R i v i s t a d e l l ’a s s o c i a z i o n e c u l t u r a l e B a n g O n !
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Numero
1
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Ottobre
2013
art
christian gironda antoine vannucci samuel giraffi dario torre
music
violacida filarmonica municipale la crisi
web
book
food
events
films
travel
in copertina:
ryan mcginley-jumpingtree
idea generation web magazine bimestrale anno 1 - numero 1 ottobre 2013
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redazione: eva perna, giacomo gregori, emanuele baronti, martina donati collaboratori: gemma tartagli, alice perna, lisa nieri, gabriele bertacchi grafica: Emanuele Baronti e martina donati
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r u b ric he
interview
in agenda.. 42 henry cartier bresson free expression back to back
INTERVISTA CON..
lavori in tempi di crisi 44 fatevi cucinare da francesca mangia e bevi 45 osteria dello scompiglio
christian gironda SAMUEL GIRAFFI DARIO TORRE ANTOINE VANNUCCI
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new sound interview 46 violacida filarmonica municipale la crisi bang on like 50 bla bla car music raiser l’arte di viaggiare 51 orecchiella per buon gustai fatti un libro 52 c a i t l i n m o r a n -ci vogliono
index
le palle per essere una donna-
film e pop corn 53 slevin - patto criminale moon indigo - la schiuma dei giorni
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what is bang on! Bang On! è un Associazione che promuove giovani artisti e dà spazio al diffondersi della cultura artistica in ognuna delle sue forme espressive. L’organizzazione nasce nel Giugno 2012 dall’idea di tre ragazzi: Emanuele Baronti, Martina Donati ed Eva Perna. La strada percorsa insieme è gia parecchia: contest artistici, concerti, mostre ed importanti collaborazioni con altre realtà culturali. Idea Generation è il nostro ultimo progetto: una web magazine indipendente a cadenza bimestrale dedicata ad arte, musica e cultura contemporanea. Il nostro scopo è di far conoscere artisti emergenti, valorizzare le loro opere e la loro creatività. Vogliamo anche coinvolgere i giovani nell’amore per l’arte,utilizzando i loro stessi linguaggi. Il nostro intento è di far comprendere quello di cui siamo convinti, cioè che la creatività, in tutte le sue forme, non è un’occasione per accademici, ma una possibilità di coinvolgimento, di condivisione e di crescita. Non vogliamo promuovere un’arte “da galleria” ma un’arte Attiva, stimolante e coinvolgente. Fare e diffondere cultura significa per noi creare i mezzi per formare una società consapevole ed unita, capace di pensare, di criticare, di partecipare attivamente alla costruzione del proprio presente e futuro. Libera di esprimersi, produrre ed auto realizzarsi. Crediamo nella cultura come cibo della mente, nutrimento della conoscenza e delle energie creative che producono innovazione, la base dello sviluppo e del progresso della società. Buona lettura! “La realizzazione di questa Web-Magazine nasce perchè questo progetto ha vinto la nona edizione del bando “Uno spazio per le idee” Si ringraziano quindi per l’indispensabile contributo:
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Int ervista con ..
christian gironda
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Il mio lavoro parte da una reminescenza pittorica espressionista conservandone una sintesi, quindi raccoglie il colore del xx sec. che trattato in vari tempi e stesure crea gli Strappi di colore. Questi vanno a creare una suggestione cromatica variegata come fosse stata logorata dal tempo, raggiungendo un aspetto suggerito di Memorie dilatate. Per rendere l’operato unico ho aggiunto al tessuto cromatico una porzione fotografica che va a completare la Memoria creando una situazione riconducibile ad una forma del passato e del presente. E a volte la natura stessa dello scatto viene decontestualizzata, scivolando in uno scenario improprio, metafisico.
Cosa ti ispira?
Mi ispirano molteplici cose, la piu’ forte e’ la natura. Trovo interessante distorcere la sua tavolozza trasformandola in una personale visione di Memoria. Altra fonte di ispirazione la trovo nelle diverse architetture che il tempo ci ha lasciato (Palladio) lavorando su una porzione dell’ intero scatto mettendo a nudo un particolare all’osservatore.
Cosa significa per te creare opere?
Bella domanda, creare opere e’ stupire in primis me stesso muovendomi in varie direzioni.
C’è una frase che rappresenta bene le tue opere? “L’inconscio è un’elemento molto importante dell’arte moderna e penso che le pulsioni dell’inconscio abbiano grande significato per chi guarda un quadro.” Jackson Pollock
Qual’è il perfetto soundtrack da ascoltare mentre si guardano le tue opere? Sicuramente la musica classica. Debussy con le sue note amplifica la senzazione cromatica che una macchia di colore lascia all’ osservatore, essendo la
sua musica costruita con piccole immagini balenanti in continuo rinnovamento ma indipendenti tra loro grazie all’appoggio a un linguaggio armonico.
