MARE DI CAMBIAMENTO

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Ilaria Pugliese

Politecnico di Milano

Mare di cambiamento Analisi del progetto Mare Culturale Urbano per un dialogo tra architettura e contemporaneitĂ


Politecnico di Milano Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni Progettazione dell’Architettura Mare di cambiamento Analisi del progetto Mare Culturale Urbano per un dialogo tra architettura e contemporaneitĂ Relatore: Marco Biraghi Correlatore: Carlo GandolďŹ Ilaria Pugliese 849355 a. a. 2017/2018



Mare di cambiamento Come un centro di produzione artistica possa costituire un nuovo modello di sviluppo territoriale delle periferie e contribuisca a ridefinire i requisiti qualitativi dei luoghi per l’arte e il tempo libero, ridefinendo l’approccio dell’architetto al progetto.



Abstract

“Mare Culturale Urbano è un centro di produzione artistica che si è insediato nella zona ovest di Milano per costruire un nuovo modello di sviluppo territoriale delle periferie: partendo da un forte legame con la dimensione locale, sviluppa scambi a livello internazionale e attiva processi di inclusione sociale, rigenerazione urbana e innovazione culturale”.1 Mare Milano è un ossimoro, un luogo che non c’era e che sempre è mancato alla città, evoca contaminazione, continuo movimento e rigenerazione. Nella Milano delle grandi firme, di CityLife e Porta Nuova, rappresenta un’inversione di tendenza e onde di cambiamento. Situato in un’area periferica della città, dal suo contesto attinge e prende forza, instaurando uno stretto legame con la realtà in cui è immerso. Il Municipio 7 a Milano è anche il primo frammento di città con il quale io stessa mi sono confrontata. È la zona in cui sempre ho vissuto, supporto fisico dei miei ricordi fin dall’infanzia. Si caratterizza per la presenza di grandi aree dal forte impatto urbano, tra cui parchi e aree verdi più o meno attrezzate, ma anche grandi centralità ad uso discontinuo, come lo stadio, che alterano il metabolismo e la vita del quartiere. In questa realtà Mare si inserisce innescando invece un processo positivo di scambio e contaminazione con la vita urbana che lo circonda. Avendo potuto osservare in prima persona l’energia e l’influenza sprigionata da Mare sul quartiere, ho approfittato dell’occasione della tesi triennale per cogliere gli elementi principali di questo processo virtuoso e trarne insegnamento progettuale. Partendo dalla descrizione del progetto fisico fino all’approfondimento del programma funzionale e culturale, ho avuto occasione di riflettere

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sui requisiti qualitativi dei luoghi per l’arte e il tempo libero. A ciò si è accompagnata la riflessione in ambito urbanistico sulle potenzialità di questo modello di sviluppo delle periferie, confrontandolo con riferimenti già affermati nel resto d’Europa e con altri luoghi della cultura nella città di Milano. Il sorgere di questi centri multi-culturali rappresenta infatti un fenomeno diffuso a livello globale come risposta alla crisi dell’identità comunitaria e all’alienazione dell’individuo nella società odierna. Ritornano oggi attuali i problemi posti quasi cinquant’anni fa da Henri Lefebvre che denunciava la rottura tra tempo libero e quotidianità identificando la soluzione nella riappropriazione di tempi e spazi del vivere urbano attraverso una ristrutturazione delle relazioni sociali2. L’esigenza di luoghi per la cultura, la condivisione e l’aggregazione è oggi reale e si accompagna alla consapevolezza dell’insostenibilità a livello ambientale e sociale dei modelli urbanistici attuali. In conclusione attraverso questa esperienza di approfondimento e indagine ho avuto modo di avvicinarmi ad una voce in controcorrente, che apre ad un mare di scenari per il futuro.

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Mare Culturale Urbano http://maremilano.org

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H. L

, Critica della vita quotidiana. Volume primo, Dedalo, Bari, 1977

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Indice

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00 Controcorrente

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Prefazione

01 Arcipelago

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Il contesto

02 Mare in Cascina

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Intro, il progetto, le attività, attivazioni urbane

03 Mare a Novara 75

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Intro, il progetto, dialogo progettuale

04 Altri mari

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Modelli in Europa, innovazione culturale a Milano

05 Approdo

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Conclusioni

06 Bibliografia Bibliografia, sitografia, indice immagini e crediti

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00 Controcorrente


Prefazione

“Il progetto costituisce un’occasione di profonda riflessione sulla contemporaneità, sui linguaggi, i contenuti e sul senso stesso degli spazi. Mare è un progetto responsabile che riflette sulle economie della costruzione oggi e s’interroga sui requisiti qualitativi dei luoghi per l’arte, lo spettacolo, la ricerca e il tempo libero”.1 Il progetto di un edificio pubblico, e in particolare quello di un centro culturale, costituisce un’importante opportunità di ridefinizione del significato dell’architettura. Il lessico di tendenza negli ultimi anni ha portato ad un’architettura molto spesso autoreferenziale e retorica, priva d’identità. Al contrario, nel progetto del centro Mare Culturale Urbano che sorgerà in Via Novara 75, sono proprio i contenuti a dare forza alla struttura, controcorrente rispetto all’approccio di molte archistar contemporanee. Parallelamente al concetto di un’architettura che rimette al centro il programma funzionale e che viene scritta da chi lo vive, generando un immaginario condiviso, si riafferma la figura dell’architetto come promotore di innovazione sociale e culturale2. Infatti nel caso di Mare è innovativo anche il processo di creazione: la definizione del programma culturale e il progetto fisico del centro si sono sviluppati in un processo di osmosi grazie ad un ricco scambio tra committenza e progettisti. Mare Culturale Urbano è un progetto che nasce prima di trovare un luogo fisico, viene alla luce sotto forma di intenzione, di provocazione, forse di “manifesto”. Il programma è quello di portare a Milano qualcosa che non c’è, e il collettivo inzia a diffonfersi sul territorio confrontandosi con le persone sull’immagine utopica di “se a Milano ci fosse il Mare”.

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Il territorio è senza dubbio il supporto che porta in vita il progetto, e proprio attingendo e analizzando le opportunità e le risorse, facendo rete e conoscenze, che l’intenzione si concretizza. Nel 2016, grazie al legame con la Fondazione Housing Sociale all’interno del progetto “Cenni di cambiamento”, Mare occupa gli spazi della Cascina Torrette, come acqua che prende la forma del contenitore. E come un’onda inarrestabile ha inoltre plasmato e dato forma al progetto che sorgerà in un’area adiacente messa a bando nel 2014, in via Novara 75. Sarà un polo culturale sede di scambi e relazioni a livello internazionale, un vero e proprio tsunami di cultura.

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Mare Culturale Urbano http://maremilano.org

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C. G

, La qualità è nel dispositivo, in Abitare 567 (2017), pp. 93-98

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01 Arcipelago


Il contesto

“È stata una scelta precisa e ponderata quella di aprire in un luogo non centrale della città, in un luogo che fosse quasi vergine dal punto di vista sociale e culturale, e di illuminare un posto che illuminato non era”.1 La periferia nord-ovest di Milano, dove Mare si è insediato, è un’area soprattutto residenziale e con poca offerta di luoghi per la cultura e la vita pubblica. Si colloca nel Municipio 7, zona con una popolazione residente di circa 180 000 abitanti e un’alta percentuale di residenti stranieri. Questo ambiente multietnico ha bisogno di trovare una nuova identità e di fare in modo che le persone si sentano parte attiva della vita della città. Inoltre il Municipio 7 e l’adiacente Municipio 8 costituiscono un territorio caratterizzato da un sistema di oggetti di grandi dimensioni e quindi di enorme impatto dal punto di vista urbano. Ne sono un esempio lo stadio, gli ippodromi, il parco di Trenno, la caserma Santa Barbara, Monte Stella, CityLife o il quartiere San Siro di edilizia popolare. Questo in particolare risulta essere un piccolo quadrilatero chiuso in se stesso e delimitato dai forti confini stradali, dai cancelli e dagli edifici, escluso da ciò che offre il suo intorno. La presenza di questi limiti apre la sfida della creazione di un sistema a livello urbano. Mare identifica come punto di partenza proprio il territorio, con tutte le sue problematiche e potenzialità. Facendo leva su una serie di sistemi minori e di micro-progettualità già esistenti inizia a tessere le sue reti. L’intero progetto si basa sul coinvolgimento degli attori di zona, la relazione con il vicinato, la conoscenza locale e il dialogo con la comunità. Le informazioni raccolte permettono di comprendere il tessuto sociale, aiutando nella trasformazione dell’immagine di un’area disomogenea e frastagliata in quella di un sistema dalle molte opportunità sociali. Da arcipelago a territorio.1. 1

I. G

, Un anno di mare culturale urbano, fondazionefeltrinelli.it

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Mare Culturale Urbano

BORDI Edificato Impianti sportivi Servizi Parcheggi Spazi pubblici all’aperto Spazi sottoutilizzati Campi agricoli

CONNESSIONI Arterie principali Strade ci collegamento primario Strade di collegamento secondarie Strada con verde carrabili Strade con verde non carrabili Ponti pedonali-ciclabili Strade-parcheggi

INTERAZIONI Erosione Assorbimento Scambio




02 Mare in cascina

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Intro

L’idea di un luogo di sperimentazione artistica e rigenerazione urbana a Milano nasce nel 2012 da un gruppo proveniente dal mondo del teatro e dell’arte performativa. Nel gennaio del 2014 Andrea Capaldi, Paolo Aniello e Benedetto Sicca fondano BAAM! Srl. con l’obiettivo di costruire un centro a Milano che si basi sull’innovazione culturale, l’inclusione sociale e la rigenerazione urbana. La mission è di attivare un rilancio culturale attraverso la condivisione di competenze con la comunità per creare un percorso di crescita e partecipazione. Nonostante questa origine dalle arti performative, il gruppo concepisce il progetto di uno spazio con funzionamento opposto a quello di un teatro. Infatti l’intenzione, oltre a quella di rigenerare degli spazi dedicandoli alla cultura, è di ritrovare l’accezione più essenziale e antropologica di centro culturale. Questo avviene cercando di ristabilire nelle abitudini di una collettività l’aspetto fondante di un luogo per la cultura, ovvero di non essere vissuto come un posto ove recarsi in maniera puntuale solo in occasione di un evento. Al contrario è necessario riappropriarsi del concetto di piazza, intesa come luogo di incontro, confronto e crescita di una collettività. Ciò è possibile solamente creando uno spazio dove le persone possano stare, tornare e confrontarsi, stimolate da una produzione culturale di alta qualità. Per fare ciò è imprescindibile acquisire una conoscenza profonda del territorio in cui si lavora, e stabilire una costruzione di fiducia in continua evoluzione. Nel 2013 il progetto prende forma proprio dall’individuazione del territorio, grazie alla messa a bando dell’area dismessa di via Novara 75 e alla possibilità di insediamento nella vicina Cascina Torrette, e solo nel 2015 il gruppo cambia il nome in mare culturale urbano Srl.

