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Old en VIDEOGIOCHI

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POCHE PAROLE CHE POCHI SAPRANNO ASCOLTARE

FINAL FANTASY XIV NO MAN’S SKY SPLATOON UNCHARTED 4 SNIPER ELITE 3 MAFIA 3 RESIDENT EVIL REVELATIONS KIMI NO NA WA 1

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CREDITS

{

Old Gen Vecchia Generazione Fanzine per videogiocatori anziani con meno tempo per giocare, ma tanta voglia di parlare.

}

Hanno lavorato a questo numero: Articoli: Francesco Codolo Marco TheEvilPhoenix Favot Alessio De Matteo Grafica e impaginazione: Francesco Codolo Contatti: PODCAST ng plus italia ilfungo nel tubo Sito web: ngplusmagazine.wordpress.com Mail: ngplusita@gmail.com francescodolo@gmail.com Per collaborare con me contattatemi via mail. Non sono richieste particolari doti, solo voglia di stare sotto il mio comando, essendo io il sommo direttore supremo. Questa fanzine amatoriale è il gioco del giornale che facevo da bambino a casa con mia sorella. Il giornalino che facevo con tanto impegno, ma che poi leggevano solo mia mamma e mio papà. Oggi, grazie alla magia dell’internet, possono leggerlo anche mio zio e mia cugina. OLD GEN NON È UNA TESTATA GIORNALISTICA IN QUANTO VIENE PUBBLICATA SENZA ALCUNA PERIODICITÀ. PER TANTO NON PUÒ ESSERECONSIDERATA UN PRODOTTOEDITORIALE AI SENSIDELLA LEGGE 62 DEL 7/03/2001

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EDITORIALE

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REALTà VIRTUALE E PASSATO A 8-BIT.

a realtà virtuale è arrivata. Sembrava non dovesse arrivare mai ed invece finalmente è qui. Sono ancora in pochi a crederci. Nessuno nega che ci possa essere del potenziale per il futuro, ma in troppi sono rimasti scottati da esperienze che sembravano promettenti e che poi invece ci hanno deluso. Personalmente la sto comunque amando. I titoli che sono usciti fino ad oggi sono poco più che delle demo per mostrare il potenziale e i limiti. Ma sono sicuro che il prossimo anno si inizierà a fare sul serio con dei titoloni grossi. Il problema principale della realtà virtuale nei videogiochi è che molto spesso ci si deve muovere tanto e il cervello ha delle grosse difficoltà nel gestire la sensazione dello spostamento del corpo con la realtà nelle sua immobilità. E’ un po’ la sensazione che si ha quando ci si siede sul bagnasciuga al mare e la risacca ci da l’impressione di essere sparati indietro mentre invece siamo fermi ed è l’acqua a muoversi (ho descritto malissimo questo esempio, ma se avete provato questa esperienza forse siete riusciti a capirmi). Ma se non saranno i videogiochi più frenetici a giovarne lo saranno i giochi più stabili. Già mi immagino esperienze romantiche. Conquistare una ragazza, portarla

a cena su marte. Vivere una giornata in un liceo giapponese. Operare un paziente a cuore aperto. Condurre un podcast con davanti un pubblico. Sono desideri da nerd, me ne rendo conto, ma molto spesso i nerd sono arrivati prima degl’altri nel capire il potenziale di un’esperienza. ovembre poi è stato un mese particolare per me. Da un lato avevo l’arrivo della realtà virtuale che mi chiamava. Con le sue promesse di un futuro fantastico e rivoluzionario. Dall’altro lato si affacciava timidamente un Nes Classic Mini. Di cui nemmeno la stessa la Nintendo aveva intuito il potenziale, facendo ancora una volta l’errore di non fornire di abbastanza unità i negozi. Chiaro segnale che la realtà virtuale non riuscirà mai a sostituire del tutto il modo classico di giocare. Per buona pace di tutti quelli che vedono in questi caschetti la minaccia del secolo. Tanto non vi preoccupate che più isolati e associali di come già siamo adesso non lo possiamo diventare. Lasciamo che queste nuove tecnologie facciano la loro crescita e che trovino il loro utilizzo nel campo del lavoro. State tranquilli che i videogiochi seguiranno sempre i gusti dei giocatori. Difficilmente si muoveranno verso generi che non piacciono.

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VIDEOGIOCO ci sono state diverse strade nella mia vita.

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Io ho scelto quelle che ritenevo piĂš giuste.

Squall Leonhart.. (Final Fantasy VIII)

Game: Final Fantasy XIV OnLine A Realm Reborn Developer/Publisher: SquarEnix Format: PC/PS4 Origin: Japan Relase: 2015

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FINAL FANTASY XIV

Texte: EvilPhoenix

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ome ogni anno, mamma Square, con l’ arrivo della bella stagione e del conseguente allontanamento dell’utenza, regala ai giocatori che hanno già un account, un mese di gioco gratuito, ed è proprio grazie a questa occasione che mi è venuta voglia di riprendere in mano il gioco per parlarvene. Iniziamo dal principio: che cos’è Fina Fantasy XIV: A Realm Reborn? FFXIV è l’MMORPG di final fantasy, o meglio è l’evoluzione dello storico Final Fantasy XI (primo capitolo completamente online della pluripremiata saga nipponica) che dopo ben 12 anni di attività e costanti aggiornamenti ha chiuso i server ( 2004/2016), ma torniamo a noi. FFXIV riprende diversi aspetti del suo predecessore, partendo dalle razze tra cui dovremmo scegliere per creare il nostro alter ego (cambiandone principalmente i nomi e dando diversi nuovi spunti a livello di background e aumentandone la personalizzazione estetica), arrivando al job system con cui potremmo scegliere in che modo mazzuolare gli incauti mob che proveranno a intralciare il nostro cammino.

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Il titolo è disponibile per PC e per sistema PS4, godibilissimo in entrambi i sistemi e con un ottima interfaccia sia per mouse e tastiera che per controller. Una volta installato e creato il nostro account e relativo pg saremo posti a scegliere un server su cui giocare tra una sessantina di questi, anche se il più utilizzato a livello italiano è il RAGNAROK (che detiene il maggior numero di player italiani di tutto il gioco, facilitando così la comunicazione e la possibiliOLD GEN

tà di giocare con qualcuno agli stessi orari). Nota decisamente positiva è che i Server sono unificati. Che vuole dire? Significa che un utente PC può giocare assieme ad un utente Sony senza nessunissimo problema di compatibilità, eliminando di fatto, per questo caso, la stramaledetta console war. Fatto ciò sceglieremo sia la nostra classe di partenza come combattenti, sia la città da cui partire, ma non temete, in que88

sto caso, diversamente da altri MMORPG, la scelta, una volta superato un certo livello sarà revocabile in qualunque momento, dandoci la possibilità di trasferirci in altre regioni (a livello di base e di home) e dandoci la possibilità di sbloccare, se ne abbiamo il tempo e la pazienza anche tutte le classi di combattimento, dandoci così la possibilità di sperimentare altri stili di gioco senza per forza doversi creare un nuovo pg ogni volta che ci viene la voglia di novità.