Qual’è il tuo approccio d’artista alla crisi? Una crisi che non è solo economica ma che è diventata sociale ed anche artistica. Come influenza la tua arte? Il mio approccio alla crisi si è delineato prima della crisi. Il sentirsi inoppurtuni in questa societa’ mal consumistica gia’ porta ad una crisi. Il mio percorso pittorico degli strappi vede da tempo una Collasso sistemico arrivando appunto alla lacerazione del supporto, che non e’ il taglio di Fontana, è appunto uno Strappo: vorrei rimuovre una Crisi esistenziale, politica, inculturale togliendo colore e lasciando spazi vuoti, in essi suggerisco di fermarsi esortando lo spettatore a porsi delle domande davanti alla disarmonia cromatica affiancata da foto di memorie utopiche (per ora) persuasive per piu’ attenti. Come dicevi rammentavi una Crisi artistica, piu’ che artistica la vedo culturale, non c’è da tempo in questo paese un’educazione al colore nelle sue varie forme, non e’ neccessario conoscerlo “direbbero”. Questa societa’ guidata dai media e dalla moda si e’ allontanata dai canoni dell’ estetica pura. Anche se appare sempre piu’ difficile codificare cio’ che e’ bello in senso artistico, si assiste alla totale indifferenza delle masse non educate, appunto. Il mercato, in passato, era alla merce’ dei potenti, i committenti principali delle opere. Oggi e’ solo un evento. Si puo’ ancora sperare,la mia arte lo esplica. W W W . C H R I S T I A N G I R O N D A . C O M
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: C H R I S T I A N G I R O N D A / K R I S T A R T
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SAMUEL GIRAFFI
Cerco sempre di catturare l’anima del soggetto,andare sotto la maschera che ognuno di noi porta. La tecnica della doppia esposizione ha quel che di mistico e affascinante ed è l’ideale per questo scopo. Prima di scattare una fotografia a qualcuno sono solito passare del tempo con lui, conoscerlo, affinchè nello scatto sia rappresentata non solo la sua immagine esteriore ma anche un pò di quella interiore. Le mie foto mostrano quel qualcosa che all’apparenza non si vede perche’ difficile da vedere o perche’ il soggetto decide di non far vedere.
Da dove nasce per te “il fare arte”?
Ogni artista mette nelle sue opere un pò di se. Il desiderio di fare arte per me nasce dal bisogno di condividere con le persone un pò della mia esistenza.
Le tue opere parlano molto di Tempo, qual’è il tuo rapporto con esso, che valore ha per te? Il tempo è relativo al tipo di momento della vita che una persona vive. Questi sono tempi molto duri per noi givani e ogni attimo lo vediamo
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scivolare velocemente dalle nostre mani. E’ molto importante secondo me, fermarsi periodicamente e voltarsi indietro per capire se il tempo trascorso è stato impiegato veramente come volevamo o pure dobbiamo cambiare qualcosa.
Hai ancora fiducia nel futuro? Credi in un futuro migliore per la nostra società, i giovani e per l’arte? Credo che il futuro sarà molto difficile da affrontare, specie per chi come me si dedica all’arte, ma non mi perdo d’animo. Mi pongo sempre nuovi obbiettivi e cerco di raggiungerli con ogni mezzo.Una frase che dico spesso è questa: “crisi non significa che i nostri obbiettivi non si possono raggiungere, ma semplicemente che dobbiamo impegnarci di più per conquistarli”.
C’è una frase, una poesia, una citazione, che ti rappresenta o rappresenta bene le tue opere? “La macchina fotografica può rivelare i segreti che l’occhio nudo o la mente non colgono” Isabel Allende Qual’è il perfetto soundtrack per le tue opere? Forse Pink Floyd - Keep Talking
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dario torre Le foto di Dario Torre sono rottura e ricomposizione. E’ forse l’evoluzione vagamente più matura dello smontare le penne a scuola, separarle, ordinarne i pezzi e rimontarle. La molla delle penne a scatto, spesso, non tornava nella posizione corretta e la curiosità infantile fagocitava senza ritegno mine su mine, china su china, punta su punta. In fondo, così come nessun bambino smetteva di usare le penne, in Dario Torre le foto non perdono il loro valore, ma acquisiscono personalità così come sa fare solo un viso imperfetto.
Cosa ti ispira?
Tutto. Una musica, un paesaggio, un profumo o un libro. Come chiunque altro, vivo immerso in una realtà che è quella della mia città, dei miei amici, filtro tutto ciò che vedo e sento trasformandolo in qualcosa di un po’ più mio.
Cosa ti piace fotografare?
Principalmente ritratti, ma mi piacciono tanto anche i brulli paesaggi urbani, decadenti e vuoti.
Cosa significa per te creare opere?
E’ un piccolo piacere quotidiano che non mi negherei mai. Non c’è aspirazione di messaggi o morali, semplicemente scatto foto a cio’ che mi piace per il piacere che ne traggo, per la sensazione che ho quando vedo il risultato finale, anche se spesso dopo poco tempo non mi piace più. Tutti siamo afflitti dal bellissimo dramma della crescita estetica e “artistica”.
Qual’è il perfetto soundtrack per le tue opere? This Will Destroy You - A three-legged workhorse.
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antoine vannucci ‘Sentimento di qualcosa che manca’, è così che ho voluto chiamare la mia serie di disegni, cercando di rappresentare ed estirpare con questi una mancanza emotiva, sentimentale, un vuoto. Con questi ritratti racconto un pò il mio mondo. Un mondo che alcuni vedono in rosa, altri in bianco e nero. Io lo vedo così, a fumetti e con un bel soundtrack di sottofondo, come in un videoclip.
Da dove nasce per te “il fare arte” e quanto è per te necessario? Nasce da una mancanza. Da un indispensabile bisogno di colmare un vuoto che solo l’arte riesce a riempire.
Cos’è che ti ispira?
Spesso è una canzone ad ispirarmi e l’emozione che mi suscita. La musica è per me un’esigenza, è parte integrante della mia quotidianeità.