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MARE Novara 75

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Il progetto

“Dopo gli interventi di restauro conservativo, la cascina ha superato la sua originaria funzione agricola: conservando la natura di luogo dedicato al lavoro condiviso, ora ha acquisito una nuova identità di spazio per la cultura, l’arte e la comunità”.1 L’attività di Mare prende vita negli spazi della Cascina Torrette di Trenno, aperta a maggio del 2016. La cascina si trova in Via Quinto Cenni 11 ed è circondata a sud dalla storica caserma Santa Barbara, a nord-ovest dal deposito ATM e ad ovest dal complesso “Cenni di cambiamento”. Si tratta di un edificio seicentesco che ha cessato la sua funzione agricola nel 20112. Oggi è di proprietà del Comune di Milano e data in diritto di superficie a Investire Sgr, società di gestione del risparmio che attua i progetti di Fondazione Housing Sociale e Fondazione Cariplo. La cascina rientra nel progetto “Cenni di cambiamento”, il più grande complesso residenziale di edilizia sociale realizzato in Europa con un sistema di strutture portanti in legno in pannelli a strati incrociati. Il quartier generale di Mare si trova all’interno di questo innovativo housing sociale, vista la prossimità dei nuovi edifici con la cascina. Il progetto di Cenni promuove nuovi stili di vita, basati sui concetti di sostenibilità e collaborazione3. L’obiettivo principale del progetto è la creazione di una comunità, attraverso un luogo che faciliti le relazioni e l’organizzazione tra vicini. Con questa finalità sono stati progettati la maggior parte degli elementi architettonici, dai ballatoi ai ponti e alle scalinate, pensati come spazi di relazione in cui le persone possano incontrarsi. Ciò avviene soprattutto nella corte comune, dove spesso si svolgono anche le attività di Mare, e nei locali in pianta bassa, dedicati alla cultura e al tempo libero. La gestione di questi spazi polivalenti è data in mano a cooperative o ai residenti stessi, come nel caso di servizi per la comunità quali

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l’area per bambini o quella per gli anziani. Oltre alla presenza di questi servizi, come la libreria collettiva e la sala da pranzo comune, sono presenti anche alcune attività commerciali, ad esempio una caffetteria. Per costruire Cenni era presente come scomputo di urbanizzazione la ristrutturazione della cascina con il vincolo di dedicarla ad attività socioculturali. Nel 2015 si procede quindi con il restauro conservativo coordinato della Soprintendenza e viene individuato Mare Culturale Urbano come gestore in linea con le richieste del Comune per stipulare un contratto d’affitto a prezzo calmierato. Mare si è occupato della rifunzionalizzazione degli spazi, e di allestimenti e arredi progettati rispetto alle funzioni previste per ogni ambiente. L’aspetto rurale che la cascina ha conservato permette all’edificio di mantenere un ruolo importante per l’identità e l’immaginario del quartiere. È proprio la forte relazione con i cittadini che ha permesso a Cascina Torrette di sopravvivere nonostante la costruzione del grande complesso di housing sociale che aveva affettato anche il suo lotto. Oggi la cascina continua a seguire la sua vocazione d’uso di luogo dedicato al lavoro, all’incontro e alla condivisione di conoscenze e saperi. 1

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Mare Culturale Urbano http://maremilano.org

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I. G

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R. G , MyA - The collective farmyard for neighbourhood social innovation, tesi di laurea inedita, Politecnico di Milano, Milano, 2015

, Un anno di mare culturale urbano, fondazionefeltrinelli.it

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Spazi: 1700 mq 1 1 1 2 3 40 500

cucina popolare birreria artigianale bookshop diuso sale prove musicali sale per la progettazione partecipata postazioni coworking mq di corte

Funzioni:

ristorazione

coworking

sale prova

sale in aďŹƒtto

promozione

musica

area bambini

formazione

cucina e cibo

AttivitĂ :

spettacolo

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N

piano terra 1:400

N

piano primo 1:400

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Le attività #costruirelimprovviso Un’attività che ha rappresentato il punto di partenza per altre pratiche future. In seguito alla distribuzione delle funzioni negli ambienti della cascina basata sulle esigenze della collettività e su pratiche di progettazione partecipata, in collaborazione con Polimi Desis Lab del Politecnico di Milano, si è passati alla vera e propria fase di funzionalizzazione degli ambienti. La realizzazione degli arredi è avvenuta attraverso un processo di autocostruzione che ha coinvolto gli abitanti del quartiere, con la collaborazione di studenti universitari, per un primo processo di condivisione di saperi nello spirito del progetto di Mare. #costruirelimprovviso è stato un progetto di tre mesi che da febbraio a maggio 2016 ha accompagnato l’apertura di Mare Culturale Urbano in cascina. L’obiettivo era la condivisione di pratiche che potessero rimanere sul territorio al termine del progetto. Il laboratorio ha portato alla realizzazione di oggetti e arredi per gli spazi di coworking, di formazione e spettacolo, ma soprattutto per l’allestimento del cortile comune perchè potesse diventare una piazza per il quartiere. Per questo motivo la corte è stata dotata di servizi gratuiti per la comunità: una casa dell’acqua pubblica, un forno comunitario, arredi da esterno, postazioni per la ricarica di biciclette elettriche, Wi-Fi e cablaggio. L’officina a cura di constructLab, collettivo internazionale che si occupa di autocostruzione collaborativa, consisteva in una falegnameria comune situata a ridosso della cascina. Il costo complessivo è stato di 28.638 euro, raccolti attraverso un crowdfunding in collaborazione con la piattaforma eppela.com1. 1. 1

ConstructLab http://www.constructlab.net/

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Spettacolo Grazie agli arredi prodotti la corte interna della cascina è diventata luogo ideale per assistere a concerti e spettacoli soprattutto nella stagione estiva. Il teatro nella programmazione di Mare svolge un ruolo centrale vista l’appartenenza dei fondatori al mondo delle arti performative. L’offerta va dalla lirica alla satira, fino alla stand up poetry. Spesso gli artisti alloggiano nelle residenze artistiche e sono chiamati ad una conoscenza previa del territorio che influisce sulla costruzione dello spettacolo. Ne è un esempio la coproduzione internazionale “Chi è il vero italiano?” realizzata dal gruppo Wunderbaum in collaborazione con nove abitanti del quartiere.

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Musica L’offerta musicale di Mare è molto varia e accontenta ogni tipo di pubblico. Si spazia dal jazz al rap, dall’indie alla musica classica, lasciando grande spazio agli artisti di nuova generazione e addirittura cercando di scoprire nuovi talenti “di quartiere” grazie al rapporto con i musicisti che frequentano le sale prova. La musica è spesso lo strumento più diffuso di riappropriazione di spazi. Nel momento in cui esce dai locali deputati viene riconosciuto il suo carattere culturale e sociale. Per questo motivo progetti che portano la musica in ogni angolo della città, come ad esempio Piano City, hanno trovato nel cortile di Mare il loro centro in periferia.

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Area bambini Zona 7 a Milano è l’area con il più alto tasso di natalità della città e i bambini da 0 a 14 anni residenti coprono quasi il 13% del numero totale di bambini a Milano. Questi dati contrastano però con la mancanza di luoghi per l’infanzia e le famiglie. Per questo Mare si identifica come uno spazio family friendly con la presenza di spazi appositi in cascina, come l’Oasi del Piccolo Lettore, e l’organizzazione di attività dedicate ai più piccoli. Non a caso una delle prime attività sul territorio è stato il laboratorio sull’integrazione “il futuro era ora!” realizzato nella scuola elementare “L. Radice”, istituto con la più alta percentuale di bambini stranieri della città.

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Formazione Mare è luogo di condivisione di conoscenze, saperi e pratiche. Per questa ragione vengono realizzati numerosi workshop e laboratori relativi a una grande varietà di temi. Dalle pratiche popolari come il ballo liscio ambrosiano fino all’innovazione tecnologica e alla comunicazione digitale. La forma del laboratorio è ideale per favorire processi di inclusione e integrazione, permette infatti alle persone che vi partecipano di sentirsi parte di un progetto comune e quindi svolgere una funzione attiva nella società. Ad esempio il workshop “senza peli sulla lingua”, nato da un gruppo di mamme migranti ha dato vita ad una sartoria dal forte messaggio sociale.

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Cucina e cibo Molti laboratori organizzati riguardano pratiche di cucina tradizionali, come ad esempio il workshop di panificazione che si incentrava sull’utilizzo del forno comunitario presente in cascina. Inoltre la cultura del cibo ha un ruolo centrale anche come ragione di incontro tra le persone. Per questo motivo la birreria artigianale e il ristorante sono pensati prima di tutto come luoghi di ritrovo per la comunità. La corte interna si trasforma spesso in spazio per venire a contatto con realtà alimentari differenti che promuovono pratiche di economia solidale, difesa dell’ambiente e della biodiversità attraverso mercatini e appuntamenti come il “kitchen social club”.

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Attivazioni urbane

“I bisogni urbani specifici non sono forse bisogni di luoghi qualificati di simultaneità e di incontro, di luoghi in cui lo scambio non passa attraverso il valore di scambio, il commercio e il profitto? E anche del tempo libero necessario allo sviluppo di incontri e scambi di quel genere?”.1 Il filosofo francese Henri Lefebvre nel 1968 osservava come nella città già prevalesse quello che definisce il valore di scambio, legato alle logiche del profitto, rispetto al valore d’uso. Anche i centri per il tempo libero hanno portato alla commercializzazione della cultura, ne è un esempio il teatro. Ma l’urbano si fonda sul valore d’uso. Per ottenere il diritto alla città, inteso come riappropriazione dei tempi e degli spazi del vivere urbano, è necessario immaginare un modello di città diverso. Secondo Lefebvre, l’appropriazione degli spazi deve sostituire il dominio attraverso il ludico. Lo spazio ludico permette la coesistenza al suo interno di scambio, circolazione, politica e cultura, ottenendo così spazi qualitativi ed eterogenei. Agire in modo “ludico” permette di instaurare e riconfigurare le relazioni sociali. Nel caso di Mare, data la posizione decentrata in periferia, era di particolare importanza il tema della costruzione di un rapporto di fiducia con il contesto per evitare di trasformarsi in una “cattedrale nel deserto”. Per questo motivo, una volta identificato il contesto sul quale avrebbe operato, sono state attivate in primo luogo una serie di azioni dirette sul territorio. Per facilitare questo processo sono intervenuti Cohabitation Strategies2 e Landscape Choreography3, due collettivi di artisti, sociologi, urbanisti e architetti. Grazie all’aiuto esterno di professionisti in questo ambito è stato possibile fare ricerca sul territorio e iniziare a costruire un rapporto attraverso progetti a impatto sociale direttamente sul quartiere.

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Il primo progetto di coinvolgimento pubblico di Mare dal nome “R come repubblica” è stato curato dai due collettivi. L’iniziativa si basava sull’idea di fondare una repubblica di quartiere per costruire un immaginario comune e incentivare l’auto-determinazione dei cittadini. Il percorso artistico ha portato a indagare le necessità reali e i desideri, e ad attivare una serie di meccanismi e economie a piccola scala che vanno dalle feste di quartiere ad assemblee e azioni pubbliche. Un altro lavoro fondamentale svolto sul territorio è stato “Who is Figino?”, una ricerca attiva sul quartiere che raccoglie storie, immagine e testimonianze dei suoi abitanti. Questo antico borgo agricolo infatti è stato interessato dalla costruzione di un progetto di Housing Sociale “Borgo Sostenibile” che ha portato ad un raddoppio della popolazione della zona. Era necessario di conseguenza ristabilire un equilibrio ed instaurare un processo di scambio e relazione tra gli abitanti vecchi e i nuovi, soprattutto dal momento che alcuni appartamenti dell’Housing Sociale svolgono la funzione di residenze artistiche per Mare Culturale Urbano4. Secondo Andrea Capaldi, fondatore di Mare, ci troviamo in un’epoca in cui bisogna ridare valore alle relazioni umane. È necessario l’incontro, il confronto e la crescita collettiva grazie alle diversità. Ciò lo si può ottenere in maniera efficace attraverso la produzione artistica e culturale, che si riappropriano della loro funzione politica innescando meccanismi di confronto e quindi di crescita. 1

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H. L

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Cohabitation Strategies http://www.cohstra.org

, Il diritto alla città, ombre corte, Città di Castello, 2014, pp. 101-102

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Landscape Choreography http://www.landcho.eu

4

Mare Culturale Urbano http://maremilano.org

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Arte come strumento di riappropriazione

Intendendo lo spazio come costruzione culturale è possibile identificare una pratica urbanistica alternativa basata sull’intervento artistico relazionato alla città. L’arte e l’architettura possono essere considerate come pratiche spaziali creative che offrono metodologie comuni, interdisciplinari e partecipative, nel campo della progettazione. Sia l’architettura che l’arte si comportano come linguaggio con capacità trasformative. Intorno alla fine degli anni 70 del secolo scorso sorge una controcorrente artistica negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei come Inghilterra, Francia e Germania, che vuole superare l’arte minimalista e concettuale, reclamando il compito dell’arte di trasformazione sociale e di relazione con il contesto. Un’arte che vada oltre la composizione formale e torni invece nelle strade, occupandosi delle necessità dei cittadini1. L’arte si caratterizza per il suo carattere relazionale. Il critico Nicolas Bourriaud parla di arte relazionale definendola come la capacità di creare situazioni d’intensa interazione e condivisione che portano a produrre nuovi spazi e relazioni2. In questo senso l’arte non si preoccupa di esprimere l’individualità dell’artista ma di lavorare sulle relazioni con il contesto. Questa nuova concezione porta al passaggio dall’idea di opera a quella di progetto artistico. La progettazione culturale e artistica è un efficace strumento di inclusione e relazione, ed è la base dell’azione sul territorio di Mare Culturale Urbano. 1

1

M. S , Espais latents. Pràctiques artístiques contemporànies vers un urbanisme crític, tesi di dottorato, ETSAV-UPC, Barcellona, 2013

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N. B

, Relational aesthetics, 1998

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Spazio latente

Pratica artistica

Spazio relazionale

ARTE artisti istituzioni collettivi

Co-creazione Pratica attiva

Collaborazione Partecipazione

ABITANTI

CITTÀ

persone comunità associazioni

architetti urbanisti amministrazione

Politica / trasformazione

Articolazione tra gli agenti spaziali e effetti derivati dalle pratiche spaziali dialogiche

Schemi tratti dalla tesi da M. S , Espais latents. Pràctiques artístiques contemporànies vers un urbanisme crític, tesi di dottorato, ETSAV-UPC, Barcellona, 2013.

