Fatturazione Elettronica”
Fatturazione elettronica e dematerializzazione nuovi modelli di relazione per imprese e PA La digitalizzazione dei processi può svolgere un ruolo determinante per affrontare la crisi, sia a livello di singola impresa sia di Sistema Paese: aumenta la produttività, riduce gli adempimenti e il peso della burocrazia, abilita nuove opportunità di dialogo con i partner di business e ottimizza le procedure interne. Fondamentale, però, è affrontare i progetti con una visione ampia e con una strategia coerente con i processi “core”
La Digitalizzazione dei processi nelle imprese rappresenta probabilmente uno dei principali strumenti utilizzabili per guidare il Sistema Paese fuori dalla crisi: aumentando la produttività, riducendo gli adempimenti e il peso della burocrazia, abilitando nuove opportunità di dialogo con i partner di business e ottimizzando le procedure interne. Un corretto approccio alla Digitalizzazione dei processi rimanda a paradigmi organizzativi innovativi, radicalmente diversi sia dalla semplice automazione di attività isolate sia dalla mera dematerializzazione di singoli documenti. È dunque importante: • orientarsi verso una gestione per processi • dotarsi di un’architettura interna – tanto tecnologica quanto organizzativa – integrata • sviluppare le opportune interfacce per abilitare un dialogo sistematico e strutturato con tutti gli attori dell’ecosistema in cui ogni organizzazione opera. | 56 |
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L’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano ha condotto un’analisi volta a comprendere il punto di vista dei decision maker appartenenti a diverse funzioni aziendali, che ha coinvolto oltre 350 imprese, consentendo di mappare il ruolo decisionale di oltre 720 C-level, prevalentemente manager di imprese di grandi dimensioni. Dall’indagine è emerso come spesso manchi sia una chiara visione d’insieme della Digitalizzazione in azienda, sia una figura organizzativa che sappia delineare una strategia di sviluppo coerente con i processi core dell’organizzazione stessa. Questa limitata capacità di cogliere tutte le implicazioni rischia di portare allo sviluppo e all’implementazione di soluzioni locali, spesso nemmeno troppo efficaci ed efficienti. È dunque importante, in questo particolare momento storico più ancora che in altri, affrontare i progetti di digitalizzazione con spirito critico accompagnato da una vision ampia, che consenta di delineare una roadmap di adozione consapevole quanto efficace.
Speciale “Fatturazione Elettronica”
Particolarmente rilevante, in questo tipo di iniziative, è il ruolo stesso che ha assunto la Fatturazione Elettronica nell’ultimo periodo: obbligatoria verso la PA, cardine nei progetti di sviluppo della nostra Agenda Digitale e configurata, nel nostro Paese, secondo un modello particolarmente apprezzato (e lodato) in tutta Europa. Proprio le caratteristiche dell’approccio che il nostro Paese sta scegliendo di avere verso la Fatturazione Elettronica ne fanno non solo un importante progetto di digitalizzazione (che si innesca nel quadro più ampio dei progetti di digitalizzazione dei processi di business), ma anche uno stimolo culturale forte, verso imprese e PA, ad attivare nuovi canali digitali per gestire prima le relazioni commerciali e poi interi processi in modo evoluto e altamente informatizzato.
di
paolo catti
School of Management, Politecnico di Milano
le imprese italiane che inviano fatture elettroniche
Fatturazione elettronica non strutturata Benefici: tra 1,8 e 4 E/fattura Tempo di payback: < 2 anni Fonte beneficio: trasmissione, spazio, materiali, ricerche documenti
Tra il 45% e il 50% delle imprese in Italia (circa 2,5 milioni) invia fatture elettroniche in formato non strutturato
Totale imprese (5 milioni)
Fatturazione elettronica strutturata Benefici: tra 5,5 e 8,2 E/fattura Tempo di payback: < 1 anno Fonte beneficio: trasmissione, spazio, materiali, ricerche documenti, produttività del personale
1% delle imprese in Italia invia fatture elettroniche in formato strutturato
le imprese italiane che fanno conservazione sostitutiva di fatture
+23% +28%
3.800
3.086
Circa il 90% delle 3.800 imprese conserva le fatture attive Circa il 45% (in forte aumento) conserva le fatture passive
2.510
Penetrazione in Italia Circa 39% tra le grandi imprese (oltre 25 addetti) Circa 1% tra le PMI (tra 10 e 250 addetti)
1.965
Altri documenti Circa 100.000 aziende portano in Conservazione Sostitutiva libri e registri
2009
2010
2011
2012 www.ict4executive.it
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Fonte: Politecnico di Milano
+23%
Speciale “Fatturazione Elettronica”
Documento digitale, la normativa italiana È completa A maggio sono state pubblicate le norme che disciplinano l’uso della firma elettronica e ad aprile le attesissime regole tecniche per la gestione dei processi di fatturazione elettronica nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, che fissano l’obbligo al 6 giugno. Anche se non sempre semplice da comprendere, il quadro normativo italiano è ormai completo, come spiega Giusella Finocchiaro in questa intervista
Professoressa Finocchiaro, quali sono le novità normative più significative nell’ambito della firma elettronica, della fatturazione elettronica e della dematerializzazione dei documenti? Sul tema della firma elettronica si è in attesa della definitiva approvazione da parte della Commissione Europea della Proposta di Regolamento in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno. Al Regolamento, che una volta adottato abrogherà la Direttiva Europea 1999/93/CE, si guarda con estremo interesse. Evidente, infatti, l’obiettivo di realizzare un vero mercato unico per il digitale, eliminando le barriere dettate dalle normative nazionali, puntando sull’interoperabilità giuridica e tecnica fra i Paesi dell’Unione degli strumenti elettronici di identificazione, autenticazione e firma. Con particolare riguardo alla cosiddetta “firma grafometrica” (la firma digitale su tablet - ndr), strumento in crescente diffusione in diversi settori economici, | 58 |
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si è in attesa del provvedimento generale dell’Autorità Garante sul trattamento dei dati biometrici utilizzati in questa innovativa modalità di sottoscrizione. Diversi sono stati i provvedimenti dell’Autorità Garante che, nonostante non rivestano carattere generale, hanno offerto ai potenziali soggetti erogatori di soluzioni di firma “grafometrica” specifiche istruzioni operative1. Con riguardo alla dematerializzazione dei documenti, si segnala che sono in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale le regole tecniche di attuazione del Codice dell’Amministrazione Digitale in materia di conservazione dei documenti e in materia di protocollo informatico. Recente, inoltre, l’entrata in vigore delle Linee Guida predisposte dall’AGID per l’effettuazione dei pagamenti elettronici a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi2. Fondamentale, infine, la disciplina sulla fatturazione elettronica. Con il decreto ministeriale n. 55 del 3 aprile 2013 sono state individuate le regole tecniche per la gestione dei processi di fatturazione elettronica nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Il decreto riveste un rilievo evidente dando attuazione agli obblighi, previsti dalla Legge Finanziaria del 2008, di fatturazione elettronica nei confronti delle pubbliche amministrazioni. A partire dal prossimo 6 giugno, Ministeri, Agenzie Fiscali ed Enti Nazionali di previdenza e assistenza sociale non potranno accettare fatture in formato cartaceo. Successivamente l’obbligo si estenderà anche alle altre pubbliche amministrazioni.
Giusella Finocchiaro Professore Ordinario di Diritto Privato e di Diritto di Internet nell’Università di Bologna Titolare dello Studio Legale Finocchiaro
il rischio di non rispondere efficacemente ai bisogni di un’economia sempre più globalizzata.
1. Fra i più recenti: Provvedimento del 12 settembre 2013, “Sistema per la sottoscrizione in forma elettronica di atti, contratti e altri documenti relativi a prodotti e servizi offerti da una banca - Verifica preliminare richiesta da Fineco Bank S.p.A. - 12 settembre 2013”, pubblicato in http://www.garanteprivacy.it, doc. web n. 2683533. 2. Scaricabili al seguente link: http://www.agid.gov. it/notizie/pagamenti-elettronici-le-linee-guida-gazzetta-ufficiale.