Che importanza hanno avuto le storie, e i fumetti che leggevi nella tua infanzia? Molta, fin da piccolo ero appassionato di fumetti, soprattutto francesi. Il mio preferito era, ed è tutt’ora, Titeuf. Crescendo ho sempre sentito un gran bisogno di esprimermi. Ho provato allora a suonare, fare sport, ma è stato il disegno a lasciare più spazio alla mia creatività e voglia di espirimermi. E nei disegni che creo oggi l’influenza di quei fumetti che leggevo da bambino è forte, evidente.
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ANTOINE.VANNUCCI@GMAIL.COM f:ANTU
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Parlaci del lavoro che ti ha dato maggior soddisfazione e ritieni il tuo biglietto da visita. Sicuramente ‘Il Cuoco’. In quel quadro si legge, in uno sguardo, proprio quel sentimento di cui parlavo. Un sentimento di qualcosa che manca. E’ desiderio e malinconia.
I tuoi quadri rappresentano sempre singoli personaggi. Ma quali sono tuoi progetti futuri o il tuo sogno nel cassetto? Darai ‘vita’ ai tuoi personaggi creando storie, fumetti? Credo che un giorno mi piacerebbe realizzare un fumetto. Ma non adesso..
Da artista francese ma cresciuto in Italia, dove credi di aver maggiori opportunità professionali? Pensi di rimanere, o andare?
Andare. Per quanto possa essere considerata la patria dell’arte, lo spazio per noi giovani artisti manca. Credo allora che la miglior cosa da fare sia uscire dall’Italia. Penso che tornerò in Francia, il mio paese natale, oppure addirittura in Brasile.
C’è una frase, una poesia, una citazione, che ti rappresenta o rappresenta bene le tue opere?
Il titolo di una canzone di una band indie rock americana di Brooklyn, i The National. La canzone è Fake Empire, finto impero.
Qual’è il perfetto soundtrack per le tue opere? ‘Gong’ dei Sigur Ròs.
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I n A GENDA . .
HENRY CARTIER BRESSON
L.U.C.C.A. WWW.LUCCAMUSEUM.COM
Organization: Museo Lu.C.C.A. Via della Fratta, 36, 55100 Lucca 22 giugno - 4 novembre 2013 dalle 10 alle 19. Chiuso il Lunedi’
“La mia passione non è mai stata per la fotografia in sé, ma per la possibilità, dimentichi di sé, di registrare in una frazione di secondo l’emozione procurata dal soggetto e la bellezza formale, cioè una geometria svelata da quello che ci si offre. E’ un’illusione che le foto si facciano con la macchina. Si fanno con gli occhi, con il cuore. Con la testa.” Henri Cartier-Bresson è al momento giusto, nel posto giusto e con il suo forte istinto sa raccontarlo in un click. Con i suoi scatti è testimone di un’epoca e di un modo di vivere. Sono 133 quelli esposti al Lu.C.C.A Museum. Paesaggi, volti noti o sconosciuti, attimi quotidiani, momenti che hanno fatto la storia del Novecento. ‘Cartier-Bresson riesce a percepire l’energia di un luogo, l’atipicità di un momento, l’eloquenza di una postura, ma soprattutto ha nel suo Dna la capacità di presagire, un po’ come gli animali con il proprio istinto percettivo, quando è il momento di aspettare la grande scossa visiva’ - così lo raconta il curatore della mostra, Maurizio Vanni. Le tante foto, in piccolo formato, non sono disposte in ordine cronologico né tematico. L’allestimento è un pò monotono e di poco impatto, e forse qualche pannello in più farebbe apprezzare maggiormente la mostra a chi non segue la visita guidata.
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Ultima pecca? Prezzo del biglietto un pò elevato. Intero 9 €, ridotto 7. Un museo giovane e ‘living’ come il Lu.C.C.A. dovrebbe forse lasciare le porte più aperte al pubblico, soprattutto ai giovani. Ma nel complesso questo museo ci piace! Il Lu.C.CA. è un museo frizzante con un ristorante super esclusivo all’interno, e un bookshop ben fornito; ed ‘HENRI CARTIER-BRESSON. Photographer’ è sicuramente un’ottima occasione per vedere dal vivo gli scatti di questo maestro della fotografia. Una mostra da non perdere. Eva Perna
I n AGE N DA . . Free expression
Back to Back W W W . B B 2 B I E N N A L E . C O M
Con l’arrivo della 55° Biennale, di motivi per visitare Venezia quest’anno gli amanti dell’arte ne hanno a bizzeffe, quindi perché non approfittare ancora una volta del fermento culturale del capoluogo veneto per dedicare del tempo anche ad un importante evento collaterale? Il progetto, per grande parte autofinanziato, di Back to back to Biennale; Free expression si propone in via ufficiale di presentare alla storica città italiana il lavoro di alcuni degli artisti del writing più bravi di tutta Europa, organizzando il maggiore evento happening di questo genere mai ideato prima. La manifestazione pubblica prende vita al campo Sant’Agnese, dove ogni week end, dal 1 Giugno al 24 novembre, gli artisti intervengono all’aperto su di un pannello bianco di dimensioni 10x2 mt. Come suggerito dal sottotitolo stesso dell’evento, i writers sono invitati ad esprimersi in piena libertà, senza alcuna restrizione o filtro da parte dei curatori.
Le preformances sono interamente riprese da una web cam che permette di seguire gli eventi live in streaming. In contemporanea viene effettuato un reportage, video e fotografico, che fornisce un importante materiale documentario per capire meglio le evoluzioni di questo particolare genere artistico. E’possibile vedere in esposizione, fino al 24 novembre, gli interventi di tutti gli artisti che hanno partecipato al progetto. Un’ occasione da non perdere per conoscere meglio una realtà giovane e frizzante come quella dei graffiti, quasi mai godibile in maniera così ben organizzata e accessibile a qualunque pubblico. Gemma Tartagli
Organization: Associazione Eventi d’arte e d’architettura Campo Sant’Agnese, Santa Croce 2161 1/6 - 24/11 dalle 10 alle 19 Chiuso il Lunedi
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lavori in tempi di crisi
FATEVI CUCINARE DA..
