Ict 20

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20 | 2015

bridging the gap between technology & business

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. Mariano Corso: le nuove priorità per i CIO . Paul Nunes: Big Bang Disruption . Autogrill rivede i processi di Procurement . L’innovazione della Global Supply Chain in Luxottica . Per i clienti OVS lo Shopping è sempre più Digital .


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editoriale

l’auto sposa internet e le cede il podio nell’economia globale di

umberto bertelè presidente advisory board ict4executive autore di “strategia”

@umbertobertele

Ci sono alcuni eventi, non necessariamente rilevanti per le loro ricadute dirette, che hanno una valenza simbolica fortissima. E lo sposalizio celebrato fra il mondo dell’auto e quello Internet (e dell’ICT in generale) al CES-International Consumer Electronics Show di Las Vegas - l’equivalente per il secondo del Detroit Auto Show del primo - è stato uno di questi. Due mondi a prima vista lontani, che si sono prima avvicinati in modo discreto con l’automazione delle fabbriche e l’immissione crescente di elettronica nelle auto, che lo stanno facendo ora - in modo più palese agli occhi dei consumatori - rendendo il cruscotto dell’auto simile allo schermo di uno smartphone, che appaiono destinati a integrarsi sempre di più cambiando sia il modo in cui condurremo l’auto nel prossimo futuro sia più in generale l’organizzazione della mobilità. Due mondi con linee di confine che tendono a sfocarsi, spingendo a forme di cooperazione più strutturate ma pure generando aree di competizione: Google è ad esempio in gara con le grandi tedesche per la messa a punto di auto driverless e Ford ha dichiarato al CES la volontà di diventare (anche) una software and systems company per la gestione della mobilità. Perché uno sposalizio con forte valenza simbolica? Perché lo sposalizio può essere visto come un passaggio di testimone dal comparto egemone del ‘900 al comparto egemone di oggi e del futuro prossimo. L’auto è stata per quasi tutto il ‘900 al centro dell’economia, per l’elevato grado di complessità e di innovatività: è con la rivoluzione fordista di inizio secolo che nacque lo stesso concetto di industria; General Motors, con la profonda ristrutturazione negli anni ’20, promosse l’organizzazione divisionale; Toyota introdusse mezzo secolo dopo un modo radicalmente diverso di produrre, progettare e rapportarsi con il mercato, che si diffuse a macchia d’olio in pochi anni. L’auto ha giocato anche un ruolo sociale e politico molto forte, per la sua capacità di generare lavoro e far nascere nuove imprese. È con il finire del secolo scorso e l’inizio del nuovo che tale egemonia progressivamente svanisce, mentre cresce l’importanza di Internet come motore di innovazione, di nascita di startup e di disruption degli equilibri esistenti in una fetta crescente dell’economia. Le ricadute maggiori sull’auto si stanno manifestando ora. L’auto è sempre più connessa: lo è per permettere a chi sta al suo interno l’accesso in mobilità a Internet, lo sarà sempre più per ricevere suggerimenti sulla scelta dei tragitti e per essere essa stessa (norme sulla privacy permettendo) generatrice di informazioni sul traffico. Si moltiplicano i sensori e gli attuatori e si arricchisce il software che, elaborando i dati raccolti, aiuta o addirittura sostituisce il guidatore in un numero crescente di operazioni. Il software diventa oggetto di aggiornamenti, come sino a poco tempo fa solo i PC: la startup californiana Tesla ha ad esempio lanciato recentemente un nuovo modello di auto elettrica con la promessa di un aggiornamento continuo gratuito del software per migliorarne le prestazioni. Si ha un riassetto dell’organizzazione della mobilità fisica, con la crescita di modelli innovativi ispirati alla sharing economy - inattuabili in assenza degli smartphone - e con la conseguente riduzione del fabbisogno di auto private. Modelli come quelli di Uber (diffusosi rapidamente anche se con forti resistenze in tutto il mondo) o di BlaBlaCar ampliano la disponibilità di auto con guidatore (rispettivamente per uso urbano ed extraurbano), con un utilizzo più intensivo del parco auto esistente. Mentre modelli quali quello di Car2Go (Mercedes) e di Enjoy (Eni) possono essere visti come una variante del tradizionale rent-a-car, finalizzata agli utilizzi di breve durata in ambito urbano. www.ict4executive.it

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cover story

Fare di più con meno. La sfida per CIO, Manager e Vendor

di Mariano Corso e Alessandra Luksch, Politecnico di Milano

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Le priorità dei CIO per il 2015

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Le strategie dei player dell’offerta

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interviste

Permasteelisa, dal nordest per “vestire” edifici in tutto il mondo

Marcello Cordioli, CIO

Barilla trasforma il lavoro con lo smartworking

Alessandra Stasi, Human Capital Organization Development

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Autogrill, l’innovazione che rende più piacevole la sosta Aldo Papa, Chief Engineering e Procurement Officer

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Pagamenti da Mobile, l’Italia che innova

Nicola Cordone, Senior Vice President SIA

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Luxottica trasforma la Supply Chain

Enrico Mistron, Senior Vice President Supply Chain

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MANAGEMENT

La negoziazione dei contratti IT e TLC: gli elementi essenziali Big Bang Disruption, l’innovazione che rivoluziona interi settori economici

Diventare digital master: il momento è adesso Advisory Board Umberto Bertelè Presidente Advisory Board Giampio Bracchi Politecnico di Milano Carlo Alberto Carnevale Maffè Università Bocconi Maurizio Dècina Politecnico di Milano Giuliano Noci Politecnico di Milano Paolo Pasini SDA Bocconi Andrea Rangone Politecnico di Milano Francesco Sacco Università dell’Insubria - SDA Bocconi Gianluca Spina Dean - MIP Raffaello Balocco Segretario Advisory Board

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osservatori

Memoria digitale e diritto all’oblio

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Logistica sempre più in outsourcing

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Turismo, 9 miliardi dai canali online

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speciale “digital marketing”

Il futuro dei servizi Mobile per il consumer

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speciale “security”

Allineare business plan e strategie di sicurezza

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rubrica | ricerche e studi

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rubrica | nomine

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cov e r s tory

di

Mariano corso

school of management politecnico di milano

Fare di più con meno La sfida per CIO, Manager e Vendor Per i promotori dell’innovazione si prospetta un altro anno impegnativo: una recente ricerca del Politecnico di Milano rivela che i budget a disposizione delle Direzioni ICT delle imprese italiane medio-grandi e grandi sono ancora in contrazione, mentre aumenta il ricorso a servizi esterni. Malgrado le difficoltà, sono tante le imprese italiane che crescono e vincono sui mercati internazionali, interpretando il digitale in modo innovativo

L’innovazione digitale ha mostrato in questi mesi la sua forza dirompente. Nuovi concorrenti sfidano con successo, grazie al digitale, aziende leader non solo nei propri mercati, che, per quanto grandi e consolidate, si trovano costrette a cambiare pelle rapidamente o finiscono per essere travolte. Le innovazioni si susseguono a ritmi esponenziali, mentre i prodotti fisici sono sempre più arricchiti e sostituiti dal digitale, tanto che si dice che ogni business è, o è in procinto di diventare, un business digitale. Il cambiamento, in atto a livello internazionale, è ormai evidente anche nella realtà quotidiana delle nostre imprese. Malgrado ciò, il nostro Paese continua a mostrare disattenzione agli investimenti tecnologici: la tanto attesa Agenda Digitale stenta a decollare e la stagnazione della domanda ICT delle imprese italiane purtroppo non è ancora finita. Fa piacere constatare che, malgrado le barriere, | 6 |

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sono ancora tante le imprese italiane che riescono - sorprendentemente - non solo a sopravvivere ma anche a essere leader a livello mondiale e a interpretare il digitale in modo innovativo, grazie soprattutto alle tante persone di valore che agiscono con convinzione come promotori dell’innovazione all’interno delle organizzazioni in cui operano. L’andamento dei budget ICT La nuova ricerca della Digital Innovation Academy della School of Management del Politecnico di Milano sui budget ICT delle aziende italiane medio-grandi mostra che l’inversione di tendenza prevista (e soprattutto sperata) non c’è stata. Le stime effettuate alla fine del 2013 prevedevano infatti una sostanziale invarianza dei budget, cosa che faceva sperare nella fine della lunga fase di flessione.


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di

alessandra luksch school of management politecnico di milano

In realtà, continua il processo di profonda razionalizzazione interna e taglio di investimenti: il rapporto tra budget ICT e fatturato nel 2014 è sceso al 2,1%, con un’ulteriore flessione rispetto al 2,5% rilevato lo scorso anno. Anche per il 2015, i CIO prevedono un ulteriore calo dei budget, pari all’1,47%, dato in netta controtendenza rispetto alle stime internazionali che prevedono budget in crescita: la valutazione di Gartner del rapporto medio tra budget IT e fatturato a livello worldwide è del 3,5%, notevolmente superiore, dunque al dato italiano. Il 2015 si presenta dunque come un altro anno impegnativo in cui, a fronte di risorse sempre più limitate, Chief Information Officer, Line of Business e fornitori saranno chiamati a collaborare per sviluppare innovazioni veloci ed efficienti che consentano alle aziende italiane di non perdere le sfide che la digitalizzazione pone a livello internazionale. Si registra, in particolare, una flessione tra le aziende di medio-grandi e grandi dimensioni, per effetto di forte riduzione dei budget di alcune grandissime imprese nazionali. Ci sono ovviamente differenze importanti dal punto di vista

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cover story | Fare d i pi ù con m e no. L a s f i da pe r CIO , ma n ag e r e v e n do r

La Digital Innovation Academy Giunta alla sua settima edizione, la Digital Innovation Academy è un’iniziativa promossa della School of Management del Politecnico di Milano, un punto di riferimento in Italia per i decisori aziendali che intendono accrescere la sensibilità e la consapevolezza del ruolo delle tecnologie e dell’innovazione digitali per la competitività delle proprie imprese. Attraverso un calendario annuale di incontri e momenti conviviali di networking, la partecipazione all’Academy consente un costante contatto diretto con la più prestigiosa community di CIO ed Executive in Italia, per un confronto sui progetti di digital innovation delle principali imprese e della Pubblica Amministrazione. Il calendario dei workshop affronta un ampio spettro di contenuti, con ospiti importanti e la partecipazione di numerose aziende, in un consesso che coinvolge i principali player operanti in Italia. La partecipazione all’Academy consente inoltre di fruire e avere visibilità dei principali risultati delle ricerche nell’ambito Digital Innovation del Politecnico di Milano. L’Academy, in collaborazione con Cefriel e con il patrocino

di ASSI, Aused, CDTI, CIO AICA Forum, ClubTI e ForumPA, ha ad oggi prodotto 53 Workshop riservati, 13 Report e 7 Convegni aperti, oltre 1.650 ore di formazione, lavorando con oltre 1.800 tra CIO ed Executive. Nel 2014 i suoi sostenitori sono stati Accenture, Automic, Avanade, Dedagroup, EMC, Exprivia, IBM, Huawei, Modomodo, NetApp, Nolan, Norton Italia, VMware Il programma del 2015 prevede: • Workshop a invito, riservati al confronto tra i protagonisti dell’Innovazione Digitale, con un calendario di 8 appuntamenti • Formazione avanzata con un Percorso Executive e oltre 20 moduli tematici • Ricerche sui principali trend negli investimenti e nell’organizzazione dell’ICT e diffusione dei relativi Report di Ricerca • Convegno di fine anno plenario aperto Per informazioni: luksch@mip.polimi.it - www.osservatori.net

trazioni e che resta però fanalino di coda, sia nel confronto con gli altri settori italiani, sia in relazione al panorama internazionale. Stupisce come, in un panorama tanto sconfortante di carenza di risorse, un CIO su tre ritenga che il budget ICT a propria disposizione sia adeguato rispetto alle richieste delle Linee di Business. Si può leggere questa come una crescente capacità e abitudine a fare di più con meno, o più

Le priorità di investimento ICT nel 2015 per le imprese italiane

55% 53%

Big Data e Analytics Dematerializzazione Sistemi ERP Device Mobili e Mobile Apps Consolidamento applicativo Sistemi CRM Mobile Marketing e CRM Cloud pubblico e privato Data Center Storage e virtualizzazione Mobile e eCommerce Collaboration Compliance e Risk Management Cyber Security Progetti commerciali web social Smart Working Internet of Things Smart Manufacturing

48% 38% 30% 30% 25% 25% 20% 18% 16% 16% 11% 10% 9% 7% 5% 3% 0%

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Panel 158 rispondenti, survey cio 2014 Fonte: Politecnico di Milano

settoriale. Nel dettaglio, i settori Media-Telco e Finance prevedono per il 2015 una leggera diminuzione del budget, rispettivamente dello 0,1% e dello 0,2%, ed è ancora più decisa la diminuzione nei settori PA-Sanità (-2,2%), Servizi (-2,9%) e Utility&Energy (-4,4%). Risulta invece finalmente in crescita la stima relativa ai budget nel settore industria (+3,2%), settore che aveva visto in passato pesanti con-

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Dove si concentrano gli investimenti Le principali aree di investimento sono perlopiù invariate rispetto a quelle degli scorsi anni: Big Data, ERP e Mobile continuano a guidare la classifica. Si inserisce tra le top priorities la Dematerializzazione, che sale in classifica di diverse posizioni, spinta anche dall’obbligo normativo, entrato in vigore lo scorso giugno, della Fatturazione Elettronica verso la Pubblica Amministrazione. In dettaglio, Big Data e Analytics sono prioritari per il 55% delle imprese, con punte del 69% per il settore Utility&Energy. Come accennato, la seconda priorità, con il 53% di risposte, è la Di-

gitalizzazione e Dematerializzazione, particolarmente sentita nel settore Finance e in quello della Pubblica Amministrazione e Sanità. La terza priorità, evidenziata dal 48% di rispondenti, risulta quella dei sistemi gestionali ERP che, oltre a diffondersi, si arricchiscono sempre più di funzionalità social e accesso mobile. Quarta priorità i Device mobili e le Mobile App per il Business. Le sfide organizzative Un altro tema di grande rilevanza riguarda la trasformazione organizzativa delle Direzioni ICT, che in questi anni hanno cambiato pelle. La grande sfida è quella di gestire i processi di innovazione digitale, più che i sistemi ICT come avveniva in passato, e di conseguenza le competenze di progetto e gestionali assumono un ruolo sempre più importante. Ancora una volta, infatti, la grande priorità dei CIO per quanto riguarda le sfide organizzative è la Gestione dell’Innovazione, in termini di ruoli e processi, con una percentuale di preferenze che arriva al 49%, seguita dal Demand Management (34%) e dalle soluzioni Mobile (33%). Infine una peculiarità interessante emersa per la prima volta nella survey di quest’anno è la presenza femminile all’interno delle Direzioni ICT. A fronte di una media europea del 30%, tuttavia, il dato italiano emerso dall’indagine è di appena il 18%. Nel nostro Paese le figure femminili per adesso ricoprono prevalentemente ruoli manageriali nelle attività di presidio dei clienti e nella gestione dei fornitori.

il Trend dei budget ICT 2015 per dimensione aziendale Panel 156 rispondenti, survey cio 2014

Media -1,47%

Medio-Grandi -1%

Nota: Si considerano medio-grandi le aziende con numero di dipendenti compreso tra 100 e 1000. Sono invece grandi imprese quelle con un numero di dipendenti superiore a 1000 Fonte: Politecnico di Milano

probabilmente come un segnale di rassegnazione o di mancanza di visione dell’urgenza e delle opportunità dell’innovazione digitale da parte delle Line e dei CIO stessi. La survey mostra, poi, un costante trend verso l’esternalizzazione: a fronte della diminuzione del budget complessivo, si prevede infatti che il budget in outsourcing resterà sostanzialmente stabile. Cresce in particolare il ricorso a soluzioni Cloud e as-a-Service, mentre restano stabili i contratti Chiavi in Mano e diminuisce percentualmente la quantità di budget dedicata a contratti Time&Material. Le imprese sembrano dunque privilegiare ambiti di investimento che diano ritorni veloci ed evidenti al business, contribuendo così all’autofinanziamento dell’innovazione.

Diminuzione oltre il 10%

Grandi -1,5%

Diminuzione fino al 10%

48%

Invarianza Aumento fino al 10% Aumento oltre il 10%

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Per Bracco Imaging il 2015 è l’anno del Cloud

Andrea Provini

Global Chief Information Officer Bracco Imaging Bracco è un Gruppo integrato multinazionale che opera nel settore della salute con oltre 3.200 dipendenti e un fatturato consolidato di oltre 1,1 miliardi di euro, di cui circa il 75% sui mercati esteri. «Per noi il 2015 sarà l’anno del Cloud - dice Andrea Provini, Global Chief Information Officer di Bracco Imaging -. Ci stiamo da tempo preparando alla virtualizzazione dei Data Center alla ricerca di livelli di resilienza e di security sempre più significativi. Negli ultimi anni abbiamo predisposto un’acquisizione di servizi esterni o interni ma in ambiente virtuale, per cui disponiamo attualmente di un portafoglio applicativo su di una infrastruttura pronta per essere portata in ambienti Cloud ibridi». Tra le altre priorità “tecnologiche” di Bracco per il prossimo triennio, che troveranno il loro spazio anche nel budget di quest’anno, figura anche la Mobility, intesa non solo come evoluzione dell’hardware, ossia come passaggio da PC a tablet, ma anche come nuova filosofia di approccio al lavoro in mobilità fino ad arrivare a concetti di Smart Working e all’adozione del BYOD. In generale grande importanza avrà l’abilitazione dei lavoratori alla connessione | 10 |

continua. E in questo contesto la Security assumerà un ruolo chiave: proprio per tale motivo molte decisioni in questo ambito non saranno procrastinabili e si evidenzierà la sempre maggior necessità di ruoli e responsabilità dedicati. «Infine, come priorità organizzativa abbiamo quella di

consolidare la governance centrale dei competence center e di trasformare le competenze, oggi eccessivamente technology driven, in competenze di tipo business. Le persone dell’IT di Bracco abiteranno ovunque e risulteranno sempre meno legate al territorio e sempre più vicine alla governance globale.

Affinché questa evoluzione sia di successo - conclude il manager - il business deve evolvere coerentemente. La grande responsabilità dell’IT nei prossimi anni è proprio quella di agire proattivamente da facilitatore e da esempio positivo e di successo e di aiutare il business in una coerente trasformazione».

Heineken, una nuova organizzazione per gestire le relazioni con il business Con 130 stabilimenti e 57.000 persone, Heineken è il terzo produttore di birra mondiale. Nel 2014 la Direzione ICT di Heineken ha registrato notevoli cambiamenti a livello organizzativo e, di conseguenza, anche a livello di management e culturale. Dall’1 settembre dello scorso anno, infatti, la direzione IT dell’Europa Occidentale è stata unificata a quella CentroOrientale, e l’IT Director Europe è passato a controllare da 10 a 24 Paesi, rendendo così necessaria la semplificazione anche a livello di Operating Company. Anche Heineken Italia è stata coinvolta con l’avvio di un progetto di integrazione con

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il team IT della Svizzera, che passa sotto il controllo di Mara Maffei, l’ICT Manager italiana. Inoltre è stato implementato l’Integrated Portfolio Management per tutti i progetti che richiedono investimenti in servizi e soluzioni IT. In questo contesto, in Italia il team guidato dalla manager

ha abbracciato l’approccio del Business Engagement, che ha visto cambiare la gestione della domanda e delle relazioni con le funzioni di business, dalla mera risposta alle esigenze di queste ultime, a una significativa proattività. «L’unità IT Customer Service è stata riallocata all’interno della funzio-


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la sfida dell’IT di Danieli è l’internazionalizzazione

Alexander Stewart

Executive Vice President Information & Communication Technology, Danieli

Danieli è una multinazionale italiana con sede a Buttrio, in provincia di Udine, leader mondiale nella produzione di impianti siderurgici, con filiali in Svizzera, Cina, Stati Uniti

e Thailandia e oltre 12.000 dipendenti, di cui un terzo in Italia. Il supporto all’internazionalizzazione è proprio uno degli obiettivi 2015 della Direzione IT guidata da Alexander

ne IT di Business Engagement ed è ora diventata un servizio che non solo gestisce il primo contatto con i clienti interni, ma delinea in base alle richieste ricevute anche le esigenze di formazione interna», racconta l’ICT Manager. Alla Direzione ICT afferisce anche la factory applicativa, che si occupa della manutenzione ordinaria dei sistemi: al suo interno viene gestito il Project Management, che è attualmente esteso alle Line of Business attraverso un apposito corso di formazione. «Dentro l’azienda abbiamo avviato l’erogazione di diversi momenti di training con un calendario prefissato, alcuni

su temi di interesse generale, altri dettati dalle lacune di conoscenza dovute alla job rotation, altri ancora su strumenti utilizzati per esempio solo per un determinato progetto e che potrebbe invece essere utile conoscere per il lavoro quotidiano», conclude Maffei.

Stewart. Dal 2006 a oggi, infatti, l’azienda ha raddoppiato le proprie dimensioni, cogliendo l’opportunità di aprire nuovi mercati. «Danieli mira ora ad adottare un approccio corporate, e ovviamente l’IT condivide e sostiene questa mission», spiega il manager, che aggiunge: «Si tratta di un obiettivo organizzativo ma anche strategico: nell’area IT è importante ricondurre le unità locali verso

Mara Maffei

ICT Manager Heineken Italia

un unicum globale secondo lo spirito del Gruppo. La Direzione IT ha un punto di vista privilegiato avendo visibilità su tutti i processi aziendali e potendo implementare le soluzioni facilmente nelle 30 geografie del Gruppo». Numerose sono le priorità di innovazione tecnologiche di Danieli nel 2015, «dai Big Data alle soluzioni Cloud, che saranno investigate in un’ottica di acquisizione di maggior sicurezza dei sistemi», commenta Stewart, sottolineando quest’ultimo tema come decisivo per la scelta del Cloud in azienda. «Per quanto riguarda l’innovazione in azienda», conclude l’Executive Vice President Information & Communication Technology di Danieli, «punteremo moltissimo sugli strumenti di Communication & Collaboration, che sono fondamentali in un’azienda internazionale come la nostra. Da un lato essi aumentano efficienza e scalabilità, dall’altro sono fondamentali nella gestione della relazione con il cliente nel seguire lo sviluppo delle commesse, nella formazione, nell’avanzamento lavori. Inoltre, lo Smart Manufacturing è un ambito per noi fondamentale: tra le novità, abbiamo ad esempio introdotto droni per la visione aerea degli impianti in sviluppo».

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Regione Lombardia già pronta per la Fattura Elettronica. Focus sulla condivisione di dati Dopo aver completato un importante progetto per la realizzazione di un sito di Disaster Recovery, Regione Lombardia sta ora focalizzando i propri sforzi su alcuni ambiti specifici, primi tra tutti quello della virtualizzazione e dei servizi di Private Cloud, mentre prosegue lo sforzo per implementare il nuovo sistema ERP integrato per la gestione di tutti i processi regionali. Lo spiega Antonio Samaritani, Direttore Sistemi Informativi e ICT e vicario della Direzione Centrale che si occupa anche di Organizzazione e Personale di Regione Lombardia. Sul fronte esterno, per la definizione dei servizi a cittadini e imprese, grande importanza riveste la Business Intelligence. «Un ambito su cui stiamo investendo molto è proprio quello della condivisione delle basi di dati, sia per la progettazione di nuovi servizi al cittadino sia per il

disegno delle politiche della Regione», spiega il manager, che continua: «Abbiamo reso gli Open Data consultabili ed elaborabili su di una apposita piattaforma, e abbiamo pubblicato oltre 250 dataset. La condivisione dei dati e del patrimonio informativo è fondamentale non solo per la lettura dei fenomeni interni, ma anche per promuovere il territorio». Sempre sul fronte della condivisione di dati e servizi, Regione Lombardia sta proseguendo il lavoro di arricchimento dell’ecosistema digitale E015, nato per Expo, che attraverso condivisione e interoperabilità di web services, permette di creare nuovi servizi soprattutto in ambito turistico-culturale e di infomobilità. «Infine stiamo lavorando all’implementazione dell’Agenda Digitale, in alcuni casi anticipando le scadenze nazio-

Antonio Samaritani

Direttore Sistemi Informativi e ICT, Regione Lombardia | 12 |

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nali; per esempio, abbiamo già implementato la Fatturazione Elettronica, nonostante l’obbligo per la PA locale non sia ancora entrato in vigore, e stimoliamo l’adesione volontaria dei nostri fornitori garantendo in cambio la riduzione dei

termini di pagamento. Oggi paghiamo in media a 67 giorni e promettiamo ai fornitori che accettano la fatturazione elettronica – dopo un periodo di assestamento – di raggiungere i 30 giorni», conclude Antonio Samaritani.

Sapio, un CRM e un portale per le relazioni con i clienti Sapio è un gruppo italiano che ha 92 anni. Nasce nell’ambito dei gas tecnici industriali e nell’ultimo decennio si è evoluto nell’ambito healthcare, in particolare nell’assistenza domiciliare. È presente in Italia con 50 stabilimenti e 1.500 dipendenti e ha filiali in Germania, Francia, Turchia e Slovenia. Il fatturato nel 2013 è stato di 457 milioni di euro, 55% nell’Industria e 45% nella Sanità. Il tipo di attività fa sì che oggi la Mobility sia una delle priorità per l’azienda: «Il 50% dei di-

pendenti della parte industriale è itinerante, fra tecnici e commerciali. Nel mondo sanitario l’esigenza è ancora più sentita: siamo leader dell’assistenza domiciliare con circa 1.000 professionisti sul territorio, che stiamo dotando di tablet. Inoltre abbiamo in progetto di dare in dotazione ai nostri clienti un device di nostra proprietà, con preinstallata un’applicazione specifica», spiega Riccardo Salierno, il Direttore Sistemi Informativi di Sapio. Tra i progetti più rilevanti per


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GNV, analisi profonda dei dati su merci e passeggeri Grandi Navi Veloci è una società di trasporto marittimo, ha una flotta di 10 cruise ferry, opera nel bacino del Mediterraneo e collega Sicilia, Sardegna e il Nord Africa con l’Europa. L’hub port è Genova. «In questo momento stiamo lavorando tantissimo sugli analytics, con l’obiettivo di realizzare una profilazione profonda dei nostri clienti e del traffico

e migliorare i nostri strumenti di revenue management. Nelle navi abbiamo una risorsa contesa, che è il garage, che definisce il limite dei volumi di merci da trasportare e che il prezzo da fare per il trasporto. E poi una stagionalità di turismo, legata alle festività, che portano volumi di passeggeri elevati: la possibilità di dare agli analisti in tempo reale degli strumenti di business Paolo Beatini

CIO, Grandi Navi Veloci

Riccardo Salierno

Direttore Sistemi Informativi Sapio

quest’anno c’è l’introduzione di un sistema di CRM nell’ambito del contact center nazionale, che gestisce tutti i clienti, che sarà portato poi in mobilità. Il progetto è partito alla fine del 2014 ed è ora nella fase embrionale. «Sarà uno strumento fondamentale per la forza commerciale, che potrà avere in ogni momento non solo la classica

scheda cliente aggiornata in tempo reale, ma anche informazioni come i ticket aperti dal cliente, le richieste d’informazioni e quant’altro. Metterà davvero al centro il cliente, e consentirà di capire i suoi comportamenti. Il commerciale potrà inserire informazioni sul mercato e sulle sue esigenze, ma banalmente anche dati di carattere anagrafico. E inserire

gli ordini». Il passo successivo sarà quello di creare, sulla stessa piattaforma, un portale che permetta ai clienti, in modalità self service, di fare online una serie di operazioni. «È una cosa che può sembrare banale, perché siamo tutti abituati a usare questi portali, ad esempio nella relazione con le utility, ma nel mondo in cui operiamo noi è ancora un po’ una chimera». Questo progetto rappresenta per Sapio la priorità del 2015, ma si andrà ad aggiungere all’obiettivo costante di migliorare l’efficienza che, come dice Riccardo Salierno, «è sempre all’ordine del giorno».

analysis veloci, profondi, performanti, è fondamentale per il risultato dell’azienda», spiega il CIO della società Paolo Beatini. L’altro aspetto che GNV sta valutando è il Cloud. «Abbiamo già una parte di attività che sono in Cloud, ma a marzo cambieremo il sito del Data Center e ne approfittiamo per ottimizzare le applicazioni». Terzo aspetto, importantissimo, è il tema di come l’avvento del digitale sta andando a impattare sulla Direzione ICT. «Vedo spinte che arrivano dall’esterno dei sistemi informativi, ma che devono essere gestite. Il nostro compito è garantire la stabilità, la gestione di dati, insomma quegli aspetti poi necessari per il corretto andamento dell’azienda». Secondo il manager ci sono due fasce nel digitale: una alta, che subirà le spinte consumer, con soluzioni specifiche che entreranno in azienda, ad esempio nell’area marketing dell’azienda, e una in basso, che è la base dei sistemi informativi, ritenuta una commodity ormai dall’azienda. Queste devono essere correttamente allineate. «Gestire la parte centrale dell’infrastruttura per me è uno degli obiettivi primari per i prossimi due anni», conclude Beatini.

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Approccio ‘multimodale’ dell’IT e disruption organizzativa per il 2015 di Telecom Italia Information Technology Telecom Italia Information Technology è la società che, da oltre due anni, contribuisce alla creazione del valore per Telecom Italia presidiando l’Informatica del Gruppo in tutte le sue componenti: di processo, organizzative e professionali. Da novembre 2012 Gianluca Pancaccini, oltre ad essere Chief Information Officer di Telecom Italia, è anche Presidente e Amministratore Delegato di Telecom Italia Information Technology, azienda di circa 3.500 professionisti ICT. Telecom Italia Information Technology si relaziona con Telecom Italia attraverso contratti e SLA. Inoltre l’organizzazione dell’Azienda prevede una struttura - unica di interfaccia verso le esigenze del mondo del business di Telecom Italia. «Demand & Service Management - così si chiama la struttura, costituisce lo snodo centrale per assicurare la migliore pianificazione e gestione della domanda verso l’IT. Rende, in definitiva, compatibili il rispetto dei tempi, la stima della capacità produttiva impegnata e la conduzione delle varie iniziative progettuali richieste. È in casa Demand & Service Management, con i responsabili di commessa, che prende corpo una prima progettazione che tiene conto degli standard qualitativi, di costo e di tempi concordati con il business. Operano inoltre in Telecom Italia Information Technology, a stretto contatto con i responsabili | 14 |

di commessa per assicurare un’efficace realizzazione delle esigenze espresse, i capi delivery della factory. Infine, i Service Manager gestiscono l’assurance dei servizi di business verso le funzioni commerciali», spiega il manager. Efficienza, innovazione tecnologica, sicurezza Il 2015 vedrà l’impegno di Telecom Italia Information Technology focalizzato su tre pilastri principali. La prima è la diminuzione del costo del running e la revisione costante dei processi ICT, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, sia nell’acquisto software, che nella manutenzione hardware che nell’erogazione dei servizi. «L’impegno è di portare questa spesa sotto il 50% della spesa totale IT per liberare risorse economiche che consentano di affrontare in maniera più decisa l’innovazione dei sistemi verso una Digital Telco». La seconda priorità è la costante innovazione tecnologica: TI IT ha in progetto l’evoluzione nell’uso delle soluzioni Cloud (sia infrastrutturali che software) e dei Big Data con l’obiettivo di fornire nuovi servizi sia alle funzioni commerciali che alle operations, potenziando gli investimenti per le iniziative in ambito digital security e gestione dei cyber threat. Oltre a questo, «abbiamo già avviato un progetto di revisione di tutti i BSS (Business

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Gianluca Pancaccini

Chief Information Officer di Telecom Italia e Presidente e Amministratore Delegato Telecom Italia Information Technology

Support Systems) per il mercato mass-market, inclusa una parte di front-end completamente rinnovata, per allinearci al paradigma della Digital Telco». Si tratta dei sistemi utilizzati per gestire le relazioni commerciali con i clienti. È qui che entra in gioco il ruolo ‘multimodale’ dell’IT: «Si tratta infatti non di distinguere semplicemente tra ‘parte solida’ dell’IT per lo sviluppo e la gestione dei sistemi “legacy” e la ‘parte fluida’ per l’innovazione, ma di declinare il proprio approccio a seconda che si parli di gestione di sistemi maturi, di sistemi che consentono di mantenere un vantaggio competitivo e di sistemi che abilitano nuovi scenari di business». Infine, attraverso il modello organizzativo e l’education,

Gianluca Pancaccini mira a introdurre in azienda elementi di digital disruption. Porte aperte ai giovani: «torniamo ad assumere» «Negli ultimi due anni abbiamo internalizzato attività per oltre 500 persone, raggiungendo così un livello di efficienza migliore. L’obiettivo nel 2015 è non solo di continuare ad investire sulla cultura digitale dei nostri professionisti e sulla conseguente manutenzione dei mestieri core ma, in particolare, di tornare decisamente ad assumere soprattutto giovani. Ciò consentirà di acquisire nuove competenze ed energie, dando così il via a un meccanismo naturale di turnover delle persone», conclude il manager.


