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Oltre il pregiudizio, il progetto al Pascal
“Libertà e carcere” gli studenti del Liceo incontrano due detenuti del carcere di Rebibbia
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i è concluso nel mese di maggio un'interessante iniziativa che ha visto protagonisti gli alunni delle classi quarte e quinte del liceo Blaise Pascal di Pomezia. Un'iniziativa che parte da lontano, circa 4 anni fa, e che ha messo di fronte agli studenti il delicato tema della libertà, più che mai attuale nel momento storico che stiamo vivendo. In tutto, nell'ambito dell'iniziativa, sono state organizzate quattro conferenze di approfondimento che hanno visto alternarsi diversi ospiti coinvolgendo le carceri di Velletri e Rebibbia, alcuni Avvocati nonché degli esperti del settore. Il progetto, dall'emblematico titolo “Libertà e carcere”, ha permesso inoltre agli studenti di affrontare, superandola, la questione legata al pregiudizio, come quello nei confronti di chi, per vari motivi, è stato condannato ad una pena detentiva.
L'incontro con i detenuti
Non a caso, il culmine del progetto è stato l'incontro con due detenuti che hanno portato ai ragazzi la loro esperienza diretta. Nel corso di quest'ultima conferenza, svoltasi lo scorso 23 maggio e presentata dal Dirigente scolastico, la Prof.ssa Laura Virli, sono intervenuti inoltre l'Avvocato penalista Rita Chiara Furneri, la Dott.ssa Rosella Santoro, Direttore del carcere di Rebibbia, Alessia Forte, Comandante della polizia penitenziaria di Rebibbia, e l'Ispettore Erminio Rossi. Ma il vero momento saliente è stato, come detto, quello del confronto con i due detenuti della struttura penitenziaria di Rebibbia. La
loro è una storia di riscatto e rivincita gra-
zie soprattutto allo studio e al supporto delle Istituzioni; entrambi sono infatti laureati: il primo in “Lettere e Filosofia” e “Scienze del Teatro”, il secondo sempre in “Lettere e Filosofia” ed è al momento impegnato nella stesura della tesi per la seconda laurea. Insomma, il segno che il carcere, a
volte, può non essere soltanto il punto drammatico di arrivo didella vita di una
persona ma anche quello di una ripartenza per lasciarsi alle spalle gli errori commessi. E sperare così in un futuro diverso, migliore. «Non
siate gli stupidi della società – hanno detto a questo proposito i detenuti – e combattete per la libertà e la giusti-
zia». L’incontro è quindi terminato con il ringraziamento della Prof.ssa Barbara Zadra, referente del progetto, e con la consegna di alcune pergamene, realizzate dai ragazzi, ai detenuti. Questo il commento della rappresentante di Istituto Eleonora Mazzuca a margine dell’incontro: «Ringraziamo la preside e i docenti, il Direttore dell'Istituto Penitenziario, tutto il reparto di polizia penitenziaria, l'Avvocato Furneri e tutti e tutte voi per essere qui oggi. E’ sicuramente un'opportunità di crescita importantissima. questo è l'ultimo incontro del progetto libertà e carcere, che
L’incontro a scuola con i detenuti del carcere di Rebibbia Gli alunni si sono confrontati con il tema ha lo scopo di darci una nuova visione del della libertà e del pregiudizio, superando mondo penitenziario facendoci uscire dai i preconcetti che avevano all’inizio pregiudizi e i preconcetti che la società ci impone. ringraziamo ancora una volta il dipartimento di religione, il dipartimento di storia e filosofia e la dirigente per averci dato questa possibilità».