L’evoluzione del quadro giuridico sta andando verso la semplificazione del mondo digitale? Il legislatore italiano ha risposto all’esigenza di gestione dei documenti con modalità digitali. Gli strumenti giuridici per digitalizzare esistono. Non sempre il quadro normativo è semplice, ma certo è ormai completo. Quali tasselli normativi ritiene ancora mancanti per agevolare le imprese italiane? Ritengo che la risposta possa modellarsi diversamente alla luce del settore economico di riferimento. In generale, ritengo che non si possa prescindere da una disciplina che a livello europeo stabilisca i criteri per garantire l’interoperabilità degli strumenti tecnologici in uso fra i diversi Paesi. Diversamente si corre www.ict4executive.it
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Speciale “Fatturazione Elettronica”
Non solo obbligo: i vantaggi sono per tutti
Che la dematerializzazione sia una grande opportunità per aiutare le aziende a crescere e a sfidare la crisi è ormai fuori di dubbio. Lo dice l’Unione Europea, che con la sua Agenda Digitale punta sulla digitalizzazione di una pletora di documenti -e dei relativi processi- nei più svariati ambiti, dalla cartella clinica in Sanità, alla pagella scolastica, fino agli aspetti amministrativi. E lo conferma il Governo italiano, che sta procedendo speditamente nell’approvare normative che spingono la PA e le aziende in questa direzione. Il commissario per l’Agenda Digitale italiana, Francesco Caio, l’ha messo nero su bianco, mettendo la Fatturazione Elettronica sul podio delle priorità assolute per il nostro Paese. Con un duplice obiettivo: digitalizzare il ciclo passivo, per aiutare imprese e PA a tenere i costi sotto controllo, e al contempo gettare le basi per la Spending review, necessaria per far fronte all’inevitabile contrazione della spesa pubblica. «Non c’è più alcun dubbio, la strada è segnata e le aziende si devono attrezzare - afferma Mara Galetto, Senior Manager di BravoSolution, azienda specializzata nella gestione innovativa del ciclo source-to-pay -. E questo vale non solo per le aziende che dovranno già rispettare la scadenza di giugno, che rende obbligatoria la Fatturazione Elettronica verso la PA centrale. Ma anche le altre, perché tutte prima o poi dovranno adeguarsi». Perché la Fatturazione Elettronica va vista come un’opportunità da cogliere subito e non solo come un obbligo da rispettare? Fermo restando l’obbligo normativo, la dematerializzazione del ciclo amministrativo rappresenta una
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Professionisti, PMI e grandi imprese dovrebbero guardare alle scadenze dei nuovi obblighi di legge come un’opportunità per migliorare il processo che va dalla gestione degli acquisti fino al ciclo passivo, riducendo tempi ed errori e favorendo la collaborazione
Mara Galetto Senior Manager di BravoSolution
grande opportunità di risparmio e crescita di efficienza sia nella relazione con le PA che fra imprese stesse. Al momento non sembra esserci spazio per proroghe quindi per le aziende è necessario trovare al più presto soluzioni per gestire in maniera paper-less la fatturazione verso la PA. Appoggiarsi ad un provider specializzato può essere risolutivo: è importante però verificare che si tratti di un intermediario abilitato, conforme cioè ai requisiti previsti dal DM 55/2013 PA per questi operatori. È un passaggio importante. In Italia la PA, centrale e locale, è il primo committente delle imprese italiane: sul totale di 5 milioni di imprese, si stima che i fornitori della PA siano 2 milioni, per un volume complessivo di oltre 60 milioni di fatture. Ma anche le altre imprese non possono stare alla finestra perché, stando alle dichiarazioni degli “addetti ai lavori”, in futuro l’obbligo verrà esteso. Sembra confermato, ad esempio, il decreto che obbligherà anche le PA Locali alla Fatturazione Elettronica a partire da giugno 2015. Ed è probabile che l’Unione Europea fisserà il 2020 come scadenza per lo scambio elettronico dei documenti amministrativi fra tutti gli stati membri.
Speciale “Fatturazione Elettronica” Quali sono i benefici potenziali? La gestione strutturata e informatizzata del ciclo amministrativo consente di ridurre i tempi ed errori nella gestione dei dati, evita la loro rilavorazione, aumentando la produttività, assicura la condivisione delle informazioni da parte di tutte le funzioni coinvolte e consente una più facile e veloce fruibilità del dato. Oltre, naturalmente, alla riduzione dei costi legati al trattamento dei documenti in cartaceo, come ad esempio le spese di spedizione. Ci sono poi vantaggi indiretti. quali l’attivazione di logiche collaborative sia fra direzioni aziendali, sia fra cliente e fornitore. Se poi anche i processi a valle del ciclo amministrativo – in particolare la gestione degli acquisti – sono digitalizzati, i benefici su tutta la “filiera” aumentano in maniera esponenziale. Si arriva a un efficientamento e ad una tracciabilità di tutto il processo sourceto-pay, con dati gestiti in modo strutturato, organizzato e digitalizzato (si veda la figura).
medaglia: per questo è naturale estendere il processo, in modo da avere una copertura end to end. La nostra soluzione è in grado di ottemperare tutti gli obblighi normativi, ed è flessibile: ad esempio, grazie ad uno specifico servizio “chiavi in mano”, i fornitori della PA potranno affrontare le imminenti scadenze di legge senza modificare le proprie modalità di fatturazione. Al contempo, il destinatario della fattura, sia pubblico sia privato, potrà automatizzare il proprio ciclo passivo, dalla fase di acquisizione, alla riconciliazione e contabilizzazione delle fatture, terminando con la conservazione elettronica. In altre parole la nostra soluzione è in grado di gestire la dematerializzazione di tutto il processo source to pay, dalla generazione in forma digitalizzata del fabbisogno - con la pubblicazione di una gara o la richiesta di fornitura in forma digitale- all’aggiudicazione, fino alla gestione del documento fiscale emesso dal fornitore.
Ci faccia un esempio di queste logiche collaborative cliente – fornitore... Pensiamo al fornitore in trepida attesa del pagamento di una fattura... Grazie a soluzioni tecnologiche ad hoc il fornitore ha la possibilità di verificare autonomamente, attraverso un dashboard opportunamente profilato ed accessibile via web, tempi di contabilizzazione e pagamento. Questo può agevolare, ad esempio, meccanismi di conti anticipi o cessioni del credito.
Nelle grandi aziende la gestione paper-less del ciclo passivo è prassi consolidata. Ma le PMI che si trovano a far fronte alle scadenze previste dalla legge, come possono affrontarle? Come dicevo le nostre soluzioni sono flessibili, adattandosi alle esigenze anche del piccolo fornitore o del professionista. Il servizio che abbiamo sviluppato è in grado di gestire fatture in qualunque formato (dalla carta ai formati strutturati) provvedendo alla trasformazione nello standard richiesto dal ricevente (.xml PA; tracciati proprietari, tracciati strutturati....), includendo inoltre la conservazione sostitutiva a norma di legge. Le soluzioni per innovare i processi “a norma di legge” esistono, e sono di facile accesso. È importante che le aziende, di ogni dimensione, lo sappiano, così da trarne tutti i benefici possibili.
BravoSolution ha una grande competenza nelle soluzioni di Procurement, frutto di 14 anni di esperienza con importanti aziende e PA. Come avete esteso questo alla Fatturazione Elettronica? I due cicli, ovvero quello del sourcing e la Fatturazione Elettronica, sono correlati, due facce della stessa
tecnologia per il processo source-to-pay Supporto alle decisioni
Automazione ciclo passivo Order Management
Contract Fatturazione elettronica
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Saving tracking
Dashboard
Hub dei servizi transnazionali
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L’industria bancaria a supporto del processo di digitalizzazione del Paese
Nell’ambito del processi di digitalizzazione del Paese è ormai chiaro il ruolo chiave delle attività di dematerializzazione, che rispondono ad esigenze di integrazione ed ottimizzazione dei processi, dai quali riemergono risorse “sommerse” da reinvestire in competitività. La Fattura Elettronica è infatti uno dei tre progetti considerati prioritari per la creazione dell’Agenda Digitale Italiana. Con tale premessa Liliana Fratini Passi, Direttore Generale del Consorzio CBI sottolinea che «in linea con la sua storia e proprio con riferimento allo scenario economico domestico ed internazionale il Consorzio CBI – con i suoi 600 istituti finanziari consorziati che offrono servizi informativi, dispositivi e di Fattura Elettronica ad oltre 920.000 imprese, nonché servizi evoluti alla Pubblica Amministrazione – già lo scorso 6 dicembre 2013 ha rilasciato una nuova funzione CBI “Fattura PA” che consente ad un Consorziato di interfacciarsi con il Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate, gestito da Sogei, per l’invio di Fatture Elettroniche per conto dei propri clienti aziende creditrici e la ricezione di fatture elettroniche per conto delle proprie clienti PA debitrici». «La collaborazione con le istituzioni sul tema fattura – continua la Fratini Passi – nata in concomitanza con la stesura del primo decreto sulla Fatturazione Elettronica (nel 2008), ha permesso al Consorzio di prendere parte ai principali tavoli di lavoro, costituiti in ambito nazionale e internazionale, proponendosi peraltro quale soggetto super partes nel rapporto PA-industria bancaria per abilitare lo scambio di Fatturazione Elettronica B2G». Tali lavori hanno condotto alla pubblicazione del secondo Decreto Attuativo riguardante l’obbligatorietà di
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il consorzio CBI, cui aderiscono 600 istituti finanziari, svolge un ruolo chiave nelle relazioni fra industria bancaria e pa, facilitando la Fatturazione Elettronica B2G grazie ai servizi offerti e alla propria rete, che ha 920.000 imprese utenti
Liliana Fratini Passi Direttore Generale Consorzio CBI
utilizzo della fattura elettronica verso la PA, che si auspica sia il vero volano per l’adozione nel mercato B2B. «L’esperienza acquisita in questo ambito costituisce un prezioso asset che l’industria bancaria mette a disposizione dell’azione del Governo – afferma la Fratini Passi – sia da un punto di vista tecnico, ovvero per il supporto all’individuazione di standard interoperabili a livello europeo che conducano all’ottimizzazione del rapporto costi/ benefici, sia per le imprese private che per l’amministrazione pubblica- sia da quello della regolamentazione, per la costruzione di un supporto normativo che garantisca il pieno sviluppo delle iniziative e la valorizzazione di quelle in essere, mantenendo tutti i requisiti per un effettiva competitività del sistema Paese». A tal riguardo la riusabilità di infrastrutture già disponibili e ampiamente diffuse nel mercato bancario, quale la rete CBI con 920.000 imprese utenti, costituisce un asset importante per il Paese, in quanto consente sia alla PA sia ai soggetti che interagiscono con essa (cittadini ed imprese) di accedere agevolmente a servizi bancari dispositivi, informativi e documentali in modalità integrata, facilitando l’accesso a servizi evoluti offerti in modalità competitiva dai singoli istituti finanziari (ad esempio anticipo fattura, archiviazione, gestione delle dispute).
