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Tina Modotti, scoperta continua
L’opera di Tina Modotti continua ad affascinare e a rapire gli sguardi. Se fino alle fine degli anni ’70 il suo nome era quasi sconosciuto al largo pubblico, oggi, con buona costanza, mostre, omaggi, spettacoli, eventi vengono realizzati per ricordare la sua opera. Purtroppo, spesso, è più il personaggio a prevalere nel racconto della sua figura artistica. Di certo, non si può fare a meno di subire il fascino di questa donna, sia in termini fisici (di una bellezza che come scrive giustamente Pino Cacucci non può che essere condensata dal termine spagnolo “hermosura”, che include sensualità, grazia, stato d’animo “lieve”...) sia – soprattuto – per gli aspetti biografici. Nata a Udine (Italia) nel 1896, emigrante, prima in Austria poi negli USA, con la famiglia, di povera estrazione e scarsa educazione scolastica, dal suo ingresso negli States nel 1913 la ritroviamo in pochi anni attrice teatrale, poi a Hollywood negli anni ’20, compagna di artisti, frequentatrice di salotti altolocati. Poi, accanto a un gigante della fotografia, come Edward Weston, in Messico, con davanti una carriera intensa di fotografa impegnata, ma “irregolare”, come la definisce correttamente Elisa Paltrinieri, scostante e spesso ripiegata su se stessa, fra incertezze, piccoli e grandi drammi (su tutti la morte violenta dell’amato Juan Antonio Mella). O, ancora, al fianco di esponenti politici importanti, coinvolta (davvero?) nelle trame staliniste internazionali, in fuga dal Messico, poi in Germania, infine impegnata socialmente nella Guerra Civile in Spagna... Quasi sempre in questi due paesi senza macchina fotografica. Per poi andarsene, d’improvviso (congestione ufficialmente, ma molti dubitano...), a quarantasei anni, quando è ancora compagna del controverso Vittorio Vidali. Materiale per romanzi, per film, per – appunto – concentrarsi su una vita davvero intrigante. Ma anche per dimenticare l’opera: di donna, di fotografa, di artista, di attenta documentatrice di usi e costumi sociali, di attivista politica... Opera che invece merita attenzioni e approfondimenti costanti. Cinemazero, dai cui archivi provengono le foto di questa mostra, da quasi tre decenni si interessa e dedica risorse ed energie per documentare e valorizzare culturalmente la produzione della Modotti. Questo si deve in particolare all’opera di Piero Colussi e Gianni Pignat, che, in collaborazione con i principali studiosi e biografi mondiali di Tina Modotti, hanno raccolto il corpus originale del fondo Modotti di Cinemazero, a cui hanno aggiunto materiali inediti e meno conosciuti (frutto di ricerche in Italia, Russia, Germania, Cuba, Messico, Spagna e Francia, e negli ultimi tempi, con chi scrive, perfino India). Principalmente tratti da internegativi di prima generazione e ottima qualità, gli scatti costituiscono probabilmente l’archivio più ricco al mondo che documenti la produzione della fotografa. Il fondo, nella sua completezza, rappresenta un autentico tesoro per gli studiosi, gli appassionati, gli amanti dell’opera della Modotti, proprio per la sua ricchezza e completezza: infatti a tutt’oggi, il patrimonio della fotografa è frammentato, dislocato in diversi luoghi del pianeta, fra istituzioni, musei e collezioni private che, sul versante dei pochissimi vintage esistenti, custodiscono la maggior parte degli scatti originali. Chissà se in questo, mancando una collocazione anche museale efficace dell’artista e della sua opera, ha nuociuto ulteriormente il concentrarsi sempre sulla sua biografia... A conferma di questo, potrebbe venire il fatto che – grazie alle ricerche di Cinemazero – si è potuto solo in tempi recentissimi ricostruire come l’opera fotografica della Modotti arrivi a oltre seicento scatti. Un numero quasi triplo, rispetto al conosciuto e a quanto usualmente creduto. La maggior parte dei volumi finora editi e delle mostre realizzate ha bene o male sempre mostrato gli stessi scatti, consegnando al pubblico in genere un’idea molto limitata dell’opera della fotografa udinese. Ecco perché in questa mostra parigina si vuole da una parte poter consegnare al pubblico largo la possibilità di vedere (o rivedere) alcune delle opere più famose – immancabili per bellezza, forza e popolarità – ma dall’altra approfondire alcuni temi, creare interconnessioni fra le opere e – auspicabilmente – riflessioni ampie, alcune anche di attualità. Così, nella prima parte della mostra, il percorso più ampio è dedicato