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Gestire la Mobility garantendo la sicurezza Smartphone e tablet hanno trasformato i processi aziendali e creato nuovi canali di relazione con i clienti. Si aprono notevoli opportunità per il business, ma è forte l’esigenza di gestire i device e proteggere le informazioni. Ghidini: «Offriamo alle aziende sicurezza end-to-end»

Diego ghidini Director Business Sales BlackBerry

La Mobility è una delle priorità nell’agenda di tutti i CIO, per i vantaggi che può portare al business ma anche per i rischi connessi. Si stima che in Italia oggi ci siano oltre 13 milioni di lavoratori, circa il 56% del totale, che svolgono parte delle loro attività, o tutte, al di fuori del posto di lavoro. Un dato che rende l’idea dell’impatto che la Mobility ha avuto nel business in questi ultimi anni, come conseguenza della consumerizzazione dei device, del proliferare delle App e della diffusione, anche a livello aziendale, degli Application store. Il cambiamento che questi fenomeni hanno portato in azienda è stato rapidissimo e va necessariamente gestito. Una delle cose più sorprendenti quando si parla di Mobility, infatti, è la pervasività del fenomeno: non esiste singola attività della catena del valore di un’impresa, qualunque sia il settore in cui opera, che non sia impattata in modo massiccio, e che non sia dunque potenzialmente reingegnerizzabile, attraverso la Mobility. In altre parole, non esistono attività o settori che non possano trarne benefici. Le implicazioni per la direzione ICT e per i CIO sono evidenti: si aprono nuove opportunità di creazione di valore per il business, attraverso la revisione dei processi e l’apertura di nuovi canali di interazione con i consumatori. Ed è proprio questo il focus di BlackBerry, nome storico nel mercato della Mobility per il Business che ha il merito di avere di fatto portato la mail in mobilità. Oggi la società ha cambiato pelle, focalizzandosi

sull’offerta di soluzioni e servizi per le aziende, e in particolare sulla large enterprise. Passaggio fondamentale, in questo, è stata l’apertura della piattaforma BES (BlackBerry Enterprise Server), la soluzione di Enterprise Mobility Management che è ora in grado di gestire i device mobili, smartphone e tablet, anche di altri fornitori. «È ormai un dato di fatto, nelle aziende esistono sia i BlackBerry che i dispositivi di altre aziende - dice Diego Ghidini, Director Business Sales di BlackBerry in Italia -. La sicurezza della soluzione, l’infrastruttura mondiale e l’esperienza nella gestione dei sistemi Mobile sono oggi i pilastri della nostra offerta di Mobility Management. I clienti ci considerano una delle aziende più affidabili, in grado di proteggere i loro dati da accessi non autorizzati». Non a caso, sono tanti gli enti governativi che utilizzano la soluzione BlackBerry, che ha ottenuto più di 70 certificazioni di sicurezza, inclusa quella per il governo statunitense. BES 12 consente di gestire policy di sicurezza differenziate, dando ai gruppi di lavoro accessi diversi in base al loro ruolo e tipo di attività. «Continuiamo anche a produrre terminali - sottolinea Ghidini - per un semplice motivo: oggi siamo gli unici che possono offrire la sicurezza end-to-end anche dei dati in transito, e quindi offrire una soluzione completamente chiusa: l’unico modo per la direzione ICT di avere il controllo del dispositivo al 100% è quello di gestire sia l’hardware sia il sistema operativo e nessuno riesce a farlo oltre a BlackBerry». www.ict4executive.it

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Efficienza e innovazione: le due facce dell’ICT nell’era della Application economy

michele lamartina Country manager ca technologies

Nuovi modelli di business, basati sulla user experience e supportati dal software, si stanno affermando, e molte aziende realizzano di dover trasformare i processi di business e IT, e ammodernare infrastrutture e parco applicativo. «La risposta si basa su governance, monitoraggio, DevOps, e Identity e Access Management»

Sono due le tendenze che secondo Michele Lamartina, Country Leader di CA Technologies Italia, costituiscono oggi le prime priorità dei responsabili ICT. «Uno è il fenomeno dirompente dell’Application Economy, un nuovo modo di fare business dove la forza dei brand non è più legata solo all’offerta di prodotti e servizi, ma soprattutto alla user experience che nasce dall’interazione tra azienda e cliente su diversi canali, tra cui web e mobile sono in grande ascesa: un’interazione in gran parte veicolata da software». L’affermarsi di questo modello è sempre più evidente, e molte aziende stanno realizzando che devono trasformare i processi interni, sia di IT che di business, e ammodernare infrastrutture e parco applicativo. Il secondo fattore è il contesto economico, con una competizione sempre più forte e budget in continua contrazione. E in questo scenario, continua Lamartina, c’è una crescente consapevolezza che i due temi principali dell’ICT aziendale, quello dell’efficientamento e razionalizzazione e quello dell’innovazione, sono strettamente correlati, e al punto in cui siamo per essere competitivi non si può rinunciare né all’uno né all’altro. «In termini di razionalizzazione, per i processi di business, e in particolare per quelli IT, noi proponiamo strumenti di governance che tracciano in tempo reale tutte le fasi e lo stato d’avanzamento. Mentre per le infrastrutture ICT proponiamo soluzioni di monitoraggio per ottimizzare l’utilizzo». | 16 |

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Ma l’aspetto principale è l’efficientamento del parco applicativo, perché l’Application Economy, come abbiamo visto, si basa sul software. «I dipartimenti aziendali di sviluppo software sono sotto pressione, perché devono efficientare e ammodernare lo sviluppo e la gestione del software, distribuendolo poi sui vari canali, senza trascurare la sicurezza. Noi stiamo investendo molto in quest’ambito e proponiamo strumenti per affrontare tutte queste sfide, basati sulle metodologie DevOps, e su soluzioni di gestione dell’identità e degli accessi alle applicazioni per quanto riguarda la sicurezza». Un campo, quest’ultimo, su cui in Italia CA sta collaborando in importanti iniziative nella gestione delle identità digitali. Proprio la sicurezza, conclude Lamartina, è uno degli ambiti in cui la filiale italiana si distingue all’interno di CA Technologies per il numero e per la qualità dei progetti, insieme all’ambito dei progetti di governance nella pubblica amministrazione. «In generale rileviamo che anche qui in Italia le organizzazioni utenti stanno realizzando che bisogna innovare. È un processo più lento rispetto agli altri Paesi, però ci si sta arrivando: anche in Italia ci sono delle eccellenze, e da parte di alcune realtà pubbliche e private c’è una grande spinta verso l’innovazione, pur in un quadro in cui ci sono molti altri che invece non hanno ancora realizzato a pieno la necessità di seguire i cambiamenti in corso, o non hanno ancora gli strumenti per farlo».


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Recruiting e talent management, un ruolo chiave per affrontare il cambiamento Le organizzazioni hanno oggi bisogno di individuare, reclutare e fidelizzare le persone migliori sulle quali puntare per garantire lo sviluppo dell’organizzazione nel tempo. Le tecnologie digitali sono sempre più a supporto degli HR manager

Franco Gementi Regional Sales Manager per l’Italia Cornerstone OnDemand

Studi recenti rivelano che la generazione Y, quella dei giovani nati dopo il 1977, conterà per il 36% della forza lavoro nel 2014 e raggiungerà il 75% entro il 2025. Entrano nel mondo del lavoro con un bagaglio culturale e personale diverso da quello dei colleghi più anziani: sono nativi digitali, flessibili, hanno ritmi di vita diversi e tendono sempre più a unire lavoro e vita privata. Con le loro nuove motivazioni possono rappresentare un fattore di crescita per le aziende. La generazione dei Millenial è nota inoltre per lasciare il posto di lavoro dopo poco tempo (il 60% cambia lavoro dopo meno di 3 anni). Per fidelizzare i dipendenti, in particolare i giovani, è fondamentale che le aziende forniscano loro supporto costante e offrano proposte per la valorizzazione individuale e la crescita professionale, feedback sulle performance e riconoscimenti. Da non sottovalutare, inoltre, soprattutto nella fase di onboarding, la comunicazione con i nuovi dipendenti. L’orientamento permette alle persone di avere un quadro completo della filosofia, missione, valori e obiettivi di un’azienda e chiarisce fin dall’inizio il ruolo del singolo all’inteno dello schema. «L’utilizzo di una soluzione tecnologica per gli HR è certamente uno degli elementi più importanti della gestione dei talenti nelle organizzazioni - afferma Franco Gementi, Regional Sales Manager per l’Italia di Cornerstone OnDemand, che realizza software e servizi utilizzati da oltre 16,6 milioni di utenti in oltre 1.900 organizzazioni -. La tecnologia supporta il livello di engagement delle persone, facendole sentire parte

integrante di una comunità e, di conseguenza, incentivando le performance e i risultati, aiuta i collaboratori nel loro processo di formazione e social learning e aumenta il livello di comunicazione grazie alla condivisione di informazioni». Cornerstone OnDemand offre una soluzione per la gestione dei talenti completamente in Cloud, rapida e funzionale: risponde al ‘qui e ora’ in una visione strategica. «Il nostro approccio è quello di una roadmap di sviluppo per rispondere alle esigenze degli HR, sia a breve sia a lungo termine - continua il manager -. Ad esempio, avviamo delle survey attraverso le quali riceviamo le proposte dei nostri clienti poi analizzate e implementate dai nostri analisti con il rilascio trimestrale di aggiornamenti alle funzionalità». La piattaforma è fruibile in mobile e integrata perfettamente con i social network, in particolare Facebook e LinkedIn. Cornerstone offre software e servizi dedicati ad aziende di tutte le dimensioni. Tra i principali clienti, Starwood Hotels & Resorts, The Neiman Marcus Group, Save the Children, Turner Broadcasting System, Virgin Media, Pandora Jewellery, BNL/BNP Gruppo Paribas. Anche l’Italia sta mostrando un trend di crescita importante: sono diverse le aziende che hanno già deciso - a nemmeno un anno dall’inizio delle operazioni - di adottare le soluzioni di Cornerstone OnDemand. Nello specifico, si tratta di medie e grandi imprese in ambito finanziario, manifatturiero e farmaceutico. www.ict4executive.it

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La complessità è la sfida più urgente dei manager

Luisa Arienti

Per portare avanti progetti di innovazione e abilitare nuovi processi, oggi è prioritario semplificare l’IT. «Significa fare in modo semplice cose molto sofisticate, proprio quelle di cui le imprese hanno bisogno per sopravvivere e abilitare nuovi processi, che in passato non erano possibili».

Amministratore Delegato Sap Italia

Gli analisti di tutto il mondo concordano: la sfida principale per gli Executive è oggi la gestione della complessità del business, che continua ad aumentare. E un business complesso da gestire è anche costoso, farraginoso e incerto: difficile in queste condizioni portare avanti progetti di innovazione. Ma il digitale può essere di grande aiuto. È per questo che SAP ha orientato la propria strategia nella direzione della semplificazione. «Molti CEO ci hanno evidenziato che il loro scenario IT e applicativo rappresenta un freno per indirizzare le esigenze del business - afferma Luisa Arienti AD in Italia di SAP. Come aiutarli a liberare risorse immobilizzate nella pura gestione e manutenzione dei sistemi attuali, che secondo Forrester sono pari al 72% del budget? È la nostra sfida, che noi chiamiamo“Run Simple”. Significa fare in modo semplice cose molto sofisticate, proprio quelle di cui le imprese hanno bisogno per sopravvivere e abilitare nuovi processi, che in passato non erano possibili» A questa strategia verso aziende e PA, SAP affianca un forte impegno nel promuovere in Italia la cultura del digitale, ad esempio con programmi specifici rivolti ai giovani e alle startup. Il Cloud e la tecnologia Hana sono gli elementi chiave dell’offerta. «Abbiamo fatto un grandissimo investimento nel Cloud, dando però anche assoluta tranquillità ai clienti che hanno investito on premise», specifica la manager. Hana è invece la risposta di SAP alla necessità di estrarre valore | 18 |

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dall’esplosione di dati: «È la soluzione di in memory computing che ha ridefinito il mercato del data base», evidenzia Arienti. La piattaforma è utilizzata in moltissimi ambiti: non solo per accelerare i processi ma per trasformarli, creando nuove opportunità Un esempio riguarda il reporting. Con la potenza di Hana, i CFO possono avere, per la prima volta, un accesso ai dati veramente real time, per ottenere una vista globale dell’azienda che si può approfondire in ogni singolo aspetto, con un clic. Un secondo interessante esempio riguarda i processi di manutenzione, che nell’era dell’Internet of Things e dei sensori a basso costo, si stanno profondamente trasformando. Un tecnico dotato di occhiali tipo Google glass oggi può essere “guidato” da remoto in una riparazione urgente, con il supporto digitale di mappe e di manuali. E la manutenzione preventiva sta evolvendo verso una nuova strategia basata sulla previsione in anticipo dei guasti. C’è grande interesse intorno a questo tema. Uno degli annunci più recenti di SAP riguarda proprio una soluzione, basata su Hana, in grado di monitorare tutte le informazioni in ingresso, generare allarmi ogni volta che si superano soglie prestabilite e attivare anche azioni specifiche di intervento. I Data Scientist hanno così l’opportunità di analizzare i dati utilizzando modelli di previsione e algoritmi presenti nelle librerie di Hana, per comprendere meglio le cause dei malfunzionamenti e mettere a punto alberi decisionali accurati.


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L’ICT per le imprese sempre più simile a quella dei carrier L’innovazione accelera e spinge aziende e PA italiane ad affrontare progetti ormai inevitabili per tenere il passo. Anche l’offerta è in trasformazione: i confini fra le soluzioni tecnologiche destinate agli operatori e quelle enterprise sono sempre più sfumati. Cozzi: «Oggi siamo l’unico vendor che può mutuare soluzioni da un settore all’altro» L’innovazione avanza con un ritmo che non si era mai visto in precedenza, creando forti discontinuità sia per le aziende sia per i loro fornitori di tecnologia. Dotarsi di tecnologie allo stato dell’arte, è ormai una necessità molto sentita anche sul mercato italiano: Mobility, banda larga, IoT, analisi dei dati, sono trend che devono essere seguiti, non ci sono alternative. Il ritardo dell’Italia sull’innovazione digitale è noto, ma questo significa anche che ci sono ampi spazi di crescita. Lo confermano i risultati di Huawei, che sta ottenendo un grande successo nel nostro Paese: il colosso cinese, che fornisce infrastrutture ai principali carrier mondiali, oltre che device per il mercato consumer, tre anni fa ha iniziato a operare anche nel mercato enterprise, partendo da zero e ottenendo rapidamente la fiducia di moltissime aziende e PA. «Abbiamo raccolto casi di successo significativi in tutti i settori, realizzando soluzioni critiche per il business: unified communication, Data Center che abilitano il Cloud, server, switch, storage, management, virtualizzazione e reti wireless in tutte le declinazioni possibili - dice Alessandro Cozzi, Direttore Enterprise Business Group di Huawei Italia -. La crescita dell’area Enterprise nel mercato italiano nel 2014 sarà intorno 50%, in linea con il resto del mondo». I motivi del successo? «Nessun altro vendor ha un portafoglio end-to-end come il nostro - sostiene il manager - e questo garantisce efficienza e performance, gli obiettivi primari dei clienti. Inoltre, la grandissima capacità di innovazione di Huawei, con un investimento pari al 10% del fatturato, è una garanzia per il futuro».

Alessandro Cozzi Direttore Enterprise Business Group Huawei Italia

C’è infatti una forte contaminazione fra l’innovazione nelle soluzioni per i carrier e quelle per le imprese, perchè ormai i due mondi tendono a convergere. «I confini tra le tecnologie che in passato venivano destinate solo al mondo dei carrier, all’enterprise o al consumer tendono infatti ad assottigliarsi. Internet può essere considerato oggi un fenomeno prevalentemente consumer (ci sono circa 7miliardi di terminali intelligenti nel mondo), ma diverrà nei prossimi anni un fenomeno “enterprise driven” con i sensori che diventeranno circa 100 miliardi nel 2025, la maggior parte dei quali saranno “enterprise enabled”, scaricati a terra principalmente da imprese che li utilizzeranno per nuove modalità di fare business, produrre, gestire... ». Un altro esempio è quello della Work Force Automation. Per realizzare una soluzione di Enterprise Mobility servono terminali, applicazioni, una rete Wi-Fi performante, ad alta densità, ma anche banda larga mobile e quindi il ruolo degli operatori è fondamentale. «Oggi siamo l’unico vendor che può mutuare soluzioni da un settore all’altro - continua Cozzi - è evidente che i brevetti LTE o 5G ci consentono di realizzare prodotti e soluzioni mobili ideali anche per le imprese, che infatti chiamiamo enterprise LTE». Un altro tema centrale per Huawei è l’efficienza energetica dei Data center: oltre ad avere un’offerta di soluzioni di cooling e UPS, l’azienda è impegnata anche sul fronte del solare e realizza Data Center all-in-one che possono funzionare anche in mezzo al deserto, o in situazioni di emergenza per eventi catastrofici. www.ict4executive.it

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Un “nuovo stile IT” a supporto della crescita aziendale

Stefano Venturi

La trasformazione digitale e nuove modalità di fruizione e gestione dell’IT per supportare il rilancio dell’economia italiana, aumentando l’efficienza delle imprese. È la visione tecnologica di HP per il 2015, incentrata su temi come Cloud, Big Data, sicurezza e mobilità

Amministratore Delegato gruppo Hewlett-Packard in Italia e Corporate Vice President Hewlett-Packard Inc.

Secondo la Digital Innovation Academy del Politecnico di Milano, il 2015 sarà caratterizzato da un’ulteriore contrazione degli investimenti ICT, come effetto della crisi. Come affrontare questo scenario? «Credo che occorra concentrarsi sulle potenzialità ‘concrete’ dell’innovazione tecnologica, in grado di generare opportunità ed efficienza per PA e imprese, abilitando quella trasformazione digitale che resta fattore imprescindibile per la crescita economica e occupazionale del Paese», dice Stefano Venturi, AD del Gruppo Hewlett-Packard in Italia e Corporate Vice President Hewlett-Packard Inc. Secondo il manager, una condizione indispensabile è costruire un ecosistema favorevole a tale evoluzione - pensiamo ad esempio ai datacenter, le ‘fabbriche digitali’ - creando le adeguate condizioni normative, burocratiche e infrastrutturali. In questo contesto, HP si pone come agente di trasformazione, a supporto delle organizzazioni nel percorso di evoluzione digitale, grazie alla propria eccellenza tecnologica, a competenze e risorse, ad un portafoglio di infrastrutture e soluzioni innovative. «In HP parliamo di un “nuovo stile di IT”, abilitato da trend come Cloud e Big Data, da esigenze di mobilità e di sicurezza, in un mondo in rapida evoluzione in cui cambiano le modalità di fruizione e gestione dell’IT e sempre più caratterizzato dall’Internet of Things», prosegue Venturi. Anche nel 2015, infatti il Cloud continuerà a giocare un ruolo centrale nell’ICT, già oggi volano indispensabile per la modernizzazione del Paese. HP dispone di un ampio portafoglio di soluzioni e | 20 |

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servizi (HP Helion) e recentemente ha anche annunciato un accordo con Telecom Italia, con l’obiettivo di supportare aziende e PA in una nuova informatizzazione basata su infrastrutture Cloud avanzate. Ma la grande sfida sono i Big Data: «La crescita esponenziale delle informazioni digitali - e in particolare di quelle non strutturate - rappresenta un fenomeno globale che riguarda anche le aziende italiane. Per gli strumenti Big Data Analytics la sfida è giocata sulla capacità di creare reale ‘valore’ per il business e quindi vantaggio competitivo - attraverso l’analisi contestualizzata e la correlazione dei dati, il cosiddetto ‘meaningful computing’. Come HP pensiamo di avere un posizionamento unico, grazie alle soluzioni e competenze di Vertica ed Autonomy, società acquisite negli ultimi anni e leader di settore». Un altro tema centrale per HP è la scuola, snodo cruciale per la trasformazione digitale ed esempio di come le tecnologie possono tradursi in nuove opportunità: condivisione di contenuti, nuovi modelli didattici, cultura e competenze per le generazioni future. Guardando al futuro, Venturi cita due esempi di sviluppo degli HP Lab che anticipano i tempi. «“Blended Reality Ecosystem” è un ecosistema di tecnologie fra cui la stampa 3D, che aiuterà a ridurre le barriere tra il mondo digitale e quello fisico, favorendo la creazione di nuovi mercati nei quali inventare, costruire e interagire senza filtri o limitazioni, o il progetto “The Machine” che permetterà di gestire l’esplosione dei dati, reinventando le architetture del computing».


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Il digitale è dirompente: all’Italia serve un cambio di passo Le nostre aziende devono accelerare il percorso di trasformazione e possono farlo grazie alle applicazioni in Cloud e alle nuove tecnologie per i Data Center. Ma nel Paese l’urgenza del cambiamento sembra essere ancora poco percepita

Fabio Spoletini Country Leader e VP Technology Oracle Italia

Siamo nel pieno di una nuova rivoluzione, quella digitale, che come un’onda sta investendo la società e il business, trasformandoli radicalmente. Lo spiegano da tempo gli economisti, come Jeremy Rifkin che al tema ha dedicato il suo nuovo libro “La terza rivoluzione industriale”: oggi che le persone e le cose (con l’Internet of Things) sono always-on, si aprono nuove sfide sul mercato mettendo a rischio i modelli di business tradizionali, cambiando i processi decisionali, abilitando un confronto che è bottom up. Eppure, nel nostro Paese l’urgenza del cambiamento è ancora poco percepita. «Le aziende italiane devono ancora prendere consapevolezza dell’impatto dirompente che avrà il digitale: fra 5 anni sarà tutto diverso, una strategia che le porti a cambiare pelle è urgente - dice Fabio Spoletini, Country Leader e VP Technology di Oracle Italia -. «Serve un cambio di passo, anche se le esperienze innovative ci sono già anche nel nostro Paese. E servono nuove competenze, come il Data Scientist». Un tema, questo, su cui Oracle si è impegnata avviando in collaborazione con l’università Luiss un Master in Big Data Analytics. In questo scenario, l’attenzione del colosso dell’IT è focalizzata su soluzioni tecnologiche pensate per abilitare la trasformazione dei processi e ridurre al minimo la complessità, con un’offerta che si declina su due filoni principali: il Cloud, ovvero le applicazioni fruite come Software as a Service, e il Data Center, ovvero sistemi e storage rinnovati secondo il paradigma “software defined”, in grado di portare semplicità

in ambienti complessi. «Ora tutta l’offerta applicativa è disponibile as a service anche per i clienti italiani - dice Spoletini -, la totalità dei processi aziendali è mappata e localizzata e per le imprese più piccole c’è la possibilità di andare in full cloud: è un passaggio molto importante per Oracle. Se ne parla da anni, ma oggi il Cloud è un’opportunità concreta, una scelta realmente a portata di mano. Il cloud saas abbatte la complessità, è vicino al business e parla la sua lingua, è veloce, flessibile, modulabile ed efficiente». Tutte le funzioni aziendali possono trovare nel Cloud una soluzione per le proprie esigenze e molte aziende italiane l’hanno già fatto: dalle Risorse Umane al Marketing, dalle Vendite al Finance, dai Servizi agli Acquisti al Project Management.
Oracle vuole offrire la massima libertà di scelta ai clienti, e per questo ha garantito che manterrà la roadmap di sviluppo prevista anche per tutte le applicazioni on premise. L’altro filone di innovazione è quello del Data Center, che deve non solo essere performante, ma anche sempre disponibile, sicuro, in grado di gestire i big data. Le nuove architetture si basano su hardware e software ingegnerizzati per lavorare insieme, in grado da un lato di contenere i costi e dall’altro di offrire performance elevate e semplicità di gestione. E se in passato i clienti guardavano alle tecnologie facendo attenzione prevalentemente ai costi, oggi questo non basta più: è necessario scegliere il meglio e per questo, la società propone ai clienti una scelta di portafoglio molto articolata. www.ict4executive.it

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Analytics: valore, semplicità e pervasività

Marco Icardi

La domanda di soluzioni di analisi dei dati è in aumento, ma ancora manca un approccio strategico, che includa la reingegnerizzazione dei processi, e servono professionalità specifiche. Icardi: «Notiamo una grande richiesta di semplicità di fruizione dei report»

Amministratore Delegato SAS Italy

Gli Analytics sono sempre più pervasivi nelle applicazioni, nelle operations, nelle interazioni non solo con i dati ma anche con i processi di business: un trend che interessa le aziende di qualsiasi settore e dimensione. La vera rivoluzione aperta dalla Digital Disruption, dai Big Data e dall’Internet of Things si concretizza nell’opportunità di interazione con l’utente o machine to machine, nella capacità di anticipare i bisogni della domanda e nella possibilità di cogliere i “business moment”. Sono diversi gli scenari applicativi specifici: dallo sviluppo delle Smart Cities alla gestione della PA fino alle attività di marketing ed engagement. «Gli analisti confermano che la domanda di Analytics del prossimo futuro aumenterà: le aziende sono consapevoli della necessità di intervenire su processi cruciali per il business in maniera sistematica, accelerando i processi decisionali - afferma Marco Icardi, AD di SAS Italy, specializzata nelle soluzioni di Business Analytics -. Tuttavia il ricorso a soluzioni tattiche - scorciatoie tecnologiche per “tamponare” le esigenze contingenti - e non strategiche è ancora frequente. È necessario un percorso di cambiamento che includa la reingegnerizzazione dei processi e dell’IT. La nuova idea di business deve comprendere innovazione tecnologica, innovazione di processi e innovazione organizzativa». Le competenze sono un ulteriore punto di attenzione. Servono professionalità specifiche, come quelle che racchiude il data scientist, in grado di portare evidenza delle correlazioni tra i dati attraverso modelli | 22 |

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matematici utili al business. «SAS ha attivato in collaborazione con molte università programmi di formazione post laurea proprio per preparare i professionisti del futuro, che devono avere conoscenza tecnica abbinata a competenze di business specifiche», sottolinea il manager. Dalla prospettiva tecnologica, le priorità delle organizzazioni si sintetizzano nella grande esigenza di analisi dei dati. «Aziende pubbliche e private ci chiedono soluzioni sempre più potenti, veloci e in grado di elaborare informazioni in real-time. Ma notiamo anche una grande richiesta di semplicità di fruizione, perché qualsiasi utente possa avere agilmente a disposizione dati e report sempre aggiornati, da qualsiasi luogo e dispositivo. La nostra risposta è Visual Analytics, una soluzione fruibile anche in mobilità che consente un’esplorazione e consultazione dei dati semplificata, che apre l’opportunità di utilizzo degli Analytics a migliaia di utenti ovunque essi si trovino». Per fare un esempio di utilizzo innovativo degli analytics, Octo Telematics (protagonista mondiale nei sistemi e servizi telematici per il mercato assicurativo e automotive) monitora ogni minuto 100mila chilometri percorsi da 3 milioni di clienti in 26 Paesi del mondo. Questo processo di analisi consente all’assicurato di non essere solo un numero e di essere riconosciuto in quanto persona dotata di specifiche peculiarità. E allo stesso modo la compagnia è in grado di conoscere nel dettaglio le caratteristiche comportamentali di ogni cliente per calibrare i premi sulla rischiosità individuale.


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Verso un’IT completamente virtualizzata Il trend è sempre più evidente, alimentato dagli impellenti requisti di flessibilità e agilità del business, come il deployment rapido delle applicazioni. Bullani: «In questa trasformazione i CIO possono veramente giocare il ruolo di innovatori»

Alberto Bullani regional manager VMware Italia

Nel giro di qualche anno, la virtualizzazione coprirà un’area sempre più estesa delle risorse informatiche - dai server alla rete - migrando verso il paradigma IT as-a-service (ITaaS). È l’unica strada che il mondo imprenditoriale può imboccare, per risolvere davvero i problemi di business in cui si dibatte quotidianamente. Alberto Bullani, regional manager di VMware Italia, non vede alternativa a tale ‘must’. «Prenderà piede nel mercato un data center in cui l’hardware predominante è costituito da processori e memoria RAM, e dove tutte le altre funzioni - server, storage, network - sono virtualizzate. Così è possibile rimodellare in maniera dinamica, veloce e automatica il data center, gestendo e aggiornando l’infrastruttura con molta flessibilità, e senza i vincoli dei server fisici e apparati di networking tradizionali». Se la virtualizzazione dello storage sta già avvenendo, quella delle rete è più complessa, e impiegherà più tempo. In Italia, Bullani individua in particolare due trend. Uno è, nelle grandi aziende, l’adozione del SoftwareDefined Data Center (SDDC). «Qui l’esigenza prioritaria è rendere il più rapido possibile il deployment delle applicazioni. Prima l’IT poteva rilasciarle imponendo all’azienda i propri tempi, oggi è l’utente di business che li definisce». Se in passato ‘time-to-market’ era stata, spesso e volentieri, una “buzzword” tutto sommato poco aderente alla realtà, oggi non è più così. Inoltre, i consumatori si sono ormai abituati a una fruibilità dei dati in real-time. In questa trasformazione, ritiene il manager, i CIO possono veramente giocare il

ruolo di innovatori e questo sforzo in generale si sta facendo, anche in ambiti come la PA, in maniera molto più rapida di quanto si potrebbe credere. L’altra tendenza, nelle piccole e medie imprese, è esternalizzare sempre più servizi IT, in modo da focalizzarsi sul core business, e ridurre investimenti e costi di gestione delle infrastrutture. Ma chi è più reattivo al cambiamento? «Le PMI, dove la catena decisionale è più breve, sono le più innovative. Abbiamo clienti che per supportare la crescita e le filiali remote aperte in Cina o negli USA stanno adottando servizi di hybrid cloud. Una volta avrebbero comprato server e costruito un piccolo data center». Un altro trend, trasversale al mercato, è il Mobile: per questo VMware basa tutte le proprie applicazioni interne, o di terzi, su HTML5, in modo da renderle sempre fruibili da qualunque device. In ragione di queste necessità aziendali, nei prossimi mesi VMware si presenterà con una gamma di prodotti certo arricchita di funzionalità, ma fondata da tempo su tre pilastri principali: uno è l’offerta SDDC, per la totale automazione del data center in modalità software. Un altro sono i servizi IaaS di Cloud ibrido e pay-as-you-go vCloud Air, che estendono la capacità quando l’esigenza è supportare, ad esempio, picchi dei workload o funzioni di disaster recovery. Il terzo pilatro è l’End User Computing, che consente lo spostamento continuo da desktop a laptop, tablet, telefono o auto, con applicazioni disponibili in qualsiasi luogo, su qualsiasi postazione e in qualsiasi momento. www.ict4executive.it

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Cloud e Mobile per la digital transformation delle aziende

Matteo Giovanditti CEO Alterna

Sono tante le realtà italiane che puntano sulle tecnologie digitali per affrontare un mercato sempre più complesso. Giovanditti: «Aiutiamo queste aziende a realizzare compiutamente la trasformazione digitale. Siamo avvantaggiati dalla consistenza e completezza dell’offerta Microsoft»

L’utilizzo di soluzioni Cloud e Mobile in Italia sta crescendo a ritmi notevoli. È una buona notizia, perché significa che tante aziende hanno scelto la via dell’innovazione digitale che viene percepita come reale fattore differenziante. Le PMI, in particolare, grazie all’avvento delle soluzioni Cloud, hanno l’opportunità di fare un grosso salto in avanti, perché oggi possono avere accesso a un’infrastruttura di livello pari a quella delle grandi aziende, ma con costi inferiori. Su queste due direttrici, Cloud e Mobile, si muove la strategia di Alterna, system integrator che fa parte di Altea Federation e focalizzato sulle tecnologie e soluzioni applicative di Microsoft, vendor con cui condivide approccio al mercato e innovazione. «Abbiamo iniziato a sviluppare progetti Cloud in area Enterprise già quattro anni fa - dice Matteo Giovanditti, CEO di Alterna - anticipando sotto alcuni aspetti il disegno dell’offerta e la proposizione attuale di Microsoft. Il successo di queste iniziative e dei nostri clienti ci ha permesso di sviluppare competenze verticali per approcciare Azure sin dall’inizio in modo innovativo. Anche nel Mobile abbiamo avuto le prime esperienze importanti qualche anno fa. Oggi con la rivoluzione apportata da Windows 8 e anche grazie all’acquisizione di Nokia, il Mobile è diventato pervasivo nell’intera offerta Microsoft». Il focus di Alterna è su quelle aziende italiane che fanno dell’approccio innovativo una leva competitiva, per affrontare un mercato sempre più complesso. «Cercano flessibilità e semplicità; vogliono stare al | 26 |

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passo con i tempi, utilizzando piattaforme social per collaborare in tempo reale con clienti e fornitori; hanno maturato la consapevolezza di dover sviluppare e gestire un moderno ambiente di lavoro, un luogo non più limitato da confini fisici e tecnici, dove grazie alle più moderne innovazioni tecnologiche sia semplice integrare insieme persone, processi, attività e capacità di analisi, per ottenere un reale vantaggio competitivo. Aiutiamo queste aziende a realizzare una vera e propria trasformazione digitale, a reinventare la loro produttività!», spiega il manager. Alterna è nata nel 2013 dalla fusione della Business Unit Microsoft di Altea S.p.A. e di Reno Sistemi S.r.l. Oggi il volume di affari ha raggiunto circa 14 Milioni di euro di fatturato, con oltre 700 clienti e un organico di 130 persone. «Quest’anno la crescita è stata di circa il 10%; un ottimo risultato considerato che abbiamo gestito un cambiamento impegnativo che la fusione ha comportato: siamo più che soddisfatti». Un punto di attenzione per Alterna è la formazione delle persone, che avviene nel “Centro Studi La Terriera” di Altea Federation, un’oasi verde nell’alto Vergante. «Non perdiamo mai di vista il fatto di essere parte di una federazione, frutto di un disegno strategico avviato anni fa dal nostro presidente Andrea Ruscica, che oggi ci permette di esprimere un valore ben superiore alla somma algebrica delle singole realtà di Altea Federation. Tutto ciò ci ha consentito di crescere in questi anni, interpretando e anticipando continuamente le esigenze del mercato».