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La piattaforma FAST.Invoice di ICBPI
L’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane (ICBPI SpA) è un Gruppo bancario che fornisce servizi e infrastrutture per la competitività e la crescita di banche, istituzioni finanziarie e assicurative e Pubblica Amministrazione. Con le proprie controllate, opera principalmente su quattro asset: sistemi di pagamento, monetica, securities services, sistemi direzionali integrati, sicurezza e compliance. Dal 1995 ICBPI svolge il ruolo di provider tecnologico e applicativo del Corporate Banking Interbancario (CBI) con un’offerta composta da quattro principali servizi: • Gestore del Punto d’Accesso (GPA) con servizi di connessione alla rete CBI per 90 banche e 290.000 PMI • dematerializzazione documentale a supporto della certificazione del credito verso la PA; • servizi di credito documentario e cash management per le PMI; • servizi di fatturazione elettronica per circa 200 banche e importanti gruppi della GDO attraverso la piattaforma FAST.Invoice. La piattaforma FAST.Invoice è integrata con i principali ERP aziendali e consente un colloquio bidirezionale dei flussi di documenti in molteplici formati, snellendo il processo di gestione delle fatture attive e passive, riducendo drasticamente i costi e gli errori attraverso la condivisione delle informazioni su una piattaforma comune in modalità “collaborativa”.
L’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane opera come Gestore del Punto d’Accesso (GPA) con servizi di connessione alla rete CBI, e fornisce servizi di fatturazione elettronica per circa 200 banche e importanti gruppi della GDO
L’invio delle fatture è possibile in una logica di multicanalità (postalizzazione, CBI, SDI – Sogei, guest, mail, EDI…) e l’associazione destinatario-canale è gestita direttamente all’interno della piattaforma. Nell’ambito del circuito CBI all’invio/ricezione delle fatture è possibile collegare i documenti ai sottostanti messaggi di incasso/pagamento/anticipo fattura, finalizzati al regolamento contabile, alle richieste di anticipo ed alla riconciliazione. La piattaforma FAST.Invoice integra anche i Servizi di Conservazione Sostitutiva, in completo outsourcing, nel pieno rispetto della normativa vigente di tutti i documenti commerciali (Fatture, DDT, libri contabili, schede di valutazione, listini, ecc). Per queste funzionalità, ICBPI in qualità di Certification Authority riconosciuta da AgID garantisce sicurezza e affidabilità in tutte le fasi del processo e integra all’interno di FAST.Invoice i moderni standard tecnologici per garantire i massimi livelli di sicurezza previsti dalla normativa italiana presenti nel CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale). Riconoscendo, infine, nella Fatturazione Elettronica verso la Pubblica Amministrazione, un interessante elemento di innovazione ed efficientamento nei rapporti tra aziende ed enti pubblici, il Gruppo ICBPI - all’avanguardia in questo contesto - mette a disposizione delle aziende e della Pubblica Amministrazione, nel ruolo di “Intermediario” del Sistema di Interscambio, un collegamento sicuro e affidabile con la piena adesione a tutti gli standard tecnologici e alle normative vigenti (decreto ministeriale n. 55 del 3 aprile 2013).
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Ifin sistemi, una suite per il ciclo di vita della fattura digitale
Tra poche settimane in Italia partirà un “circolo virtuoso” storico in favore della digitalizzazione dei processi nelle aziende pubbliche e private. Dal 6 giugno infatti le PA centrali saranno obbligate ad accettare solo fatture elettroniche dai propri fornitori, che dovranno inviarle via PEC e archiviarle in formato elettronico. E nel giugno 2015 l’obbligo si estenderà anche alle PA locali. L’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione del Politecnico di Milano stima risparmi potenziali annui di un miliardo di euro per la PA e 1,6 miliardi per i fornitori, ma intanto tutte le aziende sono chiamate a dotarsi di sistemi sia per la fatturazione elettronica, sia per la gestione dei processi complementari, tra cui la conservazione a norma. Una proposta mirata in questo senso viene da Ifin Sistemi, che da oltre 30 anni si occupa di gestione documentale, e che ha recentemente presentato la Business Gateway Suite, composta dalle soluzioni Invoice Channel – che gestisce l’intero processo di fatturazione elettronica verso la PA in ottemperanza ai requisiti di legge – e Legal Archive, per una conservazione dei documenti digitali conforme agli standard OAIS. Invoice Channel è un insieme di applicazioni web che coprono l’intero processo di fatturazione elettronica verso la PA, spiega Giovanni Maria Martingano, Amministratore di Ifin Sistemi: le sue funzionalità principali sono Predisposizione della Fattura e verifica, Apposizione della Firma digitale, Dialogo con il Sistema d’Interscambio – l’infrastruttura per ricevere le fatture, validarle e inviarle alle PA interessate, gestita da Sogei –, Inoltro al sistema di conservazione, e Consultazione via web. «In particolare nei
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Presentata la Business Gateway Suite, composta dalle soluzioni Invoice Channel – che gestisce l’intero processo di fatturazione elettronica verso la PA in ottemperanza ai requisiti di legge – e Legal Archive, per una conservazione dei documenti conforme agli standard OAIS
Giovanni Maria Martingano Amministratore di Ifin Sistemi
15 giorni previsti dalla norma per la verifica della fattura da parte della PA, Invoice Channel monitora in continuo l’iter d’accettazione, notificando via email all’utente ogni modifica: è una soluzione “a impatto zero” sui sistemi informativi aziendali, con interfacce per i principali sistemi ERP e gestionali, in grado di gestire anche le fatturazioni verso altre aziende private». Oltre a queste caratteristiche, Ifin Sistemi punta a distinguersi sul mercato grazie a due punti di forza. Uno è il fatto di proporre anche la conservazione a norma: «Legal Archive è il naturale completamento di Invoice Channel: può conservare a norma qualsiasi tipo di documento digitale, ed è conforme alle regole tecniche più recenti, con cui l’Agenzia per l’Italia Digitale a dicembre 2013 ha imposto l’adeguamento agli standard OAIS, Dublin Core e UNI SInCRO, per l’intelligibilità dei documenti nel tempo e l’interoperabilità fra servizi di conservazione». L’altro sono i servizi di formazione e consulenza a corollario del software, «per esempio studi di fattibilità con analisi dei processi documentali, supporto normativo e archivistico, formazione al responsabile della conservazione, e così via. Per noi non si può prescindere dagli aspetti normativi e archivistici in un sistema di conservazione digitale: i nostri consulenti siedono in tutti i principali tavoli tecnici in questi ambiti».
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Speciale “Fatturazione Elettronica”
Postel, una document company sempre più orientata al digitale
Un’integrazione sempre più forte tra il mondo fisico e il mondo digitale, per arrivare a offrire soluzioni multicanali in grado di garantire la relazione continua tra le imprese e i loro clienti. La trasformazione avviata da Postel va in questa direzione e già permette di fornire i servizi più innovativi, come la Fatturazione Elettronica a norma di legge. Ne parliamo con l’AD Pierangelo Scappini. Con il lancio dei servizi di Gestione Documentale Postel ha avviato una trasformazione importante… In verità il Change Management è una costante nella nostra storia e ci ha regalato opportunità incredibili. Postel è nata nel 1987 con il servizio di Posta Elettronica Ibrida, gestito da Poste Italiane: un’idea innovativa confortata da strutture e knowhow all’avanguardia. Il privilegio di appartenere ad un gruppo così grande e diversificato ci ha dato modo di esercitare continuamente le soluzioni messe in campo; le nuove tecnologie di per sé si consumano in fretta e a ogni novità, quasi contemporaneamente, segue una nuova prospettiva da indagare e approfondire. Da tempo pensiamo in termini di Business Transformation, avendo dapprima integrato la Gestione Elettronica Documentale con la posta elettronica ibrida ed ora il Marketing Digitale con il Direct Mailing. La trasformazione, tuttora in corso e sempre in evoluzione, include un cambiamento concettuale da terminale di stampa a Competence Center per la gestione delle comunicazioni. Il nostro portafoglio presenta soluzioni e applicazioni verticali che semplificano la fruizione di documenti e
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la società propone ad aziende e PA un’offerta di servizi integrati che permette di far coesistere e “dialogare” cartaceo e digitale in un modello di erogazione Cloud based, fra cui i servizi di firma grafometrica e fatturazione elettronica
Pierangelo Scappini Amministratore Delegato di Postel
contenuti aziendali a banche, assicurazioni, utility, PA e imprese del largo consumo. L’offerta Postel guarda già oggi a soluzioni mirate alla semplificazione dei processi di gestione delle attività di Work Force Automation, all’acquisizione di ordini e contratti in mobilità (Sales Force Automation), fino alla gestione elettronica della consegna merci; soluzioni pensate per consentire un rapido upselling con tutti gli altri servizi del Gruppo: finanziari, di pagamento, per la mobilità... L’utilizzo delle soluzioni Postel per la sottoscrizione dei documenti con firma grafometrica ci ha consentito di accelerare il passaggio dei nostri clienti verso la digitalizzazione dei processi. Multidelivery e servizi integrati per le imprese e per la Pubblica Amministrazione: parliamo di volumi estremamente rilevanti. L’esperienza derivante dalla gestione di grandi volumi documentali ci permette oggi di operare per oltre 4mila clienti, tra i quali le maggiori organizzazioni italiane nel Finance, nelle Utility, nelle Telco e nelle assicurazioni, oltre che - naturalmente - nella PA centrale e locale. Significa ad esempio gestire, archiviare e conservare sostitutivamente a norma di legge oltre un miliardo di