FRANCESCA
Sono Francesca, 32enne nata e cresciuta a Lucca. Sono una di quelle “fortunate” io. Ho un lavoro fisso dal 2005, infatti. E molte altre esperienze alle spalle. Ma il mio lavoro mi stressa, non mi diverte, non mi da uno stipendio soddisfacente, insomma: non mi piace! Ma non posso lasciarlo. Così, due anni fa ho deciso di sfoderare le unghie e l’immaginazione e mi sono reinventata, trasformando la mia piú grande passione, la cucina, in un secondo lavoro, il lavoro dei miei sogni! La cucina può dare molti sbocchi lavorativi: ristoranti, mense, alberghi, o magari villaggi turistici. Ma io avevo bisogno di un impiego che non mi impegnasse troppo. Prima cosa perché la mattina devo andare in ufficio, e secondo perché coltivo ancora il sogno di una famiglia con tanti bambini… Inizialmente non sapevo come conciliare la mia voglia di cucinare con i limiti che avevo, poi ho visto un programma in tv che mi ha ispirata: ‘potrei fare la CUOCA A DOMICILIO!’ Il materiale ce l’ho, il tempo da dedicare è a mia discrezione (..posso sempre dire di no!), non ho bisogno di un grosso capitale per iniziare e soprattutto
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mi permette di fare quello che piú mi piace: far star bene le persone grazie al cibo e al servizio. Fare il cuoco a domicilio infatti non vuol dire solo cucinare, ma soddisfare le diverse esigenze dei clienti, farli sentire a proprio agio anche se c’è un estraneo che girottola per la loro cucina ed esaudire ogni loro desiderio… Chi chiama un cuoco a casa propria è perché sta organizzando una serata speciale, che sia un romantico anniversario o un aperitivo con tanti amici, la costante è che la serata deve essere perfetta ed esattamente come il cliente se l’era immaginata. All’inizio c’è voluta pazienza, il primo ingaggio sembrava non arrivare mai! E quando è arrivato ero terribilmente nervosa ed agitata… ma tutto è andato liscio, e con il tempo é diventato sempre piú facile, stimolante e divertente. Adesso mi sembra di fare questa vita da sempre, non sarei piú io senza la cucina… sono molto, molto felice di averci provato, di aver tirato fuori il coraggio e non aver mollato! ‘Un consiglio per i giovani? Non siate schiavi delle vostre insicurezze! Abbiate sempre il coraggio di provare.’ Francesca Tuccori Foto di Carmassi Tommaso WWW.FATEVICUCINARE.COM / F: FATEVI-CUCINARE-DA-FRANCESCA
mangia e bevi
osteria dello scompiglio WWW.DELLOSCOMPIGLIO.ORG In questa rubrica non ci sono voti ai ristoranti, un ristorante per me non si vota, un ristorante si vive, si apprezza, come un’opera d’arte per le emozioni che ti trasmette, per l’esperienza che ti fa vivere, nel suo complesso dal cibo al vino, dalla location al servizio.. senza scordarsi del conto! L’Osteria Cucina Dello Scompiglio si trova nel vecchio fienile della Tenuta nelle colline di Vorno. Metti olio e vino provenienti direttamente dai loro uliveti e vigneti, lavorati con i principi dell’agricoltura biodinamica. Metti il gusto delle stagioni, il rispetto dei tempi della vita e della natura con i prodotti a Km0 di orto e frutteto. Metti gli altri prodotti acquistati nei mercati, dai piccoli produttori della zona. Metti una capanna ben ristrutturata e un staff disponibile e cordiale. Cosa ne esce? Un’Osteria di qualità e con personalità, assolutamente da provare! Il menù cambia spesso seguendo la stagionalità dei prodotti. Ci sono anche molti piatti per vegetariani. Tra gli Antipasti consigliamo il tagliere misto di salumi e formaggi (a 12 €) da condividere in 2 persone. I primi sono abbondanti e quindi, nel caso pensiate di proseguire con un secondo, ricordate che sono possibili le mezze porzioni. Ottime le tagliatelle alla salciccia di Vorno con aromi di limone e Finocchio (a 9€)! Anche i secondi sono interessanti come rapporto qualità-prezzo, da provare le uova al tegamino con pomodoro e tartufo (a 9 €) e le Verdure con formaggio fuso (a 9 €). Nei dolci andate sul sicuro con le torte del giorno o con un tortino al cioccolato (a 3 €). Una cucina intelligente, originale e concreta! Per quanto riguarda il vino, nessun dubbio: il frutto della prima vendemmia della Tenuta, un rosso corposo che porta il nome di Lavandaia, Madre 2009 (a 14 €). Il conto per una cena per due persone: antipasto, 2 secondi, dolce e una bottiglia di vino è di circa 50,00 Euro, se aggiungete un primo da dividere in 2 persone si sale a circa 60,00. Non dimenticate di seguire anche gli eventi artistici e musicali della Tenuta dello Scompiglio. Giacomo Gregori
TENUTA dello scompiglio via di Vorno 67. capannori (lu) prenotazioni: tel. 338-6118730/ 0583-971473 mail cucina@delloscompiglio.org aperta da giovedi a domenica A PRANZO E CENA. 41
LE STORIE MANCATE DEI N EW S O U N D i n t e r v i e w
Ok Violacida definite il vostro “STORIE MANCATE” con tre aggettivi
VIOLACIDA album
“Vero”, “Falso” e “Contraddittorio”.