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IL 2015 sarà l’anno del Cloud. Ma anche dell’EIM e della sicurezza Il Service, Technology & Cloud Integrator punta su pacchetti complessi di IT as a service, sulla propria piattaforma di gestione delle informazioni e su soluzioni di protezione dai rischi IT. «Aziende medie e grandi vedono il Cloud come opportunità per abbattere i costi, cedere complessità e aumentare la sicurezza» Il 2014 è stato un anno difficile per diversi motivi, soprattutto per le difficoltà finanziarie delle aziende, che mettono in secondo piano temi comunque importanti come gli investimenti IT, che pure, se bene affrontati, comportano benefici anche economici, spiega Flavio Radice, General Manager di CBT: «Questo non provoca tanto perdite di clienti o opportunità, ma paralizza i processi di investimento IT anche in realtà molto grandi». Ma il 2015, e probabilmente anche 2016 e 2017, saranno gli anni del Cloud Computing. «Le organizzazioni grandi e medie vedono nel Cloud l’opportunità per cedere la complessità, aumentare i livelli di sicurezza e anche abbattere i costi». Questa è la visione per l’anno appena iniziato del Service, Technology & Cloud Integrator, che vanta 270 addetti e sei sedi in Italia. Più in generale il percorso di cambiamento e investimento di CBT negli ultimi due anni si è concentrato in tre ambiti: Cloud appunto, Enterprise Information Management (EIM) in senso lato, e sicurezza. «Nel primo campo abbiamo puntato sul rafforzamento dell’offerta di pacchetti “personalizzati” e complessi di Cloud Computing (infrastrutture, piattaforme e software come servizi), e degli standard di efficienza e sicurezza dei nostri due data center, nonché nella formazione dei sistemisti: abbiamo circa 1200 certificazioni complessive, un asset importante vista l’ampiezza di tecnologie che occorre padroneggiare. In particolare siamo tra i pochi in Italia che propongono servizi Cloud anche su piattaforme Power e

Flavio Radice General Manager CBT

AS400». La seconda area prioritaria di investimento è WebRainbow, la piattaforma tecnologica di CBT per la gestione di informazioni (strutturate e destrutturate) e processi interni: «Non è solo information management in senso canonico, ma anche gestione di scambi e sincronizzazioni di informazioni tra diversi sistemi e domini applicativi». Si sta affermando, prosegue il General Manager di CBT, una seconda generazione di sistemi documentali e di content management, con cui le organizzazioni utenti vogliono andare oltre la semplice gestione e archiviazione dei dati, arrivando a gestire i processi. «Il nostro sistema ha un BPM integrato e si presta bene ad applicazioni del genere, soprattutto dove ci sono processi complessi che attraversano vari comparti aziendali». In questo caso, ma anche per il Cloud, CBT si muove sia con un modello diretto che indiretto. Infine la terza area prioritaria è la sicurezza: «Abbiamo aperto da poco una business unit con cui proponiamo soluzioni basate su diversi tipi di competenze, tecnologiche, di consulenza e di impatto legale dell’IT». L’obiettivo è sensibilizzare aziende, amministratori e manager: «Partiamo dall’analisi dei rischi legati alla perdita di business per frode di dati, divulgazione di informazioni, danni di immagine, non conformità, e altri aspetti, spesso poco conosciuti dai CIO. In un approccio del genere, le varie soluzioni tecnologiche - sicurezza perimetrale, networking, endpoint, application e data security, monitoring, prevention e policy management – sono viste solo come strumenti». www.ict4executive.it

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Fincons Group punta su “nearshore” ed espansione all’estero Il 2015 vedrà permanere la domanda delle organizzazioni utenti di contenere i costi, ma ciò non dovrà tradursi in una riduzione delle iniziative progettuali, né nei CIO in una minor attenzione alle richieste del business, spiega Michele Moretti, CEO della società di IT Business Consulting, che negli ultimi quattro anni ha raddoppiato il suo fatturato

Michele Moretti CEO FINCONS GROUP

Francesco Moretti Deputy CEO FINCONS GROUP

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«Nel 2015 resterà forte l’esigenza delle aziende di contenere i costi, ma ciò non deve tradursi in una riduzione delle iniziative progettuali, né nei CIO in una minor attenzione alle esigenze del business. In tale scenario, per noi, la strategia vincente è di investire nel nostro centro “nearshore”». Questa la visione di Michele Moretti, CEO di FINCONS GROUP. Rispetto alle difficoltà del mercato ICT in Italia il Gruppo FINCONS è un’eccezione, avendo chiuso il 2014 ancora in crescita, con 800 persone in organico e oltre 75 milioni di euro di fatturato, realizzato per il 60% in Italia e per il 40% in Svizzera, e raddoppiato in soli 4 anni. «Lungimiranza imprenditoriale, radicamento nel territorio, competenze di mercato, sourcing di tecnologie innovative sono da sempre i nostri driver. Quest’approccio ci ha fatto investire per tempo in un modello di IT service nearshore Made in Italy e nell’espansione estera», spiega Francesco Moretti, Deputy CEO del Gruppo. Negli anni scorsi l’esigenza di tagliare i costi ha spinto molti vendor e aziende utenti di ICT a ricorrere a servizi offshore, soprattutto nel Far East. «Nell’ultimo biennio ci sono segni di un’inversione di tendenza, ma già nel 2008 abbiamo aperto a Bari un Delivery Center con cui forniamo servizi di application management e system building con tariffe competitive per il mercawww.ict4executive.it

to italiano e ancor più per quello europeo», continua Francesco Moretti. Il centro, che conta oggi 300 risorse, è in forte crescita e tra pochi mesi inaugurerà una nuova sede sempre a Bari. «Il nearshore permette di rafforzarci presso i clienti consolidati, realtà primarie dei settori Media, Energy, Utilities, Financial Services, Manufacturing, Transportation, PA, ma anche di conquistare nuovi clienti interessati a conciliare risparmi ed esigenze di business». Oltre al nearshore, l’altra priorità importante per il 2015 è il proseguimento del processo d’internazionalizzazione: «Puntiamo molto sull’alleanza con vendor internazionali di soluzioni specialistiche per proporci come system integrator in Europa», spiega Michele Moretti. «Inoltre vogliamo stabilire una presenza diretta in Paesi d’interesse, per dare più visibilità in Europa al Gruppo e ai suoi punti di forza: i servizi IT in nearshore e le soluzioni verticali». Nel Regno Unito FINCONS GROUP sta avviando un percorso di ricerca e due diligence di realtà locali per alleanze con diritto d’acquisizione. «Quando facciamo un progetto guardiamo sempre oltre. Nel mondo Media ad esempio abbiamo da poco completato un grande progetto con un leader della pay TV che ci vede partner nella rivendita sul mercato di una soluzione per la vendita e distribuzione online di multimedia content. L’innovazione che proponiamo è conoscenza delle tecnologie abbinata ai nuovi modelli di business che s’affacciano sul mercato. Attraverso il nostro Innovation Lab valorizziamo le potenzialità delle nuove tecnologie, definendo un’offerta competitiva per le aziende clienti».


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Oltre la Supply Chain collaboration Sincronizzare le informazioni fra tutti gli attori della filiera, avere visibilità end-toend dei processi, anticipare gli scenari futuri, gestire i documenti: opportunità che molte imprese hanno già colto grazie alla digitalizzazione. Pacotto: «La piattaforma di collaborazione garantisce efficienza e abilita nuovi modelli organizzativi» Garantire tempi certi nelle consegne; accelerare le chiusure contabili; ottimizzare le scorte senza rotture di stock; gestire la logistica dell’eCommerce; ridurre la carta e semplificare i processi, dematerializzando i documenti. Sono aspetti diversi del business che possono essere trasformati e migliorati dalle tecnologie digitali, attraverso piattaforme che consentono di sincronizzare la catena distributiva, dal singolo fornitore fino a ciascun punto vendita, migliorando la collaborazione e la comunicazione attraverso la filiera. Non solo è possibile così ottenere più efficienza, ma anche ridurre la complessità, migliorare la visibilità sulle attività svolte, acquisire controllo e capacità di analisi e massimizzare le performance in molti ambiti e processi. Una grande opportunità per le imprese manifatturiere, la GDO e il retail, mondi diversi ma che si trovano oggi ad affrontare scenari competitivi complessi, con margini sempre più ridotti. «Vediamo una richiesta crescente di progetti che noi chiamiamo di “control tower”, che hanno un perimetro più ampio rispetto ai sistemi di Supply Chain collaboration perchè consentono di ottenere una visibilità end-to-end dei processi attraverso la raccolta di informazioni da vari sottosistemi», spiega Giuseppe Pacotto, Amministratore Delegato di TESISQUARE®, che da molti anni aiuta i propri clienti a ottimizzare la Supply Chain e oggi è l’unica società italiana presente nei report di Gartner di Supply Chain Visibility e Collaboration. Le piattaforme collaborative di TESISQUARE® sono oggi utilizzate da importanti realtà

Giuseppe Pacotto fondatore e Amministratore Delegato TESISQUARE®

internazionali, come Diageo, Benetton e Total Erg e da note insegne del retail e della GDO, come Lavazza, L’Oreal, Eataly, Carrefour e molte altre. «Se il processo è sincronizzato, in una logica molti a molti, la piattaforma di collaborazione abilita nuovi modelli organizzativi, ad esempio la presa merce a monte con tempi certi nella distribuzione a valle, oppure il “fast closing”, la chiusura contabile veloce, una necessità per le multinazionali». Un altro filone che sta prendendo spazio è la cosiddetta “Supplier qualification”: «Forniamo ai clienti supporto nel gestire le certificazioni e il rispetto delle diverse normative relative ai fornitori», specifica Pacotto. Nel mondo retail, fra le soluzioni innovative fornite da TESISQUARE® ci sono anche quelle che aiutano i decisori a prefigurare gli scenari futuri, ad esempio per migliorare i riordini:«È un’area innovativa su cui stiamo investendo, ci avvaliamo di specialisti di ricerca operativa e modellistica», dice l’imprenditore. Altra area di interesse è quella dell’eCommerce. «Le imprese italiane della GDO devono difendersi dall’avanzata dei grandi leader: la sfida è l’integrazione della logistica con quella dei negozi fisici, in ottica multicanale». Infine l’estensione verso i device mobili: «Abbiamo recentemente stretto una partnership con la società Gulliver, leader nello sviluppo di applicazioni per smartphone e tablet, al fine di rendere le nostre soluzioni di Business Process Management performanti anche in mobilità e realizzare nuovi prodotti dedicati allo sviluppo organizzativo delle aziende». www.ict4executive.it

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Dematerializzazione, l’obbligo di legge darà una spinta decisiva nel 2015

Pier Luigi Zaffagnini amministratore Top Consult

Dal 31 marzo chi fattura verso un ente pubblico dovrà farlo in digitale. «Dopo vent’anni in cui si parla di “paperless company”, la norma ha reso l’interesse concreto: il mercato s’allarga a centinaia di migliaia di aziende. La sfida è passare dal “fare fatture” al lavorare senza carta, anche grazie ai nuovi sistemi documentali social e collaborativi»

«L’avvicinarsi della scadenza del 31 marzo 2015, data dalla quale chi fattura verso qualsiasi ente pubblico dovrà farlo in digitale, allarga a centinaia di migliaia di aziende il mercato della gestione elettronica dei documenti: la fattura cartacea diventa fuori legge». Così Pier Luigi Zaffagnini, Amministratore di Top Consult, spiega le sue aspettative per l’anno appena iniziato. «Di fatto l’obbligo della fattura elettronica comporta l’obbligo della gestione elettronica del documento, dalla creazione all’archiviazione. Si deve imparare a lavorare senza carta». Il punto di partenza, sottolinea Zaffagnini, non è “fare” fatture elettroniche, spedirle e conservarle («questo con un buon sistema software diventa banale»). È che anche gli altri documenti in azienda devono essere digitali. «Oggi è davvero possibile eliminare la carta, persino l’ordine di vendita si può sottoporre su tablet al cliente, che può convalidarlo con firma digitale». Tutto questo inizia a essere messo in pratica: c’è un interesse finalmente concreto per la dematerializzazione, e questo rende Zaffagnini ottimista sul 2015. «Dopo vent’anni in cui si parla di “paperless company”, l’obbligo di legge sta dando una spinta decisiva: lo testimonia anche l’indagine CIO 2014 del Politecnico di Milano». Indagine secondo cui la dematerializzazione è la seconda priorità per i CIO italiani per l’anno appena iniziato, dietro solo alla business intelligence, e davanti a ERP e Mobile. «Questo “salto di qualità” è possibile anche perché Top Consult, che da sempre persegue l’innovazione | 30 |

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del sistema documentale, ha “rivoluzionato” il modo di fare gestione elettronica dei documenti. La nostra piattaforma di nuova generazione TopMedia Social NED per la Gestione Documentale e la Collaborazione Aziendale propone innanzitutto un nuovo modo di lavorare (lo “smart working”) e di interagire con il sistema in modo molto più immediato, accessibile anche da dispositivi mobili, e sfruttando meccanismi tipici dell’informatica “consumer”. Inoltre abbiamo introdotto l’uso di strumenti collaborativi per i gruppi di lavoro. Tutto questo allarga l’impiego e i benefici della gestione documentale a tutta l’organizzazione, compresi manager e mobile worker, e realizza concretamente la nuova frontiera del Social Business». Per usare il sistema, sottolinea Zaffagnini, non si devono avere conoscenze ad hoc: «È intuitivo come usare un tablet o uno smartphone, per cui per esempio la ricerca di un documento si può fare con un meccanismo “alla Google”, cioè libero, fruibile anche da chi non conosce i criteri di classificazione e archiviazione. Analogamente è stato mutuato dalle app consumer il meccanismo dei “preferiti” per facilitare il reperimento delle pratiche». Un altro obiettivo è stata la riduzione dell’uso dell’email come strumento di collaborazione e condivisione. «L’idea è di sfruttare il concetto del social network, ma sicuro e protetto, utilizzabile all’interno di un’organizzazione per scambiarsi brevi messaggi e condividere documenti in funzione dei privilegi d’accesso, in modo da abilitare una vera e propria collaboration».


PagamentiDigitali.it è il primo progetto editoriale italiano dedicato all’innovazione nel mondo dei pagamenti elettronici. Un punto di osservazione chiaro, autorevole e indipendente sui trend più attuali: contactless, Mobile POS, pagamenti tramite cellulare (remote e proximity), acquisti online (eCommerce ed ePayment), Wallet digitali e Mobile, servizi legati al pagamento (couponing e loyalty), normative italiane ed europee.

IL SITO WWW.PAGAMENTIDIGITALI.IT

Il sito propone notizie nazionali e internazionali, approfondimenti e interviste selezionati da un team di esperti e rivolti a un pubblico di esercenti, Telco, banche, istituti di pagamento, circuiti, PA, technology provider e consumatori. PagamentiDigitali.it si rivolge a una community di 60.000 iscritti, che ricevono ogni 15 giorni la Newsletter con le notizie più rilevanti pubblicate sul sito.

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I N TE R V IS TA di

daniele lazzarin

intervista a

Marcello Cordioli

Global IT Officer di Lixil e CIO di Permasteelisa

Permasteelisa, dal nordest per “vestire” edifici in tutto il mondo L’impresa di Vittorio Veneto, che costruisce facciate e rivestimenti per grattacieli, stadi e aeroporti, è uno dei casi italiani di maggior successo degli ultimi anni. Il CIO Marcello Cordioli spiega il ruolo e le logiche di gestione dell’IT («cerchiamo la massima semplificazione e standardizzazione») in una realtà da 1,4 miliardi di euro con casa madre giapponese: «Abbiamo accorciato i tempi di chiusura contabile da 40 giorni a 7»

«Molti italiani, percorrendo la Quinta Strada a New York, rimangono sorpresi di sapere che metà delle facciate degli edifici che vedono sono state fatte da un’impresa italiana: lo stesso accade per molti grattacieli, stadi e aeroporti in giro per il mondo, come il MoMA di New York, il Museo Guggenheim di Bilbao e l’Opera House di Sydney». Così Marcello Cordioli presenta Permasteelisa, l’azienda di cui è CIO, leader mondiale nelle coperture vetro-alluminio e vetro-acciaio per le costruzioni. Permasteelisa in effetti non è un nome molto conosciuto in Italia, eppure è una delle poche storie di successo del “made in Italy” a livello internazionale in questi anni di crisi. Anche se è stata acquisita dalla giapponese Lixil tre anni fa, e pur operando letteralmente in tutto il mondo, l’azienda ha mantenuto la sua “identità italiana” e il quartier generale a Vittorio Veneto, nel cuore del Nordest. Cordioli, che è anche Global IT Officer di Lixil, oltre che CIO di Permaste| 32 |

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elisa, ci ha spiegato le sfide che affronta oggi l’IT di un’azienda così globale. «Dal punto di vista IT cerchiamo la massima semplificazione e standardizzazione. I “pilastri” su cui si basano i sistemi informativi di Permasteelisa sono tre. Uno è il sistema ERP, che è SAP: l’abbiamo implementato in tutti i Paesi, e tutto ciò che riguarda transazioni e back office si fa con SAP». Il secondo pilastro è il mondo CAD, cioè gli strumenti grafici per la progettazione, «che abbiamo standardizzato sia in termini di versioni e customizzazioni del software - la piattaforma è Autodesk -, sia in termini di hardware, cioè le workstation su cui questi software sono usati». Il terzo pilastro è il configuratore di prodotto, che Permasteelisa ha sviluppato internamente con il supporto di Autodesk: «È il progetto di cui vado più orgoglioso. Fondamentalmente è un sistema che a fronte


I NTE R V I S TA | Pe r m a st e e l isa , Da l n o rd e st P e r “v e st ire ” e d if ic i I n t ut t o il mo ndo

del disegno della facciata progettato dall’architetto dà in output tutti i disegni di produzione che servono per la realizzazione delle facciate in fabbrica». L’entrata in un grande gruppo estero, in questo caso giapponese, ha comportato diverse esigenze di business che si sono tradotte in progetti IT. Un esempio, spiega Cordioli, è il progetto “Fast Closing”. «L’obiettivo era di accorciare fortemente i tempi di chiusura contabile, da 40 giorni lavorativi a 7-8, per una serie di requisiti legati al mercato azionario giapponese. Abbiamo dovuto rivedere profondamente diversi processi interni, perché per il tipo di business che fa Permasteelisa aveva un ciclo di chiusura dei libri contabili molto lungo, in quanto attendeva i risultati dei progetti». Tutto questo richiedeva all’azienda di integrarsi informaticamente con la sua supply chain. «Abbiamo quindi implementato un Portale Fornitori, basato sulla soluzione Tesi SCM di Tesisquare, e fatto in modo che i fornitori riportassero il più rapidamente le informazioni su spedizioni e consegne. Una cosa molto interessante poi è che con questo sistema non gestiamo solo l’interazione con i fornitori esterni, ma anche con le aziende produttive del gruppo ancora non integrate in SAP». Nel sistema, sottolinea il CIO di Permasteelisa, queste aziende sono trattate come fornitori, ma chiaramente hanno esigenze d’integrazione molto più

spinte di una realtà esterna: «Per esempio uno stabilimento nostro pretende di essere in grado di stampare bolle di consegna e fatture accompagnatorie che fanno invece riferimento all’azienda commerciale del gruppo a cui fa capo l’ordine di produzione: questa esigenza di integrazione molto spinta è stata gestita attraverso personalizzazioni del sistema». Mantenere le soluzioni semplici e standard, uguali per tutti, rimarca Cordioli, è il modo migliore di usare la tecnologia e ottimizzarne la gestione. Oggi il personale Permasteelisa in tutto il mondo usa le stesse soluzioni e versioni: «Il progettista di Shanghai ha i medesimi strumenti di quello di New York. Questo ha il grosso vantaggio che qualsiasi aggiornamento, modifica o nuova funzionalità rilasciamo, è subito disponibile nelle nostre sedi di tutto il mondo».

Leggendo il QR Code con smartphone o tablet è possibile vedere la nostra videointervista con Marcello Cordioli di Permasteelisa

L’impegno sulla centralizzazione, e soprattutto sulla semplificazione dell’IT, è secondo Cordioli la priorità principale di oggi per chi ricopre il ruolo di CIO. «Negli anni i responsabili dei sistemi informativi hanno fatto scelte che hanno complicato i sistemi, le infrastrutture, e la loro gestione: oggi la complessità ingessa e ritarda, non è più sopportabile, occorre lavorare per snellire e soprattutto semplificare». La seconda priorità fondamentale, conclude il CIO di Permasteelisa, «è lavorare “mano nella mano” con il business, rendersi agili per seguirlo nei suoi cambiamenti, avendo dietro una struttura semplice ed estremamente facile da aggiornare».

Oltre 40 anni al servizio dei grandi architetti Fondata nel 1973 da Massimo Colomban con il nome di ISA, Permasteelisa ha assunto il nome attuale dopo l’acquisto dell’australiana Permasteel nel 1986. È specializzata in progettazione, produzione e posa in opera di facciate continue e rivestimenti architettonici per edifici. Ha sede centrale a Vittorio Veneto, conta oltre 50 società e 11 impianti di produzione in 30 Paesi, con 6.600 persone e un fatturato di 1,4 miliardi di euro. Dal 2011 fa parte del Gruppo Lixil, con sede centrale a Tokyo, che a livello mondiale fattura quasi 20 miliardi di dollari, in gran parte realizzati in Giappone e nei grandi Paesi asiatici: Cina, Thailandia, Vietnam, e poi India, Filippine e Indonesia. «Siamo presenti in tutti i continenti, e perciò riusciamo a non soffrire troppo per le crisi economiche, che colpiscono le regioni sempre in modo diverso: negli ultimi anni l’Europa ha sofferto molto ma il mondo asiatico ha continuato a crescere – spiega il CIO Marcello Cordioli -. La tendenza architettonica è di fare edifici sempre più complessi dal punto di vista della costruzione e delle coperture, e questo aiuta Permasteelisa, che è una delle poche realtà che per l’avanguardia delle tecnologie riesce ad assecondare le vene creative dei più grandi architetti di oggi». www.ict4executive.it

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m a n ag e m e nt

di

Gabriele Faggioli

legale, Adjunct Professor MIP-Politecnico di Milano di

Jennifer Basso Ricci

avvocato

La negoziazione dei contratti IT e TLC: gli elementi essenziali Per prevenire spiacevoli contenziosi è fondamentale una negoziazione approfondita che tenga conto soprattutto delle criticità potenziali di una relazione contrattuale fra cliente e fornitore, sempre diverse in ogni specifico contesto. Ecco tutti gli aspetti da considerare per disciplinare un rapporto duraturo nel tempo

Ogni qual volta la relazione con un fornitore di servizio IT o TLC fallisce, indipendentemente dall’avvio di un contenzioso, ci si chiede cosa si sarebbe potuto o dovuto fare per evitare la patologia determinante la criticità. Le prime cause che si ricercano sono spesso di natura tecnica o comunque afferenti all’oggetto del servizio o alle modalità di erogazione delle attività e solo quando diventa inevitabile il ricorso ai legali, iniziano a manifestarsi i primi dubbi relativi alla reale solidità del contratto che ha regolamentato i rapporti tra le parti. L’esperienza porta a sostenere che il contratto è uno degli elementi essenziali che contribuisce alla buona o cattiva riuscita di una relazione tra fornitore e cliente, soprattutto se esso deve disciplinare un rapporto duraturo nel tempo. Per questo motivo, una negoziazione approfondita che tenga conto soprattutto delle criticità potenziali di una relazione contrattuale, sempre diverse in ogni specifico con| 34 |

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testo, permette di prevedere fin da subito eventuali patologie della relazione e quindi di adottare le opportune contromisure che, ove contrattualizzate, possono evitare l’insorgenza o l’acutizzarsi delle criticità, e ne consentono una più facile composizione. La corretta identificazione del contenuto dei servizi e dei livelli prestazionali attesi è senza dubbio il primo passo che permette di impostare correttamente la negoziazione di contratti IT o TLC. Oltre al profilo tecnico, è necessario e indispensabile che siano previste talune specifiche clausole contrattuali, che tengano conto, ad esempio, degli obblighi di garanzia, del diritto di riservatezza, dei diritti di proprietà intellettuale, del diritto di recesso e in generale di tutte le way out da un rapporto contrattuale, delle penali e delle procedure di regolamentazione delle varianti. Si pensi alle patologie che potrebbero insorgere ove l’azienda non avesse valutato e disciplinato la necessità di modificare un servizio, o di sostituire il fornitore. Ciascuna di tali


m a n ag e m e n t | L a n e g o z ia z io n e de i c o n t rat t i IT e TL C

previsioni non potrà che essere analizzata e quindi normata in base alle specificità del singolo rapporto contrattuale al fine di essere meglio ritagliata in base alle singole esigenze. Solo così il contratto potrà dirsi effettivamente costruito ad hoc e quindi essere posto a base di una relazione contrattuale solida. Giunti alla sottoscrizione di un testo contrattuale ben strutturato, condiviso tra i diversi attori aziendali e coerente con gli obiettivi aziendali, si entra nella delicata fase della gestione del rapporto tra cliente e fornitore. Trascurare o sottovalutare questa fase significa contribuire a vanificare la fatica e l’impegno impiegati nella stipula e negoziazione del contratto. In questa nuova fase assumono particolare rilevanza tutte quelle attività che rientrano nel processo di monitoraggio dell’andamento del contratto di lunga durata. In particolare, la gestione della relazione cliente/ fornitore passa attraverso l’individuazione e la definizione dei ruoli e delle responsabilità necessari per la conduzione della relazione. Creati i ruoli e identificate le responsabilità dei singoli, occorre munirsi di

strumenti per un controllo costante della relazione. L’adozione di un documento operativo riassuntivo del contratto, in cui siano specificamente ripotatati per un più facile utilizzo i processi di erogazione dei servizi, può costituire un valido supporto che giorno per giorno non deve fare dimenticare in un cassetto il testo contrattuale per poi recuperarlo solo al momento del bisogno. Anche la creazione di un’agenda del contratto, che scandisca nel tempo le fasi e i singoli momenti rilevanti della relazione contrattuale ai quali vengano agganciati effetti di carattere normativo, può essere valido supporto nell’attività di controllo del corretto svolgimento della relazione contrattuale, ferma restando la necessità di un continuo aggiornamento e verifica della sua correttezza e coerenza. Infine, per poter effettuare un opportuno monitoraggio della relazione contrattuale, è necessario fin dal contratto dotarsi di specifici meccanismi operativi mirati alla gestione del rischio attraverso regole e procedure contrattualizzate che risultino chiare, condivise, non ambigue e, soprattutto, che vengano nel tempo utilizzate e rispettate nei loro dettagli.

I problemi nei contratti informatici Trattative precontrattuali Cattiva fede nelle trattative (presenza di elementi occulti che determinano le scelte contrattuali)

Contesto poco chiaro, soprattutto nelle premesse, o premesse controproducenti

Pretesa della partnership

In sede di trattativa contrattuale e di contenzioso, presenza di troppi tavoli decisionali

Schemi contrattuali inutilmente complessi. Più contratti che si rimandano vicendevolmente

Insufficiente dettaglio dell’oggetto del contratto e negli obiettivi

Previsioni contrattuali soggette a molteplici interpretazioni

Insufficienti previsioni contrattuali di regolamentazione delle procedure (comitato guidareporting-variazioni etc..)

Utilizzo di schemi contrattuali e non di contratti ad hoc

Imposizione di clausole del tutto de-contestualizzate per imposizione della casa madre e/o degli uffici acquisti/ contratti

Utilizzo di clausole affette da nullità o annullabilità

Scarsa attenzione nella contrattualistica relativa al software

Utilizzo di metodologie di comunicazione diverse da quelle pattuite contrattualmente

Utilizzo nelle comunicazioni (anche di contestazione) di vocaboli o di espressioni controproducenti

Errati convincimenti in merito alle previsioni contrattuali da parte di tutti o di alcuni dei soggetti preposti alla gestione del progetto

Accettazione tacita delle parti di comportamenti devianti rispetto alle previsioni contrattuali

Carenza di competenze legali in coloro che devono gestire un progetto

Mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alle riunioni di progetto e ai report

Mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alle procedure di contestazione

Mancato rispetto delle previsioni contrattuali in merito alle procedure per le variazioni

Tacita accettazione dei livelli di servizio proposti dal fornitore

Assenza di procedure finalizzate alla negoziazione dei corrispettivi e dei livelli di servizio definitivi

Assenza di monitoraggio sui livelli di servizio raggiunti dal fornitore

Stesura del contratto Accettazione di “clausole capestro”

Gestione del contratto Tentativi di “insabbiamento” per occultare le responsabilità

Perdita di documenti con produzione degli stessi da parte delle controparti

Dimenticanza di alcune clausole dovuta all’assenza di controllo sulle previsioni contrattuali

Segnalazione delle problematiche senza l’uso degli strumenti giuridicamente o contrattualmente corretti

Monitoraggio del contratto

Transizione ed Esercizio

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m a n ag e m e nt di

DANIELE LAZZARIN

Paul Nunes Global Managing Director Accenture Institute for High Performance

Big bang disruption l’innovazione che rivoluziona interi settori economici «Gli innovatori Big Bang attaccano i mercati in modo totale offrendo prodotti e servizi migliori, più economici e più personalizzati: sono concorrenti inaspettati e soggetti a meno vincoli». Paul Nunes, co-autore di “Big Bang Disruption, l’era dell’innovazione devastante”, ha presentato la versione italiana del libro a Milano. «Per reagire occorre capire le fasi del nuovo ciclo di vita dell’innovazione: Singularity, Big Bang, Big Crunch, Entropy»

Nel mondo del business l’innovazione “disruptive” (dirompente) c’è sempre stata, con interi mercati rivoluzionati da tecnologie migliori, meno costose, o in grado di soddisfare bisogni nuovi. Rivoluzioni che però duravano anni o decenni. Oggi tutto è cambiato, e questo tipo d’innovazione può demolire e ricostruire da zero interi settori in pochi mesi, o addirittura giorni. Paul Nunes e Larry Downes, rispettivamente Global Managing Director e Research Fellow dell’Accenture Institute for High Performance, hanno studiato il fenomeno analizzando oltre cento case study in 30 settori. Il risultato è un libro di cui Egea ha pubblicato la traduzione italiana - “Big Bang Disruption, l’era dell’innovazione devastante” -, con prefazione di Umberto Bertelè, ordinario di Strategia e Sistemi di Pianificazione al Politecnico di Milano. «Molti degli esempi più sensazionali provengono dagli innovatori tecnologici più noti del nuovo | 36 |

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secolo, come Google, Apple, Samsung, Sony e Microsoft, altri da start-up di cui fino a poco tempo fa non avevate sentito parlare, come Airbnb, Uber, Kickstarter e Udacity – scrivono Nunes e Downes -. Altri ancora vengono da incumbent, cioè imprese tradizionali che hanno creato nuovi prodotti e servizi fenomenali con asset e capacità che avevano già. Altri ancora non sono neanche aziende: sono accademici, artisti e liceali che hanno creato, magari per caso, innovazioni devastanti che hanno scombussolato le strategie di grandi società quotate in borsa». Cosa ha fatto sparire i flipper? Paul Nunes ha approfondito i temi del libro in un incontro organizzato a Milano dal Politecnico. «Pensiamo per esempio a cosa ha fatto sparire i flipper: molti incolpano i videogame tipo Pac-Man o Space Invaders delle sale giochi degli anni ’80 –


m a nage m e nt | Bi g b ang d i s r up t io n , l’ in n ova z io n e c h e rivo l uz io n a in t e ri se t t o ri e c o n o mici

ha esordito Nunes -. Invece no: la produzione dei flipper ha segnato un record nel 1993, ma poi nel 1994 Sony ha presentato la Playstation. L’Home Gaming è stato la Big Bang Disruption del flipper, l’ha ucciso in pochi anni per tre motivi: è meno costoso, supporta centinaia di giochi diversi e di qualità superiore, ed è personalizzato, nel senso che si possono memorizzare le partite». Ma il miglior esempio di Big Bang Disruption è lo smartphone con il suo ecosistema di App, perché ha soppiantato tanti prodotti stand-alone: fotocamere digitali, calcolatrici, organizer, sveglie, in parte anche gaming console, videocamere e lettori e-book, e soprattutto i navigatori GPS, i cui difetti sono stati superati da Google Maps, che è continuamente aggiornata, gratuita e integrata sullo smartphone con email, contatti, internet e altre App. «Nei 18 mesi dopo il rilascio di Google Maps Navigation, i principali produttori di navigatori GPS hanno perso mediamente l’85% della capitalizzazione di mercato». Da sempre - continua Nunes - le innovazioni dirompenti appaiono attraverso tecnologie e prodotti migliori e meno costosi allo stesso tempo. Alcuni fattori però negli ultimi tempi le possono rendere “Big Bang”: per esempio la diffusione del Mobile, la “combinatorial innovation” - fatta con componenti (in particolare software) che già esistono -, o la trasparenza della Supply Chain: «Pochi giorni fa ho cercato su internet un pezzo di ricambio per la lavastoviglie, l’ho ordinato e me lo sono fatto consegnare a casa, senza uscire, e spendendo molto meno tempo e denaro di quanto sarebbe stato necessario qualche anno fa».

