ANNO XXVIII NOVEMBRE 2018
Il Chimico
Italiano
PERIODICO DI INFORMAZIONE DEI CHIMICI ITALIANI
PER NOI CHIMICI
INNOVARE
È UNA TRADIZIONE.
18° 1928-2018
CONGRESSO NAZIONALE dei
90 anni della professione di chimico
Il Chimico
Italiano
PERIODICO DI INFORMAZIONE DEI CHIMICI ITALIANI
Editore Consiglio Nazionale dei Chimici Direzione, redazione e amministrazione P.zza S. Bernardo, 106 - 00187 Roma Tel. 06 47883819 - Fax 06 47885904 cnc@chimici.it - www.chimici.it Direttore responsabile Dott. Chim. Nausicaa Orlandi Direttore editoriale Dott. Chim. Giuseppe Panzera Comitato editoriale Dott. Chim. Daniela Maurizi Dott. Chim. Emiliano Miriani Dott. Chim. Renato Soma Dott. Chim. Giuseppe Panzera HERO e non impegnano il Consiglio Nazionale dei Chimici né il Comitato di Redazione (CdR). L’accettazione per la stampa dei contributi della chimica è subordinata all’approvazione del CdR. Concessionaria di Pubblicità Consiglio Nazionale dei Chimici Autorizzazione del tribunale di Roma n. 0032 del 18 gennaio 1990 NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 9-11-2018
ASSOCIATO ALL’USPI UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA
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SOMMARIO 4
L’EDITORIALE Next 2018: dal Congresso Nazionale “una Nuova Meta”
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NEXT 2018: UN PUNTO DI PARTENZA PER I CHIMICI
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II ruolo del Chimico per la Tutela della Salute nel settore Idrico
Informazione, comunicazione e divulgazione scientifica: una sfida collettiva
Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura: EN ISO/IEC 17025:2017
Balzani e Manna: la Chimica Italiana eccelle nel mondo
I Chimici e la Grande Guerra
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L’editoriale NEXT 2018: dal Congresso Nazionale “una Nuova Meta” La collettività può contare su competenze non comuni. LE NOSTRE. DI NAUSICAA ORLANDI La sinfonia chimica apre i lavori del congresso: 3 minuti, 3 brevi emozionanti minuti. Si apre così il XVIII Congresso Nazionale dei Chimici, che chiude un periodo storico per i Chimici professione riconosciuta da 90 anni, e apre al nuovo ruolo del Chimico come professionista sanitario e all’entrata dei Fisici nell’ambito ordinistico. A Bologna, nelle giornate di venerdì 12 e sabato 13 ottobre 2018, più di 300 Chimici provenienti da tutta Italia si sono incontrati per dibattere su temi importanti per il futuro della professione. Un congresso all’insegna dell’innovazione di queste professioni e in particolare del riconoscimento del ruolo sanitario di Chimico e Fisico. Cade lo stereotipo che contraddistingue da sempre queste due scienze, vicine proprio per l’immagine negativa che spesso i media hanno diffuso e continuano a diffondere. Se ne è parlato alla tavola rotonda
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sulla comunicazione, ponendo in risalto anche la più recente problematica delle fake news, piaga sempre più dilagante,
rispetto al quale l’Ordine deve intervenire con durezza e competenza al fine di tutelare il cittadino. Chimici e Fisici sono importanti per la ricaduta che le loro attività professionali hanno sulla salute della collettività sia in termini preventivi che curativi. Energia, ambiente, economia circolare, salute e sicurezza sul lavoro e nei luoghi di vita, certificazione di prodotti e processi, ricerca e sviluppo, applicazioni in ambito clinico e della medicina, farmaci, cosmetici, alimenti, materiali e costruzioni… questi alcuni focus su cui il Congresso si è soffermato per ribadire con forza alle Istituzioni che venga rispettato un principio basilare: la competenza. Solo con la competenza, di cui l’Ordine è garante, si possono perseguire obiettivi di tutela della salute e dell’ambiente, senza tralasciare lo sviluppo produttivo e l’innovazione di processo. NEXT 2018 pone anche una nuova meta, sulla scia di quanto tracciato dalla Legge Lorenzin: riunire tutti i Chimici e i Fisici sotto lo stesso Ordine. Si tratta di chiamare a raccolta tutti i laureati in scienze chimiche e fisiche, che operano nei diversi settori e nei diversi ambiti pubblici e privati, e che a oggi sono ancora lontani dal sistema ordinistico.
Abbiamo il dovere, oltre che la ferma convinzione, di intraprendere un’importante campagna di sensibilizzazione chiedendo, anche in virtù dell’obbligo di legge, a tutti i laureati nelle discipline Chimiche e Fisiche di iscriversi all’Ordine. Abbiamo il dovere di informare la collettività che è fondamentale fare riferimento solamente a professionisti iscritti, preparati, aggiornati, rispettosi del codice deontologico, così come abbiamo il dovere di vigilare sull’abuso della professione. Con il congresso si confermano le attività già in essere della Federazione per supportare sempre di più gli iscritti, garantire la loro formazione pregressa e futura divenendo provider ECM. Servono corsi di formazione specialistici per i nostri settori, e proprio per questo la Federazione sarà in prima linea per garantirla ad alto livello. C’è bisogno di nuove scuole di specializzazione in ambito sanitario non medico, per le quali la Federazione si è già attivata presso il Ministero. Molte le proposte lanciate nel congresso, e tante quelle accolte da parte delle istituzioni, per cui ci auspichiamo che il 2019 le veda realizzate. Vi aspettiamo al prossimo evento nazionale ovvero alla “Iª Giornata Nazionale del Chimico e del Fisico”.
