La pensione dei liberi professionisti | Giuseppe Guttadauro

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Giuseppe Guttadauro

La pensione dei liberi professionisti. Quale futuro? Prefazione di Giuliano Cazzola


A Elena, Flavia e Giulia

Un ringraziamento a coloro che hanno partecipato alla stesura del libro, in particolare a Domenico e Leonardo Comegna, le cui capacitĂ e competenze hanno contribuito in maniera rilevante e impareggiabile alla realizzazione di questo lavoro.


INDICE

PREFAZIONE di Giuliano Cazzola INTRODUZIONE Il sistema previdenziale obbligatorio dei liberi professionisti GLI ENTI DEL DECRETO 509/1994 Avvocato CASSA FORENSE Consulente del lavoro ENPACL Medico veterinario ENPAV Ingegnere e architetto INARCASSA Dottore commercialista CNPADC Medico ENPAM Agente e rappresentante di commercio ENASARCO Ragioniere e perito commerciale CNPR Giornalista INPGI Geometra CIPAG Farmacista ENPAF Notaio CASSA DEL NOTARIATO

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pag. 31 68 97 130 167 207 236 250 276 312 344 364

GLI ENTI DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 103 DEL 1996 pag. 381 Psicologo ENPAP 405 Biologo ENPAB 428 Perito industriale EPPI 451 Infermiere professionale ENPAPI 474 Chimico, attuariale, agronomo, forestale e geologo EPAP ENTE PLURICATEGORIALE


PREFAZIONE di Giuliano Cazzola

Giuseppe Guttadauro non è solo un amico, ma è anche un grande esperto di pensioni. Anzi, a pensarci bene è stata proprio la previdenza a farci diventare amici. L’uno leggeva gli scritti dell’altro, fino a quando abbiamo trovato l’occasione di incontrarci tramite il comune amico, anche lui accanito esperto di pensioni, Domenico Comegna. I nostri summit si svolgevano all’Hostaria da Nerone davanti ad un piatto di spaghetti cacio e pepe. Ho ritrovato il senso di quelle discussioni nel saggio di Guttadauro: praticamente una guida, di facile lettura, tale da consentire, a chi fosse interessato, di “farsi un’idea”, non solo dei propri diritti, ma anche di come e perché è necessario aver presente i diritti degli altri nel rivendicare i propri. E soprattutto perché bisogna imparare a stare alla larga dai tanti luoghi comuni che circolano nel settore. La previdenza è una materia che ha molti tratti in comune con le problematiche ambientali: le risorse a disposizione sono limitate e non appartengono soltanto a quanti vivono nel presente ma anche alle generazioni future. I grandi sistemi pensionistici pubblici – è questa la prima fondamentale nozione da apprendere e tenere a mente – funzionano con il metodo della cosiddetta ripartizione in forza del quale le pensioni vigenti sono finanziate dai contributi versati dai lavoratori attivi in quello stesso periodo, sulla base di un patto fra le generazioni, imposto e garantito dallo Stato. Tale patto promette ai contribuenti di oggi che, domani, divenuti pensionati, ci sarà un’altra generazione di contribuenti che onorerà le promesse ricevute in cambio dell’adempimento ai propri doveri. Se poi le promesse assurgeranno all’Eliseo dei diritti è tutto un altro paio di maniche. È bene farlo subito questo ragionamento e mettere imme-

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diatamente le carte sul tavolo. Nella cultura statalista dominante è presente una fiducia eccessiva nelle leggi, come se bastassero le norme a produrre le risorse che servono a pagare le pensioni. In realtà, l’equilibrio del patto intergenerazionale sotteso ai grandi sistemi pubblici dipende strettamente da parametri che le leggi non possono determinare, mentre ne sono radicalmente condizionate. Ogni variazione di tali parametri produce degli effetti – più o meno profondi e strutturali - che incidono sulla possibilità di dare per definitivamente acquisiti i diritti previdenziali (di tradurre cioè in prerogative esigibili le promesse). Il parametro fondamentale di un modello pensionistico pubblico è dato dal rapporto tra il numero dei lavoratori attivi (i contribuenti) e quello delle pensioni vigenti. Si noti subito – per inciso - la differenza tra pensioni e pensionati INPS: le prime sono poco meno di 23 milioni i secondi 16,5 milioni. Il che significa che alcuni milioni di trattamenti sono redistribuiti sulla medesima platea di utenti: un dato di cui si dovrebbe tener conto quando si ragiona di prestazioni medie considerate troppo modeste. È fin troppo facile comprendere che - ci si avvale di un esempio elementare - una pensione mensile di mille euro “costa” 100 euro a testa a dieci lavoratori contribuenti. Se, invece, per effetto delle trasformazioni demografiche, dell’invecchiamento della popolazione, del prolungamento dell’attesa di vita e delle modifiche del mercato del lavoro, a ogni lavoratore attivo corrisponde (come accade ora) più o meno un trattamento pensionistico, restano soltanto due alternative: o il singolo contribuente si prende carico dei mille euro mensili oppure la pensione si riduce ad un decimo del suo valore. Naturalmente, la soluzione adottata è stata sostanzialmente la prima. E per di più si è largamente ampliato il periodo di godimento dell’assegno (con seguito di reversibilità alla vedova). Oggi i lavoratori dipendenti in attività versano un terzo delle loro retribuzioni all’Inps (divenuto ormai il solo ente previdenziale: un gigante dai piedi d’argilla) per finanziare le pensioni in essere. Tanto per capirci, prendiamo una qualsiasi unità di conto e poniamo uguale a 100 il salario di un operaio dell’industria. Il costo del lavoro a carico del suo datore è pari a 144,5, mentre in busta paga (al netto anche del