È lo stesso modo di “fare innovazione” che è cambiato. «Siamo entrati nella quarta fase: nella prima gli innovatori creavano beni differenziati, mirati a clienti che potevano permettersi di pagare di più ed erano disposti a farlo; nella seconda, definita da Clayton Christensen “Innovator Dilemma”, le tecnologie dirompenti nascono “dal basso”, sottoforma di prodotti sostitutivi di bassa qualità che entrano nel mercato accaparrandosi i clienti meno redditizi e poi, man mano che la tecnologia migliora, risalgono fino a competere con i leader; nella terza, definita innovazione “Blue Ocean” da Chan Kim e Mauborgne, gli innovatori fanno leva su bisogni nuovi e non soddisfatti di categorie esistenti, combinando in modo nuovo le caratteristiche di diversi prodotti e servizi, come ha fatto per esempio il Cirque du Soleil nel mondo del circo». Nella quarta fase, invece, gli innovatori Big Bang attaccano i mercati esistenti in modo totale (Nunes e Downes parlano di “undisciplined strategy”), offrendo prodotti o servizi che possono essere

Potreste essere un “danno collaterale” La Big Bang Disruption può provenire da settori completamente diversi dal vostro, avverte Nunes. «Potete trovarvi improvvisamente di fronte concorrenti non soggetti ai vostri vincoli, che non seguono le “regole” del vostro settore e forse non intendono neanche competere con voi: potreste essere un “danno collaterale” nel loro sforzo frenetico di trovare nuovi mercati e accaparrarsi clienti. L’immediatezza delle Big Bang Disruption spazza via in un istante piani strategici “alla Michael Porter” preparati meticolosamente». www.ict4executive.it

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management | Big b ang d i s r u pt i on, l’ i nnovaz i o n e c h e rivo l uz io n a in t e ri se t t o ri e c o n o mic i

nello stesso tempo migliori, più economici e più personalizzati non a un solo gruppo di utenti, ma a tutti (o quasi) i potenziali clienti, contraddicendo qualsiasi strategia competitiva precedente. Possono permettersi di sperimentare molti nuovi prodotti o servizi con bassissimi rischi, abbandonando i prototipi che non funzionano senza rimetterci, e sapendo che basta che ne funzioni uno solo (“unencumbered development”). E infine puntano su una curva d’adozione dei prodotto e il servizio che “collassa” le classiche cinque fasi (innovator, early adopter, early majority, late majority e laggard) in due sole - trial user, e tutti gli altri – passando dalla tradizionale forma a “campana” a una sorta di “pinna di squalo”. Da Amazon Kindle alle creme antietà di Fujifilm «Per sopravvivere alle Big Bang Disruption, e per sfruttarle, occorre capire il nuovo ciclo di vita dell’innovazione, che si articola in quattro fasi: Singularity, Big Bang, Big Crunch, ed Entropy». La Singularity si basa sulla sperimentazione a basso costo e rischio di molte combinazioni di tecnologie (spesso già esistenti), fino a trovare quella giusta. Il Kindle di Amazon per esempio ha sfondato dopo anni di tentativi di molti vendor di lanciare un e-book reader, perché è uscito nel momento giusto con il giusto modello di business. Spesso la combinazione perfetta si trova grazie ai “truth tellers”, esperti di settore con una profonda conoscenza delle nuove tecnologie e di cosa vogliono i consumatori. «Possono essere dipendenti, analisti, operatori di canale o persino clienti, e sono molto difficili da individuare». La seconda fase è il vero e proprio “Big Bang”, in cui dopo aver testato positivamente il prodotto/ servizio su un certo numero di “trial user”, l’innovatore lo propone a tutti. Ottenere enormi volumi di vendita in tempi molto rapidi è oggi possibile grazie alla diffusione immediata di informazioni, pareri e consigli tramite internet e i social network. Quando la nuova combinazione “dirompente” di

«Oggi le mappe per smartphone sono gratuite, sempre aggiornate e integrate con email, contatti, web e altre App. Nei mesi dopo il rilascio di Google Maps Navigation, i principali produttori di navigatori GPS hanno perso l’85% della capitalizzazione di mercato» | 38 |

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tecnologia e modello di business si affaccia sul mercato, tutti lo sanno subito. La fase Big Crunch concentra l’attenzione sugli operatori tradizionali di un mercato (incumbent) che riescono a sopravvivere alla Big Bang Disruption. Come? Grazie a manager che resistono alla “tempesta” e intraprendono azioni decisive, a volte traumatiche, vendendo, chiudendo o trasformando alcuni o tutti i business dell’azienda, e puntando su punti di forza intangibili (expertise, brand, brevetti, persone) più che sugli asset fisici, che in una disruption perdono sempre valore. Nunes ha citato il settore delle pellicole fotografiche, devastato dall’avvento del digitale: «Kodak è collassata, ma Fujifilm no, perché ha saputo diversificare nei cosmetici anti-age, basati sulla stessa tecnologia antiossidante che si usa per non far sbiadire le immagini sulle pellicole». Per gli incumbent, inoltre, a volte occorre anche saper rinunciare a tecnologie che possono ancora rendere per qualche anno, pur di farsi trovare pronti per la prossima ondata d’innovazione: è quel che ha fatto per esempio Philips anticipando il passaggio dalle lampadine a bulbo a quelle a LED». Cosa succederebbe se lo Smartphone...? Infine la fase Entropy, in cui l’innovazione Big Bang ha dispiegato totalmente i suoi effetti: il vecchio settore è morto, un altro è sorto dalle sue ceneri, alcuni “incumbent” sono scomparsi e ne sono nati altri. In questa fase sono fortemente critici aspetti come le modalità di riciclo o liquidazione degli asset (fabbriche, tecnologie, reti di distribuzione, ecc.) che erano strategici prima del “Big Bang”. Intere supply chain sono coinvolte: «Quello degli smartphone è un settore che ora vende miliardi di prodotti, ma il fatturato dei produttori è piccolo rispetto all’indotto di componenti, periferiche (case, caricatori, cuffie, ecc.), App, servizi di connessione e così via: cosa succederebbe a questi se lo smartphone venisse oscurato da qualche innovazione Big Bang?»


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Quanto ai nuovi “incumbent”, è cruciale la capacità di lanciare o metabolizzare altre innovazioni “astraendo” il proprio modello così da diventare una piattaforma che supporta altri business, come ha fatto Amazon. «Alla fine il collasso del vecchio settore è cla-

moroso tanto quanto il sorgere del nuovo - conclude Nunes -: spesso rimane uno solo dei vecchi incumbent, al servizio delle esigenze dei clienti più fedeli, che continuano a comprare o mantengono i prodotti precedenti all’innovazione Big Bang. Ma ripeto: uno solo».

“Disruption” in Italia, i casi Car2Go ed Enjoy

umberto bertelè School of Management Politecnico di Milano. Presidente Advisory Board ICT4Executive. Autore di “Strategia” (Egea)

La prefazione dell’edizione italiana del libro “Big Bang Disruption” di Nunes e Downes è stata scritta da Umberto Bertelè, Ordinario di Strategia e sistemi di pianificazione al Politecnico di Milano, dove è stato tra i fondatori del corso di studi di Ingegneria Gestionale. Nella prefazione, Bertelè si sofferma sulle motivazioni del “salto di qualità” dell’innovazione negli ultimi anni, e sui possibili impatti “Big Bang” anche su settori inattesi, come banche, sanità e università. Ma soprattutto analizza criticamente le categorie di “disruption” citate nel libro. Una di queste per esempio riguarda i modelli di “sharing economy”, che privilegiano la disponibilità o condivisione rispetto al possesso. «Un esempio è Airbnb, che ha avuto una recente valutazione implicita di 10 miliardi di dollari, superando la capitalizzazione di grandi catene come Hyatt e InterContinental. Nata nel 2008 come sito per offrire case private e stanze in tutto il mondo, è citata una dozzina di volte nel testo: il suo business model basato sullo sharing si pone in concorrenza, soprattutto nella fascia media e bassa, con quello classico alberghiero». Recentissimo, continua Bertelè, è il successo anche in Italia di iniziative di car sharing come Car2Go (Daimler) e Enjoy (Eni), che sarebbero state impossibili senza gli smartphone e le App per l’attivazione del servizio e lo stesso uso del veicolo: iniziative che in prospettiva – con il crescere del traffico e dei costi dei parcheggi – favosiscono la parziale sostituzione del possesso privato di auto con flotte a uso collettivo. Inoltre contestato in Italia, ma in forte espansione in altri Paesi, è il modello di Uber (anch’essa citata ben 12 volte nel libro) e di start-up simili, che allarga – sfruttando smartphone e App – la disponibilità di servizi auto con conducente, con riflessi vissuti come “disruptive” dai tassisti.

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m a n ag e m e nt

di

Didier Bonnet

Global Practice Leader e Executive Sponsor Capgemini Consulting

Diventare digital master: il momento è adesso Una ricerca, realizzata con il supporto dell’MIT, ha passato al setaccio 400 imprese non hi-tech analizzando l’attitudine all’utilizzo delle tecnologie digitali e verificando che i comportamenti virtuosi hanno un impatto significativo sulle performance. «La trasformazione digitale è come una maratona, non si improvvisa e richiede leadership: ma non ci sono alternative»

Nike, Burberry, Starbucks, Codelco e Asian Paints sono colossi di settori estremamente diversi. Cosa possono avere in comune? Il fatto di essere “digital master”, cioè “maestri della trasformazione digitale”. Sono aziende capaci di trarre vantaggio dalle tecnologie digitali, nonostante il loro cambiamento continuo, raggiungendo progressi inimmaginabili nell’organizzazione delle proprie attività. È proprio di queste organizzazioni che si parla nel libro “Leading Digital: Turning Technology into Business Transformation”, che ho scritto con i ricercatori George Westerman e Andrew McAfee del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Volevamo capire come la tecnologia digitale fosse stata adottata da quelle aziende - il 90% e più del mercato mondiale - che non producono tecnologia e individuare quali fra queste la utilizzino oggi per ottenere vantaggi strategici. Basandosi sull’analisi di oltre 400 imprese di tutto il mondo e di vari settori, Leading Digital identifica dunque principi e | 40 |

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azioni per una digital transformation di successo. In tutti i settori e ovunque nel mondo abbiamo trovato società che stanno facendo cose eccezionali grazie alla tecnologia. Abbiamo cercato di sistematizzare questo scenario attraverso due dimensioni principali. La prima è la “digital capability”, ovvero come si investe in tecnologia. Questa dimensione rappresenta il “che cosa” della digital transformation, l’investimento materiale da fare. La seconda è il “come”, la “leadership capability”, che rappresenta il modo in cui la tecnologia è introdotta nell’organizzazione per trasformare i processi, il modo in cui gli investimenti digitali abilitano il “vantaggio digitale”. Questa dimensione rappresenta la roadmap da seguire per la trasformazione. una classificazione Per rendere le cose più semplici abbiamo creato una matrice con la digital capability e la leadership


m a n ag e m e n t | Div e n ta re d ig ita l ma st e r: il mo me n t o è a d e sso

capability come dimensioni - e classificato le società in quattro categorie: i “beginners”, i “fashionistas”, i “conservatives”, i “digital master”. Nella prima categoria rientrano coloro che ancora non stanno facendo investimenti in tecnologia, o perché appartengono a settori con scarsa propensione al cambiamento, o perché sono vincolati da normative, o ancora perché si comportano da follower: aspettano che siano gli altri a fare da pionieri. In netta contrapposizione ci sono i fashionistas, coloro che investono immediatamente sulle novità e in modo massivo. È quanto accade ad esempio nel settore B2C, alle banche e alle società di prodotti di largo consumo: si fanno esperimenti in ogni direzione del digitale, e il Mobile permea qualunque iniziativa. A volte anche esagerando. Uno dei casi più interessanti è quello di una banca in cui abbiamo riscontrato la presenza di circa 70 applicazioni Mobile che grossomodo facevano la stessa cosa in differenti parti del mondo, provenienti da 5 o 6 fornitori diversi e del tutto incompatibili tra loro. In queste società manca ovviamente una vision d’insieme.

All’angolo opposto ci sono i “conservatives”, coloro che guidano bene il cambiamento, ma che si concentrano solo su una piccola parte del business. Asian Paints, una delle più grandi società asiatiche produttrici di vernici, che ho menzionato in apertura, ha iniziato con un piccolo investimento nella supply chain, con un atteggiamento decisamente conservatore. Ma quando ha visto gli ottimi risultati raggiunti, anche in termini di guadagni, ha esteso l’uso delle tecnologie digitali anche ad altri ambiti di business. I conservatori sono spesso frenati dalle regolamentazioni: pensate ad esempio alle società farmaceutiche che per investire dovrebbero ottenere l’approvazione da parte delle autorità e quindi sono frenate nel coinvolgere le varie aree di business nel cambiamento. Infine ci sono i “digital master”, che riescono a trovare il giusto mix tra entrambe le componenti, sfruttando gli investimenti in tecnologia digitale per trasformare le proprie performance di business. Sono quelli che hanno trasformato le proprie attività attraverso precisi investimenti digitali e grazie a un’intelligente ed efficace leadership di cambiamento.

La profittabilità delle aziende analizzate dalla ricerca (rispetto alla media) fashionistas

I digital master hanno performance superiori agli altri, sia in termini di fatturato generato (9%) sia in termini di profittabilità (26%)

digital master

+26%

digital capability

-11%

Base: 400 aziende

-24%

+9%

beginners

conservatives leadership capability www.ict4executive.it

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management | Di v e ntar e d i gi tal m as t e r : i l m ome n t o è a d e sso

Dal punto di vista finanziario poi abbiamo riscontrato che i digital master hanno in media performance superiori agli altri, sia in termini di fatturato (9%), sia in termini di profittabilità (26%). Ma per inquadrare esattamente i digital master innanzitutto è necessario capire che cosa si intende esattamente con digital capability, in termini di miglioramento delle prestazioni. Le aree chiave che compongono questa dimensione sono tre: la “customer experience”, i “processi operativi” e il “business model”. Il primo punto di forza delle aziende digital master è quindi la capacità di “migliorare la customer experience”, ridisegnandola a partire da dati affidabili sui clienti - partendo quindi dalla conoscenza dei comportamenti su cosa, come, perché e quando -, per arrivare poi a pensare ad applicazioni studiate ad hoc e facilmente fruibili. Questo non è affatto banale. Nonostante i tanti soldi investiti nel CRM, tuttora molte aziende sono carenti in questo ambito. Tra i pochi casi d’eccellenza ci sono Burberry e Vail Resort, la società che gestisce la località sciistica di Vail, in Colorado, che conosce con esattezza chi arriva ai suoi impianti, quando e quanto scia, e quanto tempo passa al bar. Una volta consolidato il processo per conoscere il cliente, ci si può concentrare sul come migliorare il contatto con il mercato e individuare gli investimenti “smart” da fare in tecnologie digitali. Starbucks, la grande catena internazionale di caffetterie, è un altro ottimo esempio di digital transformation: infatti ha capito bene come integrare le tecnologie nel proprio business e in quest’ambito sta facendo grandi cose, tra cui l’uso delle App per la fidelizzazione, l’adozione del mobile payment e l’uso spinto del wi-fi. Infine, se da un lato è necessario personalizzare, “targettizzare” i dati relativi ai clienti in modo da renderne l’analisi fondata, dall’altro è anche fondamentale integrare l’esperienza fisica e quella digitale con continuità. Chi entra da Burberry può ancora guardare dal vivo e toccare il soprabito, la giacca, la borsa, ma al contempo può anche contare su una shopping experience digitale, grazie all’utilizzo della realtà aumentata. Il secondo punto di forza è la digitalizzazione dei processi operativi, le operation, che invece è ancora in fase embrionale, anche se sta crescendo abbastanza velocemente. L’aspetto interessante è che molti dei vincoli che valevano nel passato (tempo, carta, conoscenza personale, distanze fisiche) oggi non esistono più. È incredibile pensare ad esempio quante leve d’azione ha disposizione uno store manager di Seven Eleven – la catena che possiede il maggior numero di punti vendita al mondo – in termini di allestimento di negozio, di corner, di espositori. E il digitale esalta tutti questi margini d’azione, permettendo di superare i vincoli tradizionali, miglio| 42 |

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rando non solo l’efficienza e la produttività, ma anche la collaborazione tra le persone. Questa è quella che comunemente si definisce agilità di business. Infine il terzo punto: per quanto ci risulta, appena il 15% delle aziende è riuscita a cambiare il modello di business attraverso le tecnologie digitali. È sicuramente più complicato intervenire su questa dimensione rispetto alla customer experience o alle operation. Abbiamo individuato cinque scelte: • reinventare il settore – come ha fatto ad esempio Uber nei trasporti; • sostituire prodotti e servizi - come hanno fatto ad esempio le società postali; • inventare nuovi business digitali - Apple e Nike hanno creato rispettivamente delle App e nuovi ecosostemi di prodotti; • riconfigurare i modelli di delivery - come nel settore B2b, dove il digitale permette di connettersi direttamente al cliente finale senza danneggiare il canale di distribuzione; • ripensare la proposizione del valore. In quest’ultimo caso un buon esempio è la società assicurativa Tokyo Marine, che vende microassicurazioni attraverso la sua App. L’importanza della leadership È curioso che molti analisti, esperti e studiosi che abbiamo interpellato ci hanno detto che la trasformazione in atto parte dal basso, con i giovani, la cosiddetta generazione Y, che stanno ridisegnando i modelli da zero. Ma nella ricerca non abbiamo trovato nessun esempio concreto di questo. In realtà i progetti di digital transformation sono sempre top down, e per avere successo devono essere trainati da un management forte. In conclusione, la trasformazione digitale va affrontata ora, attivando un circolo virtuoso che comprende il supporto alla trasformazione, la definizione accurata della sfida digitale, la focalizzazione degli investimenti, e la “mobilitazione” dell’organizzazione. Questo circolo è attivo in tutti i casi di digital master. Perché dico che va affrontata subito? Perché è come una maratona, non si improvvisa. Vediamo arrivare un’ondata di nuove tecnologie: non è solo innovazione, è innovazione in continua accelerazione, e le organizzazioni devono prepararsi a integrare continuamente nuove tecnologie, a gestire tempestivamente i cambiamenti tecnologici. E il problema è che probabilmente non ci sarà un’alternativa: occorrerà per forza fare così. Articolo tratto dalla presentazione di Didier Bonnet tenuta all’Oracle OpenWorld a San Francisco lo scorso ottobre


intervista di

manuela gianni

Barilla trasforma il lavoro con lo smartworking Con un progetto partito nel 2013, la multinazionale italiana ha introdotto la possibilità di lavorare in modo flessibile, ovunque e in qualunque momento, grazie a nuovi strumenti di comunicazione digitali e nuove metodologie: un successo per l’azienda e per le persone coinvolte

Alessandra Stasi Human Capital Organization Development and People Care Director barilla

A metà del 2013, Barilla ha avviato un progetto di smart working che oggi coinvolge 1.600 persone in tutto il mondo, pari circa la metà di tutti i white collar del gruppo multinazionale. Una piccola rivoluzione che ha trasformato in positivo il modo di lavorare delle persone, portando vantaggi per l’azienda e grandissima soddisfazione per le persone. Che cosa significa in concreto smartworking per il Gruppo Barilla? «Significa tre cose. Innanzitutto, lavorare dovunque, comunque e in qualunque momento. In secondo luogo vuol dire utilizzare gli spazi in un modo diverso: abbiamo lavorato molto nelle varie sedi per riorganizzare gli uffici intorno alle attività di collaborazione, di comunicazione, di concentrazione individuale, che oggi possono essere fatte anche da remoto. Il terzo aspetto sono le tecnologie digitali», spiega Alessandra Stasi, Human Capital Organization Development and People Care Director del Gruppo, che oggi impiega nel mondo circa 8.000 persone, con un fatturato superiore a 3 miliardi di euro e 30 siti produttivi (14 in Italia e 16 all’estero), tra cui 9 mulini gestiti direttamente. La tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale. «Oggi la comunicazione avviene utilizzando strumenti diversi, il face to face è diventata una delle tante modalità: si sono aggiunti instant message, link, whatsapp, sms, videoconferenze, mail. In realtà l’utilizzo della mail si è ridotto, è diventata un po’ più formale, a favore invece di altri tipi di comunicazione più veloci». Per favorire l’utilizzo delle tecnologie digitali, Barilla ha organizzato degli open day di formazione e creato dei

bar aperti a tutti in cui è possibile incontrare i colleghi dell’IT e sciogliere dubbi e perplessità. «Ci siamo accorti che non tutte le persone sapevano usare le tecnologie come ci saremmo aspettati», racconta la manager. Oltre a questo, si è lavorato per definire nuove pratiche e per permettere ai manager di gestire al meglio la flessibilità e la virtualità introdotte dai nuovi strumenti. «I manager stanno cambiando, diventando più smart, capaci di coordinare le persone nel nuovo ambiente virtuale: sono diventati degli attivatori, in grado di fare empowerment. Mi ha colpito che questa modalità così flessibile, aperta, virtuale, ha portato un grande rigore e molta disciplina, un forte senso di responsabilità nell’utilizzare gli strumenti che l’azienda mette a disposizione, mai compromettendo i risultati di business». Barilla ha potuto verificare attraverso focus group e questionari l’entusiasmo verso le nuove modalità di lavoro, constatando che il cambiamento ha portato anche un positivo ritorno in termini di qualità del lavoro e anche di creatività. «Abbiamo ottenuto sicuramente un migliore bilanciamento delle sfere privata, sociale e professionale delle persone. Il secondo vantaggio è stato l’aumento della produttività grazie a una maggiore concentrazione, specie per certe tipologie di lavoro. L’altro aspetto positivo è una forte spinta alla diversity: c’è molta personalizzazione, siamo andati incontro a bisogni diversi. Ultimo ma non ultimo, che non ci aspettavamo, è il supporto all’innovazione, nel senso che alcune attività come leggere dei paper e informarsi hanno trovato un ambiente più favorevole», conclude Stasi. www.ict4executive.it

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I N TE R V IS TA di

manuela gianni

intervista ad

Aldo Papa

Chief Engineering e Procurement Officer gruppo Autogrill

Autogrill, l’innovazione che rende più piacevole la sosta Il Gruppo è ormai presente in 30 nazioni, con il 70% del fatturato generato fuori dall’Italia, e ha riorganizzato i processi passando da una vision per singolo Paese a team centralizzati. Aldo Papa, responsabile a livello globale delle attività di Procurement, spiega gli obiettivi della trasformazione e i vantaggi ottenuti nella gestione dei fornitori, grazie anche alle nuove piattaforme tecnologiche

La sosta all’Autogrill è un piccolo piacere che tutti gli italiani amano concedersi quando sono in viaggio. Un caffè, un trancio di pizza o un pasto completo, serviti rapidamente e di buona qualità, sono immancabili durante i trasferimenti, che siano per lavoro o per le vacanze. Non molti sanno però che oggi Autogrill, quotata in Borsa dal 1997, è una multinazionale, presente in 30 Paesi con 55mila dipendenti e un portafoglio di 250 marchi: numeri che ne fanno il primo operatore al mondo nei servizi di ristorazione per chi viaggia - in macchina ma anche in treno e sempre più in aereo -, nonchè una delle più grandi imprese italiane (è controllata dalla finanziaria della famiglia Benetton). Un primato del made in Italy, dunque, che nasce declinando nei vari Paesi la tradizione alimentare italiana, esportando con successo un format innovativo. Attualmente l’Italia rappresenta il 30% del fatturato complessivo del Gruppo, pari a circa 4 miliardi di euro nel 2013, che si ripartisce equamente tra Euro| 44 |

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pa e Stati Uniti. Nel passato più recente l’attenzione si è focalizzata su Middle East e Far East e nel 2014 sono stati aperti nuovi punti di ristoro in Vietnam, Indonesia, Turchia e Russia. La strategia punta su mercati con una prospettiva di traffico crescente: se in Italia la maggior parte dei punti vendita sono sulle autostrade, nei mercati esteri il canale più importante sono gli aeroporti. Il modello di business prevede standard e format simili ma declinati nelle varie geografie, nella convinzione che sia importante soddisfare le diverse abitudini alimentari e le tradizioni locali, fondendole con le componenti tipiche della ristorazione italiana. Nuovi processi per un’organizzazione globale Tre anni fa l’azienda ha avviato una fase di transizione importante rivedendo l’assetto organizzativo con una prospettiva transnazionale. È passata, cioè,


I NTE R V I STA | A ut o g ril l , l’ in n ova z io n e c h e re n de p iù p iac e vo l e l a so s ta

«Il processo di gestione degli acquisti in Europa riguarda circa 5.000 articoli e 500 fornitori e già da anni è stato digitalizzato. Le nuove relazioni transnazionali con i fornitori ci permettono di trovare sinergie, far leva sui volumi, avere più coerenza negli assortimenti»

da un’articolazione del business su base geografica, con un Managing Director con responsabilità sul singolo Paese, a funzioni di staff a livello globale, più orientate al servizio al cliente. «Gradualmente sono state portate a fattor comune le diverse linee di business, come il Marketing, gli acquisti, la divisione Engineering e Contractor, l’ICT, le risorse umane, creando team che forniscono servizi alle varie organizzazioni nazionali», spiega Aldo Papa, manager di lungo corso dell’azienda che in questa trasformazione è passato tre anni fa dal ruolo di Managing Director per l’Italia a responsabile per tutto il Gruppo di due importanti aree: il Procurement, ovvero tutti gli acquisti di beni e servizi, e l’Engineering & Construction, ovvero i lavori di edilizia dei nuovi punti di ristoro e la ristrutturazione di quelli esistenti. «Abbiamo lavorato molto per definire i processi e le nuove responsabilità, portando all’interno dei team tutte le competenze e risorse che operavano a livello di singolo Paese, con una centralizzazione che è logica, non fisica. Oggi lavorano insieme persone che si trovano nei diversi Paesi, soprattutto in Europa dove l’integrazione

è molto avanzata, grazie anche alla disponibilità di tool per la collaborazione, che sono un elemento essenziale». In questa trasformazione, il processo di gestione degli acquisti ha un ruolo chiave: in Europa riguarda circa 5.000 articoli e 500 fornitori e già da anni è stato digitalizzato, utilizzando la piattaforma tecnologica sviluppata da BravoSolution. «Si sono aperte opportunità straordinarie - dice Papa -. Le nuove relazioni transnazionali con fornitori ci permettono di trovare sinergie, far leva sui volumi, avere più coerenza negli assortimenti». La gran parte degli acquisti di Autogrill riguarda gli ingredienti alla base dei cibi serviti: anche se nei punti vendita si vendono prodotti a scaffale food e non food, l’attività prevalente è quella dei bar e dei ristoranti. «I primi 20 fornitori rappresentano circa il 50% dell’acquistato, ma abbiamo una lunga lista per cogliere le specificità territoriali, che caratterizzano la nostra offerta rispetto ad altri operatori Food & Beverage», specifica il manager. Centralizzando gli acquisti, la società ha quindi

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INTERVI STA | auto gr i l l , l’ i nnova z i one che r e nd e p iù p iac e vo l e l a so sta

potuto generare sinergie su una parte importante dell’assortimento, lasciando al team locale la quota residua. Per gestire il processo di Procurement, Autogrill ha deciso di dotarsi di strumenti avanzati di Analisi della spesa, forniti da BravoSolution, già fornitore del software che permette oggi all’azienda di avere una gestione interamente digitalizzata del processo Procure-to-Pay. Una visione completa sugli acquisti «Quando abbiamo avviato il processo di integrazione della funzione Procurement a livello europeo, abbiamo subito capito che era essenziale comprendere quale fosse la baseline. Senza un linguaggio comune non avremmo potuto realizzare le sinergie che erano la ragion d’essere della riorganizzazione. Come spesso succede alle aziende internazionali, specialmente quelle che come Autogrill si sono sviluppate per acquisizioni e fusioni, non avevamo una base di dati omogenea in Europa: anche dove utilizziamo lo stesso ERP, le codifiche a livello locale non consentivano in modo agevole di ricondurre il tutto a un livello di visibilità adeguato. La soluzione di Analisi della Spesa di BravoSolution ci ha consentito in pochi mesi di avere visibilità sul 100% dei nostri acquisti a livello europeo». È stato dunque creato un albero merceologico standard che rende possibile effettuare analisi puntuali per fornitore, per Paese, per settore, incrociando i vari assi, in modo da poter monitorare le performance nel tempo. Il “nuovo” sistema vendor management permette un più articolato dialogo con i fornitori, in ottica di miglioramento continuo della relazione. «Aggiorniamo la spending analysis su base trime-

strale - specifica il manager. Si tratta di istantanee ripetitive che permettono di misurare i miglioramenti rispetto al periodo precedente. È chiaro che avere una base fornitori consolidata, che garantisce qualità e puntualità, ha un effetto positivo sul servizio al cliente, oltre che sulla competitività». L’analisi della spesa è solo il più recente tassello in una soluzione completa che ha l’obiettivo di garantire trasparenza e tracciabilità di tutte le transazioni, come ogni azienda quotata è tenuta a fare. Qualifica dei fornitori, attività negoziale e gestione dei contratti avvengono attraverso la piattaforma dedicata e da diversi anni sono utilizzate le negoziazioni online. «Quando parliamo di acquisiti tecnici in ambito costruction oppure di commodity, che sono centralizzati al 100%, possiamo con grande facilità gestire negoziazioni su capitolato, con fornitori prequalificati. Ma c’è un altro aspetto importante, che è quello della condivisione delle informazioni. «In un team transnazionale è assolutamente fondamentale che il patrimonio conoscitivo di un singolo diventi patrimonio dell’organizzazione», sottolinea Papa. E conclude: «Un team di Procurement non lavora in isolamento e non può non tenere conto di quello che succede nelle altre direzioni aziendali: operiamo in piena integrazione con il marketing, con la logistica, con la qualità e con la contabilità fornitori per assicurare che quello che compriamo sia disponibile nei tempi giusti nei punti vendita e che le transazioni si chiudano con il pagamento». La collaborazione interfunzionale, agevolata dalla tecnologia, risulta dunque indispensabile per gestire l’intero ciclo Procure to pay secondo criteri di massima efficienza e tracciabilità.

Espansione, l’ultima frontiera è il sud-est asiatico L’ultima frontiera dell’espansione internazionale di Autogrill è il Sud-Est asiatico: un recente esempio è l’accordo - attraverso la divisione HMSHost International, focalizzata sugli aeroporti - per una nuova concessione in Indonesia nello scalo di Bali (Ngurah Rai) il terzo del Paese per traffico passeggeri, che prevede la realizzazione di 5 nuovi locali, da cui la società stima di poter ricavare circa 25 milioni di euro nei 5 anni di durata del contratto. Questi store si aggiungono ai 16 punti vendita annunciati nel novembre 2013 presso l’aeroporto di Bali-Ngurah Rai e gli scali di Surabaya-Juanda e Balikpapan-Sepinggan. Intanto in Vietnam, a seguito dell’accordo siglato per la gestione di oltre 80 store ad aprile 2013 con Imex Pan Pacific Group, principale operatore di ristorazione del Paese, Autogrill ha avviato l’apertura di 27 punti vendita negli aeroporti internazionali di Ho Chi Minn, Hanoi e Nha Trang. I nuovi locali genereranno ricavi complessivi stimati per circa 160 milioni di euro nel periodo 2015-2025. Le nuove aperture rappresentano la prosecuzione di un percorso che, in linea con la strategia di espansione nei Paesi emergenti, consentirà al Gruppo di avere una presenza sempre più globale e capillare.

