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Executive BRIDGING THE GAP BETWEEN TECHNOLOGY & BUSINESS
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. Giuliano Noci: Continente Cina, un gigante fragile . Gianluca Spina: A colloquio con il Nobel per l’Economia Paul Krugman . Renato Brunetta: Verso una PA più moderna ed efficiente . L’evoluzione dell'informazione fra paure ed entusiasmi . La Business Intelligence come leva di innovazione
Enterprise 2.0: qualcosa è cambiato Un insieme di strumenti e servizi offerti alle Aziende e alle Associazioni per accompagnare e sviluppare una nuova cultura d'impresa orientata all'Informazione, alla Partecipazione e alla Comunicazione.
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editoriale
cina e stati uniti, il confronto è aperto di
umberto bertelè presidente advisory board ict4executive
Sul tema Cina Paul Krugman (Nobel 2008 per l’economia) non appare nella sua intervista particolarmente preoccupato: convinto com’è della possibilità della stessa di convertirsi a un modello di crescita più basato sulla domanda interna. Giuliano Noci, che tratta il tema molto più estensivamente nella cover story, pone l’accento non solo sui successi (la Cina sta conquistando la seconda posizione per PIL alle spalle degli Stati Uniti) ma anche sugli squilibri interni e i problemi (tra cui quello ambientale) che la velocissima crescita ha provocato nel paese e sulle sfide che dovranno essere affrontare per portare a livelli di vita più accettabili quelle centinaia di milioni di persone che sono rimaste sinora ai margini del miracolo. Nel frattempo molte cose si stanno muovendo. La maggiore sensazione di forza - derivante anche dalla crescente influenza politica in diverse aree del mondo - e la nascita di un nuovo nazionalismo spingono il governo a comportamenti potenzialmente generatori di conflitti. Aumenta la tensione con i paesi asiatici circostanti, in primo luogo con il Giappone, per i diritti territoriali che la Cina si è arrogata unilateralmente su un insieme molto esteso di piccolissime isole che la circondano: con l’effetto paradossale ad esempio di riavvicinare il Vietnam agli Stati Uniti. Aumenta la preoccupazione delle multinazionali che hanno investito in Cina, per una politica che sembra volta a privilegiare le imprese cinesi, e quelle a partecipazione pubblica in particolare, e a pretendere la cessione di tecnologie di punta (il dibattito più recente riguarda le auto elettriche e ibride) in cambio dell’accesso sostanziale al mercato interno. Aumenta la tensione sui mercati delle materie prime: nel petrolio, ove la Cina deve assicurarsi i quantitativi necessari per la crescita; ma anche ad esempio nelle terre rare (indispensabili per alcuni dei settori tecnologicamente più innovativi), ove la Cina - che ne ha le maggiori riserve - ha deciso di razionare selettivamente l’export. È soprattutto sempre più tangibile l’atmosfera di confronto con gli Stati Uniti, che presumibilmente rappresenterà il leit-motiv dei prossimi decenni se gli squilibri interni non porteranno a brusche frenate: un confronto che al momento si focalizza su tematiche quali quella del tasso di cambio, che ha portato ad esempio la Camera quasi all’unanimità a concedere a Obama il potere di tassare l’import dei prodotti cinesi, ma che trova radici molto più profonde nel timore del sorpasso e del ridimensionamento della leadership globale statunitense.
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WORLD BUSINESS FORUM Milano, 27-28 ottobre 2010 | fieramilanocity
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cover story Continente Cina: un vortice di cambiamenti
all’orizzonte
di Giuliano Noci
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management
«La BCE potrebbe fare di più per stimolare l’economia europea»
Gianluca Spina a colloquio con Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia
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interviste
Advisory Board Umberto Bertelè Presidente Advisory Board Giampio Bracchi Politecnico di Milano Carlo Alberto Carnevale Maffè Università Bocconi Maurizio Dècina Politecnico di Milano Giuliano Noci Politecnico di Milano Andrea Rangone Politecnico di Milano Francesco Sacco Università dell’Insubria - SDA Bocconi Federico Barilli Direttore Assinform Alberto Felice De Toni Presidente Associazione Italiana Ingegneria Gestionale Stefano Pileri Presidente Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici Enzo Bertolini CIO Ferrero Group Nunzio Calì Deputy CIO Fiat Group Automobiles e CIO Fiat Group Purchasing Gianluigi Castelli Executive Vice President ICT ENI Pierluigi Curcuruto COO Intesa Sanpaolo Milo Gusmeroli Vicedirettore Generale Banca Popolare di Sondrio Massimo Milanta Amministratore Delegato UniCredit Global Information Services Alessandro Musumeci Direttore Centrale Sistemi Informativi Ferrovie dello Stato Filippo Passerini President, Global Business Services and CIO Procter & Gamble Mauro Viacava CIO Barilla Holding Pierfilippo Roggero Senior Vice President Southern and Western Europe Fujitsu Technology Solutions Raffaello Balocco Segretario Advisory Board
La via del governo verso l’efficienza nella Pubblica Amministrazione
Andrea Rangone intervista Renato Brunetta, Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione
La gestione fornitori di Alitalia CAI vola verso la qualità e l’efficienza
Francesco Festa, Executive Vice President Alitalia CAI, Purchasing and Services, e Presidente ADACI
La gestione delle risorse umane di Vodafone evolve in chiave 2.0
Gianluca Ventura, Direttore Risorse Umane e Organizzazione, Vodafone Italia
Il computer che parla con l’uomo
Giuseppe Riccardi, Direttore del Laboratorio di Ricerca di Sistemi Interattivi Vocali e Multimodali, Università di Trento
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osservatorio
Ottimizzare le performance con la Business Intelligence
di Carlo Vercellis e Carlotta Orsenigo
Il nuovo mondo dell’informazione fra paure ed entusiasmi
di Massimo Esposti
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speciale “pubblica amministrazione”
Una nuova governance per l’innovazione in Italia
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speciale “ict nelle utility”
Innovare per una gestione più smart dell’energia
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speciale “fashion-retail”
L’ICT nel Fashion-Retail, una leva per il successo
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speciale “pmi”
Le ICT come motore della ripresa delle PMI
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rubrica | ricerche e studi
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rubrica | nomine
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rubrica | who’s who cio
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C ov e r s tory
di
Continente Cina: un vortice di cambiamenti All’orizzonte
Giuliano Noci
professore di Marketing Politecnico di Milano
Anni di sviluppo tumultuoso hanno portato il Dragone al centro dello scacchiere economico e politico mondiale, facendolo ritornare ai fasti di un passato non molto lontano, anche se spesso dimenticato. Ora, però, il gigante appare fragile e ricco di contraddizioni: senza una politica industriale oculata, improntata all’innovazione e non solo ai bassi costi, il Paese rischia di frantumare la propria crescita alla stessa velocità con cui l’ha creata
Non passa giorno che la Cina non anelli un primato; dopo essere diventata il primo mercato al mondo dell’auto - con oltre 13 milioni di veicoli immatricolati nel solo 2009 -, il PIL del Dragone è diventato il secondo del pianeta superando quello del Paese rivale di sempre: il Giappone. Noi occidentali siamo storditi da questa manifestazione muscolare di un Paese che fino a un paio di decenni fa ritenevamo in via di sviluppo mentre ora decide le sorti del pianeta facendo la voce grossa anche rispetto agli USA; emblematico, in tal senso, è stato l’andamento della Conferenza di Copenhagen del dicembre 2009 dove neanche Obama è riuscito a portare i cinesi dalla sua parte sul fronte degli obiettivi ambientali. Non dovremmo tuttavia sorprenderci più di tanto del ruolo attualmente giocato dalla Cina nello scacchiere politico ed economico mondiale; si tratta, infatti, di un ritorno alle origini. Per molti | 6 |
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secoli, il Dragone ha vantato un’egemonia culturale ed economica indiscutibile. Ruota e polvere da sparo sono stati inventati dai cinesi; agli inizi del diciannovesimo secolo il PIL cinese pesava per circa il 20% di quello globale. In questo senso, il secolo scorso ha rappresentato un’anomalia, che ha indotto molti Paesi occidentali a dimenticarsi della importante storia economica e culturale della Cina. Ora ce ne accorgiamo: i media internazionali hanno tutti i giorni in prima pagina qualche notizia e/o commento sull’ex “impero di mezzo”. I più dicono che la Cina ha ormai assunto il ruolo di bussola per l’uscita dalla crisi economica; altri sostengono che presto il volano della vorticosa crescita cinese si arresterà. Personalmente, sono dell’idea che il Dragone stia entrando in una fase estremamente delicata del suo sviluppo; dopo aver inanellato record su record, l’attuale modello economico - che
c ov e r s to ry | C ontinente C ina : un vo rtice di cambiamenti a l l’ o ri z z onte
ha fatto della Cina il centro produttivo a basso costo del mondo - manifesta importanti segni di cedimento; il Partito ha avviato un rilevante dibattito interno su quale strada di sviluppo perseguire nell’immediato futuro. Se il Dragone - società complessa in cui vivono oltre cento etnie diverse - non saprà individuare una traiettoria di sviluppo adeguata, rischierà di frantumare la propria crescita alla stessa velocità con cui l’ha creata. Nel prosieguo, cercherò dimostrare il perché di questa situazione e quali potranno essere le scelte di politica industriale in grado di alimentare le grandi aspettative del popolo cinese. La Cina di oggi Quanto vediamo e leggiamo oggi della Cina è il frutto della politica avviata trent’anni fa da Deng Xiao Ping. La riforma dengista ha, in particolare, introdotto il socialismo con caratteristiche cinesi
Il sistema industriale cinese in questi decenni ha assunto una connotazione quantomeno duale: prodotti a basso costo ma anche subfornitura di eccellenza. I risultati sono impressionanti: nel 2009, anno di crisi, il PIL è cresciuto dell’11% fondato su un formidabile connubio tra socialismo e forze di mercato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti; la Cina è stata definita ed è tuttora la “fabbrica del mondo”; molti dei prodotti che hanno invaso i mercati occidentali vengono prodotti nel Guangdong - la zona del Pearl River Delta che confina a sud con Hong Kong -. A una lettura superficiale, molti si sono fatti l’idea che la Cina sia l’hub produttivo a basso costo del www.ict4executive.it
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cover story | Continente Cina : un vor tice di cambiamenti a l l’ o ri z z onte
L’Expo 2010 e il padiglione italiano L’Esposizione Universale del 2010 si è aperta a Shanghai il primo maggio scorso con una spettacolare cerimonia d’apertura e si prolungherà fino al 31 di ottobre. I cinque padiglioni che ospitano le 191 nazioni partecipanti hanno fatto registrare un flusso di visitatori che, a fine settembre, aveva raggiunto i 49 milioni. Il tema cui si ispira la kermesse è “Better city, better life”: migliorare la qualità della vita in prospettiva dello sviluppo futuro delle città del pianeta. L’area dedicata all’Expo 2010 si trova sulle due sponde del fiume Huangpu, collegate da un ponte e da traghetti fluviali. L’intero sito si estende su una superficie di oltre 5 km quadrati ed è diviso tra la sezione Pudong su una riva e la sezione Puxi sull’altra. Intorno all’area espositiva è l’intera città a essere stata riplasmata, con linee del metrò realizzate ad hoc, un nuovo terminal per l’aeroporto di Hongqiao, una rinnovata veste per il lungo fiume più celebre dell’Asia, il Bund, che è ora più largo del 40% e più lungo di quasi un chilometro. Oltre alle 5 aree espositive che ospitano i padiglioni nazionali, quelli tematici, quelli aziendali, collettivi e delle organizzazioni internazionali, è stata dedicata un’area di circa 15 ettari alle Urban Best Practices, ovvero alle esperienze più significative in ambito urbano ispirate al tema della Città Eterna. Il comitato organizzatore ha inoltre selezionato 49 progetti relativi a diversi temi (tra cui città vivibile, urbanizzazione sostenibile, edilizia residenziale e molti altri) proposti da città e regioni di tutto il mondo; il concorso ha riscosso un notevole successo, tanto che è stato esposto il doppio dei progetti inizialmente previsti. Il padiglione italiano all’Expo ha ottenuto fin dai primi giorni un grande consenso tra i visitatori e si è aggiudicato il premio come miglior edificio dell’Expo, assegnato lo scorso anno dalla municipalità di Shanghai. Il padiglione è situato nella zona C dell’esposizione ed è stato progettato da un team guidato dall’architetto romano Giampaolo Imbrighi, vincitore del concorso tra le 65 proposte. La struttura si compone di venti moduli funzionali, che rappresentano altrettante regioni, e si sviluppa su un’area di 3600 metri quadri. La pianta rettangolare è intersecata da linee irregolari che lo tagliano per tutta la sua lunghezza e che ricordano il gioco cinese dello shangai; camminando all’interno dell’edificio il visitatore ha l’impressione di trovarsi in una piccola città italiana, fatta di strade, vicoli e cortili. (A.F.)
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mondo; una piattaforma produttiva in grado di realizzare prodotti contraddistinti da una bassa qualità. In verità, non è proprio così. La Cina è questo ma è anche un locus di produttori - secondo un modello di Original Equipment Manufacturing - di oggetti che fanno parte dei nostri sogni o che comunque si contraddistinguono per un posizionamento di “alto di gamma”. Non possiamo, infatti, tacere sul fatto che i prodotti Apple - iPod, iPhone, iPad - vengono realizzati nel Guangdong; molti frigoriferi e televisori presenti nelle nostre case sono di origine cinesi anche se vengono veicolati al mercato con marchi di notissime imprese occidentali. Insomma, il sistema industriale cinese ha in questi decenni assunto una connotazione quantomeno duale: prodotti a basso costo ma anche subfornitura di eccellenza. I risultati sono stati impressionanti; anche in un anno di crisi come il 2009, il PIL ha registrato una crescita su base annua di circa l’11%. Altrettanto impressionante è l’evoluzione che il Dragone ha avuto sul fronte della domanda. Oltre all’automotive, la Cina è diventata il primo mercato al mondo di frigoriferi, telefoni cellulari (sono oltre 500 milioni); esprime (dopo il Giappone) una domanda di beni di lusso, che in valore è la seconda del pianeta e nell’ultimo biennio ha salvato i conti economici di molti player dell’alto di gamma; vanta il primato della prima popolazione Internet del pianeta - sono oltre 400 milioni gli internauti cinesi (pari alla somma dei navigatori degli Stati Uniti e del Giappone) - mentre sono oltre 70 milioni i turisti cinesi che scelgono di trascorrere un periodo di vacanza all’estero. La domanda di beni di consumo ha registrato negli ultimi anni tassi di crescita che hanno quasi sempre superato il 15% annuo; non a caso tutte le principali catene straniere della grande distribuzione organizzata sono presenti in loco con centinaia di punti vendita strutturati. Una recente indagine ha anche evidenziato come la ormai celebre propensione al risparmio delle donne cinesi stia perdendo consistenza: nel 2009 queste hanno speso oltre il 60% dei loro stipendi in beni di consumo e cosmetici quando, nel 2006, le stesse accantonavano ancora il 70% delle loro entrate. A fronte di un sistema socio-economico così effervescente, gli investimenti in infrastrutture non sono stati e non saranno da meno, anzi sono impressionanti soprattutto se paragonati a quelli della nostra Italia. Negli ultimi venti anni, sono stati ad esempio realizzati circa un centinaio di aeroporti, il piano di stimolo da 585 miliardi di dollari recentemente varato prevede 16.000 km di nuove linee ferroviarie ad alta velocità; sono, infine, previsti nei prossimi dieci anni oltre 50.000 km di nuove autostrade.
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I limiti del Dragone di oggi Il quadro appena tracciato non può indurci a un ottimismo acritico sul futuro della Cina. Il Dragone deve essere considerato ancora oggi il Paese delle contraddizioni. Alcune evidenze possono contribuire a chiarire questa affermazione. Se è vero che l’economia cinese è la seconda del pianeta e la classe media è in continua crescita - tanto che si stima che nel 2020 vi saranno oltre 300 milioni di individui con un potere di acquisto comparabile a quello occidentale -, il reddito medio pro-capite è ancora molto basso: circa 3.600 dollari all’anno. Il Paese può essere, in particolare, diviso in tre macro-aree: la zona costiera orientale che va da Pechino fino a Guangzhou passando per Shanghai - è decisamente la più sviluppata sia dal punto di vista industriale che sociale. All’estremo opposto, vi è la parte occidentale - ove insiste anche il Tibet -, che pur essendo stata oggetto negli ultimi anni di ingenti investimenti pubblici presenta ancora un livello molto elevato di povertà. La terza e ultima zona è quella centrale: essa è oggetto di grandi investimenti industriali per via della sua attuale convenienza economica e del buon livello di infrastrutture presente. Città come Anhui, Hunai, Jiangxi - che fino a pochissimi anni fa erano considerate assolutamente secondarie - sono, infatti, ora al centro dei piani di sviluppo sia di imprese cinesi che straniere. È pertanto rilevabile in Cina un vero e proprio “divario reddituale”: i redditi medi
della zona costiera sono quasi cinque volte maggiori rispetto a quelli delle campagne dell’ovest. Un’ulteriore criticità del Dragone riguarda l’inadeguatezza del sistema di welfare. Ancora lacunoso è il sistema educativo - soprattutto nelle campagne -; inadeguato il sistema pensionistico - tanto che larga parte della propensione al risparmio dei cinesi è diretta conseguenza della necessità di integrare la pensione con risorse proprie; insufficiente il sistema sanitario pubblico, che - almeno nel centro-ovest della Cina - non è in grado di far fronte alle esigenze della popolazione.
L’economia cinese è la seconda del pianeta e la classe media è in continua crescita. Tuttavia, il reddito medio pro-capite è ancora molto basso, il sistema educativo appare lacunoso e quello pensionistico inadeguato alle esigenze Non è infine pensabile che la crescita economica dell’ex impero di mezzo dipenda in misura così significativa dagli investimenti (solo il 35% del PIL è frutto di consumi). Se le enormi masse di denaro investite fino ad oggi in asset materiali e infrastrutture hanno trovato una legittima giustificazione nella necessità di fornire un impulso al sistema industriale del Paese, è invece necessario - in una prospettiva di medio pe-
linee ferroviarie ad alta velocità in costruzione in cina
Beijing
Shanghai
Chengdu Hefei
500 km
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cover story | Continente Cina : un vor tice di cambiamenti a l l’ o ri z z onte
riodo - che lo sviluppo economico cinese passi per un consolidamento della domanda interna. Anche perché, molto banalmente, l’export non potrà più rappresentare - alla luce della crisi che ha colpito tutti i Paesi occidentali - un volano di crescita dello stesso tenore del passato. La Cina di domani Lo sviluppo economico della riforma dengista si è portato dietro cambiamenti enormi in quest’ultimo biennio; forse impensabili anche solo cinque anni fa. In particolare, sono individuabili tre discontinuità, che a mio avviso impatteranno più di altre sul futuro della Cina.
investimenti in fixed-asset - incremento percentuale rispetto all’anno precedente
50%
Manufacturing
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Fonte: Nomura
30%
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Si tratta, in primo luogo, dell’impennata che i costi del lavoro hanno subito nel corso dell’ulti ma estate a causa della minaccia esercitata dagli operai di tornare nelle campagne per il fatto che il reddito percepito non garantiva un tenore di vita decoroso nella ricca zona della costa orientale. In Foxconn - azienda cinese nota ai più per essere il produttore dell’iPhone e dell’iPad - gli stipendi del personale sono, ad esempio, aumentati di oltre il 70% da un mese con l’altro; nel Guangdong, molte altre fabbriche sono state costrette ad incrementare i salari del 20-30%. Di grande rilievo sono anche le tensioni sociali che sono andate via via emergendo in molte zone del Paese: per la prima volta, si è assistito a rivolte popolari contro l’apertura di insediamenti chimici ritenuti troppo pericolosi; allo stesso modo, a Shanghai, non è stato possibile realizzare il prolungamento del Maglev sul tragitto originariamente previsto. Sono, questi, sintomi che dimostrano | 10 |
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Infrastructure
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una crescente presa di coscienza del ruolo che la società civile può giocare nell’indirizzare le scelte politiche del governo e/o delle autorità locali. Anche in Cina, dunque, non sarà più possibile realizzare qualsiasi opera in nome di un presunto bene comune. Sta, infine, emergendo un crescente spirito nazionalista. Esso è il frutto della civiltà del benessere, che si è andata progressivamente affermando con il vorticoso sviluppo industriale di questi decenni. Si tratta della seconda generazione: trentenni e quarantenni, che non avendo mai sperimentato il significato di una vita di stenti, sono molto orgogliosi del benessere che il sistema attuale è in grado di garantire loro e, in questo senso, non guardano all’Occidente - al contrario dei loro genitori - come a un modello di riferimento ma riversano le loro ambizioni e la loro gratitudine su tutto quello che rappresenta la Cina contemporanea. In questo quadro, una cosa appare evidente: il
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modello di una Cina che vuole essere il workshop a basso costo del mondo non appare più sostenibile o quantomeno non può essere concepito come l’unica piattaforma di sviluppo industriale ed economico del Paese. Ritengo invece sarà indispensabile affermare un modello industriale duale, che tenga nel dovuto conto le differenti caratteristiche delle varie zone della Cina e dell’evoluzione del contesto su scala globale. In particolare, sarà cruciale che il sistema industriale della costa orientale metabolizzi la necessità di una cultura dell’innovazione; gli alti costi del lavoro nonché la crescente domanda interna per una produzione di qualità rendono infatti non più sostenibile il perseguimento di una strategia esclusivamente orientata alla leadership di costo. Nel contempo, le zone meno sviluppate del Paese - il centro-ovest - potrebbero invece emulare il successo del modello di sviluppo del Guangdong - la ex fabbrica del mondo - cercando di attrarre investimenti diretti esteri e/o rilocalizzazioni interne puntando su un modello di produzione low cost. Si tratta, a tutti gli effetti, di far convivere due percorsi di sviluppo industriale molto diversi tra loro ma coerenti con le differenti caratteristiche del “continente Cina”: emulando dall’imponente impianto filosofico del taoismo, si tratta di far ricorso ai principi dello yin e dello yang, ovvero dell’interdipendenza. Un modello improntato all’innovazione (Yang) dovrà esistere in Cina in quanto l’architettura industriale basata su bassi costi (Yin) non può più rappresentare l’unico percorso di sviluppo sostenibile, avendo già raggiunto il suo massimo splendore. Se per i cinesi è sempre valsa la pena di aspettare, oggi che lo yuan corre sempre di più verso l’alto e che la Cina ha superato ufficialmente l’economia dei Diavoli venuti dall’Oceano (i giapponesi), si devono rendere conto che i risultati ottenuti fino ad oggi rappresentano solo alcuni importanti traguardi a cui necessariamente se ne devono aggiungere altri. Non importa quanto ci sarà da aspettare, non importa se si è nel bel mezzo di una crisi economica mondiale, la Cina deve rispondere con un colpo di coda: l’innovazione e non solo stimoli finanziari. Mutuando da un antico adagio cinese: “La pazienza è potere: con il tempo e la pazienza, il gelso si tramuta in seta”.
L’esposizione The Italy of Innovators Il padiglione italiano ha ospitato dal 24 luglio al 7 agosto un’esposizione temporanea, chiamata “The Italy of Innovators”, ideata con l’obiettivo di far conoscere in Cina e nel mondo le eccellenze tecnologiche del nostro Paese. Il progetto è stato promosso dal Ministero per l’innovazione in collaborazione con altre istituzioni italiane. Attraverso un bando sono state raccolte le candidature di progetti innovativi presentati da aziende, consorzi, università e centri di ricerca italiani, selezionandone 265 fra i più significativi. Il 45% dei progetti presentati sono realtà già disponibili per il commercio; l’Expo, come dichiarato dallo stesso ministro Brunetta, ha rappresentato un’opportunità unica di promozione all’interno del mercato cinese e un ottimo trampolino di lancio nel mercato internazionale per le PMI italiane coinvolte nell’iniziativa. L’evento ha infatti permesso agli imprenditori partecipanti di incontrare i rappresentanti di 196 aziende cinesi, e in 14 casi l’incontro si è concretizzato in un rapporto commerciale. Uno dei progetti che più hanno attirato l’attenzione del pubblico è un robot, progettato dall’istituto Sant’Anna di Pisa, che automatizza le procedure di raccolta dei rifiuti differenziati, dotato delle più avanguardistiche tecnologie, come un sistema di tracciabilità GPS, un sensore odometrico, scanner laser per identificare l’ambiente che lo circonda, sensori ultrasonici per evitare pedoni ed ostacoli e una modalità di interfaccia con gli utenti. I passanti potranno infatti utilizzarlo come totem informativo per ricevere informazioni sui servizi comunali e sulla qualità dell’aria, che il robot rileva in autonomia grazie agli speciali sensori in grado di rilevare i livelli di PM10, CO2, O3 e Nox presenti nell’aria. Un’altra idea che ha catturato l’interesse è il prototipo di Mobilità 3.0, un progetto del CESIA (Centro Studi e Iniziative per l’Ambiente) che si propone di ridurre i tre principali fattori negativi che caratterizzano la mobilità: inquinamento, consumo di risorse non rinnovabili, errori e limiti umani alla guida. La soluzione è un veicolo a trazione elettrica alimentato ad energia fotovoltaica e guidato da un sistema informatico di automazione. Il prototipo ha viaggiato da Roma a Shangai per presenziare all’Expo e dare prova pratica delle sue funzionalità. TX Active è invece il “cemento mangia-smog” messo a punto da Italcementi. Grazie alle sue caratteristiche, il materiale interagisce con la luce solare ed aiuta ad abbattere gli inquinanti atmosferici presenti nell’aria e pericolosi per la salute, oltre a mantenere pulita la superficie degli edifici. Queste e molte altre le innovazioni presentate al concorso, messe a punto da brillanti menti italiane relativamente ai più diversi settori industriali, spaziando dalle costruzioni all’e-government, dalla sicurezza alla comunicazione. (A.F.)