La copertina del disco cosa rappresenta? Una donna, non so dirti molto di più. Dovresti chiedere a Lorenzo Coppini, colui che l’ha concepita. Comunque posso dirti questo: abbiamo fortemente voluto un disegno del genere, ermetico e surreale. Questo perché crediamo che le nostre canzoni siano sì calate profondamente nella realtà nella quale viviamo ma che, allo stesso tempo, portino con se, quasi sempre, un elemento sognante.. di chi ha la testa tra le nuvole. Per noi il volto della donna rappresentata in copertina può riuscire ad evocare ciò; un essere umano visto dalla soggettività umana. Forse siamo andati anche un po’ avanti coi tempi, in futuro ci piacerebbe scrivere un disco con forti suggestioni oniriche: è quello a cui stiamo già pensando, vediamo se poi lo faremo davvero. Infine – al di là di tutto – ci piace il fatto che dalla copertina non si possa capire cosa il disco contenga, diciamo che elimina qualsiasi tipo di premonizione.
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Se c’è una cosa che balza subito all’orecchio è la direttività del disco, arrangiamenti pop/folk molto scanzonati fanno da cornice a testi semplici e diretti. Di cosa parlano queste storie mancate? Parlano in parte delle nostre vite, approcciate da uno sguardo comunque lontano. Le “storie mancate” siamo noi al riflesso della propria città, dei cinema, dei libri, degli schermi, delle donne e delle giornate rovinate nel buio di una stanza. Nel complesso il disco risulta molto più sereno di quello che c’è dietro; questa è stata una nostra scelta perché non sentivamo il bisogno di utilizzare la musica come una valvola di sfogo diciamo “esistenziale”, con tutte le virgolette che necessita il termine. Quando abbiamo scritto “Storie Mancate” la musica era un momento bello, non avevamo voglia di troppe menate. Anche il fatto che i pezzi siano molto diretti fa parte di una nostra scelta. Crediamo che prima di mettersi a fare cose più corpose serva esperienza e soprattutto che si crei la condizione necessaria per farlo: di visibilità, di fiducia e del denaro da investire in strumentazione.
In fase di “produzione creativa” cosa viene prima il testo o la musica? Siamo in due a scrivere le bozze di quelle che poi diventano le nostre canzoni: per quanto mi riguarda vengono insieme, anche se talvolta qualche frase viene ripescata dai vari fogli accumulati dal tempo in qualche angolo della camera. Per Antonio è un po’ lo stesso, lo so perché ne parliamo. Poi il resto della musica, arrangiamenti e quant’altro, lo facciamo assieme, alle prove.
Cosa ne pensate della scena musicale italiana attuale? Chi vi rappresenta di più? La seguiamo perché se vogliamo sentire qualcosa di italiano dobbiamo per forza rifarci a questa. Comunque tutti noi pensiamo che tolta una decina tra gruppi o cantautori – bravi, veramente - questa non sia proprio un granché.. Con le parole, come sempre, andiamo forte ma musicalmente, si sa, restiamo sempre un passo indietro a quello che si fa all’estero. Forse anche perché in Italia si tende subito ad etichettare un gruppo ad un altro, oppure ad auto-etichettarsi per sapere dove andare a mettere le mani. Quando si parla di un gruppo emergente si tende sempre più a trovare lo somiglianze con un “fratello maggiore” rispetto a evidenziarne le differenze. Questa è castrazione! Rappresenta in che senso? Se parli di influenze non saprei dirti, veramente. Ti potrei dire gli Zen Circus perché in molti lo fanno anche se, secondo me, ne siamo parecchio distanti.. sia come testi che per le melodie. Poi ovvio, siamo toscani entrambi e abbiamo lavorato con la stessa persona, che è Manuele Fusaroli, cosa che riconduce per forza a un certo tipo di suono.
Titolo: Storie Mancate Band: Violacida Etichetta: Rock Contest Records, Infecta Suoni&Affini. Produzione artistica di Manuele “Max Stirner” Fusaroli.
Tracklist 1. Odio quando mi guardi 2. Una canzone per perdere tempo 3. Occhi belli 4. Dormire 5. Giusy 6. Il quartiere 7. A cinque anni 8. La bella estate 9. La ballata degli ostinati 10. Povero cristo
Prossimi concerti in arrivo?
Non ne abbiamo molti anzi, possiamo dire che ne abbiamo pochi. Abbiamo fatto da poco un mini-tour londinese, poi una data fissata per il 30 novembre a Civitanova Marche. Non avendo ancora un’agenzia di booking è sempre difficile suonare: speriamo di trovarla in fretta oppure di organizzarci velocemente.
Fatevi una domanda e datevi una risposta - Adesso, sapresti farti una domanda per un’intervista? - No. Eppure l’ho fatta.