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prelievo fiscale) vanno 72 unità di conto (di queste ben 33 sono destinate al finanziamento dello stock di pensioni in essere). Tutto ciò diventa un disincentivo per la competitività di un Paese nel momento in cui l’internazionalizzazione dei mercati, l’integrazione delle economie e dei sistemi produttivi, la libera circolazione dei capitali e delle merci (da ultimo il positivo allargamento dell’Unione europea) hanno imposto nuove sfide. Tutti i modelli di solidarietà sociale dei Paesi benestanti sono stati sottoposti alla pressione devastante di trend demografici connotati, a un tempo, da una forte contrazione della natalità e da un allungamento delle attese di vita e quindi da un netto cambiamento dei rapporti tra le generazioni: nei sistemi pubblici a ripartizione è divenuto sempre più pesante l’onere sostenuto dai (sempre meno) lavoratori attivi per finanziare (a costi crescenti) le pensioni delle generazioni uscite dal mercato del lavoro (almeno da quello ufficiale). Contemporaneamente e conseguentemente, vi sono stati anche profondi cambiamenti dal punto di vista qualitativo, sia dal lato dei lavoratori, quali soggetti finanziatori del sistema – insieme alle imprese – sia da quello delle prestazioni. Quando il sistema pensionistico raggiunge standard assistenziali “maturi” - poiché riflette, al pari di una stella spenta, percorsi lavorativi (quelli degli attuali pensionati e pensionandi) incastonati in una realtà in cui i rapporti economici consentivano, tutto sommato, stabilità e continuità d’impiego - non ci vuole molto a capire come (sul lato del finanziamento) la composizione del mondo del lavoro sia tale da determinare una crisi delle risorse necessarie. In buona sostanza, se i pensionati d’oggi sono figli della società industriale e possono contare su diritti sociali valorizzati dalle caratteristiche che assumeva il lavoro in quella particolare struttura economico-produttiva, troppi tra i lavoratori attuali e ancor più quelli futuri hanno e avranno difficoltà a sostenere lo sforzo contributivo necessario non solo per pensare adeguatamente a se stessi, nel domani, ma anche per garantire le risorse utili ai trattamenti pensionistici di volta in volta in essere. Il futuro si prospetta ancor più squilibrato, poiché le contraddizioni denunciate sono appena agli inizi delle attese conseguen-

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ze sul piano demografico, economico e (perché no?) politico. Ecco, allora, a conclusione del ragionamento un po’ più lungo, i motivi impellenti che devono indurre – nel quadro di un riordino dei sistemi obbligatori - allo sviluppo ulteriore dei fondi pensione e delle altre forme di previdenza complementare (il core business di Guttadauro), non già quale panacea di tutti i mali (spesso è forte la tendenza a semplificare le cose e ad attribuire a queste esperienze virtù salvifiche con troppa faciloneria), ma come importanti strumenti per affrontare e risolvere qualcuno dei tanti problemi più volte lamentati. I fondi pensione introducono, infatti, una componente privatistica e di autotutela nel pacchetto delle garanzie pensionistiche, recuperando per il risparmio una funzione di copertura anche dei rischi “privati” ritenuti socialmente rilevanti e liberando la finanza pubblica da lacci e lacciuoli impropri. Nel medesimo tempo, come accade in altri paesi, tali risorse possono recare beneficio ai mercati finanziari e, di conseguenza, all’economia, favorendo segnatamente lo sforzo della privatizzazione delle aziende controllate dallo Stato, mediante un allargamento della potenziale domanda e il protagonismo di milioni di nuovi risparmiatori in un mondo fino a ora requisito dalle “grandi famiglie”. La scelta strategica di affidare, infatti, la tutela previdenziale delle generazioni future a un mix di previdenza obbligatoria, finanziata a ripartizione (il c.d. primo pilastro basato sul principio della solidarietà intergenerazionale) e di previdenza privata a capitalizzazione (il secondo pilastro dove ciascuno “pensa per sé”) corrisponde ad un’esigenza strategica di fondo. Il problema, allora, è quello di impostare, con equilibrio, un sistema misto, rivolto, quanto meno, ad operare sia sul piano della finanza pubblica, sia su quello dei mercati finanziari. Una sinergia virtuosa, dunque. La quota pubblica della pensione riuscirebbe ad alleggerire il proprio impegno, in vista della crescente “crisi fiscale” degli Stati e dei rivolgimenti nella struttura sociale sottostante. Quella privata potrebbe contare su di una garanzia di base, utile nel momento in cui il residuo trattamento è conseguito misurandosi con “gli spiriti animali” del mercato. È molto più conveniente, anche ai fini della tutela dei lavoratori, fare affidamento su di una strategia