Speciale “Fatturazione Elettronica” documenti ogni anno. La dematerializzazione dei documenti è uno dei temi più complessi e quindi una delle sfide più interessanti per la PA: la sostituzione del documento cartaceo con quello elettronico risolve infatti le problematiche relative all’accumulo e alla gestione di milioni di documenti prodotti annualmente. Le attività connesse non si esauriscono con la sola digitalizzazione dei documenti cartacei, trasformati in contenuti all’interno di un archivio informatico: occorre creare un sistema di gestione elettronica documentale per organizzare, archiviare, conservare in modalità sostitutiva i documenti, rendendoli fruibili in soluzioni di workflow in grado di aumentare l’efficienza dei processi all’interno delle organizzazioni. E occorre, soprattutto, che tali processi di gestione siano semplici, alla portata di tutti, intuitivi e funzionali. E per quanto riguarda la Fatturazione Elettronica verso la Pubblica Amministrazione? Postel ha un’offerta consolidata riguardante la Fatturazione Elettronica verso le imprese, che prevede il multidelivery della fattura sui diversi canali (fisico e digitale). La nostra logica è quella di non risultare invasivi nei confronti dei sistemi informativi dei nostri clienti, offrendo loro i benefici ottenibili attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali. In questo contesto rappresentiamo il partner tecnologico ideale per le aziende che, a breve, saranno chiamate a dialogare in modo diverso con la Pubblica Amministrazione. Il Decreto ministeriale n° 55/2013 con le disposizioni in materia di emissione, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica, attraverso un Sistema di Interscambio, gestito da Sogei, eserciterà un forte impulso per l’avvio dei processi di dematerializzazione, anche nelle realtà più legate alle tradizionali modalità di gestione dei documenti. Attualmente Postel sta supportando le imprese e gli enti, specialmente quelli obbligati a emettere o ricevere fattura elettronica a partire dal 6 giugno 2014, nella comprensione delle nuove regole tecniche e nell’adeguamento delle procedure operative. Postel è stato uno dei primi player a certificarsi come intermediario sul Sistema di Interscambio e ha già avviato alcune sperimentazioni. Oggi siamo in grado di garantire ai clienti una gestione automatica del complesso dialogo con il sistema proponendo la fatturazione elettronica alla PA come un ulteriore canale di delivery, integrato con quelli già disponibili. Gli investimenti sostenuti ci consentono di configurarci come hub di intermediazione verso Sogei, assorbendo le complessità di integrazione e offrendo così ai nostri clienti un servizio end-to-end in grado di ricevere il flusso di fatturazione da qualsiasi sistema gestionale, curarne l’intero processo di dialogo con il Sistema di Interscambio fino alla chiusura del ciclo di conservazione sostitutiva, per il quale assumiamo il ruolo di
responsabile verso le autorità. Con questo ruolo Postel gestirà il servizio anche per tutte le società del Gruppo Poste Italiane. Postel è davvero molto cambiata... È vero, ma non è cambiata la nostra attitudine ad anticipare i trend del mercato. Il modello che proponiamo oggi è quello di un’integrazione sempre più forte tra il mondo fisico e il mondo digitale: offriamo soluzioni in multicanalità che mettono il cliente finale al centro dei processi di comunicazione. L’obiettivo è garantire la relazione continua tra le imprese e i loro clienti; quindi da un lato suggerire azioni che consentano loro di coinvolgere la customer base su tutti i canali (web, social, mobile…) e, dall’altro, renderle autonome dal punto di vista della comunicazione integrata, proponendo soluzioni di facile utilizzo. Siamo convinti che continuando a investire nell’innovazione potremo consolidare il nostro modello di business, esportandolo anche nei mercati esteri.
Postel Postel è la “document company” del Gruppo Poste Italiane che offre servizi integrati di comunicazione, gestione documentale e per l’approvvigionamento elettronico alle imprese e alla Pubblica Amministrazione. Nata nel 1987, quando fu introdotto il servizio di posta elettronica ibrida che consente di integrare documenti elettronici e cartacei, oggi è un’azienda global service in grado di rispondere alle esigenze di imprese ed enti pubblici con soluzioni personalizzate che permettono di far coesistere e dialogare cartaceo e digitale secondo un modello di erogazione dei servizi che prevede anche la modalità Cloud.
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Speciale “Fatturazione Elettronica”
Sogegross digitalizza l’intero ciclo ordine-pagamento
Sogegross è tra i primi venti gruppi privati in Italia nel settore della grande distribuzione organizzata; ha sede a Genova e gestisce una rete di 120 negozi di proprietà e oltre 150 affiliati, con 700 milioni di euro fatturati. Il Gruppo ha avviato un importante progetto che punta alla digitalizzazione di tutti i processi amministrativi riguardanti il ciclo ordine-pagamento. L’obiettivo è la digitalizzazione della grande maggioranza dei documenti, attualmente circa 2 milioni all’anno, attraverso la gestione strutturata dei processi di accettazione e verifica della fattura, la conservazione sostitutiva a norma di legge e l’adozione di un workflow per la gestione dei cicli approvativi e di condivisione dei documenti. Sarà inoltre esteso l’utilizzo dell’EDI per lo scambio documentale con i fornitori, che sono oltre 2.000, e verrà realizzato un portale per coloro che non utilizzano l’EDI o la PEC, altra alternativa disponibile. «Avevamo l’esigenza di snellire i nostri processi, che avevano delle zone d’ombra che causavano inefficienze e ritardi - afferma Lucio Tamagno, Direttore Organizzazione e Sistemi di Sogegross -. Puntiamo a non generare più carta ove non sia strettamente indispensabile e a non far più circolare i documenti cartacei ricevuti, rimanendo sempre in possesso dell’informazione». L’obiettivo ultimo, spiega il manager, è quello di recuperare efficienza e far fronte a uno scenario di complessità crescente: «Nel settore della GDO ci troviamo da anni ad affrontare la riduzione progressiva dei margini, mentre le attività amministrative diventano sempre più complesse da gestire. L’unica via d’uscita è l’innovazione». Dopo aver realizzato una gara, Sogegross ha scelto di affidarsi a TESISQUARE, società operante nel mondo
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www.te s i s qu ar e .c om
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L’insegna della GDO, che ha oltre 250 punti vendita, ha avviato con TESISQUARE un ampio progetto che riguarda 2 milioni di documenti l’anno, adottando processi di accettazione e verifica strutturati per le fatture, estendendo l’EDI e creando un portale fornitori
Lucio Tamagno Direttore Organizzazione e Sistemi di Sogegross
delle soluzioni collaborative, dell’EDI e della dematerializzazione da oltre quindici anni, adottando la piattaforma “end-to-end” TESI Paperless. In dettaglio, il progetto copre tutti i processi di dematerializzazione (scansione, ricezione carta, ocr, portale ed EDI) dei documenti e dei connessi processi e cicli approvativi, in particolare tutte le fatture attive e passive, sia in carta che in pdf che via EDI, Bolle, resi fornitori e contestazioni fatture. Al fine di realizzare una concreta digitalizzazione del processo si è provveduto all’integrazione dei dati sia con il CRM sia con il sistema gestionale, per le scritture contabili. «Le merci ordinate e fatturate vengono messe a confronto con la bolla di consegna: se corrispondono, il benestare al pagamento del fornitore viene dato in automatico, in tempi rapidissimi - spiega Tamagno. Già oggi oltre il 60% degli invii non ha avuto più bisogno dell’intervento umano. Mi aspetto che la riconciliazione automatica salga fino all’80%». Questo grazie all’estensione dell’EDI, che coinvolgerà 150 fornitori e all’attivazione del portale fornitori dedicato a chi scambia poche fatture: «Anche per loro ci sarà il vantaggio della tempestività, oltre quello di sapere quando saranno pagati. Avere queste informazioni disponibili online riduce di molte ore il lavoro delle persone che rispondono al telefono».
Speciale “Fatturazione Elettronica”
la Fattura elettronica impone la gestione documentale: la carta È “fuori legge”
«L’obbligatorietà della fatturazione elettronica verso la PA centrale, che scatta dal 6 giugno prossimo, non è che l’innesco di un processo ben più ampio che, insieme all’affermarsi della firma grafometrica e all’imposizione della PEC (posta elettronica certificata) come “sede elettronica legale” aziendale, di fatto impone alle imprese di tutte le dimensioni di dotarsi di un sistema end-to-end, che oltre a creare la fattura elettronica, dev’essere in grado anche di spedirla, archiviarla e conservarla a norma insieme ai documenti correlati che l’hanno preceduta e seguita, dall’ordine al pagamento». Così Pier Luigi Zaffagnini, amministratore di Top Consult, spiega lo scenario che si sta delineando in Italia grazie ai vari provvedimenti statali di questi ultimi anni, volti a favorire la dematerializzazione e lo snellimento dei processi nei settori pubblici e privati. «Vista la scadenza ormai vicina, i media si stanno concentrando sul tema della fatturazione verso la PA, ma in realtà la normativa obbliga anche alla spedizione via PEC e alla conservazione a norma». Quindi tutto il processo deve diventare digitale, ma non solo: «Grazie al recepimento di una specifica direttiva UE nel 2013, le aziende possono gestire con lo stesso processo digitale anche le fatture verso qualsiasi altra impresa privata, anche se il formato elettronico in questo caso non è vincolato come nel caso della PA: può essere un semplice PDF». Di conseguenza, sottolinea Zaffagnini, si può dire che la carta non è più solo un elemento di inef-
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www.top c on s u lt.i t
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la normativa per i fornitori della pa implica l’invio e la conservazione in digitale, spiega Pier Luigi Zaffagnini, amministratore di Top Consult. «ma anche l’affermazione della PEC e della firma grafometrica richiedono un processo end-to-end di gestione elettronica dei documenti»
Pier Luigi Zaffagnini Amministratore Top Consult
ficienza economica e di processo, ma in un certo senso diventa “fuori legge”: «Una fattura elettronica stampata non ha più nessuna efficacia probatoria, nè valore legale». Dal punto di vista di Top Consult, che da oltre 25 anni lavora sulla gestione documentale ed è stato uno dei pionieri della conservazione sostitutiva in Italia, ovviamente è il software gestionale che deve creare la fattura elettronica, ma subito dopo essa deve andare in input al sistema di gestione dei documenti. Questo provvede ad archiviarla, spedirla via PEC al Sistema Di Interscambio (la piattaforma gestita da Sogei che valida le fatture per la PA e le instrada verso l’ente di competenza), o direttamente all’azienda cliente se privata, e quindi ad archiviare la ricevuta di consegna e quella di ricezione mettendo in conservazione digitale a norma il tutto. Oltretutto, come accennato, due altre tecnologie fortemente favorite o imposte dalla normativa stanno ulteriormente accentuando la necessità per le aziende di dotarsi di sistemi di gestione documentale digitale: la PEC e la firma grafometrica.