Pour toutes ces raisons, cette exposition parisienne entend donner la possibilité au grand public de voir (ou de revoir) quelques-unes des œuvres les plus célèbres de Tina Modotti – incontournables en raison de leur beauté, de leur force et de leur popularité –, mais aussi d’approfondir certains thèmes et de créer des connexions entre les œuvres et – si possible – des réflexions ambitieuses, dont certaines renvoient même à l’actualité. Ainsi, dans la première partie de l’exposition, le parcours principal est consacré à l’évolution du personnage, de l’artiste et de sa carrière artistique : émigrante, Italienne à Hollywood, actrice soudainement célèbre, modèle pour ses collègues photographes, proche d’intellectuels et artistes comme Vladimir Maïakovski, Dolores Del Rio, Frida Kahlo, Diego Rivera, John Dos Passos... La suite du parcours est consacrée à sa recherche formelle, fille du stridentisme, contaminée par le style de Weston tout en restant profondément autonome. Tina Modotti définit elle-même son modus : « une honnête photographie », qui n’est pas à la recherche de l’« artistique à tous prix », mais plutôt d’« une place dans la production sociale, dans le présent ». Le parcours parmi les clichés continue avec une section entièrement féminine, comprenant des portraits de femmes – certains connus, d’autres présentés pour la première fois au public – qui témoignent de l’actualité de son œuvre, en particulier avec les photos des femmes de Tehuantepec, nobles et fières malgré le contexte dans lequel elles vivent. L’exposition s’achève avec une dernière partie, liée à la précédente : une section émouvante, un regard tourné vers l’avenir, plein de tendresse et d’espoir, entièrement consacrée aux enfants. On dit que Tina Modotti aurait voulu être mère, mais que des problèmes physiques le lui ont interdit… Mais nous voici de nouveau aux prises avec la biographie, décidemment toujours « en embuscade ». Ce qui est certain, c’est que Tina – source de découvertes continuelles – photographie toujours avec un amour et une passion qui s’exprime dans chaque cliché. Sa vie, sa vitalité, qui nous passionne tant, se manifeste dans chacune de ses photos. Il revient à chacun d’entre nous de se l’approprier. L’œuvre de Tina Modotti ne cessera jamais de nous étonner. Les tirages exposés ont été réalisés, à partir d’internégatifs de première génération, par le laboratoire d’Elio et Stefano Ciol. La numérisation a été réalisée avec un scanner à tambour virtuel Hasselblad Flextighy Raw, à partir d’internégatifs exportés en format .tif à 16bit. Le tirage FineArt a été produit avec une imprimante linéarisée et profilée à 12 encres aux pigments à la résolution maximale possible d’impression de 600ppi à nombre maximal de passages (2400×1200 dpi). Pour conserver la cohérence de résultat avec le positif vintage, il a été décidé d’imprimer les photographies sur papier Hahnehmule Photo Rag Naryta de 325 g/mq.
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all’evoluzione del personaggio, dell’artista, della carriera di Tina: emigrante, italiana ad Hollywood, attrice improvvisamente famosa, modella per i colleghi fotografi, frequentatrice di intellettuali e artisti come Vladimir Majakovskij, Dolores Del Rio, Frida Kahlo, Diego Rivera, John Dos Passos... Poi, una parte dedicata alla sua ricerca formale, figlia dell’estridentismo, contaminata – ma profondamene autonoma – dallo stile di Weston. La stessa Modotti definì il suo modus: “una onesta fotografia”, che non sia alla ricerca dell’ “artistico a tutti costi”, piuttosto di “un posto nella produzione sociale, nel presente”. Il cammino fra gli scatti continua in una sezione tutta al femminile con ritratti di donne, alcuni noti altri per nulla visti, a testimoniare l’attualità della sua opera in particolare con le foto sulle donne di Tehuantepec, nobili e fiere nonostante il contesto. Infine, un’ultima parte, collegata alla precedente: una sezione commovente, con uno sguardo al futuro, tenero, speranzoso, tutta dedicata ai bambini. Si dice che la Modotti avesse molto voluto essere madre, ma che problemi fisici glielo impedissero... Ma eccoci di nuovo con la biografia “in agguato”. Quel che è certo, è che Tina – fonte di continue scoperte – fotografa sempre con un amore e una passione che trasudano in ogni scatto. La sua vita, che tanto ci appassiona, sprigiona in realtà inarrestabile da ogni foto. A ciascuno di noi il compito di farla propria. L’opera della Modotti non smette mai di stupire. Le stampe esposte sono state realizzate da internegativi di prima generazione dal laboratorio di Elio e Stefano Ciol. La digitalizzazione è avvenuta con uno scanner a tamburo virtuale Hasselblad Flextighy Raw, esportando in formato .tif a 16bit. La stampa FineArt è stata prodotta con una stampante linearizzata e profilata a 12 inchiostri ai pigmenti alla risoluzione massima possibile di stampa di 600ppi a numero massimo di passaggi (2400×1200 dpi). Per conservare la coerenza di risultato con il positivo vintage si è deciso di stampare su carta Hahnehmule Photo Rag Baryta da 325 g/mq.