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NEXT 2018: UN PUNTO DI PARTENZA PER I CHIMICI Oltre 300 partecipanti, 6 tavole rotonde e più di 50 interventi dei relatori: sono questi i numeri che fotografano il successo del Congresso dei Chimici, un evento che ha fatto il punto sull’evoluzione e l’innovazione della professione di Chimico. DI EDOARDO MARANGONI Venerdì 12 e sabato 13 ottobre, Bologna ha ospitato il 18° Congresso dei Chimici. Un appuntamento che cade in un anno particolarmente importante nella storia della chimica italiana: nel 2018, infatti, si festeggiano i 90 anni dall’istituzione dell’Ordine professionale e nel 2018, con la Legge Lorenzin, la professione di Chimico è diventata professione sanitaria e il Consiglio Nazionale dei Chimici si è evoluto in Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici, accogliendo quindi anche i Fisici al suo interno. Il titolo del Congresso esprime in pieno questa evoluzione: NEXT. In questa parola sono racchiusi i valori e le prospettive dei Chimici e dei Fisici italiani: innovazione, ricerca, sviluppo, futuro. Nausicaa Orlandi, Presidente della Federazione, ha aperto i lavori con un messaggio forte: “La chimica è pervasiva nella vita delle persone: ogni cosa che esiste, e che viene creata, ogni prodotto e ogni materiale è questione di chimica. Questo significa che il chimico ha una grande responsabilità ma allo stesso tempo è alla professionalità del chimico che la società deve far riferimento”. Ed è il ruolo del chimico all’interno della società uno dei temi che più spesso sono stati affrontati, direttamente o indirettamente. Come ha sottolineato Raffaella Raffaelli, Presidente Interprovinciale dei Chimici e dei Fisici dell’Emilia Romagna, “La chimica soffre di una dualità intrinseca: ci sono gli scandali, gli incidenti, ma c’è anche il lato buono, quello che riguarda l’innovazione, la ricerca, lo sviluppo, la
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capacità di trovare soluzioni ai problemi. Il tutto in contiguità con altri professionisti e nel rispetto di una deontologia che solo l’iscrizione a un ordine può garantire”. Concetti che sono ripresi anche dai saluti del Pro Rettore alla Ricerca dell’Università di Bologna, Antonino Rotolo: “la chimica, come molte altre scienze, soffre di un problema culturale molto forte: un aspetto che quindi non è scientifico ma che riguarda l’opinione pubblica. La sfida è far passare il messaggio che la scienza nasce per trovare soluzioni alle sfide di oggi e di domani, non si tratta di una minaccia. La chimica non è associata al pericolo ma è uno strumento necessario per risolvere i problemi e la sfida è comunicare questi valori anche a chi di chimica non si interessa”. E fra gli interlocutori primari di un dialogo fra chimica e società ci sono le Istituzioni pubbliche, rappresentate a Bologna dal Sottosegretario alla Pubblica Amministrazione Mattia Fantinati: «Oggi la Pubblica Amministrazione vuole far entrare sempre più professionisti perché servono competenze tecniche. I cittadini, le imprese e i professionisti chiedono più efficienza, più servizi e risposte efficaci: per fare ciò sono essenziali le competenze dei tecnici e quindi anche dei Chimici e dei Fisici. Stiamo facendo un lavoro importante inoltre per snellire la Pubblica Amministrazione e renderla più comoda per tutti, anche per i professionisti. Va in questa direzione la riforma del codice appalti, il progetto di digitalizzazione delle pratiche, l’identificativo digitale
(Spid) e l’interoperabilità dei database». La centralità delle professioni per la collettività è stata anche evidenziata da Antonio Zambrano, Coordinatore Rete delle Professioni Tecniche: “Le professioni tecniche stanno diventando sempre più importanti. Se questo Paese vuole superare le proprie criticità, deve innovare. E l’innovazione passa per le professioni tecniche”. Innovazione e futuro. Il ruolo del chimico si gioca su questi due binari. Ed è un inciso dell’intervento del prof. David Cole-Hamilton, Vice President Euchems, che forse sintetizza al meglio la meta e il percorso di questo viaggio: “la chimica e la professione di chimico sono intimamente legati. Ci sarà un futuro per i chimici se ci sarà un futuro per la chimica. Ed è solo la chimica a poter disegnare una via per il futuro, facendo leva su risorse rinnovabili ed economia circolare”. ECONOMIA: IL FUTURO È CIRCOLARE La prima tavola rotonda della due giorni di Congresso sceglie un tema chiave per la chimica di oggi e di domani. Sulla gestione delle risorse e sull’innovazione dei prodotti e dei processi, infatti, si gioca la partita a scacchi sia della collettività sia del ruolo che la chimica potrà avere all’interno di essa. Su questi aspetti si sono confrontati alcuni esponenti delle istituzioni pubbliche, aziende e professionisti della comunicazione. Di economia circolare, infatti, si parla dagli anni ’90: il senso era di usare meno materia prima per la produzione e poi recuperare quanta più materia possibile a fine vita del prodotto. Oggi, invece, siamo arrivati, grazie a innovazione tecnologica e digitale, IL CHIMICO ITALIANO
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a guardare non solo la testa e la coda del ciclo produttivo ma il processo stesso di produzione. Grazie a un design di prodotto e a una ricerca sui materiali è possibile veramente arrivare a una progettazione che pensi a tutto l’iter: produzione, uso e recupero. In questo il chimico svolge un ruolo centrale perché ha una prospettiva ampia: si occupa dei controlli, quindi della fine del processo, ma anche di inventare nuovi modi per creare dei prodotti. In questo sta anche la sua responsabilità etica nei confronti della società. Una responsabilità che affronta oggi una nuova sfida: il chimico è professione sanitaria. Ma è un cambiamento, e una responsabilità, che i chimici vivono da molto tempo e che fa parte del loro DNA. LE NUOVE SFIDE PER I CHIMICI
Se ci fosse qualche perplessità sul futuro della professione di chimico, il prof. ColeHamilton ha chiarito quali possono essere le prospettive. I 17 obiettivi globali per uno sviluppo sostenibile dell’ONU delineano una mappa precisa, che vedrà impegnati i chimici di tutto il mondo su aspetti di valore molto alto. Uno di questi è eliminare la povertà e pensare a trovare soluzioni per una popolazione in continuo aumento, ma anche per sviluppare nuovi farmaci, purificare le acque inquinate, ridurre gli sprechi in ottica di economia circolare. Sono tutti obiettivi che danno una prospettiva di ampio respiro alla chimica, e che in Italia si innervano in una nuova regolamentazione avvenuta con la Legge Lorenzin. Cristina Rinaldi (Ministero della Salute) ha sottolineato a questo proposito: “con la legge 3/2018 c’è stato un passaggio epocale. Ha rivisto