Molto classicamente avremo 3 diversi tipi di combattenti: il TANK(che avrà il ruolo di attirare a sè l’enmity e beccarsi sui denti il maggior numero di attacchi dei nemici), il DD (letteralmente Demage Dealer, il cui unico scopo sarà quello di infliggere il maggior numero di danni possibili per far durare la lotta il meno possibile), ed l’ HEALER (che come dice il nome, avrà il ruolo di curare e potenziare il party, evitando che i componenti che lo compongo-

no vadano KO). Ma, sebbene i macroruoli siano solo 3, avremo a disposizione ben 8 classi base e ben 9 classi avanzate (sbloccabili portando a determinati livelli alcune combinazioni di classi base es: Arcanista lv30 + Taumaturgo lv 15 = Evocatore). Ma se credete che non sia ancora abbastan99

za, oltre alle classi di combattimento avremo ben 8 classi di crafting (che permetteranno al nostro pg, a livelli alti nella suddetta classe, di crearsi da sè i propri equipaggiamenti), e 3 classi di gathering (classi dedicate all’estrazione di materiali quali minerali, metalli, piante e, menzione ad honorem, una classe dedicata completamente alla pesca). OLD GEN


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Ma tutto ciò è solo una minima parte di questo immenso gioco, come tutti gli MMORPG da il suo massimo se giocato in compagni di buoni amici o in alternativa riesce a diventare un ottimo modo di farsi nuovi amici, è uno di quei giochi che se affrontato nel modo giusto riesce ad assorbirti completamente, se si riesce a crearsi o a ritrovarsi con appunto il proprio gruppo, questi giochi sono in grado di regalare una delle più belle esperienze di gioco che si possa desiderare. Personalmente è proprio grazie a giochi come questo che ho incontrato alcune delle più importanti amicizie che tuttora coltivo. Aspetti negativi? la mancanza della lingua italiana sia come voci che come testi e sottotitoli, e per alcuni potrebbe essere il discorso dell’abbonamento mensile (di base 10,99 €), che tutto sommato è sorvolabile come aspetto dato che il gioco è costantemente aggiornato, e almeno ogni 2/3 mesi vengono proposti in game diversi eventi con ricchi premi e cotillon, di fatto aggiungendo sempre

nuovi contenuti al gioco che altrimenti dovrebbero essere integrati con i tanto odiati DLC (che di fatto sono presenti anche in questo titolo, ma aggiungono decine e decine di missioni, nuovi job e classi, nuovi raid e dungeon ed un sacco di roba cicciosa). Quindi se siete curiosi di provare il titolo, non temete di dover spendere i soldi del gioco base e magari pure di un mese di abbonamento, Square ha pensato bene di dare la possibilità a chiunque di scaricare e giocare un Free Trial di ben 30 giorni (che se organizzati bene, vi daranno la possibilità di arrivare decisamente avanti col gioco). Personalmente con le mie 192 ore di gioco sul titolo, vi consiglio vivamente di dargli almeno una possibilità, è un gioco molto curato e riesce a regalare grosse soddisfazioni, per giunta, non dovrete sborsare nemmeno l’ombra di un quattrino per provarlo, meglio di così XD. Marco TheEvilPhoenix 11

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E C N A T I R E H IN OLD GEN

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Game: Layers of Fear: Innheritance Developer/Publisher: Bloober TeamSA. Aspyr Format: PC/PS4/XboxOne Origin: Polonia Relase: 2016

Texte: ilCodolo

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cco un bell’esempio di come i DLC non andrebbero fatti. L’idea alla base di Layers of Fear era forse la cosa meno originale per un horror. Una vecchia casa buia e abbandonata, un artista impazzito, alcolizzato e zoppicante. Tutte idee viste e riviste, ma che servivano solo come pretesto per poi stupire il giocatore con continui cambi di scena. Layers of Fear non puntava sui junpscare faciloni, ma proponeva degli spaventi più basati sul disagio. Risate di bambini, voci al contrario, quadri e dipinti che sembravano muoversi (uno dei più grandi spaventi l’ho preso quando ho aperto una porta e mi sono ritrovato davanti un viso enorme che mi fissava).

[INIZIO SPOILER] In tutto il gioco credo fosse impossibile morire o anche solo ferirsi. Se sono mai morto penso fosse in qualche modo previsto dal gioco stesso. Ma aldilà di nemici e pericoli esistenti o meno Layers of Fear era bello inquietante. L’atmosfera di una mente malata ricreata benissimo [FINE SPOILER]. INHERITANCE invece sembra non avere nessuna buona idea. Oltre a una durata veramente brevissima (forse un’ora camminando piano) questo DLC non propone niente. Layers of Fear ha un motore grafico scattoso e con qualche forte problema su console. Nel titolo originale avere il protagonista zoppo era evidentemente un’idea tirata per i capelli per costringere il giocatore ad 13 13

andare piano, ma perlomeno tentava di giustificare in maniera dignitosa il perché non si potesse correre e scappare. In INHERITANCE si vestono i panni della figlia che, rivivendo i suoi (inquietanti) ricordi d’infanzia ci fa esplorare la stessa casa a gattoni con una prospettiva e una lentezza irritante. Vivere un horror con gl’occhi di un bambino era un’idea interessante, per quanto banale e giá vista. Gli sviluppatori avrebbero veramente potuto dare libero sfogo alle loro idee malate. Invece zero. Un grosso cane che ci abbaia nelle orecchie per farci saltare, non per lo spavento, ma per il suono sparato improvvisamente a volume altissimo è l’unica proposta nuova che sono riusciti a trovare per emozionarci. OLD GEN


Fenomenali poteri cosmici. In un minuscolo spazio vitale

Viaggiare nello Spazio non è mai stato cosÏ noioso.

Ma gli psicologi dicono che la noia stimola la fantasia.

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Game: No Man’s Sky Developer/Publisher: Hello Games. Format: PC/PS4 Origin: America Relase: 12 Agosto2016 Genere: Action-Adventures

Texte: ilCodolo

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evo consegnare questo pacco dall’altra parte della galassia. Il viaggio è bello lungo, il che non sarebbe nemmeno un grosso problema se non fosse che è solo il mio secondo giorno di lavoro. All’agenzia di collocamento mi avevano assicurato che il mestiere era semplice, che mi avrebbero seguito per tutto il tirocinio e invece, appena assunto mi hanno infilato in una navocella e mi hanno lasciato solo, nello spazio, nello spazio solitario. Non che la cosa mi dispiaccia, sono un tipo a cui piace stare da solo e poi lo spazio silenzioso mi rilassa. Posso pensare alle mie cose, al romanzo che voglio scrivere. Solo che non mi hanno fatto nemmeno un giorno di praticantato. Mi hanno infilato in questa microscopica navicella

e mi hanno detto di raggiungere il pianeta Zdynfe9 e fino a due giorni fa non sapevo nemmeno che esistesse questo pianeta. Ma vabbè, alla fin fine i lavori si imparano lavorando e poi sento che questo già mi piace perchè non ho nessuno che mi fiata sul collo. Molto probabilmente il mio capo lo rivredò tra quattro anni o forse sette. O forse una volta arrivato su Zdynfe9 mi troverò un altro lavoro o mi metteranno in braccio un altro pacco da consegnare in un altro pianeta. Nel frattempo posso starmene da solo con i miei pensieri. Mi sono portato dietro un po’ di libri e un po’ di podcast da ascoltare. La navicella è piccola e vecchia, va molto piano, ma si guida da sola percui il tempo per restare tra i miei pensieri non mi manca. Con la crisi economica che ha 15 15

colpito tutto il mio sistema solare ci sono molti ragazzi che hanno deciso di fare i f attor i n i spaziali, ma quasi tutti rinunciano presto a causa della vita solitaria che si è costretti a fare, ma a me tuttosommato va bene così, gli altri non li ho mai capiti e forse in qualche pianeta troverò una nuova casa. Dovessi arrivare anche fino al centro dell’universo. OLD GEN


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Nintendo REINVENTA lo sparaTutto per Tutti

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Texte: ilCodolo Game: Splatoon Developer/Publisher: Nintendo Format: WiiU Origin: Giappone Relase: 12 Agosto2015 Genere: Action-Fps

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i può voler bene o male alla Nintendo, ma la cura che mette in certi giochi è innegabile. Basta avviare Splatoon per accorgesene, il solo menù iniziale è un tripudio di amore e cura dei particolari. Una piazza dove incontrare gli altri giocatori che ricorda Akihabara, il famoso quartiere di Tokyo, famigliare anche a chi non lo conosce. Ogni volta che si fa partire il gioco due simpatiche presentatrici televisive ci informano sulle novità del giorno, dilungandosi in discorsi e siparietti simpatici totalmente tradotti in italiano. Possono sembrare poca cosa ad un occhio adulto, visto che non aggiungono niente alla struttura di un gamenplay già da solo molto solido. Ma se avessi Splatoon tra le mani da bambino probabilmente sarei impazzito. Sfide accese e accattivanti. Strateggia di squadra. Insieme ai miei compagni di scuola ci saremmo dati appuntamento la domenica mattina per sfidare il mondo.