L'incontro del 22 marzo
Nel precedente appuntamento invece, tenutosi a marzo, gli alunni si erano confrontati con il direttore del carcere di Velletri, la Dott.ssa Maria Donata Iannantuono, il comandante di Polizia Penitenziaria Alessia AsIL PROGETTO “Libertà e carcere” sante, la Dott.ssa Sabrina Falcone, coordinatore dell'area educativa e il Dott. Ripa, Ispettore di Polizia Penitenziaria, in
Sono state realizzate quattro servizio al dipartimento dell'Amministraconferenze che hanno visto la zione penitenziaria. Nel corso di quell'inconpartecipazione dei vertici delle carceri tro erano state affrontate tematiche di Velletri e Rebibbia, di Avvocati, altrettanto delicate con un focus sul ruolo rappresentanti di Associazioni e, riabilitativo ed educativo ai fini della redennell’ultimo appuntamento del 23 zione dei carcerati. Un lavoro, avevano spiemaggio scorso, anche di due gato gli ospiti intervenuti, “reso possibile detenuti soltanto dall'équipe composta dal coordinatore dell'area educativa, dall'assistente sociale, dagli psicologi, dalla polizia penitenziaria e a volte da esperti quali criminologi, il tutto sotto il coordinamento del direttore del carcere”. «A colpirci in
particolare in quell'occasione erano stati la devozione e l'impegno che il corpo di Poli-
zia Penitenziaria impiega nel suo lavoro ogni giorno – ci hanno raccontato gli studenti – nonostante le difficoltà del caso, come l'aggressività dei carcerati e il sostegno che ci pare a volte un po' carente da parte dello Stato. Il loro è un compito difficile, di nobili ideali, che necessita certamente di una grande forza di volontà e di una ferrea dedizione».
(continua) Il riscatto e la redenzione grazie allo studio e al supporto delle istituzioni: i detenuti che hanno incontrato gli studenti sono entrambi laureati
(segue) L'intervista
Ad ogni modo, per saperne di più sull'intero progetto abbiamo parlato con la referente, la Prof.ssa Barbara Zadra, Docente di Religione all'Istituto Pascal. Professoressa da dove nasce l'idea di questo progetto? «Quest'iniziativa, portata avanti dal dipartimento teologico in collaborazione col dipartimento di storia e filosofia, ha preso il via quasi quattro anni fa con le classi quarte. Il tema della “libertà” del resto è ricorrente nel loro percorso di studi e viene affrontato sotto vari punti di vista, penso proprio alle materie come storia e filosofia. Da questo siamo partiti chiedendo ai ragazzi quale fosse il loro concetto di libertà. Dopodiché abbiamo visto come il tema veniva affrontato nel cristianesimo e nella Costituzione. A quel punto ci siamo chiesti: 'Dove manca principalmente oggi la libertà?'. Così abbiamo maturato l'idea di estendere il progetto alle carceri perché è qui che chiaramente la libertà manca di più; e affrontando l'argomento sono usciti fuori tutti pregiudizi che i ragazzi hanno, su cosa pensano dei detenuti, fino al dibattito sul funzionamento del sistema detentivo in Italia». Quali sono stati gli altri ospiti intervenuti nel corso di questi anni? «Gli alunni hanno incontrato tante personalità esperte sul tema delle carceri. Menziono ad esempio Francesca Tricarico, regista che lavorava nel carcere di Rebibbia femminile e ora attiva a Latina, con le detenute del carcere di massima sicurezza, peraltro una nostra ex alunna, che ci ha parlato della compagnia teatrale fondata nel carcere e portata avanti con donne ammesse a misure alternative alla detenzione ed ex detenute, oppure Andrea Oleandri, della Associazione Antigone (che si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale, ndr) . Dopodiché abbiamo conosciuto i vertici dei penitenziari sia di Rebibbia che di Velletri, i quali ci hanno raccontato il loro quotidiano lavoro sul campo, e gli Avvocati Porcelli e Furneri. Quest'anno inoltre, com'è noto, siamo riusciti anche ad avere due detenuti del penitenziario di Rebibbia, unitamente al Direttore e anche qui al comandante della Polizia Penitenziaria, che ci hanno portato la loro esperienza». Qual è stato il principale obiettivo di questo percorso? «Lo scopo principale del progetto era quello di abbattere i pregiudizi e di riflettere sulla condizione di chi finisce in carcere. Capire cioè cosa c'è dietro e perché una persona si ritrova, magari senza volerlo, a commettere dei reati. E devo dire che tante idee che gli studenti avevano all'inizio sono state superate. Durante le mie lezioni abbiamo letto inoltre le esperienze narrate da altri detenuti, in particolare da quelli del carcere di Padova e raccolte dal Papa due anni fa durante il lockdown in occasione della Via Crucis. Infine la riflessione sull'aspetto rieducativo delle pene detentive. Pertanto, insieme ai ragazzi, ci siamo domandati: ma il carcere può davvero rieducare? Perché in fondo dovrebbe essere questa la principale funzione della pena. Grazie al progetto e agli incontri svolti in questi anni possiamo dire che la risposta a questa domanda è affermativa anche se chiaramente non sempre si tratta di una strada semplice da percorrere».