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INTERVISTA di

intervista a

manuela gianni

Nicola Cordone

Senior Vice President Sia

Pagamenti da Mobile, l’Italia che innova Se è vero che si fa ancora tanto uso del cash, sul Mobile e sulle prepagate il nostro Paese può giocare un ruolo importante in Europa. Lo spiega Nicola Cordone di SIA, che racconta le numerose iniziative in campo: «Sui pagamenti NFC siamo partiti da due anni e ora il servizio è operativo, mentre si affacciano novità, come Mobile couponing, ticketing e pagamenti Person to person»

Le promesse si sono avverate. Conclusa la lunga fase delle sperimentazioni, il 2014 è stato l’anno del definitivo decollo dei pagamenti NFC in Italia. Ma è stato anche un anno di grande fermento a livello internazionale, con l’annuncio di Apple Pay e tante altre novità. Con Nicola Cordone, Senior Vice President di SIA, facciamo il punto sull’evoluzione del mercato. Nel 2014 sono partiti i primi servizi commerciali italiani ma abbiamo visto anche l’ingresso nel mercato di nuovi player. Quali scenari si stanno aprendo nell’ambito del Mobile Payment? Il mercato inizia ad avere valori significativi: secondo le stime di Capgemini, nel 2014 ammonta a circa 300 miliardi di euro con un incremento di oltre il 60% rispetto al 2013. La crescita si accompagna a una forte evoluzione che coinvolge attori diversi, oltre alle banche. Ci sono innanzitutto le Telco, che vedono nei pagamenti da cellulare un’opportunità di crescita per far fronte alla pressione competitiva che stanno

subendo: pensiamo, ad esempio, alla riduzione degli sms portata dai nuovi servizi di instant messaging. Negli ultimi mesi abbiamo assistito al lancio dei servizi commerciali NFC: Vodafone con CartaSi e MasterCard, tramite la piattaforma SIA, ha lanciato la carta prepagata Smartpass, che può essere dematerializzata nello smartphone per i pagamenti contactless, mentre TIM ha risposto con SmartPAY, realizzata con Intesa Sanpaolo e Visa. I circuiti internazionali sono partner delle banche ma hanno iniziato a offrire anche soluzioni proprie, in competizione diretta, ampliando così il loro posizionamento nella value chain. Ma i concorrenti più pericolosi sul mercato sono le grandi dotcom, come Apple, Amazon, Google e Paypal: hanno una base clienti molto ampia, offrono una elevata user experience e sono dotate di una capacità di investimento formidabile. In questo scenario di competizione crescente, come possono le banche mantenere il loro ruolo? www.ict4executive.it

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INTERVI STA | Paga m e nt i da M obi l e , l’ I tal i a che i n n ova

«Telecom Italia, Vodafone, BNL, Intesa Sanpaolo, Mediolanum, Poste Italiane e UBI stanno già offrendo il servizio di Mobile Payment NFC. I numeri sono ancora piccoli ma la user experience è molto efficace»

Le banche stanno spingendo da tempo sull’Internet banking e sui canali digitali, ma devono accelerare sull’innovazione e offrire alla clientela soluzioni sicure, semplici e su scala globale. In un primo momento hanno trascurato la minaccia che arrivava dalle Internet Companies, ma oggi è evidente che devono reagire: basti pensare che PayPal ha conquistato in pochi anni il 20% del mercato dei pagamenti su web. Peraltro, la riduzione a livello europeo delle interchange fee, ovvero le commissioni interbancarie cross border, ha eroso non poco la marginalità delle carte di debito e di credito. E non è finita, visto che nei prossimi mesi diminuiranno in modo sensibile le

commissioni sulle transazioni domestiche che rappresentano oltre il 95% di quelle totali. Un recente studio di Boston Consulting Group stima una contrazione del fatturato delle banche in Europa pari a 8 miliardi di euro l’anno, solo per effetto del calo di queste commissioni. Gli istituti italiani si sono già mossi su più fronti, in particolare sull’NFC, un ambito in cui gli investimenti sono partiti due anni fa: oggi nel nostro Paese è davvero possibile pagare avvicinando lo smartphone al POS, senza digitare il PIN per importi inferiori a 25 euro. Nei pagamenti NFC l’Italia è all’avanguardia, dunque... Telecom Italia, Vodafone, BNL, Intesa Sanpaolo, Mediolanum, Poste Italiane e UBI stanno già offrendo il servizio. I numeri sono ancora piccoli ma la user experience del pagamento è molto efficace. Anche l’infrastruttura è operativa: sono stati sostituiti più di 300mila POS e tutti i nuovi terminali che vengono installati sono dotati di tecnologia NFC. Gli esercenti sono pronti, anche perchè in circolazione abbiamo già 7 milioni circa di carte contactless. E anche le nuove SIM, ora, sono NFC. Ma l’aspetto più importante riguarda la creazione di un ecosistema nazionale dei pagamenti contacless tra telco e banche: un modello collaborativo unico, anche a livello europeo, che consente a tutti i loro clienti di usare i servizi NFC e caricare, con la massima flessibilità, qualunque tipo di carta. Un’innovazione che si sta estendendo ora anche alle soluzioni di couponing. Che ruolo ricopre SIA in questo ecosistema? Siamo stati i primi in Europa a lanciare una piattaforma aperta. Operiamo come Trusted Service Manager, un abilitatore dei pagamenti NFC, ovvero mettiamo in collegamento banche, telco e imprese, garantendo interoperabilità. Grazie a SIA il cittadino può usufruire di un servizio che è disponibile qualunque sia l’operatore telefonico, la banca, il cellulare NFC e lo strumento di pagamento scelto, che si tratti di carta di debito, credito o prepagata, sia MasterCard che Visa.

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IN T E RVISTA | Pag a me n t i da M o b il e , l’ I ta l ia c h e in n ova

«L’unico modo per le banche di contrastare i colossi del mondo Internet è unire le forze, guardando al mercato di oltre 400 milioni di correntisti europei, per competere su larga scala»

Quale sarà l’impatto di Apple Pay in questo contesto? Il lancio di Apple Pay è la principale novità di questi ultimi mesi. Un fatto molto positivo, perchè conferma che l’NFC è la tecnologia del futuro e quindi che gli investimenti fatti in Italia vanno nella giusta direzione. La soluzione di Apple è particolarmente semplice, e questo aiuterà la diffusione dei pagamenti contactless: per registrare la propria carta nello smartphone basta fotografarla o recuperarla da iTunes e inoltre si utilizza l’impronta digitale al posto del PIN. Ci sono anche delle ombre ed è difficile prevedere quale sarà l’impatto in Europa quando il servizio arriverà, perchè il modello utilizzato negli Stati Uniti non è sostenibile. Per ogni acquisto Apple trattiene infatti una percentuale pari allo 0,10-0,15% del valore del transato, ma in Europa e in Italia i margini sono molto più bassi rispetto agli USA. Attualmente anche negli States non tutte le reazioni sono state positive: sta nascendo un sistema alternativo, CurrentC, spinto da alcuni importanti merchant che punta sul pagamento attraverso il bonifico, proprio in risposta a Apple. Google intanto sta spingendo il modello HCE... Il modello di Google, che prevede la memorizzazione della carta nel Cloud, è un’alternativa alle soluzioni che ospitano il secure element nella SIM oppure nel telefono. Nella filiera non è previsto l’operatore telefonico. Al momento, però, ha una base raggiungibile limitata: funziona solo su smartphone con sistemi Android 4.4 e superiori, che sono di più dell’iPhone 6 che supporta Apple Pay, ma ancora pochi. Il modello SIM based, invece, è per tutti. La competizione fra questi diversi sistemi farà comunque bene al mercato ed è difficile dire oggi quale sarà il modello vincente. Quali sono le più recenti novità introdotte da SIA in questo ambito? Il nostro obiettivo è sempre quello di fornire servizi innovativi e contribuire a trainarne lo sviluppo nel mercato nazionale e internazionale.

Di recente abbiamo lanciato per primi in Europa una soluzione “Person to Person” (P2P) denominata Jiffy, per trasferire denaro fra persone in tempo reale e in modo facile, come mandare un messaggio su WhatsApp, associando l’IBAN al numero di telefono. Siamo ottimisti: abbiamo già sottoscritto accordi con diverse banche, che coprono oltre il 60% dei conti correnti italiani e pensiamo a breve di arrivare all’90%. La prospettiva è di lanciare il servizio in alcuni Paesi europei visto che è basato su un bonifico Sepa e che diversi primari gruppi bancari stranieri hanno già dimostrato forte interesse su Jiffy. Inoltre, è prevista una versione “Person to Business” (P2B), ad esempio per pagare un taxi o gli acquisti in negozio. Siamo poi impegnati nello sviluppo del wallet, che si sta arricchendo di nuovi servizi relativi a bollette, canoni, coupon: abbiamo contribuito al lancio di diversi wallet tra cui Wow di Chebanca!, una soluzione innovativa che semplifica i pagamenti su internet. C’è anche l’area del mobile ticketing dove intendiamo arrivare a realizzare una soluzione unica a livello italiano, come alternativa a esperienze verticali presenti in alcune regioni. Non è semplice ma provate a immaginare i vantaggi di avere un solo biglietto nazionale sullo smartphone. Inoltre, siamo coinvolti in diversi progetti di smart city che partiranno a breve. Qual è, in conclusione, il messaggio di SIA per il mondo bancario? Siamo convinti che l’unico modo per le banche di contrastare i colossi del mondo internet è unire le forze, guardare al mercato di oltre 400 milioni di correntisti europei, per competere su larga scala. È il senso di Jiffy. Non ci sono fee da pagare ai circuiti internazionali e si porta avanti con forza la guerra al contante. Le banche hanno tutte le carte in regola per vincere questa partita: abbiamo creato insieme una roadmap per l’evoluzione del servizio e siamo certi che la community diventerà sempre più grande. È indubbio che l’Italia può avere un ruolo importante in Europa: se è vero che si fa ancora tanto uso del cash, sul fronte dei servizi di pagamento mobile e delle carte prepagate siamo già indiscussi protagonisti. www.ict4executive.it

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Speciale “digital marketing”

di

Marta Valsecchi

school of management politecnico di milano

Il futuro dei Servizi Mobile per il Consumer Una ricerca del Politecnico di Milano ha analizzato circa 630 startup che offrono nuovi servizi e tecnologie nel processo di relazione tra aziende e consumatori finali. Emergono interessanti innovazioni tecnologiche e di business, che delineano possibili direttrici di innovazione che vedremo svilupparsi in questo settore nei prossimi anni. Ecco alcuni esempi in ambito Mobile Wallet e Mobile Advertising

La School of Management del Politecnico di Milano ha promosso nel 2014 una nuova iniziativa, “Startup Intelligence”, con l’intento di favorire la contaminazione tra il mondo delle startup digitali e alcune imprese italiane aperte e curiose, che puntano sull’innovazione come fattore critico di successo e vogliono comprendere meglio gli spunti creativi e innovativi che arrivano da questo comparto economico. L’esperienza in questo campo ci ha confermato, infatti, che le startup digitali rappresentano non solo un’occasione per incrementare l’innovazione della Direzione ICT, ma anche una via alternativa per investire in ricerca e sviluppo, e un modo per arricchire il proprio “sistema” di offerta, diversificare il proprio business, incrementare l’innovazione all’interno dell’organizzazione. Le startup analizzate Fra le diverse attività svolte nell’ambito di “Startup Intelligence”, la School of Management ha rea| 50 |

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lizzato una Ricerca che ha analizzato circa 630 startup operanti nel mercato Mobile consumer, ovvero che svolgono attività mirate al supporto del processo di relazione tra aziende e consumatori finali. Sono state considerate aziende finanziate a livello internazionale da investitori istituzionali a partire dall’inizio del 2012. In particolare, sono stati identificati 7 ambiti applicativi differenti che fanno riferimento al supporto nelle diverse fasi
del processo di relazione: Mobile Wallet, Mobile Advertising, Mobile POS e sistemi di accettazione pagamenti Mobile, Mobile commerce, Mobile service, soluzioni tecnologiche verticali a supporto della creazione di servizi Mobile più ampi e altro. Complessivamente le startup analizzate hanno ricevuto finanziamenti per oltre 4,5 miliardi di dollari: la stragrande maggioranza ha ottenuto meno di due milioni di dollari, ma il 2% ha ricevuto più di 50 milioni di dollari, e quest’ultimo gruppo è quasi


Speciale “digital marketing”

tutto concentrato nell’ambito Mobile Commerce e nella categoria Mobile POS e sistemi di accettazione pagamenti Mobile. L’analisi è particolarmente interessante perchè anticipa il futuro: le startup presentano innovazioni tecnologiche e di business che delineano alcune delle possibili direttrici di innovazione che vedremo svilupparsi in questo settore nei prossimi anni. Il forte grado di innovatività sta anche destando l’interesse degli “over the top” (ad esempio Google, Facebook, Amazon, Yahoo!) che negli ultimi anni hanno acquisito alcune di queste startup per integrare i loro servizi nel proprio business. Tra le principali innovazioni di business riscontrate citiamo qui, in particolare, quelle relative a due ambiti di attività, i Mobile Wallet e il Mobile Advertising. I Mobile Wallet hanno come obiettivo la digitalizzazione del portafoglio dell’utente finale, in particolare la digitalizzazione di coupon, carte fedeltà e/o carte di pagamento, carta d’identità, ecc. All’interno di questa macro-categoria, è possibile distinguere le startup che offrono solo funzionalità di pagamento, da quelle che supportano solo le promozioni e/o la loyalty fino ad arrivare a quelle che supportano tutte queste attività. Si affiancano, poi, le realtà che si occupano di gamification (ovvero creano programmi di loyalty e reward innovativi per il consumatore finale) e quelle che gestiscono le ordinazioni in- store (essenzialmente in ambito ristorazione). In questo ambito le novità riguardano la possibilità di offrire ai merchant nuovi canali di distribuzione delle proprie offerte e soluzioni di 
gamification per premiare l’utente non solo per gli acquisti, ma anche per altri comportamenti virtuosi nei confronti della marca. Altre aree di innovazione riguardano l’opportunità data agli utenti di conoscere il punto vendita più vicino in cui risparmiare in funzione della propria lista della spesa, di utilizzare la medesima applicazione per coupon, carte fedeltà e carte di pagamento in molteplici punti vendita e di effettuare ordinazioni in-store (soprattutto nell’ambito ristorazione) direttamente dal proprio Smartphone. Un altro ambito in cui le startup sono molto attive è il Mobile advertising. Qui troviamo le realtà che offrono servizi a supporto dell’acquisto di spazi pubblicitari su Mobile; all’interno di questa macro-categoria è possibile suddividere ulteriormente le startup

tra quelle che aggregano una miriade di publisher (ad-network), quelle focalizzate su una o più attività di Programmatic advertising, coloro che offrono formati di advertising innovativo (come il native advertising o i Rich Media), chi è specializzato in targeting evoluto dell’audience e/o ha piattaforme di Data Management Platform, chi offre supporto nella definizione di una strategia di Mobile Advertising o nella creatività; infine, abbiamo incluso in questa categoria, seppur in maniera leggermente impropria, anche le startup che si occupano di attività di marketing per le Mobile App (per esempio application store optimization o A/B testing). Le novità più interessanti fanno riferimento, in particolare, alle soluzioni che puntano a massimizzare l’efficacia dell’investimento pubblicitario attraverso informazioni mirate sul target, e monitorandone i risultati in real-time.

Le principali innovazioni: dall’indoor positioning all’App engagement Fra le innovazioni tecnologiche più significative meritano di essere segnalate le seguenti. • soluzioni tecnologiche di indoor positioning (basate su sistemi Bluetooth Low Energy – BLE, wi-fi, ecc.) per raccogliere informazioni sui consumatori in punto vendita e attivare azioni di marketing push volte ad aumentarne la shopping experience; • piattaforme tecnologiche di Programmatic advertising per la compravendita di spazi pubblicitari in real time e attraverso piattaforme automatizzate, in modalità data-driven (ovvero con il supporto di soluzioni di targeting evoluto – a livello di posizione 
geografica, comportamento e interessi dell’audience); • sistemi di raccolta e analisi dei dati di comportamento dei propri utenti (analytics). Per esempio analisi in tempo reale dei dati di 
utilizzo dei Mobile Wallet per attivare azioni di marketing contestuali; sistemi di analytics che tracciano sia le performance dell’advertising (da dove arriva l’utente), sia i comportamenti dentro l’App, sia il posizionamento negli store per offrire all’azienda una visione complessiva dell’efficacia delle proprie attività sulle App; soluzioni di App engagement, che consentono di monitorare il comportamento dei consumatori all’interno dell’App e di attivare azioni di marketing push differenziate per cluster di utenti (per riattivare, per esempio, gli utenti dormienti).

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Speciale “digital marketing”

Monica Gagliardi Responsabile eCommerce, CRM e Partnership ovs

“Digital shopping experience”, OVS punta su Mobile e Concept Store Il punto vendita di via Dante a Milano, aperto da pochi mesi, è la punta di diamante di una strategia omnicanale che permea tutto il gruppo italiano di fast fashion retail. Il percorso inizia già fuori dal negozio, grazie all’App, ai social e al proximity marketing, mentre all’interno si può passare da un canale all’altro integrando l’esperienza online con quella fisica

Il “concept store” di via Dante a Milano, aperto lo scorso 29 maggio, è solo la punta di diamante di una strategia di “digital shopping experience” che permea tutto il gruppo OVS, ha spiegato Monica Gagliardi, Responsabile eCommerce, CRM e Partnership del gruppo di fast fashion retail italiano, al recente convegno dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano. «La nostra scelta è stata di credere nell’omnicanalità, perché abbiamo 14 milioni di clienti che utilizzano più canali di comunicazione, e non potevamo non seguire il loro naturale percorso». Il marchio OVS è al primo posto tra i retailer in Italia nel mercato dell’abbigliamento per donna, uomo e bambino (fonte Mintel, 2013), e ha una riconoscibilità altissima nel nostro Paese (97%, secondo Doxa), grazie alla storicità del marchio, apparso nel 1972, e alla diffusa presenza sul territorio nazionale attraverso la rete di 580 negozi, a cui se ne aggiungono 110 all’estero, e circa 150 a marchio Upim. «Lo store di via Dante a Milano è stato l’occasione di | 52 |

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introdurre tante innovazioni, a partire dal versante architettonico, grazie alla collaborazione con l’architetto Vincenzo De Cotis, e da quello dell’eCommerce, grazie al quale riusciamo a portare la “store experience” in tutta Italia - spiega Gagliardi -. Ma soprattutto all’interno di questo store abbiamo messo a punto, anche attraverso una partnership strategica con Google, il percorso ottimale del nostro cliente, che secondo noi comincia già fuori dal negozio, dove attraverso pc e device mobili si possono raccogliere già molte informazioni, e continua all’interno, dove si può passare da un canale all’altro integrando l’esperienza online con quella fisica». Il filo conduttore dell’intera customer experience è la App di OVS, disponibile gratuitamente su Apple Store e Google Play, che ha interfacce con tutti i device presenti nello store. «L’App è fondamentale per la nostra strategia ominichannel, non solo perché moltissimi ormai preferiscono navigare con device mobili - come verifichiamo giorno per giorno, le vendite eCommerce si stanno fortemente spostando verso il Mobile -, ma


Speciale “digital marketing” Camerini virtuali, totem multimediali, una Mobile App creata ad hoc per accedere in tempo reale alle informazioni sui prodotti, assistenti alla vendita muniti di iPad. Tutto ciò si può vivere nei 900 metri quadri dello store hi-tech di OVS di via Dante a Milano

perché attraverso l’App appunto si ha la possibilità di fare moltissime cose. Per esempio navigare nel nostro catalogo, comprare prodotti, creare wish list, ricevere informazioni sui prodotti tramite lettura del bar code, individuare lo store più vicino, rimanere sempre aggiornato su news ed eventi». Ma anche fornire servizi davvero innovativi come “cerca una taglia”, quando in negozio non si trova un determinato modello, taglia o colore: «Semplicemente attraverso la App e fotografando il barcode il cliente può acquistare il prodotto desiderato online, o vedere qual è il negozio più vicino in cui è disponibile. Questo è un servizio al cliente ma anche un’opportunità per noi: secondo nostri dati interni, il 30% dei clienti che escono dai nostri negozi senza aver acquistato nulla lo fanno perché non c’è la disponibilità di un determinato modello, colore o taglia». L’App inoltre si integra con dispositivi innovativi pensati per i negozi fisici, e attivi nel negozio di via Dante. Uno è il “magic fitting room”, il camerino “intelligente”, nel quale - spiega Gagliardi - con un semplice tasto si può vedere come “sta” il capo d’abbigliamento anche sulla parte posteriore del corpo, grazie a una visione a 360 gradi, e condividere foto dei capi indossati in camerino sui social». Un altro è il tablet iPad di cui sono dotati tutti i venditori nel negozio: «Il cliente che all’interno del camerino scopre che la taglia non è giusta può leggere il barcode del capo e mandare un messaggio che arriva sull’iPad del venditore, per cui riceve la conferma della presa in carico della sua richiesta». Un altro ancora è costituito dai chioschi interattivi, che offrono anch’essi le funzionalità avanzate viste finora (ricerca di disponibilità in altri store, acquisto via eCommerce, ecc.), o comunque assistono il cliente nella sua esperienza in negozio. «L’ultima novità che abbiamo appena lanciato in 20 negozi si chiama OVS Connection Message (vedi riquadro, ndr), una tecnologia di proximity marketing

con cui riusciamo a comunicare attraverso l’App anche nelle immediate vicinanze del negozio, incoraggiando l’ingresso del cliente nei nostri store, e poi guidandolo con notifiche push che hanno non solo l’obiettivo di spiegare le caratteristiche dei prodotti, ma anche di offrire promozioni e quindi favorire l’acquisto». Anche il canale social, conclude Gagliardi, viene affrontato da OVS nell’ambito della strategia generale di customer experience: «L’obiettivo sui social è di creare la bidirezionalità: non solo vogliamo comunicare, ma anche creare un’esperienza interattiva con i clienti e coinvolgerli, per esempio attraverso contest - come quello per creare la “gift card” di Natale, che è stata in vendita in dicembre nei nostri store -, voto dei look, e in generale iniziative che ci danno feedback fondamentali sia per capire le tendenze del gusto nell’abbigliamento, sia per definire sempre meglio l’esperienza nei nostri negozi».

E ora l’App invita anche a entrare nel negozio Di recente OVS ha annunciato l’adozione di Connection Message, piattaforma di proximity marketing per velocizzare il dialogo con i clienti nei negozi (in-store) attraverso l’App OVS. I clienti che si trovano in un raggio di 200 metri da un negozio OVS (per ora solo nell’area di Milano) ricevono un invito sul loro smartphone a entrare nel punto vendita, dove potranno toccare con mano tutte le novità e promozioni messe a loro disposizione. Grazie poi alla radio in-store e alle antenne iBeacon i clienti sono seguiti nella loro shopping experience attraverso notifiche push che riguardano prodotti, prezzi e promozioni in funzione delle aree del negozio in cui si trovano. Inoltre possono utilizzare alle casse dei coupon digitali personalizzati, semplicemente facendo passare il proprio smartphone sul lettore di bar code. www.ict4executive.it

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Speciale “digital marketing”

Il Mobile trasforma il Marketing: nasce il Visual Storytelling

C’era una volta l’sms, un messaggio fatto di poche parole, molto semplice e forse proprio per questo protagonista per anni del mondo della comunicazione. Ora i messaggi, sms o WhatsApp, sono diventati il punto di ingresso per nuove forme di comunicazione e di Marketing innovative. Su questo ha costruito il proprio successo The Box Company, startup fondata da Roberto Calculli in Puglia che oggi ha sedi a Milano, Barcellona e Palo Alto, in California, dopo essere stata selezionata da ICE fra le più innovative società italiane invitate a partecipare lo scorso anno al Mobile World Congress di Barcellona. La società ha sviluppato The Digital Box, una piattaforma di Digital e Mobile Marketing che permette di unire a un sms tradizionale o a un messaggio WhatsApp uno short link che apre una landing page ottimizzata per gli smartphone. Il successo è stato rapidissimo: la piattaforma è oggi distribuita da 200 rivenditori in 22 Paesi nel mondo, in Europa, Usa, Colombia, Venezuela, Ecuador, Spagna, Romania. «Una promozione è efficace se si riesce a coinvolgere il cliente, interagire, creare una relazione, dare la possibilità di provare un servizio, e lo smartphone è oggi il mezzo ideale», sottolinea Calculli. Il punto di forza della soluzione, su cui si sono concentrati gli investimenti tecnologici in questi anni, è la facilità con cui è possibile creare la landing page e i costi contenuti: «Non c’è bisogno di competenze particolari, di un programmatore o di un web designer, perchè tutto avviene attraverso il drag and drop, trascinando cioè le immagini in un form già definito», spiega l’imprenditore. Una sorta di smartphone virtuale, dove si inseriscono immagini e testi della campagna. Fondamentale, per

pe r u lt er i o r i i n f o r ma zioni...

www.t hedig italbox .net

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Sviluppata da una start up italiana che sta vivendo una rapida crescita in tutto il mondo, The Digital Box è una piattaforma che unisce a un messaggio di testo uno short link che apre una landing page per gli smartphone. Obiettivo: conquistare i clienti narrando storie digitali

Roberto calculli Fondatore e AD The Box Company

il successo della promozione, è identificare una “call to action” efficace, per esempio invitare la persona che riceve il messaggio a chiamare un numero per prenotare un appuntamento, a inviare un sms o a recarsi in un negozio magari seguendo una mappa, a rispondere a un sondaggio compilando un form: in cambio si può offrire un coupon, un omaggio, un premio. In questo modo si ottengono redemption altissime. Inoltre, tutte le attività dell’utente vengono tracciate: è quindi possibile conoscere nel dettaglio il riscontro della campagna, con un report sulle attività svolte che va ben oltre al numero di aperture dei messaggi. raccontare una storia per immagini The Box Company ha presentato di recente la prima piattaforma che consente di costruire in modo semplice racconti digitali in forma di Visual Storytelling. Un’innovativa soluzione che permette di “sfogliare” storie da smartphone unendo testi, immagini a contenuti multimediali quali video e audio. Un mezzo originale per raccontare eventi, accompagnare il lancio di nuovi prodotti o realizzare brochure digitali interattive.


Speciale “digital marketing”

Toshiba disegna il punto vendita del futuro

Web e Mobile hanno radicalmente trasformato il settore retail e le abitudini di acquisto dei consumatori. La omnicanalità è ormai una realtà: recarsi in un negozio fisico o acquistare online, magari dallo smartphone, sono per il cliente esperienze analoghe, sempre più integrate, con il diffondersi di modelli come l’eCommerce con il ritiro in store. Anche in Italia le esperienze innovative non mancano: in un periodo di riduzione dei consumi, i retailer sono alla ricerca di modalità innovative per ingaggiare il consumatore, che vuole essere considerato come persona, con specifici gusti e abitudini, e che desidera interagire a 360 gradi, tramite più punti di contatto, nel processo di acquisto e nella relazione con il brand. «Il consumatore deve trovare la stessa logica promozionale e la stessa meccanica di interazione in tutti i punti di contatto con lo store, dal web al negozio fisico, - spiega Roberto Rocchi, Direttore Commerciale di Toshiba Global Commerce Solutions (TGCS) Italia, fra i leader a livello globale delle soluzioni innovative per il retail, nata dall’acquisizione da parte di Toshiba della divisione di IBM dedicata a questo settore. Serve un approccio congruente mentre finora il mercato si è mosso con soluzioni non integrate fra di loro. Proponiamo soluzioni disegnate a partire dai requisiti di business, pensando al punto vendita del futuro, cercando di anticipare le tendenze». L’offerta, modulare e integrabile con i sistemi preesistenti, copre tutte le esigenze del retailer, dal front end al back end, fino alla gestione delle relazioni con il mondo esterno, come l’industria, le telco e gli attori del mercato. Comprende dunque sistemi, software e applicazioni, come self scanning, chioschi, casse evolute, si-

Il settore retail si sta profondamente trasformando per offrire ai clienti un’esperienza d’acquisto sempre più personalizzata e omnicanale. «Il consumatore deve trovare la stessa logica promozionale e la stessa meccanica di interazione in tutti i punti di contatto con lo store»

Roberto Rocchi Direttore Commerciale Toshiba Global Commerce Solutions (TGCS) Italia

stemi per la gestione delle carte fedeltà, soluzioni per il Mobile marketing, couponing e via dicendo. «Ingaggiare il consumatore significa mettere a disposizione offerte e promozioni personalizzate, in modo dinamico - specifica Rocchi -. Toshiba sta effettuando forti investimenti nelle aree più innovative, come le soluzioni per l’interazione fra punto cassa e il mobile, o le piattaforme collaborative per il service. Cerchiamo anche di fare da collante tra il mondo retail, l’industria e le Telco in particolare per il digital couponing per i Mobile wallet». Tra i progetti realizzati grazie alle soluzioni Toshiba c’è quello di Coop Nordest. Nei punti vendita dell’insegna sono stati installati sistemi di self checkout e self scanning, per permettere ai clienti di leggere i codici a barre e pagare la spesa in autonomia, e chioschi che forniscono informazioni. È anche possibile pagare in cassa bollettini e usufruire di altri servizi come le prenotazioni. È stato inoltre implementato un sistema di mobile couponing e promotion, che fornisce molteplici servizi attraverso lo smartphone. Il progetto ha previsto l’integrazione di dati provenienti da sistemi diversi, dentro e fuori dal punto vendita.

p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...

www.t os hibacomm e rc e .c om

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Speciale “digital marketing”

Payback, il programma fedeltà multipartner ad alto tasso di innovazione

PAYBACK è un innovativo programma fedeltà multipartner che supera il concetto dei tradizionali programmi mono-marca e si posiziona come la naturale evoluzione delle carte fedeltà. Con PAYBACK infatti è possibile accumulare punti con un’unica carta presso i tanti partner del programma: 3, Alitalia, American Express, BNL, Carrefour, Carrefour Banca, Esso, Goodyear Dunlop, Mediaset Premium e oltre 50 partner online. I punti accumulati possono poi essere trasformati in sconti immediati sui beni e sui servizi dei partner stessi o possono essere utilizzati per richiedere uno dei tanti premi del catalogo. PAYBACK è nato in Germania nel 2000 ed è stato poi acquisito nel 2011 dal Gruppo American Express che ne ha accelerato il percorso di internazionalizzazione. Oggi è presente in Germania, Italia, Polonia, India, Messico ed è in fase di lancio in molti altri paesi. Il programma è stato lanciato in Italia a gennaio 2014 e dopo 1 anno conta già più di 7 milioni di clienti attivi. LA PIATTAFORMA DI MARKETING E I CANALI DIGITALI Oltre a essere un programma fedeltà, PAYBACK è anche un’efficace piattaforma di marketing che offre alle aziende che fanno parte della “coalizione” la possibilità di raggiungere la propria base clienti e quella degli altri partner con offerte personalizzate sia online che attraverso i canali tradizionali. Ha infatti sviluppato una propria piattaforma di marketing multicanale e di Mobile Couponing che consente ai propri partner di veicolare offerte personalizzate ai clienti in base ai loro

pe r u lt er i o r i i n fo r ma zioni...

www.payback .i t

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Attraverso una piattaforma di marketing multicanale e di Mobile couponing, vengono veicolate offerte personalizzate ai clienti tramite il canale preferito. in arrivo push notification geolocalizzate, video messaggi e nuove soluzioni per smartphone

GHERARDO BISI Head of Loyalty & CRM PAYBACK Italia

comportamenti d’acquisto e indipendentemente dal canale. Il cliente riceve le offerte tramite i canali che preferisce (via e-mail, App, Mobile, SMS, direct mailing, etc.) e sceglie quali coupon attivare tra quelli che gli vengono proposti. I coupon vengono quindi automaticamente caricati sulla sua carta, che il cliente non deve far altro che presentare al punto vendita per usufruire delle offerte. In arrivo nuove funzionalità Nel 2015 PAYBACK introdurrà la funzionalità di push notification geolocalizzate: i clienti che utilizzano la App e che hanno dato l’autorizzazione potranno ricevere messaggi e offerte personalizzate in prossimità dei punti vendita dei partner. A partire da febbraio inoltre PAYBACK aumenterà ancora il livello di personalizzazione delle comunicazioni e introdurrà, per primo in Italia, una nuova tecnologia per comunicare le offerte ai clienti tramite video personalizzati. A livello internazionale inoltre sta testando una soluzione che consente di far convergere gli strumenti di dematerializzazione della carta fedeltà, di couponing digitale in mobilità, e di pagamento in un unico strumento che è un’evoluzione dell’App.


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Navigare dallo smartphone: con linkeb una nuova user experience

L’Italia è ormai il primo paese in Europa per l’utilizzo di smartphone, e gli Italiani sono diventati degli straordinari consumatori digitali. A ottobre 2014, secondo le rilevazioni di Audiweb, 19 milioni di persone nel nostro Paese hanno navigato su internet da dispositivi mobili. Stiamo assistendo quindi a una vera e propria rivoluzione-evoluzione del web, sia tecnologica che economica, che si sta trasformando in un’opportunità per le aziende e per i consumatori. È arrivato il momento di pensare al sito web per smartphone in un modo nuovo: deve essere un sito realizzato in poco tempo, economicamente vantaggioso, e impostato con modelli predefiniti, specifici per diversi settori di mercato. Essere presenti, visibili e raggiungibili dagli utenti mobili, è fondamentale; un buon sito web è come un agente di commercio, un venditore dell’azienda che parla il linguaggio dei clienti, disponibile 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno. E se è vero che il sito web è il primo venditore, sempre pronto e reattivo alle domande dei clienti, un sito mobile deve sfruttare tutte le possibilità di uno smartphone di ultima generazione. Da questa considerazione nasce l’idea dei Bottoni di Linkeb, che inseriti sul sito per Smartphone “invitano all’azione”: un “bottone di chiamata rapida” che abilita una chiamata a un numero di telefono, un “bottone scrivici” per mandare automaticamente un messaggio di posta elettronica, un “bottone Navigatore” per avviare il navigatore e raggiungere subito l’azienda grazie alla geolocalizzazione, un “bottone Social” per condividere contenuti sui social network, e un “Bottone Promo” per accedere a pagine particolari, ad esempio di promozione o di vendita.