Speciale “Fatturazione Elettronica”
«Nel primo caso ormai è obbligatorio per tutti anche avere una casella PEC, definita come la sede legale elettronica dell’azienda, a cui arrivano e da dove partono tutte le comunicazioni ufficiali: e anche queste a norma di legge vanno tutte archiviate e conservate in digitale».
anni di esperienza, tutta focalizzata sulla gestione documentale, è stata pioniere della conservazione sostitutiva a norma di legge, conosce già la strada attraverso centinaia di progetti realizzati e integrati con Sistemi Informativi diversi, a fianco di aziende di ogni tipo e dimensione».
Nel secondo caso la legge parla di firma elettronica avanzata (FEA), di cui la firma grafometrica è una delle applicazioni: «È una tecnologia semplicissima da usare, basta un tablet con un’apposita penna, ed è facile pronosticarne il successo – osserva Zaffagnini -, ma il documento con firma grafometrica è a maggior ragione digitale, e va conservato in tale formato a norma, e soprattutto la firma grafometrica è a sua volta un documento che contiene dati biometrici (pressione, velocità, inclinazione della scrittura, ecc.), e quindi sensibili, e soggetti alle direttive più restrittive a tutela della privacy: la legge obbliga a crittografarli, e ad avvertire preventivamente chi firma di come saranno trattati questi dati».
«La nuova piattaforma documentale TopMedia Social NED – conclude Zaffagnini - è sviluppata per realizzare soluzioni enterprise per grandi aziende e grandi enti della Pubblica Amministrazione, ma anche per fornire sotto forma di Pacchetti Applicativi su cloud o in house soluzioni pronte all’uso per le PMI. E’ semplice da usare anche da parte di utenti non professionali come manager e mobile worker, e offre funzionalità social e di collaboration per gruppi di lavoro, creando dei “social network” interni che rimuovono la rigidità dei workflow aziendali eliminando, le e-mail inutili».
In definitiva, quindi, i processi diventano digitali e devono seguire obbligatoriamente le varie norme di legge, e le imprese devono imparare a lavorare in modo completamente nuovo, senza carta, perché la carta diventa “fuorilegge” in azienda. «Nel nuovo scenario efficienza dei processi da un lato ed efficacia probatoria dall’altro sono due aspetti dello stesso cammino che porta alla gestione digitale completa dei documenti aziendali». Tutto ciò è tutt’altro che banale. Per riuscirci, aziende e organizzazioni devono far sì che tutti usino la gestione elettronica dei documenti: sia gli utenti professionali che quelli occasionali. Obiettivo non facile: per raggiungerlo occorre farsi affiancare da un partner affidabile ed esperto della materia, e dotarsi di un software di gestione elettronica dei documenti potente, affidabile e soprattutto semplice, intuitivo nell’uso e con funzionalità collaborative per coinvolgere tutta l’azienda. «La scelta giusta è Top Consult con il suo nuovo Top Media Social NED. Top Consult ha oltre 25
La piattaforma TopMedia Social NED La piattaforma TopMedia è usata da circa 500 aziende italiane ed europee, tra cui realtà come Lavazza, L’Orèal, ACI Informatica, Gruppo RINA, TAG Heuer. «Con il nuovo TopMedia Social NED abbiamo innovato fortemente il prodotto, come ci hanno testimoniato i clienti che hanno fatto da pilota. Siamo certi di aver fatto con TopMedia Social NED un prodotto “unico”: dotato di funzionalità social e collaborative, fruibili anche da smartphone e tablet, è la prima piattaforma documentale enterprise italiana, che compete con quelle internazionali, ma è conforme alle norme italiane, meno complessa e costosa», commenta Pier Luigi Zaffagnini, Amministratore di Top Consult. Come piattaforma enterprise, TopMedia Social NED può essere utilizzata dalle grandi organizzazioni per realizzare progetti articolati conservando la semplicità di personalizzazione. Per le PMI invece sono stati realizzati i Pacchetti Applicativi TopMedia Social NED, pronti all’uso e contenuti nei costi, fruibili sia in house che in modalità cloud computing.
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Startup Boosting
MISSIONE
Giocare un ruolo sempre più attivo nello stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali in ambito digitale in Italia: è questo l’obiettivo che gli Osservatori Digital Innovation si pongono nella convinzione che ciò rappresenti un ingrediente fondamentale per il rilancio della nostra economia. Per questo motivo nasce il progetto Startup Boosting che intende identificare le idee di business e i progetti imprenditoriali più innovativi nei diversi settori digitali, che saranno supportati e seguiti nel loro sviluppo. CHI PUÒ PARTECIPARE
AMBITI DI APPLICAZIONE
Possono partecipare: • persone fisiche (singole o in gruppo) in possesso di un’idea di business fortemente innovativa; • aziende in fase di startup e con elevato potenziale di crescita; • imprese anche già avviate che abbiano sviluppato innovative idee di business.
MOBILE APPS FA C E B O O K E C O S Y S T E M E-COMMERCE B2C MOBILE MARKETING & SERVICE SOCIAL MEDIA & WEB 2.0
COSA OFFRE
I candidati che supereranno il processo di valutazione: • saranno supportati nella messa a punto del progetto imprenditoriale, con l’obiettivo di accelerarne lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi di business; • avranno la possibilità di frequentare gratuitamente un percorso di alta formazione presso il MIP – la Business School del Politecnico di Milano – finalizzato ad accrescere le competenze e l’empowerment del gruppo imprenditoriale; • saranno supportati nella ricerca dei capitali di rischio necessari.
ICT SECURITY D I G I TA L M E D I A & T V N F C & M O B I L E PAY M E N T ICT IN SANITÀ CLOUD COMPUTING & ICT AS A SERVICE FAT T U R A Z I O N E E L E T T R O N I C A E D E M AT E R I A L I Z Z A Z I O N E
MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE
• La partecipazione è gratuita. • Per iscriversi compilare il Form di registrazione sul sito www.startupboosting.com che include una breve descrizione del progetto imprenditoriale, in cui vengono messi in evidenza: prodotti/servizi innovativi erogati, mercato target, principali concorrenti, fatturato previsto e investimenti stimati (anche solo in modo approssimato). • Ogni mese vengono valutate le proposte pervenute.
GIOCO ONLINE
MOBILE BUSINESS
ENTERPRISE 2.0
AUGMENTED REALITY
U N I F I E D C O M M U N I C AT I O N & C O L L A B O R AT I O N E - P R O C U R E M E N T & E - S U P P LY C H A I N
www.osservatori.net
BUSINESS INTELLIGENCE AND ANALYTICS SEMANTIC WEB E-GOVERNMENT
INTERNET OF THINGS D I G I TA L M A R K E T I N G
Osservatori o
di
Claudio Rorato
Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio ICT&Professionisti school of management del politecnico di Milano
Se parliamo di Professionisti, in realtà, parliamo di imprese! Avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro in difficoltà: il 35% con un calo di redditività superiore al 10%. Un messaggio alle istituzioni: il concetto di impresa allargata, comprensiva dei professionisti che gestiscono processi amministrativi, fiscali e legali
“Se parliamo di Professionisti, in realtà, parliamo di imprese!”. È il titolo e il messaggio forte emerso dal convegno del 4 marzo, a conclusione dell’Osservatorio ICT&Professionisti, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano. I numeri parlano chiaro: in Italia le micro e PMI valgono il 99% delle imprese, l’80% degli addetti e il 69% del valore aggiunto. Circa 434 mila professionisti − avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro – gestiscono le fasi cruciali dei processi amministrativi, fiscali e legali dei clienti. Una visione moderna e sistemica del concetto di ‘impresa’, non deve riferirsi al singolo soggetto giuridico, ma deve comprendere anche le professioni legate ad essa. Il loro non è un semplice rapporto di fornitura, ma un’integrazione all’interno di delicati processi lavorativi. Negli studi prevale la piccola dimensione: il 65% ha un portafoglio clienti fino a 30 aziende. Il 65% degli avvocati raggiunge al massimo i 50 mila euro di fatturato, percentuale che diventa del 30% per i commerciali-
sti e del 19% per consulenti del lavoro. Il 33% degli studi multidisciplinari sono, invece, mediamente più grandi, avendo un fatturato superiore al milione di euro. La redditività nel 2012 ha visto una diminuzione superiore al 10% per circa il 35% degli studi; il 52% ha dichiarato una sostanziale stabilità e il 13% un incremento oltre al 10%. Le “punte” sono degli avvocati per la diminuzione della redditività (37%), dei consulenti del lavoro per la stabilità (60%) e dei commercialisti per la crescita (14%). Le attività sono caratterizzate da un’elevata produzione di carta e di utilizzo del lavoro manuale. Il 60% dei Commercialisti e dei consulenti del lavoro dispongono di archivi saturi o prossimi alla saturazione. Difficilmente ci si stacca dalla carta: la scansione dei documenti e la loro doppia archiviazione – cartacea ed elettronica – è una prassi ancora molto diffusa. A parte la gestione elettronica documentale, adottata nel 46% dei casi, la conservazione a norma e i portali sono ancora poco diffusi (15% e 10%), segno di una gestione www.ict4executive.it
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PROSSIMI EVENTI LA SCHOOL OF MANAGEMENT
La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management, dell’economia e dell’industrial engineering che il Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse strutture interne e consortili. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS. Dal 2009 è nella classifica del Financial Times delle migliori Business School d’Europa.