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Esperienze dello spazio urbano

“L’atto di camminare […] è un processo di appropriazione del sistema topografico da parte del pedone […] è una realizzazione spaziale del luogo”.1 Le pratiche portate avanti dai collettivi Cohabitation Strategies e Landscape Choreography consistono in esperienze spaziali che si svolgono nello spazio pubblico, come parate o passeggiate. Questa tipologia di esperienze di riappropriazione urbana nasce come pratica dichiarata a metà del secolo scorso. Camminare per la città è uno strumento che permette di descrivere e modificare lo spazio metropolitano e al tempo stesso produce alterazioni nello stato d’animo del soggetto. In questo senso si sviluppa il concetto di deriva urbana, elaborato nel 1956 da Guy Debord che espone una forma di passeggiare per la città dettata dalla casualità e dagli impulsi spontanei soggettivi del vagabondo2. Attraverso la deriva, si passa dal descrivere la città all’introdursi fisicamente in essa e percepirla. In questo modo è possibile avvicinarsi al cuore urbano a partire dal quale si potrà intervenire in maniera efficace per un progetto urbanistico, architettonico, sociale o artistico. La deriva si propone come un’attività ludica e collettiva per analizzare gli effetti psichici che il contesto urbano produce negli individui. Per questo tipo di studio i situazionisti hanno formulato il concetto di psicogeografia. Le mappe situazioniste descrivono emozionalmente lo spazio, collegando frammenti di città attraverso relazioni psicologiche e soggettive. Questo tipo di esperienza è stata portata avanti anche dal gruppo italiano Stalker / osservatorio nomade che si fonda sullo sviluppo di

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pratiche spaziali esplorative. Francesco Careri, membro del gruppo, e autore di “Walkscapes. Camminare come pratica estetica”3, percorre la città fino ai suoi margini mettendo in luce relazioni inedite tra i pieni e i vuoti urbani. Il camminare è visto come un’azione estetica di ricerca, che viene messa in atto soprattutto in zone periferiche della città. Questa pratica artistica e ludica può costituire uno strumento reale d’investigazione sul funzionamento della città. Ciò viene teorizzato nel 1961 dall’antropologa e attivista Jane Jacobs nel suo libro “Vita e morte delle grandi città. Saggio sulle metropoli americane”4 nel quale sostiene inoltre che per migliorare la vita nei quartieri è necessario conoscere in primo luogo i problemi e le necessità degli abitanti. In omaggio a Jane Jacobs a partire dal 2006 vengono organizzate delle passeggiate dal nome “Jane’s Walk”5 in molte città del mondo. Si tratta di percorsi attraverso quartieri specifici di queste metropoli che permettono di entrare in contatto con le persone della zona e di condividere esperienze, preoccupazioni e riflessioni sul quartiere. Queste esperienze e pratiche agiscono in maniera diretta sul territorio e costituiscono uno strumento fondamentale di analisi urbana partecipativa.

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1

M.

C

, L’invenzione del quotidiano, Lavoro, Roma, 2001, p. 150

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G. D

3

F. C

, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, 2006

, Théorie de la dérive, in Les Lèvres nues, n. 9, Bruxelles, 1956

4

J. J

, The Death and Life of Great American Cities, Random House, New York, 1961

5

Jane’s Walk https://janeswalk.org

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03 Mare a Novara 75


Intro

“Volendo trovare un riferimento culturale per l’architettura-dispositivo, il pensiero va all’architetto inglese Cedric Price che nei primi anni Sessanta ha elaborato il concept (mai realizzato) del Fun Palace, un edificio-macchina in cui “condensare” funzioni legate allo spettacolo in enormi e suggestivi spazi vuoti multifunzionali”.1 Il progetto di Mare Culturale Urbano, oltre alle attività già sviluppate a Cascina Torrette, prevede la creazione di un vero e proprio centro culturale di sperimentazione artistica e innovazione sociale a livello internazionale. Questo polo sorgerà a soli 350 metri dalla cascina in un’area dismessa situata aldilà del deposito ATM. La nuova struttura di via Novara 75 è stata progettata dall’architetto Carlo Gandolfi. L’edificio è stato pensato per essere permeabile con il fine di integrarsi con l’ambiente circostante e permettere quindi una rigenerazione e riqualificazione del suo intorno. I requisiti richiesti per un luogo dedicato allo spettacolo e al tempo libero permettono di riflettere in profondità sul fattore tempo nella progettazione architettonica e sulla necessaria flessibilità e polivalenza di questi spazi. La chiave per rispondere a questo tipo di esigenze è il concetto di edificio inteso come dispositivo. In questo senso il progetto acquisisce un’accezione dinamica e al tempo stesso quasi tecnica, funzionale alla generazione di relazioni e alla multifunzionalità degli spazi. I modelli che hanno ispirato il progetto, secondo Gandolfi stesso, si possono ritrovare in edifici collettivi che sono organizzati come “una macchina” al loro interno e che distribuiscono le funzioni con elementi urbani (strada, patio, piazza, passaggio). Ne è un esempio il Centre Pompidou del 1971 di Rogers e Piano o il Teatro Oficina progettato nel 1967 da Lina Bo Bardi. Il padre però dell’architettura concepita come dispositivo è sicuramente l’architetto inglese Cedric Price1. 1. 1

C. G

, La qualità è nel dispositivo, in Abitare 567 (2017), pp. 93-98

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Alzato trasversale del Fun Palace di Price: meccanismi mobili e divisione in livelli

110 m

260 m

Schema planimetrico del funzionamento del Fun Palace: traiettorie dei meccanismi e rapporto tra spazio libero e aree con funzioni piĂš definite (cinema, teatro, osservazione, mangiare, ecc.)

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Il Fun Palace di Cedric Price

“Sta agli architetti andare oltre queste composizioni autocoscienti e manierate ed escogitare, come nelle migliori colonne sonore, varchi di incertezza nei quali l’individuo può inserirsi”.1 Negli anni 60 del secolo scorso fenomeni come la crescente automazione del lavoro portano una presenza maggiore di tempo libero per i lavoratori. Le conseguenze sono da un lato la nascita della società dei consumi e dall’altro il tentativo di una rivoluzione culturale che coinvolga le masse. In questo contesto prende vita il concept del Fun Palace nella mente dell’architetto inglese Cedric Price. Si tratta di un concetto completamente nuovo nell’architettura che intende l’edificio sotto forma di processo. Il progetto consiste in un edificio-macchina costituito da componenti edilizi che permettono di produrre ambienti adatti a qualunque tipo di evento si svolga. Non fu mai realizzato ma ha comunque raggiunto il suo obiettivo primario di provocazione mediante l’iniezione di un’idea sistematizzata. Il progetto risulta essere soprattuto la risposta ad un insieme di esigenze di un preciso momento storico. Consiste in un prodotto che è solo il risultato finale di un processo di comprensione di un problema. L’idea originale infatti appartiene alla produttrice teatrale Joan Littlewood che immaginava un “laboratorio del divertimento” con funzione educativa e sociale. La risposta a questa necessità si identifica così in una struttura ricreativa capace di accogliere diversi e non specificati eventi con soluzioni tecniche in comune. La vera novità consiste nella profonda considerazione del fattore tempo, inserito a tutti gli effetti come fattore progettuale nel processo

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progettuale totale. L’idea di un progetto in risposta alle esigenze della sua epoca si concretizza nella durata prevista per l’edificio che era di soli dieci anni. Inoltre il Fun Palace doveva evitare di adeguarsi ad un programma prestabilito ma era previsto l’inserimento di idee successive scaturite dall’uso effettivo. Infatti l’architettura di Price si caratterizza per il fatto di lasciare libero l’utente e di non obbligarlo nella sua esperienza dello spazio. Per esempio non è presente un ingresso ma l’edificio è permeabile da qualunque punto, è possibile inoltre recarsi verso qualsiasi cosa appaia interessante e scegliere in maniera totalmente libera cosa fare o guardare. I fruitori diventano così parte attiva del processo compositivo e trasformano il cosiddetto ozio delle masse in partecipazione dell’individuo. In questo modo venivano incentivati l’educazione ed il divertimento autopartecipativi, ed il centro diveniva una sorta di “università delle strade”, accessibile non solo alle persone che vivono nelle vicinanze ma diventando attrazione su scala regionale e nazionale. Lo schema della costruzione era semplice, un edificio di forma rettangolare scandito da cinque file di quindici torri metalliche che sorreggevano strutture secondarie mentre dall’alto imponenti gru provvedevano a spostare i volumi. Nel progetto non c’è niente di disegnato ma al contrario il risultato è più un anonimo assemblaggio di comuni prodotti industriali. Questo disinteresse per il formale non va però a discapito delle qualità relazionali che costituiscono il linguaggio dell’architetto nella ricerca di quell’incertezza nella quale l’individuo trova spazio per esprimersi. Secondo Price creare un dialogo tra le persone è forse l’unica vera ragione dell’architettura1.1.

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H. U. O

(a cura di), Re:CP. Cedric Price, LetteraVentidue, Palermo, 2011

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Il progetto

“L’edificio è pensato come luogo di connessione tra persone e idee, visioni e contenuti. Per questo sceglie di essere permeabile e fortemente integrato con l’ambiente circostante con l’obiettivo di innescare un intenso processo di riqualificazione del quartiere dove si trova.”1 Le attività che già si svolgono in cascina troveranno piena realizzazione all’interno del nuovo polo culturale che sorgerà in Via Novara 75. Il lotto interessato, con una superficie di 3000 metri quadri complessivi, è stato messo a bando dall’Amministrazione nel maggio del 2014, e ospita un immobile composto da un capannone e da un blocco uffici, per i quali è stata prevista la demolizione2. La concessione dell’area a titolo gratuito per un periodo di 30 anni è stata affidata a Mare Culturale Urbano in seguito alla manifestazione di interesse della società in risposta al bando indetto dall’Assessorato Area Metropolitana, Casa e Demanio della giunta Pisapia del Comune di Milano2. Successivamente ad una prima fase di bonifica inizieranno quindi i lavori di costruzione mentre per il momento, in seguito al cambio della giunta, si attende ancora la fideiussione di 5,5 milioni in carico a Banca Prossima con garante il Comune di Milano. Questo finanziamento permetterà di coprire circa la metà dei costi del progetto, la restante parte proverrà da altri fondi e da entrate diversificate. Il progetto curato dall’architetto Carlo Gandolfi (Bunker-arc) si è interrogato fin dal principio sull’economie della costruzione, considerando il fattore economico come fondamentale nella concezione dell’edificio. Inoltre la versione definitiva è la sintesi di numerosi step di avanzamento progettuali, frutto di un processo di riflessione e scambio avvenuto tra committenza e progettisti.

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Questa condizione positiva che avviene non così frequentemente ha portato ad una condivisione di conoscenze della quale il progetto ha beneficiato. Ad esempio è risultata utile l’esperienza di alcuni dei fondatori di Mare rispetto alla pratica delle arti performative e al funzionamento degli spazi culturali. La progettazione è avvenuta proprio partendo dalla regia degli spazi, immaginando già un possibile calendario, i rispettivi ambienti necessari e il movimento dei flussi nello spazio. La versione finale di questo proficuo processo di scambio risulta essere un compromesso tra l’idea e l’intenzione iniziale e alcune condizioni legate a necessità pratiche. Il nuovo spazio si svilupperà così su tre livelli per un totale di 6000 metri quadri con intorno un’area di verde pubblico attrezzato.

1

.