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che ripartisca il rischio-pensioni in parte sul sistema pubblico riformato e in parte su di una quota a capitalizzazione individuale, costituita d’investimenti e rendimenti veri. Il ragionamento è di una semplicità elementare. Abbiamo a disposizione una somma di denaro. Se la spendiamo subito, non resta nulla (salvo i beni di consumo eventualmente acquistati). Se, al contrario, investiamo le nostre risorse, con accortezza e professionalità, possiamo sperare di incrementarne il valore iniziale, conformemente ai rendimenti realizzati. Nel frattempo, il gruzzolo ha “viaggiato” nell’economia reale, ha prodotto ricchezza e lavoro. Attraverso un immaginario, grande pantografo possiamo trasferire l’esempio agli imponenti meccanismi dei sistemi pensionistici e spiegare, così, gli effetti dei metodi di finanziamento. Con la ripartizione, si impiegano gli apporti dei lavoratori attivi per pagare le pensioni vigenti, mediante una catena di sant’Antonio di cui lo Stato è garante e che inanella, nel tempo, le diverse generazioni, inducendole a un comportamento forzosamente solidale. Con la capitalizzazione, invece, ognuno è padrone del proprio destino pensionistico: la sua prestazione, al momento dell’uscita dal mercato del lavoro, sarà determinata dal montante accantonato e dai relativi interessi. Nella ripartizione sono, dunque, altri (gli attivi) a sostenere l’onere della solidarietà; nella capitalizzazione ognuno provvede per sé, ma il suo risparmio previdenziale per lunghi decenni è al servizio del bene collettivo. Ambedue i percorsi, pur partendo da presupposti differenti, arrivano al medesimo traguardo: il bene comune. Da troppi anni l’Italia è alla ricerca di un moderno sistema di risparmio a fini previdenziali, che (ripetiamo il concetto fino alla noia) operando secondo una logica di ripartizione del rischio all’interno di un sistema misto (prevalentemente) pubblico e (adeguatamente) privato, possa meglio tutelare le pensioni delle giovani generazioni dagli effetti devastanti delle crisi determinate dalle profonde trasformazioni demografiche, economiche, occupazionali e sociali, in corso e attese.

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INTRODUZIONE

IL SISTEMA PREVIDENZIALE OBBLIGATORIO DEI LIBERI PROFESSIONISTI

Sono quasi 1,5 milioni i professionisti, iscritti a un Ordine o Collegio professionale, che esercitano la libera professione nel nostro Paese. Sotto l’aspetto previdenziale è d’obbligo tuttavia fare una distinzione tra: • Soggetti dotati di una propria Cassa di previdenza; • Soggetti sprovvisti di una propria Cassa di previdenza.

Professionisti con Cassa di previdenza

INTRODUZIONE

Premessa

Nel caso in cui sia presente la Cassa di previdenza, il professionista ha l’obbligo di iscrizione e, di conseguenza, del versamento dei relativi contributi.

Professionisti senza Cassa di previdenza In assenza della Cassa di previdenza il professionista, sino al 31 dicembre 1995, non aveva alcun obbligo previdenziale e, di conseguenza, alcun diritto alla pensione. La legge n. 305/1995, meglio conosciuta come “Riforma Dini”, è intervenuta in tal senso regolamentando la questione. Il decreto n. 103/1996 ha attuato il comma 25, articolo 2, della stessa legge stabilendo che i lavoratori autonomi e liberi professionisti privi, a quel periodo, di una tutela previdenziale dovevano essere obbligatoriamente iscritti a una forma di previdenza obbligatoria, in alternativa tra: si devono iscrivere a una forma forme di previdenza previste, in alternativa tra: • Un Ente di categoria di diritto privato, appositamente costituito, a condizione che il numero minimo di aderenti sia almeno pari a 8.000 unità;

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• Un Ente pluricategoriale, appositamente costituito, cui possono aderire professionisti iscritti ad Albi e Ordini differenti (è il caso, ad esempio dell’EPAP); • Un Ente di categoria, tra quelli già in essere per altre attività professionali similari, per analogia della prestazione prestata e del settore. Riassumendo, se è operativa la Cassa di previdenza, il professionista ha l’obbligo d’iscrizione alla stessa, in caso contrario si deve ricorrere ad una tra le alternative disciplinate dal decreto 103/1996. La storia previdenziale dei liberi professionisti è segnata da due decreti legislativi: • N. 509 del 30 giugno 1994; • N. 103 del 10 febbraio 1996.