GLI OSSERVATORI ICT & MANAGEMENT
Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative nell’ambito delle ICT: Agenda Digitale, Business Intelligence, Canale ICT, Cloud & ICT as a Service, eCommerce B2c, eGovernment, eProcurement nella Pubblica Amministrazione, Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Gestione dei Processi Collaborativi di Progettazione, Digital Business-Innovation Academy, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT & PMI, ICT Accessibile e Disabilità, ICT in Sanità, ICT nel Real Estate, Innovazione Digitale nel Retail, ICT nelle Utility, Internet of Things, Intranet Banche, Mobile Banking, Mobile & App Economy, Mobile Enterprise, Mobile Marketing & Service, Mobile Payment & Commerce, Multicanalità, New Media & New Internet, Smart Working, Startup, Supply Chain Finance. OSSERVATORIO GIOCO ONLINE
8 APRILE 2014
Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2013-2014 Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano congiuntamente con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM) e Sogei, verranno presentati i risultati della nuova Ricerca dell'Osservatorio, che nel suo quarto anno di attività si è concentrato sui seguenti obiettivi: misurare il mercato - spesa, fatturato degli operatori e introiti per lo Stato - nelle sue diverse articolazioni (diverse tipologie di gioco, aree geografiche, fasce di bilancio, ecc.); analizzare l’offerta, identificandone i principali cluster e le relative strategie; analizzare in dettaglio i giocatori online, misurandone il numero e studiandone il profilo socio-demografico ed il comportamento; misurare l’offerta dei nuovi canali (smartphone, tablet, connected Tv e social network) ed approfondire il loro ruolo nell’evoluzione del settore; indagare il ruolo e l’esternalità generata dal mondo Gaming (giochi senza vincita in denaro); tratteggiare i principali trend in atto e i possibili scenari evolutivi. La presentazione dei risultati della Ricerca sarà seguita da una Tavola Rotonda a cui parteciperanno alcuni dei principali concessionari e operatori del settore del Gioco Online. OSSERVATORIO ICT IN SANITÀ
8 MAGGIO 2014
Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014 Durante il Convegno saranno presentati i risultati della settima Ricerca che, in continuità con il lavoro svolto negli anni precedenti, analizza le tematiche connesse ai budget e agli investimenti ICT, con l’obiettivo di stimare le risorse destinate all’ICT nel settore sanitario ed evidenziare i trend in atto sia a livello complessivo (Ministero, Regioni, MMG, strutture sanitarie) sia nei principali ambiti di innovazione ICT. Inoltre, la Ricerca analizza il modello di Smart Health & Social Care in Italia e identifica le principali aree di innovazione digitale in Sanità che consentono di ottenere benefici per le strutture sanitarie e per i cittadini. I risultati della Ricerca saranno seguiti da una Tavola Rotonda, a cui parteciperanno rappresentanti autorevoli delle Istituzioni e delle strutture sanitarie italiane. Nel corso del Convegno sarà consegnato il “Premio Innovazione ICT in Sanità” alle strutture sanitarie, pubbliche e private, che si sono maggiormente distinte per la capacità di utilizzare le tecnologie ICT come leva per migliorare l’efficienza e l’efficacia aziendale. A valle del Convegno si terranno alcune Sessioni Verticali di Approfondimento focalizzate su alcuni ambiti specifici, tra cui Cartella Clinica Elettronica, Dematerializzazione, Telemedicina, Servizi Digitali al Cittadino, Business Intelligence e Sistemi a supporto della Clinical Governance, ecc.
P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O
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os s e r vator i o | Se pa rl ia mo di P ro f e ssio n is t i, in re a ltà , pa rl ia mo di imp re se!
documentale poco digitalizzata. Fatta eccezione per i commercialisti, più orientati alla gestione del business ed efficienti nella parte amministrativa, i professionisti dedicano molto tempo alla gestione amministrativa dello studio. Ricorrere all’ICT potrebbe “liberare” un po’ di tempo dalle attività “non core”, a vantaggio del business. Nonostante ciò, solo il 31% dei commercialisti, il 37% dei onsulenti del lavoro e il 9% degli avvocati, controllano in modo più o meno strutturato il tempo assorbito dai clienti e dalle attività svolte. Tecnologie in uso e Mobile working Eccetto alcuni applicativi – Banche dati, Firma digitale, Gestionali contabili e Home banking – le altre soluzioni (Business Intelligence, CRM, Workflow, Siti web, Firma grafometrica e altro ancora) sono poco diffuse negli studi, perché il business è ancora tradizionale nei contenuti e nelle prassi di conduzione. Alcune “punte” di disinteresse verso la tecnologia sono indipendenti dalla professione e numerosi studi non sanno cosa siano i Workflow (27%), il CRM (23%), la Business Intelligence (19%), aprendo un’ampia finestra sul fronte dell’alfabetizzazione informatica, vero ostacolo al cambiamento di rotta. Dal punto di vista della mobilità, il 42% dei professionisti trascorre almeno metà del tempo lavorativo fuori dallo studio. I Mobile Worker più assidui appartengono agli studi associati e agli avvocati (12%) e le attività più gestite in mobilità riguardano le email (19%), la navigazione in Internet (17%), la lavorazione di documenti (10%) e la consultazione dei dati dello studio (9%). Il 26% usa le App a contenuto professionale, ma il 45% dimostra disinteresse, perché di fatto lavora poco in mobilità (30%). Quali modelli stanno emergendo? Il 17% non investirà in ICT nei prossimi due anni. Gli avvocati prevedono di investire in tecnologia fino a 2 mila euro, i commercialisti fino a 6 mila e i consulenti del lavoro poco più di 8 mila. Gli studi multidisciplinari, grazie alla loro dimensioni, ipotizzano oltre 12 mila euro. Dal punto di vista delle priorità molti studi non ne riconoscono una agli investimenti in ICT. Per la parte hardware il 46% investirà in PC più potenti e, a seguire, in server, stampanti e scanner (19%, 18% e 15%). Gli investimenti in software si concentreranno sulla conservazione a norma (33%), sui dispositivi per la gestione dei pagamenti elettronici dei clienti (30%) e sulla firma grafometrica (23%). Il disinteresse è, invece, marcato per la conservazione a norma (52%), i portali (63%) e la firma grafometrica (72%). Da qui alcune riflessioni:
• c’è difficoltà a percepire la capacità di generare valore da parte dell’ICT; • si privilegia la performance dello strumento – PC più potenti – e non quella di processo; • non emerge la volontà concreta di riorientare il business tradizionale verso nuove forme di servizio. Dai dati complessivi emerge anche che: • la propensione a investire cresce con il miglioramento della redditività; • la percentuale di chi non investe decresce col migliorare della redditività (dal 15% al 14% fino al 10%); • l’alfabetizzazione digitale è cruciale per la diffusione di una “cultura tecnologica” presso i professionisti. L’opinione dei Professionisti Ai professionisti è stato chiesto di giudicare vere o false alcune affermazioni sull’ICT. C’è accordo nel ritenere che la tecnologia genera efficienza e crea nuovi servizi (85%-96%). La maggioranza attribuisce una relazione positiva tra redditività e tecnologia, mentre il 22% non condivide l’affermazione, anche per la difficoltà di monetizzare i benefici. La quasi equa ripartizione tra ‘vero’ e ‘falso’ nelle affermazioni sulla riduzione dei costi interni dello studio e sulla sicurezza dei dati (58%-42% e 57%-43%), fa capire il dibattito su alcuni temi, anche in relazione al diverso modo di esprimere il medesimo concetto. Parlare di efficienza in termini generici – quasi l’unanimità degli intervistati – o in termini di riduzione dei costi – solo il 58% – testimonia la difficoltà di percepire il valore monetario dei benefici generati dall’ICT. Chi ha risposto riconosce poco la sua capacità di fidelizzare i clienti (39% contro 61%). Le contraddizioni che emergono sono lo specchio di un percorso di avvicinamento alle tecnologie che genera sia attrazione sia diffidenza. Tra le cause della scarsa diffusione dell’ICT: • gli avvocati attribuiscono il valore più elevato alla scarsa alfabetizzazione dei titolari di studio (49%); • i consulenti del lavoro, come gli studi multidisciplinari, si concentrano sulla lentezza di Internet (21%); In conclusione alcune domande: cosa possono fare i vendor e le istituzioni per accrescere la consapevolezza dei professionisti nei confronti dell’ICT? Cosa possono fare per migliorare la loro capacità di influenzare le imprese nell’adozione tecnologica, per consentire di essere più efficienti ed efficaci? www.ict4executive.it
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r u b r ic a | r ice rche e st u d i a cura di
paola capoferro ronchetta
Italia caso unico: iOS superato da Windows Nel nostro Paese il sistema mobile di Microsoft si attesta al 16%, dietro ad Android con il 68% e davanti al sistema di Apple che ha l’11%, ma che negli altri grandi Paesi europei è invece al secondo posto. I dati di Kantar WorldPanel ComTech Sorpresa: l’Italia è il Paese avanzato in cui Windows come sistema operativo mobile fa segnare il suo record di market share, e l’unico in cui tale quota supera quella di Apple iOS: 16% contro 11%. E’ una conclusione che emerge dai dati di vendita degli smartphone nel mondo nel trimestre settembre-novembre 2013, rilevati da Kantar WorldPanel ComTech. Nel nostro Paese quindi Windows (veicolato in larghissima parte dagli smartphone Lumia), risulta in crescita anno su anno del 4,2%, e si colloca al secondo posto dietro ad Android (quota 67,9%, in crescita dell’11,6%), mentre iOS (in calo del 9,1%), veicolato dagli iPhone, si piazza al terzo posto davanti a BlackBerry (quota dell’1,9%, in calo dell’1,4%). Gli altri sistemi mobile complessivamente non vanno oltre il 3,3% di quota. Detto per correttezza che la linea Lumia conta su un’ampia gamma di modelli, venduti con un range di prezzi molto più ampio dei due modelli di iPhone ora disponibili sul mercato, i dati dell’Italia spiccano per le forti differenze con i grandi