1 2

Mare Culturale Urbano http://maremilano.org Comunicato stampa del Comune di Milano - 11 marzo 2016, Spazi. In via Novara arriva il “mare”, un grande polo di produzione artistica e culturale per la città

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Spazi: 6000 mq 1 1 1 1 1 1 2

5 6

foresteria terrazza bookshop bistrot ristorante area di verde pubblico attrezzato sale teatrali e da concerto (400 e 150 posti) aule polivalenti studi di registrazione sale cinema (2 da 90 e una da 120) sale prova atelier

A B C D E F

passage palco passage area esterna bistrot infopoint verde pubblico riqualiďŹ cato pavimentazione permeabile

2 2 3

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VIA GIULIO FERRERI

D F

VIA ALESSANDRO FLEMING

B

A

VIA NOVARA

N Planimetria generale 1:1250

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C

VIA DEL TICINO

E


5 uďŹƒcio 6 atelier 7 bistrot 8 cucina/dispensa

1 teatro (400 posti) 2 teatro (150 posti) 3 magazzino 4 laboratorio scenico

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N

9 biglietteria/guardaroba 10 passage 11 patio

Pianta piano terra 1:250

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3 magazzino 4 laboratorio scenico 7 bistrot 24 cucina satellite

25 bookshop-spazio presentazioni 26 spogliatoi 27 sala polivalente

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N Pianta piano primo 1:250

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18 sale proiezione 19 camerini 20 spogliatoi tecnici 21 lavanderia/sartoria 22 sala trucco 23 sottopalco botolabile

12 dispensa 13 cinema (150 posti) 14 cinema (90 posti) 15 locale impianti 16 sale prova 17 locale tecnico

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N

24 locale impianti 25 cabina elettrica

Pianta piano primo interrato 1:250

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Pianta piano secondo 1:500

Pianta piano secondo interrato 1:500

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Sezione L1 trasversale 1:500

Sezione L2 trasversale 1:500

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Dialogo progettuale

“I progetti di Mendes da Rocha nascono da ragionamenti sullo spazio e sulla realtà e ci insegnano quanto l’architettura costituisca, per sua stessa definizione, una ricerca attiva sul presente, inesorabilmente legata al suo tempo, una trasformazione culturale, un ragionamento sulla realtà.”1 “Quarantacinque domande a Paulo Mendes da Rocha”1 è un libro curato da Carlo Gandolfi, architetto di Mare Milano. In questo testo egli sintetizza il suo percorso di ricerca svolto attorno alla figura del premio Pritzker brasiliano e guida la discussione su alcuni progetti specifici spaziando da aspetti pratici fino a contenuti teorici. Per comprendere in profondità il progetto di Mare Culturale Urbano è stato fondamentale a mia volta poter dialogare con il suo ideatore. Nell’impostare le domande mi sono ispirata all’approccio di Gandolfi stesso nel condurre il suo scambio con Paulo Mendes da Rocha. Infatti le domande si trasformano in discorso libero e l’intervista finisce per essere un vero e proprio “dialogo progettuale”. La riflessione condotta dimostra la portata culturale ed etica del progetto di Mare, che si contrappone ad un panorama architettonico formalista e sterile. Il progetto si presenta come uno strumento di indagine e di comprensione dei problemi della contemporaneità. Sono presenti temi che ricorrono in maniera circolare e concetti trasversali che rimangono sempre presenti. È un’occasione per parlare del ruolo dell’architettura oggi e per porsi domande, più che cercare delle risposte. La riflessione teorica rimane sempre legata alla realtà della pratica, bilanciando l’esito costruttivo con la consistenza culturale del progetto, all’interno della complessità del loro tempo. 1. 1

C. G (a cura di), Quarantacinque domande a Paulo Mendes da Rocha, CLEAN, Napoli, 2016

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Intervista a Carlo Gandolfi

Come da descrizione, il progetto si presenta come un’occasione per riflettere sulle economie della costruzione e per interrogarsi sui requisiti qualitativi dei luoghi per l’arte, lo spettacolo, la ricerca e il tempo libero. In controtendenza con l’approccio di molte archi-star che si caratterizza per architetture fortemente autoreferenziali, il progetto di Mare sembra trarre la sua forza dai contenuti, rimettendo al centro il programma funzionale. È corretto definirla un’architettura volutamente non iconica? Questo tema è centrale perché intercetta una delle principali istanze del progetto, soprattutto nella fase embrionale della sua ideazione. Il progetto per Mare Culturale Urbano nasce ben prima che partecipassimo alla manifestazione di interesse e poi vincessimo il bando di assegnazione degli spazi di via Novara, 75. Abbiamo prima iniziato a comprenderne i caratteri, gli “ingredienti”. I passaggi sono stati moltissimi: l’architettura non è stata la conseguenza ex post di un programma funzionale dato, ma è servita come luogo di comprensione e affinamento del programma stesso. L’attuale è il terzo progetto, e in mezzo ci sono state infinite varianti. Nel primo progetto, molto articolato erano presenti grossomodo gli stessi elementi, ma serviva per iniziare un percorso tra noi promotori. In altre parole serviva a capire cosa Mare volesse o dovesse essere, anche in relazione ai conti economici che parallelamente venivano elaborati. La prima cosa che ho fatto è stato scrivere quindi un manifesto atopico. Naturalmente dopo aver visitato luoghi simili in tutta Europa e non solo, dopo averli studiati in modo approfondito, dopo averli vissuti, confrontati e raccontati. Il manifesto, come tutti i manifesti era sintetico: Mare deve essere un riferimento urbano, non deve essere monumentale, deve essere attraversabile e permeabile, deve fondersi con la città e via dicendo. Questi punti volevo che

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fossero condivisi con gli altri, perché sarebbero state anche le basi argomentative di ogni possibile progetto architettonico successivo. Ma allo stesso tempo servivano a noi per avere ben chiaro quali elementi approfondire, quali sarebbero stati i punti critici di un edificio che non sarebbe stato solo un edificio, e che soprattutto non ha precedenti così simili. Si è trattata di una condizione straordinaria, un’avventura che penso sia piuttosto irripetibile. Assieme agli ideatori di Mare ci siamo innanzitutto interrogati su che tipo di architettura dovesse essere, una domanda apparentemente scontata ma fondamentale in quanto non si tratta di un edificio privato, bensì di un intervento con un ruolo importante in una città dove da tempo non si investiva in luoghi per lo spettacolo e la cultura. Sembra scontato, ma il chiedersi che tipo di architettura sia oggi necessaria è obbligatorio da parte dei progettisti per sconfiggere il dilagare di un atteggiamento idiosincratico verso l’architettura contemporanea che porta solamente ad un criticismo individualista e sterile. Ci viene richiesta invece una riflessione approfondita che passa per il progetto, inteso sia come dichiarazione di intenti che come affermazione teorica sul presente e sulla contemporaneità. Ogni progetto di architettura, soprattutto nel caso di edifici collettivi, instaura delle relazioni con l’esterno, con la città, e all’interno tra le sue parti, ovvero il programma funzionale; ogni progetto di architettura è fatto affermativo, dice qualcosa, sia in termini fisici, tattili, materici, che urbani, o concettuali. Il progetto, anche il più piccolo, è sempre una dichiarazione, una presa di posizione. Proviamo a pensare a vari layer che vanno dai legami fisici della materia che costruisce l’architettura stessa, ai legami tettonici e costruttivi, fino alle relazioni con lo spazio aperto immediato e con lo spazio urbano in senso lato, ma soprattutto relazioni immateriali con il proprio tempo. Nel 2012, quando abbiamo iniziato il progetto, quello della crisi economica era ancora argomento sensibile, ossessivamente trattato dai media (che oggi lo tralasciano, senza in realtà dirci che questa crisi, o cosiddetta tale, non terminerà…). Ma per questo motivo ci si chiedeva soprattutto quanto dovesse costare questa architettura nel tempo, quale sarebbe stata la sua manutenzione ordinaria (facilmente traducibile in costi materiali spalmati nel tempo): non solo quali dovessero essere i costi di costruzione, anche se

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I. CITTÀ Mare non è un edificio. Non ha una facciata. Non si rivela nella città in termini monumentali. La sua è una presenza luminosa; una vera e propria lanterna che diffonde luce, contenuti, cultura, arte, sapere. Il “tepore” che irradia si traduce in vera e propria luminosità una volta varcato il suo confine con la città. Si tratta di un recinto traslucido che intende definire e custodire tutta la vita che avvolge.

Estratto dal Primo manifesto architettonico provvisorio di Carlo Gandolfi (Bunker-arc). Stilato nel 2012 per BAAM! Srl. che nel 2015 cambia nome in Mare Culturale Urbano.

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sappiamo bene di recenti realizzazioni con costi fuori controllo. Veniva richiesto un programma di manutenzione su base decennale quindi era praticamente necessario progettare un edificio che non avesse bisogno di riparazioni, e allora le scelte si sovrappongono, intercettandosi vicendevolmente. Per fare un’architettura che non abbia bisogno di manutenzione bisogna cercare dei materiali che non siano soggetti ad obsolescenza, e ciò fa parte di un quadro di scelte all’interno di una dimensione di linguaggio ampia ed estesa in cui qualunque ingrediente ha un significato preciso, in cui ogni termine è un preciso significante. Il sistema padiglionare che costituisce il progetto è circondato e reso unitario da una lamiera stirata di alluminio realizzata appositamente, con un trattamento che consente, a parità di superficie, di avere una minore quantità di sottostruttura. Ciò riduce non solo i costi di fornitura, ma anche quelli di manodopera di montaggio, ottimizzando i tempi. Faccio questo esempio, perché non si tratta di nascondersi dietro un alibi economico ma di costruire il progetto alla perfezione, e anche con un budget limitato, compiere delle scelte tecniche, studiate e ricercate, che diano luogo ad un’architettura che limiti il più possibile l’azione manutentiva nei suoi confronti. Quello dell’obsolescenza è un tema molto attuale che consente di esprimere un giudizio critico e non soggettivo su alcune architetture recenti. Come architetti abbiamo l’obbligo dell’esercizio etico del nostro lavoro. Dobbiamo interrogarci sulle questioni, ma questo anticipa di molto qualsiasi terminologia abusata oggi. Spesso si pensa a progetti faraonici che si fermano, o che subiscono tagli sulle finiture, sulla loro superficie di usura quotidiana. Con Mare, abbiamo costruito il budget col progetto, evitando ogni forma di spreco, ma abbiamo “speso” soldi per raggiungere la miglior classe energetica possibile, o per impianti fonici dell’ultimissima generazione. In questo senso occorre interrogarsi su cosa sia logico o illogico, banalmente su ciò che serve… l’utilitas, in fondo. Ci siamo interrogati profondamente sull’uso di materiali resistenti ed economici. Della manutenzione occorre oggi più che mai prevedere i costi parabolici nel tempo. L’obiettivo dovrebbe essere quello del costo zero più a lungo possibile. Per un edificio del genere occorre uno studio molto approfondito e paziente. La messa a sistema delle normative sul pubblico spettacolo, con quelle edilizie, tra loro spesso in aperta contraddizione. E se si

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II. RAPPORTI Mare instaura con la città e gli spazi aperti rapporti dati da vari layer di contatto con l’esterno. Essi tendono ad essere mediati da luoghi di transizione, adatti a ricevere e a richiamare l’attenzione dall’esterno in vari punti e secondo diverse modalità lungo il suo perimetro. Mare si pone positivamente in quanto presenza volumetrica consistente, in grado di confrontarsi con le grandi emergenze della zona (lo stadio, il grande deposito ATM nelle immediate prossimità). Mare è una presenza neutra e solo apparentemente silenziosa. L’energia è racchiusa tutta all’interno. Il suo involucro comunica in continuazione con la città. Un sistema di accessi rende Mare permeabile alla stregua di una spugna. Della spugna, Mare, ha la capacità di scambio con gli spazi aperti. Si tratta di veri e propri “strati” che concorrono alla definizione stessa del carattere di Mare attraverso la continua articolazione delle sue parti. Mare è attraversabile, connette persone e idee, visioni e contenuti; ospita e condivide. Estratto dal Primo manifesto architettonico provvisorio di Carlo Gandolfi (Bunker-arc). Stilato nel 2012 per BAAM! Srl. che nel 2015 cambia nome in Mare Culturale Urbano.