Il decreto n. 509/1994 Il decreto n. 509/1994 segna una svolta nel panorama della previdenza dei liberi professionisti trasformando le Casse di previdenza da enti di diritto pubblico in enti di diritto privato subordinando questa trasformazione alla rinuncia di finanziamenti pubblici diretti e/o indiretti. La privatizzazione, di fatto, si è tradotta in autonomia gestionale, organizzativa e contabile obbligando le Casse a dotarsi di propri regolamenti e statuti interni. Più in particolare le Casse avevano l’obbligo di assicurare il diritto alla tutela previdenziale attraverso un equilibrio finanziario in un orizzonte temporale di almeno quindici anni. A tal fine potevano decidere in autonomia di variare le aliquote contributive, eventuali aliquote di rendimento, i requisiti per maturare le prestazioni e così via, nel rispetto sempre del criterio del pro rata. Infine, con la legge Dini, è stato istituito il “Nucleo di valutazione della spesa previdenziale” il cui compito era quello di monitorare i singoli enti previdenziali, sotto l’aspetto dell’andamento finanziario (entrate ed uscite) e del rapporto iscritti/pensionati con la possibilità di adottare interventi correttivi in tal senso. Gli Enti che fanno capo al decreto n. 509/1994 sono • CASSA FORENSE –Avvocati • CNPADC – Dottori Commercialisti

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• CNPR – Ragionieri e periti commerciali • CASSA DEL NOTARIATO – Notai • CIPAG - Geometri • ENASARCO – Agenti e rappresentanti di commercio • ENPACL – Consulenti del lavoro • ENPAM – Medici e Odontoiatri • ENPAF – Farmacisti • ENPAV – Veterinari • INPDAI – Dirigenti di aziende industriali (dal 2002 accorpata all’INPS) • INPGI – Giornalisti • INARCASSA – Ingegneri e Architetti

Il decreto n. 106/1993 Il decreto 103/1996 è stato emesso per attuare il comma 25 dell’articolo 2 Legge Dini (335/1995) e si rivolge ai lavoratori autonomi e liberi professionisti privi, a quel periodo, di tutela previdenziale. Gli obiettivi del decreto 103/1996 erano: • Obbligo di costituzione di ente di categoria di diritto privato alla condizione che ci sia un numero minimo di soggetti aderenti almeno pari a 8.000; • Inclusione delle categorie professionali, prive di tutela previdenziale, all’interno di un ente di previdenza obbligatoria di un’altra categoria professionale similare per analogia di prestazioni e/o settore professionale; • Istituzione dell’EPAP – ente di previdenza e assistenza pluricategoriale, rivolto a quelle categorie di lavoratori il cui esercizio è disciplinato per legge mediante albi o elenchi privi tuttavia di un ente pensionistico obbligatorio e che non presentano i requisiti per costituire un ente proprio.

INTRODUZIONE

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Gli enti devono assumere la forma giuridica di fondazione e si devono dotare di regolamento e statuto e di un piano finanziario che attesti, in via previsionale, l’equilibrio finanziario di gestione

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dell’ente nascituro. È così che, a seguito della riforma pensionistica attuata dalla Legge 335/1995, nonché dall’autonomia normativa e gestionale raggiunta dagli enti di previdenza per liberi professionisti grazie ai decreti 509/1994 e 103/1996, nasce un sistema di previdenza privata e autonoma che si affianca, in alternativa, a quello della previdenza pubblica gestito dall’INPS. Emesso, come detto, in attuazione del comma 25 della legge 335/1995, ha contribuito alla nascita di nuovi Enti di previdenza a favore di professionisti che sino ad allora ne erano privi: • EPAP, Ente pluricategoriale per Chimici, Attuari, Geologi, Dottori Agronomi e Forestali; • ENPAP per gli Psicologi; • EPPI per i Periti Industriali; • ENPAPI per gli Infermieri professionali; • INPGI Gestione Separata per i Giornalisti; che esercitano la libera professione; • ENPAB per i Biologi. categorie professionali e rispettive casse di previdenza decreto 503/1994

Avvocati Cassa Forense Farmacisti ENPAF Medici e Odontoiatri ENPAM Veterinari ENPAV Consulenti del lavoro ENPACL Dottori Commercialisti CNPADC Ragionieri e Periti Commerciali CNPR Geometri CIPAG Notai Cassa del Notariato Ingegneri e Architetti INARCASSA Agenti e Rappresentanti di Commercio ENASARCO Giornalisti dipendenti INPGI Gestione principale

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Chimici, Attuari, Geologi, Dottori Agronomi e Forestali EPAP Psicologi ENPAP Periti Industriali EPPI Infermieri professionali ENPAPI Giornalisti che esercitano la libera professione INPGI Gestione Separata Giornalisti che esercitano la libera professione INPGI Biologi ENPAB

La tutela previdenziale dei liberi professionisti che svolgono altre attività

INTRODUZIONE

categorie professionali e rispettive casse di previdenza decreto 503/1994

Uno dei problemi che più impegna il professionista è quello degli obblighi previdenziali a suo carico nel caso di svolgimento di un’attività non esattamente inquadrabile nella rispettiva Cassa di previdenza. Quando il professionista svolge in modo professionale l’attività che prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione alla Cassa specifica, non sorgono questioni particolari. Il problema nasce tutte le volte in cui il professionista effettua un’attività subordinata, oppure professionale e in parte subordinata, oppure instaura un rapporto di collaborazione. In queste ipotesi è sorto in passato e sorge anche oggi il dubbio sull’Ente previdenziale deputato a ricevere l’iscrizione e, conseguentemente, a percepire la contribuzione ed erogare le prestazioni. Per dirimere i dubbi, l’articolo 18 della legge n. 111/2011 ha introdotto una norma di interpretazione della legge 335/1995. La predetta disposizione chiarisce che, “coloro che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo sono tenuti all’iscrizione presso la gestione separata INPS esclu-