Paesi più vicini. In Germania, Francia e Regno Unito Android è sempre leader di mercato (con quote tra il 55,7% dell’UK e il 74,7% della Germania) ma iOS è sempre secondo con quote tra il 17,3% della Germania e addirittura il 30,6% dell’UK, e Windows sempre terzo, con quote tra il 12,9% (Francia) e il 5,7% (Germania). In Spagna invece Android domina sfiorando addirittura il 90% del mercato (87,3%), con iOS al 6,3% e Windows al 4,8%: gli altri sistemi, BlackBerry compreso, mettono insieme solo l’1,6%. Commentando i dati a livello mondiale, Kantar Worldpanel ComTech sottolinea che la quota di Apple è aumentata nello scorcio finale del 2013 dopo il rilascio a ottobre dei due nuovi modelli iPhone 5S e 5C, che mostrano buoni dati di vendita, ma è comunque calata rispetto al periodo settembre-novembre 2012 a causa della sempre maggiore competitività di concorrenti come LG, Sony e la stessa Nokia (comprata lo scorso settembre da Microsoft). Apple sta soffrendo soprattutto in Eu-
ropa, dove Windows ha raddoppiato la sua quota in un anno portandosi al 10%, mentre in grandi mercati extraeuropei come Giappone, USA e Australia continua a vantare quote notevoli, rispettivamente del 69,1%, 43,1% e 35%. Windows, per contro, a parte l’Europa continua a fare fatica a emergere: in USA arriva per esempio al 4,7%, e al 2,7% in Cina, dove Android è al 78,6% e iOS al 17%. «Non c’è bisogno di dominare in Cina e USA per avere successo nel mercato smartphone, ma almeno in uno dei due Paesi occorre sfondare, e al momento Windows mostra pochi segno di progresso in entrambi», commenta Dominic Sunnebo, strategic insight director di Kantar Worldpanel ComTech «La Cina comunque sarebbe il target più realistico: lì Nokia ha già una forte presenza, e con una realistica politica di prezzi potrebbe catturare un gran numero di potenziali utenti con budget modesti, ma adesso che è Microsoft a prendere le decisioni, è difficile pensare a un focus strategico diverso dagli Stati Uniti».
ANDROID SEMPRE PIù DIFFUSO IN EUROPA Crescita percentuale nel 2013 dei sistemi operativi per smartphone rispetto all’anno precedente
10
11,6
Italia EU5
8 7,6
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2 0
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BlackBerry
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iOS
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Altri
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RUBRICA | ricerc h e e studi
Entro sette anni gli oggetti “intelligenti” connessi saranno 26 miliardi È attesa una vera e propria esplosione di dispositivi in molti settori, dal medicale all’industria, dalle assicurazioni all’agricoltura, ma a livello consumer c’è il rischio che le capacità “intelligenti” degli oggetti non vengano utilizzate. Le previsioni di Gartner Nel 2020 l’Internet of Things (IoT) potrà contare su 26 miliardi di oggetti connessi, un numero superiore di quasi 30 volte rispetto al 2009, quando gli oggetti “smart” erano appena 0,9 miliardi. La loro vendita e utilizzo genererà ricavi addizionali di oltre 300 miliardi di dollari, da attribuire soprattutto ai servizi a supporto, e un valore aggiunto complessivo nei diversi segmenti di mercato di 1900 miliardi di dollari a livello mondiale. A darne evidenza è Gartner, che mette l’accento sul fatto che la crescita degli oggetti “smart” sarà di gran lunga superiore a quella di tutti gli altri dispositivi connessi (pc, tablet e smartphone), che nel 2020 raggiungeranno circa 7,3 miliardi di unità. Nel mondo consumer, secondo la società di ricerca, questo enorme numero di oggetti connessi produrrà anche degli sprechi. Il basso costo di rendere “intelligenti” i
prodotti di uso quotidiano renderà diffusa la presenza di dispositivi “fantasma”, caratterizzati da connettività inutilizzata. Da una parte infatti ci saranno prodotti la cui “intelligenza” richiederà un software specifico per essere attivata, e dall’altro prodotti di cui semplicemente il consumatore non utilizzerà la connettività. Quanto al mondo enterprise, aumenterà la gamma di prodotti IoT offerti: si spazierà da dispositivi medici avanzati, che beneficieranno dei dati raccolti dai sensori e dei progressi della medicina, a sensori di automazione in fabbrica, da applicazioni di robotica industriale a sensori che aumenteranno il rendimento delle coltivazioni agricole. Inoltre prolifereranno soluzioni anche per l’automotive, il trasporto stradale e ferroviario, la distribuzione e trasmissione elettrica. E ancora, nel settore assicurativo
l’IoT permetterà nuovi modelli di tariffazione pay-per-use basati su dati di guida in tempo reale, che aiuteranno a valutare i reali rischi. Il settore bancario e dei titoli continuerà a investire sulla tecnologia mobile e sui micropagamenti basati sull’utilizzo dei POS, ma punterà anche a sperimentare nuove strade per il miglioramento dei sistemi di sicurezza. L’IoT a valore aggiunto sarà quindi composto dalla combinazione di una componente più matura, che già oggi sta dando benefici, e di una emergente a cui è associato un alto tasso di crescita di benefici e opportunità, legata a un’integrazione tra tecnologie settoriali e generiche, di ampia diffusione, come ad esempio le tecnologie di “Smart Building” di illuminazione LED e di condizionamento HVAC (Heating, Ventilation and Air Conditioning).
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RUBRICA | ricerch e e studi
Cloud, l’anno della maturità: le 10 previsioni di Forrester Il Software-as-a-Service diventerà lo standard per l’acquisto di applicazioni, e la sicurezza sarà più estesa e affidabile Il Cloud Computing diventerà la scelta di default per la maggior parte delle aziende. Matureranno quindi alcuni aspetti correlati, per una migliore e più affidabile fruizione, tra cui la sicurezza e i cataloghi dei servizi. Ci sono queste tra le dieci previsioni 2014 sul Cloud Computing, presenti su un rapporto di Forrester Research, uscito a fine 2013. Vediamo in sintesi le dieci previsioni. • Il Saas sarà lo standard di fatto per l’acquisto di applicazioni. Il Software as a service ha già superato, per diffusione, i modelli tradizionali per alcune categorie come Human capital management, Customer relationship management e collaboration. Alcune soluzioni ora sono disponibili solo con modello Saas, alcune suite per grandi aziende lo saranno presto o almeno supporteranno un modello application service provider. • Il public Cloud sarà il default per l’Internet of Things. I dati raccolti da sensori medicali, industriali e per la logistica, insieme con quelli consumer, saranno aggregati e analizzati direttamente “nella nuvola”. Questo permetterà elaborazioni molto più veloci rispetto all’opzione di accumulare i dati nei data center proprietari. • Il catalogo dei servizi diventerà la porta strategica per il Cloud. Le aziende che svilupperanno un catalogo di servizi funzionale guadagneranno un vantaggio competitivo. Sarà self service, con single sign-on e con una fornitura centralizzata del servizio acquistato. Un buon catalogo non solo facilita l’acquisto, ma guida anche alla scelta del servizio più adatto per le esigenze del momento. • Si passerà dalla sicurezza del perimetro a quella dei dati. Cloud e mobilità faranno definitivamente piazza pulita del vecchio concetto di sicurezza perimetrale. Il focus si sposterà dalla protezione del network a quella dei dati, sparsi tra tanti device e nella public Cloud. • L’Australia contenderà il podio all’Europa al secondo posto tra i mercati Cloud. Premesso che al primo ci saranno ancora gli Stati Uniti, l’Australia è più matura e progredisce in fretta. | 78 |
• Il disaster recovery da nuvola a nuvola. Le applicazioni Cloud Saas saranno sempre più fornite di opzioni per un back up e un ripristino da una diversa nuvola. Crescono offerte che automatizzano questo tipo di protezione. Le aziende dovrebbero verificare le policy dei fornitori Cloud, in fatto di disaster recovery. Se queste opzioni ci sono ma sono costose e/o troppo lente, valutare soluzioni di terze parti. • L’open source dominerà nella configuration automation della public cloud. Bmc, Ca, Hp, Ibm e altri fornitori di soluzioni proprietarie adotteranno quelle open source, che quindi diventeranno lo standard di fatto per la gestione delle cloud. I reparti IT delle aziende dovranno cominciare presto a prendere le misure di questi nuovi strumenti. • Comincia l’era del Bring Your Own Encryption. Sempre più aziende chiederanno ai fornitori di criptare i dati nella nuvola
e di controllarne le chiavi. Tante startup offrono già questi servizi. I big si allineeranno nel 2014. Per i dati critici, le aziende farebbero bene a non fidarsi delle soluzioni di crittografia native del proprio Cloud provider, che ne controlla le chiavi. • Sicurezza Cloud più estesa, più facile, più robusta. Alcuni strumenti facilitano il controllo delle Cloud private, altri automatizzano la trasformazione dei requisiti di sicurezza in policy business. Ormai le aziende dovrebbero pretendere, dal proprio fornitore di Cloud, soluzioni per automatizzare la sicurezza a 360 gradi. • Il percorso verso una virtualizzazione avanzata sarà separato da quello per le nuvole private. Le aziende dovrebbero perseguire le due cose con iniziative separate. La virtualizzazione serve a consolidare, rendere più efficienti le operazioni in ambito sistemi informativi; il Cloud è invece una marcia in più per il business.