Ogniuno con il suo ruolo, ogniuno con il suo personaggio vestito nella maniera più disperata. Ogniuno fondamentale per la squadra, per quanto scarso o alle prime armi. Nintendo ha saputo reinventare gli sparatutto con una struttura di gioco che spinge alla collaborazione invece che alla competizione. Dove un giocatore esperto può aiutare molto, ma non può fare la differenza. Dove un giocatore scarso, anche se non aiuta molto può essere decisivo per la vittoria. 19

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Game: Eve Valkyrie Developer/Publisher: CCP Games Format: PSVR Origin: America Relase: 24 Ottobre 2016 Genere: Action-Shooter

Texte: ilCodolo

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o dissi anche in un episodio del podcast di NG Plus Italia: quello che mi stupì la prima volta che giocai a EVE Valkyre è che abbassando lo sguardo mi accorsi di avere le tette. Quel momento secondo me riassumeva perfettamente l’esperienza della realtà virtuale, perché non mi accorsi che il personaggio aveva le tette, mi accorsi che “io avevo le tette” e che ero io dentro una navicella spaziale. Sono esperienze che forse non giustificano la spesa di un caschetto o i settanta euro del gioco, ma di sicuro ci fanno capire quanto la realtà virtuale può essere immersiva. Per quanto questa tecnologia sia ancora acerba e per quanto stia ancora cercando la sua strada è

chiaro che il potenziale è enorme. Eve Valkyrie non è una gemma. Un gioco basico nelle sue meccaniche: guida la tua navicella e spara ai nemici. Ma l’immersione che il caschetto regala lo elevano. Un’esperienza che chiunque abbia mai desiderato guidare un X-Wing dovrebbe provare. Compiere evoluzioni al limite del vomito per sfuggire ai proiettili del nemico, per poi virare bruscamente passando da prede a predatori. Nascondersi dietro un meteorite per tendere un’imboscata. Andare in soccorso di un compagno sotto fuoco nemico cantando a squarcia gola la cavalcata delle valchirie per darsi la carica e mettere in fuga gl’avversari. Sono bei momenti.

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Fine di un Uomo Sposato

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Game: Uncharted 4 Developer/Publisher: Nautighdog Format: PS4 Origin: America Relase: 12 Aprile 2016 Genere: Action-Adventures

Texte: ilCodolo

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e si vuole godere a pieno di Uncharted bisogna abbandonare totalmente la credibilità. Ammazzare un numero di nemici pari a una nazione, va bene. Trovare passaggi segreti che si attivano con complicati meccanismi costruiti da una civiltà che non conosceva nemmeno la ruota, va bene. Arrampicarsi con estrema difficoltà su per un dirupo altissimo, per poi trovare ad aspettarti quattro manigoldi che avevano il solo scopo di stare li per mesi in attesa del tuo arrivo, va bene. Il fatto è che Uncharted fa le stesse cose e usa gli stessi paradossi che usano tutti gli altri videogiochi, ma ha, ed ha sempre avuto, questa atmosfera così realistica che certe cose su Uncharted stonano molto di più. Ma lo fa bene e il giocatore è comunque disposto a chiudere sempre un occhio. Io li chiuderei tutti e due se la qualità dei giochi fosse sempre così alta. Questo quarto capitolo porta a casa il compitino che ha sempre saputo svolgere perfettamente. La formula è esattamente la stessa dei capitoli precedenti. Grafica che spreme la console al massimo e che alza come sempre il livello qualitativo. Enigmi della Susy, sparatorie che zoppicano, ma che divertono e poi le arrampicate, quelle che io preferisco sopra ogni altra cosa. Arrampicarmi in Uncharted l’ho sempre trovato divertente e rilassante, una meccanica di gioco che a descriverla a parole non dice molto, ma che con il pad in mano ti coinvolge e ti prende. Poi ci sono anche le divertenti ed emozionanti corse in macchina. Ora io non mi ricordo se le sezioni di guida fossero già presenti anche negli scorsi capitoli e se c’erano evidentemente si vede che non erano così degne di nota da rimanermi impresse nei ricordi. Queste invece lo sono. Uncharted 4 svolge bene ancora una volta il suo compitino. Non delude, alza ancora una volta il livello della qualità grafica, regala cartoline mozza fiato e mantiene un buon ritmo emozionante per tutta l’avventura. Alcuni lo troveranno un capolavoro, altri come il sottoscritto lo troveranno semplicemente un gran bel gioco. 27

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Game: MAFIA3 Developer/Publisher: 2K Games Format: PC/PS4//XONE Origin: America Relase: 7 Ottobre 2016 Genere: Open World, Action-Adventures

Texte: Marco, TheEviPhoenix

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MAFIA 3

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mbientato nella New Bordeaux del 1968, questo titolo racconta la storia di Lincoln Clay e della sua crociata di vendetta rivolta nei confronti di Sal Marcano e della mafia sudista, che dopo averli aiutati a compiere un grosso colpo alla Federal Reserve, tradiscono, massacrano e derubano la mafia nera del sud di cui fanno parte Lincoln e familiari, uccidendo tutti e lasciando involontariamente in fin di vita il protagonista. Inizia proprio qui la nostra storia, sfruttando il colpo alla Federal Reserve per introdurci alle meccaniche del gioco, un tutorial coinvolgente ma forse eccessivamente semplice come del resto è l’intero titolo, ma andiamo con ordine. Per prima cosa ci verrà chiesto di reclutare nuovi membri per la nostra nuova “famiglia” (tra i quali si annovera un volto noto se si ha giocato a Mafia 2), mettere a ferro e fuoco le varie zone della città andando poi a prenderne il comando e smantellando pian piano l’intera organizzazione di Marcano.

MAPPE RIPEITIVE E UNA DIFFICOLTÀ ECCESSIVAMENTE FACILE ANCHE A LIVELLI DI DIFFICOLTÀ ELEVATI Parlando appunto della conquista della città ci troveremo di fronte ad un modus operandi uguale per tutte e dieci le zone (di cui però solo 9 conquistabili). Per ottenere il controllo di una zona dovremmo far fuori il boss mafioso a capo della suddetta, ma per farlo uscire allo scoperto prima dovremmo far fuori i suoi due luogotenenti, che a loro volta per farsi trovare prima dovremmo danneggiare il loro Racket di appartenenza, causando un numero variabile di danni dai 30000 ai 100000 dollari. Operazione tediosa,

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soprattutto perchè ogni volta dovremmo prima interrogare gli informatori per poi andare a commettere qualche omicidio e a distruggere qualche magazzino, niente di più niente di meno. Il titolo vanta inoltre un grande numero di missioni secondarie, che andranno ad incrementare i Racket dei nostri alleati, che in cambio ci forniranno potenziamenti e aiuti più o meno utili, anche se purtroppo estremamente ripetitive, nessuna di queste la ho trovata entusiasmante o anche solo divertente da fare il che mi ha portato a provarne una per tipo per poi abbandonare completamente questa tipologia di missioni nel gioco. A livello di gameplay e game design il titolo presenta diverse falle, mappe ripeitive e una difficoltà eccessivamente facile anche a livelli di difficoltà elevati, causa anche una IA estremamente deficitaria. La maggior parte delle missioni in gioco si potranno risolvere standosene al riparo dietro una porta, fischiando per attirare i nemici che uno a uno, anche se circondati da cadaveri, si avvicineranno comunque senza il minimo sospetto, finendo inevitabilmente massacrati con il colpo letale melee [Q]. A facilitare ulteriormente è anche l’imbarazzante recupero della salute che si ricaricherà quasi completamente nel giro di pochi secondi, a meno che non facciamo i Rambo della situazione lanciandoci a capofitto nel covo nemico senza cercare un riparo. I collezionabili sono uno degli aspetti che ho apprezzato di più del titolo, avremo modo di collezionare nel gioco numeri dell’epoca di Playboy, Hot Rod, dipinti di Vargas, poster di propaganda comunista, Redent, e copertine dei vinili dei maggiori successi dell’epoca. I punti di forza principali del titolo sono


I PUNTI DI FORZA PRINCIPALI DEL TITOLO SONO LA TRAMA, LA SCELTA REGISTICA DELLE CUTSCENE E LA COLONNA SONORA.