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sivamente se svolgono un’attività il cui esercizio non sia subordinato al versamento contributivo alle Casse di previdenza professionali in base ai rispettivi statuti e regolamenti”. Rientrano in questa previsione normativa (secondo quanto precisato dalla circolare n. 99 del 2011 dell’INPS), tutti coloro che, pur svolgendo attività iscrivibili ad appositi albi professionali, non siano tenuti al versamento del contributo soggettivo presso la Cassa di appartenenza, ovvero abbiano esercitato eventuali facoltà di non versamento/iscrizione, in base alle previsioni dei rispettivi regolamenti/statuti. A titolo esemplificativo, si possono verificare le seguenti ipotesi, che comportano l’assenza d’iscrizione/versamento alla Cassa di appartenenza: • Mancato raggiungimento di un livello minimo di reddito; • Esistenza di un’altra copertura contributiva contestuale allo svolgimento della professione, a causa della quale la Cassa di appartenenza esclude l’obbligo di versamento del contributo soggettivo, relativo all’attività professionale; • Esistenza di un’altra copertura contributiva contestuale allo svolgimento della professione, a causa della quale la Cassa di appartenenza da la possibilità al professionista di iscriversi facoltativamente per una serie di ragioni previste dai regolamenti/statuti. Nei primi due casi menzionati, lo svolgimento dell’attività professionale non obbliga a versare i contributi soggettivi alla Cassa, ma al massimo la contribuzione integrativa sul volume di affari ai fini IVA, contribuzione che non è collegata all’erogazione di un trattamento pensionistico (INPS, circolare 124/1996). Per contro, i compensi professionali sono soggetti alla contribuzione alla gestione separata INPS con aliquota piena o ridotta qualora il professionista paghi già una contestuale contribuzione obbligatoria. Nel terzo caso (facoltà d’iscrizione) è necessario fare una distinzione: 1. Il professionista sceglie di iscriversi alla Cassa: In questo caso è obbligato a versare alla Cassa i contributi, compresi quelli soggettivi.

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2. Il professionista decide di non iscriversi alla Cassa: In questo caso il professionista non deve versare i contributi né alla Cassa né alla gestione separata. Facciamo un ulteriore esempio per meglio comprendere il meccanismo. Analizziamo il caso di un Avvocato, dipendente presso l’ufficio legale di una Banca, che presta anche consulenze legali. Lo statuto della Cassa Forense dà la facoltà all’avvocato di iscriversi o meno a seconda che svolga la professione con carattere di continuità, ma non di prevalenza. Pertanto se l’Avvocato decide di iscriversi alla Cassa i compensi relativi all’attività professionale saranno soggetti alla contribuzione della Cassa. Se, al contrario, decide di non iscriversi alla Cassa, non sarà tenuto a versare i contributi (relativamente ai compensi per l’attività professionale) né alla Cassa, né tantomeno alla gestione separata INPS.

INTRODUZIONE

esempio

In questo libro analizzeremo esclusivamente le Casse di previdenza nate dai decreti n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996.

Gli iscritti I professionisti iscritti alle rispettive Casse di previdenza, alla fine del 2013, sono 1.416.425 unità (di cui 51.722 pensionati ancora in attività), con un aumento del 15,7% rispetto al 2005. anno attivi attivi totale pensionati iscritti 2005 1.187.297 37.035 1.224.332 2006 1.217.798 37.647 1.255445 2007 1.249.446 38.302 1.287.748 2008 1,271.659 39.990 1.311.649 2009 1.293.553 42.145 1.335.698 2010 1.314.957 44.097 1.359.054

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La pensione dei liberi professionisti 2011 2012 2013

1.337.336 1.351.751 1.364.523

47.288 50.519 51.722

1.384.624 1.402.270 1.416.245

Fonte: AdEPP quarto report sulla previdenza privata

Suddividendo i professionisti per “area d’attività” abbiamo: Area giuridica (AG): • Notai e Avvocati. Area professioni tecniche (APT): • Geometri, Periti Industriali, Biologi, Pluricategoriale, Ingegneri e Architetti. Area economico sociale (AES): • Giornalisti, Commercialisti, Ragionieri e Periti Commerciali, Consulenti del Lavoro. Area sanitaria (AS): • Psicologi, Infermieri, Medici e Odontoiatri. L’incremento maggiore degli iscritti, considerando sempre il periodo 2005-2013, è rappresentato dall’area giuridica con un + 43,9%, seguito dall’area economico sociale con un + 27,8%, quindi l’area delle professioni tecniche con un + 20% ed infine l’area sanitaria con un + 18,5%. aumento degli iscritti per area

periodo area area economico sociale sanitaria 2005–13 + 27,8%

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+ 18,5%


Giuseppe Guttadauro area area giuridica professioni tecniche +43,9% + 20% Fonte: AdEPP quarto report sulla previdenza privata

composizione degli iscritti per singola cassa

cassa di previdenza percentuale di iscritti ENPAM 25,7 ENASARCO 17,38 CASSA FORENSE 12,5% INARCASSA 11,8% CIPAG 6,68 CNPADC 4,26 INPGI 4,13 ENPAIA 3,37 ENPAP 3,09 ENPAPI 2,18 CNPR 2,09 ENPV 1,97 ENPACL 1,87 EPAP 1,38 EPPI 1,04 ENPAB 0,87 CASSA NOTARIATO 0,34

INTRODUZIONE

Esaminando le singole Casse il numero maggiore di iscrizioni è rappresentato dall’ENPAM (Medici) con il 25,7% mentre la Cassa del Notariato vede il minor numero di iscritti con uno 0,34%.