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vuole guardare avanti, all’ecologia, non c’è una normativa che la favorisca. L’iter per il geotermico è un incubo. Non esiste un incentivo per l’uso delle acque meteoriche. Un edificio come Mare potrebbe essere autosufficiente, fatta eccezione per il bistrot. Di qui una riflessione ulteriore. Abbiamo l’obbligo di aggirare le normative, quell’apparato ridondante e ipertrofico di regole che spesso è un dannosissimo moltiplicatore di costi. La norma non va osservata, va sapientemente addomesticata, specie quando è illogica o dannosa. Per capire meglio la ratio del fare bene, abbiamo osservato molti protocolli esteri, che con grande sintesi spesso aiutano a superare la nostra norma. Nell’arco di vent’anni il clima aumenterà molto. Allora preferisco trovare le risorse economiche per aumentare anche di cinque o sei centimetri lo spessore degli isolamenti. L’etica è spesso invisibile. Questo è un passaggio non ovvio. E richiede una riflessione in più. Si tratta della relazione col concetto di durata. Ciò che è durevole è resistente. Se una cosa è costruita secondo criterio e senza errori è durevole e resistente. Ma come dice il caro Luigi Snozzi, solo una forma ostinata di resistenza da parte di noi architetti può darci la speranza di un mondo migliore: è molto, molto semplice. L’architettura ruffiana non trova nessunissimo spazio tra le architetture che vogliono durare. Un’architettura che vuole durare, è un’architettura etica, e che all’ambiente pensa per davvero, che resiste alle mode, alle tentazioni – come diceva Wittgenstein – ai dialetti, agli slang temporanei, ai modi di dire. Dobbiamo esprimerci bene, come architetti. Senza approssimazioni, senza gesticolare. Queste sono solo alcune delle cose sulle quali in studio ci siamo confrontati. Un edificio come Mare deve poter funzionare sempre esattamente come un motore o una macchina. Sono presenti allora molti riferimenti, dalle architetture di Cedric Price per quanto riguarda la parte concettuale dell’edificio, ai progetti di Lacaton & Vassal che lavorano sull’utilizzo di materiali semplici provenienti dal mondo dell’industria, assemblati seguendo una poetica capace di generare un linguaggio. Rispetto al desiderio di non ricercare l’iconicità è necessario anche sottolineare che si tratta di un’architettura pensata come un apparato fatto per essere abitato dai contenuti. Sarà popolato da artisti, attori e performer ed è quindi giusto lasciare parlare la sostanza. È un edificio concepito per essere una grande

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macchina che mostra ciò che al suo interno avviene, il suo pullulare di funzioni e l’attività di tutti i giorni dell’anno, dalle sette del mattino alle tre di notte. Arata Isozaki relativamente alla non iconicità nei progetti di Cedric Price, parla di un’architettura che si annulla nel sistema, addirittura di una non-architettura1. Una definizione che forse non convince alla luce di queste considerazioni… Questa è una buona intuizione, basti pensare alla voliera dello Zoo di Londra, una delle poche opere costruite di Price, che è quanto di più impalpabile, eppure è una scultura, uno spazio che va molto oltre un semplice edificio, per la sua densità, per l’insieme delle sue relazioni, per la sua intelligenza. E l’intelligenza è un dato oggettivo, a differenza dei gusti personali di ciascuno di noi. Cedric Price chiaramente non era interessato alla formulazione di un linguaggio iconico riconoscibile ma faceva del linguaggio meccanico, della macchina delle feste come avviene nel Fun Palace, l’idea di costruzione di uno spazio dinamico e realmente polifunzionale. Questa idea di spazio per lo spettacolo leggero ma meccanicamente resistente, declinabile e adattabile, per cui giocoforza flessibile, trova il suo riferimento nel circo. Questi luoghi della performance sono interessanti per varie ragioni: devono essere smontabili e rimontabili, ma soprattutto i circhi sono un’architettura nomade e volutamente non site-specific. L’idea dell’iconicità a tutti i costi propria dell’individualismo contemporaneo è secondo noi sostituita dall’idea che un edificio pubblico, collettivo, possa diventare luogo grazie alla vita che gli sta dentro, grazie all’imprevedibilità della vita. Abitare è trasformare. Mare nasce prima del suo luogo fisico, successivamente ha adattato parte delle sue funzioni negli spazi di cascina Torrette e trova invece piena realizzazione nel progetto di via Novara 75. Richiamando i ragionamenti nel confronto con Paulo Mendes da Rocha2, può un progetto prescindere dall’idea di luogo? Quanto sono importanti i limiti fisici per lo sviluppo del progetto? La retorica del contesto e del luogo è molto spesso moralistica. Mare si trova in una condizione in cui qualunque barlume di urbanità è talmente compromesso da far pensare ad un terreno smarrito,

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equivalente. In realtà questa totale assenza di nessi, se non un perimetro burocratico peraltro vittima di un errore di “accatastamento urbanistico”, ci ha messo, come progettisti, nella condizione di sperimentare pochissime azioni nello spazio urbano, ma molto nette e chiare: collegare quel giardino abbandonato con il fronte su via Novara che però abbiamo voluto trattare come retro. Voltare le spalle alla strada di grande scorrimento è stata una reazione all’arbitrarietà burocratica di quel lotto. La sovversione del fronte dell’edificio per lasciare spazio al portico è una presa di posizione: il giardino è la nostra piazza verde. Avevo pensato ad un piccolo bosco ad alto fusto, ma a foglia caduca. Umbratile e fresco d’estate, luminoso d’inverno. Un’azione delicata e poco disegnata, ma incontrovertibile. Ciò non ha quasi mai a che vedere con il luogo. A ridimensionare quest’idea un po’ radicale ci hanno pensato gli addetti al verde del Comune di Milano, con una serie di tanto comprensibili quanto a volte irritanti vincoli che spesso concorrono a rendere gli spazi aperti di una città come Milano totalmente mediocri. La cortina edilizia della radiale di via Novara si interrompe e la città si disgrega, comincia a sciogliersi e a diluirsi dando luogo ad una città polverizzata a bassa densità e che di questo dato non ne fa un valore qualitativo per gli spazi aperti. Ci sono dei fatti urbani, come lo stadio, l’ospedale, la caserma ma convivono senza la minima relazione reciproca; sono isolati. L’urbanistica qui ha davvero perso. In questi casi l’architettura può reagire con sommatorie di piccole azioni chiare, volte a riconnettere, rimettere in tensione relazioni altrimenti perdute, anche piccole, ma che tra loro fanno sistema. Come un arcipelago di grandi oggetti che non comunicano, Mare si inserisce positivamente in questo tessuto aiutando a ricostituire un’immagine di sistema territoriale. Questo avviene in termini di pratica sociale, più che dal punto di vista dell’architettura. Ci troviamo in una condizione urbanistica completamente anomala, e allora la sfida è stata lavorare sull’oggetto. Ciò si realizza non passando attraverso l’autoreferenzialità dell’oggetto in sé, ma prendendo le distanze dal contesto stesso chiedendosi, invece, come diventare un luogo identitario per la zona e la città. È una ricerca che vale per Milano come per molti altri luoghi. Per esempio, richiamando il dialogo con Paulo Mendes da Rocha, San Paolo è una città in cui il contesto è un qualcosa di così

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completamente relativo e caduco che quasi perde senso. Si tratta di una natura di segni selvaggi, in cui la chiarezza geometrica ha un ruolo molto chiaro. Come nel progetto di una piscina per un luogo qualunque… Per esempio, così dichiaratamente per un luogo qualunque. Ho realizzato un modello di questo progetto di Mendes da Rocha per vedere come possa trovare declinazione dentro un sistema urbano, come nel caso ipotizzato da Paulo di calare il prototipo in Praça da Republica a San Paolo. Solo quando la piscina è inserita in un tessuto urbano fatto di elementi si capisce il gigantismo del progetto. In questo atteggiamento verso il contesto è racchiusa la consapevolezza che il piano di discussione dell’architettura contemporanea debba essere più fare i conti con l’efficacia del proprio operato che non trincerarsi dietro ad analisi urbane interminabili, talora talmente meccaniche da sostituire la pratica del progetto, che diviene didascalico e non opera alcuna rivoluzione. Ogni progetto, invece, se ci pensi rigenera e riqualifica, perché è una piccola rivoluzione. Nel caso di Mare le funzioni si affacciano verso l’interno dell’edificio e il contatto visivo con lo spazio esterno esiste solo al pian terreno e al bistrò. È presente un grande taglio circolare come unica interruzione dell’involucro esterno, una specie di palpebra di un occhio che guarda verso la periferia. Ma non è questo l’ingrediente saliente del progetto; gli elementi imprescindibili di mare sono la presenza di una membrana trasparente retroilluminata, di ballatoi e passerelle che danno profondità e dinamicità alla facciata. Queste idee potrebbero funzionare anche in altro punto di Milano o in qualunque città del mondo. È come se fosse un’architettura globale. Quando abbiamo presentato il progetto all’Expo Gate della Triennale di Milano, erano venute le autorità, il sindaco Pisapia, gli assessori. Tutti erano felici di questo nuovo strano edificio. Si poteva spiare il modello di Mare dai fori fatti su una casetta di legno verniciato di nero un po’ misteriosa. Un mio collega, non so se sia un buono o un cattivo architetto, con un po’ di stizza mi ha detto che il progetto sembrava un’Ikea. Non so se volesse offendermi, ma io sono stato felicissimo: standardizzazione, resistenza a grandi flussi di persone, cantieri efficientissimi, scalabilità aprioristica e soprattutto… economia.

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A proposito dell’involucro, la scelta di utilizzare una membrana incentiva l’idea di permeabilità e integrazione con lo spazio circostante con il fine ultimo di riqualificarlo? Sì, questa è l’intenzione. Per realizzarla mi sono ispirato al ragionamento da meccanico a cui si rifà Paulo Mendes da Rocha, un approccio ingegneristico umanista. L’edificio deve poter interagire ed è qui che l’idea della membrana e della facciata dinamica trovano la loro efficacia, perché creano una tensione con lo spazio aperto immediato. L’invenzione funziona soprattutto perché è pensata in relazione alla scalabilità del progetto, che è la sua sfida principale. La scalabilità dimensionale vuol dire anche poter alterare le funzioni in esso contenute, diventando una sorta di architettura che fa parte di un’immagine coordinata di sé stessa, in cui la reiterazione la rende riconoscibile. La voluta annullazione della scala dell’oggetto permette a questo prodotto di poter vivere libero sui quattro lati, stare in cortina tra due edifici o attaccarsi ad un isolato adattandosi a varie situazioni urbanistiche per diventare una sorta di format riconoscibile. Cambia forma e dimensione ma la costante è sempre l’utilizzo di una pelle luminescente e dinamica; di una facciata dotata di profondità, con ballatoi che corrono e grandi finestre che si aprono a scorrere. L’idea è che ci sia lo spazio per fare una piccola performance, e un grande traliccio verticale che possa essere allestibile a seconda delle occasioni, ospitare installazioni. Insomma: in movimento. Quando ero bambino, mia mamma mi portava dalla Svizzera a Milano e la sera, d’inverno, in piazza del Duomo si illuminavano le insegne degli edifici di fronte alla facciata del Duomo. Allora io non sapevo se volessi guardare il Duomo, la grande balena bianca, o quella facciata di segni colorati, che azzerava l’idea dell’ordine architettonico, per lasciare posto a un sacco di informazioni: dalla data, la temperatura con quei grandi numeri digitali rossi e soprattutto… l’omino della Kores, in perenne e instancabile movimento. Lasciando quel grado di incertezza che permette l’espressione e l’interpretazione, per assumere identità attraverso l’uso… Esatto, qui sta la sperimentazione. Il passage ad esempio è un elemento chiave del progetto. Spazio di distribuzione che

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III. FLESSIBILITÀ La continua articolazione tra parti, quasi un moto meccanico, determina la flessibilità di Mare. Di un edificio, infatti, rifiuta la fissità: esso non è mai uguale a se stesso. In ogni momento sono generate visioni inedite e aperte a nuove funzioni e interpretazioni. Quasi fosse una continua messa in scena.

Estratto dal Primo manifesto architettonico provvisorio di Carlo Gandolfi (Bunker-arc). Stilato nel 2012 per BAAM! Srl. che nel 2015 cambia nome in Mare Culturale Urbano.

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attraversa Mare, è pensato per essere centrale anche dal punto di vista funzionale. Trasformabile e declinabile a seconda delle attività, sarà dotato di un carroponte scorrevole per collegare i ballatoi in modo da creare una relazione che possa servire agli artisti e performer per offrire una fruizione ulteriore rispetto alle sale teatrali e ai cinema che costituiscono degli spazi polivalenti ma chiusi e definiti. Sul passage si affacciano le vere facciate dell’edificio: una domestica, diurna, ritmata e leggera come i ballatoi milanesi e una urbana, fatta di policarbonato, che illumina... Abbiamo sempre pensato al bagliore del passage… È come se si prendesse la città e si decidesse di introiettarla in maniera fisica, introducendo una condizione urbana come la strada, che in Italia è una delle situazioni più teatrali che esistano. Immagina una festa la sera, una volta terminati gli spettacoli, un DJ set, dei funamboli per i bambini di giorno. Questa è un’altra tematica ricorrente. Herman Hertzberger progettava edifici pubblici come città in miniatura, procedendo con agglomerati di volumi che all’interno riproducevano la complessità delle funzioni3. Il passage e il foyer possono essere considerati dispositivi architettonici che generano successioni spaziali con l’obbiettivo di innescare una serie di relazioni a scala urbana e con lo spazio aperto? Leon Battista Alberti affermava: «E se è vero il detto dei filosofi che la città è come una grande casa e la casa a sua volta una piccola città non si avrà torto a sostenere che le membra di una casa sono esse stesse piccole abitazioni […] la casa è una città in miniatura. Di conseguenza si deve ritenere che gli elementi caratteristici che costituiscono la città si ritrovino pressoché tutti nella casa»4. Questo concetto è fondamentale, ed è stato ripreso da numerosi architetti, da Palladio a Vilanova Artigas che ne ha fatto l’anima della scuola paulista, fino a Louis Kahn che definiva la casa come “società di stanze”5. Le stanze possono essere chiuse, aperte, urbane. È importante infatti concepire l’organismo architettonico a meno di una scala per comprenderne immediatamente il senso di relazione; infatti le relazioni tra spazi sono un concetto che non ha scala. La logica padiglionare favorisce questa idea e il passage è come se fosse un foyer alla scala della città che, illuminato zenitalmente, genera successioni spaziali innescando relazioni all’interno dell’edificio.