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tutto il sistema ordinistico delle professioni sanitarie e ha previsto il passaggio sotto la vigilanza del Ministero della Salute di alcune professioni, come il chimico. È un passaggio sia per le professioni, sia per il ministero. Prevede che alla professione del chimico si applichi la disciplina normativa di tutte le altre professioni sanitarie. Essere una professione sanitaria comporta un ruolo diverso, e l’obbligo di iscrizione è una dei fatti nuovi della riforma”. In merito al futuro della professione è forte l’appello della Presidente Nausicaa Orlandi: “Nel corso di questi anni di questa nuova Consigliatura molto spesso la politica non ci ha ascoltato e in questo non fa un servizio al cittadino, soprattutto quando su aspetti specifici non ci si ricorda che i titolari delle competenze sono i professionisti. Oggi la Federazione raggruppa le
competenze aggiornate di chimici e fisici, ma spesso l’ente pubblico si dimentica di noi. Quali sono le proposte della Federazione? Arrivare al termine di un percorso che aggiorni l’esame di stato, un aggiornamento delle competenze del chimico salvaguardando quelle esistenti. Le materie scientifiche, soprattutto la chimica, devono essere insegnate dai chimici. Chi già oggi esercita la professione di chimico in ambito pubblico deve essere iscritto all’Albo. I chimici potrebbero così essere di più, sviluppando una professionalità sempre più innovativa e all’avanguardia”. CHIMICA E SALUTE
L’inquadramento della figura del chimico dopo l’approvazione della Legge Lorenzin ha portato alla luce ciò che i chimici sanno bene. Rosa Draisci (ISS) ha
sintetizzato chiaramente la cosa: “La legge Lorenzin non ha inventato nulla, perché da sempre i chimici si occupano dei fattori determinanti per la salute delle persone, in tantissimi ambiti”. Questo ha risvolti positivi, soprattutto per i giovani: a livello di opportunità professionali la valutazione dei rischi delle sostanze è uno degli ambiti più promettenti. Questo però richiede una formazione specifica in ambito CLP e REACH. Se la chimica ha un ruolo forte nelle operazioni di controllo, altrettanto efficace è ciò che la chimica può fare in ambito agroalimentare, nello specifico, la grande sfida è fornire alimenti sufficienti e salubri per le generazioni che popoleranno il pianeta in futuro. Un altro ambito dove la chimica può fare molto, soprattutto a livello di controlli, è il tessile: come per la sicurezza alimentare, anche su questi aspetti è necessario che ci si muova sempre di più verso i consumatori. REACH e altre norme, infatti, nascono per tutelare la salute delle persone e quindi si dovrebbe raggiungerle attraverso un’operazione che dia dignità alla conoscenza, smascherando alcuni miti e preconcetti sedimentati nella mente delle persone (come il fatto di considerare bene ciò che è biologico e male ciò che è chimico). Infine, quali sono i rischi chimici legati alla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro? Sorprende un fatto: in Europa 120.000 persone soffrono di patologie legate all’esposizione ad agenti chimici e, in Italia, circa due milioni di persone sono sottoposte a sorveglianza sanitaria, ma sono comunque metà delle persone esposte a rischi di infortunio per
movimentazione manuale dei a disposizione infiniti dati, carichi. aumentare la produttività e ridurre i rischi.
LA CHIMICA È DIGITAL CON L’INDUSTRIA 4.0
È la quarta rivoluzione industriale, con una peculiarità interessante: le prime tre sono prima accadute e poi sono state studiate, la 4.0 è stata prima studiata e poi applicata e ristudiata. Quali sono quindi le sfide da affrontare per le imprese italiane e, nello specifico, quelle del comparto chimico? Industria 4.0 infatti non significa solo iperammortamento per sostituire dei macchinari, ma è una trasformazione totale: si tratta di ridisegnare e ripensare la propria azienda alla luce della digital transformation, aprendo a opportunità inesplorate come i data scientist che potrebbero essere chimici con nuove competenze digitali. Ma la digitalizzazione può impattare fortemente anche a livello industriale, per esempio facendo una manutenzione predittiva grazie alla digitalizzazione dei macchinari o, in ambito più strettamente chimico, si possono avere
COMUNICARE LA NELL’ERA DEI NETWORK
CHIMICA SOCIAL
La sfida per cambiare stereotipi e pregiudizi tocca da vicino tutta la scienza e quindi anche la chimica. In un’epoca dove la viralità delle fake news sembra inarrestabile, e il sensazionalismo l’unico codice di comunicazione, il tema della comunicazione non può essere derubricato a disciplina per specialisti della comunicazione. Gli esempi che durante il congresso sono stati portati mostrano alcune vie possibili, come per esempio l’app Ecobiocontrol.bio che vuole aiutare il consumatore a capire quali sostanze sono contenute nei cosmetici di largo consumo. Oppure è il caso del canale Youtube “La chimica per tutti” e il progetto chimicare.org: una grande sfida per fare divulgazione in maniera precisa e puntuale sul mondo della chimica. La difficoltà, però, è trovare un’armonizzazione fra i tempi veloci del web e della TV con la necessità di essere accurati: in questa partita si gioca una mediazione importante fra
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I CONTROLLI: IL CHIMICO A TUTELA DEI CITTADINI La valutazione del rischio coinvolge il chimico in diversi aspetti e soprattutto, come sottolineato dalla dott.ssa Ferri (Direttore Generale per l’Igiene e la Sicurezza Alimenti e Nutrizione Ministero della Salute), mette la sua professionalità in connessione con altri professionisti, ma ha un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda l’elaborazione di strumenti di analisi in grado di “leggere” anche nuove abitudini alimentari e di consumo (come gli integratori). La sicurezza sugli alimenti, inoltre, affronta oggi nuove sfide come sottolineato da Umberto Geri, Comandante Carabinieri NAS di Bologna: “oggi le sfide riguardano sia il territorio nazionale, ma anche le migliaia di
comunicatori, che devono prepararsi, e gli specialisti che non devono chiudersi. Esistono, infine, casi unici, come il lavoro di Pasquale Sgrò che ha creato una serie di fumetti per spiegare nelle scuole i temi della sicurezza.
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tonnellate di materiale che entra dall’estero nei nostri porti”. Il tema chiave, tuttavia, è il punto di intersezione fra ambiente e salute agroalimentare. Pur essendoci una certa disomogeneità fra le regioni italiane, l’auspicio è di una maggiore convergenza fra ambiente e sanità, creata intorno al concetto di valutazione del rischio, poiché non si può definire un valore senza associarlo al rischio ad esso collegato per il cittadino. Resta aperta una questione, espressa dalla Presidente Orlandi in chiusura del Congresso: “come Federazione i chimici e i fisici con la Legge 3/2018 sono professione sanitaria. Dovunque c’è un medico, questi è iscritto all’ordine e così deve essere anche per chimici e fisici”.