Fonte: AdEPP quarto report sulla previdenza privata

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La pensione dei liberi professionisti

Crescono le professioniste: nel 2013 la componente femminile è cresciuta del 3,68% rispetto al 2012, a fronte dello 0,38% di quella maschile. Nonostante la crescita, le donne continuano a scontare un gap sfavorevole in termini di reddito: la donna professionista ha uno stipendio medio pari al 59% di quello medio del collega maschio. I pensionati sono 51.722, in aumento del 2,38% a fine 2013. Le recenti riforme che stanno gradualmente ma costantemente incrementando l’importanza della componente contributiva personale nel computo della misura dei trattamenti pensionistici hanno incentivato la prosecuzione del versamento dei contributi anche dopo la pensione. Si assiste quindi a un’escalation dal 2005 al 2013 del 39,66%, con percentuali annue in salita che vanno da un minimo dell’1,65% nel 2005-2006 a un massimo del 7,24% nel 2010-2011.

Il patrimonio Il patrimonio complessivo degli Enti di previdenza privata ammonta a circa 57 miliardi di euro. Il totale delle attività è invece di poco superiore ai 60 miliardi di euro. ATTIVITÀ 2011 2012 2013 Liquidità 3.602.683 5896.792 4.362.271 Titoli di Stato 7.630.300 8.325.639 11.298.029 Altri titoli di debito 8.009.929 6.104.305 6.415.400 Azioni 2.386.920 2.127.079 2.786.883 OICR (Fondi Comuni) 14.958.070 18.146.790 20.027.223 Immobili 8.335.127 7.817.199 7.067.237 Partecipazione in società immobiliari 207.532 232.762 328.773 Polizze assicurative 392.666 424.833 353.665 Altre attività 5.717.790 6.591.646 7.407.767

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Giuseppe Guttadauro totale attività totale passività

51.241.039 2.139.113

55.667.046 2.002.564

60.047.249 2.125.575

totale patrimonio (attività – passività) 49.101.926

53.664.483

57.921.673

ATTIVITÀ 2011 2012 2013 Liquidità 3.602.683 5.896.792 4.362.271 Titoli di Stato 7.630.300 8.325.639 11.298.029 Altri titoli di debito 8.009.929 6.104.305 6.415.400 Azioni 2.386.920 2.127.079 2.786.883 OICR 14.958.070 18.146.790 20.027.223 Immobili 8.335.127 7.817.199 7.067.237 Partecipazioni in società immobiliari 207.552 232.762 328.773 Polizze Assicurative 392.666 424.833 353.665 Altre attività 5.717.790 6.591.646 7.407.767 totale attività totale passività patrimonio (attività - passività)

51.241.039 2.139.113

55.667.046 2.002.564

60.047.249 2.125.575

49.101.926

53.664.483

57.921.673

Importi in migliaia di euro.

INTRODUZIONE

Le analisi successive riportano l’evoluzione del patrimonio calcolato come aggregazione dei patrimoni delle singole Casse. Si tratta di un puro esercizio che ha la sola finalità di mettere in evidenza l’intera massa gestita dagli Enti.

Fonte: AdEPP quarto report sulla previdenza privata

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La pensione dei liberi professionisti contributi, prestazioni e sistema di calcolo della pensione

I contributi. Le Casse di previdenza dei liberi professionisti prevedono generalmente, tre differenti tipologie di contribuzione obbligatoria: • Contributo soggettivo; • Contributo integrativo; • Contributo di maternità; • Contributo facoltativo modulare.

Il contributo soggettivo Il contributo soggettivo è calcolato applicando una percentuale (variabile da Cassa a Cassa) sul reddito professionale netto imponibile ai fini IRPEF dichiarato dal professionista nell’anno precedente, in qualche caso è calcolato in misura fissa (vedi ad esempio i Farmacisti), indipendentemente dal reddito. È previsto un “minimale di contribuzione” annua (anche questo variabile da Cassa a Cassa) e delle agevolazioni nei primi anni d’iscrizione per i giovani. Le Casse possono inoltre stabilire un “massimale di reddito” su cui calcolare la contribuzione soggettiva, oltre il quale o non è dovuta alcuna contribuzione o, in alternativa, può essere previsto un contributo di solidarietà. Se da un lato, la presenza di un massimale di reddito comporta un effettivo risparmio in termini di contribuzione, dall’altro determina una limitazione dell’importo finale della pensione. Infatti, nel sistema di calcolo reddituale la base pensionabile è calcolata prendendo in considerazione i soli redditi sino al massimale stabilito, mentre nel calcolo contributivo il montante è costituito dai contributi effettivamente versati. Il contributo soggettivo è interamente deducibile dal reddito e a carico del professionista.