La società italiana propone la prima piattaforma as a service Per creare siti Mobile Con bottoni “click to action”: Per far partire una chiamata telefonica o una mail, per avviare il navigatore e raggiungere subito l’azienda, per condividere sui social network, per accedere a una promozione

Michele Albertini Direttore Commerciale Linkeb

Questa è la caratteristica vincente di Linkeb, la prima piattaforma italiana erogata in modalità as a service per creare siti per smartphone con Click to Action Button. Ovviamente con Linkeb è possibile realizzare anche siti per tablet e PC, visibili ottimamente su tutti i sistemi operativi. Linkeb nasce dalla passione di designer, esperti di marketing e tecnici con forti competenze nei servizi Web e Mobile. Dal 2013 la direzione vendite è stata affidata a Michele Albertini, che ne ha implementato lo sviluppo commerciale in Italia e in Europa. «Oggi la nostra soluzione è stata adottata da oltre un migliaio di clienti in tutta Italia, un numero in veloce crescita tanto da offrire Linkeb in altri paesi europei, implementando una politica di internazionalizzazione grazie ad un modello go-to-market di e-commerce e teleselling consolidato, avvalendosi di call center italiani ed europei», dice Michele Albertini. La società ha suscitato anche l’interesse di Paddy Cosgrave, il creatore del Web Summit di Dublino, la più importante conferenza tecnologica d’Europa: il team Linkeb è stato infatti invitato al Summit irlandese per due anni consecutivi. Grazie ai bottoni integrati, Linkeb è dunque in grado di far vivere una nuova e diversa user experience, e permette ad aziende e organizzazioni di avere più contatti e quindi, in definitiva, più clienti.

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os s e r vatorio

Saveria Coronese Graziano Garrisi (foto) Chiara Pascali di

Digital & Law Department

Memoria digitale e diritto all’oblio Una recente sentenza della Corte di giustizia europea consente di richiedere la rimozione dalla rete delle informazioni che riguardano un singolo individuo. Ma il desiderio di “dimenticare ed essere dimenticati” contrasta con l’esigenza di preservare la memoria e la libertà di informazione, e non deve essere interpretato come il diritto di nascondere ciò che non ci aggrada del nostro passato: un equilibrio difficile

La pratica della conservazione da parte di un singolo individuo, un gruppo sociale o un’istituzione di elementi legati all’identità personale o collettiva, è da sempre connessa alla consapevolezza del trascorrere del tempo storico e alla necessità di preservare la memoria dall’usura del tempo. Il processo educativo è per esempio una delle principali applicazioni della necessità di conservare, in quanto si configura come trasmettere e diffondere un sapere a un ampio numero di soggetti. L’apprendimento della propria cultura è sempre sostenuto dalla necessità di trasferire la memoria collettiva alle nuove generazioni; spesso parlando della storia e del passato ci si scontra su questioni di autenticità o revisionismo, ma non è mai stata messa in dubbio l’importanza di tenere costantemente traccia delle questioni nodali che possono, attraverso la memoria storica, fungere da esempio e insegnamento per il tempo futuro. La rivoluzione digitale ha enormemente aumen| 58 |

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tato le capacità di archiviazione (storage), categorizzazione (classification), interpretazione (elaboration) e presentazione di qualsiasi documento o dato materiale e/o immateriale. Questo comporta un’ulteriore riflessione filosofica, soprattutto nel momento in cui, attraverso il concetto di memoria digitale, subentra anche quello di diritto all’oblio. In seguito alla sentenza della Corte di giustizia europea che garantisce, appunto, il diritto all’oblio, Google ha ricevuto oltre novantamila domande di rimozione, anche di alcuni link alle voci di Wikipedia. Ma come si possono conciliare il diritto all’oblio, il diritto all’informazione e il diritto a una memoria digitale affidabile nel tempo? L’identità personale L’interesse della giurisprudenza si è rivolto in un primo momento verso la tutela dell’identità personale, diritto della personalità dal quale muove i


o sse rvat o rio | Me m o ria dig ita l e e dirit t o a l l’ o b lio

passi il diritto all’oblio. Quando si invoca la tutela del diritto all’oblio si richiede che la propria identità personale sia conforme alla realtà, ossia che ci sia corrispondenza tra l’identità di una persona, intesa in senso ampio come patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, professionale di un individuo, e quello che di essa viene percepito dalla società, in osservanza della caratteristica di dinamicità che contraddistingue tale diritto. Il concetto di identità personale viene affiancato all’idea di proteggere la persona nella sua dimensione attiva, nelle sue relazioni sociali, dandole la possibilità di distinguersi dagli altri per mezzo di criteri sicuri che ne rispecchino il più fedelmente possibile la personalità. Il diritto all’oblio, anch’esso di origine giurisprudenziale, muove da questa nozione, profilandosi come una traslazione del diritto all’identità personale che tutela l’identità attuale di un individuo. Tramite il diritto all’oblio è data a un soggetto la possibilità di estendere tale tutela anche al passato, difendendo la sua identità personale anche quando episodi appartenenti alla sua vita trascorsa incidano negativamente su quella presente. Il diritto all’oblio, che rimane indissolubilmente legato al diritto di cronaca, accresce esponenzialmente la sua rilevanza con lo sviluppo della Rete e in particolare con la conseguente digitalizzazione dell’archivio storico cartaceo di gran parte dei quotidiani. La causa è facile a dedursi: la capacità della Rete, superiore a qualunque altro mezzo di comunicazione fino a questo momento utilizzato, di diffondere le informazioni e conservarle a lungo, impedendo gli effetti di “erosione” che il trascorrere del tempo normalmente produrrebbe sulla memoria umana. Attraverso Internet, la circolazione di una data informazione sfugge sia al controllo del soggetto protagonista della notizia sia a quello di colui che l’ha pubblicata. Pubblicare sul web un archivio storico significa, in seguito all’attività di indicizzazione del motore di ricerca, riportare a galla notizie e fatti del passato, rendendoli conoscibili a chiunque e in qualsiasi momento. Ma perché il diritto all’oblio non venga, erroneamente, interpretato come il diritto tramite il quale nascondere ciò che non ci aggrada del nostro passato e lasciare di dominio pubblico tutto quello

che riteniamo possa essere utilmente collegato alla nostra persona - ovvero come un diritto arbitrario - sono previsti dei limiti, con il fine di evitare che la tutela di questo diritto non ne leda poi altri, uno fra tutti il diritto di libera manifestazione del pensiero. A tal fine, le informazioni già lecitamente divulgate non possono essere oggetto di nuova pubblicazione quando: • sia trascorso un considerevole lasso di tempo dal verificarsi dell’avvenimento; • non siano accaduti dei fatti che rendano nuovamente attuale l’informazione; • non sussistano dei requisiti di interesse pubblico o rilevanza storica alla conservazione dell’articolo. Gli obblighi di Google Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014, si è pronunciata sulla responsabilità del gestore di un motore di ricerca su internet per il trattamento da questo effettuato sui dati personali, diffusi in pagine web pubblicate da terzi. In questo caso il gestore del motore di ricerca sarebbe il responsabile di tale trattamento, in quanto le finalità e gli strumenti del trattamento sono da quest’ultimo stabiliti e organizzati. Ai sensi di quanto disposto, il gestore è obbligato a eliminare dai risultati che compaiono in seguito alla digitazione del nome di una persona sul motore di ricerca i link che rimandano a pagine web pubblicate da terzi e che ospitano informazioni sul soggetto in questione, anche se la loro pubblicazione è avvenuta lecitamente. Tali informazioni, infatti, potrebbero riguardare aspetti privati che sarebbero rimasti tali senza l’attività svolta dal motore di ricerca che invece li ha messi alla mercé degli utenti della rete. In seguito a questa sentenza i Garanti UE, nella riunione di Bruxelles del 16 e 17 settembre 2014, hanno deciso di stabilire dei criteri comuni per mezzo dei quali gestire i ricorsi e i reclami presentati da quegli utenti che, alla loro richiesta di de-indicizzazione, si sono visti opporre un rifiuto da Google. Vista la quantità di ricorsi ricevuti dalle Autorità, quest’ultime hanno sottolineato la necessità che i motori di ricerca adempiano agli obblighi derivanti dalla sentenza della Corte europea e, al fine di forwww.ict4executive.it

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osservatori o | M e m or i a d i gi tal e e d i r i t t o al l’ o b l io

nire una tutela più completa, hanno progettato la creazione sia di una rete di “punti di contatto” che consenta un continuo scambio di informazioni sia di una “tool box” di criteri comuni, atta a “garantire un approccio coordinato nella gestione dei ricorsi e reclami presentati da utenti non soddisfatti della risposta fornita dai motori di ricerca”. Inoltre le decisioni assunte sui ricorsi e reclami sono inserite in un apposito database condiviso e analizzate secondo uno schema che permette di far venire alla luce le analogie o le differenze nelle singole valutazioni, soluzione molto utile specialmente nei casi più complessi o che presentano aspetti mai incontrati prima. Sono inoltre previsti incontri con i rappresentanti dei motori di ricerca, degli editori e dei media online per monitorare le questioni relative alla fase di attuazione della sentenza. La libertà di informazione In linea generale bisogna però sforzarsi di effettuare un bilanciamento tra l’interesse di una persona a tutelare la propria vita privata e l’interesse in capo agli utenti di internet di informarsi, secondo quanto garantito dalla libertà di informazione. Pertanto, per sciogliere questo contrasto e decidere quale interesse debba prevalere è necessario considerare di volta in volta la natura dell’informazione, il grado di sensibilità di questa e l’interesse pubblico alla ricezione della notizia che può sussistere o meno, ad esempio a seconda che il soggetto abbia ricoperto in passato un ruolo pubblico che rende interessante per i consociati l’acquisizione delle informazioni a lui ricollegate. L’interessato può richiedere direttamente al gestore del motore di ricerca la cancellazione, dall’elenco risultante dalla ricerca fatta a partire dal nome di una persona, di informazioni e dati inadeguati, non pertinenti, non più pertinenti oppure eccessivi rispetto alle finalità per le quali sono stati trattati e al tempo trascorso, eccetto che esistano delle motivazioni che legittimino un interesse pubblico all’acquisizione dell’informazione. Allo stato attuale, pertanto, se il titolare o il responsabile del trattamento eventualmente designato non dovessero procedere a valutare la fondatezza di tali pretese, la persona interessata potrà rivolgersi all’autorità di controllo o all’autorità giudiziaria in modo che vengano svolte le dovute verifiche e, se necessario, venga obbligato il titolare o il responsabile a compiere quanto prescritto. A seguito di questa sentenza particolarmente discussa, numerosissime sono state le richieste al gestore del motore di ricerca per la cancellazione di tracce indesiderate di vita passata sparse nel web. Infine, a livello nazionale, il tema del diritto all’o| 60 |

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blio è stato affrontato anche con riferimento al settore pubblico, in quanto l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali ha emanato di recente il provvedimento generale “Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati”, col quale ha introdotto specifici obblighi in capo alle PPAA, finalizzati a prevenire l’illegittima diffusione sul web dei dati dei cittadini e dei dipendenti pubblici, con specifico riferimento anche alla tutela del diritto all’oblio. In tal senso, consigli molto utili sono stati forniti in relazione alla reperibilità dei dati mediante i motori di ricerca esterni o “generalisti”: per garantire la conoscibilità dei dati senza che essi vengano estrapolati dal contesto nei quali sono inseriti, infatti, l’Autorità Garante raccomanda di non consentire l’indicizzazione e la facile rintracciabilità degli stessi attraverso i comuni motori di ricerca generalisti (es. Google), anche mediante un’attività di deindicizzazione che consiste: • nell’inserimento di metatag noindex e noarchive nelle intestazioni delle pagine web; • nella codifica di regole di esclusione all’interno di uno specifico file di testo (file robots.txt) posto sul server che ospita il sito web configurato in accordo al Robot Exclusion Protocol; • nella rimozione di determinati contenuti, anche in maniera automatizzata, mediante l’utilizzo di sistemi di web publishing e Cms - Content management systems - in grado di attribuire, anche mediante l’utilizzo di parole chiave, un intervallo temporale di permanenza della documentazione all’interno del sito istituzionale. A causa della vasta diffusione delle tecnologie digitali in organizzazioni pubbliche e private, i concetti di “logical presevation” e di “bit preservation” potrebbero in alcuni casi essere in contrasto con il diritto all’oblio degli interessati. La ricerca del giusto bilanciamento di interessi potrebbe essere quindi la chiave interpretativa e risolutiva di questa problematica, ma tale attività non è sempre facile da perseguire, perché gli interessi in gioco sono spesso contrastanti. Si potrebbe affermare, quindi, che il diritto all’oblio consente al presente e al futuro di una persona di essere immuni alle ripercussioni negative del suo passato. Però, perché la memoria sia salva e le libertà fondamentali altrui tutelate, è doverosa, nonché giusta, una verifica dell’esistenza in concreto delle condizioni che legittimano la presenza del diritto “a dimenticare e a essere dimenticati”.


intervista

Il settore assicurativo evolve con il digitale BNP Paribas Cardif accompagna i propri clienti nell’innovazione assicurativa: le nuove tecnologie offrono una grande occasione per innovare il business e introdurre nuovi prodotti arricchiti da servizi telematici. Verderosa: «Social, Mobile, device telematici e dispositivi wearable cambiano l’interazione cliente-compagnia» Il settore assicurativo si trova di fronte a una scelta: rinnovare il proprio modello operativo e di business sfruttando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie digitali, oppure lasciare che altri attori, magari di settori totalmente diversi dal proprio, lo facciano al posto loro, esponendosi al rischio di perdere competitività. «In BNP Paribas Cardif abbiamo deciso di accompagnare i clienti in questa veloce evoluzione - spiega Pierluigi Verderosa, Deputy General Manager della società - creando una direzione di Ricerca&Sviluppo costituita da persone che hanno maturato competenze ed esperienze trasversali in azienda. È un team focalizzato sull’innovazione di prodotti, processi e servizi, sfruttando le nuove tecnologie e agendo come un incubatore di soluzioni assicurative all’avanguardia». «Siamo convinti che le nuove modalità di interazione “Social”, la forte crescita di utilizzo di dispositivi mobili, i device telematici e i dispositivi wearable cambieranno l’interazione cliente-compagnia - prosegue il manager -. Il cliente avrà una più frequente interazione con la Compagnia mediante una proposizione più ricca di servizi a valore, una maggiore chiarezza nelle relazione assicurativa, e infine un’offerta assicurativa personalizzata sulle effettive esigenze. Per la compagnia sarà più facile selezionare e determinare il prezzo delle polizze in modo puntuale, sfruttando nuovi modelli di valutazione del rischio, tramite l’osservazione in tempo reale delle informazioni». Di recente, in collaborazione con il Politecnico di Milano, la società ha lanciato un’iniziativa (Cardif Open-

Pierluigi Verderosa Deputy General Manager BNP Paribas Cardif

F@b) rivolta a startup, imprenditori o studenti che volessero contribuire all’innovazione del settore assicurativo con una idea. Durante l’edizione 2014 sono state premiate 4 startup. «È la nuova sfida per il futuro, un laboratorio creativo che ha l’obiettivo di sviluppare nuovi prodotti e servizi sfruttando i principali trend di innovazione digital, tech social», spiega Verderosa. La prima edizione si è conclusa lo scorso ottobre, con la premiazione di quattro idee innovative; lo sviluppo di tali idee verrà facilitato per 12 mesi presso l’incubatore del Politecnico di Milano (PoliHub), e supportato dal team di ricerca & sviluppo di BNP Paribas Cardif con il fine di convertire le idee selezionate in veri prodotti commerciabili sul mercato. «Il nostro interesse è di ripetere questa esperienza anche quest’anno e di rendere Cardif Open-F@b un generatore di innovazione e uno strumento di collaborazione tra l’assicurazione e le startup», conclude il manager.

Nel 2013 BNP Paribas Cardif ha lanciato Habit@t, la prima assicurazione per la casa che integra i servizi telematici. Grazie alla habit@t homebox , inviata direttamente a casa, il cliente può essere allertato tramite App, sms o con una chiamata, se ci sono problemi come ad esempio un allagamento, un incendio o problemi alla corrente elettrica. Il cliente ha la possibilità di richiedere immediatamente l’intervento di un tecnico specializzato e di conseguenza di ridurre i danni sul nascere. Il prodotto è venduto tramite il sito cardif.it e tramite il canale retail bancario e finanziario.

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I N TE R V IS TA di

daniele lazzarin

Luxottica trasforma la sua supply chain: «Vogliamo gestirla dall’inizio alla fine» In una multinazionale globale a forte integrazione verticale tutto ciò che riguarda la programmazione della catena produttiva e logistica assume un’importanza particolare. Enrico Mistron, Senior Vice President Supply Chain del gruppo, spiega il progetto New Planning System (NPS) e le sfide per il futuro: «Il mercato è fatto di cicli molto più brevi e imprevedibili, l’unico modo per rispondere è essere veloci e reattivi»

Luxottica è oggi uno dei casi di eccellenza del “Made in Italy” più in vista a livello internazionale. Gli occhiali che produce – per brand propri come Ray Ban, Persol e Oakley, oltre al “marchio di fabbrica” Luxottica, o su licenza di nomi come Bulgari, Burberry, Giorgio Armani, Tiffany, Prada, Chanel – sono sul viso di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, e i numeri sono da multinazionale globale: 7,3 miliardi di euro di fatturato, oltre 75 milioni di montature prodotte all’anno, 70mila dipendenti e 7.000 negozi in 130 Paesi. Eppure la sede amministrativa, dove si prendono molte delle decisioni strategiche, è ancora ad Agordo, un paesino di 4.000 abitanti nelle Dolomiti bellunesi, dove l’azienda è nata nel 1961, e Luxottica resta una delle realtà globali a più forte integrazione verticale. Dall’approvvigionamento delle materie prime al design delle montature, fino alla vendita nella rete di negozi di proprietà, gran parte delle attività che portano un paio di occhiali dalla mente del designer al viso del consumatore sono interne. | 62 |

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Un percorso per trasformare tutti i sistemi verticali In una realtà del genere tutto ciò che riguarda il supply chain management assume quindi un’importanza particolare, e negli ultimi anni l’azienda ha intrapreso un progetto cruciale in quest’area, chiamato New Planning System (NPS), di cui abbiamo parlato recentemente con Enrico Mistron, Senior Vice President Supply Chain di Luxottica Group, a margine dell’evento JDA Focus Connect 2014 a Barcellona. «Quattro anni fa Luxottica ha iniziato un grande percorso di trasformazione dei sistemi, e di conseguenza dei processi organizzativi. È stato deciso di partire dalla standardizzazione di tutti i sistemi ERP su SAP, e in un secondo tempo di intervenire su tutti i sistemi verticali a supporto delle decisioni di business». Il progetto NPS riguarda appunto uno di questi ambiti, la gestione della supply chain. «Che è considerato importante perché


IN T E RV ISTA | L ux o t t ic a t ra sf o rma l a sua sup p ly c h ain

Un gruppo multinazionale da 7 miliardi di euro Fondata nel 1961 da Leonardo Del Vecchio, Luxottica oggi è uno dei principali gruppi mondiali nel mercato degli occhiali di fascia alta, di lusso e sportivi, con oltre 7.000 negozi sia nel segmento vista che sole. Tra i brand di proprietà figurano Ray-Ban, il marchio di occhiali da sole più conosciuto al mondo, Oakley, Vogue Eyewear, Persol, Oliver Peoples, Alain Mikli e Arnette, mentre i marchi in licenza includono tra gli altri Giorgio Armani, Bulgari, Burberry, Chanel, Dolce & Gabbana, Prada, Tiffany e Versace. Oltre a una rete “wholesale” globale che tocca 130 Paesi, il Gruppo gestisce alcune catene di ottica retail tra cui LensCrafters, Pearle Vision e ILORI in Nord America, OPSM e Laubman & Pank in Asia-Pacifico, LensCrafters in Cina, GMO in America Latina e Sunglass Hut in tutto il mondo. I prodotti del Gruppo sono progettati e realizzati in sei impianti produttivi in Italia (dove si realizza la metà della produzione globale), due in Cina, uno in Brasile e uno negli USA, dedicato agli occhiali sportivi. Nel 2013 Luxottica Group ha registrato vendite nette per oltre 7,3 miliardi di euro.

Luxottica è un “manufacturer” - tutto ciò che supporta la programmazione della produzione può dare vantaggi immediati di business -, e perché partivamo da una situazione con tanti sistemi diversi e non ben connessi tra loro, a cui dovevamo dare organicità».

Enrico Mistron Senior Vice President Supply Chain luxottica

In ambito di supply chain, continua Mistron, la gestione dei flussi “fisici” e di quelli informativi è ormai fortemente integrata. «Ogni anno introduciamo 10mila nuove Sku (stock keeping unit, ovvero codici articolo, ndr), e gestiamo oltre 25mila componenti acquistati, 20mila Sku di produzione, 70mila Sku attivi in magazzino, e sette diversi modelli di business. Questi flussi fisici sono regolati da quattro flussi informativi: sviluppo nuovi prodotti, pianificazione e previsione domanda, pianificazione di approvvigionamenti e produzione, pianificazione della distribuzione». «Alle prese con un’enorme complessità» Il progetto NPS si è concentrato inizialmente sul terzo di questi flussi, il sourcing & production planning, realizzando un sistema informativo basato su soluzioni software di vari vendor, con JDA Supply Chain Planning come “spina dorsale”, integrato con i vari sistemi ERP di Luxottica. Gli obiettivi principali sono l’integrazione e sincronizzazione dei piani di tutti i prodotti finiti e componenti, e il bilanciamento delle capacità degli impianti e delle scorte. NPS va considerato come il punto di partenza di un percorso d’innovazione dei sistemi

verticali di gestione della supply chain, sottolinea Mistron: nei prossimi tre anni verranno affrontate le altre componenti, quella di previsione e pianificazione della domanda, e quella fondamentale della distribuzione. «Siamo alle prese con un’enorme complessità, e dobbiamo sempre pensare a come ridurla: parliamo di decine di migliaia di codici, che non possiamo gestire singolarmente e quindi dobbiamo “clusterizzare” per gruppi omogenei; di una gamma di prodotti molto varia, con articoli a rapido turnover e articoli continuativi; di una domanda ben prevedibile per alcuni brand e modelli, e molto meno per altri; e di molte opzioni per www.ict4executive.it

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INTERVI STA | Luxo t t i ca t r as for m a l a s u a s u pply c h a in

«A prescindere dalla sede, business unit o divisione per cui lavorano, le persone della “famiglia professionale” supply chain in Luxottica devono avere chiaro il fatto che ogni anello della catena è fortemente interconnesso con l’altro, e ogni decisione che si prende a monte si riflette a valle e viceversa»

soddisfare questa domanda in termini di capacità, impianti, manodopera». Il sistema di gestione della supply chain, continua Mistron, opera automaticamente in base ad alcuni parametri definiti in fase di configurazione, ma c’è sempre un lavoro di “rifinitura” manuale, per cui Luxottica ha ora tre diversi livelli di pianificatori di produzione: capacity, central, e plant. «Ciascuno ha ruoli e compiti diversi, è owner di alcune attività di pianificazione e contributor di altre, ma tutti appartengono alla famiglia supply chain, e hanno obiettivi di servizi e di gestione scorte». Una “famiglia professionale” di 450 persone In tutto il gruppo Luxottica nel mondo, le persone che si occupano di supply chain sono circa 450. «Io parlo di “famiglia professionale”, perché a prescindere dalla sede, business unit o divisione per cui lavora-

no, queste persone devono avere chiaro il fatto che Luxottica ha l’ambizione di gestire la propria supply chain dall’inizio alla fine, dall’acquisto del componente al riassortimento del negozio, dalla pianificazione della domanda a quella della produzione, e che ogni anello della catena è fortemente interconnesso con l’altro, e ogni decisione che si prende a monte si riflette a valle e viceversa». Le sfide oggi per una struttura di supply chain management in un gruppo come Luxottica sono quindi essenzialmente due. «La prima è “organizzativa”, ed è di riuscire a far capire ai miei clienti interni (i responsabili di vendite, marketing, prodotti, e così via) che hanno un’intera organizzazione a disposizione per vendere ai loro clienti non solo un prodotto bello e qualitativamente eccellente, ma anche un servizio. Avendo internamente il controllo di tutta la “pipeline”, comprese le fabbriche che sono di proprietà, abbiamo la possibilità di fare grandi cose da questo punto di vista».

Quattro obiettivi per una pianificazione globale L’obiettivo del progetto NPS di Luxottica è una trasformazione dei processi di supply chain articolata in 4 punti. Il primo è l’integrazione e sincronizzazione dei piani di tutti i prodotti finiti e componenti: «Volevamo una visione centralizzata, estesa anche allo stabilimento cinese di “decorations”, che ora nel sistema è visto come centro di lavoro interno, e non più come fornitore», ci spiega Enrico Mistron, Senior Vice President Supply Chain di Luxottica Group. Il secondo è la centralizzazione del Master Production Schedule, che unifica tutte le precedenti istanze di produzione separate per i vari impianti. Il terzo è il “level loading”, il bilanciamento delle capacità degli impianti e delle scorte, «fondamentale in un business come il nostro, dove la forte stagionalità - soprattutto del segmento occhiali da sole - deve conciliarsi con i vincoli di rigidità degli impianti di produzione e in particolare delle risorse umane, visto che le competenze delle persone, che fanno la qualità del nostro prodotto, non si possono improvvisare: è la supply chain che deve compensare rigidità delle risorse e variabilità della domanda». Qui Mistron parla di obiettivi misurabili, tra cui riduzioni del 15% del “back order” (in estrema sintesi il tempo d’attesa tra ordine e consegna), e risparmi di 15-20 milioni di euro su un valore delle scorte totale di 240 milioni. Infine il quarto punto è la capacità di trattare il processo di “new product introduction” a sé, con specifica gestione della domanda e politiche di copertura.

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IN T E RV ISTA | L ux o t t ic a t ra sf o rma l a sua sup p ly c h ain Il monumento all’occhiale presso la sede di Luxottica ad Agordo

La seconda è operativa. «Il mercato è fatto ormai di cicli molto più brevi e imprevedibili, l’unico modo per rispondere è essere veloci e reattivi, anche dal punto di vista della supply chain». Il progetto NPS come abbiamo visto è un passo in questa direzione. «È paradossale pensare che i tempi di recupero delle informazioni che servono alla supply chain per poter pianificare oggi sono più lunghi dei tempi di elaborazione delle informazioni stesse: le tecnologie ci stanno mettendo a disposizione un grande potenziale per accorciare i tempi di risposta al mercato, e noi dobbiamo organizzarci per poterlo sfruttare al massimo».

ti vendita, l’attenzione - molto più forte dopo la crisi economica - ai temi della gestione delle scorte, dei magazzini, del cash flow, dei riassortimenti “mirati”, della pianificazione nel senso più lato».

L’IT supporta nuovi modelli di collaborazione con il retail

Un esempio è il progetto “Stars”, che riguarda i negozi di ottica: «Anziché andare a visitare il cliente per raccogliere soltanto gli ordini, ora gli proponiamo anche un servizio, la gestione dell’assortimento, indicandogli i modelli e brand che le nostre soluzioni di analytics ci dicono che potranno vendere di più nella sua situazione, e magari anche un servizio automatico di replenishment. Il titolare del negozio deve solo metterci a disposizione le informazioni necessarie, per esempio i dati di vendita, e gestire il negozio operativamente: noi pensiamo a tutto il resto».

Nel futuro, osserva Mistron, i dati social e in generale i Big Data avranno un impatto forte anche sul mondo della supply chain, «e stiamo studiando come fare leva su tutta la base informativa che abbiamo già per portare risultati al business. Ma negli ultimi anni ci siamo già mossi per evolvere la supply chain attraverso l’IT, supportando modelli innovativi di collaborazione che riflettono i profondi cambiamenti in corso nel mondo del retail: la concentrazione, l’aggregazione dei pun-

Un altro esempio riguarda clienti molto più grandi, le catene di department store, soprattutto americani: «Non è stato facile convincerli che scambiarci informazioni sarebbe stato vantaggioso per entrambe le parti, ma quando abbiamo iniziato a collaborare con uno, il passaparola ha aperto la strada ad altri accordi, per cui oggi lavoriamo in collaborative planning con Bloomingdale, con Nordstrom, e con tutti i più grandi player in questo campo del mercato nord americano».

«È paradossale che i tempi di recupero delle informazioni che servono alla supply chain per pianificare oggi sono più lunghi dei tempi necessari a elaborarle: le tecnologie ci mettono a disposizione un grande potenziale, dobbiamo organizzarci per sfruttarlo al massimo» www.ict4executive.it

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Os s e r vato rio di

DANIELE LAZZARIN

Gino Marchet Responsabile Scientifico Osservatorio contract logistics SChool of management, POLitecnico di milano

Logistica sempre più in outsourcing L’acquisizione di servizi esterni vale ormai quasi il 40% dell’intero mercato, con un fatturato stimato in aumento per il 2014 e il 2015, fino a superare gli 80 miliardi di euro. Cresce molto chi fa business in settori tradizionalmente a bassa incidenza di logistica conto terzi, e chi “accompagna” i clienti che puntano sull’internazionalizzazione. Le conclusioni dell’Osservatorio Contract Logistics 2014 del Politecnico di Milano

Continua a crescere in Italia l’incidenza dell’outsourcing sul mercato della logistica. Dal 2009 al 2012 infatti nel nostro Paese il fatturato della Contract Logistics (ovvero appunto la logistica conto terzi) è andata ben oltre l’andamento del PIL, salendo da 71,2 miliardi di euro nel 2009 a 77,3 miliardi nel 2012 (+8,5% in termini nominali e +1,2% in termini reali). Anche se la forte pressione sulle tariffe da parte dei committenti, la difficoltà dei consumi in Italia, e la contrazione dei flussi fisici hanno provocato una battuta d’arresto nel 2012, con un calo del 2,3% in termini reali rispetto al 2011, le attese sono di una ripresa della crescita: per il 2014 è stimato un fatturato di 79 miliardi, e per il 2015 di 81 miliardi. Altro elemento positivo, come accennato, è che anche se il fatturato è sceso, sempre più aziende fanno ricorso all’outsourcing dei servizi di logistica, visto che il rapporto tra mercato di Contract Logistics e mercato totale della logistica in Italia | 66 |

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è salito dal 36,4% del 2009 al 39,1% nel 2012. Sono questi i principali responsi della quarta edizione dell’Osservatorio Contract Logistics della School of Management del Politecnico di Milano, che però mette in luce diversi altri concetti interessanti. Tra questi la concentrazione del settore, e l’ascesa della componente strategica dell’outsourcing logistico. crescono la concentrazione e l’outsourcing strategico Nel primo caso i fornitori di servizi logistici sono calati in numero del 9,4% in quattro anni, anche se il fenomeno interessa principalmente i cosiddetti “padroncini”, diminuiti di oltre il 10% rispetto al 2009. Nel secondo caso, il mercato reale della logistica conto terzi in Italia (ossia il fatturato diretto alle aziende committenti, escludendo gli scambi interni alla filiera) è pari a quasi 43 miliardi


o sse rvat o rio | L o g ist ic a se mp re p iu in o ut so urc i ng

«In Italia il tasso di automazione è ridotto non perché siamo arretrati, ma per ragioni economiche: i flussi sono piccoli, il costo della manodopera basso, e la breve durata media dei contratti non stimola l’innovazione dei fornitori»

di euro nel 2012. Un dato in crescita del 3,5% in termini reali rispetto al 2009, e che come accennato rappresenta ormai quasi il 40% del valore complessivo della logistica in Italia, in costante aumento dal 2009. Nonostante il Commodity Outsourcing (l’esternalizzazione di singole attività logistiche elementari) resti l’approccio dominante in Italia, guadagna terreno lo Strategic Outsourcing, cioè la cessione di una parte del processo logistico, tra cui almeno trasporto e stoccaggio, passato da 7,5 a 8,5 miliardi di euro in quattro anni. Da sottolineare poi altri due responsi della ricerca. Uno è che non è affatto vero che “piccolo è bello”: le aziende con fatturato superiore ai 50 milioni di euro infatti continuano a crescere (+5,7% di fatturato in termini reali nel 2012 rispetto al 2011), mentre le altre sono in contrazione mediamente del 5,5%. L’altro sono i due fattori comuni che l’Osservatorio ha rilevato in tutti gli operatori a più alto tasso di crescita: la capacità di fare business in settori tradizionalmente a bassa incidenza di outsourcing logistico, e quella di “accompagnare” sul piano della logistica i clienti che internazionalizzano il proprio business.

economie di scala, apprendimento, innovazione di processi e governo dei flussi». Nell’ambito delle economie di scala, per esempio, continua Marchet, alcuni esempi di creazione del valore sono l’introduzione di depositi multiproduttore per condividere i costi fissi, le alleanze per condividere i network, l’utilizzo di sistemi IT in comune e il back-hauling (riduzione dei ritorni a vuoto). Più in generale, la Ricerca 2014 ha individuato tre diversi approcci – che possono coesistere – con cui un fornitore può offrire ai committenti valore, cioè un vantaggio competitivo che nasce dalla modifica della struttura di costo-servizio del processo logistico: l’Osservatorio ha battezzato questi tre approcci

Tre “falsi miti” da sfatare «Ci sono tre falsi miti da distruggere sulla logistica in Italia - ha spiegato Gino Marchet, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio -. Il primo è che siamo arretrati in questo campo, mentre in realtà siamo all’altezza dell’Europa in molti settori; il secondo è che l’automazione è ridotta perché in Italia siamo culturalmente arretrati, mentre in realtà in Italia i flussi sono relativamente piccoli, il costo della manodopera è basso, e la breve durata media dei contratti (2-3 anni) non stimola gli investimenti in innovazione dei fornitori». Il terzo falso mito è che in Italia si terziarizza la logistica solo per variabilizzare e ridurre i costi: «In realtà tutti i fornitori di servizi hanno strategie specifiche per creare valore, che si basano su www.ict4executive.it

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osservatori o | Lo gi s t i ca s e m pr e pi u i n ou t s ou rc in g