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la trama, la scelta registica delle cutscene e la colonna sonora. Partiamo da quest’ultima: 1968, e basterebbe dire solo questo. Alla radio quando guideremo e durante alcuni filmati del gioco potremmo ascoltare i grandi successi rock dell’epoca tra i quai The Doors, Jhonny Cash, The Animals, James Brown, The Beach Boys, Jimi Hendrix, Ramones, Rolling Stones, Jefferson Airplane e molti altri ancora. Per quanto riguarda la trama, sebbene sia una storia abbastanza classica di vendetta, riesce a creare nel giocare un certo feeling, soprattutto grazie al carisma e alla spettacolarità delle azioni del protagonista (almeno durante le cs della storia principale). La storia è ben congeniata e pure il modo di narrazione scelto, quello di raccontare l’intera storia tramite un racconto di altri personaggi, è interessante e la cosa funziona. Ottimo anche il contesto storico in cui è

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ambientata, protagonista afroamericano in uno dei periodi più bui per quanto riguarda il razzismo e la diffusione di gruppi armati appartenenti al KKK, anche se poteva essere sfruttata di più. Tuttavia tirando le somme tra aspetti positivi e negativi, a mio parere, il gioco raggiunge appieno la sufficienza ma non riesce a spiccare il voto lasciando il segno, le mancanze per quanto riguarda il gioco di per sè non possono essere ignorate. Non è stato divertente, tutta quella parte di gioco che ti conduce al filmato figo risulta noioso, ripetitivo e non ti lascia niente, ho fatto veramente fatica a portarlo a termine e ammetto di essere stato tentato più volte di abbandonarlo. Un’opportunità sprecata. Penso sia il modo più corretto per definirlo. Un vero peccato, perchè come appena descritto il titolo aveva tutte le carte in regola per spaccare di brutto.


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Game: Sniper Elite Genere: Simulazione di cecchino Developer/Publisher: Rebellion Developments Format: PC/PS4/PS3/X360°/XONE Origin: America Relase: 27 Giugno 2014

Texte: ilCodolo

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a tensione è alta. Restare seduti dietro un sasso per ore e ore ad aspettare il momento giusto, per non sprecare quel solo ed unico tentativo che è concesso. Fare il cecchino non è semplicemente sparare, ma è concentrare un’intera partita in un solo colpo, in un solo proiettile. È come rivivere in ogni sparo la scena finale dei grandi film, in cui l’eroe deve concentrare tutti gli allenamenti passati, tutti i sacrifici in quell’ultimo colpo mortale. Guardare da osservatori esterni una partita a sniper elite si potrebbe anche avere l’impressione di assistere ad un gameplay paurosamente noioso e fatto di

eterni momenti morti e inutili. Ma restare interi quarti d’ora ad aspettare l’attimo decisivo è puro gameplay adrenalinico. Anche se apparentemente su schermo il gioco sembra fermo, nella testa del giocatore il gioco viaggia alla massima velocità. Bisogna calcolare il vento, la distanza, il movimento del nemico, tendere l’orecchio per essere pronti a sparare nel momento esatto in cui un rumore possa coprire il nostro sparo )come il passaggio di un aereo sopra il campo nemico). Sniper Elite 3 rientra forse più nella categoria dei giochi sportivi più che negli sparatutto: Molto più simile ad un videogioco del golf, dove ogni tiro è decisivo per la vittoria.

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Game: Virginia Developer/Publisher: 505 Game Format: PC/PS4/XboxOne/iOS/Android Origin: America Relase: 22 Settembre 2016 Genere: Avventura grafica

Texte: ilCodolo

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i sono videogiochi che si possono consigliare a chiunque. Ce ne sono altri che, rientrando in particolari categorie, si possono proporre agli amanti del genere. Poi ci sono giochi che non si possono incasellare, anzi che non sono nemmeno giochi. I walking simulator vengono spesso etichettati dai “pro gamers” come dei “non giochi”, ma anche questi simulatori di passeggiata mantengono ancora, tutto sommato, delle meccaniche o degli enigmi da risolvere per essere portati a termine. Virginia invece abbandona del tutto qualsiasi interazione viodegiocatore-videogioco. Ogni tanto viene richiesto di premere il pulsante X, ma serve più che altro al videogioco per accertarsi che non ci siamo addormentati con il pad in mano. La storia procede da sola in un’unica direzione, raccontata però in maniera magistrale. Non siamo più videogiocatori, ma videospettatori di un film

poliziesco di indagini e misteri, con una trama intricata e raccontata, come per magia senza che i personaggi dicano mai una parola. Non ce ne si accorge subito, ma tutti i personaggi in Virginia non aprono mai bocca, nemmeno per un momento. Nemmeno quando discutono tra loro o litigano. Eppure dicono molto. Le lunghe passeggiate che sono la croce e delizia dei walking simulator, in Virginia, vengono completamente abbattute. Anche attraversare un semplice corridoio viene interrotto dopo pochi passi per non rallentare il ritmo della storia e per passare subito alla scena successiva. Poche distrazioni, come in un film, non ci sono momenti morti. Nonostante l’atmosfera, apparentemente rilassata, richiami molto una pellicola dei fratelli Coen, Virginia elimina il superfluo (compresa una qualsiasi meccanica di gioco) per mantenere il ritmo alto. Virginia è un titolo che non si 43

può consigliare. Troppo non gioco, troppo corto e troppo da interpretare una volta portato a termine. Personalmente l’ho adorato, forse perché era quello che volevo in quel momento. Ma sinceramente non me la sento di consigliarlo a qualcuno. Un po’ quei film tipo “Solo Dio perdona” o “Under the Skin” che aprono molte domande a cui spesso non rispondono e allo spettatore rimane l’arduo compito di scioglere tutti i nodi. O come alcuni libri di Murakami che corrono sul filo dell’onirico e non sono adatti ad un lettore che non conosce lo stile dell’autore e che magari si aspettava un romanzo più classico. Virginia è un videogioco piccolo, il cui prezzo è giustificato dalla gustosa, delicata e intensa colonna sonora inclusa nel pacchetto. Il prezzo di un bigletto al cinema, seduto sul divano e magari guardato in compagnia per cercare di rispondere insieme alle tante domande che il gioco pone, ma a cui non da risposta. OLD GEN


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Texte: ilCodolo

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Game: Resident Evil Revelations Developer/Publisher: Capcom Format: 3DS/PC/PS4/PS3/X360°/ Origin: Giappone Relase: 27 Gennaio 2012 Genere: Action-Adventures