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m a n ag e m e nt
Paul Krugman: «la bce potrebbe fare di più per stimolare l’economia europea»
gianluca spina dean mip politecnico di milano
Uno scambio di opinioni su alcuni grandi temi dello scenario internazionale fra Gianluca Spina, dean del MIP, la business school del Politecnico di Milano, e il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman, in occasione della sua partecipazione come keynote speaker al World Business Forum di Milano
Professor Krugman, l’uscita dalla recessione economica appare un processo lungo, specialmente per l’Europa. L’aiuto che i governi possono apportare alle economie reali è inoltre limitato dagli alti debiti pubblici nazionali. Cosa si aspetta per l’Europa e qual è il suo consiglio per i governi e le istituzioni per sostenere l’economia reale e combatter la crescente disoccupazione nei prossimi cinque anni? Innanzitutto, il debito pubblico costituisce un limite considerevole solo per la Spagna e per alcune altre nazioni più piccole. C’è ancora spazio per stimoli fiscali all’interno delle principali economie. In secondo luogo, la Banca Centrale Europea potrebbe essere notevolmente più aggressiva, impegnandosi in un alleggerimento quantitativo (la creazione di moneta e la sua iniezione nel sistema finanziario ed economico, per fare fronte a una situazione di scarsa liquidità -ndr) o intervenendo con una politica di inflaction | 12 |
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targeting (controllando direttamente il tasso di inflazione e intervenendo per ristabilirlo -ndr). Detto questo, non credo che nessuna di queste ipotesi si avvererà. Stiamo quindi andando incontro ad una situazione di prolungata debolezza economica. Quando esplose la crisi economica molti economisti si preoccuparono per l’eventualità del rischio del ritorno di una nuova ondata di protezionismo, che significherebbe un considerevole passo indietro nel processo di globalizzazione dell’economia e del commercio. Lei è particolarmente conosciuto per i suoi studi sul commercio internazionale e, quindi, nella posizione più indicata per commentare questi temi. Pensa che la globalizzazione così come la abbiamo conosciuta negli scorsi decenni rimarrà tale nel futuro? Fino ad ora il protezionismo è stato morbido. Vedo le premesse per la generazione di conflit-
m a nage m e nt | PA U L K R U G M A N : «L A B C E P O T RE B B E FA RE D I P IÙ P E R S T I M OL A RE L’ E C O N O M I A E U RO P EA»
paul krugman premio nobel per l’economia
Chi è Paul Krugman Uno dei più influenti economisti al mondo, Paul Krugman ha vinto il Premio Nobel per l’Economia 2008 grazie alla sua innovativa analisi dei modelli di commercio e di localizzazione dell’attività economica. È conosciuto in tutto il mondo come un pioniere nello studio dei rendimenti crescenti ed è il fondatore della nuova teoria del commercio internazionale. È inoltre leader nel campo della geografia economica. Perspicace e schietto opinionista e editorialista del New York Times, è un osservatore dotato e fornisce i suoi contributi in materia di economia e politica, impegnato a raccontare la verità così come la vede e in maniera efficace. Il suo lavoro in ambito economico gli è valso non solo una vasta fama presso la stampa di settore, ma anche numerosi premi prestigiosi, tra i quali la medaglia dell’American Economic Association John Bates Clark per il miglior economista americano sotto i 40 anni. È autore di numerosi libri, tra i quali La coscienza di un liberale e il bestseller The Great Unraveling. In risposta all’attuale crisi finanziaria, il Professor Krugman ha pubblicato l’edizione aggiornata del suo libro del 1999, The Return of Depression Economics, che metteva in guardia – oltre dieci anni fa – dai problemi che affrontiamo oggi. Ha conseguito un Ph.D. al MIT e dal 2000 è Professore di economia e affari internazionali alla Princeton University. Ha insegnato inoltre alla Yale University, alla London School of Economics, a Stanford e al MIT.
ti nel commercio tra surplus countries (il valore dell’export eccede quello dell’import positivo -ndr), specialmente la Cina, e defict countries; ma il mondo del commercio nel suo complesso non sembra essere in grande pericolo. Non credo ci siano le ragioni per considerare concluso il processo di globalizzazione nel prossimo futuro. Le economie reali di India e Cina hanno ripreso a crescere rapidamente, e l’impatto della grande crisi economica sembra modesto per questi giganti, o perlomeno molto meno grave di quello sui paesi occidentali. Tuttavia, è possibile che il consumatore americano non sarà più in grado di assorbire gli eccessi di produzione dei beni a basso costo prodotti da questi paesi. Crede che i giganti asiatici riusciranno a continuare a crescere, incontrando la domanda interna e mantenendo l’incredibile ritmo del passato? L’India non dispone di grandi surplus di produzio-
ne. La Cina ha invece un problema. Ma, considerate le pressioni inflazionistiche che ora sono manifeste, tutto porta a credere che non sarebbe difficile innalzare la domanda interna e allontanarsi dal modello basato sull’export, se solo le politiche cambiassero. Gli economisti riconoscono che il maggior driver della crescita economica nel lungo periodo è l’innovazione tecnologica. Crede che l’Information and Communication Technology, che è stata protagonista del processo di sviluppo economico e produttivo per decenni, giocherà ancora un ruolo significativo nel futuro? O dovremmo forse guardare ad altre tecnologie come nuovo motore della crescita economica? Sinceramente non ne ho idea. Sembra che comunque le ICT abbiano ancora molto da dare, e non credo sia ancora giunto il momento della loro fine, nè che sia vicino. www.ict4executive.it
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INTERVISTA
di
la via del governo verso l’efficienza nella Pubblica amministrazione
andrea rangone
coordinatore osservatori ict&management School of Management Politecnico di Milano
Il Ministro Brunetta illustra le linee guida della sua riforma della PA, incentrata su trasparenza e merito, e presenta i primi risultati delle innovazioni tecnologiche introdotte in questi due anni di attività: la Posta Elettronica Certificata, i nuovi sportelli Web per erogare servizi online a cittadini e imprese, il sistema per inviare all’INPS i certificati medici digitali, la copertura Wi-Fi nelle università
Ministro Brunetta, “innovazione” ed “efficienza” sono ormai diventate due parole chiave per la Pubblica Amministrazione italiana: rappresentano i “binari” sui quali si stanno avviando quei progetti di riforma e cambiamento che si pongono l’obiettivo ultimo di spingere verso una PA più moderna, più attenta all’utilizzo delle risorse e alle esigenze delle imprese e dei cittadini. L’Italia tuttavia è fra i Paesi che, rispetto al PIL, dedicano in Europa, le minori risorse alle tecnologie dell’informazione (ICT). Proprio in questo periodo di crisi, la Commissione europea e gran parte dei Paesi del G8 ritengono prioritari gli investimenti nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione perché sono quelli che producono i maggiori effetti sulla crescita del prodotto interno lordo dei Paesi avanzati. Alla luce di questo scenario, quali azioni concrete sta portando avanti il suo Ministero per recuperare efficienza nella PA attraverso le ICT? | 14 |
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Il Governo, già nei primi mesi del suo insediamento, ha messo a punto un programma, – poi confluito nel Piano e-Gov 2012 – nato proprio per superare il ritardo del nostro Paese. Serviva innanzitutto una politica coerente dell’innovazione in grado di collocare i diversi progetti da realizzare in una dimensione strategica coerente, cioè in un programma d’azione complessivo del governo e della Pubblica Amministrazione in tutte le sue articolazioni. Così abbiamo cominciato a ragionare con le diverse amministrazioni e a diversi livelli di governo per definire un insieme di progetti di innovazione digitale che, nel loro complesso, riuscissero a modernizzare e a rendere più efficiente e trasparente tutta la Pubblica Amministrazione, migliorando la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese, diminuendo i costi per la collettività e contribuendo a fare della PA un volano per lo sviluppo economico del Paese. Compito non banale, ma l’obiettivo di creare un ambiente favorevole all’innovazione richiedeva ne-
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Intervista a
renato brunetta ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione
«Il Piano e-Gov 2012 è nato proprio per superare il ritardo del nostro Paese. Serviva innanzitutto una politica dell’innovazione in grado di collocare i diversi progetti da realizzare in una dimensione strategica coerente»
cessariamente la definizione di obiettivi condivisi tra amministrazioni centrali e locali. Solo così sarebbe stato possibile individuare strumenti e azioni efficaci. Così sono stati siglati vari Protocolli di intesa e avviate numerose collaborazioni per concordare ambiti prioritari di intervento, tenendo conto delle peculiarità e dei progetti già avviati da ciascun ente, al fine di identificare soluzioni semplici, replicabili e di elevato impatto per i “clienti”. Per recuperare efficienza era prioritario disegnare regole nuove al passo con la rapida evoluzione delle tecnologie informatiche, mettendo a disposizione delle amministrazioni e dei pubblici dipendenti strumenti innovativi in grado di incrementare l’efficienza e l’efficacia dell’intero sistema pubblico. Il Consiglio dei ministri ha approvato a febbraio di quest’anno la riforma del CAD, testo che fornisce al Paese una nuova “cassetta degli attrezzi” per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. Il nuovo CAD renderà possibile la modernizzazione
della PA con la diffusione di soluzioni tecnologiche e organizzative che consentono un forte recupero di produttività: riduzione di 1.000.000 di pagine l’anno per effetto dell’avvio della dematerializzazione, con l’obiettivo al 2012 di ridurre di 3 milioni le pagine; risparmio del 90% dei costi di carta e del relativo impatto ecologico (uso e smaltimento) per circa 6 milioni di euro l’anno (solo acquisto senza smaltimento); riduzione dei tempi fino all’80% per le pratiche amministrative, in particolare di quelle ancora a basso tasso di informatizzazione; la Posta Elettronica Certificata (PEC) produrrà un risparmio a regime di 200 milioni di euro per la riduzione delle raccomandate della Pubblica amministrazione ai cittadini, senza contare la riduzione dei tempi e degli spazi di archiviazione. Dalla programmazione e dal disegno di regole al passo con i tempi siamo passati alla realizzazione dei progetti per costruire una PA trasparente, veloce, efficiente e capace di rispondere alle esigenze di un Paese moderno. Quali sono le attività attualmente in corso per raggiungere gli obiettivi fissati nel piano e-Gov 2012? Quali i vantaggi per cittadini e aziende conseguiti fino a ora? Parliamo di azioni concrete. Abbiamo accelerato sulla diffusione della Posta Elettronica Certificata nel Paese, cominciando così a rompere gli schemi che da sempre caratterizzano il rapporto tra la PA e i propri ‘clienti’. A cinque mesi dall’avvio del servizio Postacertificat@ oltre 400.000 cittadini hanno richiesto l’attivazione del servizio gratuito per dialogare on line con la PA, uno strumento che ogni cittadino può utilizzare, ad esempio, per richiedere istanze di accesso agli atti, presentare domande di www.ict4executive.it
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«È in via di attivazione la piattaforma Vivifacile (www.vivifacile.gov.it), uno sportello virtuale che fornisce a cittadini, professionisti e imprese un procedimento di accesso e identificazione unico e lineare verso aree tematiche differenti»
partecipazione a concorsi pubblici (se il bando lo prevede), oppure inviare la documentazione relativa ad accertamenti tributari. Anche tra le imprese cresce il numero di PEC: ad oggi almeno 500.000 aziende dispongono di posta certificata. È inoltre ai blocchi di partenza la diffusione della PEC alle 2,5 milioni di imprese appartenenti al network di Rete Imprese Italia. Già dal mese prossimo, in attuazione del Protocollo d’intesa siglato lo scorso agosto dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’innovazione e Rete Imprese Italia, prenderà infatti il via la campagna di distribuzione rivolta agli associati di Confcommercio e Confartigianato e a seguire tutte le imprese di Rete Imprese Italia. Con il nuovo canale di comunicazione le aziende semplificano il loro rapporto con la PA: possono comunicare con INPS e INAIL, provvedere a iscrizioni, modifiche e cessazioni alla Camera di commercio, presentare dichiarazioni di inizio o cessazione di attività all’Agenzia delle entrate, adempiere agli obblighi relativi alla Comunicazione Unica, oppure ottenere il Documento unico di regolarità contributiva (DURC). I liberi professionisti | 16 |
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che hanno una casella PEC sono oltre 1,2 milioni: un esercito che può utilizzare la posta certificata per gestire le comunicazioni ufficiali con gli enti di previdenza e, più in generale, con tutta la Pubblica Amministrazione. La PA, a sua volta, partecipa attivamente a questo processo di digitalizzazione: ad oggi oltre 11.000 amministrazioni dispongono di almeno una PEC e sono circa 19.000 le caselle PEC della PA raggiungibili da cittadini, imprese e professionisti. Continuiamo a parlare di “cose fatte”. È in via di attivazione la piattaforma Vivifacile (www.vivifacile. gov.it), uno sportello virtuale e unificato in grado di realizzare la convergenza dei diversi canali di comunicazione (internet, posta elettronica, PEC, telefonia mobile) e che fornisce a cittadini, professionisti e imprese un procedimento di accesso e identificazione unico e lineare (un’unica password per tanti servizi). Vivifacile è la porta d’ingresso verso aree tematiche differenti: la scuola, la salute e la previdenza (servizi INPS, posizione contributiva e dati pensione), la mobilità (pagamento pratiche, consultazione dati patente), la giustizia (concorsi, esami, assunzioni, bandi di gara, decreti e circolari), il fisco (dichiarazione dei redditi, modelli) e così via. Ad oggi il servizio è già disponibile per il mondo scolastico grazie a “Scuolamia”. Anche il portale ScuolaMia (ww.scuolamia.istruzione.it) è “figlio” di questa nuova stagione di digitalizzazione della PA avviata dal Governo. È una piattaforma che permette alla scuola di erogare servizi digitali alle famiglie: pagella online, comuni-
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cazioni alle famiglie (incluse assenze) via SMS, prenotazione dei colloqui con i docenti e richiesta di certificati. In pochi mesi, circa 3.000 scuole di ogni ordine e grado su tutto il territorio nazionale hanno aderito all’iniziativa. È disponibile per le scuole il portale Innovascuola (www.innovascuola.gov.it) dal quale si possono scaricare materiali digitali per la didattica. A oggi sono disponibili materiali rilasciati dal Ministero dei beni culturali, dalla Treccani, da Motta Editore e Garamond. Il portale ha una media di 65.000 pagine visitate alla settimana e sono stati già scaricati circa 50.000 contenuti digitali. Sempre restando sui fatti, abbiamo avviato una serie di iniziative per l’innovazione digitale delle università, incrementandone la copertura WiFi e favorendo l’adozione di servizi online. Bastano pochi numeri: il progetto è in fase conclusiva in 54 università (ovvero il 65% delle università, comprendente circa il 90% degli studenti) e consentirà di aumentare la copertura WiFi del 50% negli atenei del centro-nord e del 100% negli atenei del mezzogiorno (portando la copertura media nelle università italiane a oltre l’80%). Il progetto è in fase avanzata di realizzazione in 46 istituzioni dell’alta formazione artistica e musicale (pari al 36% del totale): oltre 31.000 studenti (circa il 50% del totale) potranno usufruire di WiFi e servizi amministrativi e didattici online. Tutti gli interventi presso le 100 strutture universitarie interessate si concluderanno entro dicembre. Senza dimenticarci della sanità digitale.
«Dal 3 aprile di quest’anno è operativo il sistema di trasmissione on line dei certificati medici di malattia dei lavoratori, un progetto ambizioso e complesso. Finora ne sono stati trasmessi all’INPS circa 500 mila»
Riguardo all’innovazione tecnologica nel settore della Sanità, di cui si parla ampiamente anche nel piano E-Gov 2012, quali sono gli obiettivi che intende raggiungere e quali sono già stati realizzati? Il Piano e-Gov indica il 2012 quale deadline per semplificare e digitalizzare i servizi elementari (prescrizioni e certificati di malattia digitali, sistemi di prenotazione online) e creare le infrastrutture per un’erogazione di servizi sanitari sempre più vicini alle esigenze dei cittadini, migliorando, in questo modo, il rapporto costo-qualità dei servizi e limitando sprechi e inefficienze. I progetti sono ambiziosi e vanno dall’introduzione del fascicolo sanitario elettronico all’innovazione delle strutture delle aziende sanitarie. Ricordo che dal 3 aprile di quest’anno è operativo il sistema di trasmissione on line dei certificati medici di malattia dei lavoratori del settore pubblico e privato. Questo segna un importante passo in avanti nel processo di realizzazione di servizi innovativi sempre più vicini alle esigenze di cittadini e imprese, oltre che nella direzione di una www.ict4executive.it
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razionalizzazione della spesa pubblica. La nuova procedura infatti produrrà vantaggi per il lavoratore con conseguenti risparmi in termini sia di tempo che di spesa e al tempo stesso porterà a una maggiore tempestività dei controlli, grazie all’azzeramento dei tempi di trasmissione dei certificati e alla possibilità di verifica immediata dello stato di malattia del lavoratore e ancora un abbattimento dei costi di gestione dei flussi cartacei, con un risparmio di circa 500.000.000 di euro l’anno. Si tratta di un progetto ambizioso e complesso e i risultati confermano che la direzione intrapresa è quella giusta: l’85% dei medici di famiglia hanno
Gli Osservatori sulla PA della School of Management del Politecnico di Milano Da oltre dieci anni la School of Management del Politecnico di Milano dedica un’attenzione particolare all’Information & Communication Technology. La School ha al suo attivo oltre 20 Osservatori ICT & Management, cordinati dal prof. Andrea Rangone, che offrono una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le ICT hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati e via dicendo. Gli Osservatori guardano all’impatto delle nuove tecnologie con lo stile tipico della School of Management del Politecnico di Milano, che è quello di coniugare l’analisi “sperimentale” minuta dei singoli casi reali con il tentativo di costruire quadri di sintesi credibili, di guardare a ciò che accade nel nostro Paese avendo come benchmark le esperienze più avanzate su scala mondiale, di razionalizzare la realtà che si osserva per tratteggiare linee guida che possano essere utili alle imprese. Sono numerosi gli Osservatori che trattano il tema dell’incremento di efficienza nella Pubblica Amministrazione. L’Osservatorio eGovernment, in particolare, si propone di supportare il processo di innovazione della PA attraverso approfondite ricerche sui benefici derivanti dalle diverse innovazioni ICT-driven. L’Osservatorio eProcurement, invece, si propone di comprendere la gestione degli acquisti nella PA, di quantificare il transato generato e di studiarne i benefici: nell’ultima Ricerca l’analisi ha coinvolto circa 110 Enti pubblici. Va citato anche l’Osservatorio Fatturazione Elettronica, nato con l’obiettivo generale di dimostrare il valore legato all’adozione di tali processi e che ha quantificato, quest’anno, il beneficio potenziale per l’Italia, in termini di aumento di produttività, arrivando alla conclusione che il ruolo della PA nel sostenere la diffusione della Fatturazione Elettronica nel nostro Paese potrebbe essere cruciale. Infine, l’Osservatorio ICT in Sanità si focalizza sull’utilizzo dell’ICT a supporto della ricerca medica, delle pratiche cliniche, dell’assistenza ai cittadini-utenti e, più in generale di tutti i processi manageriali. L’Osservatorio ha inoltre approfondito alcuni ambiti specifici: la Cartella Clinica Elettronica, i Sistemi di supporto alla Clinical Governance, la Dematerializzazione dei documenti e i Servizi Digitali al Cittadino. | 18 |
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ritirato le credenziali di accesso (PIN) necessarie per l’invio dei certificati e finora sono stati trasmessi all’INPS circa 500 mila certificati di malattia digitali. Nel 2009 Lei ha dichiarato che il 2010 sarebbe stato l’anno della svolta per il sistema Giustizia italiano, con riferimento alle sperimentazioni in atto per la digitalizzazione dei tribunali. Qual è lo stato dell’arte dell’utilizzo dell’ICT nel settore della Giustizia? Cosa è cambiato e cosa ci si può aspettare che cambierà nei prossimi mesi? Non si trattava propriamente di “sperimentazioni”, non tecnologiche, almeno. I sistemi da utilizzare sono più che collaudati. Si trattava e si tratta di cambiare mentalità, di utilizzare la digitalizzazione al servizio di un prodotto diverso e migliore, non come mera modifica della macchina da utilizzarsi, per ottenere sempre lo stesso risultato. Abbiamo ottenuto risultati molto importanti e positivi, in sedi decisamente grandi, come Roma o Milano, arrecando gran beneficio ai tempi della giustizia, alla sicurezza degli scambi d’informazioni e documentazioni, oltre che al lavoro di magistrati, cancellieri e avvocati. Possiamo ritenerci soddisfatti. Ora passeremo alla tappa successiva: tutto quello che ha funzionato in sedi specifiche deve essere messo a disposizione e diffuso ovunque. Perché la giustizia italiana è una sola e deve funzionare ovunque nel migliore dei modi. Una sola precisazione, per non ingenerare equivoci: stiamo parlando della digitalizzazione a legislazione vigente. Come cittadino e come politico ritengo che la giustizia meriti non solo grande attenzione, ma anche riforme profonde. Ma è argomento diverso. Un percorso virtuoso che si è attivato ormai da qualche anno è rappresentato dall’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a supporto dei processi di acquisto (eProcurement). L’eProcurement nella Pubblica Amministrazione sta vivendo, come mostra una recente ricerca della School of Management del Politecnico di Milano, dinamiche molto interessanti, con una forte crescita, negli anni, del transato che la PA italiana negozia e acquista tramite strumenti elettronici. Ne derivano importanti benefici sia per il singolo ente che per la collettività nel suo insieme. Nonostante il lavoro di Consip e delle agenzie regionali, a questa crescita non corrisponde, tuttavia, una rapida diffusione nel territorio, e il fenomeno sembra legato a singole esperienze di pochi Enti che hanno deciso, con forte anticipo rispetto ad altri, di muoversi in questa direzione. Qual è la sua opinione su questo ambito di innovazione? Ha in cantiere iniziative per spingere ulteriormente la diffusione dell’eProcurement nella PA? Il mio giudizio sulla crescita dell’utilizzo delle tec-
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nologie ICT a supporto dei processi di acquisto delle pubbliche amministrazioni non può che essere positivo. Si temeva che lo sviluppo dell’e-procurement nella PA avrebbe favorito di fatto le grandi imprese, che sarebbero state messe ancora di più nella condizione di primeggiare come fornitori della PA. Timori evidentemente infondati, almeno alla luce dell’esperienza di CONSIP che ha vinto il premio europeo 2009 per l’eGovernment proprio in virtù della sua capacità di coinvolgere nel mercato elettronico pubblico le piccole e medie imprese. Non va poi trascurato il contributo dello strumento elettronico alla gestione trasparente delle gare, con ciò che ne deriva in termini di maggiore legalità e contrasto alla corruzione, temi su cui collaboriamo anche con l’OCSE e con i Paesi del Medio oriente e del Nord Africa. Sul fatto poi che non tutte le amministrazioni abbiano raggiunto la stessa confidenza con questi strumenti credo che ciò sia la naturale conseguenza del fatto che la PA italiana è composta da realtà molto eterogenee: accanto ad amministrazioni all’avanguardia sull’uso dell’e-Procurement ci sono strutture pubbliche ancora ai blocchi di partenza. Noi ci stiamo impegnando sul fronte della formazione e della sensibilizzazione all’interno di tutta la Pubblica Amministrazione: non a caso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (in collaborazione con l’Università di Tor Vergata e la Promo P.A Fondazione) sta organizzando un ciclo di incontri per esaminare, tra l’altro, proprio i profondi cambiamenti che saranno innescati dal public procurement. La School of Management Politecnico di Milano ha attivato due Osservatori, tra gli altri, nelle aree della Fatturazione Elettronica e dell’impiego dell’ICT in Sanità, analizzando lo stato dell’arte e le opportunità per il Paese. In particolare, per la Fatturazione Elettronica il beneficio potenziale per l’Italia – in termini di aumento di produttività – derivante dall’adozione diffusa risulterebbe compreso tra i 10 miliardi di euro all’anno - se le logiche della dematerializzazione fossero applicate alla sola fase di fatturazione - e i 60 miliardi di euro all’anno – nel caso in cui l’adozione fosse estesa all’intero ciclo ordine-pagamento. Qual è la sua opinione sull’opportunità di spingere l’adozione della Fatturazione Elettronica nella PA? La legge n. 244/2007 ha già introdotto l’obbligo di emissione, trasmissione e conservazione esclusivamente in forma elettronica delle fatture emesse verso le amministrazioni pubbliche. In queste settimane stiamo lavorando sul decreto di attuazione e sulla data di entrata in vigore di questo obbligo. La Fatturazione Elettronica è un documento che
può viaggiare per posta certificata e valorizza il lavoro fatto dal Governo sulla comunicazione elettronica tra imprese e amministrazioni pubbliche, ma è un tassello di un progetto più ampio che comprende pagamenti, incassi, tracciabilità dei flussi finanziari. È da tempo che insisto sulla Fatturazione Elettronica nella PA perché favorisce la trasparenza e il monitoraggio della finanza pubblica, tende a semplificare i rapporti tra amministrazioni e imprese, induce innovazione e modernità dell’azione amministrativa. È chiaro, è necessario uno sforzo di amministrazioni e imprese per allinearsi a questi nuovi strumenti e per rivedere modalità e strumenti di interazione recipro-
«Si temeva che lo sviluppo dell’e-Procurement nella PA avrebbe favorito di fatto le grandi imprese. Timori evidentemente infondati, almeno alla luce dell’esperienza di CONSIP, che ha saputo coinvolgere le piccole e medie imprese»
ca. Se ciascuno farà la propria parte non soltanto ridurremo lo spreco di carta e di lavoro, ma soprattutto avremo una conoscenza approfondita, puntuale e in tempo reale non solo della destinazione, ma anche della razionalità della spesa pubblica. Eviteremo così tagli indiscriminati agli investimenti per sostituirli con riduzioni mirate, quasi chirurgiche, favorendo i migliori e penalizzando i furbi, dentro e fuori le amministrazioni. Il risparmio della spesa pubblica – e la Fatturazione Elettronica potenzialmente ne genera molto – ha senso infatti non solo in quanto tale, ma soprattutto in quanto motore di un’allocazione intelligente e responsabile delle risorse, grazie anche al controllo da parte del cittadino. Con la digitalizzazione della burocrazia e con la posta certificata andiamo in questa direzione. Inoltre questi processi favoriscono l’emergere di nuovi servizi, nuovi strumenti, nuove professionalità informatiche, contribuiscono alla modernità non solo della amministrazione, ma anche del sistema dell’offerta. Quello che temo è che si dica che non siamo pronti, rinviamo, rivediamo, proroghiamo. Il nuovo è faticoso, perché va costruito giorno per giorno. Ma, se lavori bene, ne vale la pena. Ministro Brunetta, è entrata in vigore la riforma della Pubblica Amministrazione che porta il suo nome. Può indicarne tre parole chiave? Trasparenza, merito e valutazione. Principi che mirano tutti ad un risultato comune: ottimizzare, finalmente, la produttività delle pubbliche amministrawww.ict4executive.it
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zioni. Con questa riforma ritengo di aver fatto il mio dovere rispondendo in tempi veloci con i fatti alle sacrosante esigenze dei cittadini. In meno di quindici mesi si è infatti passati dalla presentazione in Parlamento di un disegno di legge delega alla pubblicazione del decreto delegato sulla Gazzetta ufficiale dello scorso 31 ottobre 2009. E questo è già un dato abbastanza sorprendente, che testimonia in modo diretto come l’esigenza di un cambiamento deciso fosse generalmente avvertita, ben al di là dei confini della maggioranza di governo e, soprattutto, in ogni strato della società italiana. Vedete, in questi due anni di governo ho avuto la tenacia e il coraggio di fare quello che moltissimi sapevano non essere più rinviabile. Per anni abbiamo infatti nascosto i ritardi strutturali del Paese sotto il tappeto, come la polvere. Ci bastava infatti ricorrere periodicamente al ‘trucco’ della svalutazione competitiva della lira che, sia pure importando inflazione, determinava una crescita drogata e illusoria. Con l’avvento dell’euro questo non è più possibile e oggi paghiamo il gap di competitività accumulato con le altre economie
«La Commissione per la valutazione ha il compito di predisporre ogni anno una graduatoria delle amministrazioni statali su tre livelli di merito, in base ai quali la contrattazione collettiva nazionale ripartisce le risorse» continentali. In questo contesto, i cittadini percepiscono come sempre più insopportabile l’arretratezza della nostra Pubblica Amministrazione: un mostro inefficiente e cogestito per decenni dal cattivo sindacato e dalla cattiva politica. La Commissione per la valutazione, di fatto una sorta di Authority, è una novità assoluta. Di cosa si tratta e quali i suoi compiti? La mia riforma realizza il passaggio dalla cultura di mezzi (input) a quella di risultati (output e outcome) al fine di produrre un tangibile miglioramento della performance delle amministrazioni pubbliche. Per facilitare questo passaggio si mette il cittadinocliente al centro della programmazione degli obiettivi, grazie alla customer satisfaction, alla trasparenza e alla rendicontazione. Si rafforza il collegamento tra retribuzione e performance. E si aiutano le amministrazioni ad assorbire la nuova mentalità con il supporto di una apposita Commissione per la valutazione e di organi indipendenti di valutazione, nel quadro di un programma triennale per la trasparenza e | 20 |
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l’integrità. In posizione di totale autonomia e indipendenza di giudizio, questa Commissione ha il compito di predisporre ogni anno una graduatoria delle singole amministrazioni statali su tre livelli di merito, in base ai quali la contrattazione collettiva nazionale ripartisce le risorse premiando le migliori strutture. E’ composta da cinque esperti di elevata professionalità nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei ministri e con il parere favorevole di due terzi delle commissioni parlamentari competenti. In ogni amministrazione le pagelle saranno compilate da un organismo indipendente di valutazione costituito da tre componenti e che di fatto sarà l’interfaccia della Commissione stessa. E come verranno premiati i dipendenti meritevoli? Ciascuna amministrazione, sulla base delle valutazioni dei dirigenti e con l’ausilio della Commissione, alla fine di ogni anno dovrà dividere il personale in tre fasce di merito. A chi sarà collocato nella categoria alta (il 25 per cento del personale) sarà corrisposto il 50 % delle risorse destinate al trattamento accessorio. Chi, invece, sarà collocato nella categoria intermedia (il 50 per cento del personale) avrà diritto al restante 50% delle risorse destinate al trattamento accessorio. Infine, il personale che finirà nella fascia bassa, non potrà ottenere alcun trattamento aggiuntivo rispetto allo stipendio base. In questo modo il merito diviene il criterio esclusivo per l’attribuzione degli incentivi. Saranno i prossimi mesi a dirci se e come questa riforma inciderà concretamente nelle viscere stesse dei pubblici uffici… In effetti adesso inizia un lavoro complesso di implementazione delle norme appena approvate. Ogni sei mesi riferirò al Parlamento sullo stato di attuazione del decreto legislativo n. 150 e chiunque, collegandosi al portale www.riformabrunetta.it può monitorare in tempo reale la sua implementazione e proporre le sue osservazioni. Se ci pensate, si tratta di un fatto inedito nella vita pubblica italiana. Per la prima volta, infatti, un sito Internet è un elemento qualificante di una riforma strutturale dello Stato. La verità è che non sono un talebano del diritto ma un riformista. Non ho quindi la pretesa di avere trovato la ricetta magica per il definitivo rilancio della produttività della Pubblica Amministrazione. Sarà il tempo a dirci se e in quale misura questa riforma riuscirà a incidere concretamente sulla qualità del lavoro dei dipendenti pubblici nella fornitura di beni e servizi essenziali per il Paese. State tranquilli: se qualcosa si rivelerà inadatto alle speranze mie e di molti, non esiterò a prenderne atto serenamente e ad apporre tempestivamente i necessari correttivi.