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Il vostro album in tre aggettivi
INCOSCIENTE Perché un po’ bisogna esserlo per trattare in maniera credibile temi delicati e controversi, come la vicinanza di soggetti autistici, la perdita di una mamma che, a fatica, si realizza e la scomparsa di un padre, per certi versi, già assente da molto tempo. Ci vuole, oltre che coraggio, un bel po’ di incoscienza nel parlare di tutto questo, pena la freschezza dei messaggi. INVASIVO Nel senso che è stato scritto in maniera estrusiva. Nasce parlando di noi, ma per parlarne a tutti. Parlare delle grettezze quotidiane proprie per riflettere una realtà più larga, sociale. L’unica maniera di fare una musica del genere, dove chiunque si possa specchiare, pur raccontando storie molto particolari, è rendere molto comprensibile linguaggio e piani narrativi. Per fare questo, abbiamo dovuto reimparare le regolebase della comunicazione, proprio come alle scuole medie si studiava Educazione Artistica, per imparare a recepire, interpretare e comunicare i messaggi, visivi o verbali che fossero. In virtù di questo, come terzo aggettivo direi EDUCATIVO
Un album molto profondo “L’educazione artistica”, non basta certo un ascolto per entrare nel mondo di Pierfrancesco che ha come una doppia personalità, una più cupa e sporca l’altra più sarcastica ed euforica, cosa vogliono “insegnare” i Filarmonica Municipale LaCrisi con questo secondo album? Insegnare proprio niente, ti dico la verità. Nonostante il nome dell’album faccia intendere il contrario, non siamo dell’opinione che la musica debba insegnare. La musica deve risvegliare la capacità critica, deve allenare ad apprendere. Il titolo è dovuto a questo. Per scrivere di temi così delicati, ho dovuto reimparare certe regole base della comunicazione, o almeno provarci. Molto spesso per trattare tematiche “pesanti” si finisce per parlare troppo ed in maniera troppo altisonante. Questo disco invece doveva essere fresco, veloce, persino ingenuo. Mi sono affidato alla materia che più mi aveva colpito alle scuole medie, forse perché era anche quella che insegnava la mia mamma, l’Educazione Artistica, appunto. Dove non si insegnava a disegnare, dipingere o scolpire, ma si portava i bimbi a “sporcarsi le mani” per appassionarsi all‘uso del materiale, da una parte, carpire le regole della comunicazione grafico-verbale-visiva dall’altra. Rendere i bambini capaci di capire e reinterpretare un messaggio complesso.
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L’educazione
Filarmonica Mun
f : filarmonica mu Un concetto meraviglioso. C’è molto bisogno di sporcarsi le mani, capire e reinterpretare. Nell’arte, come nella musica, come nel quotidiano.
Un album che decisamente abbandona la classica formazione chitarra basso e batteria, quali strumenti avete usato in studio? Con quale formazione suonate dal vivo? In studio, abbiamo adottato grazie anche alla produzione e supervisione artistica di Nicola Baronti vari strumenti, in varie fasi. La batteria è stata suonata in piedi, in una visione molto orchestrale, sopraelevando la grancassa proprio come una da banda. Ne sono risultate delle cellule ritmiche molto curiose, libere e minimali. La formazione chitarra-basso-batteria è effettivamente ormai lontana dal nostro progetto, che comunque non ha mai fatto rifiuto di uno strumento in particolare, si è semplicemente evoluta in maniera molto Darwiniana,
N ENWE WS OSU ON UDN Di n ti netrevri ve w iew
artistica dei
nicipale LaCrisi
unicipale la crisi superando ogni cambio di formazione e volgendolo artisticamente a proprio favore. Nella fattispecie, la mancanza di un basso si è tradotta in un organo, la dipartita del rhodes è diventata un vibrafono. Adesso dal vivo, portiamo una formazione a cinque elementi abbastanza singolare, che ti riassumo a cascata, di seguito: Pierfrancesco: Voce,Chitarra Matteo: Organo, Vibrafono, Synth Giulia: Sax Baritono Jacopo: Trombone Giacomo: Batteria
Tra il primo ed il secondo album sono cambiate un po’ di cose, sia sul fronte dei testi che sul fronte musicale, puoi raccontarci questo cambiamento? Il cambiamento, per quanto ci riguarda, è stato totale. In senso letterario, perché ha coinvolto tutti gli aspetti
che riguardano una band: -La formazione è cambiata molto e , come dicevo, è andata avanti selezionando più i tratti caratteriali, i gusti stilistici dei membri, che gli strumenti stessi. -Strumentalmente, avevamo senz’altro una gran voglia di slegarci dal disco precedente che, come ogni primo disco, è assai difficile che descriva la band in essere, perché raccoglieva i sei anni di sala prove e concerti antecedenti, frutto anche di formazione già belle che morte da un bel po’. -I testi sono la cosa che più ha risentito di questo cambio. E’ stato, in fin dei conti, un cambio proprio progettuale e si sente anche ad un primo ascolto che la scrittura non è maturata rispetto al primo, è stata proprio stravolta. Pur’ nei limiti della forma e di una certa schizofrenia, questo disco è narrativo. Si raccontano dieci storie ( una delle quali, regalataci da Riccardo Stefani, “Donne di Raso”) dove c’è poco margine di fantasia e tanto, tantissimo vissuto. Una volontà opposta rispetto al primo disco. Qui si parla di noi, dell’intimo e della quotidianità personale con dovizia di particolari, augurandoci che appunto, in questa quotidianità sofferta e schizoide si possa specchiare la maggior parte degli ascoltatori. In ogni caso, una scrittura di “reazione” ad un senso di costrizione derivato anche dalle ingenuità del primo disco, da cui affrancarsi è stato anche molto gratificante.