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RESIDENT EVIL REVELATIONS

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na nave in mezzo all’oceano, sparare un ultimo colpo decisivo. una richiesta d’aiuto e un Nato come esclusiva Nintendo, amico scomparso da salvare. Resident Evil Revelation è comI riferimenti al primo Resident Evil pletamente tradotto e doppiato in del 1995 sono parecchi. a partire italiano e di questo le conversioni dai due protagonisti: Jill Valentisuccessive per console ne hanno ne e Chris Redfield. Gli stessi di giovato. La versione provata da me vent’anni fa, anche se Chris molto per WiiU si è anche portata dietro più massiccio e fisicato, con la sua la comodità del doppio schermo. celebre schiena che ormai copre Schermo che poteva forse essere metà schermo e una Jill Valentine sfruttato meglio, visto che per la non più così burrosa e spaventata maggior parte del tempo servirà come lo era nel primo capitolo semplicemente per consultare la della saga. In questo episodio ci mappa. Per concludere questa mia ritroviamo intrappolati in una ricca recensione super noiosa posso solo nave da crociara persa dire che questo capitolo si in mezzo al mare che poter dietro i grandi cliché Le texture richiama molto la ricche l’hanno sempre caratportate in HD terizzata, trova la chiave ca magione immersa nel bosco del primo per aprire la porta. fanno il loro capitolo. Una squadra Il secondo persosporco lavoro di agenti scomparsa, naggio guidato del su console. misteri da risolvere computer non aiuta e un ritmo di gioco molto ad abbattere lento. D’altra parte i nemici e spesso ci Capcom era stata chiara fin da sudovremmo preoccupare di bito: con Resident Evil Revelations curarlo o salvarlo. Graficavoleva ritornare alle origini della mente per essere un gioco saga, quando ogni porta aperta nato su 3DS il lavoro è ottimo era un brivido di terrore e ogni e le textures portate in HD proiettile e piantina curativa erano fanno il loro sporco lapreziosi. Fortunatamente il tempo voro (il fondoschiena è passato e le cose i sono evolute. A di Jill da solo può giupartire dai comandi e dalla visuale. stificare la spesa del Finalmente è possibile camminare gioco). Resident Evil e sparare contemporaneamente. Revelations con il suo Prendere la mira è ancora abbamix riuscito di vecchie e stanza legnoso, ma perlomeno ci si e nuove meccaniche piace può spostare quel tanto che basta e conquista anche per il per non farsi mordere e riuscire a suo costo contenuto.

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Molte delle morti saranno causate, non da nemici implacabili o dal sistema di cotrollo ancora un po’ rigido, ma dalla distrazione che lo sblendido panettone di Jill Valentine ci provocherà. Anche se molti scenari sono scarni, il lato B dell’agente della S.T.A.R. sarà sempre ricco di poligoni e non scenderà mai sotto i 60 fps.


Jill Valentine ha cambiato spesso volto nei vari episodi della serie

Frasi da macho a ogni dialogo. Resident Evil revelations mantiene la sua impronta da B-movie.

BubĂš setteteeeee. Momenti di spavento abbazanza prevedibili nella maggior parte dei casi.

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KIMI NO NA WA

Texte: Corrado Nannavecchia Titolo originale: Kimi no wata Regia: Makoto Shinkai Durata: 107 minuti Origine: Giappone Uscita: 26 Agosto 2016

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imi no nawa è l’ultima opera di Makoto Shinkai, campione d’incassi ai botteghini giapponesi e primo nelle classifica dei film più visti ormai dal suo debutto. Ho pensato molto come recensire questo film, Ma senza fare spoiler risulta veramente difficile... se dovessi sintetizzare il tutto in una frase sarebbe: Un avvincente favola che vi rubra’ il cuore. La trama narra le vicende di due giovani liceali Mitsuha e Taki: che vivono vite completamente diverse: Mitsuha, una liceale che vive in campagna, desidera vivere a Tokyo perché ormai stanca della vita di un piccolo paese. Poi, c’è Taki. Anch’esso uno studente di liceo che pero’ vive a Tokyo, la sua vita scorre tranquilla 54

e si divide tra scuola, amici e un part-time in un ristorante italiano. Per qualche motivo sono legati da un da un curioso destino, che li porta a vivere in qualche modo l‘uno la vita dell’altro. Qual è il segreto dietro questa magia? Dire di più sarebbe pericoloso, ma non vi aspettate la solita storia banale, infatti la trama è molto articolata e interessante, fatta di tanti piccoli tasselli, in cuoi lo spettatore si sentira’ coinvolto e non potra’ staccare gli occhi dallo schermo per venire a capo dei molti misteri che circondano i nostri protagonisti. Ma non mancheranno i moventi divertenti che vi faranno affezionare sempre di più ai due ragazzi e alla loro perenne corsa. Dal punto di vista grafico non ci sono parole, la citta’ di Tokyo è ricostruita in maniera minuziosa, le strade, i palazzi gli stessi negozi,


sono dettagliatissimi e facile per chi almeno una volta ha visitato Tokyo ritrovare luoghi familiari. Anche il comparto sonoro è molto ricercato e le melodie, scandiscono perfettamente il divenire degli eventi. Una nota di colore a questa recensione, il successo forse in aspetta di questa opera ha portato i fan a fare dei veri e propri pellegrinaggi nei luoghi dove si svolgono le vicende... portando pero qualche difficolta nel piccolo paesino di Mitsuha, dove non essendoci strutture recettive per un grosso numero di turisti, la popolazione si è trovata impreparata per il crescente numero di persone e di spazzatura che producono.

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Baal l’Anti Eroe

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Come uccidere un drago nero

Texte: ilCodolo

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Episodio 1

n getto di sangue verde inondò la corazza di Baal. -caaazzo! L’avevo appena finita di pagare!! Cazzo cazzo!! Baal non aveva mai aperto la pancia di un drago nero e non si aspettava di certo quella reazione. Il drago nero, che con tanta cura Baal stava aprendo, aveva mangiato una freccia d’oro, che per sbaglio, proprio Baal, aveva scoccato dal suo arco. Non si sarebbe mai fermato a recuperarla se avesse saputo che la sua preziosa armatura, semi nuova, si sarebbe macchiata. Ma si mise a ridere quando vide quello che era rimasto della freccia. Anche i bambini sanno che resta ben poco di una freccia (anche se d’oro) una volta finita dentro lo stomaco di un drago nero. Si tolse l’elmo e sentì quell’orribile sensazione di capelli umidi. Prese un po’ dell’accido verde, che usciva dalle interiora del drago e lo mise dentro ad una fialetta. Conosceva mille trucchetti per cui quel liquido poteva tornargli molto utile. Usò la fiamma della torcia per accendersi una sigaretta e si sedette accanto al drago. Già immaginava le ballate che avrebbero raccontato su di lui: “Baal l’uomo che da solo ha ucciso il drago nero. Baal, l’uomo così forte che, con un una sola freccia, ha aperto lo stomaco del drago! Baal, l’uomo dalle armi d’oro come la sua anima!!…” In realtà non era stata la freccia d’oro ad uccidere il drago. Quella freccia non fece nemmeno il solletico al drago. Ad uccidere il drago furono le acque che passavano sotto la tana del gigantesco animale che Baal aveva inquinato! Aveva perso un mese per dare la caccia a quel maledetto drago. Ma una volta trovata la sua tana il gioco fu uno scherzetto. Inquinò il ruscello, che passava proprio dentro la tana del drago, con le peggio cose. Aspettò una settimana e, quando entrò nei sotterranei per vedere come stava la bestia, la trovò in preda a terribili fitte allo stomaco. Ucciderla poi fu facile perché il drago non si accorse nemmeno della sua presenza. Ma questo nessuno lo sapeva e forse nessuno voleva saperlo. La gente preferisce ascoltare le gesta di un uomo che da solo uccide un drago nero, servendosi solo di una freccia d’oro. Questo la gente vuole. Nessuno al mondo vuole perdere tempo ad ascoltare le gesta di un uomo, che da solo, inquina un ruscello con carogne e sterco di topo. La sigaretta si spense e Baal si rialzò in piedi. Diede un ultimo calcio al drago, maledicendolo per avergli macchiato l’armatura, ed uscì dalla tana fischiettando. 57