Speciale “pubblica amministrazione”
Una nuova governance per l’innovazione in Italia Innovare nella Pubblica Amministrazione si può, ma serve una visione condivisa e coerente per mettere a fattor comune le eccellenze, che non mancano, consentendo così al Paese di recuperare il terreno perso in questi ultimi anni. Opinioni a confronto in un convegno del Politecnico di Milano
L’innovazione, in un perimetro che include le tecnologie, i processi e i comportamenti, è una leva fondamentale per dare al Paese la spinta necessaria a recuperare il terreno perso in questi anni. Si tratta di un’opportunità concreta, da cogliere subito, facendo tesoro dell’esperienza dei numerosi casi di eccellenza italiani e internazionali. Eppure, i segnali che arrivano dalle forze politiche e dai vertici della Pubblica Amministrazione in questa direzione sono ancora troppo deboli. Ne è convinto Pierfilippo Roggero, Presidente e AD Fujitsu Technology Solutions Italia e Senior Vice President SW Europe di Fujitsu, che si è fatto portavoce delle forze innovatrici del Paese in un convegno organizzato sul tema presso il Politecnico di Milano. Quello che sembra mancare al nostro Paese è una governance dell’innovazione, ovvero un progetto condiviso e coerente in grado di far convergere le forze vive del Paese, per tirare le fila verso un obiet| 22 |
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tivo comune. All’evento, moderato dal presidente della School of Management del Politecnico, Umberto Bertelè, hanno partecipato docenti, esponenti politici, rappresentanti del mondo bancario e di associazioni di categoria. Alessandro Perego, responsabile scientifico Osservatori ICT & Management del Politecnico di Milano, ha presentato alcuni risultati delle ricerche sul campo realizzate in questi anni nel nostro Paese, mostrando che l’innovazione non solo è possibile, ma apporta significativi benefici misurabili. «L’esperienza di tante realtà di eccellenza - ha affermato Perego - mostra come un elevato livello di informatizzazione delle strutture della PA possa portare contemporaneamente a migliori performance economiche e a servizi qualitativamente più elevati. La Fatturazione Elettronica, solo per fare un esempio, è un progetto di innovazione che può “liberare risorse” per oltre 3 miliardi di euro nella PA e quasi 10 miliardi di euro nelle imprese, estendibili a 60 se si considera tutto il ciclo ordine-pagamento». Grandi opportunità esistono anche nella Sanità e negli acquisti della PA attraverso l’eProcurement. Alla tavola rotonda sono poi intervenuti, Davide Giacalone, Presidente dell’Agenzia per la Diffusione delle Tecnologie per l’Innovazione, Giorgio Stracquadanio, Parlamentare del PdL, Carlo Bonomi, Presidente Gruppo Terziario Innovativo Assolombarda, Danilo Broggi, AD di Consip, Luigi Carunchio, Presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti, Antonio Cianci, Consigliere per l’innovazione tecnologica del Ministero per la PA e l’Innovazione, Liliana Fratini Passi, Segretario Generale del Consorzio CBI, e Giuliano Noci Responsabile Scientifico Progetti di eGovernment, Politecnico di Milano. Il punto di partenza del dibattito è stata la “salute” del Sistema Italia, che appare preoccupante,
Speciale “pubblica amministrazione” soprattutto se si considera che nel contesto europeo i segnali incoraggianti non mancano, quali i recenti dati sulla crescita della Germania, intorno al 2%, o sull’occupazione in leggera ripresa in Francia. «La crescita italiana è intorno all’1% - ha ricordato Roggero -. Siamo in una situazione di stasi, ovvero stiamo tirando a campare. Soffriamo di perdita competitività perchè il sistema è troppo complesso e l’approccio all’innovazione tecnologica è decisamente debole. In più, il Paese sembra non essere in grado di attirare nuovi capitali stranieri. Le multinazionali non investono: assistiamo a una desertificazione, in termini industriali». I dati dicono, infatti, che gli investimenti delle multinazionali sono in contrazione: nel 2009 hanno raggiunto i 400 miliardi di dollari, mentre in Francia sono più del triplo. Nello stesso anno, gli investimenti diretti da soggetti esteri in Italia sono stati pari a 30 miliardi di dollari, la metà rispetto a Francia e Inghilterra. Per imboccare la strada della crescita è necessario dunque rivedere e semplificare processi e regole comportamentali, e, soprattutto, ridurre la burocrazia, attraverso iniziative strutturate e coerenti. «Negli ultimi tempi si è diffusa la convinzione che la crisi sia dovuta a una mancanza di regole e a un eccessivo disimpegno da parte del settore pubblico nel mercato – ha continuato Roggero -. Io ritengo, invece, che si evidenzi l’opposto. Abbiamo troppe regole, una giustizia lenta e tasse poco chiare e difficili da pagare. I processi della PA sono inefficienti». Allargando lo sguardo all’Europa è facile individuare numerosi esempi positivi, anche in Paesi che, da un punto di vista economico, stanno attraversando difficoltà superiori a quelle italiane. È il caso del Portogallo, che nel 2005 ha avviato un progetto di semplificazione della PA, chiamato Simplex, ottenendo significativi benefici, o della Spagna, che insieme ai paesi nordici ha saputo recepire rapidamente le indicazioni dell’Unione Europea in tema di Fatturazione Elettronica, una grande opportunità che vede l’Italia molto indietro, anche per la man-
canza di una legislazione in materia. Altro esempio eccellente è quello della cartella clinica elettronica adottata di recente in Francia a livello centralizzato, dopo un dibattito durato quattro anni, che consente un risparmio stimato in 1 miliardo di euro anno. La gestione dei progetti, una volta avviati, deve anche essere efficace, e questo è un altro dei problemi che l’Italia si trova spesso ad affrontare. Un modello di che sta ottenendo positivo riscontro è la Private-Public Partnership, applicato con successo in Inghilterra. Si tratta di una versione estesa del concetto di outsourcing, in cui la gestione e la responsabilità dei progetti pubblici viene affidata a società terze private, con benefici in termini di efficienza. «In materia di outsourcing - ha affermato Roggero crediamo si stiano aprendo delle ottime opportunità in Italia, testimonianza del fatto che anche da noi sempre più aziende stanno assegnando a terzi i propri processi “non-core”. È attualmente in corso una importante gara per la gestione dell’infrastruttura tecnologica di Ferrovie dello Stato, gara che vale più di un miliardo di euro, a cui Fujitsu partecipa in raggruppamento con altre imprese. Fujitsu porterà la propria esperienza internazionale nei progetti di outsourcing nel settore dei trasporti: tra i nostri clienti annoveriamo a Caminhos de Ferro portoghesi, di cui gestiamo il ticketing, Metro di Madrid cui forniamo servizi di Managed Center, SNCF per il maintenance, ATOC per il Managed IT, oltre a DB, la metropolitana di Berlino e altri. L’aggiudicazione della gara ci permetterebbe di portare investimenti e sviluppo nel nostro Paese, creando nuova occupazione per forza lavoro altamente qualificata». Nella situazione attuale, dunque, c’è il rischio che tutti gli investimenti, compresi quelli ICT, finiscano con l’essere tagliati o rimandati. A fronte di questo fondato timore, l’auspicio è che cresca la consapevolezza da parte di politici e dirigenti della PA, del ruolo insostituibile che le tecnologie ICT possono avere nel raggiungimento degli obiettivi prioritari di controllo e razionalizzazione della spesa, ma anche e sopratutto di miglioramento della qualità dei processi e del livello di servizio al cittadino.
Alcuni dei partecipanti alla tavola rotonda. Da sinistra: Giorgio Stracquadanio, Parlamentare del PdL, Antonio Cianci, Consigliere per l’innovazione tecnologica del Ministero per la PA e l’Innovazione, Umberto Bertelè, Politecnico di Milano, Pierfilippo Roggero Senior Vice President SW Europe di Fujitsu, Danilo Broggi, AD di Consip, Davide Giacalone, Presidente dell’Agenzia per la Diffusione delle Tecnologie per l’Innovazione, Luigi Carunchio, Presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti www.ict4executive.it
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publiredazionale
La rete CBI a supporto di imprese e Pubblica Amministrazione
Liliana Fratini Passi Segretario Generale del Consorzio CBI
“La rete CBI è sempre più a misura di imprese ma anche di Pubblica Amministrazione.” dichiara Liliana Fratini Passi, Segretario Generale del Consorzio CBI. Mentre continuano ad aumentare le aziende che utilizzano i servizi di corporate banking interbancario (oltre 825 mila), tramite gli oltre 680 istituti finanziari consorziati (95% del sistema bancario italiano, Poste Italiane S.p.A. e CartaLis), il Consorzio CBI (Customer to Business Interaction) ha sviluppato un nuovo Servizio “di Nodo” per venire incontro alle esigenze della P.A. di dematerializzazione dei processi e semplificazione delle procedure interne e nel rapporto con cittadini e imprese. Il Nodo CBI rappresenta un gateway per l’accesso diretto alla rete CBI di soggetti istituzionali (PP. AA. centrali) per la trasmissione di flussi di “payment initiation” verso il sistema bancario (bonifici, incassi, documenti, etc.). “In particolare – continua Liliana Fratini Passi - il Servizio di Nodo CBI permette di definire standard di sistema in linea con le esigenze della P.A., al fine di definire un modello efficiente di cooperazione tra Sistema Bancario e Pubblica Amministrazione Centrale, facilitando l’accesso ai servizi bancari dispositivi ed informativi non solo agli enti stessi ma anche ai cittadini e alle imprese.” Nel rapporto tra banche e pubbliche amministrazioni il CBI può rappresentare un contributo importante di coordinamento, semplicità ed efficienza nella gestione della comunicazione col sistema bancario e di flessibilità del servizio rispetto alle esigenze specifiche del comparto pubblico. “Non bisogna inoltre dimenticare - prosegue il Segretario Generale - che l’architettura CBI permette alla clientela corporate di scambiarsi
il consorzio CBI, di cui fa parte il 95% del sistema bancario italiano, affianca ai servizi di corporate banking e di fattura elettronica un nuovo servizio “di nodo” che facilita l’accesso ai servizi bancari da parte della PA centrale
documenti strutturati (in modalità end-to-end), principalmente la Fattura Elettronica in formato XML, e non strutturati, come per esempio file pdf, attraverso le rispettive banche d’accesso.” Il servizio di trasmissione delle Fatture Elettroniche tramite CBI, condiviso con tutti gli stakeholder di riferimento e in linea con i lavori internazionali in tema di Fattura Elettronica, è interoperabile anche con i sistemi già esistenti e in uso presso comunità consolidate; pertanto potranno essere usati tutti gli standard attualmente disponibili, sia quelli di sistema sia quelli proprietari (Edi, UN/Edifact, Indicod, standard proprietari,ecc.). Inoltre, in linea con la legge Finanziaria 2008, il CBI si propone come importante canale di veicolazione della Fattura Elettronica, permettendo il coinvolgimento anche della P.A. in qualità di utente, per la gestione documentale e i servizi di incasso e pagamento, e in qualità di terza parte erogatrice di servizi alla comunità delle imprese CBI. “Il CBI - conclude Liliana Fratini Passi - come per i pagamenti F24, sarà uno dei canali privilegiati utilizzabili dalle imprese per l’invio di fatture elettroniche alla P.A.” SAVE THE DATE Roma, 2-3 dicembre 2010 Convegno CBI 2010 Info su www.cbi-org.eu e www.abieventi.it
p er u lt er i o r i i n f o rm a zioni...
Con sorz io C B I - C u s tomer to B u s ine ss I nteraction Se de Legale: P ia z z a d el G e s ù, 4 9 - Uffici : Via del G e sù , 6 2 - 0 0 1 86 Roma T el 06/ 67 67 4 5 9 Fa x 06 / 67 67 68 8 www. cbi -org . eu - e . mail : cbi @ abi . it | 24 |
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l’Azienda Sanitaria di Firenze digitalizza i processi amministrativi
L’Azienda Sanitaria di Firenze (ASF), che eroga il servizio sanitario al capoluogo toscano e ai 33 comuni della provincia per un totale di oltre 800 mila assistiti, ha intrapreso in collaborazione con il gruppo Intesa Sanpaolo un progetto per informatizzare i propri processi amministrativi, conseguendo importanti benefici. L’azienda movimentava fino a pochi mesi fa un imponente flusso di oltre 300 mila documenti cartacei all’anno – costituito da mandati di pagamento, reversali di incasso e deliberazioni – che si snodava sia all’interno, per le necessarie firme di autorizzazione, sia verso la banca, per autorizzare il pagamento dei fornitori. Il progetto prevede la dematerializzazione dei flussi documentali relativi alle delibere, ai mandati di pagamento (documenti emessi a favore di titolari di crediti nei confronti di ASF) e alle fatture passive. Attraverso l’adozione di una piattaforma Web basata su sistemi di firma digitale e di archiviazione e conservazione sostitutiva dei documenti, i documenti amministrativi seguono l’iter di approvazione attraverso i diversi uffici fino alla trasmissione telematica dei dati alla controparte bancaria, o all’inserimento nell’albo pubblico. Il sistema, adottato in via sperimentale nel corso degli ultimi mesi, utilizza il servizio di fatturazione elettronica Easy Fattura di Intesa Sanpaolo, nato per automatizzare il processo di gestione dell’intero ciclo di fatturazione nonchè dematerializzazione e conservazione sostitutiva dei documenti. La solu-
La gestione del ciclo passivo, che movimentava oltre 300mila documenti cartacei all’anno, è ora automatizzata grazie al servizio easy fattura di Intesa SanPaolo, integrato con il remote banking
zione è integrata nella piattaforma di remote banking di ASF e, oltre alla fattura in formato PDF, permette di realizzare automaticamente l’abbinamento con altri documenti amministrativi presenti nel sistema, come gli ordini e i mandati di pagamento. Le fatture elettroniche transitano sul portale Web accessibile anche dalla banca, ottimizzando l’iniziativa finanziaria a favore dei fornitori dell’azienda. Un ulteriore sviluppo del progetto potrebbe prevedere la dematerializzazione e l’efficientamento dei processi d’approvvigionamento e di spesa, compresa la gestione dell’archiviazione digitale e della conservazione sostitutiva delle fatture. Il sistema adottato ha già ridotto consistentemente l’utilizzo e la circolazione di carta, e grazie all’ultimo step del progetto relativo alla digitalizzazione delle fatture del ciclo passivo, permetterà di eliminare anche il cartaceo relativo alle fatture, per ulteriori 90 mila documenti annuali. L’archiviazione e conservazione sostitutiva di questi documenti comporterà inoltre notevoli benefici in termini di gestione dello spazio attualmente richiesto dall’archivio fisico. Oltre alla considerevole riduzione della quantità di carta utilizzata e al relativo risparmio in termini di costi, l’azienda ritiene di poter riallocare il 70% delle risorse umane attualmente dedicate alle attività di inserimento dati verso attività a maggior valore aggiunto inerenti il controllo e la supervisione dei processi amministrativi.
pe r u lt er i o r i i n f o rma zioni...
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INTERVISTA di
La gestione fornitori di Alitalia cai vola verso la qualità e l’efficienza
Manuela Gianni
Francesco Festa Executive Vice President Alitalia Purchasing and Services e Presidente ADACI
La figura del Buyer richiede oggi un mix sapiente di competenze “tradizionali” e conoscenze delle opportunità, ma anche dei rischi, offerti dagli strumenti on line. E secondo Francesco Festa, manager Alitalia e presidente dell’associazione di categoria, la formazione è l’ingrediente determinante per il successo
Francesco Festa, ingegnere elettronico e matematico, si definisce un “appassionato naturale” di logistica. Nella sua carriera ha ricoperto posizioni di crescente responsabilità nella gestione del ciclo attivo e passivo, gestendo le aree Pianificazione e Vendite, Logistica, Approvvigionamenti e Direzioni di stabilimento; ha lavorato in grandi realtà attive in settori merceologici diversi, quali ITT, TI, Alcatel e Pirelli, sia in Europa sia negli Stati Uniti. Attualmente è Direttore Purchasing and Services di Alitalia, azienda nella quale è entrato nel 2005, prima dunque dell’operazione di rilancio della compagnia aerea nazionale. In parallelo, ricopre la carica di Presidente ADACI, l’Associazione Italiana di Management degli Approvvigionamenti, un osservatorio privilegiato su una figura professionale, quella del Buyer, che dall’avvento del Web è protagonista di un profondo cambiamento e che richiede oggi nuove competenze e un mix sapiente di metodologie tradizionali e strumenti innovativi. | 26 |
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Quali sono le sue attuali responsabilità in Alitalia e come è organizzato il suo gruppo di lavoro? Sono responsabile degli Acquisti, nell’accezione generale del termine, dei Servizi Generali e del Facility Management e coordino una squadra di circa un centinaio di persone. Mi occupo cioè dell’acquisto delle “materie prime”, ovvero gli aeromobili, il carburante, il catering, i materiali utilizzati nei servizi di bordo, gli hotel, i servizi di trasporto per il personale navigante. Sono responsabile anche degli acquisti generali: varie merceologie di materiali, beni, servizi, ICT, pubblicità, marketing, comunicazione. Ho organizzato il mio team di lavoro secondo una visione incentrata sulle competenze per macromerceologie, ovvero in aree specializzate per aree macromerceologiche: flotta, fuel, servizi di bordo, acquisti generali, in ciascuna delle quali i team oprativi sono dedicati alle specifiche nicchie merceologiche. Al team di Facility Management sono invece affidate la gestione e lo sviluppo degli spazi, delle centrali
INTERVISTA | La gestione fo rnito ri di A l ita l ia C A I vo l a verso l a qua l ità e l’ efficienza
La nuova Alitalia CAI Alitalia Compagnia Aerea Italiana è la società, nata il 13 gennaio 2009, frutto della riorganizzazione, a seguito della crisi, di Alitalia e della successiva fusione con Airone, che hanno integrato i propri network e le strutture organizzative, commerciali e amministrative. Oggi Alitalia dispone di 157 aeromobili, conta 77 destinazioni per 730 collegamenti giornalieri ed è focalizzata su sei basi di riferimento: Fiumicino, Milano, Torino, Venezia, Napoli e Catania.
tecnologiche, dell’energia e del decoro locali principalmente nelle sedi aeroportuali. Con il passaggio alla nuova Società abbiamo posto un focus molto intenso sulle competenze, gestendo anche con rotazioni interne di risorse la copertura delle aree più critiche. In una persona da assegnare ai team di acquisto prediligo lo skill specifico sulla categoria rispetto alla pura abilità negoziale, perché credo che questa si possa apprendere o migliorare in tempi abbastanza rapidi, mentre la competenza specifica è molto più complessa e difficile da acquisire. Lavoriamo in piena sintonia con le altre funzioni aziendali, seguendo una logica di “early envolvement”, che abbiamo adottato in particolare da quest’anno; tradotto nella pratica significa che fin dall’inizio di un nuovo progetto, di una nuova idea o del lancio di un nuovo prodotto si opera congiuntamente alle altre aree, Marketing, Vendite, Produzione, Ground, IT, etc. Io mi considero un po’ come un braccio armato: eseguo al meglio la missione affidatami in termini di
scouting sul mercato di fornitura, di prezzi, clausole contrattuali, condizioni di pagamento, qualità e livello di servizio, ma lavoro attivamente sul progetto durante tutto il suo svolgimento, partecipando alla sua elaborazione, e non intervenendo solo al termine. Naturalmente questo è un modo di lavorare utilizzato da sempre nelle best-in-class, ma più difficilmente applicabile nelle aziende “normali” o in via di trasformazione.
«Lavoriamo in piena sintonia con le altre funzioni aziendali, seguendo una logica di “early envolvement”: fin dall’inizio di un nuovo progetto, di una nuova idea o del lancio di un prodotto operiamo congiuntamente alle altre aree» www.ict4executive.it
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INTERVISTA | La gestione fo r nito r i di Al ita l ia C A I vo l a verso l a qua l ità e l’ efficien z a
La gestione “digitale” dei fornitori La funzione Acquisti e Servizi di Alitalia ha dato vita a un progetto di riorganizzazione delle modalità di gestione dei fornitori che ha fortemente puntato sulle opportunità offerte dall’utilizzo dell’ICT. In particolare, il progetto ha portato alla creazione di un portale fornitori che si occupa della gestione delle fasi preliminari che riguardano il rapporto con i fornitori, dalla qualifica (le attività di inserimento delle informazioni necessarie per ottenere lo status di “fornitore potenziale” sono delegate al fornitore stesso) fino alla negoziazione “classica” oppure “on line”, ed all’archiviazione in formato digitale dei contratti. Il sistema gestionale, inoltre, supporta in maniera integrata lo scambio dei documenti del ciclo dell’ordine.