Il Mobile sale al top delle priorità dei CIO Pensare in chiave multi-screen e multi-channel, integrare il BYOD nella strategia mobile, e trasformare i processi attraverso le App: questi i principali trend del 2014 La Mobility è ai primi posti nelle priorità dei Chief Information Officer per questo 2014. Lo conferma Ovum nel suo report “Enterprise Mobility 2014 Trends-to-Watch”, in cui la società di ricerca inglese indica la “consumerization”, cioè l’adozione e adattamento in ambito aziendale di tecnologie nate per il mercato dei consumatori finali, come forza trainante principale dei progetti di Enterprise Mobility. Le tendenze principali che ne derivano, spiega il report, sono tre. La prima è la necessità di pensare in chiave multi-screen e multi-channel qualsiasi iniziativa Mobile rivolta sia verso l’interno dell’azienda, sia verso l’esterno. Smartphone e tablet infatti stanno diventano i primi punti di contatto tra un’impresa e i suoi clienti (B2C), fornitori (B2B) e dipendenti. La user experience (UX) va resa piacevole, semplificata e il più possibile uniformata sulle soluzioni interne e su quelle verso l’esterno qualunque sia il device utilizzato: smartphone, tablet o pc.
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BYOD, a ciascuno il suo programma
Il secondo trend è un nuovo approccio delle aziende al Bring Your Own Device inserito nell’insieme delle policy di Enterprise Mobility. Molte imprese hanno scelto come procedere tra le varie opzioni possibili, dal CYOD (scegli il tuo device) al COPE (corporate-owned, personally enabled), che prevede l’assegnazione di device aziendali, configurati dall’IT, ma utilizzabili anche per scopi personali. Una nuova fase basata sulle App
Un terzo elemento è la convinzione che saranno le App ad attivare la nuova fase dell’evoluzione dell’Enterprise Mobility, abilitando nuovi modi di lavorare e trasformando molti processi di business. Nel 2014, le Enterprise Mobile App diventeranno un componente basilare, generando delle complessità per l’IT aziendale in termini di gestione e uniformità delle user experience, e integrazione con i sistemi esistenti.
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10% 6% 5% 5% 3%
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RU B|RICA | n o mine rubrica nomin e
Giovanni Orestano Amministratore Delegato Gruppo Visiant
Beppe Fumagalli Amministratore Delegato Candy Group Cambio al vertice del gruppo Candy. Beppe Fumagalli è il nuovo Amministratore Delegato del Gruppo, ruolo fin qui ricoperto dal fratello Aldo Fumagalli, neo presidente di Candy, che a sua volta sostituisce Beppe alla direzione del Business Sector del Lavaggio. L’Amministratore Delegato sarà affiancato da un advisory board composto da membri del management e da consulenti esterni che contribuiranno alla realizzazione dei piani aziendali. Il Gruppo ha chiuso il 2013 con un incremento del volume di vendita al punto di superare la quota di 6,3 milioni di elettrodomestici. «I progressi raggiunti nella seconda metà del 2013 e il rafforzamento del vertice aziendale - ha dichiarato Beppe Fumagalli costituiscono una conferma di quanto già pianificato dal nostro Gruppo e una garanzia per il futuro. Le strategie proseguiranno nella direzione tracciata per cogliere le nuove sfide nell’innovazione di prodotto e miglioramento della prestazione economica e finanziaria». Candy conta oggi 5.300 addetti in otto centri produttivi in Europa, Turchia e Cina.
Giovanni Orestano, già Direttore Generale di Visiant Contact, è ora l’Amministratore Delegato del Gruppo Visiant, attivo nel mercato delle customer operations. Nel nuovo ruolo guiderà lo sviluppo delle tre aziende che fanno capo al gruppo: Visiant Contact, Visiant Next e Visiant Technologies. 50 anni, Orestano proviene da E-care, società attiva nel mercato dei servizi di customer care in outsourcing, dove, approdato in qualità di Direttore strategy, ha successivamente assunto la carica di General Manager per circa un triennio. In precedenza ha maturato un’esperienza pluriennale in Vodafone, sia all’interno dell’area delle customer operations
come Direttore di area, sia nell’ambito HR, dove è arrivato a occupare il ruolo di Head of Resourcing, Learning & Development del gruppo. Dopo aver concluso gli studi umanistici, ha completato la formazione accademica con un master in general management, iniziando la sua carriera all’interno del Gruppo Siemens.
Giovanni Fantasia Amministratore Delegato Nielsen Italia
Giovanni Fantasia ha sostituito nel ruolo di Amministratore Delegato Roberto Pedretti, che ha guidato negli ultimi tre anni Nielsen Italia e ora è stato incaricato, nell’ambito di un’evoluzione organizzativa interna a livello europeo, di guidare l’espansione di Nielsen in Turchia, una delle economie mondiali a più alto potenziale di crescita. Fantasia ha operato negli ultimi 20 anni sia in aziende globali consolidate che in start up emergenti, maturando un’ottima
conoscenza del mondo online, e-commerce e media, con una forte passione e attenzione al consumatore. Ha iniziato la carriera in IBM e HP per poi approdare per cinque anni in McKinsey. Successivamente ha ricoperto la carica di CEO Italy per Autoscout24 (Deutsche Telekom), di cui è stato anche Vice President Sales Europe e Group Board Member. Prima di Nielsen, Fantasia è stato Group COO in Populis e Managing Director per eBay Italia.
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RUBRI C A | no mi ne
Paolo Recrosio Amministratore Delegato Xerox Italia Paolo Recrosio è stato nominato Amministratore Delegato di Xerox Italia e Direttore della divisione Large Enterprise Operations in Italia. Entrato in Xerox Italia nel 2003 nel ruolo di Direttore Finanziario, nel corso degli anni ha ricoperto diversi incarichi nel gruppo a livello nazionale come quello di Direttore Generale di Xerox Rental Services nel 2006. Dal 2007 al 2009 ha assunto i ruoli di Direttore delle Risorse Umane e Direttore Commerciale per i Grandi Clienti e la Pubblica Amministrazione di tutto il Gruppo Xerox in Italia. A partire dal 2010 ha intrapreso la carriera europea con la carica di Xerox Europe con focus specifico sul Canale Indiretto,
incarico che ha ricoperto con responsabilità via via crescenti nel corso degli anni. In questo ruolo Recrosio ha gestito diverse attività e divisioni fra le quali la Linea delle Soluzioni di Stampa Production, le “M&A operations”, il Marketing operativo e i progetti chiave di Business Trasformation del canale europeo. La mission fondamentale assunta nel ruolo di European Vice President è stata quella di definire la strategia per l’espansione del canale e il modello di business per il mercato delle PMI, con un impegno continuo nel migliorare la Value Proposition, traguardo raggiunto con il lancio delle soluzioni “Managed Print Services”, fiore all’occhiello dell’azienda.
Paolo Recrosio, 43 anni, sposato, quattro figli, ha conseguito la Laurea in Economia e Commercio presso l’Università La Sapienza di Roma.
Canon ha annunciato la nomina di Enrico Deluchi a nuovo Managing Director di Canon Italia, sostituendo Stefano Zenti, che assume il ruolo di Head of Emerging Markets Business Unit di Canon Europe, Middle East and Africa. Grazie a oltre 25 anni di esperienza professionale, maturata presso rilevanti aziende nazionali e internazionali che operano nel mercato ICT, Deluchi ha osservato da vicino la nascita, l’evoluzione e l’affermarsi di Internet quale piattafor-
ma con cui gestire i processi di business e grazie alla quale creare innovazione. Nel nuovo ruolo è chiamato a guidare la crescita nei settori dei servizi e delle soluzioni e a rafforzare la posizione di Canon nel mercato Italiano. La sua più recente esperienza è maturata in Cisco Systems, dove ha trascorso oltre 15 anni ricoprendo posizioni di rilievo sia in Italia che all’estero, l’ultima delle quali lo ha visto operare in qualità di Managing Director, Collaboration Sales Europe.
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