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IV. CARATTERE Metafora di una grande lanterna, Mare è il luogo dove la cultura e l’arte si manifestano e si rappresentano. Un luogo complesso recintato che si rappresenta al proprio interno e guarda il cielo. Un luogo che ogni giorno si muove ed ogni giorno, per questo, scambia energia con la città. Mare è nuovo perché non è mai esistito prima.

Estratto dal Primo manifesto architettonico provvisorio di Carlo Gandolfi (Bunker-arc). Stilato nel 2012 per BAAM! Srl. che nel 2015 cambia nome in Mare Culturale Urbano.

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Il dialogo visivo, vedere una persona dell’altro lato, osservare un’attività, significa riconoscersi. È questa la magia che ritroviamo entrando in un teatro all’italiana, vedere gli altri e collocarsi dentro un insieme di persone. Quindi il passage è un elemento che altera la sua funzione strictu sensu, combinandola con un ruolo normativo. Per cui il progetto ancora una volta si comporta come una grande macchina tecnica che mette a sistema norme e regole con la forma architettonica. Il concetto dell’architettura come dispositivo per innescare relazioni compare anche nel dialogo con Paulo Mendes da Rocha, il quale sottolinea come il programma funzionale sia solo una scintilla di partenza capace di provocare una serie di eventi successivi6. A questo proposito non si può non considerare la flessibilità come requisito essenziale dell’architettura oggi, soprattutto in un tempo in cui è diventato impossibile concepire luoghi destinati esclusivamente ad un’unica funzione come il teatro tradizionale. Il progetto è sempre un’occasione per riflettere sulla contemporaneità, è anzi necessario creare delle relazioni con il tempo in cui viviamo. Questo meccanismo di interazione con il presente è un processo complesso. Oggi è come se ci fossero delle mode; si parla molto di sostenibilità, rigenerazione ma questi concetti dovrebbero essere contenuti implicitamente nel progetto per sua stessa definizione. Sono come slogan che tolgono all’architettura il suo statuto e potere trasformativo rispetto alla città, alla società e al presente. La flessibilità è uno di questi termini, ed è quindi necessario riflettere su questi concetti per restituir loro il significato che l’eccesso d’uso ha consumato. Per raggiungere la flessibilità si può passare attraverso un processo d’istituzione del carattere dell’architettura dotata di una certa vaghezza, che si lascia all’imprevisto, come nel caso del Fun Palace che è un grande impalcato scenico fatto per essere usato e declinato. Un’architettura come dispositivo con vocazione dinamica che si concretizza in un edificio macchina capace di generare connessioni inedite tra persone, idee, visioni e contenuti… Questo è stato un primo approccio a Mare che si è trasformato confrontandosi con esigenze più specifiche. Ma in

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ogni progetto è comunque necessaria una componente utopica e irrealizzabile come processo metodologico di verifica. Mare è un’operazione speciale, un edificio che viene finanziato su un terreno del Comune è un intervento che deve essere sostenibile sul piano finanziario. In una società più equa gli esercizi culturali dovrebbero avere un costo fisico reale e pesante per la società, al pari di ferrovie, poste, scuole. Purtroppo siamo in un altro presente, quindi Mare è un’operazione che si deve finanziare da sola. L’idea di grande macchina scenica avrebbe comportato di volta in volta costi aggiuntivi per l’allestimento e la messa in moto e per questo motivo è stata lasciata da parte. Ad esempio, il teatro Schaubühne di Berlino progettato dall’espressionista Erich Mendelsohn, poi rimodellata e rivoluzionata internamente a partire dalla fine degli anni Settanta da Jürgen Sawade prevede uno spazio scenico formato da novanta martinetti idraulici ognuno dei quali in grado di sollevare una tonnellata di peso; ciò permette di conformare la sala in maniera differente, tuttavia questa macchina non viene mai movimentata per motivi economici. Nonostante questa irrealizzabilità del concept iniziale, la mancanza di un programma funzionale definito ha costituito un’occasione privilegiata che suscita interesse nello studiare questa processualità. La fortuna di questo progetto è aver avuto il lusso di progettare e capire cosa fosse Mare attraverso l’architettura. Non esisteva una commessa professionale precisa e questo ha permesso di mettere insieme gli ingredienti, su base concettuale, di ricerca, con l’obbiettivo di formare una massa critica forte. Per prima cosa infatti è stato stilato un manifesto architettonico programmatico che comunicasse in pochi punti che cosa questo edificio avrebbe dovuto essere e cosa non. Le circa duecentottanta versioni di avanzamento di progetto testimoniano l’evoluzione e il confronto che ha avuto luogo. Lo scontro è stato principalmente sulle dimensioni, dovuto all’intenzione iniziale di avere un tessuto connettivo che fosse vincente rispetto alla massa funzionale. Il progetto definitivo nasce da una profonda interazione tra questa concezione di architettura e l’idea di messa a reddito degli spazi, un dialogo serrato e intenso che è durato anni. Si contrappongono i due aspetti: una super specializzazione degli spazi oppure una grande valenza. L’apporto

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dei fondatori di Mare nel campo delle arti performative e soprattutto quello di Marciano Rizzo, sublime direttore tecnico di eventi giganteschi, è stato di fondamentale importanza nel concepire la regia degli spazi, ovvero nel chiudere gli occhi e immaginare cosa accadesse in ogni punto, lavorando così con la materia, con la vita. Come nel caso dell’architettura rurale, essa sembra anonima e priva di connotazione ma in realtà è progettata dalla vita. Bernard Rudofsky nel suo libro “Architecture without architects”7 si interroga sulle dimensioni dell’architettura vernacolare, scoprendo che sono dettate dalla necessità e dalle esigenze. E così è stato per Mare, nato utilizzando l’architettura come mezzo per capire cosa questo progetto fosse. Da un lato c’era la definizione dell’identità del luogo, e dall’altro l’utilizzo delle misure della vita e dell’uso per determinare gli spazi. È un problema anche politico, di speculazione sugli spazi e oggettificazione dell’architettura. Si può trovare un compromesso mettendo a sistema le varie esigenze attraverso il progetto ma ci sarà sempre uno iato che divide l’idea dalla sua relazione con il presente e con la vita. A proposito di questa relazione con l’abitare lo spazio architettonico, ho introdotto un concetto che si contrappone ad una visione del presente legata al momento inteso come transeunte, ed è l’idea del contemporaneo dilatato. Ovvero un tempo presente che sborda nel passato, guardando all’architettura recente per studiarla e cibarsene, e procede in avanti lavorando sul futuribile. Risulta dunque fondamentale il concetto di adattabilità. Di fatti il Comune di Milano richiedeva un programma alternativo nel caso in cui l’idea di un polo culturale non avesse funzionato. Le dimensioni e il passo strutturale di Mare hanno permesso di elaborare dei progetti alternativi che vedono l’edificio come centro civico o polisportivo. Ed è proprio nell’economia e nell’ecologia degli sforzi che si trova un tema centrale del nostro presente. Sostenibilità è un altro termine “slogan” di oggi, ma non dovrebbe avere senso utilizzarlo perché è già scritto dentro la parola architettura. Esiste invece una relazione importante con l’ecologia, intesa come rapporto con l’economia dei mezzi. Sul tema dei consumi c’è molta ipocrisia, basti pensare alle lampadine al tungsteno che sono state quasi completamente sostituite dalle LED, guardando solo l’assorbimento elettrico minore senza considerare la sua impronta ecologica e il ciclo di vita.

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Percorso pedonale Percorso carrabile Passage

Schema della permeabilità e dei flussi all’interno dell’edificio con evidenziato l’elemento distributivo principale, ovvero il passage.

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2

1

0

-1

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Rapporto tra tessuto connettivo e massa funzionale parte del processo dialettico tra specializzazione e grande valenza degli ambienti che ha portato alla definizione del progetto

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Succede che concentrandosi sul dettaglio si perda la visione generale del sistema… Anche se come ci ricorda Ginzburg, il dettaglio è spesso la spia di un paradigma di indizi, capace di ricondurci all’insieme delle cose. Ma oggi ha per me senso parlare di contemporaneo dilatato, se no il rischio è di produrre solo un qualcosa di transitorio, fragile e irrilevante, perché inconsapevole di questo processo. In un convegno organizzato dal mio amico Renato Rizzi per la Biennale di Venezia del 2012 ho fatto un intervento in cui mi interrogavo sul ruolo dell’architettura oggi8. È impossibile non farsi questa domanda proprio in nome di quel rapporto economico-ecologico che è un binomio etimologico, e quindi atomico e inscindibile. Oggi la tendenza sembra sia l’andare oltre, il progettare un edificio storto o con il prato sul tetto, senza interrogarsi sulle motivazioni che portano a compiere una scelta. Ad esempio il tetto ha un suo ruolo, deve isolare, e non è gratuito e arbitrario, altrimenti l’architettura diventa un processo fragile. È necessario tornare a essere più profondi e instaurare un rapporto tra la leggerezza degli spazi, la loro capacità di trasmettere fluidità, e la densità concettuale che sta dietro all’idea di spazio stessa. Se manca questo binomio l’architettura si riduce a mero prodotto transitorio e soprattutto totalmente inconsapevole. Di ogni progetto che si fa bisognerebbe poter scrivere una lezione lunga come un piccolo libro, altrimenti è vano. In relazione al ruolo dell’architettura nel contemporaneo, citando Price, il divertimento inteso come arte, spettacolo e tempo libero, può essere una sorta di università per la società. In questo senso quanto è importante la figura dell’architetto come promotore di innovazione sociale e culturale? Gli architetti hanno un ruolo essenziale, in Italia purtroppo la qualità media del costruito non è alta e il paesaggio che ci circonda restituisce questa immagine. Quella dell’architetto è una figura importante perché dotata di competenze che vanno dall’acustica alla fisica, dalla meccanica dei solidi all’urbanistica. Soprattutto è uno scienziato umanista, e allora inevitabilmente anche un promotore culturale. Un progetto culturale è a pieno titolo progetto perché combina spazi e relazioni. Un centro culturale rappresenta un luogo di riferimento per la società, e l’espressione promozione culturale risulta adeguata in quanto la cultura è a tutti gli effetti un

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prodotto collettivo dell’uomo e la città il luogo storicamente deputato a ciò. L’architetto deve tornare ad assumere un suo ruolo politico nella società. La questione è ancora una volta etimologica, infatti il termine polis indica sia la città che un modello politico. I progetti devono essere densi di teoria e capaci di tirare fuori questioni, altrimenti si riducono a esercizi al servizio e l’architetto a semplice esecutore. Come mai non si vedono più concorsi in cui i partecipanti elaborano progetti in opposizione al bando pur sapendo di arrivare ultimi? L’architetto ha il ruolo di rilanciare sui programmi e sulle questioni altrimenti è la dignità della disciplina a rimetterci. Alcuni di questi “oggetti” che si vedono oggi spaventano, non dal punto di vista dell’estetica, ma perché privi d’identità e carattere, e in questa maniera si rompe il contatto che l’architettura ha con il mondo. 1

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H. U. O

2

C. G (a cura di), Quarantacinque domande a Paulo Mendes da Rocha, CLEAN, Napoli, 2016, pp. 78-85

(a cura di), Re:CP. Cedric Price, LetteraVentidue, Palermo, 2011, p. 46

3

H. H

4

L. B. A

5

L. I. K 1971

6

C. G (a cura di), Quarantacinque domande a Paulo Mendes da Rocha, CLEAN, Napoli, 2016, p. 64

7

B. R

8

C. G , Lo sguardo nel pozzo, lo sguardo nel cielo. Appunti per una relazione con la realtà, 2016

, Lezioni di architettura, Laterza, 1996 , De Re Aedificatoria, XIV , The Room, the Street, the Human Agreement, in A.I.A. Journal n. 56, settembre