Ci può fare un esempio concreto di applicazione di questa logica di “early involvement”? Abbiamo per esempio applicato questo modello di lavoro per il lancio della nuova classe Magnifica nei voli intercontinentali, che è stata completamente ridisegnata, nelle poltrone, nel catering e nel servizio per portarla al vertice della categoria, valorizzando il “Made in Italy”: prodotti offerti in collaborazione con alcune delle più importanti firme italiane e catering con alimenti, selezione di vini e di oli in linea con la migliore tradizione enogastronomica italiana e con ricette regionali a rotazione trimestrale. Si è trattato di un progetto costruito in sintonia con la direzione Marketing. Si è lavorato fin da subito sui menù, su cibi/pietanze, su materie prime di eccellenza DOP e IGP, sui fornitori, sulle novità da introdurre e su come introdurle, su come offrire un servizio di qualità mantenendo il criterio di economicità per l’azienda (qualità/costi). Senza questa logica di “early involvement” avrei ricevuto, quattro mesi dopo l’avvio del progetto, a cose concluse, una lista di “cose” necessarie da ricercare presso fornitori nuovi, con tutte le difficoltà derivanti dal doverli trovare nelle quantità e con le flessibilità adeguate e contrattualizzare in tempi stretti. Che impatto ha avuto sulla gestione dei fornitori il passaggio ad Alitalia “CAI”? Il parco fornitori è considerato un asset aziendale strategico, insieme a Clienti, Azionisti e Dipendenti. Abbiamo lavorato molto su questo parco fornitori, utilizzando una leva tipica del mercato anglosassone, che consiste nel ridurre il numero di fornitori e al contempo ampliarlo. Pare una contraddizione, ma per la logistica passiva, “scienza esatta”, non lo è. Si tratta cioè di diminuire il numero dei fornitori attivi e allo stesso tempo ampliare il parco dei fornitori potenziali, che sono così già pronti per instaurare un rapporto commerciale quando necessario. È una logica di razionalizzazione | 28 |
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che ha portato da un lato ad ampliare la capacità di base di fornitura e, dall’altro, a creare un parco fornitori di più alto profilo, più nazionale ed internazionale piuttosto che “romano-centrico”, con fornitori in forte competizione tra loro, garanzia di un migliore rapporto. Questo approccio ha avuto una forte accelerazione con il passaggio ad Alitalia CAI, perchè abbiamo dovuto ridefinire tutti i contratti e rinegoziare tutte le condizioni. Quali strumenti Web utilizzate a supporto dell’attività di Purchasing? Su Web utilizziamo principalmente tre tipologie di strumenti: Scouting dei fornitori, prima delle gare e delle negoziazioni importanti; Request for Quotation (RfQ) e Auction, le aste on line. Abbiamo ottenuto importanti risultati: dal nostro avvio abbiamo gestito circa 50 aste rilevanti, con la partecipazione media di 10 -15 fornitori. Non si tratta di strumenti propriamente nuovi, esistono già da parecchi anni; qui il problema non è la disponibilità degli strumenti, ma il cambiamento culturale portato dal Web, che induce a ragionare in minuti, ore e giorni invece che in settimane e mesi. La mia visione è che il Web non sostituirà mai al 100% le metodologie di lavoro tradizionali; forse può coprire il 50% dei processi, ma non tutta la logistica passiva. Le metodologie tradizionali sono insostituibili nei rapporti col fornitore e nella sua qualificazione, per esempio nelle visite agli impianti, alle linee produttive, che ritengo fondamentali per capire come lavora un’azienda. Queste fasi critiche richiedono un rapporto diretto con le “cose” e con le “persone”, non sostituibile dalla virtualità del Web. In alcune aree particolari dei servizi poi, le aste on line non sono nemmeno proponibili, ed è necessaria la negoziazione ad un tavolo, face-to-face. Le tecnologie Web possono invece apportare vantaggi importanti per i beni e servizi standardizzati e commerciali, o dove i livelli di customizzazione sono minimali: per esempio nell’IT per l’hardware ed il software non ad-hoc, o nei beni commodity, come nel nostro caso possono essere i carrelli, o per servizi come le pulizie o la micro logistica. In queste tipologie di beni e servizi le RfQ e le aste on line possono dare ottimi risultati da un lato in termini di rapidità e aggressività e, dall’altro, di risultati economici e qua-
INTERVISTA | La gestione fo rnito ri di A l ita l ia C A I vo l a verso l a qua l ità e l’ efficienza
«La forza della PMI è la possibilità di implementare strumenti innovativi in tempi ridotti e con efficacia. Una delle più grandi opportunità è l’attività di Scouting, per trovare nuovi prodotti e fornitori aggressivi e di qualità» litativi. Si crea una forte competizione tra i fornitori e tutto si risolve in tempi ristretti, mentre un Buyer impiegherebbe molte settimane per contattarli singolarmente, trovandosi anche a dover svolgere molto lavoro in più. Dal suo osservatorio privilegiato di presidente Adaci, come valuta l’utilizzo nelle aziende italiane dei metodi e strumenti on line per gli approvvigionamenti? In Italia l’utilizzo di questi strumenti ha avuto un andamento che io definirei “a stantuffo”. Inizialmente c’è stato un grande entusiasmo generale: ci si è buttati a capofitto nel Web, con un’esplosione di società di consulenza e di prodotti hardware e software a corredo. Parlo in particolare delle grandi imprese, visto che le piccole, che dispongono di risorse più limitate, hanno generalmente aspettato l’evoluzione del mercato. Ci si è però come “scordati” che questi grandi processi di trasformazione sono top-down: è necessario prima fare formazione, far comprendere quali sono gli obiettivi e i vantaggi e in quali aree, stando attenti a imparare dagli errori degli altri e cercando di non ripeterli. È solo in un secondo momento che si può partire a implementare le soluzioni. In Italia, invece, si è utilizzato un approccio radicalmente opposto. Ci si è lanciati sul Web senza fare formazione, senza le competenze adeguate, senza alcun change management, senza formulare piani a medio-lungo termine. Si è poi visto che non si raggiungevano i risultati sperati e si è fatta marcia indietro. Solo successivamente, una volta che ci si è resi conto degli errori fatti, sono partite le iniziative di formazione e gradualmente è ricominciato il processo di espansione di questi strumenti, rallentato però dalla attuale situazione congiunturale di crisi. Dal mio punto di vista, la crisi non è affatto finita come si sente a volte dire, ma anzi è appena all’inizio. Come si possono aiutare le imprese a utilizzare maggiormente l’ICT per fare efficienza? Creando e diffondendo cultura, facendo training e formazione, scambiando know how. È necessario costruire le condizioni ideali affinchè si possano utilizzare gli strumenti con profitto e creare programmi di incentivazione per le piccole medie imprese, per aiutarle
ad entrare nel Web. Questa è proprio la mission di Adaci: aiutare gli operatori della logistica passiva (buyer, approvvigionatori, logistici, operatori della supply chain) a capire quali sono le nuove tecnologie, quali vantaggi possono apportare, perché e come usarle. E questa attività non si rivolge ai soli operatori, ma anche e soprattutto al top-management, che spesso non è abbastanza preparato su questi temi innovativi. Mi piace fare il paragone con Excel, che è uno strumento informatico potentissimo e versatile, ma spesso le persone in azienda, soprattutto quelle meno giovani, non lo sanno assolutamente usare nelle sue reali potenzialità, perchè necessita di formazione adeguata, altrimenti è come usare una calcolatrice per fare banali conti di aritmetica; con gli strumenti Web succede lo stesso. Parlando nello specifico delle PMI italiane, quali sono le opportunità che derivano dalla possibilità di approvvigionarsi on line nel mercato globale? Le PMI hanno alcuni vantaggi sulle grandi: possono muoversi con agilità, se l’imprenditore è avveduto e curioso, se si informa e si aggiorna può imparare dagli errori degli altri e replicare le idee vincenti. La forza della PMI è che può implementare strumenti innovativi in tempi ridotti e con efficacia. Una delle più grandi opportunità è l’attività di Scouting, con la quale è possibile trovare novità sul mercato per quanto riguarda i prodotti e soprattutto nuovi fornitori aggressivi e di qualità. Grandi opportunità sono offerte anche dai market place, dalle aste on line e dai cataloghi elettronici. Ritengo oggi che in Italia le PMI siano abbastanza attive su questo fronte; gli imprenditori iniziano davvero a radicare una cultura Web, hanno più familiarità coi nuovi strumenti, fanno acquisti su Internet anche da casa e quindi in azienda si ritrovano facilmente. In generale comunque, verifico tre atteggiamenti diversi a seconda dell’età delle persone. I più giovani naturalmente non hanno nessuna difficoltà, sono nati con gli strumenti Internet e li usano quotidianamente nella vita privata. I più anziani vivono il Web come una sfida, e quindi sono spesso curiosi, desiderosi di imparare, molto ricettivi. Il problema maggiore in genere è con la fascia d’età di mezzo, che è quella più reticente ad abbandonare abitudini consolidate ed a rischiare con l’innovazione. www.ict4executive.it
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INTERVISTA di
Manuela Gianni
Gianluca Ventura
La gestione delle risorse umane di Vodafone evolve in chiave 2.0
Direttore Risorse Umane e Organizzazione Vodafone Italia
La società è fra i pionieri italiani nell’utilizzo degli strumenti “social” per la comunicazione interna, la formazione di dipendenti e partner, e il recruiting, in particolare dei giovani talenti. I nuovi paradigmi alimentano una cultura aziendale ispirata all’innovazione, favorendo l’ascolto e il coinvolgimento
In tema di utilizzo dei nuovi strumenti di lavoro 2.0, Vodafone rappresenta senza dubbio una realtà all’avanguardia in Italia. Gli 8000 dipendenti, equamente ripartiti fra uomini e donne e distribuiti su 8 sedi principali, hanno un’età media di soli 37 anni e una naturale propensione all’utilizzo di tecnologie innovative, trattandosi di un’azienda che proprio dall’innovazione trae la linfa vitale. Da sempre, poi, il management di Vodafone si è distinto per la cultura di grande coinvolgimento nei confronti dei dipendenti. Un terreno ideale, che ha spinto l’azienda a sperimentare con successo, già da qualche anno i nuovi paradigmi di comunicazione Web in ottica 2.0, passando così da una logica di comunicazione one-way a una bidirezionale. Gli investimenti in questo ambito sono stati sostanziosi e i progetti avviati molteplici. Ne abbiamo parlato con Gianluca Ventura, dal 2008 Direttore delle Risorse Umane e Organizzazione di Vodafone Italia, che in questo ruolo guida un team di circa 200 persone dedicato a seguire il percorso | 30 |
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professionale dei dipendenti dalla selezione, allo sviluppo alla lore gestione in azienda. Rientra nelle sue responsabilità anche tutta l’attività formativa, sia di tipo manageriale sia dedicata alla grande e strategica struttura di technology, che si estende non solo ai dipendenti ma anche ai partner, in particolare quelli impegnati nella vendita di prodotti e servizi Vodafone. Con Vodafone Lab, lanciato nel 2008, siete stati pionieri nell’aprire un social network dedicato ai clienti, riscuotendo grande partecipazione. In che modo gli strumenti 2.0 sono invece utilizzati all’interno della vostra organizzazione, per la comunicazione con e fra i dipendenti? Abbiamo avviato diverse iniziative trasferendo sugli strumenti 2.0 lo spirito di coinvolgimento dei dipendenti che fa parte da sempre della cultura di Vodafone, con risultati molto interessanti. Non è solo una questione di efficacia o di produttività: il mondo va in questa direzione e per noi è importante speri-
INTERVISTA | La gestione del l e riso rse umane di Vodafone evo lve in chiave 2 . 0
mentare e creare internamente la cultura e la competenza necessaria. Più di un anno fa abbiamo avviato un social forum interno, Noi Lab, dove il management può postare dei messaggi che i dipendenti possono commentare, sostituendo così le comunicazioni che prima erano effettuate via mail. Quando parte un progetto, per esempio, viene postata la notizia sul forum, anche con un video, e le persone possono scrivere le loro opinioni e fare domande, instaurando un colloquio che, cosa importante, fornisce un feedback immediato. È un ottimo strumento di comunicazione, che ha anche creato una sorta di competizione interna tra il management: ottenere tanti click e commenti ai propri post è indice di una buona capacità comunicativa. Anche i dipendenti possono postare idee e suggerimenti nelle sezioni dedicate. Ci siamo dotati di una struttura per raccogliere e valorizzare questi apporti dei colleghi: l’ufficio di comunicazione interna si occupa di smistare le idee alle funzioni cui sono rivolte, indirizzandole alle persone che hanno la competenza giusta per valutarle e rispondere. Una volta al mese, poi, un comitato esecutivo si riunisce per discutere le proposte più interessanti. Gran parte delle comunicazioni si sta spostando sul video: un altro strumento che stiamo utilizzando sempre di più è il Webcast. Ciascuna funzione aziendale lo può utilizzare per comunicare con i colleghi sparsi nel territorio, su diverse tematiche, anche utilizzando delle slide, con la possibilità di ricevere domande cui rispondere in diretta. Avete anche un portale dedicato alla formazione. Quali sono le novità e i vantaggi in questo ambito? Anche il portale per la formazione, Vodafone Learning Portal, ha blog, aree di discussione, e la possibilità di postare dei video. Il vero punto di forza del 2.0 è la capacità di convogliare su un solo strumento la competenza di 8000 persone. Un esempio significativo sono le “pillole formative”: chiediamo alle persone, quando ne hanno il tempo, di postare dei brevi video formativi rivolti agli altri colleghi, di 5 minuti, in modo informale, sui temi più disparati. L’abbiamo introdotto inizialmente nell’area delle risorse umane, per informare su tematiche quali il fondo pensione o la previdenza integrativa. L’iniziativa è lasciata al singolo oppure sollecitata dal management, in caso si ritenga che ci sia la necessità di fare chiarezza su determinati argomenti. È un’iniziativa molto motivante, che sembra godere di una buona risposta.
La community aziendale Noi Lab Noilab è il social forum interno di Vodafone nata a marzo del 2009 con l’obiettivo di offrire al personale l’opportunità di partecipare attivamente alla vita aziendale, scambiando opinioni e proponendo idee e suggerimenti relativi ai diversi ambiti del business. La community è composta dal Blog, che contiene post, perlopiù video, creati dalla redazione in collaborazione col management circa le strategie, i risultati aziendali e le novità del mondo Vodafone. Ci sono poi il Forum delle Idee e delle Passioni, in cui tutti i dipendenti possono proporre e discutere nuove iniziative legate sia alla vita aziendale che ai loro interessi; l’area Gruppi e Progetti, in cui ciascuna direzione ha a propria disposizione uno spazio per comunicare le proprie specifiche attività; l’area Sondaggi, spazio pensato per la redazione e per le diverse direzioni per colloquiare in modo veloce ed informale, ed infine un’area Noi, in cui gli utenti si raccontano ai colleghi. A oggi, la redazione del Noilab ha aperto oltre 170 discussioni, nella maggior parte dei casi “postando” un video, che hanno totalizzato più di 1.300 commenti. All’interno del forum gli utenti hanno avviato circa 1.400 discussioni, raccogliendo oltre 5.000 messaggi.
«Il social forum è un ottimo strumento di ascolto, che consente di ricevere feedback immediati da tutti i colleghi e di raccogliere le idee più interessanti, che vengono poi discusse e premiate da un comitato esecutivo»
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INTERVISTA | La gestione de l l e r iso r se umane di Vodafone evo lve in chiave 2 . 0
Vodafone Learning Portal Vodafone Learning Portal nasce in Vodafone circa 3 anni fa. L’obiettivo era quello di comunicare in maniera dinamica e tempestiva l’offerta formativa aziendale, oltre che abilitare e potenziare le soluzioni formative (in aula e online) e promuovere le attività della training community. Oggi la piattaforma, che si basa su tecnologie e dinamiche collaborative del Web 2.0, veicola circa il 15% dell’attività formativa di Vodafone. Le Learning Room rappresentano il cuore del portale. Qui, gruppi di partecipanti, docenti, esperti e manager dell’azienda si incontrano “virtualmente” e dialogano prima, durante e dopo i momenti di aula tradizionale. Con l’ausilio di blog, chat, wiki, video gallery, podcast e repository di documenti, configurati in funzione degli obiettivi didattici della specifica iniziativa formativa, si intrecciano le conversazioni tra gli utenti e si alimenta l’apprendimento informale. Tutti gli iscritti hanno la possibilità di contribuire alla conoscenza comune caricando documenti, video, commenti ed altri contenuti o richiedendo informazioni e chiarimenti su alcune tematiche. Il team di docenti ricopre il ruolo di moderatore della community, aiutando i partecipanti a diventare a loro volta i veri protagonisti della formazione. Al fine di abilitare l’intera training community a saper gestire e alimentare i contenuti formativi web, i formatori Vodafone sono coinvolti in un percorso che ha l’obiettivo di sviluppare competenze sulle logiche e sui criteri di utilizzo delle potenzialità del 2.0. L’iniziativa ha permesso di ottenere un risparmio economico stimato in circa 500.000 euro, da ricondursi principalmente alla riduzione di costi di trasferta ed a una maggiore efficacia e continuità dell’esperienza formativa. In più, ha permesso di identificare alcuni “knowledge owner”, esperti di particolari tematiche che si sono contraddistinti per il contributo e la partecipazione al portale.
Fra le iniziative dedicate ai più giovani c’è la University, un social network pensato per i neolaureati e ai candidati. Qual è l’obiettivo di questa community? University è una community che coinvolge giovani laureati neoassunti in azienda e studenti o neolaureati in cerca di lavoro, che instaurano discussioni sui temi più diversi. La community è chiusa, ristretta ad una cerchia di potenziali candidati che invitiamo ad iscriversi nei momenti di contatto tra azienda e università. I ragazzi sono molto più propensi ad ascoltare e a credere a chi è a loro più vicino, come età e condizione, che a una persona che potrebbero incontrare seguendo i canali di assunzione tradizionali. Il vantaggio per noi è duplice. Da un lato, la community ci consente di incrementare la motivazione e il coinvolgimento dei neolaureati, (un segmento occupazionale tipicamente propenso a cambiare lavoro dopo i primi anni in azienda). Dall’altro ci aiuta a costruire la reputazione aziendale e attrarre i migliori talenti. | 32 |
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Quanto è diffuso in Vodafone l’utilizzo di strumenti di collaboration e unified communication, come videocomunicazione, chat, file sharing e via dicendo? Tutte le sedi più importanti hanno sale dedicate alla videocomunicazione. Siamo partiti alcuni anni fa da un utilizzo prettamente one-to-one e siamo migliorati nel tempo, arrivando ad oggi a gestire efficacemente riunioni tra diverse persone dislocate in sedi differenti. I vantaggi sono notevoli, perchè si taglia il budget dei viaggi ma sopratutto per il risparmio di tempo che così si ottiene. Per fare un esempio concreto, fino a un anno fa ero impegnato una volta al mese in un meeting a Londra con tutti i colleghi europei per fare il punto della situazione; ora si è deciso di incontrarsi trimestralmente, mentre gli altri due meeting li facciamo via web. Il tempo guadagnato posso così dedicarlo al lavoro o alla mia famiglia. Facciamo anche ampio utilizzo degli strumenti di Unified Communication per il lavoro in team. Sono strumenti di recente introduzione e stiamo lavorando per creare la competenza necessaria ad utilizzarli in modo più proficuo, con consistenti investimenti in formazione: l’utilizzo di Noi Lab da parte dei dipendenti in questo senso è molto importante: stiamo ancora maturando. Da dove nasce, prevalentemente, la spinta all’innovazione per quanto riguarda gli strumenti di lavoro? E quanta autonomia hanno le singole nazioni a livello di Gruppo? Non esiste una regola o una procedura determinata per la creazione di nuove forme di collaboration. La spinta all’innovazione può venire da più fronti e pervenire alla direzione di una specifica funzione, dove viene poi rielaborata e discussa, valutandone attentamente i costi e i benefici apportati, e quindi sviluppata seguendo un percorso non standardizzato. Sono iniziative che godono di molta autonomia a livello nazionale, non c’è un vero e proprio coordinamento internazionale, anche se condividiamo buona parte degli strumenti e dei mezzi. Noi Lab, per esempio, è un progetto solamente italiano, scelto come best pratice per il resto dei Paesi dove Vodafone è presente, mentre il webcast è stato implementato sulla scia dell’esperienza di altre società del Gruppo.
Speciale “ICT nelle utility”
di
Sabino Prizio
Responsabile IT Strategy e Infrastructure Services Resources Accenture
innovare per una gestione più smart dell’energia Le imprese del settore Utility investono per rendere più efficiente l’utilizzo delle reti, riducendo così i consumi e i costi, e fornire servizi più avanzati agli utenti. I grandi temi alla ribalta sono i contatori e le reti intelligenti (Smart Metering e Smart Grid), un passaggio fondamentale per un impiego dell’energia più rispettoso dell’ambiente ed economico
Le aziende del settore Utility sono fra quelle che maggiormente investono nell’ICT, anche in un periodo di crisi generale del mercato. Infatti, le tecnologie, a causa di una concatenazione di fattori, sono ormai sempre più parte integrante del core business delle aziende Utility, che per certi aspetti stanno diventando sempre più simili alle aziende di telecomunicazione. I temi più caldi, da questo punto di vista, sono i tanto dibattuti Smart Metering e Smart Grid, ma anche il Convergent Contact Center, così come temi più generali e diffusi sul mercato quali ad esempio tutti quelli connessi al Cloud Computing. Inoltre, tematiche di unbundling e di liberalizzazione del mercato pongono sfide sempre più significative in aree quali la gestione della clientela ed i processi di fatturazione. In questo contesto, i dipartimenti IT si trovano in mezzo a trend contrastanti: da una parte una spinta verso l’insourcing di settori strategici, dall’altra quella verso l’outsourcing della parte dell’IT considerata come “commodity”, finalizzata all’industrializzazione e quindi al risparmio dei costi. | 34 |
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La focalizzazione sarà quindi quella di tenere all’interno dell’IT aziendale i settori più critici ed il controllo complessivo, mentre vengono date in outsourcing funzionalità non considerate critiche. Fra i temi citati in precedenza, uno dei più rilevanti è quello dell’evoluzione dei Contact Center, sempre più IP Based, e dei relativi sistemi di Customer Relationship Management. In particolare, a questi sistemi si chiede una sempre maggiore flessibilità per rispondere alle crescenti richieste del mercato per la gestione delle interazioni con la clientela, e questo implica
Speciale “ICT nelle utility”
una sempre maggiore integrazione fra la tecnologia IP based ed i processi di business. Su tema dello Smart Metering (contatori intelligent), la nostra esperienza mostra che il percorso verso una rete intelligente differisce per ogni utility. Per alcune, può iniziare con l’implementazione di infrastrutture di metering avanzate, per altre parte direttamente nelle sottostazioni o nell’automazione della distribuzione. In questo ambito Accenture offre fra l’altro i propri servizi di “Advanced Metering Operations”, una soluzione di gestione remotizzata dei dati di metering e che può essere utilizzata dai clienti senza investire su una propria infrastrututra; è attiva da più di due anni e gestisce dati da più di 135.000 meters ogni ora, naturalmente in una logica di servizio 24 x 7. In ogni caso, un approccio integrato alla gestione dei sistemi è necessario per avvantaggiarsi nella gestione delle reti intelligenti di oggi, e dell’ammontare di dati che sarà necessario catturare, gestire ed analizzare. Il complesso tema dello Smart Grid (reti intelligenti), si declina in da una serie di aspetti differenti, quali Smart Generation, Smart Trasmission and Distribution, Smart Customer Care, tutti di rilevanza fondamentale per ridurre i consumi energetici, utilizzare fonti di energia alternative diffuse, fornire servizi a valore aggiunto all’utenza. Le utility stanno investendo progressivamente in queste aree, che saranno di grande fermento nel prossimo anno solare. I responsabili IT sono comunque sottoposti ad una serie di altre pressioni, fra cui il contenimento dei costi, e già si vedono sul mercato italiano implementazioni di modelli di Cloud private e pubbliche, che ad oggi riguardano soprattutto i temi infrastrutturali, ma si vanno espandendo rapidamente anche nell’area del Software as a service. Nonostante le pressioni sul budget, questi sono tempi molto sfidanti per i dipartimenti IT, ai quali viene richiesto, ancora più che negli anni passati, di portare innovazione e valore all’interno della propria azienda.
Amsterdam diventa una “Smart City” Le tecnologie Smart Grid possono fare molto anche in tema di sostenibilità. Un chiaro ed efficace esempio viene dal progetto Smart City realizzato da Accenture ad Amsterdam, città che si è posta l’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 40% rispetto al 1990. L’Amsterdam Innovation Motor, in collaborazione con l’azienda locale Liander e Accenture, è l’ente a cui è stato affidato il compito di ridurre le emissioni di energia allo scopo di far diventare la capitale olandese una “Smart City”, grazie alla realizzazione di progetti a supporto della mobilità, della sostenibilità del lavoro e della abitabilità. L’iniziativa dimostra che è necessario integrare contatori e reti intelligenti con cambiamenti più profondi del modo di abitare. Da giugno 2009, lo spazio pubblico di Utrechtsestraat, in collaborazione con gli imprenditori locali, ha cominciato a trasformarsi nella via commerciale più sostenibile d’Europa. Il progetto prevede cartelli a energia solare alle fermate degli autobus e veicoli elettrici per la raccolta dei rifiuti, in grado di assicurare una riduzione delle emissioni di CO2 del 57%. Anche la prestigiosa ITO Tower nella zona di Amsterdam Zuidas sarà resa sostenibile con l’aiuto della più recente tecnologia di costruzione intelligente. Nei prossimi mesi, lo spazio per uffici, con una superficie di 38.000 metri quadri, sarà sottoposto ad un’analisi dettagliata dei dati. Un sistema di gestione dell’energia, comprensivo di una rete di sensori, provvederà al monitoraggio del consumo di energia e al controllo degli impianti di illuminazione, riscaldamento, raffreddamento e sicurezza. Nell’ambito del progetto per la Mobilità Sostenibile, sono in corso i preparativi per installare circa 70 punti di ricarica elettrica nel porto di Amsterdam, affinché le navi possano utilizzare energia verde anziché affidarsi ai propri generatori diesel di bordo, altamente inquinanti. Per promuovere l’Abitabilità Sostenibile, 728 residenze nel distretto di Geuzenveld saranno dotate di strumenti a risparmio energetico basati su contatori intelligenti. L’intento è quello di collegare fino a 200.000 abitazioni, pari a circa un terzo delle unità abitative della città, ai contatori intelligenti entro il 2011. Nei prossimi mesi inoltre, la creazione di una “centrale elettrica virtuale” sfrutterà la tecnologia della rete per riunire l’energia generata da fonti distribuite di energia solare, eolica e da biomassa, con l’obiettivo di aumentare di 200 megawatt la capacità di generazione di energia rinnovabile di Amsterdam. Amsterdam potrà inoltre approfittare della progressiva introduzione delle auto elettriche: nei prossimi due anni saranno infatti installati 300 punti pubblici di ricarica, che forniranno energia sufficiente per alimentare 10.000 auto elettriche.