I tre approcci per creare valore L’Osservatorio Contract Logistics 2014 ha individuato tre approcci con cui un fornitore di servizi di logistica può offrire ai committenti un vantaggio competitivo: • l’approccio Volume-oriented, perseguibile attraverso la gestione efficiente di volumi elevati di merci, ad esempio, con l’organizzazione del trasporto per diversi clienti allo scopo di massimizzare il carico movimentato e lo sfruttamento dei ritorni a vuoto; • l’approccio Process-oriented che punta sull’innovazione di un processo attraverso il monitoraggio, il benchmarking e il miglioramento continuo di processi e performance; • l’approccio Innovation-oriented, che si basa prevalentemente sul coinvolgimento delle risorse aziendali a tutti i livelli gerarchici con l’obiettivo di stimolare la proattività dei manager e del personale operativo nello sviluppo di nuove idee utili alla reingegnerizzazione dei processi.

rispettivamente Volume-oriented, Process-oriented, e Innovation-oriented (ne parliamo più in dettaglio nel riquadro “I tre approcci per creare valore”). Gran parte degli approcci strategici per creare valore, comunque, hanno degli elementi in comune, tra cui il ricorso da parte dei fornitori di servizi logistici a partnership con altri operatori (cooperazione orizzontale), con i committenti, oltre che con i fornitori di sistemi IT e di handling. Da queste collaborazioni nascono team interaziendali il cui obiettivo è il miglioramento dei processi. La quarta edizione dell’Osservatorio Contract Logistics è stata realizzata in collaborazione con Assologistica e con il supporto di ICE, BCUBE, BRT, CEVA Logistics, CLO Servizi Logistici, FATA Logistic Systems, FERCAM, FM Logistic, GEODIS,

Innocenti Depositi, Jungheinrich, Logistica Uno, NEOlogistica, Norbert Dentressangle, Number1 Logistics Group, OM STILL, Replica Sistemi, Silvano Chiapparoli Logistica, TESISQUARE, Zeroquattro, Acxelera Italia, Gruppo Arcese, Brivio&Viganò, CHEP Italia, ConsiCopra, Difarco, Generix Group, Interporto Bologna, Linde Material Handling Italia, LOG4 e Multilogistics. Inoltre ai lavori durante l’anno hanno partecipato anche diversi Direttori Logistica & Operations di aziende committenti: Auchan, BasicItalia, Bayer, Bonduelle, Brembo, Chicco Artsana, Composad, Coop Consorzio Nord Ovest, Daikin, Dow, Granarolo, Gruppo PAM, Gucci, la Rinascente, Lechler, Leroy Merlin, Mondadori, Mondelez, Nestlè, Rhiag Group, Riello, Saipem, Samsung, Sirap Gema.

l’evoluzione del fatturato della logistica conto terzi in italia Fatt. 2012 (mln e)

Var% rispetto al 2009

Autrotrasportatori Società di capitali

25.619

+5,7%

Autotrasportatori Società non di capitali

14.070

-4,0%

Spedizionieri

14.275

+1,1%

Operatori logistici

28.926

+2,7%

Gestori di magazzino

27.540

-4,9%

Corrieri/ Corrieri espresso

25.160

+1,9%

Gestori di interporti / terminal intermodali

22.854

+15,8%

Operatori del trasporto ferroviario combinato

22.858

-10,8%

Il valore del fatturato delle aziende di logistica conto terzi è stato di circa 77 miliardi di e nel 2012 (+1,2% rispetto al 2009) Base 100: fatturato 2009

110

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-2,3%

+2,1% 100

95

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+1,3%

2009 Incremento % in termini reali

2010

2011

2012

Fonte: Politecnico di Milano

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Speciale “digital supply chain”

Il Circolo Virtuoso della Digital Supply Chain

La Digital Supply Chain abilita un’effettiva collaborazione con i fornitori e permette di disporre di una visibilità “end-to-end” dei dati, allineando i “flussi informativi” con i connessi “flussi merci” e garantendo che in ogni punto della catena vi sia un unico dato consistente in quanto aggiornato in modo appropriato e tempestivo. Al fine di condividere e gestire il patrimonio informativo, con tutti gli attori della catena di fornitura, è importante introdurre piattaforme progettate con logiche di condivisione e acquisizione multicanale dei dati, di tracciatura delle versioni dei documenti scambiati, di gestione dei processi approvativi (Workflow) e di invii proattivi di solleciti e notifiche così da rendere possibile: • la gestione strutturata dello scambio dei documenti con i fornitori, diminuendo “contatti informali”; • la memorizzazione di tutte le modifiche che avvengono durante il processo di fornitura; • l’interazione con tutte le tipologie di fornitori, utilizzando strumenti di comunicazione differenti in base alle singole tipologie. Queste funzionalità permettono di ottenere una visibilità ampia e granulare dei dati, in quanto gli stessi sono il risultato dell’integrazione dei flussi interni con quelli esterni in un unico modello-dati standardizzato e non solo della mera dematerializzazione dei documenti scambiati. L’aggiornamento tempestivo delle informazioni migliora il grado di conoscenza delle prestazioni della “Supply Base”, dalla fase di sourcing, al procurement fino all’execution, mitigandone i rischi. La digitalizzazione di un processo così ampio e articolato spesso viene affrontata per fasi, sfruttando le caratteristiche di piattaforme modulari e scalabili,

Visibilità “end-to-end” e collaborazione: sono gli obiettivi che è possibile ottenere con la piattaforma SCM di TESISQUARE ® , che permette di gestire in modo efficace il ciclo “Source-to-Pay” abilitando nuove dinamiche nelle relazioni

come TESI SCM, che permette di garantire la completa copertura del processo transazionale e, contemporaneamente, la possibilità di procedere progressivamente, senza introdurre frammentazione dei dati che potrebbe derivare, invece, dall’implementazione di software volti a informatizzare solo una singola fase del processo. Le singole funzionalità della piattaforma vanno opportunamente “combinate” così da definire la propria strategia di “Digital Supply Chain” e raggiungere i benefici attesi in termini di ottimizzazione dei tempi e dei costi.

Gestione efficace del ciclo Source-to-Pay I moduli di TESI SCM, di facile parametrizzazione, costituiscono una risposta all’esigenza di gestire in modo efficace il ciclo “Source-to-Pay” di servizi, beni diretti e indiretti, abilitando dinamiche di relazione caratterizzate da modelli di integrazione collaborativa. Permettono, inoltre, di superare sia la gestione manuale dei dati, sincronizzando le transazioni attraverso strumenti di collaborazione multicanale, sia la difficoltà di mappare alcuni processi d’acquisto nei sistemi gestionali, con i quali sono integrabili, consentendo così la digitalizzazione dell’intero processo: dalla selezione del fornitore, agli acquisti, alla gestione dei contratti, fino alle fasi esecutive dell’ordine, legate allo scambio di piani di lavoro, documenti di trasporto e consegna e fatture.

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Speciale “digital supply chain”

L’evoluzione del Product Lifecycle Management nell’era dell’Internet of Things

Nella Internet of Things gli oggetti diventano comunicanti grazie a sensori, tag RFid o NFC, ma anche ai codici bidimensionali di ultima generazione. Grazie all’identificazione automatica, integrata a una piattaforma di monitoraggio e controllo evoluta, il prodotto può essere seguito in modalità ravvicinata per tutto il suo ciclo di vita: dalla sua creazione alla distribuzione, dalla eventuale manutenzione al suo consumo fino ad arrivare al ricondizionamento o smaltimento. Le tecnologie dell’Internet of Things integrate al Product Lyfecycle Management (PLM) aprono dunque la strada a una nuova intelligenza di filiera che, in varia misura, porta vantaggi a tutti: produttori, fornitori, operatori logistici, distributori, manutentori e clienti finali. «Grazie alle tecnologie di connettività, che permettono di interagire con il contesto di riferimento, tutto acquista valore - spiega Jacopo Cassina, CEO di Holonix, spin off del Politecnico di Milano specializzata nello sviluppo di una nuova intelligenza di sistema a supporto del PLM -. Il prodotto non è più inteso come puro oggetto, ma assume valore per i servizi che offre e per l’ecosistema di cui è parte e con cui s’interfaccia». La chiave di volta per sfruttare al meglio l’innovazione tecnologica è concepire “nativamente” ogni oggetto, operando di convergenza tra mondo fisico e mondo digitale. Il valore aggiunto è la possibilità di gestire e storicizzare nel tempo tutte le informazioni legate a quell’oggetto: la sua origine, le sue caratteristiche, i materiali di cui è fatto e la sua componentistica, le sue funzioni, i suoi eventuali aggiornamenti o le attività di manutenzione associate alle sue prestazioni, gli operatori che interagiscono o hanno interagito con quell’oggetto, le specifiche legate al suo esau-

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Grazie all’identificazione automatica, integrata a una piattaforma di monitoraggio e controllo evoluta, il prodotto può essere seguito in modalità ravvicinata per tutto il suo ciclo di vita

Jacopo cassina CEO Holonix

rimento o al suo ricondizionamento e molto altro ancora. Indipendentemente dal settore, questo approccio che lega tecnologie IoT e la vision del PLM porta nuove economie di scala e nuovo valore aggiunto in termini di efficienza, ma anche di sicurezza e controllo, con la massima trasparenza informativa a tutti i livelli della Supply Chain produttiva e operativa. «Vediamo grandi possibilità nell’Internet of Things. Da troppo tempo se ne parla, ma non si è ancora arrivati a risposte davvero concrete - afferma Cassina -. Mancano ancora standard in grado di adattarsi e la capacità».

L’offerta di Holonix si declina in tre soluzioni di PLM diversificate. Studiata per il mondo industriale e manifatturiero, i-LiKe Platform consente di seguire l’intero ciclo di vita di un prodotto, si integra ai sistemi gestionali ed è utilizzabile in Cloud. Dedicata alla filiera alimentare, i-LiKe Food garantisce tracciabilità e fa sì che il consumatore, tramite QRCode, disponga di dati aggiuntivi sul prodotto. i-Captain, invece, è una App dedicata al mondo nautico che consente di gestire l’imbarcazione ed il suo ciclo di vita via Cloud.


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Speciale “security”

Allineare business plan e strategia di sicurezza Anche il più piccolo cambiamento nelle attività “core” può comportare un grandissimo problema di security. I responsabili dovrebbero perciò essere sempre informati sui progetti strategici e operare parallelamente con le altre divisioni aziendali

Affinché ogni IT manager possa operare con successo per un lungo periodo, è necessario che effettui valutazioni periodiche della sinergia fra la sua strategia di business e quella della sicurezza. Importanti eventi come ad esempio le acquisizioni non dovrebbero essere la sola occasione in cui vengono fatte tali valutazioni; in seno a un’azienda accadono costantemente dei cambiamenti e sorprende quanto velocemente possa svilupparsi una disconnessione. In questo articolo, vedremo quali “business event” possano richiedere una revisione della strategia di sicurezza della rete, cosa tale revisione dovrebbe includere e come possono essere evitati dei passi falsi nei confronti del management. Quando rivedere le strategie di sicurezza Le sostituzioni e le promozioni fra i dirigenti, o magari l’inizio dell’utilizzo di un prodotto o di un servizio, | 72 |

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possono cambiare rapidamente i driver di un determinato business. Ogni volta che un’azienda subisce un tale cambiamento, è essenziale che la strategia di security e le policy IT cambino in modo da fornire il tipo di sicurezza che l’evoluzione dell’organizzazione richiede. Un esempio è una grande organizzazione che per la prima volta ha reso accessibili online molti dei suoi prodotti e servizi. Malgrado il successo del cambiamento da una strategia di vendita “tramite catalogo” a un sito di eCommerce, tale azienda ha drasticamente incrementato la quantità di informazioni personali che consentono di identificare un individuo, sia nella rete interna sia in Internet. La policy di sicurezza della rete ha dovuto perciò essere aggiornata al fine di rendere sicuro questo cambiamento nel traffico. Tutti i collegamenti di rete al database dei clienti sono stati cifrati, i diritti di accesso degli utenti sono stati rivisti, e modificati ove necessario, e l’organizzazione ha cominciato a testare vari tool di extrusion detection dei dati.


Speciale “security” Per evitare una strategia di sicurezza disallineata, l’IT manager deve stare al passo con le differenti divisioni e con le loro strategie, ma anche con il modo in cui ciascuna di tali divisioni sta pianificando di perseguire quelle strategie. Se ci si assicura che tutte le parti siano allineate sia in relazione al business sia al livello di security necessario, si possono fare scelte più consapevoli quando si acquistano o si implementano tecnologie di sicurezza. Per esempio, se coinvolta nella fase iniziale di una nuova iniziativa di business, la ssecurity può essere progettata in modo che sia implementata sin dalle battute iniziali del progetto, in modo più efficace rispetto che provare a coinvolgere la sicurezza nelle fasi finali. I componenti chiave di qualsiasi strategia di sicurezza L’IT manager dovrebbe chiedersi se la strategia di sicurezza può: • Proteggere i dati, sia stazionari sia in transito attraverso la rete, secondo una precisa classificazione • Limitare le nuove e minacce emergenti • Massimizzare le risorse fornendo servizi in sicurezza • Soddisfare le conformità e i requisiti normativi Tutti i maggiori cambiamenti alla corrente strategia di security necessitano del supporto chiave dei top manager e devono essere controfirmati e supportati a livello di board. Le nuove iniziative di sicurezza che richiedono budget addizionali è più probabile siano approvate se coinvolgono il rischio e la conformità, due driver importanti per la governance. Ad esempio se il board ha chiara la responsabilità legale di un’adeguata protezione dei dati dei clienti, è più “facile” far approvare risorse aggiuntive. Un cambiamento nella politica di sicurezza richiede spesso nuovi prodotti o servizi. E tali prodotti o servizi non sono gratuiti. Così la chiave per aumentare il budget destinato alla sicurezza, è di provare a presentare una strategia modificata come componente di un’iniziativa volta al risparmio dei costi, come per esempio i progetti tecnologici che migliorano l’efficienza e riducono i costi generali. È essenziale, tuttavia, che il team di sicurezza valuti pienamente la tolleranza al rischio dell’organizzazione. Le strategie di security e di business il più delle volte divergono quando un team di sicurezza e i responsabili del business hanno idee differenti su quale sia l’appropriato livello di rischio dell’azienda. Ciò accade spesso quando un dirigente appena assunto viene da un’industria differente ed è abituato a operare all’interno di un diverso ambiente di rischio. Quando i team non sono

Come evitare la perdita di dati sulla nuvola Smartphone, tablet e phablet hanno interazioni con il Cloud fin troppo semplificate e automatiche, il che mette a rischio la sicurezza. La maggior parte (se non tutti) i dispositivi, offrono il backup dei dati sulla nuvola come opzione di serie o praticamente in automatico. Ma il cloud provider non è in grado di garantire formalmente la sicurezza. Come possono le aziende proteggere la sicurezza Mobile legata alla migrazione dei dati aziendali? Paradossalmente il primo approccio è quello di ignorare semplicemente che esista il problema, fidandosi del provider. Un altro è quello di istruire degli “ispettori” aziendali, mettendoli di guardia per rimuovere tutti gli smartphone, tablet, chiavette di memoria personali e così via in dotazione al personale e ai visitatori. Rispetto al BYOD è un ritorno all’età della pietra, ma può avere il suo perché. Se poi il reparto IT può fare in modo di eliminare la connessione al Cloud anche al parco installato di pc e laptop, la sicurezza è assicurata. Questo oscurantismo della mobility, che ne limita i vantaggi, non serve comunque a mitigare i rischi di fughe di dati. Un uso più illuminato della mobilità associata ai nuovi modi di fare business e di supportare la produttività individuale prevede invece la definizione di politiche precise associate all’ Enterprise Mobility Management. Esistono diverse alternative, che possono variare da azienda ad azienda. In ogni caso, per garantire la sicurezza di smartphone, tablet e phablet, assicurando la protezione dei dati e degli accessi ci sono 7 azioni strategiche da intraprendere: • Incrementare le attività di educazione del personale in merito ai rischi • Definire corsi di formazione manageriale per supportare la qualità della governance • Provvedere ad aggiornare regolarmente dipendenti e manager sui rischi della sicurezza • Definire le cosiddette Acceptable-Use Policies (AUP), ovvero una serie di regole stabilite, formalizzate e condivise tra tutto lo staff aziendale, in modo da assicurare la massima trasparenza informativa in merito a licenze, contratti e rischi • Definire procedure correttive nei confronti di chi trasgredisce alle AUP in modo da consolidare l’effettiva validità delle stesse • Definire degli standard, dei modelli e delle best practice per il settaggio dei device mobili e per i servizi gestiti centralmente • Introdurre, laddove possibile, sistemi di controllo e di monitoraggio della rete in modo da verificare se insorgono download anomali di file e quando, attraverso una reportistica dettagliata.

della stessa opinione, le difese sono sovra o sotto stimate e i budget vengono sprecati. È una sfida trovare una strategia di sicurezza capace di allinearsi con i business plan. Le modifiche della policy richiedono la comunicazione e la cooperazione fra tutti i reparti e la chiave è riassicurare che la strategia di sicurezza sia vista come un abilitatore del business e non un disabilitatore. www.ict4executive.it

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Speciale “security”

Quando i rischi derivano dai comportamenti degli utenti “fidati”

I dati sugli attacchi informatici di questi ultimi anni hanno evidenziato come siano aumentate esponenzialmente le minacce originate dagli utenti interni alle aziende, quelli generalmente considerati “fidati”. Stiamo parlando, per esempio, dei rischi che derivano dall’accesso da parte di dipendenti o fornitori a dati sensibili che risiedono nelle infrastrutture IT della stessa azienda per cui lavorano, oppure dalla mancanza di un adeguato controllo della navigazione web e della posta elettronica. «Sono situazioni che possono portare all’infezione di molti sistemi critici attraverso anche tecniche sofisticate come per esempio l’APT (Advanced Persisten Threats), attacchi che arrivano a installare malware all’interno delle reti e far uscire informazioni di valore, che tra il 2012 e il 2013 sono cresciuti del 446%, come emerge dai dati del Rapporto Clusit 2014», spiega Walter Russo, Direttore Tecnico di Horus Informatica, società specializzata in questo ambito. Ad aggravare questa situazione c’è anche il trend del BYOD (Bring Your Own Device), ovvero l’abitudine degli utenti a usare smartphone o tablet personali per usi professionali, una situazione fuori controllo dove la pericolosità dell’utente, o se vogliamo del device stesso, viene ulteriormente accentuata. Gli attacchi possono dunque essere causati da una manipolazione inconsapevole dell’utente da parte di aggressori esterni, o dall’ignoranza degli utenti nel provocare l’insediamento di codice dannoso o ancora da un intento doloso dell’utente stesso a provocare danni alla rete. In tutti questi eventi, però, il filo conduttore è il ruolo degli utenti.

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sempre più spesso le minacce arrivano dall’interno. la tecnica User Threat Quotient (UTQ) aiuta le aziende a proteggere le proprie informazioni identificando in modo semplice i fattori di rischio attraverso l’analisi comportamentale

Walter Russo Direttore Tecnico Horus Informatica

Ne consegue che conoscere cosa succede fuori dalla rete è importante quanto avere traccia di cosa accade al suo interno. Proprio per questi motivi e in relazione ai relativi danni economici e intellettuali che ne conseguono, si stanno introducendo nuovi strumenti in grado di correlare le minacce per identificare, mitigare e difendere il patrimonio digitale delle aziende. La soluzione Cyberoam, distribuita in Italia da Horus Informatica, può essere usata come strumento in grado di identificare e prevenire gli attacchi da parte di utenti e device aiutando così le aziende a proteggere le proprie informazioni e identificando i fattori di rischio attraverso l’analisi comportamentale degli utenti. Questo tipo di analisi prende in Cyberoam il nome di User Threat Quotient (UTQ) e consente ai responsabili di avere una fotografia chiara del fattore di pericolosità connesso alle attività degli utenti. «Grazie alle indicazioni derivate dalla tecnologia UTQ il risk management, connesso allo stato degli utenti, diviene semplice e immediato consentendo di applicare le politiche di sicurezza adeguate e allo stesso tempo attivare corsi di formazione ed educazione utenti mirati e quindi efficaci», conclude Russo.


m a n ag e m e nt

Startup Boosting

MISSIONE

Giocare un ruolo sempre più attivo nello stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali in ambito digitale in Italia: è questo l’obiettivo che gli Osservatori Digital Innovation si pongono nella convinzione che ciò rappresenti un ingrediente fondamentale per il rilancio della nostra economia. Per questo motivo nasce il progetto Startup Boosting che intende identificare le idee di business e i progetti imprenditoriali più innovativi nei diversi settori digitali, che saranno supportati e seguiti nel loro sviluppo. CHI PUÒ PARTECIPARE

AMBITI DI APPLICAZIONE

Possono partecipare: • persone fisiche (singole o in gruppo) in possesso di un’idea di business fortemente innovativa; • aziende in fase di startup e con elevato potenziale di crescita; • imprese anche già avviate che abbiano sviluppato innovative idee di business.

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COSA OFFRE

I candidati che supereranno il processo di valutazione: • saranno supportati nella messa a punto del progetto imprenditoriale, con l’obiettivo di accelerarne lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi di business; • avranno la possibilità di frequentare gratuitamente un percorso di alta formazione presso il MIP – la Business School del Politecnico di Milano – finalizzato ad accrescere le competenze e l’empowerment del gruppo imprenditoriale; • saranno supportati nella ricerca dei capitali di rischio necessari.

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MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE

• La partecipazione è gratuita. • Per iscriversi compilare il Form di registrazione sul sito www.startupboosting.com che include una breve descrizione del progetto imprenditoriale, in cui vengono messi in evidenza: prodotti/servizi innovativi erogati, mercato target, principali concorrenti, fatturato previsto e investimenti stimati (anche solo in modo approssimato). • Ogni mese vengono valutate le proposte pervenute.

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Speciale “security”

IT security: cresce la preoccupazione, ma non gli investimenti

Anche in Italia, la stragrande maggioranza dei CIO e dei CTO (93%) pensa che sia sempre più arduo mantenere la propria organizzazione protetta dagli attacchi all’IT, in uno scenario in cui la frequenza e complessità delle minacce continua a salire. Il dato è posto in evidenza da una survey condotta dalla società di ricerche Lightspeed GMI per conto di Fortinet, su oltre 1.600 decision maker aziendali del settore IT, e appartenenti ad aziende con più di 500 dipendenti. Filippo Monticelli, Country Manager di Fortinet Italia, conferma il quadro: questa percezione è viva, specie nelle grandi aziende, anche se talvolta ciò non corrisponde a reali investimenti per migliorare la situazione dell’IT security: «Nel mondo IT italiano riscontriamo difficoltà, sui budget, sulle risorse da mobilitare, e soprattutto sulla capacità di recepire le nuove esigenze legate allo sviluppo del business». Il core business dell’azienda resta saldamente ancorato alla piattaforma FortiGate per la sicurezza di rete, un’area in cui la crescita si mantiene significativa. Nelle organizzazioni c’è poi la necessità di soluzioni che, partendo dalla sala dati, siano in grado di rispondere ai requisiti di Application security. Su tale versante Fortinet, sottolinea Monticelli - grazie all’integrazione, nell’architettura hardware delle proprie appliance e soluzioni, di chip ASIC specializzati e dedicati all’elaborazione e analisi del traffico - è in grado di alleviare il carico di lavoro sostenuto dalla CPU principale. E ciò, secondo l’azienda, permette di fornire soluzioni e funzionalità di application security in ambito data center caratterizzate da elevati throughput, livelli di prestazioni, e sopratutto un ottimo rapporto price/performance.

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C’è ancora molto lavoro da fare sul rinnovamento dei sistemi di protezione nei data center; restano però i limiti di budget, e non solo. L’analisi di Fortinet

Filippo monticelli Country Manager Fortinet Italia

Un altro elemento di differenziazione, aggiunge Monticelli, è poi la completezza dell’offerta: «Siamo uno dei pochi vendor in grado di affrontare a 360 gradi il tema Unified Threat Management’ (UTM), indirizzando la sicurezza unificata a ogni livello, e con prodotti che spaziano dalle appliance entry-level, ai sistemi midrange, fino alle soluzioni high-end». Nel campo della Internet of Things (IoT), Fortinet ha avviato iniziative in ambiti come l’energia, il settore retail e gli ambienti di fabbrica, dove sono ancora diffusi delicati protocolli di comunicazione industriali proprietari. Quanto al Cloud, un’altra area di intensa attività per l’azienda è quella dei ‘security services’, in cui Fortinet sta collaborando con VMware, come con altri player chiave del settore, per fornire servizi di sicurezza IT evoluti e unificati su reti fisiche e virtuali. In Italia, resta comunque ancora molto lavoro da fare sul piano dello svecchiamento dei data center, e di molte applicazioni obsolete, non più all’altezza di proteggere contro le attuali minacce. Ma chi sta innovando di più in Italia? «Oggi stiamo lavorando soprattutto con aziende medio-grandi, ad esempio nel mondo finance e telco. Ma nei prossimi anni l’ambito small and medium business sarà quello con maggior spazio di crescita».


METTI IN SICUREZZA IL BUSINESS INSIEME FACCIAMO CRESCERE IL TUO BUSINESS Il settore della sicurezza IT sta cambiando rapidamente. Kaspersky Lab è da sempre leader riconosciuto in tutto il mondo nella tecnologia di protezione antivirus e ricerca antimalware. Il Partner Program di Kaspersky Lab affianca e supporta i partner per massimizzare le grandi opportunità che il settore della sicurezza IT offre:

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Speciale “security”

Ripensare la sicurezza del data center

L’occasione di un cambio di sede per ripensare le infrastrutture IT anche sotto il profilo della sicurezza. Lo ha fatto quest’anno la piemontese Sistemi: «Abbiamo investito per dare più spazio alle nostre risorse - spiega Enrica Eandi, Amministratore Delegato della società -, ma anche ai nostri software e alle nostre applicazioni con lo sviluppo di una nuova server farm adatta ad affiancare quelle esistenti e sostenere le esigenze di crescita future». Un progetto che ha previsto il ridisegno del data center e delle logiche della sicurezza realizzato con PRES, Gold Partner di Cisco, di cui ci raccontano i dettagli Eandi assieme a Fabio Torrengo, Responsabile per le risorse tecnologiche di Sistemi. Quali sfide caratterizzano oggi il business di Sistemi? Eandi - Lavoriamo da sempre con telematica e IT che oggi si chiamano internet e soluzioni digitali. Valutiamo le soluzioni più innovative e le mettiamo a disposizione dei clienti, facendoci carico dei loro problemi. Professionisti e imprese, nostri clienti, si aspettano soluzioni semplici, efficienti, economiche oltre che aggiornate dal punto di vista normativo. Un compito che assolviamo da quarant’anni e anche oggi, nell’era della rete e della mobilità. Se in passato contavano solo la qualità del software e la prontezza degli aggiornamenti, oggi ci sono i contesti d’uso in locale o in cloud, nell’ambito di un’installazione dedicata oppure con soggetti diversi. Occorre visione strategica per affrontare scenari che cambiano molto velocemente, investire in ricerca e sviluppo, fare buone scelte in fatto di tecnologie e di partner. La sfida è la stessa di sempre: fornire agli

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Per sostenere la crescita dell’offerta cloud, la torinese Sistemi Spa ha deciso di creare una nuova server farm e rivedere l’infrastruttura di rete e le soluzioni di sicurezza, in linea con le esigenze attese del business

utenti soluzioni più semplici e lineari possibili, anche a fronte di scenari complessi. Come si traduce il cambiamento in termini di esigenze IT? Eandi - Le parole chiave sono due: cloud e mobilità. Le nostre soluzioni devono funzionare indifferentemente in locale o in cloud, cosa che ha richiesto la reingegnerizzazione del software e dei servizi di complemento. È stato necessario un cambio di mentalità, prima ancora che di applicativo. Dal punto di vista industriale, lo sviluppo dell’offerta cloud ci ha portato, già dal 2008, a realizzare nostre “Service Farm” da cui eroghiamo i servizi e soluzioni in modalità SaaS. C’è poi la mobilità, con le sue peculiarità che riguardano dispositivi, app, supporto per diversi sistemi operativi, ma anche funzionamento off line, visualizzazione su piccoli display e così via. Un mondo con enormi opportunità nel quale ci stiamo impegnando, a cominciare dalle competenze per poi investire sulle infrastrutture. Che cosa ha significato il cambiamento sul fronte delle esigenze di sicurezza? Torrengo - La sicurezza è un elemento centrale per poter essere credibili come fornitori di soluzioni software e servizi. Significa preoccuparsi che anche ‘nella nuvola’ ognuno veda solo i suoi dati. Significa dotarsi di sistemi intelligenti e proattivi per la gestione dei picchi di utilizzo dei server. Significa avere delle procedure certificate per la gestione tanto dell’ordinaria amministrazione quanto delle non conformità. Non si


Speciale “security”

«Come erogatori di servizi Cloud non potevamo permetterci disservizi durante la fase implementativa. La sfida è stata vinta e da quando è in linea la nuova soluzione non abbiamo più avuto indisponibilità di rete» può dormire sugli allori, occorre tenere il passo di un mercato che richiede standard di servizio sempre più alti. E in tanti anni di presenza sul mercato cloud possiamo affermare di non aver mai perso un bit di dati dei nostri utenti. Come è nato il progetto e quali sono state le scelte fondamentali? Torrengo - Sistemi ha scelto di avere server farm proprietarie, cosa che comporta la necessità di tecnologie avanzate per garantire i servizi erogati in cloud agli utenti. Le nostre server farm sono realizzate con i migliori standard di mercato per consentire, anche nella modalità di utilizzo del software via internet, qualità, sicurezza, continuità di servizio e ottime prestazioni. Avevamo quindi ben chiaro dall’inizio la necessità di dotarci delle infrastrutture migliori in fatto di sicurezza e di rete. Pensiamo infatti che la connettività sia la spina dorsale di un moderno data center e quindi abbiamo analizzato in modo comparato le infrastrutture delle società leader, fissando incontri diretti, approfondendo offerte e referenze. Cisco ci ha fornito la proposta migliore, basata sugli switch modulari Nexus a cui sono connessi i server, fino ai Firewall ASA e ASR di edge. Quali sono stati gli elementi chiave della realizzazione? Torrengo - La tecnologia Cisco Nexus ci ha permesso di poter gestire il network a 10 Gbps. Grazie alle solu-

zioni di sicurezza Cisco, abbiamo potuto introdurre un secondo livello di sicurezza nel data center e le nuove funzionalità di Next Generation Firewall per la protezione perimetrale utilizzando ASA con servizi FirePOWER. Le fasi principali, pianificate con PRES, hanno riguardato in sequenza: la definizione del progetto, l’assessment, la stesura del progetto in dettaglio, l’installazione, la configurazione/attivazione e la migrazione dell’infrastruttura, il tuning, il collaudo dell’infrastruttura. L’implementazione ha impegnato un team di 12 persone costituito dall’ICT di Sistemi e specialisti di PRES per 9 mesi. Come erogatori di servizi Cloud non potevamo permetterci disservizi durante la fase implementativa. La sfida è stata vinta e da quando è in linea la nuova soluzione non abbiamo più avuto indisponibilità di rete. Qual è stato l’impatto sulle persone? Torrengo - Il progetto ha permesso al nostro team di accrescere le competenze attraverso quelle del partner PRES, quindi fare esperienza con la Cisco Prime Infrastructure, console usata per monitorare gli eventi e lo stato dei dispositivi, e configurare apparati. Il team ICT interno si sta ancora formando. Abbiamo pianificato un percorso di aggiornamento periodico che sarà erogato dal partner. Questo impegno ci permetterà di fornire ai nostri utenti competenza e tempestività di assistenza anche sul fronte della sicurezza.

Chi è PRES Fondata a Torino nel 1988, PRES è specializzata nella realizzazione di servizi e soluzioni IT che accrescono la performance e accelerano il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Le soluzioni puntano ad aumentare la competitività, garantire compliance e sicurezza, razionalizzare i costi e ottimizzare i processi. Si affiancano alle competenze d’integrazione nel networking, sistemi di security, data center e collaboration sia nelle modalità on premise, sia cloud e ibride. Attraverso la struttura Managed Services, PRES supporta le aziende che scelgono di focalizzarsi sulle proprie attività strategiche. Attraverso una divisione dedicata e i Learning Center di Torino, Milano e Roma, eroga formazione ai professionisti dell’IT con corsi ufficiali certificati, tenuti da specialisti. È certificata Cisco Gold Partner e Cisco Learning Partner.