, Architecture Without Architects, Bernard Rudofsky, 1964

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04 Altri mari


Modelli in Europa

“Abbiamo compreso che ci interessava prima di tutto mettere a fuoco quei luoghi dove si poteva leggere un concetto di esperienza tra arte e socialità estremamente allargato, comprensivo, includente e non escludente, riccamente popolare e non elitario.”1 Mare Culturale Urbano aspira ad avere un ruolo centrale sia su scala locale che internazionale. Per questo motivo nella fase di preparazione del concept è stato fondamentale lo studio e l’analisi di centri culturali che costituiscono modelli già affermati nel resto d’Europa. L’interesse principale era verso quei luoghi in grado di rappresentare delle vere piazze dove la comunità potesse incontrarsi, prima ancora di essere spazi destinati ad accogliere l’offerta culturale e artistica proposta. Luoghi che non rimangono aperti solamente il tempo della durata dello spettacolo ma al contrario dove lo spettacolo fa parte dell’esperienza del vivere lo spazio. L’idea ricercata era il ribaltamento della sensazione di attraversamento di uno spazio, per fare in modo che il luogo sia proprio di chi lo vive e vi si reca. La logica è opposta a quella del teatro tradizionale, infatti la ritualità del teatro lascia spazio alla ritualità dell’incontro. Particolare attenzione è stata posta nell’analisi di modelli che operano in situazioni periferiche, come nel caso di Le 104 a Parigi. Proprio guardando a questi riferimenti, affermano i fondatori di Mare, è nata la consapevolezza di voler portare avanti un progetto sulle periferie, diventando la periferia stessa. Infatti la particolarità dell’offerta e del lavoro culturale che si svolge in questi centri è la stretta relazione con il contesto in cui si sviluppano. La produzione artistica trova un equilibrio tra l’espressione individuale dei singoli

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artisti e la realtà del luogo con cui si relazionano. La progettualità degli artisti si esprime valorizzando e confrontandosi con il contesto, utilizzando l’arte come uno strumento con potenziale trasformativo su un territorio. Un’altra idea che ha definito il progetto è quella di residenza per la creazione. Ciò presenta il tema del ruolo degli artisti nella residenza, la forma di convivenza, condivisione e cura degli spazi. Il senso di appartenenza che si sviluppa in questi casi va di pari passo con la relazione positiva con la comunità di riferimento. L’analisi dei principali modelli di riferimento che hanno ispirato Mare Culturale Urbano permette di comprendere meglio il concept e il progetto di questo futuro polo culturale. Un modello sociale che in Italia ancora non esisteva ma era già presente nel resto dell’Europa e del mondo.

1

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1

P. A , I modelli internazionali di Mare Culturale Urbano, in Reinventare i luoghi della cultura contemporanea, a cura di C. C , M. G , O. P P , FrancoAngeli, Milano, 2017, pp. 99-101

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Vooruit, Gent

Cos’è. Vooruit si definisce un “vibrante” centro artistico che riceve 300.000 visitatori all’anno. Rappresenta il primo modello di centro artistico e culturale in Europa. In attività dal 1982, continua ad offrire un’ampia gamma di eventi culturali che vanno dalle arti performative alla musica, dai libri alla città1. Mission. L’obiettivo principale di Vooruit è di essere un luogo d’incontro per un pubblico ampio e diversificato. Contribuisce a ciò la vasta offerta di attività e la presenza di un popolare Café che rappresenta il cuore di questo grande spazio di ritrovo. Modello. Vooruit rappresenta un modello privilegiato; situato in un edificio storico di proprietà legale di una comunità di 1200 persone, gode di un importante sostegno pubblico e di una posizione centrale nella dinamica dei flussi della città di Gent in Belgio2. Influenza. Il centro è il riferimento principale di Mare Culturale Urbano dal punto di vista del concept del progetto. Presentandosi come luogo d’incontro per la comunità, Vooruit ha ispirato Mare per il fatto di non essere uno spazio dove recarsi principalmente per un evento, ma bensì uno spazio che è proprio di chi lo vive e attraversa. L’idea secondo cui l’individuo si trova in quel luogo e per questo motivo si possono manifestare e innescare proposte e attività differenti è alla base della concezione del progetto di Mare, che aspira a diventare una sorta di piazza per la comunità di riferimento, un luogo dove stare e non solo passare.1.

1

Vooruit http://vooruit.be/nl

2

P. A , I modelli internazionali di Mare Culturale Urbano, in Reinventare i luoghi della cultura contemporanea, a cura di C. C , M. G , O. P P , FrancoAngeli, Milano, 2017, pp. 99-101

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Matadero, Madrid

Cos’è. Il Matadero di Madrid è un ex mattatoio riconvertito in uno spazio di 65.000 metri quadri ad uso culturale. Si definisce come un grande laboratorio di creazione interdisciplinare in relazione con la città, uno spazio per lo scambio di idee sui valori della società contemporanea1. Mission. Il mandato ufficiale del Matadero è promuovere la ricerca, la produzione, la formazione e la diffusione della creatività e del pensiero contemporaneo in tutte le sue manifestazioni. Si caratterizza per la multidisciplinarità delle attività con il fine di favorire l’incontro e il dialogo tra i creativi e tra questi ultimi e il pubblico1. Modello. Matadero è un progetto del 2006 promosso dall’Area Cultura dell’Ayuntamiento de Madrid. Nasce dall’implicazione dei principali agenti della città che lavorano nei distinti ambiti della creazione culturale. Questo compromesso si materializza in un modello di cooperazione istituzionale tra pubblico e privato che promuove la partecipazione della società nel progetto. Il progetto è finanziato per la maggior parte da fondi dell’amministrazione e statali, in parte da privati e in percentuale minore da fondi EU2. Influenza. L’elemento fondamentale del progetto consiste nell’approccio multidisciplinare alla pratica creativa e inclusivo nei confronti della società. Questi aspetti sono centrali nel progetto di Mare Culturale Urbano. Il nome stesso Mare evoca contaminazione, tema chiave per un centro artistico e culturale che voglia favorire l’incontro e lo scambio di conoscenze tra le persone. 1.

1

Matadero Madrid, http://www.mataderomadrid.org

2

Matadero Madrid: Centro de Creación Contemporánea, http://www.cultureforcitiesandregions.eu

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Le 104, Parigi

Cos’è. Il 104 è un centro di creazione artistica nella periferia di Parigi ottenuto dalla riconversione delle antiche pompe funebri ad opera dell’atelier Novembre architectes. È uno spazio per residenze, produzione e promozione per un pubblico e artisti provenienti da tutto il mondo. Concepito come una piattaforma artistica collaborativa, permette di accedere al mondo artistico attraverso un programma inclusivo e popolare e allo stesso tempo sperimentale e innovativo1. Mission. Gli spazi e la programmazione sono pensati con il fine di favorire la coabitazione e lo scambio tra gli artisti residenti e il pubblico. Inoltre l’obiettivo fondamentale consiste nel creare una dimensione territoriale a misura di quartiere ma anche adeguata ad un panorama internazionale, mantenendo un forte aggancio al territorio per rispondere alle sfide culturali e sociali del progetto2. Modello. Voluto dal Comune di Parigi nel 2002 per riconvertire un lotto inutilizzato, è un centro che ha beneficiato di importanti finanziamenti pubblici. Per statuto deve finanziare almeno il 30% delle attività con entrate proprie e può contare inoltre su un fondo “mecenati del 104” che coinvolge il mondo economico in questo progetto2. Influenza. Le 104 è servito a Mare per interrogarsi sul rapporto con la periferia attraverso uno spazio multiforme, flessibile e in continuo cambiamento3. Un’altra caratteristica essenziale anche nel progetto di Mare è stata la definizione in contemporanea del programma e del progetto attraverso un processo progettuale innovativo.1sul rapporto 1

Le Centquatre-Paris http://www.104.fr

2

M. C , C. D , Riconversione delle antiche pompe funebri di Parigi in centro di cre azione artistica. Il 104, SilvanaEditoriale, 2009

3

P. A , I modelli internazionali di Mare Culturale Urbano, in Reinventare i luoghi della cultura contemporanea, a cura di C. C , M. G , O. P P , FrancoAngeli, Milano,

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Subtopia, Stoccolma

Cos’è. Subtopia è un hangar industriale del 1910 dismesso e riadattato a centro multifunzionale nel quale si svolgono differenti progetti che vanno dal circo all’arte urbana fino alla produzione cinematografica1. Mission. L’obiettivo di Subtopia è di facilitare l’innovazione creando un network di persone e idee. Viene offerta una piattaforma grazie alla quale le organizzazioni e gli individui hanno l’opportunità di sviluppare i propri progetti creativi secondo i loro desideri e necessità. Struttura e infrastruttura del centro sono pensate per stimolare la nascita di nuove idee2. Modello. L’organizzazione di Subtopia è basata sul metodo Quadro Helix secondo il quale ognuno dei quattro settori principali (circo e arti performative, business e imprenditorialità, formazione e ricerca, responsabilità sociale) deve interagire con almeno un altro. Questo crea una condizione necessaria perché le idee e la creatività delle persone e delle organizzazioni possano svilupparsi. La gestione è affidata alle istituzioni e agli artisti stessi. Circa ottanta organizzazioni, compagnie e istituzioni educative hanno stipulato un contratto d’affitto con la Municipalità2. Influenza. La multidisciplinarità e l’interazione tra le attività sono elementi chiavi che hanno ispirato il progetto di Mare Culturale Urbano. Inoltre il legame che Subtopia instaura con il territorio attraverso pratiche di arte urbana è di riferimento per le attività sviluppate da Mare. 1

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1

Esperienze europee di spazi culturali atipici e recuperati, a cura di M. G N , C. R , A. R , I. V , A. V

2

Subtopia, https://www.subtopia.se

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, K. K

, E.


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La Friche la Belle de Mai, Marsiglia

Cos’è. La Friche è un’antica fabbrica di tabacco riconvertita in centro dedicato alla creazione e all’innovazione. Rappresenta l’ambiente di lavoro per settanta organizzazioni e al tempo stesso uno spazio per manifestazioni culturali ed eventi. Si definisce un luogo dove è possibile trovare qualunque forma di espressione artistica e qualsiasi tipologia di pubblico, in ogni parte di questo grande centro che costituisce una sorta di frammento di città1. Mission. La finalità della Friche, grazie alle sue grandi dimensioni, è di permettere lo svolgimento simultaneo di numerosi progetti. Ciò consente di mischiare pratiche e pubblico, generando spazi pieni di vita. Requisito essenziale è quindi una struttura che sia flessibile e modulare per rispondere ai cambiamenti dovuti a progetti in continua evoluzione. Modello. Nel 2007 la Friche costituisce una SCIC (Società Cooperativa d’Interesse Collettivo) che stipula un contratto di locazione con la municipalità. La SCIC è una forma cooperativa che coinvolge più soggetti, siano essi pubblici o privati, nella promozione di un progetto di sviluppo locale e sostenibile. Questo modello risulta efficace per far fronte alle sfide urbane e regionali che il progetto si propone di affrontare. Influenza. La Friche ha influenzato il progetto di Mare soprattutto per quanto riguarda la maniera di approcciarsi al territorio. Infatti la Friche afferma la sua stretta relazione con il contesto circostante attraverso attività che hanno luogo direttamente sul territorio, come iniziative culturali nelle scuole locali o l’apertura di una nuova area sportiva nel quartiere.1.