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Speciale “ICT nelle utility”
Innovazione made in Italy a supporto del business
Con oltre 900 installazioni, IFM Group rappresenta una delle realtà più dinamiche dell’Information Communication Technology in grado di progettare e produrre direttamente tutto il ciclo tecnologico impiegato nella creazione dei propri prodotti che sono realizzati all’interno dei laboratori di Genova e Catania. Il Gruppo è costituito da una pluralità di società che offrono soluzioni integrate per le Telecomunicazioni, il Customer Relationship Management (CRM), le tecnologie Multisensoriali, la Videoconferenza & E-learning. All’interno della vasta offerta integrata di soluzioni proposta da IFM, meritano particolare attenzione i sistemi di Contact Center e di comunicazione multimediale avanzata che rispondono alla necessità delle aziende di evolversi verso il VoIP. All’eccellenza di queste soluzioni contribuisce senza dubbio l’eccellenza dei Partner con cui IFM collabora, fra questi Arrow Electronics, la multinazionale americana che fornisce a IFM le licenze Client e Server embedded targate Microsoft fondamentali per il funzionamento delle piattaforme di Contact Center.Facendo leva sull’esperienza di progettazione, sviluppo e implementazione maturato proprio nell’ambito Contact Center, IFM Group si propone oggi sul mercato come facilitatore di progetti ad elevata complessità tecnologica. La costante attenzione dedicata alla Ricerca e Sviluppo – frutto di importanti collaborazioni e sinergie avviate con le Università di Genova e Catania – ha contribuito a far entrare il Gruppo nella ristretta cerchia di aziende italiane in grado di sviluppare, nel rigoroso rispetto degli standard in-
Da oltre quindici anni nel mercato italiano delle tecnologie evolute di comunicazione, IFM Group si schiera dalla parte della Ricerca come Partner del II Workshop dell’Osservatorio ICT nelle Utility previsto per il 16 novembre 2010
Insieme verso la Link Society
ternazionali, innovazione tecnologica. L’innovazione è il leit-motiv che ha sempre ispirato e motivato IFM Group in ogni sua fase di sviluppo, dal Geographic Information System (GIS) al Computer Telephony Integration (CTI) fino ad arrivare all’Event Management System (EMS). Di innovazione a supporto del business nell’ambito delle Utility e di come l’ICT stia assumendo un ruolo sempre più rilevante nella riorganizzazione dei processi interni e nella gestione dei Clienti si parlerà il 16 novembre a Milano presso il Politecnico di Milano. In quel contesto IFM si siederà al tavolo di discussione con i rappresentanti delle principali aziende del settore per riflettere sui risultati emersi dalla Survey condotta in collaborazione con la School of Management del Politecnico. Unified Communications, VoIP, Live Collaboration, Enterprise 2.0, Customer Relationship Management, Sales Force Automation sono alcune delle tecnologie in cui IFM è specializzata da anni e su cui si soffermerà nel corso della speaking session con l’obiettivo di analizzare come l’evoluzione dell’ICT stia influenzando il settore Utilities in Italia in termini di strategie, modelli organizzativi, profili di sourcing e sistemi di governance.
pe r u lt er i o r i i n f o rma zioni...
I FM G roup – www.ifmgroup.it Arrow electronics – www.arroweurope . com | 37 |
O s s e r vatorio
di e
Ottimizzare le performance con la Business Intelligence
Carlo Vercellis Carlotta Orsenigo
School of Management Politecnico di Milano
I sistemi e le applicazioni di BI, che permettono di generare informazioni e conoscenza a partire dai dati presenti nei sistemi informativi costituiscono oggi una priorità per i CIO, chiamati a investire in tecnologie ICT capaci di contribuire all’attuazione di un’efficace strategia competitiva e di determinare un cambiamento nei processi e nella cultura di un’impresa
La progressiva digitalizzazione dei processi e delle informazioni, la disponibilità di tecnologie di immagazzinamento dei dati sempre più potenti e meno costose, la diffusione della connettività su vasta scala sono alcuni dei fattori che hanno reso più agevole ed economica la memorizzazione e l’accesso a grandi quantità di dati: transazioni commerciali, finanziarie e amministrative, percorsi di navigazione su Web, email, testi e ipertesti, risultati di test clinici. I sistemi di Business Intelligence (BI) permettono di generare informazioni e conoscenze a partire dai dati presenti nei sistemi informativi delle imprese e delle Pubbliche Amministrazioni, al fine di migliorare la qualità dei processi decisionali mediante logiche di estrazione flessibili, metodologie di analisi e modelli matematici di predizione e di ottimizzazione, indicati nel loro complesso come business analytics. L’Osservatorio Business Intelligence della School | 38 |
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of Management del Politecnico di Milano, avviato nel 2008, nel primo anno di attività ha svolto un’indagine, descritta nel primo Rapporto di ricerca, volta a illustrare il grado di diffusione dei sistemi di BI e le tendenze in atto mediante un’analisi ad ampio spettro di un esteso campione di imprese appartenenti a settori diversificati. Nelle successive edizioni dell’Osservatorio Business Intelligence si è ritenuto opportuno circoscrivere la ricerca a un numero ristretto di settori industriali e dei servizi particolarmente significativi, con l’obiettivo di comprendere la diffusione delle applicazioni di Business Intelligence nei diversi ambiti, evidenziando le specificità di ciascun comparto e operando confronti incrociati, con l’intento di offrire spunti per orientare il processo decisionale che porta all’adozione dei sistemi di Business Intelligence. In particolare, nel corso del 2009 la ricerca si è focalizzata sui settori Telco
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tando la quota di ricavi e comprimendo i costi. Sulla base della nostra indagine, possiamo affermare che i sistemi e le applicazioni di BI costituiscono una priorità per i CIO, chiamati a investire in tecnologie ICT capaci di contribuire all’attuazione di un’efficace strategia competitiva e di determinare un cambiamento nei processi e nella cultura di un’impresa. Le numerose acquisizioni di vendor da parte di alcuni tra i principali player del settore informatico, avvenute nel corso del triennio 2007-2009, hanno determinato un’intensa concentrazione dell’offerta di sistemi di BI, che in molti casi risultano preventivamente integrate in suite ERP per la gestione dei sistemi operazionali. Questo fenomeno ha in parte ridimensionato la diffusione di piattaforme di BI indipendenti e autonome, anche se nuovi soggetti si sono affacciati sul mercato riscuotendo significativi risultati mediante un’offerta caratterizzata da bassi costi di ingresso abbinati a una relativa facilità di integrazione, nella prospettiva di ridurre il total cost of ownership (TCO) per le aziende che adottano sistemi di BI. Le indagini condotte sul campione di imprese nel corso dei due anni di attività hanno posto in luce alcune evidenze empiriche di notevole intee Utilities, Media, Fashion e Retail, Manufacturing. Le attività del 2010 si sono invece orientate verso i settori Finance (bancario e assicurativo), Farmaceutico e Sanitario, GDO e Logistica, Manufacturing. A dispetto della congiuntura recessiva, il volume d’affari che ruota intorno ai sistemi di BI è cresciuto in modo significativo nel corso del 2009 e del primo semestre 2010, con un incremento del mercato globale che si colloca oltre il 7%. Anche le prospettive di sviluppo si mantengono favorevoli, con un tasso di incremento medio che si ritiene possa superare l’8% per il prossimo triennio. Le ragioni di una crescita superiore alla media del settore ICT va ricercata nel ruolo critico svolto dalle applicazioni di BI: la necessità di prendere decisioni più efficaci e tempestive assume crescente importanza in un contesto economico altamente competitivo, in cui si richiede di ottimizzare le prestazioni incremen-
Il vantaggio principale rispetto alla riduzione dei costi riguarda il controllo delle prestazioni e il monitoraggio dei Key Performance Indicator, seguito dall’ottimizzazione della Supply Chain. Nel settore Manufacturing ha un ruolo importante per la pianificazione produttiva resse per la domanda e per l’offerta di sistemi di Business Intelligence, elencate di seguito. • I sistemi di BI determinano i maggiori benefici allorché vengono utilizzati per ottimizzare le performance dei processi core di un’impresa, contribuendo a ridurre i costi o ad aumentare i ricavi. In particolare, la fase congiunturale negativa spinge la maggior parte delle imprese www.ict4executive.it
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Gli strumenti di Business Performance Management, sia sotto forma di query e reporting ad hoc sia come dashboard e scorecard, rappresentano le funzionalità di BI più utilizzate, soprattutto per l’area finanziaria, la pianificazione e controllo, l’analisi delle vendite
analizzate a rafforzare l’impiego dei sistemi di BI per aumentare l’efficienza mediante una riduzione dei costi. • I sistemi e le applicazioni di BI costituiscono una priorità per i CIO, chiamati a investire in tecnologie ICT in grado di contribuire all’attuazione di un’efficace strategia competitiva e di determinare un cambiamento nei processi e nella cultura di un’impresa. • Il vantaggio principale conseguito dai sistemi di BI rispetto alla riduzione dei costi riguarda il controllo delle prestazioni e il monitoraggio dei Key Performance Indicators, seguito dall’ottimizzazione della Supply Chain. Per il settore Manufacturing svolge un ruolo importante anche il supporto degli strumenti di BI alla pianificazione produttiva. • Tra i principali benefici dei sistemi di BI relativi all’incremento dei ricavi figurano invece il targeting e l’ottimizzazione delle campagne di marketing e, limitatamente ai settori Telco e Utilities, il pricing e la definizione dei piani
tariffari. Anche lo sviluppo di nuovi prodotti trae beneficio dagli strumenti di BI per i settori Telco, Utilities e Media. • Tra i principali ostacoli all’adozione di sistemi di BI figurano le resistenze culturali al cambiamento, soprattutto per i settori Fashion e Manufacturing, e la mancanza di commitment dei C-level, in modo particolare nelle imprese di dimensioni medio-piccole. Nel settore delle Utilities si evidenziano ostacoli derivanti da resistenze al cambiamento dei processi. • Gli strumenti di Business Performance Management, sia sotto forma di query e reporting ad hoc sia come dashboard e scorecard, rappresentano le funzionalità di BI più utilizzate, soprattutto per l’analisi finanziaria, la pianificazione e controllo, l’analisi delle vendite. • I business analytics, sotto forma di metodi predittivi, di forecasting e di ottimizzazione, rafforzano la loro presenza in relazione a processi decisionali di elevata complessità sia interattivi che operazionali, contribuendo all’at-
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BI integrata
BI strategica
BI basilare
BI mirata
Pervasività della BI
Fonte: C. Orsenigo e C: Vercellis, Ottimizzare le performance con i sistemi di Business Intelligence, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2009.
maturity model - classificazione delle imprese rispetto al grado di utilizzo della Business Intelligence
Fashion e Retail
Manufacturing
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Media
Telco e Utilities
Estensione delle funzionalità
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tuazione di strategie di marketing relazionale e all’ottimizzazione della supply chain. • La maggior parte delle imprese analizzate evidenzia una buona o sufficiente qualità dei dati presenti nei database aziendali. Appare soddisfacente anche la rilevanza dei dati, ovvero l’adeguatezza e l’utilità dei dati percepite dai decision maker. Nel corso della ricerca dell’Osservatorio Business Intelligence è stato inoltre sviluppato un maturity model che permette di classificare le imprese rispetto al loro effettivo grado di utilizzo degli strumenti di BI, tramite quattro quadranti, come illustrato nella figura per i settori analizzati nel 2009: BI basilare, corrispondente alle sole funzionalità di query e reporting utilizzate in prevalenza da una singola funzione aziendale; BI mirata, associata ad aziende che utilizzano i business analytics sia pure in una sola funzione; BI integrata, corrispondente ad aziende che fanno un uso pervasivo di strumenti di Business Performance Management per la maggior parte delle funzioni aziendali; BI strategica, associata alle aziende che fanno un impiego pervasivo e intensivo dei sistemi di BI, con analisi di performance management e business analytics. L’indagine indica che i sistemi di BI svolgono sempre più un ruolo strategico nelle imprese, le cui performance richiedono
indicatori complessi e multidimensionali che devono essere monitorati mediante strumenti di controllo agili e potenti. I sistemi di BI sono quindi una potenziale fonte di vantaggio competitivo e tendono ad assumere un ruolo mission critical, che può efficacemente preservare gli investimenti in BI anche nel periodo di congiuntura economica sfavorevole. I principali vantaggi percepiti dalle aziende riguardano la maggiore efficacia dei processi decisionali, la rapidità di reazione, la possibilità di disporre di
Sono in aumento le analisi di dati non strutturati: email dei clienti, utili per intercettare opinioni del mercato, informazioni che provengono da forum, blog, social network, per valutare la web reputation e per attività di marketing
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Fonte: C. Orsenigo e C: Vercellis, Ottimizzare le performance con i sistemi di Business Intelligence, Rapporto Osservatorio Business Intelligence, Politecnico di Milano, 2009.
Rilevanza dell’analisi dei dati non strutturati 7 Fondamentale
19
8 2 34
Elevata
60
24
12
40
3
Modesta
62
Irrilevante
6
0%
19 18 9 10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
Percentuale di risposta Telco e Utilities
Media
Fashion e Retail
una visione univoca delle informazioni e una maggiore condivisione della conoscenza. Altri fattori di vantaggio riguardano invece aspetti di natura organizzativa. L’analisi della diffusione delle funzionalità di BI per le diverse aziende ha inoltre evidenziato l’esistenza di due cluster marcatamente distinti. Da un lato, esistono aziende che sono prevalentemente orientate all’impiego di strumenti di query e reporting per l’accesso ai dati, e, in certa misura, di strumenti OLAP e di dashboard per la valutazione delle prestazioni. Dall’altro, troviamo aziende che si sono spinte più avanti nell’adozione di strumenti evoluti di BI, sotto forma di analytics. Tra le tendenze in atto si segnala un marcato aumento delle analisi di dati non strutturati, a prevalente natura testuale, che provengono dal Web, come illustrato nella figura in alto. In alcuni casi si tratta di analizzare le email inviate dai clienti al proprio support center, utili per intercettare opinioni del mercato e per identificare eventuali difettosità o inconvenienti che si manifestano con ricorrenza. In altri casi le informazioni testuali provengono da forum, blog, social networks: da un lato, esse permettono di condurre iniziative di monitoraggio per valutare la web reputation di prodotti e servizi offerti dall’azienda, dall’altro di svolgere attività di marketing mirate e ottimizzate nei confronti di social community. | 42 |
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Manufacturing
Una seconda significativa tendenza riguarda l’impiego degli strumenti di BI per favorire la comunicazione e l’interazione tra knowledge worker all’interno di un’organizzazione, e per fornire supporto a processi decisionali collettivi. I sistemi di BI si integrano sempre più strettamente con le piattaforme di knowledge management e si trasformano quindi in ambienti che agevolano la diffusione delle analisi tra gli utenti e tra le funzioni aziendali, attraverso la pubblicazione di report ad hoc e la condivisione delle informazioni. Il ruolo dei sistemi di BI appare inoltre sempre più pervasivo: gli utenti possono accedere alle informazioni direttamente dai browser, dagli strumenti office, nel corso del workflow abituale, sotto forma di widget, barre personalizzabili, portali di BI. Inoltre, le applicazioni di BI favoriscono la comunicazione tra gli utilizzatori e le funzioni aziendali mediante la pubblicazione di report ad hoc e la condivisione delle informazioni di maggiore rilevanza, con un progressivo orientamento verso ambienti cooperativi di BI 2.0. In generale, si osserva una maggiore diffusione dei business analytics, sotto forma di metodi predittivi e di ottimizzazione che permettono di governare processi complessi, contribuendo in modo decisivo a realizzare strategie di marketing, a ottimizzare la supply chain, a pilotare e automatizzare le decisioni di BI operazionale. L’evidenza empirica indica che i maggiori vantaggi si verificano in corri-
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L’esperienza di Matrix nel monitoraggio del Web Matrix è una società fondata nel 1995 e passata nel 2004 sotto il controllo del Gruppo Telecom Italia, all’interno del quale si occupa della realizzazione e preparazione dei contenuti on-line e della raccolta pubblicitaria. Nel 1996 ha lanciato Virgilio, nato come motore di ricerca e web directory, e poi evolutosi progressivamente come portale di accesso a contenuti informativi ad ampio spettro e a servizi quali webmail, messaggistica istantanea e chat. Attualmente Matrix è una solida realtà, attiva anche nel mercato dell’advertising on-line. Per far fronte alle necessità che da queste attività derivano, come ad esempio fornire ai visitatori del portale pubblicità sempre più mirate ed efficaci, Matrix fa un impiego considerevole dei sistemi di business intelligence. Con le centinaia di milioni di record registrati quotidianamente vengono infatti effettuate numerose analisi sui comportamenti degli utenti, che si rivelano estremamente utili per profilare i clienti e rivolgere loro servizi più mirati e personalizzati. Il Web, infatti, non costituisce uno spazio statico ma consente di offrire una pubblicità multimediale, articolata, rivolta a particolari gruppi di utenti che, sulla base delle analisi, risultano avere interessi comuni. Inoltre, mediante il monitoraggio degli accessi al portale è possibile valutare l’efficacia delle iniziative proposte, raccogliendo informazioni puntuali sull’utilizzo del sito da parte degli utenti, quali il numero totale di pagine visualizzate, il tempo trascorso su ciascuna pagina e la durata complessiva della visita. Tutte queste misurazioni risultano ben circoscritte sulla carta ma nella realtà presentano una notevole complessità di rilevazione. A queste difficoltà si sta oggi sommando quella derivata dall’introduzione del Web 2.0, in cui l’utente non si limita ad un utilizzo passivo del web, ma ha anche la possibilità di pubblicare i propri contenuti. Il Web 2.0 pone quindi ulteriori sfide ai sistemi di BI per comprendere le dinamiche di evoluzione di questo nuovo fenomeno. I sistemi di business intelligence rappresentano sempre più una componente fondamentale dei processi di governo e di orientamento dell’azienda. L’analisi del comportamento di navigazione degli utenti sul web è resa ulteriormente ardua dalla necessità di rispettare le stringenti normative sulla privacy, tese a garantire l’anonimato dei visitatori. Queste problematiche impongono di ricorrere ad accorgimenti e infrastrutture molto complesse, che in alcuni casi condizionano significativamente i percorsi di analisi. Ad esempio, il divieto di associare i dati di un utente all’indirizzo IP limita la possibilità di svolgere analisi georeferenziate. Talvolta, è possibile ovviare parzialmente a questi ostacoli analizzando i percorsi di navigatori che hanno fornito il loro consenso. Per il complesso dei motivi esposti, Matrix percepisce la forte necessità di potenziare costantemente l’impiego dei sistemi di BI. Tuttavia, si incontrano talvolta difficoltà nell’attribuire alla business intelligence un’identità appropriata da un punto di vista organizzativo a causa della sua trasversalità e verticalità. Si sta quindi superando la visione riduttiva che colloca i sistemi di BI esclusivamente nella funzione ICT, per promuovere una prospettiva olistica nella quale le diverse funzioni aziendali collaborano alla costruzione di un ambiente di analisi di business intelligence. La qualità dei dati diviene quindi una priorità per tutti gli attori coinvolti nelle analisi. Un problema molto sentito riguarda, infine, la difficoltà di valutare preventivamente il ritorno sull’investimento dei progetti di BI, soprattutto in una realtà complessa e in continua evoluzione. Tuttavia, la prototipazione rapida, abbinata ad una grande capacità di innovazione tecnologica, permette di promuovere lo sviluppo dei sistemi di business intelligence in Matrix.
spondenza di applicazioni di BI rivolte a supportare processi aziendali critici, spesso mediante soluzioni innovative sviluppate ad-hoc. In questo ambito, più ancora che in altri, la cultura degli attori coinvolti e il commitment del management gioca
un ruolo fondamentale come fattore critico di successo delle iniziative di BI. L’indagine ha anche evidenziato come le applicazioni di BI operazionale si affianchino ai più tradizionali strumenti di BI interattiva; ad esempio, le www.ict4executive.it
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Le analisi di Prada per una conoscenza approfondita dei comportamenti d’acquisto Il Gruppo Prada è leader mondiale nel campo del design, della produzione e della distribuzione di pelletteria, calzature, abbigliamento e accessori di lusso. Il Gruppo detiene nel suo portafoglio alcuni dei marchi di maggior prestigio, tra cui Prada, Miu Miu, Jil Sander, Helmut Lang, Genny, Car Shoe e Azzedine Alaïa. L’impiego pervasivo degli strumenti di business intelligence in Prada costituisce una realtà da tempo consolidata. Già una decina di anni fa, ad esempio, l’azienda era in grado di aggregare i dati del venduto in ambito retail a livello settimanale; oggi, il sistema di BI permette di consolidare il venduto ogni quattro ore, raccogliendo dati provenienti da circa 1500 utenti nominali che generano più di 2000 accessi giornalieri. In base ai dati di vendita l’azienda può realizzare analisi sofisticate sul comportamento d’acquisto dei clienti e sulle caratteristiche dei prodotti venduti nei diversi negozi. Grazie ad una gestione centralizzata dei sistemi di business intelligence e, in generale, dei sistemi gestionali, l’azienda ha superato da tempo la fase di certificazione e di condivisione dei dati e delle informazioni, ed è attualmente impegnata nell’integrazione dei sistemi di BI con i sistemi gestionali, con l’obiettivo di estendere le funzionalità analitiche offerte dagli strumenti di business intelligence a contesti diversi da quello commerciale. Con riferimento alla gestione della catena logistica, ad esempio, vengono impiegati modelli previsionali sul venduto a supporto dell’attività di replenishment, con l’obiettivo di ottimizzare in tempo reale il riassortimento dei negozi. Mediante un unico strumento i planner sono in grado di applicare il modello predittivo per lanciare direttamente il riassortimento dei singoli punti vendita. Oltre all’ottimizzazione della supply chain, l’azienda sta avviando iniziative di BI anche nell’ambito della gestione della relazione con il cliente, che sta assumendo un’importanza crescente anche per aziende, come Prada, che hanno da sempre avuto un forte orientamento al prodotto. Diversi fattori hanno contribuito al successo dei progetti di business intelligence in Prada. Tra questi, i più rilevanti hanno riguardato aspetti di natura tecnologica e organizzativa. Il successo delle iniziative di BI è stato favorito da due elementi: da un lato, la stabilità della tecnologia proposta nel tempo agli utenti finali, che spesso accolgono con difficoltà le modifiche tecnologiche ai sistemi di front-end. Dall’altro, la presenza di un team di business intelligence permanente all’interno di Prada, che ha avuto il compito di seguire e coordinare i diversi progetti fin dall’introduzione dei primi strumenti in azienda.
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metodologie di revenue management permettono di massimizzare i profitti, allineando l’offerta alla domanda mediante le principali leve di marketing, quali prezzo, promozioni e assortimento. In molti casi, le applicazioni di BI operazionale richiedono una latenza di aggiornamento dei dati dell’ordine di minuti, configurandosi come sistemi di BI real-time. I risultati dell’edizione 2010 della ricerca dell’Osservatorio Business Intelligence del Politecnico di Milano saranno presentati in occasione del convegno che si terrà il 10 Novembre 2010, 10.00-13.00, presso il Politecnico di Milano, aula Carlo De Carli, Campus Bovisa. Per maggiori dettagli relativi all’indagine condotta e per l’iscrizione al convegno si rimanda ai siti www.mold.polimi.it e www.osservatori.net.
Per approfondimenti sui temi di Business Intelligence e Business Analytics si possono consultare i riferimenti bibliografici: • Vercellis, C. (2006). Business intelligence. Modelli matematici e sistemi per le decisioni. McGrawHill. • Vercellis, C. (2008). Ottimizzazione. Teoria, metodi, applicazioni. McGraw-Hill. • Vercellis, C. (2009). Business intelligence. Data mining and optimization for decision making. John Wiley Sons.
publiredazionale
UNA STRATEGIA È VINCENTE SOLO SE CONDIVISA
Uno studio statunitense afferma che ben nove aziende su dieci falliscono nell’implementare la propria strategia. E il motivo più comune è che questa non viene compresa e condivisa all’interno dell’organizzazione e, di conseguenza, nemmeno dai potenziali clienti. Si tratta di un problema serio, che compromette il raggiungimento degli obiettivi che l’azienda si è posta. Coinvolgere tutti i collaboratori nelle strategie comuni è condizione necessaria per il miglioramento dei processi interni, che a sua volta porta al raggiungimento dei risultati finanziari e, in ultima analisi, alla soddisfazione di azionisti e clienti. Si parla comunemente di Performance Management, inteso però non solo dal punto di vista tecnologico. Piuttosto, come una versione moderna e più globale di metodologie già esistenti, che vengono integrate in un unico schema in cui la Business Intelligence, e in particolare i Business Analytics, giocano un ruolo fondamentale, coinvolgendo l’azienda a tutti i livelli e in tutte le funzioni. Il Performance Management non è solo un insieme di dashboard, scorecard e Key Performance Indicators (KPI), e non vuol dire solo allocazione delle risorse strategiche. Si tratta, invece, di un potente facilitatore dell’applicazione delle strategie aziendali. Indici, scorecard, ecc. sono visti quasi come uno strumento sociale più che tecnologico: sono un mezzo per diffondere una cultura aziendale orientata alla condivisione e all’esecuzione delle strategie. Activity Based Costing per migliorare le prestazioni Oggi spesso le decisioni sono prese nel corso di una telefonata o di una conference call, in pochi minuti, p er u lt er i o r i i n f o rm a zioni...