Cosa ne pensano i Filarmonica della scena musicale italiana? Quali sono gli artisti italiani che negli ultimi anni vi hanno ispirato di più? Ci riteniamo ispirati dall’Italia in larga parte, ma non ci riusciamo a specchiare più di tanto in quella attuale. Purtroppo siamo abbastanza melanconici e ci ritroviamo negli anni ‘60 e ‘70 italiani, i migliori probabilmente sia per la scelta cantautorale, che per quella sonora. Basti pensare a Piccioni, Rota, Umiliani, Micalizzi, Morricone. Anche con la nostra etichetta, Phonarchia Dischi, la disquisizione su questa questione è stata lunga e, concordi, riteniamo che la necessità attuale italiana sia veramente più concettuale ed educativa che sonora. C’è boisogno di liberarsi dagli atteggiamenti e dagli stilemi, che sono la “nuova sufficienza”, per riprendere in mano le capacità reali. Non dico che non ci sia del buono, attualmente, anzi bisogna anche ringraziare chi ha riportato attenzione su un certo tipo di scrivere, mi riferisco a Brunori SAS, Dente, Colapesce, Carnesi, Dimartino e tutta la scena cantautorale odierna. Siamo anche dell’avviso però, che ci sia un po’ poco coraggio nel concepire in maniera “internazionale” questo modo di scrivere e di arrangiare in maniera autorevole. Tra i noti, l’artista italiano più completo riteniamo, a ragion veduta, essere Alessandro Fiori,
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che però fatichiamo a definire cantautore. Quello è talento puro. Un’opera d’arte mobile, per dirla alla Dipré. Siamo molto fiduciosi però, nel vedere band come quelle del Collettivo Phonarchia, che condividono il nostro pensiero e sgomitano per fare dell’italiano una nicchia ambientale e sonora migliore.
Video, date, tour…cosa bolle in pentola?
E’ uscito a Settembre il video ufficiale di “Tutti a Terra”, per la regia e la cura di Saiara Pedrazzi. A breve gireremo il video di “Gloria Guida”, brano cardine della produzione, a cui sono affezionato, come giusto che sia, in maniera familiare e piuttosto morbosa. Stanno saltando fuori un bel po’di date, siamo rimasti molto colpiti dalla disponibilità e dalla professionalità di Alessandro Fiori, che si è unito alla ban come membro aggiunto per la presentazione e che avremo il piacere di riospitare in alcune prossime date.
Ok l’ultima domanda ve la fate da soli….
Tanto per autocitarsi: “L’ultima, poi, me la chiedo da solo: Tu nella vita che fai? Scusate se insisto, nella vita non faccio, ma nutro i vermi, col cazzo che sai.”
da “Una Violenza Inaudita”
Titolo: L’educazione artistica Band: Filarmonica Municipale LaCrisi Etichetta: Phonarchia Dischi Produzione artistica di Nicola Baronti
Tracklist 1. Sono io l’educatore 2. Tutti a terra 3. Gloria Guida 4. Segugi sotto 5. Cannibali 6. Una Violenza Inaudita 7. Ti sei fatta male (AMATEUR) 8. Il Male 9. Donne di Raso 10. I Migliori
bang o n li k e !
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O R E C CH IELLA PER B UON GUST AI E’ finita l’estate...davvero? Ma allora è il momento di andare a fare scorpacciate di funghi e castagne! Montagna arrrivoooo. E quale posto migliore se non al Parco dell’Orecchiella, dove possiamo trovare anche i nostri amici orsacchiotti, un pochino tristi e assonnati in quelle restrittive recinzioni, ma i bambini ne rimarranno estasiati. Rimarranno sicuramente rapiti anche i meno romantici dal colorito orto botanico appena sopra la casetta degli orsi, dove poter scattare delle belle foto, però il prima possibile, sta per finire la stagione dei fiori. Parlavamo di funghi e castagne, ma non solo, se fate alla svelta, e con alla svelta intento di partire immediatamente... che fate ancora li!? Su prendete gli zaini e partite alla ricerca delle distese di mirtilli. Basta raggiungere il centro visitatori e imboccare la direzione per Lamarossa, dove arrivati, potrete divertirvi a stare chinati per una buona oretta a raccogliere quei piccoli pallini violacei, che per alcuni di noi esseri umani sono un vera e propria droga. Questa raccolta può avere veramente ottimi risultati, con mezzo chilo potrete ricavare almeno tre vasetti di mirtilli sciroppati...provare per credere! Capisco che per alcuni non è proprio il massimo perdere la vista per trovare quei simpatici chicchi, allora un consiglio in tre mosse: uno, rimanere al centro visitatori, due, avvicinarvi all’unico negozietto di prodotti alimentari che troverete e tre, chiedere alla simpatica signora di poter comprare dei mirtilli. Avvertenze: se entrate solo per acquistare una cosa, sappiate che ne uscirete almeno con tre, se ne vorrete due, bhè ne comprerete almeno sei, e così via dicendo. I prodotti tipici sono troppo invitanti e poi quella simpatica donnina che dicevo prima, non è solo una semplice e cordiale “nonnina”, ma è una vera e propria volpe degli affari, forte del suo monopolio, riuscirebbe a vendere anche il ghiaccio agli eschimesi, e vi giuro che non scherzo! Tanto di cappello alla signora. Fatta la vostra scorta, consiglio vino rosso e formaggi tipici garfagnini, siete pronti per cimentarvi nella sfida uomo vs. freddo di montagna, in una calda ed accogliente tenda al buon rifugio Isera, sempre che ve la siate portata. Per gli abbietti delle tende, vi è sempre la possibilità di dormire all’interno del rifugio, però vi perderete la bellezza di svegliarvi all’aria fresca, circondati dalle vigorose montagne che sovrastano il rifugio. Ed appena svegli, pronti via alla ricerca dei funghi o chi preferisce delle castagne...ma perché non tutte e due?! Oltre che godere di una fantastica natura, tornerete ricchi di generi alimentari di ogni tipo, comprati e no. La giusta scampagnata per i buon gustai! Gabriele Bertacchi
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f att i un l i b r o Caitlin Moran
Ci vogliono le palle per essere una donna WWW.CAITLINMORAN.CO.UK/
t@CAITLINMORAN
Dal titolo originale ‘How to be a woman’, meno femminista e decisamente più azzecato. Caitlin, opinionista del Times, si rivela con prepotenza in tutto il suo essere donna. Mai banale, attraverso una successione di aneddoti semplici e quotidiani, la scrittrice, ci permette di sguazzare nell’universo femminile con sincerità, in primis, verso noi stesse, togliendo i i veli di un immagine che a volte ci sentiamo cadere addosso. La frase da postare : Non c’è mai stato nella storia un momento migliore per essere donna: possiamo votare, abortire e non veniamo più bruciate come streghe. Eppure c’è ancora qualcosa che non va: i nostri tacchi sono sempre più alti, le scollature sempre più basse, la biancheria intima si è ristretta e i reggiseni (come le labbra) sono sempre più imbottiti” Consiglierei questo libro a: ‘chi ha voglia di sputare il rospo’ La musica che metterei come colonna sonora a questo libro: The ting tings -Great Dj Se ti è piaciuto, potrebbe piacerti anche: Donne che corrono con i lupi, Clarissa Pinkola Estes Alice Perna
P.S. Fatevi avanti ragazzi, non abbiate paura a sfogliarlo, passato l’imbarazzo del titolo, potrete fare grandi scoperte...