1

La Friche, http://www.lafriche.org

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Brunnenpassage, Vienna

Cos’è. Brunnenpassage è un luogo dove persone con differenti background possono incontrarsi e collaborare per un progetto comune. Si basa sulla convinzione che l’accesso all’arte e alla cultura sia un diritto umano perché l’arte dà alle persone l’opportunità di esprimersi e definire la loro identità1. Mission. L’obiettivo del centro è incoraggiare persone di differenti nazionalità, età e situazione sociale a collaborare nell’ambito di progetti artistici comunitari. Le differenze culturali arricchiscono la società mettendo in luce punti di vista e stili di vita differenti. Il fine ultimo è quello dell’integrazione e il motto “Arte per tutti”. Modello. Brunnenpassage ha ricevuto importanti contributi finanziari pubblici, soprattutto per la ristrutturazione e il recupero dei locali. Questo investimento è dovuto a un’intenzione politica di trasformare un quartiere in un modello urbano socialmente ed economicamente funzionante. Influenza. Il centro si trova in un quartiere plurietnico di Vienna, situazione analoga a quanto avviene per Mare Culturale Urbano. Per questo motivo Brunnenpassage rappresenta un riferimento importante per Mare. Nel progetto di via Novara 75 è ripreso l’elemento del passage, chiave nella struttura organizzativa del centro culturale viennese. Il Brunnenpassage è pensato per essere “attraversato” anche idealmente da culture diverse, infatti nel team vengono parlate ben 14 lingue2. Di conseguenza questo centro non poteva non essere fonte di ispirazione dal punto di vista dell’integrazione sociale. 1 1

Brunnenpassage http://www.brunnenpassage.at

2

P. A , I modelli internazionali di Mare Culturale Urbano, in Reinventare i luoghi della cultura contemporanea, a cura di C. C , M. G , O. P P , FrancoAngeli, Milano, 2017, pp. 99-101

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Innovazione culturale a Milano “È certamente un fatto che a Milano il settore culturale abbia subito negli ultimi anni un vero e proprio incremento, favorito soprattutto da diverse forme di organizzazione e modalità inedite di fare cultura.”1 A Milano si sta ridisegnando la geografia degli spazi culturali come necessaria risposta alle nuove esigenze e modalità di fruizione della cultura della società contemporanea e come soluzione all’immobilità politica dovuta alla mancanza di risorse che da anni caratterizzava lo scenario della città. Centri culturali, spazi multifunzionali e coworking stanno diffondendosi sempre più numerosi e ognuno con il suo mix di programmazione culturale, business, formazione, divertimento, cucina e commercio per una ricetta adeguata al modello proposto. Per approfondire e favorire questo fenomeno nascente sono nati alcuni progetti di ricerca. Fondazione Feltrinelli e Associazione CheFare hanno promosso lo studio “Spazi, lavoro e cultura nell’era della disintermediazione e della collaborazione” proprio per indagare lo stato attuale di imprese creative e culturali. Il progetto si intreccia con un altro percorso proposto dall’Associazione Culturale Ateatro chiamato “MilanoCORTEmporanea”, un censimento di spazi ritenuti parte di questo innovativo fenomeno emergente2. Oltre al tema della definizione dell’identità e al nuovo modo di essere di questi spazi, la sfida principale, in un paese come l’Italia dove l’investimento culturale non è mai abbastanza, è quella della sostenibilità economica. A questo proposito Fondazione Cariplo rappresenta un attore centrale nel processo che sta portando all’emergere di nuove realtà nella città di Milano. Fondazione Cariplo, attraverso l’Area Arte e Cultura, interviene sugli spazi attraverso tre bandi (“Patrimonio culturale per lo sviluppo”,

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“Partecipazione culturale” e “Cultura sostenibile”). Questi strumenti erogativi vengono utilizzati prendendo in considerazione vari elementi di ogni progetto: la natura della proprietà, la modalità e durata dell’affidamento, lo stato di conservazione dello spazio, la presenza di vincoli. Di particolare importanza è la natura del progetto che varia da casi con mandato pubblico ad altri con matrice privata3. Mare Culturale Urbano gode dell’appoggio di Fondazione Cariplo in quanto progetto in cui la cultura ha una funzione prevalentemente legata a obiettivi di coesione sociale e rigenerazione urbana. In questo si differenzia per il suo mandato da un’altra realtà come BASE Milano che si caratterizza al contrario per un approccio imprenditoriale grazie al suo legame con società e sponsor. BASE per quanto costituisca un modello economicamente più sostenibile riceve un contributo finanziario da Fondazione Cariplo, che è intervenuta soprattutto nella fase di ristrutturazione istallando nello spazio la sua Factory. Diverso è invece il caso di Macao che nasce “dal basso” come movimento di protesta e ha sede (occupata) all’ex Borsa del Macello. Ciò che accumuna queste realtà è il fatto di catalizzare l’attenzione di un pubblico che non è più verticale, ovvero interessato ad un tipo di arte in particolare, ma bensì orizzontale, cioè curioso delle diverse forme di espressione culturale e interessato ad un format di esperienza. 1 . 1

I. G , Milano e l’innovazione culturale, in Reinventare i luoghi della cultura contemporanea, a cura di C. C , M. G , O. P P , FrancoAngeli, Milano, 2017, pp. 20-24

2

MilanoCORTEmporanea, http://www.ateatro.it/webzine/category/milanocortemporanea

3

A. R , Modelli e sostenibilità:per una tassonomia dei nuovi spazi, a cura di C. C G , O. P P , FrancoAngeli, Milano, 2017, pp. 52-55 2017, pp. 52-55

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, M.


S O S

VOCAZIONE SOCIALE Spazi a prevalente vocazione sociale

T E

Luoghi della cultura

N I

Community hub a vocazione sociale

B I

Community hub a vocazione imprenditoriale

L I

Factory / Incubatori / Coworking

T À

VOCAZIONE IMPRENDITORIALE

Tassonomia dei nuovi spazi utilizzata da Fondazione Cariplo: classificazione secondo la sostenibilità del modello intesa come indipendenza dalla contribuzione a fondo perduto di matrice pubblica (o privata filantropica). Schema tratto da A. R , Modelli e sostenibilità: per una tassonomia dei nuovi spazi, a cura di C. C , M. G , O. P P , FrancoAngeli, Milano, 2017, pp. 52-55

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Spazi culturali di MilanoCORTEmporanea: Macao Nato come movimento di protesta nel 2012, oggi occupa gli spazi dell’ex Borsa del Macello offrendo un range vastissimo di attività, con spazio alla sperimentazione e alle nuove tecnologie.

Santeria Social Club Ex concessionaria di auto, ospita laboratori, negozio, caffetteria e una sala eventi con bar. Propone una programmazione musicale ricercata affiancata da eventi.

Mare Culturale Urbano Progetto di rigenerazione urbana, unisce una programmazione basata sul rapporto con il quartiere a Cascina Torrette con il progetto di un nuovo polo culturale in via Novara 75.

BASE Milano Negli spazi dell’ex acciaieria Ansaldo, ospita coworking, spazi eventi e residenza teatrale. Si concentra sui nuovi business e sull’affitto degli spazi per eventi formativi e aziendali.

Impact Hub Primo incubatore d’impresa aperto a Milano, si propone come luogo d’incontro fra professionisti, sponsor e aziende.

Alcuni degli spazi culturali milanesi identificati come case histories dal progetto MilanoCORTEmporanea. Vedi in C. C , M. G , O. P P , (a cura di), Reinventare i luoghi della cultura contemporanea, FrancoAngeli, Milano, 2017, pp. 33-35

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05 Approdo


Conclusioni

“Tutto è qui nuovo, dissimile dal passato sia nel genere che nelle dimensioni: ciò che l’uomo è oggi in grado di fare e, nell’irresistibile esercizio di tale facoltà, è costretto a continuare a fare, non ha eguali nell’esperienza passata [...]. Nessuna etica tradizionale ci ammaestra quindi sulle norme del «bene» e del «male» alle quali vanno subordinate le modalità interamente nuove del potere e delle sue possibili creazioni”.1 Mare Culturale Urbano era un luogo che non c’era a Milano, e ora invece fa parte del suo panorama e costituisce un nuovo modello di sviluppo territoriale. Il cambiamento portato è nel processo e nell’intenzioni, nel suo legame con la dimensione locale e nel suo respiro internazionale. È un progetto che vuole confrontarsi con il suo tempo e costituire un’occasione di riflessione sulla contemporaneità. La riflessione teorica e la consistenza culturale del progetto sono strettamente legate alla realtà della pratica e all’esito costruttivo. Questi elementi rendono Mare un processo interessante da studiare che permette di trarne insegnamento progettuale. La caratteristica fondamentale risiede nella processualità della sua creazione, ovvero nella mancanza di una commessa definita che ha costituito un’occasione unica per scoprire cosa il progetto fosse attraverso l’architettura. Mare nasce proprio da questo scambio e interazione tra le intenzioni dei fondatori e l’idea architettonica. Si costituisce come risultato di un processo dialettico tra la visione di una grande valenza degli spazi e la necessità di una specializzazione e messa a reddito dei locali. Inoltre è un progetto “consapevole” e “responsabile”, concepito

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come una macchina che mette a sistema elementi tecnici e normativi con la forma e le intenzioni. Questo approccio ecologico-economico è fondamentale per inserirsi in un tempo presente inteso come contemporaneo dilatato, prendendo coscienza ad esempio degli effetti dell’economia dei mezzi e dei cicli di vita dei materiali. Parlare di contemporaneo dilatato è importante per interrogarsi sul ruolo dell’architettura oggi. In un’epoca in cui tutto sembra possibile e concesso, e soprattutto gratuito, è necessario essere consapevoli del costo ecologico e sociale di ogni azione. Per questo motivo nel 1979 il filosofo tedesco Hans Jonas ha ribadito l’importanza del “principio responsabilità” che si contrappone all’immodestia sotto il profilo ecologico e antropologico degli obiettivi dell’umanità odierna.

1

.

1

H. J

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115


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Sitografia

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MilanoCORTEmporanea http://www.ateatro.it/webzine/category/milanocortemporanea/ La Friche http://www.lafriche.org Le Centquatre-Paris http://www.104.fr Subtopia https://www.subtopia.se Vooruit http://vooruit.be/nl

Interviste Andrea Capaldi, fondatore di Mare Culturale Urbano (intervistato il 06/08/2018) Carlo GandolďŹ (Bunker-arc), architetto del progetto di Mare Culturale Urbano in via Novara 75 (intervistato il 15/08/2018 e il 17/08/2018)

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Indice immagini e crediti

Fig. pp. 14-15, Dalla mostra “Se a milano ci fosse il mare!”, opera di Filippo Minelli Fig. p. 23, Cascina Torrette, foto di Marco Menghi Figg. pp. 31-35, Attività in cascina, foto di Luca Chiaudano Fig. pp. 36-37, Corte di Cascina Torrette, foto di Luca Chiaudano Fig. pp. 44-45, Parata collettiva a Quarto Cagino parte del progetto R come Repubblica, foto da https://www.flickr.com/photos/mareculturaleurbano Fig. p. 47, Render dell’edificio di Novara 75, dall’articolo di G I., Mare culturale urbano Milano. Il progetto e lo spazio, <http://fondazionefeltrinelli.it/viaromagnosi-mare-culturale-urbano-le-immagini-lo-spazio> Fig. pp. 52-53, Fun Palace di Cedric Price, immagine da http://www. interactivearchitecture.org/fun-palace-cedric-price.html Fig. p. 69, Carlo Gandolfi alla presentazione alla città del progetto all’Expo Gate il 17 marzo 2016, foto di Luca Chiaudano Fig. pp. 78-79, Maquette di Mare Culturale Urbano realizzata da Kuno Mayr, foto di Luca Chiaudano Fig. p. 97, Patio del Vooruit, foto da http://www.wanderwinks.nl/weekendje-gent-leuven Fig. p. 99, Interni del Matadero, foto dell’autore

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Fig. p. 101, Le 104-Paris, foto da http://novembre-architecture.com Fig. p. 103, Hangar Subtopia, foto di Ludvig Duregård Fig. p. 105, Le toit-terrasse della Friche, foto di Caroline Dutrey Fig. p. 107, Corridoio principale del Brunnenpassage, foto dalla pagina Facebook di Brunnenpassage

Nota: il materiale grafico alle pp. 14, 15, 23, 25, 31-37, 44, 45, 47, 57-67, 69, 78, 79 di questa ricerca costituisce documentazione riservata di proprietà esclusiva di Bunker-arc che ne è progettista e di Mare Culturale Urbano.

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Desidero ringraziare il mio relatore il professor Marco Biraghi per aver creduto nell’argomento e il mio correlatore l’architetto Carlo Gandolfi per la gentilezza e l’entusiasmo con le quali mi ha messo a parte del processo che ha portato allo sviluppo del progetto di Mare Culturale Urbano, un racconto che tocca temi fondamentali della disciplina e porta a interrogarsi sul ruolo dell’architettura nel contemporaneo. Un ringraziamento anche allo studio Bunker-arc per il materiale grafico concesso. Grazie ad Andrea Capaldi, fondatore di Mare Culturale Urbano, per il tempo che mi ha dedicato e per la passione con cui ha creato questo luogo che frequento da quando è nato. Infine un ringraziamento al professor José Luis Oyón e a Marta Serra per l’ispirazione e gli stimoli forniti durante il corso La ciutat i la vida che ho avuto la fortuna di frequentare lo scorso anno presso la Escuela Tècnica Superior d’Arquitectura del Vallès di Barcellona. Le loro lezioni e la bibiliografia del corso mi sono state d’aiuto per questa tesi.



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