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NAUROS

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La Città delle rose

Texte: Alessio De Matteo

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Capitolo 1

Il suono di una voce bassa e calda riempì le sue orecchie. Una voce familiare. Suo padre. “KYVENGE! Svegliati! Stiamo per arrivare al porto e ci serve una mano!” Il ragazzo si mosse lentamente, mugugnando, lamentandosi fra sé e sé dell’improvvisa interruzione. Stava facendo un così bel sogno. C’era una collina ricoperta di soffice erba verde, e lui passeggiava tranquillamente, diretto verso un boschetto di alberi giovani, slanciati e ricoperti di foglie chiare. L’aria era leggera e profumata, e con lui c’era qualcuno, ma proprio mentre stava per mettere a fuoco la figura, il richiamo di suo padre era giunto alle sue orecchie e facendogli aprire gli occhi di scatto. Imprecando ancora, si voltò lentamente sul fianco, per poi ricadere rapidamente sulla schiena, godendosi il contatto con una parte di letto più fresca. Respirando profondamente per cercare di svegliarsi per bene, prima che arrivasse un altro urlo di suo padre a infastidirlo - stava ancora assaporando la dolce sensazione di pace e benessere del sogno che aveva appena fatto -, Kyvenge si passò con lentezza una mano nei capelli, lo sguardo perso davanti a sé, nella semi oscurità data dalla luce del tramonto, che illuminava pigramente l’interno della sua cabina. Adesso che era sveglio, gli veniva da chiedersi come avesse fatto, sino a quel momento, a non accorgersi del fastidioso oscillare della barca: il letto era inchiodato al pavimento e non poteva essere sbattuto avanti e indietro dalle onde, ma il continuo oscillare dava comunque una certa sensazione di nausea. La porta si aprì bruscamente di un paio di spanne, e la testa di un altro ragazzo all’incirca della stessa età di Kyvenge fece capolino dall’apertura. “Ehi! Ti vuoi sbrigare? Ho capito che non hai intenzione di darci una mano, principino, ma dovresti davvero salire su a goderti il panorama! La vista è davvero eccezionale!” “Sto arrivando, Vyl, piantala!” brontolò Kyvenge, strofinandosi gli occhi. 59

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Una volta tanto che gli capitava di riuscire a riposare durante un viaggio in pieno giorno, dovevano dargli tutto quel fastidio. Il ragazzo di nome Vylisour alzò gli occhi al cielo nell’attimo in cui Kyvenge si era girato per cercare la sua maglietta, e poi si allontanò, sbattendo la porta. Kyvenge si alzò faticosamente in piedi, dopo aver raggiunto il bordo del letto da seduto, spingendosi in avanti con le mani schiacciate dietro di sé, sul materasso. L’aria era cambiata, pensò, odorando forte col naso. Non c’era più solo quel puzzo di salmastro e di acqua fin dove occhio può vedere. Erano quasi arrivati. Si alzò in piedi in cerca dei propri vestiti. Doveva essere proprio esausto, dopo pranzo: aveva raggiunto la cabina mentre Zaref e Jork ancora chiacchieravano seduti a tavola, intanto che Vylisour manovrava, e lui era andato lì con l’intento di stendersi un po’ a riposare le membra, quando a un certo punto era crollato nel sonno senza nemmeno accorgersene. Deglutendo per cercare di mandare via quel brutto senso di ristagno e di cattivo sapore in bocca, quasi rimpiangeva quella sua debolezza: non gli era mai piaciuto granché dormire di giorno. Gli sembrava di sprecare tempo prezioso, come se avesse un appuntamento con qualcuno e rischiasse di arrivare tardi. Kyvenge detestava arrivare tardi. Non per un motivo particolare... solo, non gli piaceva. Non lo faceva sentire a posto. La sua maglietta era appoggiata sullo schienale della sedia accanto al piccolo tavolino da scrittura, come suo solito. Era blu scuro, e odorava un po’ di stantio, cosa normale per i vestiti di un gruppo di quattro uomini che stava per finire un viaggio da una costa all’altra del Mare di Nauros, una traversata durata ben quattro giorni. Ce ne avrebbero potuto mettere di meno, ma al secondo giorno erano sfortunatamente incappati in una zona con poco vento e questo li aveva fatti rallentare molto. Le righe azzurro chiaro che striavano la maglia blu con motivi stilizzati lineari e ricurvi lungo il fianco sinistro si piegavano e si avvolgevano come serpenti attorno alla vita sottile ma muscolosa del ragazzo mentre si lisciava le pieghe con le mani. Solo dopo aver fatto un altro paio di passi sul legno ruvido dell’imbarcazione, si rese conto di non aver ancora indossato gli stivali. Un rapido sguardo intorno a sé, diretto vagamente dalle parti dell’angolo accanto al letto, gli bastò per individuarli. Si rimise a sedere sul materasso, li avvicinò a sé e se li infilò. Amava il contatto di quel cuoio liscio e marrone sulle mani. Poi si alzò, dandosi una rapida occhiata allo specchio appeso al muro della stanzetta prima di uscire: una volta fuori, non avrebbe più avuto occasione di tornare dentro, conoscendo il leggendario appetito di Jork, il padre di Vylisour, ma era importante controllare di avere un aspetto quantomeno decente: quella

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sera avrebbero mangiato, per la prima volta da giorni, in una locanda. Una locanda in una grande città. E questo avrebbe potuto significare ragazze. Si guardò nel proprio riflesso, e un paio di occhi sottili, dal taglio vagamente orientale, vispi e color nocciola, risposero al suo sguardo. Le sopracciglia folte e scure erano lievemente inarcate mentre si osservava il viso per controllare di non avere macchie di sporco dell’olio o della vernice della barca che ancora gocciolava, a volte, dagli angoli più impensati per via dei maldestri ritocchini apportati ogni tanto da Zaref. Il lungo naso dritto, la bocca sottile ma carnosa e le orecchie leggermente a punta erano pulite. Notò che aveva un po’ di barba non fatta: naturale, erano giorni che non aveva tempo di tagliarla, ma l’effetto non era male, abbinato agli scuri capelli lisci un po’ lunghi tirati all’indietro, verso le spalle. Si tirò ancora una volta la maglietta per raddrizzare una piega tra il petto e il braccio sinistro, prese congedo dal proprio riflesso e uscì dalla cabina, per sbucare rapidamente sul ponte. L’aria leggermente più fresca della sera lo riempì fin nelle pieghe degli abiti, come una doccia ristoratrice. Kyvenge si avvicinò al parapetto di tribordo, ammirando con uno sguardo serio in volto lo spettacolo del sole che tramontava dietro le colline, gettando gli ultimi raggi sul mare: le pieghe sempre più piccole delle onde che si infrangevano tra loro e contro la costa brillavano come centinaia di piccole gemme. Attorno alla piccola imbarcazione, decine e decine di gabbiani volavano avanti e indietro, ma due o tre si erano posizionati nella scia della barca, attratti dall’odore del pesce pescato dai quattro uomini per affrontare quei pochi giorni di viaggio. Il porto si avvicinava velocemente mentre Zaref, che stava a prua per controllare di non avere niente davanti a loro, latrava ordini a Vylisour e leggere correzioni di rotta a Jork. Altre barche si avvicinarono alla loro mentre la velocità diminuiva, e una vecchia guardia sbraitava di non andare a sbattere mentre manovravano per sostare al loro molo di legno rinsecchito dal sole. Vylisour si avvicinò di nuovo a Kyvenge, mentre Zaref e Jork si davano da fare con l’ancora e le corde per tenere ferma la barca, pronta a godersi finalmente il suo meritato riposo. “Siamo arrivati, finalmente. Ti senti pronto?” chiese il ragazzo con un sorrisetto stampato sul volto. “Non credo che sarà peggio di quel branco di Torn che abbiamo fatto scappare dal villaggio sulla costa est prima di partire, no?” rispose Kyvenge, assorto nei propri pensieri. Vylisour lo guardò mentre l’amico fissava il vuoto in basso, tra le placide onde verde scuro del porticciolo. Il sorrisetto si addolcì leggermente in uno sguardo più serio e comprensivo. “No, non credo nemmeno io. Peggio di quelle bestie dev’essere difficile.”