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I CHIMICI E LA GRANDE GUERRA DI RENATO SOMA
Desideriamo, con questo scritto, allargare lo sguardo oltre i tradizionali confini della nostra storiografia e trattenerci sul ruolo che la chimica ed i chimici hanno avuto nel rapporto con la scienza medica tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Vedremo brevemente come essi hanno contribuito allo sviluppo scientifico-tecnologico e per gli interessi di questa riunione, al supporto degli eserciti combattenti. Lungo il corso dell’Ottocento la chimica ebbe un forte impatto sulla società, nell’industria e nel mondo accademico con il moltiplicarsi delle cattedre in diverse università. Tra le scuole italiane maggiormente riconosciute a livello internazionale si trovavano quelle di Pisa, Palermo, Padova, Roma, Pavia. Si erano costituite anche nuove società scientifiche del settore, in sintonia con quanto accadeva per gli altri gruppi professionali dei fisici, dei matematici o delle varie specializzazioni mediche. Un sostanziale merito nell’avere organizzato e rilanciato gli studi chimici in Italia deve essere riconosciuto a Stanislao Cannizzaro (1826-1910) e alla sua scuola. Con lui si era formato Emanuele Paternò (1847-1935) ordinario e rettore dell’Università di Palermo, uno dei fondatori della Gazzetta Chimica Italiana. Era assistente di Cannizzaro, a Roma, il triestino Giacomo Ciamician (1847-1922), di cui diremo tra poco. Con Cannizzaro e Paternò, si era laureato anche Giulio Provenzal (1872-1954), nato a Livorno e trasferito da bambino con la famiglia a Tunisi dove compì gli studi presso il collegio italiano proseguendoli nel liceo francese. Ritornato in Italia conseguì nel 1894 il diploma di farmacista presso l’Istituto di studi superiori di Firenze e poi nel 1908 si laureò in chimica discutendo con Cannizzaro e Paternò una tesi sperimentale su “L’acido timotico e i suoi derivati”. Nel laboratorio di Cannizzaro aveva lavorato anche Raffaello Nasini (1854-1931), poi professore ordinario a Padova e a Pisa. Angelo Angeli (1864-1931), allievo di Ciamician, fu ordinario a Firenze. Erano figure di rilievo scientifico nella chimica e diversi di loro non mancarono di impegno nella società civile e politica, nelle amministrazioni locali e nel Parlamento nazionale, anche sedendo nella Camera alta del Regno. Era laureato in
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chimica e farmacia Francesco Zanardi (1873-1954) eletto sindaco di Bologna per il partito socialista e poi membro della Costituente e senatore della Repubblica. Ettore Molinari (1867-1926), che si era laureato all’estero, partecipò ai movimenti socialisti ed anarchici. Giacomo Ciamician, nominato senatore il 26 gennaio del 1910, durante la guerra si era reso benemerito prestando la sua opera nello studio e nella preparazione dei mezzi di difesa e di offesa¹. Nato a Trieste da famiglia di origine armena, aveva compiuto gli studi di chimica a Giessen e collaborò con Cannizzaro a Roma, prima di andare a Padova e infine all’Università di Bologna dove insegnò per oltre trenta anni. Fu tra i primi a intuire l’importanza dell’energia solare, di cui parlò nella prolusione all’anno accademico 1903-1904, mentre qualche anno dopo, nel 1912, in una conferenza tenutasi negli Stati Uniti affermava che una civiltà nervosa, basata sul carbone, sarebbe stata seguita da una civiltà più
quieta, basata sull’utilizzazione dell’energia solare. Con l’istituzione del Ministero delle armi e munizioni, Ciamician venne chiamato a presiedere, all’interno della giunta permanente, la quinta commissione per l’ispezione della produzione degli stabilimenti di materiale bellico dal punto di vista scientifico. Anche Paternò e Angeli coordinarono alcune commissioni. Paternò si occupò di quella che aveva lo scopo di ricercare nuovi gas; Angeli presiedeva la commissione che seguiva lo studio delle maschere di difesa. All’entrata del Paese in guerra, Molinari era diventato direttore chimico della SIPE di Cengio (Savona), che era allora una importante produttrice di esplosivi. Nel 1914 l’Italia non entrò immediatamente nella guerra europea e una delle prime voci a sollevarsi fu quella dei deputati del partito repubblicano che deprecarono l’eventualità di un intervento italiano. Anche la politica del partito socialista, come ricorda Luigi Ambrosoli², fu improntata da un lato alla rigorosa difesa della neutralità e dall’altro all’esigenza di conservare la fiducia nell’internazionale socialista e di fare in modo che essa potesse guidare il proletariato contro la guerra. Nella comunità scientifica, le maggiori opposizioni alla guerra si annoveravano tra i chimici, ma non si trattava di una linea politica omogenea e definita;
di fronte all’ipotesi dell’entrata nel conflitto, molte coscienze si schierarono con argomentazioni forti di venature pacifiste. Certamente la loro posizione era determinata anche dalla conoscenza delle nuove tecnologie, delle nuove armi micidiali. La loro professionalità era però preziosa e molto ricercata dall’esercito per lo sviluppo delle armi, sì che essi si dovettero prestare in difesa del paese, sia nella convinzione di agire patriotticamente, sia nel rispetto al loro ruolo istituzionale. In realtà anche molte personalità della scienza avevano ceduto alle lusinghe della forte propaganda interventista. Una delle voci inizialmente molto contrarie era stata quella di Paternò che nel 1915 era da 5 anni direttore dell’istituto chimico dell’Università di Roma, succeduto a Cannizzaro. Era una figura autorevole coinvolta nella vita politica, come membro del Senato dal 1890 e, per diversi anni, anche vice presidente³. Era stato inizialmente vicino a Crispi e successivamente a Giolitti che aveva pensato a lui, all’epoca del suo secondo governo nel 1903, come ministro della Pubblica istruzione. Paternò era presidente della Commissione sugli esplosivi e su suo suggerimento, nel 1907, si era realizzato un laboratorio chimico. Fino al 24 maggio 1915, il chimico-senatore non era stato di certo favorevole all’intervento italiano, come aveva cercato di dire a Giolitti con una lettera nella quale indicava tutte le