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La Business Intelligence, oltre che un insieme di sofisticati strumenti tecnologici, è un mezzo per diffondere la cultura aziendale, ottimizzare i processi, tenere sotto controllo i costi e avere una visione condivisa proiettata nel futuro
e questo accade a tutti i livelli di management. Una delle conseguenze di questa accelerazione è l’obsolescenza dei metodi e dei sistemi di budgeting e contabilità. Capire quanto si è speso non basta più, bisogna anche sapere in che modo sono stati spesi i soldi. Il metodo contabile tradizionale, che si basa su valori medi divisi per macrovoci (personale, materie prime etc.) non è più attuale. È necessario affidarsi al metodo Activity Based Costing (ABC), che è possibile implementare solo con sistemi di Business Intelligence, e che consente di tenere traccia realmente dei costi per capire quanto pesano su ciascun prodotto/servizio oppure per ciascun cliente. Con il metodo ABC che SAS applica da anni nelle aziende di tutto il mondo, si “scoprono” molte cose utili a migliorare le prestazioni dell’organizzazione; si può capire, ad esempio, quali tipologie di clienti portano profitto all’azienda e quali no, per investire soprattutto sui primi ed evitare gli sprechi. La versione più avanzata del metodo ABC è l’Activity Based Planning (ABP), che è di tipo predittivo, ovvero non si limita ad esaminare il passato, grazie a sofisticate capacità di analisi. In un processo di budgeting integrato e moderno, si utilizza l’ABP per analizzare le spese ricorrenti e si valutano le Strategy Map per stimare le spese non ricorrenti, che sono quasi sempre legate ai progetti. Ecco che quindi la strategia, la base del Performance Management, entra anche nell’attività di budgeting, chiudendo il cerchio di un modo efficace di gestire le organizzazioni.
publiredazionale Molte aziende affogano nei dati, ma muoiono di sete di informazioni. Tramite la Business Intelligence, e in particolare gli analytics applicati al il Performance Management si possono dare importanti risposte circa il comportamento passato dell’azienda, ma anche prevedere il futuro. Gli Analytics più avanzati per il business Gli Analytics, insieme alla diffusione in ambito aziendale di una cultura analitica e al conseguente ridisegno dei processi operativi, permettono di fondare le deci-
sioni su dati di fatto e favoriscono il raggiungimento degli obiettivi di business. Le aziende possono ricavare il massimo beneficio dagli Analytics se basano su di essi i propri processi decisionali, in modo da individuare le decisioni prioritarie di tipo tattico o strategico, valutare l’efficacia dei processi che dall’analisi portano alle decisioni e definire le possibili aree di miglioramento. Le funzionalità analitiche sono molteplici, dalle più semplici alle più complesse. Al crescere della complessità e del livello di Intelligence, il vantaggio competitivo ottenibile dall’azienda aumenta.
A ciascuno il suo Analytics Report standard Rispondono a domande del tipo: “Che cosa è successo? Quando è successo?” Esempio: Report finanziari mensili o trimestrali. Vengono prodotti a cadenza regolare e descrivono solo i fenomeni e i risultati registrati in un’area specifica. Report ad hoc Rispondono a domande del tipo: “In quale quantità? Quanto spesso? Dove?” Esempio: Report personalizzati che descrivono il numero di degenti ospedalieri per ciascun codice diagnostico in ciascun giorno della settimana. Query di tipo drill-down (o OLAP) Rispondono a domande del tipo: “Dove esattamente risiede il problema? Come trovare le soluzioni?” Esempio: Nella telefonia mobile, permettono di esplorare e analizzare i dati relativi ai diversi segmenti di utenti e ai caratteristici comportamenti di chiamata. Con il drill-down, si possono analizzare i fenomeni in esame. Le funzioni OLAP vi permettono di manipolare i dati in modo autonomo per trovare risposte di tipo quantitativo e qualitativo. Segnalazioni di alert Rispondono a domande del tipo: “Quando è opportuno intervenire? Quali azioni sono necessarie?” Esempio: I tecnici della qualità ricevono segnalazioni di alert quando un prodotto innesca un numero troppo alto di interventi in garanzia. Le segnalazioni possono avvenire in forma di e-mail, feeder RSS o semafori rossi sul cruscotto. Analisi statistica Rispondono a domande del tipo: “Perché è accaduto questo evento? Quali opportunità sto perdendo?” Esempio: Gli istituti finanziari possono scoprire quali clienti sono più propensi a rifinanziare il mutuo
o a chiederne la portabilità. Qui, si cominciano a utilizzare funzioni analitiche di una certa complessità, come le curve di frequenza e l’analisi di regressione. Sfruttando i dati disponibili, è possibile indagare le cause dei fenomeni e cercare risposte esaustive. Forecasting Rispondono a domande del tipo: “Che cosa succederà se questo trend continua? Quali interventi attivare e quando?” Esempio: I retailer possono prevedere come varierà la domanda dei singoli prodotti nei diversi punti vendita. Il forecasting è una delle tecniche analitiche più utili in un periodo turbolento come quello attuale. Si applica a qualsiasi settore e area del business. In particolare, l’ottimizzazione dei magazzini, per minimizzare scorte e acquisti. Modellazione predittiva Rispondono a domande del tipo: “Che cosa sta per accadere? E quali saranno gli impatti sul business?” Esempio: È possibile prevedere quali clienti sono maggiormente interessati a particolari pacchetti promozionali e il tasso di redemption. Consente di segmentare la clientela e determinare quali clienti sono più propensi all’abbandono. Ottimizzazione Rispondono a domande del tipo: “Come è possibile migliorare questa attività? Qual è la miglior decisione nel caso di un problema complesso?” Esempio: Considerando le priorità del business, i vincoli in termini di risorse e le tecnologie disponibili, consentono di trovare il modo migliore per ottimizzare la piattaforma IT in modo da soddisfare le necessità dei singoli utenti. Le tecniche di ottimizzazione sono alla base dell’innovazione. A partire dalle necessità e dalle risorse disponibili, mostrano la strada migliore.
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O s s e r vatorio
di
il nuovo mondo dell’informazione fra paure ed entusiasmi
Massimo Esposti
capo redattore centrale per il coordinamento quotidiano-web Sole 24 Ore
Giornalisti e comunicatori abitano oggi territori presidiatissimi. Cadono le barriere linguistiche, lasciando spazio a codici di linguaggio inaspettati, mentre la tecnologia corre veloce e proliferano dispositivi innovativi, che disorientano le scelte d’acquisto. I social network esplodono, e non si può davvero ignorarli. Una riflessione, attraverso dieci parole chiave, sui grandi cambiamenti in atto
Le mani ben curate svitano con eleganza la parte superiore del bastone che fino a pochi istanti prima aveva accompagnato l’incedere sicuro di una figura, distinta e vestita con ricercatezza, ora seduta a un tranquillo tavolino del caffè a pochi passi dai palazzi del potere. L’oggetto è la variante professionale di quell’indispensabile accessorio dell’abbigliamento di ogni gentiluomo. E sembra quasi di entrare in quella scena con le tinte di una pellicola seppiata di un film muto: ecco il nostro sconosciuto che estrae dall’anima del bastone un minuscolo calamaio, un foglio di pergamena, una penna d’oca e inizia a scrivere sfiorato solo da un commento quasi distratto di due signore sedute poco distante: “Deve essere un giornalista”. Nulla di strano, siamo alla fine dell’Ottocento e il nostro amico, impegnato a scrivere magari qualche avvincente storia, sta utilizzando al meglio quello che la tecnologia gli può mettere a disposizione. Sfumia| 48 |
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mo e utilizziamo ancora la macchina del tempo per catapultarci a oggi, nel mondo dell’always on dove da quel bastone, trasformato dagli Harry Potter tecnologici in un iPad, potrebbero uscire delle “app” da scaricare, magari in grado di aiutarci a decrittare come e cosa sta cambiando il mondo dell’informazione. Troppo sofisticato? Prendiamo allora un oggetto che usano tutti, ma proprio tutti: il telefono cellulare facendoci aiutare dalle parole di Steven Schwartz del Media Lab del Mit di Boston riportate dal Sole 24 Ore all’inizio del nuovo secolo in una pubblicazione che parlava di futuro digitale. “L’idea che la gente comune ha del futuro telefono cellulare è fondamentalmente sbagliata. Un apparecchio che si mette a trillare senza verificare se è il momento o il luogo opportuno non può certo essere definito funzionale. Ciò che si servirà per comunicare e connetterci alla rete dovrà essere “tecnologia indossabile” che si adatti a noi e all’ambiente dove ci troviamo”.
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Reduci dal passaggio 1999-2000, che molti avevano annunciato come la tempesta perfetta dei pc poi risoltasi in un bicchiere d’acqua ma tra i più costosi della storia (con interi parchi macchine ed architettute sostituite da terrorizzate aziende e istituzioni), stavamo vivendo ancora inconsapevoli qualcosa che avrebbe segnato definitivamente il nuovo mondo dell’informazione. E allora entriamo nel territorio dell’infocomunicazione fatto di giornalisti e comunicatori, sempre più abitato da tribù pronte a muoversi con rapidità e con codici di linguaggio inaspettati. Territori presidiatissimi dove si scatenano reazioni che vanno dalla paura più cupa all’entusiasmo. Uniti dalla grande piattaforma del web, c’è chi il giornale lo legge solo online, chi vive dentro l’Ipad, chi comunica esclusivamente con Twitter o Facebook, chi stravede per le mail sul Blackberry ma non può fare a meno dell’iPhone, chi videoriprende con micromacchine e si emoziona divorando un romanzo su Kindle. Chi ha tre smartphone però telefona con un cellulare da poche decine di euro. Infine chi, eseguito il giro completo, si rituffa nella carta dell’edicola e della libreria. Sembra quasi si faccia apposta per portare sull’orlo della follia le divisioni di ricerca, sviluppo e applicazioni delle società impegnate nelle tecnologie legate alla comunicazione tradizional-multimediale e internettara. I canali verticali sono stati smontati pezzo per pezzo da una serie di linee discontinue dove solo i due punti iniziale e finale sono chiari: chi produce informazione e chi la deve ricevere. In mezzo le tecnologie abilitanti.
I canali verticali sono stati smontati pezzo per pezzo da una serie di linee discontinue dove solo i due punti iniziale e finale sono chiari: chi produce informazione e chi la deve ricevere. In mezzo le tecnologie abilitanti
Così da quella lunga notte di fine secolo, dieci anni dopo, costruiamo dieci file-chiave collegati tra loro e che ci possono aiutare a capire.
DIVISIONE – La spettacolare diffusione del Web, predetta da tutti ma da pochi all’inizio creduta appieno, ha creato un digital divide materiale e culturale che ancora oggi stiamo pagando a caro prezzo. Mentre da una parte il mondo dell’infocomunicazione potenzialmente può dotarsi degli strumenti più avanzati, chi deve ricevere e consumare il suo “prodotto” ancora oggi si muove nell’eterna incertezza ad esempio di aspettare il nuovo modello di pc, finendo poi abbagliato da offerte mirate da un marketing attento alle dinamiche del richiamo dell’immagine e del prezzo. Il risultato? Strumenti magari anche eccellenti, ma certo non indicati all’utilizzo di una famiglia o un’impresa che vogliono sempre più…
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MEMORIA – Tutti hanno poco tempo, le informazioni sfrecciano in superficie, servono memorie in grado di immagazzinare il più possibile dati, numeri, parole e capaci di farli emergere in pochi istanti e in modo ordinato. Il vecchio “mi hanno detto che sul giornale c’era la tale notizia, devo recuperarlo” oggi è sostituito da “devo cercare su Internet quella cosa che mi hanno referito e che mi interessa”. Vogliamo farci trovare subito o no? Anche perché si stanno creando tanti piccoli Google personali dai quali è fondamentale venire agganciati se si vuole avere visibilità. La più bella e costosa forma di comunicazione ha una vita di pochi istanti se non è possibile localizzarla e utilizzarla subito; per questo è necessaria la… …CONOSCENZA – Da una serie di incontri con i CIO (Chief Information Officer) è emersa in modo ancora marcato la distanza che esiste tra queste figure fondamentali e i vertici delle aziende. La tecnologia viene vista come applicativo tattico e non strategico, perdendo l’obiettivo di capire anticipatamente le esigenze e agire proattivamente. Chi l’ha capito sta invece accumulando vantaggi competitivi enormi, come la capacità di razionalizzare le architetture, i processi di lavoro, la connessione informativa e le linee di prodotti. Quasi nessuna azienda che opera sulle nuove frontiere delle applicazioni si confronta in fase progettuale con chi è impegnato nella infocomunicazione. Nascono così prodotti talmente ibridi che quando arriva una specifica applicazione (vedi il Blackberry con mail ed allegati) diventa una killer app facendo accettare anche un telefono che non è certo il massimo per ergonomia ed efficienza, mentre la… …PORTABILITA’ – Nei primi anni 80 un oggetto di culto nei giornali era un piccolo pc portatile con collegati due alloggiamenti per una cornetta telefonica. Si poteva scrivere un articolo, poi da un telefono pubblico o privato si inseriva la cornetta nelle due nicchie e si trasmetteva l’articolo. Sembrava - ed era - qualcosa di miracoloso anche perché a ricevere quei caratteri spacchettati provvedevano enormi elaboratori, mentre se la trasmissione cadeva si doveva ricominciare da capo. Quello, però, era un altro messaggio dal futuro poco percepito: sono impensabili un’informazione e una comunicazione senza portabi-
lità, oggi in grado di dialogare con tutto quello che ci viene offerto attraverso la… …MULTIMEDIALITA’ – I mass media sono impegnati in una strenua battaglia per diventare multimediali davvero. Il lettore tradizionale deve trovare la motivazione per: 1) acquistare il suo quotidiano preferito; 2) il giornale deve contenere una serie di agganci e approfondimenti che rinviano al web e agli altri nuovi supporti; 3) a loro volta queste piattaforme devono creare l’interesse a riacquistare il giorno dopo il quotidiano. Un loop che si muove su piani e codici diversi dove le parole devono scambiarsi e interagire con immagini, suoni e dati. Chi produce contenuti non può sfuggire a questo o è destinato a morire. Il successo delle applicazioni dei quotidiani per iPhone e iPad rappresenta un sonar immerso in un mare ancora da scoprire. Tutti i competitors di Apple hanno scatenato gli evangelists per convincere le aziende delle potenzialità dei loro prodotti. Uno scontro globale che va pensato prima di essere combattuto per non finire stritolati da mille sollecitazioni di implementazioni. Ma serve tanta… …FATICA – Le migliori piattaforme di trading permettono ai giganteschi fondi e alle banche mondiali transizioni in frazioni di secondi. È la punta di una tecnologia esasperata in grado di far rientrare l’investimento con altissimi margini e di una nicchia che vede pochissime aziende in grado di svilupparla, riducendo e semplificando la scelta per chi necessita di queste piattaforme all’èlite produttiva. Lo sguardo diventa invece più cupo quando entriamo nel mondo della infocomunicazione. Testare un nuovo device, verificare se davvero potrebbero servire all’utilizzo del professionista del settore cercando di dribblare le mode, impone strutture IT sempre più aggiornate. Bisogna sempre essere avanti, non subire l’arrivo delle novità, ma averle già sotto controllo con la… …SENSORIALITA’ – La tecnologia non è più una giungla, bensì un’autostrada senza limiti di velocità. Chi entra deve possedere prima di tutto il mezzo adeguato e poi servono capacità di guida, controllo, resistenza alla fatica, flessibilità e inventiva. Bisogna sapersi fermare quando è il momento di effettuare un controllo, non accettare sfide pericolose ma seguire il percorso
Nei social network, come in un laboratorio di genetica, nascono, muoiono magari subito, si sviluppano, diventano campioni i nuovi linguaggi che ricadono sul nostro mondo. Non c’è infocomunicatore, programmatore, ricercatore, inventore, che non debba cercare di capirli | 50 |
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L’Osservatorio New Media & TV del Politecnico di Milano Dal 2007 è attivo presso la School of Management del Politecnico di Milano l’Osservatorio New Media & Tv, condotto in collaborazione con il Cefriel. La ricerca 2010, attualmente in corso, legandosi a quanto fatto negli anni scorsi intende continuare a valutare quantitativamente il mercato dei New Media e delle New Tv nelle sue principali articolazioni, analizzare i contenuti erogati in Italia attraverso le diverse piattaforme televisive digitali verificandone l’evoluzione nel tempo, individuare i principali trend in atto e tratteggiare i possibili scenari futuri Verranno in particolare approfonditi alcuni temi caldi, quali il fenomeno dell’Editoria online, analizzando i modelli di business degli Editori che affrontano i mercati digitali, e la convergenza tra le diverse piattaforme, in particolare tra il mondo “televisore-centrico” e il mondo Web (le cosiddette Connected-Tv) con particolare attenzione allo studio delle possibilità offerte dai decoder di ultima generazione e dai nuovi device (come ad esempio l’iPad, le Internet Tv, ecc.). Saranno anche studiati i contenuti/tecnologie più innovativi (quali il 3D e l’HD) analizzando lìintera filiera ad essi relativa: dal canale di trasmissione (etere o banda larga) ai broadcaster, dai produttori di device ai fornitori di tecnologia, dai produttori di contenuti agli advertiser.
indicato dal navigatore o saperlo cambiare in poco tempo. E chi governa l’autostrada dell’infocomunicazione deve far fluire in modo continuo le informazioni, avvertire dei pericoli, suggerire soluzioni. Per farlo serve però un grande…
avere a disposizione in tempo reale giganteschi focus group e gratis. Paura? La paura si vince con il …
…SISTEMA NERVOSO – La penosa vicenda del piano sulla banda larga, con quegli 800 milioni mai effettivamente impegnati nella realizzazione di un sistema nervoso hi-tech vero, ci lasciano tra le nazioni industrializzate più arretrate da questo punto di vista. Arrivando all’assurdo che nel cuore delle grandi città, in un aeroporto o in una stazione – senza wi-fi aperti - per connettersi si deve utilizzare una chiavetta o creare una piccola rete wireless con il telefonino. Le miserie della politica quotidiana mettono in secondo ordine quello che altrove è primario. Valga per tutti la Finlandia dove la connessione ad alta velocità è entrata nei diritti dei cittadini. L’Italia, invece, è la Disneyland dei telefoni cellulari, almeno quello, ma ci sono anche aziende che vorrebbero lavorare in tempo reale con gli altri paesi, magari da zone del sud dove costa meno avviare e gestire un’attività. Forse non si riesce a farsi capire, sarà un problema di…
…CORAGGIO – In un recentissimo sondaggio svolto da IPR Marketing sull’atteggiamento degli italiani verso le nuove tecnologie, l’87 per cento ha risposto che pc, cellulari, internet, fotocamere ecc. hanno semplificato la vita di tutti i giorni, ma il dato più importante è che il 95% li ritiene essenziali per lo svolgimento di alcune attività. Il target di infocomunicazione e tecnolgia è questo. Il business va diritto sul rispondere alle esigenze lavorative e personali: tra chi si collega a internet più volte al giorno con diversi mezzi il 55% lo fa dal lavoro e il 58% da casa. E cosa cercano? Il 99% informazioni che interessano, il 95% consultare la posta, il 90% consultare mappe e l’82% consultare i siti di quotidiani e agenzie online. E poi la valanga di social network. Pochi numeri, ma lapidari. Il “consumatore” le sue scelte le sta facendo ed è il momento di entrare nel gioco con tutta la forza disponibile, mettendo in conto cadute, infortuni, autogol. La partita non può essere lasciata ad altri perché le barriere linguistiche a poco a poco si stanno sgretolando con il rischio di farci rimanere isolati nel nostro piccolo orticello orientato al tramonto.
…LINGUAGGIO – “Io non capisco niente di computer”: era la frase classica di alcuni anni fa, poi declinata in “niente di internet” e oggi, “non so cosa siano i blog, Facebook o Twitter”. No, non si può non saperlo perché è lì che, come in un laboratorio di genetica, nascono, muoiono magari subito, si sviluppano, diventano campioni i nuovi linguaggi che ricadono sul nostro mondo. Non c’è infocomunicatore, programmatore, ricercatore, inventore, che non debba cercare di capirli. Che non significa diventare un assatanato dei social network, ma sapere di cosa si parla in essi, con che strumenti, con che critiche alle piattaforme già esistenti. È come
Ora chiudiamo i dieci file-chiave e, tirando il fiato, allunghiamo lo sguardo. La tecnologia vincente in fondo siamo noi, il più potente chip è nella nostra testa. Siamo passati dal piombo, dalle macchine per scrivere e dalla carta carbone a un presidente (quello dell’Ecuador) asserragliato in un ospedale per un tentativo di golpe, che comunica con Twitter e diventa inconsapevolmente inviato speciale, subito surclassato dalle immagini in diretta del blitz delle forze speciali per liberarlo. Noi ci siamo, la tecnologia anche. È il momento di aprire un nuovo file: la tecnologia che ci fa vincere insieme. www.ict4executive.it
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INTERVISTA di
Filippo Renga
School of Management Politecnico di Milano
Prof. Giuseppe Riccardi Direttore del Laboratorio di Ricerca di Sistemi Interattivi Vocali e Multimodali, Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione dell’Università di Trento
Il computer che parla con l’uomo Grazie ai risultati di cinquant’anni di ricerca, oggi possiamo dialogare con un calcolatore, un po’ come aveva immaginato Kubrick in “2001: Odissea nello spazio”. A Trento, un laboratorio specializzato nelle tecnologie del linguaggio e nei sistemi interattivi porta avanti progetti innovativi in collaborazione con il mondo delle imprese
Nel capolavoro di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio” il computer di bordo della nave spaziale Discovery, HAL 9000, dialogava con gli astronauti. A che punto è oggi la ricerca nell’ambito dell’interazione uomo-macchina e quanto siamo lontani dalle visioni cinematografiche di quarant’anni fa? Sin dalla nascita del calcolatore a metà del secolo scorso, uno dei primi obiettivi è stato quello di esplorarne le capacità e le possibilità di interazione e analisi di testi. Negli anni questa necessità si è sviluppata in varie direzioni: una delle prime è stata la traduzione automatica affinché persone che parlano lingue diverse possano comunicare con l’aiuto del computer. Uno dei primi robot interattivi, precursore dei chatbot moderni, nasce all’inizio degli anni 60 nei laboratori del MIT (Massachusetts Institute of Technology). Con un programma relativamente semplice, poche centinaia di righe, si implementava una psicoterapeuta virtuale, Eliza. Erano gli stessi anni in cui veniva prodotto il film “2001: Odissea nello spazio”. Dagli albori di questo “illuminismo tecno| 52 |
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logico” sono passati cinquant’anni di importanti innovazioni scientifiche e tecnologiche. Anni in cui i contributi provenienti da discipline quali l’ingegneria, la linguistica, la matematica applicata e più recentemente le scienze cognitive e le neuroscienze hanno dato risultati molto importanti. Oggi i ricercatori hanno cominciato la sperimentazione di agenti virtuali capaci di interagire in forme e modalità “vicine” a quelle condivise normalmente tra le persone sia per applicazioni industriali, sia educative, anche per l’assistenza ai diversamente abili. Le prime applicazioni delle tecnologie del linguaggio a sistemi di dialogo sono state sviluppate negli Stati Uniti a metà degli anni 90 nei laboratori di ricerca di AT&T (“How May I Help You?” Project). Da allora molte applicazioni in diversi ambiti industriali (telecomunicazioni, finanza, trasporti, ecc.) sono state accolte con successo. Ad esempio, in ambito automobilistico sono stati progettati agenti di supporto alla guida disponibili integrati con i sistemi vocali per la navigazione stradale interattiva; la pubblica amministrazione fa i primi passi nell’adozione
INTERVISTA | I l computer che par la con l’ uomo
di agenti virtuali per veicolare, recuperare o comunicare informazioni tra Ente e cittadini. Oltre agli “early adopter” di queste tecnologie, quali le industrie delle telecomunicazioni, nei nostri laboratori si sta approfondendo la capacità di progettare sistemi interattivi che abbiano una penetrazione maggiore sui cittadini, da utilizzare in ambito Pubblica Amministrazione, per applicazioni mediche e per l’assistenza agli anziani. Uno dei vantaggi degli Agenti Virtuali è quello di poter condurre interazioni dialogiche personalizzate (uomo-macchina) attingendo alle informazioni e conoscenze disponibili nelle microreti sociali composte da macchine e da persone. Quali vantaggi comporta la comprensione del linguaggio naturale nei processi di Customer Care? Il rapporto uomo-macchina viene ribaltato: dai primordi delle tecnologie vocali dove la macchina poteva riconoscere una tra poche parole di comando (es. “Apri!”, “Chiudi!”), oggi è la macchina a comprendere cosa la persona dice e instaura un dialogo a supporto della richiesta dell’utente. I servizi di Customer Care basati su tale approccio consentono ai clienti di parlare in modo naturale ed essere capiti dal sistema. Chi chiama un moderno sistema di Interactive Voice Response (IVR) viene accolto da un prompt “buongiorno, come posso aiutarla?”, e può elaborare la richiesta di informazioni o di assistenza in linguaggio naturale. Non è necessario prendere appunti per riuscire a navigare nel labirinto dell’IVR: l’Assistente Virtuale comprende vocaboli e contesto, analizzando parole chiave e frasi per determinare di cosa il chiamante ha bisogno, cercando nel contesto dell’eloquio quelli che si definiscono “frammenti salienti”. In tal modo, ad esempio, un Operatore Automatico di Centralino sa indirizzare la chiamata al destinatario - uomo o macchina - appropriato e fornire risposte e servizi utili in modo autonomo. Il sistema è capace di porre una domanda a seguito della dichiarazione del chiamante. Ad esempio, se il cliente di una banca chiama l’Assistente Virtuale dicendo “mi servono informazioni sul credito”, il sistema sa chiedere al cliente se intende parlare con un funzionario esperto di “carte di credito” o di “credito sul conto corrente”. In questo modo si supera il limite concettuale di un IVR tradizionale nel servire una richiesta incompleta o imprecisa, quando il chiamante non chiarisce a priori con chi o di cosa vuole parlare. Prove e test effettuati in diversi ambiti dimostrano che lo stato attuale della tecnologia è industrialmente ed economicamente sfruttabile. Esempio di tali applicazioni in commercio sono
centralini automatici che smistano le chiamate tramite un Assistente Virtuale senza dover ricorrere a operatori di centralino. Inoltre, le indagini sulla qualità del servizio confermano che un buon mix di servizi automatici e servizi da operatore è gradito ai clienti, soprattutto laddove vengono trattati dati sensibili (ad esempio pagamenti con carte di credito, fornitura di dati personali ed anagrafici): un Assistente Virtuale offre maggiori garanzie di privacy rispetto all’operatore umano. A vantaggio dell’erogatore di servizio, i dati generati dai dialoghi uomo-macchina costituiscono un’importante sorgente di informazioni alla quale attingere per migliorare la qualità del servizio, ottimizzare le interazioni successive, semplificare altri processi aziendali. Qual è l’area di ricerca di IM Service Lab, uno spin-off dell’Ateneo di Trento, e in cosa consiste la partnership tecnologica con Interactive Media? Nel nostro laboratorio lavoriamo sul fronte della ricerca delle tecnologie del linguaggio e dei sistemi interattivi e agenti virtuali. Questo viene fatto prevalentemente in collaborazione con centri di eccellenza di ricerca pubblica e privata quali Loquendo, Telecom Italia, Ibm con le quali condividiamo visioni ma anche progetti pilota. Questa vicinanza con il mondo industriale permette a ricercatori ed ingegneri di valutare la realizzabilita’ di prototipi tecnologici e valutarne l’attrattivita’ imprenditoriale. IM Service Lab nasce da uno spin-off di ricercatori e ingegneri del gruppo
Ai primordi delle tecnologie vocali venivano riconosciute poche parole, come “Apri!” e “Chiudi!”, mentre oggi la macchina comprende cosa la persona dice e instaura un dialogo di ricerca di sistemi multimodali interattivi presso il Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione dell’Università di Trento e da Interactive Media. L’ottima sinergia tra le competenze dell’Università e Interactive Media ha permesso di proporre, sin da subito, servizi innovativi ad aziende e pubbliche amministrazioni, ad esempio l’INPS. Lo spin-off di IM Service Lab è il primo del nostro laboratorio fondato quattro anni fa e nasce dalla cultura imprenditoriale e creativa che viene fornita nella nostra Università. Importante ricordare che condizione necessaria per il successo di spin-offs è un contesto territoriale tecnologico di eccellenza e riferimento quali quelli presenti sul territorio. www.ict4executive.it
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Speciale “fashion-retail”
L’ICT nel Fashion-Retail, una leva per il successo Una recente ricerca del Politecnico di Milano scatta una fotografia sullo stato di adozione e sull’impatto delle tecnologie digitali nelle imprese italiane del settore Fashion-Retail, mettendo in luce molteplici opportunità di innovazione di processo, in particolare per le aree di marketing, di vendita, produzione e logistica. Fondamentale il passaggio da una logica di informazione ai clienti a una di conversazione e di interazione bidirezionale attraverso i diversi canali
Anche nel settore del Fashion le tecnologie ICT rivestono un ruolo fondamentale nel guidare lo sviluppo delle imprese, nel produrre innovazione e abilitare nuovi modelli di business. In particolare, l’ICT si conferma come una leva strategica in grado di impattare significativamente sul successo e sull’efficienza delle attività di marketing, di vendita, produzione e logistica. Nell’area marketing, per esempio, da qualche anno si assiste a profonde trasformazioni nelle modalità con cui le aziende comunicano con i propri clienti e strutturano le proprie campagne promozionali. L’interazione fra azienda e clienti si fa sempre più multicanale e si nota un forte ruolo del web 2.0, sotto la spinta del travolgente successo dei social network. In questo contesto scaturiscono alcune importanti implicazioni per le imprese del Fashion-Retail, tra cui l’importanza della presenza sui canali digitali e il superamento della cultura di prodotto a favore | 54 |
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del concetto di “story telling”, per cui il brand non racconta solo un prodotto, ma è “espressione di una narrativa”. Le aziende, dunque, si trovano di fronte alla necessità di ristrutturarsi e di scegliere gli strumenti più appropriati a tale scopo. Un primo passo essenziale consiste nel superamento del tradizionale paradigma di comunicazione “one way” e il passaggio da una logica di informazione a una logica di conversazione e di interazione bidirezionale lungo i canali. Fondamentale è anche considerare la capacità sviluppata dai consumatori di essere sempre in contatto, garantita dalla massiccia diffusione dei molteplici device (PC, netbook, smartphone, tablet) e dall’utilizzo dei social network. Le aziende del Fashion-Retail devono quindi rinnovare la propria offerta, superando la logica di focalizzazione sul prodotto per arrivare a comprendere la relazione con il cliente.