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Giuseppe Guttadauro

2014

cassa aliquota massimale di previdenza del contributo contributivo soggettivo in % 2014 sul reddito professionale netto INARCASSA 14,5 121.350,00 CNPADC 12 172.000,00 CASSA FORENSE 14 96.800,00 ENPAV 12,5 92.000,00 ENPAB 11 100.123,00 ENPAPI 14 100.123,00 EPAP 10 100.123,00 CNPR 11 102.813,20 (*) EPPI 13 100.123,00 CIPAG 12 152.350,00 (*) INPGI Gestione Separata Liberi professionisti 10 100.123,00 ENPAP 10 100.123,00 CASSA DEL NOTARIATO dal 22 al 42 Non previsto ENPAM 12,5 85.000,00 per la quota B a percentuale ENASARCO 14,20 Monomandatari 35.000,00 Plurimandatari 23.000,00 ENPACL 12 96.045,00 ENPAF fisso Non previsto

INTRODUZIONE

contributo soggettivo per l’anno

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La pensione dei liberi professionisti

Il contributo integrativo Il contributo integrativo, a differenza di quello soggettivo, è calcolato applicando una percentuale non sul reddito professionale netto prodotto ma sul volume di affari ai fini IVA (il fatturato). Si tratta di un contributo che sino al 2011 non veniva utilizzato per calcolare l’importo della pensione. La legge 12 luglio 2011, n. 133, la cosiddetta riforma Lo Presti, cui le Casse dei liberi professionisti possono liberamente decidere di adeguarsi o no, ha previsto la possibilità di utilizzare una parte di questo contributo per incrementare i montanti individuali contributivi e, di conseguenza, l’importo delle future pensioni. Il contributo integrativo non è a carico del professionista bensì è addebitato nelle fatture ai clienti e, non può essere inferiore al 2% né superiore al 5%.

Il contributo di maternità Il contributo di maternità è in genere stabilito annualmente in misura fissa ed è variabile di anno in anno.

Il contributo facoltativo modulare Ove previsto, è un contributo che l’iscritto può liberamente decidere di versare (in aggiunta a quello soggettivo di base obbligatorio) che permette di ottenere un importo maggiore di pensione. Può essere stabilito in misura fissa, ad esempio con un minimo di 500,00 euro o multipli, oppure in percentuale sempre sul reddito professionale netto dichiarato, ad esempio da un 1% al 12%. Ogni anno l’iscritto decide se aderire e quale somma versare, avendo sempre la possibilità di sospendere, riprendere o variare la misura della contribuzione.La quota aggiuntiva di pensione è calcolata con il sistema contributivo e matura, in ogni caso, dopo almeno cinque anni di versamento, anche se non consecutivi.

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Le prestazioni erogate dagli enti di previdenza dei liberi professionisti sono generalmente le stesse previste dall’INPS: • Pensione di vecchiaia; • Pensione anticipata; • Pensione d’invalidità; • Pensione d’inabilità; • Pensione ai superstiti indiretta; Pensione ai superstiti reversibile. Le differenze rispetto all’INPS possono essere rappresentate dai requisiti richiesti per maturare le prestazioni (età pensionabile, anni di contribuzione minimi), regolamentati, in autonomia, da ciascuna Cassa.

i sistemi di calcolo della pensione

Il sistema utilizzato per calcolare l’importo della pensione è differente da Cassa a Cassa e può essere: • Reddituale; • Contributivo; • Misto; • Fisso.

INTRODUZIONE

le prestazioni

Il sistema reddituale Il sistema di calcolo reddituale si basa su tre elementi: • La base pensionabile, calcolata come media dei redditi professionali dichiarati nell’arco di un determinato periodo; • Anni di contribuzione maturati; • Aliquote di rendimento da applicare per ciascun anno di contribuzione. Base pensionabile X anni di contribuzione X aliquote di rendimento

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La pensione dei liberi professionisti

Il sistema contributivo Basato essenzialmente sui contributi versati durante l’attività lavorativa, rivalutati annualmente che costituiscono il c.d. “montante contributivo” cui si applica, al momento del pensionamento, un coefficiente di trasformazione in relazione dell’età pensionabile raggiunta. Montante contributivo X aliquote di rendimento

Il sistema misto La pensione è determinata dalla somma di due quote, una reddituale e una contributiva.

Il sistema fisso L’importo della pensione è predeterminato, indipendentemente dai redditi professionali dichiarati e dai contributi versati.

Le Casse di previdenza e la Riforma Fornero La legge 22 dicembre 2011, n. 214, meglio conosciuta come riforma Fornero, ha profondamente rivisto il sistema previdenziale dell’INPS, non interessando direttamente le Casse dei liberi professionisti alle quali, tuttavia, è stata chiesta la sostenibilità finanziaria a cinquant’anni, in altre parole l’obbligo di “adottare misure volte ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquant’anni”. Questa richiesta ha prodotto importanti effetti anche sulle pensioni dei liberi professionisti, portando gli enti previdenziali a una stretta pesante sull’accesso agli assegni da parte di molteplici categorie con l’innalzamento dell’età pensionabile e l’introduzione, in pro rata, del sistema di calcolo contributivo (già presente negli Enti nati dal decreto n. 103/1996). In qualche caso, la pensione non arriverà prima dei 75 anni di età o, in altri, verrà applicato il 15% del contributo soggettivo. Eppu-