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sue riserve sul comportamento del governo e aveva preteso di mercanteggiare la neutralità. Il suo giudizio sulla guerra era lucido: si trattava di un conflitto tra nazioni imperialiste, tra Inghilterra e Germania per l’egemonia economica in Europa e a livello mondiale. Paternò riteneva che la posizione più consona per l’Italia fosse comunque quella di non cedere alle pressioni di Francia ed Inghilterra che, con allettamenti diversi, cercavano di spingere a rivendicazioni irredentiste. Tutto ciò in ogni caso non impedì a Paternò, come ad altri chimici, di impegnarsi con lealtà e passione per il proprio paese, dichiarata la guerra. Motivazioni ideali si trovano anche in Giacomo Ciamician, uno dei chimici italiani più stimati a livello internazionale. Nato a Trieste e quindi suddito austriaco in gioventù, si avvicinava ai sessanta anni di età ed era professore a Bologna alla vigilia del conflitto. Pensava che il ricorso alle armi fosse una follia, un delitto contro la ragione e contro tutto ciò che di buono si stava realizzando in Europa. Idealista e confidante in un mondo di pacifica fraternità non comprendeva l’esasperazione dei sentimenti nazionalistici, mentre vedeva nella scienza uno strumento privilegiato. Allo scoppio della guerra si era messo in contatto con il matematico Vito Volterra,
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proponendogli una mobilitazione degli scienziati a favore della pace e dei valori che l’internazionalismo scientifico rappresenta: “che orrore questa guerra generale è un incubo che non permette di pensare ad altro [...] Io non posso credere io spero che ci
saranno delle menti illuminate che condanneranno questo attentato alla vita e alla prosperità delle genti”. Quando però si era entrati in guerra, anche Ciamician si adeguò; tutte le riserve mentali e le profonde differenze emerse tra interventisti e neutralisti
andavano dimenticate. Prendendo la parola nella riunione del Consiglio comunale di Bologna, presieduto dal suo allievo Zanardi, il 27 maggio 1915 disse: “Ciascuno faccia sacrificio delle proprie passioni, ciascuno offra alla comune concordia la sua parte migliore”. Una posizione simile si trova negli scritti sulla guerra di Provenzal che, dopo la laurea, aveva continuato la sua attività di pubblicista e maturato un interesse per la storia della chimica. Allo scoppio della guerra, Provenzal era attivista e segretario dell’Associazione Nazionale per il Libero Pensiero. Nel suo volume Il Libero pensiero e la guerra⁴ è riportato il verbale della riunione promossa dall’Associazione in Roma il 15 ottobre 1914, con l’intervento del fisiologo Carlo Richet in presenza di un uditorio scelto, che comprendeva scienziati e politici come Vito Volterra, Giulio Fano, Giovanni Agnelli, Leonida Bissolati. Richet attribuiva
all’Austria e alla Germania la responsabilità della guerra e, pur dichiarandosi pacifista, dichiarava che non c’era ragion di continuare ad esserlo, perché se alla pace si doveva unire la schiavitù preferiva la guerra. Fra i contributi più significativi di Provenzal, che troviamo nel volume, si possono ricordare “chi siamo e cosa vogliamo”, “poche e libere parole” e quello scritto “ai 93 intellettuali tedeschi” (citazioni?). Provenzal voleva riaffermare la dottrina del libero pensiero “semplice e sana” che poggiando sul “solido terreno della realtà” desidera un’umanità fatta di uomini liberi. Però gli scienziati lavorano sempre per far progredire la conoscenza e operando in questa direzione non devono essere intralciati da riserve di pensiero morale. Forse anche confidando in questo compito, i chimici italiani non videro contraddizione tra il pacifismo delle loro opinioni e l’impegno per la guerra⁵.
NOTE ¹ A. GUERRAGGIO, La scienza in trincea, Cortina, Milano 2015. ² L. AMBROSOLI, Né aderire né sabotare: 1915-1918, Milano: Avanti!, 1961. ³ S.C.I. La Chimica e L’industria, 2015 N.6, grafica Ripoli Roma. ⁴ G. PROVENZAL, Il Libero pensiero e la guerra, L Agave, Roma 1917. ⁵ A. CAPOCCI, La chimica va alla guerra, “Il Manifesto”, 7 luglio 2015.
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IL RUOLO DEL CHIMICO PER LA TUTELA DELLA SALUTE NEL SETTORE IDRICO DI MAURO BOCCIARELLI Nel corso della prima giornata di Accadueo, mostra internazionale dell’acqua che si tiene a Bologna dal 17 al 19 ottobre, la Federazione Nazionale degli ordini dei Chimici e dei Fisici ha organizzato il convegno IL RUOLO DEL CHIMICO PER LA TUTELA DELLA SALUTE NEL SETTORE IDRICO, per esaminare diversi aspetti della Chimica nell’ambito della salute. Sono state approfondite diverse tematiche per mettere in evidenza come tutte le attività svolte dal Chimico abbiano sempre avuto un risvolto sulla sicurezza e sulla salute del cittadino anche nel settore di gestione e tutela delle acque. I cambiamenti climatici, i flussi migratori e il crescente fabbisogno agricolo richiedono l’adozione di un utilizzo sostenibile delle risorse idriche. L’ONU è fortemente preoccupata di garantire a tutti l’accesso all’acqua. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sancisce l’importanza della qualità dell’acqua per assicurare la salute. L’acqua non è un prodotto commerciale, come evidenziato dal Dr. Renato Soma consigliere della FNCF nel suo intervento, bensì un patrimonio da proteggere e tutelare. Le direttive europee sono indirizzate alla protezione dell’acqua e alla qualità dell’ambiente ad esse connesso e prendono in considerazione diversi aspetti, dalla balneazione alle acque reflue, a quelle destinate al consumo umano. L’ultimo decreto ministeriale del 14 giugno 2017, che recepisce la direttiva UE n. 1787/2015 sulle acque per il consumo umano introduce un nuovo approccio basato sul “risk management“ applicato all’intero processo di produzione, dalla captazione al rubinetto. La definizione di un piano di controllo dell’acqua viene parametrato sulla base del rischio e della fragilità del sistema, valutazione che deve rispettare i contenuti della norma EN 15975-2 e/o le linee guida dell’ISS secondo il modello Water Safety. Anche il Dr. Marco Bascapè consigliere dell’ordine dei chimici della provincia di Pavia, si è soffermato sulla suddetta normativa italiana e sulla necessità di puntuali controlli ed analisi sulla qualità delle acque. L’importanza del Chimico viene sancita e confermata quindi con forza dallo stesso decreto in relazione alla valutazione del rischio ma non solo, decreto che stabilisce delle specifiche per l’analisi dei parametri chimici che devono essere conformi alla Norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2018, ribadendo alcuni concetti base come il limite di quantificazione e l’incertezza di misura codificati nel decreto stesso. In linea più generale la valutazione del rischio a tutela della salute umana su tutta la filiera idropotabile, i parametri e i loro limiti nell’ottica del principio di precauzione, una corretta e competente informazione alla popolazione, rientrano tra i compiti del chimico a maggior ragione oggi che con la