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center. Dall’indagine emerge inoltre l’importanza delle soluzioni tecnologiche a supporto della gestione multicanale dei dati, con particolare accento sulla necessità di integrare i database clienti con database esterni. Questi applicativi godono di una certa diffusione all’interno delle aziende, che in buona percentuale li indicano come prassi aziendali consolidate da anni (dal 35% al 64% di tutte le categorie di rispondenti) o come in fase di valutazione per l’implementazione. Una certa attenzione è dedicata alla tecnologia RFid, che si dimostra particolarmente utile come strumento di controllo per garantire l’autenticità del prodotto e controllare i mercati paralleli, come tag antitaccheggio e come mezzo per veicolare promozioni e servizi ai clienti. All’interno delle aziende si riconosce un ruolo importante anche agli strumenti di Business Intelligence, che registrano un alto tasso di utilizzo e consenso con riferimento alle più classiche funzioni di reportistica e di cruscotto aziendale, che si assottiglia invece per quanto riguarda le funzioni più avanzate, come di forecasting e di valutazione del potenziale commerciale basato su georeferenziazione. In linea generale, il 50% dei manager manifesta un forte interesse verso tutte le applicazioni, anche le più innovative, e tra le aziende La ricerca 2009 condotta dall’Osservatorio ICT & Business Innovation nel Fashion Retail del Politecnico di Milano evidenzia l’elevata consapevolezza, da parte sia dei CIO che dei Direttori Marketing e Vendite delle principali aziende del settore, del ruolo chiave delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione a supporto dell’innovazione dei processi. Tale ruolo è infatti definito “rilevante” o “molto rilevante” dal 90% dei Direttori Marketing intervistati e dal 66% dei CIO con riferimento alle attività di Marketing, mentre dal 92% dei Direttori Vendite e dall’83% dei CIO relativamente alle attività di vendita. La principali soluzioni tecnologiche a supporto delle attività di marketing sono, ad oggi, in primo luogo le applicazioni di CRM, potente ed utile mezzo a supporto della pianificazione e gestione delle campagne marketing, oltre a quelle a supporto dell’attività di customer service e di contact
Le applicazioni di CRM sono un potente e utile mezzo a supporto della pianificazione e gestione delle campagne marketing e dell’attività di customer service e di contact center. Molto rilevante anche la gestione multicanale dei dati si registra un alto numero di progetti in via di sperimentazione. Sono numerose, poi, le applicazioni a supporto dei punti vendita, al fine di coinvolgere i consumatori in un’esperienza di shopping tecnologica ed appagante; in particolare, l’interesse e i tassi di adozione più alti riguardano i monitor touch screen, la in-store TV e le tecnologie per simulare la prova dei capi. www.ict4executive.it
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Speciale “fashion-retail”
Il 93% dei CIO e tutti i Direttori Produzione e Logistica affermano che il ruolo delle nuove tecnologie è destinato ad aumentare di importanza nel corso dei prossimi anni, preventivando un incremento degli investimenti in questa direzione
Altre tecnologie che ancora non godono di forte diffusione, ma che alcuni manager dichiarano di stare valutando, riguardano sistemi che permettono di riconoscere il cliente e fornire suggerimenti per l’abbinamento dei capi o che, tramite telecamere che registrano i movimenti della clientela e applicativi dedicati, forniscono informazioni circa gli interessi degli stessi verso i prodotti. La situazione attuale per quanto riguarda le tecnologie web B2C vede un ampio numero di aziende che si avvale di un sito informativo concepito come vetrina e spazio di promozione, ma una netta minoranza di esse che se ne serve come mezzo di eCommerce (rivolto sia al consumatore finale che al canale o ai punti vendita) o come mezzo di comunicazione diretto agli utenti in logica 2.0. Le tecnologie possono inoltre aiutare a realizzare una migliore e più efficiente gestione della supply chain, impattando significativamente sulla produzione e sulla logistica. La ricerca ha dimostrato come il tema della visibilità e trasparenza dei prodotti in ciascuna fase della filiera sia oggi cruciale per le aziende e reso ancor più significativo considerando i trend attuali che vedono molte supply chain del settore interessate da fenomeni di outsourcing e virtualizzazione. La ricerca conferma l’interesse e la consapevolezza da parte del management delle aziende circa questi temi, con un 59% di CIO e un 60% dei Direttori Produzione che sostiene che il ruolo dell’ICT a supporto della produzione e della logistica sia rilevante, con un’aspettativa per il futuro ancora più alta. Il 93% dei CIO e tutti i Direttori Produzione e | 56 |
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Logistica affermano, infatti, che il ruolo delle nuove tecnologie è destinato ad aumentare di importanza nel corso dei prossimi anni, preventivando un incremento degli investimenti in questa direzione. Gioca un ruolo fondamentale in questa ottica la tecnologia RFId, che garantisce una piena tracciabilità delle merci, ma che ad oggi gode ancora inspiegabilmente di un basso tasso di utilizzo, nonostante sia ormai universalmente considerata una tecnologia matura e relativamente economica. L’adozione congiunta di tag RFId e di applicazioni basate su GPS permetterebbe di ottenere una piena tracciabilità di filiera, ma le due tecnologie godono oggi in realtà di bassa applicazione e anche l’interesse dimostrato dal management in questa direzione è modesto. Le soluzioni Mobile & Wireless a supporto della logistica distributiva all’interno dei magazzini (basate su tecnologia Wifi) costituiscono un ambito applicativo consolidato, mentre le soluzioni di Sales Force Automation sono caratterizzate da un tasso di adozione minore, emerge però un interesse da parte del management che appare elevato. Le soluzioni di B2B a supporto dell’automazione dei processi operativi ed esecutivi interni alla supply chain sono già applicate o molto vicine ad esserlo. I CIO e i Direttori Produzione e Logistica segnalano infatti come siano ormai numerose le soluzioni implementate e come, in ogni caso, vi sia un forte interesse all’utilizzo (mediamente per il 37% dei manager) da parte delle aziende che ancora non le hanno adottate.
Speciale “fashion-retail”
Razionalizzare i processi di logistica, ottimizzando la gestione dei trasporti in entrata e in uscita dai magazzini dell’azienda. Questa la richiesta mossa qualche anno fa al Gruppo Tesi da un’azienda italiana leader mondiale del settore fashion retail. ‹‹Il cliente manifestava la necessità di un applicativo che si potesse facilmente integrare con l’infrastruttura tecnologica esistente e che fosse in grado di supportare la direzione logistica e i responsabili della distribuzione nelle attività di smistamento della merce in arrivo e di organizzazione delle spedizioni dei colli presso la catena dei punti vendita sul territorio›› dichiara Riccardo Cicero, Program&Solution manager area B2B del Gruppo Tesi. Da qui l’integrazione, all’interno dell’Erp dell’azienda (SAP), dell’applicazione Transportation Web-based proprietaria di Tesi denominata “Net Mover”, prodotto nato nel 2004, e che oggi conta 104 aziende utilizzatrici. ‹‹Siamo partiti nel 2006 con l’attivazione del modulo per la valorizzazione dei costi di trasporto – spiega Cicero - e, in una fase successiva, abbiamo completato l’applicazione grazie alle funzioni dedicate alla programmazione e alla pianificazione delle operazioni di spedizione››. Nel dettaglio, Net Mover è un’applicazione per estendere l’ Erp, fruibile in modalità on demand (SaaS) o on premise e finalizzata alla gestione ottimizzata dei flussi inbound e outbound delle aziende. Il sistema sviluppa tre tipi distinti di processo: Programmazione spedizioni logistica, Pianificazione delle spedizioni, Valorizzazione e Controllo dei costi di trasporto. L’insieme dei tre moduli costituisce una completa Piattaforma per la Logistica, integrata con l’ERP, del quale può sostituire il modulo Transportation.
Net Mover è l’applicativo verticale sviluppato dal Gruppo Tesi per la gestione automatizzata della programmazione e dell’organizzazione delle spedizioni della merce sul territorio, ideale per le aziende dei settori fashion e retail
Riccardo Cicero Program&Solution manager del Gruppo Tesi
una torre di controllo per la gestione ottimale dei flussi logistici
Per quanto riguarda il primo processo, questo, attraverso un apposito motore di ottimizzazione, visualizza la giacenza disponibile in magazzino e, sulla base di parametri logistico-commerciali di ricettività negozi e priorità colli, genera un piano di consegna suddiviso per aree geografiche, predeterminato dal motore, che è in grado di selezionare le unità di movimentazione che è strategicamente e commercialmente più opportuno spedire verso gli specifici punti vendita. Rispetto alla pianificazione delle spedizioni, invece, il processo permette l’organizzazione e la gestione dell’intera spedizione, comprendendo tutti gli attori coinvolti, dai corrieri agli operatori doganali, e mappando i percorsi e i mezzi di trasporto più convenienti. Infine, la funzione di controllo dei costi di trasporto agisce nella direzione di individuare il prezzo più idoneo. ‹‹Net Mover, con un Roi previsto in circa diciotto mesi, è la soluzione ideale per la gestione automatizzata dei flussi di distribuzione da parte di quelle aziende che hanno la necessità di smistare e inoltrare quotidianamente grandi quantità di materiale, ma anche un occhio molto attento ai costi›› conclude il manager.
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L’evoluzione di Ediel: dall’ordine alla logistica
La fondazione di Ediel è frutto di un tavolo congiunto di lavoro che, oltre alle tre associazioni di comparto – Aires (Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati), Anitec (Associazione Nazionale Industrie Informatica, Telecomunicazioni ed Elettronica di Consumo), Ceced Italia (Associazione Nazionale Produttori di apparecchi domestici e professionali) - ha visto la partecipazione anche di Andec (Associazione Nazionale Importatori e Produttori di elettronica civile). La società è nata con lo scopo di diffondere uno standard comune di codifica per la trasmissione elettronica dei dati tra industria e distribuzione specializzata. “I cambiamenti radicali del nostro mercato, la continua innovazione di prodotto, che ha ormai pochi mesi di vita”, spiega Stefano Bassi Direttore Operativo Ediel Servizi, “rendono necessario intervenire sulle inefficienze della filiera, integrando a livello di processo tutta la Supply Chain al fine di ottimizzare a livello di sistema l’intero ciclo di vita del prodotto”. “È per questo”, continua Stefano Bassi, “che oltre ad aver iniziato una massiccia attività di diffusione nell’adozione della trasmissione elettronica dei dati (EDI) presso le aziende del settore, proprio in questi giorni sta per partire il progetto pilota di - Logistica Collaborativa – che, oltre alle aziende dell’industria e della distribuzione, vede coinvolti anche gli operatori logistici”. Infatti, dopo circa un anno di attività di analisi del gruppo di lavoro, è finalmente pronta la piattaforma Ediel che permetterà a tutte le aziende coinvolte (industria, retailer, operatori logistici) di velocizzare e monitorare in dettaglio ogni singola consegna in ogni sua p er u lt er i o r i i n f o rm a zioni...
www.e d iel .it
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Obiettivo delLa società è diffondere uno standard comune di codifica per la trasmissione elettronica dei dati tra industria e distribuzione specializzata, integrando e ottimizzando la supply chain di filiera
fase, riducendo al minimo l’intervento manuale (che solitamente, in questa fase, è elevato) e quindi diminuendo i rischi di errori e ritardi nelle consegne. La piattaforma prevede la condivisione in tempo reale di tutte le informazioni riguardanti le consegne: dalla disposizione di consegna in carico all’operatore logistico, alla prenotazione fino all’esito del ricevimento della merce da parte del destinatario. Uno degli aspetti innovativi di una piattaforma del genere è quella della condivisione delle informazioni non più “one to one” ma “many to many”, dove ad esempio il retailer è in grado di vedere tutte le proposte di consegna (fase di booking) che gli vengono fatte dai diversi operatori logistici per conto dei propri fornitori a fronte dei suoi ordini di acquisto, e a sua volta è in grado, in base alla capacità recettiva del proprio deposito, di confermare o meno la proposta di booking sapendo esattamente quali prodotti, pesi, volumi gli devono essere consegnati. Questo nuovo sviluppo va a completare un progetto che ha visto, in un primo step la completa dematerializzazione del ciclo dell’ordine, e in questa seconda fase l’integrazione di un processo particolarmente critico e costoso della nostra filiera come quello logistico. Evento Ediel 2010 Innovazione, Integrazione, Collaborazione: un nuovo modello di efficienza. Milano, 26 ottobre 2010, ore 9.00-13.00, Centro Svizzero di via Palestro 2. Per registrazione: www.ediel.it
settoreelettrico elettricolalasda sda NelNelsettore eurodeldelcosto costociclo ciclodell’Ordine dell’Ordinecartaceo cartaceo passaredada5959euro è èpassare eurodeldelcosto costociclo ciclodell’Ordine dell’Ordineequivalente equivalente a a1010euro
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Speciale “PMI”
Le ICT come motore della ripresa delle PMI In uno scenario congiunturale ancora negativo, soprattutto sul fronte occupazionale, le aziende italiane medio piccole iniziano a vedere i segnali di un riassestamento. Gli investimenti in innovazione tecnologica accelerano il necessario recupero di competitività nel medio-lungo termine
Le PMI danno segni di ripresa, ma i piccoli imprenditori investono poco in innovazione e ricerca di nuovi clienti e mercati, attendendo la ripresa come un fattore esogeno. Questi, in sintesi, i risultati di una ricerca dell’Osservatorio congiunturale di Fondazione Impresa, che ha preso in esame 1200 piccole imprese, con meno di venti addetti, dei settori del commercio, dei servizi e dell’artigianato. Il fatturato ha retto alla crisi, registrando una contrazione rispetto allo scorso anno dello 0,5% e di produzione e domanda solo 0,8%. Le previsioni per il 2010 sono promettenti: +0,9% la produzione e +2,1% il fatturato, +1% per gli ordini e +2,2% per le esportazioni, ma è l’occupazione il fattore che più preoccupa.
del -2,3% nei primi sei mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (in cui già il dato era in contrazione) e ha formulato previsioni per il secondo semestre di un ulteriore -0,6%. A pesare sulla situazione, inoltre, l’attuale atteggiamento di buona parte degli imprenditori, che attende la ripresa passivamente. La ricerca ha infatti rilevato che un’impresa su due non investirà più di 25mila euro nel corso dell’anno; una cifra contenuta che perdipiù sarà, nella maggioranza dei casi, destinata a sostituire l’attrezzatura esistente, e non all’ampliamento del parco macchine, all’innovazione di prodotto o alla ricerca di nuovi clienti e mercati. La diffusione delle ICT nelle PMI
La tenuta dei fatturati si è infatti realizzata principalmente mediante il taglio dei costi e del personale, perciò chi di più ha pagato le conseguenze della crisi economica sono stati i lavoratori. L’osservatorio ha misurato un calo dell’occupazione | 60 |
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Una carta vincente per determinare la competitività delle aziende e la loro sopravvivenza nel medio-lungo termine potrebbe essere quella delle ICT: il loro utilizzo in azienda è in grado di impattare
Speciale “PMI”
L’81% delle aziende medio-piccole italiane utilizza un sistema gestionale a supporto della propria attività amministrativa, mentre altre applicazioni ICT hanno una diffusione decisamente minore, seppure in crescita significativamente sui processi e sulla produttività. Il livello di adozione di questi strumenti è stato oggetto di una recente ricerca dell’Osservatorio ICT & PMI della School of Management del Politecnico di Milano, che ha analizzato un campione di 1000 aziende italiane con un numero di dipendenti compreso fa 10 e 500. Dalla ricerca emerge che l’81% delle aziende prese in esame utilizza un sistema gestionale ERP a supporto della propria attività amministrativa. Cresce inoltre sensibilmente rispetto al passato l’utilizzo di strumenti di Business Intelligence in tutte le classi dimensionali, anche se è ad oggi marginale l’adozione di tali applicazioni mella modalità più innovativa, ovvero qualla cloud, chiamata anche “as a Service”. Il principale ostacolo alla diffusione risiede nella difficoltà di integrazione dell’applicazione con i molteplici database aziendali, dai quali vengono estratti i dati per effettuare le elaborazioni e generare report o cruscotti, aggravata inoltre dall’elevato livello di frammentazione e disaggregazione dei dati che caratterizza l’architettura IT di molte PMI italiane. L’utilizzo delle applicazioni CRM varia da un 9% relativo alle imprese di dimensioni minori fino al 24% per le imprese con più di 250 addetti; le percentuali più alte riguardano imprese di medie dimensioni operanti nel comparto dei Servizi (ad esempio, Servizi di Consulenza, Media, ecc.) e della Distribuzione Commerciale all’ingrosso. I ricercatori segnalano che circa un’impresa su 3 utilizza un’applicazione di gestione delle Risorse Umane. In particolare, le imprese di piccole dimensioni utilizzano prevalentemente strumenti a supporto della gestione delle presenze, dei turni, e, in alcuni casi, dell’elaborazione delle paghe, mentre solo nelle imprese di dimensioni maggiori iniziano a diffondersi applicazioni più complesse, come per la gestione delle attività di selezione, di recruiting e di training. Emerge inoltre un interessante fenomeno di utilizzo dei cataloghi online per l’acquisto di materiali indiretti (MRO) e di cancelleria, utilizzati da circa il
16% delle PMI italiane, provenienti sopratutto dal settore manifatturiero. Circa l’8% delle PMI italiane utilizza sistemi di Unified Communication e di supporto alla collaborazione. La diffusione di questi nuovi sistemi di comunicazione è strettamente correlata alla diffusione della tecnologia VOIP, che offre la possibilità di trasmettere il traffico voce e dati su reti IP based. La percentuale di imprese che utilizza sistemi di Gestione Documentale e Conservazione Sostitutiva dei documenti (ad esempio, ordini, fatture, documenti tecnici, ecc.) varia invece dal 10% per le imprese di dimensioni minori, al 24% per le imprese con più di 250 addetti. L’attenzione per il futuro è orientata all’utilizzo di queste applicazioni in modalità “as a service” che, per le proprie caratteristiche e per le indubbie potenzialità, potrebbe rivestire un’importanza cruciale per l’ottimizzazione dei processi e il recupero di competitività delle PMI italiane. Pacchetti gestionali semplici rivolti a piccole imprese, applicazioni di CRM, soluzioni di Unified Communication e, più in generale, tutte quelle applicazioni che non richiedono interventi di personalizzazione ed integrazione importanti, sono facilmente utilizzabili dalle PMI in modalità as a Service, apportando importanti benefici. L’utilizzo delle applicazioni come servizio ha come effetto, infatti, una drastica riduzione degli investimenti iniziali e dei costi gestione e di manutenzione, permettendo comunque di mantenere una elevata flessibilità di utilizzo. Ciononostante l’utilizzo è ad oggi ancora molto limitato. Ciò è dovuto, da un lato, ad uno stadio di maturità non ancora raggiunto da questo tipo di applicazioni e dall’affidabilità degli erogatori, dall’altro, da una conoscenza del fenomeno ancora molto limitata da parte degli imprenditori, che, come confermano i dati della ricerca, erroneamente credono che questa modalità non possa garantire standard di sicurezza paragonabili alle soluzioni legacy, e nutrono in generale diffidenza nei confronti di queste soluzioni. www.ict4executive.it
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Speciale “PMI”
pianificazione della domanda, un’esigenza Strategica per il mondo manifatturiero
Se avessimo l’opportunità di scegliere un’informazione chiave che possa garantire l’aumento delle probabilità di successo nel nostro business, senza dubbio sarebbe sapere cosa desiderano i nostri clienti in futuro, sia esso tra tre mesi, tra un anno o tra dieci anni. Sebbene alcuni leader sognino ancora una sfera di cristallo aziendale o continuino ad affidarsi alla propria velocità di reazione, molte aziende nel mondo manifatturiero stanno già guardando alla capacità di previsione della domanda come strumento fondamentale per i prossimi due anni. Un dato che è emerso dal più vasto sondaggio a livello internazionale del settore che Infor, fornitore leader di software aziendale, ha commissionato all’analista IDC Manufacturing Insights con l’obiettivo di identificare e valutare le strategie e le iniziative adottate dai principali produttori discreti. Sono stati intervistati più di 720 dirigenti delle principali aziende operanti nei settori automobilistico, metalmeccanico, produzione impianti e macchinari industriali ed high-tech & elettronica. Alla domanda “In quali settori oggi ritenete eccellente la vostra azienda?” e “In quali settori ritenete che la vostra azienda debba migliorare in termini di eccellenza operativa nei prossimi due anni?” la differenza maggiore tra le attuali performance e lo standard atteso nei prossimi due anni sono state evidenziate nella capacità di previsione della domanda. La pianificazione della domanda dipende anche dalla seconda problematica principale: la profittabilità. La scarsa ‘visibilità’ della domanda ha afflitto l’industria della produzione discreta per anni, in molti ambiti. Questo esercita una forte pressione sui produttori, poiché non possono pianificare la produzione o l’operatività e p er u lt er i o r i i n f o rm a zioni...