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Os s e r vato rio

di

andrea lamperti

school of management politecnico di milano

Turismo, 9 miliardi dai canali online. Digitale già diffuso tra gli operatori Gli acquisti di pernottamenti, servizi di trasporto e pacchetti viaggio in Italia nel 2014 hanno prodotto un fatturato di 50 miliardi di euro, di cui il 18% dall’eCommerce, componente in crescita annua del 10%. L’avvento delle soluzioni digitali sta provocando grandi cambiamenti nel settore. Dalle indagini su Agenzie di Viaggio e Strutture Ricettive emerge un uso elevato - ma non ancora strutturato e strategico - di questi strumenti a supporto delle fasi di relazione con il cliente

In Italia il turismo è uno dei settori più importanti, vale oltre il 10% del PIL e impegna migliaia di imprenditori e operatori, e milioni di lavoratori. Inoltre nel comparto sta fortemente crescendo l’uso delle tecnologie digitali, sia nella relazione con il turista, sia nella gestione interna dei servizi offerti. Per questi motivi la School of Management del Politecnico di Milano ha avviato l’Osservatorio “Innovazione Digitale nel Turismo”, che recentemente ha presentato il suo primo rapporto. In un ambito così ampio, l’Osservatorio si è concentrato sui temi che più impattano sul rapporto tra canali fisici e digitali nel Turismo, che sta generando importanti cambiamenti nel settore. I principali filoni di Ricerca sono stati la quantificazione del mercato digitale, e l’adozione di strumenti digitali da parte delle Agenzie di Viaggio e delle Strutture Ricettive. Gli acquisti 2014 per Turismo e Viaggi in Italia, sia riguardanti gli italiani che restano in Italia o che | 80 |

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vanno all’estero, sia gli stranieri che vengono in Italia, sono in leggera crescita (+1%) rispetto all’anno precedente, e sfiorano i 50 miliardi di euro. 20% della spesa digitale dall’estero Questa crescita limitata deriva da due componenti con andamenti molto diversi: una spesa tradizionale, tramite canali non digitali, stazionaria rispetto al 2013; e una spesa più innovativa, che passa attraverso i canali digitali, in crescita del 10%, per un valore vicino a 9 miliardi di euro nel 2014. Il peso della componente digitale sul totale è quindi cresciuto in valore, dal 16% del 2013 al 18% del 2014, e in termini di importanza nelle considerazioni strategiche delle aziende di settore. Concentrandosi sulla spesa digitale, il 46% è riconducibile a viaggi domestici (+11% rispetto al 2013), il 34% è generato dai viaggi di italiani all’estero (outgoing), in crescita annua del 9%, e il ri-


o sse rvat o rio | T urismo , 9 mil ia rdi da i c a n a l i o n l ine

manente 20% è la spesa degli stranieri in Italia (incoming), in crescita del 6% rispetto al 2013. da mobile acquisti per 340 milioni Concentrandosi sulla sola spesa degli italiani in Turismo e Viaggi, intesa come somma di mercato domestico e outgoing, il valore è di circa 31,5 mld di euro nel 2014, in crescita dell’1% rispetto al 2013. La spesa digitale degli italiani vale invece poco più di 7 mld nel 2014 (+10% rispetto al 2013), con un peso sul mercato totale aumentato dal 20% al 22%. Cresce sul canale digitale il transato di tutti i settori merceologici: quello raccolto dalle strutture ricettive (11% del totale) aumenta del 6% rispetto al 2013, quello dei trasporti – che è la componente principale, incidendo per il 77% - dell’11%, quello dei pacchetti viaggio (il 12% del transato) del 13%. La componente Mobile vale circa il 5% della spesa digitale in servizi turistici, per un valore di circa 340 milioni nel 2014, in crescita del 40% rispetto ad un anno fa. Cresce anche la componente pc, seppur a un ritmo inferiore (+9%). Questi dati evidenziano che gli attori del settore dovranno adattarsi rapidamente alla grande diffusione di smartphone e tablet: oltre a “digitalizzare” la propria offerta, dovranno essere presenti in particolare sul canale Mobile, che sempre più influenzerà e veicolerà le vendite turistiche nei prossimi anni.

dei rispondenti non utilizza strumenti digitali a pagamento (34%). Tra i canali gratuiti, quasi la totalità ha attivato un sito web (82%), mentre il 70% invia email pubblicitarie al proprio database contatti e il 60% utilizza fan page e profili all’interno di social network. Solo il 4% non utilizza strumenti digitali gratuiti. Nella fase di formazione della proposta di viaggio ai clienti, una parte rilevante utilizza i motori di ricerca (70%) e il sito web del fornitore del servizio (67%). Gli agenti di viaggio ritengono che le prenotazioni tramite sito web del fornitore incidono di più sul proprio fatturato, mentre email (86%) e sms (81%) sono gli strumenti preferiti per interagire con il cliente mentre è in viaggio. Più della metà usa anche i social network. Nella fase post viaggio, sono utilizzati principalmente le email personalizzate (61%) e i social network (38%). I fattori che per gli agenti di viaggio saranno discriminanti nella scelta tra canale online e tradizionale sono in particolare l’assistenza prima, durante e post viaggio, la creazione di un legame di fiducia con l’agente, e la sensazione di maggior sicurezza se il viaggio ha alto valore monetario. Dall’indagine emergono anche alcune difficoltà rispetto agli strumenti digitali: il 16% non possiede le competenze tecniche, il 13% non ha tempo per gestirli al meglio, il 9% si lamenta degli eccessivi costi di implementazione e gestione. Ben il 45% non segnala difficoltà, dato che può nascondere un utilizzo semplicistico di questi strumenti.

agenzie di viaggio: l’online È cruciale per assistere il cliente Per comprendere al meglio l’impatto del digitale sulla filiera del Turismo, l’Osservatorio ha effettuato un’indagine su oltre 500 Agenzie di Viaggio, che dichiarano un uso diffuso di strumenti digitali in tutte le fasi di relazione con il cliente: il 74% li utilizza per comparare le alternative da offrire; il 70% per comunicare con il cliente durante il viaggio; l’82% per raccogliere impressioni dopo il viaggio; il 77% per raccogliere dati digitali per inviare altre comunicazioni al cliente. Per promuovere l’offerta, le Agenzie di Viaggio utilizzano sia canali a pagamento sia gratuiti. Tra i primi prevalgono le pubblicità sui social network (29%) e sui motori di ricerca (26%). Più di un terzo www.ict4executive.it

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osservatori o | Tu r i s m o, 9 m i l i ar d i dai canal i o n l in e

La componente Mobile vale il 5% della spesa digitale in servizi turistici, per un valore di circa 340 milioni nel 2014, in crescita del 40% rispetto al 2013. Cresce anche la componente pc, a un ritmo più basso (+9%)

strutture ricettive, il 78% raccoglie i dati dei clienti L’indagine sulle Strutture Ricettive, che ha coinvolto oltre 1.700 esercizi, evidenzia un alto utilizzo degli strumenti digitali in tutte le fasi di relazione con i clienti. Il 98% ha un proprio sito web, l’86% ha anche un proprio profilo su almeno un social network: il più diffuso è facebook, seguito a distanza da Google Plus e Twitter. Meno comuni (39%) le strutture che hanno sviluppato una propria App. Mediamente il 25% del fatturato di una Struttura Ricettiva viene da prenotazioni intermediate dalle OTA, il 20% da Tour Operator, Agenzie di Viaggio tradizionali e grossisti. Ben il 44% viene da prenotazioni dirette del cliente finale, di cui circa la metà via email, e una su cinque sul sito internet della struttura stessa. Circa i tre quarti dei rispondenti fanno attività di promozione verso i nuovi clienti. Oltre al sito della struttura e al suo profilo sui social network, circa il 50% svolge attività di Search Engine Optimization (SEO). Per fini promozionali, più del 40% utilizza i siti web del proprio territorio e/o della propria destinazione per pubblicare link e contenuti. Tra i canali di promozione digitali a pagamento, utilizzati da oltre il 70% di chi fa promozione, il preferito è la pubblicità a pagamento sui motori di ricerca (43% circa dell’intero campione). Vi è poi la pubblicità sui social network (37%), quella su siti web legati al territorio e alla destinazione (25%) e quella su blog di viaggio e community online (15%). Il 78% dei rispondenti raccoglie in formato digitale i dati anagrafici dei clienti, il 67% anche i recapiti. Il 63% delle strutture che si rivolge a chi ha già soggiornato presso di loro si limita a mandare messaggi standardizzati: solo il 36% li personalizza sulla base delle scelte d’acquisto precedenti del cliente (raccolte in formato digitale dal 38% dei rispondenti). È significativo notare che le strutture che inviano comunicazioni personalizzate riescono a incrementare del 7% circa le prenotazioni dirette. L’indagine si è infine concentrata sulle attività | 82 |

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di gestione di feedback e commenti della clientela, svolte dal 96% del campione. Di queste, quasi la totalità (97%) legge le recensioni online su siti internet specializzati e OTA, in diversi casi spingendo anche i clienti a pubblicare recensioni e commenti (62%). A rispondere con regolarità alle recensioni su questi siti è il 55% delle strutture, mentre il 47% ha sviluppato degli strumenti propri (digitali o cartacei) per la raccolta dei feedback dei clienti. turismo digitale: lo stato dell’arte Questa prima Ricerca dell’Osservatorio conferma con forza che l’avvento del digitale nel mondo del Turismo prospetta notevoli cambiamenti per tutti gli attori. Cambiamenti che garantiscono nuove opportunità per chi sa adattarsi velocemente al nuovo contesto, e generano difficoltà per chi invece non ne capisce la portata. La quantificazione del mercato evidenzia il passaggio ineludibile dai canali tradizionali a quelli digitali in tutti i segmenti analizzati. Un passaggio naturale spinto dalla tendenza dei consumatori a cercare online prezzi inferiori. La componente maggiore del transato rimane legata al ticketing, per la semplicità intrinseca e percepita del servizio, rispetto a un soggiorno o a un pacchetto viaggio. Dalle indagini su Agenzie di Viaggio e Strutture Ricettive emerge chiaramente la già diffusa presenza degli strumenti digitali a supporto delle fasi di relazione con il cliente. A questa presenza tuttavia non segue una reale conoscenza e un utilizzo strutturato e strategico di questi strumenti. Le Agenzie di Viaggio dedicano ancora molto tempo alla fase pre-viaggio, non sfruttando appieno le opportunità digitali di continuo contatto con il turista anche nelle fasi successive del viaggio. Le Strutture Ricettive invece utilizzano i diversi canali digitali in maniera sovrapposta e ridondante per arrivare al cliente finale, senza un vero processo di ottimizzazione. Anche la raccolta dei dati e dei riscontri dai clienti, facilitata dagli strumenti digitali, spesso è trascurata o non sfruttata appieno.


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Il progetto si declina in un trimestrale cartaceo, in una serie di newsletter digitali verticali e in un insieme di siti tematici, che si rivolgono a specifiche community di Manager, Professional ed Executive. Le tematiche coperte sono molteplici e includono, tra le altre, Cloud Computing, Dematerializzazione, Supply Chain, Logistica, Acquisti, Sanità, Piccole e Medie Imprese, Internet of Things, ICT per i Professionisti, Canale ICT.

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PROSSIMI EVENTI LA SCHOOL OF MANAGEMENT

La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management, dell’economia e dell’industrial engineering che il Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse strutture interne e consortili. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS. Dal 2009 è nella classifica del Financial Times delle migliori Business School d’Europa.

GLI OSSERVATORI DIGITAL INNOVATION

Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative nell’ambito delle ICT: Agenda Digitale, Big Data Analytics & Business Intelligence, Canale ICT, Cloud & ICT as a Service, Cloud per la PA, Collaborative Business Application, Digital Business - Innovation Academy, eCommerce B2c, eGovernment, eProcurement nella PA, Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Gestione Progettazione e PLM, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT & PMI, ICT & Professionisti, ICT Accessibile e Disabilità, ICT nel Real Estate, Innovazione Digitale in Sanità, Innovazione Digitale nel Retail, Innovazione Digitale nel Turismo, Innovazione Digitale nelle Utility, Internet of Things, Intranet Banche, Mobile & App Economy, Mobile Banking, Mobile Enterprise, Mobile Marketing & Service, Mobile Payment & Commerce, Multicanalità, New Media & New Internet, Smart Manufacturing, Smart Working, Startup, Supply Chain Finance. OSSERVATORIO MOBILE PAYMENT & COMMERCE

19 FEBBRAIO 2015

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014 Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano

La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, si è posta i seguenti obiettivi: monitorare lo scenario internazionale e nazionale del Mobile Payment & Commerce, censendo e studiando i casi più interessanti; stimare il valore del transato attuale e le previsioni di crescita per i prossimi 3 anni; studiare l’attuale filiera e la filiera potenziale (player coinvolti, ruoli e attività); analizzare i potenziali servizi che possono essere contenuti in un Mobile Wallet (trasferimenti di denaro, pagamenti in remoto e in prossimità, sistemi di identificazione e di accesso, soluzioni di loyalty & couponing, ecc.); censire le principali startup in ambito Mobile Payment & Commerce e identificare le più siginificative direttrici di innovazione. I risultati della Ricerca presentati saranno poi discussi con i principali player del mercato: Telco, Banche, Service & Technology Provider.

OSSERVATORIO ICT & PROFESSIONISTI

26 FEBBRAIO 2015

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014 Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Bovisa Via Durando 10, Milano

24 MARZO 2015

La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, ha analizzato nel suo complesso l’ecosistema dei Professionisti, composto dai Professionisti stessi (Avvocati, Commercialisti e Consulenti del Lavoro), i loro Clienti (in particolare le PMI) e i loro fornitori (Vendor e Canale). L’edizione 2015 si è posta i seguenti obiettivi: aggiornare la conoscenza sulla diffusione delle tecnologie informatiche e digitali utilizzate negli Studi Professionali; comprendere come i Clienti dei Professionisti (principalmente le PMI) li percepiscono e quali servizi utilizzano o vorrebbero ricevere; approfondire i cambiamenti che sta vivendo il canale distributivo di ICT, che si rivolge ai Professionisti; far emergere i segnali forti di cambiamento in essere e a tendere, che propongono nuovi modelli organizzativi e di business da parte di Avvocati, Commercialisti e Consulenti del Lavoro. L’evento finale si rivolgerà al mondo dei Professionisti, del Canale ICT, delle Imprese e delle Istituzioni. Dopo la presentazione dei risultati della Ricerca seguiranno le presentazioni di alcuni Studi eccellenti e due Tavole Rotonde per discutere sulle tendenze del mercato, a cui parteciperanno esponenti delle istituzioni, del mondo professionale, degli operatori di Mercato e del mondo associativo. Al termine l’assegnazione del “Premio del Professionista Digitale 2014”, dedicato agli Studi che hanno implementato dei progetti di digital innovation particolarmente interessanti.

OSSERVATORIO SUPPLY CHAIN FINANCE

Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014-2015 Assolombarda Auditorium Via Pantano 9, Milano

La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, si è focalizzata su tre obiettivi principali: (i) studiare le soluzioni di Supply Chain Finance, con particolare attenzione alla loro diffusione, al valore del mercato Italiano, ai loro costi, benefici e ambiti applicativi; (ii) sviluppare conoscenza sulle principali filiere italiane e sul loro grado di digitalizzazione, al fine di valutarne lo “stato di salute” digitale e finanziario, per cogliere i possibili legami che i progetti attivi di collaborazione di filiera possono avere con il mondo finanziario; (iii) studiare modelli e metodologie per la valutazione del merito creditizio adottati oggi in Italia, la loro diffusione e le possibilità di evoluzione attraverso gli strumenti della digital innovation. Tali obiettivi vengono affrontati il confronto e il dialogo con una community di oltre 30 C-level di rilevanti aziende italiane, parte integrante dell’Advisory Board. Essi vengono anche affrontati con un taglio internazionale, in quanto l’Osservatorio è parte dell’International Supply Chain Finance Community (www.scfcommunity.com), un organismo che promuove e condivide conoscenza sul tema del Supply Chain Finance a livello principalmente europeo.

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rubrica | ricerche e stud i a cura di

paola capoferro ronchetta

I retailer italiani e il digitale: la fotografia del Politecnico di Milano Investimenti in crescita del 25%: le innovazioni digitali nel back-end sono già state implementate dal 50% dei top retailer italiani, ma è il punto vendita che offre maggiori opportunità per fronteggiare la concorrenza delle Dot Com Sono ancora pochi, nel nostro Paese, i retailer che hanno approcciato l’innovazione digitale in modo convinto e con una strategia chiara e di lungo termine. Ma in generale, il trend è inevitabilmente positivo, con una crescita media dell’investimento del 25% nel 2014, sia pure con molti distinguo a seconda dell’ambito. Si tratta infatti di uno dei settori con maggiori opportunità di innovazione, per offrire esperienze d’acquisto coinvolgenti a clienti sempre più digitali, che visitano i punti vendita con gli smartphone in mano (il 42% lo usa per confrontare prezzi, il 30% per inviare messaggi o foto relative agli acquisti e il 25% per cercare informazioni aggiuntive sui prodotti appena visti), che comprano on line ma ritirano in negozio, che chiedono consigli per gli acquisti sui social, che pagano con strumenti innovativi, solo per fare qualche esempio. Una chiara spiegazione di cosa significa innovare con il digitale del mondo

retail, accompagnata da un’analisi dettagliata della situazione italiana, è stata presentata al Politecnico di Milano dai ricercatori degli Osservatori Digital Innovation, con la testimonianza di realtà all’avanguardia come Esselunga, OVS, Patrizia Pepe, Unieuro, Amazon e Grancasa.

zione è accesa, stanno già operando per cogliere questa opportunità. In dettaglio, le innovazioni digitali nel back-end sono già state implementate dal 50% dei top retailer italiani del campione della survey, realizzata per la ricerca su 50 aziende, mentre il 20% ha intenzione di implementarle nel corso del 2015. Parliamo di strumenti di comunicazione integrata tra imprese, fatturazione elettronica e dematerializzazione, sistemi di business intelligence analytics, sistemi ERP, soluzioni per la gestione delle scorte e i processi di magazzino. Il 36% del campione ha già investito nel corso del 2014 nell’installazione di chioschi, totem o touch point e il 34% ha intenzione di farlo nel 2015; seguono, in questo segmento di soluzioni -definite di prevendita- digital signage, vetrine intelligenti, cartellini interattivi utilizzati per fornire al consumatore maggiori informazioni sul prodotto. Per massimizzare il valore delle visite in negozio, il 30% dei retailer ha dato pri-

Gli ambiti di innovazione digitale In sintesi, dalla ricerca emerge come i retailer italiani fino a oggi si siano concentrati maggiormente sulle innovazioni digitali nel back-end, per la maggiore certezza che esse possono assicurare in termini di riduzione dei costi e/o miglioramento delle performance. Eppure se c’è un asset fondamentale e differenziale per competere con le grandi Dot Com, questo è il punto vendita: è la risorsa che può completare la strategia online, superandone i limiti. E comparti come l’Abbigliamento e l’Informatica ed elettronica di consumo, dove la competi-

L’adozione e l’interesse all’adozione delle innovazioni digitali in punto vendita Interesse (%)

Nulla (%)

36

34

30

34

36

30

Sistemi di cassa evoluti e Mobile POS Sales Force Automation o di online selling in punto vendita

30

Digital signage, vetrine intelligenti e interattive

25

Sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty

23

Sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi

17

Sistemi basati su cartellini interattivi e scaffalature intelligenti

17

Sistemi di self scanning

17

Sistemi di self check-out Sistemi di indoor positioning Specchi o camerini smart

38

32

43

34

45

38

28

55

26

57

26

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4

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2 0%

32

43

13

10%

20%

Fonte: Politecnico di Milano

Ad0zione (%) Chioschi, totem e touch point

66 30%

40%

50%

60%

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RUBRICA | ri cerch e e s t u d i

orità all’integrazione del punto vendita fisico con quello digitale con l’obiettivo di estendere la gamma del negozio attraverso sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita, ossia tablet in dotazione alla forza vendita o sistemi self service che consentono di finalizzare l’acquisto online in negozio. Il 34% dei top retailer ha già investito in sistemi di cassa evoluti, come self check-out e Mobile POS. Destano forte interesse i sistemi per l’accettazione di

couponing e loyalty, che consentono l’invio di promozioni in prossimità e la redenzione del coupon digitale direttamente alla cassa del punto vendita. L’obiettivo è duplice: da un lato aumentare le occasioni di acquisto dei clienti e dall’altro spingere l’utilizzo delle carte fedeltà. C’è poi il grande tema dell’Omnicanalità, definita come l’utilizzo congiunto e integrato dei diversi canali (negozi fisici, online e Mobile) a supporto del processo di interazione azienda-con-

sumatore: il 65% del campione è presente sia online sia su Mobile. Con riferimento all’acquisto online, i comparti più evoluti sono l’Informatica ed elettronica di consumo, l’Editoria e l’Abbigliamento. Per quanto riguarda il canale Mobile, un terzo circa delle insegne del campione ha un’iniziativa di Mobile Commerce, un altro terzo circa ha un’iniziativa di Mobile istituzionale (funzionalità di pre-vendita o post-vendita) e il restante terzo non ha ancora avviato progetti.

Mobile App, 9 aziende italiane su 10 le vogliono a supporto dei processi Il 51% ne ha già adottata una, il 40% intende farlo, solo il 9% non è interessato. Le più diffuse sono quelle operative, per le vendite e il lavoro “sul campo”. La ricerca dell’Osservatorio Mobile Enterprise del Politecnico di Milano Moltissime imprese, praticamente in tutti i settori, stanno iniziando o portando avanti una strategia Mobile, sia per interagire con il mercato tramite il nuovo canale, sia per aumentare la produttività e semplificare il lavoro dei propri dipendenti. Secondo l’Osservatorio Mobile Enterprise del Politecnico di Milano, l’uso di Device e App a scopi lavorativi da parte dei 13 milioni di Mobile Worker italiani nel 2014 ha fatto recuperare 9 miliardi di euro di produttività. Uno dei tre “pilastri” del mercato Mobile Enterprise definiti dall’Osservatorio – insieme a Mobile Device ed Enterprise App Store – è costituito dalle Mobile Biz App, che rendono disponibili ai professionisti le funzionalità per svolgere il loro lavoro su Smartphone e Tablet. Secondo l’Osservatorio, le Mobile Biz App possono essere classificate in 3 principali macro-categorie. Le “Operative”, servono a supportare specifici processi di business: Sales Force Automation, per i processi di vendita, marketing, promozione e merchandising; Field Force Automation, per gli altri processi sul campo (manutenzione, trasporto, ecc.); Warehouse & Stock Management, per la gestione di magazzini e aree di stoccaggio. Le “Office Practice Automation”, servono a supportare processi organizzativo-amministrativi con funzio-

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nalità specifiche come compilazione nota spese, richieste permessi, e così via. Le “Personal Productivity” sono nate per visualizzare applicazioni di dashboard e reportistica, soluzioni per la comunicazione di informazioni ai dipendenti e così via, o a supporto di elementari funzioni di produttività individuale (elaboratori di testi, fogli di calcolo, ecc.). Field force automation E Vendite, “mobilE” da subito I CIO italiani sono sempre più intenzionati a introdurre Mobile Biz App per cogliere pienamente i benefici che derivano dalla Mobility. L’Osservatorio ha interpellato 194 CIO e Responsabili di Sistemi Informativi italiani, ricavando che ben il 51% di essi le ha già implementate, in netta crescita rispetto al 35% del 2013. Solo il 9% non ne ha ancora introdotte e per ora non è interessato a farlo, mentre il 40% ha intenzione di introdurle in futuro (nel 12% dei casi si tratta di una decisione già presa). Pur registrando una crescita, il fenomeno non risulta essere ancora pervasivo: tra le organizzazioni che hanno introdotto Mobile Biz App, infatti, l’81% ne ha implementate meno di 10 - di queste il 52% meno di 5 -, e del restante 19%, appena un terzo ne ha introdotte ad oggi più di 20.

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Le App “Operative” sono le più adottate, e registrano un alto grado d’utilizzo degli utenti finali. Quelle di Sales Force Automation, già introdotte dal 37% dei CIO, saranno adottate nei prossimi anni da un ulteriore 41%, a piena conferma del trend di crescita della Mobility applicata ai processi di vendita. Al secondo posto ci sono quelle di Field Force Automation, rivolte principalmente a manutentori, installatori e ispettori: già adottate nel 25% delle organizzazioni, verranno implementate in futuro da un altro 37%. Altre tipologie di App operative sono già state introdotte nel 23% dei casi e si prevede che in futuro la loro diffusione è destinata ad aumentare in quanto un altro 43% le adotterà. Le App di Office Practice Automation sono invece state introdotte nel 22% delle organizzazioni analizzate, e anche se solo il 10% ne fa già un uso intensivo, sono quelle per cui si riscontra la crescita più evidente. Il 46% dei CIO infatti sta valutando una loro introduzione. Infine le App di Personal Productivity sono già state introdotte dal 25% delle organizzazioni e un ulteriore 45% le implementerà in futuro. Il grado di utilizzo però è il più basso (8%), in attesa che gli utenti ne comprendano appieno tutte le potenzialità.


RUBRICA | ric e rc h e e st u di

Big Data, in Italia una crescita forte ma non strutturata Nel 2014 cresce ancora la spesa per Big Data Analytics (+24%). Ma solo il 17% delle imprese si è dotata di un Chief Data Officer e il 13% di un Data Scientist. La visione dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano Come si gestisce un social network di 330 milioni di utenti, presente in 200 Paesi, che interessa altri 4 milioni di aziende? Difficile fare tutto a mano: nel caso di Linkedin, come ha raccontato Marcello Albergoni, Head of Italy and Iberia di LinkedIn nel corso dell’evento di presentazione dei dati dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, un aiuto arriva dall’analisi dei big data. Secondo l’Osservatorio, il mercato Big Data Analytics in Italia, anche nel 2014, si conferma in forte espansione, con un trend di crescita del 25% in termini di budget stanziato. Una crescita sostenuta, più che da un utilizzo maturo di questi strumenti, dalla disponibilità di tecnologie di storage a basso costo, dalla crescente mole di dati generati dal web e dalla diffusione di dispositivi Mobile che permettono di utiliz-

zare App, fare pagamenti e interagire con dispositivi intelligenti. Sebbene per l’83% della spesa nazionale sia dedicata ancora a soluzioni di Performance Management & Basic Analytics e solo il 17% ad Advanced Analytics, queste ultime crescono in modo maggiore (+34%) rispetto alle prime (+23%). L’ambito Big Data Analytics rappresenta, inoltre, la priorità di investimento per il 2015, indicata dal 56% dei CIO, coinvolti nella ricerca dell’Osservatorio. I passi da fare sono ancora molti, in particolare nell’utilizzo dei dati destrutturati, se si considera che nell’84% dei casi si usano dati interni aziendali e solo nel 16% provenienti da fonti esterne (web e social media. Il volume dei dati semi-strutturati e destrutturati utilizzati appare comunque in crescita rispetto al 2013 (+31%) a una velocità maggiore rispetto a quelli strutturati (+21%). Il vero tallone d’Achille del nostro

Paese è, però, la mancanza di competenze e modelli di governance: solo il 17% delle imprese si è dotata di un Chief Data Officer e appena il 13% di un Data Scientist. La funzione Marketing è la principale fruitrice di soluzioni Big Data Analytics (87% dei casi), per l’esplosione dei dati web e social, usati per estrarre insight dai consumatori e tradurli in azioni. L’analisi su 73 Chief Marketing Officer e Responsabili Web e Digital di medie e grandi aziende rivela che gli investimenti previsti in Marketing Analytics in Italia sono il 2% del budget Marketing 2014 (negli Stati Uniti il 5%), ma nei prossimi 2 anni saranno più del doppio (4,7%). Le motivazioni che spingono a intraprendere iniziative di Marketing Analytics sono soprattutto il miglioramento delle azioni per l’acquisizione di nuovi clienti (per il 65%) e una migliore gestione della relazione e la fidelizzazione dei clienti (85%).

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RU B |RICA | n o mine rubrica nomin e

Paolo Panzanini Country Manager per l’Italia, Dimension data

Paolo Panzanini è il nuovo Country Manager per l’Italia di Dimension Data. La sua nomina, insieme con quella di Roberto Del Corno a nuovo Chief Operating Officer, rientra nel percorso di evoluzione intrapreso dalla società. Nel nuovo ruolo, Panzanini, insieme al

Leadership Team italiano, sarà responsabile di tutte le Business Units & Service Units della società, di tutte le operazioni della country e avrà il compito di sviluppare ed estendere il business sul territorio Italiano, in linea con gli obiettivi di crescita ed espansione di Dimension Data. Nel corso della sua carriera lavorativa, Panzanini ha maturato una notevole esperienza nel settore informatico e nelle relazioni commerciali, consolidata da funzioni sempre più manageriali e strategiche. Country Sales Director di Dimension Data Italia dal 2009, Paolo ha contribuito alla crescita della filiale italiana, dando prova delle sue capacità nel definire e concretizzare una visione a lungo termine e creando, al contempo, un business sostenibile.

Moreno Ciboldi Amministratore Delegato, Alcatel-Lucent Enterprise Italia Con l’indipendenza di Alcatel-Lucent Enterprise, è nata Alcatel-Lucent Enterprise Italia di cui Moreno Ciboldi ha assunto il ruolo di Amministratore Delegato. Ciboldi ha mantenuto anche la carica di Senior Vice President for Sales South Europe & Middle East and Africa (Semea) di Alcatel-Lucent Enterprise che ricopre dal 2010, anno in cui il manager è rientrato in azienda dopo sette anni di assen-

za durante i quali è stato Vice President Emea in Avaya e Vice President Emea in Nortel Enterprise. In precedenza dal 1999 al 2003 ha ricoperto il ruolo di Sales Vice President Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) Enterprise Business di Alcatel e tra il 1996 e il 1999 ha contribuito a lanciare in Italia e nel Sud Europa Xylan, azienda di networking nordamericana, acquisita in seguito da Alcatel.

Albert Zammar Country Manager Italia, Veeam Software Veeam Software ha annunciato la nomina di Albert Zammar a Country Manager Italia. Nel suo nuovo ruolo Zammar ha la responsabilità di guidare le operazioni dell’azienda in Italia, espandere la struttura e la presenza commerciale, sviluppare le alleanze strategiche e i canali di vendita, e raggiungere ambiziosi obbiettivi di crescita. Zammar approda in Veeam

dopo una lunga esperienza nel comparto IT. Con una laurea in Scienze Economiche e un Master in Business Administration, ha ricoperto diverse posizioni manageriali in aziende multinazionali di rilievo nel settore delle infrastrutture di comunicazione e dell’IT, tra cui Riverbed Technology, AMP Italia (oggi una divisione di Tyco Electronics), Anixter Distribution e Network Appliance.

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Edward Chan CEO, Huawei Italia Edward Chan (Yuk Lung) è il nuovo CEO di Huawei Italia. In questo ruolo è chiamato a guidare lo sviluppo e la realizzazione della strategia societaria attraverso i tre Business Group: Carrier, Enterprise e Consumer. Nato a Hong Kong nel 1971, Chan si è laureato con lode in Ingegneria Informatica presso la Monash University di Melbourne e ha conseguito il Master in Business Administration presso la University of South Australia. Nella sua carriera più che ventennale ha ricoperto ruoli di cre-

scente responsabilità in vari ambiti nel settore delle telecomunicazioni. La sua carriera inizia nel 1994 come ingegnere in Hutchison Telephone HK Ltd, dove arriva ad assumere il ruolo di Project Leader. Dal 1996 al 2005 entra a far parte di Sunday Communications Ltd ricoprendo la posizione di Direttore Wireless Access Network & New Technologies. Nel 2005 è chiamato da Huawei a dirigere la Divisione Wireless Network del Vodafone Global Account e a partire dal

2007 ha ricoperto la carica di Executive Deputy Director del Vodafone Global Account di Huawei.

Massimiliano Ferrini Country Manager, Symantec Italia Massimiliano Ferrini è il nuovo Country Manager di Symantec Italia. Nella nuova posizione è chiamato a dirigere l’intera struttura italiana, migliorare la collaborazione con il canale e i clienti, e far crescere i numeri del business locale, apportando un contributo significativo alla regione MEC (Mature European Countries: Italia, Francia e Germania). Ferrini, 44 anni, di origini toscane, ha conseguito una laurea in Economia politica all’Università di Firenze e un master in Business Administration. Prima di entrare in Symantec ha ricoperto la posizione di Country Manager per Citrix

Systems, dove si è focalizzato sulla riorganizzazione della filiale italiana e sull’incremento del business. Nel 2000 in Santa Cruz Operation (SCO) ha partecipato allo spin-off di Tarantella, come membro del team statunitense per lo sviluppo delle attività di marketing a livello mondiale. In seguito ha ricoperto le posizioni sia di Responsabile Canale per Francia e Italia che di Country Manager per l’Italia e i Paesi del Mediterraneo. Nel 2005 in Sun Microsystems ha lavorato come Global Business Manager per lo sviluppo dei mercati di office automation e thin client.

Gianluca Flore è stato nominato CEO di Brioni, la nota azienda d’abbigliamento italiana fondata nel 1945, specializzata nella produzione di abiti su misura, acquisita nel 2011 dalla multinazionale francese Kering. Prima di entrare in Brioni, il manager ha

trascorso più di sei anni in Bottega Veneta, prima come Presidente della regione America, poi come Direttore Retail&Wholesale WW e CEO della regione Asia-Pacifico. In Brioni riporterà a Marco Bizzarri, CEO della divisione Kering Luxury-

Couture&Leather Goods, e in qualità di Amministratore Delegato continuerà a sostenere la crescita del marchio a livello internazionale e la sua reputazione di eccellenza nel segmento dell’abbigliamento maschile di fascia alta.

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hanno collaborato

progetto grafico

è una testata di ICT and Strategy S.r.l.

Paola Capoferro Ronchetta, Daniele Lazzarin, Eliana Bentivegna, Giorgio Fusari

Stefano Mandato

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mara.perego@ict4executive.it - Tel. 02.36.57.88.71

ADM Studio Sas - Cologno Monzese (MI)

Direttore responsabile

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Manuela Gianni (manuela.gianni@ict4executive.it)

Illustrazioni di Fabio Margarita

Grafiche Cola Srl - Lecco

Gianluca Flore CEO, Brioni

Via Durando, 39 - 20158 Milano Iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 Testi e disegni: riproduzione vietata.

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