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Legge N.3 del gennaio 2018 (decreto Lorenzin) viene riconosciuta come professione sanitaria. Il Dr. Dambrosio della società BWT si è soffermato sulle tecnologie attualmente disponibili e impiegabili per la rimozione di Cromo esavalente nelle acque destinate al consumo umano. Con la pubblicazione del Decreto del 14 novembre 2016 il panorama legislativo nazionale ha ridotto la concentrazione massima di cromo esavalente nelle acque destinate al consumo umano da 50 microg/l (limite prescritto dal D. Lgs. N. 31/01) a 10 microg/l, introducendo inoltre l’obbligo di ricerca del cromo esavalente nei casi in cui il cromo totale superi i 10 microg/l. Anche il Dr. Edoardo Agusson ha presentato un’interessante relazione sulla determinazione delle sostanze perfluoroalchiliche (meglio note come PFAS) nelle acque, mettendone in evidenza le criticità a fronte degli innumerevoli composti di origine industriale. “L’argomento è di particolare criticità e attualità visto che importanti aree del paese e in particolare in provincia di Vicenza sono interessate da diffusi inquinamenti della falda causa lo sversamento di tali prodotti su vaste aree agricole.” La Dr.ssa Sonia Dall’Ara del Centro Ricerche Marine nonché consigliere dell’Ordine interprovinciale dei Chimici e dei Fisici dell’Emilia Romagna, ha approfondito il ruolo del chimico nella pianificazione dei monitoraggi
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per la tutela della salute anche in un settore non così scontato per un chimico come il controllo delle fioriture algali di cianobatteri e l’individuazione di appositi protocolli per la ricerca di cianotossine tossiche nelle acque superficiali, dolci e salate. Parimenti la Dott.ssa Daniela Aita, consigliere della FNCF, si è concentrata sull’aspetto della prevenzione e il controllo della Legionella negli impianti idrici. Il rischio legionellosi negli impianti idrici è un aspetto da non sottovalutare; infatti si sono verificati, in molte realtà nazionali, problemi alla salute umana che in alcuni casi ha causato anche dei morti. Le Legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali, come le acque termali, fiumi, laghi e fanghi. Da questi ambienti esse raggiungono quelli artificiali, come le condotte cittadine e gli impianti idrici degli edifici, i serbatoi, le tubazioni, le fontane e le piscine, che possono agire da amplificatori e disseminatori del microrganismo. Inoltre la Dott.ssa Aita, in apertura dei lavori, coordinati dal Dr. Mauro Bocciarelli consigliere – tesoriere della FNCF, ha affrontato il ruolo del chimico, a maggior ragione oggi che è diventata una professione sanitaria ai sensi della Legge N° 3/2018, in diversi settori attinenti il tema in oggetto per la salvaguardia della salute pubblica quali:
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•Prevenzione dall’inquinamento delle acque; •monitoraggi ed analisi; •consulenza di tipo industriale di processo e prodotto; •consulenza sulle migliori tecnologie produttive e di trattamento degli scarichi; •consulenza e supporto specialistico ai gestori del servizio idrico integrato; •progettazione di impianti di trattamento delle acque primarie e reflue; •consulenza per interventi di verifica delle caratteristiche delle acque; •consulenza pratiche autorizzative; •supporto alla Pubblica Amministrazione e alle società private. Dalla giornata dei lavori è emerso che, sia nel monitoraggio e controllo degli scarichi produttivi, che nel controllo e garanzia della risorsa idrica per uso idropotabile, è fondamentale rivolgersi a professionisti chimici per la competenza tecnica, analitica e di processo – e in particolare perché la competenza richiesta costituisce un fattore imprescindibile per la tutela della salute pubblica.
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INFORMAZIONE, COMUNICAZIONE E DIVULGAZIONE SCIENTIFICA: UNA SFIDA COLLETTIVA DI GIUSEPPE ALONCI
Quattro milioni e duecentomila sono stati gli spettatori rimasti incollati alla televisione sabato 22 Settembre, per assistere a Stanotte a Pompei di Alberto Angela. Numeri impressionanti, che mostrano come sia infondata l’idea che il “popolino” sia disinteressato alla cultura e attento solo a veline e reality show. La sensazione è che il legittimo interesse e la curiosità si stiano spostando velocemente dai mezzi tradizionali (giornali, libri e teatro) ai mezzi multimediali: internet e social network in primis, ma con la televisione che rimane ancora un punto saldo. Questo cambio di paradigma non riguarda solamente il mezzo fisico utilizzato per accedere alle notizie, ma principalmente riguarda il tipo di linguaggio ricercato dai fruitori delle informazioni e, soprattutto, il modo per ottenere la fiducia di chi ascolta. Il tempo dello scienziato o del letterato che parla e del pubblico che ascolta è finito da un pezzo: la quarta parete si è infranta e la distanza tra chi parla e chi ascolta è minima. Bearsi delle proprie competenze e pensare che bastino
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titoli altisonanti per garantirsi la fiducia delle persone è anacronistico. Per questo motivo, come scienziati e come chimici in particolare, facciamo fatica a far sentire le nostre ragioni. Mentre noi continuiamo a trincerarci dietro battaglie di principio e a mettere i puntini sulle “i”, gli esperti di comunicazione e i giornalisti hanno già imparato come sfruttare i nuovi linguaggi per solleticare la curiosità e l’interesse degli spettatori e trasformarli in denaro sonante. Ovviamente, mentre il nostro interesse come scienziati è la trasmissione di informazioni corrette, l’interesse dei media è quello di fare ascolti, vendere copie o vendere spazi pubblicitari. Possono questi due diversi interessi venirsi incontro? La risposta è sì, e d’altronde lo abbiamo visto all’inizio dell’articolo con Stanotte a Pompei. Volendo rimanere nel nostro ambito, un ottimo esempio è quello di Dario Bressanini, ricercatore chimico e divulgatore scientifico che - dopo aver pubblicato molti preziosissimi libri sulla chimica,
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la cucina e l’alimentazione - ora è sbarcato su YouTube, dove il suo canale sulle bufale alimentari ha un successo strepitoso anche tra i più giovani. Questo ci aiuta a sfatare un altro mito, duro a morire nella comunicazione della scienza: ovvero ridurre sempre tutto a banalità e esagerazioni. Non si tratta di un argomento di poco conto. Se da una parte ci lamentiamo della maniera poco dignitosa che hanno i media di trattare la chimica, dall’altra i comunicati stampa delle università spesso si riducono a un’apologetica assolutamente dannosa. Non è possibile pensare di conquistare la fiducia delle persone comunicando di aver trovato la cura per il cancro ogni due giorni… L’errore sta spesso nel confondere la semplificazione con l’adeguarsi al registro linguistico o allo spazio a disposizione. Rendere un argomento accessibile e attraente per un vasto pubblico - in pochi minuti o poche righe - non è certo facile, né è qualcosa che si può improvvisare dalla sera alla mattina.