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Kyvenge annuì, diede un colpetto affettuoso al parapetto di tribordo e si allontanò, verso il ponticello di legno mobile che portava a terra. Sentiva ancora lo sguardo indagatore di Vylisour sul collo, ma fece finta di niente e scese verso il terreno duro e ricoperto di sabbia sottile di Losille, la città delle rose, seguito dalle chiacchiere di Zaref e Jork. *** La luce sulla strada era già scarsa nonostante fossero all’incirca le nove della sera, e i quattro uomini procedevano a gran passi verso il paese - leggermente distaccato dalla zona del porto, ma situato comunque all’interno delle mura -, spinti dalla fame e dalla curiosità di visitare la città. La strada di ghiaia bianca risuonava scricchiolando sotto le suole degli stivali, sbuffando nuvole di polvere ai lati del loro percorso, mentre il gruppo si faceva avanti chiacchierando. “Allora ragazzi? Che ve n’è parso del viaggio?” stava chiedendo Zaref, di umore ciarliero e leggero come al solito. “E’ stato bello, vero?” “Molto più bello questo della scorciatoia che ci avevi fatto prendere attraversando i boschi per arrivare al porto ad est del Mare” rispose Jork. Il migliore amico del padre di Kyvenge era bassotto e scuro di carnagione, con una incipiente pelata contrastata solo da un paio di ciuffi neri sulle tempie, occhi neri luminosi come scarabei e la bocca che si apriva in un sorriso molto simile a quello del figlio Vylisour. I pantaloni grigi privi di decorazioni e la camicia portata disinvoltamente con i bottoni più alti aperti per il caldo completavano l’idea di un ometto affabile e dai modi semplici, ma anche cortese e generoso. “Ah, smettila di rinfacciarmelo. E’ stato un deprecabile errore di percorso, ma è uno dei pochi della mia carriera di viaggiatore.” rispose Zaref agitando distrattamente una mano in direzione dell’amico, con cui condivideva da alcuni anni la polvere nelle case e sulle scarpe. A differenza di Jork e Vylisour, che fisicamente non sembravano parenti, tantomeno padre e figlio, Zaref poteva venire scambiato per la versione invecchiata di Kyvenge: tranne per gli occhi, grandi e azzurri, e incessantemente curiosi. Aveva lunghi, lisci capelli brizzolati raccolti in una coda dietro la testa, lunga fino alla base del collo, e alcune rughe tra gli occhi e attorno alla bocca disegnavano l’età sul volto morbido trapuntato da una barbetta bianca incolta. Era alto all’incirca come Kyvenge, ma leggermente meno in forma: un velo di pancetta lo appesantiva un po’, rallentandone il passo rispetto alle gambe lunghe e tenaci del figlio.

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“La volete finire di battibeccare? Sembrate un’anziana coppia di sposi!” li rimbeccò Vylisour, girandosi verso di loro mentre a Kyvenge, che camminava al suo fianco, sfuggiva una grossa risata. Zaref e Jork reagirono prontamente facendo finta di schiaffeggiarsi con le mani vicine tra loro, all’altezza del petto, come due galletti. “Ah, non crescerete mai.” commentò il ragazzo, divertito. “Piuttosto, avete idea di cosa ci aspetta a Losille?” Kyvenge fissò l’amico di sottecchi. Per la prima volta da quando erano partiti, gli era sembrato che Vylisour fosse, dopotutto, un po’ pensieroso. Eppure, era stato solo un leggero tremito nella voce a tradire quel suo attimo di incertezza misto ad impazienza, e solo perché Kyvenge ormai conosceva Vylisour come un fratello: nulla, nel viso corto e sbarbato, negli occhi dal taglio simile al profilo di un falco, nelle sopracciglia decise o nei capelli corti un po’ mossi, poteva far pensare che il giovane soldato semplice avesse qualche dubbio sul proprio immediato futuro. Ma la nomina era fresca, e le voci su ciò che incombeva pesanti come nuvole nere, pensò Kyvenge. Forse, persino il determinato e svelto Vylisour aveva, in fondo, qualche timore, qualche incertezza sul percorso che aveva scelto di seguire. I Cavalieri di Nauros ora erano lontani, nei boschi ad est dove li avevano incontrati, e il pericolo sempre più vicino. Sembrava strano camminargli incontro con un certa indifferenza, assaporando il profumo della sera, circondati dalle voci della gente lungo le strade illuminate dalle torce, verso l’ingresso luminoso e caldo di una locanda chiamata “L’onda saporita”. I quattro entrarono, rinviando a dopo cena i discorsi più pesanti: “Le grandi decisioni si prendono a stomaco pieno”, sentenziò Zaref.

A Valentina, l?Elemento che mancava per riempire di magia il Cuore di questo racconto - ieri e per sempre

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Mr

Black

Panther

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Mr. Black Panter

Texte: ilCodolo

Episodio 1 -Signor Panter lei cosa ne pensa? Signor panter? Signor Balck Panter sta bene?- Aurora ci mise qualche secondo ha ricordare che stavano parlando proprio a lei. Da quando aveva preso l’identità del lottatore mascherato conosciuto come Mr. Black Panter le cose si erano complicate parecchio. Da qualche mese Aurora aveva una doppia vita. In una era una ragazzina di undici anni, quasi invisibile agl’altri. -Se mi rapissero e mi uccidesseroaveva pensato spesso Aurora -direbbero che ero una bambina simpatica e con tanta voglia di vivereTutti avrebbero detto così perché nessuno avrebbe saputo cosa dire di quella ragazzina che stava sempre dietro, in ultima fila e che non parlava mai con nessuno. Ma un giorno Aurora trovò quella che sembrava la maschera di un lottatore mascherato, una di quei wrestler messicani che si vedono in televisione e quando la indossò, nel giro di pochi giorni diventò Mr. Black Panter la nuova promessa della lotta libera. Un lottatore comparso all’improvviso che il pubblico amava. -Signor Black Panter cosa ne pensa?- Aurora si sveglio dai suoi pensieri. Da quanto tempo quelle persone le stavano parlando? E cosa le avevano chiesto? Quando indossava quella maschera si trasformava in un muscoloso lottatore mascherato, nel pieno della sua potenza fisica, capace di acrobazie che la stessa Aurora non pensava fossero possibili. Eppure, nonostante fosse ormai considerata da tutti come la nuova stella nascente del wrestling, doveva partecipare a queste noiosissime riunioni che l’emittente televisiva pretendeva di fare due volte alla settimana -Scusate, dopo l’incontro di ieri sono ancora molto stanco. Potete ripetermi la domanda?- La voce di Aurora suonava potente e profonda sotto la maschera di Pantera Nera. Anche Aurora ne era ogni volta stupita. Si era abituata presto a muoversi con quel corpo enorme e muscoloso. Anzi lo amava 65