f I L M E POP CORN Film Review
Slevin - Patto criminale - E tu chi diavolo sei? - Uno nel posto sbagliato al momento sbagliatissimo! Slevin (Josh Hartnett) ospite dall’amico Nick Fischer si trova ad avere a che fare con due capi mafiosi in conflitto tra loro, il “Boss” e il “Rabbino”.
A causa di uno scambio di persona il protagonista dovrà districarsi da una serie di incomprensioni. Braccio armato delle due famiglie è Mr Goodkat (Bruce Willis), che lavora per entrambi ma uno all’insaputa dell’altro. Slevin torna a casa di Nick dove cerca di risolvere l’equivoco e di ritrovare l’amico scomparso con l’aiuto dalla vicina della porta accanto (Lucy Liu). Dalla trama avvincente e i toni divertenti, questo thriller cambia scenario e ruoli con un sottile colpo di mano che rimescola le carte in tavola. Film del 2006 diretto da Paul McGuigan con Josh Hartnett, Lucy Liu, Bruce Willis e Morgan Freeman. Consigliato a chi: piacciano le trame dinamiche Serata adatta: sul divano con una bella pizza davanti Umore: annoiati Se ti è piaciuto, potrebbe piacerti: “Il caso Thomas Crawford”, “Il talento di Mr. Ripley” Lisa Nieri
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f ILM E P O P C OR N La schiuma dei giorni
Moon indigo
Micheal Gondry è senza dubbio uno degli autori più interessanti e innovativi del panorama cinematografico contemporaneo, i suoi film hanno raccontato l’amore e la solitudine vista da chi il mondo se lo vive costantemente sopra le nuvole. Colpisce soprattutto la bravura tecnica nel creare effetti speciali evitando il digitale a favore di soluzioni analogiche e artigianali (vedi “Be kind Rewind”). Le sue false prospettive, il suo amatissimo stop motion e una valanga di idee stravincenti hanno creato il suo marchio di fabbrica. Ma arriviamo al film in questione “Moon Indigo”. La storia è tratta dal romanzo “La schiuma dei giorni” di Boris Vian, ha come protagonista questo giovane di nome Colin (Romain Duris), un parigino talmente ricco da non lavorare e da passare intere giornate a casa in compagnia di un cuoco (Omar Sy) che lo accudisce e di un topo. Passa il tempo a creare delle strane invenzioni con il suo amico fraterno Chick (Gad Elmaleh), un ingegnere sperperone che ha una fissa morbosa nel collezionare le opere di Jean-Sol Partre. Ad una festa, Colin si innamora di Chloè (Audrey Tautou) una ragazza che decide di sposare. Gli sposini partono poi per uno stralunato viaggio di nozze nel sud della Francia ma, al ritorno dal viaggio, Chloè si ammala, nei suoi polmoni si annida una ninfa letale che non le permette di respirare.
Colin impegna tutto il suo denaro per le cure dell’amata, addolorato e sempre più povero, comincia a lavorare mentre la casa intorno a lui si restringe e il mondo impazzisce inghiottendo tutti quelli che ama. Il film è il frutto di una ricerca estrema dell’estetica da parte del regista, il mondo interiore della coppia viene fatta esplodere tramite colori lisergici, effetti e scenografie tipiche di Gondry, forse anche troppo. Difatti la storia ed i personaggi vengono soffocati da tutto questo, rendendo il tutto un po’ troppo freddo, senza sentimenti. Lontano anni luce da un “Eternal sunshine of the spotless mind” dove il surreale aveva un limite ed i personaggi riuscivano a portarti nel loro mondo e catapultarti di colpo in quello reale. In ogni caso ve lo consiglio, scene come quella del ballo o del picnik sono meravigliose. Emanuele Baronti
Consigliato a chi: a chi vive con la testa tra le nuvole Serata adatta: Mentre fuori piove Umore: romantico Se ti è piaciuto, potrebbe piacerti: “Essere John Malkovich”, “il ladro di orchidee”
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