Al contrario, è un impegno che richiede competenze che necessitano di anni per essere affinate. Il 13 ottobre, in occasione del XVIII congresso nazionale dei chimici, si è tenuta una tavola rotonda su informazione e comunicazione, che ha portato a una discussione a tratti molto accesa – dimostrando così quanto questo tema sia sentito da noi chimici. Trovare il modo giusto per conciliare rigore scientifico, nuove forme di comunicazione e interesse del pubblico non è banale, ma è possibile. Imparare come piegare le regole della comunicazione per trasmettere la scienza (e non piegare la scienza per gli interessi della comunicazione) va considerata una sfida di primaria importanza. Il rischio, altrimenti, è di aver libri o blog polverosi - ma precisissimi – e show televisivi e video virali che macinano ascolti snaturando la scienza.
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Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e taratura: EN ISO/IEC 17025:2017 DI DANIELA MAURIZI
Entro il 30 novembre 2020, tutti i laboratori accreditati dovranno aver fatto il passaggio alla EN ISO/IEC 17025:2017 pubblicata nella sua versione originale a novembre 2017 e nella versione italiana (UNI CEI) a gennaio 2018. Come per tutte le norme ISO, il tempo per la transizione da una versione all’altra sono 3 anni. Accredia consiglia di non superare la data del 30 maggio 2020 per la pianificazione della visita, per essere sicuri che ci siano i tempi tecnici per la gestione delle pratica e garantire quindi la continuità del certificato. Dal 1° dicembre 2020 non saranno più validi i certificati di accreditamento ai sensi della EN ISO/IEC 17025:2005 e se qualche laboratorio dovesse perdere questo appuntamento dovrà iniziare con una nuova richiesta come se fosse la prima volta. Con la conseguenza che avrà un nuovo numero di accreditamento. Vediamo quali sono le principali novità che hanno portato alla revisione della norma che non riguardano solo un aggiornamento dei testi, necessario dopo 12 anni, e relativi riferimenti normativi. Il principale cambiamento riguarda l’allineamento
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della struttura della norma rispetto alla serie ISO/ IEC 17000 e in linea ai criteri della ISO/CASCO. Tutte le norme della serie ISO/IEC 1700 hanno la seguente struttura: 1. Scopo e campo di applicazione 2. Riferimenti normativi 3. Termini e Definizioni 4. Requisiti generali 5. Requisiti strutturali 6. Requisiti delle risorse (persone, attrezzature, acquisiti) 7. Requisiti di processo 8. Requisiti di gestione Adeguamento rispetto alla ISO 9001:2015 per facilitare eventuali integrazioni: ritorna l’opzione di conformità del sistema di gestione per i laboratori che adottano la ISO 9001:2015. Si veda Appendice B. In alternativa ad un sistema di gestione secondo la ISO 9001:2015 sono definiti requisiti puntuali di norma (capitolo 8).
Approccio ai processi secondo il Risk base thinking (pensiero basato sul rischio) in linea con la ISO 9001:2015 ma anche alla ISO/IEC 17021-1:2015. L’Approccio basato sul rischio è per tutti i processi, sia in termini positivi (opportunità) che negativi (rischi). Ne consegue che, come per la ISO 9001, non esistono più le azioni preventive ma azioni per affrontare opportunità e rischi. Spetta al laboratorio decidere quali sono i rischi da affrontare e le opportunità da cogliere. Tuttavia, è l’organismo di accreditamento a valutare se il laboratorio ha definito azioni appropriate per affrontare i rischi e cogliere le opportunità nei laboratori accreditati. La norma fa esplicito riferimento al termine “rischio” nei seguenti punti: Alcuni aspetti inseriti precedentemente nella norma sono puntualizzati e, in alcuni casi, elevati a requisito. Per esempio compaiono delle definizioni puntuali (che prima non c’erano) fra le quali:
Laboratorio: organismo che esegue una o più fra le seguenti attività: prova, taratura, campionamento, associato a successiva prova o taratura. Regola Decisionale: regola che descrive in che modo si tiene conto dell’incertezza di misura quando si dichiara la conformità a un requisito specifico. I concetti di Imparzialità e Riservatezza sono esplicitati in requisiti puntuali (4.1 e 4.2) a sottolineare l’importanza di questi aspetti che il laboratorio deve trattare con la dovuta attenzione, soprattutto per quanto riguarda l’imparzialità per la quale è richiesta un’analisi del rischio continua nel tempo. In riferimento all’Organizzazione non si parla più di “Alta Direzione” né di Quality Manager né sono più prescrittivi i sostituti. L’applicazione della ISO 17025 riguarda tutti e a tutti i livelli e ognuno deve avere consapevolezza delle proprie azioni. Per il Personale c’è molta enfasi sulle competenze in termini di consapevolezza delle proprie azioni. Sarà necessario assicurarsi che il personale abbia non solo le competenze di svolgere le attività per cui è responsabile, ma anche che sappia valutare la significatività di eventuali scostamenti. Per questo motivo fra le varie attività messe in atto dal laboratorio sul personale, sarà necessario registrare il monitoraggio della competenza del personale. Le Equipement assumono un significato più ampio. Dotazioni, apparecchiature (si vedano la nota al 6.4) ma anche software, materiali di riferimento e quanto può influenzare il risultato. I requisiti tecnici sono quelli che hanno subito meno variazioni di concetto, piuttosto degli aggiustamenti formali. Per la riferibilità metrologica descritta nel paragrafo (6.5) si aggiunge un’appendice dedicata (Appendice A) che fornisce ulteriori dettagli sulla riferibilità metrologica quale concetto importante per assicurare la comparabilità dei risultati di misura a livello nazionale e internazionale. Dichiarazione della Conformità: quando si fornisce una dichiarazione di questo tipo, il laboratorio deve documentare la regola decisionale utilizzata (come ad esempio nel caso di incertezza di misura fuori limite). Opinioni e interpretazioni possono essere accreditate e inserite nel Rapporto di Prova. Si devono basare solo ed esclusivamente sui risultati ottenuti sul campione e relative informazioni aggiuntive ricevute dal cliente in fase di accettazione o dati bibliografici. La EN ISO/IEC 17025:2017 contiene cambiamenti importanti rispetto alla precedente versione che non è possibile riassumere in un articolo. Si rimanda alla norma stessa e al documento tecnico Accredia RT 08- rev 04 per una completa visione dei requisiti. Di seguito si propone una tabella di correlazione fra i requisiti della versione del 2005 e i requisiti della versione 2017.