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re, per qualcuno basteranno cinque anni di contributi. Ma andiamo con ordine: nella riforma delle pensioni, il calcolo contributivo della pensione è stato disposto per tutti i lavoratori, con abolizione delle pensioni di anzianità, sostituite da quelle “di vecchiaia anticipata”, che prevede il raggiungimento di specifici tetti contributivi per ciascuna categoria occupazionale. Il concetto cardine attorno cui ruota la nuova legge in materia pensionistica firmata dal governo Monti è quello della accresciuta speranza di vita, al quale si sono dovute adeguare anche le Casse di previdenza dei vari ordini professionali. Il sistema di calcolo contributivo (interamente o in pro quota) è oramai utilizzato da tutte le Casse dei liberi professionisti. Solo due casse hanno mantenuto il sistema di calcolo reddituale, la Cassa Forense degli Avvocati e l’ENPAV dei Medici Veterinari dando tuttavia agli iscritti la possibilità di versare un “contributo modulare” facoltativo in aggiunta a quello obbligatorio che permette di maturare una quota di pensione supplementare calcolata con il sistema contributivo. La Cassa del Notariato e quella dei Farmacisti continuano a mantenere il calcolo della pensione in misura fissa mentre tutte le altre utilizzano il sistema contributivo interamente o in parte.

INTRODUZIONE

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sistema di calcolo utilizzato dalle casse dei liberi professionisti

cassa di previdenza sistema di calcolo utilizzato INARCASSA Misto CNPADC Misto CASSA FORENSE Retributivo + contributivo facoltativo aggiuntivo ENPAV Retributivo + contributivo facoltativo aggiuntivo ENPAB Contributivo ENPAPI Contributivo EPAP Contributivo CNPR Misto

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La pensione dei liberi professionisti EPPI Contributivo CIPAG Misto INPGI Gestione Separata Liberi professionisti Contributivo ENPAP Contributivo CASSA DEL NOTARIATO Fisso ENPAM Misto ENASARCO Misto ENPACL Misto ENPAF Fisso

La totalizzazione dei contributi Ai liberi professionisti iscritti alle Casse di previdenza si applica l’istituto della totalizzazione dei contributi secondo le regole generali che disciplinano la materia. La totalizzazione non prevede alcun onere finanziario a carico del richiedente; la normativa di riferimento è la legge n. 42 del 2006. Dal 1° gennaio 2012 tutta la contribuzione versata può essere utilizzata per la pensione in totalizzazione, senza alcun limite temporale. La disposizione è variata nel tempo: sino al 31 dicembre 2007 per accedere alla totalizzazione erano necessari almeno tre anni di contribuzione in ogni singola gestione; dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011 tale limite era stato abbassato a sei mesi; dal 1° gennaio 2012, come detto, non c’è più alcun limite. La pensione totalizzata è costituita da tante quote quante sono le gestioni interessate, ciascuna delle quali provvede al calcolo in funzione dell’anzianità contributiva maturata. Sarà poi l’INPS a occuparsi di erogare l’importo complessivo, rivalendosi sulle quote a carico di ciascuna gestione. Il sistema di calcolo è contributivo. Nel caso in cui in una gestione interessata dalla totalizzazione il professionista abbia maturato i requisiti per il diritto a pensione autonoma, il calcolo sarà effettuato con le regole vigenti nella gestione stessa.

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La legge 5 marzo 1990, n. 45, ha introdotto la possibilità di ricongiungere le posizioni assicurative esistenti presso l’INPS con quelle costituite presso le varie Casse di previdenza dei liberi professionisti. La ricongiunzione può avvenire presso l’Ente dove il lavoratore è iscritto come dipendente o autonomo al momento della richiesta facendovi confluire tutti i periodi di contribuzione versati presso le diverse Casse di previdenza dei liberi professionisti, oppure verso la Cassa di previdenza professionale, sempre dove l’interessato è iscritto al momento della domanda, trasferendo in questa tutti i contributi versati da lavoratore dipendente o autonomo. A differenza della totalizzazione, la ricongiunzione prevede un onere a carico del richiedente, costituito dalla c.d. “riserva matematica” necessaria alla gestione presso cui si ricongiunge per pagare il maggior importo di pensione derivante. L’entità dell’onere da sostenere è in funzione delle regole in vigore presso la gestione cui si ricongiunge: più favorevoli sono i requisiti per maturare il diritto (età pensionabile, anni di contribuzione) e lil sistema di calcolo (reddituale) e maggiore sarà l’onere da sostenere.

INTRODUZIONE

La ricongiunzione

Il riscatto Generalmente ammesso per il corso legale di laurea, il periodo di praticantato, il servizio militare di leva o sostitutivo (contributo figurativo e quindi senza onere presso l’INPS). Si tratta di un istituto sempre oneroso che prevede il versamento della “riserva matematica” necessaria alla gestione presso cui si chiede il riscatto per erogare un maggior importo di pensione.

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finito di stampare per conto di Iemme edizioni nel mese di marzo 2015 presso Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli S.p.A


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