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Una ricerca rivela che disporre di informazioni più accurate per soddisfare le esigenze del cliente è di cruciale importanza per le imprese di produzione discreta
sono costretti a soddisfare la domanda in maniera reattiva. Una modalità spesso più costosa e che incide sui risultati economici. La ricerca dimostra inoltre che la strategia aziendale prioritaria per le imprese di produzione discreta è conservare e far crescere la base clienti esistente. La capacità di previsione della domanda, come il miglioramento della soddisfazione del cliente, sono fondamentali per realizzare questa strategia. È importante avere una profonda comprensione delle esigenze del singolo cliente, una più stretta collaborazione e la capacità di ‘servirlo’ in maniera unica. Ciò non si limita a quello che vuole il cliente ma a come lo vuole, quando e come intende fare business con voi. «I produttori devono tuttavia superare le barriere create dall’aumento della complessità per diventare più agili e avere la certezza di disporre di informazioni accurate in tempo reale, in grado di favorire strategie customer-led. Come evidenziato dallo studio, un’infrastruttura IT avanzata è fondamentale per il miglioramento dei processi di decision-making, della profittabilità, del fulfillment del cliente e dell’efficienza nei processi produttivi. I prossimi anni porteranno inevitabilmente nuove sfide nel tentativo di soddisfare i clienti, ma senza gli strumenti giusti per gestire tali relazioni, queste sfide potrebbero risultare ancor più difficili da superare», ha affermato Andrew Kinder, Direttore Solutions Marketing di Infor.
Speciale “PMI”
Renner Italia innova con la fatturazione elettronica
L’azienda bolognese ha affidato in outsourcing a unicredit la gestione automatizzata e la conservazione sostituitiva delle fatture emesse, integrando il proprio ERP con il portale Invoicecomm e ottenendo significativi benefici
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Innovation distinguishes between a leader and a follower Steve Jobs
Renner Italia è un’azienda della provincia di Bologna, parte della multinazionale Renner Global Alliance, specializzata nella produzione di vernici ad acqua e a solvente per il legno. L’azienda ha un potenziale produttivo di oltre 20.000 tonnellate di prodotto finito l’anno, è dislocata su due stabilimenti e conta un organico di 173 persone. Fondata nel 2004 e con ricavi registrati nell’ultimo anno per 42,2 milioni di euro, Renner Italia ha un portafoglio di 900 clienti, di cui il 60% sul territorio nazionale e il 40% all’estero, localizzati nell’Unione Europea, in Russia e Medio Oriente. La rapida internazionalizzazione delle attività commerciali e il conseguente aumento dei volumi di produzione e del numero di clienti da servire hanno indotto Renner Italia a ricorrere all’utilizzo di un sistema per la gestione automatizzata e l’archiviazione sostitutiva delle fatture. Grazie alla collaborazione con Unicredit, Renner ha potuto integrare il proprio ERP aziendale con InvoiceComm®, il portale predisposto per la fatturazione elettronica messo a disposizione dall’istituto bancario che segue l’intero processo di informatizzazione, dalla compilazione alla emissione delle fatture. La procedura di automatizzazione si applica sia ai documenti indirizzati ai fornitori (ciclo passivo) che a quelli da recapitare ai clienti (ciclo attivo) e, lungo la supply chain, prevede che, tramite l’ERP, ciascun reparto produttivo inserisca nella fattura i dati di propria competenza. Inoltre, grazie l’integrazione con l’ERP aziendale, è possibile verificare con rapidità la correttezza delle informazioni riportate, che, nel settore delle vernici, rivestono un’importanza par-
ticolare per via delle normative di settore a favore della trasparenza, e, se necessario, permettono di apportare modifiche in tempo reale. Quando la fattura è pronta gli addetti dell’Area Amministrativa si collegano al portale che, ricevuti i documenti, si occupa di organizzarli a seconda di categorie preordinate relative ai prodotti ed ai clienti cui ciascuna fattura fa riferimento e provvede a smistarli verso i rispettivi destinatari. La scelta di farsi supportare dal proprio partner bancario, UniCredit Corporate Banking, ha permesso all’azienda di concentrarsi sul proprio core business, delegando all’esterno, con una soluzione in completo outsourcing, la gestione in multicanalità della propria fatturazione e la tutela legale e fiscale dei processi di Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione. Con garanzia di un servizio altamente performante, con uno staff tecnico di altissimo livello. La soluzione ha permesso di razionalizzare la gestione del flusso documentale, velocizzando l’attività di compilazione ed emissione delle fatture e semplificando il rapporto con i clienti, che, per quanto riguarda la contabilità, sono ora gestiti da un ente esterno. La dematerializzazione delle fatture, inoltre, ha comportato una riduzione della dimensione degli archivi fisici, delle spese destinate ai servizi di posta e di cancelleria e, grazie alla diminuzione del personale addetto alla compilazione delle fatture, ha permesso al Management di riallocare risorse umane dall’attività di preparazione delle fatture ad attività a maggior valore aggiunto.
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r u b r ic a | r ice rche e st u d i Le tecnologie ICT a supporto delle strutture ospedaliere in Italia. Una ricerca del Politecnico di Milano Le tecnologie ICT si sono ormai affermate come una risorsa vitale per fare innovazione nel settore sanitario e si confermano come leve strategiche per supportare i processi di governo e di cambiamento delle strutture. La ricerca 2010 dell’Osservatorio ICT in Sanità degli Osservatori del Politecnico di Milano ha investigato la situazione attuale degli istituti sanitari italiani, identificando distinti ambiti di applicazione. La Cartella Clinica Elettronica, strumento con il quale è possibile integrare tutte le informazioni cliniche relative ad un paziente ed al suo percorso di cura, è ad oggi una realtà abbastanza diffusa nelle strutture italiane. Strettamente collegato a questa tecnologia è il Fascicolo Sanitario Elettronico, pensato per permettere la condivisione
delle informazioni ospedaliere a livello sovraziendale. Si tratta di una tecnologia non ancora sufficientemente matura, ma che sta tuttavia catalizzando l’attenzione e gli investimenti delle Regioni. In generale gli investimenti in questo ambito sono quelli che attirano la maggior parte delle risorse (con una media di 270.000 euro per struttura e forti previsioni di crescita) ed è considerato da circa il 50% del management ospedialiero una prorità per il miglioramento della qualità dei processi clinicosanitari. Le strutture sanitarie mostrano elevato interesse anche sul fronte della dematerializzazione dei documenti, digitalizzando i processi “core”, come la gestione informatizzata del farmaco, e parallelamente consolidando i sistemi com-
plementari, come la conservazione sostituitiva (con il 13% del campione che prevede di realizzare investimenti in questa direzione superiori ai 500.000 euro) e la firma digitale (utilizzata o in corso di implementazione nel 93% dei casi analizzati). L’investimento in soluzioni di interoperabilità (considerato una priorità dal 39% del campione) sta inoltre consentendo di colmare il gap dovuto allo sviluppo “ad isola” dei Sistemi Informativi delle strutture sanitarie italiane, creando le premesse per una più ampia accessibilità delle informazioni. Le iniziative per la continuità assistenziale, pur suscitando interesse viste in prospettiva di strumento di integrazione tra ospedale e territorio, richiamano ad oggi investimenti ancora marginali e si limitano, nel 55% dei progetti presi in
esame, al semplice supporto di monitoraggio di parametri vitali a distanza. Nell’ambito dell’erogazione del servizio le aree su cui gli strumenti ICT hanno maggiore impatto sono la prenotazione e il pagamento, mentre appaiono meno prioritarie le applicazioni a supporto delle fasi di accoglienza, orientamento dei pazienti e gestione del post-servizio. Gli investimenti in questa direzione non sono ad oggi sostanziali, ma gli intervistati prevedono un loro aumento del 51% nel corso dei prossimi tre anni. La fotografia scattata dalla ricerca mostra un panorama italiano alquanto disomogeneo, in cui alcuni casi di eccellenza, prevalentemente nelle regioni del nord, sono affiancati a strutture inadeguate, arretrate e in cui si assiste ad evidenti sprechi di risorse.
Fonte: Osservatorio ICT in Sanità, School of Management, Politecnico di Milano
Gli investimenti ICT nei principali ambiti negli ultimi tre anni (campione: 102 cio) Cartella Clinica Elettronica Fascicolo Sanitario Elettronico Sicurezza dei dati e delle informazioni Interoperabilità dei Sistemi operativi
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Business Intelligence Sistemi a supporto dell’erogazione del servizio Gestione informatizzata dei farmaci Sistemi di Conservazione sostitutiva Servizi Digitali al Cittadino Sistemi a supporto della continuità assistenziale Clinical Governance e gestione del rischio clinico Sistemi di Firma digitale
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RUBRICA | rice rche e studi
Gartner: vendite di PC e server in crescita nel 2010 Il mercato delle IT sembra sul punto di una ripresa, con previsioni positive di crescita per quanto riguarda le vendite di PC e server. Una ricerca Gartner di fine agosto ha infatti calcolato che nel corso del 2010 si venderanno 367,8 milioni di PC, prevedendo un aumento del 19% rispetto allo scorso anno che si è chiuso con 308,3 mln di unità vendute. Un andamento positivo previsto anche per il mercato dei server, le quali vendite crescono ad un ritmo del 27% annuale e i cui ricavi sono aumentati del 14%. Per quanto riguarda i PC, sul lato aziende si nota una diffusa tendenza a ritardare l’investimento di risorse per l’acquisto di nuovi terminali come conseguenza dell’attuale situazione congiunturale e della necessità di tagliare i costi. Sul lato consumer la situazione è invece diversa, dato che la larga maggio-
ranza degli utenti percepisce oggi il personal computer come un bene indispensabile. Pertanto, la spesa non diminuirà, ma avverrà piuttosto a scapito delle risorse destinate ad altri beni tecnologici avvertiti come meno necessari. L’introduzione dei mininotebook aveva in un primo momento eroso il mercato PC, ma l’effetto sta ora svanendo. La quota di questi dispositivi è infatti continuamente scesa a partire dallo scorso anno, quando rappresentava il 20%, raggiungendo il 18% nel secondo quadrimestre del 2010. Gli analisti prevedono che questo trend continuerà, raggiungendo il 10% per il 2010, dato che gli utenti iniziano a non percepire più questi dispositivi come sostituti di un PC portatile, e preferiscono piuttosto, dato il livello attuale dei prezzi, orientarsi verso un notebook di fascia bassa.
L’ICT come asset strategico aziendale: una ricerca dell’università Bocconi Una ricerca SDA Bocconi condotta in collaborazione con Capgemini italia ha investigato il rapporto tra ICT e funzioni aziendali, analizzando l’impatto sui processi operativi e sui rapporti interfunzionali. Il 71% delle imprese del campione dichiara di avere già investito in progetti relativi all’ICT e le principali aree di implementazione risultano essere Marketing e Vendite (28%), Logistica (11%), Operations (8%), Amministrazione Finanza e Controllo (7%) e Acquisti (4%). Le imprese che mediamente più credono ed investono nel ruolo dell’ICT sono di grandi dimensioni, operano nel settore terziario e sono supportate da un’adeguata cultura aziendale pro-tecnologica. È opinione diffusa che la
funzione che maggiormente possa beneficiare dall’implementazione di queste applicazioni sia la Produzione, a seguire le attività di innovazione e sviluppo prodotti e per ultime il Marketing e le Vendite. Dal rapporto emerge che sono poche le imprese che effettuano indagini ex-ante comparando costi e valore aggiunto atteso prima dell’introduzione di una tecnologia innovativa (solo il 34%) ed in un numero ancora più basso le imprese che prevedono una valutazione a consuntivo (il 24%). Il 64% delle imprese ritiene invece importante definire degli indicatori a misurazione dei benefici operativi apportati, come per esempio la velocità e puntualità di una consegna o il time-to-market.
Un altro risultato interessante della ricerca ha dimostrato come, all’interno delle aziende che sostengono investimenti importanti in ICT, venga a crearsi un legame diretto tra l’alta direzione e la funzione Servizi Informativi, testimiando la creazione di una sinergia strategica essenziale affinchè le innovazioni introdotte rispettino e supportino i piani di sviluppo aziendale. I Sistemi Informativi di queste imprese rapportano infatti direttamente al CEO nel 41% dei casi e nel 10% alla Direzione Generale; di contro, nelle imprese che non hanno sostenuto questo genere di investimenti, la percentuale si abbatte di circa un terzo: l’IT fa rifermento al CEO nel 25% dei casi e alla Direzione Generale nell’8%.
Rapporto della Commissione Europea: le attività internazionali rinforzano la crescita e rendono più competitive le PMI Un rapporto della Commissione Europea ha dimostrato che esiste un legame diretto tra il livello di internazionalizzazione delle PMI europee e le loro performance. Le attività internazionali rinforzano la crescita, rendono più competitive le PMI e supportano l’azienda nel lungo periodo. L’indagine si è svolta su un campione di 9480 PMI in 33 paesi europei e si è posta l’obiettivo di prendere in esame tutte quelle attività che permettono alle aziende
di instaurare rapporti significativi con partner stranieri: attività di import-export, investimenti esteri, subcontracting e cooperazione tecnologica internazionale. Le PMI europee si sono dimostrare molto più attive sul fronte internazionale delle proprie controparti statunitensi e giapponesi: il 25% del campione è infatti impegnato in attività di esportazione o lo è stato nei passati tre anni, anche se la percentuale scende al 13% se si considera
il solo traffico extra-UE. I settori più interessati dal processo di internazionalizzazione sono il manifatturiero e la vendita all’ingrosso, seguiti da trasporto e comunicazione. Dai dati emerge che l’internazionalizzazione influisce sul tasso di crescita occupazionale, che si attesta su una media del 7% per le imprese attive internazionalmente contro l’1% delle aziende che operano nei soli mercati locali. L’internazionalizzazione va inoltre di pari
passo con l’innovazione: è infatti emerso che il 26% delle PMI internazionali ha presentato sul mercato prodotti e servizi nuovi ed innovativi per il proprio settore, una percentuale che si abbatte all’1% per le aziende locali. La grande maggioranza delle PMI europee tuttavia non conosce le opportunità offerte dai programmi comunitari di supporto all’internazionalizzazione, a cui aderiscono un numero esiguo di imprese (il 23%). www.ict4executive.it
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r u b r ic a | n om in e Federico Ghizzoni Amministratore Delegato di UniCredit Dal 30 settembre Federico Ghizzoni è Amministratore Delegato di UniCredit, oltre che membro del Comitato Permanente Strategico e membro del Comitato Corporate Governance, HR and Nomination. Piacentino, classe 1955, Ghizzoni si è laureato in legge all’università di Parma, e ha iniziato la sua carriera in una filiale di Piacenza del Credito Italiano, per poi ricoprire l’incarico di Direttore di filiale e quindi di Vice Direttore Generale dell’ufficio di Londra del Credito Italiano. Dopo essere stato nominato nel 1995 Direttore Generale dell’ufficio di Singapore del Credito Italiano, tra il 2000 e il 2002 è stato Direttore Esecutivo responsabile del Corporate and International Banking di Bank Pekao S.A, controllata da UniCredit. Nel 2003 ha iniziato a
lavorare in Koç Financial Services, una joint venture paritetica tra Koç Holding e il Gruppo UniCredit. Come membro dell’Executive Board di Koç Financial Services e di tutte le sue affiliate, Ghizzoni è entrato a far parte del Top Management come responsabile di auditing, risk management, planning and control. In seguito all’acquisizione da parte di Koç Financial Services di Yapi ve Kredi Bankasi e le sue affiliate è diventato COO e Executive Board Member di Koç Financial Services, nonché COO e Vice Chairman di Yapi ve Kredi Bankasi. Nel luglio del 2007 è nominato Responsabile della Divisione Poland’s Markets di UniCredit, Responsabile CEE Banking Operations e membro del Board responsabile della CEE Banking Division di Bank Austria AG. Dall’aprile 2009 è Membro
dell’Executive Management Committee di UniCredit. Nell’agosto 2010 ha assunto la posizione di Deputy CEO e Deputy General Manager di UniCredit.
Carlo Rosa Amministratore Delegato di CEVA Logistics Italia Dallo scorso luglio Carlo Rosa è Amministratore Delegato di CEVA Logistics Italia. Nell’ambito del nuovo incarico, Carlo Rosa, che riporta al Presidente CEVA per il Sud Europa, Medio Oriente e Africa, Gianfranco Sgro, avrà un ruolo essenziale nell’implementazione estesa del programma di Eccellenza Operativa della società. Rosa ha iniziato la sua carriera nel mondo della logistica in Sifte Berti per poi passare in TNT Logistics nel 1998, in qualità di responsabile del progetto di outsourcing del sito produttivo di FIAT a Belo Horizonte, in Brasile. Nel 2000
Rosa si occupa dell’espansione del Gruppo TNT a partire dalla filiale di San Paolo in Brasile e negli anni successivi si dedica allo sviluppo commerciale e delle operations, collaborando con importanti multinazionali dei settori Automotive e Industrial. Nel 2005 torna in Italia a capo della Divisione Elettronica, ampliando successivamente le proprie responsabilità ad altri settori merceologici e, nel 2008, anche al network di trasporti nazionale. 42 anni, sposato con tre figli, Rosa è laureato in Ingegneria Aeronautica presso il Politecnico di Milano.
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rubrica | nomin e Stefano Pileri Amministratore Delegato di Italtel
Stefano Pileri da settembre 2010 è Amministratore Delegato Italtel. Ha trascorso tutta la sua carriera in Telecom Italia ove, sino al novembre 2009, è il Chief Technology Officer e Direttore di Technology & Operations, a cui rispondono le divisioni Open Access, Network, Information Technology e Real Estate, con l’obiettivo di incrementare la trasparenza e la qualità della rete, sviluppare l’innovazione nei servizi offerti alle aziende, alla pubblica amministrazione
ed alle famiglie ed infine continuare nella strada dell’efficienza e della riduzione dei costi. Nel 1982 inizia la sua carriera in SIP con responsabilità crescenti nell’Information Technology con particolare riguardo all’informatica di supporto ai processi operativi e di controllo della rete. Nel 1993 diventa Responsabile della Rete nella Regione Emilia Romagna. Nel 1996 assume la responsabilità della Pianificazione e dell’ingegneria della Rete a livello nazionale.
Nel 1998 è nominato responsabile della Direzione Rete di Telecom Italia. Nel 2005 assume la responsabilità di Chief Technology Officer del Gruppo Telecom Italia integrando le responsabilità di Rete Fissa e Rete Mobile e di Information Technology. In tale ruolo sviluppa il progetto dell’integrazione delle componenti fissa e mobile della rete e pone le basi al progetto di sviluppo della Rete di Nuova Generazione (NGN) attualmente in fase di deployment operativo. Nel 2009 è nominato Presidente Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici. Dal 2007 ricopre la carica di Vice Presidente dell’Unione degli Industriali e delle imprese di Roma con delega per il Progetto Roma città digitale. Durante la carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali. Tra questi il Tele Management Forum, l’International Engineering Consortium Award e l’EUCIP Champion. È nato a Roma nel 1955 ed è laureato in Ingegneria Elettronica con un Master di specializzazione in Elettromagnetismo Applicato.
Paolo Aielli, Amministratore Delegato Elsag Datamat Paolo Aielli ha assunto dal luglio 2010 l’incarico di Amministratore Delegato di Elsag Datamat spa. Dal 1982 al 1997 ha lavorato nel Gruppo IRI, sia nella Holding che in società partecipate, per poi passare in Alcatel Italia, dove è rimasto fino al 2006 ricoprendo diversi ruoli, assumendo la responsabilità di membro del Comitato Esecutivo e Direttore Generale fino a diventare Amministratore Delegato della Divisione Reti
e Sistemi Integrati, operante principalmente nei settori dei Trasporti e della Sicurezza. Nel 2007 è stato nominato Amministratore Delegato di Thales Italia, per poi assumere la carica di Vice President e Managing Director per il Gruppo Thales della Business Line Critical Infrastructures Protection. Aielli è nato a Roma nel 1959, ha conseguito la Laurea in Scienze Statistiche ed Economiche.
Giuseppe Giordo Amministratore Delegato di Alenia Aeronautica Giuseppe Giordo è stato nominato lo scorso giugno Amministratore Delegato di Alenia Aeronautica e responsabile del settore aeronautico di Finmeccanica. Nel 2004 era stato nominato Presidente e Amministratore Delegato di Alenia North America, posizione alla quale, nel febbraio 2009, si è aggiunta quella di Vice Direttore Generale di Alenia Aeronautica, con piena responsabilità della Divisione Velivoli da Trasporto Militare. In qualità di Presidente e Amministratore Delegato
di Alenia North America, Giordo ha diretto le attività di business e le strategie, gli investimenti e le collaborazioni industriali sia sul mercato statunitense che su quello canadese. Giordo ha svolto un ruolo cruciale nell’espansione della presenza dell’azienda in Nord America, che nel 2008, è stata selezionata per la prima volta quale prime contractor dal Dipartimento della Difesa USA per la fornitura di diciotto velivoli da trasporto C-27/G.222 ricondizionati (inclusi i relativi
sistemi) per l’Afghanistan National Army Air Corps. Il manager siede nei consigli di amministrazione di Alenia North America e Alenia North America – Canada; presiede il consiglio di amministrazione di GMAS ed ha fatto parte del consiglio di amministrazione di DRS Technologies. Giordo è nato a Treviso nel 1965, ha conseguito le lauree in Economia e Giurisprudenza ed ha prestato servizio nell’Aeronautica Militare italiana per tre anni. È sposato ed ha due figli.
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r u b r ic a | who’ s who cio Roberto Fonso CIO, Banca Popolare di Milano alessandro musumeci CIO, Ferrovie dello Stato
Romano, classe 1956, Alessandro Musumeci da novembre 2008 è il Direttore Centrale Sistemi Informativi delle Ferrovie dello Stato. È laureato in Ingegneria Meccanica con indirizzo trasporti e ha maturato molteplici esperienze sia in società di rilevanza nazionale (SOGEI, Informatica & Telecomunicazioni, Gruppo COS) che in ambito internazionale (Cap Gemini, Andersen Consulting) operando sia in ambiente bancario (nella Direzione Sistemi del Banco di S.Spirito) che nella Pubblica Amministrazione (in Cap Gemini e in Andersen Consulting). Dal 2002 al 2006 è stato il Direttore Generale dei Sistemi Informativi del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e dal 2006 al 2008 ha ricoperto l’incarico di Direttore Specialistico dei Sistemi Informativi del Comune di Milano. Dal giugno 2006 ad aprile 2010 è stato Presidente della Federazione Italiana Dirigenti d’Azienda Informatici (FIDA Inform). È Docente di Sistemi Informativi presso il Diploma di Laurea in Ingegneria Informatica presso l’Universi-
tà di Roma “La Sapienza” e ha svolto corsi presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e l’Università di Cagliari nell’ambito dei corsi di Ingegneria del Software. È stato membro nel 1999 della commissione AIPA-ASSINFORM-ANASIN per la definizione delle “Linee Guida per la sicurezza nei sistemi informativi della Pubblica Amministrazione”, componente della commissione per il software “Opensource” nella Pubblica Amministrazione, membro del Consiglio Superiore delle Comunicazioni, insediato il 28 marzo 2003, componente del Consiglio Direttivo del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (CINI), consigliere d’amministrazione del Consorzio Nettuno e del Consortium GARR, membro della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO e rappresentante italiano del Forum dell’Information Society (IST Directors Forum) presso l’Unione Europea. Ha partecipato inoltre alla redazione del Codice della Pubblica Amministrazione Digitale e alla preparazione della Legge Moratti/Stanca sulle Università a distanza.
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Roberto Fonso è il nuovo Direttore Information Technology ed Operation di Banca Popolare di Milano (BPM). Nel ‘77 si laurea in Scienze Economiche e Bancarie all’Università Cattolica di Milano e nel ‘95 consegue un Master in Organizzazione e Personale in SDA Bocconi. La sua carriera in Banca Popolare di Milano ha inizio come addetto ai Servizi operativi e consulente finanziario in Filiale. Diventa in seguito Capo Settore Business Area reti di Vendita all’interno dell’ICT dove si occupa dello sviluppo informatico e organizzativo dei vari canali della banca. Nel 2000 assume il ruolo di Direttore Servizi Information Technology e Business Aziende della neonata Weservice S.p.A., società di servizi del Gruppo Bipiemme allora leader nel settore dei servizi di internet banking, oggi banca online del Gruppo. Contempora-
neamente ricopre, presso la capogruppo, l’incarico di Responsabile Customer Relation nella Direzione ICT. Nel 2008, in Banca Popolare di Milano, diviene Direttore Servizio Sviluppo Informatico, responsabile sviluppo progetti e gestione evoluzioni e manutenzione di tutte le aree applicative della banca.
Motivazione, gioco di squadra e costante formazione personale e dei propri collaboratori rappresentano per Roberto Fonso i fondamenti per il successo. L’innato entusiasmo, la determinazione e lo sguardo rivolto al futuro sono gli elementi che lo caratterizzano come individuo e come professionista.
Giuliano Pozza CIO, Istituto Clinico Humanitas
Giuliano Pozza è responsabile dei Sistemi Informativi dell’Istituto Clinico Humanitas (ICH): si occupa della gestione dei team dei sistemi informativi di Humanitas Rozzano con la responsabilità sul servizio, sui costi e sui progetti. Inoltre, il ruolo prevede il coordinamento, insie-
me al responsabile dei Sistemi Informativi di Gruppo, dei servizi forniti dal team dei sistemi informativi di ICH alle altre sedi del gruppo. La governance del servizio, dei progetti, dei costi e del piano strategico di evoluzione dei sistemi Informativi avviene attraverso incontri
strutturati e relazioni continue con gli amministratori delegati di ICH, del gruppo, delle altre sedi del gruppo per i servizi condivisi, oltre che con il Direttore Operativo e gli altri responsabili di funzione. Giuliano Pozza si è laureato in Ingegneria Elettronica (indirizzo di Bioingegneria) presso il Politecnico di Milano nel 1994. Dal 1998 al 2007 è in Accenture nel ruolo di Project Manager con competenze tecniche e di mercato specificamente nella aree Sanità e Industria Farmaceutica: è a capo della gestione delle alleanze con i principali fornitori tecnologici nel mercato Prodotti e del coordinamento di progetti in ambito non profit per la Fondazione Italiana Accenture. Ad agosto 2007 approda all’Istituto Clinico Humanitas con il ruolo di responsabile dell’area applicativa.
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