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BALZANI E MANNA: LA CHIMICA ITALIANA ECCELLE NEL MONDO Due generazioni a confronto, due chimici di successo. Comun denominatore? L’umiltà tipica dei grandi e un profondo amore per la scienza. DI EDOARDO MARANGONI
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È stato uno dei momenti più intensi del Congresso Nazionale dei Chimici. Ed è prevedibile quando due figure di spicco della chimica italiana raccontano la loro storia professionale ed esprimono il loro punto di vista sul ruolo dei chimici. Il secondo giorno di Congresso, infatti, si è chiuso con una bella intervista, condotta da Valentina Bendicenti di SkyTg24, a Vincenzo Balzani e Liberato Manna, due eccellenze italiane riconosciute in tutto il mondo per i loro contributi scientifici. Le loro parole sono state ricche di passione e di consapevolezza verso un ruolo, quello del Chimico, che ha un alto valore etico e professionale nei confronti della società, ma che spesso risulta invisibile ai molti proprio perché lavora su aspetti infinitesimali della materia che, tuttavia, hanno un impatto evidente nella vita di tutti i giorni. Ed è il rapporto fra scienza e società uno degli aspetti più vicini alla sensibilità del prof. Balzani. «Quando ero molto giovane mi occupavo solo di ricerca scientifica – racconta Balzani – poi mi sono reso conto che fare ricerca è un privilegio e che ci sono delle responsabilità verso la società. Quindi chi ha studiato è chiamato a dare una risposta alla società. Per questo sia nei corsi universitari sia attraverso la mia attività di divulgatore scientifico ho cercato di parlare dei problemi che riguardano l’ambiente visto che entro il 2050 dobbiamo eliminare i combustibili fossili. È
quindi essenziale l’apporto degli scienziati in questi ambiti e, il loro ruolo ha una responsabilità sociale forte. Anche studiando, come fa spesso il chimico, nel piccolo. Mi sono dedicato infatti alle macchine molecolari nella vita, ma sono state scoperte fondamentali che possono aprire a opportunità ancora inesplorate». Di infinitamente piccolo – in particolare di nano cristalli – si è occupato anche Liberato Manna, uno dei ricercatori italiani più citati nel 2018. «Il lavoro dei chimici è grande e ha un impatto enorme – racconta Manna – anche se è spesso nascosto. Se pensiamo alle TV QLED, per esempio, troviamo un altissimo contenuto tecnologico ma altrettanta chimica. La rivoluzione delle nanotecnologie, iniziata alla fine degli anni ’90, sta avendo sviluppi fondamentali, come per esempio nel trattamento di alcuni tumori in Germania. Anche nel mio gruppo di ricerca stiamo lavorando per aprire nuove strade in ambito di nano cristalli e produrre quindi celle fotovoltaiche stampabili». Durante l’intervista è stato toccato anche un punto chiave: i giovani. Quali sono i suggerimenti da dare a chi deve scegliere di studiare chimica? Quali sono le prospettive e che qualità servono per intraprendere questo tipo di percorso? Le risposte si sono trasformate in un bell’excursus nella loro storia. «Scegliere chimica non è semplice – confessa Vincenzo Balzani – Spesso è al IL CHIMICO ITALIANO
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liceo che scatta la scintilla. Io consiglio sempre di fare una cosa: intanto scegli senza fretta quello che ti piace e mettici della passione. Si può poi cambiare percorso, ma è fondamentale avere la passione». Per Liberato Manna il percorso è stato proprio questo: «la passione è scattata al liceo. Anche se fino all’ultimo volevo fare il fisico, all’ultimo anno di liceo ho deciso di fare chimica. E stato un caso: il papà di un amico mi ha fatto vedere un laboratorio e mi ha fatto capire la ricaduta del lavoro e che, se avessi fatto il chimico, avrei portato un contributo alla società. Uno scienziato, dal mio punto di vista, lo si riconosce da alcuni tratti fondamentali: deve sapersi stupire davanti alle cose, deve avere la freschezza mentale di aggiornarsi sempre e deve avere umiltà perché, anche se raggiungi dei risultati, non sei nessuno». Un punto importante che è stato toccato nell’intervista è stato anche il rapporto fra comunicazione e scienza, un tema che nella tavola rotonda dedicata ha acceso il dibattito e coinvolto la platea. Su questi temi, Vincenzo Balzani, ha un’opinione molto chiara: «la maggioranza degli scienziati si cura poco di
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divulgazione e, di conseguenza, si cura poco della società. La chimica è bella, ma questa bellezza va fatta conoscere e apprezzare dal grande pubblico». A questa riflessione fa da sponda il punto di vista di Liberato Manna: «viviamo in un epoca di sensazionalismo, la notizia vola velocissima, le fake news si amplificano. Lo scienziato non deve essere vittima del sensazionalismo, anche nella sua ricerca. Lo scienziato è oggi schiacciato da tanti oneri di performance è quindi importante che ci siano delle persone competenti in ambito di comunicazione scientifica, dei professionisti che sappiano filtrare le informazioni e che formino degli uffici comunicazione. Lo scienziato deve fare altro e non può dedicare il suo tempo a fare il comunicatore». Infine, vista l’esperienza sia di Balzani che di Manna all’estero, come si colloca il chimico italiano in un contesto internazionale? Balzani: «All’estero c’è una concorrenza feroce, anche a partire dai dottorati di ricerca. Gli italiani devono imparare a dialogare di più fra le varie discipline scientifiche e, anche, fra le varie branche più specifiche della chimica. L’Italia deve esportare conoscenza e scienza e lo deve fare perché può farlo. Per esempio, gli studenti
italiani all’estero sono molto apprezzati, il problema semmai è farli tornare in Italia preparando per loro un ambiente favorevole e comodo per fare ricerca». Di parere simile è Manna: «È fisiologico che il top 5% dei ricercatori se ne vada. Noi però non riusciamo a intercettare il top 5% degli stranieri perché l’Italia purtroppo non attrae e la ricerca non ha il giusto peso. Un altro discorso riguarda il ricercatore italiano che vuole rientrare dopo anni all’estero: bisogna dargli una prospettiva interessante, con dei budget, laboratori e fare in modo che tutto il sistema sia agevole e comodo per lui. L’Istituto Italiano di Tecnologia per esempio è all’avanguardia e propone a ogni scienziato package di ricerca. Questo però andrebbe esteso a livello più ampio. Inoltre, a livello di sistema, è fondamentale garantire una costanza di finanziamenti per avere delle prospettive certe; un altro aspetto è il trasferimento tecnologico: in Italia si fa molta ricerca, anche buona, ma manca un ufficio di trasferimento tecnologico che possa magari suggerire di brevettare alcune di queste ricerche».
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