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proprio. Passava ore davanti allo specchio ad ammirarlo, c’erano muscoli di cui non sapeva l’esistenza o di cui, sinceramente, ignorava l’utilità. Di alcuni aveva l’impressione che spuntassero la mattina perché, poteva giurarlo, il giorno prima non c’erano. Ma Aurora non si poneva molti dubbi, anche se alcuni muscoli fossero spuntati dal giorno alla notte, era tutto sommato una cosa normale considerando che poteva trasformarsi, semplicemente indossando una maschera, da ragazzina di undici anni associale a un uomo di 28 anni alto un metro e ottanta forte, muscoloso e amato da tutti. -Vi abbiamo chiesto se è d’accordo a combattere contro Peter Quake venerdì sera?- Il direttore dell’emittente televisiva ripeté la domanda a Black Panter con aria un po’ seccata. Era un figlio di papà arrogante e pieno di se. Da dietro la maschera della pantera Aurora pensò che avrebbe potuto schiacciare e far esplodere quella sua testolina con un pugno solo. Ma non lo fece e, molto educatamente, rispose alla domanda -Certo che posso combattere con Peter Quake venerdì-. Appena pronunciò il nome di Peter Quake Aurora pensò che era un soprannome veramente stupido. Quale idiota sceglierebbe come identità per un lottatore il nome di Peter Quake? Prima di diventare Black Panter Aurora non ne sapeva niente del mondo della lotta libera. Vedeva i suoi compagni di classe che ne parlavano e alcuni cercavano di imitare goffamente le mosse durante la ricreazione, ma non si era mai interessata a quella buffonata chiamata wrestling. Ora invece era la nuova stella nascente di quella buffonata. Anche se non la considerava più una buffonata. Anzi era la cosa più bella che avesse mai fatto. Al suo secondo incontro Vacuum, un lottatore di lunga carriera, gli disse che salire sul ring era ogni volta come fare sesso. Aurora non sapeva com’era fare sesso, era in qualche modo curiosa, ma dopo aver visto il suo corpo da Black Panter non aveva più tutta questa fretta. -forse un giorno troverò quel coso attraente- ma per il momento il sesso avrebbe aspettato. Ma picchiare altri uomini quello si che le piaceva. Al suo terzo combattimento Aurora, aveva spaccato, accidentalmente, due ossa del braccio destro al suo avversario, un lottatore di nome XtremeSavage. Saltando dalle corde era atterrata in pieno petto sul suo avversario che, probabilmente perdendo l’equilibrio, era scivolato sul suo braccio. Si sentì un suono secco come quando si spezza per gioco a metà il bastoncino di un gelato. Aurora ricorda ancora bene quel suono e ancora meglio ricorda la faccia di XtremeSavage subito dopo, qualcosa che non sembrava appartenere a questo mondo. Un anno prima un bambino della scuola di Aurora, durante l’intervallo, era inciampato e si era rotto un braccio. Le urla di quel bambino erano agghiaccianti. Ma per quanto fastidiose avevano anche un OLD GEN

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fascino primitivo, qualcosa che dava la carica per la battaglia. XtremeSavage non emise un grido di dolore come il bambino; al contrario, le ossa spezzate gli rilasciarono una botta di adrenalina pazzesca e il suo corpo si caricò di una nuova energia. Aurora pensò che era spaventoso. Una cosa innaturale. Un dolore che avrebbe dovuto provocare atroci sofferenze donava invece euforia. Mr. Black Panter perse quell’incontro, ma Aurora non poté far a meno di ammirare quel lottatore tanto capace e coraggioso. Da quando aveva iniziato ad indossare la maschera anche Aurora stava conoscendo gl’effetti che l’adrenalina rilasciata dal corpo le dava. La tensione prima dello spettacolo. Colpire quei corpi muscolosi e sudati. Erano cose che avrebbe trovato schifose al solo pensiero, ma di cui ora era attratta. Quando sollevò per la prima volta un uomo sopra le sue spalle si sentì potentissima. I muscoli tesi al massimo e il pubblico che gridava la condanna. Aurora lanciò il suo avversario fuori dal ring contro il tavolo dove tre telecronisti galvanizzati descrivevano la scena. Il tavolo andò in mille frantumi distruggendo anche qualche sedia. Esausta Mr. Black Panter si appoggio alle corde e da sotto la maschera pianse lacrime di gioia.

Fine primo episodio.

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Medieval, japanese detective.

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Il primo caso di Miku

Texte: ilCodolo

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Episodio 1

gni mattina il rituale era sempre lo stesso e da dietro una scrivania arrivava immancabilmente questa frase appena Myku varcava la porta del distretto di polizia di Osaka: -Miku, haaaai-i-i u-u-u-un c-c-c-cu-cu-cu-culo stupe-pe-pend-d-d-ddo!Miku riceveva quasi ogni giorno questo apprezzamento da Hiro, il collega poliziotto balbuziente. A Miku non sembrava che il suo fondoschiena fosse particolarmente bello e non faceva molto per piacere ai maschi in generale, ma Hiro sembrava metterci una tale passione per ricordarglielo ogni giorno che un po’ ci stava cominciando a credere. Non tanto per lo sforzo nel riuscire a balbettare quelle poche parole, ma quando per il fatto che Hiro era vittima di un tumore alla gola. Gli avevamo prognosticato pochi anni di vita e i medici gli avevano raccomandato di non parlare se non in caso di estrema necessità. Ogni parola pronunciata ad Hiro costava ore di tremendi bruciori alla corde vocali. Cio nonostante, ogni giorno, si sgolava per ricordare a Miku che il suo culetto era bellissimo. Miku non rispondeva a questi apprezzamenti, ma se poteva lo ricompensava offrendogli una visione in prima fila. Se la fermavano per parlare Miku faceva in modo di dare le spalle a Hiro così che lui potesse ammirare, con tutta calma, le linee del suo corpo. Era un giochetto innocente tra loro due, che forse ad occhio esterno risultava anche goffo e ridicolo. Ad ogni modo Hiro riuscì a finire di recitare il suo buongiorno e Miku pensò che un altro giorno di lavoro era ufficialmente iniziato. Fare la poliziotta a Osaka nel 1956 non era poi così male. In quanto donna, molto probabilmente, non avrebbe mai fatto molta carriera e non avrebbe mai trovato marito, ma tutto sommato le cose stavano andando bene. L’ufficio di Miku era poco più di uno sgabuzzino nel seminterrato della stazione di polizia. Nessuna finestra, un muro spoglio con mattoni a vista. C’erano solo due scri69

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vanie con sopra due macchine da scrivere, un telefono e dei fogli. Il tutto in appena cinque metri quadri che Miku divideva con il suo superiore diretto, il detective Youichi, un omone, ex campione di Sumo. Quando lo vide la prima volta Miku pensò che un uomo così imponente non potesse esistere nella realtà e lo pensa ancora. Ricoperto di tatuaggi dava più l’impressione di essere un membro della Yakuza piuttosto che un agente della polizia. Ma sotto quella montagna di muscoli si nascondeva un freddo calcolatore. Il detective Youichi non piaceva quasi a nessuno. Ogni tanto ci provava a fare qualche battuta con i colleghi. Lo psicologo interno alla polizia che lo seguiva gli aveva più volte raccomandato di sciogliersi e di aprirsi. Ma Youichi faceva istintivamente paura alle persone. A causa della sua grossa stazza ad Youichi era stato assegnato come ufficio quello sgabuzzino che condivideva con Miku. Una stanza buia e separata dagl’altri che non aiutava per niente il problema nel socializzare che aveva il detective Youichi. Per lo meno Miku era una collega simpatica a cui si era un po’ affezionato. Ma giusto un po’ perchè anche Miku aveva visto sorridere quella montagna d’uomo molto raramente. Di sicuro non l’aveva mai visto così allegro come quella mattina. Appena varcata la soglia dell’ufficio/sgabuzzino Miku aveva visto il detective Youichi fischiettare tutto allegro un motivetto che il quel periodo girava spesso per radio. Se non fosse stato per le colossali dimensioni della schiena del collega e per l’arredamento incredibilmente spoglio Miku avrebbe creduto di esser entrata distrattamente nell’ufficio sbagliato. Invece era proprio il suo superiore sempre associale oggi, incredibilmente, di buon umore. Troppo di buon umore. -Miku, finalmente sei arrivata. Hanno ammazzato il capo della Tobei-kai.-Ed è una buona notizia?-Molto buona. Tutte le famiglie della Yakuza non erano preparate. Devono riorganizzare i ruoli, dividersi e assegnare i territori. Sono come pesci fuor d’acqua in questo momento.-Ed è una buona notizia?-Siii Miku. Ora sono troppo presi a guardarsi le spalle tra loro stessi per preoccuparsi della polizia!! Sono come bambini disperati perchè non trovano più la loro mamma per accorgersi di un camion della polizia che li sta per investire!!-Ok- disse Miku perplessa. -E’ una metafora un po’ agghiacciante, ma rende bene l’idea-Presto usciamo. Dobbiamo andare làFine primo episodio. OLD GEN

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